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    INDICE

    1. LA TRADIZIONE

    1. Aspetti generali

    2. Tradizione dall'Antico al Nuovo Testamento

    3.

    Tradizione nel Nuovo Testamento

    4. Chiesa e tradizione apostolica

    5. Tradizione apostolica e tradizione ecclesiastica

    6. Terminologia teologica relativa alla tradizione

    7. Scrittura e tradizione nel Concilio Vaticano II

    2. IL MAGISTERO

    1. Aspetti introduttivi

    2. Ministero della verit: S. Scrittura ed era post-apostolica

    3. Magistero esercitato in modo ordinario: ufficio e soggetti

    4. Magistero esercitato in modo straordinario: oggetto

    5. Magistero autentico e forma ordinaria non infallibile

    6. Non infallibilit, "oggetti indiretti", assenso

    3. I DOGMI

    1. Aspetti introduttivi

    2. Dogma, Scrittura, storia della Chiesa

    3. Le diverse "prospettive" sui dogmi

    4. Funzioni ecclesiali del dogma

    5. Immutabilit e storicit del dogma

    6. Sviluppo dei dogmi

    7. Interpretazione dei dogmi

    4. LA TEOLOGIA

    1. Aspetti introduttivi

    2. Modelli teologici

    3.

    L'epoca contemporanea4. Criteri e principi per la teologia

    5. Teologia e filosofia

    6. Teologia e scienze

    5. I RAPPORTI FRA MAGISTERO E TEOLOGI

    1. Elementi introduttivi

    2. La Commissione teologica internazionale

    3. Il Documento "Magistero e teologia" (1975)

    4.

    "Donum Veritatis"

    6. PROBLEMI E QUESTIONI SPECIFICHE SULLA FEDE

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    1. Fede e uomo contemporaneo

    2. Il "dono" della fede

    3. Nascita, crescita o morte della fede

    4. Lo scandalo del male e della sofferenza

    5.

    Senso e valore della croce

    6. Fede e Chiesa nel mondo attuale

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    1. LA TRADIZIONE

    1. Aspetti Generali

    Il termine generale traditio (trasmissione) deriva dal latino tradere, che significa trasmettere. Insenso generale esso esprime uno dei fatti pi tipicamente umani, riscontrabile in tutte le societ, civilte culture: la tradizione. un fenomeno necessario che riguarda ogni uomo, perch lo inserisce nellasua comunit e sua storia, dalle quali assume il linguaggio, il pensiero, i valori, la sensibilit, i modi disentire e di pensare ecc. Da essa dipende la continuit culturale, umana e spirituale che raccorda legenerazioni che si succedono, trasmettendo loro: finalit, significati, valori, idee, esperienze, ecc., checostituiscono il patrimonio vitale di ogni persona e le radici ineliminabili di ogni societ e cultura.Poich tradizione, ragione, cultura, civilt e religione crescono assieme, la tradizione assume unospecifico rilievo anche nellambito religioso. In esso, sotto varie forme e modi (credenze, riti, simboli,azioni cultuali, preghiere ecc.) trasmette gli elementi fondamentali per la vita e la religione.

    In tempi pi recenti, il termine ha assunto due significati: i contenuti trasmessi nel tempoe i diversimodi della loro trasmissione (tradizioni orali, scritte, ecc.). Spetta al pensiero contemporaneo(antropologia) il merito di aver richiamato lattenzione sul grande potenziale sociale, spirituale e

    umano contenuto e offerto dalle tradizioni. Esso, in particolare, ha notato che queste rendono possibilelo stabilirsi dellidentit dei singoli e dei gruppi, in una costante dialettica storica. Senza le tradizioni,le persone e i gruppi verrebbero sradicati culturalmente, divenendo manipolabili estrumentalizzabili dai diversi poteri. Ci deriva dal fatto che, perdendo il senso della propria identitnon saprebbero pi identificare i loro fini, significati e valori fondamentali. In definitiva, perderebberolo stesso senso della vita. Per questi motivi, i contenuti delle tradizioni sono estremamente ampi,coinvolgendo lintera esistenza di persone e gruppi. Di conseguenza esse vanno analizzate con granderispetto, mai disgiunto da un rigoroso senso critico, al fine di poter discernere ci che in esse orienta

    positivamentepersone e gruppi verso il loro futuro autentico.

    Come per le culture, anche per le loro tradizioni resta valida lesigenza di garantire la continuit efecondit vitale mediante la traduzione dei loro valori in nuove espressioni e forme pi adeguate e

    valide alle sempre nuove esigenze. Ci esige la loro interpretazione autentica, ponendo la necessit diarmonizzare i loro tre processi fondamentali della conservazione, continuit e innovazione. Questiaspetti generali si applicano pure alla societ che componevano il mondo biblico, nelle quali latradizione religiosa sintegrava a tutto un sistema di tradizioni umane, che ne costituirono la civilt e leculture. Mediante queste acquisizioni, che pongono in reciproca relazione ragione e tradizione,rivalutando entrambe, il pensiero contemporaneo ha superato le concezioni limitate e unilaterali del

    pensiero moderno, sia di stampo illuminista, che contrapponevano ragione e tradizione, sia di stamporomantico che ponevano la tradizione al di sopra della ragione.

    2. Tradizione: dallAntico al Nuovo Testamento

    Le realt trasmesse mediante la tradizione rimangono sovente assai maggiori e pi complesse delle

    formulazioni orali e scritte con le quali vengono trasmesse. La realt, infatti, non pu essere maiespressa in modo totale e perfettamente adeguato, mediante gli strumenti umani di cui necessita. Diqui, per le realt della fede, il detto fides terminatur non ad enuntiabile sed ad rem (termine dellafede non sono i suoi enunciati ma le sue realt). Ci tanto pi vero per la Rivelazione divina biblico-cristiana, depositata nelle tradizioni storiche che dovevano e devono servire a comunicarla1.

    NellAntico Testamento, il luogo e il mezzo normale della tradizione biblica fu il popolo di Dio,soprattutto nella sua vita familiare e cultuale. In esso e da esso, venne costantemente conservato etramandato il patrimonio degli eventi salvifici, insieme a una grande quantit dinsegnamenti e dinorme, che regolavano quasi tutti gli aspetti della vita familiare, sociale, religiosa e civile. Questo

    patrimonio, denominato, poi, con termine tecnico: deposito, ha dato a Israele la sua specifica eparticolare fisionomia. Ha, soprattutto, reso possibile la continuit spirituale del popolo di Dio,dallepoca patriarcale alle soglie del Nuovo Testamento.

    1P. Lengsfeld, Tradizione e Bibbia. Loro rapporto, MS, I, 610 ss.

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    La caratteristica tipica, che lo rese specifico e unico, fu la convinzione, presente fin dagli inizi, chegli elementi della propria tradizione non erano semplici fenomeni culturale o religiosi, ma laRivelazione esplicita della volont di Dio, manifestata per mezzo di suoi inviati e intermediari. Perquesto motivo, essa fu definita deposito sacro, fondato esclusivamente sulla volont e azione di Dio.Di qui la perenne presenza di due caratteri complementari dei suoi elementi: lastabilite ilprogresso.Stabilit e progresso caratterizzano gli sviluppi della Rivelazione, incessantemente esplicitata ecompletata. Se si vuole esprimere il significato profondo della tradizione dIsraele e della suafunzione, bisogna dire che essa lattualit delle Rivelazione divina, che svolge il suo compitoriproponendo nella realt del presente gli interventi divini attuali nel passato2. Pertanto, se da un lato,Rivelazione e Tradizione costituirono un fenomeno storico, dallaltro non si riducono mai a questo,

    perch entrambe, operando nella storia, rimangono superiori ad essa, in quanto il loro sviluppo non di ordine puramente umano ma, prima di tutto, divino.

    Dio stesso, infatti, che le ha attuate, ad opera dei suoi intermediari, ossia di persone che ha scelto,chiamato e inviato. Per questo se ne sottolinea loriginalit e lunicit. Come in tutte le culture piantiche, agli inizi, la tradizione si trasmise oralmente. Le tradizioni orali, in seguito, furono fissate informe scritte, secondo le norme letterarie che vigevano nelle varie culture, dalle quali presero i pidiversi elementi: racconti, cronache,storie, scritti giuridici, atti ufficiali, poemi, canti, preghiere, detti,

    proverbi ecc. Si hanno cos molteplici generi letterari che vanno riscoperti e studiati accuratamente,per essere compresi correttamente. Nella Scrittura, inoltre, accanto a queste forme comuni e pigenerali, troviamo anche quelle proprie e specifiche, quali i discorsi sacerdotali e profetici, le sentenzesapienziali, le formule rituali, le preghiere ecc.

    3. Tradizione nel Nuovo Testamento

    Il passaggio dalla forma orale a quella scritta cristallizz la Tradizione in quelle forme cheassunsero importanza e valore crescente e che noi conosciamo. Le Scritture, a loro volta, nate esviluppatesi per lazione e sotto linflusso dello Spirito Santo, fornirono al popolo di Dio la normadivina della sua vita e della sua fede. Se guardiamo alla dinamica con cui la Tradizione si costitu,

    possiamo vedere che, in una fase pi avanzata della sua storia, sotto lazione dello Spirito Santo, il

    popolo di Dio riun, riordin ed elaboro per iscritto tutto ci che, fin dai tempi pi antichi, era statoconservato, fissato e trasmesso oralmente. Ci in quanto la fede dIsraele doveva sempre avere in essala sua guida e norma di vita. Alle soglie del Nuovo Testamento questosacro depositodella tradizioneera gi conservato nella sua forma scritta che, nel suo insieme, costituiva il corpo di libri detto SacraScritturao Sacre Scritturee che i cristiani chiamanoAntico Testamento.

    Anche riguardo a Ges Cristo si form una tradizione orale che precedette quella scritta. Leprimitive comunit ecclesiali svolsero un ruolo notevole nel raccogliere, tramandare e formulare ilmessaggio e gli insegnamenti sia di Ges che degli Apostoli. Agli inizi della vita di Ges, tuttavia, nel

    popolo di Dio, oltre alle forme parlate e scritte, vigeva pure unistituzione organizzata che, ad opera disacerdoti, dottori, maestri sviluppava insegnava e diffondeva la varie spiegazioni e interpretazionidella Scrittura e della tradizione. Questo insieme accomunava, dunque, una duplice realt. Da un lato

    conteneva tutto ci che nel Nuovo Testamento venne poi denominato, con valutazione positiva, in varimodi quali: tradizione degli anziani (Mc 7,5), tradizione dei padri (Gal 1,14), costumi tramandatida Mos (At 6,14). Questa era la parte che Ges stesso dichiar di non essere venuto ad abolire, ma acompletare e attuare (Mt 5,17). Vi era, per, anche unaltra parte, che scribi e farisei chiamavanotradizione degli anziani, che Ges distinse sempre dalla Legge e dai Profeti e giudic taloraseveramente (Mt 15,1-20), tradizioni degli uomini (Mc 7,7-9), di cui proclam la caducit e dallaquale liber i suoi discepoli e seguaci (Col 2,22).

    Egli aveva tutta lautorit per farlo e le folle riconobbero subito che egli non insegnava alla manieradegli scribi, ma con ben altra autorit (Mc 1,22). Egli confer pure ai suoi discepoli il compito elautorit di trasmettere i suoi insegnamenti (Me 28,19). Inoltre, comp nuovi segni e azioni, isacramenti, che comand di ripetere nel suo Nome, dopo di lui (1Co 11,23). Con essi, dopo aver

    2F. Ardusso, Tradizione, NDT. 1770: G. von Rad, Teologia dellAntico Testamento, Brescia 1972-1974; J.

    Beumer,La tradition orale, Paris 1967.

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    completato quegli elementi della tradizione antica che dovevano essere completati, inizi una nuovatradizione, che doveva subentrare a quella antica, come base della vita redenta e dellinterpretazionerinnovata di tutta la Scrittura, la Legge e i Profeti. per questo che i suoi discepoli, ora divenuti

    Apostoli, ordinavano ai primi cristiani di vivere tutti gli insegnamenti che essi trasmettevano, comeavevano ricevuto da Cristo. Tutto questo insieme di azioni, parole e dottrine compiute da Cristo,assieme a quelle attuate dagli Apostoli nel suo Nome e secondo la sua autorit, costitu loggetto dellatradizione apostolica, che divenne la sostanza delle vita della Chiesa e fu in gran parte fissato nellenuove Scritture, ossia ilNuovo Testamento.

    Gli Apostoli furono dunque anche lorgano di conservazione, trasmissione e interpretazione di tuttoci che da Cristo stesso era stato compiuto e a loro affidato, perch lo conservassero e lotramandassero fedelmente. A loro volta, essi conferirono ai loro successori nel governo delle comunitcristiane, ai quali trasmisero la loro autorit (1Tm 1,3; 2Tm 4,2; Tt 1,9; 2,1; 3,1), il compito diconservare, trasmettere e interpretare questo deposito. Da allora, questa istituzione finalizzata allafedele custodia e trasmissione delsacro depositonon venne mai meno

    4. Chiesa e tradizione apostolica

    Il luogo naturale della tradizione apostolica fu la Chiesa universale nelle sue comunit locali. Citraspare particolarmente nella vita di fede, morale, cultuale e sacramentale delle Chiese. Il momentopregnante, del costituirsi e del trasmettere la comunit nella comunione, dato dai e risiede neisacramenti. Con essi si istituisce lintero corpo della comunit, come luogo nel quale convergono idiversi doni dello Spirito (Ef 4,11-13. 16; Lumen Gentium 12). Il battesimo esprime la dimensionediacronica ossia la trasmissione della fede attraverso il tempo e i tempi. Leucaristia, Pasqua delSignore con noi, perennemente rinnovata, esprime e attua la dimensionesincronicaossia il simultaneoconvergere della comunit nella stessa fede e nellunica carit, che unisce con Dio e con i fratelli..Come gi era avvenuto nellAntico Testamento, ma con estrema rapidit e tempestivit, la tradizionevenne fissata nella Scrittura.

    NellAntico Testamentoessa aveva per base lautorit degli inviati di Jahw (profeti). Nel NuovoTestamento la tradizione scaturita da Cristo e trasmessa dagli e mediante gli Apostoli, conflu nelleforme scritte che vennero dette Nuovo Testamento. La fonte, ora, oltre allo Spirito Santo era il CristoRisorto, al quale dato ogni potere in cielo e sulla terra. Egli confer agli Apostoli anche lautorit perinterpretare in modo normativo lAntico Testamento (Mt, 5,20-48) e istruire su tutte le cose chedovevano essere fatte e insegnate in suo nome (Mt 28,20). La dottrina di Cristo la stessa del Padreche lo ha inviato. Gli Apostoli devono trasmetterla con lautorit del Figlio e dello Spirito Santo. Chi liascolta, ascolta Cristo e chi non li ascolta, non ascolta Lui. Gli apostoli esercitarono il mandato,insegnando, spiegando ed esplicitando i significati e i valori riguardanti Ges, la sua persona, parole eazioni, che dovevano essere insegnate ed esplicitate. Limportanza della tradizione e la necessit diattenersi ad essa venne particolarmente sottolineata nelle lettere pastorali di Paolo e nella prima letteradi Pietro.

    In esse si indica la necessit di non ricondurre mai la spiegazione della Scrittura a proprie

    interpretazioni private, ma di rispettare e accogliere quelle del ministero competente a interpretare.Infine, si sottolinea il vincolo strettissimo che lega la tradizione apostolicae lasuccessione apostolica(1Pt 1,20)3. Lambito vivo in cui si svolse la tradizione apostolica fu la Chiesa. Il suo vertice fu il suoministero sacramentale e cultuale.

    5. Tradizione apostolica e tradizione ecclesiastica

    Quanto visto finora conferma che la tradizione ecclesiale non si mai realizzata n espressa in unacollettivit anonima, ma in una comunit vivaconscia delle propria origine non puramente umana e inuna comunione strutturata e gerarchica. Tale comunit si riconosceva come il nuovo popolo di Dio, il

    3J. Ratzinger, K. Rahner,Episcopato e primato, Brescia 1966, 45-69; A, Gautier H. Amman,Il sacerdote nelsecondo secolo, in H. Urs von Balthasar, B. Bro, O. Gonzales, Chi il Vescovo?, Milano 1984; C Dagens,

    Gerarchia e Comunione: i principi dellautorit allorigine della Chiesaib., 40-51; J.H. Walgrave,Le tensioni

    fondamentali nella storia della Chiesaib., 73-84.,

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    Corpo mistico di Cristo, da lui guidato, governato e vitalizzato dallo Spirito Santo. In essa fu sempreviva la coscienza che in tale Corpo-comunit-popolocontinuavano le stesse azioni di Cristo e che lefunzioni degli Apostoli e dei loro successori continuavano a essere svolte in conformit alla suaautorit e ai suoi comandi. In base a questa esperienza e convinzione matur la certezza che il criteriodella federisiede nella Tradizione ecclesiale, ossia nellautentico deposito apostolico, conservato nellaChiesa per la grazia e lassistenza continua dello Spirito Santo. Esso non pu, quindi, essere maisostituito dal criterio parziale e tardivo della sola scriptura.

    La tradizione la base della stessa Scrittura. Lo stesso Spirito Santo che ispir i profeti e gliagiografi dellantico e nuovo popolo di Dio, e fece procedere alla stesura della Sacra Scrittura, oraassiste con la sua grazia quanti hanno ricevuto il divino mandato e la funzione di continuare loperaapostolica ( 1Tm 4,14; 2Tm 1,6). Il popolo di Dio, di generazione in generazione, ricevette fedelmentee conserv il deposito (1Tm 6,20; 2Tm 1,12-14), di cui esplicit, nel corso dei tempi e secondo lediverse esigenze, tutta le virtualit, rendendolo Scrittura e tradizione ecclesiastica. Esso conserv edifese sempre la certezza che la vera responsabilit e purezza della tradizione non si basa sui soggettiumani, ma sul Signore stesso e il suo Paraclito, ossia il suo Spirito Santo (Gv 14,16), che continua,fino alla fine dei tempi, la vera tradizione4. Fino alla morte dellultimo Apostolo la tradizioneapostolicapot progredire nella misura in cui gli Apostoli ricordavano le parole e azioni di Cristo e ne

    esplicitavano il senso.La tradizione ecclesiasticainvece ricevette il depositoormai fissato, che la Chiesa deve piamente

    ascoltare, santamente custodire, fedelmente esporre (Dei Verbum 8). Nello stesso paragrafo, DeiVerbumsottolinea anche il modo in cui, in tutti i tempi, la tradizione di origine apostolica progrediscenella Chiesa con lassistenza dello Spirito Santo. Il testo, che riveste particolare importanza, dice:cresce infatti la comprensione tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con lacontemplazione e lo studio dei credenti che le meditano in cuor loro (Lc 2, 19 e 51), sia conlintelligenza data da una pi profonda esperienza delle cose spirituali, sia per la predicazione dicoloro i quali, con la successione episcopale, hanno ricevuto un carisma sicuro di verit. Cos laChiesa, nel corso dei secoli tende incessantemente alla pienezza della verit divina, finch in essavengono a compimento le parole di Dio.

    6. Terminologia teologica relativa alla tradizione

    Per la vastit dei suoi contenuti e della sue forme di espressione, la tradizione pu essereconsiderata sotto diverse prospettive, che vengono indicate mediante differenti termini. In senso ampioe formaleessa indica leconomia della salvezza. Infatti la salvezza comporta un grande processo ditradizioni, che parte dal Padre e, attraverso le missioni del Figlio e dello Spirito Santo, raggiunge il

    popolo di Dio. Cristo e la sua Chiesa sono il tramite universale per raggiungere tutta lumanit. Questosenso ampio e formale include, quindi, tutta la realt cristiana e indica la trasmissione stessa delcristianesimo. in questambito che si distingue fra le tradizioni apostolicheche sono le tradizioninon scritte, che la Chiesa dei primi secoli faceva gi risalire agli Apostoli, e le tradizioni ecclesiasticheche sono le tradizioni di origine ecclesiastica (istituzioni, riti, discipline ecc.) costituitesi nel corso

    storico della vita della Chiesa.In senso ristretto, invece, la tradizione indica la trasmissione della Rivelazione operata-con e

    contenuta-in un mezzo diverso dalla S. Scrittura. In questambito si riconosce fra tradizione costitutivache offre contenuti non sempre reperibili nella S. Scrittura e la tradizione dichiarativa, interpretativa enormativache spiega e interpreta il contenuto della S. Scrittura. Al riguardo, riferendosi alla secondalettera di Pietro, esegeti e teologi sottolineano come particolarmente significativi due criteri: quelloermeneuticoe quello interpretativo5. I due termini non sono forse dei pi chiari e felici, ma vorrebberoindicare due punti di riferimento gi sottolineati nellera apostolica. Pietro, infatti, indic come punti

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    Y. Congar, La tradizione e la vita della Chiesa, Catania 1964; R.P.C. Hansen, Tradition in the EarlyChurch, London 1962; Y. Congar,La tradizione e le tradizioni, 2 vv., Roma 1961-1965.

    5 R. Fabris, Pietro, II, DTB, 1169-1170; J. Ratzinger, Dogma e predicazione, Brescia 1974; A. Meredith,

    Teologia della tradizione, Catania 1971.

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    di riferimento per la tradizione: i profeti e gli Apostoli. Linterpretazione autentica deve dunque tenerpresente il valore profetico dellAntico Testamentoe la sua efficaci in forza dellispirazione divina.

    Inoltre, dopo Cristo, tutto lAntico Testamentova letto in prospettiva cristologica, che indica Cristocome compimento e fine, sia della Rivelazione che della Scrittura. Di conseguenza, senza lazionedello Spirito Santo, linterpretazione di vari punti della S. Scrittura, difficili da capire, pu essere

    stravolta a propria rovina (2Pt 3, 15-16) anzich salvezza. Ci premesso, il criterio ermeneuticovorrebbe sottolineare che non liniziativa umana, ma lo Spirito Santo a presiedere allinterpretazione.Quanto al criterio interpretativo, esso sembra particolarmente espresso in Dei Verbum 12, chesottolinea lesigenza di una piena coerenza, da parte della comunit credente, nel testimoniaree viverela tradizione e la fede comune. Queste distinzioni fecero seguito ai problemi sollevati nel corso deisecoli, in particolare dalle divisioni della Chiesa nel secolo XVI.

    7. Scrittura e Tradizione nel Concilio Vaticano II

    Il Concilio Vaticano II, con la Dei Verbum, ha integrato diversi punti, che da soli o isolatirimanevano unilaterali. Inseriti nella totalit vivente di cui fanno parte, essi possono esprimere tutta laloro verit. Loriginale e profonda innovazione ha portato a non guardare pi la Tradizione e la

    Scrittura sotto laspetto e prospettiva delle fonti, bens sotto laspetto della trasmissione dellaRivelazione e della storia della salvezza. Ci ha fatto emergere il senso della loro viva unit e delreciproco legame essenziale, che si pu sintetizzare nei seguenti punti principali: a) Rivelazione,tradizione e Chiesa sono legate da un rapporto strettissimo, poich la Rivelazione si realizza nellatradizione viva di una comunit credente (n. 7); b) Tutta la comunit portatrice della tradizione,mentre il compito specifico del Magistero di assicurarne lautenticit (n. 8, 10); c) La trasmissionedella Rivelazione non riguarda solo la dottrina, ma anche la vita e il culto (n. 8); d) La Tradizione,come processo vitale in seno alla comunit, comporta anche un progresso o sviluppo, inteso comecrescita di comprensione ed esplicitazione delle realt e parole trasmesse (n. 8); e) Tradizione escrittura, senza perdere nulla del loro valore, formano un tutto indissociabile e costituiscono un solosacro deposito della parola di Dio, affidata alla Chiesa, in cui la Scrittura costituisce il vertice e ilcentro (n. 8, 9, 10). Di qui lindicazione di norma normans non normata.

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    2. IL MAGISTERO

    1. Aspetti introduttiviI temi e problemi inerenti alMagistero della Chiesasi comprendono correttamente collocandoli

    nel loro contesto appropriato. Per Lumen Gentium22 esso dato dallesigenza di esercitare nella

    Chiesa il ministero o servizio della verit, in modo supremo pieno e universale .Questaffermazione richiede alcune premesse. Il Signore ha affidato alla sua Chiesa, comunitescatologica e comunione gerarchica dei credenti, la missione di testimoniare e portare, a tuttalumanit e fino alla fine dei tempi, La Rivelazione e la Salvezza divina, donataci nella sua

    persona, vita, azioni, grazia, verit e dottrina. Questo fine ha stabilito anche i mezzi volti a renderela Chiesa indefettibilenella sua testimonianza alla verit e nel suo servizio di salvezza. I contenutidella Rivelazione e Salvezza, nei loro aspetti veritativi e dottrinali, costituiscono il sacro depositodella Parola di Dio. Dei Verbum ha precisato che: la sacra tradizione e la sacra Scritturacostituiscono un solo deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa (n. 10).

    Lo stesso testo ricorda che, aderendo ad essa, tutto il popolo santo, unito ai suoi Pastori,persevera assiduamente nellinsegnamento degli Apostoli, nella comunione fraterna, nella frazionedel pane e nellorazione (At 2,42). Ci solleva il problema delle modalit vive per la

    conservazione, interpretazione e annuncio dei contenuti della Rivelazione e Salvezza, affidata daDio alla Chiesa, sotto la guida del collegio apostolico, costituito dai suoi Apostoli e dai lorosuccessori. La pienezza di quei poteri, compresi quelli dottrinali, appartiene ora allinsieme deivescovi che, avendo pace e comunione fra loro e con il Vescovo di Roma come loro capo, formanouna sola cosa nellunit. Fondamento di questa pace e comunione lo Spirito Santo che, con la suaassistenza, fa progredire nellunit della fede tutto il Corpo di Cristo (Lumen Gentium 25). IlMagistero, quindi, dipende dalla fede della Chiesa ed al suo servizio per guidarla, interpretandoautenticamente e spiegando la Parola di Dio. Fine ed essenza del suo servizio, quindi, fare

    perseverare tutta la Chiesa in tutta la verit (indefettibilit).

    2. Ministero della verit: S. Scrittura ed era post-apostolica

    A questo riguardo, per la Scrittura, la Chiesa colonna e sostegno della verit (1 Tm 3,15). il luogo in cui la buona e sanadottrina viene custodita fedelmente (Tt 1,9; 1 Tm 1,10; 4,6; 2 Tm4,3) da quanti sono rivestiti dellautorit di Cristo. La fede cristiana, a sua volta, la conoscenzadella verit (Tt 1,1; 1 Tm 2,4; 4,3; 2Tm 2,25; 3,37). Ges, Figlio di Dio e Parola del Padre, coluiche pu rivelare tutta la verit di Dio e della creazione. Per questo venuto a rendere testimonianza(Gv 18,37) e a proclamare tutta la verit (Gv 8,40-45). Ora, ritornato al Padre, continua la suamissione per mezzo del suo Paraclito, Spirito Santo di verit, che guida tutta la sua Chiesa, con isuoi credenti, in tutta la verit (Gv 16,3). Queste espressioni di Giovanni indicano efficacemente ilsenso e laspetto dinamico di tale compito. Paolo, a sua volta, sottolinea il Vangelo come parola diverit (Col 1,5; Ef 1,13). La verit del Vangelo (Gal 2,5. 14) la parte o eredit della casa diDio (1 Tm 3,15) ossia della Chiesa. Questa verit di Cristo divenuta la dottrina degli Apostoli,

    punto di riferimento e istanza autorizzata per conoscere le parole del Signore. Le lettere pastorali

    descrivono una Chiesa nella quale listituzione e il ministero presentano gi caratteri e contorni bennetti e in cui la stessa condanna (anatema) ha la funzione di salvaguardare la certezza.

    Il termine dottrina degli Apostoli non significa che essa sia stata inventata da loro ma, alcontrario, che da loro stata ricevuta per ritrasmetterla intatta(parlabon, pardok) (1Co 11,23;15,3). Dio ha destinato alla salvezza e al Regno dei cieli tutta lumanit che, per conseguireentrambi, deve ricevere e conoscere tutta la verit (Gal 1,9; Rm 16,17; 2 Gv 10). Di qui il mandatomissionariodi annunciare e predicare il vangelo a tutte le genti (Lc 24,47), in tutto il mondo (Mc16,15), fino agli estremi confini della terra (At 1,8) e fino alla fine dei tempi (Mt 28,20). AllaChiesa, quindi, spettano il dovere e il diritto di far conoscere a tutti la dottrina del Signore. Questocompito esige una particolare assistenza dello Spirito Santo, Spirito di verit che, unita alla graziadi Cristo, d alla Chiesa lautorit e il potere di attuarlo. In sintesi gli scritti del Nuovo Testamento,che preannunciano e delineano gi il passaggio dallera apostolica a quella post-apostolica,indicano lo sviluppo che, nel secondo secolo, porter alla stabilizzazione e riconoscimento generaledel ruolo e ufficio dei vescovi (Lumen Gentium25).

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    Gli scrittori del II secolo: Ignazio di Antiochia, Egesippo, Ireneo, poi Tertulliano, indicherannonella successione apostolica la norma della vera dottrina insegnata dalla Chiesa. Si guarda gialla certezza della successione ininterrotta dei vescovi, dagli Apostoli. Ad essa conferisce

    particolare valore il carattere sacramentale della Chiesa e dei membri del Magistero. Nella Chiesa,infatti, ordinazione episcopale e missione costituiscono ununit intrinseca. Linserimentosacramentale nel ministero episcopale per mezzo dellimposizione delle mani e linvocazione delloSpirito Santo la forma indispensabile per la trasmissione della successione apostolica edecclesiale1. Nella storia della Chiesa risulta sempre pi chiaro che lepiscopato lorganoautorizzato e responsabile della fede cristiana. Nel primo millennio, la figura del vescovo comemaestro e teologo si consolida sempre pi. Di fatto, molti grandi vescovi sono anche grandi teologi,Padri e Dottori della Chiesa. Il problema dei rapporti fra magistero e teologi, perci, praticamentenon esiste. Sorger solo nel millennio successivo, ossia nel Medioevo.

    Con la modernit (e il razionalismo, illuminismo ecc.), nella proporzione in cui la culturaconsidera ladesione alla verit unopzione o scelta o decisione personale e insindacabiledellindividuo, i teologi insisteranno sempre pi sullimportanza della conoscenza. La Chiesadovr difendere sempre pi lautentica realt delladesione alla verit rivelata come culto reso aDio nella fede e come santificazione, che pu avvenire solo nella verit di Dio e di Cristo (Gv

    17,17). Il compito della Chiesa e del Magistero si dovr concentrare, sempre pi, sul condurre ognipersona a un adesione personale, intima, profonda, convinta e totale alla Verit che Dio2.

    3. Magistero esercitato in modo ordinario: ufficio e soggettiConsideriamo ora il Magistero dal punto di vista dellufficio, poich in questo senso che si

    pone la definizione del Magistero, espressa in Dei Verbum 10: Lufficio dinterpretareautenticamentela Parola di Dio scritta o trasmessa stato affidato al solo Magistero vivente dellaChiesa, la cui autorit esercitata in nome di Ges Cristo. Lo stesso paragrafo precisa anche che ilMagistero non al di sopra della Parola di Dio, ma al suo servizio, cos come non al di sopradella Chiesa, ma al suo servizio. Da tale compito derivano alcuni doveri complementare cheincombono al Magistero: 1) attingere allunico deposito della fede tutto ci che si propone acredere come rivelato da Dio; 2) ascoltarlo piamente; 3 ) custodirlo santamente; 4) esporlofedelmente. Poich lannuncio delle verit rivelate da Dio, per il bene della Chiesa, deve essereassolutamente protetto da ogni errore, il Signore ha pure posto il Magistero in grado di esercitare ilsuo compito in modo infallibile.

    Lo Spirito Santo, quindi, per garantire lindefettibilitdella Chiesa nel suo essere e operare, coneguale assistenza assicura pure linfallibilit del servizio magisteriale. A questo proposito sidistinguono due situazioni diverse, espresse con i termini ormai accettati, ma non del tutto corretti,di Magistero ordinarioe straordinario. In realt il Magistero uno e unico, diverse sono solo le

    formein cui esso pu essere esercitato: Lespressione teologicamente corretta, quindi, Magistero:esercitato in forma ordinariaed esercitato in forma straordinaria. Inoltre, il Magistero unico puessere esercitato da vari soggetti. Dal punto di vista dei soggetti, per la Chiesa universale loesercitano: 1) Il collegio episcopale con e sotto il suo capo, ossia tutti i vescovi, successori degli

    Apostoli sotto lautorit del Sommo Pontefice, successore di Pietro; 2) Il Sommo Pontefice,Vescovo di Roma e successore di Pietro. Per ogni chiesa locale(diocesi) lo esercita il rispettivoVescovo, sempre sotto lautorit suprema del Sommo Pontefice.

    Ciascuno di questi soggetti opera nel modo specifico, corrispondente al proprio ambito. IlMagistero del collegio episcopale, legittimamente convocato e radunato a Concilio dal Papa, equello del Papa valgono per lintera chiesa universale. Il Magistero del Vescovo avente pace ecomunione con il Sommo Pontefice e gli altri Vescovi viene esercitato nella propria Chiesa locale.Il Magistero esercitato in forma ordinaria mediante lannuncio ordinario e linsegnamentoabituale della fede e dei costumi (morale), da parte dei successori degli Apostoli, i Vescovi e il

    1 Commissione Teologica Internazionale, Lapostolicit della Chiesa e la successione apostolica, 1974;

    J. Colon,Lvque dans le communauts primitives, Paris 1951.2 G. Sala,Magistero, DTI II, 424-425; M.K. Lehmann,Magistero e teologia, in H. Urs von Balthasar, B.Bro, O. Gonzales de Cardedal, Chi il Vescovo?, Milano 1984, 52-60; J Ratzinger, Teologia e governo dellaChiesa, ib. 61-72; O Gonzales de Cardedal, Chi il Vescovo?, 102-125.

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    romano Pontefice, in forza del loro mandato divino diretto,ossia della missione divina ricevuta daCristo (Mt 28,18-20). Ogni singolo vescovo esercita il Magistero in forma ordinaria per mandatoricevuto da Dio con lordinazione. Sono quindi titolari di esso il Papa, ogni singolo vescovo elepiscopato nel suo insieme. Tale Magistero detto autentico perch, esercitato in nome e perautorit di Cristo, gode dellassistenza dello Spirito Santo, per esprimere fedelmente le verit cheinsegna.

    Ad esso corrisponde, da parte dei fedeli, il dovere di un religioso ossequio della volont edellintelligenza (Lumen Gentium25), secondo i diversi gradi di adesione dovuti alla verit3, comevedremo nei prossimi capitoli. In questo modo, lintera comunit ecclesiale o Chiesa (come unit ecomunione dei credenti), con la sua struttura gerarchica ministeriale (ossia di servizio), risulta

    portatrice della Rivelazione e delle sue verit rivelate. Al riguardo, Lumen Gentium (n. 12)sottolinea esplicitamente lufficio profetico del popolo di Dio che aderisce infallibilmente allafede trasmessa ai santi una volta per tutte. Linfallibilit del Magistero finalizzata e indirizzata a

    perenne sostegno di questa indefettibilit. Quindi lindefettibilit e linfallibilit della Chiesa nonsono soltanto una sua immunit passiva dagli errori ma una positiva esperienza e intelligenza dellaverit delle cose trasmesse (Dei Verbum 8) e un retto giudizio che penetra sempre pi

    profondamente nel vivere la verit, crederla, e annunciarla (Lumen Gentium12).

    Nel popolo di Dio, lazione dello Spirito Santo conserva e mantiene sempre il genuino sensodella fede e lautentico istinto della fede. Essi uniscono tutti i fedeli nella comune e identica

    professione di fede. Lumen Gentium, nn. 12 e 35, sottolinea la finalit del senso della fede:sostenere il retto giudizio del popolo di Dio, perch penetri sempre pi a fondo la fede e lapplichi

    pienamente alla sua vita. Se al Magistero compete la formulazione verbale del Credo, a tutti ifedeli, definiti Santi dalla Scrittura, compete la testimonianza e attuazione vivente di tutte leverit del Vangelo. Questaspetto, da sempre, il pi importante e decisivo, e lo sar sempre pi, difronte al pluralismo di idee, concetti e posizioni che vige nelle culture e societ del presente e delfuturo. Testimonianza ed attuazione distinguono i cosiddetti cristiani di nome e i battezzati in senso

    puramente statistico e anagrafico, dai veri fedeli impegnati in unautentica vita e testimonianza difede.

    4. Magistero esercitato in modo straordinario: oggettoIl Magistero viene pure esercitato in modo straordinario secondo le esigenze richieste da

    situazioni o circostanze eccezionali. Solitamente queste situazioni riguardano verit di fede o dimorale sulle quali sorta qualche controversia, che esige una risposta autorevole. Neppure in talicasi il Magistero comunica qualche nuova verit rivelata, ma opera affinch le verit consegnatealla Chiesa siano pienamente tutelate e comprese nella loro integrit. Si chiama modo straordinario

    perch viene esercitato con atti non ordinari, che possono essere o dichiarazioni di un Concilioecumenico o definizioni solenni con le quali il Papa si pronuncia davanti a tutta la Chiesa, suqualche punto della dottrina di fede o dei costumi. Nel linguaggio teologico si dice che il Papa

    parla ex cathedra quando si pronuncia: 1) nel suo ufficio di Pastore e Maestro di tutta la Chiesa etutti i cristiani; 2) impegnando esplicitamente la sua suprema autorit; 3) per definire una dottrina

    di fede o di morale; 4) da credere e osservare da tutta la Chiesa. In questo caso egli godedellassistenza specifica dello Spirito Santo. In tutti gli altri casi, in cui esercita in forma ordinaria ilsuo ufficio di Pastore e di Maestro, gode dellassistenza generale dello Spirito Santo e il suomagistero viene detto autentico. Abbiamo gi accennato al contenuto del magistero. Esso vienedetto oggettoe distinto in direttoe indiretto. Oggetto del Magistero sono tutte le verit contenutenella Rivelazione, assieme a quelle che sono necessarie per il suo annuncio e la sua difesa4.Oggetto primario diretto sono le verit direttamente ordinate alla vita eterna, che Dio stesso ha

    voluto rivelarci per la nostra salvezza (Dei Verbum 11). Oggetto secondario indiretto sono leverit secondarie, non rivelate direttamente da Dio, ma cos connesse alloggetto primario che,senza di esse, lannuncio efficace di questo sarebbe impossibile. Si tratta, quindi, di verit per saccessibili alla ragione naturale (ad es. che luomo capace di conoscere la verit, dotato

    3 J. Colson,Les fonctions ecclsiales aux deux premier sicles, Paris 1956; G. Sala,Magisterocit.,427.4 W. Kern, E. Niemann, Gnoseologia teologica, Brescia 1984, 169; K. Rahner, Discussioni attorno al

    magistero ecclesiastico, inNuovi Saggi, V, Roma 1975.

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    dintelligenza, ragione, coscienza, volont, libert ecc.) che la condizione decaduta delluomo hareso difficilmente accessibili alla ragione.

    Non sempre facile distinguere fra oggetto primario e secondario, perch non facile accertarequali siano le verit secondarie rispetto alla Rivelazione e come queste si colleghino ad essa. Per lateologia sistematica, tuttavia, importante farlo, sovente si trovano perch nei pronunciamenti

    magisteriali ed molto utile poterle distinguere. Si tratta di un campo ampio e importante per laricerca e la riflessione teologica, che pu offrire un prezioso aiuto al Magistero. in questambitoche, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, si concentrata la riflessione teologica, perfronteggiare i problemi che, col loro continuo e rapido sorgere, sfidano la ragione e la coscienza deicredenti. Ad esso si collega il problema del Magistero esercitato in forma ordinaria, autentica, manon infallibile.

    5. Magistero autentico e forma ordinaria non infallibileIl Magistero autentico, esercitato in modo ordinario non infallibile, consente ulteriori

    chiarificazioni riguardo allinfallibilit. La Chiesa, infatti, deve affrontare ogni giorno moltepliciproblemi concreti, di notevole rilievo per la sua vita, quella dei fedeli e dellumanit. Tali difficoltnon sempre costituiscono un impedimento diretto per la salvezza eterna, ma non sono neppure

    neutre o innocue nei suoi confronti. Solitamente riguardano argomenti importanti e significativi divari campi, come leconomia, la medicina, la bioetica, le teorie scientifiche, le scelte sociali,culturali, politiche, professionali ecc. Linfallibilit magisteriale non significa che il Magistero sia

    preservato da ogni errore, in ogni scelta o decisione riguardante questi problemi. Daltra parte,nellera contemporanea, proprio in queste aree che si registra una crescita di problemi sempre pivasti e complessi. Si ha pure un numero crescente di aree problematiche, legate allacomplessificazione della vita umana e della convivenza sociale. La loro problematicit colpisce lestesse discipline (scienze e filosofie) che se ne occupano, provocandone valutazioni profondamentediscordanti e talora contraddittorie.

    Infine, la crescente rapidit con cui i problemi sorgono e si sviluppano rende sempre pi difficilie prolungatele ricerche e le analisi che ne consentano una soddisfacente comprensione. Manca,

    quindi, sempre pi la necessaria chiarezza per la loro comprensione. Molti di questi problemi, perla loro delicatezza o incidenza sulla vita delle persone e dei gruppi, rendono imprescindibile, per ilMagistero, il dovere di dare qualche orientamento. Si tratta di orientare non solo la Chiesa e icredenti, ma anche gruppi, culture umane e la stessa umanit a giudicare e agire correttamente,nellintreccio di condizionamenti negativi, distorsioni ideologiche e pressioni dinaccettabiliinteressi occulti. Questi problemi, per la loro stessa natura, normalmente non costituiscono oggettodiretto del Magistero. Di conseguenza, secondo alcuni, il Magistero, sugli argomenti sui quali non

    pu o non deve pronunciarsi in modo infallibile, dovrebbe soltanto tacere, lasciando ogni giudizio edecisione alla coscienza dei singoli.

    Questa impostazione si mostrata sempre pi insoddisfacente, spingendo a pi accuratericerche e riflessioni. Un documento episcopale, che ha maggiormente chiarito i vari aspetti alriguardo, stato elaborato dalla Conferenza Episcopale Germanica. Per esso il dilemma che

    costringerebbe il Magistero nellinsuperabile alternativa di: pronunciare decisioni assolutamenteobbliganti o tacere, lasciando ogni scelta e decisione allarbitrio dei singoli, poggia du di unaconcezione inadeguata della verit salvifica e della sue formulazioni. Pertanto va corretta orespinta. A tal fine, va sottolineato, in primo luogo, che lincertezza di cui si parla non riguarda lafede ma la materia e i contenuti sui quali essa deve pronunciarsi. In secondo luogo, il fatto chenella vita quotidiana o in suoi settori specifici (scienze, tecnologie, medicina, economia, politicaecc.) si presentino situazioni che esigono di prendere comunque, qui e ora, decisioni basate suconoscenze non assolutamente certe non uneccezione ma la norma.

    In terzo luogo, anche in situazioni cos nuove, complesse, non ancora completamente chiarite,che possono comportare gravi errori per le persone e lumanit, la Chiesa ha sempre e comunque ildovere essenziale di: a) illuminare le coscienze dei credenti e dellumanit su materie importanti e

    sovente decisive; b) difendere la sostanza della fede. Il fatto che per determinati motivi il Magisteronon possa proporre insegnamenti infallibili, non lo costringe necessariamente al silenzio. Esisteinfatti una terza possibilit: pronunciare orientamenti e decisioni che, pur non essendo infallibili,hanno tuttavia un determinato grado di obbligatoriet bench unito a un certo grado di

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    provvisoriet. I credenti devono conoscerli, riconoscerli, rispettarli e seguirli per quanto e ovepossibile, in proporzione alle loro capacit e competenze, e contribuire pure, nei debiti modi loropossibili, alla loro chiarificazione5. Da tempi antichissimi, infatti, in simili questioni, la Chiesa si avvalsa della communis aestimatio peritorum ossia del giudizio di persone esperte e competenti,

    pur sapendo che anchesse sono soggette a incertezze, errori e mutazioni di giudizio.

    6. Non infallibilit, oggetti indiretti, assensoPu essere utile illustrare largomento con un esempio recente. Negli anni 1980, alcuni medici

    cristiani chiesero alla Sede Apostolica un pronunciamento autorevole sulla morte cerebrale. Nel1981, il Pontificio Consiglio Cor Unum, nel documento Dans le cadre, al n. 51, citando undiscorso di Pio XII (24.11.1957) commentava: indubbiamente non ci si pu aspettare dalla scienzamedica qualcosa di pi di una descrizione di criteri che permettano di stabilire che la morte sopravvenuta, ma ci che il Papa intende dire che questo giudizio appartiene alla medicina e nonalla competenza della Chiesa

    6. Di conseguenza: a) non si pronunci; b) ricord ai competentiresponsabili la necessit della massima prudenza dovuta al permanere di molte incertezze sulladefinizione medica della morte; c) prese atto del crescente consenso nel considerare mortolessere umano in cui si constata la totale irreversibile mancanza di attivit cerebrale (morte

    cerebrale)7

    .Per quanto riguarda largomento che stiamo trattando, questa ferma distinzione fra le diverse

    competenze della Chiesa e della scienza estremamente importante. Lo stesso dicasi delriconoscimento del valore, ma anche della provvisoriet, del parere degli esperti. Il contesto storicoe socio-culturale riguardava forti pressioni sulla S. Sede, da parte di autorevoli ambienti scientificia livello mondiale, perch si pronunciasse ufficialmente su una questione di decisiva importanza

    per lumanit quale se la morte dellessere umano consta della morte cerebrale. In talicircostanze il S. Padre non emise alcun pronunciamento diretto n alcuna dichiarazione ufficiale,come gli chiedevano. Non rimase, per, neppure in silenzio. Al contrario, per mezzo di un organoautorevole del Magistero ecclesiale conferm che la Chiesa non pu fare proprie n affermazionidi ordine scientifico, n criteri scientifici (in questo caso quello per stabilire la morte delluomomediante la morte cerebrale). In pi, non si limit a questa affermazione, ma chiar le condizioniin cui legittimo far credito al giudizio prudente di coloro alla cui competenza scientifica spetta ladeterminazione del fatto della morte8. Abbiamo qui un chiaro esempio del comportamento delMagistero nei casi di decisioni basate su conoscenze non assolutamente certe e, insieme, delriferimento alla communis aestimatio peritorum9. Il problema dellassenso al Magistero, comevedremo, ritorna pi volte nel trattare di Magistero, dogmi e teologia. Nel capitolo 3, 3vedremo che tale assenso opera: 1) della Grazia e dello Spirito Santo; 2) dellintelligenza eragionevolezza delluomo; 3) della libera volont che risponde positivamente alla Parola di Dio.

    Nel capitolo 5, 4, riguardo ai gradi di assenso approfondiremo invece lassenso dovuto aipronunciamenti magisteriali riguardanti dottrine non espresse con atti definitivi, riguardanti:lintelligenza profonda della Rivelazione e di ci che ne esplicita il contenuto; la conformit di unadottrina con le verit di fede; eventuali concezioni incompatibili con la fede e la dottrina ecclesiale.

    Qui anticipiamo soltanto che, in tali casi, lassenso dovuto a questi pronunciamenti quello delreligioso ossequio di volont e intelligenza, che spiegheremo pi avanti nel suo luogoappropriato10.

    5 Lettera dei Vescovi tedeschi a quanti hanno nella Chiesa lincarico di predicare la fede, inLOsservatore Romano, 15 dicembre 1967, p. 5, n. 8; o Ed. Esperienze, Fossano 1968. Per un brevecommento cf. Kern, Niemann, Gnoseologiacit., 166.

    6 Conseil Pontifical Cor Unum,Dans le Cadre, 1981, EV 7/1261.7EV 7/1262.8EV 7/1264.9

    G. Gismondi, Fede, scienza, etica da Gaudium et Spes a Veritatis Splendor, inAntonianum, 70 (1995),542.10 Congregazione per la dottrina della fede, Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo, Citt del

    Vaticano, 1990, n. 23.

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    Ricordiamo qui che fra le forme di oggetto indirettovengono considerate anche le seguenti: 1)Conclusioni teologicheche derivano da una proposizione rivelata e da unaltra non rivelata, comeun principio filosofico. La loro validit dipende dalla verit delle premesse, che si fondano sulsapere umano e dalla correttezza dellargomentazione seguita. Per questo motivo alcuni ledenominano verit solo virtualmente rivelate. 2) Preamboli della fede (preambula fidei) ossia

    presupposti per unaccoglienza motivata delle verit rivelate (esistenza di Dio, sopravvivenza dopola morte, possibilit dei miracoli ecc.). 3) Fatti dogmatici ossia conoscenze aventi un legameestrinseco con le verit salvifiche (connotazioni del contesto storico come: carattere veramenteecumenico di un Concilio, attribuzioni di certe affermazioni a un determinato autore ecc.). 4)Canonizzazioni. Anche per gli oggetti indiretti vedremo, nel luogo indicato, i vari gradi di assensorichiesti.

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    3. I DOGMI

    1. Aspetti introduttiviIl Catechismo della Chiesa Cattolica descrive i dogmi come verit contenute nella rivelazione

    divina, o che hanno con essa una necessaria connessione, proposte al popolo cristiano in modo

    definitivo e in una forma che obbliga a unirrevocabile adesione di fede(n. 88). Li definisce: luci sulcammino della nostra fede che lo rischiarano e rendono sicuro. Indica pure lo stretto legame organicofra i dogmi e la nostra vita spirituale (n. 89). Ricorda inoltre che tra le verit della dottrina cattolica vi un ordine gerarchico, che dipende dal loro diverso nesso col fondamento della fede cristiana (n. 90).Per lesperienza della fede cristiana, dunque, lesistenza dei dogmi essenziale. Per questo, gi ilConcilio Vaticano Iaveva dichiarato che: per fede divina e cattolica si deve credere tutto ci che contenuto nella parola di Dio, scritta o tramandata, e che la Chiesa, con decisione solenne o medianteil Magistero ordinario, propone a credere come rivelato da Dio (DS 3011).

    Nella modernit, la cultura ha contestato la fede cristiana in base allassunto che solo la scienza ingrado di dare certezze. Nel postmoderno, invece, la contesta in base allassunto opposto, che nessunaforma di conoscenza: scienza, filosofia, religione possa raggiungere la certezza. Nessuna forma disapere, quindi, potrebbe possedere o stabilire dogmi, che impedirebbero la libert del pensiero. In

    effetti a un livello razionale puramente naturale, ogni pretesa dogmatica arbitraria e insostenibile. Ilproblema dei dogmi teologici, tuttavia, non si pone allo stesso livello, per cui non cos semplice erichiede molte distinzioni e approfondimenti. Prima di parlare genericamente di essi, occorreanalizzare lesperienza delluomo e dei gruppi. Scienze sociali e filosofia, infatti, hanno messo in luceche, come nessuna persona o gruppo pu progredire n sopravvivere senza le tradizioni, non puneppure progredire n sopravvivere senza verit e valori aventi carattere incondizionato e formulabiliin proposizioni comunicabili.

    Verit e valori costituiscono la base e il presupposto dellidentit di persone, societ e culture ecome tali sono la base indispensabile della loro libert e progresso. Ci significa che dogma e libertnon si contrappongono, perch tutta lesistenza umana si fonda su verit e valori. Ci che conta chesiano rispettate due condizioni fondamentali: 1) che essi siano autentici; 2) che non sidentifichi (o

    equivochi) nessun valore, e nessun senso e significato profondo di una verit con le forme storichecontingenti con cui viene espresso. Riconoscendo che la storia si fonda sullapertura illimitata e maidel tutto esauribile dello spirito umano, si comprende come unespressione storica, in ogni epoca,realizzi unanticipazione parziale, che consente di cogliere il tutto nel frammento. Ci spiega anche

    perch la parola immutabile di Dio, durante il lungo processo della Rivelazione, sia stata espressa cone inparole umane, sempre limitate e finite nella loro possibilit di espressione.

    Ci vale pure riguardo alla Rivelazione su Ges Cristo. Ges la Rivelazione definitiva di Dionella carne umana e la verit definitiva su Dio e sulluomo che deve essere dichiarata e testimoniata

    pubblicamente a tutti i tempi, le culture e nazioni. Egli pure levento a carattere escatologico oltre ilquale non pu darsi alcun progresso della Rivelazione (Eb 1,1) perch, essendo pienezza ecompimento, non una fine senza futuro ma il nuovo inizio al quale promesso un futuroeterno. Egli, grazie allo Spirito Santo, continua a rendersi presente nella Chiesa, nella sua novit

    escatologica, rendendo sempre giovane e vivo il suo messaggio. Questo dinamismo della Rivelazionee della verit divina in Cristo fonda lesistenza dei dogmi e il loro sviluppo, come esplicitazione eapprofondimenti continui di ci che gi implicito nella Rivelazione originaria1.

    2. Dogma, Scrittura, storia della ChiesaNellantichit, il verbo doko, radice di dogma, aveva diversi significati come: credere, ritenere,

    deliberare. Il sostantivo dogma diede origine al verbo dogmatizo, usato nel linguaggio profano,religioso e giuridico-amministrativo, per significare: imporre delibere o comandare2. Alcuni

    propongono che esso, nel linguaggio ecclesiale indicasse, piuttosto, il significato pi antico di: ci

    1 Z. Alszeghy, M- Flick, Lo sviluppo del dogma cattolico, Brescia 1967; AA.VV. , Lo sviluppo del dogma

    secondo la dottrina cattolica, Roma 1953; W. Kasper, Dogma (sviluppo del), in ET, 220-224; D. Bonifazi,Immutabilit e relativit del dogma secondo la teologia contemporanea, Roma 1959; M. Y. Congar, Latradizione e le tradizioni, 2 vv., Roma 1964-1965; W. Kasper,Il dogma dotto la parola di Dio, Brescia 1968.

    2H. H. Esser, Comandamento, in DCBNT, 314.

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    che apparso giusto3. La S. Scrittura negli scritti tardivi della traduzione dei LXX, documentabile gidal II secolo a. C., lo us nel senso di ordineo disposizione (cf. Est 4,8; Dan 2,13; 4Mac 4,23). In3Mac 1,3 indicava, invece, le prescrizioni divine della Legge mosaica e, in 2Mac, 15,36, le delibere

    prese nella comunit. Nel Nuovo Testamento il termine usato per indicare gli ordini dellautoritcivile, in Lc 2,1 (il censimento di Augusto), At 17,7 ed Eb 11,23. In At 16,4, dogmata indica ledisposizioni del collegio apostolico per le comunit di missione. Nei contesti in cui il termine indicagli editti delle autorit umane, vi traspare un senso dimpotenza o subordinazione dei poteri terreni, difronte allopera salvifica divina.

    Alcuni pongono lo sviluppo ecclesiale del termine, nel periodo che intercorse da At 16,4, al secoloIV. In esso si sarebbe evoluto verso i sensi di: verit e dottrina autorevole, obbligatoria per tutta lacristianit, e prescrizione giuridica della Chiesa che esige assenso intellettuale4. La concezione pispecifica di dogma, detta pure in senso stretto, viene invece considerata una conseguenza delConcilio Vaticano I, per cui sarebbe piuttosto recente. Presso i Padri della Chiesa e durante ilmedioevo il termine era inteso in senso largo, vale a dire di una dottrina, una sentenza, un principioo una massima. Quanto i cristiani parlavano di dogmatali intendevano nel senso generale di dottrinecristiane rivelate da Dio e credute dalla fede, senza accentuare particolarmente le definizioni delMagistero5. Sarebbe dal secolo XVIII che il senso stretto, nel significato attuale, avrebbe cominciato

    ad insinuarsi. Il riferimento esplicito alla definizione della verit, da parte del Magistero, sarebbe poidivenuto un elemento sempre pi importante e, infine, centrale.

    Comunque sia, la realt del dogma si progressivamente chiarita come: a) esplicitazione deicontenuti dottrinali impliciti nelle affermazioni della rivelazione; b) loro chiarificazione eriformulazione in concetti e termini pi precisi o aggiornati, secondo le esigenze culturali delle varieepoche e dei nuovi problemi sorti nel corso della vita e della storia della Chiesa. Nellera moderna, lafunzione definitoria del Magistero ha evidenziato il ruolo essenziale, proprio della Chiesa, di rendere

    presente il Vangelo, nel corso della storia, nel tessuto delle istanze emergenti, per rispondere alleesigenze pi urgenti delluomo e dellumanit. Ci non potrebbe avvenire mediante pure ripetizionidei suoi contenuti, poich occorre inserire vitalmente, nella cultura e nelle coscienze, la sua verit, isuoi valori e tutti i suoi contenuti. Quanto alla distinzione fra il senso largo e quello stretto del dogma, emersa la legittimit e validit di entrambi.

    Il senso stretto consente notevole spazio alla libert nella Chiesa, permettendo moltepliciespressioni dellantica dottrina, che rendono possibili gli ulteriori sviluppi necessari. Ilsenso ampio, asua volta, risponde allesigenza di non separare mai la fede oggettiva da quella soggettiva e di nonisolare mia il dogma dalla verit e dottrina pi ampia annunciata dalla Chiesa. Queste esigenzederivano dal fatto che i contenuti della fede sono sempre immensamente maggiori delle proposizioniin cui vengono formulati6. Nella modernit emerso che, nonostante la loro grandiosit, le concezioni

    patristiche e del primo medioevo presentavano pure dei limiti. Essi consistevano nel non distinguere asufficienza fra le verit di Dio e la testimonianza umana della verit (ad opera della Chiesa), che larende vitalmente presente nel corso della storia7.

    3. Le diverse prospettive sui dogmi

    I dogmi, esaminati nella prospettiva dei contenuti, non mostrano alcuna fissit o cristallizzazionedella fede e delle verit cristiane. Al contrario, ne palesano il dinamismo vitale, che fa cogliere,sempre pi profondamente ed estensivamente, il senso della Parola e del Vangelo. questodinamismo che porta a nuove definizioni dogmatiche, evidenziando diverse prospettive, che lerendono relativamente numerose. Nella prospettiva della comunicazioneeproclamazione, secondo leesigenze dei diversi ambienti storici e culturali, il dogma pu essere definito: una ripresentazione dellaParola di Dio nel corso della storia, ad opera della Chiesa, per proclamare o difendere la fede, in

    3DDT, 205.4Esser, 315.5D. Bonifazi,Dogma, DTI, I, 709.6Kasper,Il dogma sotto la parola di Dio, 50.7Bonifazi,Dogma, 710.

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    determinate circostanze storico-culturali e per determinate esigenze. In questo caso si evidenzia lanecessit di mediare il Vangelo eterno della salvezza con le istanze emergenti dalla storia.

    Nella prospettiva della comprensione e del linguaggio il dogma costituisce la definizione di unpreciso contenuto di fede, mediante un linguaggio determinato e preciso, ricavato, quando necessario, anche da termini filosofici e categorie culturali di una data epoca. Anche in questo caso

    valgono i criteri dellanalogia, somiglianza/dissomiglianza, storicit, ambivalenza/ambiguit e limitidel parlare umano. Ci non significa alcun relativismo, agnosticismo o scetticismo, ma la sanaconsapevolezza che anche affermazioni limitate, storicamente e culturalmente condizionate,consentono di esprimere contenuti incondizionati, perennemente validi. Nellambito del dogma,questo criterio va considerato nel contesto della Chiesa come comunit viva, che si prolunga nellastoria, attraversando tutte le epoche, culture e situazioni. Nella prospettiva antropologica il dogmacostituisce una proposta e un appello rivolti alla libera responsabilit delluomo, da parte della Chiesa,che esprime la sua fede vissuta, come norma di unautentica vita nella fede.

    Nella prospettiva della formail dogma distinto come verit di fede divinae difede ecclesiale(ocattolica). Ci sottolinea la presenza, in esso, di due elementi complementari. Il primo la rivelazionedivina, il secondo la definizione della Chiesa. Il dato rivelato, infatti, verit e dottrina insieme. Ildogma, a sua volta, una verit e dottrina che ripresenta, nel suo modo specifico, il dato, la verit e la

    dottrina rivelati. Le formule dogmatiche hanno valore oggettivo nel rappresentare gli oggetti di fededella realt divina, pur nei limiti imperfetti della conoscenza analogica delle realt divine, propriadelluomo. La mediazione della Rivelazione attuata dalla Chiesa si svolge, tuttavia, in diversi modicomplementari e indispensabili: krygma, catechesi e dogma. Krygma e catechesi esprimonolannuncio e lapprofondimento vivo del Vangelo. Catechesi e dogma consentono lapprofondimentodellesperienza di fede e la formazione permanente nella fede, della comunit dei credenti.

    Tutte queste prospettive fanno emergere il problema dellassenso personale ai dogmi, che verrsvolto nel capitolo quinto. Qui anticipiamo soltanto che esso esprime la decisione libera e responsabiledel credente di accogliere la Parola di Dio che lo interpella. In esso convergono, quindi: 1) la graziadello Spirito Santo; 2) lintelligenza e ragione delluomo; 3) la libera responsabilit. In questo

    paragrafo abbiamo visto come i dogmi riesprimano e riattualizzino loriginaria formulazione biblica,

    rendendo presente il Vangelo nelle pi diverse epoche storiche e circostanze culturali. Il passaggio dalkrygma al dogma consegue alla necessit di far vivere in modo attuale e consapevole i valori e leverit biblico-evangelici, nella vita personale ed ecclesiale. Fa parte, dunque, della mediazioneattualizzantedella Chiesa, volta a rispondere alle istanze umane, evitando le interpretazioni indebite oerrate del dato rivelato (eresie), emergenti nel corso della storia. Lo stesso va detto delle forme dilinguaggio dossologico e storico-esistenziale. La necessit di completarle con quelle concettuali edottrinali esprime lesigenza di attualizzare la verit rivelata secondo le richieste emergenti nel corsodella storia. Lo sviluppo della dimensione dottrinale presente nel krygma , quindi, un compitospecifico della Chiesa, del Magistero e della teologia.

    4. Funzioni ecclesiali del dogmaLinterrogativo sulla fondazione biblica o, almeno, sulla legittimazione biblica del dogma, richiede

    una risposta. Al riguardo si deve dire che, nella Bibbia e nel Vangelo, risultano presenti le seguentidimensioni della verit rivelata: a) storica, funzionale e salvifica; b) ontologica, essenziale edesistenziale; c) concettuale, dottrinale e teologica. La Scrittura evidenzia, dal suo interno, i rapporti frakrygma e dogma. Nel Nuovo Testamento, infatti, troviamo: professioni e confessioni di fede,interpretazioni dellAntico Testamento da parte della Chiesa primitiva, riletture post-pasquali deglieventi pre-pasquali e assunzioni di elementi culturali dallambiente circostante. Tutto ci resoelemento espressivo delle verit e realt cristiane, ecc., consentendo di apprezzare la complementarietdi Scrittura e dogma. La Scrittura esprime la ricchezza poliedrica e vitale della fede, mentre il dogmane esprime lunit e coerenza concettuale. Questa complessa realt spiega e legittima il continuo

    passaggio dalle confessioni primitive di fede alle formulazioni successive e alle definizioni dottrinali.

    Le funzioni ecclesiali del dogma, quindi, sono molteplici: confessionale-dossologica , dottrinale,

    prolettico-escatologica ecc. La dimensione confessionale-dossologica traspare maggiormente nelleconfessioni di fede pi antiche e rimane sempre essenziale per esprimere la fede della Chiesa in ognimomento della sua storia e anche nelle definizioni dogmatiche. Le dossologie, tuttavia, riguardo allevarie forme di krygma e catechesi sollevano pure problemi di regolamentazione dei concetti e del

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    linguaggio. Ci introduce la seconda funzione dottrinale volta a tutelare la precisione, correttezza,purezza dottrinale e unit della fede. Sotto questaspetto i dogmi delimitano lalveo nel quale scorre losviluppo dellautentica fede, evitando le sempre possibili deviazioni. La funzione prolettico-escatologica esplicita i contenuti della Rivelazione come fermento positivo della storia e cometensione fra ilgi, imperfetto e provvisorio e il futuro non ancoradefinitivo.

    5. Immutabilit e storicit del dogmaIl Magistero ecclesiastico ha insistito pi volte sul valore assoluto e immutabile dei dogmi,

    respingendo ogni tentativo di relativismo dogmatico. La dichiarazione Mysterium Ecclesiae haricordato che il significato delle formule dogmatiche rimane sempre vero e coerente, anche quandovenga ulteriormente chiarito e compreso. A questo riguardo la teologia si avvale di alcuni principirelativi sia alla Rivelazione che alla ragione.Riguardo alla ragione umana, sottolinea che il valore diverit, oggettivit e assolutezza metafisica possibile per determinate affermazioni umane.Riguardoalla Rivelazione, sottolinea che la Rivelazione pubblica, oggetto della fede cattolica, giunta acompimento con gli Apostoli. Per questo motivo la Chiesa ha sempre considerato se stessa comecustodefedele dellinviolabile deposito della fede, ossia della Rivelazione trasmessa dagli Apostoli.Come unica fonte delle sue definizioni dogmatiche vi la dottrina divino-apostolica trasmessa da

    Scrittura e Tradizione. Non si mai considerata, invece, rivelatrice di nuove verit.Riguardo ai dogmievidenzia che la Chiesa, difendendo la sua infallibilit, ha sempre riconosciuto

    il valore permanente, assoluto e immutabile dei dogmi, che non possono mai includere verit noncontenute, in qualche modo, nel dato rivelato. Inoltre, ha sempre sostenuto che ogni verit di fedeconserva sempre il significato originario inteso da Dio nella Rivelazione. Abbiamo gi ricordato alcap. 1, 3, limportante affermazione dellaDei Verbumn. 8, che la comprensione delle cose e delle

    parole trasmesse cresce con la contemplazione e con lo studio dei credenti che le meditano in cuor loro(Lc 2,9, 19, 51). A sua volta, la loro maggiore intelligenza data da una pi profonda esperienza dellecose spirituali e dalla predicazione dei vescovi che, con la successione episcopale, hanno ricevuto uncarisma sicuro di verit. Per tutto questo, nel corso dei secoli, la Chiesa tende incessantemente alla

    pienezza della verit divina, finch in essa vengano a compimento le parole di Dio (Dei Verbum8, 9-10).

    Di conseguenza, Gaudium et Spes(n. 62) ha invitato i teologi a ricercare modi sempre pi atti dicomunicare la dottrina cristiana agli uomini della loro epoca, perch altro il deposito p le verit

    della fede, altro il modo in cui vengono enunciate, rimanendo pur sempre lo stesso significato e il

    senso profondo. Ha sottolineato, inoltre, lesigenza di servirsi delle differenti culture per diffonderee spiegare il messaggio cristiano nella sua predicazione a tutte le genti, per studiarlo, approfondirlo e

    meglio esprimerlo nella vita liturgica e della comunit dei fedeli n. 58). Di qui il ripetuto invito adistinguere il significato immutabile delle verit della fede dalle loro espressioni varie molteplici estoricizzate.

    6. Sviluppo dei dogmiTutto questo richiama il problema gi accennato dello sviluppo dei dogmi. Per comprenderne i

    delicati e complessi fenomeni dobbiamo collocarlo nel suo pi ampio contesto salvifico, dal qualericeve senso e significato. La teologia contemporanea lo sottolinea maggiormente, in vista di unadottrina generale e globale dello sviluppo dei dogmi8. W. Kasper ha delineato i seguenti elementi,come contesto o sfondo generale del problema. Lo Spirito Santo, con la sua azione e i suoi doni,introduce i credenti nella verit tutta intera secondo lesplicita promessa di Cristo (Gv 16,13; cf.14,26). In questo senso, Scrittura e tradizione appaiono uno specchio nel quale la Chiesa contemplaDio e la sua verit e in cui trova espressione leredit apostolica. Ci fonda la necessit di ritornarecontinuamente alle fonti, per crescere nella comprensione della fede. Quanto ai ruoli, il Magisterostimola, accompagna criticamente e conclude il processo di sviluppo dei dogmi, come crescenteesplicitazione e comprensione del senso generale della fede.

    La riflessione teologica, invece, prepara e facilita il compito del Magistero, aiutandolo con tutti gli

    strumenti storici, logici, dialettici,analogici, di convenienza, convergenza dindizi, ecc. a sua

    8Kasper,Dogma, 225.

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    disposizione. La teologia, inoltre, si fa carico di elaborare una comprensione del Vangelo sempre pirinnovata e approfondita, secondo le richieste e le sfide sollevate dal mutare delle situazioni e dalcontinuo sorgere di problemi umani, morali e spirituali. Tutto ci, per la Chiesa, esprime i segni deitempi cui prestare la massima attenzione. Lo sviluppo dei dogmi, quindi, non nasce da esigenze

    puramente concettuali e intellettuali, ma dallimpatto della fede con le sempre nuove situazionistoriche, individuali, sociali, culturali ed ecclesiali, sovente difficili e urgenti. Lo studio storico deidogmi mostra che le grandi dispute teologiche non si risolvono solo trattando singole e determinateverit, ma elaborando un comprensione generale pi profonda, ampia, attuale ed efficace della fedecristiana, a partire sia dalle verit fondamentali che da quelle specifiche, oggetto di contesa.

    Esso mostra pure che, sovente, sconvolgimenti e distorsioni ereticali sono reazioni scorrette asituazioni complesse e a problemi difficili. Sono reazioni scorrette: le scorciatoie intellettuali, glieccessivi adattamenti, le sintesi premature e superficiali, i rifiuti di confronti, gli irrigidimenti ostinatie immotivati, le negazioni, isolamenti o assolutizzazioni di un unico aspetto, le esagerazioni oriduzioni di aspetti particolari ecc. La lista sarebbe assai pi lunga. Ci spiega perch le conseguenzenegative delle eresie non consistano solo nella negazione di qualche verit, ma anche nello spingere laricerca, riflessione, sviluppo o elaborazione di una dottrina verso direzioni sbagliate. In tutti questicasi, la risposta della Chiesa volta a mettere in luce i vari aspetti genuini e specifici della verit e dei

    dogmi. Essa dimostra come si possano sottolineare gli uni, senza negare o sminuire gli altri.Il segreto del successo, in questo delicatissimo compito, sta nel ricercare la verit in modo

    equilibrato, con reciproco rispetto e amore ed evidenziando sempre gli aspetti salvifici e liberatori diogni verit e dottrina9. A tal fine occorre, come gi detto, rispettare lordine gerarchico delle verit10derivante dal loro rapporto col fondamento della fede cristiana, che Cristo (fondamento cristologico).Teologia dello sviluppo e storicit del dogma sono regolate, dunque, dai seguenti principifondamentali: 1) Ogni verit dogmatica deve essere contenuta esplicitamente o implicitamente neldato rivelato, che intende chiarire o esplicitare. 2) Ogni dogma successivo deve porsi in continuitomogenea col significato di quelli gi definiti (evoluzione omogenea). 3)Occorre controllare con cura imodi in cui un dogma incluso nella Rivelazione: limplicito va esplicitato; il gi espresso variformulato in termini attuali. 4) Nello studio dello sviluppo rimane sempre essenziale ritornare al dato

    biblico originario, sovente pi fruttuoso del riferimento agli sviluppi dogmatici legati a contestistorico-culturali particolari. 5) Le modalit razionali dello sviluppo possono essere molteplici: logico-discorsive, intuitivo-vitali, concettualizzazioni, apprensioni concettuali riflesse ecc. 6) La Scritturarimane il testo originario, qualificato e normativo insostituibile (norma normans non normata) in cuiemerge la Parola eterna di Dio. 7) Il dogma esplicita pure lesperienza ecclesiale del Cristo.

    Ricerca e riflessione contemporanea hanno messo in luce che il pensiero e il linguaggio umanorimangono sempre inadeguati ad esprimere la pienezza, ricchezza, profondit e totalit della realt.Ci vale, a maggior ragione, per i misteri divini. Il dogma, quindi, rimane un asserto vero, ma parziale,

    perch non pu n deve esaurire tutto il mistero contenuto nella verit divina. Pertanto, realt divina edato rivelato trascendono ogni loro espressione in formule dogmatiche. Queste, tuttavia, rappresentanoun definitivo punto di riferimento, necessario e obbligante per ogni ulteriore espressione della fede.

    7. Interpretazione dei dogmiOgni realt pu essere considerata da numerosi punti di vista, sempre nuovi e da prospettive

    complementari, che integrano, arricchiscono, e completano quelle precedenti. Ci vale pure per lerealt divine e salvifiche. La concezione storica dei dogmi e lesigenza di una loro interpretazione,quindi, non comporta alcun relativismo o scetticismo. Essa si basa sulla duplice convinzione che, neidogmi, la verit sempre presente col suo valore definitivo e, tuttavia, pu essere ulteriormenteesplicitata, nello stesso senso e nella stessa affermazione (eodem sensu, eadem sententia). Ci

    possibile per la struttura stessa del dogma, come affermazione ecclesiale della Parola vincolante di Dioche: 1) si rende presente nella parola umana; 2) va interpretata come asserzione di fede e veritsalvifica; 3) viene attestata come vera e tale intende essere. Certamente il confine fra dogma formale edottrina vincolante della Chiesa non sempre facile da determinare. Ma ci non sembra neppurenecessario. Vi sono, infatti, affermazioni fondamentali del Credo Apostolico che non furono mai

    9Kasper,Dogma, 226.10Unitatis Redintegratio11.

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    definite formalmente e tuttavia, sono essenziali e vincolanti. Inoltre i dogmi vanno sempre posti inrelazione con lintera fede e dottrina della Chiesa.

    Ci premesso, linterpretazione di un dogma data dalla mediazione fra la situazione in cui esso fudefinito e la nostra situazione attuale. Ci significa che da un lato si deve sapere, con la maggiore

    precisione possibile, ci che esso veramente intende dire. Daltro lato si deve cercare di trasmetterne e

    comunicarne il contenuto nel modo pi esatto ed efficace. Ci impegna pure termini, prospettive dipensiero e linguaggio pi comprensibili ed efficaci. Il punto centrale dato dal distinguere il contenutoprofondo che una definizione dogmatica intende esprimere, dai mezzi e modi in cui lo esprime. Sitratta di capirne lintenzione profonda attraverso i suoi mezzi espressivi. La prima va sempreconservata, sui secondi si pu e deve esercitare un rigoroso discernimento critico cristiano. A questofine vanno accuratamente sottolineati i seguenti elementi: 1) contenuto inteso; 2) rivestimentoespressivo; 3) schema noetico o modello di pensiero; 4) modo di presentazione. Il contenuto la parte

    prioritaria che va sempre salvaguardata, mentre le altre parti possono essere rielaborate o espressemeglio. Questo compito ecclesiale richiede unintensa partecipazione di teologi e storici del dogma edella teologia. La garanzia dellinterpretazione autentica, che attualizzi il valore perenne e salvilirreformabilit dei dogmi poggia, invece, sullassistenza dello Spirito Santo garantita al Magisteronellesercizio del suo ministero ecclesiale11.

    11Bonifazi,Dogma, 716-717; Kasper,Dogma, 221-223.

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    legata allattuazione di Cristo e del suo Regno, nella sua Chiesa e per mezzo di essa . In essa e peressa, Ges dona ai credenti la sua persona, parola, luce, immagine di Dio, salvezza, mediazione, via,verit e vita eterna4.

    2. Modelli teologici

    Questo specifico cristiano stato elaborato ed espresso mediante vari modelli teologici. I primifurono quello patristico e alto medievale, nei quali conflu la riflessione della Chiesa degli inizi. Essisottolineavano il felice scambio di Cristo, che ci dona le sue ricchezze divine (santit, verit, vitadivina), prendendo su di s le nostre miserie umane (peccato, condanna, morte, limiti, debolezze ecc.).Veniva pure sviluppata la portata cosmica della Redenzione e la trasformazione (santificazione,divinizzazione) delluomo, che riceve il dono divino di grazia e salvezza, mediante lilluminazione e laverit divina5. Quanto al modello altomedievale, inser nella teologia lesigenza di cercare o introdurre,nel sistema complessivo della fede, le rationes necessariaeper ogni verit. Nella fase matura, invece,la crescente tensione e scontro fra tradizione accolta nella fede e conoscenza autonoma, sostenuta dalsapere aristotelico, port a una progressiva riduzione della pretesa cognitiva della teologia e a unamaggiore consapevolezza critica del rapporto fede-sapere.

    La teologia, quindi, si esprimeva come sapere-sentire religioso, superiore o totalizzante, che

    consente di percepire, giudicare e agire in vista della propria perfezione e beatitudine. Tale sapereveniva centrato sul mistero di Cristo, riletto nel cosmo, nella storia e nellessere. Lo si cercavanellAntico e Nuovo Testamento, letti alla luce della fede della Chiesa. S. Agostino viene indicatocome il migliore esempio di tale modello, mentre, come limiti, vengono considerati: una certaimperfezione storico-critica nella lettura della Scrittura; la sovrapposizione degli elementi filosofici;limpostazione eclettica. Essi avrebbero causato uninsufficiente distinzione fra i diversi elementidialettici: naturale e soprannaturale, filosofia e teologia, intuizione e ragione, fede e ragione, affetto eragione, ascesi/mistica e teologia razionale.

    Il modello della Scolastica, invece, si caratterizza per il confronto fra il dato rivelato e la filosofiaaristotelica, corretta e integrata, in senso cristiano, da S. Tommaso. Nel suo pensiero, lattivit pi alta quella intellettuale-concettuale, la cui forma pi elevata la scienza, intesa come conoscenza certa

    ed evidente di una cosa, mediante le sue cause necessarie. In questo senso, la metafisica vista comela scienza somma. I limiti di questo modello sono indicati nello spostamento dal piano salvificostorico, religioso, affettivo, volontario, contemplativo e dossologico, a quello ontologico, essenzialista,metafisico e dialettico. Tale deriva port alla progressiva separazione della teologia dalla vitaspirituale, liturgica, mistica, pastorale e operativa6. La maggior cesura dai modelli precedenti fuconsumata nellet moderna. Dapprima vi fu Lutero che accus i teologi scolastici di volere arrivare aDio con la forza della ragione, anzich attenersi alla sola croce. Per questo contrappose a quella chechiamava theologia gloriae la certezza della salvezza nel Signore crocifisso, ossia la sua theologiacrucis. Pi tardi, le filosofie della soggettivit, in base ai loro principi, interpretarono la federiducendone i contenuti entro i limiti della pura ragione e della morale naturale (Kant, Religione entroi limiti della semplice ragione, 1793).

    Hegel, a sua volta, (Lezioni sulla filosofia della religione, 1821-1831) interpret il cristianesimo

    come religione assoluta in cui il mistero esiste solo per lintelletto ma non per la ragione. Sostenne,quindi che, nella morte in croce, attraverso lindividualit di quelluomo unico, lo spirito irruppe,realizzando luniversalit della comunit spirituale. In questa temperie, la scuola cattolica di Tubingatent di presentare il cristianesimo come la rivelazione integrale di unidea divina che pervade ilmondo e che nel cristianesimo primitivo si presentata in forma di normativa per ogni tempo, marimase del tutto isolata. La neoscolastica si oppose al romanticismo, idealismo, kantismo, hegelismo,obiettando che inglobavano panteisticamente, in un processo storico, la trascendenza divina,

    4H. Waldenfels, Teologia fondamentale, Cinisello B., 1988, 17-22.5 W. Kern, Teologia, in ET, 1009-1011; W Pannenberg, Epistemologia teologica, Brescia 1975; Id.,

    Rivelazione come storia, Bologna 1969; D. Bonifazi, Filosofia e cristianesimo , Roma 1968; Y.M. Congar,

    Situation et tches prsentes de la Thologie, Paris 1972; F. Fevrier, P. Clair, Clefs pour une thologie, Fribourg1974; S. Fausti, Ermeneutica teologicaBologna 1975; Le pi recenti epistemologie: Popper-Hempel. Atti delXVIII convegno di assistenti universitari di filosofia, Padova, 1973.

    6C. Vagaggini, Teologia, in NDT, 1559-1577.

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    sopprimendone la libert. In tale clima culturale, pure la neoscolastica accentu, nella teologia, lacomprensione concettuale di una dottrina e verit atemporale, priva della sua ineliminabilecomponente storica (storia della salvezza)7.

    Tenuto conto di ci, dunque, si pu parlare di un modello positivo-scolastico in cui dapprimaaument la preoccupazione della prova razionale e apologetica e diminu la relazione con la Scrittura e

    la Tradizione. Ne deriv un successivo impegno verso un pi approfondito rapporto con la Scrittura ela Tradizione e il riconoscimento della necessit di ripristinare un rapporto pi equilibrato e armoniosofra la dimensione razionale-concettuale e tutte le altre.

    3. Lepoca contemporaneaNel XX secolo il pluralismo culturale provoc pure un pluralismo di proposte e risposte teologiche.

    Si parl molto di teologie: politica, delle realt terrene, della prassi, della liberazione ecc., la cuiesistenza fu effimera pur offrendo qualche contributo. Tale pluralismo deriv in gran parte dalnotevole ampliamento dellesperienza umana, conseguente allespansione delle scienze, delle tecnichee alla crescente complessificazione della vita sociale. Neppure la teologia, quindi, pu sottrarsi aldialogo con le attuali culture dellumanit, n ignorare il pluralismo delle diverse concezionifilosofiche sullesistenza umana, il mondo, la storia. Inoltre deve tenere conto dei problemi sollevati

    dai progressi tecnoscientifici. Una delle esigenze attualmente pi sentite quella di affrontare le formepi preclusive dellantropocentrismo e dello scientismo contemporanei, al fine di aprire un ampiodialogo interculturale, ecumenico e interreligioso8.

    Al riguardo la lunga esperienza storica della teologia ha consentito di collaudare lutilit deiseguenti criteri: 1) La comprensione approfondita della fede esige la teologia, come sistematicariflessione critica sulla fede e su tutto ci che essa comporta. 2) La teologia non pu fare a meno deglistrumenti elaborati dallesercizio critico dellintelligenza su la realt (scienze, filosofie) e su se stessa(filosofia, metafisica). 3) La teologia non pu rinunciare al suo discernimento critico sui saperi umani(scienze, filosofie), tenuto conto del loro pluralismo. 4) La filosofia, pur costituendo un momentostabile, allinterno del pensiero teologico, rimane uno strumento fragile, ambiguo, parziale,

    provvisorio, che non pu costituire la misura della fede o il criterio della sua riduzione. 5) Fra

    fede e filosofia esistono sempre tensioni e momenti conflittuali, per cui la teologia non pu far proprioalcun sistema filosofico, n alcuno di questi pu esserle imposto o anteposto. 6) Criterio preferenzialeper una filosofia pu essere la sua apertura e compatibilit nei confronti dei punti decisivi edeterminanti della fede (trascendenza e libert assoluta di Dio sul mondo, libert e responsabilitdelluomo, radicale apertura umana alleventualit di una Rivelazione ecc.) (Optatam Totius, 15). 7)Ogni filosofia pu offrire problemi, elementi utili e sfide di cui la teologia deve tener conto nel suoimpegno di mostrare ai contemporanei la credibilit della fede. 8) Per la teologia essenziale eirrinunciabile non trasporre acriticamente alcun elemento o sistema filosofico o scientifico, nella suacomprensione della fede cristiana. 9) Il contesto pluridisciplinare e i rapidi mutamenti culturali nonconsentono pi alle singole discipline di valorizzare tutti i dati disponibili, per cui soffrono sempreuninsuperabile incompletezza. 10) Di fronte alla crescente complessificazione concettuale esocioculturale, teologia, filosofia e scienze devono sempre pi dialogare e adottare modalit di ricerca

    e riflessione inter- e trans- disciplinare9

    . 11) Per evitare la vanificazione culturale conseguenteallenorme frantumazione di esperienze e conoscenze, la teologia deve rivalutare le costantipermanenti delluomo e della natura, senza sminuire lattenzione al mutabile10.

    4. Criteri e principi per la teologiaNella recente riflessione teologica ha acquisito un certo rilievo il criterio ultimo della teologia.

    Esso riguarda: la Parola di Dio, la fede in essa e i limiti della ragione. Riguardo alla ragione si deverilevare, in accordo con la gnoseologia classica e la pi recente epistemologia, che essa unafacolt

    7Kern, Teologia, 1012.1013; H. Fries, Teologia fondamentale, Brescia, 1987; 164-166.8Vagaggini, Teologia,1579-1598; Id.,La ricerca della sintesi nella dottrina teologica di Dio, in AA.VV.,I

    teologi del Dio vivo. La trattazione teologica di Dio oggi, Milano 1968.9 J. Alfaro,Rivelazione cristiana. Fede e teologia , Brescia 1986, 140-157.10Waldenfels, Teologia fondamentale, 31.

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    storicamente strutturata e condizionata da errori, mutamenti, modifiche, limiti e contingenze, cheesigono sempre attenta e rigorosa critica. Lidentificazione e scoperta di questi elementi negativirichiede tempi lunghi. Il teologo sa che la Parola di Dio e la fede, rendendo coscienti di tali limiti,

    possono condurre lintelligenza a maggior realismo, equilibrio e apertura a nuovi spazi e dimensioni.Ci vale per ogni applicazione di strumenti razionali e prospettive culturali alla teologia. Possonomutare le stesse prospettive adottate dai teologi. Attualmente la prospettiva considera la Rivelazionecome salvezza, nella quale Dio si autorivela liberamente, e dona, nel Figlio Ges Cristo, la salvezza aogni singolo e allintera umanit.

    Dio si rivela salvando e salva rivelandosi, vale a dire manifestando la sua trascendenza nella storia.Per questo la teologia pu parlare su Dio, muovendo dalla Parola diDio incarnatasi in Cristo. Ciesige che Dio rimanga ilsoggettoe non diventi un oggetto. La teologia deve quindi conservare sempreil suo carattere mistagogico o senso del mistero, espresso nellatteggiamento orante e contemplativo,assai pi che in quelli concettualizzanti e raziocinanti. Ci essenziale per non ostacolare ostravolgere col suo parlare umano il parlare di Dio. Inoltre la teologia deve salvaguardare la suaspecifica ecclesialit, poich il suo interlocutore autentico la comunit ecclesiale e non i teologi,singoli o in gruppo. La teologia, infatti, una funzione vitale, teoretica e pratica con la quale il popolodi Dio si orienta e indirizza alla Parola divina. Il teologo, quindi, deve servire la Parola di Dio nellae

    perla comunione, vita e missione della Chiesa.Ci viene detto in modo molto sintetico mediante i due grandi principi e fondamenti dellautentico

    teologare: la Parola di Dio la norma suprema(norma normans non normata) e la Chiesa la normaprossima (norma normans normata). Spetta alla comunit ecclesiale, quindi, valutare e giudicare irisultati del lavoro teologico. Il consenso ecclesiale dato dal verosensus fideidei fedeli, di cui parteessenziale lapprovazione del Magistero. Questo anche il principio criteriologico ed epistemologico,costitutivo e ultimo della teologia, necessario per collaborare allinterpretazione autentica delMagistero e contribuire a una sempre maggiore comprensione della Parola di Dio11. Tali principi e

    presupposti costitutivi esistono per ogni disciplina, scienza e sapere, al fine di tutelarne lidentit,autenticit e libert, evitandole di snaturarsi o dissolversi. Se quelli teologici finora esposti nonvenissero osservati, la teologia si ridurrebbe a una delle scienze della religione, perdendo la propriaidentit e venendo meno ai propri compiti.

    Fra questi vi la funzione critica, altamente profetica, verso il mondo, la cultura e tutti i fenomeniche non sono Dio. Di essa, anche la stessa modernit sembra aver compreso, infine, la necessit einsostituibilit12. Non va dimenticato, infatti, che compito della teologia indicare ci che non mache dovrebbe essere. Infine, la sua critica comporta pure la critica delle critiche e lautocritica,fondate sul discernimento evangelico13. Solo questo giusto equilibrio fra coscienza credente ecoscienza critica consente di discernere, valutare e avanzare evangelicamente proposte migliori. Di quiil duplice aspetto della funzione critica della teologia. Il primo laspetto internoche comporta: a) lacritica negativa di eventuali difetti, abusi o dissonanze dalla Parola; b) la critica positivavolta allaricerca del meglio; c) lautocritica o disponibilit a rivedere sempre le proprie posizioni, metodi erisultati (autocritica della critica). Il secondo laspetto esternoche comporta: a) la critica negativadei processi mondani e profani che mirano a plasmare il mondo; b) la critica positivache valorizza la

    speranza e lo spirito di profezia propri della fede biblico-cristiana14

    ; c) lautocritica del proprioservizio reso allannuncio, predicazione e catechesi.

    5. Teologia e filosofiaRimane tuttora vivo il problema del rapporto fra teologia, filosofia e scienza. Come si visto,

    limpatto della fede cristiana e del pensiero greco liber la ragione umana dalla mitologie, ma nonelimin lautentica teologia. Questa spost il discorso da Dio come primo principio delluniverso a

    11Dei Verbum10.12 G. Gismondi, Scienza, filosofia e teologia come istanze critiche , in Nuova civilt delle macchine, 15

    (1997), n. 1-4, 193-207.13G. Gismondi,Religione fra modernit e futuro, Assisi 1998.14 W. Kern, H. J. Pottmeyer, Trattato di gnoseologia teologica, Brescia, 1990, 275-279; Waldenfels,

    Teologia fonda