Giovanni Lilliu - I Nuraghi

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Giovanni Lilliu I NURAGHI Torri preistoriche di Sardegna prefazione di Alberto Moravetti

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I Nuraghi

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Giovanni Lilliu

I NURAGHITorri preistoriche di Sardegna

prefazione di Alberto Moravetti

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I NURAGHI Torri preistoriche di Sardegna

prefazione di Alberto Moravetti

GIOVANNI LILLIU

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I NURAGHI Torri preistoriche di Sardegna

prefazione di Alberto Moravetti

GIOVANNI LILLIU

Page 4: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

Indice

7 Prefazione

25 Nota biografica

28 Nota bibliografica

47 Avvertenze redazionali

I NURAGHITorri preistoriche di Sardegna

53 Premessa

57 I nuraghi

97 Bibliografia

107 CATALOGO

231 TAVOLE

INDICI

383 Indice delle figure

384 Indice delle tavole

389 Indice dei nomi e dei luoghiRiedizione dell’opera:

I nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna, Cagliari, La Zattera, 1962.

© Copyright 2005ILISSO EDIZIONI - Nuorowww.ilisso.it - e-mail [email protected]

ISBN 88-89188-53-7

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Indice

7 Prefazione

25 Nota biografica

28 Nota bibliografica

47 Avvertenze redazionali

I NURAGHITorri preistoriche di Sardegna

53 Premessa

57 I nuraghi

97 Bibliografia

107 CATALOGO

231 TAVOLE

INDICI

383 Indice delle figure

384 Indice delle tavole

389 Indice dei nomi e dei luoghiRiedizione dell’opera:

I nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna, Cagliari, La Zattera, 1962.

© Copyright 2005ILISSO EDIZIONI - Nuorowww.ilisso.it - e-mail [email protected]

ISBN 88-89188-53-7

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Prefazione

Nel volgere di pochi anni – dal 1962 al 1966 – Giovanni Lilliu dava allestampe tre opere fondamentali sulla preistoria e protostoria della Sardegna, quasiun bilancio ed una riflessione sul lungo e faticoso cammino di studi e di ricerchecompiuto dall’autore a partire dalla seconda metà degli anni Quaranta.1 Al volu-me I nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna,2 che ora si ristampa per le edizioniIlisso, seguivano La civiltà dei Sardi dal Neolitico all’età dei nuraghi3 e, a breve di-stanza, Sculture della Sardegna nuragica.4

Nella Civiltà dei Sardi, considerato a ragione un classico della letteratura ar-cheologica di ogni tempo, lo studioso delineava con mano felice un affresco va-sto e vigoroso delle più remote vicende dell’isola, componendo in una visione orga-nica e sistematica tutti i dati fino ad allora acquisiti.

Nelle Sculture, invece, veniva pubblicato per la prima volta il corpus di tuttii «bronzetti» conosciuti, sia quelli esposti nei musei sardi sia quelli presenti nel-la penisola o disseminati in collezioni straniere. In questo volume, per certi ver-si analogo nell’impostazione a I nuraghi (saggio introduttivo e schede), Lilliuesaminava gli aspetti formali (iconografici e stilistici), la cronologia, i confrontiextrainsulari, le implicazioni socio-economiche e religiose che tali statuine inbronzo sottendono.

In I nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna affrontava un tema a lui molto ca-ro e sul quale aveva già scritto pagine significative: «Sia per l’interesse e l’impor-tanza scientifica e culturale in genere dell’argomento, … sia per far conoscere alpubblico i risultati delle più recenti ricerche e studi sul caratteristico monumen-to» e offriva così «un riassunto delle principali questioni che si pongono, oggicome e più di prima, a chi si volge con impegno all’indagine sui nuraghi».5

1. Il primo testo a stampa prodotto dallo studioso risale al 1936: G. Lilliu, “Scoperta di una tom-ba in località Bau Marcusa ed altre tracce archeologiche in Barumini (Cagliari)”, in Studi Sardi,III (1936), 1937, p. 147 ss.

2. G. Lilliu, I nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna, Cagliari, La Zattera, 1962.

3. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi dal Neolitico all’età dei nuraghi, Torino, ERI, 1963, 354 pagine, 52tavole e 73 disegni: seguiranno le edizioni aggiornate del 1967 (403 pagine, 52 tavole e 73 dise-gni) e del 1988 (G. Lilliu, La civiltà dei Sardi dal Paleolitico all’età dei nuraghi, Torino, NuovaERI, 1988, 669 pagine, 121 foto e 213 disegni).Una ristampa dell’edizione del 1988 è stata pubblicata da Il Maestrale-Rai ERI, Nuoro, 2003, conprefazione di A. Moravetti.

4. G. Lilliu, Sculture della Sardegna nuragica, Cagliari, La Zattera, 1966.

5. Cfr. qui p. 53.

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Prefazione

Nel volgere di pochi anni – dal 1962 al 1966 – Giovanni Lilliu dava allestampe tre opere fondamentali sulla preistoria e protostoria della Sardegna, quasiun bilancio ed una riflessione sul lungo e faticoso cammino di studi e di ricerchecompiuto dall’autore a partire dalla seconda metà degli anni Quaranta.1 Al volu-me I nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna,2 che ora si ristampa per le edizioniIlisso, seguivano La civiltà dei Sardi dal Neolitico all’età dei nuraghi3 e, a breve di-stanza, Sculture della Sardegna nuragica.4

Nella Civiltà dei Sardi, considerato a ragione un classico della letteratura ar-cheologica di ogni tempo, lo studioso delineava con mano felice un affresco va-sto e vigoroso delle più remote vicende dell’isola, componendo in una visione orga-nica e sistematica tutti i dati fino ad allora acquisiti.

Nelle Sculture, invece, veniva pubblicato per la prima volta il corpus di tuttii «bronzetti» conosciuti, sia quelli esposti nei musei sardi sia quelli presenti nel-la penisola o disseminati in collezioni straniere. In questo volume, per certi ver-si analogo nell’impostazione a I nuraghi (saggio introduttivo e schede), Lilliuesaminava gli aspetti formali (iconografici e stilistici), la cronologia, i confrontiextrainsulari, le implicazioni socio-economiche e religiose che tali statuine inbronzo sottendono.

In I nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna affrontava un tema a lui molto ca-ro e sul quale aveva già scritto pagine significative: «Sia per l’interesse e l’impor-tanza scientifica e culturale in genere dell’argomento, … sia per far conoscere alpubblico i risultati delle più recenti ricerche e studi sul caratteristico monumen-to» e offriva così «un riassunto delle principali questioni che si pongono, oggicome e più di prima, a chi si volge con impegno all’indagine sui nuraghi».5

1. Il primo testo a stampa prodotto dallo studioso risale al 1936: G. Lilliu, “Scoperta di una tom-ba in località Bau Marcusa ed altre tracce archeologiche in Barumini (Cagliari)”, in Studi Sardi,III (1936), 1937, p. 147 ss.

2. G. Lilliu, I nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna, Cagliari, La Zattera, 1962.

3. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi dal Neolitico all’età dei nuraghi, Torino, ERI, 1963, 354 pagine, 52tavole e 73 disegni: seguiranno le edizioni aggiornate del 1967 (403 pagine, 52 tavole e 73 dise-gni) e del 1988 (G. Lilliu, La civiltà dei Sardi dal Paleolitico all’età dei nuraghi, Torino, NuovaERI, 1988, 669 pagine, 121 foto e 213 disegni).Una ristampa dell’edizione del 1988 è stata pubblicata da Il Maestrale-Rai ERI, Nuoro, 2003, conprefazione di A. Moravetti.

4. G. Lilliu, Sculture della Sardegna nuragica, Cagliari, La Zattera, 1966.

5. Cfr. qui p. 53.

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dall’insegnamento e costretto a lasciare l’Italia per gli Stati Uniti ove insegnerà al-l’Università di Princeton fino alla conclusione del conflitto mondiale.

A Doro Levi si deve, fra l’altro, lo scavo del villaggio nuragico di Serra Orriosdi Dorgali, nel quale, per la prima volta, vengono individuate due strutture ret-tangolari interpretate come «tempietti a megaron».

Alla partenza di Doro Levi seguirà un periodo di rallentamento nell’attività ar-cheologica dell’isola, una sorta di sbandamento determinato in parte dagli anni dif-ficili che precedono la guerra e gli stessi eventi bellici, ma soprattutto – come spie-gherà Lilliu – dovuto «alla danza degli instabili archeologi continentali, al carosellodei soprintendenti reggenti, alla episodicità degli scavi: i reperti rimpiangevano laterra che li aveva custoditi mancando ad essi l’alito vivificatore della scienza».9

Nell’arco di pochi anni si avvicendarono infatti alla direzione della Soprin-tendenza alle Antichità della Sardegna Paolo Mingazzini (1939), Salvatore Pu-glisi (1940), lo storico dell’arte Raffaello Delogu (1940), Massimo Pallottino(1941-42) ed ancora Delogu (1943-49).

Ed è proprio in questi anni che Giovanni Lilliu si avvia a raccogliere la dif-ficile eredità del Taramelli, dal quale tuttavia si stacca – fra l’altro – per una piùrigorosa applicazione del metodo stratigrafico e per una più ampia ed innovati-va visione delle dinamiche culturali.

Nato a Barumini il 13 marzo del 1914, Giovanni Lilliu ha compiuto glistudi liceali nel Collegio salesiano “Villa Sora” di Frascati, si è poi iscritto allaFacoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma ove si è laureato in LettereClassiche con Ugo Rellini.10 Nel medesimo Ateneo, la stessa Università di Ro-ma, Lilliu ha frequentato i tre anni della Scuola Nazionale di Archeologia ed haconseguito il diploma di specializzazione, nel 1943, con una tesi sulle stele pu-niche di Sulcis11 discussa con Giulio Quirino Giglioli.

Negli anni romani Lilliu avrà modo di frequentare la casa del Taramelli «aparlar di Sardegna», quasi un simbolico passaggio di consegne fra il vecchio ar-cheologo, carico di ricordi e di nostalgia per una terra che aveva amato profon-damente e che aveva indagato più di ogni altro, ed il giovane studente sardo,ricco di ingegno e di entusiasmo, che forse gli ricordava gli anni giovanili e quel-l’isola sempre più lontana.

9. G. Lilliu, “Alla Consulta un archeologo”, in Corriere di Sardegna, 26 settembre 1945.

10. La tesi, dal titolo Religione primitiva della Sardegna, fu discussa il 9 luglio 1938; correlatore eraRaffaele Pettazzoni, insigne storico delle religioni. Il Pettazzoni (1883-1959) aveva partecipato, dagiovane ispettore del Museo Preistorico-Etnografico di Roma (intitolato in seguito a Luigi Pigorini),alla seconda campagna di scavi nel santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri, nel 1909. Da quellaesperienza nascerà l’interesse per il pensiero religioso dei protosardi che maturerà nell’edizione del-la Religione primitiva in Sardegna del 1912.Sulla figura di Ugo Rellini (1870-1943), cfr. A. Guidi, Storia della Paletnologia, Roma, Laterza, 1988,pp. 79-80. Si veda G. Lilliu, “Necrologi”, in Rivista di Scienze Preistoriche, I, 1946, pp. 131-133.

11. G. Lilliu, “Le stele puniche di Sulcis (Cagliari)”, in Monumenti Antichi dei Lincei, XL, 1944, coll.293-418; cfr. inoltre Monumenti Antichi, a cura di A. Moravetti, Sassari, Carlo Delfino, I, 2003.

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Prefazione

In queste tre opere – due di approfondimento tematico ed una a caratteregenerale (comprensiva anche della fase preistorica) – si veniva delineando ilquadro ricco ed articolato – scandito nel tempo e in un ampio contesto medi-terraneo – di una «civiltà» che nel suo divenire era stata capace di svilupparetratti estremamente originali e nella quale i sardi sembrano riconoscere le radicidella propria identità.

All’apparire de I nuraghi, la Sardegna nuragica poteva ormai contare su unaconsolidata tradizione di studi che nei primi decenni del ’900 aveva avuto inAntonio Taramelli6 il più alto e valido esponente.

Lo studioso aveva lasciato la Sardegna dopo una attività trentennale (1903-33), fervida ed appassionata, durante la quale si era prodigato alla soluzione deimolteplici problemi che affliggevano la ricerca archeologica al momento delsuo arrivo nell’isola:7 a lui si devono – a volersi limitare al solo periodo nuragi-co – ricognizioni topografiche, la scoperta e l’esplorazione di nuraghi, templi apozzo e fonti sacre, tombe di giganti e l’edizione di cospicui complessi di mate-riali (ceramiche, bronzi d’uso e figurati, etc.). I risultati di queste ricerche, sem-pre tempestivamente pubblicati in riviste prestigiose, costituiscono uno straordi-nario patrimonio di dati e di intuizioni che sono ancora oggi fondamento deglistudi sulla Sardegna preistorica e nuragica.

Al Taramelli, andato in pensione per raggiunti limiti di età, era subentrato nel-l’incarico Doro Levi,8 studioso già noto e di valore, che tuttavia rimarrà nell’isolaper soli tre anni (1935-38): infatti, in applicazione delle leggi razziali, verrà sospeso

6. Sull’attività di Antonio Taramelli (1868-1939), cfr. G. Lilliu, “La preistoria sarda e la civiltà nu-ragica nella storiografia moderna”, in Ichnussa, Milano, Scheiwiller, 1981, pp. 511-519; A. Mora-vetti, “Presentazione”, in A. Taramelli, Scavi e Scoperte, Sassari, Carlo Delfino, 1982-85, 4 voll. (ri-stampa anastatica): quest’opera costituisce una raccolta dell’intera produzione scientifica delgrande archeologo.

7. Taramelli, nel 1903, aveva sostituito Giovanni Patroni nella direzione del Museo e degli Scavidi Antichità della Sardegna.

8. Doro Levi (1898-1991) era giunto in Sardegna come professore di Archeologia e Storia dell’Ar-te antica presso l’Università di Cagliari e con l’incarico della direzione della Soprintendenza alleAntichità. Nei pochi anni di permanenza nell’isola Doro Levi mostrerà di essere un degno succes-sore del Taramelli, lasciando scritti significativi sull’attività da lui svolta nell’isola: “Scavi e ricerchearcheologiche della R. Soprintendenza alle opere di Antichità e Arte”, in Bollettino d’Arte, 1937,pp. 193-210; “Nule. Bronzi preromani rinvenuti fortuitamente in località Santu Lesei presso Nu-le”, in Notizie degli Scavi, 1937, pp. 83-90; “The Amphitheatre in Cagliari”, in American Journal ofArchaeology, XLVI, 1942, pp. 1-9; “Il cuoiaio sardo di Gonone”, in Mélanges d’Archéologie e d’Hi-stoire offerts à Charles Picard, Paris, 1949, pp. 644-658; “L’Antiquarium Arborense di Oristano”, inBollettino d’Arte, 1949; L’ipogeo di S. Salvatore di Cabras, Roma, 1949; “La necropoli di AngheluRuju e la civiltà eneolitica della Sardegna”, in Studi Sardi, X-XI, 1950, pp. 5-51; “Le necropolipuniche di Olbia”, in Studi Sardi, IX, 1950, pp. 50-120, tavv. I-XIX.Sull’attività di Doro Levi in Sardegna, cfr. G. Lilliu, “Doro Levi e l’archeologia della Sardegna”, inMNHMEION. Ricordo triestino di Doro Levi. Atti della giornata di studio (Trieste, 16 maggio1992), Roma, Quasar, 1992, pp. 131-146; AA.VV., Omaggio a Doro Levi, in Quaderni della So-printendenza ai Beni archeologici per le province di Sassari e Nuoro, 19, Ozieri, Il Torchietto, 1994.

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dall’insegnamento e costretto a lasciare l’Italia per gli Stati Uniti ove insegnerà al-l’Università di Princeton fino alla conclusione del conflitto mondiale.

A Doro Levi si deve, fra l’altro, lo scavo del villaggio nuragico di Serra Orriosdi Dorgali, nel quale, per la prima volta, vengono individuate due strutture ret-tangolari interpretate come «tempietti a megaron».

Alla partenza di Doro Levi seguirà un periodo di rallentamento nell’attività ar-cheologica dell’isola, una sorta di sbandamento determinato in parte dagli anni dif-ficili che precedono la guerra e gli stessi eventi bellici, ma soprattutto – come spie-gherà Lilliu – dovuto «alla danza degli instabili archeologi continentali, al carosellodei soprintendenti reggenti, alla episodicità degli scavi: i reperti rimpiangevano laterra che li aveva custoditi mancando ad essi l’alito vivificatore della scienza».9

Nell’arco di pochi anni si avvicendarono infatti alla direzione della Soprin-tendenza alle Antichità della Sardegna Paolo Mingazzini (1939), Salvatore Pu-glisi (1940), lo storico dell’arte Raffaello Delogu (1940), Massimo Pallottino(1941-42) ed ancora Delogu (1943-49).

Ed è proprio in questi anni che Giovanni Lilliu si avvia a raccogliere la dif-ficile eredità del Taramelli, dal quale tuttavia si stacca – fra l’altro – per una piùrigorosa applicazione del metodo stratigrafico e per una più ampia ed innovati-va visione delle dinamiche culturali.

Nato a Barumini il 13 marzo del 1914, Giovanni Lilliu ha compiuto glistudi liceali nel Collegio salesiano “Villa Sora” di Frascati, si è poi iscritto allaFacoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma ove si è laureato in LettereClassiche con Ugo Rellini.10 Nel medesimo Ateneo, la stessa Università di Ro-ma, Lilliu ha frequentato i tre anni della Scuola Nazionale di Archeologia ed haconseguito il diploma di specializzazione, nel 1943, con una tesi sulle stele pu-niche di Sulcis11 discussa con Giulio Quirino Giglioli.

Negli anni romani Lilliu avrà modo di frequentare la casa del Taramelli «aparlar di Sardegna», quasi un simbolico passaggio di consegne fra il vecchio ar-cheologo, carico di ricordi e di nostalgia per una terra che aveva amato profon-damente e che aveva indagato più di ogni altro, ed il giovane studente sardo,ricco di ingegno e di entusiasmo, che forse gli ricordava gli anni giovanili e quel-l’isola sempre più lontana.

9. G. Lilliu, “Alla Consulta un archeologo”, in Corriere di Sardegna, 26 settembre 1945.

10. La tesi, dal titolo Religione primitiva della Sardegna, fu discussa il 9 luglio 1938; correlatore eraRaffaele Pettazzoni, insigne storico delle religioni. Il Pettazzoni (1883-1959) aveva partecipato, dagiovane ispettore del Museo Preistorico-Etnografico di Roma (intitolato in seguito a Luigi Pigorini),alla seconda campagna di scavi nel santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri, nel 1909. Da quellaesperienza nascerà l’interesse per il pensiero religioso dei protosardi che maturerà nell’edizione del-la Religione primitiva in Sardegna del 1912.Sulla figura di Ugo Rellini (1870-1943), cfr. A. Guidi, Storia della Paletnologia, Roma, Laterza, 1988,pp. 79-80. Si veda G. Lilliu, “Necrologi”, in Rivista di Scienze Preistoriche, I, 1946, pp. 131-133.

11. G. Lilliu, “Le stele puniche di Sulcis (Cagliari)”, in Monumenti Antichi dei Lincei, XL, 1944, coll.293-418; cfr. inoltre Monumenti Antichi, a cura di A. Moravetti, Sassari, Carlo Delfino, I, 2003.

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Prefazione

In queste tre opere – due di approfondimento tematico ed una a caratteregenerale (comprensiva anche della fase preistorica) – si veniva delineando ilquadro ricco ed articolato – scandito nel tempo e in un ampio contesto medi-terraneo – di una «civiltà» che nel suo divenire era stata capace di svilupparetratti estremamente originali e nella quale i sardi sembrano riconoscere le radicidella propria identità.

All’apparire de I nuraghi, la Sardegna nuragica poteva ormai contare su unaconsolidata tradizione di studi che nei primi decenni del ’900 aveva avuto inAntonio Taramelli6 il più alto e valido esponente.

Lo studioso aveva lasciato la Sardegna dopo una attività trentennale (1903-33), fervida ed appassionata, durante la quale si era prodigato alla soluzione deimolteplici problemi che affliggevano la ricerca archeologica al momento delsuo arrivo nell’isola:7 a lui si devono – a volersi limitare al solo periodo nuragi-co – ricognizioni topografiche, la scoperta e l’esplorazione di nuraghi, templi apozzo e fonti sacre, tombe di giganti e l’edizione di cospicui complessi di mate-riali (ceramiche, bronzi d’uso e figurati, etc.). I risultati di queste ricerche, sem-pre tempestivamente pubblicati in riviste prestigiose, costituiscono uno straordi-nario patrimonio di dati e di intuizioni che sono ancora oggi fondamento deglistudi sulla Sardegna preistorica e nuragica.

Al Taramelli, andato in pensione per raggiunti limiti di età, era subentrato nel-l’incarico Doro Levi,8 studioso già noto e di valore, che tuttavia rimarrà nell’isolaper soli tre anni (1935-38): infatti, in applicazione delle leggi razziali, verrà sospeso

6. Sull’attività di Antonio Taramelli (1868-1939), cfr. G. Lilliu, “La preistoria sarda e la civiltà nu-ragica nella storiografia moderna”, in Ichnussa, Milano, Scheiwiller, 1981, pp. 511-519; A. Mora-vetti, “Presentazione”, in A. Taramelli, Scavi e Scoperte, Sassari, Carlo Delfino, 1982-85, 4 voll. (ri-stampa anastatica): quest’opera costituisce una raccolta dell’intera produzione scientifica delgrande archeologo.

7. Taramelli, nel 1903, aveva sostituito Giovanni Patroni nella direzione del Museo e degli Scavidi Antichità della Sardegna.

8. Doro Levi (1898-1991) era giunto in Sardegna come professore di Archeologia e Storia dell’Ar-te antica presso l’Università di Cagliari e con l’incarico della direzione della Soprintendenza alleAntichità. Nei pochi anni di permanenza nell’isola Doro Levi mostrerà di essere un degno succes-sore del Taramelli, lasciando scritti significativi sull’attività da lui svolta nell’isola: “Scavi e ricerchearcheologiche della R. Soprintendenza alle opere di Antichità e Arte”, in Bollettino d’Arte, 1937,pp. 193-210; “Nule. Bronzi preromani rinvenuti fortuitamente in località Santu Lesei presso Nu-le”, in Notizie degli Scavi, 1937, pp. 83-90; “The Amphitheatre in Cagliari”, in American Journal ofArchaeology, XLVI, 1942, pp. 1-9; “Il cuoiaio sardo di Gonone”, in Mélanges d’Archéologie e d’Hi-stoire offerts à Charles Picard, Paris, 1949, pp. 644-658; “L’Antiquarium Arborense di Oristano”, inBollettino d’Arte, 1949; L’ipogeo di S. Salvatore di Cabras, Roma, 1949; “La necropoli di AngheluRuju e la civiltà eneolitica della Sardegna”, in Studi Sardi, X-XI, 1950, pp. 5-51; “Le necropolipuniche di Olbia”, in Studi Sardi, IX, 1950, pp. 50-120, tavv. I-XIX.Sull’attività di Doro Levi in Sardegna, cfr. G. Lilliu, “Doro Levi e l’archeologia della Sardegna”, inMNHMEION. Ricordo triestino di Doro Levi. Atti della giornata di studio (Trieste, 16 maggio1992), Roma, Quasar, 1992, pp. 131-146; AA.VV., Omaggio a Doro Levi, in Quaderni della So-printendenza ai Beni archeologici per le province di Sassari e Nuoro, 19, Ozieri, Il Torchietto, 1994.

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lo aveva portato a rivelare lo straordinario complesso di Su Nuraxi di Barumi-ni21 e gli scavi condotti nelle Baleari, nel sito fortificato di Ses Païsses.22

Sarà soprattutto l’esplorazione sistematica del complesso nuragico di Su Nu-raxi di Barumini, iniziata con un modesto saggio nell’estate del 1940,23 prose-guita nel 194924 e quindi dal 1951 al 1955, a costituire una svolta fondamentalenegli studi della Sardegna nuragica.25 La lettura delle sequenze stratigraficheemerse a Barumini consentì infatti di individuare il succedersi di varie fasi di vi-ta che attestavano la frequentazione della fortezza e dell’annesso villaggio dallametà del II millennio fino ai tempi della presenza punica e romana. A Baruminivenivano riconosciuti, per la prima volta in modo chiaro e preciso, momenti divita differenziati ai quali corrispondevano fasi edilizie distinte, prodotti artistici emateriali d’uso, forme ideologiche, categorie sociali ed economiche. Nel campopiù strettamente tecnico-architettonico si veniva definendo una tipologia delletorri nuragiche – secondo un processo dal semplice al complesso con il progres-sivo arricchimento di elementi funzionali – che avrà una più completa classifica-zione proprio nel volume I nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna.

Gli scavi condotti negli anni 1959-62 nelle Baleari gli consentono poi dievidenziare le strette analogie esistenti fra le costruzioni nuragiche e le «torri»della Corsica, i «sesi» di Pantelleria, i «talaiots» e le «navetas» delle Baleari.

Inoltre, a partire dall’anno accademico 1945-46, Lilliu aveva dato inizio adun ambizioso progetto di censimento del patrimonio archeologico isolano me-diante la stesura di Saggi di Catalogo Archeologico,26 che nascevano come tesi

in Studi Sardi, VI (1944), 1945, pp. 23-41; Sculture della Sardegna nuragica, Venezia, Alfieri, 1949,pp. 3-42, tavv. LXVIII (in collab. con G. Pesce); Sculture della Sardegna nuragica, Cagliari, La Zat-tera, 1956; “Bronzetti nuragici da Terralba (Cagliari)”, in Annali delle Facoltà di Lettere, Filosofia eMagistero dell’Università di Cagliari, XXI, 1953, pp. 3-94; “Cuoiai o pugilatori? A proposito di trefigurine protosarde”, in La parola del passato, LXVII, Napoli, 1959, pp. 294-304.

21. G. Lilliu, “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica” cit.

22. G. Lilliu: “Primi scavi del villaggio talaiotico di Ses Païsses (Artà-Maiorca)”, in Annali delleFacoltà di Lettere, Filosofia e Magistero dell’Università di Cagliari, XXVII, 1959, pp. 33-74 (in col-lab. con F. Biancofiore); “Primi scavi del villaggio talaiotico di Ses Païsses (Artà-Maiorca)”, in Ri-vista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte, n.s., IX, 1960, pp. 5-73; “La missionearcheologica italiana nelle Baleari”, in Archivio Storico Sardo, XXVIII, 1962, pp. 300-302.

23. G. Lilliu, “Barumini (Cagliari). Saggi stratigrafici presso i nuraghi di Su Nuraxi e Marfudi; «vicus» diS. Lussoriu e necropoli romana di Su Luargi”, in Notizie degli Scavi, VII, serie VII, 1946, p. 175 ss.; orain Sardinia. Notizie degli Scavi, II, Sassari, Carlo Delfino, 1988, p. 732 ss. (ristampa anastatica).

24. G. Lilliu, “Scoperte e scavi di antichità fattisi in Sardegna durante gli anni 1948 e 1949”, in StudiSardi, VIII-IX (1948-49), 1950, pp. 392-559.

25. G. Lilliu, “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica” cit.

26. Nel 1962 erano state redatte una ventina di tesi: durante gli anni del suo insegnamento, fino all’an-no accademico 1984-85, Lilliu è stato relatore di 73 tesi di catalogo archeologico: cfr. elenco in G. Lilliu,La civiltà dei Sardi cit., 1988, p. 586. Altre ancora ne sono state discusse nell’Ateneo cagliaritano fino adoggi, così come nell’Università di Sassari a partire dalla istituzione della cattedra di Antichità Sarde(1976) nella Facoltà di Magistero, divenuta poi Facoltà di Lettere e Filosofia.

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Prefazione

Rientrato in Sardegna nel 1943, negli anni 1944-55 Lilliu ha operato nellaSoprintendenza alle Antichità della Sardegna, prima come Ispettore e quindi co-me Direttore, insegnando nel contempo varie discipline (Paletnologia, Storiadelle Religioni, Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana, Geografia) nellaFacoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari, ove ha dato vita ad unaprestigiosa scuola di studi nella quale molti si riconoscono. Nel 1955, vinta laCattedra di Antichità Sarde e lasciata la Soprintendenza per dedicarsi esclusiva-mente alla ricerca e alla didattica, Lilliu ha insegnato nella Facoltà di Lettere del-l’Ateneo cagliaritano fino al suo collocamento fuori ruolo nel 1984.

Nel 1962 lo studioso poteva dunque già vantare una notevole attività di ri-cerche sul territorio, di scavi e di studi, ed inoltre aveva maturato un’esperienzadidattica quasi ventennale. Ai numerosi scritti sulle diverse problematiche relati-ve alla civiltà nuragica – dalle indagini topografiche,12 all’architettura civile-mili-tare13 e religiosa,14 alle tombe di giganti,15 alla storiografia nuragica,16 ai proble-mi di cronologia,17 al tema dei rapporti con il mondo fenicio-punico,18 ai saggisui bronzi d’uso19 e su quelli figurati20 – Lilliu poteva aggiungere l’impresa che

12. G. Lilliu: “Scoperta di una tomba in località Bau Marcusa ed altre tracce archeologiche in Ba-rumini (Cagliari)” cit.; “Barumini. Necropoli, pagi, ville rustiche romane”, in Notizie degli Scavi,XV, serie VI, 1939, pp. 370-380; “Setzu. Domus de janas di Domu s’Orku e nuraghi alle faldedella Giara”, in Notizie degli Scavi, I, serie VII, 1940, pp. 239-247; “Gesturi. Tombe di giganti inregione Ollastedu e Scusorgiu e sepolture dell’età del ferro in contrada Nerbonis”, in Notizie degliScavi, 1940, p. 234 ss.; “Siddi. «Su Pranu» di Siddi e i suoi monumenti preistorici”, in Notizie de-gli Scavi, II, serie VII, 1941, pp. 130-163; “Las Plassas (Cagliari). Villaggio preistorico di Su Pra-nu, il gruppo preistorico di Simaxi e nuraghi e tombe megalitiche del falsopiano di Pauli”, in No-tizie degli Scavi, IV, serie VII, 1944, pp. 170-182; “Gergei (Sardegna). Villaggio nuragico di SuIriu”, in Notizie degli Scavi, 1944, pp. 166-170.

13. G. Lilliu: “Modellini bronzei di Ittireddu e Olmedo (nuraghi o altiforni?)”, in Studi Sardi, X-XI (1950-51), 1952, pp. 67-120; “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica”, in Studi Sar-di, XII-XIII (1952-54), 1955, pp. 90-469.

14. G. Lilliu: “Nuovi templi a pozzo della Sardegna nuragica”, in Studi Sardi, XIV-XV (1955-57),1958, p. 197 ss.; “Religione della Sardegna nuragica”, in Atti del Convegno di Studi Religiosi Sardi(Cagliari, 24-26 maggio 1962), Padova, 1963, pp. 1-14.

15. G. Lilliu, “Uno scavo ignorato dal Dott. Ferruccio Quintavalle nella tomba di giganti di Go-ronna a Paulilatino (Cagliari)”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 43-72.

16. G. Lilliu, “Storiografia nuragica dal secolo XVI al 1840”, in Archivio Storico Sardo, XXVIII,1962, pp. 255-276.

17. G. Lilliu: “Appunti sulla cronologia nuragica”, in Bollettino di Paletnologia Italiana, V-VI, 1941-42,p. 143 ss.; “Preistoria sarda e civiltà nuragica”, in Il Ponte, settembre-ottobre 1951, pp. 983-988.

18. G. Lilliu: “Rapporti fra la civiltà nuragica e la civiltà fenicio-punica in Sardegna”, in StudiEtruschi, XVIII (1944), 1945, p. 323 ss.; “Le stele puniche di Sulcis” cit.

19. G. Lilliu: “Bronzi preromani in Sardegna”, in Bollettino di Paletnologia Italiana, V-VI, 1941-42,p. 179 ss.; “D’un candelabro paleosardo del Museo di Cagliari”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 5-42.

20. G. Lilliu: “Bronzi figurati paleosardi esistenti nelle collezioni pubbliche e private non insulari”,

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Page 11: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

lo aveva portato a rivelare lo straordinario complesso di Su Nuraxi di Barumi-ni21 e gli scavi condotti nelle Baleari, nel sito fortificato di Ses Païsses.22

Sarà soprattutto l’esplorazione sistematica del complesso nuragico di Su Nu-raxi di Barumini, iniziata con un modesto saggio nell’estate del 1940,23 prose-guita nel 194924 e quindi dal 1951 al 1955, a costituire una svolta fondamentalenegli studi della Sardegna nuragica.25 La lettura delle sequenze stratigraficheemerse a Barumini consentì infatti di individuare il succedersi di varie fasi di vi-ta che attestavano la frequentazione della fortezza e dell’annesso villaggio dallametà del II millennio fino ai tempi della presenza punica e romana. A Baruminivenivano riconosciuti, per la prima volta in modo chiaro e preciso, momenti divita differenziati ai quali corrispondevano fasi edilizie distinte, prodotti artistici emateriali d’uso, forme ideologiche, categorie sociali ed economiche. Nel campopiù strettamente tecnico-architettonico si veniva definendo una tipologia delletorri nuragiche – secondo un processo dal semplice al complesso con il progres-sivo arricchimento di elementi funzionali – che avrà una più completa classifica-zione proprio nel volume I nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna.

Gli scavi condotti negli anni 1959-62 nelle Baleari gli consentono poi dievidenziare le strette analogie esistenti fra le costruzioni nuragiche e le «torri»della Corsica, i «sesi» di Pantelleria, i «talaiots» e le «navetas» delle Baleari.

Inoltre, a partire dall’anno accademico 1945-46, Lilliu aveva dato inizio adun ambizioso progetto di censimento del patrimonio archeologico isolano me-diante la stesura di Saggi di Catalogo Archeologico,26 che nascevano come tesi

in Studi Sardi, VI (1944), 1945, pp. 23-41; Sculture della Sardegna nuragica, Venezia, Alfieri, 1949,pp. 3-42, tavv. LXVIII (in collab. con G. Pesce); Sculture della Sardegna nuragica, Cagliari, La Zat-tera, 1956; “Bronzetti nuragici da Terralba (Cagliari)”, in Annali delle Facoltà di Lettere, Filosofia eMagistero dell’Università di Cagliari, XXI, 1953, pp. 3-94; “Cuoiai o pugilatori? A proposito di trefigurine protosarde”, in La parola del passato, LXVII, Napoli, 1959, pp. 294-304.

21. G. Lilliu, “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica” cit.

22. G. Lilliu: “Primi scavi del villaggio talaiotico di Ses Païsses (Artà-Maiorca)”, in Annali delleFacoltà di Lettere, Filosofia e Magistero dell’Università di Cagliari, XXVII, 1959, pp. 33-74 (in col-lab. con F. Biancofiore); “Primi scavi del villaggio talaiotico di Ses Païsses (Artà-Maiorca)”, in Ri-vista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte, n.s., IX, 1960, pp. 5-73; “La missionearcheologica italiana nelle Baleari”, in Archivio Storico Sardo, XXVIII, 1962, pp. 300-302.

23. G. Lilliu, “Barumini (Cagliari). Saggi stratigrafici presso i nuraghi di Su Nuraxi e Marfudi; «vicus» diS. Lussoriu e necropoli romana di Su Luargi”, in Notizie degli Scavi, VII, serie VII, 1946, p. 175 ss.; orain Sardinia. Notizie degli Scavi, II, Sassari, Carlo Delfino, 1988, p. 732 ss. (ristampa anastatica).

24. G. Lilliu, “Scoperte e scavi di antichità fattisi in Sardegna durante gli anni 1948 e 1949”, in StudiSardi, VIII-IX (1948-49), 1950, pp. 392-559.

25. G. Lilliu, “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica” cit.

26. Nel 1962 erano state redatte una ventina di tesi: durante gli anni del suo insegnamento, fino all’an-no accademico 1984-85, Lilliu è stato relatore di 73 tesi di catalogo archeologico: cfr. elenco in G. Lilliu,La civiltà dei Sardi cit., 1988, p. 586. Altre ancora ne sono state discusse nell’Ateneo cagliaritano fino adoggi, così come nell’Università di Sassari a partire dalla istituzione della cattedra di Antichità Sarde(1976) nella Facoltà di Magistero, divenuta poi Facoltà di Lettere e Filosofia.

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Prefazione

Rientrato in Sardegna nel 1943, negli anni 1944-55 Lilliu ha operato nellaSoprintendenza alle Antichità della Sardegna, prima come Ispettore e quindi co-me Direttore, insegnando nel contempo varie discipline (Paletnologia, Storiadelle Religioni, Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana, Geografia) nellaFacoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari, ove ha dato vita ad unaprestigiosa scuola di studi nella quale molti si riconoscono. Nel 1955, vinta laCattedra di Antichità Sarde e lasciata la Soprintendenza per dedicarsi esclusiva-mente alla ricerca e alla didattica, Lilliu ha insegnato nella Facoltà di Lettere del-l’Ateneo cagliaritano fino al suo collocamento fuori ruolo nel 1984.

Nel 1962 lo studioso poteva dunque già vantare una notevole attività di ri-cerche sul territorio, di scavi e di studi, ed inoltre aveva maturato un’esperienzadidattica quasi ventennale. Ai numerosi scritti sulle diverse problematiche relati-ve alla civiltà nuragica – dalle indagini topografiche,12 all’architettura civile-mili-tare13 e religiosa,14 alle tombe di giganti,15 alla storiografia nuragica,16 ai proble-mi di cronologia,17 al tema dei rapporti con il mondo fenicio-punico,18 ai saggisui bronzi d’uso19 e su quelli figurati20 – Lilliu poteva aggiungere l’impresa che

12. G. Lilliu: “Scoperta di una tomba in località Bau Marcusa ed altre tracce archeologiche in Ba-rumini (Cagliari)” cit.; “Barumini. Necropoli, pagi, ville rustiche romane”, in Notizie degli Scavi,XV, serie VI, 1939, pp. 370-380; “Setzu. Domus de janas di Domu s’Orku e nuraghi alle faldedella Giara”, in Notizie degli Scavi, I, serie VII, 1940, pp. 239-247; “Gesturi. Tombe di giganti inregione Ollastedu e Scusorgiu e sepolture dell’età del ferro in contrada Nerbonis”, in Notizie degliScavi, 1940, p. 234 ss.; “Siddi. «Su Pranu» di Siddi e i suoi monumenti preistorici”, in Notizie de-gli Scavi, II, serie VII, 1941, pp. 130-163; “Las Plassas (Cagliari). Villaggio preistorico di Su Pra-nu, il gruppo preistorico di Simaxi e nuraghi e tombe megalitiche del falsopiano di Pauli”, in No-tizie degli Scavi, IV, serie VII, 1944, pp. 170-182; “Gergei (Sardegna). Villaggio nuragico di SuIriu”, in Notizie degli Scavi, 1944, pp. 166-170.

13. G. Lilliu: “Modellini bronzei di Ittireddu e Olmedo (nuraghi o altiforni?)”, in Studi Sardi, X-XI (1950-51), 1952, pp. 67-120; “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica”, in Studi Sar-di, XII-XIII (1952-54), 1955, pp. 90-469.

14. G. Lilliu: “Nuovi templi a pozzo della Sardegna nuragica”, in Studi Sardi, XIV-XV (1955-57),1958, p. 197 ss.; “Religione della Sardegna nuragica”, in Atti del Convegno di Studi Religiosi Sardi(Cagliari, 24-26 maggio 1962), Padova, 1963, pp. 1-14.

15. G. Lilliu, “Uno scavo ignorato dal Dott. Ferruccio Quintavalle nella tomba di giganti di Go-ronna a Paulilatino (Cagliari)”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 43-72.

16. G. Lilliu, “Storiografia nuragica dal secolo XVI al 1840”, in Archivio Storico Sardo, XXVIII,1962, pp. 255-276.

17. G. Lilliu: “Appunti sulla cronologia nuragica”, in Bollettino di Paletnologia Italiana, V-VI, 1941-42,p. 143 ss.; “Preistoria sarda e civiltà nuragica”, in Il Ponte, settembre-ottobre 1951, pp. 983-988.

18. G. Lilliu: “Rapporti fra la civiltà nuragica e la civiltà fenicio-punica in Sardegna”, in StudiEtruschi, XVIII (1944), 1945, p. 323 ss.; “Le stele puniche di Sulcis” cit.

19. G. Lilliu: “Bronzi preromani in Sardegna”, in Bollettino di Paletnologia Italiana, V-VI, 1941-42,p. 179 ss.; “D’un candelabro paleosardo del Museo di Cagliari”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 5-42.

20. G. Lilliu: “Bronzi figurati paleosardi esistenti nelle collezioni pubbliche e private non insulari”,

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Dopo aver disquisito sul nome stesso di nuraghe, analizzato le fonti anticheche in qualche modo sembrano ricordare le torri nuragiche, rilevato l’alto nu-mero di costruzioni31 che «rappresentano una realtà demografica … che stupi-sce ancora noi» – ma indicativo di un popolamento rurale disperso che ha im-pedito il costituirsi di forti aggregazioni capaci di superare lo stadio di villaggionel quale si attardava la società nuragica –, Lilliu procede ad analizzare i puntisalienti di questo suo lavoro.

Il tema centrale del volume è costituito dall’analisi degli elementi architetto-nici del nuraghe, visto dapprima come unità isolata che si evolve nella suastruttura interna, quindi come architettura complessa composta da numerosetorri che si aggregano secondo precisi e ripetuti schemi planimetrici.

Lilliu disponeva ormai di una cospicua documentazione che gli consentivadi fare il punto sui nuraghi, di formularne un’articolata tipologia e di cogliernela linea evolutiva nei particolari costruttivi.

Dalla sua forma più elementare – camera a tholos preceduta dal corridoiod’ingresso – la classica torre a tronco di cono si sarebbe poi arricchita di ele-menti funzionali (scala) e di spazi sussidiari (nicchie, stipetti, silos), indicatividi una lunga esperienza tecnico-costruttiva e di nuove esigenze.

Lo sviluppo architettonico della torre è testimoniato, ad esempio, dall’ado-zione di due tipi di scala: uno, scomodo e poco funzionale, si trova all’internodella camera; l’altro, elicoidale, parte dal corridoio d’ingresso e corre nello spes-sore murario, consentendo l’accesso ai piani superiori e al terrazzo. L’anterioritàdel primo tipo sembra provata dal fatto che essa è presente in torri dall’internoscarsamente articolato, vale a dire prive o povere di spazi sussidiari che sono in-vece il segno di una architettura matura, capace di svuotare la massa murariaper ampliare la superficie utile alla vita. I dati in nostro possesso suggerisconoche lo sviluppo architettonico della torre nuragica tenda ad una maggiore fun-zionalità – soprattutto la mobilità interna – e ad una continua ricerca di spazio.

Vengono quindi valutati tutti gli indici (massa-spazio, diametro-altezza,etc.) dei diversi elementi del nuraghe al fine di individuare proporzioni edeventuali moduli costruttivi formalizzati.

Si osserva che l’indice massa-spazio tende ad aumentare in rapporto all’am-pliarsi della camera a tholos; oppure che lo spessore dei muri è direttamenteproporzionale allo sviluppo progressivo degli ambienti interni, per dare luogoai vani sussidiari (nicchie, scale, corridoi, cellette, etc.); oppure ancora che auna maggiore inclinazione delle murature esterne sembra corrispondere unamaggiore antichità.

Si è notato, poi, che il profilo dell’andito passa progressivamente da sezio-ni angolari-trapezoidali a sezioni rettangolari, e questo trova corrispondenza

31. Circa 7000 con una densità dello 0,27 per kmq (cfr. qui p. 58). Sul controverso problema delnumero dei nuraghi, destinato a rimanere irrisolto, cfr. da ultimo E. Contu, “Sul numero dei nu-raghi”, in AA.VV., Studi in onore di Massimo Pittau, Sassari, 1994, pp. 107-117.

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Prefazione

di laurea ed erano mirati alla conoscenza diretta – ricognizioni sul terreno, carto-grafia, schedatura e documentazione grafica e fotografica dei monumenti indivi-duati – delle emergenze antiche. Questi lavori avevano consentito di acquisire unaconsiderevole mole di dati e si erano rivelate «di notevole interesse e di concretaimportanza scientifica, il cui valore si può apprezzare seguendo le pagine di questoVolume che molto deve, come contributo di base, al lavoro faticoso e veramentemeritorio e positivo degli estensori dei “Saggi”».27

Ne I nuraghi Lilliu analizzava lo sviluppo architettonico delle torri nuragiche,l’origine della tholos, il rapporto di questi monumenti con il territorio, la lorofunzione, il significato socio-economico, la cronologia e le affinità con le costru-zioni megalitiche del Mediterraneo.

Il libro, dedicato agli allievi, è costituito da una premessa, seguita dal testointroduttivo e dalle schede descrittive di 107 nuraghi, del tempietto a “megaron”di Domu ’e Orgìa di Esterzili, di tre «torri» della Corsica,28 di sei «talaiots»29 edue «poblados»30 delle Baleari, di alcuni bronzi e ceramiche di età nuragica: incalce ad ogni scheda è riportata una bibliografia completa. Una ricca ed ineditadocumentazione grafica e fotografica – 18 disegni, 107 tavole di foto e 2 cartedella Sardegna – correda il lavoro, che si presentava come una novità nel pano-rama dell’editoria sarda sia per il grande formato sia per la curata veste tipografi-ca che poteva vantare – almeno in ambito archeologico – il solo precedente del-lo splendido volume di Ch. Zervos – La civilisation de la Sardaigne du début del’énéolithique à la fin de la période nouragique – pubblicato a Parigi nel 1954.

Nella premessa, Lilliu richiama due dei concetti a lui cari e sempre presentinella sua attività di ricerca: la relatività dell’interpretazione del dato archeologi-co e il valore assoluto della documentazione: «Alcune [questioni sui nuraghi] –scriverà – appariranno risolte o in via di risoluzione, altre resteranno ancorasenza conclusione, allo stato di problema, ribadendo, se mai ve ne fosse biso-gno, quel carattere di “relatività” di cui soffre la scienza archeologica, da noi co-me altrove, di là dalla presentazione ottimistica che taluni amano fare delle suelaboriose conquiste».

27. Cfr. qui p. 104: segue l’elenco bibliografico degli estensori di queste tesi di laurea fra i quali spiccail nome di Ercole Contu – ora Professore Emerito di Antichità Sarde all’Università di Sassari – chepubblicherà due interessanti monumenti, rilevati, fra i tanti, durante le ricognizioni effettuate per lastesura della sua tesi: E. Contu: “Esterzili. Tempietto rettangolare megalitico di Domu de Orgìa in lo-calità Cuccureddì”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 313-317; “La fortezza nuragica di nuraghe Orru-biu presso Orroli (Nuoro)”, in Studi Sardi, X-XI (1950-51), 1952, pp. 120-160, tavv. I-IV.

28. Sono le «torri» di Foce, Torre e Balestra, monumenti messi a confronto, rispettivamente, con inuraghi Murartu-Silanus, Sa Coa Filigosa-Bolotana e Tusari-Bortigali.

29. «Talaiots» di Santa Monica, Rafal Roig, Es Mestal, Torre Nova d’en Lozano 1 e 2 (Minorca) eSes Païsses (Maiorca), accostati ad alcuni nuraghi sardi, e «non si tratta di pure coincidenze di for-me semplici» (cfr. qui p. 90).

30. Si tratta dei villaggi fortificati Alfurinet-Minorca e Els Antigors-Maiorca portati associati aicomplessi nuragici di Scerì-Ilbono e Serbissi-Osini.

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Dopo aver disquisito sul nome stesso di nuraghe, analizzato le fonti anticheche in qualche modo sembrano ricordare le torri nuragiche, rilevato l’alto nu-mero di costruzioni31 che «rappresentano una realtà demografica … che stupi-sce ancora noi» – ma indicativo di un popolamento rurale disperso che ha im-pedito il costituirsi di forti aggregazioni capaci di superare lo stadio di villaggionel quale si attardava la società nuragica –, Lilliu procede ad analizzare i puntisalienti di questo suo lavoro.

Il tema centrale del volume è costituito dall’analisi degli elementi architetto-nici del nuraghe, visto dapprima come unità isolata che si evolve nella suastruttura interna, quindi come architettura complessa composta da numerosetorri che si aggregano secondo precisi e ripetuti schemi planimetrici.

Lilliu disponeva ormai di una cospicua documentazione che gli consentivadi fare il punto sui nuraghi, di formularne un’articolata tipologia e di cogliernela linea evolutiva nei particolari costruttivi.

Dalla sua forma più elementare – camera a tholos preceduta dal corridoiod’ingresso – la classica torre a tronco di cono si sarebbe poi arricchita di ele-menti funzionali (scala) e di spazi sussidiari (nicchie, stipetti, silos), indicatividi una lunga esperienza tecnico-costruttiva e di nuove esigenze.

Lo sviluppo architettonico della torre è testimoniato, ad esempio, dall’ado-zione di due tipi di scala: uno, scomodo e poco funzionale, si trova all’internodella camera; l’altro, elicoidale, parte dal corridoio d’ingresso e corre nello spes-sore murario, consentendo l’accesso ai piani superiori e al terrazzo. L’anterioritàdel primo tipo sembra provata dal fatto che essa è presente in torri dall’internoscarsamente articolato, vale a dire prive o povere di spazi sussidiari che sono in-vece il segno di una architettura matura, capace di svuotare la massa murariaper ampliare la superficie utile alla vita. I dati in nostro possesso suggerisconoche lo sviluppo architettonico della torre nuragica tenda ad una maggiore fun-zionalità – soprattutto la mobilità interna – e ad una continua ricerca di spazio.

Vengono quindi valutati tutti gli indici (massa-spazio, diametro-altezza,etc.) dei diversi elementi del nuraghe al fine di individuare proporzioni edeventuali moduli costruttivi formalizzati.

Si osserva che l’indice massa-spazio tende ad aumentare in rapporto all’am-pliarsi della camera a tholos; oppure che lo spessore dei muri è direttamenteproporzionale allo sviluppo progressivo degli ambienti interni, per dare luogoai vani sussidiari (nicchie, scale, corridoi, cellette, etc.); oppure ancora che auna maggiore inclinazione delle murature esterne sembra corrispondere unamaggiore antichità.

Si è notato, poi, che il profilo dell’andito passa progressivamente da sezio-ni angolari-trapezoidali a sezioni rettangolari, e questo trova corrispondenza

31. Circa 7000 con una densità dello 0,27 per kmq (cfr. qui p. 58). Sul controverso problema delnumero dei nuraghi, destinato a rimanere irrisolto, cfr. da ultimo E. Contu, “Sul numero dei nu-raghi”, in AA.VV., Studi in onore di Massimo Pittau, Sassari, 1994, pp. 107-117.

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Prefazione

di laurea ed erano mirati alla conoscenza diretta – ricognizioni sul terreno, carto-grafia, schedatura e documentazione grafica e fotografica dei monumenti indivi-duati – delle emergenze antiche. Questi lavori avevano consentito di acquisire unaconsiderevole mole di dati e si erano rivelate «di notevole interesse e di concretaimportanza scientifica, il cui valore si può apprezzare seguendo le pagine di questoVolume che molto deve, come contributo di base, al lavoro faticoso e veramentemeritorio e positivo degli estensori dei “Saggi”».27

Ne I nuraghi Lilliu analizzava lo sviluppo architettonico delle torri nuragiche,l’origine della tholos, il rapporto di questi monumenti con il territorio, la lorofunzione, il significato socio-economico, la cronologia e le affinità con le costru-zioni megalitiche del Mediterraneo.

Il libro, dedicato agli allievi, è costituito da una premessa, seguita dal testointroduttivo e dalle schede descrittive di 107 nuraghi, del tempietto a “megaron”di Domu ’e Orgìa di Esterzili, di tre «torri» della Corsica,28 di sei «talaiots»29 edue «poblados»30 delle Baleari, di alcuni bronzi e ceramiche di età nuragica: incalce ad ogni scheda è riportata una bibliografia completa. Una ricca ed ineditadocumentazione grafica e fotografica – 18 disegni, 107 tavole di foto e 2 cartedella Sardegna – correda il lavoro, che si presentava come una novità nel pano-rama dell’editoria sarda sia per il grande formato sia per la curata veste tipografi-ca che poteva vantare – almeno in ambito archeologico – il solo precedente del-lo splendido volume di Ch. Zervos – La civilisation de la Sardaigne du début del’énéolithique à la fin de la période nouragique – pubblicato a Parigi nel 1954.

Nella premessa, Lilliu richiama due dei concetti a lui cari e sempre presentinella sua attività di ricerca: la relatività dell’interpretazione del dato archeologi-co e il valore assoluto della documentazione: «Alcune [questioni sui nuraghi] –scriverà – appariranno risolte o in via di risoluzione, altre resteranno ancorasenza conclusione, allo stato di problema, ribadendo, se mai ve ne fosse biso-gno, quel carattere di “relatività” di cui soffre la scienza archeologica, da noi co-me altrove, di là dalla presentazione ottimistica che taluni amano fare delle suelaboriose conquiste».

27. Cfr. qui p. 104: segue l’elenco bibliografico degli estensori di queste tesi di laurea fra i quali spiccail nome di Ercole Contu – ora Professore Emerito di Antichità Sarde all’Università di Sassari – chepubblicherà due interessanti monumenti, rilevati, fra i tanti, durante le ricognizioni effettuate per lastesura della sua tesi: E. Contu: “Esterzili. Tempietto rettangolare megalitico di Domu de Orgìa in lo-calità Cuccureddì”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 313-317; “La fortezza nuragica di nuraghe Orru-biu presso Orroli (Nuoro)”, in Studi Sardi, X-XI (1950-51), 1952, pp. 120-160, tavv. I-IV.

28. Sono le «torri» di Foce, Torre e Balestra, monumenti messi a confronto, rispettivamente, con inuraghi Murartu-Silanus, Sa Coa Filigosa-Bolotana e Tusari-Bortigali.

29. «Talaiots» di Santa Monica, Rafal Roig, Es Mestal, Torre Nova d’en Lozano 1 e 2 (Minorca) eSes Païsses (Maiorca), accostati ad alcuni nuraghi sardi, e «non si tratta di pure coincidenze di for-me semplici» (cfr. qui p. 90).

30. Si tratta dei villaggi fortificati Alfurinet-Minorca e Els Antigors-Maiorca portati associati aicomplessi nuragici di Scerì-Ilbono e Serbissi-Osini.

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di torri, come attestano i m 18,60 del nuraghe di Barumini … e i m 22 del nura-ghe Santu Antine».38

Le tappe evolutive delle torri nuragiche vengono rappresentate in grafici conpiante schematiche che chiariscono molto bene la dinamica architettonica del nu-raghe: ma, avverte Lilliu, «non bisogna credere che l’evoluzione sia avvenuta nellalinea rigida di successione iconografica, quale potrebbe apparire dalla composizio-ne nella tavola che ha valore puramente didattico e di larga informazione».39

Sul finire del II millennio, dalle «prime avvisaglie delle conquiste dei popolistorici (Fenici) a quando i Cartaginesi, alla fine del VI secolo a.C., s’imposses-sarono stabilmente d’un terzo dell’Isola, sospingendo gli Indigeni, costruttoridi nuraghi, nel ridotto delle montagne»,40 avviene il passaggio dalle torri sem-plici ai nuraghi complessi o polilobati. La loro tipologia comprende edifici adaddizione frontale, laterale, longitudinale oppure concentrica con mastio inclusoin un bastione a più torri, intorno al quale, talora si estende l’antemurale margi-nato o meno da torri.

Nel III sec. a.C. – scrive Lilliu – avvenne il crollo definitivo delle fortezzenuragiche e della civiltà che le aveva espresse.

Uno dei problemi legati all’architettura delle torri nuragiche è quello dell’ori-gine, o meglio della «invenzione» della camera voltata ad ogiva – la tholos – checaratterizza il nuraghe classico. Lilliu, come gran parte di quanti lo avevanopreceduto, sulla base della tradizione letteraria e di alcuni particolari costruttivi,sostiene un apporto orientale, una componente cretese-micenea nell’origine deinuraghi nei quali si rivive «il respiro ampio delle fastose e splendide tholoi acheepeloponnesiache».41

Il «lievito miceneo» nella costruzione delle torri nuragiche verrà ribadito an-cora nelle prime due edizioni della Civiltà dei Sardi,42 ma già nel 1982 Lilliusottolinea il fatto che in Sardegna la tholos non mantiene l’originaria funzionefuneraria micenea – come invece avviene in tombe siciliane della cultura diThapsos – ma si innesta su strutture di tradizione megalitica locale. Tuttavial’espediente architettonico della tholos «è così invadente e straordinario da esse-re considerato una decisa novità, una svolta, venuta e sviluppatasi dietro una

38. Cfr. qui p. 65.

39 Cfr. qui p. 63. Va detto che la sequenza evolutiva delle torri nuragiche proposta da Lilliu, cosìorganica e nitida, è stata formulata su una campionatura molto bassa rispetto a quanto oggi – dopopiù di quaranta anni! – noi conosciamo sui nuraghi (censimenti, scavi, etc.): inoltre, per la natura-le inesperienza degli estensori delle tesi di catalogo, il rilevamento delle strutture non è stato sem-pre puntuale. Pertanto, il richiamo di Lilliu alla cautela appare quanto mai appropriato ed onesto,anche se il quadro delineato mantiene – in linea generale – inalterato il suo valore.

40. Cfr. qui p. 68.

41. Cfr. qui p. 94.

42. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1963, p. 141; ed. 1967, p. 164: «Sarà nostra suggestione ro-mantica – scrive Lilliu – ma ci pare che il regno di Minosse abbia trovato in Sardegna il suo ultimorifugio e che il grido bestiale del Minotauro si perda ancora, nei recessi “labirintici” dei nuraghi».

15

Prefazione

nel progressivo appiattimento dello slancio e della verticalità che caratterizzale tholoi più antiche; vengono inoltre esaminati rifasci murari, scale sussidiarie,silos, etc.

L’analisi del nuraghe si concludeva con la descrizione del coronamento del-l’edificio, ora possibile grazie agli elementi emersi negli scavi di Barumini checonsentivano di ricostruire con dati concreti l’intero profilo della torre nuragi-ca.32 A Su Nuraxi, infatti, erano stati rinvenuti centinaia di mensoloni di basal-to, perfettamente sagomati e del peso medio di 13 quintali, sia nel cortile sia lungoil profilo del bastione: alcune decine, poi, erano stati recuperati in alcune capannedel villaggio ove erano state riutilizzate.33 Inoltre, sempre a Barumini, nella “Ca-panna delle riunioni” era stato rinvenuto un betilo in calcare, a forma di tor-re,34 riproducente il ballatoio sporgente dal filo murario, munito di parapetto esorretto da mensole indicate in rilievo.

Modellini in bronzo, in pietra e in ceramica di nuraghi monotorri, trilobatie quadrilobati sono stati rinvenuti in gran numero in questi anni;35 allo stessomodo i mensoloni individuati per la prima volta a Barumini sono venuti in lu-ce nel crollo di un numero sempre crescente di nuraghi. Ed anzi, nel corso dilavori di restauro effettuati nel bastione di Su Nuraxi sono stati individuati deimensoloni ancora in situ,36 così come nel nuraghe Losa37 e in altri (Albucciu-Arzachena, Tilariga-Bultei, Alvo-Baunei, etc.).

Quindi, nello spazio di mezzo millennio, dal 1500 al 1000 a.C., «dalla figuraprimitiva della torre, bassa e massiccia, con unica camera con o senza scala al ter-razzo, si dovette passare a quella del tronco di cono a camere sovrapposte sull’asseverticale, in numero da due a tre … Si raggiungono in tal modo, già sul finire delII millennio … e, poi, nei tempi iniziali del I, altezze considerevoli e imponenti

32. La definizione della parte superiore del nuraghe era stata felicemente intuita dallo stesso Lilliu,cfr. G. Lilliu, “Modellini bronzei di Ittireddu e Olmedo” cit.

33. G. Lilliu, “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica” cit., p. 248 ss.; cfr. qui p. 67, tav.LXXVI, 3.

34. G. Lilliu, “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica” cit., pp. 290-291, fig. 14; cfr. quitav. LXXVI, 1. Da notare che sul piano superiore del modellino svetta una prominenza conica, dainterpretare come un elemento costruttivo della torre stessa: una sorta di vano cupolato a prote-zione dell’uscita della scala sul terrazzo. È un elemento che si ritroverà in quasi tutti i modellini dinuraghe a noi pervenuti.

35. Per una prima messa a punto di questi reperti, cfr. A. Moravetti, “Nuovi modellini di torri nu-ragiche”, in Bollettino d’Arte, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1980; G. Ugas, “Altare model-lato su castello nuragico di tipo trilobato con figura in rilievo dal Sinis di Cabras (Oristano)”, inArcheologia Sarda, Quartu Sant’Elena, 1980.

36. V. Santoni, Il nuraghe Su Nuraxi di Barumini, in Guide e Studi, 2, Soprintendenza ai Beni ar-cheologici per le province di Cagliari e Oristano, Quartu Sant’Elena, 2001, p. 47 ss., fig. 45. Que-sti mensoloni sono in marna e si riferiscono al primo impianto del bastione quadrilobato, mentrequelli in basalto sono relativi alla fase di rifascio dello stesso bastione.

37. V. Santoni, Il nuraghe Losa di Abbasanta, in Guide e Studi, 1, Soprintendenza ai Beni archeolo-gici per le province di Cagliari e Oristano, Quartu Sant’Elena, 2001, p. 38 ss., figg. 41-42.

14

Page 15: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

di torri, come attestano i m 18,60 del nuraghe di Barumini … e i m 22 del nura-ghe Santu Antine».38

Le tappe evolutive delle torri nuragiche vengono rappresentate in grafici conpiante schematiche che chiariscono molto bene la dinamica architettonica del nu-raghe: ma, avverte Lilliu, «non bisogna credere che l’evoluzione sia avvenuta nellalinea rigida di successione iconografica, quale potrebbe apparire dalla composizio-ne nella tavola che ha valore puramente didattico e di larga informazione».39

Sul finire del II millennio, dalle «prime avvisaglie delle conquiste dei popolistorici (Fenici) a quando i Cartaginesi, alla fine del VI secolo a.C., s’imposses-sarono stabilmente d’un terzo dell’Isola, sospingendo gli Indigeni, costruttoridi nuraghi, nel ridotto delle montagne»,40 avviene il passaggio dalle torri sem-plici ai nuraghi complessi o polilobati. La loro tipologia comprende edifici adaddizione frontale, laterale, longitudinale oppure concentrica con mastio inclusoin un bastione a più torri, intorno al quale, talora si estende l’antemurale margi-nato o meno da torri.

Nel III sec. a.C. – scrive Lilliu – avvenne il crollo definitivo delle fortezzenuragiche e della civiltà che le aveva espresse.

Uno dei problemi legati all’architettura delle torri nuragiche è quello dell’ori-gine, o meglio della «invenzione» della camera voltata ad ogiva – la tholos – checaratterizza il nuraghe classico. Lilliu, come gran parte di quanti lo avevanopreceduto, sulla base della tradizione letteraria e di alcuni particolari costruttivi,sostiene un apporto orientale, una componente cretese-micenea nell’origine deinuraghi nei quali si rivive «il respiro ampio delle fastose e splendide tholoi acheepeloponnesiache».41

Il «lievito miceneo» nella costruzione delle torri nuragiche verrà ribadito an-cora nelle prime due edizioni della Civiltà dei Sardi,42 ma già nel 1982 Lilliusottolinea il fatto che in Sardegna la tholos non mantiene l’originaria funzionefuneraria micenea – come invece avviene in tombe siciliane della cultura diThapsos – ma si innesta su strutture di tradizione megalitica locale. Tuttavial’espediente architettonico della tholos «è così invadente e straordinario da esse-re considerato una decisa novità, una svolta, venuta e sviluppatasi dietro una

38. Cfr. qui p. 65.

39 Cfr. qui p. 63. Va detto che la sequenza evolutiva delle torri nuragiche proposta da Lilliu, cosìorganica e nitida, è stata formulata su una campionatura molto bassa rispetto a quanto oggi – dopopiù di quaranta anni! – noi conosciamo sui nuraghi (censimenti, scavi, etc.): inoltre, per la natura-le inesperienza degli estensori delle tesi di catalogo, il rilevamento delle strutture non è stato sem-pre puntuale. Pertanto, il richiamo di Lilliu alla cautela appare quanto mai appropriato ed onesto,anche se il quadro delineato mantiene – in linea generale – inalterato il suo valore.

40. Cfr. qui p. 68.

41. Cfr. qui p. 94.

42. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1963, p. 141; ed. 1967, p. 164: «Sarà nostra suggestione ro-mantica – scrive Lilliu – ma ci pare che il regno di Minosse abbia trovato in Sardegna il suo ultimorifugio e che il grido bestiale del Minotauro si perda ancora, nei recessi “labirintici” dei nuraghi».

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Prefazione

nel progressivo appiattimento dello slancio e della verticalità che caratterizzale tholoi più antiche; vengono inoltre esaminati rifasci murari, scale sussidiarie,silos, etc.

L’analisi del nuraghe si concludeva con la descrizione del coronamento del-l’edificio, ora possibile grazie agli elementi emersi negli scavi di Barumini checonsentivano di ricostruire con dati concreti l’intero profilo della torre nuragi-ca.32 A Su Nuraxi, infatti, erano stati rinvenuti centinaia di mensoloni di basal-to, perfettamente sagomati e del peso medio di 13 quintali, sia nel cortile sia lungoil profilo del bastione: alcune decine, poi, erano stati recuperati in alcune capannedel villaggio ove erano state riutilizzate.33 Inoltre, sempre a Barumini, nella “Ca-panna delle riunioni” era stato rinvenuto un betilo in calcare, a forma di tor-re,34 riproducente il ballatoio sporgente dal filo murario, munito di parapetto esorretto da mensole indicate in rilievo.

Modellini in bronzo, in pietra e in ceramica di nuraghi monotorri, trilobatie quadrilobati sono stati rinvenuti in gran numero in questi anni;35 allo stessomodo i mensoloni individuati per la prima volta a Barumini sono venuti in lu-ce nel crollo di un numero sempre crescente di nuraghi. Ed anzi, nel corso dilavori di restauro effettuati nel bastione di Su Nuraxi sono stati individuati deimensoloni ancora in situ,36 così come nel nuraghe Losa37 e in altri (Albucciu-Arzachena, Tilariga-Bultei, Alvo-Baunei, etc.).

Quindi, nello spazio di mezzo millennio, dal 1500 al 1000 a.C., «dalla figuraprimitiva della torre, bassa e massiccia, con unica camera con o senza scala al ter-razzo, si dovette passare a quella del tronco di cono a camere sovrapposte sull’asseverticale, in numero da due a tre … Si raggiungono in tal modo, già sul finire delII millennio … e, poi, nei tempi iniziali del I, altezze considerevoli e imponenti

32. La definizione della parte superiore del nuraghe era stata felicemente intuita dallo stesso Lilliu,cfr. G. Lilliu, “Modellini bronzei di Ittireddu e Olmedo” cit.

33. G. Lilliu, “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica” cit., p. 248 ss.; cfr. qui p. 67, tav.LXXVI, 3.

34. G. Lilliu, “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica” cit., pp. 290-291, fig. 14; cfr. quitav. LXXVI, 1. Da notare che sul piano superiore del modellino svetta una prominenza conica, dainterpretare come un elemento costruttivo della torre stessa: una sorta di vano cupolato a prote-zione dell’uscita della scala sul terrazzo. È un elemento che si ritroverà in quasi tutti i modellini dinuraghe a noi pervenuti.

35. Per una prima messa a punto di questi reperti, cfr. A. Moravetti, “Nuovi modellini di torri nu-ragiche”, in Bollettino d’Arte, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1980; G. Ugas, “Altare model-lato su castello nuragico di tipo trilobato con figura in rilievo dal Sinis di Cabras (Oristano)”, inArcheologia Sarda, Quartu Sant’Elena, 1980.

36. V. Santoni, Il nuraghe Su Nuraxi di Barumini, in Guide e Studi, 2, Soprintendenza ai Beni ar-cheologici per le province di Cagliari e Oristano, Quartu Sant’Elena, 2001, p. 47 ss., fig. 45. Que-sti mensoloni sono in marna e si riferiscono al primo impianto del bastione quadrilobato, mentrequelli in basalto sono relativi alla fase di rifascio dello stesso bastione.

37. V. Santoni, Il nuraghe Losa di Abbasanta, in Guide e Studi, 1, Soprintendenza ai Beni archeolo-gici per le province di Cagliari e Oristano, Quartu Sant’Elena, 2001, p. 38 ss., figg. 41-42.

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Page 16: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

appaiono architetture attardate e decadute, segno del tramonto di una civiltà,create per contrastare gli invasori cartaginesi e romani.

I risultati delle analisi radiometriche effettuate su materiale organico del PeppeGallu di Uri49 forniscono una datazione compresa fra VI-III sec. a.C., a confermadella cronologia bassa avanzata da Lilliu che in questi monumenti riconoscevale costruzioni sotterranee e le grotte di Diodoro (IV, 30; V, 15, 4), su informazio-ne di Timeo del IV sec. a.C., e le spelonche ricordate da Pausania (X, 17) e daZonara (VIII, 18) con riferimento alle campagne consolari contro i sardi Iolèi eBàlari nel 231 a.C.

Nella seconda edizione della Civiltà dei Sardi,50 sulla base di nuovi dati,51

pur confermando che il nuraghe a tholos «ha preceduto nel tempo … come in-venzione» quello a corridoio, tuttavia «nell’applicazione ora si trova congiuntaorganicamente col nuraghe a tholos, risultando le due forme coeve».

Pertanto, il nuraghe a corridoio «fu un prodotto tanto antico nell’originequanto attardato nella conservazione. Per tale carattere e anche per la varietàdella stessa forma, ne vediamo la durata per più di un millennio, con tappe benindicate dalle cronologie al C14: circa 1800 a.C. del Bruncu Màdugui, circa1200 a.C. dell’Albucciu, tra VI-IV sec. a.C. del Peppe Gallu».52

Viene ribadito il carattere militare dei nuraghi a corridoio: «nuraghi-trappole»o «nuraghi-nascondigli» da utilizzare per la guerriglia contro gli invasori esterni enelle lotte tribali (gli pseudonuraghi più antichi); alcuni di essi, tuttavia, potevanoavere funzione di vedetta o di abitazione.

A partire dalla Civiltà nuragica, del 1982, Lilliu distingue fra pseudonura-ghi-nuraghi a corridoio – le costruzioni prive di camere a tholos – e i protonu-raghi, nei quali compaiono piccoli ambienti voltati ad ogiva.53 Inoltre, tuttequeste costruzioni – pseudonuraghi e protonuraghi – vengono ricondotte allefasi iniziali dell’età nuragica.54

49. Contu colloca i 13 nuraghi a corridoio da lui conosciuti fra XI-VIII sec. a.C. (E. Contu, “I piùantichi nuraghi e l’esplorazione del Nuraghe Peppe Gallu (Uri-Sassari)”, in Rivista di Scienze Prei-storiche, XIV, 1959, pp. 59-121).

50. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1967, p. 293: i nuraghi a corridoio erano già una quarantina(p. 299).

51. Questa diversa valutazione dei nuraghi a corridoio nasceva dall’acquisizione di nuove date alC14 relative al Bruncu Màdugui-Gesturi e all’Albucciu-Arzachena che dilatavano notevolmente ildato fornito dal Peppe Gallu, peraltro poco attendibile. Inoltre, negli scavi del Bruncu Màduguierano stati rinvenuti frammenti fittili, decorati, attribuiti allora alla cultura di Monte Claro che inquegli anni veniva ritenuta un aspetto arcaico della civiltà nuragica. Ora sappiamo che quelle cera-miche appartengono ad età nuragica, ma al Bronzo Medio (U. Badas, “Il nuraghe Bruncu Màdu-gui di Gesturi: un riesame del monumento e del contesto ceramico”, in Quaderni della Soprinten-denza ai Beni archeologici per le province di Cagliari e Oristano, 9, Cagliari, 1992, pp. 31-76.

52. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1967, p. 302.

53. G. Lilliu, La civiltà nuragica cit., p. 17 ss.

54. G. Lilliu, “La civiltà preistorica e nuragica in Sardegna”, in Atti dell’Accademia Nazionale dei

17

Prefazione

spinta primaria esterna (anche quella minoico-micenea), senza nulla togliere alcontributo evolutivo della tradizione costruttiva già esistente nel luogo».43

La teoria dell’origine elladico-micenea della tholos verrà decisamente respin-ta nei lavori più recenti a favore di una linea evolutiva interna: «In passato sicredette dai più che la pseudovolta dei nuraghi fosse derivata da quella applica-ta nelle tombe a tholos della civiltà elladica-micenea. Recenti ricerche hanno ri-portato ragioni per ritenerla di origine e sviluppo autoctono … Nell’ordine stati-co-strutturale, comparando nuraghi e tholoi micenee, Cavanagh e Laxton hannorilevato che il coefficiente esponenziale costante utilizzato per creare la falsa vol-ta è diverso nelle due forme costruttive: di 1/2 nei nuraghi e di 3/4 nelle tombepeloponnesiache».44 Ed ancora: «Piacque anche a me e la caldeggiai per lungotempo e vi insistono tuttora giovani archeologi locali. Ma la ricerca attuale nonconsente di mantenerla con valide ragioni».45

Nella classificazione delle torri nuragiche Lilliu introduce la distinzione fra duetipi di nuraghi:46 «la prima forma è quella del nuraghe a tholos, cioè con la cameracircolare coperta dalla falsa cupola o pseudovolta. È la forma ricordata dagli scrit-tori greci quando parlano di «daidàleia» e di «tholoi» in Sardegna, costruzioni fatte“al modo arcaico greco”, cioè miceneo … La seconda forma è quella del nuraghe“a corridoio” … o “pseudonuraghe” o “nuraghe a galleria” [e in essa] potrebbe ve-dersi la componente occidentale, di gusto dolmenico-rettilineo o a “trilite”».47

Sulla cronologia di queste costruzioni, Lilliu sembra inizialmente perplesso,48

ma nel prosieguo dell’opera i circa trenta nuraghi a corridoio allora conosciuti gli

43. G. Lilliu, La civiltà nuragica, Sassari, Carlo Delfino, 1982, pp. 31-32.

44. G. Lilliu, “Costruzioni circolari in pietre a secco con copertura a tholos (Sardegna, Corsica, Mi-norca)”, in Costruzioni circolari con copertura a tholos in Europa. Atti del Convegno Internazionale(Ascoli Piceno, 2-3 aprile 1998), p. 10.

45. G. Lilliu, “La Sardegna fra il XVII e il XIV secolo a.C.: linee di sviluppo e relazioni esterne”,in AA.VV., Culture marinare nel Mediterraneo centrale e occidentale fra il XVII e il XV secolo a.C.Ricerche di storia, epigrafia e archeologia mediterranea, a cura di C. Giardino, Roma, Bagatto Libri,2001, pp. 271-272.Per una provenienza egea della tholos, cfr. G. Ugas: “La tomba megalitica I di San Cosimo-Gonnosfa-nadiga (Cagliari): un monumento del Bronzo Medio (con la più antica attestazione del miceneo inSardegna)”, in Archeologia Sarda, dicembre 1981, p. 11 ss.; “Un nuovo contributo per lo studio dellatholos in Sardegna. La fortezza di Su Mulinu di Villanovafranca”, in Studies in Sardinian Archaeology,M. Balmuth (ed.), vol. III, BAR, 387, Oxford, 1987, pp. 77-128; P. Bernardini, “Tholoi in Sardegna:alcune considerazioni”, in Studi Etruschi, LI, s. III, 1985, p. 48 ss.; ipotesi più sfumata, in G. Ugas,Architettura e cultura materiale nuragica: il tempo dei protonuraghi, Cagliari, SarEdit, 1999, p. 57.

46. Il problema dell’esistenza di due tipi di nuraghi – già in C. Dessì, Singolari nuraghi in Gallura,Sassari, 1922 – era stato approfondito in G. Lilliu, “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nura-gica” cit.

47. Cfr. qui pp. 61-62.

48. Cfr. qui p. 62: «Oggi non si può dire quale delle due forme abbia preceduto nel tempo comeinvenzione».

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Page 17: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

appaiono architetture attardate e decadute, segno del tramonto di una civiltà,create per contrastare gli invasori cartaginesi e romani.

I risultati delle analisi radiometriche effettuate su materiale organico del PeppeGallu di Uri49 forniscono una datazione compresa fra VI-III sec. a.C., a confermadella cronologia bassa avanzata da Lilliu che in questi monumenti riconoscevale costruzioni sotterranee e le grotte di Diodoro (IV, 30; V, 15, 4), su informazio-ne di Timeo del IV sec. a.C., e le spelonche ricordate da Pausania (X, 17) e daZonara (VIII, 18) con riferimento alle campagne consolari contro i sardi Iolèi eBàlari nel 231 a.C.

Nella seconda edizione della Civiltà dei Sardi,50 sulla base di nuovi dati,51

pur confermando che il nuraghe a tholos «ha preceduto nel tempo … come in-venzione» quello a corridoio, tuttavia «nell’applicazione ora si trova congiuntaorganicamente col nuraghe a tholos, risultando le due forme coeve».

Pertanto, il nuraghe a corridoio «fu un prodotto tanto antico nell’originequanto attardato nella conservazione. Per tale carattere e anche per la varietàdella stessa forma, ne vediamo la durata per più di un millennio, con tappe benindicate dalle cronologie al C14: circa 1800 a.C. del Bruncu Màdugui, circa1200 a.C. dell’Albucciu, tra VI-IV sec. a.C. del Peppe Gallu».52

Viene ribadito il carattere militare dei nuraghi a corridoio: «nuraghi-trappole»o «nuraghi-nascondigli» da utilizzare per la guerriglia contro gli invasori esterni enelle lotte tribali (gli pseudonuraghi più antichi); alcuni di essi, tuttavia, potevanoavere funzione di vedetta o di abitazione.

A partire dalla Civiltà nuragica, del 1982, Lilliu distingue fra pseudonura-ghi-nuraghi a corridoio – le costruzioni prive di camere a tholos – e i protonu-raghi, nei quali compaiono piccoli ambienti voltati ad ogiva.53 Inoltre, tuttequeste costruzioni – pseudonuraghi e protonuraghi – vengono ricondotte allefasi iniziali dell’età nuragica.54

49. Contu colloca i 13 nuraghi a corridoio da lui conosciuti fra XI-VIII sec. a.C. (E. Contu, “I piùantichi nuraghi e l’esplorazione del Nuraghe Peppe Gallu (Uri-Sassari)”, in Rivista di Scienze Prei-storiche, XIV, 1959, pp. 59-121).

50. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1967, p. 293: i nuraghi a corridoio erano già una quarantina(p. 299).

51. Questa diversa valutazione dei nuraghi a corridoio nasceva dall’acquisizione di nuove date alC14 relative al Bruncu Màdugui-Gesturi e all’Albucciu-Arzachena che dilatavano notevolmente ildato fornito dal Peppe Gallu, peraltro poco attendibile. Inoltre, negli scavi del Bruncu Màduguierano stati rinvenuti frammenti fittili, decorati, attribuiti allora alla cultura di Monte Claro che inquegli anni veniva ritenuta un aspetto arcaico della civiltà nuragica. Ora sappiamo che quelle cera-miche appartengono ad età nuragica, ma al Bronzo Medio (U. Badas, “Il nuraghe Bruncu Màdu-gui di Gesturi: un riesame del monumento e del contesto ceramico”, in Quaderni della Soprinten-denza ai Beni archeologici per le province di Cagliari e Oristano, 9, Cagliari, 1992, pp. 31-76.

52. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1967, p. 302.

53. G. Lilliu, La civiltà nuragica cit., p. 17 ss.

54. G. Lilliu, “La civiltà preistorica e nuragica in Sardegna”, in Atti dell’Accademia Nazionale dei

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Prefazione

spinta primaria esterna (anche quella minoico-micenea), senza nulla togliere alcontributo evolutivo della tradizione costruttiva già esistente nel luogo».43

La teoria dell’origine elladico-micenea della tholos verrà decisamente respin-ta nei lavori più recenti a favore di una linea evolutiva interna: «In passato sicredette dai più che la pseudovolta dei nuraghi fosse derivata da quella applica-ta nelle tombe a tholos della civiltà elladica-micenea. Recenti ricerche hanno ri-portato ragioni per ritenerla di origine e sviluppo autoctono … Nell’ordine stati-co-strutturale, comparando nuraghi e tholoi micenee, Cavanagh e Laxton hannorilevato che il coefficiente esponenziale costante utilizzato per creare la falsa vol-ta è diverso nelle due forme costruttive: di 1/2 nei nuraghi e di 3/4 nelle tombepeloponnesiache».44 Ed ancora: «Piacque anche a me e la caldeggiai per lungotempo e vi insistono tuttora giovani archeologi locali. Ma la ricerca attuale nonconsente di mantenerla con valide ragioni».45

Nella classificazione delle torri nuragiche Lilliu introduce la distinzione fra duetipi di nuraghi:46 «la prima forma è quella del nuraghe a tholos, cioè con la cameracircolare coperta dalla falsa cupola o pseudovolta. È la forma ricordata dagli scrit-tori greci quando parlano di «daidàleia» e di «tholoi» in Sardegna, costruzioni fatte“al modo arcaico greco”, cioè miceneo … La seconda forma è quella del nuraghe“a corridoio” … o “pseudonuraghe” o “nuraghe a galleria” [e in essa] potrebbe ve-dersi la componente occidentale, di gusto dolmenico-rettilineo o a “trilite”».47

Sulla cronologia di queste costruzioni, Lilliu sembra inizialmente perplesso,48

ma nel prosieguo dell’opera i circa trenta nuraghi a corridoio allora conosciuti gli

43. G. Lilliu, La civiltà nuragica, Sassari, Carlo Delfino, 1982, pp. 31-32.

44. G. Lilliu, “Costruzioni circolari in pietre a secco con copertura a tholos (Sardegna, Corsica, Mi-norca)”, in Costruzioni circolari con copertura a tholos in Europa. Atti del Convegno Internazionale(Ascoli Piceno, 2-3 aprile 1998), p. 10.

45. G. Lilliu, “La Sardegna fra il XVII e il XIV secolo a.C.: linee di sviluppo e relazioni esterne”,in AA.VV., Culture marinare nel Mediterraneo centrale e occidentale fra il XVII e il XV secolo a.C.Ricerche di storia, epigrafia e archeologia mediterranea, a cura di C. Giardino, Roma, Bagatto Libri,2001, pp. 271-272.Per una provenienza egea della tholos, cfr. G. Ugas: “La tomba megalitica I di San Cosimo-Gonnosfa-nadiga (Cagliari): un monumento del Bronzo Medio (con la più antica attestazione del miceneo inSardegna)”, in Archeologia Sarda, dicembre 1981, p. 11 ss.; “Un nuovo contributo per lo studio dellatholos in Sardegna. La fortezza di Su Mulinu di Villanovafranca”, in Studies in Sardinian Archaeology,M. Balmuth (ed.), vol. III, BAR, 387, Oxford, 1987, pp. 77-128; P. Bernardini, “Tholoi in Sardegna:alcune considerazioni”, in Studi Etruschi, LI, s. III, 1985, p. 48 ss.; ipotesi più sfumata, in G. Ugas,Architettura e cultura materiale nuragica: il tempo dei protonuraghi, Cagliari, SarEdit, 1999, p. 57.

46. Il problema dell’esistenza di due tipi di nuraghi – già in C. Dessì, Singolari nuraghi in Gallura,Sassari, 1922 – era stato approfondito in G. Lilliu, “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nura-gica” cit.

47. Cfr. qui pp. 61-62.

48. Cfr. qui p. 62: «Oggi non si può dire quale delle due forme abbia preceduto nel tempo comeinvenzione».

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Page 18: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

(fortezze), etc. – si era aggiunta, nel 1901, quella autorevole del Pinza,58 il qua-le, sulla base di raffronti con le tholoi micenee, si era convinto del loro caratterefunerario.

Al suo arrivo in Sardegna, il Taramelli si era subito inserito in questa animosaquerelle ed era entrato apertamente in polemica con il Pinza, sostenendo che l’af-finità fra il nuraghe e la tholos funeraria micenea «era una trappola che aveva sor-preso la buona fede di coloro che fanno l’archeologia sui libri» o di coloro checredono di affrontare il problema «avendo tutt’al più visitato due o tre o dieci disiffatti monumenti».59

Per il Taramelli, invece, «bisognava buttare dalla finestra chiacchiere ed ag-gettivi» ed affrontare il problema nuragico «con i piedi» servendosi del metododelle scienze positive, «con lo studio cioè dei monumenti nella loro relazionecol terreno». Era necessario, quindi, studiare i nuraghi nella loro distribuzionesu estesi e ben delimitati territori.

Fin dal giugno del 1903, insieme al validissimo Filippo Nissardi, applica questoprincipio ed inizia «mente et pedibus» l’indagine topografica della giara di Gesturi,che, «oltre ai principi della tipologia nuragica, agli anelli di evoluzione dal sempliceal complesso» lo determina nella convinzione che «il sistema nuragico era stato for-mato nel corso dei secoli a scopo di vigilare, possedere e difendere un territorio».60

Alla soluzione del problema nuragico non poteva, però, essere sufficiente lasola investigazione topografica: essa andava integrata sia con lo scavo stratigraficodei nuraghi sia con l’esplorazione di altri monumenti che con questi sembravanoin stretta relazione (tombe, villaggi, edifici di culto). Lo scavo di alcuni impor-tanti complessi nuragici,61 la sapiente lettura strutturale dei monumenti ed il rin-venimento di materiali di uso quotidiano, di focolari e di resti di pasto nelle ca-mere nuragiche gli confermeranno sempre più quanto l’osservazione diretta sulterreno gli aveva fatto intuire: la funzione, cioè, civile e soprattutto militare diquesti edifici che solo in qualche caso e in epoca più tarda erano stati riutilizza-ti come luoghi di culto.

Sul problema della funzione dei nuraghi, Lilliu disponeva delle esperienzedel Taramelli, ma soprattutto poteva utilizzare dati di prima mano, da lui rac-colti negli scavi di Su Nuraxi di Barumini ove aveva riportato alla luce un veroe proprio “castello” con borgo. Un’alta torre svettante al centro di un poderoso

58. G. Pinza, “Monumenti primitivi della Sardegna”, in Monumenti Antichi dei Lincei, IX, 1901,coll. 1-280, tavv. I-18; ora in Sardinia. Monumenti Antichi, Sassari, Carlo Delfino, 2003, I, pp.14-173 (ristampa anastatica).

59. A. Taramelli, “Nuraghe Santu Antine in territorio di Torralba” cit., col. 14; ora in A. Taramelli,Scavi e scoperte cit., IV, p. 503.

60. A. Taramelli, “Nuraghe Santu Antine in territorio di Torralba” cit., col. 14; ora in A. Taramelli,Scavi e scoperte cit., IV, p. 503.

61. Nuraghi Palmavera-Alghero (1905), Lugherras-Paulilatino (1906), S. Barbara-Villanova Trusched-du (1903, 1915), Losa-Abbasanta (1915), Domu ’e s’Orku-Sarrok (1924), S. Antine-Torralba (1933).

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Prefazione

Uno dei temi relativi all’architettura nuragica più dibattuti negli ultimi anniè quello che vede contrapposti protonuraghi e nuraghi classici a tholos: nei pri-mi, variamente definiti nel tempo (nuraghi senza camera, falsi nuraghi, pseudo-nuraghi, nuraghi a galleria, nuraghi-nascondiglio, nuraghi a corridoio/i, protonura-ghi), taluni vedono una costruzione arcaica, premessa di un processo evolutivoche porterà al nuraghe a tholos, mentre altri ritengono che i due tipi di costru-zione siano contemporanei e differenti nella struttura per ragioni diverse manon per motivi cronologici.

In realtà, la differenza formale e concettuale fra le due architetture emergecon sempre maggiore evidenza man mano che il numero dei protonuraghi noticresce in seguito all’intensificarsi delle indagini territoriali. Questi monumenti,che per la loro sporadicità apparivano come prodotti minori, imperfetti, deca-denti o premessa della più evoluta architettura del nuraghe a tholos, sono oggioltre 400, e sulla base di una proiezione statistica il loro numero è stato stimatofra le 1200 e le 1500 unità.55

Una classe monumentale, quindi, che appare tipologicamente articolata esempre più diffusa in tutta l’isola, ma con particolare predilezione per l’area cen-tro-settentrionale, la stessa interessata dalle tombe megalitiche (dolmen, alléescouvertes, tombe di giganti). Non architettura episodica ed occasionale, quindi,ma consapevole e ben definito fenomeno culturale con un suo sviluppo struttu-rale che raggiungerà piena maturità nel nuraghe con camera centrale a tholos.56

Il tema dominante dell’archeologia sarda sul quale si erano versati fiumid’inchiostro «spesso con petulante incompetenza da chi non aveva la minimapreparazione a queste ricerche»,57 sembrava essere, almeno fino agli inizi delNovecento, quello relativo all’uso e alla destinazione dei nuraghi.

Alle diverse e curiose interpretazioni formulate in passato – Vidal (case digiganti), Madao (tombe), Peyron (tombe), Mimaut (tombe), Manno (tombe),Inghirami (monumenti funerari), Lamarmora (tombe), Arri e Angius (edificidestinati al culto del fuoco), Spano (abitazioni), Pais (uso polivalente), Nissardi

Lincei, Memorie, XV, serie IX, Roma, 2002, p. 237: «Agli inizi del II millennio compaiono i Nuraghia corridoio con vano rettangolare a solaio piano contornato da nicchie e con scala ascendente all’abi-tazione superiore, erede del megalitismo eneolitico. Negli stessi tempi compaiono i protonuraghi, dipianta ellittica e di struttura muraria rastremata verso l’alto: all’interno uno o più vani con l’accennodi falsa cupola».

55. G. Ugas: “Centralità e periferia. Modelli d’uso del territorio: il Guspinese”, in L’Africa romana,XII, 1998, p. 553; Architettura e cultura materiale nuragica cit., p. 55.

56. Premessa all’architettura dei protonuraghi, ad indicare una linea evolutiva che affonda le sueradici nell’età del rame, è stato da tempo considerato il recinto-torre di Monte Baranta-Olmedo,della cultura di Monte Claro: cfr. A. Moravetti, “Nota agli scavi nel complesso megalitico di Mon-te Baranta (Olmedo)”, in Rivista di Scienze Preistoriche, XXXVI, 1981, p. 281 ss.

57. A. Taramelli, “Nuraghe Santu Antine in territorio di Torralba”, in Monumenti Antichi dei Lin-cei, XXXVIII, 1939, col. 12; ora in A. Taramelli, Scavi e Scoperte cit., IV.

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(fortezze), etc. – si era aggiunta, nel 1901, quella autorevole del Pinza,58 il qua-le, sulla base di raffronti con le tholoi micenee, si era convinto del loro caratterefunerario.

Al suo arrivo in Sardegna, il Taramelli si era subito inserito in questa animosaquerelle ed era entrato apertamente in polemica con il Pinza, sostenendo che l’af-finità fra il nuraghe e la tholos funeraria micenea «era una trappola che aveva sor-preso la buona fede di coloro che fanno l’archeologia sui libri» o di coloro checredono di affrontare il problema «avendo tutt’al più visitato due o tre o dieci disiffatti monumenti».59

Per il Taramelli, invece, «bisognava buttare dalla finestra chiacchiere ed ag-gettivi» ed affrontare il problema nuragico «con i piedi» servendosi del metododelle scienze positive, «con lo studio cioè dei monumenti nella loro relazionecol terreno». Era necessario, quindi, studiare i nuraghi nella loro distribuzionesu estesi e ben delimitati territori.

Fin dal giugno del 1903, insieme al validissimo Filippo Nissardi, applica questoprincipio ed inizia «mente et pedibus» l’indagine topografica della giara di Gesturi,che, «oltre ai principi della tipologia nuragica, agli anelli di evoluzione dal sempliceal complesso» lo determina nella convinzione che «il sistema nuragico era stato for-mato nel corso dei secoli a scopo di vigilare, possedere e difendere un territorio».60

Alla soluzione del problema nuragico non poteva, però, essere sufficiente lasola investigazione topografica: essa andava integrata sia con lo scavo stratigraficodei nuraghi sia con l’esplorazione di altri monumenti che con questi sembravanoin stretta relazione (tombe, villaggi, edifici di culto). Lo scavo di alcuni impor-tanti complessi nuragici,61 la sapiente lettura strutturale dei monumenti ed il rin-venimento di materiali di uso quotidiano, di focolari e di resti di pasto nelle ca-mere nuragiche gli confermeranno sempre più quanto l’osservazione diretta sulterreno gli aveva fatto intuire: la funzione, cioè, civile e soprattutto militare diquesti edifici che solo in qualche caso e in epoca più tarda erano stati riutilizza-ti come luoghi di culto.

Sul problema della funzione dei nuraghi, Lilliu disponeva delle esperienzedel Taramelli, ma soprattutto poteva utilizzare dati di prima mano, da lui rac-colti negli scavi di Su Nuraxi di Barumini ove aveva riportato alla luce un veroe proprio “castello” con borgo. Un’alta torre svettante al centro di un poderoso

58. G. Pinza, “Monumenti primitivi della Sardegna”, in Monumenti Antichi dei Lincei, IX, 1901,coll. 1-280, tavv. I-18; ora in Sardinia. Monumenti Antichi, Sassari, Carlo Delfino, 2003, I, pp.14-173 (ristampa anastatica).

59. A. Taramelli, “Nuraghe Santu Antine in territorio di Torralba” cit., col. 14; ora in A. Taramelli,Scavi e scoperte cit., IV, p. 503.

60. A. Taramelli, “Nuraghe Santu Antine in territorio di Torralba” cit., col. 14; ora in A. Taramelli,Scavi e scoperte cit., IV, p. 503.

61. Nuraghi Palmavera-Alghero (1905), Lugherras-Paulilatino (1906), S. Barbara-Villanova Trusched-du (1903, 1915), Losa-Abbasanta (1915), Domu ’e s’Orku-Sarrok (1924), S. Antine-Torralba (1933).

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Prefazione

Uno dei temi relativi all’architettura nuragica più dibattuti negli ultimi anniè quello che vede contrapposti protonuraghi e nuraghi classici a tholos: nei pri-mi, variamente definiti nel tempo (nuraghi senza camera, falsi nuraghi, pseudo-nuraghi, nuraghi a galleria, nuraghi-nascondiglio, nuraghi a corridoio/i, protonura-ghi), taluni vedono una costruzione arcaica, premessa di un processo evolutivoche porterà al nuraghe a tholos, mentre altri ritengono che i due tipi di costru-zione siano contemporanei e differenti nella struttura per ragioni diverse manon per motivi cronologici.

In realtà, la differenza formale e concettuale fra le due architetture emergecon sempre maggiore evidenza man mano che il numero dei protonuraghi noticresce in seguito all’intensificarsi delle indagini territoriali. Questi monumenti,che per la loro sporadicità apparivano come prodotti minori, imperfetti, deca-denti o premessa della più evoluta architettura del nuraghe a tholos, sono oggioltre 400, e sulla base di una proiezione statistica il loro numero è stato stimatofra le 1200 e le 1500 unità.55

Una classe monumentale, quindi, che appare tipologicamente articolata esempre più diffusa in tutta l’isola, ma con particolare predilezione per l’area cen-tro-settentrionale, la stessa interessata dalle tombe megalitiche (dolmen, alléescouvertes, tombe di giganti). Non architettura episodica ed occasionale, quindi,ma consapevole e ben definito fenomeno culturale con un suo sviluppo struttu-rale che raggiungerà piena maturità nel nuraghe con camera centrale a tholos.56

Il tema dominante dell’archeologia sarda sul quale si erano versati fiumid’inchiostro «spesso con petulante incompetenza da chi non aveva la minimapreparazione a queste ricerche»,57 sembrava essere, almeno fino agli inizi delNovecento, quello relativo all’uso e alla destinazione dei nuraghi.

Alle diverse e curiose interpretazioni formulate in passato – Vidal (case digiganti), Madao (tombe), Peyron (tombe), Mimaut (tombe), Manno (tombe),Inghirami (monumenti funerari), Lamarmora (tombe), Arri e Angius (edificidestinati al culto del fuoco), Spano (abitazioni), Pais (uso polivalente), Nissardi

Lincei, Memorie, XV, serie IX, Roma, 2002, p. 237: «Agli inizi del II millennio compaiono i Nuraghia corridoio con vano rettangolare a solaio piano contornato da nicchie e con scala ascendente all’abi-tazione superiore, erede del megalitismo eneolitico. Negli stessi tempi compaiono i protonuraghi, dipianta ellittica e di struttura muraria rastremata verso l’alto: all’interno uno o più vani con l’accennodi falsa cupola».

55. G. Ugas: “Centralità e periferia. Modelli d’uso del territorio: il Guspinese”, in L’Africa romana,XII, 1998, p. 553; Architettura e cultura materiale nuragica cit., p. 55.

56. Premessa all’architettura dei protonuraghi, ad indicare una linea evolutiva che affonda le sueradici nell’età del rame, è stato da tempo considerato il recinto-torre di Monte Baranta-Olmedo,della cultura di Monte Claro: cfr. A. Moravetti, “Nota agli scavi nel complesso megalitico di Mon-te Baranta (Olmedo)”, in Rivista di Scienze Preistoriche, XXXVI, 1981, p. 281 ss.

57. A. Taramelli, “Nuraghe Santu Antine in territorio di Torralba”, in Monumenti Antichi dei Lin-cei, XXXVIII, 1939, col. 12; ora in A. Taramelli, Scavi e Scoperte cit., IV.

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guerrieri potentemente armati64 e le numerose armi in bronzo rinvenute un po’ intutta l’isola; tutti elementi che sembravano proiettare l’immagine di una Sardegnadilaniata da conflittualità interne e minacciata di continuo da pericoli provenientid’oltremare.

Questa forte posizione è presente ancora nel 1967,65 ma già si attenua in Laciviltà dei Sardi del 1988: «si ritiene – scrive Lilliu riguardo ai nuraghi monotorri– che essi siano stati usati, fin dall’origine, come abitazione e per controllo (chenon significa uso militare quanto vigilanza di beni economici diffusi nel compen-dio di una o più torri)».66 In quanto ai nuraghi complessi, essi «sono delle fortez-ze: le caratteristiche costruttive, con i tanti espedienti e meccanismi atti ad assicu-rare protezione respingendo attacchi interni ed esterni di bande armate quandonon di veri e propri eserciti, sono oltremodo significative e probanti».67

Negli scritti più recenti, venuto a cadere il presupposto storico del nuraghequale fortezza per contrastare gli eserciti punici e romani: «per maggior sicurezzaa seguito anche di aumentati pericoli interni (conflitti fra cantoni) ed esterni (pi-raterie), le antiche torri isolate furono irrobustite con l’aggiunta di altri possenticorpi di fabbrica».68

In questi anni, quindi, si è fortemente attenuato il carattere “militare” deinuraghi: le forme semplici sono ritenute delle strutture abitative – quasi fatto-rie sparse nelle campagne69 ed occupate da un clan familiare più o meno esteso– all’interno di un sistema tribale nel quale architetture più complesse ed arti-colate assolvono la funzione di centri di controllo e di difesa del territorio.

Tuttavia, ancora oggi come nell’Ottocento, non mancano in Sardegna ap-passionati cultori di archeologia che vedono nei nuraghi delle costruzioni “mi-steriose”, edifici di culto, monumenti legati al cielo e alle sue stelle!70 A nessuno

64. Sulla controversa cronologia della bronzistica figurata sarda esistono attualmente due correntidi pensiero contrapposte, entrambe prive di elementi decisivi: una “rialzista”, che colloca questestatuine tra XII-IX sec. a.C., ed una “ribassista” che propone una datazione compresa fra IX-VIsec. a.C. Se si accetta la cronologia più bassa – che almeno sul piano storico appare più congrua –e si combina con il fatto che già partire dal X sec. a.C. non si costruiscono più nuraghi, appareevidente che alla visione bellicista dei nuraghi viene a cadere il supporto dei guerrieri in bronzo.

65. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1967, p. 288: «Dire architettura militare e dire nuraghi è lastessa cosa».

66. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1988, p. 492.

67. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1988, p. 513.

68. G. Lilliu, “La civiltà preistorica e nuragica in Sardegna” cit.

69. Questa definizione in A. Moravetti, Ricerche archeologiche nel Marghine-Planargia, in Studi eMonumenti, 5, vol. II, Sassari, Carlo Delfino, 2000, p. 91 ss.

70. Severa ed impietosa la critica di Giovanni Lilliu nei confronti di certo dilettantismo della ar-cheoastronomia isolana: «Si tratta di un sottobosco di archeoastronomi improvvisati che pullulanoin varie parti del mondo e prosperano anche nel nostro Paese. Essi vanno qua e là, aggrediscono imonumenti, prendono misure e indicano orientamenti a vanvera e danno interpretazioni persona-li fantastiche, strampalate, e propongono teorie scriteriate e campate in aria, suscitando, però, la

21

Prefazione

bastione quadrilobato con torri sporgenti e raccordate da possenti cortine mu-rarie: il tutto delimitato da un antemurale munito di sette torri. All’esterno, aipiedi della fortezza, il villaggio con la “Capanna delle riunioni” (vano 80). Il ri-trovamento di centinaia di mensoloni alla base delle mura indicavano l’esisten-za di ballatoi, proprio come nelle torri medievali.

A Su Nuraxi Lilliu aveva potuto inoltre documentare diverse fasi costruttivee ristrutturazioni: in particolare, il bastione era stato ispessito con un rifasciomurario e l’ingresso dal piano di campagna era stato rialzato a 7 metri: un espe-diente che rendeva la costruzione inaccessibile.

A Barumini Lilliu aveva le prove e tutti gli elementi per considerare Su Nura-xi una poderosa fortezza, una sorta di capoluogo di un ampio territorio o canto-ne nuragico.

Quindi, nello scrivere I nuraghi, Lilliu ha una visione “militarista” della fun-zione dei nuraghi, anche più accentuata rispetto allo stesso Taramelli, che pureè ritenuto l’interprete più “guerrafondaio” dei nuraghi.

«La natura militare dei nuraghi è provata – scrive Lilliu – anche dall’aspettogenerale massiccio dei muri … Ma sono soprattutto alcuni espedienti singolaridi grande efficacia difensiva ed offensiva, che rivelano il carattere di fortiliziodel nuraghe. Sono le feritoie, … gli angoli morti, le svolte a zigzag …, i piom-batoi …, le scale retrattili, i passaggi angusti, le botole, le garette di guardia, leridotte …, i canali acustici etc. Si aggiungano le armi di pietra (proiettili perfionda e palle per piombatoi …) e di metallo (lance, spade, pugnali etc.)».

Pertanto, pur non escludendo che alcuni nuraghi semplici siano stati delleabitazioni di pastori e contadini, Lilliu ritiene «che, nella massima parte, sianelle forme semplici sia in quelle plurime di mole maggiore sono da ritenersidelle costruzioni di carattere e di uso militare fisso. Nelle forme semplici costi-tuiscono una specie di “limes” a batterie di fortini dissolti nel sistema difensivo… Nei nuraghi plurimi era il fulcro della resistenza ad oltranza».62

Anche i nuraghi a corridoio sono torri di difesa, come quelli a tholos: «Il ne-mico veniva attratto nella profondità di questi lunghi e lunghissimi corridoi,tenuti volutamente in uno stato di semioscurità, e, una volta addentratosi neltranello di quegli angusti passaggi, veniva repentinamente assalito dai gruppid’armati … La concezione di difesa dunque non si fonda più, come abbiamovisto nei nuraghi plurimi e polilobati, su uno spiegamento fisso che manovradalle camere d’arme e sugli spalti contro un’offesa statica … Si affida, invece,all’agguato insidioso di piccole unità mobili abituate ai colpi di mano … In de-finitiva, sembra di individuare nel tipo di pseudonuraghe un dispositivo fortifi-cato che risponde alle esigenze della guerriglia».63

Va anche detto che a questa interpretazione delle torri nuragiche così legata allaguerra contribuivano – a parte le poderose architetture – i bronzetti raffiguranti

62. Cfr. qui p. 60.

63. Cfr. qui pp. 79-80.

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Page 21: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

guerrieri potentemente armati64 e le numerose armi in bronzo rinvenute un po’ intutta l’isola; tutti elementi che sembravano proiettare l’immagine di una Sardegnadilaniata da conflittualità interne e minacciata di continuo da pericoli provenientid’oltremare.

Questa forte posizione è presente ancora nel 1967,65 ma già si attenua in Laciviltà dei Sardi del 1988: «si ritiene – scrive Lilliu riguardo ai nuraghi monotorri– che essi siano stati usati, fin dall’origine, come abitazione e per controllo (chenon significa uso militare quanto vigilanza di beni economici diffusi nel compen-dio di una o più torri)».66 In quanto ai nuraghi complessi, essi «sono delle fortez-ze: le caratteristiche costruttive, con i tanti espedienti e meccanismi atti ad assicu-rare protezione respingendo attacchi interni ed esterni di bande armate quandonon di veri e propri eserciti, sono oltremodo significative e probanti».67

Negli scritti più recenti, venuto a cadere il presupposto storico del nuraghequale fortezza per contrastare gli eserciti punici e romani: «per maggior sicurezzaa seguito anche di aumentati pericoli interni (conflitti fra cantoni) ed esterni (pi-raterie), le antiche torri isolate furono irrobustite con l’aggiunta di altri possenticorpi di fabbrica».68

In questi anni, quindi, si è fortemente attenuato il carattere “militare” deinuraghi: le forme semplici sono ritenute delle strutture abitative – quasi fatto-rie sparse nelle campagne69 ed occupate da un clan familiare più o meno esteso– all’interno di un sistema tribale nel quale architetture più complesse ed arti-colate assolvono la funzione di centri di controllo e di difesa del territorio.

Tuttavia, ancora oggi come nell’Ottocento, non mancano in Sardegna ap-passionati cultori di archeologia che vedono nei nuraghi delle costruzioni “mi-steriose”, edifici di culto, monumenti legati al cielo e alle sue stelle!70 A nessuno

64. Sulla controversa cronologia della bronzistica figurata sarda esistono attualmente due correntidi pensiero contrapposte, entrambe prive di elementi decisivi: una “rialzista”, che colloca questestatuine tra XII-IX sec. a.C., ed una “ribassista” che propone una datazione compresa fra IX-VIsec. a.C. Se si accetta la cronologia più bassa – che almeno sul piano storico appare più congrua –e si combina con il fatto che già partire dal X sec. a.C. non si costruiscono più nuraghi, appareevidente che alla visione bellicista dei nuraghi viene a cadere il supporto dei guerrieri in bronzo.

65. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1967, p. 288: «Dire architettura militare e dire nuraghi è lastessa cosa».

66. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1988, p. 492.

67. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1988, p. 513.

68. G. Lilliu, “La civiltà preistorica e nuragica in Sardegna” cit.

69. Questa definizione in A. Moravetti, Ricerche archeologiche nel Marghine-Planargia, in Studi eMonumenti, 5, vol. II, Sassari, Carlo Delfino, 2000, p. 91 ss.

70. Severa ed impietosa la critica di Giovanni Lilliu nei confronti di certo dilettantismo della ar-cheoastronomia isolana: «Si tratta di un sottobosco di archeoastronomi improvvisati che pullulanoin varie parti del mondo e prosperano anche nel nostro Paese. Essi vanno qua e là, aggrediscono imonumenti, prendono misure e indicano orientamenti a vanvera e danno interpretazioni persona-li fantastiche, strampalate, e propongono teorie scriteriate e campate in aria, suscitando, però, la

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Prefazione

bastione quadrilobato con torri sporgenti e raccordate da possenti cortine mu-rarie: il tutto delimitato da un antemurale munito di sette torri. All’esterno, aipiedi della fortezza, il villaggio con la “Capanna delle riunioni” (vano 80). Il ri-trovamento di centinaia di mensoloni alla base delle mura indicavano l’esisten-za di ballatoi, proprio come nelle torri medievali.

A Su Nuraxi Lilliu aveva potuto inoltre documentare diverse fasi costruttivee ristrutturazioni: in particolare, il bastione era stato ispessito con un rifasciomurario e l’ingresso dal piano di campagna era stato rialzato a 7 metri: un espe-diente che rendeva la costruzione inaccessibile.

A Barumini Lilliu aveva le prove e tutti gli elementi per considerare Su Nura-xi una poderosa fortezza, una sorta di capoluogo di un ampio territorio o canto-ne nuragico.

Quindi, nello scrivere I nuraghi, Lilliu ha una visione “militarista” della fun-zione dei nuraghi, anche più accentuata rispetto allo stesso Taramelli, che pureè ritenuto l’interprete più “guerrafondaio” dei nuraghi.

«La natura militare dei nuraghi è provata – scrive Lilliu – anche dall’aspettogenerale massiccio dei muri … Ma sono soprattutto alcuni espedienti singolaridi grande efficacia difensiva ed offensiva, che rivelano il carattere di fortiliziodel nuraghe. Sono le feritoie, … gli angoli morti, le svolte a zigzag …, i piom-batoi …, le scale retrattili, i passaggi angusti, le botole, le garette di guardia, leridotte …, i canali acustici etc. Si aggiungano le armi di pietra (proiettili perfionda e palle per piombatoi …) e di metallo (lance, spade, pugnali etc.)».

Pertanto, pur non escludendo che alcuni nuraghi semplici siano stati delleabitazioni di pastori e contadini, Lilliu ritiene «che, nella massima parte, sianelle forme semplici sia in quelle plurime di mole maggiore sono da ritenersidelle costruzioni di carattere e di uso militare fisso. Nelle forme semplici costi-tuiscono una specie di “limes” a batterie di fortini dissolti nel sistema difensivo… Nei nuraghi plurimi era il fulcro della resistenza ad oltranza».62

Anche i nuraghi a corridoio sono torri di difesa, come quelli a tholos: «Il ne-mico veniva attratto nella profondità di questi lunghi e lunghissimi corridoi,tenuti volutamente in uno stato di semioscurità, e, una volta addentratosi neltranello di quegli angusti passaggi, veniva repentinamente assalito dai gruppid’armati … La concezione di difesa dunque non si fonda più, come abbiamovisto nei nuraghi plurimi e polilobati, su uno spiegamento fisso che manovradalle camere d’arme e sugli spalti contro un’offesa statica … Si affida, invece,all’agguato insidioso di piccole unità mobili abituate ai colpi di mano … In de-finitiva, sembra di individuare nel tipo di pseudonuraghe un dispositivo fortifi-cato che risponde alle esigenze della guerriglia».63

Va anche detto che a questa interpretazione delle torri nuragiche così legata allaguerra contribuivano – a parte le poderose architetture – i bronzetti raffiguranti

62. Cfr. qui p. 60.

63. Cfr. qui pp. 79-80.

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Page 22: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

Affiora anche ne I nuraghi – e sarà uno dei motivi ricorrenti nel pensiero poli-tico di Lilliu – il convincimento di una diversità etnica, etica e culturale dei Sardi,maturatasi nell’età dei nuraghi e giunta fino a noi grazie alla «resistenza» dei suoivalori contro ogni forma di colonizzazione: «Il nuraghe (e la sua civiltà) fu il frut-to di una società di pastori e guerrieri e trovò nel dinamismo, nelle competizionicontinue, negli appetiti territoriali e, in genere, nello spirito bellicoso delle comu-nità pastorali il fondamento della sua origine, il senso della sua struttura e la spin-ta e l’alimento incessante al suo sviluppo che durò per molti secoli. Fu questo unvalore attivo e vitale della nostra primitiva storia non documentale e da questamatrice antica ha tratto forma, più o meno confusa ma sempre viva, il “ribelli-smo” sardo, quella qualità etica cioè, caratteristica di società pastorale, storica-mente positiva, che oggi ha sfociato a modi ordinati di autonomismo dove risie-dono le premesse spirituali e culturali della rinascita isolana».72

Questo volume, se da una parte risente di oltre quarant’anni di ricerche chehanno in qualche modo rinnovato e modificato quanto si credeva su taluni aspet-ti dell’età nuragica (la cronologia, il significato della sua fine, una più sfumata in-terpretazione della funzione dei nuraghi, l’adozione di sofisticati modelli dianalisi territoriale, una maggiore conoscenza della struttura-nuraghe ora fonda-ta su un considerevole numero di costruzioni, la ricerca dell’unità di misuranelle costruzioni nuragiche, etc.), esso rimane tuttavia ancora vitale come lezio-ne di analisi del dato archeologico, come esempio di lettura di un monumentoe come base tipologica dell’architettura nuragica. Ma soprattutto rimane ancorainalterato nel suo valore documentario, perché «di là della parte opinabile del li-bro (tale è o potrebbe essere il testo introduttivo), vi è nel libro stesso un’altraparte, che è pure la più estesa: ossia quella del Catalogo dei monumenti, la qua-le rappresenta l’effettivo contributo di dati concreti. Le 107 schede descrittivedei nuraghi … costituiscono la realtà obbiettiva e visiva di questo lavoro, quelche oggi si usa dire, in linguaggio antiretorico, la “verità”».73

Un pensiero corre anche a quei giovani laureati che allora – come oggi –trovavano difficoltà ad inserirsi nel campo della ricerca archeologica. Si ramma-ricava, lo studioso, che «tali fresche e promettenti energie si siano perdute, qua-si per intero, per la disciplina che le lusingò per un momento, deviate dalle ne-cessità della vita materiale in una società che non risponde ancora, come sideve, ai richiami della cultura e della scienza, contraddittoria quale essa è e alie-nata da pressioni apparentemente più importanti e più urgenti».74

In chiusura del volume – come già nella premessa e come sempre avvienenegli scritti di Lilliu – emerge il «militante della cultura», l’intellettuale che nella

72. Cfr. qui p. 54.

73. Cfr. qui p. 54.

74. Cfr. qui p. 56.

23

Prefazione

di questi “moderni” sacerdoti del mondo nuragico viene in mente – in realtàbisognerebbe averne consapevolezza! – che per determinare la funzione di unastruttura antica occorre valutare anche il contesto culturale di riferimento e chesolo esaminando – unitamente – materiali e costruzione, in armonia stratigrafi-ca, è possibile proporre non dico la verità assoluta ed ultima ma almeno ipotesilogiche e comprovate nei dati.

In quanto ai tempi di svolgimento dell’architettura nuragica, ne I nuraghiLilliu propone lo schema cronologico elaborato sui dati emersi a Barumini. Laciviltà nuragica viene suddivisa in tre fasi distinte: nuragico arcaico (1500-1000a.C.); apogeico (1000-500 a.C.); della decadenza (500-238 a.C.).

Lo stato attuale degli studi sembra suggerire un rialzo della fase iniziale – fi-ne del Bronzo Antico per i protonuraghi e Bronzo Medio iniziale per i nuraghia tholos – mentre è ormai opinione condivisa da molti che intorno al XI-X se-colo a.C. tali edifici – così come le tombe di giganti – non venissero più co-struiti:71 pertanto, alla fine del II millennio l’esperienza nuragica può considerar-si conclusa, anche se l’onda lunga della «bella età dei nuraghi» rimarrà ancoraviva ed operante nei primi secoli dell’età del Ferro fino alla conquista cartagine-se, alla fine del VI sec. a.C.

Questa nuova cronologia comporta quindi una minore durata della civiltànuragica e soprattutto assolve Fenici, Cartaginesi e Romani dalla colpa di esserestati la causa primaria – per invasione e conquista – della sua fine. Il mondo nu-ragico sembra invece esaurire la propria forza propulsiva senza apparenti traumiderivati dall’esterno, ma forse a causa delle profonde trasformazioni socio-eco-nomiche che negli stessi tempi investono il bacino del Mediterraneo, a frontedelle quali la società nuragica viene colta impreparata ed incapace di rinnovarsi.

Il nuraghe sopravvive miniaturizzato in modellini di bronzo, pietra ed argil-la – sia in forme semplici sia in forme complesse – che come betili o ex votovengono deposti all’interno di edifici a carattere civile (le capanne delle riunio-ni) o di culto, a ricordo, forse, di un passato ormai entrato nel mito.

curiosaggine del pubblico privo di discernimento. Di questi gruppuscoli ne contiamo più d’unoin Sardegna, malamente indottrinati, i cui componenti si radunano in congressi e scrivono in rivi-ste esibendo idee cervellotiche, quali, ad esempio, quella sul nuraghe Santu Antine di Torralba …Ebbene, questi sciagurati archeoastronomi ne hanno fatto un osservatorio astronomico» (G. Lilliu,“Il mondo dei megaliti”, in AA.VV., Archeoastronomia, credenze e religioni nel mondo antico. Attidel Convegno Internazionale (14-15 maggio 1997), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1998,pp. 251-252).

71. G. Lilliu, “La civiltà preistorica e nuragica in Sardegna” cit., p. 249; A. Moravetti, “La preisto-ria: dal Paleolitico all’età nuragica”, in AA.VV., Storia della Sardegna, I, Bari, Editore Laterza,2002, p. 31; V. Santoni, “Introduzione”, in Splendidissima civitas Neapolitanorum, a cura di R.Zucca, Roma, Carocci, 2005, p. 12.Decisamente contrario alla definizione del termine post-nuragico utilizzato per indicare il periododel I Ferro isolano, P. Bernardini: “Cartagine e la Sardegna: dalla conquista all’integrazione (540-238 a.C.)”, in Rivista di Studi Fenici, XXXI, 2, 2003; “Presentazione”, in E. Alba, La donna nura-gica, Roma, Carocci, 2005, p. 6.

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Affiora anche ne I nuraghi – e sarà uno dei motivi ricorrenti nel pensiero poli-tico di Lilliu – il convincimento di una diversità etnica, etica e culturale dei Sardi,maturatasi nell’età dei nuraghi e giunta fino a noi grazie alla «resistenza» dei suoivalori contro ogni forma di colonizzazione: «Il nuraghe (e la sua civiltà) fu il frut-to di una società di pastori e guerrieri e trovò nel dinamismo, nelle competizionicontinue, negli appetiti territoriali e, in genere, nello spirito bellicoso delle comu-nità pastorali il fondamento della sua origine, il senso della sua struttura e la spin-ta e l’alimento incessante al suo sviluppo che durò per molti secoli. Fu questo unvalore attivo e vitale della nostra primitiva storia non documentale e da questamatrice antica ha tratto forma, più o meno confusa ma sempre viva, il “ribelli-smo” sardo, quella qualità etica cioè, caratteristica di società pastorale, storica-mente positiva, che oggi ha sfociato a modi ordinati di autonomismo dove risie-dono le premesse spirituali e culturali della rinascita isolana».72

Questo volume, se da una parte risente di oltre quarant’anni di ricerche chehanno in qualche modo rinnovato e modificato quanto si credeva su taluni aspet-ti dell’età nuragica (la cronologia, il significato della sua fine, una più sfumata in-terpretazione della funzione dei nuraghi, l’adozione di sofisticati modelli dianalisi territoriale, una maggiore conoscenza della struttura-nuraghe ora fonda-ta su un considerevole numero di costruzioni, la ricerca dell’unità di misuranelle costruzioni nuragiche, etc.), esso rimane tuttavia ancora vitale come lezio-ne di analisi del dato archeologico, come esempio di lettura di un monumentoe come base tipologica dell’architettura nuragica. Ma soprattutto rimane ancorainalterato nel suo valore documentario, perché «di là della parte opinabile del li-bro (tale è o potrebbe essere il testo introduttivo), vi è nel libro stesso un’altraparte, che è pure la più estesa: ossia quella del Catalogo dei monumenti, la qua-le rappresenta l’effettivo contributo di dati concreti. Le 107 schede descrittivedei nuraghi … costituiscono la realtà obbiettiva e visiva di questo lavoro, quelche oggi si usa dire, in linguaggio antiretorico, la “verità”».73

Un pensiero corre anche a quei giovani laureati che allora – come oggi –trovavano difficoltà ad inserirsi nel campo della ricerca archeologica. Si ramma-ricava, lo studioso, che «tali fresche e promettenti energie si siano perdute, qua-si per intero, per la disciplina che le lusingò per un momento, deviate dalle ne-cessità della vita materiale in una società che non risponde ancora, come sideve, ai richiami della cultura e della scienza, contraddittoria quale essa è e alie-nata da pressioni apparentemente più importanti e più urgenti».74

In chiusura del volume – come già nella premessa e come sempre avvienenegli scritti di Lilliu – emerge il «militante della cultura», l’intellettuale che nella

72. Cfr. qui p. 54.

73. Cfr. qui p. 54.

74. Cfr. qui p. 56.

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Prefazione

di questi “moderni” sacerdoti del mondo nuragico viene in mente – in realtàbisognerebbe averne consapevolezza! – che per determinare la funzione di unastruttura antica occorre valutare anche il contesto culturale di riferimento e chesolo esaminando – unitamente – materiali e costruzione, in armonia stratigrafi-ca, è possibile proporre non dico la verità assoluta ed ultima ma almeno ipotesilogiche e comprovate nei dati.

In quanto ai tempi di svolgimento dell’architettura nuragica, ne I nuraghiLilliu propone lo schema cronologico elaborato sui dati emersi a Barumini. Laciviltà nuragica viene suddivisa in tre fasi distinte: nuragico arcaico (1500-1000a.C.); apogeico (1000-500 a.C.); della decadenza (500-238 a.C.).

Lo stato attuale degli studi sembra suggerire un rialzo della fase iniziale – fi-ne del Bronzo Antico per i protonuraghi e Bronzo Medio iniziale per i nuraghia tholos – mentre è ormai opinione condivisa da molti che intorno al XI-X se-colo a.C. tali edifici – così come le tombe di giganti – non venissero più co-struiti:71 pertanto, alla fine del II millennio l’esperienza nuragica può considerar-si conclusa, anche se l’onda lunga della «bella età dei nuraghi» rimarrà ancoraviva ed operante nei primi secoli dell’età del Ferro fino alla conquista cartagine-se, alla fine del VI sec. a.C.

Questa nuova cronologia comporta quindi una minore durata della civiltànuragica e soprattutto assolve Fenici, Cartaginesi e Romani dalla colpa di esserestati la causa primaria – per invasione e conquista – della sua fine. Il mondo nu-ragico sembra invece esaurire la propria forza propulsiva senza apparenti traumiderivati dall’esterno, ma forse a causa delle profonde trasformazioni socio-eco-nomiche che negli stessi tempi investono il bacino del Mediterraneo, a frontedelle quali la società nuragica viene colta impreparata ed incapace di rinnovarsi.

Il nuraghe sopravvive miniaturizzato in modellini di bronzo, pietra ed argil-la – sia in forme semplici sia in forme complesse – che come betili o ex votovengono deposti all’interno di edifici a carattere civile (le capanne delle riunio-ni) o di culto, a ricordo, forse, di un passato ormai entrato nel mito.

curiosaggine del pubblico privo di discernimento. Di questi gruppuscoli ne contiamo più d’unoin Sardegna, malamente indottrinati, i cui componenti si radunano in congressi e scrivono in rivi-ste esibendo idee cervellotiche, quali, ad esempio, quella sul nuraghe Santu Antine di Torralba …Ebbene, questi sciagurati archeoastronomi ne hanno fatto un osservatorio astronomico» (G. Lilliu,“Il mondo dei megaliti”, in AA.VV., Archeoastronomia, credenze e religioni nel mondo antico. Attidel Convegno Internazionale (14-15 maggio 1997), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1998,pp. 251-252).

71. G. Lilliu, “La civiltà preistorica e nuragica in Sardegna” cit., p. 249; A. Moravetti, “La preisto-ria: dal Paleolitico all’età nuragica”, in AA.VV., Storia della Sardegna, I, Bari, Editore Laterza,2002, p. 31; V. Santoni, “Introduzione”, in Splendidissima civitas Neapolitanorum, a cura di R.Zucca, Roma, Carocci, 2005, p. 12.Decisamente contrario alla definizione del termine post-nuragico utilizzato per indicare il periododel I Ferro isolano, P. Bernardini: “Cartagine e la Sardegna: dalla conquista all’integrazione (540-238 a.C.)”, in Rivista di Studi Fenici, XXXI, 2, 2003; “Presentazione”, in E. Alba, La donna nura-gica, Roma, Carocci, 2005, p. 6.

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Page 24: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

lettura di quel lontano passato, glorioso e fervido, coglie un forte messaggio difuturo e di speranza per un’isola più libera, autonoma e nuovamente padronadel mare: «L’antica vena culturale, però, seguitò a correre per canali nascosti eancor oggi, di tanto in tanto, affiora, nei luoghi più remoti e negli strati conser-vativi e puri, come sottile sensazione di valori che non hanno perduto ogni effi-cacia storica e rappresentano, se saputi rivivere in nuove e impegnative esperien-ze, elementi di vita e di progresso civile».75

Gratitudine ed affetto all’insigne Maestro, ed un plauso all’Ilisso per la sensibi-lità culturale mostrata nel promuovere questa impegnativa ristampa e per i grandimeriti acquisiti in questi anni di elevata produzione editoriale.

Alberto Moravetti

75. Cfr. qui p. 96.

24

Nota biografica*

Giovanni Lilliu è nato a Barumini (Cagliari) il 13 marzo 1914 da Giuseppe eda Anastasia Frailis. Dopo le prime due classi elementari nel villaggio natale ha fre-quentato le tre restanti e i cinque anni del ginnasio nel Collegio Salesiano di Lanu-sei (Nuoro). Ha compiuto gli studi liceali a Frascati nel Collegio “Villa Sora”, sem-pre dei Salesiani. Si è iscritto poi nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Universitàdi Roma, frequentando il corso di Lettere Classiche e approfondendo gli studi ar-cheologici e paletnologici. Si è laureato il 9 luglio 1938 discutendo – col professorUgo Rellini – una tesi sulla religione primitiva in Sardegna. Nella stessa Facoltà hafrequentato per tre anni la Scuola di specializzazione in Archeologia, superandol’esame di diploma il 22 febbraio 1942 con una tesi sulle stele puniche di Sulcidiscussa col professor Giulio Quirino Giglioli. Sino al dicembre 1943 è stato assi-stente volontario alla cattedra di Paletnologia dell’Ateneo romano. Nel 1942 havinto una borsa di studio per frequentare un corso di perfezionamento in Preisto-ria e Paletnologia a Vienna, alla scuola del professor Oswald Menghin; borsa nongoduta a causa di una malattia. Rientrato in Sardegna, dal 1 febbraio 1943 è chia-mato ad insegnare Paletnologia, in qualità di professore incaricato, presso la Facol-tà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari, con l’obbligo dell’insegnamentodella Geografia. Dal 1 novembre 1943 al 31 ottobre 1947 ha insegnato Archeolo-gia e dal 1 novembre 1950 al 31 ottobre 1951 Storia delle Religioni. Dal 1944 al1955 Lilliu è stato Funzionario della Soprintendenza alle Antichità della Sardegna,prima come ispettore e poi come direttore. A cominciare dal 1939 ha effettuatonumerose ricerche e scavi in Sardegna e nelle Baleari (Artà, Maiorca). Dopo alcunirilievi preliminari (1940-49), la campagna di scavi più famosa, compiuta neglianni 1951-56, riguarda il complesso nuragico Su Nuraxi di Barumini (Cagliari).Il rilievo della scoperta permise a Lilliu di acquisire un’indubbia autorevolezzascientifica a livello internazionale. Risalgono a questo periodo alcune fondamentalimonografie sulla preistoria, quali, ad esempio, I nuraghi. Torri preistoriche di Sarde-gna (1962), l’ampia opera di sintesi La civiltà dei Sardi dal Neolitico all’età dei nu-raghi (1963), ristampata, ampliata e rimaneggiata nel 1967 e nel 1988, che restauna delle opere più importanti della storiografia sarda del Novecento e Sculturedella Sardegna nuragica (1966).

Il nuovo incarico (dal 1 dicembre 1954) di Antichità Sarde gli consentì di vin-cere la cattedra presso la Facoltà di Lettere cagliaritana, che ricoprì prima come

* La nota biografica, curata da A. Mattone, è tratta dal volume di G. Lilliu, La costante resistenzia-le sarda, Nuoro, Ilisso, 2002.

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lettura di quel lontano passato, glorioso e fervido, coglie un forte messaggio difuturo e di speranza per un’isola più libera, autonoma e nuovamente padronadel mare: «L’antica vena culturale, però, seguitò a correre per canali nascosti eancor oggi, di tanto in tanto, affiora, nei luoghi più remoti e negli strati conser-vativi e puri, come sottile sensazione di valori che non hanno perduto ogni effi-cacia storica e rappresentano, se saputi rivivere in nuove e impegnative esperien-ze, elementi di vita e di progresso civile».75

Gratitudine ed affetto all’insigne Maestro, ed un plauso all’Ilisso per la sensibi-lità culturale mostrata nel promuovere questa impegnativa ristampa e per i grandimeriti acquisiti in questi anni di elevata produzione editoriale.

Alberto Moravetti

75. Cfr. qui p. 96.

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Nota biografica*

Giovanni Lilliu è nato a Barumini (Cagliari) il 13 marzo 1914 da Giuseppe eda Anastasia Frailis. Dopo le prime due classi elementari nel villaggio natale ha fre-quentato le tre restanti e i cinque anni del ginnasio nel Collegio Salesiano di Lanu-sei (Nuoro). Ha compiuto gli studi liceali a Frascati nel Collegio “Villa Sora”, sem-pre dei Salesiani. Si è iscritto poi nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Universitàdi Roma, frequentando il corso di Lettere Classiche e approfondendo gli studi ar-cheologici e paletnologici. Si è laureato il 9 luglio 1938 discutendo – col professorUgo Rellini – una tesi sulla religione primitiva in Sardegna. Nella stessa Facoltà hafrequentato per tre anni la Scuola di specializzazione in Archeologia, superandol’esame di diploma il 22 febbraio 1942 con una tesi sulle stele puniche di Sulcidiscussa col professor Giulio Quirino Giglioli. Sino al dicembre 1943 è stato assi-stente volontario alla cattedra di Paletnologia dell’Ateneo romano. Nel 1942 havinto una borsa di studio per frequentare un corso di perfezionamento in Preisto-ria e Paletnologia a Vienna, alla scuola del professor Oswald Menghin; borsa nongoduta a causa di una malattia. Rientrato in Sardegna, dal 1 febbraio 1943 è chia-mato ad insegnare Paletnologia, in qualità di professore incaricato, presso la Facol-tà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari, con l’obbligo dell’insegnamentodella Geografia. Dal 1 novembre 1943 al 31 ottobre 1947 ha insegnato Archeolo-gia e dal 1 novembre 1950 al 31 ottobre 1951 Storia delle Religioni. Dal 1944 al1955 Lilliu è stato Funzionario della Soprintendenza alle Antichità della Sardegna,prima come ispettore e poi come direttore. A cominciare dal 1939 ha effettuatonumerose ricerche e scavi in Sardegna e nelle Baleari (Artà, Maiorca). Dopo alcunirilievi preliminari (1940-49), la campagna di scavi più famosa, compiuta neglianni 1951-56, riguarda il complesso nuragico Su Nuraxi di Barumini (Cagliari).Il rilievo della scoperta permise a Lilliu di acquisire un’indubbia autorevolezzascientifica a livello internazionale. Risalgono a questo periodo alcune fondamentalimonografie sulla preistoria, quali, ad esempio, I nuraghi. Torri preistoriche di Sarde-gna (1962), l’ampia opera di sintesi La civiltà dei Sardi dal Neolitico all’età dei nu-raghi (1963), ristampata, ampliata e rimaneggiata nel 1967 e nel 1988, che restauna delle opere più importanti della storiografia sarda del Novecento e Sculturedella Sardegna nuragica (1966).

Il nuovo incarico (dal 1 dicembre 1954) di Antichità Sarde gli consentì di vin-cere la cattedra presso la Facoltà di Lettere cagliaritana, che ricoprì prima come

* La nota biografica, curata da A. Mattone, è tratta dal volume di G. Lilliu, La costante resistenzia-le sarda, Nuoro, Ilisso, 2002.

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1990 – il riconoscimento più prestigioso – socio nazionale dell’Accademia deiLincei di Roma. Dal 1989 è professore emerito della Facoltà di Lettere e Filo-sofia di Cagliari. Dal 1966 commendatore al merito della Repubblica Italiana,ha ottenuto il 2 giugno 1967 il diploma di prima classe di benemerito della scuo-la, della cultura e dell’arte.

Dal 1994 Lilliu è decisamente schierato su posizioni progressiste e di cen-tro-sinistra ed è impegnato, come presidente onorario della Fondazione Sardi-nia, nelle attività tese alla valorizzazione della cultura e della identità autonomi-stica dei Sardi. Vive e lavora a Cagliari, continua a coltivare gli studi storici earcheologici, e interviene regolarmente sul quotidiano La Nuova Sardegna suitemi di attualità politica, civile e culturale.

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Nota biografica

professore straordinario, dal 15 dicembre 1955 al 14 dicembre 1958, e poi comeprofessore ordinario dal 15 dicembre 1958 alla sua andata fuori ruolo il 1 novem-bre 1984. Lilliu ha ricoperto numerose cariche accademiche: preside della Facoltàdi Lettere per ben diciannove anni (dal 1959 al 1967, dal 1969 al 1978); direttoredell’Istituto di Antichità, Archeologia e Arte e del Corso di perfezionamento inArcheologia e Storia dell’Arte dal 1969 al 1983; membro del Consiglio d’ammini-strazione e dal 1979 al 1989 presidente della Commissione d’Ateneo. Dal 1970 al1989 ha insegnato nella Scuola di specializzazione in Studi Sardi, di cui è statoanimatore e direttore per diversi anni (nel 1979-82, nel 1984-87, nel 1988-89).Dal 1955 ha diretto la rivista, dell’Istituto e poi della Scuola, Studi Sardi. Dal1983 dirige il Nuovo Bullettino Archeologico Sardo.

Accanto all’attività scientifico-accademica, Lilliu ha svolto un’intensa mili-tanza politica, sin dagli anni universitari romani, nelle fila dell’Azione Cattolicae della FUCI e poi, dopo il rientro cagliaritano del 1943, della Democrazia Cri-stiana, di cui è stato consigliere e assessore nell’Amministrazione Provinciale diCagliari. Cattolico democratico e antifascista, schierato con la sinistra democri-stiana, Lilliu è stato consigliere regionale dal 1969 al 1974, consigliere comunaledi Cagliari dal 1975 al 1980. Ha svolto anche un’intensa attività pubblicistica sutemi politici, sociali e culturali, collaborando sia alle riviste e ai giornali del do-poguerra, da Riscossa a Il Corriere dell’Isola, Il Corriere di Sardegna, Il Convegno,sia a quelli degli anni della “Rinascita”, come Autonomia Cronache e RinascitaSarda, sia ai periodici più impegnati sui temi dell’“identità”, come Il popolo sar-do. Collaboratore de L’Unione Sarda a cominciare dal 1947, dal 1994 Lilliu ècollaboratore stabile de La Nuova Sardegna. Diversi suoi articoli sono stati pub-blicati da quotidiani nazionali e stranieri, come Il Giornale d’Italia, Il Corrieredella Sera, il francese Le Monde.

Lilliu è stato sempre impegnato nella difesa dei beni culturali e ambientali del-la Sardegna dalla speculazione e dal degrado, sostenendo la necessità di un passag-gio di competenze in questo settore dallo Stato alla Regione Autonoma: dal 1975al 1980 è stato componente del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali e Ambien-tali e membro del Comitato di settore archeologico presso il Ministero per i BeniCulturali e Ambientali. Dal 1976 al 1986 è stato presidente del Comitato Stato-Regione per i Beni Culturali e Ambientali. Il 1 aprile 1985 è stato nominato presi-dente dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico con sede a Nuoro.

Negli ultimi decenni, Lilliu ha continuato ad occuparsi della preistoria sarda– l’ultima sua corposa monografia, Arte e religione della Sardegna prenuragica, èstata pubblicata nel 1999 –, delle antichità puniche e romane e dell’archeologiaaltomedioevale, ma affrontando spesso anche tematiche di antropologia cultu-rale, di sociologia e di lingua sarda. Dal 1975 al 1985 ha ripreso inoltre l’attivi-tà di scavo archeologico (Fonni: località Madau, Bidistili, Logomake ecc.). Dal1953 è socio corrispondente dell’Istituto Archeologico Germanico in Roma,dal 1956 socio dell’Istituto di Studi Etruschi di Firenze, dal 1964 socio onora-rio della Sociedad Arqueológica Lulliana di Palma di Maiorca e, infine, dal

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1990 – il riconoscimento più prestigioso – socio nazionale dell’Accademia deiLincei di Roma. Dal 1989 è professore emerito della Facoltà di Lettere e Filo-sofia di Cagliari. Dal 1966 commendatore al merito della Repubblica Italiana,ha ottenuto il 2 giugno 1967 il diploma di prima classe di benemerito della scuo-la, della cultura e dell’arte.

Dal 1994 Lilliu è decisamente schierato su posizioni progressiste e di cen-tro-sinistra ed è impegnato, come presidente onorario della Fondazione Sardi-nia, nelle attività tese alla valorizzazione della cultura e della identità autonomi-stica dei Sardi. Vive e lavora a Cagliari, continua a coltivare gli studi storici earcheologici, e interviene regolarmente sul quotidiano La Nuova Sardegna suitemi di attualità politica, civile e culturale.

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Nota biografica

professore straordinario, dal 15 dicembre 1955 al 14 dicembre 1958, e poi comeprofessore ordinario dal 15 dicembre 1958 alla sua andata fuori ruolo il 1 novem-bre 1984. Lilliu ha ricoperto numerose cariche accademiche: preside della Facoltàdi Lettere per ben diciannove anni (dal 1959 al 1967, dal 1969 al 1978); direttoredell’Istituto di Antichità, Archeologia e Arte e del Corso di perfezionamento inArcheologia e Storia dell’Arte dal 1969 al 1983; membro del Consiglio d’ammini-strazione e dal 1979 al 1989 presidente della Commissione d’Ateneo. Dal 1970 al1989 ha insegnato nella Scuola di specializzazione in Studi Sardi, di cui è statoanimatore e direttore per diversi anni (nel 1979-82, nel 1984-87, nel 1988-89).Dal 1955 ha diretto la rivista, dell’Istituto e poi della Scuola, Studi Sardi. Dal1983 dirige il Nuovo Bullettino Archeologico Sardo.

Accanto all’attività scientifico-accademica, Lilliu ha svolto un’intensa mili-tanza politica, sin dagli anni universitari romani, nelle fila dell’Azione Cattolicae della FUCI e poi, dopo il rientro cagliaritano del 1943, della Democrazia Cri-stiana, di cui è stato consigliere e assessore nell’Amministrazione Provinciale diCagliari. Cattolico democratico e antifascista, schierato con la sinistra democri-stiana, Lilliu è stato consigliere regionale dal 1969 al 1974, consigliere comunaledi Cagliari dal 1975 al 1980. Ha svolto anche un’intensa attività pubblicistica sutemi politici, sociali e culturali, collaborando sia alle riviste e ai giornali del do-poguerra, da Riscossa a Il Corriere dell’Isola, Il Corriere di Sardegna, Il Convegno,sia a quelli degli anni della “Rinascita”, come Autonomia Cronache e RinascitaSarda, sia ai periodici più impegnati sui temi dell’“identità”, come Il popolo sar-do. Collaboratore de L’Unione Sarda a cominciare dal 1947, dal 1994 Lilliu ècollaboratore stabile de La Nuova Sardegna. Diversi suoi articoli sono stati pub-blicati da quotidiani nazionali e stranieri, come Il Giornale d’Italia, Il Corrieredella Sera, il francese Le Monde.

Lilliu è stato sempre impegnato nella difesa dei beni culturali e ambientali del-la Sardegna dalla speculazione e dal degrado, sostenendo la necessità di un passag-gio di competenze in questo settore dallo Stato alla Regione Autonoma: dal 1975al 1980 è stato componente del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali e Ambien-tali e membro del Comitato di settore archeologico presso il Ministero per i BeniCulturali e Ambientali. Dal 1976 al 1986 è stato presidente del Comitato Stato-Regione per i Beni Culturali e Ambientali. Il 1 aprile 1985 è stato nominato presi-dente dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico con sede a Nuoro.

Negli ultimi decenni, Lilliu ha continuato ad occuparsi della preistoria sarda– l’ultima sua corposa monografia, Arte e religione della Sardegna prenuragica, èstata pubblicata nel 1999 –, delle antichità puniche e romane e dell’archeologiaaltomedioevale, ma affrontando spesso anche tematiche di antropologia cultu-rale, di sociologia e di lingua sarda. Dal 1975 al 1985 ha ripreso inoltre l’attivi-tà di scavo archeologico (Fonni: località Madau, Bidistili, Logomake ecc.). Dal1953 è socio corrispondente dell’Istituto Archeologico Germanico in Roma,dal 1956 socio dell’Istituto di Studi Etruschi di Firenze, dal 1964 socio onora-rio della Sociedad Arqueológica Lulliana di Palma di Maiorca e, infine, dal

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Nota bibliografica

1937“Scoperta di una tomba in località Bau Marcusa ed altre tracce archeologiche inBarumini (Cagliari)”, in Studi Sardi, III (1936), 1937, pp. 147-155.

1939“Barumini. Necropoli, pagi, ville rustiche romane”, in Notizie degli Scavi, XV, serieVI, 1939, pp. 370-380.

1940“Alcuni monumenti preistorici di Siniscola (Nuoro)”, in Studi Sardi, IV, 1940,pp. 14-24.

“Gesturi. Tombe di giganti in regione Ollastedu e Scusorgiu e sepolture dell’età delferro in contrada Nerbonis”, in Notizie degli Scavi, I, serie VII, 1940, pp. 234-238.

“Il villaggio punico-romano e la chiesa di S. Pantaleo di Bangius (Barumini)”, inStudi Sardi, IV, 1940, pp. 25-30.

“Setzu. Domus de janas di Domu s’Orku e nuraghi alle falde della Giara”, in No-tizie degli Scavi, I, serie VII, 1940, pp. 239-247.

“Siddi. Tomba romana imperiale in contrada Is Arroccas di Codinas”, in Notiziedegli Scavi, XV, serie VI, 1940, pp. 251-254.

“Tharros. Ceramiche puniche di varia epoca”, in Notizie degli Scavi, XV, serie VI,1940, pp. 247-251.

“Un monumento del primo ’600: il palazzo Çapata di Barumini”, in Studi Sardi,IV, 1940, pp. 149-152.

1941“Architettura civile sei-settecentesca in Marmilla”, in Studi Sardi, V, 1941, pp.165-187.

“Siddi. «Su Pranu» di Siddi e i suoi monumenti preistorici”, in Notizie degli Scavi,II, serie VII, 1941, pp. 130-163.

“Siniscola (Nuoro). Ricerca e scavi”, in Notizie degli Scavi, XVI, serie VI, 1941,pp. 164-171.

1942“Appunti sulla cronologia nuragica”, in Bollettino di Paletnologia Italiana, V-VI,1941-42, pp. 143-177.

“Bronzi preromani in Sardegna”, in Bollettino di Paletnologia Italiana, V-VI, 1941-42, pp. 179-196.

1943“Recensione di A. Taramelli, Nuraghe Santu Antine in territorio di Torralba-Sassari,Monumenti Antichi dei Lincei, XXXVIII, 1939”, in Bollettino di Paletnologia Ita-liana, V-VI, 1943, pp. 141-144.

“Vestigia preistoriche in territorio di Siniscola (Nuoro)”, in Bollettino di Paletnolo-gia Italiana, VII, 1943, pp. 97-102.

1944“Barumini. Nuovi Scavi nella necropoli romana di Siali di Sotto; tombe romanein località Molinu”, in Notizie degli Scavi, IV, serie VII, 1944, pp. 182-187.

“Gergei (Sardegna). Villaggio nuragico di Su Iriu”, in Notizie degli Scavi, IV, serieVII, 1944, pp. 166-170.

“Las Plassas (Cagliari). Villaggio preistorico di Su Pranu, il gruppo preistorico diSimaxi e nuraghi e tombe megalitiche del falsopiano di Pauli”, in Notizie degli Sca-vi, IV, serie VII, 1944, pp. 170-182.

“Le stele puniche di Sulcis (Cagliari)”, in Monumenti Antichi dei Lincei, XL, 1944,coll. 293-418.

“Setzu. Tomba romana in località Bingia Molinu”, in Notizie degli Scavi, IV, serieVII, 1944, p. 188.

1945“Alla Consulta un archeologo”, in Corriere di Sardegna, 26 settembre 1945.

“Bronzi figurati paleosardi esistenti nelle collezioni pubbliche e private non insula-ri”, in Studi Sardi, VI (1944), 1945, pp. 23-41.

“Orzo carbonizzato di duemila anni fa”, in L’Agricoltura Sarda, XXII, n. 4, dicem-bre 1945, pp. 81-82.

“Rapporti fra la civiltà nuragica e la civiltà fenicio-punica in Sardegna”, in StudiEtruschi, XVIII (1944), 1945, pp. 323-370.

1946“Barumini (Cagliari). Saggi stratigrafici presso i nuraghi di Su Nuraxi e Marfudi;«vicus» di S. Lussoriu e necropoli romana di Su Luargi”, in Notizie degli Scavi, VII,serie VII, 1946, pp. 175-207.

“Le scoperte e gli scavi paletnologici in Italia durante la guerra (Sardegna)”, in Ri-vista di Scienze Preistoriche, I, 1946, pp. 104-107.

“Necrologi (Ugo Rellini)”, in Rivista di Scienze Preistoriche, I, 1946, pp. 131-133.

“Sardegna: isola anticlassica”, in Il Convegno, n. 10, ottobre 1946, pp. 9-11.

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Page 29: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

Nota bibliografica

1937“Scoperta di una tomba in località Bau Marcusa ed altre tracce archeologiche inBarumini (Cagliari)”, in Studi Sardi, III (1936), 1937, pp. 147-155.

1939“Barumini. Necropoli, pagi, ville rustiche romane”, in Notizie degli Scavi, XV, serieVI, 1939, pp. 370-380.

1940“Alcuni monumenti preistorici di Siniscola (Nuoro)”, in Studi Sardi, IV, 1940,pp. 14-24.

“Gesturi. Tombe di giganti in regione Ollastedu e Scusorgiu e sepolture dell’età delferro in contrada Nerbonis”, in Notizie degli Scavi, I, serie VII, 1940, pp. 234-238.

“Il villaggio punico-romano e la chiesa di S. Pantaleo di Bangius (Barumini)”, inStudi Sardi, IV, 1940, pp. 25-30.

“Setzu. Domus de janas di Domu s’Orku e nuraghi alle falde della Giara”, in No-tizie degli Scavi, I, serie VII, 1940, pp. 239-247.

“Siddi. Tomba romana imperiale in contrada Is Arroccas di Codinas”, in Notiziedegli Scavi, XV, serie VI, 1940, pp. 251-254.

“Tharros. Ceramiche puniche di varia epoca”, in Notizie degli Scavi, XV, serie VI,1940, pp. 247-251.

“Un monumento del primo ’600: il palazzo Çapata di Barumini”, in Studi Sardi,IV, 1940, pp. 149-152.

1941“Architettura civile sei-settecentesca in Marmilla”, in Studi Sardi, V, 1941, pp.165-187.

“Siddi. «Su Pranu» di Siddi e i suoi monumenti preistorici”, in Notizie degli Scavi,II, serie VII, 1941, pp. 130-163.

“Siniscola (Nuoro). Ricerca e scavi”, in Notizie degli Scavi, XVI, serie VI, 1941,pp. 164-171.

1942“Appunti sulla cronologia nuragica”, in Bollettino di Paletnologia Italiana, V-VI,1941-42, pp. 143-177.

“Bronzi preromani in Sardegna”, in Bollettino di Paletnologia Italiana, V-VI, 1941-42, pp. 179-196.

1943“Recensione di A. Taramelli, Nuraghe Santu Antine in territorio di Torralba-Sassari,Monumenti Antichi dei Lincei, XXXVIII, 1939”, in Bollettino di Paletnologia Ita-liana, V-VI, 1943, pp. 141-144.

“Vestigia preistoriche in territorio di Siniscola (Nuoro)”, in Bollettino di Paletnolo-gia Italiana, VII, 1943, pp. 97-102.

1944“Barumini. Nuovi Scavi nella necropoli romana di Siali di Sotto; tombe romanein località Molinu”, in Notizie degli Scavi, IV, serie VII, 1944, pp. 182-187.

“Gergei (Sardegna). Villaggio nuragico di Su Iriu”, in Notizie degli Scavi, IV, serieVII, 1944, pp. 166-170.

“Las Plassas (Cagliari). Villaggio preistorico di Su Pranu, il gruppo preistorico diSimaxi e nuraghi e tombe megalitiche del falsopiano di Pauli”, in Notizie degli Sca-vi, IV, serie VII, 1944, pp. 170-182.

“Le stele puniche di Sulcis (Cagliari)”, in Monumenti Antichi dei Lincei, XL, 1944,coll. 293-418.

“Setzu. Tomba romana in località Bingia Molinu”, in Notizie degli Scavi, IV, serieVII, 1944, p. 188.

1945“Alla Consulta un archeologo”, in Corriere di Sardegna, 26 settembre 1945.

“Bronzi figurati paleosardi esistenti nelle collezioni pubbliche e private non insula-ri”, in Studi Sardi, VI (1944), 1945, pp. 23-41.

“Orzo carbonizzato di duemila anni fa”, in L’Agricoltura Sarda, XXII, n. 4, dicem-bre 1945, pp. 81-82.

“Rapporti fra la civiltà nuragica e la civiltà fenicio-punica in Sardegna”, in StudiEtruschi, XVIII (1944), 1945, pp. 323-370.

1946“Barumini (Cagliari). Saggi stratigrafici presso i nuraghi di Su Nuraxi e Marfudi;«vicus» di S. Lussoriu e necropoli romana di Su Luargi”, in Notizie degli Scavi, VII,serie VII, 1946, pp. 175-207.

“Le scoperte e gli scavi paletnologici in Italia durante la guerra (Sardegna)”, in Ri-vista di Scienze Preistoriche, I, 1946, pp. 104-107.

“Necrologi (Ugo Rellini)”, in Rivista di Scienze Preistoriche, I, 1946, pp. 131-133.

“Sardegna: isola anticlassica”, in Il Convegno, n. 10, ottobre 1946, pp. 9-11.

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Page 30: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

“Las Plassas (Cagliari). Ritrovamento di tombe di epoca romana, in località Su Ac-cu ’e s’Ena”, in Notizie degli Scavi, XXVII, 1949, pp. 284-286.

“Necrologio (Salvatore Pittalis)”, in Studi Sardi, IX, 1949, pp. 597-598.

“Nurallao (Nuoro). Ripostiglio di monete imperiali romane, rinvenuto in contra-da imprecisata del territorio”, in Notizie degli Scavi, XXVII, 1949, pp. 301-308.

“San Gavino Monreale (Cagliari). Scoperta di tombe romane in località GibaOnida”, in Notizie degli Scavi, XXVII, 1949, pp. 275-284.

Sculture della Sardegna nuragica, Venezia, Alfieri, 1949, pp. 42, tavv. LXVIII (incollab. con G. Pesce).

1950“Scoperte e scavi di antichità fattisi in Sardegna durante gli anni 1948 e 1949”, inStudi Sardi, VIII-IX (1948-49), 1950, pp. 392-559.

1951“Preistoria sarda e civiltà nuragica”, in Il Ponte, settembre-ottobre 1951, pp.983-988.

1952“Modellini bronzei di Ittireddu e Olmedo (nuraghi o altiforni?)”, in Studi Sardi,X-XI (1950-51), 1952, pp. 67-120.

“Necrologi (C. Albizzati, G. Patroni, M. Varsi)”, in Studi Sardi, X-XI (1950-1951), 1952, pp. 602-609.

“Recensione di G. Serra, Scritti vari di glottologia sarda”, in Studi Sardi, X-XI(1950-51), 1952, pp. 579-594.

“Sardisch-nuragische Bronzestatuetten”, in Du, Zürich, 7 luglio 1952.

1953“Bronzetti nuragici da Terralba (Cagliari)”, in Annali delle Facoltà di Lettere, Filoso-fia e Magistero dell’Università di Cagliari, XXI, 1953, pp. 3-94.

“I nuraghi della Sardegna”, in Le vie d’Italia, LIX, n. 10, ottobre 1953, pp. 1289-1297.

1955“I nuraghi della Sardegna”, in Nuovo Bollettino Bibliografico Sardo, I, n. 4, 1955,pp. 4-6.

“Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica”, in Studi Sardi, XII-XIII (1952-54), 1955, pp. 90-469.

“Nuraghi e Bronzetti”, in L’illustrazione italiana, fasc. speciale (Sardegna), Natale1955, p. 31.

“Pensieri sulla Sardegna”, in Studi Sardi, XII-XIII (1952-54), 1955, pp. 7-20.

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Nota bibliografica

“Siddi (Cagliari). Tesoretto monetale in regione Tradoriu”, in Notizie degli Scavi,XXV, serie VI, 1946, pp. 206-209.

1947“Attività dell’Istituto per gli Studi Sardi”, in Studi Sardi, VII, 1947, pp. 323-326.

“Barumini (Cagliari). Tomba di epoca romana in località ‘Sanzianu’”, in Notiziedegli Scavi, XXV, serie VI, 1947, pp. 325-327.

“Carbonia (Cagliari). Scoperta di tombe romane in località Campo Frassoi, Cabud’Acquas, Sa Cresiedda ed altre tracce archeologiche del Sulcis”, in Notizie degliScavi, XXV, serie VI, 1947, pp. 312-325.

“Dorgali (Nuoro). Villaggio nuragico di Serra Orrios. Impressioni ed osservazio-ni”, in Studi Sardi, VII, 1947, pp. 241-243.

“Gergei (Nuoro). Tomba di epoca romana in località ‘Prabazzedda’”, in Notizie de-gli Scavi, XXV, serie VI, 1947, pp. 327-330.

“Notiziario”, in Rivista di Scienze Preistoriche, II, 1947, pp. 335-336.

“Notiziario Archeologico (1940-1946)”, in Studi Sardi, VII, 1947, pp. 247-263.

“Notiziario Bibliografico Sardo (1940-1946)”, in Studi Sardi, VII, 1947, pp. 267-320.

“Per la topografia di Biora (Serri-Nuoro)”, in Studi Sardi, VII, 1947, pp. 27-104.

1948“Avvenimenti culturali”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 455-460.

“D’un candelabro paleosardo del Museo di Cagliari”, in Studi Sardi, VIII, 1948,pp. 5-42.

“Necrologi (G. Clemente, P.M. Cossu, A. Imerani)”, in Studi Sardi, VIII, 1948,pp. 461-465.

“Notiziario Archeologico (1947)”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 412-431.

“Notiziario Bibliografico Sardo 1947 (e Appendice 1940-1946)”, in Studi Sardi,VIII, 1948, pp. 359-411.

“Recensioni (W.F. Albright, V. Bertoldi, P. Cintas)”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp.438-454.

“Tracce puniche nella Nurra”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 318-327.

“Uno scavo ignorato dal Dott. Ferruccio Quintavalle nella tomba di giganti diGoronna a Paulilatino (Cagliari)”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 43-72.

1949“Galtellì (Nuoro). Ripostiglio di monete imperiali rinvenuto in località Sa Turrit-ta”, in Notizie degli Scavi, XXVII, 1949, pp. 286-301.

30

Page 31: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

“Las Plassas (Cagliari). Ritrovamento di tombe di epoca romana, in località Su Ac-cu ’e s’Ena”, in Notizie degli Scavi, XXVII, 1949, pp. 284-286.

“Necrologio (Salvatore Pittalis)”, in Studi Sardi, IX, 1949, pp. 597-598.

“Nurallao (Nuoro). Ripostiglio di monete imperiali romane, rinvenuto in contra-da imprecisata del territorio”, in Notizie degli Scavi, XXVII, 1949, pp. 301-308.

“San Gavino Monreale (Cagliari). Scoperta di tombe romane in località GibaOnida”, in Notizie degli Scavi, XXVII, 1949, pp. 275-284.

Sculture della Sardegna nuragica, Venezia, Alfieri, 1949, pp. 42, tavv. LXVIII (incollab. con G. Pesce).

1950“Scoperte e scavi di antichità fattisi in Sardegna durante gli anni 1948 e 1949”, inStudi Sardi, VIII-IX (1948-49), 1950, pp. 392-559.

1951“Preistoria sarda e civiltà nuragica”, in Il Ponte, settembre-ottobre 1951, pp.983-988.

1952“Modellini bronzei di Ittireddu e Olmedo (nuraghi o altiforni?)”, in Studi Sardi,X-XI (1950-51), 1952, pp. 67-120.

“Necrologi (C. Albizzati, G. Patroni, M. Varsi)”, in Studi Sardi, X-XI (1950-1951), 1952, pp. 602-609.

“Recensione di G. Serra, Scritti vari di glottologia sarda”, in Studi Sardi, X-XI(1950-51), 1952, pp. 579-594.

“Sardisch-nuragische Bronzestatuetten”, in Du, Zürich, 7 luglio 1952.

1953“Bronzetti nuragici da Terralba (Cagliari)”, in Annali delle Facoltà di Lettere, Filoso-fia e Magistero dell’Università di Cagliari, XXI, 1953, pp. 3-94.

“I nuraghi della Sardegna”, in Le vie d’Italia, LIX, n. 10, ottobre 1953, pp. 1289-1297.

1955“I nuraghi della Sardegna”, in Nuovo Bollettino Bibliografico Sardo, I, n. 4, 1955,pp. 4-6.

“Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica”, in Studi Sardi, XII-XIII (1952-54), 1955, pp. 90-469.

“Nuraghi e Bronzetti”, in L’illustrazione italiana, fasc. speciale (Sardegna), Natale1955, p. 31.

“Pensieri sulla Sardegna”, in Studi Sardi, XII-XIII (1952-54), 1955, pp. 7-20.

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Nota bibliografica

“Siddi (Cagliari). Tesoretto monetale in regione Tradoriu”, in Notizie degli Scavi,XXV, serie VI, 1946, pp. 206-209.

1947“Attività dell’Istituto per gli Studi Sardi”, in Studi Sardi, VII, 1947, pp. 323-326.

“Barumini (Cagliari). Tomba di epoca romana in località ‘Sanzianu’”, in Notiziedegli Scavi, XXV, serie VI, 1947, pp. 325-327.

“Carbonia (Cagliari). Scoperta di tombe romane in località Campo Frassoi, Cabud’Acquas, Sa Cresiedda ed altre tracce archeologiche del Sulcis”, in Notizie degliScavi, XXV, serie VI, 1947, pp. 312-325.

“Dorgali (Nuoro). Villaggio nuragico di Serra Orrios. Impressioni ed osservazio-ni”, in Studi Sardi, VII, 1947, pp. 241-243.

“Gergei (Nuoro). Tomba di epoca romana in località ‘Prabazzedda’”, in Notizie de-gli Scavi, XXV, serie VI, 1947, pp. 327-330.

“Notiziario”, in Rivista di Scienze Preistoriche, II, 1947, pp. 335-336.

“Notiziario Archeologico (1940-1946)”, in Studi Sardi, VII, 1947, pp. 247-263.

“Notiziario Bibliografico Sardo (1940-1946)”, in Studi Sardi, VII, 1947, pp. 267-320.

“Per la topografia di Biora (Serri-Nuoro)”, in Studi Sardi, VII, 1947, pp. 27-104.

1948“Avvenimenti culturali”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 455-460.

“D’un candelabro paleosardo del Museo di Cagliari”, in Studi Sardi, VIII, 1948,pp. 5-42.

“Necrologi (G. Clemente, P.M. Cossu, A. Imerani)”, in Studi Sardi, VIII, 1948,pp. 461-465.

“Notiziario Archeologico (1947)”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 412-431.

“Notiziario Bibliografico Sardo 1947 (e Appendice 1940-1946)”, in Studi Sardi,VIII, 1948, pp. 359-411.

“Recensioni (W.F. Albright, V. Bertoldi, P. Cintas)”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp.438-454.

“Tracce puniche nella Nurra”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 318-327.

“Uno scavo ignorato dal Dott. Ferruccio Quintavalle nella tomba di giganti diGoronna a Paulilatino (Cagliari)”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 43-72.

1949“Galtellì (Nuoro). Ripostiglio di monete imperiali rinvenuto in località Sa Turrit-ta”, in Notizie degli Scavi, XXVII, 1949, pp. 286-301.

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Page 32: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1960“I nuraghi”, in Il progresso della Sardegna, Cagliari, 1960.

“La «facies» nuragica di Monte Claro (sepolcri di Monte Claro e Sa Duchessa-Ca-gliari e villaggi di Enna Pruna e Su Guventu-Mogoro)”, in Studi Sardi, XVI,1960, pp. 3-266 (in collab. con M.L. Ferrarese Ceruti).

“Primi scavi del villaggio talaiotico di Ses Païsses (Artà-Maiorca)”, in Rivista dell’Isti-tuto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte, n.s., IX, 1960, pp. 5-73.

1962“Due navicelle di bronzo protosarde in collezioni private”, in Studi Sardi, XVII(1959-61), 1962, pp. 260-269.

I nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna, Cagliari, La Zattera, 1962.

“La missione archeologica italiana nelle Baleari”, in Archivio Storico Sardo, XXVIII,1962, pp. 300-302.

“Las nuragas”, in Ampurias, XXIV (1959), 1962, pp. 67-120.

“Mediterranei occidentali antichi centri”, in Enciclopedia Universale dell’Arte, vol.VIII, Roma, 1962, coll. 1013-1026.

“Storiografia nuragica dal XVI secolo al 1840”, in Archivio Storico Sardo, XXVIII,1962, pp. 255-276.

1963“Fonti artistiche dell’economia protosarda”, in Economia e storia, Milano, X, 1,gennaio-marzo 1963, pp. 153-156.

“Il nuraghe della Giara, la dimora borghese di un reuccio pastore”, in Sardegna og-gi, II, n. 19, 1-15 febbraio 1963, pp. 10-12.

La civiltà dei Sardi dal Neolitico all’età dei nuraghi, Torino, ERI, 1963.

“La triste penombra delle domus de janas”, in Tuttitalia (Sardegna), Firenze, San-soni, 1963, pp. 53-59.

“Nuraghe”, in Enciclopedia italiana, XXV, Roma, 1963, pp. 81-83.

“Religione della Sardegna nuragica”, in Atti del Convegno di Studi Religiosi Sardi(Cagliari, 24-26 maggio 1962), Padova, 1963, pp. 1-14.

1964“Cenno sui più recenti scavi del villaggio talaiotico di Ses Païsses ad Artà-Maiorca(Baleari)”, in Studi Sardi, XVIII (1962-63), 1964, pp. 22-52.

1965“Apporti pirenaici e del Midi alle culture sarde della prima età del Bronzo”, in Se-parata de arquitectura megalitica y ciclopea catalano-balear, 1965, pp. 71-88.

“La Sardegna nel II millennio a.C.”, in Rivista Storica Italiana, LXXVII, 1965, pp.358-420.

33

Nota bibliografica

1956“I nuraghi della Sardegna”, in Realtà Nuova, n. 9, 1956.

Sculture della Sardegna nuragica, Cagliari, La Zattera, 1956.

1957“Archeologia sarda”, in Il Convegno, 10, n. 12, dicembre 1957, p. 5.

“Religione della Sardegna prenuragica”, in Bollettino di Paletnologia Italiana, XI,1957, pp. 7-96.

1958“A thousand years of prehistoric Sardinia: the nuraghe of Barumini and its village.A recent large-scale excavation”, in The illustrated London news, March 8, 1958.

“Barumini”, in Enciclopedia dell’arte antica, classica e orientale, vol. I, Roma, 1958,pp. 982-984.

“Ciottolo inciso prenuragico dalla grotta sarda di San Michele di Ozieri-Sassari”,in Archeologia classica, X, 1958, pp. 183-193.

“Nuovi templi a pozzo della Sardegna nuragica”, in Studi Sardi, XIV-XV (1955-57), 1958, pp. 197-288.

“Vasettino prenuragico di Mannias (Mogoro-Cagliari)”, in Studi Storici in onore diFrancesco Loddo Canepa, Firenze, 1958, pp. 237-267.

1959“Betilo”, in Enciclopedia dell’arte antica, classica e orientale, vol. II, Roma, 1959, pp.72-75.

“Cuoiai o pugilatori? A proposito di tre figurine protosarde”, in La parola del pas-sato, LXVII, 1959, pp. 294-304.

“Dei nuraghi della Sardegna”, in Il Convegno, gennaio 1959, pp. 5-9.

“L’arcipelago nella preistoria e nell’antichità classica”, in Ricerche sull’arcipelago de LaMaddalena, in Memorie della Società Geografica Italiana, XXV, 1959, pp. 197-266.

Le conversazioni. Missione archeologica a Maiorca, Rotary internazionale, 188° di-stretto, club di Cagliari, 1959.

“Missione archeologica a Maiorca”, in Realtà Nuova, n. 12, 1959.

“Primi scavi del villaggio talaiotico di Ses Païsses (Artà-Maiorca)”, in Annali delleFacoltà di Lettere, Filososofia e Magistero dell’Università di Cagliari, XXVII, 1959,pp. 33-74 (in collab. con F. Biancofiore).

“The Nuraghi of Sardinia”, in Antiquity, XXXIII, March 1959, pp. 32-38, pl.VII-VIII.

“The Proto-Castles of Sardinia”, in Scientific American, December 1959.

“Trulla. Cupola in Sardegna”, in Archivio Storico Sardo, XXVI, 1959, pp. 509-522.

32

Page 33: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1960“I nuraghi”, in Il progresso della Sardegna, Cagliari, 1960.

“La «facies» nuragica di Monte Claro (sepolcri di Monte Claro e Sa Duchessa-Ca-gliari e villaggi di Enna Pruna e Su Guventu-Mogoro)”, in Studi Sardi, XVI,1960, pp. 3-266 (in collab. con M.L. Ferrarese Ceruti).

“Primi scavi del villaggio talaiotico di Ses Païsses (Artà-Maiorca)”, in Rivista dell’Isti-tuto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte, n.s., IX, 1960, pp. 5-73.

1962“Due navicelle di bronzo protosarde in collezioni private”, in Studi Sardi, XVII(1959-61), 1962, pp. 260-269.

I nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna, Cagliari, La Zattera, 1962.

“La missione archeologica italiana nelle Baleari”, in Archivio Storico Sardo, XXVIII,1962, pp. 300-302.

“Las nuragas”, in Ampurias, XXIV (1959), 1962, pp. 67-120.

“Mediterranei occidentali antichi centri”, in Enciclopedia Universale dell’Arte, vol.VIII, Roma, 1962, coll. 1013-1026.

“Storiografia nuragica dal XVI secolo al 1840”, in Archivio Storico Sardo, XXVIII,1962, pp. 255-276.

1963“Fonti artistiche dell’economia protosarda”, in Economia e storia, Milano, X, 1,gennaio-marzo 1963, pp. 153-156.

“Il nuraghe della Giara, la dimora borghese di un reuccio pastore”, in Sardegna og-gi, II, n. 19, 1-15 febbraio 1963, pp. 10-12.

La civiltà dei Sardi dal Neolitico all’età dei nuraghi, Torino, ERI, 1963.

“La triste penombra delle domus de janas”, in Tuttitalia (Sardegna), Firenze, San-soni, 1963, pp. 53-59.

“Nuraghe”, in Enciclopedia italiana, XXV, Roma, 1963, pp. 81-83.

“Religione della Sardegna nuragica”, in Atti del Convegno di Studi Religiosi Sardi(Cagliari, 24-26 maggio 1962), Padova, 1963, pp. 1-14.

1964“Cenno sui più recenti scavi del villaggio talaiotico di Ses Païsses ad Artà-Maiorca(Baleari)”, in Studi Sardi, XVIII (1962-63), 1964, pp. 22-52.

1965“Apporti pirenaici e del Midi alle culture sarde della prima età del Bronzo”, in Se-parata de arquitectura megalitica y ciclopea catalano-balear, 1965, pp. 71-88.

“La Sardegna nel II millennio a.C.”, in Rivista Storica Italiana, LXXVII, 1965, pp.358-420.

33

Nota bibliografica

1956“I nuraghi della Sardegna”, in Realtà Nuova, n. 9, 1956.

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1957“Archeologia sarda”, in Il Convegno, 10, n. 12, dicembre 1957, p. 5.

“Religione della Sardegna prenuragica”, in Bollettino di Paletnologia Italiana, XI,1957, pp. 7-96.

1958“A thousand years of prehistoric Sardinia: the nuraghe of Barumini and its village.A recent large-scale excavation”, in The illustrated London news, March 8, 1958.

“Barumini”, in Enciclopedia dell’arte antica, classica e orientale, vol. I, Roma, 1958,pp. 982-984.

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1959“Betilo”, in Enciclopedia dell’arte antica, classica e orientale, vol. II, Roma, 1959, pp.72-75.

“Cuoiai o pugilatori? A proposito di tre figurine protosarde”, in La parola del pas-sato, LXVII, 1959, pp. 294-304.

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“L’arcipelago nella preistoria e nell’antichità classica”, in Ricerche sull’arcipelago de LaMaddalena, in Memorie della Società Geografica Italiana, XXV, 1959, pp. 197-266.

Le conversazioni. Missione archeologica a Maiorca, Rotary internazionale, 188° di-stretto, club di Cagliari, 1959.

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“Primi scavi del villaggio talaiotico di Ses Païsses (Artà-Maiorca)”, in Annali delleFacoltà di Lettere, Filososofia e Magistero dell’Università di Cagliari, XXVII, 1959,pp. 33-74 (in collab. con F. Biancofiore).

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32

Page 34: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

“Rapporti architettonici sardo-maltesi e balearico-maltesi nel quadro dell’ipogei-smo e del megalitismo”, in Atti del XV Convegno di Storia dell’architettura (Malta,11-16 settembre 1967), Roma, 1970, pp. 99-172.

1971La costante resistenziale sarda, Cagliari, Stef, 1971, pp. 41-56.

“Navicella di bronzo protosarda da Gravisca”, in Notizie degli Scavi, XXV, serieVIII, 1971, pp. 289-299; anche in Atti dell’Accademia dei Lincei, CCCLXVIII, ein Studi Sassaresi, serie III, 1971.

1972“Cultura prevalente e cultura alternativa popolare nella Regione sarda”, in Culturae politica, II, Cagliari, Fossataro, 1972, pp. 3-25.

Resoconto di mezza legislatura, Sassari, Gallizzi, 1972.

1973Il diavolo in Sardegna, Cagliari, Stef, 1973.

“L’ambiente nuorese nei tempi della prima Deledda”, in Studi Sardi, XXII (1971-72), 1973, pp. 753-783.

“Tripode bronzeo di tradizione cipriota dalla grotta Pirosu-Su Benatzu di Santadi(Cagliari)”, in Estudios dedicados al Profesor Dr. Luis Pericot, Barcelona, Universi-dad de Barcelona, Insituto de Arqueología y Prehistoria, 1973, pp. 283-307.

1975“Antichità nuragiche nella diocesi di Ales”, in La diocesi di Ales-Usellus-Terralba,aspetti e valori, Cagliari, Fossataro, 1975, pp. 133-161.

“L’indagine del Consiglio regionale della Sardegna e l’inchiesta del Parlamento ita-liano sui problemi di criminalità in Sardegna”, in Studi Sardi, XXIII (1973-74),1975, pp. 443-469.

Questioni di Sardegna, Cagliari, Fossataro, 1975.

“Un giallo del secolo XIX in Sardegna. Gli idoli sardo-fenici”, in Studi Sardi,XXIII (1973-74), 1975, pp. 313-363.

1977“Dal betilo aniconico alla statuaria nuragica”, in Studi Sardi, XXIV (1975-76),1977, pp. 73-144.

Il sacco di Cagliari, il depuratore a Molentargius, Cagliari, edizioni 3T, 1977.

Sardinien, München, 1977 (in collab. con Tet Arnold Von Borsig e D. Fisher).

1978“Attività della scuola di specializzazione di studi sardi, relazioni e documenti”, inStudi Sardi, XXIV (1975-77), 1978, pp. 731-770.

35

Nota bibliografica

“Sanluri nell’antichità”, in Sanluri terra ’e lori, Cagliari, Tipografia S.P.S., 1965,pp. 23-25.

1966“Apporti pirenaici e del Midi alle culture sarde della prima età del Bronzo”, in Stu-di Sardi, XIX (1964-65), 1966, pp. 36-58.

“L’architettura nuragica”, in Atti del XIII congresso di Storia dell’Architettura (Caglia-ri, 6-12 aprile 1963), vol. I, Roma, Centro di studi per la Storia dell’Architettura,1966, pp. 17-92.

“Sarda Arte”, in Enciclopedia dell’arte antica, classica e orientale, VII, 1966, pp.40-44.

Sculture della Sardegna nuragica, Cagliari, La Zattera, 1966.

“Sviluppo e prospettive dell’archeologia in Sardegna”, in Studi Sardi, XIX (1964-65), 1966, pp. 3-35.

1967“Al tempo dei nuraghi”, in La società in Sardegna nei secoli, Torino, ERI, 1967, pp.7-31.

Frühe Randkulturen des Mittelmeerraumes. Korsika, Sardinien, Balearen, Iberische Hal-binsel, Baden Baden, 1967 (in collab. con H. Schubart; introduz. di J. Thimme).

La civiltà dei Sardi dal Neolitico all’età dei nuraghi, Torino, ERI, 1967 (aggiorna-mento dell’edizione del 1963).

1968Civiltà Mediterranee. Corsica, Sardegna, Baleari, Gli Iberi, Milano, Il Saggiatore,1968 (in collab. con H. Schubart).

“Il dolmen di Motorra (Dorgali-Nuoro)”, in Studi Sardi, XX (1966-67), 1968,pp. 74-128.

“La degradazione storica della società barbaricina”, in Autonomia Cronache, 2,1968, pp. 27-40.

“Rapporti fra la cultura “torreana” e aspetti pre e protonuragici della Sardegna”, inStudi Sardi, XX (1966-67), 1968, pp. 3-47.

1969

Zone interne e interventi “esterni”, Cagliari, Stef, 1969, pp. 3-15.

1970

Civilisations anciennes du bassin Méditerranéen. Corse, Sardaigne, Baléares, Les Ibères,Paris, Michel, 1970 (in collab. con H. Schubart).

Civilisations anciennes du bassin Méditerranéen. Les Cyclades, Chypre, Malte, la Syrieancienne, Paris, Michel, 1971 (in collab. con J. Thimme, P. Astrom e J. Vesner).

34

Page 35: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

“Rapporti architettonici sardo-maltesi e balearico-maltesi nel quadro dell’ipogei-smo e del megalitismo”, in Atti del XV Convegno di Storia dell’architettura (Malta,11-16 settembre 1967), Roma, 1970, pp. 99-172.

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Sardinien, München, 1977 (in collab. con Tet Arnold Von Borsig e D. Fisher).

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Nota bibliografica

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34

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“Tradizione, identità e cultura sarde nella scuola”, in Linguaggio musicale e linguag-gio poetico in Sardegna. Atti del Convegno di studi coreutico-musicali sardi (Nuoro,24-26 luglio 1975), Cagliari, Altair, 1981, pp. 79-85.

1982“Architettura e scultura dell’età nuragica”, in La Sardegna, a cura di M. Brigaglia,vol. I, Cagliari, Della Torre, 1982, pp. 71-76.

La civiltà nuragica, Sassari, Carlo Delfino, 1982.

La Sardegna, la terra, la storia, l’arte e la civiltà di un popolo regionale, Cagliari, Del-la Torre, 1982.

“L’età dei nuragici”, in La Sardegna, a cura di M. Brigaglia, vol. I, Cagliari, DellaTorre, 1982, pp. 5-12.

“Stato delle ricerche di archeologia preistorica in Sardegna nell’ultimo decennio”,in Stato attuale della ricerca storica sulla Sardegna. Atti del Convegno di studio (Ca-gliari, 27-29 maggio 1982), in Archivio Storico Sardo, XXXIII, 1982, pp. 35-43.

“Tra le pietre dei nuraghi le antiche matrici sarde”, in Atlante, Itinerari in Sardegna,Novara, Istituto Geografico De Agostini, agosto 1982, pp. 22-36.

1983“Forme di contatto e processi di trasformazione nelle società antiche”, in Atti delConvegno di Cortona (24-30 maggio 1981), Roma, Collection de l’École Françaisede Rome, 1983, pp. 315-330.

1984“Antichità paleocristiane nel Sulcis”, in Nuovo Bullettino Archeologico Sardo, I,1984, pp. 283-300.

“La civiltà dei Sardi dalla preistoria alla fine del mondo antico”, in I Sardi. La Sar-degna dal paleolitico all’età romana, Milano, Jaca Book, 1984, pp. 11-30.

“La Sardegna preistorica e nuragica”, in Sardegna, Guide d’Italia, Milano, TouringClub Italiano, 1984 (quinta edizione), pp. 37-52.

“Presenze barbariche in Sardegna dalla conquista dei Vandali”, in Magistra barba-ritas. I Barbari in Italia, Milano, Scheiwiller, 1984, pp. 559-570.

“Ricordo di Gennaro Pesce”, in Archivio Storico Sardo, XXXIV, 1984, pp. 387-392.

1985“La Sardegna nuragica”, in Archeo Dossier, 9, novembre 1985.

Origini della civiltà in Sardegna, Torino, ERI, 1985.

“Ricerche in territorio di Fonni”, in 10 anni di attività nel territorio della Provinciadi Nuoro, Nuoro, 1985, pp. 18-25.

1986“Il comitato paritetico Stato-Regione. Ruolo e attività”, in Atti della I Conferenza

37

Nota bibliografica

“Barumini”, in Guida della preistoria italiana, a cura di A.M. Radmilli, Firenze,Sansoni, 1978, pp. 200-201.

“La Sardegna nella matrice mediterranea”, in Balears-Pitiüses, Còrsega, Sardenya perles reivindicationes nacionals, Segones Jornades del ciemen (Abadia de Cuixa, 16-22d’agost de 1977), Barcelona, Publicacions de l’Abadia de Montserrat, 1978.

“Per un concetto estensivo di centro storico”, in Quaderni Bolotanesi, IV, 1978,pp. 7-13.

“Sardegna”, in Guida della preistoria italiana, a cura di A.M. Radmilli, Firenze,Sansoni, 1978, pp. 197-206 (in collab. con E. Atzeni).

1979“Presentazione”, in F. Barreca, La Sardegna fenicio-punica, Sassari, Chiarella, 1979,pp. 1-6.

1980“Die Nuraghenkultur”, in Kunst und Kultur Sardiniens vom Neolithikum bis zumEnde der Nuraghenzeit, Karlsrhue, 1980, pp. 44-84.

“L’oltretomba e gli dei”, in Nur. La misteriosa civiltà dei Sardi, Cinisello Balsamo,A. Pizzi, 1980, pp. 105-140.

“Religion”, in Kunst und Kultur Sardiniens vom Neolithikum bis zum Ende der Nu-raghenzeit, Karlsrhue, 1980, pp. 85-98.

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Sardegna ieri e oggi, Sassari, Gallizzi, 1980.

1981“Bronzetti e statuaria nella civiltà nuragica”, in Ichnussa. La Sardegna dalle originiall’età classica, Milano, Scheiwiller, 1981, pp. 177-251.

“I beni culturali”, in La geografia nelle scuole. Atti del XXV Convegno nazionale (Ca-gliari, 22-26 settembre 1980), Rivista dell’associazione italiana insegnanti di geogra-fia, XXVI, n. 1, gennaio-febbraio 1981, pp. 86-89.

“La preistoria sarda e la civiltà nuragica nella storiografia moderna”, in Ichnussa. LaSardegna dalle origini all’età classica, Milano, Scheiwiller, 1981, pp. 487-523.

“L’era del megalitico: i 1500 anni della civiltà nuragica”, in Almanacco di Cagliari,Cagliari, 1981.

“Monumenti antichi barbaricini”, in Quaderni della Soprintendenza archeologicaper le provincie di Sassari e Nuoro, 10, 1981, pp. 1-194.

“Per una ricerca interdisciplinare di archeologia e storia”, in Quaderni di Storia, 2,1981, pp. 181-186.

36

Page 37: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

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1983“Forme di contatto e processi di trasformazione nelle società antiche”, in Atti delConvegno di Cortona (24-30 maggio 1981), Roma, Collection de l’École Françaisede Rome, 1983, pp. 315-330.

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Nota bibliografica

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1979“Presentazione”, in F. Barreca, La Sardegna fenicio-punica, Sassari, Chiarella, 1979,pp. 1-6.

1980“Die Nuraghenkultur”, in Kunst und Kultur Sardiniens vom Neolithikum bis zumEnde der Nuraghenzeit, Karlsrhue, 1980, pp. 44-84.

“L’oltretomba e gli dei”, in Nur. La misteriosa civiltà dei Sardi, Cinisello Balsamo,A. Pizzi, 1980, pp. 105-140.

“Religion”, in Kunst und Kultur Sardiniens vom Neolithikum bis zum Ende der Nu-raghenzeit, Karlsrhue, 1980, pp. 85-98.

S. Agostino, chiesa e convento, Giornate dedicate a “Agostino: l’uomo, il Santo”, Chiesadi Sant’Agostino, Cagliari, 15 gennaio 1980 (ciclostilato).

Sardegna ieri e oggi, Sassari, Gallizzi, 1980.

1981“Bronzetti e statuaria nella civiltà nuragica”, in Ichnussa. La Sardegna dalle originiall’età classica, Milano, Scheiwiller, 1981, pp. 177-251.

“I beni culturali”, in La geografia nelle scuole. Atti del XXV Convegno nazionale (Ca-gliari, 22-26 settembre 1980), Rivista dell’associazione italiana insegnanti di geogra-fia, XXVI, n. 1, gennaio-febbraio 1981, pp. 86-89.

“La preistoria sarda e la civiltà nuragica nella storiografia moderna”, in Ichnussa. LaSardegna dalle origini all’età classica, Milano, Scheiwiller, 1981, pp. 487-523.

“L’era del megalitico: i 1500 anni della civiltà nuragica”, in Almanacco di Cagliari,Cagliari, 1981.

“Monumenti antichi barbaricini”, in Quaderni della Soprintendenza archeologicaper le provincie di Sassari e Nuoro, 10, 1981, pp. 1-194.

“Per una ricerca interdisciplinare di archeologia e storia”, in Quaderni di Storia, 2,1981, pp. 181-186.

36

Page 38: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

“Il Paleolitico e il Neolitico”, in Storia dei Sardi e della Sardegna, I, Milano, JacaBook, 1988, pp. 41-68.

“La bella Età del Bronzo”, in Storia dei Sardi e della Sardegna, I, Milano, Jaca Book,1988, pp. 83-110.

La civiltà dei Sardi dal Paleolitico all’età dei nuraghi, Torino, Nuova ERI, 1988 (ag-giornamento dell’edizione del 1967).

“La crescita delle aristocrazie: l’età del Ferro”, in Storia dei Sardi e della Sardegna,I, Milano, Jaca Book, 1988, pp. 111-127.

“Nuova ricchezza e nuovo potere”, in Storia dei Sardi e della Sardegna, I, Milano,Jaca Book, 1988, pp. 69-82.

“Recensione de I Catalani in Sardegna (a cura di J. Carbonell e F. Manconi), Mila-no, 1984”, in Studi Sardi, XXVII (1986-87), 1988, pp. 503-524.

“Recensione de Le opere e i giorni. Contadini e pastori (a cura di G. Angioni e F.Manconi), Milano, 1982”, in Studi Sardi, XXVII (1986-87), 1988, pp. 525-529.

“Solitudine come crocevia”, in L’umana avventura, Milano, Jaca Book, primavera1988.

Su Nuraxi di Barumini, Sassari, Carlo Delfino, 1988 (in collab. con R. Zucca).

1989“Introduzione”, in L. Porru, R. Serra, R. Coroneo, Sant’Antioco. Le catacombe, lachiesa martyrium, i frammenti scultorei, Cagliari, Stef, 1989, pp. 7-12.

“La Sardegna preistorica e le sue relazioni esterne”, in Notiziario dell’Università diCagliari, Cagliari, 1989, pp. 43-59; anche in Studi Sardi, XXVIII (1988-89),1989, pp. 11-36.

“Lineamenti di cultura materiale dal Neolitico all’Alto Medioevo”, in Il Museo Ar-cheologico di Cagliari, Cinisello Balsamo, Amilcare Pizzi, 1989, pp. 21-30.

“Meana dalle origini all’alto medioevo”, in Meana, matrici e tradizioni, Cagliari,1989, pp. 29-100.

“Monumenti della religiosità della Sardegna preistorica”, in Religiosità, teologia edarte. Convegno di studio della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna (Cagliari,27-29 marzo 1987), Roma, Città Nuova, 1989, pp. 25-32.

“Origine e storia del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari”, in Il Museo Ar-cheologico di Cagliari, Cinisello Balsamo, Amilcare Pizzi, 1989, pp. 11-20.

“Recensione de L’archeologia romana e altomedievale nell’Oristanese, Taranto,1984”, in Studi Sardi, XXVIII (1988-89), 1989, pp. 545-568.

“Relazione di apertura”, in La cultura di Ozieri, problematiche e nuove acquisizioni.Atti del I Convegno di studio (Ozieri, gennaio 1986-aprile 1987), a cura di L. Cam-pus, Ozieri, 1989.

39

Nota bibliografica

regionale sui beni culturali e ambientali (Cagliari, 16-18 febbraio 1984), Cagliari,Regione Autonoma della Sardegna, 1986, pp. 45-52.

“Le lingue emarginate e i mezzi di informazione”, in Sardegna Autonomia, ottobre-dicembre 1986, pp. 17-24.

“Le miniere dalla preistoria all’età tardo-romana”, in Le miniere e i minatori dellaSardegna, a cura di F. Manconi, Cinisello Balsamo, Amilcare Pizzi, 1986, pp. 7-18.

“Per il catalogo archeologico dei villaggi e delle chiese rurali abbandonati in Sarde-gna”, in Archivio Storico Sardo, XXXV, 1986, pp. 145-168.

“Recensione di S. Tinè, Passo di Corvo e la civiltà neolitica del Tavoliere, Genova1983”, in Studi Sardi, XXVI (1981-85), 1986, pp. 361-368.

“Società ed economia nei centri nuragici”, in Un millennio di relazioni fra la Sarde-gna e i paesi del Mediterraneo. Atti del I Convegno di studi (Selargius-Cagliari, 29-30novembre 1985), Cagliari, Stef, 1986, pp. 77-87.

“Tomba di giganti a Preiganti (Gergei-Nuoro)”, in Studi Sardi, XXVI (1981-85),1986, pp. 51-61.

1987In diretta dai nuraghi, intervista a Giovanni Lilliu (A. Paracchini), TC, 29 marzo-4aprile 1987.

“Inseguendo il sogno di riconquistare il mare”, in Sardegna Autonomia, n.s., XIII,gennaio-febbraio 1987, pp. 17-32.

“La Sardegna tra il II e il I millennio a.C.”, in Un millennio di relazioni fra la Sar-degna e i paesi del Mediterraneo. Atti del II Convegno di studi (Selargius-Cagliari,1986), Cagliari, 1987, pp. 13-32.

“L’autonomia dimenticata”, in Rinascita Sarda, 10, ottobre 1987.

Museo Italia. La più grande Mostra d’arte all’aria aperta. Sardegna, Milano, A. Cur-cio, 1987, pp. 218-229.

“Nella società nuragica l’invalido non veniva emarginato”, in Notiziario provincialedell’invalido civile, Cagliari, dicembre 1986-aprile 1987, pp. 8-9.

“Per una rappresentazione dinamica della cultura popolare sarda”, in Il museo etno-grafico di Nuoro, Cinisello Balsamo, Amilcare Pizzi, 1987, pp. 11-20.

“Riconquistare la libertà”, intervista a Giovanni Lilliu (F. Casula), in Città quartie-re, maggio 1987.

“Ricordo di Ferruccio Barreca”, in Quaderni della Soprintendenza archeologica perle province di Cagliari e Oristano, 4, 1987, pp. 16-18.

1988“Eredità delle origini. Per una storia dell’identità”, in La Sardegna, 3, 1988, pp.19-22.

38

Page 39: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

“Il Paleolitico e il Neolitico”, in Storia dei Sardi e della Sardegna, I, Milano, JacaBook, 1988, pp. 41-68.

“La bella Età del Bronzo”, in Storia dei Sardi e della Sardegna, I, Milano, Jaca Book,1988, pp. 83-110.

La civiltà dei Sardi dal Paleolitico all’età dei nuraghi, Torino, Nuova ERI, 1988 (ag-giornamento dell’edizione del 1967).

“La crescita delle aristocrazie: l’età del Ferro”, in Storia dei Sardi e della Sardegna,I, Milano, Jaca Book, 1988, pp. 111-127.

“Nuova ricchezza e nuovo potere”, in Storia dei Sardi e della Sardegna, I, Milano,Jaca Book, 1988, pp. 69-82.

“Recensione de I Catalani in Sardegna (a cura di J. Carbonell e F. Manconi), Mila-no, 1984”, in Studi Sardi, XXVII (1986-87), 1988, pp. 503-524.

“Recensione de Le opere e i giorni. Contadini e pastori (a cura di G. Angioni e F.Manconi), Milano, 1982”, in Studi Sardi, XXVII (1986-87), 1988, pp. 525-529.

“Solitudine come crocevia”, in L’umana avventura, Milano, Jaca Book, primavera1988.

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1989“Introduzione”, in L. Porru, R. Serra, R. Coroneo, Sant’Antioco. Le catacombe, lachiesa martyrium, i frammenti scultorei, Cagliari, Stef, 1989, pp. 7-12.

“La Sardegna preistorica e le sue relazioni esterne”, in Notiziario dell’Università diCagliari, Cagliari, 1989, pp. 43-59; anche in Studi Sardi, XXVIII (1988-89),1989, pp. 11-36.

“Lineamenti di cultura materiale dal Neolitico all’Alto Medioevo”, in Il Museo Ar-cheologico di Cagliari, Cinisello Balsamo, Amilcare Pizzi, 1989, pp. 21-30.

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“Monumenti della religiosità della Sardegna preistorica”, in Religiosità, teologia edarte. Convegno di studio della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna (Cagliari,27-29 marzo 1987), Roma, Città Nuova, 1989, pp. 25-32.

“Origine e storia del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari”, in Il Museo Ar-cheologico di Cagliari, Cinisello Balsamo, Amilcare Pizzi, 1989, pp. 11-20.

“Recensione de L’archeologia romana e altomedievale nell’Oristanese, Taranto,1984”, in Studi Sardi, XXVIII (1988-89), 1989, pp. 545-568.

“Relazione di apertura”, in La cultura di Ozieri, problematiche e nuove acquisizioni.Atti del I Convegno di studio (Ozieri, gennaio 1986-aprile 1987), a cura di L. Cam-pus, Ozieri, 1989.

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Nota bibliografica

regionale sui beni culturali e ambientali (Cagliari, 16-18 febbraio 1984), Cagliari,Regione Autonoma della Sardegna, 1986, pp. 45-52.

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“Le miniere dalla preistoria all’età tardo-romana”, in Le miniere e i minatori dellaSardegna, a cura di F. Manconi, Cinisello Balsamo, Amilcare Pizzi, 1986, pp. 7-18.

“Per il catalogo archeologico dei villaggi e delle chiese rurali abbandonati in Sarde-gna”, in Archivio Storico Sardo, XXXV, 1986, pp. 145-168.

“Recensione di S. Tinè, Passo di Corvo e la civiltà neolitica del Tavoliere, Genova1983”, in Studi Sardi, XXVI (1981-85), 1986, pp. 361-368.

“Società ed economia nei centri nuragici”, in Un millennio di relazioni fra la Sarde-gna e i paesi del Mediterraneo. Atti del I Convegno di studi (Selargius-Cagliari, 29-30novembre 1985), Cagliari, Stef, 1986, pp. 77-87.

“Tomba di giganti a Preiganti (Gergei-Nuoro)”, in Studi Sardi, XXVI (1981-85),1986, pp. 51-61.

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“Nella società nuragica l’invalido non veniva emarginato”, in Notiziario provincialedell’invalido civile, Cagliari, dicembre 1986-aprile 1987, pp. 8-9.

“Per una rappresentazione dinamica della cultura popolare sarda”, in Il museo etno-grafico di Nuoro, Cinisello Balsamo, Amilcare Pizzi, 1987, pp. 11-20.

“Riconquistare la libertà”, intervista a Giovanni Lilliu (F. Casula), in Città quartie-re, maggio 1987.

“Ricordo di Ferruccio Barreca”, in Quaderni della Soprintendenza archeologica perle province di Cagliari e Oristano, 4, 1987, pp. 16-18.

1988“Eredità delle origini. Per una storia dell’identità”, in La Sardegna, 3, 1988, pp.19-22.

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“Recensione di Ampsicora e il territorio di Cornus, Taranto, 1988”, in Studi Sardi,XXIX (1990-91), 1991, pp. 557-560.

“Recensione di L. Porru, R. Serra, R. Coroneo, Sant’Antioco. Le catacombe. Lachiesa martyrium. I frammenti scultorei, Cagliari, Stef, 1989”, in Studi Sardi, XXIX(1990-91), 1991, pp. 564-569.

“Recensione di Sancti innumerabilis. Scavi nella Cagliari del Seicento: testimonianzee verifiche, Oristano, S’Alvure, 1989”, in Studi Sardi, XXIX (1990-91), 1991, pp.561-564.

“Recensione di Sassari. Le origini, Sassari, Gallizzi, 1989”, in Studi Sardi, XXIX(1990-91), 1991, pp. 570-581.

“Ricordo di Raffaello Delogu”, in Studi Sardi, XXIX (1990-91), 1991, pp. 545-548.

“Sulla coralità di ispirazione popolare”, in L’annuario sardo. Rivista di storia, arte etradizioni, 1990-91, pp. 45-51.

1992“Ancora una riflessione sulle guerre cartaginesi per la conquista della Sardegna”, inAtti dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Rendiconti, serie IX, 3, Roma, 1992, pp.17-35.

“Collezionismo etnografico in Sardegna”, in Sardegna antica. Culture mediterranee,Nuoro, La Poligrafica Solinas, 1992, pp. 30-32, 37.

“Conclusione e saluto”, in La Sardegna nel Mediterraneo tra il Bronzo medio e ilBronzo recente (XVI-XIII secolo a.C.). Atti del III Convegno di studi: Un millennio direlazioni fra la Sardegna e i Paesi del Mediterraneo (Selargius-Cagliari, 19-22 no-vembre 1987), Cagliari, Della Torre, 1992, pp. 639-647.

“Doro Levi e l’archeologia della Sardegna”, in MNHMEION. Ricordo triestino diDoro Levi. Atti della giornata di studio (Trieste, 16 maggio 1992), Roma, Quasar,1992, pp. 131-146.

“Isole del Mediterraneo occidentale: specificità e relazioni socio-culturali durante itempi della preistoria e della protostoria”, in X Jornades d’Estudios històricos locals.La Prehistòria de les Illes de la Mediterrània occidental (Palma de Mallorca del 29 al31 d’octubre de 1991), Palma de Mallorca, Gràfiques Miramar, 1992, pp. 21-46.

“La figura e l’opera di Piero Meloni”, in Sardinia antiqua. Studi in onore di PieroMeloni in occasione del suo settantesimo compleanno, Cagliari, Della Torre, 1992,pp. 13-28.

“L’architettura nuragica”, in Scienza dei materiali e beni culturali. Esperienze e pro-spettive nel restauro delle costruzioni nuragiche, Atti del Convegno (Cagliari, 11 di-cembre-Villanovaforru, 12 dicembre 1990), Cagliari, Stef, 1992, pp. 1-7.

“Memoria di Barumini”, in Insieme, Barumini, 1992, pp. 9-13.

41

Nota bibliografica

“Recensione di Nurachi. Storia di una ecclesia, Oristano, S’Alvure, 1985”, in StudiSardi, XXVIII (1988-89), 1989, pp. 569-579.

1990“I musei regionali”, in Musei locali e musealizzazione delle aree archeologiche: proble-matiche di gestione e figure professionali, in Quaderni della Soprintendenza archeolo-gica per le provincie di Cagliari e Oristano, 7, 1990, supplemento, pp. 5-8.

“Prefazione”, in Nicola Tiole: Album di costumi sardi riprodotti dal vero (1819-1826), Nuoro, Istituto Superiore Regionale Etnografico, 1990, pp. 5-7.

“Prefazione” e “La questione nazionale sarda”, in G. Contu, La questione nazionalesarda, Quartu Sant’Elena, Alfa, 1990, pp. 9-15, 191-194.

“Premio letterario «Marmilla» – Mogoro”, in Antologia di poesia e prosa in linguasarda e italiana, Mogoro, La Tipografia Mogorese, 1990, pp. VII-XI.

“Sopravvivenze nuragiche in età romana”, in L’Africa Romana. Atti del VII Conve-gno di studio (Sassari, 15-17 dicembre 1989), 7, Sassari, 1990, pp. 415-446.

1991“Ai padri sacri”, in Sardegna, numero speciale a cura degli uffici P.R. dell’Italtour,1991, pp. 4-10.

Antonio Amore: venti anni di Sardegna, Oristano, S’Alvure, 1991, pp. 5-8.

Appunti per una storia del paese di Barumini (Cagliari), Sassari, Carlo Delfino,1991, pp. 3-15.

“Figli della pietra”, in Comunità Montana n. 3-Gallura, 7, n. 3, Tempio, luglio-agosto 1991, pp. 16-28.

“Il grido di dolore di Giovanni Lilliu”, in Archeologia viva, n.s., X, n. 22, settembre1991, pp. 74-78.

“La Sardegna e il mare durante l’età romana”, in L’Africa Romana. Atti dell’VIIIConvegno di studio (Cagliari, 14-16 dicembre 1990), 8, Sassari, 1991, pp. 661-694.

“Medicina in Sardegna durante l’età romana”, in Scritti in onore di Ugo Carcassi,Cagliari, Università di Cagliari, 1991, pp. 206-208.

“Prefazione”, in In nome del pane. Forme, tecniche, occasioni della panificazione tra-dizionale in Sardegna, Sassari, Carlo Delfino, 1991, pp. 7-10.

“Presentazione”, in M. Medde, Il senso del cammino, Ghilarza, 1991, pp. 1-6.

“Quel demiurgo «Sardus Pater». Una testimonianza epistolare sulla salvaguardiadei beni culturali nell’isola”, in E. Lussu, Una leggenda sull’altipiano, in La Città.Periodico di cultura e arte, II, nn. 3-4, 1991, pp. 61-72.

“Recensione dei Quaderni della Soprintendenza archeologica per le province di Ca-gliari e Oristano, I-II, n. 4, 1987”, in Studi Sardi, XXIX (1990-91), 1991, pp.551-556.

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“Recensione di Ampsicora e il territorio di Cornus, Taranto, 1988”, in Studi Sardi,XXIX (1990-91), 1991, pp. 557-560.

“Recensione di L. Porru, R. Serra, R. Coroneo, Sant’Antioco. Le catacombe. Lachiesa martyrium. I frammenti scultorei, Cagliari, Stef, 1989”, in Studi Sardi, XXIX(1990-91), 1991, pp. 564-569.

“Recensione di Sancti innumerabilis. Scavi nella Cagliari del Seicento: testimonianzee verifiche, Oristano, S’Alvure, 1989”, in Studi Sardi, XXIX (1990-91), 1991, pp.561-564.

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“Ricordo di Raffaello Delogu”, in Studi Sardi, XXIX (1990-91), 1991, pp. 545-548.

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1992“Ancora una riflessione sulle guerre cartaginesi per la conquista della Sardegna”, inAtti dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Rendiconti, serie IX, 3, Roma, 1992, pp.17-35.

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“Doro Levi e l’archeologia della Sardegna”, in MNHMEION. Ricordo triestino diDoro Levi. Atti della giornata di studio (Trieste, 16 maggio 1992), Roma, Quasar,1992, pp. 131-146.

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“L’architettura nuragica”, in Scienza dei materiali e beni culturali. Esperienze e pro-spettive nel restauro delle costruzioni nuragiche, Atti del Convegno (Cagliari, 11 di-cembre-Villanovaforru, 12 dicembre 1990), Cagliari, Stef, 1992, pp. 1-7.

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41

Nota bibliografica

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1990“I musei regionali”, in Musei locali e musealizzazione delle aree archeologiche: proble-matiche di gestione e figure professionali, in Quaderni della Soprintendenza archeolo-gica per le provincie di Cagliari e Oristano, 7, 1990, supplemento, pp. 5-8.

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1991“Ai padri sacri”, in Sardegna, numero speciale a cura degli uffici P.R. dell’Italtour,1991, pp. 4-10.

Antonio Amore: venti anni di Sardegna, Oristano, S’Alvure, 1991, pp. 5-8.

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“Medicina in Sardegna durante l’età romana”, in Scritti in onore di Ugo Carcassi,Cagliari, Università di Cagliari, 1991, pp. 206-208.

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1996“Bicentenario dei moti di liberazione del 1796. L’effimero trionfo dell’Angioy”, inIl Popolo sardo. Rivista bimestrale della Sardegna, II, n. 2, maggio-giugno, 1996, pp.27-35.

“La lingua sarda: problemi e prospettive”, in Attoppus cun sa lingua e sa cultura deSardigna, Dolianova, Grafica Parteolla, 1996, pp. 17-24.

“Sardegna anticlassica”, in Società sarda. Periodico di Nuovo impegno, 3° quadrime-stre, Quartu Sant’Elena, Castello, 1996, pp. 68-74.

“Uomo e ambiente in Sardegna nel percorso storico”, in Studi Sardi, XXX (1992-1993), Cagliari, 1996, pp. 5-19.

1997“Due statuine in bronzo di età nuragica dalla località di Agrani-Nurallao (Nùo-ro)”, in Alle soglie della classicità. Il Mediterraneo tra tradizione e innovazione.Studi in onore di Sabatino Moscati, a cura di E. Acquaro, Pisa-Roma, 1997, pp.833-841.

“Il manoscritto Gilj e gli idoli sardo-fenici”, in Le Carte d’Arborea. Falsi e Falsarinella Sardegna del XIX secolo, a cura di L. Marrocu, Cagliari, AM&D, 1997, pp.287-300.

“Il Mediterraneo fra passato e presente”, in Pastorizia e politica mediterranea. Attidel XIX Seminario per la cooperazione mediterranea (Cagliari, 14-15 novembre1997), a cura di F. Nuvoli, R. Furesi, Cagliari, Tema, 1997, pp. 25-33.

“La grande statuaria nella Sardegna nuragica”, in Atti dell’Accademia dei Lincei,Memorie, IX, serie IX, fasc. 3, Roma, 1997, pp. 284-385, tavv. I-XXXVI.

“Pesca e raccolta dalla preistoria all’età romana”, in Pesca e pescatori in Sardegna.Mestieri del mare e delle acque interne, a cura di G. Mondardini, Cinisello Balsamo,Amilcare Pizzi, 1997, pp. 15-27, figg. 1-20.

“Presentazione”, in La cultura di Ozieri. La Sardegna e il Mediterraneo nel IV e IIImillennio a.C. Atti del II Convegno di studio (Ozieri, 15-17 ottobre 1990), a curadi L. Campus, Ozieri, Il Torchietto, 1997, pp. 9-12.

“Sa die de sa Sardigna”, in Il popolo sardo. Rivista trimestrale della Sardegna, III, 2,aprile-giugno 1997, pp. 51-54.

“Sarda Arte”, in Enciclopedia dell’arte antica, classica e orientale, Supplemento II(1971-94), Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1997, pp. 134-141, figg.166-176.

“Trent’anni di lotta per la lingua sarda”, in L’amarezza leggiadra della lingua. Attidel Convegno (Tonino Ledda e il movimento felibristico del premio di letteratura Cittàdi Ozieri. Percorsi e prospettive della lingua materna nella poesia contemporanea),Ozieri, Il Torchietto, 1997, pp. 33-39.

43

Nota bibliografica

“Miti e rituali nella Sardegna preistorica”, in Sardinia in the Mediterranean: a Foot-print in the Sea. Studies in Sardinian Archaeology presented to Miriam S. Balmuth,ed. Robert H. Tykot and Tamsey K. Andrews, Sheffield Academic Press, 1992,pp. 11-12, 378-383.

1993“Giovanni Spano, 1803-1878”, in I Cagliaritani illustri, a cura di A. Romagnino,I, Cagliari, Della Torre, 1993, pp. 182-187.

“I castelli della Sardegna medievale”, in La Sardegna. Trimestrale politico-culturale,9, aprile-giugno 1993, pp. 16-19.

“Il cavallo nella protostoria sarda”, in Atti dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Ren-diconti, IV, serie IX, fasc. 2, Roma, 1993, pp. 235-259.

“La figura e l’opera di Pietro Meloni”, in Sardinia Antiqua. Atti del X Convegno distudio (Oristano, 11-13 dicembre 1992), Nuoro, Archivio Fotografico sardo, 1993,pp. 63-69.

“Milizie in Sardegna durante l’età bizantina”, in Sardegna, Mediterraneo e Atlanticotra medioevo ed età moderna. Studi storici in memoria di Alberto Boscolo, a cura di L.D’Arienzo, I, Roma, Bulzoni, 1993, pp. 105-135.

“Passato e presente del paesaggio sardo. Il difficile rapporto uomo-natura dai nura-gici ai giorni nostri”, in Demos, Ricerca e ambiente, Cagliari, 1993, pp. 182-187.

The Sardinia of the Nuraghi, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1993.

1994“Introduzione”, in L’uomo e il fiume. VII Rassegna internazionale di Documenti Et-nografici (Nuoro, 10-15 ottobre 1994), Nuoro, ISRE, pp. 9-18.

“Le grotte di Rureu e Verde nella Nurra di Alghero (Sassari)”, in Atti dell’Acca-demia Nazionale dei Lincei, Rendiconti, V, serie IX, fasc. 4, Roma, 1994, pp.629-690.

“Presentazione”, in AA.VV., Omaggio a Doro Levi, in Quaderni della Soprintenden-za ai Beni Archeologici per le province di Sassari e Nuoro, 19, Ozieri, Il Torchietto,1994, pp. 5-13.

1995“Betili e betilini nelle tombe di giganti della Sardegna”, in Atti dell’Accademia Na-zionale dei Lincei, Memorie, VI, serie IX, fasc. 4, Roma, 1995, pp. 422-507.

Cultura e Culture. Storia e problemi negli scritti giornalistici di Giovanni Lilliu, a cu-ra di A. Moravetti, Sassari, Carlo Delfino, 1995, 2 voll.

“Preistoria e protostoria del Sulcis”, in Carbonia e il Sulcis. Archeologia e territorio,Oristano, S’Alvure, 1995, pp. 11-50.

“Presentazione di Sardinia antiqua”, in Archivio Storico Sardo, XXXVIII, 1995,pp. 430-433.

42

Page 43: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1996“Bicentenario dei moti di liberazione del 1796. L’effimero trionfo dell’Angioy”, inIl Popolo sardo. Rivista bimestrale della Sardegna, II, n. 2, maggio-giugno, 1996, pp.27-35.

“La lingua sarda: problemi e prospettive”, in Attoppus cun sa lingua e sa cultura deSardigna, Dolianova, Grafica Parteolla, 1996, pp. 17-24.

“Sardegna anticlassica”, in Società sarda. Periodico di Nuovo impegno, 3° quadrime-stre, Quartu Sant’Elena, Castello, 1996, pp. 68-74.

“Uomo e ambiente in Sardegna nel percorso storico”, in Studi Sardi, XXX (1992-1993), Cagliari, 1996, pp. 5-19.

1997“Due statuine in bronzo di età nuragica dalla località di Agrani-Nurallao (Nùo-ro)”, in Alle soglie della classicità. Il Mediterraneo tra tradizione e innovazione.Studi in onore di Sabatino Moscati, a cura di E. Acquaro, Pisa-Roma, 1997, pp.833-841.

“Il manoscritto Gilj e gli idoli sardo-fenici”, in Le Carte d’Arborea. Falsi e Falsarinella Sardegna del XIX secolo, a cura di L. Marrocu, Cagliari, AM&D, 1997, pp.287-300.

“Il Mediterraneo fra passato e presente”, in Pastorizia e politica mediterranea. Attidel XIX Seminario per la cooperazione mediterranea (Cagliari, 14-15 novembre1997), a cura di F. Nuvoli, R. Furesi, Cagliari, Tema, 1997, pp. 25-33.

“La grande statuaria nella Sardegna nuragica”, in Atti dell’Accademia dei Lincei,Memorie, IX, serie IX, fasc. 3, Roma, 1997, pp. 284-385, tavv. I-XXXVI.

“Pesca e raccolta dalla preistoria all’età romana”, in Pesca e pescatori in Sardegna.Mestieri del mare e delle acque interne, a cura di G. Mondardini, Cinisello Balsamo,Amilcare Pizzi, 1997, pp. 15-27, figg. 1-20.

“Presentazione”, in La cultura di Ozieri. La Sardegna e il Mediterraneo nel IV e IIImillennio a.C. Atti del II Convegno di studio (Ozieri, 15-17 ottobre 1990), a curadi L. Campus, Ozieri, Il Torchietto, 1997, pp. 9-12.

“Sa die de sa Sardigna”, in Il popolo sardo. Rivista trimestrale della Sardegna, III, 2,aprile-giugno 1997, pp. 51-54.

“Sarda Arte”, in Enciclopedia dell’arte antica, classica e orientale, Supplemento II(1971-94), Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1997, pp. 134-141, figg.166-176.

“Trent’anni di lotta per la lingua sarda”, in L’amarezza leggiadra della lingua. Attidel Convegno (Tonino Ledda e il movimento felibristico del premio di letteratura Cittàdi Ozieri. Percorsi e prospettive della lingua materna nella poesia contemporanea),Ozieri, Il Torchietto, 1997, pp. 33-39.

43

Nota bibliografica

“Miti e rituali nella Sardegna preistorica”, in Sardinia in the Mediterranean: a Foot-print in the Sea. Studies in Sardinian Archaeology presented to Miriam S. Balmuth,ed. Robert H. Tykot and Tamsey K. Andrews, Sheffield Academic Press, 1992,pp. 11-12, 378-383.

1993“Giovanni Spano, 1803-1878”, in I Cagliaritani illustri, a cura di A. Romagnino,I, Cagliari, Della Torre, 1993, pp. 182-187.

“I castelli della Sardegna medievale”, in La Sardegna. Trimestrale politico-culturale,9, aprile-giugno 1993, pp. 16-19.

“Il cavallo nella protostoria sarda”, in Atti dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Ren-diconti, IV, serie IX, fasc. 2, Roma, 1993, pp. 235-259.

“La figura e l’opera di Pietro Meloni”, in Sardinia Antiqua. Atti del X Convegno distudio (Oristano, 11-13 dicembre 1992), Nuoro, Archivio Fotografico sardo, 1993,pp. 63-69.

“Milizie in Sardegna durante l’età bizantina”, in Sardegna, Mediterraneo e Atlanticotra medioevo ed età moderna. Studi storici in memoria di Alberto Boscolo, a cura di L.D’Arienzo, I, Roma, Bulzoni, 1993, pp. 105-135.

“Passato e presente del paesaggio sardo. Il difficile rapporto uomo-natura dai nura-gici ai giorni nostri”, in Demos, Ricerca e ambiente, Cagliari, 1993, pp. 182-187.

The Sardinia of the Nuraghi, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1993.

1994“Introduzione”, in L’uomo e il fiume. VII Rassegna internazionale di Documenti Et-nografici (Nuoro, 10-15 ottobre 1994), Nuoro, ISRE, pp. 9-18.

“Le grotte di Rureu e Verde nella Nurra di Alghero (Sassari)”, in Atti dell’Acca-demia Nazionale dei Lincei, Rendiconti, V, serie IX, fasc. 4, Roma, 1994, pp.629-690.

“Presentazione”, in AA.VV., Omaggio a Doro Levi, in Quaderni della Soprintenden-za ai Beni Archeologici per le province di Sassari e Nuoro, 19, Ozieri, Il Torchietto,1994, pp. 5-13.

1995“Betili e betilini nelle tombe di giganti della Sardegna”, in Atti dell’Accademia Na-zionale dei Lincei, Memorie, VI, serie IX, fasc. 4, Roma, 1995, pp. 422-507.

Cultura e Culture. Storia e problemi negli scritti giornalistici di Giovanni Lilliu, a cu-ra di A. Moravetti, Sassari, Carlo Delfino, 1995, 2 voll.

“Preistoria e protostoria del Sulcis”, in Carbonia e il Sulcis. Archeologia e territorio,Oristano, S’Alvure, 1995, pp. 11-50.

“Presentazione di Sardinia antiqua”, in Archivio Storico Sardo, XXXVIII, 1995,pp. 430-433.

42

Page 44: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

Su Nuraxi di Barumini. Guida, Cagliari, Valdes, 1999, pp. 1-18.

“Teoria, pratica e senso dell’archeologia”, in Almanacco Gallurese, 1999-2000, pp.35-44.

“Viaggio nel Partito Sardo d’Azione”, in Bollettino Bibliografico e Rassegna Archivi-stica e di Studi Storici della Sardegna, 1999, pp. 1-5.

2000“Archeologia di San Vito”, in I Quaderni Sarrabesi. Atti dell’incontro culturale (Mu-ravera, 19-2-2000), Litografica Progres, 2000, pp. 6-11.

“Aspetti e problemi dell’ipogeismo mediterraneo”, in L’ipogeismo nel Mediterraneo,origine, sviluppo, quadri culturali. Atti del Congresso Internazionale (Sassari-Orista-no, 23-28 maggio 1994), Muros, Stampacolor, 2000, pp. 3-28.

“D’una navicella protosarda nello heraion di Capo Colonna a Crotone”, in Atti del-l’Accademia Nazionale dei Lincei, Rendiconti, serie IX, Roma, 2000, pp. 181-233.

“La costante autonomistica sarda”, in Presente e futuro, 10, 2000, pp. 43-80.

“Prefazione”, in M. Pallottino, La Sardegna nuragica, Nuoro, Ilisso, 2000, pp. 7-60.

“Prefazione”, in U. Cocco, G. Marras, Una moda fuori legge. Il fascino del pastorein velluto. La scoperta di uno stile etnico, Napoli, Cuen, 2000, pp. 5-26.

“Presentazione”, in L. Pisanu, I frati minori in Sardegna dal 1218 al 1639 (origini eforte presenza nell’isola), Cagliari, Della Torre, 2000, pp. 11-41.

“Presentazione di S. Moscati, Storia degli italiani dalle origini all’età di Augusto,Bardi Editore”, in Atti dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Rendiconti, XI, serie IX,Roma, 2000, pp. 163-171.

“Recensione di A. Ingegno-R. Sassa, La casa di Eleonora. Una finestra aperta sul re-stauro, Oristano, S’Alvure, 1994”, in Studi Sardi, XXXII (1999), 2000, pp. 440-444.

“Recensione di G. Mondardini, Gente di mare in Sardegna. Antropologia dei saperi,dei luoghi e dei corpi, Nuoro, ISRE, 1997”, in Studi Sardi, XXXII (1999), 2000,pp. 460-467.

“Recensione di L. Pisanu, I frati minori in Sardegna dal 1900 al 1925 (sviluppo eautonomia), vol. III, Della Torre, 1995”, in Studi Sardi, XXXII (1999), 2000, pp.445-449.

“Recensione di S. Cubeddu, Sardisti, viaggio nel Partito Sardo d’Azione tra cronacae storia, testimonianze, documenti, date e commento, vol. II, Sassari, 1996”, in StudiSardi, XXXII (1999), 2000, pp. 450-459.

2001

“La Sardegna fra il XVII e il XIV secolo a.C.: linee di sviluppo e relazioni esterne”,in AA.VV., Culture marinare nel Mediterraneo centrale e occidentale fra il XVII e XV

45

Nota bibliografica

1998“Archeologia in Sardegna: uno straordinario progresso”, in Papers from the EAAThird annual Meeting at Ravenna, 1997, vol. III (Sardinia), a cura di A. Moravetti,Oxford, BAR International Series, 719, 1998, pp. 1-6.

“Aspetti e problemi dell’ipogeismo mediterraneo”, in Atti dell’Accademia Nazionaledei Lincei, Memorie, X, serie IX, Roma, 1998, pp. 123-157, tav. I-XLV.

“Costruzioni circolari in pietre a secco con copertura a tholos (Sardegna, Corsica,Minorca)”, in Costruzioni circolari con copertura a tholos in Europa. Atti del Conve-gno Internazionale (Ascoli Piceno, 2-3 aprile 1998), pp. 5-14, figg. 1-26.

“Il mondo dei megaliti”, in Archeoastronomia, credenze e religioni nel mondo antico.Atti del Convegno Internazionale (14-15 maggio 1997), Roma, Accademia Nazio-nale dei Lincei, 1998, pp. 8-40, 250-252.

L’archeologo e i falsi bronzetti, con la biografia dell’autore raccontata da R. Copez, Ca-gliari, AM&D, 1998.

“Lingua, identità, radici e ali”, in La grotta della vipera, XXIV, n. 84, 1998-99, pp.5-12.

“Luoghi di culto e monumenti pagani convertiti in sedi della religione cristiana”,in Studi in onore di Ottorino Pietro Alberti, a cura di F. Atzeni, T. Cabizzosu, Ca-gliari, Della Torre, 1998, pp. 41-60.

“Origini della civiltà in Sardegna”, in Rivista di Archeologia, XXII, 1998, pp. 133-140.

“Origini della civiltà in Sardegna”, in Sardegna. Chek Point, Firenze, Icona, 1998.

“Prefazione”, in G. Tore, Rilievo funerario in pietra. Scultura e rilievo nella Collezio-ne comunale di Sedilo: dall’età nuragica alla punico-romana, Villanova Monteleone,Soter, 1998, pp. I-IV.

1999Arte e religione della Sardegna prenuragica, Sassari, Carlo Delfino, 1999.

“Gramsci e la lingua sarda”, in Il pensiero permanente. Gramsci oltre il suo tempo,Cagliari, Tema, 1999, pp. 156-160.

“Introduzione”, in U. Cardia, Autonomia sarda. Un’idea che attraversa i secoli, Ca-gliari, Cuec, 1999, pp. 9-29.

“Recensione di Archivio Storico Sardo, XXXVIII, 1995”, in Studi Sardi, XXXI(1994-1998), 1999, pp. 569-572.

“Recensione di M. Luisa Ferrarese Ceruti, Archeologia della Sardegna preistorica eprotostorica, Nuoro, Poliedro, 1997”, in Studi Sardi, XXXI (1994-1998), 1999,pp. 576-582.

“Ricordo di Giovanni Tore (1945-1997)”, in Studi Sardi, XXXI (1994-1998),1999, pp. 588-593.

44

Page 45: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

Su Nuraxi di Barumini. Guida, Cagliari, Valdes, 1999, pp. 1-18.

“Teoria, pratica e senso dell’archeologia”, in Almanacco Gallurese, 1999-2000, pp.35-44.

“Viaggio nel Partito Sardo d’Azione”, in Bollettino Bibliografico e Rassegna Archivi-stica e di Studi Storici della Sardegna, 1999, pp. 1-5.

2000“Archeologia di San Vito”, in I Quaderni Sarrabesi. Atti dell’incontro culturale (Mu-ravera, 19-2-2000), Litografica Progres, 2000, pp. 6-11.

“Aspetti e problemi dell’ipogeismo mediterraneo”, in L’ipogeismo nel Mediterraneo,origine, sviluppo, quadri culturali. Atti del Congresso Internazionale (Sassari-Orista-no, 23-28 maggio 1994), Muros, Stampacolor, 2000, pp. 3-28.

“D’una navicella protosarda nello heraion di Capo Colonna a Crotone”, in Atti del-l’Accademia Nazionale dei Lincei, Rendiconti, serie IX, Roma, 2000, pp. 181-233.

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“Prefazione”, in M. Pallottino, La Sardegna nuragica, Nuoro, Ilisso, 2000, pp. 7-60.

“Prefazione”, in U. Cocco, G. Marras, Una moda fuori legge. Il fascino del pastorein velluto. La scoperta di uno stile etnico, Napoli, Cuen, 2000, pp. 5-26.

“Presentazione”, in L. Pisanu, I frati minori in Sardegna dal 1218 al 1639 (origini eforte presenza nell’isola), Cagliari, Della Torre, 2000, pp. 11-41.

“Presentazione di S. Moscati, Storia degli italiani dalle origini all’età di Augusto,Bardi Editore”, in Atti dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Rendiconti, XI, serie IX,Roma, 2000, pp. 163-171.

“Recensione di A. Ingegno-R. Sassa, La casa di Eleonora. Una finestra aperta sul re-stauro, Oristano, S’Alvure, 1994”, in Studi Sardi, XXXII (1999), 2000, pp. 440-444.

“Recensione di G. Mondardini, Gente di mare in Sardegna. Antropologia dei saperi,dei luoghi e dei corpi, Nuoro, ISRE, 1997”, in Studi Sardi, XXXII (1999), 2000,pp. 460-467.

“Recensione di L. Pisanu, I frati minori in Sardegna dal 1900 al 1925 (sviluppo eautonomia), vol. III, Della Torre, 1995”, in Studi Sardi, XXXII (1999), 2000, pp.445-449.

“Recensione di S. Cubeddu, Sardisti, viaggio nel Partito Sardo d’Azione tra cronacae storia, testimonianze, documenti, date e commento, vol. II, Sassari, 1996”, in StudiSardi, XXXII (1999), 2000, pp. 450-459.

2001

“La Sardegna fra il XVII e il XIV secolo a.C.: linee di sviluppo e relazioni esterne”,in AA.VV., Culture marinare nel Mediterraneo centrale e occidentale fra il XVII e XV

45

Nota bibliografica

1998“Archeologia in Sardegna: uno straordinario progresso”, in Papers from the EAAThird annual Meeting at Ravenna, 1997, vol. III (Sardinia), a cura di A. Moravetti,Oxford, BAR International Series, 719, 1998, pp. 1-6.

“Aspetti e problemi dell’ipogeismo mediterraneo”, in Atti dell’Accademia Nazionaledei Lincei, Memorie, X, serie IX, Roma, 1998, pp. 123-157, tav. I-XLV.

“Costruzioni circolari in pietre a secco con copertura a tholos (Sardegna, Corsica,Minorca)”, in Costruzioni circolari con copertura a tholos in Europa. Atti del Conve-gno Internazionale (Ascoli Piceno, 2-3 aprile 1998), pp. 5-14, figg. 1-26.

“Il mondo dei megaliti”, in Archeoastronomia, credenze e religioni nel mondo antico.Atti del Convegno Internazionale (14-15 maggio 1997), Roma, Accademia Nazio-nale dei Lincei, 1998, pp. 8-40, 250-252.

L’archeologo e i falsi bronzetti, con la biografia dell’autore raccontata da R. Copez, Ca-gliari, AM&D, 1998.

“Lingua, identità, radici e ali”, in La grotta della vipera, XXIV, n. 84, 1998-99, pp.5-12.

“Luoghi di culto e monumenti pagani convertiti in sedi della religione cristiana”,in Studi in onore di Ottorino Pietro Alberti, a cura di F. Atzeni, T. Cabizzosu, Ca-gliari, Della Torre, 1998, pp. 41-60.

“Origini della civiltà in Sardegna”, in Rivista di Archeologia, XXII, 1998, pp. 133-140.

“Origini della civiltà in Sardegna”, in Sardegna. Chek Point, Firenze, Icona, 1998.

“Prefazione”, in G. Tore, Rilievo funerario in pietra. Scultura e rilievo nella Collezio-ne comunale di Sedilo: dall’età nuragica alla punico-romana, Villanova Monteleone,Soter, 1998, pp. I-IV.

1999Arte e religione della Sardegna prenuragica, Sassari, Carlo Delfino, 1999.

“Gramsci e la lingua sarda”, in Il pensiero permanente. Gramsci oltre il suo tempo,Cagliari, Tema, 1999, pp. 156-160.

“Introduzione”, in U. Cardia, Autonomia sarda. Un’idea che attraversa i secoli, Ca-gliari, Cuec, 1999, pp. 9-29.

“Recensione di Archivio Storico Sardo, XXXVIII, 1995”, in Studi Sardi, XXXI(1994-1998), 1999, pp. 569-572.

“Recensione di M. Luisa Ferrarese Ceruti, Archeologia della Sardegna preistorica eprotostorica, Nuoro, Poliedro, 1997”, in Studi Sardi, XXXI (1994-1998), 1999,pp. 576-582.

“Ricordo di Giovanni Tore (1945-1997)”, in Studi Sardi, XXXI (1994-1998),1999, pp. 588-593.

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Page 46: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

Avvertenze redazionali

I Nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna è stato pubblicato per la prima volta aCagliari, nel 1962, per i tipi di La Zattera, da allora non è stato più ristampato.Nella presente edizione in merito ai testi sono stati adottati criteri conservativi; siè intervenuti esclusivamente nel caso di evidenti refusi tipografici e in forma lievenella punteggiatura; graficamente sono state operate quelle modifiche formali fi-nalizzate ad una più agile consultazione del volume:la legenda alla Carta B, le didascalie alle 18 figure presenti nel “Catalogo” e aquelle contenute all’interno di ciascuna delle 107 tavole, in originale tra gli ap-parati critici alle pp. 189-198, sono state trasferite di seguito alle figure a cuifanno diretto riferimento. L’edizione del 1962 presentava, alla fine del testo, uncorpus di illustrazioni che si trova ora susseguente alle relative schede descrittivein un’unica sezione denominata “Tavole”.

Gli indici sono stati completati coll’inserimento dei numeri di pagine man-canti nell’originale.

47

secolo a.C. Ricerche di storia, epigrafia e archeologia mediterranea, a cura di C. Giar-dino, Roma, Bagatto Libri, 2001, pp. 257-305.

“Lingua, identità, radici e ali”, in Limba, lingua, language. Lingue locali, standar-dizzazione e identità in Sardegna nell’era della globalizzazione, a cura di M. Argio-las, R. Serra, Cagliari, Cuec, 2001, pp. 43-55.

“Recensione di A. Moravetti, Testimonianze archeologiche nel Marghine-Planar-gia, II, Sassari, Carlo Delfino, 2000”, in Studi Sardi, XXXIII (2000), 2001, pp.651-654.

“Recensione di W. Paris, La Collezione Spano a Ploaghe, Muros, Stampacolor,1999”, in Studi Sardi, XXXIII (2000), 2001, pp. 655-660.

“Ricordo di Ranuccio Bianchi Bandinelli”, in Atti dell’Accademia Nazionale deiLincei, Memorie, XI, serie IX, fasc. 4, Roma, 2001, pp. 684-689.

“Simbologia astrale nel mondo prenuragico”, in L’uomo antico e il cosmo, Atti del3° Convegno Internazionale di Archeologia e Astronomia (Roma, 15-16 maggio2000), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 2001, pp. 163-234.

2002“Arzachena, La civiltà della Gallura, il Re-Pastore e il culto dei morti”, in Almanac-co Gallurese, 2002, pp. 54-66.

“La civiltà preistorica e nuragica in Sardegna”, in Atti dell’Accademia Nazionale deiLincei, Memorie, XV, serie IX, Roma, 2002, p. 237.

La costante resistenziale sarda, Nuoro, Ilisso, 2002 (riedito a cura di A. Mattone).

Le ragioni dell’autonomia, a cura di G. Marci, presentazione di L. Ortu, Cagliari,Cuec, 2002.

“Profilo della storia delle miniere in Sardegna: valori e significati”, in Per il Parcogeominerario. Avviamento, progetti in itinere, prospettive, Pau, località Senixeddu,Convegno nazionale (17 dicembre 2001), Cagliari, Rossa, 2002, pp. 28-31.

“Storiografia dei rapporti sardo-etruschi”, in Etruria e Sardegna centro-settentrionaletra l’Età del Bronzo finale e l’Arcaismo. Atti del XXI Convegno di Studi Etruschi e Ita-lici (Sassari, 13-17 ottobre 1998), Pisa-Roma, Istituti Editoriali e Poligrafici Inter-nazionali, 2002, pp. 19-48.

2003La civiltà dei Sardi dal Paleolitico all’età dei nuraghi, Nuoro, Il Maestrale-Rai ERI,2003 (riedito con prefazione di A. Moravetti).

“Prefazione”, in E. Atzeni, Cagliari preistorica, Cagliari, Cuec, 2003, pp. 7-10.

2005“Giovanni Spano e l’archeologia sarda”, in Il tesoro del canonico, a cura di P. Pulinae S. Tola, Sassari, Carlo Delfino, 2005, pp. 53-64.

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Avvertenze redazionali

I Nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna è stato pubblicato per la prima volta aCagliari, nel 1962, per i tipi di La Zattera, da allora non è stato più ristampato.Nella presente edizione in merito ai testi sono stati adottati criteri conservativi; siè intervenuti esclusivamente nel caso di evidenti refusi tipografici e in forma lievenella punteggiatura; graficamente sono state operate quelle modifiche formali fi-nalizzate ad una più agile consultazione del volume:la legenda alla Carta B, le didascalie alle 18 figure presenti nel “Catalogo” e aquelle contenute all’interno di ciascuna delle 107 tavole, in originale tra gli ap-parati critici alle pp. 189-198, sono state trasferite di seguito alle figure a cuifanno diretto riferimento. L’edizione del 1962 presentava, alla fine del testo, uncorpus di illustrazioni che si trova ora susseguente alle relative schede descrittivein un’unica sezione denominata “Tavole”.

Gli indici sono stati completati coll’inserimento dei numeri di pagine man-canti nell’originale.

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secolo a.C. Ricerche di storia, epigrafia e archeologia mediterranea, a cura di C. Giar-dino, Roma, Bagatto Libri, 2001, pp. 257-305.

“Lingua, identità, radici e ali”, in Limba, lingua, language. Lingue locali, standar-dizzazione e identità in Sardegna nell’era della globalizzazione, a cura di M. Argio-las, R. Serra, Cagliari, Cuec, 2001, pp. 43-55.

“Recensione di A. Moravetti, Testimonianze archeologiche nel Marghine-Planar-gia, II, Sassari, Carlo Delfino, 2000”, in Studi Sardi, XXXIII (2000), 2001, pp.651-654.

“Recensione di W. Paris, La Collezione Spano a Ploaghe, Muros, Stampacolor,1999”, in Studi Sardi, XXXIII (2000), 2001, pp. 655-660.

“Ricordo di Ranuccio Bianchi Bandinelli”, in Atti dell’Accademia Nazionale deiLincei, Memorie, XI, serie IX, fasc. 4, Roma, 2001, pp. 684-689.

“Simbologia astrale nel mondo prenuragico”, in L’uomo antico e il cosmo, Atti del3° Convegno Internazionale di Archeologia e Astronomia (Roma, 15-16 maggio2000), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 2001, pp. 163-234.

2002“Arzachena, La civiltà della Gallura, il Re-Pastore e il culto dei morti”, in Almanac-co Gallurese, 2002, pp. 54-66.

“La civiltà preistorica e nuragica in Sardegna”, in Atti dell’Accademia Nazionale deiLincei, Memorie, XV, serie IX, Roma, 2002, p. 237.

La costante resistenziale sarda, Nuoro, Ilisso, 2002 (riedito a cura di A. Mattone).

Le ragioni dell’autonomia, a cura di G. Marci, presentazione di L. Ortu, Cagliari,Cuec, 2002.

“Profilo della storia delle miniere in Sardegna: valori e significati”, in Per il Parcogeominerario. Avviamento, progetti in itinere, prospettive, Pau, località Senixeddu,Convegno nazionale (17 dicembre 2001), Cagliari, Rossa, 2002, pp. 28-31.

“Storiografia dei rapporti sardo-etruschi”, in Etruria e Sardegna centro-settentrionaletra l’Età del Bronzo finale e l’Arcaismo. Atti del XXI Convegno di Studi Etruschi e Ita-lici (Sassari, 13-17 ottobre 1998), Pisa-Roma, Istituti Editoriali e Poligrafici Inter-nazionali, 2002, pp. 19-48.

2003La civiltà dei Sardi dal Paleolitico all’età dei nuraghi, Nuoro, Il Maestrale-Rai ERI,2003 (riedito con prefazione di A. Moravetti).

“Prefazione”, in E. Atzeni, Cagliari preistorica, Cagliari, Cuec, 2003, pp. 7-10.

2005“Giovanni Spano e l’archeologia sarda”, in Il tesoro del canonico, a cura di P. Pulinae S. Tola, Sassari, Carlo Delfino, 2005, pp. 53-64.

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I NURAGHITorri preistoriche di Sardegna

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I NURAGHITorri preistoriche di Sardegna

Page 50: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

Ai miei allievi

“Viewing them, however, as faithful, though silentmonuments of men and days, that have totally passed

away and escaped all record, they cannot butbe contemplated as objects worthy both of

admiration and reverence”William Henry Smyth

“They (nuraghes) have marked the rise and thefall of empires, the vicissitudes of fortune, the illusory

hopes, the vain fears, and the insatiable desiresof successive generations of men, whose brief spanof existence has been that of a moment compared

with the centuries that have looked down from theirsummits”

Thomas Forester

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Ai miei allievi

“Viewing them, however, as faithful, though silentmonuments of men and days, that have totally passed

away and escaped all record, they cannot butbe contemplated as objects worthy both of

admiration and reverence”William Henry Smyth

“They (nuraghes) have marked the rise and thefall of empires, the vicissitudes of fortune, the illusory

hopes, the vain fears, and the insatiable desiresof successive generations of men, whose brief spanof existence has been that of a moment compared

with the centuries that have looked down from theirsummits”

Thomas Forester

Page 52: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

Premessa

Da parecchi anni meditavo di scrivere un libro sui nuraghi della Sardegna, siaper l’interesse e l’importanza scientifica e culturale in genere dell’argomento, nonignorato anche nel passato da quanti ebbero ad occuparsene con intenti e visionidiverse, sia per far conoscere al pubblico i risultati delle più recenti ricerche e studisul caratteristico monumento, da cui si è arricchita la problematica e son derivateacquisizioni obbiettive le quali segnano un notevole progresso nel campo della pro-tostoria sarda e mediterranea.

In questo libro, che non è e non può essere “popolare” nel senso di una divulga-zione a livello di base ma si apre tuttavia a una larga cerchia di persone sensibili einteressate alla materia, viene offerto un riassunto delle principali questioni che sipongono, oggi come e più di prima, a chi si volge con impegno all’indagine sui nu-raghi. Alcune – si vedrà – appariranno risolte o in via di risoluzione, altre resteran-no ancora senza conclusione, allo stato di problema, ribadendo, se mai ve ne fossebisogno, quel carattere di “relatività” di cui soffre la scienza archeologica, da noi co-me altrove, di là dalla presentazione ottimistica che taluni amano fare delle sue la-boriose conquiste.

Il nuraghe, che è l’espressione monumentale più cospicua ed alta della culturaarchitettonica protosarda ed il risultato più concreto e positivo della situazione so-ciale, economica e politica di quegli antichi tempi, potrebbe prestarsi a farne il cen-tro d’una narrazione romanzesca delle vicende storiche e culturali che vi furonoconnesse per lungo seguirsi di secoli; e potrebbe costituire il simbolo d’una sorta direvanche regionalistica in un momento, come l’attuale, in cui le periferie provin-ciali vengono valorizzate nei loro contenuti e nel loro impegno storico, anche sullabase dei fatti remoti da esse prodotti.

Le pagine qui presentate non accolgono queste lusinghe; ma non ignorano, tutta-via, certi aspetti dell’antica civiltà dei nuraghi, vitali e produttivi nel tempo e nel luo-go in cui si esplicarono in concreto e nelle più o meno scoperte discendenze attuali.

Anzitutto sta il valore “spettacolare” del monumento. Nel grande fenomeno delmegalitismo a torri (meravigliosa componente arcaica residuata ancora in età stori-ca), il nuraghe rappresenta la formula più complessa, studiata e ricca in linee e vo-lumi, dell’architettura protostorica isolana e (può dirsi) anche di tutte le espressioniarchitettoniche delle terre occidentali mediterranee. Il nuraghe è il monumento incui più si articola, si organizza, si compone, a volte “baroccheggiando”, il megaliti-smo dei paesi barbari di qua dalle Colonne d’Ercole. Questa sorta di vocazione re-ligiosa al monumentale, che rappresenta insieme una tendenza di stirpe e un pro-dotto di necessità dell’età del bronzo (l’età della guerra), il popolo la vela, oggi,

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Premessa

Da parecchi anni meditavo di scrivere un libro sui nuraghi della Sardegna, siaper l’interesse e l’importanza scientifica e culturale in genere dell’argomento, nonignorato anche nel passato da quanti ebbero ad occuparsene con intenti e visionidiverse, sia per far conoscere al pubblico i risultati delle più recenti ricerche e studisul caratteristico monumento, da cui si è arricchita la problematica e son derivateacquisizioni obbiettive le quali segnano un notevole progresso nel campo della pro-tostoria sarda e mediterranea.

In questo libro, che non è e non può essere “popolare” nel senso di una divulga-zione a livello di base ma si apre tuttavia a una larga cerchia di persone sensibili einteressate alla materia, viene offerto un riassunto delle principali questioni che sipongono, oggi come e più di prima, a chi si volge con impegno all’indagine sui nu-raghi. Alcune – si vedrà – appariranno risolte o in via di risoluzione, altre resteran-no ancora senza conclusione, allo stato di problema, ribadendo, se mai ve ne fossebisogno, quel carattere di “relatività” di cui soffre la scienza archeologica, da noi co-me altrove, di là dalla presentazione ottimistica che taluni amano fare delle sue la-boriose conquiste.

Il nuraghe, che è l’espressione monumentale più cospicua ed alta della culturaarchitettonica protosarda ed il risultato più concreto e positivo della situazione so-ciale, economica e politica di quegli antichi tempi, potrebbe prestarsi a farne il cen-tro d’una narrazione romanzesca delle vicende storiche e culturali che vi furonoconnesse per lungo seguirsi di secoli; e potrebbe costituire il simbolo d’una sorta direvanche regionalistica in un momento, come l’attuale, in cui le periferie provin-ciali vengono valorizzate nei loro contenuti e nel loro impegno storico, anche sullabase dei fatti remoti da esse prodotti.

Le pagine qui presentate non accolgono queste lusinghe; ma non ignorano, tutta-via, certi aspetti dell’antica civiltà dei nuraghi, vitali e produttivi nel tempo e nel luo-go in cui si esplicarono in concreto e nelle più o meno scoperte discendenze attuali.

Anzitutto sta il valore “spettacolare” del monumento. Nel grande fenomeno delmegalitismo a torri (meravigliosa componente arcaica residuata ancora in età stori-ca), il nuraghe rappresenta la formula più complessa, studiata e ricca in linee e vo-lumi, dell’architettura protostorica isolana e (può dirsi) anche di tutte le espressioniarchitettoniche delle terre occidentali mediterranee. Il nuraghe è il monumento incui più si articola, si organizza, si compone, a volte “baroccheggiando”, il megaliti-smo dei paesi barbari di qua dalle Colonne d’Ercole. Questa sorta di vocazione re-ligiosa al monumentale, che rappresenta insieme una tendenza di stirpe e un pro-dotto di necessità dell’età del bronzo (l’età della guerra), il popolo la vela, oggi,

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ulteriori ricerche e studi sulla speciale materia. Si danno anche grafici e fotografiedi monumenti non sardi – balearici, côrsi, cretesi e anatolici – i quali (segnata-mente i primi) presentano delle somiglianze o delle affinità con i nuraghi, contri-buendo a tracciare linee essenziali, sempre sviluppabili, di un quadro di relazionimonumentali e culturali intermediterranee, non privo di significato storico e utilequale invito ad approfondire ed allargare il campo di queste indagini di architettu-ra e di civiltà comparate di piccoli mondi che non furono, come generalmente sicrede, del tutto chiusi in sé stessi. Ne risulta l’immagine di una comunità etnico-culturale “insulare e mediterranea occidentale”, di cui si colgono ancora echi ed esi-ti nei fondi moderni “subalterni”, e in cui chi è ammalato di romanticismo storicopotrebbe esser tentato di rispecchiarsi con sottile malinconia del passato.

L’Autore e l’Editore* hanno inteso rinnovare, con speciale cura e selezione, l’ap-parato delle illustrazioni dei monumenti. Già il magnifico volume di Ch. Zervos(Civilisation de la Sardaigne, Paris 1954), si era posto questa esigenza assolvendo-la degnamente con artistiche immagini. Se la ripropone questo libro che, presen-tando una ricca serie di visioni del tutto inedite di nuraghi, le sostituisce al vecchiorepertorio mitologico dell’illustrazione della solita uniforme torre nuragica cam-peggiante sullo sfondo d’un piano desolato con l’immancabile gregge di pecore e ilpastore in mastruca, o inghirlandato di graziose fanciulle in “costume” indossato,a richiesta, per l’occasione. Si offrono immagini nuove di nuraghi non conosciuti,e di quelli conosciuti sono state studiate e riprese inquadrature originali di esternie di interni, per cui si può apprezzare, nel giusto modo, la forma del monumento,che, a differenza di quanto si crede dai più, è riccamente svolta in linee e volumi espazi come si conveniva a una civiltà artistica a vocazione soprattutto architettonica.La maggior parte delle fotografie sono state eseguite personalmente dall’Autore, innumerosi sopraluoghi. Altre (tavv. X-XI, XIX, XXI, 2 XXXII-XXXIII, XLIV-XLV,XLVII, LIII, LXI, LXXXV, LXXXVII, LXXXIX-XCVI, XCVIII-CI) sono state pre-se dal libro citato di Ch. Zervos, il grande divulgatore francese delle antiche civiltàmediterranee, amico della Sardegna, a cui si esprime cordialmente il vivo ringra-ziamento per aver consentito alla riproduzione. Si ringraziano anche il Soprinten-dente alle Antichità delle Provincie di Sàssari e Nùoro, Dott. Guglielmo Maetzke,per aver permesso di ripubblicare le immagini fotografiche di tavv. XLVI, LXXXIV;il giovane archeologo J. Mascarò Pasarius, profondo conoscitore dei monumenti ba-learici, per il dono delle fotografie di “Pont de Bestiar”, date a tav. CVI, 1-2, e laSoprintendenza alle Antichità di Roma V per aver messo a disposizione le figure di“trulli” della stessa tavola (3-4); R. Grosjean, lo scopritore e scavatore delle “torri”della Corsica, per il cortese consenso alla riproduzione dei monumenti di Torre e Fo-ce (tav. CII). La fotografia a tav. I, 1 è della Ditta «Fotocielo», quelle a tavv. XVIIIe XXXV del Gabinetto fotografico del Ministero della Pubblica Istruzione e, infinequelle a tavv. XLIII, 2, XLVIII del fotografo tedesco Arnold Von Borsig. Anche aquesti il più vivo grazie.

sottilmente con le favole dei “giganti” e degli “orchi”. Ma l’altra vocazione di stirpe,quella della bellicosità, così evidente e prepotente nel nuraghe, e che sta alla base –anche se non è l’unica componente – del megalitismo insulare occidentale (il mega-litismo “laico” di cui il sardo fa parte), dura nel concreto, di là dal mito, nel segretodel piccolo mondo non culto, ribelle, dell’Isola. Il nuraghe (e la sua civiltà) fu ilfrutto di una società di pastori e guerrieri e trovò nel dinamismo, nelle competizio-ni continue, negli appetiti territoriali e, in genere, nello spirito bellicoso delle comu-nità pastorali il fondamento della sua origine, il senso della sua struttura e la spintae l’alimento incessante al suo sviluppo che durò per molti secoli. Fu questo un valoreattivo e vitale della nostra primitiva storia non documentale e da questa matriceantica ha tratto forma, più o meno confusa ma sempre viva, il “ribellismo” sardo,quella qualità etica cioè, caratteristica di civiltà pastorale, storicamente positiva,che oggi ha sfociato a modi ordinati di autonomismo dove risiedono le premesse spi-rituali e culturali della rinascita isolana.

Vorremmo però accennare pure ai limiti che suggerisce l’esame dei valori antichiche si riassumono nel nuraghe. Si pensi che, a parte l’originalità creativa e la germi-nazione spontanea di certi aspetti (e dei sardi in particolare), il fenomeno del megali-tismo è, nel fondo, un prodotto di “recessione”, una mostra spettacolare d’un mondopreistorico nella storia. E, per quanto riguarda i popoli che costruirono i megaliti sar-di (e specie i nuraghi), lo stato sociale a piccoli gruppi (o tribù) divisi e contrastantipoliticamente, uniti soltanto dalla comunanza delle fedi e del sangue ma senza voca-zione e senza coscienza d’un’unità politica nazionale o regionale, portò quei popoli allivello del “cantone”, vietando di attingere e maturare ideali, concetto e pratica di na-zione. I limiti della civiltà nuragica (e in definitiva i limiti della nostra storia) furono(e in parte ancora sono) nel frammentarismo territoriale, nell’antagonismo di gruppia livello di zone villaggi e famiglie, che la natura suggeriva dagli altopiani precipitiincisi da profonde valli – frontiere dei piccoli stati – e che l’uomo secondava senzareagire. Di qui derivarono le carenze storiche per cui l’Isola, sempre resistendo allepressioni straniere, quasi in ogni tempo ne fu asservita, e nemmeno oggi può conside-rarsi pienamente e totalmente libera, fuori delle apparenze istituzionali.

Il lettore giudicherà sulla validità o meno della interpretazione e dei concetti espo-sti, e i miei colleghi di disciplina potranno anche dissentire da questa “archeologia”. Io,però, la preferisco da un lato al filologismo concluso in sé stesso, dall’altro allo speri-mentalismo rigidamente classificatorio ed anche alle sottigliezze ermetiche di certacritica d’arte: modi di coltivare il nostro “orto murato” della scienza delle antichità.

Di là dalla parte opinabile del libro (tale è o potrebbe essere il testo introdutti-vo), vi è nel libro stesso un’altra parte, che è pure la più estesa: ossia quella del Cata-logo dei monumenti, la quale rappresenta l’effettivo contributo di dati concreti. Le107 schede descrittive dei nuraghi, illustrate da 20 grafici in testo e da 107 tavolefuori testo, corredate ciascuna da una completa bibliografia, costituiscono la realtàobbiettiva e visiva di questo lavoro, quel che oggi si usa dire, in linguaggio antireto-rico, la “verità”. Si tratta di un vero e proprio repertorio, ampio e vario, di tipi e diforme del nuraghe, che offre una fonte di riferimento e una base di partenza per * [G. Lilliu fa qui riferimento all’edizione del 1962, pubblicata da La Zattera, Cagliari.]

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Premessa

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ulteriori ricerche e studi sulla speciale materia. Si danno anche grafici e fotografiedi monumenti non sardi – balearici, côrsi, cretesi e anatolici – i quali (segnata-mente i primi) presentano delle somiglianze o delle affinità con i nuraghi, contri-buendo a tracciare linee essenziali, sempre sviluppabili, di un quadro di relazionimonumentali e culturali intermediterranee, non privo di significato storico e utilequale invito ad approfondire ed allargare il campo di queste indagini di architettu-ra e di civiltà comparate di piccoli mondi che non furono, come generalmente sicrede, del tutto chiusi in sé stessi. Ne risulta l’immagine di una comunità etnico-culturale “insulare e mediterranea occidentale”, di cui si colgono ancora echi ed esi-ti nei fondi moderni “subalterni”, e in cui chi è ammalato di romanticismo storicopotrebbe esser tentato di rispecchiarsi con sottile malinconia del passato.

L’Autore e l’Editore* hanno inteso rinnovare, con speciale cura e selezione, l’ap-parato delle illustrazioni dei monumenti. Già il magnifico volume di Ch. Zervos(Civilisation de la Sardaigne, Paris 1954), si era posto questa esigenza assolvendo-la degnamente con artistiche immagini. Se la ripropone questo libro che, presen-tando una ricca serie di visioni del tutto inedite di nuraghi, le sostituisce al vecchiorepertorio mitologico dell’illustrazione della solita uniforme torre nuragica cam-peggiante sullo sfondo d’un piano desolato con l’immancabile gregge di pecore e ilpastore in mastruca, o inghirlandato di graziose fanciulle in “costume” indossato,a richiesta, per l’occasione. Si offrono immagini nuove di nuraghi non conosciuti,e di quelli conosciuti sono state studiate e riprese inquadrature originali di esternie di interni, per cui si può apprezzare, nel giusto modo, la forma del monumento,che, a differenza di quanto si crede dai più, è riccamente svolta in linee e volumi espazi come si conveniva a una civiltà artistica a vocazione soprattutto architettonica.La maggior parte delle fotografie sono state eseguite personalmente dall’Autore, innumerosi sopraluoghi. Altre (tavv. X-XI, XIX, XXI, 2 XXXII-XXXIII, XLIV-XLV,XLVII, LIII, LXI, LXXXV, LXXXVII, LXXXIX-XCVI, XCVIII-CI) sono state pre-se dal libro citato di Ch. Zervos, il grande divulgatore francese delle antiche civiltàmediterranee, amico della Sardegna, a cui si esprime cordialmente il vivo ringra-ziamento per aver consentito alla riproduzione. Si ringraziano anche il Soprinten-dente alle Antichità delle Provincie di Sàssari e Nùoro, Dott. Guglielmo Maetzke,per aver permesso di ripubblicare le immagini fotografiche di tavv. XLVI, LXXXIV;il giovane archeologo J. Mascarò Pasarius, profondo conoscitore dei monumenti ba-learici, per il dono delle fotografie di “Pont de Bestiar”, date a tav. CVI, 1-2, e laSoprintendenza alle Antichità di Roma V per aver messo a disposizione le figure di“trulli” della stessa tavola (3-4); R. Grosjean, lo scopritore e scavatore delle “torri”della Corsica, per il cortese consenso alla riproduzione dei monumenti di Torre e Fo-ce (tav. CII). La fotografia a tav. I, 1 è della Ditta «Fotocielo», quelle a tavv. XVIIIe XXXV del Gabinetto fotografico del Ministero della Pubblica Istruzione e, infinequelle a tavv. XLIII, 2, XLVIII del fotografo tedesco Arnold Von Borsig. Anche aquesti il più vivo grazie.

sottilmente con le favole dei “giganti” e degli “orchi”. Ma l’altra vocazione di stirpe,quella della bellicosità, così evidente e prepotente nel nuraghe, e che sta alla base –anche se non è l’unica componente – del megalitismo insulare occidentale (il mega-litismo “laico” di cui il sardo fa parte), dura nel concreto, di là dal mito, nel segretodel piccolo mondo non culto, ribelle, dell’Isola. Il nuraghe (e la sua civiltà) fu ilfrutto di una società di pastori e guerrieri e trovò nel dinamismo, nelle competizio-ni continue, negli appetiti territoriali e, in genere, nello spirito bellicoso delle comu-nità pastorali il fondamento della sua origine, il senso della sua struttura e la spintae l’alimento incessante al suo sviluppo che durò per molti secoli. Fu questo un valoreattivo e vitale della nostra primitiva storia non documentale e da questa matriceantica ha tratto forma, più o meno confusa ma sempre viva, il “ribellismo” sardo,quella qualità etica cioè, caratteristica di civiltà pastorale, storicamente positiva,che oggi ha sfociato a modi ordinati di autonomismo dove risiedono le premesse spi-rituali e culturali della rinascita isolana.

Vorremmo però accennare pure ai limiti che suggerisce l’esame dei valori antichiche si riassumono nel nuraghe. Si pensi che, a parte l’originalità creativa e la germi-nazione spontanea di certi aspetti (e dei sardi in particolare), il fenomeno del megali-tismo è, nel fondo, un prodotto di “recessione”, una mostra spettacolare d’un mondopreistorico nella storia. E, per quanto riguarda i popoli che costruirono i megaliti sar-di (e specie i nuraghi), lo stato sociale a piccoli gruppi (o tribù) divisi e contrastantipoliticamente, uniti soltanto dalla comunanza delle fedi e del sangue ma senza voca-zione e senza coscienza d’un’unità politica nazionale o regionale, portò quei popoli allivello del “cantone”, vietando di attingere e maturare ideali, concetto e pratica di na-zione. I limiti della civiltà nuragica (e in definitiva i limiti della nostra storia) furono(e in parte ancora sono) nel frammentarismo territoriale, nell’antagonismo di gruppia livello di zone villaggi e famiglie, che la natura suggeriva dagli altopiani precipitiincisi da profonde valli – frontiere dei piccoli stati – e che l’uomo secondava senzareagire. Di qui derivarono le carenze storiche per cui l’Isola, sempre resistendo allepressioni straniere, quasi in ogni tempo ne fu asservita, e nemmeno oggi può conside-rarsi pienamente e totalmente libera, fuori delle apparenze istituzionali.

Il lettore giudicherà sulla validità o meno della interpretazione e dei concetti espo-sti, e i miei colleghi di disciplina potranno anche dissentire da questa “archeologia”. Io,però, la preferisco da un lato al filologismo concluso in sé stesso, dall’altro allo speri-mentalismo rigidamente classificatorio ed anche alle sottigliezze ermetiche di certacritica d’arte: modi di coltivare il nostro “orto murato” della scienza delle antichità.

Di là dalla parte opinabile del libro (tale è o potrebbe essere il testo introdutti-vo), vi è nel libro stesso un’altra parte, che è pure la più estesa: ossia quella del Cata-logo dei monumenti, la quale rappresenta l’effettivo contributo di dati concreti. Le107 schede descrittive dei nuraghi, illustrate da 20 grafici in testo e da 107 tavolefuori testo, corredate ciascuna da una completa bibliografia, costituiscono la realtàobbiettiva e visiva di questo lavoro, quel che oggi si usa dire, in linguaggio antireto-rico, la “verità”. Si tratta di un vero e proprio repertorio, ampio e vario, di tipi e diforme del nuraghe, che offre una fonte di riferimento e una base di partenza per * [G. Lilliu fa qui riferimento all’edizione del 1962, pubblicata da La Zattera, Cagliari.]

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Premessa

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I nuraghi

Fra i monumenti delle antiche culture megalitiche del Mediterraneo occiden-tale, tengono un posto importante e significativo i nuraghi dell’Isola di Sardegna.

Questi imponenti edifizi di architettura preclassica ed aclassica costituisconoun segno rilevante della primitiva storia non documentale dei Sardi, detta da essinuragica, assumono un posto fondamentale nel paesaggio geografico isolano erappresentano il dato più consistente culturalmente fra le manifestazioni variedella civiltà protosarda svoltasi per lungo passare di tempo e per diverse vicende.

Si tratta di migliaia di costruzioni a torre del passato, le quali danno ancorafigura e rilievo allo scenario fisico e umano del presente in Sardegna, opera dipopolazioni indigene di stirpe mediterranea preindoeuropea a coloritura occi-dentale, chiamate dagli scrittori classici Iolèi e Bàlari.

Preindoeuropeo, o di sustrato mediterraneo, è anche il nome del monu-mento: nuraghe, detto pure altrimenti, a seconda dei distretti e dialetti dellaSardegna, nuràke, nuràxi, nuràcci, nuràgi, naràcu etc. Questo termine, specienel secolo XIX, fu messo in relazione con la radice fenicia di nur, che vuol dire“fuoco”, e fu spiegato come “fuoco” nel senso di “dimora” o di “tempio del fuo-co”, con riferimento a culti solari che si sarebbero praticati sulla terrazza delletorri nuragiche. Oggi, invece, i filologi propendono a considerare il vocabolonuraghe come un reliquato della parlata primitiva paleomediterranea, da ricol-legarsi col radicale nur e con le varianti nor, nul, nol, nar etc.: radicale larga-mente diffuso nei paesi del Mediterraneo, dall’Anatolia all’Africa, alle Baleari,alla Penisola iberica, alla Francia, col duplice significato, opposto ma unitario,di “mucchio” e di “cavità”. Il vocabolo stesso poi indicherebbe non la destina-zione ma la speciale forma costruttiva del nuraghe, il quale vorrebbe dire ap-punto “mucchio cavo”, “costruzione cava”, “torre cava”, a causa della figura tur-rita del suo esterno, fatta per accumulo di grossi massi, e per la cavità cupoliformedell’interno. Comunque si pensi di ciò (altri hanno supposto anche un’equa-zione nur-mur di “muro”), certo è che la diffusione del radicale nur in paesi amonumenti megalitici, indizia nella parola qualcosa di connesso o di espressoda civiltà architettoniche le quali avevano il gusto e il senso “religioso” di co-struire con grandi pietre senza cemento (stile megalitico) al fine di ottenere edi-fizi duraturi, eterni nell’intento di quelle ingenue genti primitive.

I nuraghes (“nuraghi” italianizzando il termine e rendendolo al plurale) sonogià ricordati dalle fonti greco-latine, variamente e ripetutamente. Gli autori

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L’Autore ha dedicato questo libro ai suoi allievi, sia perché non poche delle ideequi espresse sono il risultato della preparazione ai corsi universitari e del ripensa-mento durante il loro svolgersi, sia perché un notevole contributo di dati analiticimonumentali, con corredo di grafici e di esplicazioni varie, è stato portato, da pocomeno d’un ventennio a questa parte, da un numeroso gruppo di quei giovani, piùdegli altri impegnati, in tesi di Catalogo archeologico che offrono importante ma-teria utilizzata, rielaborandola, in questo volume. Chi scrive li ricorda tutti e liringrazia i suoi allievi, rammaricandosi soltanto che tali fresche e promettenti ener-gie si siano perdute, quasi per intero, per la disciplina che le lusingò per un momen-to, deviate dalle necessità della vita materiale in una società che non risponde anco-ra, come si deve, ai richiami della cultura e della scienza, contraddittoria quale essaè e alienata da pressioni apparentemente più importanti e più urgenti.

L’Autore e l’Editore si lusingano di aver sodisfatto, con questa opera, un’esigenzadi studio e di conoscenza dell’argomento, affacciata da più parti con insistenza, e diaver colmato una lacuna effettivamente esistente sul piano generale (non su quellodegli apporti scientifici particolari, numerosi e importanti, passati e presenti). Pensa-no anche di aver fatto cosa in favore della Sardegna, perché, conosciuta attraversola manifestazione più esemplare e storicamente produttiva della sua antica civiltà,possa riconoscersi nell’Isola anche l’impegno delle sue giovani generazioni tese a ri-creare valori vitali e umani in termini moderni per la buona causa di un mondonuovo e senza confini.

Cagliari, settembre 1961Giovanni Lilliu

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

Page 57: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

I nuraghi

Fra i monumenti delle antiche culture megalitiche del Mediterraneo occiden-tale, tengono un posto importante e significativo i nuraghi dell’Isola di Sardegna.

Questi imponenti edifizi di architettura preclassica ed aclassica costituisconoun segno rilevante della primitiva storia non documentale dei Sardi, detta da essinuragica, assumono un posto fondamentale nel paesaggio geografico isolano erappresentano il dato più consistente culturalmente fra le manifestazioni variedella civiltà protosarda svoltasi per lungo passare di tempo e per diverse vicende.

Si tratta di migliaia di costruzioni a torre del passato, le quali danno ancorafigura e rilievo allo scenario fisico e umano del presente in Sardegna, opera dipopolazioni indigene di stirpe mediterranea preindoeuropea a coloritura occi-dentale, chiamate dagli scrittori classici Iolèi e Bàlari.

Preindoeuropeo, o di sustrato mediterraneo, è anche il nome del monu-mento: nuraghe, detto pure altrimenti, a seconda dei distretti e dialetti dellaSardegna, nuràke, nuràxi, nuràcci, nuràgi, naràcu etc. Questo termine, specienel secolo XIX, fu messo in relazione con la radice fenicia di nur, che vuol dire“fuoco”, e fu spiegato come “fuoco” nel senso di “dimora” o di “tempio del fuo-co”, con riferimento a culti solari che si sarebbero praticati sulla terrazza delletorri nuragiche. Oggi, invece, i filologi propendono a considerare il vocabolonuraghe come un reliquato della parlata primitiva paleomediterranea, da ricol-legarsi col radicale nur e con le varianti nor, nul, nol, nar etc.: radicale larga-mente diffuso nei paesi del Mediterraneo, dall’Anatolia all’Africa, alle Baleari,alla Penisola iberica, alla Francia, col duplice significato, opposto ma unitario,di “mucchio” e di “cavità”. Il vocabolo stesso poi indicherebbe non la destina-zione ma la speciale forma costruttiva del nuraghe, il quale vorrebbe dire ap-punto “mucchio cavo”, “costruzione cava”, “torre cava”, a causa della figura tur-rita del suo esterno, fatta per accumulo di grossi massi, e per la cavità cupoliformedell’interno. Comunque si pensi di ciò (altri hanno supposto anche un’equa-zione nur-mur di “muro”), certo è che la diffusione del radicale nur in paesi amonumenti megalitici, indizia nella parola qualcosa di connesso o di espressoda civiltà architettoniche le quali avevano il gusto e il senso “religioso” di co-struire con grandi pietre senza cemento (stile megalitico) al fine di ottenere edi-fizi duraturi, eterni nell’intento di quelle ingenue genti primitive.

I nuraghes (“nuraghi” italianizzando il termine e rendendolo al plurale) sonogià ricordati dalle fonti greco-latine, variamente e ripetutamente. Gli autori

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L’Autore ha dedicato questo libro ai suoi allievi, sia perché non poche delle ideequi espresse sono il risultato della preparazione ai corsi universitari e del ripensa-mento durante il loro svolgersi, sia perché un notevole contributo di dati analiticimonumentali, con corredo di grafici e di esplicazioni varie, è stato portato, da pocomeno d’un ventennio a questa parte, da un numeroso gruppo di quei giovani, piùdegli altri impegnati, in tesi di Catalogo archeologico che offrono importante ma-teria utilizzata, rielaborandola, in questo volume. Chi scrive li ricorda tutti e liringrazia i suoi allievi, rammaricandosi soltanto che tali fresche e promettenti ener-gie si siano perdute, quasi per intero, per la disciplina che le lusingò per un momen-to, deviate dalle necessità della vita materiale in una società che non risponde anco-ra, come si deve, ai richiami della cultura e della scienza, contraddittoria quale essaè e alienata da pressioni apparentemente più importanti e più urgenti.

L’Autore e l’Editore si lusingano di aver sodisfatto, con questa opera, un’esigenzadi studio e di conoscenza dell’argomento, affacciata da più parti con insistenza, e diaver colmato una lacuna effettivamente esistente sul piano generale (non su quellodegli apporti scientifici particolari, numerosi e importanti, passati e presenti). Pensa-no anche di aver fatto cosa in favore della Sardegna, perché, conosciuta attraversola manifestazione più esemplare e storicamente produttiva della sua antica civiltà,possa riconoscersi nell’Isola anche l’impegno delle sue giovani generazioni tese a ri-creare valori vitali e umani in termini moderni per la buona causa di un mondonuovo e senza confini.

Cagliari, settembre 1961Giovanni Lilliu

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Page 58: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

cui i potenti usufruivano di una forte massa di lavoro. Infine manifesta il fattogeoantropico più espressivo di quei tempi remoti, che determinò più tardi, in etàstorica, l’origine e i motivi topografici di aggregati a tipo rurale sparso, causa forsenon ultima della mancata costituzione nell’Isola di grosse formazioni urbane igno-rate dalla civiltà paleosarda pur nelle fasi più recenti e progredite del suo sviluppo.

Se le migliaia di nuraghi fossero tutte della stessa età, il loro valore per stabilirel’entità della popolazione nuragica sarebbe grandissimo e certo. Ma per il fattoche essi si distribuiscono e si dissolvono in una prospettiva di secoli di storia, leconclusioni che se ne possono trarre dal numero non riguardano variazioni de-mografiche quantitative e qualitative (che pur dovettero esserci per fattori naturalie forza di vicende storiche), ma prospettano soltanto la indicazione del fenomenodel popolamento disperso, con conseguenze utili ai fini produttivi sebbene nei li-miti d’un’attitudine “cantonale”, tuttavia perdurante in Sardegna. Nell’insieme ri-mane l’immagine d’una produttività edilizia e architettonica, le cui punte vannoriconosciute nei tempi del maggior fiore della storia protosarda in età di relativobenessere economico e di libertà politica, entro i limiti e per le esigenze d’una so-cietà di pastori e di agricoltori i quali nel particolarismo e frammentarismo “pro-vinciale” trovano ancora la misura della vita, l’orizzonte delle proprie realtà, ilsenso d’una contenuta solidarietà e disciplina, d’una riconosciuta gerarchia da cuitrae origine e in cui assume impegno e consistenza anche lo sforzo monumentale.

I circa settemila nuraghi si sono andati costruendo attraverso molti secoli,fino ad occupare, dove più dove meno, tutto il suolo della Sardegna.

È impossibile, oggi, precisare da dove abbiano cominciato a edificarli. Se si am-mette l’ipotesi di impulsi esterni, le zone litoranee del Sud e dell’Ovest dell’Isolapotrebbero conservarci i più antichi nuraghi. Certo è che le torri nuragiche sipresentano in maggior numero nella parte centroccidentale della Sardegna (car-tina A [p. 109]), che è più idonea naturalmente alle due forme economichedella civiltà protosarda (la pastorizia e l’agricoltura non di rado in lotta fra diloro) ed è anche più importante, sotto l’aspetto strategico, sia per la presenza divasti altopiani precipiti incisi da profonde valli e difesi per natura, sia perché lecoste occidentali, portuose e perciò soggette alle offese degli invasori (Fenici,Cartaginesi, Greci, Tartessi etc.), necessitavano di più nutrite e complesse operedi fortificazione da parte degli Indigeni. Ma i nuraghi risalgono fin sui dirupimontuosi del centro (tav. I, 2: Su Nuràzze di Tonàra) e si estendono sino allecoste inospitali della Sardegna orientale (Ogliastra), dove le forme perduranosemplici e si svolgono con pigro sviluppo.

In genere ragioni di sicurezza, interna ed esterna, governano la situazionedei nuraghi, ma con esse concorrono fattori geografici, economici, umani iquali, nell’unità sostanziale, variano in linea specifica da luogo a luogo e ditempo in tempo. Certo, per lo più i nuraghi sono posti su alture dal largo do-minio, in collegamento visuale a catena fra torre e torre, in un sistema che siinserisce in una regione naturale definita: una valle, un profilo d’altopiano, una

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I nuraghi

greci, desumendo soprattutto da Timeo autore del IV secolo a.C., li definiscono«daidàleia» ossia edifici ben architettati di tipo egeo, o «tholoi», per la loro formaa falsa cupola pur essa di primitiva origine egea-anatolica. Quegli scrittori, parti-colarmente sensibili ai problemi estetici della forma e ligi al canone di armonia eproporzioni architettoniche quale durava in tempi e nei circoli di cultura elleni-stica, rilevano nel nuraghe soprattutto il classico ordine dei giri della tholos, nonaccorgendosi che le torri son del tutto fuori dai moduli della classicità. Gli stessiautori fan costruire i nuraghi da Dèdalo per impulso di colonizzatori greci dellaSardegna (Iolào, Aristeo etc.), riconoscendovi, con spirito nazionalistico, i pro-dotti della “grecità” più pura che vince la “barbarie” degli Indigeni. Dagli scrittoriromani i nuraghi sono menzionati come «castra», cioè castelli o luoghi fortificatiin genere, oppure come «spelonche» o «costruzioni sotterranee», in cui trovavanodifesa, nascondendovisi, le tribù locali del Centro montano chiamato dai Roma-ni Barbària (attuali Barbagie). Queste denominazioni precisano l’uso dei nura-ghi e derivano da una esperienza storica basata sulla conoscenza diretta dei mo-numenti o sull’informazione dei militari; sono del resto nello spirito del concretoe del pratico, caratteristico della letteratura storica romana.

La cosa più curiosa è che, non mai, i monumenti nuragici sono chiamati neitesti antichi col nome di nuraghe, cioè col loro nome, con l’antica parola indigenadella lingua mediterranea e preistorica dei Sardi. Ma la conoscenza del terminenuraghe, con implicita allusione, traspare già in autore del IV secolo a.C., il qualefa ricordo di Norax (Norake), il leggendario eroe iberico-tartessico (cioè mediter-raneo dei paesi del Nur), con evidente trasposizione mitografica-monumentale.Nel complesso le fonti classiche dimostrano ammirazione per le costruzioni nura-giche, rilevandone l’ordo greco e il fiore in genere, dovuti sia agli impulsi artisticivenuti dalla civiltà protoellenica, sia a uno stato economico e sociale della Sarde-gna, particolarmente felice. Ciò, in una certa misura e per alcune fasi del com-plesso svolgimento della civiltà nuragica, trova conferma nella realtà storica edanche nella più recente esperienza archeologica.

Circa settemila nuraghi sopravvivono fino al presente, conservati più o menobene, ma nell’antichità e prima delle molte distruzioni il loro numero era certa-mente maggiore. Essi sono distribuiti con una densità media regionale di 0,27per kmq che, in qualche zona (Trexenta, Màrghine), raggiunge anche la punta di0,90 (si veda la cartina di densità a figura A).

Settemila nuraghi rappresentano una realtà demografica di codesto lembosardo del mondo antico che stupisce ancora noi, gente “lunare”, e che incantava,si può comprendere, gli uomini del passato i quali, poeti più di noi, ponevano inuraghi fra le cose meravigliose dei loro tempi, cose più da eroi che da umani.In effetti, un numero così impressionante di costruzioni distribuite in tutta l’Iso-la, rappresenta una patente e concreta testimonianza d’un grande sforzo umanoeconomico e sociale e l’esito di una situazione storico-politica di non poca effi-cienza. Dimostra anche l’esistenza d’un’organizzazione a base semischiavistica in

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cui i potenti usufruivano di una forte massa di lavoro. Infine manifesta il fattogeoantropico più espressivo di quei tempi remoti, che determinò più tardi, in etàstorica, l’origine e i motivi topografici di aggregati a tipo rurale sparso, causa forsenon ultima della mancata costituzione nell’Isola di grosse formazioni urbane igno-rate dalla civiltà paleosarda pur nelle fasi più recenti e progredite del suo sviluppo.

Se le migliaia di nuraghi fossero tutte della stessa età, il loro valore per stabilirel’entità della popolazione nuragica sarebbe grandissimo e certo. Ma per il fattoche essi si distribuiscono e si dissolvono in una prospettiva di secoli di storia, leconclusioni che se ne possono trarre dal numero non riguardano variazioni de-mografiche quantitative e qualitative (che pur dovettero esserci per fattori naturalie forza di vicende storiche), ma prospettano soltanto la indicazione del fenomenodel popolamento disperso, con conseguenze utili ai fini produttivi sebbene nei li-miti d’un’attitudine “cantonale”, tuttavia perdurante in Sardegna. Nell’insieme ri-mane l’immagine d’una produttività edilizia e architettonica, le cui punte vannoriconosciute nei tempi del maggior fiore della storia protosarda in età di relativobenessere economico e di libertà politica, entro i limiti e per le esigenze d’una so-cietà di pastori e di agricoltori i quali nel particolarismo e frammentarismo “pro-vinciale” trovano ancora la misura della vita, l’orizzonte delle proprie realtà, ilsenso d’una contenuta solidarietà e disciplina, d’una riconosciuta gerarchia da cuitrae origine e in cui assume impegno e consistenza anche lo sforzo monumentale.

I circa settemila nuraghi si sono andati costruendo attraverso molti secoli,fino ad occupare, dove più dove meno, tutto il suolo della Sardegna.

È impossibile, oggi, precisare da dove abbiano cominciato a edificarli. Se si am-mette l’ipotesi di impulsi esterni, le zone litoranee del Sud e dell’Ovest dell’Isolapotrebbero conservarci i più antichi nuraghi. Certo è che le torri nuragiche sipresentano in maggior numero nella parte centroccidentale della Sardegna (car-tina A [p. 109]), che è più idonea naturalmente alle due forme economichedella civiltà protosarda (la pastorizia e l’agricoltura non di rado in lotta fra diloro) ed è anche più importante, sotto l’aspetto strategico, sia per la presenza divasti altopiani precipiti incisi da profonde valli e difesi per natura, sia perché lecoste occidentali, portuose e perciò soggette alle offese degli invasori (Fenici,Cartaginesi, Greci, Tartessi etc.), necessitavano di più nutrite e complesse operedi fortificazione da parte degli Indigeni. Ma i nuraghi risalgono fin sui dirupimontuosi del centro (tav. I, 2: Su Nuràzze di Tonàra) e si estendono sino allecoste inospitali della Sardegna orientale (Ogliastra), dove le forme perduranosemplici e si svolgono con pigro sviluppo.

In genere ragioni di sicurezza, interna ed esterna, governano la situazionedei nuraghi, ma con esse concorrono fattori geografici, economici, umani iquali, nell’unità sostanziale, variano in linea specifica da luogo a luogo e ditempo in tempo. Certo, per lo più i nuraghi sono posti su alture dal largo do-minio, in collegamento visuale a catena fra torre e torre, in un sistema che siinserisce in una regione naturale definita: una valle, un profilo d’altopiano, una

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I nuraghi

greci, desumendo soprattutto da Timeo autore del IV secolo a.C., li definiscono«daidàleia» ossia edifici ben architettati di tipo egeo, o «tholoi», per la loro formaa falsa cupola pur essa di primitiva origine egea-anatolica. Quegli scrittori, parti-colarmente sensibili ai problemi estetici della forma e ligi al canone di armonia eproporzioni architettoniche quale durava in tempi e nei circoli di cultura elleni-stica, rilevano nel nuraghe soprattutto il classico ordine dei giri della tholos, nonaccorgendosi che le torri son del tutto fuori dai moduli della classicità. Gli stessiautori fan costruire i nuraghi da Dèdalo per impulso di colonizzatori greci dellaSardegna (Iolào, Aristeo etc.), riconoscendovi, con spirito nazionalistico, i pro-dotti della “grecità” più pura che vince la “barbarie” degli Indigeni. Dagli scrittoriromani i nuraghi sono menzionati come «castra», cioè castelli o luoghi fortificatiin genere, oppure come «spelonche» o «costruzioni sotterranee», in cui trovavanodifesa, nascondendovisi, le tribù locali del Centro montano chiamato dai Roma-ni Barbària (attuali Barbagie). Queste denominazioni precisano l’uso dei nura-ghi e derivano da una esperienza storica basata sulla conoscenza diretta dei mo-numenti o sull’informazione dei militari; sono del resto nello spirito del concretoe del pratico, caratteristico della letteratura storica romana.

La cosa più curiosa è che, non mai, i monumenti nuragici sono chiamati neitesti antichi col nome di nuraghe, cioè col loro nome, con l’antica parola indigenadella lingua mediterranea e preistorica dei Sardi. Ma la conoscenza del terminenuraghe, con implicita allusione, traspare già in autore del IV secolo a.C., il qualefa ricordo di Norax (Norake), il leggendario eroe iberico-tartessico (cioè mediter-raneo dei paesi del Nur), con evidente trasposizione mitografica-monumentale.Nel complesso le fonti classiche dimostrano ammirazione per le costruzioni nura-giche, rilevandone l’ordo greco e il fiore in genere, dovuti sia agli impulsi artisticivenuti dalla civiltà protoellenica, sia a uno stato economico e sociale della Sarde-gna, particolarmente felice. Ciò, in una certa misura e per alcune fasi del com-plesso svolgimento della civiltà nuragica, trova conferma nella realtà storica edanche nella più recente esperienza archeologica.

Circa settemila nuraghi sopravvivono fino al presente, conservati più o menobene, ma nell’antichità e prima delle molte distruzioni il loro numero era certa-mente maggiore. Essi sono distribuiti con una densità media regionale di 0,27per kmq che, in qualche zona (Trexenta, Màrghine), raggiunge anche la punta di0,90 (si veda la cartina di densità a figura A).

Settemila nuraghi rappresentano una realtà demografica di codesto lembosardo del mondo antico che stupisce ancora noi, gente “lunare”, e che incantava,si può comprendere, gli uomini del passato i quali, poeti più di noi, ponevano inuraghi fra le cose meravigliose dei loro tempi, cose più da eroi che da umani.In effetti, un numero così impressionante di costruzioni distribuite in tutta l’Iso-la, rappresenta una patente e concreta testimonianza d’un grande sforzo umanoeconomico e sociale e l’esito di una situazione storico-politica di non poca effi-cienza. Dimostra anche l’esistenza d’un’organizzazione a base semischiavistica in

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Page 60: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

Ma sono soprattutto alcuni espedienti singolari di grande efficacia difensiva edoffensiva, che rivelano il carattere di fortilizio del nuraghe. Sono le feritoie, dis-poste in unico o duplice ordine nelle torri e nei corridoi (tavv. XXVII, 1-3,XLVIII, 2, XLIX, 1, 4, L, 3-4, LII, 1-3, LIII, LXIV, 2, LXV, 3, LXVI, 1, 3,LXVII, LXVIII, 3, LXX, LXXX, 2), gli angoli morti, le svolte a zigzag (tav.XXX, 1), i piombatoi (tav. LXXVI, 1-4), le scale retrattili, i passaggi angusti, lebotole, le garette di guardia, le ridotte (tav. LXXI, 1-2), i canali acustici etc. Siaggiungano le armi di pietra (proiettili per fionda e palle per piombatoi, tav.LXXVI, 4) e di metallo (lance, spade, pugnali etc. di bronzo e di ferro, tavv.XCIII-XCVI) ed oggetti vari che hanno attinenza con la vita e con l’organizza-zione militare.

Non è da escludersi la possibilità che dei nuraghi di forma semplice siano statiabitazioni di pastori e contadini, dall’aspetto forte dovuto, come si è detto, almodo di costruire di tipo megalitico. Non mai i nuraghi sono stati, nemmenoall’origine, tombe o templi come già si credette e da taluni ancora si opina. Noioggi conosciamo le dimore funerarie e le sedi di culto della civiltà nuragica, dicui arricchiscono il repertorio architettonico, completando il quadro di vita delquale i nuraghi rappresentano soltanto l’aspetto aristocratico e guerriero. Leprime sono costituite da “domus de janas” (grotticelle artificiali), da caverne, datombe megalitiche e da “tombe di giganti”. Le seconde consistono in templi apozzo coperto da cupola a ogiva, talvolta con eleganti facciate architettoniche,o da edifizi rettangolari in antis, nei quali si vorrebbe scorgere l’influenza lonta-na del megaron anatolico-peloponnesiaco (tav. CVII, 3).

Il numero di queste costruzioni sepolcrali e cultuali è tale ed il loro sviluppostilistico e cronologico si accompagna così coerentemente a quello dei nuraghiche non v’è proprio bisogno di immaginare che quest’ultimi sostituissero o in-tegrassero nell’uso le prime.

Sostanzialmente esistono due forme di nuraghi, le quali corrispondono adue filoni costruttivi, distinti fin dall’origine e di senso assolutamente diverso.Uno di essi ha sviluppo lungo e complesso e sfocia in opere colossali di genera-le diffusione. L’altro è di svolgimento semplice e corto e insiste in espressionipovere e primitive per aspetto e si riduce a certe zone recessive, adatte per laconservazione dei temi semplici ed elementari.

La prima forma è quella del nuraghe a tholos, cioè con la camera circolare co-perta dalla falsa cupola o pseudovolta. È la forma ricordata dagli scrittori greciquando parlano di «daidàleia» e di «tholoi» in Sardegna, costruzioni fatte «almodo arcaico greco», cioè miceneo o più largamente egeo-anatolico. La secondaforma è quella del nuraghe “a corridoio”, dove il vano è costituito da un lungoandito più o meno stretto a copertura piatta, che traversa, per tutta o parte dellalunghezza o della larghezza, il corpo costruttivo che è di figura rettangolare osubquadrangolare o ellittica o, comunque, non circolare come il contorno delnuraghe “a tholos”. Il nuraghe “a corridoio”, detto anche “pseudonuraghe” o

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I nuraghi

serie di terrazzi in profondità etc. (tav. I, 1, 3). Ma vi sono pure nuraghi voluta-mente occultati, o a sé stanti, in perfetta pianura, che rispondono a situazionidi difesa o di economia e di altra utilizzazione distinta da quella dei precedenti.In un punto fondamentale converge la posizione dei nuraghi. Cioè in quelle co-stanti che ne indicano il carattere di monumenti della vita civile e laica: l’esposi-zione dell’ingresso fra i quadranti Est-Sud-Ovest con prevalenza a Sud e Sudest,cioè al sole e al riparo dal maestrale – il vento dominante di Nordovest; la si-tuazione elevata sulle quote altimetriche fra i m 200 e 700, quote di massimaabitabilità preferite ancor oggi; la relazione con le zone di produttività varie,pascoliva, cerealicola, peschereccia e mineraria.

È possibile che alcuni nuraghi formassero linee di confine fra “cantone” e“cantone”, come sulle giare che sono dei vasti altopiani basaltici a pareti diru-pate (tav. I, 1). In altri nuraghi, ricchi architettonicamente e articolati in torri ecinte fortificate costruite a difesa del villaggio, si riconoscono le reggie o castellidi piccole capitali: per esempio a Barùmini, a Losa di Abbasanta, a Domu Bèc-cia di Uras etc. Queste ultime costituiscono il nucleo in cui si incentrano leproliferazioni di minori semplici torri nuragiche, agli effetti della tutela della vi-ta delle tribù (civitates) e degli interessi economici e territoriali del minuscoloreame, soggetto a mire di conquista interna ed esterna.

Tutto ciò che si è detto sulla situazione dei nuraghi viene a dimostrare cheessi, nella massima parte, sia nelle forme semplici sia in quelle plurime di molemaggiore sono da ritenersi delle costruzioni di carattere e di uso militare fisso.Nelle forme semplici costituiscono una specie di “limes” a batterie di fortinidissolti nel sistema difensivo, ospitanti una cellula di soldati o nuclei tatticicon funzioni di aggiramento o di copertura. Nei nuraghi plurimi era il fulcrodella resistenza ad oltranza, dove si dispiegava tutta la forza di difesa attivacontro i nemici assedianti, per mezzo del nerbo più valido della milizia realecomandata dallo stesso principe nuragico che aveva sede e dimora entro il mu-nito castello. A Barùmini, la guarnigione si può calcolare di 300-200 uomini,variamente armati di archi, lance, spade, fionde etc. Questi nuraghi colossali,vere fortezze studiate con sottile arte militare, si potrebbero assomigliare a certicastelli medievali dei quali ripresentano la posizione a dominio e a guardia delborgo adiacente, i cui abitanti, inabili alla guerra (donne, vecchi e bambini), almomento del pericolo si mettevano al sicuro riparandosi dietro le alte e robu-ste pareti murarie delle lizze e dei bastioni turriti circondanti il mastio (tav.LVI: Barùmini).

La natura militare dei nuraghi è provata anche dall’aspetto generale massic-cio dei muri, spessi e megalitici, i quali, se rivelano un particolare modo di co-struire comune alle popolazioni mediterranee che ne fanno uso pure in edifizi dinatura pacifica (tombe, templi, case etc.), in quelli destinati alla guerra ne accen-tuano la forza di resistenza all’offesa che, come forse a Barùmini, poteva venireanche dalle macchine poliorcetiche, dall’ariete kriophoros, usate dai Cartaginesi.

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Ma sono soprattutto alcuni espedienti singolari di grande efficacia difensiva edoffensiva, che rivelano il carattere di fortilizio del nuraghe. Sono le feritoie, dis-poste in unico o duplice ordine nelle torri e nei corridoi (tavv. XXVII, 1-3,XLVIII, 2, XLIX, 1, 4, L, 3-4, LII, 1-3, LIII, LXIV, 2, LXV, 3, LXVI, 1, 3,LXVII, LXVIII, 3, LXX, LXXX, 2), gli angoli morti, le svolte a zigzag (tav.XXX, 1), i piombatoi (tav. LXXVI, 1-4), le scale retrattili, i passaggi angusti, lebotole, le garette di guardia, le ridotte (tav. LXXI, 1-2), i canali acustici etc. Siaggiungano le armi di pietra (proiettili per fionda e palle per piombatoi, tav.LXXVI, 4) e di metallo (lance, spade, pugnali etc. di bronzo e di ferro, tavv.XCIII-XCVI) ed oggetti vari che hanno attinenza con la vita e con l’organizza-zione militare.

Non è da escludersi la possibilità che dei nuraghi di forma semplice siano statiabitazioni di pastori e contadini, dall’aspetto forte dovuto, come si è detto, almodo di costruire di tipo megalitico. Non mai i nuraghi sono stati, nemmenoall’origine, tombe o templi come già si credette e da taluni ancora si opina. Noioggi conosciamo le dimore funerarie e le sedi di culto della civiltà nuragica, dicui arricchiscono il repertorio architettonico, completando il quadro di vita delquale i nuraghi rappresentano soltanto l’aspetto aristocratico e guerriero. Leprime sono costituite da “domus de janas” (grotticelle artificiali), da caverne, datombe megalitiche e da “tombe di giganti”. Le seconde consistono in templi apozzo coperto da cupola a ogiva, talvolta con eleganti facciate architettoniche,o da edifizi rettangolari in antis, nei quali si vorrebbe scorgere l’influenza lonta-na del megaron anatolico-peloponnesiaco (tav. CVII, 3).

Il numero di queste costruzioni sepolcrali e cultuali è tale ed il loro sviluppostilistico e cronologico si accompagna così coerentemente a quello dei nuraghiche non v’è proprio bisogno di immaginare che quest’ultimi sostituissero o in-tegrassero nell’uso le prime.

Sostanzialmente esistono due forme di nuraghi, le quali corrispondono adue filoni costruttivi, distinti fin dall’origine e di senso assolutamente diverso.Uno di essi ha sviluppo lungo e complesso e sfocia in opere colossali di genera-le diffusione. L’altro è di svolgimento semplice e corto e insiste in espressionipovere e primitive per aspetto e si riduce a certe zone recessive, adatte per laconservazione dei temi semplici ed elementari.

La prima forma è quella del nuraghe a tholos, cioè con la camera circolare co-perta dalla falsa cupola o pseudovolta. È la forma ricordata dagli scrittori greciquando parlano di «daidàleia» e di «tholoi» in Sardegna, costruzioni fatte «almodo arcaico greco», cioè miceneo o più largamente egeo-anatolico. La secondaforma è quella del nuraghe “a corridoio”, dove il vano è costituito da un lungoandito più o meno stretto a copertura piatta, che traversa, per tutta o parte dellalunghezza o della larghezza, il corpo costruttivo che è di figura rettangolare osubquadrangolare o ellittica o, comunque, non circolare come il contorno delnuraghe “a tholos”. Il nuraghe “a corridoio”, detto anche “pseudonuraghe” o

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I nuraghi

serie di terrazzi in profondità etc. (tav. I, 1, 3). Ma vi sono pure nuraghi voluta-mente occultati, o a sé stanti, in perfetta pianura, che rispondono a situazionidi difesa o di economia e di altra utilizzazione distinta da quella dei precedenti.In un punto fondamentale converge la posizione dei nuraghi. Cioè in quelle co-stanti che ne indicano il carattere di monumenti della vita civile e laica: l’esposi-zione dell’ingresso fra i quadranti Est-Sud-Ovest con prevalenza a Sud e Sudest,cioè al sole e al riparo dal maestrale – il vento dominante di Nordovest; la si-tuazione elevata sulle quote altimetriche fra i m 200 e 700, quote di massimaabitabilità preferite ancor oggi; la relazione con le zone di produttività varie,pascoliva, cerealicola, peschereccia e mineraria.

È possibile che alcuni nuraghi formassero linee di confine fra “cantone” e“cantone”, come sulle giare che sono dei vasti altopiani basaltici a pareti diru-pate (tav. I, 1). In altri nuraghi, ricchi architettonicamente e articolati in torri ecinte fortificate costruite a difesa del villaggio, si riconoscono le reggie o castellidi piccole capitali: per esempio a Barùmini, a Losa di Abbasanta, a Domu Bèc-cia di Uras etc. Queste ultime costituiscono il nucleo in cui si incentrano leproliferazioni di minori semplici torri nuragiche, agli effetti della tutela della vi-ta delle tribù (civitates) e degli interessi economici e territoriali del minuscoloreame, soggetto a mire di conquista interna ed esterna.

Tutto ciò che si è detto sulla situazione dei nuraghi viene a dimostrare cheessi, nella massima parte, sia nelle forme semplici sia in quelle plurime di molemaggiore sono da ritenersi delle costruzioni di carattere e di uso militare fisso.Nelle forme semplici costituiscono una specie di “limes” a batterie di fortinidissolti nel sistema difensivo, ospitanti una cellula di soldati o nuclei tatticicon funzioni di aggiramento o di copertura. Nei nuraghi plurimi era il fulcrodella resistenza ad oltranza, dove si dispiegava tutta la forza di difesa attivacontro i nemici assedianti, per mezzo del nerbo più valido della milizia realecomandata dallo stesso principe nuragico che aveva sede e dimora entro il mu-nito castello. A Barùmini, la guarnigione si può calcolare di 300-200 uomini,variamente armati di archi, lance, spade, fionde etc. Questi nuraghi colossali,vere fortezze studiate con sottile arte militare, si potrebbero assomigliare a certicastelli medievali dei quali ripresentano la posizione a dominio e a guardia delborgo adiacente, i cui abitanti, inabili alla guerra (donne, vecchi e bambini), almomento del pericolo si mettevano al sicuro riparandosi dietro le alte e robu-ste pareti murarie delle lizze e dei bastioni turriti circondanti il mastio (tav.LVI: Barùmini).

La natura militare dei nuraghi è provata anche dall’aspetto generale massic-cio dei muri, spessi e megalitici, i quali, se rivelano un particolare modo di co-struire comune alle popolazioni mediterranee che ne fanno uso pure in edifizi dinatura pacifica (tombe, templi, case etc.), in quelli destinati alla guerra ne accen-tuano la forza di resistenza all’offesa che, come forse a Barùmini, poteva venireanche dalle macchine poliorcetiche, dall’ariete kriophoros, usate dai Cartaginesi.

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muratura del genere di quella recentemente segnalata, nelle Baleari, per il ta-laiot di Ses Païsses, ad Artà-Maiorca (fig. 17, 2, tav. CIV, 2).

È possibile che tale primo stadio del nuraghe a ogiva sia stato seguito dallaforma della torre rotonda con la camera a ingresso esterno sollevato dal pianodi campagna, accessibile con una scaletta mobile: gli esempi tardivi del nuragheMesu ’e Rìos di Scanu Montiferru (fig. 2, 5) e del nuraghe Peppe Gallu di Uri(tav. LXXXIV, 1-2) lo farebbero supporre, anche se non danno l’evidenza dellasuccessione proposta. Con siffatta forma d’aspetto arcaico, che limita il vuotoai 2/3 superiori della costruzione mentre il terzo basale residuo costituisce la so-lida e robusta piattaforma, si realizzava, per la prima volta, il nuraghe a scala in-terna, ricavata nello spessore della muratura, e si otteneva una difesa maggiore,perché si passava dalla camera al terrazzo, al coperto senza esser visti, e perchél’entrata alla tholos era rialzata da terra. Il tipo della torre “a tholos” con ingressosollevato, trova significativi riscontri in talaiots balearici di figura circolare, talu-ni con scala al terrazzo, di cui però ci sfugge ogni sia pur approssimativo riferi-mento cronologico. Il particolare dell’ingresso esterno sopraelevato avrà appli-cazione in Sardegna in età molto evoluta, in torri aggiunte, come nel nuragheLosa di Abbasanta (fig. 8, 4), o in cortine monumentali, come nel Su Nuraxidi Barùmini (fig. 10, 2), in età dall’VIII al VI secolo a.C.

Nello spazio di circa mezzo secolo, fra la metà del II millennio e la fine diesso o l’inizio del I, il primitivo nuraghe semplice “a tholos” tramuta la sua for-ma embrionale in quella definitiva e completa, con un progressivo arricchi-mento del vuoto per mezzo di vani via via aggiunti, praticati dentro la camera enell’andito d’ingresso. Nel grafico a fig. 1, 1-25, sono presentati esempi chesottolineano questo sviluppo progressivo del nuraghe classico a unità isolata,per quanto non bisogna credere che l’evoluzione sia avvenuta nella linea rigidadi successione iconografica, quale potrebbe apparire dalla composizione nellatavola che ha valore puramente didattico e di larga informazione.

Riguardo allo spazio della tholos, si osserva che i profili puri dei nuraghi Or-rùbiu-Àrzana (fig. 1, 1), S’Iscàla ’e Pedra-Semèstene (fig. 1, 2), Baiòlu-Òsilo (fig.1, 3), Mindèddu-Barisàrdo (fig. 1, 4), Genna Masòni-Gàiro (fig. 1, 5) si artico-lano nelle iconografie, sempre più complesse, di celle e vani sussidiari. Si hannocosì i disegni a una nicchia dei nuraghi Sa Domo ’e s’Orku-Ittirèddu (fig. 1, 6),Nuraddèo-Suni (fig. 1, 7), Marosìni-Tertenìa (fig. 1, 8), Muru de sa Figu-Santu-lussùrgiu (fig. 1, 9), S’Attentu-Oràni (fig. 1, 10), Piandànna-Sàssari (fig. 1, 11);quelli a due nicchie dei nuraghi S’Omu ’e s’Orku-San Basìlio (fig. 1, 12), Karcì-na-Orròli (fig. 1, 13), Gurti Àqua-Nurri (fig. 1, 14), Sa Preda Longa-Nùoro(fig. 1, 15), Su Fràile-Burgos (fig. 1, 16), Giànnas-Flussio (fig. 1, 17), Armùn-gia-Armùngia (tav. II, 2), Scandarìu-Armùngia (tav. V, 1); quelli a tre nicchie deinuraghi Orolìo-Silànus (fig. 1, 18), Tittiriòla-Bolòtana (fig. 1, 19), Abbaùddi-Scanu Montiferru (fig. 1, 20), Sa Figu Rànchida-Scanu Montiferru (fig. 1, 21),Perda Arrùbia-Samughèo (tav. VII, 1), Goni-Goni (tav. XIV, 1); quello, infine, a

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I nuraghi

“nuraghe a galleria”, ha l’aspetto interno di grotta, tale che vi si potrebbero adat-tare le denominazioni di «spelonca» e di «costruzioni sotterranee», menzionatedagli scrittori romani per tempi recenti della civiltà indigena sarda.

Le due forme denunziano due distinti e diversi strati storici-culturali origina-ri. Nella forma del nuraghe “a corridoio” potrebbe vedersi la componente occi-dentale, di gusto dolmenico-rettilineo o a “trilite” (presente pure nelle tombe me-galitiche). Il nuraghe “a tholos”, che vorrei chiamare anche nuraghe classico inquanto è il tipo più diffuso e quello che ha avuto maggior forza di svolgimentoe ha maturato esempi quasi armonici come il Santu Antìne di Torralba, rivelauna componente orientale – anatolicaegea – che si esprime nel gusto della lineacircolare e nella tecnica ad aggetto tradotta nell’ogiva.

Oggi non si può dire quale delle due forme abbia preceduto nel tempo co-me invenzione. Come applicazione il nuraghe “a corridoio” si presenta aggiuntoal nuraghe “a tholos”, o nello schema intero (Serra Cràstula A di Bonàrcado,fig. 13, 2) o in soluzioni particolari di andito (Palmavera di Alghero, fig. 5, 7).Tornerò più a lungo sull’argomento.

Visto nella sua espressione essenziale, quale si può pensare all’origine, il nu-raghe “a tholos”, o nuraghe classico, presenta la figura d’una torre rotonda, dalprofilo verticale a tronco di cono (tavv. II, 1, III, V, VII, 2, VIII, 1-3, X-XI,XIV-XV, XVII, 2, XVIII-XX, XXII, 2, XXIII-XXIV, XXVI, XXXIV-XXXVI,XXXVII, 2-3, XL-XLIII, LV, LXI, LXII, 1, LXXX, CIII, 2, 4, CIV, 1).

La torre è costruita al modo “ciclopico”, cioè con grosse pietre talora rozzetalora lavorate, messe in file orizzontali sovrapposte a cerchi sempre più strettidal basso verso l’alto. Le pietre si reggono senza l’aiuto di alcun cemento, solocon il peso ed il contrasto dei massi che sono ben legati in struttura per effettod’una tecnica costruttiva affinata dall’esperienza di maestranze abili nel maneg-giare i materiali che portavano su ad altezze considerevoli (anche più di 20 me-tri) facendo rotolare i blocchi, talvolta enormi, su piani inclinati di massi e ter-ra compressa. Si aiutavano ovviamente con rulli di legno e con altri strumentiprimitivi oltre che con la forza delle braccia e con l’intesa intelligente del lavorodi “équipe”, qualità delle manovalanze antiche e, in genere, dei grandi costrut-tori mediterranei.

L’interno di queste torri è cavo, essendo occupato da una camera voltata “atholos”, ossia con la figura del vano di sezione uguale a quella di un uovo ta-gliato a metà per la sua dimensione maggiore, con le pareti elevantisi ad anelliconcentrici sporgenti l’uno sull’altro, con diametro decrescente da giù in su do-ve, alla serraglia, una o più lastre chiudono il foro della falsa cupola (tavv. IV, 2,VI, 1, XVI, 1, XXV, 1, XXXIII, LXV, 1).

A queste torri iniziali, conformate a terrazzo fin dall’origine per ragioni diavvistamento e di difesa, si saliva forse, in un primo tempo, con scale esterneretrattili di legno o di corda. Ma non conosciamo esempi di questo tipo di nu-raghe embrionale, come non conosciamo torri “a tholos” con rampe esterne in

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muratura del genere di quella recentemente segnalata, nelle Baleari, per il ta-laiot di Ses Païsses, ad Artà-Maiorca (fig. 17, 2, tav. CIV, 2).

È possibile che tale primo stadio del nuraghe a ogiva sia stato seguito dallaforma della torre rotonda con la camera a ingresso esterno sollevato dal pianodi campagna, accessibile con una scaletta mobile: gli esempi tardivi del nuragheMesu ’e Rìos di Scanu Montiferru (fig. 2, 5) e del nuraghe Peppe Gallu di Uri(tav. LXXXIV, 1-2) lo farebbero supporre, anche se non danno l’evidenza dellasuccessione proposta. Con siffatta forma d’aspetto arcaico, che limita il vuotoai 2/3 superiori della costruzione mentre il terzo basale residuo costituisce la so-lida e robusta piattaforma, si realizzava, per la prima volta, il nuraghe a scala in-terna, ricavata nello spessore della muratura, e si otteneva una difesa maggiore,perché si passava dalla camera al terrazzo, al coperto senza esser visti, e perchél’entrata alla tholos era rialzata da terra. Il tipo della torre “a tholos” con ingressosollevato, trova significativi riscontri in talaiots balearici di figura circolare, talu-ni con scala al terrazzo, di cui però ci sfugge ogni sia pur approssimativo riferi-mento cronologico. Il particolare dell’ingresso esterno sopraelevato avrà appli-cazione in Sardegna in età molto evoluta, in torri aggiunte, come nel nuragheLosa di Abbasanta (fig. 8, 4), o in cortine monumentali, come nel Su Nuraxidi Barùmini (fig. 10, 2), in età dall’VIII al VI secolo a.C.

Nello spazio di circa mezzo secolo, fra la metà del II millennio e la fine diesso o l’inizio del I, il primitivo nuraghe semplice “a tholos” tramuta la sua for-ma embrionale in quella definitiva e completa, con un progressivo arricchi-mento del vuoto per mezzo di vani via via aggiunti, praticati dentro la camera enell’andito d’ingresso. Nel grafico a fig. 1, 1-25, sono presentati esempi chesottolineano questo sviluppo progressivo del nuraghe classico a unità isolata,per quanto non bisogna credere che l’evoluzione sia avvenuta nella linea rigidadi successione iconografica, quale potrebbe apparire dalla composizione nellatavola che ha valore puramente didattico e di larga informazione.

Riguardo allo spazio della tholos, si osserva che i profili puri dei nuraghi Or-rùbiu-Àrzana (fig. 1, 1), S’Iscàla ’e Pedra-Semèstene (fig. 1, 2), Baiòlu-Òsilo (fig.1, 3), Mindèddu-Barisàrdo (fig. 1, 4), Genna Masòni-Gàiro (fig. 1, 5) si artico-lano nelle iconografie, sempre più complesse, di celle e vani sussidiari. Si hannocosì i disegni a una nicchia dei nuraghi Sa Domo ’e s’Orku-Ittirèddu (fig. 1, 6),Nuraddèo-Suni (fig. 1, 7), Marosìni-Tertenìa (fig. 1, 8), Muru de sa Figu-Santu-lussùrgiu (fig. 1, 9), S’Attentu-Oràni (fig. 1, 10), Piandànna-Sàssari (fig. 1, 11);quelli a due nicchie dei nuraghi S’Omu ’e s’Orku-San Basìlio (fig. 1, 12), Karcì-na-Orròli (fig. 1, 13), Gurti Àqua-Nurri (fig. 1, 14), Sa Preda Longa-Nùoro(fig. 1, 15), Su Fràile-Burgos (fig. 1, 16), Giànnas-Flussio (fig. 1, 17), Armùn-gia-Armùngia (tav. II, 2), Scandarìu-Armùngia (tav. V, 1); quelli a tre nicchie deinuraghi Orolìo-Silànus (fig. 1, 18), Tittiriòla-Bolòtana (fig. 1, 19), Abbaùddi-Scanu Montiferru (fig. 1, 20), Sa Figu Rànchida-Scanu Montiferru (fig. 1, 21),Perda Arrùbia-Samughèo (tav. VII, 1), Goni-Goni (tav. XIV, 1); quello, infine, a

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“nuraghe a galleria”, ha l’aspetto interno di grotta, tale che vi si potrebbero adat-tare le denominazioni di «spelonca» e di «costruzioni sotterranee», menzionatedagli scrittori romani per tempi recenti della civiltà indigena sarda.

Le due forme denunziano due distinti e diversi strati storici-culturali origina-ri. Nella forma del nuraghe “a corridoio” potrebbe vedersi la componente occi-dentale, di gusto dolmenico-rettilineo o a “trilite” (presente pure nelle tombe me-galitiche). Il nuraghe “a tholos”, che vorrei chiamare anche nuraghe classico inquanto è il tipo più diffuso e quello che ha avuto maggior forza di svolgimentoe ha maturato esempi quasi armonici come il Santu Antìne di Torralba, rivelauna componente orientale – anatolicaegea – che si esprime nel gusto della lineacircolare e nella tecnica ad aggetto tradotta nell’ogiva.

Oggi non si può dire quale delle due forme abbia preceduto nel tempo co-me invenzione. Come applicazione il nuraghe “a corridoio” si presenta aggiuntoal nuraghe “a tholos”, o nello schema intero (Serra Cràstula A di Bonàrcado,fig. 13, 2) o in soluzioni particolari di andito (Palmavera di Alghero, fig. 5, 7).Tornerò più a lungo sull’argomento.

Visto nella sua espressione essenziale, quale si può pensare all’origine, il nu-raghe “a tholos”, o nuraghe classico, presenta la figura d’una torre rotonda, dalprofilo verticale a tronco di cono (tavv. II, 1, III, V, VII, 2, VIII, 1-3, X-XI,XIV-XV, XVII, 2, XVIII-XX, XXII, 2, XXIII-XXIV, XXVI, XXXIV-XXXVI,XXXVII, 2-3, XL-XLIII, LV, LXI, LXII, 1, LXXX, CIII, 2, 4, CIV, 1).

La torre è costruita al modo “ciclopico”, cioè con grosse pietre talora rozzetalora lavorate, messe in file orizzontali sovrapposte a cerchi sempre più strettidal basso verso l’alto. Le pietre si reggono senza l’aiuto di alcun cemento, solocon il peso ed il contrasto dei massi che sono ben legati in struttura per effettod’una tecnica costruttiva affinata dall’esperienza di maestranze abili nel maneg-giare i materiali che portavano su ad altezze considerevoli (anche più di 20 me-tri) facendo rotolare i blocchi, talvolta enormi, su piani inclinati di massi e ter-ra compressa. Si aiutavano ovviamente con rulli di legno e con altri strumentiprimitivi oltre che con la forza delle braccia e con l’intesa intelligente del lavorodi “équipe”, qualità delle manovalanze antiche e, in genere, dei grandi costrut-tori mediterranei.

L’interno di queste torri è cavo, essendo occupato da una camera voltata “atholos”, ossia con la figura del vano di sezione uguale a quella di un uovo ta-gliato a metà per la sua dimensione maggiore, con le pareti elevantisi ad anelliconcentrici sporgenti l’uno sull’altro, con diametro decrescente da giù in su do-ve, alla serraglia, una o più lastre chiudono il foro della falsa cupola (tavv. IV, 2,VI, 1, XVI, 1, XXV, 1, XXXIII, LXV, 1).

A queste torri iniziali, conformate a terrazzo fin dall’origine per ragioni diavvistamento e di difesa, si saliva forse, in un primo tempo, con scale esterneretrattili di legno o di corda. Ma non conosciamo esempi di questo tipo di nu-raghe embrionale, come non conosciamo torri “a tholos” con rampe esterne in

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profilo circolare delle pareti, sale, dove esistono, alle camere superiori, conforma-te “a tholos” come quella a piano terra, sino al terrazzo in cui ha termine l’eleva-to della costruzione. Il passaggio della scala non è sempre agevole sia per le di-mensioni del vano, largo da m 0,60 a 1, sia per la fattura dei gradini per lo piùerti e rozzi, sia per la scarsa illuminazione che proviene, ma non sempre, dastrette feritoie o spioncini aperti verso l’esterno, a diversa altezza del percorso.

Esistono due tipi di scale, l’uno successivo all’altro. Il primo tipo è quello incui la scala si apre sul vano della camera centrale con la soglia sopraelevata di m3/4 sul piano del pavimento (fig. 1, 2-3, 7, 13, 15, fig. 2, 1, tavv. IV, 3, XIV, 1,XXV, 1, LXIV, 1). Nel secondo tipo, la scala parte dall’andito d’ingresso, a fiordi suolo, e volge verso l’alto per lo più in direzione di sinistra (fig. 1, 4-5, 10-11, 16, 18-19, 21, 23, 25, fig. 2, 3, tav. XLVI, 1-2), eccezionalmente verso de-stra (fig. 1, 17, 20, fig. 2, 2). Il primo tipo è stato riconosciuto come più anti-co, in quanto la scala impegna un minor volume di masso murario ed alterna,col suo ritmo di percorso spezzato ad ogni piano, vuoti a pieni strutturali ondenon compromettere l’equilibrio statico in uno stadio costruttivo meno evolutoe ardito. Si tratta d’una limitazione di spazio che trova l’analogo negli spazi,pur essi contenuti, delle camere semplici con una o due nicchie al massimo. Ilsecondo tipo appare più recente, perché il suo giro investe, con percorso conti-nuo a spirale obliqua, l’intero anello murario per tutto l’elevato, rivelandosi, inciò, una disinvoltura e sicurezza nel costruire che rivelano un progresso tecnicoderivato da lunga esperienza e dal passar del tempo. A questo maggior respirospaziale del vano della scala corrisponde, di massima, la forma più evoluta dellacamera a tre nicchie, pur non mancando esempi di scala d’andito in tholoi conuna o due nicchie, ma in numero molto minore.

In alcuni nuraghi si ha l’associazione dei due tipi di scale, come vedesi nelletorri di Sa Figu Rànchida (fig. 1, 21) e di Ala (fig. 2, 4). Le tholoi che la presen-tano, mostrano la figura ormai completa e definita della camera a tre nicchie erivelano un’esperienza architettonica matura che compone, armonicamente, lesoluzioni via via studiate e realizzate per lunghi anni.

L’evoluzione della semplice torre nuragica si può studiare anche attraversol’esame dello sviluppo dell’elevato. Nello spazio d’un mezzo millennio, dalla fi-gura primitiva della torre, bassa e massiccia, con unica camera con o senza scalaal terrazzo, si dovette passare a quella del tronco di cono a camere sovrappostesull’asse verticale, in numero da due a tre, con dimensioni in diametro ed altez-za che regrediscono in rapporto diretto al restringersi del volume verso la partesuperiore (fig. 3, 2, 4-5). Si raggiungono in tal modo, già sul finire del II mil-lennio a.C. e, poi, nei tempi iniziali del I, altezze considerevoli e imponenti ditorri, come attestano i m 18,60 del nuraghe di Barùmini (fig. 3, 2) e i m 22 delnuraghe Santu Antìne (fig. 3, 5).

Tale svolgimento è sottolineato pure dal variare dell’inclinazione delle mura-ture esterne della costruzione nuragica, in cui si osserva, seppure in successionenon strettamente progressiva, una pendenza sempre minore dalle forme antiche

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I nuraghi

quattro nicchie del nuraghe Sa Cuguttàda-Mores (fig. 1, 22). Queste nicchie,come si desume chiaramente da quelle dei nuraghi Marosìni, Tittiriòla, Armùn-gia, Goni etc., erano destinate ad accogliere lettucci fatti di strame e pelli, peruna o più persone.

Pure nel vano del corridoio d’ingresso si nota una progressiva evoluzione. Da-gli anditi semplici dei nuraghi Orrùbiu, S’Iscàla ’e Pedra, Nuraddèo, Sa Domo ’es’Orku, Marosìni, S’Omu ’e s’Orku, si passa a quelli con sola celletta, destinataper il soldato di guardia, situata per lo più sulla destra (Baiòlu, Muru de sa Figu,Sa Preda Longa) ma pure sulla sinistra (Gurti Àqua), o agli anditi provvisti dellasola scala a fior di suolo posta sulla sinistra, come nei nuraghi Mindèddu, S’At-tentu, Sa Cuguttàda, Sa Figu Rànchida, Muràrtu (fig. 1, 23). Si hanno, da ulti-mo, anditi completi di scale e garette, le prime ubicate più di frequente a sinistra,come nei nuraghi Genna Masòni, Piandànna, Su Fràile, Orolìo, Tittiriòla, maanche a destra come nei nuraghi Giànnas, Abbaùddi, Perda Arrùbia.

Uno sviluppo tecnico-costruttivo ulteriore si coglie nei nuraghi Muràrtu(fig. 1, 23), Leortìnas (fig. 1, 24) e Santu Antìne (fig. 1, 25). In essi, per gradi,si realizzano intorno alla camera dei corridoi anulari verso i quali, come nelLeortìnas e soprattutto nel Santu Antìne, si aprono a raggera le nicchie delletholoi. Si tratta di disegni molto evoluti, che rivelano una concezione del tagliodello spazio a gusto circolatorio in cui sembrerebbe di riconoscere (ma in realtànon si verifica) l’influsso dell’ordine classico.

In generale si nota una continua, per quanto molto lenta e contenuta, ricer-ca di ampliamento dello spazio anche se, in ogni caso, lo scavo fatto nel pienomurario non ne attenua il peso o ne ingentilisce l’aspetto tanto da svalutare ilsenso e l’effetto della massa che domina, rude e sovrana, nella sua essenzialitàprimitiva. Il citato grafico illustra questa osservazione. I 25 nuraghi, nei quali sihanno diametri medi di torre di m 11,24 e diametri medi di tholos di m 4,08,con indice medio nel rapporto torre-camera di 2,75, presentano indice mediodi massa-spazio di 1,6; cioè la somma degli spessori murari misurata alla basedella sezione diametrale è di 1,6 volte maggiore rispetto al vano della tholos. Sideve notare anche che l’indice di massa-spazio tende ad aumentare in ragionediretta dello sviluppo spaziale della camera del nuraghe (1,52 medio dei nura-ghi a fig. 1, 1-17 contro 2,26 medio dei nuraghi a fig. 1, 18-25): ossia i murivanno sempre più irrobustendosi per far luogo al numero e alla capienza sem-pre maggiori dei vani sussidiari (cellette, garette, scale, corridoi anulari etc.).

Lo spessore delle murature varia, nei 25 nuraghi del grafico dimostrativo, daim 5,20 del nuraghe Leortìnas (fig. 1, 24) ai m 2,30 del nuraghe Nuraddèo (fig.1, 7) con una media normale, sui 25, di m 3,56. Si tratta, in ogni caso, di valorinotevoli a cui, oltre la ragione esposta di far da sede ai vuoti, sta di base la specialetecnica costruttiva a secco con grossi elementi, tecnica che, mancando la coesionedel cemento, affida la solidità e la statica dell’edifizio all’ampiezza del muro.

Una parte rilevante di questo massiccio fasciame murario è occupata dal va-no della scala (tavv. XXV, 2, XLVI, 1-2) che, girando elicoidalmente secondo il

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profilo circolare delle pareti, sale, dove esistono, alle camere superiori, conforma-te “a tholos” come quella a piano terra, sino al terrazzo in cui ha termine l’eleva-to della costruzione. Il passaggio della scala non è sempre agevole sia per le di-mensioni del vano, largo da m 0,60 a 1, sia per la fattura dei gradini per lo piùerti e rozzi, sia per la scarsa illuminazione che proviene, ma non sempre, dastrette feritoie o spioncini aperti verso l’esterno, a diversa altezza del percorso.

Esistono due tipi di scale, l’uno successivo all’altro. Il primo tipo è quello incui la scala si apre sul vano della camera centrale con la soglia sopraelevata di m3/4 sul piano del pavimento (fig. 1, 2-3, 7, 13, 15, fig. 2, 1, tavv. IV, 3, XIV, 1,XXV, 1, LXIV, 1). Nel secondo tipo, la scala parte dall’andito d’ingresso, a fiordi suolo, e volge verso l’alto per lo più in direzione di sinistra (fig. 1, 4-5, 10-11, 16, 18-19, 21, 23, 25, fig. 2, 3, tav. XLVI, 1-2), eccezionalmente verso de-stra (fig. 1, 17, 20, fig. 2, 2). Il primo tipo è stato riconosciuto come più anti-co, in quanto la scala impegna un minor volume di masso murario ed alterna,col suo ritmo di percorso spezzato ad ogni piano, vuoti a pieni strutturali ondenon compromettere l’equilibrio statico in uno stadio costruttivo meno evolutoe ardito. Si tratta d’una limitazione di spazio che trova l’analogo negli spazi,pur essi contenuti, delle camere semplici con una o due nicchie al massimo. Ilsecondo tipo appare più recente, perché il suo giro investe, con percorso conti-nuo a spirale obliqua, l’intero anello murario per tutto l’elevato, rivelandosi, inciò, una disinvoltura e sicurezza nel costruire che rivelano un progresso tecnicoderivato da lunga esperienza e dal passar del tempo. A questo maggior respirospaziale del vano della scala corrisponde, di massima, la forma più evoluta dellacamera a tre nicchie, pur non mancando esempi di scala d’andito in tholoi conuna o due nicchie, ma in numero molto minore.

In alcuni nuraghi si ha l’associazione dei due tipi di scale, come vedesi nelletorri di Sa Figu Rànchida (fig. 1, 21) e di Ala (fig. 2, 4). Le tholoi che la presen-tano, mostrano la figura ormai completa e definita della camera a tre nicchie erivelano un’esperienza architettonica matura che compone, armonicamente, lesoluzioni via via studiate e realizzate per lunghi anni.

L’evoluzione della semplice torre nuragica si può studiare anche attraversol’esame dello sviluppo dell’elevato. Nello spazio d’un mezzo millennio, dalla fi-gura primitiva della torre, bassa e massiccia, con unica camera con o senza scalaal terrazzo, si dovette passare a quella del tronco di cono a camere sovrappostesull’asse verticale, in numero da due a tre, con dimensioni in diametro ed altez-za che regrediscono in rapporto diretto al restringersi del volume verso la partesuperiore (fig. 3, 2, 4-5). Si raggiungono in tal modo, già sul finire del II mil-lennio a.C. e, poi, nei tempi iniziali del I, altezze considerevoli e imponenti ditorri, come attestano i m 18,60 del nuraghe di Barùmini (fig. 3, 2) e i m 22 delnuraghe Santu Antìne (fig. 3, 5).

Tale svolgimento è sottolineato pure dal variare dell’inclinazione delle mura-ture esterne della costruzione nuragica, in cui si osserva, seppure in successionenon strettamente progressiva, una pendenza sempre minore dalle forme antiche

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I nuraghi

quattro nicchie del nuraghe Sa Cuguttàda-Mores (fig. 1, 22). Queste nicchie,come si desume chiaramente da quelle dei nuraghi Marosìni, Tittiriòla, Armùn-gia, Goni etc., erano destinate ad accogliere lettucci fatti di strame e pelli, peruna o più persone.

Pure nel vano del corridoio d’ingresso si nota una progressiva evoluzione. Da-gli anditi semplici dei nuraghi Orrùbiu, S’Iscàla ’e Pedra, Nuraddèo, Sa Domo ’es’Orku, Marosìni, S’Omu ’e s’Orku, si passa a quelli con sola celletta, destinataper il soldato di guardia, situata per lo più sulla destra (Baiòlu, Muru de sa Figu,Sa Preda Longa) ma pure sulla sinistra (Gurti Àqua), o agli anditi provvisti dellasola scala a fior di suolo posta sulla sinistra, come nei nuraghi Mindèddu, S’At-tentu, Sa Cuguttàda, Sa Figu Rànchida, Muràrtu (fig. 1, 23). Si hanno, da ulti-mo, anditi completi di scale e garette, le prime ubicate più di frequente a sinistra,come nei nuraghi Genna Masòni, Piandànna, Su Fràile, Orolìo, Tittiriòla, maanche a destra come nei nuraghi Giànnas, Abbaùddi, Perda Arrùbia.

Uno sviluppo tecnico-costruttivo ulteriore si coglie nei nuraghi Muràrtu(fig. 1, 23), Leortìnas (fig. 1, 24) e Santu Antìne (fig. 1, 25). In essi, per gradi,si realizzano intorno alla camera dei corridoi anulari verso i quali, come nelLeortìnas e soprattutto nel Santu Antìne, si aprono a raggera le nicchie delletholoi. Si tratta di disegni molto evoluti, che rivelano una concezione del tagliodello spazio a gusto circolatorio in cui sembrerebbe di riconoscere (ma in realtànon si verifica) l’influsso dell’ordine classico.

In generale si nota una continua, per quanto molto lenta e contenuta, ricer-ca di ampliamento dello spazio anche se, in ogni caso, lo scavo fatto nel pienomurario non ne attenua il peso o ne ingentilisce l’aspetto tanto da svalutare ilsenso e l’effetto della massa che domina, rude e sovrana, nella sua essenzialitàprimitiva. Il citato grafico illustra questa osservazione. I 25 nuraghi, nei quali sihanno diametri medi di torre di m 11,24 e diametri medi di tholos di m 4,08,con indice medio nel rapporto torre-camera di 2,75, presentano indice mediodi massa-spazio di 1,6; cioè la somma degli spessori murari misurata alla basedella sezione diametrale è di 1,6 volte maggiore rispetto al vano della tholos. Sideve notare anche che l’indice di massa-spazio tende ad aumentare in ragionediretta dello sviluppo spaziale della camera del nuraghe (1,52 medio dei nura-ghi a fig. 1, 1-17 contro 2,26 medio dei nuraghi a fig. 1, 18-25): ossia i murivanno sempre più irrobustendosi per far luogo al numero e alla capienza sem-pre maggiori dei vani sussidiari (cellette, garette, scale, corridoi anulari etc.).

Lo spessore delle murature varia, nei 25 nuraghi del grafico dimostrativo, daim 5,20 del nuraghe Leortìnas (fig. 1, 24) ai m 2,30 del nuraghe Nuraddèo (fig.1, 7) con una media normale, sui 25, di m 3,56. Si tratta, in ogni caso, di valorinotevoli a cui, oltre la ragione esposta di far da sede ai vuoti, sta di base la specialetecnica costruttiva a secco con grossi elementi, tecnica che, mancando la coesionedel cemento, affida la solidità e la statica dell’edifizio all’ampiezza del muro.

Una parte rilevante di questo massiccio fasciame murario è occupata dal va-no della scala (tavv. XXV, 2, XLVI, 1-2) che, girando elicoidalmente secondo il

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

Page 66: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

bottega protosarda del VII-VI secolo a.C., mostrano il profilo superiore delle tor-ri di forma piatta, ed uno – quello meglio conservato di Olmedo – presenta lavetta dei piccoli coni circondata da coroncine sporgenti all’esterno. In un caso enell’altro si tratta di terminazione del cono a terrazzo, a profilo contenuto nella li-nea del muro della torre nel modellino di Ittirèddu, con sbalzo a parapetto nelbronzetto di Olmedo. Più significativa ancora è la colonnina di calcare a tav.LXXVI, 1, pur essa del VII-VI secolo a.C., in cui è riprodotta con evidenza latorre d’un nuraghe: forse la torre dello stesso nuraghe di Barùmini presso il qualeè stato ritrovato il monumentino, in recenti scavi. Alla sommità del cono si ripetela sagoma del ballatoio con parapetto sporgente dal filo murario, qui sorretto damensole espresse nei rilievi verticali al disotto del tamburo circolare.

Alla forma dei terrazzi di queste riproduzioni in piccolo, corrispondonoesempi reali precisati di recente. Un terrazzino a sporto con orlatura di concisagomati, sovrastava, nella fase b (VIII-VII secolo a.C.), la torre centrale delnuraghe Losa di Abbasanta. Ed un simile coronamento, intorno alla prima me-tà dell’VIII secolo, fu inserito in restauro al sommo dell’antico mastio del nura-ghe di Barùmini, facendo sbalzare il terrazzo sopra mensole di basalto del pesomedio di 13 q, ritrovate alla base della torre entro il colmaticcio del cortile del-la poderosa fortezza (fig. 3, 2, tav. LXXVI, 3). La terminazione in piano dell’al-to delle torri nuragiche rispondeva all’originaria destinazione di osservatorio e aquella successiva di luogo di comando nelle complicate operazioni di difesa. Lasporgenza si dovette alla necessità di riguadagnare la verticale del getto deiproiettili nel sistema del piombatoio, proiettili i quali, altrimenti, sarebbero an-dati a cadere sul profilo inclinato del muro esterno.

A questi esempi evoluti di terrazzi a ballatoio in pietra su mensole (unesempio ancora più tardivo è stato riconosciuto da poco nel nuraghe Albùciudi Arzachena), si giunse dopo esperienze di balconcini in legno, sostituiti poiper esser di materia deperibile e di facile presa per gli elementi incendiari in usonelle guerre antiche.

Molto recente è l’osservazione, fatta in parecchi nuraghi semplici, di grossemurature d’argine che avvolgono tutto all’intorno e consolidano, contraffortan-dolo e inspessendolo, il paramento interno della torre (fig. 15, 3, tav. CIV, 1).

Questi rifasci murari in alcuni esempi foderano il cono per l’intero elevato esembrano costituire una reintegrazione di parti costruttive pericolanti per variecause; sono dunque posteriori nel tempo al nucleo fondamentale. Ma in altriesempi, la sfoglia di contenimento si eleva soltanto di pochi metri formandoun gradone anulare al disotto del terrazzo terminale della torre, gradone cherinforza la parte inferiore del nuraghe soggetta al massimo sforzo statico, am-plia, attraverso la terrazza periferica, il raggio visivo e, forse anche, tradisce l’in-tendimento di movimentare, col profilo spezzato, l’uniforme linea obliqua pri-mitiva. Nulla si oppone a ritenere che siffatte torri terrazzate siano opera digetto, cioè con le varie sfoglie costruite contemporaneamente.

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I nuraghi

a quelle recenti, un lieve e lento mutare dal profilo di volume troncoconico inprofilo di volume subcilindrico. Si confronti, in concreto, la sezione a forte in-clinazione della torre del Domu s’Orku di Sarròk (fig. 3, 1), torre fra le più anti-che dell’Isola, e quella del nuraghe Altòriu di Scanu (fig. 4, 9), dove il muroesterno, quasi verticale, sembra l’esito d’una soluzione moderna, sebbene imper-fetta, di muro a piombo, avvalorata dalla novità del contorno oblungo dell’edifi-zio e dal dispositivo della scala di camera, a fior di pavimento, con andamentospezzato e inusitato nei nuraghi di perimetro circolare, e rivelante gusto tardivodi linea retta (fig. 3, 6).

Per quanto il valore non sia assoluto, una certa indicazione, in uno agli altrielementi, dell’evoluzione formale del nuraghe monotorre è data anche dal rap-porto fra l’altezza della tholos ed il suo diametro basale. Profili stretti e slanciatidi camera, sembrano, almeno come origine, più antichi di quelli proporzionatinelle due dimensioni di piano e di elevato, e questi ultimi, a loro volta, sembra-no anteriori, sempre per origine, ai profili delle pseudovolte in cui il rapportovolge decisamente in favore della misura diametrale con un progressivo appiat-timento della cupola. L’indice, che segna il rapporto, decresce in relazione colprogredire del tempo (fig. 3, 1-6: i numeri si riferiscono in ordine ai nuraghisottoindicati). Così si passa dall’indice di 2,2 del nuraghe Domu s’Orku (tholossemplice con scala di camera) all’1,61 del Su Nuraxi di Barùmini (tholos a duenicchie con scala di camera e garetta d’andito), all’1,48 del Losa (tholos a trenicchie con garetta e scala d’andito), all’1,4 del Santu Antìne (tholos come so-pra con deambulatorio concentrico), all’1,1 del nuraghe Altòriu di cui sonostate notate le caratteristiche di costruzione molto recente o, comunque, poste-riore alle precedenti, essendone una derivazione tipologica decaduta ed alterataper la presenza di elementi del tutto nuovi.

Infine, costituisce un segno largamente indicativo del progresso cronologicodella torre nuragica, la variazione del profilo dell’andito d’ingresso. Il grafico difig. 4 mostra come gli anditi vadano progressivamente riducendo l’obliqua delsoffitto elevata verso l’interno dei nn. 1-6, fino ad appiattirsi nei solai gradonatidei nn. 7-9, e trapassino gradualmente dalle sezioni angolari-trapezoidali dei pri-mi alle sezioni rettangolari piattabandate dei secondi. Dallo stesso grafico si rileval’organica corrispondenza fra sezioni d’andito e di camera, le quali, col mutaregraduale nel primo dall’obliqua all’orizzontale di copertura e con l’abbassamentogenerale dei vani, vanno perdendo quello slancio e quella verticalità che contras-segnano i nuraghi più antichi, per assumere via via valore preponderante nella di-mensione di base, segno di tempi meno lontani.

Solo da pochi anni, dopo incertezze e discussioni, si è potuto accertare su daticoncreti, come la torre nuragica finiva al suo culmine. Due modellini in bronzodi nuraghi – uno da Ittirèddu e l’altro da Olmedo (tav. LXXVI, 2) –, prodotti di

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bottega protosarda del VII-VI secolo a.C., mostrano il profilo superiore delle tor-ri di forma piatta, ed uno – quello meglio conservato di Olmedo – presenta lavetta dei piccoli coni circondata da coroncine sporgenti all’esterno. In un caso enell’altro si tratta di terminazione del cono a terrazzo, a profilo contenuto nella li-nea del muro della torre nel modellino di Ittirèddu, con sbalzo a parapetto nelbronzetto di Olmedo. Più significativa ancora è la colonnina di calcare a tav.LXXVI, 1, pur essa del VII-VI secolo a.C., in cui è riprodotta con evidenza latorre d’un nuraghe: forse la torre dello stesso nuraghe di Barùmini presso il qualeè stato ritrovato il monumentino, in recenti scavi. Alla sommità del cono si ripetela sagoma del ballatoio con parapetto sporgente dal filo murario, qui sorretto damensole espresse nei rilievi verticali al disotto del tamburo circolare.

Alla forma dei terrazzi di queste riproduzioni in piccolo, corrispondonoesempi reali precisati di recente. Un terrazzino a sporto con orlatura di concisagomati, sovrastava, nella fase b (VIII-VII secolo a.C.), la torre centrale delnuraghe Losa di Abbasanta. Ed un simile coronamento, intorno alla prima me-tà dell’VIII secolo, fu inserito in restauro al sommo dell’antico mastio del nura-ghe di Barùmini, facendo sbalzare il terrazzo sopra mensole di basalto del pesomedio di 13 q, ritrovate alla base della torre entro il colmaticcio del cortile del-la poderosa fortezza (fig. 3, 2, tav. LXXVI, 3). La terminazione in piano dell’al-to delle torri nuragiche rispondeva all’originaria destinazione di osservatorio e aquella successiva di luogo di comando nelle complicate operazioni di difesa. Lasporgenza si dovette alla necessità di riguadagnare la verticale del getto deiproiettili nel sistema del piombatoio, proiettili i quali, altrimenti, sarebbero an-dati a cadere sul profilo inclinato del muro esterno.

A questi esempi evoluti di terrazzi a ballatoio in pietra su mensole (unesempio ancora più tardivo è stato riconosciuto da poco nel nuraghe Albùciudi Arzachena), si giunse dopo esperienze di balconcini in legno, sostituiti poiper esser di materia deperibile e di facile presa per gli elementi incendiari in usonelle guerre antiche.

Molto recente è l’osservazione, fatta in parecchi nuraghi semplici, di grossemurature d’argine che avvolgono tutto all’intorno e consolidano, contraffortan-dolo e inspessendolo, il paramento interno della torre (fig. 15, 3, tav. CIV, 1).

Questi rifasci murari in alcuni esempi foderano il cono per l’intero elevato esembrano costituire una reintegrazione di parti costruttive pericolanti per variecause; sono dunque posteriori nel tempo al nucleo fondamentale. Ma in altriesempi, la sfoglia di contenimento si eleva soltanto di pochi metri formandoun gradone anulare al disotto del terrazzo terminale della torre, gradone cherinforza la parte inferiore del nuraghe soggetta al massimo sforzo statico, am-plia, attraverso la terrazza periferica, il raggio visivo e, forse anche, tradisce l’in-tendimento di movimentare, col profilo spezzato, l’uniforme linea obliqua pri-mitiva. Nulla si oppone a ritenere che siffatte torri terrazzate siano opera digetto, cioè con le varie sfoglie costruite contemporaneamente.

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a quelle recenti, un lieve e lento mutare dal profilo di volume troncoconico inprofilo di volume subcilindrico. Si confronti, in concreto, la sezione a forte in-clinazione della torre del Domu s’Orku di Sarròk (fig. 3, 1), torre fra le più anti-che dell’Isola, e quella del nuraghe Altòriu di Scanu (fig. 4, 9), dove il muroesterno, quasi verticale, sembra l’esito d’una soluzione moderna, sebbene imper-fetta, di muro a piombo, avvalorata dalla novità del contorno oblungo dell’edifi-zio e dal dispositivo della scala di camera, a fior di pavimento, con andamentospezzato e inusitato nei nuraghi di perimetro circolare, e rivelante gusto tardivodi linea retta (fig. 3, 6).

Per quanto il valore non sia assoluto, una certa indicazione, in uno agli altrielementi, dell’evoluzione formale del nuraghe monotorre è data anche dal rap-porto fra l’altezza della tholos ed il suo diametro basale. Profili stretti e slanciatidi camera, sembrano, almeno come origine, più antichi di quelli proporzionatinelle due dimensioni di piano e di elevato, e questi ultimi, a loro volta, sembra-no anteriori, sempre per origine, ai profili delle pseudovolte in cui il rapportovolge decisamente in favore della misura diametrale con un progressivo appiat-timento della cupola. L’indice, che segna il rapporto, decresce in relazione colprogredire del tempo (fig. 3, 1-6: i numeri si riferiscono in ordine ai nuraghisottoindicati). Così si passa dall’indice di 2,2 del nuraghe Domu s’Orku (tholossemplice con scala di camera) all’1,61 del Su Nuraxi di Barùmini (tholos a duenicchie con scala di camera e garetta d’andito), all’1,48 del Losa (tholos a trenicchie con garetta e scala d’andito), all’1,4 del Santu Antìne (tholos come so-pra con deambulatorio concentrico), all’1,1 del nuraghe Altòriu di cui sonostate notate le caratteristiche di costruzione molto recente o, comunque, poste-riore alle precedenti, essendone una derivazione tipologica decaduta ed alterataper la presenza di elementi del tutto nuovi.

Infine, costituisce un segno largamente indicativo del progresso cronologicodella torre nuragica, la variazione del profilo dell’andito d’ingresso. Il grafico difig. 4 mostra come gli anditi vadano progressivamente riducendo l’obliqua delsoffitto elevata verso l’interno dei nn. 1-6, fino ad appiattirsi nei solai gradonatidei nn. 7-9, e trapassino gradualmente dalle sezioni angolari-trapezoidali dei pri-mi alle sezioni rettangolari piattabandate dei secondi. Dallo stesso grafico si rileval’organica corrispondenza fra sezioni d’andito e di camera, le quali, col mutaregraduale nel primo dall’obliqua all’orizzontale di copertura e con l’abbassamentogenerale dei vani, vanno perdendo quello slancio e quella verticalità che contras-segnano i nuraghi più antichi, per assumere via via valore preponderante nella di-mensione di base, segno di tempi meno lontani.

Solo da pochi anni, dopo incertezze e discussioni, si è potuto accertare su daticoncreti, come la torre nuragica finiva al suo culmine. Due modellini in bronzodi nuraghi – uno da Ittirèddu e l’altro da Olmedo (tav. LXXVI, 2) –, prodotti di

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della nuova costruzione, in piano (celle) ed elevato (scale), introduce un ingresso la-terale (fig. 5, 5-6), nella fig. 5, 7 integrato da un’entrata frontale munita di due cop-pie di cellette di guardia con scala e feritoie. Il muro del recinto o “tancato” ad unestremo seconda il giro della torre minore, con contatto spezzato di membri (fig. 5,3-4) o fuso con dolce curvilineità (fig. 5, 5-7), all’estremità opposta si salda ad an-golo al paramento della torre maggiore, o contenendola per una parte soltanto dellasua circonferenza (fig. 5, 3-6) o circondandola del tutto col fasciame ellittico, sì dacostituire un blocco unitario più compatto e saldo (fig. 5, 7).

Alcune forme ceramiche con decorazione protogeometrica nello stile dei va-si a tavv. XCVIII e C, e alcuni bronzetti indigeni di circa l’VIII-VII secolo a.C.,trovati dentro il cortile del nuraghe Palmavera (fig. 5, 7), stanno a dimostrareche lo schema del nuraghe “a tancato” era già conformato e portato ad unavanzato grado evolutivo intorno al 750 a.C.

Uno schema vicino, ma non uguale, a quello precedente, si mostra nella fig. 5,8: nuraghe Su Mont’e s’Orku Tuèri-Perdasdefògu. Due torrette minori (B, C)fronteggiano, sull’asse di lunghezza, la torre principale A; camere e ingressistanno tutti sulla stessa linea longitudinale. Identico allineamento in lungo ditre torri mantiene il nuraghe Su Sensu di Pompu, a fig. 5, 9. Qui, però, l’addi-zione longitudinale delle torri minori (C, B) alla torre maggiore primitiva (A), sisviluppa non solo sul davanti ma anche a tergo di quest’ultima che, all’origine,aveva due ingressi opposti, uno al Nord e l’altro al Sud. Tali ingressi servirono,poi, per collegare all’interno le camere delle tre torri, disposte pur esse sul me-desimo asse di lunghezza, mentre l’accesso dall’esterno al nuovo corpo costrut-tivo fu ricavato di lato (b) entro il muro della torre B.

Nel grafico a fig. 6 sono disegnati nuraghi con addizione frontale a sviluppotrasversale degli elementi aggiunti.

Gli esempi 1-4 mostrano una variazione dello schema “a tancato”, disposto ditraverso, tangenzialmente al cono antico. Lo schema consiste appunto in un corpocostruttivo che include al centro un cortile raccordato da anditi sfocianti in tholoicontenute in due torri al margine dello stesso corpo; l’ingresso esterno è sul davanti,in asse con la porta della torre primitiva (fig. 6, 1-2), o di lato (fig. 6, 4). Negliesempi 5-6 si riconosce lo stesso schema, ma atrofizzato e semplificato, perché man-ca il cortile, la cui funzione di elemento coordinatore degli anditi delle due torri mi-nori è sostituita dal corridoio ricavato nella cortina frontale in continuazione direttadell’andito della torre principale più antica. È da osservare che, in analogia col di-verso modo di saldarsi del corpo aggiunto sul nucleo originario visto nel “tancato” asviluppo longitudinale, anche in questo a sviluppo trasversale il lato opposto a quel-lo del prospetto o ripiega ad angolo sul paramento della torre maggiore lasciandonela metà o i tre quarti della circonferenza scoperti (fig. 6, 1-2, 5) o va, dolcemente, afondersi nel suo giro (fig. 6, 3-4), quando anche non lo consolida avvolgendolocon un rifascio anulare (fig. 6, 6). Un’evoluzione dello schema “a tancato” traverso

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I nuraghi

L’espediente struttivo, applicato talora in forma monumentale, diventa dimaggior interesse e significato se lo si vede, come è da vedersi, quale esito localed’un tipo architettonico largamente divulgato nel Mediterraneo occidentale giàda età molto remota (II millennio a.C.). Noteremo più oltre le rispondenzenelle aree paleomediterranee delle Baleari, di Corsica e delle Puglie.

Forse già sul finire del II e, certamente, agli inizi e più ancora con l’avanzaredel I millennio a.C., alle antiche e semplici torri nuragiche “a tholos” isolate,svolte e definite ormai negli elementi di pianta e di alzato sopradescritti, si ag-giungono, addossandosi variamente, altri corpi di fabbrica i quali, pur non alte-rando sostanzialmente il fondamento della forma architettonica e struttiva, l’ar-ricchiscono portandola a soluzioni elaborate e configurandola, al culmine, inesempi grandiosi e organici di architettura superiore. Questo passaggio dalla for-ma del nuraghe elementare “a tholos” alla forma del nuraghe “a tholos” plurimoo complesso, avvenne attraverso un’evoluzione lenta, non dappertutto uniforme,condizionata dallo sviluppo diverso dello stato dei singoli sistemi “cantonali”nuragici, dalla diversa fertilità inventiva e dal modo di vedere più o meno pron-to delle maestranze, dall’apertura maggiore o minore dei rapporti con l’esterno.Può dirsi, in generale, che l’evoluzione architettonica maturò nello spazio d’unmezzo millennio, dal 1000 circa al 500 a.C., cioè dai tempi delle prime avvisa-glie delle conquiste dei popoli storici (Fenici) a quando i Cartaginesi, alla finedel VI secolo a.C., s’impossessarono stabilmente d’un terzo dell’Isola, sospingen-do gli Indigeni, costruttori di nuraghi, nel ridotto delle montagne.

L’addossamento dei nuovi corpi di fabbrica ai coni primitivi avviene, grossomodo, con tre forme di addizione: frontale, laterale e concentrica. Elementofrequentissimo e importante, sebbene non strettamente indispensabile, comeordinatore e concentratore delle masse periferiche al nucleo centrale o principa-le, è un cortile, talora d’aspetto monumentale (tavv. XVII, 1, XXII, 1, XXIV,3-4, XXXIV, 1, XLIII, 2, LV, 3, LXI, LXIII, 1-2).

L’addizione frontale si effettua costruendo la parte moderna o sull’asse lon-gitudinale della torre primitiva o su una linea trasversale ad essa.

Il grafico a fig. 5 mostra uno schema di evoluzione dei nuraghi ad addizio-ne frontale longitudinale. Il tipo più semplice è quello dell’addizione sulla fron-te del cono originario, d’un cortiletto aperto sul davanti, in asse con l’ingressodella tholos, di pianta a segmento di cerchio (fig. 5, 1) o rettangolare (fig. 5, 2).L’aggiunta si opera su torri a camera semplice, apparentemente molto antiche;assai antico potrebbe essere pure l’inserto aggiuntivo, almeno nel nuraghe Giba’e skorka, tutto di gusto curvilineo (fig. 5, 1).

I nn. 3-7 della fig. 5 presentano dispositivo d’inserzione cosiddetto “a tancato”.Cioè sul fronte della torre primitiva si sviluppa in longitudine un corpo murario, divaria figura, racchiudente una seconda torre minore con un cortile antistante che fada passaggio alla prima. Al cortile, in cui si raccordano tutti i vani della vecchia e

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della nuova costruzione, in piano (celle) ed elevato (scale), introduce un ingresso la-terale (fig. 5, 5-6), nella fig. 5, 7 integrato da un’entrata frontale munita di due cop-pie di cellette di guardia con scala e feritoie. Il muro del recinto o “tancato” ad unestremo seconda il giro della torre minore, con contatto spezzato di membri (fig. 5,3-4) o fuso con dolce curvilineità (fig. 5, 5-7), all’estremità opposta si salda ad an-golo al paramento della torre maggiore, o contenendola per una parte soltanto dellasua circonferenza (fig. 5, 3-6) o circondandola del tutto col fasciame ellittico, sì dacostituire un blocco unitario più compatto e saldo (fig. 5, 7).

Alcune forme ceramiche con decorazione protogeometrica nello stile dei va-si a tavv. XCVIII e C, e alcuni bronzetti indigeni di circa l’VIII-VII secolo a.C.,trovati dentro il cortile del nuraghe Palmavera (fig. 5, 7), stanno a dimostrareche lo schema del nuraghe “a tancato” era già conformato e portato ad unavanzato grado evolutivo intorno al 750 a.C.

Uno schema vicino, ma non uguale, a quello precedente, si mostra nella fig. 5,8: nuraghe Su Mont’e s’Orku Tuèri-Perdasdefògu. Due torrette minori (B, C)fronteggiano, sull’asse di lunghezza, la torre principale A; camere e ingressistanno tutti sulla stessa linea longitudinale. Identico allineamento in lungo ditre torri mantiene il nuraghe Su Sensu di Pompu, a fig. 5, 9. Qui, però, l’addi-zione longitudinale delle torri minori (C, B) alla torre maggiore primitiva (A), sisviluppa non solo sul davanti ma anche a tergo di quest’ultima che, all’origine,aveva due ingressi opposti, uno al Nord e l’altro al Sud. Tali ingressi servirono,poi, per collegare all’interno le camere delle tre torri, disposte pur esse sul me-desimo asse di lunghezza, mentre l’accesso dall’esterno al nuovo corpo costrut-tivo fu ricavato di lato (b) entro il muro della torre B.

Nel grafico a fig. 6 sono disegnati nuraghi con addizione frontale a sviluppotrasversale degli elementi aggiunti.

Gli esempi 1-4 mostrano una variazione dello schema “a tancato”, disposto ditraverso, tangenzialmente al cono antico. Lo schema consiste appunto in un corpocostruttivo che include al centro un cortile raccordato da anditi sfocianti in tholoicontenute in due torri al margine dello stesso corpo; l’ingresso esterno è sul davanti,in asse con la porta della torre primitiva (fig. 6, 1-2), o di lato (fig. 6, 4). Negliesempi 5-6 si riconosce lo stesso schema, ma atrofizzato e semplificato, perché man-ca il cortile, la cui funzione di elemento coordinatore degli anditi delle due torri mi-nori è sostituita dal corridoio ricavato nella cortina frontale in continuazione direttadell’andito della torre principale più antica. È da osservare che, in analogia col di-verso modo di saldarsi del corpo aggiunto sul nucleo originario visto nel “tancato” asviluppo longitudinale, anche in questo a sviluppo trasversale il lato opposto a quel-lo del prospetto o ripiega ad angolo sul paramento della torre maggiore lasciandonela metà o i tre quarti della circonferenza scoperti (fig. 6, 1-2, 5) o va, dolcemente, afondersi nel suo giro (fig. 6, 3-4), quando anche non lo consolida avvolgendolocon un rifascio anulare (fig. 6, 6). Un’evoluzione dello schema “a tancato” traverso

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I nuraghi

L’espediente struttivo, applicato talora in forma monumentale, diventa dimaggior interesse e significato se lo si vede, come è da vedersi, quale esito localed’un tipo architettonico largamente divulgato nel Mediterraneo occidentale giàda età molto remota (II millennio a.C.). Noteremo più oltre le rispondenzenelle aree paleomediterranee delle Baleari, di Corsica e delle Puglie.

Forse già sul finire del II e, certamente, agli inizi e più ancora con l’avanzaredel I millennio a.C., alle antiche e semplici torri nuragiche “a tholos” isolate,svolte e definite ormai negli elementi di pianta e di alzato sopradescritti, si ag-giungono, addossandosi variamente, altri corpi di fabbrica i quali, pur non alte-rando sostanzialmente il fondamento della forma architettonica e struttiva, l’ar-ricchiscono portandola a soluzioni elaborate e configurandola, al culmine, inesempi grandiosi e organici di architettura superiore. Questo passaggio dalla for-ma del nuraghe elementare “a tholos” alla forma del nuraghe “a tholos” plurimoo complesso, avvenne attraverso un’evoluzione lenta, non dappertutto uniforme,condizionata dallo sviluppo diverso dello stato dei singoli sistemi “cantonali”nuragici, dalla diversa fertilità inventiva e dal modo di vedere più o meno pron-to delle maestranze, dall’apertura maggiore o minore dei rapporti con l’esterno.Può dirsi, in generale, che l’evoluzione architettonica maturò nello spazio d’unmezzo millennio, dal 1000 circa al 500 a.C., cioè dai tempi delle prime avvisa-glie delle conquiste dei popoli storici (Fenici) a quando i Cartaginesi, alla finedel VI secolo a.C., s’impossessarono stabilmente d’un terzo dell’Isola, sospingen-do gli Indigeni, costruttori di nuraghi, nel ridotto delle montagne.

L’addossamento dei nuovi corpi di fabbrica ai coni primitivi avviene, grossomodo, con tre forme di addizione: frontale, laterale e concentrica. Elementofrequentissimo e importante, sebbene non strettamente indispensabile, comeordinatore e concentratore delle masse periferiche al nucleo centrale o principa-le, è un cortile, talora d’aspetto monumentale (tavv. XVII, 1, XXII, 1, XXIV,3-4, XXXIV, 1, XLIII, 2, LV, 3, LXI, LXIII, 1-2).

L’addizione frontale si effettua costruendo la parte moderna o sull’asse lon-gitudinale della torre primitiva o su una linea trasversale ad essa.

Il grafico a fig. 5 mostra uno schema di evoluzione dei nuraghi ad addizio-ne frontale longitudinale. Il tipo più semplice è quello dell’addizione sulla fron-te del cono originario, d’un cortiletto aperto sul davanti, in asse con l’ingressodella tholos, di pianta a segmento di cerchio (fig. 5, 1) o rettangolare (fig. 5, 2).L’aggiunta si opera su torri a camera semplice, apparentemente molto antiche;assai antico potrebbe essere pure l’inserto aggiuntivo, almeno nel nuraghe Giba’e skorka, tutto di gusto curvilineo (fig. 5, 1).

I nn. 3-7 della fig. 5 presentano dispositivo d’inserzione cosiddetto “a tancato”.Cioè sul fronte della torre primitiva si sviluppa in longitudine un corpo murario, divaria figura, racchiudente una seconda torre minore con un cortile antistante che fada passaggio alla prima. Al cortile, in cui si raccordano tutti i vani della vecchia e

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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La seconda varietà è esemplificata dal Pranu Nuracci di Siris (fig. 8, 2) e dalNuraddèo di Suni (fig. 8, 3 e tav. XXVI). Intorno alla torre principale si ad-dossa il corpo triangolare con le tre torri delle cuspidi unite da cortine rettilinee.Nel Pranu Nuracci il raccordo tra torre antica A e torricelle frontali (B, C), èdato da due lunghi corridoi, paralleli alla cortina di prospetto, i quali si dirigo-no verso B e C partendo dal corridoio dell’ingresso esterno sul prolungamentodi quello di A (vedi per confronto fig. 6, 5-6). Nel Nuraddèo il raccordo vieneofferto, invece, dal cortile E con formula apparentemente evoluta rispetto aquella del Pranu Nuracci. Ambedue i nuraghi mostrano la torretta tergale Dcon uscio a parte, come nel citato nuraghe Longu di Cùglieri (fig. 8, 1). Alloschema del Nuraddèo si avvicina anche il piano del trilobo del nuraghe IsParas di Isili, con la variante di una cortina curvilinea su due rettilinee (tavv.XXII-XXV).

Alla terza varietà appartengono i nuraghi Losa (fig. 8, 4, tavv. XXVII-XXXIII), Lughèrras (fig. 8, 5) e Santu Antìne (fig. 8, 6, tavv. XL-LIV). Il fa-sciame triangolare, a differenza del precedente a sequenza retto-curvilinea dicortine e torri, si svolge in un profilo continuo unitario a linea curva e sinuosa,internata in lieve concavità in corrispondenza alle cortine e pronunziata congarbo convesso nel giro delle tre torri perimetrali (B, C, D).

A base dei due modi di sentire il profilo perimetrale – a linea spezzata e a li-nea continuata – stanno ragioni di stile, ma anche di difesa: una difesa a punte,frazionata nel risalto delle cuspidi turrite pronunziatissime dei bastioni retto-curvilinei, e una difesa concepita e realizzata con spiegamento di soldati in con-tinuazione su tutto lo spalto delle torri e delle cortine del bastione ad anda-mento curvilineo e sinuoso.

Per il resto, a parte il singolare inserto aggiunto dello schema “a tancato” (E,F) sul trilobo del Lughèrras (fig. 8, 5), i tre nuraghi Losa-Lughèrras-Santu An-tìne mostrano una progressiva evoluzione dello schema tripartito fondamenta-le. L’evoluzione consiste nel raccordo “a cortile” in Lughèrras-Santu Antìne ri-spetto al raccordo “a corridoio” in Losa; nell’unione, per interno, di C a D nelLughèrras mentre nel Losa D è isolata con uscita esterna sopraelevata; nel totaleraccordo interno per corridoi paralleli alle cortine illuminati da feritoie, dellecamere delle torri marginali (B, C, D) nel nuraghe Santu Antìne.

Materiali vari, soprattutto di terracotta e di bronzo, trovati dentro le tholoi enei pozzi (p, tav. XLIII, 2) dei cortili del Losa-Lughèrras-Santu Antìne, stannoa provare che lo schema del trilobo curvilineo esisteva già nei tempi dell’VIII se-colo a.C. L’inserto aggiuntivo “a tancato” del Lughèrras potrebbe esser statoportato nel VII secolo a.C.

Dello schema predetto si hanno anche versioni imbarbarite e decadute co-me, per esempio, nel nuraghe Asòru di San Vito (tavv. XVII-XXI).

Esempi di nuraghi quadrilobati si vedono nella fig. 9, 1-4. Si riconducono adue varietà.

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I nuraghi

con cortile è costituito dal nuraghe Oes di Torralba (tavv. XXXIV-XXXIX), in cuiuna delle torri minori (quella di sinistra) si articola in due giri turriti a linea continua.

I nuraghi esemplificati nella fig. 7 danno un’idea di come si effettua l’addi-zione laterale, cioè l’aggiunta dei membri costruttivi più recenti ai lati della for-ma originaria.

L’addizione avviene per contatto o tangenza delle torri minori alla torre mag-giore, la quale, in ogni caso, conserva un tratto più meno esteso del perimetro invista, ossia non coperto né obliterato dalle opere secondarie. Al cono antico siaddossano una (fig. 7, 1, 3), due (fig. 7, 2, 4) o tre torri (fig. 7, 5), nell’ultimoesempio con addizione tangenziale delle torri laterali (B, C) mentre la terza, lafrontale (D), ne è separata dall’interposto cortile (E). Negli esempi a fig. 7, 1-2l’unione delle diverse parti murarie avviene per semplice tangenza, con il risulta-to di produrre uno schema paratattico, cioè a pura giustapposizione in pianodelle componenti della costruzione. Nei nuraghi a fig. 7, 3-4 e specialmente nelNoddùle di Nùoro (fig. 7, 5) si osserva, invece, un vero e proprio ordinamentosintattico o compositivo delle varie membrature, affidato, come di consueto, alcortile verso cui si concentrano, articolandosi, masse e vani del complesso.

Le forme più vistose ed elaborate di nuraghi plurimi si ottennero con l’addi-zione concentrica, per cui la torre primitiva sta nel mezzo, o quasi, di un fascia-me murario, di varia figura, articolato in cuspidi ai margini, in corrispondenzaalle torri minori, le quali sono unite fra di loro per mezzo di cortine, o rettili-nee o curvilinee.

Questi nuraghi sono stati definiti anche “polilobati”, in quanto le torretteperimetrali figurano come tanti “lobi” in cui si espande la massa centrale domi-nata dal cono maggiore o mastio (tavv. XVII-LXXI, LXXVII, LXXX).

A seconda del numero delle cuspidi turrite, si distinguono nuraghi trilobatidal corpo triangolare con torri ai tre apici; nuraghi quadrilobati a corpo quadri-latero turrito ai quattro angoli; nuraghi pentalobati in cui cinque torri perime-trali muniscono le cuspidi d’un bastione pentagonoide (figg. 8-9).

La fig. 8, 1-6 presenta esempi in cui si riconoscono tre varietà di nuraghitrilobati.

Nella prima varietà, visibile nel nuraghe Longu di Cùglieri (fig. 8, 1), da unrobusto anello murario che avvolge concentricamente il mastio A, si dipartono,con pronunziamento di tre quarti di cerchio rispetto al raccordo anulare, tretorrette: due situate frontalmente alla torre antica (B, C) con un interpostogrande cortile di disimpegno spaziale (E), e la terza emergente all’opposto nellaparte retrale (D). L’ingresso dall’esterno sta nell’angolo della cortina curvilineadi prospetto presso la torretta B; i vani di A, B e C sono coordinati dal cortileverso cui convergono i corridoi, e D presenta, forse, un’uscita indipendente checonsentiva improvvise e nascoste sortite.

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La seconda varietà è esemplificata dal Pranu Nuracci di Siris (fig. 8, 2) e dalNuraddèo di Suni (fig. 8, 3 e tav. XXVI). Intorno alla torre principale si ad-dossa il corpo triangolare con le tre torri delle cuspidi unite da cortine rettilinee.Nel Pranu Nuracci il raccordo tra torre antica A e torricelle frontali (B, C), èdato da due lunghi corridoi, paralleli alla cortina di prospetto, i quali si dirigo-no verso B e C partendo dal corridoio dell’ingresso esterno sul prolungamentodi quello di A (vedi per confronto fig. 6, 5-6). Nel Nuraddèo il raccordo vieneofferto, invece, dal cortile E con formula apparentemente evoluta rispetto aquella del Pranu Nuracci. Ambedue i nuraghi mostrano la torretta tergale Dcon uscio a parte, come nel citato nuraghe Longu di Cùglieri (fig. 8, 1). Alloschema del Nuraddèo si avvicina anche il piano del trilobo del nuraghe IsParas di Isili, con la variante di una cortina curvilinea su due rettilinee (tavv.XXII-XXV).

Alla terza varietà appartengono i nuraghi Losa (fig. 8, 4, tavv. XXVII-XXXIII), Lughèrras (fig. 8, 5) e Santu Antìne (fig. 8, 6, tavv. XL-LIV). Il fa-sciame triangolare, a differenza del precedente a sequenza retto-curvilinea dicortine e torri, si svolge in un profilo continuo unitario a linea curva e sinuosa,internata in lieve concavità in corrispondenza alle cortine e pronunziata congarbo convesso nel giro delle tre torri perimetrali (B, C, D).

A base dei due modi di sentire il profilo perimetrale – a linea spezzata e a li-nea continuata – stanno ragioni di stile, ma anche di difesa: una difesa a punte,frazionata nel risalto delle cuspidi turrite pronunziatissime dei bastioni retto-curvilinei, e una difesa concepita e realizzata con spiegamento di soldati in con-tinuazione su tutto lo spalto delle torri e delle cortine del bastione ad anda-mento curvilineo e sinuoso.

Per il resto, a parte il singolare inserto aggiunto dello schema “a tancato” (E,F) sul trilobo del Lughèrras (fig. 8, 5), i tre nuraghi Losa-Lughèrras-Santu An-tìne mostrano una progressiva evoluzione dello schema tripartito fondamenta-le. L’evoluzione consiste nel raccordo “a cortile” in Lughèrras-Santu Antìne ri-spetto al raccordo “a corridoio” in Losa; nell’unione, per interno, di C a D nelLughèrras mentre nel Losa D è isolata con uscita esterna sopraelevata; nel totaleraccordo interno per corridoi paralleli alle cortine illuminati da feritoie, dellecamere delle torri marginali (B, C, D) nel nuraghe Santu Antìne.

Materiali vari, soprattutto di terracotta e di bronzo, trovati dentro le tholoi enei pozzi (p, tav. XLIII, 2) dei cortili del Losa-Lughèrras-Santu Antìne, stannoa provare che lo schema del trilobo curvilineo esisteva già nei tempi dell’VIII se-colo a.C. L’inserto aggiuntivo “a tancato” del Lughèrras potrebbe esser statoportato nel VII secolo a.C.

Dello schema predetto si hanno anche versioni imbarbarite e decadute co-me, per esempio, nel nuraghe Asòru di San Vito (tavv. XVII-XXI).

Esempi di nuraghi quadrilobati si vedono nella fig. 9, 1-4. Si riconducono adue varietà.

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I nuraghi

con cortile è costituito dal nuraghe Oes di Torralba (tavv. XXXIV-XXXIX), in cuiuna delle torri minori (quella di sinistra) si articola in due giri turriti a linea continua.

I nuraghi esemplificati nella fig. 7 danno un’idea di come si effettua l’addi-zione laterale, cioè l’aggiunta dei membri costruttivi più recenti ai lati della for-ma originaria.

L’addizione avviene per contatto o tangenza delle torri minori alla torre mag-giore, la quale, in ogni caso, conserva un tratto più meno esteso del perimetro invista, ossia non coperto né obliterato dalle opere secondarie. Al cono antico siaddossano una (fig. 7, 1, 3), due (fig. 7, 2, 4) o tre torri (fig. 7, 5), nell’ultimoesempio con addizione tangenziale delle torri laterali (B, C) mentre la terza, lafrontale (D), ne è separata dall’interposto cortile (E). Negli esempi a fig. 7, 1-2l’unione delle diverse parti murarie avviene per semplice tangenza, con il risulta-to di produrre uno schema paratattico, cioè a pura giustapposizione in pianodelle componenti della costruzione. Nei nuraghi a fig. 7, 3-4 e specialmente nelNoddùle di Nùoro (fig. 7, 5) si osserva, invece, un vero e proprio ordinamentosintattico o compositivo delle varie membrature, affidato, come di consueto, alcortile verso cui si concentrano, articolandosi, masse e vani del complesso.

Le forme più vistose ed elaborate di nuraghi plurimi si ottennero con l’addi-zione concentrica, per cui la torre primitiva sta nel mezzo, o quasi, di un fascia-me murario, di varia figura, articolato in cuspidi ai margini, in corrispondenzaalle torri minori, le quali sono unite fra di loro per mezzo di cortine, o rettili-nee o curvilinee.

Questi nuraghi sono stati definiti anche “polilobati”, in quanto le torretteperimetrali figurano come tanti “lobi” in cui si espande la massa centrale domi-nata dal cono maggiore o mastio (tavv. XVII-LXXI, LXXVII, LXXX).

A seconda del numero delle cuspidi turrite, si distinguono nuraghi trilobatidal corpo triangolare con torri ai tre apici; nuraghi quadrilobati a corpo quadri-latero turrito ai quattro angoli; nuraghi pentalobati in cui cinque torri perime-trali muniscono le cuspidi d’un bastione pentagonoide (figg. 8-9).

La fig. 8, 1-6 presenta esempi in cui si riconoscono tre varietà di nuraghitrilobati.

Nella prima varietà, visibile nel nuraghe Longu di Cùglieri (fig. 8, 1), da unrobusto anello murario che avvolge concentricamente il mastio A, si dipartono,con pronunziamento di tre quarti di cerchio rispetto al raccordo anulare, tretorrette: due situate frontalmente alla torre antica (B, C) con un interpostogrande cortile di disimpegno spaziale (E), e la terza emergente all’opposto nellaparte retrale (D). L’ingresso dall’esterno sta nell’angolo della cortina curvilineadi prospetto presso la torretta B; i vani di A, B e C sono coordinati dal cortileverso cui convergono i corridoi, e D presenta, forse, un’uscita indipendente checonsentiva improvvise e nascoste sortite.

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Sono questi nuraghi polilobati, i quali talvolta assumono proporzioni gigan-tesche e poderose, a presentare ulteriori espedienti difensivi tradotti in più vastidispositivi destinati a rendere più munito e sicuro il già valido e protetto ba-stione del nuraghe plurimo.

Si tratta di esempi di arte militare molto progredita, in cui si scorge da unlato il felice risultato della completa maturazione di formule e soluzioni archi-tettoniche della civiltà locale, e dall’altro lato si coglie il riflesso di conoscenze edi insegnamenti della poliorcetica di popoli esterni (Cartaginesi, Greci etc.).Questi grandiosi e complessi edifizi fortificati, se hanno conosciuto l’impeto diassalti a scorreria delle truppe indigene nella guerra tribale interna, hanno so-prattutto sostenuto il peso di assedi prolungati degli eserciti di conquista, inparticolare di quelli cartaginesi, armati dei ritrovati bellici più efficaci, qualiarieti ed altre macchine di urto e di tiro.

A fig. 10, 1-4 è data un’esemplificazione molto istruttiva di siffatte fortezzenuragiche. A fig. 10, 1 è il disegno di piano completo del nuraghe Lughèrras, afig. 10, 2 quello del Su Nuraxi, a fig. 10, 3 quello del Domu s’Orku di Domusnò-vas (tavv. LXXVII-LXXIX) e, infine, a fig. 10, 4 si vede la rappresentazioneplanimetrica del formidabile nuraghe Orrùbiu di Orròli.

Tutte e quattro le fortezze predette sono accomunate dalla esistenza intornoal bastione interno plurilobato, di un vasto antemurale o “proteichisma” o lizzaa sequenza di torri unite da cortine rettilinee. Questo recinto turrito forma lalinea più esterna di difesa del forte, situata davanti alla linea interna principaledel bastione col fine di proteggerlo attraverso il diaframma e lo schermo del ro-busto baluardo. Si tratta d’una concezione difensiva a linee concentriche terraz-zate, in cui gli spalti vanno elevandosi a gradoni di tiro dalla campagna verso ilcentro della fortezza sino a culminare nel mastio destinato a punto di osserva-zione e a centrale di comando. Il Su Nuraxi di Barùmini (fig. 10, 2) per esserstato totalmente messo in luce e per la buona conservazione dei vari elementidella cintura concentrica difensiva, permette di farsi un’idea delle diverse quotedi elevazione delle terrazze d’arme (tav. LVIII, 2). L’esterna dell’antemurale eraalta 10 metri, quella mediana del bastione quadrilobato la sovrastava di 5 metrigiungendo a m 15 d’altezza, e, al sommo del complesso, dominava il mastiodai suoi 20 metri. Per tutta l’estensione delle cerchie gradonate, sopra gli spaltie dentro le camere d’arme operava, in tempi di guerra, una massa di circa 200soldati delle varie specialità: spatari (tav. XC), frombolieri (tav. XCI), arcieri(tav. XCII) al comando dei capi militari, i potenti re-pastori (tav. LXXXIX).

La cerchia esterna o antemurale si presenta di figura poligonale, talvolta ab-bastanza regolare: come nel Lughèrras (fig. 10, 1), di forma quadrilatera conquattro torri per angolo (G, H, I, L), e nel Su Nuraxi (fig. 10, 2) a disegno epta-gonale con sette torri allo spigolo delle sette cortine rettilinee (G, H, M, N, O,P, Q); tavv. LXVI-LXXI. Nel nuraghe Orrùbiu (fig. 10, 4, tav. LXXX), il fonda-mentale schema della lizza a poligono di torri e cortine in linea retta, visibile nei

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I nuraghi

In una il corpo quadrilatero aggiunto mostra cortine e torri d’angolo fuse inunica linea curva e sinuosa, linea concava sulle cortine, convessa alla leggeraprominenza delle quattro torri marginali. La torre antica (A) e le torrette ango-lari frontali (B, C) hanno i vani disimpegnati dal cortile (F); le torrette angolaritergali (D, E) sono raccordate alle frontali (B, C) da corridoi che seguono ilprofilo ondulato delle cortine. Tale schema è ben chiaro nel nuraghe Santa Bàr-bara di Macomèr (fig. 9, 1, tav. LV).

I nuraghi a fig. 9, 2-4 esemplificano la seconda varietà, a bastione quadrango-lare con sequenza di torri e cortine rettocurvilinee. Nel nuraghe Còa perdòsa di Sè-neghe (fig. 9, 2), il quale mostra anche il tratto retrale del mastio non coperto néprotetto dal fasciame, si ha un misto di cortine rettilinee e curvilinee. Del resto,come nei nuraghi Sa Serra-Orròli (fig. 9, 3) e Su Nuraxi-Barùmini (fig. 9, 4, tavv.LVII-LXXI), le celle del mastio (A) e delle torri perimetrali (B, C, D, E) sono col-legate fra di loro dal più ampio spazio del cortile scoperto che dava aria e luce aivani (tavv. LXI, LXIII, 1-2) e sboccano nel cortile stesso o direttamente (B, C, D)oppure tramite un lungo corridoio curvilineo praticato nello spessore murario araggiro della torre primitiva (E). L’ingresso alla fortezza in ogni caso è aperto nellacortina frontale, spostato verso l’angolo con la torre di sinistra (B), nel Su Nuraxi(fig. 9, 4) difeso da due garette di guardia. Il medesimo Su Nuraxi presenta le came-re d’arme delle torri perimetrali munite di feritoie a doppio ordine (tavv. LXIV, 2,LXV, 3) ed è provvisto di due pozzi per riserva d’acqua potabile durante gli assediprolungati: un pozzo nel cortile p (tav. LXIII, 1) e l’altro nella torretta E, dietro latorre primitiva, nella parte più riposta e di difficile accesso del forte.

Per quanto riguarda le due cennate varietà di nuraghi quadrilobati, segnalia-mo i diversi modi di sentire la linea, a ritmo continuo e a ritmo spezzato, nota-ti per i nuraghi trilobati.

Ceramiche caratteristiche rinvenute nel pozzo del nuraghe Piscu di Suelli –un quadrilobato della varietà a profilo rettocurvilineo, tav. CIII, 4 – ed altrimateriali avutisi dal Su Nuraxi di Barùmini, permettono di accertare l’esistenzadello schema a quadrilobo già nell’VIII secolo a.C. A Barùmini deve ritenersianche più antico: del IX secolo a.C.

Situando una torretta a metà circa della cortina d’unione fra le torri frontale e re-trale del lato sinistro (B, E) del nuraghe Orrùbiu di Orròli (fig. 9, 5, tav. LXXX), siottenne il disegno del nuraghe pentalobato, in cui il pentagono è completato dalledue torri marginali del lato destro (C, D). La sequenza di profilo è rettocurvilineacome in una varietà dei quadrilobati e dei trilobati. Il cortile G, nel quale si entra perun ingresso a doppia garetta come nel Su Nuraxi, raccorda i vani del mastio e delletorri perimetrali, con sfocio diretto delle due frontali (B, C) e della laterale sinistra(F), con collegamento a lungo corridoio a raggiro di mastio delle due tergali (D, E).

Si può supporre che anche la figura del nuraghe pentalobato si conoscessegià dall’VIII secolo a.C. Certo essa è anteriore al VI secolo, età in cui la fortezzadell’Orrùbiu cadde in mano dei Cartaginesi.

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Sono questi nuraghi polilobati, i quali talvolta assumono proporzioni gigan-tesche e poderose, a presentare ulteriori espedienti difensivi tradotti in più vastidispositivi destinati a rendere più munito e sicuro il già valido e protetto ba-stione del nuraghe plurimo.

Si tratta di esempi di arte militare molto progredita, in cui si scorge da unlato il felice risultato della completa maturazione di formule e soluzioni archi-tettoniche della civiltà locale, e dall’altro lato si coglie il riflesso di conoscenze edi insegnamenti della poliorcetica di popoli esterni (Cartaginesi, Greci etc.).Questi grandiosi e complessi edifizi fortificati, se hanno conosciuto l’impeto diassalti a scorreria delle truppe indigene nella guerra tribale interna, hanno so-prattutto sostenuto il peso di assedi prolungati degli eserciti di conquista, inparticolare di quelli cartaginesi, armati dei ritrovati bellici più efficaci, qualiarieti ed altre macchine di urto e di tiro.

A fig. 10, 1-4 è data un’esemplificazione molto istruttiva di siffatte fortezzenuragiche. A fig. 10, 1 è il disegno di piano completo del nuraghe Lughèrras, afig. 10, 2 quello del Su Nuraxi, a fig. 10, 3 quello del Domu s’Orku di Domusnò-vas (tavv. LXXVII-LXXIX) e, infine, a fig. 10, 4 si vede la rappresentazioneplanimetrica del formidabile nuraghe Orrùbiu di Orròli.

Tutte e quattro le fortezze predette sono accomunate dalla esistenza intornoal bastione interno plurilobato, di un vasto antemurale o “proteichisma” o lizzaa sequenza di torri unite da cortine rettilinee. Questo recinto turrito forma lalinea più esterna di difesa del forte, situata davanti alla linea interna principaledel bastione col fine di proteggerlo attraverso il diaframma e lo schermo del ro-busto baluardo. Si tratta d’una concezione difensiva a linee concentriche terraz-zate, in cui gli spalti vanno elevandosi a gradoni di tiro dalla campagna verso ilcentro della fortezza sino a culminare nel mastio destinato a punto di osserva-zione e a centrale di comando. Il Su Nuraxi di Barùmini (fig. 10, 2) per esserstato totalmente messo in luce e per la buona conservazione dei vari elementidella cintura concentrica difensiva, permette di farsi un’idea delle diverse quotedi elevazione delle terrazze d’arme (tav. LVIII, 2). L’esterna dell’antemurale eraalta 10 metri, quella mediana del bastione quadrilobato la sovrastava di 5 metrigiungendo a m 15 d’altezza, e, al sommo del complesso, dominava il mastiodai suoi 20 metri. Per tutta l’estensione delle cerchie gradonate, sopra gli spaltie dentro le camere d’arme operava, in tempi di guerra, una massa di circa 200soldati delle varie specialità: spatari (tav. XC), frombolieri (tav. XCI), arcieri(tav. XCII) al comando dei capi militari, i potenti re-pastori (tav. LXXXIX).

La cerchia esterna o antemurale si presenta di figura poligonale, talvolta ab-bastanza regolare: come nel Lughèrras (fig. 10, 1), di forma quadrilatera conquattro torri per angolo (G, H, I, L), e nel Su Nuraxi (fig. 10, 2) a disegno epta-gonale con sette torri allo spigolo delle sette cortine rettilinee (G, H, M, N, O,P, Q); tavv. LXVI-LXXI. Nel nuraghe Orrùbiu (fig. 10, 4, tav. LXXX), il fonda-mentale schema della lizza a poligono di torri e cortine in linea retta, visibile nei

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In una il corpo quadrilatero aggiunto mostra cortine e torri d’angolo fuse inunica linea curva e sinuosa, linea concava sulle cortine, convessa alla leggeraprominenza delle quattro torri marginali. La torre antica (A) e le torrette ango-lari frontali (B, C) hanno i vani disimpegnati dal cortile (F); le torrette angolaritergali (D, E) sono raccordate alle frontali (B, C) da corridoi che seguono ilprofilo ondulato delle cortine. Tale schema è ben chiaro nel nuraghe Santa Bàr-bara di Macomèr (fig. 9, 1, tav. LV).

I nuraghi a fig. 9, 2-4 esemplificano la seconda varietà, a bastione quadrango-lare con sequenza di torri e cortine rettocurvilinee. Nel nuraghe Còa perdòsa di Sè-neghe (fig. 9, 2), il quale mostra anche il tratto retrale del mastio non coperto néprotetto dal fasciame, si ha un misto di cortine rettilinee e curvilinee. Del resto,come nei nuraghi Sa Serra-Orròli (fig. 9, 3) e Su Nuraxi-Barùmini (fig. 9, 4, tavv.LVII-LXXI), le celle del mastio (A) e delle torri perimetrali (B, C, D, E) sono col-legate fra di loro dal più ampio spazio del cortile scoperto che dava aria e luce aivani (tavv. LXI, LXIII, 1-2) e sboccano nel cortile stesso o direttamente (B, C, D)oppure tramite un lungo corridoio curvilineo praticato nello spessore murario araggiro della torre primitiva (E). L’ingresso alla fortezza in ogni caso è aperto nellacortina frontale, spostato verso l’angolo con la torre di sinistra (B), nel Su Nuraxi(fig. 9, 4) difeso da due garette di guardia. Il medesimo Su Nuraxi presenta le came-re d’arme delle torri perimetrali munite di feritoie a doppio ordine (tavv. LXIV, 2,LXV, 3) ed è provvisto di due pozzi per riserva d’acqua potabile durante gli assediprolungati: un pozzo nel cortile p (tav. LXIII, 1) e l’altro nella torretta E, dietro latorre primitiva, nella parte più riposta e di difficile accesso del forte.

Per quanto riguarda le due cennate varietà di nuraghi quadrilobati, segnalia-mo i diversi modi di sentire la linea, a ritmo continuo e a ritmo spezzato, nota-ti per i nuraghi trilobati.

Ceramiche caratteristiche rinvenute nel pozzo del nuraghe Piscu di Suelli –un quadrilobato della varietà a profilo rettocurvilineo, tav. CIII, 4 – ed altrimateriali avutisi dal Su Nuraxi di Barùmini, permettono di accertare l’esistenzadello schema a quadrilobo già nell’VIII secolo a.C. A Barùmini deve ritenersianche più antico: del IX secolo a.C.

Situando una torretta a metà circa della cortina d’unione fra le torri frontale e re-trale del lato sinistro (B, E) del nuraghe Orrùbiu di Orròli (fig. 9, 5, tav. LXXX), siottenne il disegno del nuraghe pentalobato, in cui il pentagono è completato dalledue torri marginali del lato destro (C, D). La sequenza di profilo è rettocurvilineacome in una varietà dei quadrilobati e dei trilobati. Il cortile G, nel quale si entra perun ingresso a doppia garetta come nel Su Nuraxi, raccorda i vani del mastio e delletorri perimetrali, con sfocio diretto delle due frontali (B, C) e della laterale sinistra(F), con collegamento a lungo corridoio a raggiro di mastio delle due tergali (D, E).

Si può supporre che anche la figura del nuraghe pentalobato si conoscessegià dall’VIII secolo a.C. Certo essa è anteriore al VI secolo, età in cui la fortezzadell’Orrùbiu cadde in mano dei Cartaginesi.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

Page 74: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

Nel primo lo spazio fra l’antemurale ed il bastione è suddiviso in due corti d’arme,con ingressi separati: la prima corte M battuta dalle torri N ed L (tav. LXXIX, 3-4),l’altra – la maggiore – segnata con la lettera I, vigilata dalle torri F-G della lizza eB, D, C del bastione (tavv. LXXVII, 4, LXXVIII, a sinistra). Nel nuraghe Losa,nel tratto del ridotto del pozzo, lo stretto spazio G, compreso fra la torre E e lepunte turrite del bastione B e C, è una specie di camera della morte in cui chi siavventurava non aveva scampo alcuno (tavv. XXX, 2).

Il ritrovato dell’antemurale è noto fin dal secolo IX a.C. Lo dimostra l’anti-ca lizza del Su Nuraxi di Barùmini, della quale nella pianta si vedono le torriM ed O incorporate, ad integrazione di difesa, nel nuovo antemurale dell’VIIIsecolo, più vasto e munito (tav. LVI). Dell’VIII secolo, ma anche di tempi piùtardivi, potrebbero essere gli antemurali del Lughèrras e del Losa. Tutte le lizze,però, saranno anteriori alla fine del VI secolo a.C., quando le fortezze in dis-corso capitolarono di fronte alle maggiori forze e agli strumenti di guerra piùefficienti e perfezionati dei Cartaginesi.

Al confronto con il grado di evoluzione formale e tecnica raggiunto dal nu-raghe “a tholos”, risalta, per opposto, il corso introverso e pigro della forma delnuraghe “a corridoio”, il quale resta sostanzialmente allo stadio elementare e, inogni caso, dà l’idea d’una costruzione povera e scaduta architettonicamente. Sitratta d’un ciclo abortivo d’una forma primitiva all’apparenza (e altrove, fuoridella Sardegna, effettivamente primitiva e arcaica) la cui elaborazione fu impe-dita da condizioni naturali e da particolari situazioni economiche e storiche didepressione della società che la produsse (fig. 12; tavv. LXXXI-LXXXV).

Le caratteristiche essenziali di queste costruzioni “subalterne” che chiamia-mo anche “pseudonuraghi”, in quanto danno la parvenza del nuraghe classico“a tholos” in alcuni elementi (opera megalitica a filari, profilo circolare del peri-metro in qualche esempio etc.), sono due. Una consiste nella figura del contor-no il quale, tranne qualche esempio di piano a tutto tondo, come nel Sant’Àl-vera di Ozièri (fig. 12, 1), nel Cùnculu di Scanu (fig. 12, 2), nel Peppe Galludi Uri (tav. LXXXIV), si allontana dalla forma planimetrica circolare della torrenuragica tipica. L’altra caratteristica si presenta nella sostituzione della camera“a tholos” con copertura ad aggetto, con uno (generalmente) o più corridoi contetto a solaio piano di lastre. Taluni esempi mostrano un piano rialzato a cui sisale per mezzo di scale che partono dal corridoio, a fior di pavimento (fig. 12,4-5, 8, 13; si veda anche il nuraghe Albùciu di Arzachena). Non vi è caso dipiù d’un piano rilevato, come invece si dà per il nuraghe “a tholos”. Nella mag-gior parte dei pseudonuraghi il piano alto corrisponde a un terrazzo talvolta so-speso ed aggettante su mensole (nuraghe Albùciu).

La fig. 12, 1-13 offre un’esemplificazione sufficientemente indicativa dellevarietà dei nuraghi “a corridoio”. L’ordine nel grafico non pretende ad alcunasignificazione evolutiva del tipo. Gli esempi sono sommariamente raggruppatie classificati secondo la forma del profilo esterno.

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I nuraghi

lati Sud-ovest-nord (P, Q, R, H, I), è variato ed alterato, sul lato Est, da una se-quenza a spezzata di speroni curvilinei a sporgenze e rientranze angolari (L, M,N, O). Nel nuraghe Domu s’Orku di Domusnòvas (fig. 10, 3, tavv. LXXVII-LXXIX), l’antemurale costituito di cinque torri (F, G, H, L, N) collegate da cor-tine rettilinee, non circonda l’intero corpo polilobato del bastione interno – unamassa esagonoide con tre torri frontali (B, D, C) e cortile (E) intorno al mastioA –; invece, ripiega verso la cuspide Sudest (C) del bastione e vi si addossa conampio svolto rotondo (I), lasciando scoperto ed esposto all’urto diretto il trattoEst-nordest del bastione stesso (tav. LXXVIII). Analogamente ne Losa (fig. 11),stando a quanto ora appare, resta coperto dall’antemurale – formato da due tor-ri (E, F) unite da una cortina a spezzata – soltanto il fianco Nordovestovest delbastione trilobato (tavv. XXVIII, 2, XXIX-XXX), mentre il resto sembra lasciatoaperto alle offese (tavv. XXVII, XXVIII, 1, XXIX, 1). Qui però è da osservareche la lizza pare esser stata costruita più che allo scopo di difendere il nucleo in-terno col frapporre la cintura d’una muraglia periferica come negli altri esempidi nuraghi “a proteichisma”, per costituire invece una sorta di ridotto fortificatoa protezione del pozzo contenuto nella torretta E. La vera e propria funzione di an-temurale era assolta dal vastissimo recinto ellittico-pentagonoide, di m 292 di lun-ghezza in senso Nordovest-sudest x 133 metri di larghezza media, circondanteda ogni parte e proteggente, dalle torri e dalle cortine, il grosso villaggio di ca-panne compreso fra il recinto stesso e il bastione trilobato, quest’ultimo spostatoverso il lato Nord della grande muraglia recintoria.

In queste cerchie esterne noi possiamo osservare una molteplicità interes-sante di ritrovati e di espedienti dell’arte architettonica dell’assedio.

In tutti i nuraghi esaminati le cortine rientrano profondamente dal profilodelle torri, ciò evidentemente per attirare l’assediante verso la cortina ed abbat-terlo nel ristretto spazio col tiro incrociato degli archi piazzati nelle feritoie del-le torri e delle cortine; si veda G-H, M-Q di Barùmini (tav. LXVI, 1, 3), L diDomu s’Orku, Q ed R di Orrùbiu, E ed F di Losa (tavv. XXIX, XXX, 1). Coni profili a zigzag di cortine (Losa, fra E ed F, tav. XXX, 1) e col frastaglio disperoni tortuosi (Orrùbiu, L, M, N, O) si creano angoli morti per deviare e dis-orientare gli assalitori. Oppure si fa in modo di frazionare il nemico, per batter-lo separatamente in luoghi di particolare efficacia offensiva.

Nel nuraghe di Barùmini, una poderosa ridotta a tenaglia (L), costruita ancheper recingere e difendere entro l’alto muro megalitico la grande Sala del Consi-glio (I), attirava nel chiuso dello spazio triangolare il nemico che fosse riuscito aforzare l’ingresso esterno e lì consentiva di concentrargli addosso il tiro ravvicina-to, dalle feritoie e dagli spalti, delle armi dei difensori delle torri H ed M (tavv.LXX, 3, LXXI). Che se, poi, una parte del contingente d’urto, evitando l’offesa,fosse penetrato per l’ingresso interno di L nel settore interiore dell’antemurale,entrava sotto il tiro dei piombatoi delle torri C ed E e dell’interposta cortina rice-vendo in pari tempo alle spalle i colpi delle batterie delle torri citate H ed M. Ilconcetto della difesa a compartimenti riappare nei nuraghi Domu s’Orku e Losa.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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Nel primo lo spazio fra l’antemurale ed il bastione è suddiviso in due corti d’arme,con ingressi separati: la prima corte M battuta dalle torri N ed L (tav. LXXIX, 3-4),l’altra – la maggiore – segnata con la lettera I, vigilata dalle torri F-G della lizza eB, D, C del bastione (tavv. LXXVII, 4, LXXVIII, a sinistra). Nel nuraghe Losa,nel tratto del ridotto del pozzo, lo stretto spazio G, compreso fra la torre E e lepunte turrite del bastione B e C, è una specie di camera della morte in cui chi siavventurava non aveva scampo alcuno (tavv. XXX, 2).

Il ritrovato dell’antemurale è noto fin dal secolo IX a.C. Lo dimostra l’anti-ca lizza del Su Nuraxi di Barùmini, della quale nella pianta si vedono le torriM ed O incorporate, ad integrazione di difesa, nel nuovo antemurale dell’VIIIsecolo, più vasto e munito (tav. LVI). Dell’VIII secolo, ma anche di tempi piùtardivi, potrebbero essere gli antemurali del Lughèrras e del Losa. Tutte le lizze,però, saranno anteriori alla fine del VI secolo a.C., quando le fortezze in dis-corso capitolarono di fronte alle maggiori forze e agli strumenti di guerra piùefficienti e perfezionati dei Cartaginesi.

Al confronto con il grado di evoluzione formale e tecnica raggiunto dal nu-raghe “a tholos”, risalta, per opposto, il corso introverso e pigro della forma delnuraghe “a corridoio”, il quale resta sostanzialmente allo stadio elementare e, inogni caso, dà l’idea d’una costruzione povera e scaduta architettonicamente. Sitratta d’un ciclo abortivo d’una forma primitiva all’apparenza (e altrove, fuoridella Sardegna, effettivamente primitiva e arcaica) la cui elaborazione fu impe-dita da condizioni naturali e da particolari situazioni economiche e storiche didepressione della società che la produsse (fig. 12; tavv. LXXXI-LXXXV).

Le caratteristiche essenziali di queste costruzioni “subalterne” che chiamia-mo anche “pseudonuraghi”, in quanto danno la parvenza del nuraghe classico“a tholos” in alcuni elementi (opera megalitica a filari, profilo circolare del peri-metro in qualche esempio etc.), sono due. Una consiste nella figura del contor-no il quale, tranne qualche esempio di piano a tutto tondo, come nel Sant’Àl-vera di Ozièri (fig. 12, 1), nel Cùnculu di Scanu (fig. 12, 2), nel Peppe Galludi Uri (tav. LXXXIV), si allontana dalla forma planimetrica circolare della torrenuragica tipica. L’altra caratteristica si presenta nella sostituzione della camera“a tholos” con copertura ad aggetto, con uno (generalmente) o più corridoi contetto a solaio piano di lastre. Taluni esempi mostrano un piano rialzato a cui sisale per mezzo di scale che partono dal corridoio, a fior di pavimento (fig. 12,4-5, 8, 13; si veda anche il nuraghe Albùciu di Arzachena). Non vi è caso dipiù d’un piano rilevato, come invece si dà per il nuraghe “a tholos”. Nella mag-gior parte dei pseudonuraghi il piano alto corrisponde a un terrazzo talvolta so-speso ed aggettante su mensole (nuraghe Albùciu).

La fig. 12, 1-13 offre un’esemplificazione sufficientemente indicativa dellevarietà dei nuraghi “a corridoio”. L’ordine nel grafico non pretende ad alcunasignificazione evolutiva del tipo. Gli esempi sono sommariamente raggruppatie classificati secondo la forma del profilo esterno.

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I nuraghi

lati Sud-ovest-nord (P, Q, R, H, I), è variato ed alterato, sul lato Est, da una se-quenza a spezzata di speroni curvilinei a sporgenze e rientranze angolari (L, M,N, O). Nel nuraghe Domu s’Orku di Domusnòvas (fig. 10, 3, tavv. LXXVII-LXXIX), l’antemurale costituito di cinque torri (F, G, H, L, N) collegate da cor-tine rettilinee, non circonda l’intero corpo polilobato del bastione interno – unamassa esagonoide con tre torri frontali (B, D, C) e cortile (E) intorno al mastioA –; invece, ripiega verso la cuspide Sudest (C) del bastione e vi si addossa conampio svolto rotondo (I), lasciando scoperto ed esposto all’urto diretto il trattoEst-nordest del bastione stesso (tav. LXXVIII). Analogamente ne Losa (fig. 11),stando a quanto ora appare, resta coperto dall’antemurale – formato da due tor-ri (E, F) unite da una cortina a spezzata – soltanto il fianco Nordovestovest delbastione trilobato (tavv. XXVIII, 2, XXIX-XXX), mentre il resto sembra lasciatoaperto alle offese (tavv. XXVII, XXVIII, 1, XXIX, 1). Qui però è da osservareche la lizza pare esser stata costruita più che allo scopo di difendere il nucleo in-terno col frapporre la cintura d’una muraglia periferica come negli altri esempidi nuraghi “a proteichisma”, per costituire invece una sorta di ridotto fortificatoa protezione del pozzo contenuto nella torretta E. La vera e propria funzione di an-temurale era assolta dal vastissimo recinto ellittico-pentagonoide, di m 292 di lun-ghezza in senso Nordovest-sudest x 133 metri di larghezza media, circondanteda ogni parte e proteggente, dalle torri e dalle cortine, il grosso villaggio di ca-panne compreso fra il recinto stesso e il bastione trilobato, quest’ultimo spostatoverso il lato Nord della grande muraglia recintoria.

In queste cerchie esterne noi possiamo osservare una molteplicità interes-sante di ritrovati e di espedienti dell’arte architettonica dell’assedio.

In tutti i nuraghi esaminati le cortine rientrano profondamente dal profilodelle torri, ciò evidentemente per attirare l’assediante verso la cortina ed abbat-terlo nel ristretto spazio col tiro incrociato degli archi piazzati nelle feritoie del-le torri e delle cortine; si veda G-H, M-Q di Barùmini (tav. LXVI, 1, 3), L diDomu s’Orku, Q ed R di Orrùbiu, E ed F di Losa (tavv. XXIX, XXX, 1). Coni profili a zigzag di cortine (Losa, fra E ed F, tav. XXX, 1) e col frastaglio disperoni tortuosi (Orrùbiu, L, M, N, O) si creano angoli morti per deviare e dis-orientare gli assalitori. Oppure si fa in modo di frazionare il nemico, per batter-lo separatamente in luoghi di particolare efficacia offensiva.

Nel nuraghe di Barùmini, una poderosa ridotta a tenaglia (L), costruita ancheper recingere e difendere entro l’alto muro megalitico la grande Sala del Consi-glio (I), attirava nel chiuso dello spazio triangolare il nemico che fosse riuscito aforzare l’ingresso esterno e lì consentiva di concentrargli addosso il tiro ravvicina-to, dalle feritoie e dagli spalti, delle armi dei difensori delle torri H ed M (tavv.LXX, 3, LXXI). Che se, poi, una parte del contingente d’urto, evitando l’offesa,fosse penetrato per l’ingresso interno di L nel settore interiore dell’antemurale,entrava sotto il tiro dei piombatoi delle torri C ed E e dell’interposta cortina rice-vendo in pari tempo alle spalle i colpi delle batterie delle torri citate H ed M. Ilconcetto della difesa a compartimenti riappare nei nuraghi Domu s’Orku e Losa.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

Page 76: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

I corridoi o traversano tutto l’edifizio (donde il termine di “nuraghe a galle-ria” usato per alcuni esempi: fig. 12, 1, 4-6, 8, 10-11) o penetrano profonda-mente nel vivo della massa muraria senza fuoruscire dalla parte opposta a quel-la dell’ingresso principale attraverso un ingresso secondario come si dà, invece,per i nuraghi “a tunnel”.

Nei corridoi a doppio ingresso si misurano lunghezze da m 18 (Tùsari, Bù-das: fig. 12, 4, 11) a m 11 (Giànna Uda: fig. 12, 6) con media, su 7, di m 14,70(tondo 15); larghezze da m 1,60 (Sèneghe: fig. 12, 5) a m 0,70 (Bùdas: fig. 12,11), con media, su 7, di m 1,10; altezze da m 3,00 (Funtanedda: fig. 12, 8) a m1,58 (Bùdas: fig. 12, 11), con media, su 7, di m 2,06 (tondo 2). Gli ingressiprincipali, esposti a Est (fig. 12, 8, 10), Sudest (fig. 12, 4), Sud (fig. 12, 5, tav.LXXXI, 1), Sudovest (fig. 12, 1, 6, 11), sono larghi in media, su 7, m 1,20, altim 1,60 (media di 5). Nei corridoi a fondo cieco (cioè con un solo ingresso) sihanno lunghezze da m 12,40 (Fronte ’e Mola: fig. 12, 13) a 4,40 (Tanca Man-na: fig. 12, 12) con media, su 5 (fig. 12, 2-3, 9, 12-13), di m 7,30; larghezze dam 1,60 (Fronte ’e Mola: fig. 12, 13) a 1,00 (Siligògu; fig. 12, 3) con media, su6, di m 1,26; altezze da m 2,75 (Lighedu: fig. 12, 9) a m 1,12 (Siligògu: fig. 12,3) con media, su 6, di m 1,71. Gli ingressi, con esposizione a Est (fig. 12, 2, 9),a Sudest (fig. 12, 7), a Sud (fig. 12, 3, 13), a Nordovest (fig. 12, 12), presentanomedie di larghezza di m 1,17 (su 4) e di altezza di m 1,63 (su 3). Tutti i corri-doi, talvolta leggermente ristretti di sezione verso l’alto ma per lo più a tagliorettangolare, sono coperti con lastroni orizzontali che formano un solaio piano.

La funzione dei corridoi è quella di assicurare il transito e di disimpegnarel’ingresso alle cellette del dromos e la salita, per mezzo delle scale, al piano supe-riore, dove questo esiste.

Le cellette sono disposte o solo lateralmente, da un’unica (fig. 12, 1, 11) oda ambe le parti (fig. 12, 4-5, 8), oppure insieme ai lati e sul fondo (fig. 12, 2-3,9, 12-13), talvolta con simmetrica, per quanto non perfetta, corrispondenza(fig. 12, 2-4, 9, 12-13). Esse si presentano di figura rettangolare, per lo più conla parete di fondo curvilinea (fig. 12, 1-5, 8-9, 13) o a pianta ellittica od oblun-ga (fig. 12, 11-12).

Le misure in profondità variano da m 5,90 (Sèneghe: fig. 12, 5) a m 1,15(Siligògu: fig. 12, 3) con media, su 9, di m 2,56; quelle in larghezza da m 5,20(Tanca Manna: fig. 12, 12) a m 0,60 (Sèneghe: fig. 12, 5) con media, su 10, dim 1,50: quelle in altezza da m 3 (Cùnculu: fig. 12, 2) a 1,10 (Siligògu: fig. 12,3), con media, su 8, di m 1,90. Anche il soffitto delle celle, come la coperturadei corridoi, è tabulato.

I nuraghi a fig. 12, 4 (Tùsari), 5 (Sèneghe), 8 (Funtanedda), 13 (Fronte ’eMola) conservano resti, più o meno estesi, della scala che portava al piano rial-zato. Una scala è pure da supporsi nel Tanca Manna (fig. 12, 12) perché si hatraccia di un piano alto. Scale al terrazzo presentano pure i “pseudonuraghi”Agnu (tav. LXXXV), Albùciu e Peppe Gallu, in quest’ultimo edifizio partente

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I nuraghi

I citati nuraghi di Sant’Àlvera e Cùnculu (fig. 12, 1-2) mostrano linea ro-tonda di contorno, sicché, all’esterno, come il Peppe Gallu (tav. LXXXIV), sipossono confondere con la forma del nuraghe classico a tronco di cono. I nn.3-6 della stessa fig. 12, sono nuraghi a pianta ellittica: il n. 3 è il Siligògu di Si-lànus, il n. 4 il Tùsari di Bortigali, il n. 5 il Sèneghe di Suni e il n. 6 il GiànnaUda di Bonàrcado. Variazioni di profilo ellittico e combinazione di gusto retto-curvilineo si osservano nel nuraghe Mulinèddu di Sàgama (fig. 12, 7) a tre quar-ti di ellisse col lato Nord rettilineo; nel Funtanedda dello stesso Comune (fig.12, 8) con ellissi tronca sui lati brevi e dritti; nel Lighedu di Suni (fig. 12, 9) informa di ferro di cavallo con la fronte in linea retta. Figura subrotonda presentail nuraghe Perca ’e Pazza di Bolòtana (fig. 12, 10), subellittica il Bùdas di Tèm-pio (fig. 12, 11), mentre il profilo subquadrangolare del Tanca Manna (fig. 12,12) e dell’Agnu o Monte di Deu (tav. LXXXV) rispettivamente di Tèmpio eCalangianus, trova completezza di schema rettangolare nel Fronte ’e Mola diThièsi (fig. 12, 13). Molto irregolare, non definibile in una figura geometrica,è, infine, lo schema di pianta rettocurvilineo e concavo-convesso del “pseudo-nuraghe” Brunku Màdili di Gèsturi (tavv. LXXXI-LXXXIII).

Quanto alle proporzioni in piano dei nostri nuraghi “a corridoio”, quelli acontorno circolare mostrano diametri da m 10,80 (Sant’Àlvera) a 10 (Cùnculu)sono le misure delle torri rotonde “a tholos”. Nei nuraghi a profilo ellittico o a va-riazioni d’ellisse (fig. 12, 3-9) si va dai m 19,60 x 14 del Sèneghe-Suni (fig. 12, 5)ai m 13 x 8,75 del Siligògu-Silànus (fig. 12, 3), con media di m 16,25 (in tondo16) x 11,14 (in tondo 11) sui 7 esempi. Metri 13 x 12 ha il Perca ’e Pazza (fig.12, 10) e, rispettivamente, m 19 x 15 e 16 x 12 hanno i due nuraghi galluresi diBùdas e Tanca Manna (fig. 12, 11-12). Nel nuraghe rettangolare di Fronte ’eMola (fig. 12, 13) si misura una lunghezza di m 16 e una larghezza di m 12. Infi-ne, cito le proporzioni veramente grandiose e, per quanto mi consta le maggiorinei “pseudonuraghi”, del Brunku Màdili, di m 28,30 x 16,50 (tav. LXXXI, 1).

Per l’elevato si conoscono altezze residue massime di m 6 (Sèneghe-Suni) e5,30 (Tanca Manna-Tèmpio), ma la media, in 12 esempi (fig. 12, 1-12), è dim 3,50, ciò che fa pensare a costruzioni piuttosto basse e massiccie, in origineraggiungenti un massimo di dieci metri o poco più.

Il corridoio, situato alla mezzeria (fig. 12, 2, 4-5, 9-13) o di lato con mag-giore o minore vicinanza all’estremo (fig. 12, 1, 3, 6-8), si allinea sull’asse lon-gitudinale (fig. 12, 4, 12-13) ma soprattutto segue l’asse trasversale della torre(fig. 12, 3, 5, 11) con percorso per lo più rettilineo (fig. 12, 2-3, 5-9, 12-13), ea volte però con svolto angolare (fig. 12, 1, 10-11, tav. LXXXI, 1) o con profilotortuoso (fig. 12, 4). Si hanno casi di nuraghi a doppio corridoio (fig. 12, 11).Da ricordare, per la sua singolarità il “pseudonuraghe” di Friorosu, in territoriodi Mogorella, costruzione di pianta ellittica con tre corridoi normali a un latolungo e che introducono ciascuno a una celletta tondeggiante, con disposizioneche ricorda quella di certi “sesi” di Pantelleria.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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I corridoi o traversano tutto l’edifizio (donde il termine di “nuraghe a galle-ria” usato per alcuni esempi: fig. 12, 1, 4-6, 8, 10-11) o penetrano profonda-mente nel vivo della massa muraria senza fuoruscire dalla parte opposta a quel-la dell’ingresso principale attraverso un ingresso secondario come si dà, invece,per i nuraghi “a tunnel”.

Nei corridoi a doppio ingresso si misurano lunghezze da m 18 (Tùsari, Bù-das: fig. 12, 4, 11) a m 11 (Giànna Uda: fig. 12, 6) con media, su 7, di m 14,70(tondo 15); larghezze da m 1,60 (Sèneghe: fig. 12, 5) a m 0,70 (Bùdas: fig. 12,11), con media, su 7, di m 1,10; altezze da m 3,00 (Funtanedda: fig. 12, 8) a m1,58 (Bùdas: fig. 12, 11), con media, su 7, di m 2,06 (tondo 2). Gli ingressiprincipali, esposti a Est (fig. 12, 8, 10), Sudest (fig. 12, 4), Sud (fig. 12, 5, tav.LXXXI, 1), Sudovest (fig. 12, 1, 6, 11), sono larghi in media, su 7, m 1,20, altim 1,60 (media di 5). Nei corridoi a fondo cieco (cioè con un solo ingresso) sihanno lunghezze da m 12,40 (Fronte ’e Mola: fig. 12, 13) a 4,40 (Tanca Man-na: fig. 12, 12) con media, su 5 (fig. 12, 2-3, 9, 12-13), di m 7,30; larghezze dam 1,60 (Fronte ’e Mola: fig. 12, 13) a 1,00 (Siligògu; fig. 12, 3) con media, su6, di m 1,26; altezze da m 2,75 (Lighedu: fig. 12, 9) a m 1,12 (Siligògu: fig. 12,3) con media, su 6, di m 1,71. Gli ingressi, con esposizione a Est (fig. 12, 2, 9),a Sudest (fig. 12, 7), a Sud (fig. 12, 3, 13), a Nordovest (fig. 12, 12), presentanomedie di larghezza di m 1,17 (su 4) e di altezza di m 1,63 (su 3). Tutti i corri-doi, talvolta leggermente ristretti di sezione verso l’alto ma per lo più a tagliorettangolare, sono coperti con lastroni orizzontali che formano un solaio piano.

La funzione dei corridoi è quella di assicurare il transito e di disimpegnarel’ingresso alle cellette del dromos e la salita, per mezzo delle scale, al piano supe-riore, dove questo esiste.

Le cellette sono disposte o solo lateralmente, da un’unica (fig. 12, 1, 11) oda ambe le parti (fig. 12, 4-5, 8), oppure insieme ai lati e sul fondo (fig. 12, 2-3,9, 12-13), talvolta con simmetrica, per quanto non perfetta, corrispondenza(fig. 12, 2-4, 9, 12-13). Esse si presentano di figura rettangolare, per lo più conla parete di fondo curvilinea (fig. 12, 1-5, 8-9, 13) o a pianta ellittica od oblun-ga (fig. 12, 11-12).

Le misure in profondità variano da m 5,90 (Sèneghe: fig. 12, 5) a m 1,15(Siligògu: fig. 12, 3) con media, su 9, di m 2,56; quelle in larghezza da m 5,20(Tanca Manna: fig. 12, 12) a m 0,60 (Sèneghe: fig. 12, 5) con media, su 10, dim 1,50: quelle in altezza da m 3 (Cùnculu: fig. 12, 2) a 1,10 (Siligògu: fig. 12,3), con media, su 8, di m 1,90. Anche il soffitto delle celle, come la coperturadei corridoi, è tabulato.

I nuraghi a fig. 12, 4 (Tùsari), 5 (Sèneghe), 8 (Funtanedda), 13 (Fronte ’eMola) conservano resti, più o meno estesi, della scala che portava al piano rial-zato. Una scala è pure da supporsi nel Tanca Manna (fig. 12, 12) perché si hatraccia di un piano alto. Scale al terrazzo presentano pure i “pseudonuraghi”Agnu (tav. LXXXV), Albùciu e Peppe Gallu, in quest’ultimo edifizio partente

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I nuraghi

I citati nuraghi di Sant’Àlvera e Cùnculu (fig. 12, 1-2) mostrano linea ro-tonda di contorno, sicché, all’esterno, come il Peppe Gallu (tav. LXXXIV), sipossono confondere con la forma del nuraghe classico a tronco di cono. I nn.3-6 della stessa fig. 12, sono nuraghi a pianta ellittica: il n. 3 è il Siligògu di Si-lànus, il n. 4 il Tùsari di Bortigali, il n. 5 il Sèneghe di Suni e il n. 6 il GiànnaUda di Bonàrcado. Variazioni di profilo ellittico e combinazione di gusto retto-curvilineo si osservano nel nuraghe Mulinèddu di Sàgama (fig. 12, 7) a tre quar-ti di ellisse col lato Nord rettilineo; nel Funtanedda dello stesso Comune (fig.12, 8) con ellissi tronca sui lati brevi e dritti; nel Lighedu di Suni (fig. 12, 9) informa di ferro di cavallo con la fronte in linea retta. Figura subrotonda presentail nuraghe Perca ’e Pazza di Bolòtana (fig. 12, 10), subellittica il Bùdas di Tèm-pio (fig. 12, 11), mentre il profilo subquadrangolare del Tanca Manna (fig. 12,12) e dell’Agnu o Monte di Deu (tav. LXXXV) rispettivamente di Tèmpio eCalangianus, trova completezza di schema rettangolare nel Fronte ’e Mola diThièsi (fig. 12, 13). Molto irregolare, non definibile in una figura geometrica,è, infine, lo schema di pianta rettocurvilineo e concavo-convesso del “pseudo-nuraghe” Brunku Màdili di Gèsturi (tavv. LXXXI-LXXXIII).

Quanto alle proporzioni in piano dei nostri nuraghi “a corridoio”, quelli acontorno circolare mostrano diametri da m 10,80 (Sant’Àlvera) a 10 (Cùnculu)sono le misure delle torri rotonde “a tholos”. Nei nuraghi a profilo ellittico o a va-riazioni d’ellisse (fig. 12, 3-9) si va dai m 19,60 x 14 del Sèneghe-Suni (fig. 12, 5)ai m 13 x 8,75 del Siligògu-Silànus (fig. 12, 3), con media di m 16,25 (in tondo16) x 11,14 (in tondo 11) sui 7 esempi. Metri 13 x 12 ha il Perca ’e Pazza (fig.12, 10) e, rispettivamente, m 19 x 15 e 16 x 12 hanno i due nuraghi galluresi diBùdas e Tanca Manna (fig. 12, 11-12). Nel nuraghe rettangolare di Fronte ’eMola (fig. 12, 13) si misura una lunghezza di m 16 e una larghezza di m 12. Infi-ne, cito le proporzioni veramente grandiose e, per quanto mi consta le maggiorinei “pseudonuraghi”, del Brunku Màdili, di m 28,30 x 16,50 (tav. LXXXI, 1).

Per l’elevato si conoscono altezze residue massime di m 6 (Sèneghe-Suni) e5,30 (Tanca Manna-Tèmpio), ma la media, in 12 esempi (fig. 12, 1-12), è dim 3,50, ciò che fa pensare a costruzioni piuttosto basse e massiccie, in origineraggiungenti un massimo di dieci metri o poco più.

Il corridoio, situato alla mezzeria (fig. 12, 2, 4-5, 9-13) o di lato con mag-giore o minore vicinanza all’estremo (fig. 12, 1, 3, 6-8), si allinea sull’asse lon-gitudinale (fig. 12, 4, 12-13) ma soprattutto segue l’asse trasversale della torre(fig. 12, 3, 5, 11) con percorso per lo più rettilineo (fig. 12, 2-3, 5-9, 12-13), ea volte però con svolto angolare (fig. 12, 1, 10-11, tav. LXXXI, 1) o con profilotortuoso (fig. 12, 4). Si hanno casi di nuraghi a doppio corridoio (fig. 12, 11).Da ricordare, per la sua singolarità il “pseudonuraghe” di Friorosu, in territoriodi Mogorella, costruzione di pianta ellittica con tre corridoi normali a un latolungo e che introducono ciascuno a una celletta tondeggiante, con disposizioneche ricorda quella di certi “sesi” di Pantelleria.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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e nel calcare – pietre usate nei pseudonuraghi: tavv. LXXXI-LXXXIV – si otten-nero, in nuraghi “a tholos”, pezzature perfette), le strutture dei paramenti dei nu-raghi “a corridoio” sono d’aspetto per lo più rozzo e trascurato. Domina l’uso del-l’opera poliedrica, con massi adoperati al naturale o appena sbozzati con lamazza, di formato grande e talvolta grandissimo. Si fa eccezione nei vani di portee finestre in cui, di frequente, si osservano stipiti e architravi lavorati con una cer-ta perizia. Mancano – segno di decadenza – certi ritrovati tecnici comuni ai nura-ghi “a tholos”: ad esempio lo spiraglio di scarico sugli architravi delle porte.

I circa trenta nuraghi “a corridoio”, limitati, per quanto se ne sa, a zone re-cesse della Gallura, del Gocèano, del Màrghine, della Planàrgia, del Montifer-ru, di Parte Usèllus, del Sarcidano etc., occupano per lo più la sommità di altu-re, da m 800 (Perca ’e Pazza) a m 271 di quota (Giànna Uda), con media di m430 (su 11 esempi).

Talvolta dominanti (Bùdas, Tanca Manna, Agnu, Brunku Màdili), ma spes-so con vista esclusa intenzionalmente (Cùnculu, Sèneghe) o seminascosti traformazioni rocciose (Perca ’e Pazza), sono situati in luoghi accessibili per pas-saggi obbligati e aperti a una sola direzione, mentre per il resto dell’area scen-dono precipiti a causa della presenza di rupi acclivi. Spesso, non lontana, è l’ac-qua potabile e, talvolta, il bosco concorre a mimetizzare le torri.

Le quali, evidentemente, sono torri di difesa, come quelle dei nuraghi “atholos”.

Ciò è dimostrato, innanzitutto, dalla descritta situazione topografica deimonumenti. Lo confermano, in genere, l’aspetto massiccio e l’opera megaliticadegli stessi. In particolare, poi, abbiamo elementi che escludendo altro uso, adesempio quello di tomba, indicano la destinazione militare. Infatti, per quantosiano bassi gli ingressi dei pseudonuraghi, superano di molto, coi m 1,63 di al-tezza media, i m 0,50/0,70 di elevato dei portelli delle tombe megalitiche e del-le “tombe di giganti”. Il doppio ingresso e la scala, poi, sono inconcepibili inun sepolcro. Porte e corridoi, alti quest’ultimi in media m 1,88, eran fatti per iltransito, ripetuto e frequente, di persone vive e non per farvi passare morti iquali, come è ovvio, non avevan bisogno di scale.

Ma, a parte queste evidenti considerazioni che provano l’abitabilità e l’effetti-va originaria abitazione del tipo di costruzione in esame, alcuni specifici ritrovatine precisano la natura di dimora fortificata, per di più d’uno speciale e distinto ti-po. L’ingresso principale, a Sud, del nuraghe Sèneghe è sollevato dal piano dicampagna di m 1,50 (fig. 2, 7) per renderne difficile l’accesso, una volta levata lascala retrattile di legno. Dicasi lo stesso del Peppe Gallu, rialzato da terra, coi suoidue ingressi, di m 1,60/2,50. È da tener presente il profilo, a risvolto angolareimprovviso, dei corridoi dei nuraghi Sant’Àlvera, Perca ’e Pazza, Bùdas, BrunkuMàdili, e quello tortuoso, un po’ labirintico, del Tùsari, cosiffatti allo scopo di dis-orientare chi vi fosse penetrato senza conoscerli. Il nemico veniva attratto nellaprofondità di questi lunghi e lunghissimi corridoi, tenuti volutamente in uno stato

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I nuraghi

da un andito con apertura esterna sopraelevata (tav. LXXXIV). Per gli altri nu-raghi “a corridoio” non possediamo elementi sicuri dell’esistenza d’una partesuperiore che tuttavia può pensarsi in più d’uno di essi, per analogia con quellimeno incompleti nei quali si presentano avanzi ben riconoscibili.

A giudicare dagli esempi rimastine, la scala è situata di massima sul lato de-stro del corridoio, da m 7,50 (Tùsari: fig. 12, 4) a m 2,40 (Sèneghe: fig. 12, 5)di distanza dall’ingresso principale. La scala nasce a piano terra, come quelladei nuraghi “a tholos”, e sale dritta, ripida in genere, su un pianerottolo rialzato(m 4,80 a Fronte ’e Mola, m 2,80 a Tùsari: fig. 2, 8), ubicato sul fianco dellacostruzione presso al margine esterno in modo da ricevere luce attraverso unafinestra che guarda sulla campagna a Nordest (Tùsari: fig. 12, 4) ed Est (Sène-ghe: fig. 12, 5). Nel Sèneghe si hanno due vani di scala, a 5 metri di distanzal’uno dall’altro, che si raccordano sul pianerottolo descrivendo una mezza ellissientro lo spessore murario (fig. 2, 7).

Le luci delle scale sono larghe, alla base, da m 1,30 (Sèneghe) a m 1 (Tùsa-ri), l’altezza va da m 1,70 (Tùsari) a m 2,30 (Sèneghe).

Dal pianerottolo parte il corridoio che serve gli ambienti del piano superiore,con percorso ora rettilineo angolato (Fronte ’e Mola), ora curvilineo (Sèneghe),ora a decisa spirale o chiocciola (Tùsari), sì da ricordare lo sviluppo elicoidaledei vani di scala dei nuraghi “a tholos” (fig. 2, 8). Rispetto a quest’ultimo tipo discala, il nostro a rampa dritta sul corridoio, rappresenta una soluzione affatto di-versa e certo più moderna, che nasce da un nuovo gusto e che si adatta alla lineadifferente delle nuove costruzioni d’impianto ellittico-quadrangolare.

Stando ai resti dei nuraghi che lo mostrano ancora, il piano superiore è va-riamente conformato. O pare ripetere lo schema a corridoio del piano terra(Sèneghe), o contiene un grande camerone rettangolare, di m 8 x 4, spostatosul lato sinistro dell’edifizio forse per ragioni di illuminazione (Fronte Mola),oppure si rileva di lato a formare una torretta – forse osservatorio – scavata achiocciola dal corridoio che porta alla piccola cella interna, a sezione ogivale, dim 2,50 di diametro x 1,60 d’altezza (Tùsari: fig. 2, 8). Nel nuraghe Albùciuuna torretta emerge sul terrazzo a parapetto sospeso su mensole.

Si deve osservare che nei due piani, ma specialmente nel piano inferiore dei“pseudonuraghi”, la luce doveva penetrare assai scarsa e debole. Ne filtrava at-traverso la finestra al livello del pianerottolo della scala e, nel corridoio inferioree nelle cellette prospicienti, veniva dall’unico o dal duplice ingresso nella quan-tità limitata consentita dalla piccolezza del vano piuttosto basso e angusto (m1,63). Nel nuraghe Sèneghe (fig. 12, 5) un lungo e strettissimo pertugio apertosul lato Ovest della costruzione, illumina la celletta centrale sul fianco sinistrodel dromos. In genere le torri erano tenute in penombra intenzionalmente, perragioni che spiegherò più avanti.

Giova rilevare il carattere dell’opera muraria. A parte la scelta della pietra che,come nel granito (tav. LXXXV), è di taglio difficile (ma nel basalto, nella trachite

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e nel calcare – pietre usate nei pseudonuraghi: tavv. LXXXI-LXXXIV – si otten-nero, in nuraghi “a tholos”, pezzature perfette), le strutture dei paramenti dei nu-raghi “a corridoio” sono d’aspetto per lo più rozzo e trascurato. Domina l’uso del-l’opera poliedrica, con massi adoperati al naturale o appena sbozzati con lamazza, di formato grande e talvolta grandissimo. Si fa eccezione nei vani di portee finestre in cui, di frequente, si osservano stipiti e architravi lavorati con una cer-ta perizia. Mancano – segno di decadenza – certi ritrovati tecnici comuni ai nura-ghi “a tholos”: ad esempio lo spiraglio di scarico sugli architravi delle porte.

I circa trenta nuraghi “a corridoio”, limitati, per quanto se ne sa, a zone re-cesse della Gallura, del Gocèano, del Màrghine, della Planàrgia, del Montifer-ru, di Parte Usèllus, del Sarcidano etc., occupano per lo più la sommità di altu-re, da m 800 (Perca ’e Pazza) a m 271 di quota (Giànna Uda), con media di m430 (su 11 esempi).

Talvolta dominanti (Bùdas, Tanca Manna, Agnu, Brunku Màdili), ma spes-so con vista esclusa intenzionalmente (Cùnculu, Sèneghe) o seminascosti traformazioni rocciose (Perca ’e Pazza), sono situati in luoghi accessibili per pas-saggi obbligati e aperti a una sola direzione, mentre per il resto dell’area scen-dono precipiti a causa della presenza di rupi acclivi. Spesso, non lontana, è l’ac-qua potabile e, talvolta, il bosco concorre a mimetizzare le torri.

Le quali, evidentemente, sono torri di difesa, come quelle dei nuraghi “atholos”.

Ciò è dimostrato, innanzitutto, dalla descritta situazione topografica deimonumenti. Lo confermano, in genere, l’aspetto massiccio e l’opera megaliticadegli stessi. In particolare, poi, abbiamo elementi che escludendo altro uso, adesempio quello di tomba, indicano la destinazione militare. Infatti, per quantosiano bassi gli ingressi dei pseudonuraghi, superano di molto, coi m 1,63 di al-tezza media, i m 0,50/0,70 di elevato dei portelli delle tombe megalitiche e del-le “tombe di giganti”. Il doppio ingresso e la scala, poi, sono inconcepibili inun sepolcro. Porte e corridoi, alti quest’ultimi in media m 1,88, eran fatti per iltransito, ripetuto e frequente, di persone vive e non per farvi passare morti iquali, come è ovvio, non avevan bisogno di scale.

Ma, a parte queste evidenti considerazioni che provano l’abitabilità e l’effetti-va originaria abitazione del tipo di costruzione in esame, alcuni specifici ritrovatine precisano la natura di dimora fortificata, per di più d’uno speciale e distinto ti-po. L’ingresso principale, a Sud, del nuraghe Sèneghe è sollevato dal piano dicampagna di m 1,50 (fig. 2, 7) per renderne difficile l’accesso, una volta levata lascala retrattile di legno. Dicasi lo stesso del Peppe Gallu, rialzato da terra, coi suoidue ingressi, di m 1,60/2,50. È da tener presente il profilo, a risvolto angolareimprovviso, dei corridoi dei nuraghi Sant’Àlvera, Perca ’e Pazza, Bùdas, BrunkuMàdili, e quello tortuoso, un po’ labirintico, del Tùsari, cosiffatti allo scopo di dis-orientare chi vi fosse penetrato senza conoscerli. Il nemico veniva attratto nellaprofondità di questi lunghi e lunghissimi corridoi, tenuti volutamente in uno stato

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da un andito con apertura esterna sopraelevata (tav. LXXXIV). Per gli altri nu-raghi “a corridoio” non possediamo elementi sicuri dell’esistenza d’una partesuperiore che tuttavia può pensarsi in più d’uno di essi, per analogia con quellimeno incompleti nei quali si presentano avanzi ben riconoscibili.

A giudicare dagli esempi rimastine, la scala è situata di massima sul lato de-stro del corridoio, da m 7,50 (Tùsari: fig. 12, 4) a m 2,40 (Sèneghe: fig. 12, 5)di distanza dall’ingresso principale. La scala nasce a piano terra, come quelladei nuraghi “a tholos”, e sale dritta, ripida in genere, su un pianerottolo rialzato(m 4,80 a Fronte ’e Mola, m 2,80 a Tùsari: fig. 2, 8), ubicato sul fianco dellacostruzione presso al margine esterno in modo da ricevere luce attraverso unafinestra che guarda sulla campagna a Nordest (Tùsari: fig. 12, 4) ed Est (Sène-ghe: fig. 12, 5). Nel Sèneghe si hanno due vani di scala, a 5 metri di distanzal’uno dall’altro, che si raccordano sul pianerottolo descrivendo una mezza ellissientro lo spessore murario (fig. 2, 7).

Le luci delle scale sono larghe, alla base, da m 1,30 (Sèneghe) a m 1 (Tùsa-ri), l’altezza va da m 1,70 (Tùsari) a m 2,30 (Sèneghe).

Dal pianerottolo parte il corridoio che serve gli ambienti del piano superiore,con percorso ora rettilineo angolato (Fronte ’e Mola), ora curvilineo (Sèneghe),ora a decisa spirale o chiocciola (Tùsari), sì da ricordare lo sviluppo elicoidaledei vani di scala dei nuraghi “a tholos” (fig. 2, 8). Rispetto a quest’ultimo tipo discala, il nostro a rampa dritta sul corridoio, rappresenta una soluzione affatto di-versa e certo più moderna, che nasce da un nuovo gusto e che si adatta alla lineadifferente delle nuove costruzioni d’impianto ellittico-quadrangolare.

Stando ai resti dei nuraghi che lo mostrano ancora, il piano superiore è va-riamente conformato. O pare ripetere lo schema a corridoio del piano terra(Sèneghe), o contiene un grande camerone rettangolare, di m 8 x 4, spostatosul lato sinistro dell’edifizio forse per ragioni di illuminazione (Fronte Mola),oppure si rileva di lato a formare una torretta – forse osservatorio – scavata achiocciola dal corridoio che porta alla piccola cella interna, a sezione ogivale, dim 2,50 di diametro x 1,60 d’altezza (Tùsari: fig. 2, 8). Nel nuraghe Albùciuuna torretta emerge sul terrazzo a parapetto sospeso su mensole.

Si deve osservare che nei due piani, ma specialmente nel piano inferiore dei“pseudonuraghi”, la luce doveva penetrare assai scarsa e debole. Ne filtrava at-traverso la finestra al livello del pianerottolo della scala e, nel corridoio inferioree nelle cellette prospicienti, veniva dall’unico o dal duplice ingresso nella quan-tità limitata consentita dalla piccolezza del vano piuttosto basso e angusto (m1,63). Nel nuraghe Sèneghe (fig. 12, 5) un lungo e strettissimo pertugio apertosul lato Ovest della costruzione, illumina la celletta centrale sul fianco sinistrodel dromos. In genere le torri erano tenute in penombra intenzionalmente, perragioni che spiegherò più avanti.

Giova rilevare il carattere dell’opera muraria. A parte la scelta della pietra che,come nel granito (tav. LXXXV), è di taglio difficile (ma nel basalto, nella trachite

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finale d’uno speciale elemento costruttivo, cioè del corridoio di disimpegno di vani,in soluzioni particolari di ampliamento di nuraghi della forma “a tholos”.

Già nel nuraghe Palmavera (fig. 5, 7) si può osservare che la parte frontale asegmento di ellissi aggiunta alla torre antica a camera “voltata”, mostra uno sche-ma di corridoio tabulato a coppia di garette analogo a quello dei corridoi del Sili-gògu (fig. 12, 3) e del Fronte ’e Mola (fig. 12, 13). In fondo poi il dispositivoaltro non è che uno sviluppo degli anditi d’ingresso delle cortine di prospettodei nuraghi plurimi “a tholos”, quali si vedono, ad esempio, nel Su Nuraxi diBarùmini (fig. 10, 2) e nell’Orrùbiu di Orròli (fig. 10, 4). L’inserto aggiuntivodel Palmavera è, come si è detto, di circa l’VIII secolo a.C.

Premesse al tipo del pseudonuraghe si colgono nel nuraghe Gurti Àqua-Nurri(fig. 13, 1), dove l’inserto a tre quarti di ellissi addossato posteriormente alla torreprimitiva A, nasconde un corridoio (C) di m 8 di lunghezza x 0,79/0,92 di lar-ghezza x 1,50/1,90 d’altezza, in funzione di raccordo fra A e l’opposta torretta Bcon cameruccia a ogiva. L’ingresso dall’esterno è dato dall’andito D, normale a C,con un disegno di piano esemplato sullo schema a corridoi incrociati della parteanteriore del trilobo del Losa (fig. 8, 4), e dei corpi turriti ad addizione frontaledei nuraghi Krasta e Addèu (fig. 6, 5-6). Nel complesso architettonico si ricono-sce l’applicazione dello schema “a tancato” dove il cortile di raccordo viene sosti-tuito col lungo corridoio a solaio piano.

Anche i nuraghi di Serra Cràstula A (piccolo castello) – Bonàrcado (fig. 13, 2)e del Santu Perdu-Nurri (fig. 13, 3), mostrano l’aggiunta di corpi costruttivi ellit-tici e subovali all’originaria torre “a tholos” (A). Nelle due costruzioni si osservanoancora, nel vivo dei membri addossati, soluzioni e tecniche costruttive caratteri-stiche del nuraghe “a tholos”: cortili (B), torrette sussidiarie (C, D del Santu Per-du), il tutto con pareti o soffitti in aggetto. Ma i profondi e stretti corridoi piatta-bandati che scavano gli enormi fasciami murari (C, D, E, F del Serra Cràstula; E,F del Santu Perdu), per la presenza di garette e di doppi e tripli ingressi (D, E, C,F del Serra Cràstula) e per il gioco incrociato dei passaggi (E, F del Santu Perdu),anticipano taluni dispositivi riconosciuti nei pseudonuraghi. Ed in definitiva que-ste masse struttive addossate altro non sono che nuraghi “a corridoio” embrionali,il cui carattere di corpo d’opera applicato non ha ancora maturato l’evoluzionecompleta verso la forma costruttiva singola, individua, del tutto libera dall’anticafunzione complementare della forma del nuraghe “a tholos”.

Simili osservazioni sono da farsi per il nuraghe Quàu (nascosto) di Bonàrcado(fig. 13, 4), costituito dall’addossamento tardivo d’una massa irregolare ellissoide,con corridoi a solaio piatto (C), cortile e torretta sussidiaria a ogiva (D, E) a unantico nuraghe binato con addizione tangenziale laterale di due torri “a tholos”(A, B) producenti, per effetto del rifascio, uno schema a otto.

Non conosciamo elementi di cultura tali da consentire una datazione degliinserti aggiuntivi dei nuraghi Serra Cràstula, Santu Perdu e Quàu. Ma, se si tienconto che in essi si può scorgere l’imitazione decaduta di spartiti e soluzioni dinuraghi plurimi dell’VIII-VII secolo a.C., si potrebbe pensare a una cronologia

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di semioscurità, e, una volta addentratosi nel tranello di quegli angusti passaggi,veniva repentinamente assalito dai gruppi d’armati annidati nelle garette dell’andi-to. L’incauto assalitore era preso in mezzo, aggredito di fianco e di spalle di garettain garetta e veniva abbattuto a colpi di pugnale in una stretta colluttazione. Chese, poi, ad eliminare il pericolo dell’incursione nemica non fosse bastato il nerbo diuomini di guardia nel corridoio inferiore, accorrevano in soccorso, per le scale, isoldati di scolta appostati nel piano superiore o nel terrazzo, e annientavano l’ulti-ma disperata resistenza con lo sterminio totale.

La concezione di difesa dunque non si fonda più, come abbiamo visto neinuraghi plurimi e polilobati, su uno spiegamento fisso che manovra dalle ca-mere d’arme e sugli spalti contro un’offesa statica, prolungata nel tempo e orga-nizzata in grandi masse d’urto. Si affida, invece, all’agguato insidioso di piccoleunità mobili abituate ai colpi di mano e alla lotta a corpo a corpo col nemicoche attacca, pur esso, di sorpresa in rapide scorrerie. In definitiva, sembra di in-dividuare nel tipo del pseudonuraghe un dispositivo fortificato che risponde al-le esigenze della guerriglia, e non più alle norme e alle formule della guerrad’assedio a grande spiegamento di forze militari, riconoscibili nelle fortezze nu-ragiche complesse del tipo “a tholos”.

Ho ripetutamente sostenuto che se vi fu un tempo, nello sviluppo della civiltànuragica, in cui le condizioni del terreno e lo stato storico delle popolazioni indige-ne imposero l’uso della guerriglia, questo fu il periodo di lotte cruente e feroci inter-venute fra le genti nuragiche dei monti e i Cartaginesi dapprima e i Romani poi, anoi note attraverso la narrazione soltanto degli ultimi e decisivi episodi militari.

Ribadisco l’ipotesi che i termini di «costruzioni sotterranee» (oikéseis katà-gheioi) e di «grotte» (orùgmata), riportati da Diodoro (IV, 30; V, 15, 4) su in-formazione di Timeo del IV secolo a.C., e quello di «spelonche» (spélaia) usatoda Pausania (X, 17) e da Zonara (VIII, 18) con riferimento alle campagne con-solari contro i Sardi Iolèi e Bàlari del 231 a.C., trovano l’individuazione monu-mentale nei nostri pseudonuraghi. Questi sanno veramente di “sotterraneo” edi “grotta” e si adattano, nel loro aspetto generale e per i particolari notati, al-l’uso di rifugio e di nascondiglio che ne avrebbero fatto i soldati indigeni brac-cati dalle truppe romane d’occupazione e dai cani di fiuto fatti venire apposita-mente dalla Capitale.

Tale ipotesi, per cui i nuraghi “a corridoio” potrebbero esser stati costruiti nelperiodo di tempo che va dal VI secolo a.C. al III, è stata recentemente avversata.Ma la recentissima datazione di materiale organico del nuraghe “a corridoio” diPeppe Gallu (tav. LXXXIV), ottenuta col metodo del carbonio radioattivo 14,ponendo la costruzione fra il VI e IV secolo a.C. (tale è la cronologia fisica pro-posta dal Ton-Giorgi), torna a confermare l’ipotesi negata.

In effetti il tipo del nuraghe “a corridoio”, senza escludersi in assoluto un’anticaesperienza episodica (nota fuori della Sardegna), sembra rappresentare il risultato

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

Page 81: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

finale d’uno speciale elemento costruttivo, cioè del corridoio di disimpegno di vani,in soluzioni particolari di ampliamento di nuraghi della forma “a tholos”.

Già nel nuraghe Palmavera (fig. 5, 7) si può osservare che la parte frontale asegmento di ellissi aggiunta alla torre antica a camera “voltata”, mostra uno sche-ma di corridoio tabulato a coppia di garette analogo a quello dei corridoi del Sili-gògu (fig. 12, 3) e del Fronte ’e Mola (fig. 12, 13). In fondo poi il dispositivoaltro non è che uno sviluppo degli anditi d’ingresso delle cortine di prospettodei nuraghi plurimi “a tholos”, quali si vedono, ad esempio, nel Su Nuraxi diBarùmini (fig. 10, 2) e nell’Orrùbiu di Orròli (fig. 10, 4). L’inserto aggiuntivodel Palmavera è, come si è detto, di circa l’VIII secolo a.C.

Premesse al tipo del pseudonuraghe si colgono nel nuraghe Gurti Àqua-Nurri(fig. 13, 1), dove l’inserto a tre quarti di ellissi addossato posteriormente alla torreprimitiva A, nasconde un corridoio (C) di m 8 di lunghezza x 0,79/0,92 di lar-ghezza x 1,50/1,90 d’altezza, in funzione di raccordo fra A e l’opposta torretta Bcon cameruccia a ogiva. L’ingresso dall’esterno è dato dall’andito D, normale a C,con un disegno di piano esemplato sullo schema a corridoi incrociati della parteanteriore del trilobo del Losa (fig. 8, 4), e dei corpi turriti ad addizione frontaledei nuraghi Krasta e Addèu (fig. 6, 5-6). Nel complesso architettonico si ricono-sce l’applicazione dello schema “a tancato” dove il cortile di raccordo viene sosti-tuito col lungo corridoio a solaio piano.

Anche i nuraghi di Serra Cràstula A (piccolo castello) – Bonàrcado (fig. 13, 2)e del Santu Perdu-Nurri (fig. 13, 3), mostrano l’aggiunta di corpi costruttivi ellit-tici e subovali all’originaria torre “a tholos” (A). Nelle due costruzioni si osservanoancora, nel vivo dei membri addossati, soluzioni e tecniche costruttive caratteri-stiche del nuraghe “a tholos”: cortili (B), torrette sussidiarie (C, D del Santu Per-du), il tutto con pareti o soffitti in aggetto. Ma i profondi e stretti corridoi piatta-bandati che scavano gli enormi fasciami murari (C, D, E, F del Serra Cràstula; E,F del Santu Perdu), per la presenza di garette e di doppi e tripli ingressi (D, E, C,F del Serra Cràstula) e per il gioco incrociato dei passaggi (E, F del Santu Perdu),anticipano taluni dispositivi riconosciuti nei pseudonuraghi. Ed in definitiva que-ste masse struttive addossate altro non sono che nuraghi “a corridoio” embrionali,il cui carattere di corpo d’opera applicato non ha ancora maturato l’evoluzionecompleta verso la forma costruttiva singola, individua, del tutto libera dall’anticafunzione complementare della forma del nuraghe “a tholos”.

Simili osservazioni sono da farsi per il nuraghe Quàu (nascosto) di Bonàrcado(fig. 13, 4), costituito dall’addossamento tardivo d’una massa irregolare ellissoide,con corridoi a solaio piatto (C), cortile e torretta sussidiaria a ogiva (D, E) a unantico nuraghe binato con addizione tangenziale laterale di due torri “a tholos”(A, B) producenti, per effetto del rifascio, uno schema a otto.

Non conosciamo elementi di cultura tali da consentire una datazione degliinserti aggiuntivi dei nuraghi Serra Cràstula, Santu Perdu e Quàu. Ma, se si tienconto che in essi si può scorgere l’imitazione decaduta di spartiti e soluzioni dinuraghi plurimi dell’VIII-VII secolo a.C., si potrebbe pensare a una cronologia

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I nuraghi

di semioscurità, e, una volta addentratosi nel tranello di quegli angusti passaggi,veniva repentinamente assalito dai gruppi d’armati annidati nelle garette dell’andi-to. L’incauto assalitore era preso in mezzo, aggredito di fianco e di spalle di garettain garetta e veniva abbattuto a colpi di pugnale in una stretta colluttazione. Chese, poi, ad eliminare il pericolo dell’incursione nemica non fosse bastato il nerbo diuomini di guardia nel corridoio inferiore, accorrevano in soccorso, per le scale, isoldati di scolta appostati nel piano superiore o nel terrazzo, e annientavano l’ulti-ma disperata resistenza con lo sterminio totale.

La concezione di difesa dunque non si fonda più, come abbiamo visto neinuraghi plurimi e polilobati, su uno spiegamento fisso che manovra dalle ca-mere d’arme e sugli spalti contro un’offesa statica, prolungata nel tempo e orga-nizzata in grandi masse d’urto. Si affida, invece, all’agguato insidioso di piccoleunità mobili abituate ai colpi di mano e alla lotta a corpo a corpo col nemicoche attacca, pur esso, di sorpresa in rapide scorrerie. In definitiva, sembra di in-dividuare nel tipo del pseudonuraghe un dispositivo fortificato che risponde al-le esigenze della guerriglia, e non più alle norme e alle formule della guerrad’assedio a grande spiegamento di forze militari, riconoscibili nelle fortezze nu-ragiche complesse del tipo “a tholos”.

Ho ripetutamente sostenuto che se vi fu un tempo, nello sviluppo della civiltànuragica, in cui le condizioni del terreno e lo stato storico delle popolazioni indige-ne imposero l’uso della guerriglia, questo fu il periodo di lotte cruente e feroci inter-venute fra le genti nuragiche dei monti e i Cartaginesi dapprima e i Romani poi, anoi note attraverso la narrazione soltanto degli ultimi e decisivi episodi militari.

Ribadisco l’ipotesi che i termini di «costruzioni sotterranee» (oikéseis katà-gheioi) e di «grotte» (orùgmata), riportati da Diodoro (IV, 30; V, 15, 4) su in-formazione di Timeo del IV secolo a.C., e quello di «spelonche» (spélaia) usatoda Pausania (X, 17) e da Zonara (VIII, 18) con riferimento alle campagne con-solari contro i Sardi Iolèi e Bàlari del 231 a.C., trovano l’individuazione monu-mentale nei nostri pseudonuraghi. Questi sanno veramente di “sotterraneo” edi “grotta” e si adattano, nel loro aspetto generale e per i particolari notati, al-l’uso di rifugio e di nascondiglio che ne avrebbero fatto i soldati indigeni brac-cati dalle truppe romane d’occupazione e dai cani di fiuto fatti venire apposita-mente dalla Capitale.

Tale ipotesi, per cui i nuraghi “a corridoio” potrebbero esser stati costruiti nelperiodo di tempo che va dal VI secolo a.C. al III, è stata recentemente avversata.Ma la recentissima datazione di materiale organico del nuraghe “a corridoio” diPeppe Gallu (tav. LXXXIV), ottenuta col metodo del carbonio radioattivo 14,ponendo la costruzione fra il VI e IV secolo a.C. (tale è la cronologia fisica pro-posta dal Ton-Giorgi), torna a confermare l’ipotesi negata.

In effetti il tipo del nuraghe “a corridoio”, senza escludersi in assoluto un’anticaesperienza episodica (nota fuori della Sardegna), sembra rappresentare il risultato

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

Page 82: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1) Nuragico arcaico o antico2) Nuragico apogeico o medio3) Nuragico della decadenza o recente o finale.

Il Nuragico arcaico è compreso nei periodi medio e finale dell’età del Bronzoin Sardegna, cioè fra il 1500 a.C. ed il 1000. Lo dividiamo in due sottofasi: delNuragico arcaico I, corrispondente al Bronzo medio (1500-1200 a.C.) e delNuragico arcaico II, che si svolge durante i tempi del Bronzo recente (1200-1000 a.C.). Il Nuragico apogeico si pone nella prima metà dell’età del Ferro, dal1000 al 500 a.C. in lati termini. Al Nuragico recente o finale si può assegnare ladurata dal 500 al periodo della conquista romana dell’Isola (scorcio del III se-colo a.C.), in connessione con la seconda età del Ferro dei paesi barbarici me-diterranei.

Nell’insieme il ciclo nuragico ha durato per circa 1300 anni, con manifesta-zioni molteplici e, talune, storicamente positive.

1) NURAGICO ARCAICO (1500-1000 a.C.)a) Nuragico arcaico I (1500-1200 a.C.)È la fase delle torri rotonde elementari, con camera “a tholos”, tipo Domu

s’Orku di Sarròk (fig. 2, 1).Vi si possono riferire nuraghi non scavati o distrutti, come il nucleo origina-

rio del nuraghe Sant’Antìoco di Bisàrcio-Ozièri e del Serra Ilixi di Nuragus. Ladatazione di questi edifizi elementari si basa sulla scoperta, avvenuta nelle vici-nanze delle costruzioni, di lingotti di rame, facenti parte di tesori, segnati conlettere dell’alfabeto egeo, d’importazione o cipriota o cretese (tav. LXXXVIII).Gli esemplari sardi di tali lingotti si ascrivono allo scadere del secolo XV a.C.,al più tardi.

b) Nuragico arcaico II (1200-1000 a.C.)Le torri rotonde “a tholos” assumono l’aspetto di quella del Su Nuraxi di

Barùmini (fig. 9, 4); od anche degradano alla forma della tholos a piano ellitticodel nuraghe di Enna Pruna-Mògoro.

Vi appartengono il nuraghe di Barùmini, quelli mogoresi di Enna Pruna eSu Guvèntu (tav. CIV, 1), la tholos primitiva del Palmavera ed altre tholoi del ti-po ed anche quelle dal disegno a camera ogivata con tre celle e scala d’andito,come il Losa ed il Lughèrras (fig. 8, 4-5).

Gli elementi di datazione sono di duplice ordine. Uno è fornito dal risultatodell’analisi fatta col carbonio radioattivo 14 d’un trave di legno della tholos diBarùmini, per cui la torre primitiva viene a collocarsi intorno al 1270 a.C. più omeno 200 anni. Altre prove consistono in vasi d’una “facies” nuragica particola-re, detta di Monte Claro, i quali, per risentire ancora in qualche sagoma ma so-prattutto nella decorazione dell’influenza di forme e motivi prenuragici (culturadel vaso campaniforme, di Fontbouïsse, in genere del Calcolitico sardo) e per

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I nuraghi

intorno al VII-VI secolo a.C., precedente cioè non di molto o in parte coeva aquella dei pseudonuraghi.

Segni di compromesso tra formule del nuraghe “a tholos” e ritrovati del tipodi nuraghe “a corridoio” si individuano pure nel nuraghe Marasòrighes di Ottana(fig. 13, 5) e nel nuraghe Ìzzana di Àggius (fig. 13, 6), entrambi in zone monta-ne, isolate, e adatte a far fermentare fenomeni di segregazione e di ibridazionemorfologica e culturale.

Ambedue le costruzioni mostrano il contorno chiaramente esemplato suquello dei nuraghi plurimi trilobati con profilo concavo-convesso (fig. 8, 4-6).In esse è stato imitato, da rozze e tarde maestranze nuragiche, il modello delLosa-Lughèrras-Santu Antìne. L’ispirazione si riconosce non soltanto nella lineaesterna tricuspidata, alterata nel Marasòrighes con soluzioni rettilinee (angoloSudovest), ma anche in particolari dell’interno.

Nel Marasòrighes si conserva intatto lo schema del cortile (C) che raccordale camere (A, B) contenute nelle torrette frontali, con l’ingresso dall’esterno vi-gilato da una garetta: unica variante nel gusto diverso della linea dello spazioaperto C, diventata da curva, qual è nei paradigmi del Lughèrras-Santu Antìne,dritta e a svolti angolari nella maggior parte del perimetro. Nello Ìzzana, lospartito H, G-G dell’ingresso del fronte di cortina di Sudovest, ripete quello delLosa, con la differenza che il ramo sinistro di corridoio (G) raggiunge anzichéuna camera “a tholos” come nel Losa, un altro corridoio normale (F); ed il sen-so circolatorio dei corridoi ed il gusto di scavo della massa con la grande tholos Ae con le minori tholoi B, C, D, E, tradiscono la lontana suggestione dell’esempioclassico del Santu Antìne. Ma, per altro verso, nel Marasòrighes la cuspideNord del trilobo mostra la torre percorsa per 5 metri dal corridoio piattabanda-to D, forse sfociante in un secondo ingresso opposto al principale di Sud, se-condo un dispositivo da nuraghe “a corridoio”; e di stile d’andito da “pseudo-nuraghe” sa anche il dromos del detto ingresso principale, pur esso coperto dasolaio piatto, a sezione dolmenica. Parimenti, nello Ìzzana, le soluzioni a incro-cio angolare dei corridoi, per la gran parte piattabandati, la disposizione “labi-rintica” degli stessi e soprattutto delle celle minori fatte per attirare il nemiconel viluppo oscuro dei vani, disorientarlo e colpirlo di sorpresa all’arma bianca,il generale aspetto dell’interno, rivelano segni propri dei “pseudonuraghi”.

Anche la datazione del Marasòrighes e dello Ìzzana non sembrerebbe disco-starsi di troppo da quella dei nuraghi precedenti: VII-VI secolo a.C.

Le più recenti ricerche e studi consentono di raggruppare i nuraghi in pe-riodi diversi e successivi di civiltà indigena, corrispondenti a molta parte dellosviluppo dell’età del Bronzo e del Ferro del Mediterraneo occidentale.

Distinguiamo, ora, le seguenti fasi di cultura nuragica, a cui si possono farcorrispondere particolari forme e tipi di torri megalitiche o successioni costrut-tive di esse:

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

Page 83: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1) Nuragico arcaico o antico2) Nuragico apogeico o medio3) Nuragico della decadenza o recente o finale.

Il Nuragico arcaico è compreso nei periodi medio e finale dell’età del Bronzoin Sardegna, cioè fra il 1500 a.C. ed il 1000. Lo dividiamo in due sottofasi: delNuragico arcaico I, corrispondente al Bronzo medio (1500-1200 a.C.) e delNuragico arcaico II, che si svolge durante i tempi del Bronzo recente (1200-1000 a.C.). Il Nuragico apogeico si pone nella prima metà dell’età del Ferro, dal1000 al 500 a.C. in lati termini. Al Nuragico recente o finale si può assegnare ladurata dal 500 al periodo della conquista romana dell’Isola (scorcio del III se-colo a.C.), in connessione con la seconda età del Ferro dei paesi barbarici me-diterranei.

Nell’insieme il ciclo nuragico ha durato per circa 1300 anni, con manifesta-zioni molteplici e, talune, storicamente positive.

1) NURAGICO ARCAICO (1500-1000 a.C.)a) Nuragico arcaico I (1500-1200 a.C.)È la fase delle torri rotonde elementari, con camera “a tholos”, tipo Domu

s’Orku di Sarròk (fig. 2, 1).Vi si possono riferire nuraghi non scavati o distrutti, come il nucleo origina-

rio del nuraghe Sant’Antìoco di Bisàrcio-Ozièri e del Serra Ilixi di Nuragus. Ladatazione di questi edifizi elementari si basa sulla scoperta, avvenuta nelle vici-nanze delle costruzioni, di lingotti di rame, facenti parte di tesori, segnati conlettere dell’alfabeto egeo, d’importazione o cipriota o cretese (tav. LXXXVIII).Gli esemplari sardi di tali lingotti si ascrivono allo scadere del secolo XV a.C.,al più tardi.

b) Nuragico arcaico II (1200-1000 a.C.)Le torri rotonde “a tholos” assumono l’aspetto di quella del Su Nuraxi di

Barùmini (fig. 9, 4); od anche degradano alla forma della tholos a piano ellitticodel nuraghe di Enna Pruna-Mògoro.

Vi appartengono il nuraghe di Barùmini, quelli mogoresi di Enna Pruna eSu Guvèntu (tav. CIV, 1), la tholos primitiva del Palmavera ed altre tholoi del ti-po ed anche quelle dal disegno a camera ogivata con tre celle e scala d’andito,come il Losa ed il Lughèrras (fig. 8, 4-5).

Gli elementi di datazione sono di duplice ordine. Uno è fornito dal risultatodell’analisi fatta col carbonio radioattivo 14 d’un trave di legno della tholos diBarùmini, per cui la torre primitiva viene a collocarsi intorno al 1270 a.C. più omeno 200 anni. Altre prove consistono in vasi d’una “facies” nuragica particola-re, detta di Monte Claro, i quali, per risentire ancora in qualche sagoma ma so-prattutto nella decorazione dell’influenza di forme e motivi prenuragici (culturadel vaso campaniforme, di Fontbouïsse, in genere del Calcolitico sardo) e per

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I nuraghi

intorno al VII-VI secolo a.C., precedente cioè non di molto o in parte coeva aquella dei pseudonuraghi.

Segni di compromesso tra formule del nuraghe “a tholos” e ritrovati del tipodi nuraghe “a corridoio” si individuano pure nel nuraghe Marasòrighes di Ottana(fig. 13, 5) e nel nuraghe Ìzzana di Àggius (fig. 13, 6), entrambi in zone monta-ne, isolate, e adatte a far fermentare fenomeni di segregazione e di ibridazionemorfologica e culturale.

Ambedue le costruzioni mostrano il contorno chiaramente esemplato suquello dei nuraghi plurimi trilobati con profilo concavo-convesso (fig. 8, 4-6).In esse è stato imitato, da rozze e tarde maestranze nuragiche, il modello delLosa-Lughèrras-Santu Antìne. L’ispirazione si riconosce non soltanto nella lineaesterna tricuspidata, alterata nel Marasòrighes con soluzioni rettilinee (angoloSudovest), ma anche in particolari dell’interno.

Nel Marasòrighes si conserva intatto lo schema del cortile (C) che raccordale camere (A, B) contenute nelle torrette frontali, con l’ingresso dall’esterno vi-gilato da una garetta: unica variante nel gusto diverso della linea dello spazioaperto C, diventata da curva, qual è nei paradigmi del Lughèrras-Santu Antìne,dritta e a svolti angolari nella maggior parte del perimetro. Nello Ìzzana, lospartito H, G-G dell’ingresso del fronte di cortina di Sudovest, ripete quello delLosa, con la differenza che il ramo sinistro di corridoio (G) raggiunge anzichéuna camera “a tholos” come nel Losa, un altro corridoio normale (F); ed il sen-so circolatorio dei corridoi ed il gusto di scavo della massa con la grande tholos Ae con le minori tholoi B, C, D, E, tradiscono la lontana suggestione dell’esempioclassico del Santu Antìne. Ma, per altro verso, nel Marasòrighes la cuspideNord del trilobo mostra la torre percorsa per 5 metri dal corridoio piattabanda-to D, forse sfociante in un secondo ingresso opposto al principale di Sud, se-condo un dispositivo da nuraghe “a corridoio”; e di stile d’andito da “pseudo-nuraghe” sa anche il dromos del detto ingresso principale, pur esso coperto dasolaio piatto, a sezione dolmenica. Parimenti, nello Ìzzana, le soluzioni a incro-cio angolare dei corridoi, per la gran parte piattabandati, la disposizione “labi-rintica” degli stessi e soprattutto delle celle minori fatte per attirare il nemiconel viluppo oscuro dei vani, disorientarlo e colpirlo di sorpresa all’arma bianca,il generale aspetto dell’interno, rivelano segni propri dei “pseudonuraghi”.

Anche la datazione del Marasòrighes e dello Ìzzana non sembrerebbe disco-starsi di troppo da quella dei nuraghi precedenti: VII-VI secolo a.C.

Le più recenti ricerche e studi consentono di raggruppare i nuraghi in pe-riodi diversi e successivi di civiltà indigena, corrispondenti a molta parte dellosviluppo dell’età del Bronzo e del Ferro del Mediterraneo occidentale.

Distinguiamo, ora, le seguenti fasi di cultura nuragica, a cui si possono farcorrispondere particolari forme e tipi di torri megalitiche o successioni costrut-tive di esse:

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

Page 84: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

sistemato sulla terrazza a sbalzo sostenuta dalla corona di mensole del peso me-dio di 13 q (fig. 14, 1, tav. LXXVI, 1, 3-4).

Già nel IX secolo nascono le cerchie esterne o antemurali: lo dimostra an-cora una volta Barùmini. Nell’VIII secolo la lizza si rinnova e si estende nel SuNuraxi; e la si applica nel Lughèrras, forse nel Domu ’e s’Orku di Domusnòvase nell’Orrùbiu di Orròli (fig. 10, 1, 3, 4). Nulla vieta di pensare che antemuralivenissero costruiti ancora nel VI secolo a.C., perché i pericoli urgevano sempre,anzi si erano fatti maggiori (forse la lizza del Losa è di tale periodo di tempo).

Nel VII, e soprattutto nel VI secolo a.C., poterono realizzarsi i fasciamicompositi, applicati alle antiche torri “a tholos”, in cui le soluzioni tecniche e leforme di spazi del nuraghe “a tholos” si confondono con quelle del nuraghe “acorridoio”, non ancora pervenuto alla maturazione della costruzione a sé stante(fig. 13, 1-6), se non forse eccezionalmente: come a nuraghe Albùciu che sem-bra essere del VII secolo a.C.

Questo progresso cronologico dal IX circa al VI secolo a.C., dei nuraghi delNuragico apogeico è ben documentata dalle recenti osservazioni stratigrafiche diBarùmini. È documentata dalla stratigrafia costruttiva “laterale” del nuraghe chemostra due fasi (Nuragico I inferiore e Nuragico I superiore); e dalla stratigrafia“orizzontale” delle abitazioni adiacenti alla fortezza, le quali anche presentano lestesse due fasi distinte per mezzo del tipo diverso delle strutture e in parte per ladifferente tipologia formale e decorativa degli oggetti, soprattutto delle cerami-che. Queste due fasi, datate la prima (Nuragico I inferiore) al IX-metà VIII seco-lo a.C. e la seconda (Nuragico I superiore) alla metà VIII-VI secolo a.C., si carat-terizzano specialmente per la presenza di alcune forme vascolari confrontabilicon esempi esterni alla Sardegna, di certa o di molto approssimativa cronologia.

Nel Nuragico I inferiore di Barùmini si hanno vasi (a beccuccio, a reticella,con appendici linguiformi sul labbro etc.) comparabili, più da vicino, conesemplari del periodo arcaico nuragico (“facies” di Monte Claro) e, più allalontana, con sagome della civiltà “subappenninica” e protolatina della Penisolaitaliana dei primi tempi della civiltà del Ferro (IX-VIII secolo a.C.). Dello stra-to culturale del Nuragico I superiore sono di particolare significato cronologicogli “askoi” a collo obliquo (“schnabelkanne” dei Tedeschi), lisci, del tipo di tav.CI (da Sant’Anastàsia di Sàrdara) o decorati con motivi geometrici, del tipo ditav. C (pure da Sant’Anastàsia), i quali trovano l’ovvio parallelo nelle cultureprotoetrusche preorientalizzanti e nella fase III della cultura sicula di Pantalica:aspetti non anteriori all’VIII secolo a.C. In Sardegna la forma dell’“askos” hadurato per tutto il VII fino al VI secolo a.C. Da segnalare anche i vasi pirifor-mi, nello stesso gusto geometrico, simili a quello dato a tav. XCVIII, sempre daSant’Anastàsia di Sàrdara. Non si sono avute a Barùmini le fogge ceramiche del“collared vessel”; ma le ha restituite il pozzo del nuraghe Lughèrras, da riferirsial periodo di tempo del Nuragico I superiore di Su Nuraxi (tav. XCIX).

Ma la vasta dimensione cronologica del Nuragico apogeico è segnata pure da og-getti di varia materia, trovati in tempi diversi in altri nuraghi del periodo in esame.

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I nuraghi

anticipare tipi vascolari del nuragico apogeico ai suoi primordi (Nuragico I infe-riore, di Barùmini), possono, almeno in parte, ascriversi allo scadere del II mil-lennio a.C. Tali tipi ceramici, rinvenuti in tombe e in grotte, sono stati raccoltianche nei nuraghi, all’esterno (Enna Pruna e Su Guvèntu di Mògoro; Is Paras diIsili) e dentro la camera in livello ancora intatto (Sa Korona di Villagreca-Caglia-ri, nuraghe “a tholos” semplicissimo senza spazi sussidiari).

A tav. XCVII, 1-7 sono riprodotte le più caratteristiche forme di vasi nura-gici della “facies” arcaica di Monte Claro, da tombe di Cagliari: ciotole, vasi abeccuccio, olle, vasi situliformi, tripodi, piatti. Si tratta di ceramiche d’impasto,con superfici per lo più rosse, talvolta polite e lucide, decorate con tecniche edisegni vari subgeometrici, talvolta di stile “dissociato”. Risalta l’ornato a solca-ture e si distinguono i motivi ottenuti con le tecniche del ritaglio e dello straluci-do che simula la pittura. Lo stile rigido delle sagome sottolinea l’età del Bronzo.Qualche forma vascolare e, specialmente, la decorazione a scanalature ricordanoesempi di civiltà enee della Penisola italiana (“terramaricola”, “appenninica” e“subappenninica”) e dell’Estero (Lausitz, ceramica “excisa” e a “cannelure” dellaFrancia, della Spagna etc.).

Ciò anche varrebbe a confermare la coordinata cronologica soprapropostadel 1200-1000 a.C.

2) NURAGICO APOGEICO O MEDIO (1000-500 a.C.)Nei primissimi tempi (1000-900 a.C.) si continuano a costruire torri isolate

“a tholos” nella forma perfetta a camera tricellulare con garetta e scala d’andito,sino a giungere al modello insuperato della tholos a deambulatorio circolare delSantu Antìne (fig. 1, 25). Ma già nel IX secolo a.C., come dimostra il nuraghedi Barùmini, si presentano gli schemi dei nuraghi plurimi e polilobati: al SuNuraxi, il disegno a quadrilobo di profilo retto-curvilineo (fig. 9, 4).

Nell’VIII secolo, poi, sono già costituiti gli inserti “a tancato”, tipo Palma-vera (fig. 5, 7), che proseguono nel VII a Lughèrras (fig. 8, 5). Nello stesso se-colo han preso figura definitiva gli impianti aggiuntivi a trilobo ondulato, tipoLosa-Lughèrras-Santu Antìne e si evolvono i modelli a piano quadrilobato ret-to-curvilineo, a giudicare dalla presenza nel nuraghe Piscu di Suelli, approssi-mativamente databile (tav. CIII, 4).

A partire dal IX, e soprattutto nel corso dell’VIII secolo a.C., con progressi-va diminuzione, si concludono pure le forme delle addizioni varie dei corpisussidiari: le addizioni frontali (fig. 5, 1-9, fig. 6, 1-6); quelle laterali tangenzialio meno (fig. 7, 1-5); quelle concentriche nei tipi plurilobati già visti e neglischemi trilobati a profilo retto-curvilineo (fig. 8, 2-3) e nei quadrilobati a con-torno sinuoso o concavo-convesso, esemplificato dal Santa Bàrbara (fig. 9, 1).Nella seconda metà dell’VIII secolo, il quadrilobo di Barùmini viene protettoed ampliato col poderoso rifascio, anche in funzione di difesa contro l’arietekriophoros, viene modificato in una forma di bastione imprendibile sopraele-vandone 7 metri da terra l’unico e basso ingresso, viene munito col piombatoio

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sistemato sulla terrazza a sbalzo sostenuta dalla corona di mensole del peso me-dio di 13 q (fig. 14, 1, tav. LXXVI, 1, 3-4).

Già nel IX secolo nascono le cerchie esterne o antemurali: lo dimostra an-cora una volta Barùmini. Nell’VIII secolo la lizza si rinnova e si estende nel SuNuraxi; e la si applica nel Lughèrras, forse nel Domu ’e s’Orku di Domusnòvase nell’Orrùbiu di Orròli (fig. 10, 1, 3, 4). Nulla vieta di pensare che antemuralivenissero costruiti ancora nel VI secolo a.C., perché i pericoli urgevano sempre,anzi si erano fatti maggiori (forse la lizza del Losa è di tale periodo di tempo).

Nel VII, e soprattutto nel VI secolo a.C., poterono realizzarsi i fasciamicompositi, applicati alle antiche torri “a tholos”, in cui le soluzioni tecniche e leforme di spazi del nuraghe “a tholos” si confondono con quelle del nuraghe “acorridoio”, non ancora pervenuto alla maturazione della costruzione a sé stante(fig. 13, 1-6), se non forse eccezionalmente: come a nuraghe Albùciu che sem-bra essere del VII secolo a.C.

Questo progresso cronologico dal IX circa al VI secolo a.C., dei nuraghi delNuragico apogeico è ben documentata dalle recenti osservazioni stratigrafiche diBarùmini. È documentata dalla stratigrafia costruttiva “laterale” del nuraghe chemostra due fasi (Nuragico I inferiore e Nuragico I superiore); e dalla stratigrafia“orizzontale” delle abitazioni adiacenti alla fortezza, le quali anche presentano lestesse due fasi distinte per mezzo del tipo diverso delle strutture e in parte per ladifferente tipologia formale e decorativa degli oggetti, soprattutto delle cerami-che. Queste due fasi, datate la prima (Nuragico I inferiore) al IX-metà VIII seco-lo a.C. e la seconda (Nuragico I superiore) alla metà VIII-VI secolo a.C., si carat-terizzano specialmente per la presenza di alcune forme vascolari confrontabilicon esempi esterni alla Sardegna, di certa o di molto approssimativa cronologia.

Nel Nuragico I inferiore di Barùmini si hanno vasi (a beccuccio, a reticella,con appendici linguiformi sul labbro etc.) comparabili, più da vicino, conesemplari del periodo arcaico nuragico (“facies” di Monte Claro) e, più allalontana, con sagome della civiltà “subappenninica” e protolatina della Penisolaitaliana dei primi tempi della civiltà del Ferro (IX-VIII secolo a.C.). Dello stra-to culturale del Nuragico I superiore sono di particolare significato cronologicogli “askoi” a collo obliquo (“schnabelkanne” dei Tedeschi), lisci, del tipo di tav.CI (da Sant’Anastàsia di Sàrdara) o decorati con motivi geometrici, del tipo ditav. C (pure da Sant’Anastàsia), i quali trovano l’ovvio parallelo nelle cultureprotoetrusche preorientalizzanti e nella fase III della cultura sicula di Pantalica:aspetti non anteriori all’VIII secolo a.C. In Sardegna la forma dell’“askos” hadurato per tutto il VII fino al VI secolo a.C. Da segnalare anche i vasi pirifor-mi, nello stesso gusto geometrico, simili a quello dato a tav. XCVIII, sempre daSant’Anastàsia di Sàrdara. Non si sono avute a Barùmini le fogge ceramiche del“collared vessel”; ma le ha restituite il pozzo del nuraghe Lughèrras, da riferirsial periodo di tempo del Nuragico I superiore di Su Nuraxi (tav. XCIX).

Ma la vasta dimensione cronologica del Nuragico apogeico è segnata pure da og-getti di varia materia, trovati in tempi diversi in altri nuraghi del periodo in esame.

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I nuraghi

anticipare tipi vascolari del nuragico apogeico ai suoi primordi (Nuragico I infe-riore, di Barùmini), possono, almeno in parte, ascriversi allo scadere del II mil-lennio a.C. Tali tipi ceramici, rinvenuti in tombe e in grotte, sono stati raccoltianche nei nuraghi, all’esterno (Enna Pruna e Su Guvèntu di Mògoro; Is Paras diIsili) e dentro la camera in livello ancora intatto (Sa Korona di Villagreca-Caglia-ri, nuraghe “a tholos” semplicissimo senza spazi sussidiari).

A tav. XCVII, 1-7 sono riprodotte le più caratteristiche forme di vasi nura-gici della “facies” arcaica di Monte Claro, da tombe di Cagliari: ciotole, vasi abeccuccio, olle, vasi situliformi, tripodi, piatti. Si tratta di ceramiche d’impasto,con superfici per lo più rosse, talvolta polite e lucide, decorate con tecniche edisegni vari subgeometrici, talvolta di stile “dissociato”. Risalta l’ornato a solca-ture e si distinguono i motivi ottenuti con le tecniche del ritaglio e dello straluci-do che simula la pittura. Lo stile rigido delle sagome sottolinea l’età del Bronzo.Qualche forma vascolare e, specialmente, la decorazione a scanalature ricordanoesempi di civiltà enee della Penisola italiana (“terramaricola”, “appenninica” e“subappenninica”) e dell’Estero (Lausitz, ceramica “excisa” e a “cannelure” dellaFrancia, della Spagna etc.).

Ciò anche varrebbe a confermare la coordinata cronologica soprapropostadel 1200-1000 a.C.

2) NURAGICO APOGEICO O MEDIO (1000-500 a.C.)Nei primissimi tempi (1000-900 a.C.) si continuano a costruire torri isolate

“a tholos” nella forma perfetta a camera tricellulare con garetta e scala d’andito,sino a giungere al modello insuperato della tholos a deambulatorio circolare delSantu Antìne (fig. 1, 25). Ma già nel IX secolo a.C., come dimostra il nuraghedi Barùmini, si presentano gli schemi dei nuraghi plurimi e polilobati: al SuNuraxi, il disegno a quadrilobo di profilo retto-curvilineo (fig. 9, 4).

Nell’VIII secolo, poi, sono già costituiti gli inserti “a tancato”, tipo Palma-vera (fig. 5, 7), che proseguono nel VII a Lughèrras (fig. 8, 5). Nello stesso se-colo han preso figura definitiva gli impianti aggiuntivi a trilobo ondulato, tipoLosa-Lughèrras-Santu Antìne e si evolvono i modelli a piano quadrilobato ret-to-curvilineo, a giudicare dalla presenza nel nuraghe Piscu di Suelli, approssi-mativamente databile (tav. CIII, 4).

A partire dal IX, e soprattutto nel corso dell’VIII secolo a.C., con progressi-va diminuzione, si concludono pure le forme delle addizioni varie dei corpisussidiari: le addizioni frontali (fig. 5, 1-9, fig. 6, 1-6); quelle laterali tangenzialio meno (fig. 7, 1-5); quelle concentriche nei tipi plurilobati già visti e neglischemi trilobati a profilo retto-curvilineo (fig. 8, 2-3) e nei quadrilobati a con-torno sinuoso o concavo-convesso, esemplificato dal Santa Bàrbara (fig. 9, 1).Nella seconda metà dell’VIII secolo, il quadrilobo di Barùmini viene protettoed ampliato col poderoso rifascio, anche in funzione di difesa contro l’arietekriophoros, viene modificato in una forma di bastione imprendibile sopraele-vandone 7 metri da terra l’unico e basso ingresso, viene munito col piombatoio

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e di semianarchia, causa principale della disfatta finale ad opera dei Romani edel tramonto sostanziale dell’antica civiltà.

Gli elementi culturali restituiti negli scavi recenti effettuati nel nuraghe “acorridoio” del Peppe Gallu (tav. LXXXIV) rivelano uno stadio povero e decadu-to di civiltà con la rozzezza dei tipi ceramici, ridotti a poche forme di “routine”(vasi carenati, tegami, vasi a settori etc.) senza decorazione alcuna; con i rarissimioggetti di bronzo; con il durare dell’industria litica espressa in schegge informi.La tarda età è indicata da elementi d’importazione d’argento e di pasta vitrea.L’esame dei carboni prelevati dallo strato basale del nuraghe, viene a confermarequesto recente periodo di storia nuragica, con la datazione dal VI al IV secoloa.C. Di bassa età, non lontana dal VI, sono pure i materiali archeologici, ancorainediti, restituiti da scavi recentissimi nei nuraghi Fronte Mola di Thièsi e Albù-ciu di Arzachena, quest’ultimo forse anche del VII secolo a.C., per la presenza,fra gli oggetti di bronzo (che sono i più significativi) di un elemento laminato aornato orientalizzante, di una rozza figurina di sacerdote offerente con tutulo,del tipo geometrico ma di patina nerastra simile a quella dei tardi bronzetti distile barbaricino-mediterraneizzante (Lilliu, Sculture della Sardegna nuragica,1956, p. 27), d’un caratteristico pugnaletto a elsa gammata (Lilliu, Sculture cit.,p. 29). I fittili, le ceramiche (fra cui un vaso dipinto punico), la povera industrialitica si assomigliano ai prodotti del nuraghe Peppe Gallu che sembra essere unpo’ più recente anche per la maggiore semplicità architettonica.

Non si può valutare pienamente la portata e la misura culturale della civiltà edella società di cui i nuraghi sono la massima e più appariscente manifestazione,non si può cioè apprezzare il valore storico delle stesse costruzioni nuragiche, senon si cerca di vederle nelle relazioni e nelle connessioni con monumenti più omeno similari del Mediterraneo, ossia di quell’area etnico-geografica da cui lacultura sarda del Bronzo e del Ferro assunse la ragione fondamentale di vita e incui trovò, principalmente, i motivi dello sviluppo e del progresso secolare. Per-ché, in definitiva, fu il mare mediterraneo, che i Sardi antichi al contrario deiSardi d’oggi navigarono, il mezzo per il quale la civiltà nuragica poté commer-ciare spiritualmente e materialmente con intensità maggiore o minore a secondadei periodi di storia, poté ricevere i prodotti altrui e ricambiarli con i propri, po-té insomma porsi come elemento concorrente a definire il quadro “civile” diquella grande nostra comunità, in epoca protostorica.

Anche l’edifizio del nuraghe in sé, con le sue forme i suoi tipi e le sue strut-ture, testimonia l’effettiva presenza mediterranea, sia perché ne contiene compo-nenti di sustrato (gusto megalitico, tholos, corridoio di stile dolmenico o a triliteetc.) sia perché, per suo mezzo, si relaziona, per simiglianze e affinità, con mo-numenti di altre regioni della medesima vasta area culturale.

Questi rapporti di natura architettonica, si individuano principalmente indue direzioni: da una parte verso il mondo insulare del Mediterraneo occiden-tale (Corsica, Baleari), dall’altra verso il Centro e l’Est dello stesso mare (Puglie,

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I nuraghi

Forse è del X-IX secolo a.C. un rasoio a lama quadrangolare rinvenuto inun nuraghe della Nurra. Un piede di vaso tripode, restituito da livello anticodel nuraghe Losa, segna la persistenza d’una sagoma, propria di alta età delBronzo, nell’incipiente età del Ferro, con fenomeno di durata analogo a quellodi simili tripodi nella “Niederrheinische Hügelgräberkultur” della media età diHalstatt-Hz 2: 900-700 a.C. All’VIII-VII secolo ci riportano nuovamente “askoi”del tipo di Barùmini ed altri vasi con ornato geometrico (reticolato, bande trat-teggiate, cerchielli concentrici etc.), venuti in luce nei nuraghi plurimi di Pal-mavera, Lughèrras, Losa, Piscu, Sianeddu e Baràtili di Cabras, La Prisciona diArzachena. Degli stessi secoli sono due tipici oggetti bronzei: una cuspide dilancia del nuraghe Losa, del tipo a tav. XCIII, datata 750-650 a.C.; e una fibu-la a navicella venuta in luce nello spazio dell’antemurale di Barùmini, ascritta alVII secolo a.C. Coeve sono grandi daghe da Siniscola (Nùoro), della foggiaportata dal soldato a tav. XC; coeve pure le armi (spada, pugnale, bipenne) ditavv. XCIV-XCVI, in cui si armonizzano l’efficienza, l’eleganza di linea e la ma-gnifica patina del bronzo. All’VIII-VII secolo a.C. si possono riferire braccialet-ti di bronzo con ornato a spina di pesce e zigzag, provenienti dall’interno delnuraghe Santu Antìne. Tempi dall’VIII al VI secolo a.C. sono indicati da sta-tuine varie in bronzo, rappresentanti soggetti umani e animali, custodite entrole fortezze nuragiche di Palmavera, Flumenlongu-Nurra, Iselle-Buddusò, Piz-zinnu-Siniscola, Barùmini, Santu Perdu-Genoni, Cummossàriu-Furtèi etc.; eda una figurina fittile, forse di colomba, dal citato Santu Antìne.

Mi limito a queste documentazioni caratteristiche. Numero, qualità e varie-tà segnano, evidentemente, un periodo di apogeo dovuto alla fertilità spiritualee materiale delle popolazioni indigene giunte al massimo grado di maturazioneculturale, ma fanno riconoscere anche contatti con genti prossime e lontane delMediterraneo (Fenici, Cartaginesi, Greci, Etruschi, Tartessi etc.). Il fiorire dicodeste vivissime manifestazioni di civiltà fu stroncato dai Cartaginesi, alla finedel VI secolo a.C., per ragioni politiche di dominio, con una vera e propria oc-cupazione militare dei reami locali del piano e delle colline, cioè delle regionipiù evolute e produttive dell’Isola.

3) NURAGICO DELLA DECADENZA O RECENTE O FINALE (500-238 a.C.)Vi appartengono i nuraghi delle zone non conquistate dagli invasori, dove,

per la natura del suolo di difficile accesso (monti, tratti di altopiani scoscesi earidi atti alla difesa etc.) era ancora possibile organizzare la resistenza contro itentativi, non mai abbandonati dai Cartaginesi, di impossessarsi totalmente del-la Sardegna.

Di massima trattasi dei nuraghi “a corridoio”, i quali rispondono bene, co-me concetto e formula difensiva, alle condizioni storiche di quei tempi di gran-de travaglio e instabilità di vivere, di insidie e di paure a cui furono soggetti gliultimi costruttori delle torri megalitiche, ormai decaduti dalla notevole orga-nizzazione politico-militare dell’età del maggior fiore a uno stato di isolamento

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e di semianarchia, causa principale della disfatta finale ad opera dei Romani edel tramonto sostanziale dell’antica civiltà.

Gli elementi culturali restituiti negli scavi recenti effettuati nel nuraghe “acorridoio” del Peppe Gallu (tav. LXXXIV) rivelano uno stadio povero e decadu-to di civiltà con la rozzezza dei tipi ceramici, ridotti a poche forme di “routine”(vasi carenati, tegami, vasi a settori etc.) senza decorazione alcuna; con i rarissimioggetti di bronzo; con il durare dell’industria litica espressa in schegge informi.La tarda età è indicata da elementi d’importazione d’argento e di pasta vitrea.L’esame dei carboni prelevati dallo strato basale del nuraghe, viene a confermarequesto recente periodo di storia nuragica, con la datazione dal VI al IV secoloa.C. Di bassa età, non lontana dal VI, sono pure i materiali archeologici, ancorainediti, restituiti da scavi recentissimi nei nuraghi Fronte Mola di Thièsi e Albù-ciu di Arzachena, quest’ultimo forse anche del VII secolo a.C., per la presenza,fra gli oggetti di bronzo (che sono i più significativi) di un elemento laminato aornato orientalizzante, di una rozza figurina di sacerdote offerente con tutulo,del tipo geometrico ma di patina nerastra simile a quella dei tardi bronzetti distile barbaricino-mediterraneizzante (Lilliu, Sculture della Sardegna nuragica,1956, p. 27), d’un caratteristico pugnaletto a elsa gammata (Lilliu, Sculture cit.,p. 29). I fittili, le ceramiche (fra cui un vaso dipinto punico), la povera industrialitica si assomigliano ai prodotti del nuraghe Peppe Gallu che sembra essere unpo’ più recente anche per la maggiore semplicità architettonica.

Non si può valutare pienamente la portata e la misura culturale della civiltà edella società di cui i nuraghi sono la massima e più appariscente manifestazione,non si può cioè apprezzare il valore storico delle stesse costruzioni nuragiche, senon si cerca di vederle nelle relazioni e nelle connessioni con monumenti più omeno similari del Mediterraneo, ossia di quell’area etnico-geografica da cui lacultura sarda del Bronzo e del Ferro assunse la ragione fondamentale di vita e incui trovò, principalmente, i motivi dello sviluppo e del progresso secolare. Per-ché, in definitiva, fu il mare mediterraneo, che i Sardi antichi al contrario deiSardi d’oggi navigarono, il mezzo per il quale la civiltà nuragica poté commer-ciare spiritualmente e materialmente con intensità maggiore o minore a secondadei periodi di storia, poté ricevere i prodotti altrui e ricambiarli con i propri, po-té insomma porsi come elemento concorrente a definire il quadro “civile” diquella grande nostra comunità, in epoca protostorica.

Anche l’edifizio del nuraghe in sé, con le sue forme i suoi tipi e le sue strut-ture, testimonia l’effettiva presenza mediterranea, sia perché ne contiene compo-nenti di sustrato (gusto megalitico, tholos, corridoio di stile dolmenico o a triliteetc.) sia perché, per suo mezzo, si relaziona, per simiglianze e affinità, con mo-numenti di altre regioni della medesima vasta area culturale.

Questi rapporti di natura architettonica, si individuano principalmente indue direzioni: da una parte verso il mondo insulare del Mediterraneo occiden-tale (Corsica, Baleari), dall’altra verso il Centro e l’Est dello stesso mare (Puglie,

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I nuraghi

Forse è del X-IX secolo a.C. un rasoio a lama quadrangolare rinvenuto inun nuraghe della Nurra. Un piede di vaso tripode, restituito da livello anticodel nuraghe Losa, segna la persistenza d’una sagoma, propria di alta età delBronzo, nell’incipiente età del Ferro, con fenomeno di durata analogo a quellodi simili tripodi nella “Niederrheinische Hügelgräberkultur” della media età diHalstatt-Hz 2: 900-700 a.C. All’VIII-VII secolo ci riportano nuovamente “askoi”del tipo di Barùmini ed altri vasi con ornato geometrico (reticolato, bande trat-teggiate, cerchielli concentrici etc.), venuti in luce nei nuraghi plurimi di Pal-mavera, Lughèrras, Losa, Piscu, Sianeddu e Baràtili di Cabras, La Prisciona diArzachena. Degli stessi secoli sono due tipici oggetti bronzei: una cuspide dilancia del nuraghe Losa, del tipo a tav. XCIII, datata 750-650 a.C.; e una fibu-la a navicella venuta in luce nello spazio dell’antemurale di Barùmini, ascritta alVII secolo a.C. Coeve sono grandi daghe da Siniscola (Nùoro), della foggiaportata dal soldato a tav. XC; coeve pure le armi (spada, pugnale, bipenne) ditavv. XCIV-XCVI, in cui si armonizzano l’efficienza, l’eleganza di linea e la ma-gnifica patina del bronzo. All’VIII-VII secolo a.C. si possono riferire braccialet-ti di bronzo con ornato a spina di pesce e zigzag, provenienti dall’interno delnuraghe Santu Antìne. Tempi dall’VIII al VI secolo a.C. sono indicati da sta-tuine varie in bronzo, rappresentanti soggetti umani e animali, custodite entrole fortezze nuragiche di Palmavera, Flumenlongu-Nurra, Iselle-Buddusò, Piz-zinnu-Siniscola, Barùmini, Santu Perdu-Genoni, Cummossàriu-Furtèi etc.; eda una figurina fittile, forse di colomba, dal citato Santu Antìne.

Mi limito a queste documentazioni caratteristiche. Numero, qualità e varie-tà segnano, evidentemente, un periodo di apogeo dovuto alla fertilità spiritualee materiale delle popolazioni indigene giunte al massimo grado di maturazioneculturale, ma fanno riconoscere anche contatti con genti prossime e lontane delMediterraneo (Fenici, Cartaginesi, Greci, Etruschi, Tartessi etc.). Il fiorire dicodeste vivissime manifestazioni di civiltà fu stroncato dai Cartaginesi, alla finedel VI secolo a.C., per ragioni politiche di dominio, con una vera e propria oc-cupazione militare dei reami locali del piano e delle colline, cioè delle regionipiù evolute e produttive dell’Isola.

3) NURAGICO DELLA DECADENZA O RECENTE O FINALE (500-238 a.C.)Vi appartengono i nuraghi delle zone non conquistate dagli invasori, dove,

per la natura del suolo di difficile accesso (monti, tratti di altopiani scoscesi earidi atti alla difesa etc.) era ancora possibile organizzare la resistenza contro itentativi, non mai abbandonati dai Cartaginesi, di impossessarsi totalmente del-la Sardegna.

Di massima trattasi dei nuraghi “a corridoio”, i quali rispondono bene, co-me concetto e formula difensiva, alle condizioni storiche di quei tempi di gran-de travaglio e instabilità di vivere, di insidie e di paure a cui furono soggetti gliultimi costruttori delle torri megalitiche, ormai decaduti dalla notevole orga-nizzazione politico-militare dell’età del maggior fiore a uno stato di isolamento

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spioncino di luce in fondo al corridoio principale di Torre ritorna nella garetta cen-trale del Sèneghe, con la stessa esposizione a Ovest (fig. 12, 5). Per quanto riguardala destinazione del monumento di Torre, il Grosjean propende a ritenerlo unatomba a incinerazione, per vero con argomenti molto discutibili; e la cronologiache egli ne propone del II millennio a.C., si fonda su oggetti che in Sardegna (co-me quelli di Peppe Gallu e di Albùciu) potrebbero scendere anche al VII-VI secoloa.C., se non più giù. Infine, non si può condividere la sua osservazione sull’analo-gia architettonica e struttiva fra Torre e le costruzioni di Balestra e Foce, per l’evi-denza dell’assoluta diversità del tipo di edifizio e dell’opera muraria nei monumenticôrsi comparati. Risalta, invece, la grande somiglianza fra Torre e i pseudonuraghisardi, tanto da indurre a considerare l’ipotesi di riconoscere nel manufatto megaliti-co di Portovecchio proprio il tipo del nuraghe “a corridoio”: e cioè un rifugio e unadifesa per vivi, in condizioni storico-politiche delle popolazioni indigene côrse nondiverse da quelle della Sardegna, negli ultimi tempi della civiltà nuragica.

Come spiegare queste impressionanti convergenze?Anzitutto ha avuto peso determinante il fattore biogeografico dell’antica co-

munità e unità fisico-antropica del massiccio sardo-côrso. Poi sono intervenutifattori specifici di ordine storico-culturale.

Fra questi, la componente egeoanatolica, e più direttamente micenea, ha por-tato nelle due Isole la forma della tholos, la quale si è sviluppata, nei due am-bienti, per circostanze naturali e umane diverse, nella direzione dell’uso funera-rio (Corsica) e dell’uso difensivo (Sardegna), uso che ha prodotto le morfologiee le linee architetturali particolari, a corso “subalterno” in Corsica e a livello al-tissimo in Sardegna. Non saranno mancati forse anche contatti episodici fra ledue aree, almeno nel II millennio a.C., e questi spiegherebbero certe evoluzioniconsimili nella articolazione della camera “a tholos” (v. fig. 15, 1-4).

Più ipotetica è la spiegazione della convergenza nel tipo architettonico “a cor-ridoio” (pseudonuraghe). Se non si può escludere, all’origine e limitatamente al-lo spazio interno, l’influenza dell’architettura dolmenica o a trilite (componenteoccidentale), la maturazione del tipo a forma individua trova fondamento incause storiche recenti, comuni alle due Isole. Se si pensa che Sardi e Corsi (dellaSardegna e della Corsica) combatterono affiancati, per tanti secoli, contro i Car-taginesi e i Romani, vien fatto di trarne le conseguenze che, per le necessità e ipericoli comuni, fossero venuti nella determinazione di elaborare insieme unostrumento di arte architettonica militare il quale, contenendo formule costrut-tive e tecniche comuni alle due regioni, soddisfacesse, di pieno accordo, la nuo-va tattica della guerriglia. Il nuraghe “a corridoio”, presente in Corsica e in Sar-degna, corrispondeva in toto a questo specifico bisogno bellico.

2) Somiglianze fra nuraghi e talaiots baleariciLe somiglianze fra nuraghi e talaiots – monumenti megalitici a torre delle isole

Baleari (Maiorca e Minorca) – sono state ripetutamente affermate, inclinandosi, ingenere, a credere che, per lo più, i talaiots siano state brutte copie dei nuraghi.

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Pantelleria, Malta, Peloponneso, Creta etc.). A base delle relazioni stanno, insostanza, due fondamenti. E cioè, per primo influisce il determinismo di su-strato che nasce dalla comunità etnica antichissima e dall’ambiente spiccata-mente insulare (fondamento biogeografico), poi ha peso il movimento di idee eanche di popoli ripetutamente verificatosi nel Mediterraneo, nei due versi, nelcorso dei secoli (fondamento storico).

1) Somiglianze fra nuraghi e costruzioni a “torre” della CorsicaLe generiche affinità architettoniche, rilevate da molto tempo, fra tipi di

monumenti megalitici della Sardegna (specie nella sua parte Nord: della Gallu-ra) e della vicina Corsica, si precisano, ora, a seguito di recentissimi scavi, nellesomiglianze fra nuraghi “a tholos” e “a corridoio” ed edifizi côrsi in grandi omedie pietre a secco con alcune caratteristiche comuni.

La fig. 15 mostra i disegni in piano del nuraghe Muràrtu di Silànus (1) e delmonumento rotondo di Foce, nella valle del Taravo (2). Dal confronto diretto sirileva la comunanza nel contorno circolare, nell’andito dell’ingresso da cui, circaal mezzo, si dipartono lateralmente due corridoi curvilinei a deambulatorio inparte concentrico alla camera, nella camera stessa ad articolazione tricellulare. An-che l’orientazione della porta varia di poco: a Sudest nel Muràrtu, a Sud a Foce.Nel Foce il Grosjean suppone la copertura “a tholos”, presente e ben conservatanel Muràrtu. Andito e corridoi del nuraghe sono a sezione angolare, profilo che siosserva nel monumento côrso (tav. CII, 3). Differenze: nell’opera muraria, mega-litica e curata a Muràrtu, mediolitica e rozza a Foce (tav. CII, 3-4); nell’esistenza, aMuràrtu, della scala che manca a Foce; della presenza, a Muràrtu, del piano rialza-to inesistente a Foce. Queste divergenze sono connesse con la diversa destinazio-ne dei due monumenti: torre di difesa il nuraghe, sepoltura ad incinerazione latholos di Foce. Il Grosjean data la tomba nella seconda metà del II millennio a.C.;della fine dello stesso millennio o degli inizi del I, è il nuraghe.

Le convergenze ritornano nella figura di piano del nuraghe Sa Còa Filigòsa-Bolòtana (fig. 15, 3) e del monumento circolare di Balestra, sempre nella valledel Taravo (fig. 15, 4). Gli edifizi hanno in comune: la forma rotonda dellatholos a due cellette, il rifascio murario. Differenze: le stesse notate fra Muràrtue Foce; idem per la destinazione diversa e per la cronologia.

Da ultimo, si ritenga la somiglianza fra il nuraghe “a corridoio” di Tùsari (fig.15, 5) e la costruzione di Torre, a poco più di 5 km a Nord di Portovecchio inCorsica (fig. 15, 6, tav. CII, 1-2). Il raffronto principale sta nel dispositivo internodel corridoio e delle celle; accede, qui, inoltre, l’uso della stessa tecnica muraria aregolari file di grosse pietre (gusto megalitico), sia all’esterno sia dentro i vani tuttipiattabandati a Tùsari come a Torre. Più in generale si può richiamare anche qual-che ulteriore analogia fra l’edificio di Torre e altri “pseudonuraghi”. Ad esempio, ilcontorno a ferro di cavallo ricorda quello di Lighedu (fig. 12, 9); il riservare partedel perimetro negli spuntoni di roccia si rivede nei pseudonuraghi di Perca ’e Paz-za, Bùdas, Tanca Manna (fig. 12, 10-12), di Agnu (tav. LXXXV); il lungo e stretto

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spioncino di luce in fondo al corridoio principale di Torre ritorna nella garetta cen-trale del Sèneghe, con la stessa esposizione a Ovest (fig. 12, 5). Per quanto riguardala destinazione del monumento di Torre, il Grosjean propende a ritenerlo unatomba a incinerazione, per vero con argomenti molto discutibili; e la cronologiache egli ne propone del II millennio a.C., si fonda su oggetti che in Sardegna (co-me quelli di Peppe Gallu e di Albùciu) potrebbero scendere anche al VII-VI secoloa.C., se non più giù. Infine, non si può condividere la sua osservazione sull’analo-gia architettonica e struttiva fra Torre e le costruzioni di Balestra e Foce, per l’evi-denza dell’assoluta diversità del tipo di edifizio e dell’opera muraria nei monumenticôrsi comparati. Risalta, invece, la grande somiglianza fra Torre e i pseudonuraghisardi, tanto da indurre a considerare l’ipotesi di riconoscere nel manufatto megaliti-co di Portovecchio proprio il tipo del nuraghe “a corridoio”: e cioè un rifugio e unadifesa per vivi, in condizioni storico-politiche delle popolazioni indigene côrse nondiverse da quelle della Sardegna, negli ultimi tempi della civiltà nuragica.

Come spiegare queste impressionanti convergenze?Anzitutto ha avuto peso determinante il fattore biogeografico dell’antica co-

munità e unità fisico-antropica del massiccio sardo-côrso. Poi sono intervenutifattori specifici di ordine storico-culturale.

Fra questi, la componente egeoanatolica, e più direttamente micenea, ha por-tato nelle due Isole la forma della tholos, la quale si è sviluppata, nei due am-bienti, per circostanze naturali e umane diverse, nella direzione dell’uso funera-rio (Corsica) e dell’uso difensivo (Sardegna), uso che ha prodotto le morfologiee le linee architetturali particolari, a corso “subalterno” in Corsica e a livello al-tissimo in Sardegna. Non saranno mancati forse anche contatti episodici fra ledue aree, almeno nel II millennio a.C., e questi spiegherebbero certe evoluzioniconsimili nella articolazione della camera “a tholos” (v. fig. 15, 1-4).

Più ipotetica è la spiegazione della convergenza nel tipo architettonico “a cor-ridoio” (pseudonuraghe). Se non si può escludere, all’origine e limitatamente al-lo spazio interno, l’influenza dell’architettura dolmenica o a trilite (componenteoccidentale), la maturazione del tipo a forma individua trova fondamento incause storiche recenti, comuni alle due Isole. Se si pensa che Sardi e Corsi (dellaSardegna e della Corsica) combatterono affiancati, per tanti secoli, contro i Car-taginesi e i Romani, vien fatto di trarne le conseguenze che, per le necessità e ipericoli comuni, fossero venuti nella determinazione di elaborare insieme unostrumento di arte architettonica militare il quale, contenendo formule costrut-tive e tecniche comuni alle due regioni, soddisfacesse, di pieno accordo, la nuo-va tattica della guerriglia. Il nuraghe “a corridoio”, presente in Corsica e in Sar-degna, corrispondeva in toto a questo specifico bisogno bellico.

2) Somiglianze fra nuraghi e talaiots baleariciLe somiglianze fra nuraghi e talaiots – monumenti megalitici a torre delle isole

Baleari (Maiorca e Minorca) – sono state ripetutamente affermate, inclinandosi, ingenere, a credere che, per lo più, i talaiots siano state brutte copie dei nuraghi.

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Pantelleria, Malta, Peloponneso, Creta etc.). A base delle relazioni stanno, insostanza, due fondamenti. E cioè, per primo influisce il determinismo di su-strato che nasce dalla comunità etnica antichissima e dall’ambiente spiccata-mente insulare (fondamento biogeografico), poi ha peso il movimento di idee eanche di popoli ripetutamente verificatosi nel Mediterraneo, nei due versi, nelcorso dei secoli (fondamento storico).

1) Somiglianze fra nuraghi e costruzioni a “torre” della CorsicaLe generiche affinità architettoniche, rilevate da molto tempo, fra tipi di

monumenti megalitici della Sardegna (specie nella sua parte Nord: della Gallu-ra) e della vicina Corsica, si precisano, ora, a seguito di recentissimi scavi, nellesomiglianze fra nuraghi “a tholos” e “a corridoio” ed edifizi côrsi in grandi omedie pietre a secco con alcune caratteristiche comuni.

La fig. 15 mostra i disegni in piano del nuraghe Muràrtu di Silànus (1) e delmonumento rotondo di Foce, nella valle del Taravo (2). Dal confronto diretto sirileva la comunanza nel contorno circolare, nell’andito dell’ingresso da cui, circaal mezzo, si dipartono lateralmente due corridoi curvilinei a deambulatorio inparte concentrico alla camera, nella camera stessa ad articolazione tricellulare. An-che l’orientazione della porta varia di poco: a Sudest nel Muràrtu, a Sud a Foce.Nel Foce il Grosjean suppone la copertura “a tholos”, presente e ben conservatanel Muràrtu. Andito e corridoi del nuraghe sono a sezione angolare, profilo che siosserva nel monumento côrso (tav. CII, 3). Differenze: nell’opera muraria, mega-litica e curata a Muràrtu, mediolitica e rozza a Foce (tav. CII, 3-4); nell’esistenza, aMuràrtu, della scala che manca a Foce; della presenza, a Muràrtu, del piano rialza-to inesistente a Foce. Queste divergenze sono connesse con la diversa destinazio-ne dei due monumenti: torre di difesa il nuraghe, sepoltura ad incinerazione latholos di Foce. Il Grosjean data la tomba nella seconda metà del II millennio a.C.;della fine dello stesso millennio o degli inizi del I, è il nuraghe.

Le convergenze ritornano nella figura di piano del nuraghe Sa Còa Filigòsa-Bolòtana (fig. 15, 3) e del monumento circolare di Balestra, sempre nella valledel Taravo (fig. 15, 4). Gli edifizi hanno in comune: la forma rotonda dellatholos a due cellette, il rifascio murario. Differenze: le stesse notate fra Muràrtue Foce; idem per la destinazione diversa e per la cronologia.

Da ultimo, si ritenga la somiglianza fra il nuraghe “a corridoio” di Tùsari (fig.15, 5) e la costruzione di Torre, a poco più di 5 km a Nord di Portovecchio inCorsica (fig. 15, 6, tav. CII, 1-2). Il raffronto principale sta nel dispositivo internodel corridoio e delle celle; accede, qui, inoltre, l’uso della stessa tecnica muraria aregolari file di grosse pietre (gusto megalitico), sia all’esterno sia dentro i vani tuttipiattabandati a Tùsari come a Torre. Più in generale si può richiamare anche qual-che ulteriore analogia fra l’edificio di Torre e altri “pseudonuraghi”. Ad esempio, ilcontorno a ferro di cavallo ricorda quello di Lighedu (fig. 12, 9); il riservare partedel perimetro negli spuntoni di roccia si rivede nei pseudonuraghi di Perca ’e Paz-za, Bùdas, Tanca Manna (fig. 12, 10-12), di Agnu (tav. LXXXV); il lungo e stretto

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Non è dato oggi sapere se il tipo del talaiot “a tholos” possa risalire, come letholoi côrse e sarde, al II millennio a.C. Ciò impedisce di vedere anche nella tho-los talaiotica l’influenza sicura della tholos egeoanatolica e micenea in particolare;e pone, per altro verso, l’eventualità ipotetica d’un insegnamento diretto dellatholos sarda del nuraghe, avvenuta in età più recente. In quest’ultimo caso, po-trebbe trattarsi d’un prestito parallelo in parte, nel tempo e nei limiti, a quelloper cui nella tholos protoetrusca del VII secolo a.C. si vorrebbe vedere, da talu-no, l’imitazione decaduta del modello protosardo. Il paragone si avvalorerebbecon la presenza del pilastro, a sostegno della copertura, tanto nella forma ad al-veare delle tombe dell’Etruria settentrionale e marittima quanto nella forma “atholos” interrotta per far luogo al solaio piano del talaiot: forme, entrambe, chesignificherebbero scarsa capacità costruttiva e traduzione alterata d’un modelloarchitettonico poco sentito perché non proprio. Ma, d’altra parte, non si puòignorare che il tipo del pilastro plurilitico allargato al sommo, caratteristico dellecamere talaiotiche rotonde o meno, riproducendo un tipo comune nel Mediter-raneo centrale ed occidentale fin dall’età del Bronzo recente – seconda metà delII millennio a.C. – può essere anche considerato sotto un profilo diverso, percultura e cronologia, da quello del pilastro e della colonna sorreggente la cupolapaleoetrusca. Da qui il problema accennato, che resta tuttora aperto.

Tenterò di spiegare la concordanza di torri megalitiche sarde e baleariche,quale appare anche dal tipo “a corridoio”.

Come è stato detto, in ordine allo stesso argomento, a proposito della somi-glianza di torri sarde e côrse, non v’è dubbio che la comunanza morfologica abbiaper base originaria lo stile architettonico a trilite del dolmen, monumento che, nelMediterraneo occidentale e centrale, evoluziona verso le forme “a corridoio”,già da tempi elevati dell’età del Bronzo. Questa alta antichità del tipo della tor-re “a corridoio” che noi non possiamo affermare nel concreto di esempi monu-mentali per la Sardegna e la Corsica, è provata invece, nelle Baleari, dal talaiotdi Ses Païsses (fig. 17, 2, tavv. CIV, 2, CV, 1-3), la cui stratigrafia costruttivaconsente di risalire alla fine del II millennio o al principio del I. Ma, nelle stesseBaleari, il tipo della torre “a corridoio” subisce una trasformazione tale che na-scono esempi della figura della torre di Santa Monica (fig. 17, 6), dove, a parteil persistere dello schema arcaico del “corridoio” di Ses Païsses (tema puramentemorfologico), la funzione dello stesso corridoio, qui provvisto di cellette-garettecome certi pseudonuraghi sardi, appare essere stata del tutto diversa da quelladel “passillo” del talaiot di Artà.

Parrebbe, dunque, di riconoscere nell’arcipelago balearico due stadi dellatorre “a corridoio”: uno antico, documentato dal talaiot di Ses Païsses, con cor-ridoio semplice; e l’altro recente, a corridoio con cellette-garette, esemplificatodal talaiot ibrido di Santa Monica. Lo stadio antico del Ses Païsses non lo co-nosciamo in Sardegna. Infatti il nuraghe Koròngiu Maria, che ricorda il SesPaïsses per la figura rotonda traversata al diametro dal corridoio, si distingue

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Finora però le analogie sono state rilevate su un piano piuttosto vago di ri-spondenze generali nella forma esterna rotonda e nella tecnica delle muratureerette con grandi pietre disposte a filari più o meno regolari e curati. Inoltre, nu-raghi e talaiots sono stati associati, almeno in qualche esempio, per la comunanzadell’aspetto interno della camera in essi contenuta, foggiata “a tholos”. Il confron-to delle strutture del paramento della torre antica del nuraghe S’Urdèlli-Gergèi(tav. CIII, 2) con quelle del talaiot di Sa Canova-Artà (tav. CIII, 1), ed i parti-colari dei muri esterni della torre principale del nuraghe Piscu-Suelli (tav. CIII,4) e del citato talaiot (tav. CIII, 3) che si rispondono pienamente, dimostrano,certo, un’aria di famiglia nelle due categorie di costruzioni insulari. Si devono,poi, ritenere valide le concordanze quanto all’uso della tholos ogivata, non per-ché si conoscano molti talaiots che ne mostrino un esempio sicuro nel concre-to, ma perché l’esistenza originaria della falsa volta nelle torri antiche balearicheè provata, più largamente, dal persistere per tradizione della forma nei “Pont deBestiar” (capanne per bestiame) moderni di Minorca (tav. CVI, 1). È da rileva-re, tuttavia, la grande differenza dell’impiego della tholos nel nuraghe e nel ta-laiot: nel primo normale ed assoluto, nel secondo del tutto eccezionale perquanto oggi se ne sa.

Un esame comparativo più attento delle due serie di costruzioni, reso possibi-le anche da recenti scoperte, consente un’individuazione più puntuale dei rappor-ti che ci interessano.

La fig. 16, 1-7 dimostra la evidente concordanza di schemi di piano di nu-raghi e talaiots: stessa camera semplice, ogivata forse anche nel talaiot, nel nura-ghe Mannu-Senis (1) e nel talaiot di Es Mestal-Mercadal (2); stessa camera acerchio sformato con cellette, nel nuraghe Funtana Spidu-Orròli (3) e nel ta-laiot di Torre Nova d’en Lozano-Ciudadela (4); stessa camera a stretta ellissilongitudinale, nel nuraghe Casteddu Joni-Ussàssai (5) e nel talaiot di Torre Vel-la d’en Lozano-Ciudadela (6). Non si tratta di pure coincidenze di forme sem-plici, dovute ad effetto d’ambiente similare ed al modo di costruire “megaliti-co”, perché le somiglianze si ripetono anche in forme meno consuete e piùelaborate.

È quanto spiega la fig. 17, 5-6. Qui, si hanno immagini planimetriche dinuraghi e talaiots del tipo “a corridoio”. Riscontri più stretti fra di loro presen-tano il nuraghe Koròngiu e Maria-Nurri (1) e il talaiot di Ses Païsses-Artà (2;tavv. CIV, 2, CV, 1-3), a causa del corridoio tabulato, che traversa diametral-mente l’intera torre rotonda (tav. CV, 1-3); il nuraghe Cùnculu-Scanu (3) e iltalaiot di Rafal Roig-Mercadal (4) per lo schema crociato degli anditi a solaiopiano internati nella massa circolare della costruzione; il nuraghe di Àidu Ar-bu-Bortigali (5) e il talaiot di Santa Monica-Mercadal (6), dove sembra di rico-noscersi un’ibridazione del tipo di edifizio “a tholos” con quello “a corridoio”.Si aggiunga la notata analogia di piano e di posizione della scala dietro un in-gresso esterno sopraelevato nel nuraghe Peppe Gallu-Uri (tav. LXXXIV, 1-2) enel talaiot di Fontredones de Baix-Mercadal (pp. 259-260).

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Non è dato oggi sapere se il tipo del talaiot “a tholos” possa risalire, come letholoi côrse e sarde, al II millennio a.C. Ciò impedisce di vedere anche nella tho-los talaiotica l’influenza sicura della tholos egeoanatolica e micenea in particolare;e pone, per altro verso, l’eventualità ipotetica d’un insegnamento diretto dellatholos sarda del nuraghe, avvenuta in età più recente. In quest’ultimo caso, po-trebbe trattarsi d’un prestito parallelo in parte, nel tempo e nei limiti, a quelloper cui nella tholos protoetrusca del VII secolo a.C. si vorrebbe vedere, da talu-no, l’imitazione decaduta del modello protosardo. Il paragone si avvalorerebbecon la presenza del pilastro, a sostegno della copertura, tanto nella forma ad al-veare delle tombe dell’Etruria settentrionale e marittima quanto nella forma “atholos” interrotta per far luogo al solaio piano del talaiot: forme, entrambe, chesignificherebbero scarsa capacità costruttiva e traduzione alterata d’un modelloarchitettonico poco sentito perché non proprio. Ma, d’altra parte, non si puòignorare che il tipo del pilastro plurilitico allargato al sommo, caratteristico dellecamere talaiotiche rotonde o meno, riproducendo un tipo comune nel Mediter-raneo centrale ed occidentale fin dall’età del Bronzo recente – seconda metà delII millennio a.C. – può essere anche considerato sotto un profilo diverso, percultura e cronologia, da quello del pilastro e della colonna sorreggente la cupolapaleoetrusca. Da qui il problema accennato, che resta tuttora aperto.

Tenterò di spiegare la concordanza di torri megalitiche sarde e baleariche,quale appare anche dal tipo “a corridoio”.

Come è stato detto, in ordine allo stesso argomento, a proposito della somi-glianza di torri sarde e côrse, non v’è dubbio che la comunanza morfologica abbiaper base originaria lo stile architettonico a trilite del dolmen, monumento che, nelMediterraneo occidentale e centrale, evoluziona verso le forme “a corridoio”,già da tempi elevati dell’età del Bronzo. Questa alta antichità del tipo della tor-re “a corridoio” che noi non possiamo affermare nel concreto di esempi monu-mentali per la Sardegna e la Corsica, è provata invece, nelle Baleari, dal talaiotdi Ses Païsses (fig. 17, 2, tavv. CIV, 2, CV, 1-3), la cui stratigrafia costruttivaconsente di risalire alla fine del II millennio o al principio del I. Ma, nelle stesseBaleari, il tipo della torre “a corridoio” subisce una trasformazione tale che na-scono esempi della figura della torre di Santa Monica (fig. 17, 6), dove, a parteil persistere dello schema arcaico del “corridoio” di Ses Païsses (tema puramentemorfologico), la funzione dello stesso corridoio, qui provvisto di cellette-garettecome certi pseudonuraghi sardi, appare essere stata del tutto diversa da quelladel “passillo” del talaiot di Artà.

Parrebbe, dunque, di riconoscere nell’arcipelago balearico due stadi dellatorre “a corridoio”: uno antico, documentato dal talaiot di Ses Païsses, con cor-ridoio semplice; e l’altro recente, a corridoio con cellette-garette, esemplificatodal talaiot ibrido di Santa Monica. Lo stadio antico del Ses Païsses non lo co-nosciamo in Sardegna. Infatti il nuraghe Koròngiu Maria, che ricorda il SesPaïsses per la figura rotonda traversata al diametro dal corridoio, si distingue

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Finora però le analogie sono state rilevate su un piano piuttosto vago di ri-spondenze generali nella forma esterna rotonda e nella tecnica delle muratureerette con grandi pietre disposte a filari più o meno regolari e curati. Inoltre, nu-raghi e talaiots sono stati associati, almeno in qualche esempio, per la comunanzadell’aspetto interno della camera in essi contenuta, foggiata “a tholos”. Il confron-to delle strutture del paramento della torre antica del nuraghe S’Urdèlli-Gergèi(tav. CIII, 2) con quelle del talaiot di Sa Canova-Artà (tav. CIII, 1), ed i parti-colari dei muri esterni della torre principale del nuraghe Piscu-Suelli (tav. CIII,4) e del citato talaiot (tav. CIII, 3) che si rispondono pienamente, dimostrano,certo, un’aria di famiglia nelle due categorie di costruzioni insulari. Si devono,poi, ritenere valide le concordanze quanto all’uso della tholos ogivata, non per-ché si conoscano molti talaiots che ne mostrino un esempio sicuro nel concre-to, ma perché l’esistenza originaria della falsa volta nelle torri antiche balearicheè provata, più largamente, dal persistere per tradizione della forma nei “Pont deBestiar” (capanne per bestiame) moderni di Minorca (tav. CVI, 1). È da rileva-re, tuttavia, la grande differenza dell’impiego della tholos nel nuraghe e nel ta-laiot: nel primo normale ed assoluto, nel secondo del tutto eccezionale perquanto oggi se ne sa.

Un esame comparativo più attento delle due serie di costruzioni, reso possibi-le anche da recenti scoperte, consente un’individuazione più puntuale dei rappor-ti che ci interessano.

La fig. 16, 1-7 dimostra la evidente concordanza di schemi di piano di nu-raghi e talaiots: stessa camera semplice, ogivata forse anche nel talaiot, nel nura-ghe Mannu-Senis (1) e nel talaiot di Es Mestal-Mercadal (2); stessa camera acerchio sformato con cellette, nel nuraghe Funtana Spidu-Orròli (3) e nel ta-laiot di Torre Nova d’en Lozano-Ciudadela (4); stessa camera a stretta ellissilongitudinale, nel nuraghe Casteddu Joni-Ussàssai (5) e nel talaiot di Torre Vel-la d’en Lozano-Ciudadela (6). Non si tratta di pure coincidenze di forme sem-plici, dovute ad effetto d’ambiente similare ed al modo di costruire “megaliti-co”, perché le somiglianze si ripetono anche in forme meno consuete e piùelaborate.

È quanto spiega la fig. 17, 5-6. Qui, si hanno immagini planimetriche dinuraghi e talaiots del tipo “a corridoio”. Riscontri più stretti fra di loro presen-tano il nuraghe Koròngiu e Maria-Nurri (1) e il talaiot di Ses Païsses-Artà (2;tavv. CIV, 2, CV, 1-3), a causa del corridoio tabulato, che traversa diametral-mente l’intera torre rotonda (tav. CV, 1-3); il nuraghe Cùnculu-Scanu (3) e iltalaiot di Rafal Roig-Mercadal (4) per lo schema crociato degli anditi a solaiopiano internati nella massa circolare della costruzione; il nuraghe di Àidu Ar-bu-Bortigali (5) e il talaiot di Santa Monica-Mercadal (6), dove sembra di rico-noscersi un’ibridazione del tipo di edifizio “a tholos” con quello “a corridoio”.Si aggiunga la notata analogia di piano e di posizione della scala dietro un in-gresso esterno sopraelevato nel nuraghe Peppe Gallu-Uri (tav. LXXXIV, 1-2) enel talaiot di Fontredones de Baix-Mercadal (pp. 259-260).

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riappare nelle Puglie, nella “grande specchia” di Talene-Ceglie Messapica, monu-mento purtroppo di cronologia sconosciuta, ma certo antico. Quest’ultima non èuna coincidenza casuale, dovuta soltanto al determinismo ambientale (roccia cal-care, modo di costruire a megalito etc.), ma la somiglianza si affonda in un terre-no di affinità culturale che noi oggi non siamo in grado di valutare nel giustosenso ma che si intuisce come realmente esistita.

Ne fanno fede i tipi di costruzioni “subalterne”, rustiche, presenti ancora nelleBaleari e nelle Puglie, nell’area di questa regione a monumenti megalitici (menhirs,dolmens, tumuli). Si osservi l’impressionante simiglianza di figura e di struttura trail citato “Pont de Bestiar” di Minorca (tav. CVI, 1) ed il “trullo” di Calimera-Lecce(tav. CVI, 3); simili anche gli interni a cupola (tav. CVI, 2: “Pont de Bestiar” diCiudadela; tav. CVI, 4: trullo di Castrignano dei Greci-Lecce). I “Pont de Bestiar”derivano dai talaiots tipo Ses Païsses, i “trulli” (o “casedde”) sono l’imitazione con-tadinesca delle “specchie” antiche tipo Talene. Si tratta, nelle due serie di costruzio-ni moderne, di due esiti, uguali e paralleli, di comune discendenza da una vastaarea culturale a impronta “megalitica” e di senso mediterraneo estesa dalle Baleariall’estremo lembo del Mezzogiorno d’Italia e a paesi anche più orientali e meridio-nali. Di questa koiné, di cui si hanno pure altre testimonianze costruttive (torrigradonate a cupola della Tarragona-Spagna, del Languedoc-Francia, di Sibenic-Dalmazia, dell’isola di Lesina o Hvar etc.), la Sardegna e la Corsica costituironoforse il tratto d’unione, partecipandovi attivamente.

Un ultimo istruttivo raffronto vien fatto di istituire, fra nuraghe e talaiot,per come essi si presentano nel contesto e in funzione del villaggio.

Nella fig. 18, 1-4 sono messi a confronto diretto i piccoli aggregati di capan-ne, di civiltà nuragica montana, di Serbìssi-Osìni (1) e Scerì-Ilbono (3), e i “po-blados” talaiotici di Alfurinet-Ciutadela (2) e Els Antigors-Les Salines (4). Il dis-positivo topografico ed urbanistico è analogo: posizione su alture naturalidominanti, cerchia di mura megalitiche provvista o meno di torri nei punti sa-lienti e deboli del perimetro, con ingresso o ingressi vigilati da altre torri, le casedi abitazione entro il recinto fortificato e, sull’elevazione maggiore del villaggio,al centro o di lato, il nuraghe o il talaiot.

Certo, a determinare questa eloquente rispondenza topografica-urbanisticaavrà contribuito la comune necessità della difesa che cerca luoghi alti e li munisceracchiudendoli in robuste cinte murarie (vedasi anche il confronto fra il recintonuragico di Sa Urècci-Gùspini, tavv. LXXXVI-LXXXVII e la muraglia di SesPaïsses, tav. CV, 4; si ricordino pure i “castra” – villaggi fortificati circondati damura della civiltà indigena iberica). Ma l’impianto generale del centro abitato en-tro la linea curva dell’ellissi, la rotondità delle torri ed il profilo curveggiante dellecapanne, la disposizione irregolare e “libera” dei singoli elementi nel tessuto edili-zio pur esso disordinato e dissimmetrico, sono segni esteriori che traducono unostile di linea “mediterranea” ed uno spirito del pari “mediterraneo”, in cui sono dariconoscersi le vere causali della cennata analogia sardo-balearica.

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nettamente, accusando età molto meno remota, per il corridoio a garette e for-se a scala interna diretta al piano superiore, scala che, invece, a Ses Païsses staall’esterno, rivelando una concezione molto primitiva. Rivediamo, però, in Sar-degna lo stadio recente, con esempi di torri del tutto simili (fig. 12, 3-4).

Orbene, questa somiglianza nel tipo della torre “a corridoio” di stadio recen-te, visibile in esemplari sardi e balearici, trova conferma nella identità di notizie,applicabili e applicate alla particolare forma di edifizio, riferite per le popolazioniindigene sia della Sardegna sia delle Baleari, dagli scrittori antichi greco-romani.Al termine di «orùgmata» ricordato da Diodoro (IV, 30 e V, 15, 4: da Timeo-IVsecolo a.C.) per la Sardegna, corrispondono le denominazioni di «orùgmata» edi «upònomoi» (vie sotterranee), rifugi fortificati dei Balearici, menzionati dallostesso Diodoro (V, 17: pure da Timeo). E l’epitomatore Floro (I, 42), accennan-do alla resistenza degli indigeni di Maiorca al sopraggiungere dei Romani nel122 a.C., scrive che bisognò andare a scovarli nei «nascondigli», ciò che fecero imedesimi Romani con i Sardi montanari nel 231 a.C., andando a snidarli dairidotti sotterranei con l’aiuto di cani poliziotti (Pausania, X, 17; Zonara, VIII,18). In tutti i casi, le fonti alludono a costruzioni presentanti l’aspetto di “grotta”e “sotterranei”, connesse con una forma di resistenza militare sparsa e mobile,caratteristica della guerriglia, comune alle due popolazioni insulari.

Bisognerebbe ritenere l’intera documentazione storiografica sull’argomentofalsa e fantasiosa per escluderne il riferimento a situazioni militari obbiettive ead edifizi in concreto: in particolare alle torri “a corridoio” con garette, presentiin Sardegna e nelle Baleari.

In fondo, come fra i Sardi ed i Corsi, il similare tipo di costruzione dei Balearicivenne a nascere da una convergenza di necessità e da un costume militare comunedeterminatosi in speciali circostanze storiche fra i popoli “barbari” del Mediterra-neo. E ne fu facile e naturale l’applicazione e la divulgazione, in quanto la formulaarchitettonica, nella sua essenza, aveva origini remotissime ed era entrata nel gusto enello spirito tradizionale della civiltà e della società di quelle genti di sustrato medi-terraneo ed insulare. Al che si può aggiungere la possibilità di suggerimenti recipro-ci, facili fra Sardi e Corsi, difficili, ma non impossibili, fra Sardi e Balearici.

A p. 67 ho fatto cenno a nuraghi i quali, intorno al nucleo centrale roton-do, mostrano un robusto anello murario che, se in taluni esempi sale fino adavvolgere la sommità del tronco di cono, in altri si interrompe al disotto for-mando una terrazza (fig. 15, 3, tav. CIV, 1). Queste fodere murarie di rifasciosi osservano anche in costruzioni della Corsica (fig. 15, 4); e si rivedono, segna-late solo di recente, pure nei talaiots delle Baleari. Si tratta dunque d’un altroelemento che accomuna torri sarde, corse e baleariche.

Nelle Baleari, la sfoglia anulare servì, in qualche caso, per sistemarvi soprauna scala o rampa di salita al culmine della torre: lo dimostra con sicurezza iltalaiot di Ses Païsses (fig. 17, 2), in un’età, come è stato detto, molto remota.Né in Sardegna né in Corsica conosciamo finora un simile ritrovato che, però,

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riappare nelle Puglie, nella “grande specchia” di Talene-Ceglie Messapica, monu-mento purtroppo di cronologia sconosciuta, ma certo antico. Quest’ultima non èuna coincidenza casuale, dovuta soltanto al determinismo ambientale (roccia cal-care, modo di costruire a megalito etc.), ma la somiglianza si affonda in un terre-no di affinità culturale che noi oggi non siamo in grado di valutare nel giustosenso ma che si intuisce come realmente esistita.

Ne fanno fede i tipi di costruzioni “subalterne”, rustiche, presenti ancora nelleBaleari e nelle Puglie, nell’area di questa regione a monumenti megalitici (menhirs,dolmens, tumuli). Si osservi l’impressionante simiglianza di figura e di struttura trail citato “Pont de Bestiar” di Minorca (tav. CVI, 1) ed il “trullo” di Calimera-Lecce(tav. CVI, 3); simili anche gli interni a cupola (tav. CVI, 2: “Pont de Bestiar” diCiudadela; tav. CVI, 4: trullo di Castrignano dei Greci-Lecce). I “Pont de Bestiar”derivano dai talaiots tipo Ses Païsses, i “trulli” (o “casedde”) sono l’imitazione con-tadinesca delle “specchie” antiche tipo Talene. Si tratta, nelle due serie di costruzio-ni moderne, di due esiti, uguali e paralleli, di comune discendenza da una vastaarea culturale a impronta “megalitica” e di senso mediterraneo estesa dalle Baleariall’estremo lembo del Mezzogiorno d’Italia e a paesi anche più orientali e meridio-nali. Di questa koiné, di cui si hanno pure altre testimonianze costruttive (torrigradonate a cupola della Tarragona-Spagna, del Languedoc-Francia, di Sibenic-Dalmazia, dell’isola di Lesina o Hvar etc.), la Sardegna e la Corsica costituironoforse il tratto d’unione, partecipandovi attivamente.

Un ultimo istruttivo raffronto vien fatto di istituire, fra nuraghe e talaiot,per come essi si presentano nel contesto e in funzione del villaggio.

Nella fig. 18, 1-4 sono messi a confronto diretto i piccoli aggregati di capan-ne, di civiltà nuragica montana, di Serbìssi-Osìni (1) e Scerì-Ilbono (3), e i “po-blados” talaiotici di Alfurinet-Ciutadela (2) e Els Antigors-Les Salines (4). Il dis-positivo topografico ed urbanistico è analogo: posizione su alture naturalidominanti, cerchia di mura megalitiche provvista o meno di torri nei punti sa-lienti e deboli del perimetro, con ingresso o ingressi vigilati da altre torri, le casedi abitazione entro il recinto fortificato e, sull’elevazione maggiore del villaggio,al centro o di lato, il nuraghe o il talaiot.

Certo, a determinare questa eloquente rispondenza topografica-urbanisticaavrà contribuito la comune necessità della difesa che cerca luoghi alti e li munisceracchiudendoli in robuste cinte murarie (vedasi anche il confronto fra il recintonuragico di Sa Urècci-Gùspini, tavv. LXXXVI-LXXXVII e la muraglia di SesPaïsses, tav. CV, 4; si ricordino pure i “castra” – villaggi fortificati circondati damura della civiltà indigena iberica). Ma l’impianto generale del centro abitato en-tro la linea curva dell’ellissi, la rotondità delle torri ed il profilo curveggiante dellecapanne, la disposizione irregolare e “libera” dei singoli elementi nel tessuto edili-zio pur esso disordinato e dissimmetrico, sono segni esteriori che traducono unostile di linea “mediterranea” ed uno spirito del pari “mediterraneo”, in cui sono dariconoscersi le vere causali della cennata analogia sardo-balearica.

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I nuraghi

nettamente, accusando età molto meno remota, per il corridoio a garette e for-se a scala interna diretta al piano superiore, scala che, invece, a Ses Païsses staall’esterno, rivelando una concezione molto primitiva. Rivediamo, però, in Sar-degna lo stadio recente, con esempi di torri del tutto simili (fig. 12, 3-4).

Orbene, questa somiglianza nel tipo della torre “a corridoio” di stadio recen-te, visibile in esemplari sardi e balearici, trova conferma nella identità di notizie,applicabili e applicate alla particolare forma di edifizio, riferite per le popolazioniindigene sia della Sardegna sia delle Baleari, dagli scrittori antichi greco-romani.Al termine di «orùgmata» ricordato da Diodoro (IV, 30 e V, 15, 4: da Timeo-IVsecolo a.C.) per la Sardegna, corrispondono le denominazioni di «orùgmata» edi «upònomoi» (vie sotterranee), rifugi fortificati dei Balearici, menzionati dallostesso Diodoro (V, 17: pure da Timeo). E l’epitomatore Floro (I, 42), accennan-do alla resistenza degli indigeni di Maiorca al sopraggiungere dei Romani nel122 a.C., scrive che bisognò andare a scovarli nei «nascondigli», ciò che fecero imedesimi Romani con i Sardi montanari nel 231 a.C., andando a snidarli dairidotti sotterranei con l’aiuto di cani poliziotti (Pausania, X, 17; Zonara, VIII,18). In tutti i casi, le fonti alludono a costruzioni presentanti l’aspetto di “grotta”e “sotterranei”, connesse con una forma di resistenza militare sparsa e mobile,caratteristica della guerriglia, comune alle due popolazioni insulari.

Bisognerebbe ritenere l’intera documentazione storiografica sull’argomentofalsa e fantasiosa per escluderne il riferimento a situazioni militari obbiettive ead edifizi in concreto: in particolare alle torri “a corridoio” con garette, presentiin Sardegna e nelle Baleari.

In fondo, come fra i Sardi ed i Corsi, il similare tipo di costruzione dei Balearicivenne a nascere da una convergenza di necessità e da un costume militare comunedeterminatosi in speciali circostanze storiche fra i popoli “barbari” del Mediterra-neo. E ne fu facile e naturale l’applicazione e la divulgazione, in quanto la formulaarchitettonica, nella sua essenza, aveva origini remotissime ed era entrata nel gusto enello spirito tradizionale della civiltà e della società di quelle genti di sustrato medi-terraneo ed insulare. Al che si può aggiungere la possibilità di suggerimenti recipro-ci, facili fra Sardi e Corsi, difficili, ma non impossibili, fra Sardi e Balearici.

A p. 67 ho fatto cenno a nuraghi i quali, intorno al nucleo centrale roton-do, mostrano un robusto anello murario che, se in taluni esempi sale fino adavvolgere la sommità del tronco di cono, in altri si interrompe al disotto for-mando una terrazza (fig. 15, 3, tav. CIV, 1). Queste fodere murarie di rifasciosi osservano anche in costruzioni della Corsica (fig. 15, 4); e si rivedono, segna-late solo di recente, pure nei talaiots delle Baleari. Si tratta dunque d’un altroelemento che accomuna torri sarde, corse e baleariche.

Nelle Baleari, la sfoglia anulare servì, in qualche caso, per sistemarvi soprauna scala o rampa di salita al culmine della torre: lo dimostra con sicurezza iltalaiot di Ses Païsses (fig. 17, 2), in un’età, come è stato detto, molto remota.Né in Sardegna né in Corsica conosciamo finora un simile ritrovato che, però,

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

Page 94: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

del corpo aggiunto trilobato del nuraghe Santu Antìne (tavv. LIII-LIV), rievoca-no, a molta distanza di tempo, la suggestione, forse minore, delle gallerie orienta-le e meridionale della rocca di Tirinto. False gallerie con scalette tortuose, comenel nuraghe Tres Nuràxis B di Siddi, camminamenti coperti quali si presentanonella muraglia che recinge il santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri, riecheg-giano espedienti difensivi di Tirinto e di Micene, le cui cittadelle, erte e domi-nanti fra la protezione di elevate mura, trovano riscontri tardivi in complessi for-tificati su alte rupi precipiti della zona montuosa della Sardegna (vedi sopra, ivillaggi di Serbìssi e Scerì comparati con i “poblados” talaiotici).

La tradizione cretese-micenea si esprime anche in altre manifestazioni costrut-tive paleosarde. La forma del megaron è presente nel tempio megalitico montanodi Domu de Orgìa-Esterzìli (tav. CVII, 3); impressionante la sua rispondenzaicnografica col megaron I B di Troia (tav. CVII, 4). Nella fase recente del villag-gio di Barùmini, del V-IV secolo a.C., persiste ancora il tipo di abitazione cre-tese (embrione dell’anaktoron), di figura rotonda e con vani disposti radialmen-te attorno a un cortiletto centrale scoperto (tav. CVII, 1); le premesse sono aChamezi Sitia, in Creta, nella prima metà del II millennio a.C. (tav. CVII, 2).Non mancano infine altri elementi della vita spirituale e materiale della civiltànuragica (armi in bronzo, ceramiche, formule stilistiche nella plastica in bron-zo, motivi ideologico-religiosi etc.), i quali riflettono la cultura egea, con presti-ti da varie regioni del suo lungo e fecondo sviluppo (Creta, Cipro, Grecia con-tinentale etc.).

È stato scritto che il rifugio di Dèdalo in Sardegna rappresenta l’ultimo ten-tativo di salvezza della civiltà cretese in Occidente. A parte che le stesse consi-derazioni si potrebbero fare per le isole baleariche, ove pure si colgono echi diciviltà minoica, la tesi pare portata all’estremo. Ma vi è in essa un fondo di veri-tà, se la si intende limitata alla percezione non dell’intera civiltà, ma soltanto dialcuni elementi rifluiti dalla cultura egea micenica, e che trovano nella terra deinuraghi un ritiro periferico, una recessione marginale, un ridotto psicologicocon tutte le conseguenze di decadimento e recenziorità valevoli a produrre sif-fatti fenomeni di accantonamento culturale. In fondo, la componente orientalefinisce per diventare il residuo semplificato e imbastardito delle primitive acqui-sizioni del II millennio, fuori d’ogni prospettiva di tempo culturale in un’areache ha perduto il senso e la dimensione dei valori originari.

Siamo così giunti al termine di questo discorso sui nuraghi. Li abbiamo vi-sti in sé stessi, li abbiamo visti nelle loro relazioni insulari e mediterranee, comedocumenti di civiltà in cui agiscono i fermenti originali e personali dei Sardi edin cui pure si riflettono echi e suggerimenti di civiltà esterne, su un sustrato lar-gamente comunitario.

I nuraghi sono stati testimoni d’un lungo e vario corso storico delle gentisarde del mondo antico.

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I nuraghi

La quale, in definitiva, intravvedibile da noi, ormai lontani, per parziali ele-menti, era abbastanza chiara agli antichi, vicini se non contemporanei di quellegenti insulari, tanto che essi potevano scrivere, tramandandocene il sunto, sui nonpochi modi di vita e di costume comuni ai costruttori dei nuraghi e dei talaiots.

3) I nuraghi e la componente cretese-micenea.Ho già detto che gli storiografi ellenistici (e specialmente Timeo di Taormina

che ne fu autore ascoltato), nel riferire per soli accenni sulla civiltà architettonica deiSardi nuragici, riconoscendone le forme «fatte all’arcaico modo ellenico» (Ps. Arist.,de mir. ausc., 100), ne affermano, per la prima volta, una discendenza iconografica eun’influenza culturale egea, o micenea o protogreca (è noto che, oggi, la decifrazio-ne della scrittura lineare minoica permette di vedere nella cultura achea-micenicauna cultura greca antica). Ho detto che, fra le numerose manifestazioni costruttive,alle tholoi in specie (e cioè ai nuraghi) quegli Autori offrono nomi: i nomi degli eroiAristeo e Iolào, ed il nome dell’artista Dedalo.

I nomi degli eroi adombrano un aspetto politico e sociale della realtà storicasarda nella prima metà del I millennio a.C., che conserva il fondo del reggimentomonarchico-teocratico (sia pure con aspirazioni democratiche) di tipo cretese delmillennio precedente, e denunziano residui di cultura egea in Sardegna. Questetracce sono suggerite anche dal ricordo della tomba di Iolào che si trasforma intempio, particolare che ricalca quello della tomba-tempio del “Vanax” Minos aCàmico in Sicilia (Diod., IV, 79, 3-4). In Dedalo, fuggito da Càmico in Sarde-gna, e, quivi, fattosi costruttore di edifici detti daidàleia – forse i «dadareio» deitesti egei – si riassumono il “genio” e l’aspetto architettonico della civiltà protosar-da. In esso anche si ravvisa un ulteriore elemento della leggenda cretese, estesadalla Sicilia alla Sardegna secondo un ordine geografico e cronologico che indicale tappe successive di un movimento di popoli egei sulle rotte marine che condu-cono all’Occidente mediterraneo. In definitiva, dalla tradizione letteraria si desu-me che nella struttura “civile” della Sardegna al tempo dei nuraghi esista unacomponente cretese-micenea per quanto si voglia decaduta alterata ed attardata.

Questa componente si manifesta altresì nella forma essenziale e in particola-ri tecnici costruttivi del nuraghe.

Il ritmo della bella tholos del nuraghe Su Ìdili o Is Paras di Isili (tav. XXV, 1),se partecipa dello schema fondamentale delle false cupole mediterranee e del Vi-cino Oriente con esempi antichissimi (Creta, Cipro, Irak etc.: III millennio a.C.),ripete, più da vicino, il respiro ampio delle fastose e splendide tholoi achee pelo-ponnesiache della seconda metà del II millennio a.C. Le aperture di scarico sul-l’architrave della porta del secondo piano del nuraghe Oes di Torralba (tav.XXXVIII, 1) e sugli architravi dei nicchioni nella tholos primitiva del Santu Antì-ne (tav. XLV), ricordano quelle dell’architrave dell’ingresso alla cella laterale del“Tesoro di Atreo”, e il triangolo di scarico della porta dei Leoni di Micene. Nellastruttura, nella sezione, nel gioco alterno di luci ed ombre, i corridoi perimetrali

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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del corpo aggiunto trilobato del nuraghe Santu Antìne (tavv. LIII-LIV), rievoca-no, a molta distanza di tempo, la suggestione, forse minore, delle gallerie orienta-le e meridionale della rocca di Tirinto. False gallerie con scalette tortuose, comenel nuraghe Tres Nuràxis B di Siddi, camminamenti coperti quali si presentanonella muraglia che recinge il santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri, riecheg-giano espedienti difensivi di Tirinto e di Micene, le cui cittadelle, erte e domi-nanti fra la protezione di elevate mura, trovano riscontri tardivi in complessi for-tificati su alte rupi precipiti della zona montuosa della Sardegna (vedi sopra, ivillaggi di Serbìssi e Scerì comparati con i “poblados” talaiotici).

La tradizione cretese-micenea si esprime anche in altre manifestazioni costrut-tive paleosarde. La forma del megaron è presente nel tempio megalitico montanodi Domu de Orgìa-Esterzìli (tav. CVII, 3); impressionante la sua rispondenzaicnografica col megaron I B di Troia (tav. CVII, 4). Nella fase recente del villag-gio di Barùmini, del V-IV secolo a.C., persiste ancora il tipo di abitazione cre-tese (embrione dell’anaktoron), di figura rotonda e con vani disposti radialmen-te attorno a un cortiletto centrale scoperto (tav. CVII, 1); le premesse sono aChamezi Sitia, in Creta, nella prima metà del II millennio a.C. (tav. CVII, 2).Non mancano infine altri elementi della vita spirituale e materiale della civiltànuragica (armi in bronzo, ceramiche, formule stilistiche nella plastica in bron-zo, motivi ideologico-religiosi etc.), i quali riflettono la cultura egea, con presti-ti da varie regioni del suo lungo e fecondo sviluppo (Creta, Cipro, Grecia con-tinentale etc.).

È stato scritto che il rifugio di Dèdalo in Sardegna rappresenta l’ultimo ten-tativo di salvezza della civiltà cretese in Occidente. A parte che le stesse consi-derazioni si potrebbero fare per le isole baleariche, ove pure si colgono echi diciviltà minoica, la tesi pare portata all’estremo. Ma vi è in essa un fondo di veri-tà, se la si intende limitata alla percezione non dell’intera civiltà, ma soltanto dialcuni elementi rifluiti dalla cultura egea micenica, e che trovano nella terra deinuraghi un ritiro periferico, una recessione marginale, un ridotto psicologicocon tutte le conseguenze di decadimento e recenziorità valevoli a produrre sif-fatti fenomeni di accantonamento culturale. In fondo, la componente orientalefinisce per diventare il residuo semplificato e imbastardito delle primitive acqui-sizioni del II millennio, fuori d’ogni prospettiva di tempo culturale in un’areache ha perduto il senso e la dimensione dei valori originari.

Siamo così giunti al termine di questo discorso sui nuraghi. Li abbiamo vi-sti in sé stessi, li abbiamo visti nelle loro relazioni insulari e mediterranee, comedocumenti di civiltà in cui agiscono i fermenti originali e personali dei Sardi edin cui pure si riflettono echi e suggerimenti di civiltà esterne, su un sustrato lar-gamente comunitario.

I nuraghi sono stati testimoni d’un lungo e vario corso storico delle gentisarde del mondo antico.

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I nuraghi

La quale, in definitiva, intravvedibile da noi, ormai lontani, per parziali ele-menti, era abbastanza chiara agli antichi, vicini se non contemporanei di quellegenti insulari, tanto che essi potevano scrivere, tramandandocene il sunto, sui nonpochi modi di vita e di costume comuni ai costruttori dei nuraghi e dei talaiots.

3) I nuraghi e la componente cretese-micenea.Ho già detto che gli storiografi ellenistici (e specialmente Timeo di Taormina

che ne fu autore ascoltato), nel riferire per soli accenni sulla civiltà architettonica deiSardi nuragici, riconoscendone le forme «fatte all’arcaico modo ellenico» (Ps. Arist.,de mir. ausc., 100), ne affermano, per la prima volta, una discendenza iconografica eun’influenza culturale egea, o micenea o protogreca (è noto che, oggi, la decifrazio-ne della scrittura lineare minoica permette di vedere nella cultura achea-micenicauna cultura greca antica). Ho detto che, fra le numerose manifestazioni costruttive,alle tholoi in specie (e cioè ai nuraghi) quegli Autori offrono nomi: i nomi degli eroiAristeo e Iolào, ed il nome dell’artista Dedalo.

I nomi degli eroi adombrano un aspetto politico e sociale della realtà storicasarda nella prima metà del I millennio a.C., che conserva il fondo del reggimentomonarchico-teocratico (sia pure con aspirazioni democratiche) di tipo cretese delmillennio precedente, e denunziano residui di cultura egea in Sardegna. Questetracce sono suggerite anche dal ricordo della tomba di Iolào che si trasforma intempio, particolare che ricalca quello della tomba-tempio del “Vanax” Minos aCàmico in Sicilia (Diod., IV, 79, 3-4). In Dedalo, fuggito da Càmico in Sarde-gna, e, quivi, fattosi costruttore di edifici detti daidàleia – forse i «dadareio» deitesti egei – si riassumono il “genio” e l’aspetto architettonico della civiltà protosar-da. In esso anche si ravvisa un ulteriore elemento della leggenda cretese, estesadalla Sicilia alla Sardegna secondo un ordine geografico e cronologico che indicale tappe successive di un movimento di popoli egei sulle rotte marine che condu-cono all’Occidente mediterraneo. In definitiva, dalla tradizione letteraria si desu-me che nella struttura “civile” della Sardegna al tempo dei nuraghi esista unacomponente cretese-micenea per quanto si voglia decaduta alterata ed attardata.

Questa componente si manifesta altresì nella forma essenziale e in particola-ri tecnici costruttivi del nuraghe.

Il ritmo della bella tholos del nuraghe Su Ìdili o Is Paras di Isili (tav. XXV, 1),se partecipa dello schema fondamentale delle false cupole mediterranee e del Vi-cino Oriente con esempi antichissimi (Creta, Cipro, Irak etc.: III millennio a.C.),ripete, più da vicino, il respiro ampio delle fastose e splendide tholoi achee pelo-ponnesiache della seconda metà del II millennio a.C. Le aperture di scarico sul-l’architrave della porta del secondo piano del nuraghe Oes di Torralba (tav.XXXVIII, 1) e sugli architravi dei nicchioni nella tholos primitiva del Santu Antì-ne (tav. XLV), ricordano quelle dell’architrave dell’ingresso alla cella laterale del“Tesoro di Atreo”, e il triangolo di scarico della porta dei Leoni di Micene. Nellastruttura, nella sezione, nel gioco alterno di luci ed ombre, i corridoi perimetrali

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

Page 96: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

Bibliografia

Sui nuraghi esiste un’ampia e varia bibliografia, che acquista interesse e im-portanza maggiore quanto più si fa vicina a noi. A volerne accennare il carattere,si rileva che esso cambia col mutare dei secoli in cui si è venuta formando e, gra-datamente, arricchendo. Dalle prime fuggevoli notizie dell’Arquer e del Fara,suggerite dall’attitudine erudita e culturale del secolo XVI, attraverso le “fanta-sticherie” baroccheggianti dei secoli XVII e XVIII e dopo l’attenzione dell’ar-cheologia “romantica” del secolo XIX, si passa alla letteratura riflessa e scientificad’oggi per cui la “nuragologia” è diventata una vera e propria disciplina di ricer-ca e d’insegnamento.

Questo cammino si può ben rifare sulla traccia di numerosi scritti e pubbli-cazioni di impegno diverso; e il rifarlo risulta utile non soltanto per illustrarel’argomento specifico dei nuraghi, ma anche per delineare un certo profilo pro-gressivo di pensiero e di cultura più generale in Sardegna, che si ricostruisce at-traverso l’interesse acuto e diffuso in ogni tempo (e soprattutto in periodo piùrecente) per quello che fu – e resta ancora – il fatto monumentale più “clamo-roso” della storia isolana. Ritessere e comporre insieme i motivi molteplici, ta-lora coloriti, di questa letteratura si può bene; ma non lo si fa presentando que-sta bibliografia che, a voler esser critica, dovrebbe prendere numerose pagine odiventare materia di trattazione estesa e precisa, mentre l’economia del libronon consente di esser turbata da una esposizione specifica che assume il valoredi vero e proprio «contenuto» a sé stante.

Perciò qui si presenta un elenco bibliografico della letteratura scientifica omeno sui nuraghi, completo per i secoli dal XVI al XIX, limitato invece allepubblicazioni di maggiore incidenza e di particolare rilievo per il secolo XX.Questa distinzione la si capisce pensando che la difficoltà di trovare i dati bi-bliografici dal ’500 all’800 (talvolta consegnati a scritti di contrattissima diffu-sione e rintracciabili in Biblioteche locali quando non sono desunti da mano-scritti) diminuisce nei nostri tempi; e che uno è il valore della bibliografia deisecoli anteriori al ’900, ormai diventata oggetto di riflessione storico-culturale,altro il significato della bibliografia contemporanea sui nuraghi che, per esserviva e per pretendere a un fine critico, va presa e presentata con speciale discer-nimento e con corretto criterio selettivo.

SECOLO XVIS. Arquer, “Sardiniae brevis historia et descriptio tabula chorographica insulaeac metropolis illustrata”, in S. Münster, Cosmographia Universalis, ed. 1550

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Hanno dapprima conosciuto i fatti culturali connessi con i movimenti delcommercio egeo verso l’Occidente, fino nella lontana Inghilterra, nei secoli XV-XIV a.C.; e, poi, sul declinare del II millennio sono stati forse partecipi degli avve-nimenti legati alla dispersione delle genti achee ed asiatiche, ai quali sembra nonesser stata completamente estranea la Sardegna, se prestiamo fede a fonti antiche.

Nei primi secoli dell’età del Ferro (X-IX secolo a.C.), sfuggiti all’assalto dellegrandi invasioni indoeuropee, ed in particolare a quella dei Celti, che arianizza-rono l’Occidente, i nuraghi conobbero i rapporti amichevoli con le popolazioni“villanoviane” della Penisola italica, con i popoli protoetruschi, e gli approcci in-sidiosi con i primi nuclei di Fenici. Sono i tempi in cui fu dato alle popolazioniindigene di antica residenza e ai gruppi etnici di nuova recente provenienzaorientale – usi alla guerra – di sviluppare, in favorevoli condizioni, le premessestorico-culturali della fine del II millennio a.C. È in questo periodo che, forse, laciviltà nuragica sognò miraggi di conquista esterna e anche, non è improbabile,tentò delle infiltrazioni etnico-culturali nell’arcipelago balearico ed in Etruria.

Più tardi, nel corso dell’VIII-VI secolo a.C., le torri nuragiche furono oggettod’un enorme sforzo costruttivo militare, dovuto al sostituirsi alle mire di conqui-sta delle preoccupazioni di difesa per l’aumentare dei pericoli interni nella lottatribale e per il precisarsi di quelli esterni: prime profonde colonizzazioni semiti-che; programmi greci non evasi; lusinghe iberico-tartessiche etc. Ma, alla fine delVI secolo a.C., i nuraghi delle regioni strategiche situati a protezione delle capitalidei piccoli reami indigeni, vengono investiti dall’urto delle truppe cartaginesi e,cedendo agli assedi prolungati del nemico, dopo alterne vicende, sono presi e di-strutti coinvolgendo, con la loro caduta, anche quella degli staterelli relativi.

L’ultimo capitolo di storia delle torri nuragiche rievoca i fatti della resistenza suimonti attraverso la nuova forma del nuraghe “a corridoio”: prima contro il progre-dire degli attacchi occasionali dei Cartaginesi nel corso del V-IV secolo a.C., e poicontro i Romani a cominciare dal 238 a.C.

Nel III secolo a.C. avvenne il crollo definitivo delle fortezze nuragiche edella civiltà che le aveva espresse. La grande “carica” storica del periodo dell’a-pogeo, le manifestazioni architettonicamente complesse e colossali del bel tem-po, diventarono, allora, un pallido ricordo, una sensazione di grandezza passatasempre più evanescente e dolorosa; forse anche destavano un impulso passegge-ro di orgogliosa ed inutile rivincita ideale.

Ma già sulla fine della Repubblica, i “Barbari” costruttori di nuraghi, o per buo-na disposizione o per necessità, si rendevano sensibili, per quanto non totalmente, al-la spiritualità e alla cultura del nuovo e potente conquistatore romano. L’antica venaculturale, però, seguitò a correre per canali nascosti e ancor oggi, di tanto in tanto,affiora, nei luoghi più remoti e negli strati più conservativi e puri, come sottile sensa-zione di valori che non hanno perduto ogni efficacia storica e rappresentano, se sa-puti rivivere in nuove e impegnative esperienze, elementi di vita e di progresso civile.

Giovanni Lilliu

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Bibliografia

Sui nuraghi esiste un’ampia e varia bibliografia, che acquista interesse e im-portanza maggiore quanto più si fa vicina a noi. A volerne accennare il carattere,si rileva che esso cambia col mutare dei secoli in cui si è venuta formando e, gra-datamente, arricchendo. Dalle prime fuggevoli notizie dell’Arquer e del Fara,suggerite dall’attitudine erudita e culturale del secolo XVI, attraverso le “fanta-sticherie” baroccheggianti dei secoli XVII e XVIII e dopo l’attenzione dell’ar-cheologia “romantica” del secolo XIX, si passa alla letteratura riflessa e scientificad’oggi per cui la “nuragologia” è diventata una vera e propria disciplina di ricer-ca e d’insegnamento.

Questo cammino si può ben rifare sulla traccia di numerosi scritti e pubbli-cazioni di impegno diverso; e il rifarlo risulta utile non soltanto per illustrarel’argomento specifico dei nuraghi, ma anche per delineare un certo profilo pro-gressivo di pensiero e di cultura più generale in Sardegna, che si ricostruisce at-traverso l’interesse acuto e diffuso in ogni tempo (e soprattutto in periodo piùrecente) per quello che fu – e resta ancora – il fatto monumentale più “clamo-roso” della storia isolana. Ritessere e comporre insieme i motivi molteplici, ta-lora coloriti, di questa letteratura si può bene; ma non lo si fa presentando que-sta bibliografia che, a voler esser critica, dovrebbe prendere numerose pagine odiventare materia di trattazione estesa e precisa, mentre l’economia del libronon consente di esser turbata da una esposizione specifica che assume il valoredi vero e proprio «contenuto» a sé stante.

Perciò qui si presenta un elenco bibliografico della letteratura scientifica omeno sui nuraghi, completo per i secoli dal XVI al XIX, limitato invece allepubblicazioni di maggiore incidenza e di particolare rilievo per il secolo XX.Questa distinzione la si capisce pensando che la difficoltà di trovare i dati bi-bliografici dal ’500 all’800 (talvolta consegnati a scritti di contrattissima diffu-sione e rintracciabili in Biblioteche locali quando non sono desunti da mano-scritti) diminuisce nei nostri tempi; e che uno è il valore della bibliografia deisecoli anteriori al ’900, ormai diventata oggetto di riflessione storico-culturale,altro il significato della bibliografia contemporanea sui nuraghi che, per esserviva e per pretendere a un fine critico, va presa e presentata con speciale discer-nimento e con corretto criterio selettivo.

SECOLO XVIS. Arquer, “Sardiniae brevis historia et descriptio tabula chorographica insulaeac metropolis illustrata”, in S. Münster, Cosmographia Universalis, ed. 1550

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Hanno dapprima conosciuto i fatti culturali connessi con i movimenti delcommercio egeo verso l’Occidente, fino nella lontana Inghilterra, nei secoli XV-XIV a.C.; e, poi, sul declinare del II millennio sono stati forse partecipi degli avve-nimenti legati alla dispersione delle genti achee ed asiatiche, ai quali sembra nonesser stata completamente estranea la Sardegna, se prestiamo fede a fonti antiche.

Nei primi secoli dell’età del Ferro (X-IX secolo a.C.), sfuggiti all’assalto dellegrandi invasioni indoeuropee, ed in particolare a quella dei Celti, che arianizza-rono l’Occidente, i nuraghi conobbero i rapporti amichevoli con le popolazioni“villanoviane” della Penisola italica, con i popoli protoetruschi, e gli approcci in-sidiosi con i primi nuclei di Fenici. Sono i tempi in cui fu dato alle popolazioniindigene di antica residenza e ai gruppi etnici di nuova recente provenienzaorientale – usi alla guerra – di sviluppare, in favorevoli condizioni, le premessestorico-culturali della fine del II millennio a.C. È in questo periodo che, forse, laciviltà nuragica sognò miraggi di conquista esterna e anche, non è improbabile,tentò delle infiltrazioni etnico-culturali nell’arcipelago balearico ed in Etruria.

Più tardi, nel corso dell’VIII-VI secolo a.C., le torri nuragiche furono oggettod’un enorme sforzo costruttivo militare, dovuto al sostituirsi alle mire di conqui-sta delle preoccupazioni di difesa per l’aumentare dei pericoli interni nella lottatribale e per il precisarsi di quelli esterni: prime profonde colonizzazioni semiti-che; programmi greci non evasi; lusinghe iberico-tartessiche etc. Ma, alla fine delVI secolo a.C., i nuraghi delle regioni strategiche situati a protezione delle capitalidei piccoli reami indigeni, vengono investiti dall’urto delle truppe cartaginesi e,cedendo agli assedi prolungati del nemico, dopo alterne vicende, sono presi e di-strutti coinvolgendo, con la loro caduta, anche quella degli staterelli relativi.

L’ultimo capitolo di storia delle torri nuragiche rievoca i fatti della resistenza suimonti attraverso la nuova forma del nuraghe “a corridoio”: prima contro il progre-dire degli attacchi occasionali dei Cartaginesi nel corso del V-IV secolo a.C., e poicontro i Romani a cominciare dal 238 a.C.

Nel III secolo a.C. avvenne il crollo definitivo delle fortezze nuragiche edella civiltà che le aveva espresse. La grande “carica” storica del periodo dell’a-pogeo, le manifestazioni architettonicamente complesse e colossali del bel tem-po, diventarono, allora, un pallido ricordo, una sensazione di grandezza passatasempre più evanescente e dolorosa; forse anche destavano un impulso passegge-ro di orgogliosa ed inutile rivincita ideale.

Ma già sulla fine della Repubblica, i “Barbari” costruttori di nuraghi, o per buo-na disposizione o per necessità, si rendevano sensibili, per quanto non totalmente, al-la spiritualità e alla cultura del nuovo e potente conquistatore romano. L’antica venaculturale, però, seguitò a correre per canali nascosti e ancor oggi, di tanto in tanto,affiora, nei luoghi più remoti e negli strati più conservativi e puri, come sottile sensa-zione di valori che non hanno perduto ogni efficacia storica e rappresentano, se sa-puti rivivere in nuove e impegnative esperienze, elementi di vita e di progresso civile.

Giovanni Lilliu

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historique sur les temples du Feu mentionnés dans la Bible”, in Annales de Philo-sophie chrétienne, n. 79, t. XIV, p. 27 ss.; M. Valery, Voyages en Corse, a l’île d’Elbeet en Sardaigne, Paris 1837, t. II, pp. 50 s., 89, 115, 142, 305; V. Angius, in Bi-blioteca Sarda, dic. 1838, fasc. 3, p. 93 s., gennaio 1839, fasc. 4, pp. 139-143,168-178, maggio 1839, fasc. 8, pp. 335, 341, 377 (ripetuto in articolo “Nura-ghi” nel Dizionario geografico storico-statistico, commerciale degli Stati di S.M. il Redi Sardegna di Goffredo Casalis, Torino 1843, vol. XII, pp. 706-713); Peyron, ci-tato in A. Lamarmora (v.) a p. 123 s.; A. De La Marmora, Voyage en Sardaigne oudescription statistique, physique et politique de cette île avec des recherches sur ses pro-ductions naturelles et ses antiquités, s.p. (Antiquités), Paris-Turin 1840, pp. 9 ss.,36-158, 550-564, Atlas pl. III, I-Ibis, V-XIV, XV, 2; N. Gavino, in La Meteora, I,n. 1, 1843; E. Gerhard, Ueber die Kunst der Phoenicier, 1846, p. 6, t. II, ristampain Gesammelte Akademische Abhandlungen, Berlin 1866, pl. XLI, XLIV-XLV; G.De Gregory, Isola di Sardegna, traduzione di A.F. Falconetti, Venezia 1847, p. 5s.; P. Martini, Nuove Pergamene d’Arborea, vol. I, Cagliari 1849, pp. 59, 64 ss.;J.W. Tyndale, The Island of Sardinia including pictures of the manners and customsof the Sardinians and notes on the antiquities and modern objects of interest in theIsland, I, London 1849, pp. 109-139, 147; G. De Ferrari, Sopra i Norachi dell’Iso-la di Sardegna, dissertazione letta nella Pontificia Accademia romana di Archeologia li12 giugno 1852, pp. 191-198; G. Spano, I Nuraghi della Sardegna del CanonicoGiovanni Spano o Memoria sopra i Nuraghi della Sardegna, Cagliari 1854, pp. 8-49; B. Bellini, Sopra i nuraghi di Sardegna (Carme di B.B.), Cagliari 1855, p. 5; P.Martini, Compendio della Storia di Sardegna, Cagliari 1855, p. 5 (ed. V, 1878, p.5 s.); J.F. Neigebaur, Die Insel Sardinien-Geschichtliche Entwiclung der Gegenwär-tigen zustände derselben in ihrer Verbindung mit Italien, Leipzig 1855, pp. 11,292-298; S. Cocco, I Nur-hag in Sardegna. Riflessi del Sacerdote Rettore S.C., Ca-gliari 1856, pp. 5-9; A. Campus, Osservazioni sulla Sardegna, avanti il dominiodei Romani, Cagliari 1857, pp. 34, 42; Th. Forester, Rambles in The Islands of Cor-sica and Sardinia, London 1858, pp. 379-405; A. Messner, Durch Sardinien Bil-der von Festland und Insel, Leipzig 1859, p. 173; E.L. Tocco, Opinioni sulle anti-chità della Sardegna, Cagliari 1860, pp. 15, 22 s., 30, 34 ss., 50 ss.; A. De LaMarmora, Itinéraire de l’île de Sardaigne, Turin, 1860, I, pp. 207, 228 s., 236 s.,243, 245, 253, 304, 320 s., 355, 369 s., 380, 383, 394, 402, 420, 439, 443 s.,449, 467 s., 471, 481, 572, II, pp. 49, 74, 123-126, 129, 132, 135-138, 140,145, 212, 218, 222 s., 248 s., 280 s., 297 s., 300-302, 310, 317, 438; A. Meloni,Discorso accademico della importanza dell’archeologia, Cagliari 1861, p. 29; P. Tola,Codex Diplomaticus Sardiniae, Torino 1861, t. I, p. 23 col. 1, p. 25 col. 1; A. Bre-sciani, Dei costumi dell’isola di Sardegna comparati cogli antichissimi popoli orienta-li, Napoli 1861, pp. 186-210; E. Marongiu Nurra, Considerazioni filologiche in-torno ai nuraghi lette nell’Accademia di Sàssari dal Can. D.E.M.M. al suo tornonell’anno 1840, Roma 1861, p. 8 ss.; A. Mazzoldi, Prolegomeni alla Storia d’Italiain continuazione delle Origini italiche, Milano 1862, p. 329; J.F. Neigebaur, “Die

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Bibliografia

(1558), p. 5 della ristampa del 1738, Torino; G.F. Fara, De Rebus Sardois, lib. I,1580 (ed. Angius, 1838, p. 5) e Chorographia Sardiniae, 1580-1591 (ed. An-gius, 1838, l. II, p. 112 s.).

SECOLO XVIID. Serpi, Chronica de los Santos de Sardeña, Barcelona 1600, l. I, cap. XLVII, p.82 s.; M. Carillo, Relacion al Rey don Philipe del nombre, sitio, planta, conquistas,christianidad, fertilidad, ciudades, lugares y govierno del Reyno de Sardeña, Barce-lona 1612, p. 15; S. Vidal, Annales Sardiniae, Florentiae 1639, pars I, pp. 35,52; F. De Vico, Historia general de la Isla y Reyno de Sardeña, Barcelona 1639,parte I, cap. XV, 63, parte II, cap. III, 4-6; G. Pinto (o Pintus), Christus Cruci-fixus, Lugduni 1644, t. II, l. VI, t. I, l. III, p. 16.

SECOLO XVIIIG.P. Nurra, Quae supersunt ad Sardiniae Historiam pertinentia, manoscritto del-la Biblioteca Universitaria di Cagliari (fondo Baylle), 1708, t. I, pp. 23, 25 e25v, 111v, 113 e 113v; S. Stefanini, De veteribus Sardiniae laudibus oratio habitaIV non. septembris, 1773, pp. 9-12; F. Cetti, Storia naturale della Sardegna, Sàs-sari 1774, t. I, p. 201 s.; M. Madao, Dissertazioni storiche apologetiche critichedelle sarde antichità, Cagliari 1792, t. I, pp. 8, 11, 13-19.

SECOLO XIXA.M. Urgias, Notizie compendiose sulla Sardegna ad uso della gioventù, Genova1815, p. 35; F. Münter, Religion de Carthaginois, Copenhague 1821, p. 8 eSendschreiben ueber einige sardische Idole, Copenhague 1822, p. 10, nota 19; G.A.Arri, Lapide fenicia di Nora in Sardegna, Torino 1824, p. 7 ss.; G. Manno, Storiadi Sardegna, Torino 1825, t. I, p. 12 ss.; M. Mimaut, Histoire de Sardaigne ou laSardaigne ancienne et moderne, Paris 1825, t. II, c. VIII, p. 379 ss.; L.C.F. PetitRadel, Notice sur les nuraghes de la Sardaigne considérés dans leurs rapports avec lesrésultats des recherches sur les monumens cyclopéens ou pélasgiques, Paris 1826, p. 21ss.; C. De Saint-Severin, Souvenirs d’un séjour en Sardaigne pendant les années1821 et 1822 ou Notice sur cette Ile, Lyon 1827, p. 50 ss.; W.H. Smyth, Sketch ofthe present state of the Island of Sardinia, London 1828, pp. 4 ss., 290, 320; G.Floris, Componimento topografico storico dell’Isola di Sardegna (manoscritto dellaBiblioteca Universitaria di Cagliari, con data 1829), parte II, t. II, pp. 23, 51-69;G. Micali, Storia degli antichi popoli italici, 1832, t. II, p. 46 s. (2a ed., 1849, II,p. 43 ss.); Inghirami, “Di alcuni toli sepolcrali, edificati dagli Etruschi nell’anticanecropoli di Volterra, non veduti finora in Etruria, con alcune osservazioni sull’o-pera di M. Petit Radel, relativa alle Nuraghe di Sardegna”, in Annales de l’Institutde correspondance archéologique de Roma, 1832, p. 20 ss.; G.A. Arri, Lettera diGiannantonio Arri al Chiarissimo Cavaliere Alberto della Marmora intorno ai Nurhagdella Sardegna, Torino, 10 luglio 1835, p. 3 ss.; G.A. Arri, “Essai philologique et

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historique sur les temples du Feu mentionnés dans la Bible”, in Annales de Philo-sophie chrétienne, n. 79, t. XIV, p. 27 ss.; M. Valery, Voyages en Corse, a l’île d’Elbeet en Sardaigne, Paris 1837, t. II, pp. 50 s., 89, 115, 142, 305; V. Angius, in Bi-blioteca Sarda, dic. 1838, fasc. 3, p. 93 s., gennaio 1839, fasc. 4, pp. 139-143,168-178, maggio 1839, fasc. 8, pp. 335, 341, 377 (ripetuto in articolo “Nura-ghi” nel Dizionario geografico storico-statistico, commerciale degli Stati di S.M. il Redi Sardegna di Goffredo Casalis, Torino 1843, vol. XII, pp. 706-713); Peyron, ci-tato in A. Lamarmora (v.) a p. 123 s.; A. De La Marmora, Voyage en Sardaigne oudescription statistique, physique et politique de cette île avec des recherches sur ses pro-ductions naturelles et ses antiquités, s.p. (Antiquités), Paris-Turin 1840, pp. 9 ss.,36-158, 550-564, Atlas pl. III, I-Ibis, V-XIV, XV, 2; N. Gavino, in La Meteora, I,n. 1, 1843; E. Gerhard, Ueber die Kunst der Phoenicier, 1846, p. 6, t. II, ristampain Gesammelte Akademische Abhandlungen, Berlin 1866, pl. XLI, XLIV-XLV; G.De Gregory, Isola di Sardegna, traduzione di A.F. Falconetti, Venezia 1847, p. 5s.; P. Martini, Nuove Pergamene d’Arborea, vol. I, Cagliari 1849, pp. 59, 64 ss.;J.W. Tyndale, The Island of Sardinia including pictures of the manners and customsof the Sardinians and notes on the antiquities and modern objects of interest in theIsland, I, London 1849, pp. 109-139, 147; G. De Ferrari, Sopra i Norachi dell’Iso-la di Sardegna, dissertazione letta nella Pontificia Accademia romana di Archeologia li12 giugno 1852, pp. 191-198; G. Spano, I Nuraghi della Sardegna del CanonicoGiovanni Spano o Memoria sopra i Nuraghi della Sardegna, Cagliari 1854, pp. 8-49; B. Bellini, Sopra i nuraghi di Sardegna (Carme di B.B.), Cagliari 1855, p. 5; P.Martini, Compendio della Storia di Sardegna, Cagliari 1855, p. 5 (ed. V, 1878, p.5 s.); J.F. Neigebaur, Die Insel Sardinien-Geschichtliche Entwiclung der Gegenwär-tigen zustände derselben in ihrer Verbindung mit Italien, Leipzig 1855, pp. 11,292-298; S. Cocco, I Nur-hag in Sardegna. Riflessi del Sacerdote Rettore S.C., Ca-gliari 1856, pp. 5-9; A. Campus, Osservazioni sulla Sardegna, avanti il dominiodei Romani, Cagliari 1857, pp. 34, 42; Th. Forester, Rambles in The Islands of Cor-sica and Sardinia, London 1858, pp. 379-405; A. Messner, Durch Sardinien Bil-der von Festland und Insel, Leipzig 1859, p. 173; E.L. Tocco, Opinioni sulle anti-chità della Sardegna, Cagliari 1860, pp. 15, 22 s., 30, 34 ss., 50 ss.; A. De LaMarmora, Itinéraire de l’île de Sardaigne, Turin, 1860, I, pp. 207, 228 s., 236 s.,243, 245, 253, 304, 320 s., 355, 369 s., 380, 383, 394, 402, 420, 439, 443 s.,449, 467 s., 471, 481, 572, II, pp. 49, 74, 123-126, 129, 132, 135-138, 140,145, 212, 218, 222 s., 248 s., 280 s., 297 s., 300-302, 310, 317, 438; A. Meloni,Discorso accademico della importanza dell’archeologia, Cagliari 1861, p. 29; P. Tola,Codex Diplomaticus Sardiniae, Torino 1861, t. I, p. 23 col. 1, p. 25 col. 1; A. Bre-sciani, Dei costumi dell’isola di Sardegna comparati cogli antichissimi popoli orienta-li, Napoli 1861, pp. 186-210; E. Marongiu Nurra, Considerazioni filologiche in-torno ai nuraghi lette nell’Accademia di Sàssari dal Can. D.E.M.M. al suo tornonell’anno 1840, Roma 1861, p. 8 ss.; A. Mazzoldi, Prolegomeni alla Storia d’Italiain continuazione delle Origini italiche, Milano 1862, p. 329; J.F. Neigebaur, “Die

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Bibliografia

(1558), p. 5 della ristampa del 1738, Torino; G.F. Fara, De Rebus Sardois, lib. I,1580 (ed. Angius, 1838, p. 5) e Chorographia Sardiniae, 1580-1591 (ed. An-gius, 1838, l. II, p. 112 s.).

SECOLO XVIID. Serpi, Chronica de los Santos de Sardeña, Barcelona 1600, l. I, cap. XLVII, p.82 s.; M. Carillo, Relacion al Rey don Philipe del nombre, sitio, planta, conquistas,christianidad, fertilidad, ciudades, lugares y govierno del Reyno de Sardeña, Barce-lona 1612, p. 15; S. Vidal, Annales Sardiniae, Florentiae 1639, pars I, pp. 35,52; F. De Vico, Historia general de la Isla y Reyno de Sardeña, Barcelona 1639,parte I, cap. XV, 63, parte II, cap. III, 4-6; G. Pinto (o Pintus), Christus Cruci-fixus, Lugduni 1644, t. II, l. VI, t. I, l. III, p. 16.

SECOLO XVIIIG.P. Nurra, Quae supersunt ad Sardiniae Historiam pertinentia, manoscritto del-la Biblioteca Universitaria di Cagliari (fondo Baylle), 1708, t. I, pp. 23, 25 e25v, 111v, 113 e 113v; S. Stefanini, De veteribus Sardiniae laudibus oratio habitaIV non. septembris, 1773, pp. 9-12; F. Cetti, Storia naturale della Sardegna, Sàs-sari 1774, t. I, p. 201 s.; M. Madao, Dissertazioni storiche apologetiche critichedelle sarde antichità, Cagliari 1792, t. I, pp. 8, 11, 13-19.

SECOLO XIXA.M. Urgias, Notizie compendiose sulla Sardegna ad uso della gioventù, Genova1815, p. 35; F. Münter, Religion de Carthaginois, Copenhague 1821, p. 8 eSendschreiben ueber einige sardische Idole, Copenhague 1822, p. 10, nota 19; G.A.Arri, Lapide fenicia di Nora in Sardegna, Torino 1824, p. 7 ss.; G. Manno, Storiadi Sardegna, Torino 1825, t. I, p. 12 ss.; M. Mimaut, Histoire de Sardaigne ou laSardaigne ancienne et moderne, Paris 1825, t. II, c. VIII, p. 379 ss.; L.C.F. PetitRadel, Notice sur les nuraghes de la Sardaigne considérés dans leurs rapports avec lesrésultats des recherches sur les monumens cyclopéens ou pélasgiques, Paris 1826, p. 21ss.; C. De Saint-Severin, Souvenirs d’un séjour en Sardaigne pendant les années1821 et 1822 ou Notice sur cette Ile, Lyon 1827, p. 50 ss.; W.H. Smyth, Sketch ofthe present state of the Island of Sardinia, London 1828, pp. 4 ss., 290, 320; G.Floris, Componimento topografico storico dell’Isola di Sardegna (manoscritto dellaBiblioteca Universitaria di Cagliari, con data 1829), parte II, t. II, pp. 23, 51-69;G. Micali, Storia degli antichi popoli italici, 1832, t. II, p. 46 s. (2a ed., 1849, II,p. 43 ss.); Inghirami, “Di alcuni toli sepolcrali, edificati dagli Etruschi nell’anticanecropoli di Volterra, non veduti finora in Etruria, con alcune osservazioni sull’o-pera di M. Petit Radel, relativa alle Nuraghe di Sardegna”, in Annales de l’Institutde correspondance archéologique de Roma, 1832, p. 20 ss.; G.A. Arri, Lettera diGiannantonio Arri al Chiarissimo Cavaliere Alberto della Marmora intorno ai Nurhagdella Sardegna, Torino, 10 luglio 1835, p. 3 ss.; G.A. Arri, “Essai philologique et

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les Bronzes de Sardaigne”, in Matériaux pour l’histoire primitive et naturelle del’homme, XVIII, 3e série, tome I, 1884, pp. 187-199, 202; R. Tennant, Sardiniaand its resources, Rome-London 1885, pp. 39-49; M. Cossu, Ristretto storico-geo-grafico, Oristano 1887, p. 8; Perrot-Chipiez, Histoire de l’art dans l’Antiquité, IV,Paris 1887, pp. 22-55, figg. 8-28, 32; S. Cocco Solinas, Geografia storica dellaSardegna, Sàssari 1888, p. 3; A.M. Centurione, “Studii recenti sopra i Nuraghi eloro importanza”, in Civiltà Cattolica, serie XIII, 1888, pp. 1-156; Ch. Hewards,Sardinia and the Sardes, London 1889; A. Camboni, Storia popolare della Sardegna,Sàssari 1890, p. 2; S. Corti, Le provincie d’Italia sotto l’aspetto geografico e storico, Re-gione Sarda, Prov. di Cagliari, Torino 1891, pp. 18, 38-46, 48-50, 52, 54-70; Leprovincie cit., Prov. di Sàssari, Torino 1891, pp. 18, 34-48; P. Cugia, Nuovo Itinera-rio dell’isola di Sardegna, Ravenna 1892, pp. 12, 309-312; G. Vuillier, Le isole di-menticate, la Sardegna, Cagliari 1930 (trad. di R. Carta Raspi di Les Iles oubliés,Paris, 1893), p. 38 s.; A. Cionini, La Sardegna (Note e impressioni di viaggio), Par-ma 1896, p. 14 s.; F. Corona, Guida storico-artistica-commerciale dell’Isola di Sar-degna, Bergamo 1896, pp. 45 s., 161, 171, 200, 221, 224 s., 227, 280, 317; O.Montelius, Ricordi della Sardegna, traduzione di Pasquale Gastaldi-Millelire, Ca-gliari 1898, pp. 25-36.

SECOLO XXGli scritti che qui si trascelgono, fra i numerosissimi sull’argomento dei nura-ghi, si distinguono per il valore scientifico e per il contributo di originalità siaper quanto concerne la novità dei dati archeologici (di ricerca sul terreno e discavo) sia per l’impostazione di problemi di fondo o per particolari prospettivestorico-culturali via via maturate e progredite nel quadro dello sviluppo meto-dologico e critico della scienza delle antichità in questo sessantennio di secolo.Vista in questi limiti di “élite”, la letteratura “nuragologica” di parte del secoloXX, si riduce a non molti nomi, di estrazione culturale diversa, e a un insiemeconsiderevole di pubblicazioni d’impegno sempre maggiore e con contributi sem-pre più validi e positivi, contenutistici e strumentali. Accanto a questa biblio-grafia propriamente scientifica e fondamentale, si cita anche qualche opera diintelligente e buona divulgazione. Si tace, naturalmente, di quella letteratura“nuragologica” minore, per lo più parassitaria e “mitologica”, che, ancor oggi,non cessa di far mostra nel sottobosco della cultura regionale sull’argomento.

G. Pinza, “Monumenti primitivi della Sardegna”, in Monumenti Antichi Lincei,XI, 1901, col. 88-254, 275-280, figg. 58-74, 79-135, tavv. V-VI, IX, X-XVIII; F.Nissardi, “Contributo per lo studio dei nuraghi della Sardegna”, in Atti del Con-gresso Internazionale di Scienze storiche, Roma 1903, vol. V, sezione IV (Archeolo-gia), Roma 1904, pp. 652-670, figg. 1-5; G. Patroni, “Nora, Colonia fenicia inSardegna”, in Mon. Ant. Lincei, XIV, 1904, col. 149, 154, 252; “Origine del nura-ghe sardo e relazioni della Sardegna con l’Oriente”, in Atene e Roma, 1916, p. 109

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Bibliografia

Insel Sardinien und der General della Marmora”, in Zweiter Jahresbericht des Ve-reins von Freunden der Erdkunde zu Leipzig 1862, Leipzig 1863, p. 106; A. Bouil-lier, L’île de Sardaigne, Description-Histoire-Statistique-Moeurs, Paris 1865, p. 53ss.; G. Spano, Memoria sopra i Nuraghi della Sardegna, 1867, pp. 3-84; V. Crespi,Memoria sopra gli antichi popoli egiziani in Sardegna, Cagliari 1868, p. 50 s.; P.Mantegazza, Profili e paesaggi della Sardegna, Milano 1869, p. 77 ss.; S. Musu,Storia compendiata della Sardegna, Cagliari 1869, p. 22 s.; G. Spano, Paleoetnolo-gia sarda ossia l’età preistorica segnata nei monumenti che si trovano in Sardegna,Cagliari 1871, pp. 5-10, 23, 29; N. Gavino, I Nuraghes di Sardegna, Cagliari1872, pp. 5-48; F. Chabas, Études sur l’antiquités historiques d’aprés les sourceségyptiennes, et les monuments reputés préhistoriques, 1872, p. 191 s.; G. Spano, Me-moria sopra il nome di Sardegna e degli antichi Sardi in relazione coi monumentidell’Egitto illustrati dall’egittologo F. Chabas, Cagliari 1873, p. 35; Emendamenti edaggiunte all’Itinerario dell’Isola di Sardegna del Conte Alberto della Marmora, Ca-gliari 1874, pp. 29, 45, 53, 55, 78, 80, 115 s., 118 s., 121, 132 s., 135-138, 143,148-151, 160, 176, 196, 206, 211-213; S.A. De Castro, I primi abitatori della Sar-degna, Sàssari 1878, pp. 25, 33-35, 52, 54, 89-103, 134, 142 s.; H. von Maltzan,Viaggio nell’Isola di Sardegna, Lipsia 1869, traduzione di C.G. Bertolini, Cagliari15 giugno 1875, pp. 17, 21, 23; Il Barone di Maltzan in Sardegna con un’appen-dice sulle iscrizioni fenicie dell’Isola, traduzione di G. Prunas Tola, Milano 1886,cap. XIII, pp. 336-361, schizzi a pp. 339 s., 346, 353, 355-359; J.H. Bennet, LaCorse et la Sardaigne, Étude de voyage et de climatologie, Paris 1876, p. 196 s.; A.Ostini, in Gazzetta di Sardegna, I, n. 168, 1876; Ch. Maclagan, The Hill Forts,Stone Circles, and others structural Remains of Ancient Scotland, Edinburgh 1875 erecens. in The Saturday Review, n. 1078, vol. 41, 24 giugno 1876; G. Cara, Con-siderazioni sopra una fra le opinioni espresse intorno all’origine ed uso dei Nuraghi diSardegna, Cagliari 1876, pp. 6-22; A. Cara, Notizie intorno ai Nuraghi di Sarde-gna, Cagliari 1876, pp. 5-22; G. Regaldi, in Nuova Antologia, anno XI, II serie,vol. III, dic. 1876, p. 824; A. Cara, Lettera al Can. Giovanni Spano, Cagliari1877, pp. 1-8; C. Corbetta, Sardegna e Corsica, libri due, Milano 1877, pp.168-177, 218, 242, 246, 255, 262, 265, 267 s., 271, 276, 278, 284, 381, 398,408, 427 s., 444 s.; Bibliofilo, Studio critico sulla storia primitiva della Sardegna,Cagliari 1877, pp. 14-27, 30; M. Saragat, Brevissime notizie di storia sarda, Mila-no 1877, p. 5 s.; F. Martorell y Peña, Apuntes arqueólogicos, Gerona 1879, pp.165-221 (Nurhages de la Isla de Cerdeña y Talaiots de las Baleares); E. Pais, “LaSardegna prima del dominio romano”, in Atti della R. Accademia dei Lincei,CCLXXVIII, vol. VII, 1881, pp. 277-301, tavv. II-III; E. Pais, in Bull. Arch. Sar-do, n.s., 1884, fasc. I-II, p. 29 s., fasc. III-IV, pp. 17, 20, fasc. V-VI, p. 79, fasc.IX-X, pp. 136, 145, 156-158, fasc. XI-XII, pp. 162-165, 177, 179; F. Nissardi, ibi-dem, pp. 10, 35, 37; E. Roissard De Bellet, La Sardaigne a vol d’oiseau en 1882 sonhistoire, ses mœurs, sa géologie, ses richesses métallifères et ses production de toute sorte,Paris 1884, cap. VI, pp. 103-116; A. Baux et L. Gouin, “Essai sur les Nuragues et

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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les Bronzes de Sardaigne”, in Matériaux pour l’histoire primitive et naturelle del’homme, XVIII, 3e série, tome I, 1884, pp. 187-199, 202; R. Tennant, Sardiniaand its resources, Rome-London 1885, pp. 39-49; M. Cossu, Ristretto storico-geo-grafico, Oristano 1887, p. 8; Perrot-Chipiez, Histoire de l’art dans l’Antiquité, IV,Paris 1887, pp. 22-55, figg. 8-28, 32; S. Cocco Solinas, Geografia storica dellaSardegna, Sàssari 1888, p. 3; A.M. Centurione, “Studii recenti sopra i Nuraghi eloro importanza”, in Civiltà Cattolica, serie XIII, 1888, pp. 1-156; Ch. Hewards,Sardinia and the Sardes, London 1889; A. Camboni, Storia popolare della Sardegna,Sàssari 1890, p. 2; S. Corti, Le provincie d’Italia sotto l’aspetto geografico e storico, Re-gione Sarda, Prov. di Cagliari, Torino 1891, pp. 18, 38-46, 48-50, 52, 54-70; Leprovincie cit., Prov. di Sàssari, Torino 1891, pp. 18, 34-48; P. Cugia, Nuovo Itinera-rio dell’isola di Sardegna, Ravenna 1892, pp. 12, 309-312; G. Vuillier, Le isole di-menticate, la Sardegna, Cagliari 1930 (trad. di R. Carta Raspi di Les Iles oubliés,Paris, 1893), p. 38 s.; A. Cionini, La Sardegna (Note e impressioni di viaggio), Par-ma 1896, p. 14 s.; F. Corona, Guida storico-artistica-commerciale dell’Isola di Sar-degna, Bergamo 1896, pp. 45 s., 161, 171, 200, 221, 224 s., 227, 280, 317; O.Montelius, Ricordi della Sardegna, traduzione di Pasquale Gastaldi-Millelire, Ca-gliari 1898, pp. 25-36.

SECOLO XXGli scritti che qui si trascelgono, fra i numerosissimi sull’argomento dei nura-ghi, si distinguono per il valore scientifico e per il contributo di originalità siaper quanto concerne la novità dei dati archeologici (di ricerca sul terreno e discavo) sia per l’impostazione di problemi di fondo o per particolari prospettivestorico-culturali via via maturate e progredite nel quadro dello sviluppo meto-dologico e critico della scienza delle antichità in questo sessantennio di secolo.Vista in questi limiti di “élite”, la letteratura “nuragologica” di parte del secoloXX, si riduce a non molti nomi, di estrazione culturale diversa, e a un insiemeconsiderevole di pubblicazioni d’impegno sempre maggiore e con contributi sem-pre più validi e positivi, contenutistici e strumentali. Accanto a questa biblio-grafia propriamente scientifica e fondamentale, si cita anche qualche opera diintelligente e buona divulgazione. Si tace, naturalmente, di quella letteratura“nuragologica” minore, per lo più parassitaria e “mitologica”, che, ancor oggi,non cessa di far mostra nel sottobosco della cultura regionale sull’argomento.

G. Pinza, “Monumenti primitivi della Sardegna”, in Monumenti Antichi Lincei,XI, 1901, col. 88-254, 275-280, figg. 58-74, 79-135, tavv. V-VI, IX, X-XVIII; F.Nissardi, “Contributo per lo studio dei nuraghi della Sardegna”, in Atti del Con-gresso Internazionale di Scienze storiche, Roma 1903, vol. V, sezione IV (Archeolo-gia), Roma 1904, pp. 652-670, figg. 1-5; G. Patroni, “Nora, Colonia fenicia inSardegna”, in Mon. Ant. Lincei, XIV, 1904, col. 149, 154, 252; “Origine del nura-ghe sardo e relazioni della Sardegna con l’Oriente”, in Atene e Roma, 1916, p. 109

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Bibliografia

Insel Sardinien und der General della Marmora”, in Zweiter Jahresbericht des Ve-reins von Freunden der Erdkunde zu Leipzig 1862, Leipzig 1863, p. 106; A. Bouil-lier, L’île de Sardaigne, Description-Histoire-Statistique-Moeurs, Paris 1865, p. 53ss.; G. Spano, Memoria sopra i Nuraghi della Sardegna, 1867, pp. 3-84; V. Crespi,Memoria sopra gli antichi popoli egiziani in Sardegna, Cagliari 1868, p. 50 s.; P.Mantegazza, Profili e paesaggi della Sardegna, Milano 1869, p. 77 ss.; S. Musu,Storia compendiata della Sardegna, Cagliari 1869, p. 22 s.; G. Spano, Paleoetnolo-gia sarda ossia l’età preistorica segnata nei monumenti che si trovano in Sardegna,Cagliari 1871, pp. 5-10, 23, 29; N. Gavino, I Nuraghes di Sardegna, Cagliari1872, pp. 5-48; F. Chabas, Études sur l’antiquités historiques d’aprés les sourceségyptiennes, et les monuments reputés préhistoriques, 1872, p. 191 s.; G. Spano, Me-moria sopra il nome di Sardegna e degli antichi Sardi in relazione coi monumentidell’Egitto illustrati dall’egittologo F. Chabas, Cagliari 1873, p. 35; Emendamenti edaggiunte all’Itinerario dell’Isola di Sardegna del Conte Alberto della Marmora, Ca-gliari 1874, pp. 29, 45, 53, 55, 78, 80, 115 s., 118 s., 121, 132 s., 135-138, 143,148-151, 160, 176, 196, 206, 211-213; S.A. De Castro, I primi abitatori della Sar-degna, Sàssari 1878, pp. 25, 33-35, 52, 54, 89-103, 134, 142 s.; H. von Maltzan,Viaggio nell’Isola di Sardegna, Lipsia 1869, traduzione di C.G. Bertolini, Cagliari15 giugno 1875, pp. 17, 21, 23; Il Barone di Maltzan in Sardegna con un’appen-dice sulle iscrizioni fenicie dell’Isola, traduzione di G. Prunas Tola, Milano 1886,cap. XIII, pp. 336-361, schizzi a pp. 339 s., 346, 353, 355-359; J.H. Bennet, LaCorse et la Sardaigne, Étude de voyage et de climatologie, Paris 1876, p. 196 s.; A.Ostini, in Gazzetta di Sardegna, I, n. 168, 1876; Ch. Maclagan, The Hill Forts,Stone Circles, and others structural Remains of Ancient Scotland, Edinburgh 1875 erecens. in The Saturday Review, n. 1078, vol. 41, 24 giugno 1876; G. Cara, Con-siderazioni sopra una fra le opinioni espresse intorno all’origine ed uso dei Nuraghi diSardegna, Cagliari 1876, pp. 6-22; A. Cara, Notizie intorno ai Nuraghi di Sarde-gna, Cagliari 1876, pp. 5-22; G. Regaldi, in Nuova Antologia, anno XI, II serie,vol. III, dic. 1876, p. 824; A. Cara, Lettera al Can. Giovanni Spano, Cagliari1877, pp. 1-8; C. Corbetta, Sardegna e Corsica, libri due, Milano 1877, pp.168-177, 218, 242, 246, 255, 262, 265, 267 s., 271, 276, 278, 284, 381, 398,408, 427 s., 444 s.; Bibliofilo, Studio critico sulla storia primitiva della Sardegna,Cagliari 1877, pp. 14-27, 30; M. Saragat, Brevissime notizie di storia sarda, Mila-no 1877, p. 5 s.; F. Martorell y Peña, Apuntes arqueólogicos, Gerona 1879, pp.165-221 (Nurhages de la Isla de Cerdeña y Talaiots de las Baleares); E. Pais, “LaSardegna prima del dominio romano”, in Atti della R. Accademia dei Lincei,CCLXXVIII, vol. VII, 1881, pp. 277-301, tavv. II-III; E. Pais, in Bull. Arch. Sar-do, n.s., 1884, fasc. I-II, p. 29 s., fasc. III-IV, pp. 17, 20, fasc. V-VI, p. 79, fasc.IX-X, pp. 136, 145, 156-158, fasc. XI-XII, pp. 162-165, 177, 179; F. Nissardi, ibi-dem, pp. 10, 35, 37; E. Roissard De Bellet, La Sardaigne a vol d’oiseau en 1882 sonhistoire, ses mœurs, sa géologie, ses richesses métallifères et ses production de toute sorte,Paris 1884, cap. VI, pp. 103-116; A. Baux et L. Gouin, “Essai sur les Nuragues et

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pp. 175-201, figg. 1-7; Studi Sardi, 1948, VIII, p. 412 (Arbus), 414 (Collinas),415 (Gùspini), 416 (Lunamatrona), 417 (Mògoro, Pabillonis, Pauli Arbarei, SanGavino Monreale, Sanluri), 418 (Sàrdara, Serrenti, Siddi, Uras), 419 (Villamar,Villanovaforru), 420 (Dorgali, Buddusò); Studi Sardi, 1950, IX, p. 396 (Barùmi-ni), 398 (Lunamatrona), 399 ss. (S’Uraki di San Vero Milis), 432 (Tonàra), 433(Àggius), 434 (Bortigiadas), 435 (Buddusò), 438 (Calangianus), 440 (Luras),448 (Sàssari), 450 (Sorso), 451 (Tèmpio), 462 (Tissi); “Preistoria sarda e civiltànuragica”, in Il Ponte, VII, n. 9, settembre-ottobre 1951, Sardegna, pp. 989-993;“Modellini bronzei di Ittirèddu e Olmedo (Nuraghi o alti-forni?)”, in Studi Sardi,X-XI, 1952, pp. 92 ss. (nuraghi quadrilobati), 98-106, 110-113 (Su Nuraxi di Ba-rùmini); “Il nuraghe di Barùmini e la stratigrafia nuragica”, in Studi Sardi, XII-XIII, I, 1955, pp. 90-469, figg. 1-16, tavv. I-LXXX; “The Nuraghi of Sardinia”, inAntiquity, vol. XXXIII, n. 129, March 1959, pp. 32-38, pl. VII-VIII; “Primi scavidel villaggio talaiotico di Ses Païsses (Artà, Maiorca) (Missione archeologica italia-na, aprile-maggio 1959)”, in Rivista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storiadell’Arte, n.s., a. IX, 1960, pp. 62-64, figg. 84-86 (pseudonuraghi) e p. 54 ss. (rap-porti tra nuraghi e talaiots); “La «facies» nuragica di Monte Claro (sepolcri diMonte Claro e Sa Duchessa-Cagliari e villaggi di Enna Pruna e Su Guvèntu-Mò-goro)”, in Studi Sardi, XVI, 1960, pp. 3-266, figg. 1-48, tavv. I-L (con M.L. Fer-rarese Ceruti); “I nuraghi”, in Il Progresso della Sardegna, I.S.E., 1960, pp. 23-32;P. Mingazzini, “Restituzione del nuraghe S. Antìne in territorio di Torralba”, inStudi Sardi, VII, 1947, pp. 9-26, tavv. I-III; M. Pallottino, La Sardegna nuragica,Roma 1950, pp. 35 ss., 50 ss., tavv. I, V-VII; “El problema de las relaciones entreCerdeña e Iberia en la antigüedad prerromana”, in Ampurias, XIV, Barcelona1952, p. 144 ss.; E. Contu, “La fortezza nuragica di Nuraghe Orrùbiu presso Or-ròli (Nùoro)”, in Studi Sardi, X-XI, 1952, pp. 121-160, figg. 1-6, tavv. I-IV; “Ar-gomenti di cronologia a proposito delle tombe a poliandro di Ena Muros (Ossi-Sàssari) e Motrox’e Bois (Usellus-Cagliari)”, in Studi Sardi, XIV-XV, I, 1958, pp.181-196; “I più antichi nuraghi e l’esplorazione del Nuraghe Peppe Gallu (Uri-Sàssari)”, in Rivista di Scienze Preistoriche, vol. XIV, fasc. 1-4, 1959, pp. 59-121,figg. 1-21; O. Baldacci, “Alcune considerazioni geografiche sulla storia della Sarde-gna”, in Studi Storici in onore di Francesco Loddo Canepa, Firenze 1959, vol. II, p.34 ss. (osservazioni geografiche sui nuraghi); R. Pracchi, “Contributo allo studiodell’insediamento umano in Sardegna, La Sardegna sud-occidentale”, parte I, inContributi alla geografia della Sardegna, Università degli Studi di Cagliari, Istitutodi Geografia, serie A, fasc. 4, Cagliari 1960, pp. 35-59 (studio geografico dei nura-ghi del Sulcis e dell’Iglesiente).

Esposizioni divulgative di ottimo livello sui nuraghi si hanno in: Ch. Zervos,La Civilisation de la Sardaigne du début de l’énéolithique a la fin de la périodenouragique, Paris 1954, pp. 43-100, figg. 15-90 (buon numero di grafici e ma-gnifiche e ricche illustrazioni fotografiche, eseguite con fine senso d’arte e insieme

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Bibliografia

ss.; “Il villaggio di Serrucci e la Sardegna nuragica”, in Arch. Storico Sardo, 1919;“La Preistoria”, in Storia Politica d’Italia, Milano 1937, I, p. 355 ss., II, p. 462 ss.(2a ed. 1951, I, p. 360, 366 ss., 474-495); F. Préchac, “Notes sur l’architecture desNuraghes de Sardaigne”, in Mélanges d’Archéologie et d’Histoire publiés par l’Écolefrançaise de Rome, 1908, t. XXVIII, pp. 153-168; A. Taramelli, “L’altopiano dellaGiara di Gèsturi e i suoi monumenti preistorici”, in Mon. Ant. Lincei, 1907, col. 6ss. (con Nissardi); “Il nuraghe Palmavera presso Alghero”, in Mon. Ant. Lincei, vol.XIX, 1909, col. 225 ss., figg. 1-20, tavv. I-VI; “Il nuraghe Lughèrras presso Pauli-làtino”, in Mon. Ant. Lincei, vol. XX, 1910, col. 153 ss., figg. 1-28; Notizie di Sca-vi, 1915, p. 305 ss., figg. 1-2 (nuraghe Santa Bàrbara di Vilanovatruscheddu); No-tizie di Scavi, 1916, p. 235 ss., tav. I, figg. 1-9, 12-13 (nuraghe Losa); “Fortezze,recinti, fonti sacre e necropoli preromane nell’agro di Bonorva (Prov. di Sàssari)”,in Mon. Ant. Lincei, vol. XXV, 1919, col. 765-781, 789-800, 826-836; “Sarròk,Scavi nel nuraghe Sa Domu ’e s’Orcu”, in Mon. Ant. Lincei, XXXI, 1926, col.405-446, figg. 1-16; “La ricerca archeologica in Sardegna”, in Il Convegno archeo-logico in Sardegna giugno 1926, Reggio Emilia 1926, pp. 14-34, figg. 28-47 (in ge-nerale); “Cosa insegna una Carta archeologica della Sardegna”, in Atti del XII Con-gresso geografico italiano, Cagliari 1935, pp. 63-69; “Nuraghi”, in EnciclopediaItaliana, Roma 1935, vol. XXV, pp. 81-83, tavv. XI-XII; “Santu Antìne in territo-rio di Torralba (Sàssari)”, in Mon. Ant. Lincei, vol. XXXVIII, 1939, col. 9-70, figg.1-27, tavv. I-IX. Del Taramelli si devono ricordare anche le edizioni di dieci foglidella Carta Archeologica della Sardegna, in ordine cronologico: f. 208-Dorgali(1929), f. 210-Capo S. Marco (1929), f. 194-Ozièri (1931), f. 207-Nùoro (1931),f. 195-Orosei (1933), ff. 205-206-Capo Mannu e Macomèr (1935), ff. 181-182-Tèmpio Pausania e Terranova Pausania (1939), f. 193-Bonorva (1940). E. Pais,“Sulla civiltà dei nuraghi e sullo sviluppo sociologico della Sardegna”, in Rend. Ac-cad. Lincei, 18 (1909), pp. 3-48, 87-117, e in Arch. Stor. Sardo, 1910, p. 85 ss.; C.Dessì, Singolari nuraghi in Gallura, Sàssari, nov. 1922, pp. 9, 12; F. Giarrizzo, inBull. Paletn. It., 43 (1923), pp. 46-57 (rapporti metrici); B.R. Motzo, in Conv.arch. in Sardegna cit., p. 97 ss. e in Studi Sardi, I, fasc. I, p. 116. (etimologia e fon-ti classiche in rapporto con i Nuraghi); F. Von Duhn, “Nurage”, in Reallexicon derVorgeschichte, neunter Band, Berlin 1927, pp. 140-145; G. Lilliu, “Appunti sullacronologia nuragica”, in Bull. Paletn. It., n.s., V-VI, 1941-42, pp. 143-177, figg. 1-9,tav. I; “«Su Pranu» di Siddi e i suoi monumenti preistorici (Siddi-Sardegna)”, inNot. di Scavi, s. II, vol. II, 1941, pp. 130-163, figg. 1-28; “Villaggio nuragico diSu Iriu-Gergèi (Sardegna)”, in Not. di Scavi, s. VII, vol. IV, 1943, pp. 166-170,figg. 1-4; “Lasplassas (Cagliari) – villaggio preistorico di S’Uraxi e nuraghi e tom-be megalitiche del falsopiano di Pauli”, ibidem, pp. 170-182, figg. 5-8; “Rapportifra la civiltà nuragica e la civiltà fenicio-punica in Sardegna”, in Studi Etruschi,vol. XVIII, 1944, pp. 323-370, figg. 1-4, tavv. XII-XV; “Barùmini (Cagliari) –Saggi stratigrafici presso i nuraghi di Su Nuraxi e Marfudi; “vicus” di S. Lusso-rio e necropoli romana di Su Luargi”, in Not. di Scavi, s. VII, vol. VII, 1946,

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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pp. 175-201, figg. 1-7; Studi Sardi, 1948, VIII, p. 412 (Arbus), 414 (Collinas),415 (Gùspini), 416 (Lunamatrona), 417 (Mògoro, Pabillonis, Pauli Arbarei, SanGavino Monreale, Sanluri), 418 (Sàrdara, Serrenti, Siddi, Uras), 419 (Villamar,Villanovaforru), 420 (Dorgali, Buddusò); Studi Sardi, 1950, IX, p. 396 (Barùmi-ni), 398 (Lunamatrona), 399 ss. (S’Uraki di San Vero Milis), 432 (Tonàra), 433(Àggius), 434 (Bortigiadas), 435 (Buddusò), 438 (Calangianus), 440 (Luras),448 (Sàssari), 450 (Sorso), 451 (Tèmpio), 462 (Tissi); “Preistoria sarda e civiltànuragica”, in Il Ponte, VII, n. 9, settembre-ottobre 1951, Sardegna, pp. 989-993;“Modellini bronzei di Ittirèddu e Olmedo (Nuraghi o alti-forni?)”, in Studi Sardi,X-XI, 1952, pp. 92 ss. (nuraghi quadrilobati), 98-106, 110-113 (Su Nuraxi di Ba-rùmini); “Il nuraghe di Barùmini e la stratigrafia nuragica”, in Studi Sardi, XII-XIII, I, 1955, pp. 90-469, figg. 1-16, tavv. I-LXXX; “The Nuraghi of Sardinia”, inAntiquity, vol. XXXIII, n. 129, March 1959, pp. 32-38, pl. VII-VIII; “Primi scavidel villaggio talaiotico di Ses Païsses (Artà, Maiorca) (Missione archeologica italia-na, aprile-maggio 1959)”, in Rivista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storiadell’Arte, n.s., a. IX, 1960, pp. 62-64, figg. 84-86 (pseudonuraghi) e p. 54 ss. (rap-porti tra nuraghi e talaiots); “La «facies» nuragica di Monte Claro (sepolcri diMonte Claro e Sa Duchessa-Cagliari e villaggi di Enna Pruna e Su Guvèntu-Mò-goro)”, in Studi Sardi, XVI, 1960, pp. 3-266, figg. 1-48, tavv. I-L (con M.L. Fer-rarese Ceruti); “I nuraghi”, in Il Progresso della Sardegna, I.S.E., 1960, pp. 23-32;P. Mingazzini, “Restituzione del nuraghe S. Antìne in territorio di Torralba”, inStudi Sardi, VII, 1947, pp. 9-26, tavv. I-III; M. Pallottino, La Sardegna nuragica,Roma 1950, pp. 35 ss., 50 ss., tavv. I, V-VII; “El problema de las relaciones entreCerdeña e Iberia en la antigüedad prerromana”, in Ampurias, XIV, Barcelona1952, p. 144 ss.; E. Contu, “La fortezza nuragica di Nuraghe Orrùbiu presso Or-ròli (Nùoro)”, in Studi Sardi, X-XI, 1952, pp. 121-160, figg. 1-6, tavv. I-IV; “Ar-gomenti di cronologia a proposito delle tombe a poliandro di Ena Muros (Ossi-Sàssari) e Motrox’e Bois (Usellus-Cagliari)”, in Studi Sardi, XIV-XV, I, 1958, pp.181-196; “I più antichi nuraghi e l’esplorazione del Nuraghe Peppe Gallu (Uri-Sàssari)”, in Rivista di Scienze Preistoriche, vol. XIV, fasc. 1-4, 1959, pp. 59-121,figg. 1-21; O. Baldacci, “Alcune considerazioni geografiche sulla storia della Sarde-gna”, in Studi Storici in onore di Francesco Loddo Canepa, Firenze 1959, vol. II, p.34 ss. (osservazioni geografiche sui nuraghi); R. Pracchi, “Contributo allo studiodell’insediamento umano in Sardegna, La Sardegna sud-occidentale”, parte I, inContributi alla geografia della Sardegna, Università degli Studi di Cagliari, Istitutodi Geografia, serie A, fasc. 4, Cagliari 1960, pp. 35-59 (studio geografico dei nura-ghi del Sulcis e dell’Iglesiente).

Esposizioni divulgative di ottimo livello sui nuraghi si hanno in: Ch. Zervos,La Civilisation de la Sardaigne du début de l’énéolithique a la fin de la périodenouragique, Paris 1954, pp. 43-100, figg. 15-90 (buon numero di grafici e ma-gnifiche e ricche illustrazioni fotografiche, eseguite con fine senso d’arte e insieme

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Bibliografia

ss.; “Il villaggio di Serrucci e la Sardegna nuragica”, in Arch. Storico Sardo, 1919;“La Preistoria”, in Storia Politica d’Italia, Milano 1937, I, p. 355 ss., II, p. 462 ss.(2a ed. 1951, I, p. 360, 366 ss., 474-495); F. Préchac, “Notes sur l’architecture desNuraghes de Sardaigne”, in Mélanges d’Archéologie et d’Histoire publiés par l’Écolefrançaise de Rome, 1908, t. XXVIII, pp. 153-168; A. Taramelli, “L’altopiano dellaGiara di Gèsturi e i suoi monumenti preistorici”, in Mon. Ant. Lincei, 1907, col. 6ss. (con Nissardi); “Il nuraghe Palmavera presso Alghero”, in Mon. Ant. Lincei, vol.XIX, 1909, col. 225 ss., figg. 1-20, tavv. I-VI; “Il nuraghe Lughèrras presso Pauli-làtino”, in Mon. Ant. Lincei, vol. XX, 1910, col. 153 ss., figg. 1-28; Notizie di Sca-vi, 1915, p. 305 ss., figg. 1-2 (nuraghe Santa Bàrbara di Vilanovatruscheddu); No-tizie di Scavi, 1916, p. 235 ss., tav. I, figg. 1-9, 12-13 (nuraghe Losa); “Fortezze,recinti, fonti sacre e necropoli preromane nell’agro di Bonorva (Prov. di Sàssari)”,in Mon. Ant. Lincei, vol. XXV, 1919, col. 765-781, 789-800, 826-836; “Sarròk,Scavi nel nuraghe Sa Domu ’e s’Orcu”, in Mon. Ant. Lincei, XXXI, 1926, col.405-446, figg. 1-16; “La ricerca archeologica in Sardegna”, in Il Convegno archeo-logico in Sardegna giugno 1926, Reggio Emilia 1926, pp. 14-34, figg. 28-47 (in ge-nerale); “Cosa insegna una Carta archeologica della Sardegna”, in Atti del XII Con-gresso geografico italiano, Cagliari 1935, pp. 63-69; “Nuraghi”, in EnciclopediaItaliana, Roma 1935, vol. XXV, pp. 81-83, tavv. XI-XII; “Santu Antìne in territo-rio di Torralba (Sàssari)”, in Mon. Ant. Lincei, vol. XXXVIII, 1939, col. 9-70, figg.1-27, tavv. I-IX. Del Taramelli si devono ricordare anche le edizioni di dieci foglidella Carta Archeologica della Sardegna, in ordine cronologico: f. 208-Dorgali(1929), f. 210-Capo S. Marco (1929), f. 194-Ozièri (1931), f. 207-Nùoro (1931),f. 195-Orosei (1933), ff. 205-206-Capo Mannu e Macomèr (1935), ff. 181-182-Tèmpio Pausania e Terranova Pausania (1939), f. 193-Bonorva (1940). E. Pais,“Sulla civiltà dei nuraghi e sullo sviluppo sociologico della Sardegna”, in Rend. Ac-cad. Lincei, 18 (1909), pp. 3-48, 87-117, e in Arch. Stor. Sardo, 1910, p. 85 ss.; C.Dessì, Singolari nuraghi in Gallura, Sàssari, nov. 1922, pp. 9, 12; F. Giarrizzo, inBull. Paletn. It., 43 (1923), pp. 46-57 (rapporti metrici); B.R. Motzo, in Conv.arch. in Sardegna cit., p. 97 ss. e in Studi Sardi, I, fasc. I, p. 116. (etimologia e fon-ti classiche in rapporto con i Nuraghi); F. Von Duhn, “Nurage”, in Reallexicon derVorgeschichte, neunter Band, Berlin 1927, pp. 140-145; G. Lilliu, “Appunti sullacronologia nuragica”, in Bull. Paletn. It., n.s., V-VI, 1941-42, pp. 143-177, figg. 1-9,tav. I; “«Su Pranu» di Siddi e i suoi monumenti preistorici (Siddi-Sardegna)”, inNot. di Scavi, s. II, vol. II, 1941, pp. 130-163, figg. 1-28; “Villaggio nuragico diSu Iriu-Gergèi (Sardegna)”, in Not. di Scavi, s. VII, vol. IV, 1943, pp. 166-170,figg. 1-4; “Lasplassas (Cagliari) – villaggio preistorico di S’Uraxi e nuraghi e tom-be megalitiche del falsopiano di Pauli”, ibidem, pp. 170-182, figg. 5-8; “Rapportifra la civiltà nuragica e la civiltà fenicio-punica in Sardegna”, in Studi Etruschi,vol. XVIII, 1944, pp. 323-370, figg. 1-4, tavv. XII-XV; “Barùmini (Cagliari) –Saggi stratigrafici presso i nuraghi di Su Nuraxi e Marfudi; “vicus” di S. Lusso-rio e necropoli romana di Su Luargi”, in Not. di Scavi, s. VII, vol. VII, 1946,

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Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1948-49, pp. 1-195; E. Sale, Saggio di Catalogoarcheologico sul Foglio 193 (Quadrante I, Tavoletta NO e SO), Università degli Studidi Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1949-50, pp. 1-417; G.G. Dàvoli,Saggio di Satalogo archeologico (Foglio 194, Quadrante II), Università degli Studi diCagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1949-50, pp. 1-289; F. Pilia, Saggio diCatalogo archeologico (Foglio 218, II NE-SE), Università degli Studi di Cagliari, Fa-coltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1950-51, pp. 1-239; D. Masia, Saggio di Catalogoarcheologico (F. 194 della Carta d’Italia, Tavolette IV NO e IV S0), Università degliStudi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1950-1951, pp. 1-328; O. Fer-reli, Saggio di Catalogo archeologico, Carta d’Italia Foglio 218, Quadrante I, Tavolet-ta NE-SE, Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a.1951-52, pp. 1-185; G. Chelo, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 180 dellaCarta d’Italia, Quadrante III, Tavolette NE-SE, a.a. 1951-52, parte I, pp. 1-262,parte II, pp. 263-382; A. Piras, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 206 dellaCarta d’Italia, Quadrante III, Tavolette NE e NO, Università degli Studi di Caglia-ri, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1952-53, pp. 1-226; T. Racis, Saggio di Cata-logo archeologico Foglio 217, III SO, Foglio 225, IV NO, Università degli Studi diCagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1952-53, pp. 1-146; G. Cherchi, Saggiodi Catalogo archeologico F. 206, I NE e F. 207, IV NW, Università degli Studi diCagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1952-53, pp. 1-293; P. Pes, Saggio diCatalogo archeologico sul Foglio 206 della Carta d’Italia, Quadrante IV, Tavoletta SE-SO, Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1953-54,pp. 1-362; A.P. Piludu, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 206 della Cartad’Italia, Quadrante IV, Tavolette NE e NO, Università degli Studi di Cagliari, Fa-coltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1953-54, pp. 1-258; C. Puxeddu, Saggio di Catalo-go archeologico sul Foglio 217 della Carta d’Italia, Quadrante II, Tavoletta NO-SO,Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1954-55, Sche-dario Monumenti, pp. 1-517, Studio dei Monumenti, pp. 1-174, Saggio di Catalogoarcheologico sul Foglio 217 della Carta d’Italia, Quadrante II, Tavoletta SE (Valle RiuS’Isca), Schedario Monumenti, pp. 1-61; F. Carta, Saggio di Catalogo archeologico sulFoglio 219 della Carta d’Italia, Quadrante III, Tavoletta NE-SE, Università degliStudi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1954-55, pp. 1-206; A. Diana,Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 225 della Carta d’Italia, Quadrante II, Ta-volette NE-SE, Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a.1955-56, pp. 1-249; V. Tetti, Saggio di Catalogo archeologico Carta d’Italia Foglio193, II SO-SE, Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a.1956-57, I, pp. 1-81, II, pp. 1-99.

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Bibliografia

molto utili per lo studio scientifico dei monumenti); V. Mossa, Architettura do-mestica in Sardegna, Cagliari 1957, pp. 26-45, figg. 1-7, tavv. 1-4 (i nuraghison visti specialmente nel quadro dello sviluppo della casa in Sardegna).

Per quanto non si possano considerare vere e proprie pubblicazioni, essendoinedite, elenco, tuttavia, in ordine cronologico, le dissertazioni di Laurea aventiper argomento Saggi di Catalogo archeologico, che sono state presentate, discussee molto favorevolmente giudicate nelle sessioni della Facoltà di Lettere e Filoso-fia dell’Università di Cagliari, dall’anno accademico 1944-45 fino ad oggi.Questi scritti, elaborati dai giovani ricercatori sardi nell’ambito dell’Istituto diPaletnologia prima e poi dell’Istituto di Antichità Sarde, contengono una gran-de quantità di dati monumentali e culturali, per lo più assolutamente nuovi,relativi alle civiltà preistoriche e storiche antiche che si sono susseguite nell’Isolaper secoli. Il maggior numero dei dati è costituito appunto dai nuraghi, i quali,per lo più, sono stati rilevati, con grafici di pianta e di sezione, e fotografati. Neè risultato un repertorio documentale di notevole interesse e di concreta impor-tanza scientifica, il cui valore si può apprezzare seguendo le pagine di questoVolume che molto deve, come contributo di base, al lavoro faticoso e veramentemeritorio e positivo degli estensori dei “Saggi”. I quali sono:

A. Atzori, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 226 della Carta d’Italia, Qua-drante IV, Tavolette NE e NO, R. Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Let-tere e Filosofia, a.a. 1944-1945, pp. 1-247; M. Figus, Saggio di Catalogo archeolo-gico (F. 217, II NE, II SE), R. Università degli Studi di Cagliari, Facoltà Lettere eFilosofia, a.a. 1944-45, pp. 1-208; S. Ghiani, Saggio di Catalogo archeologico (F.226, IV SO-SE), R. Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filoso-fia, a.a. 1944-45, pp. 1-188; G.M. Pintus, Saggio di Catalogo archeologico (F. 193della Carta d’Italia, Tavolette II NE e I SE), R. Università degli Studi di Cagliari,Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1945-46, pp. 1-345; O. Stochino, Saggio di Ca-talogo archeologico sul Foglio 219, Quadrante I, Tavolette SE-NE della Carta d’Italia,Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1945-46, pp.1-167; L. Congiu, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 225 della Carta d’Ita-lia, Quadrante IV, Tavolette SE-NE, Università degli Studi di Cagliari, Facoltà diLettere e Filosofia, a.a. 1946-47, pp. 1-341; C. Porru, Saggio di Catalogo archeolo-gico sul Foglio 225 della Carta d’Italia, Quadrante I, Tavolette SE-NE, Universitàdegli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1946-47; E. Contu, Sag-gio di Catalogo archeologico sul Foglio 218 della Carta d’Italia, Quadrante II, Tavo-lette NO-SO, Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a.1947-48, pp. 1-220; M.V. Del Rio, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio180 della Carta d’Italia, Quadrante III NO-SO, Università degli Studi di Cagliari,Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1947-48, pp. 1-157; F. Manconi, Saggio di Ca-talogo archeologico (Foglio 181, Quadrante IV), Università degli Studi di Cagliari,

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1948-49, pp. 1-195; E. Sale, Saggio di Catalogoarcheologico sul Foglio 193 (Quadrante I, Tavoletta NO e SO), Università degli Studidi Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1949-50, pp. 1-417; G.G. Dàvoli,Saggio di Satalogo archeologico (Foglio 194, Quadrante II), Università degli Studi diCagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1949-50, pp. 1-289; F. Pilia, Saggio diCatalogo archeologico (Foglio 218, II NE-SE), Università degli Studi di Cagliari, Fa-coltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1950-51, pp. 1-239; D. Masia, Saggio di Catalogoarcheologico (F. 194 della Carta d’Italia, Tavolette IV NO e IV S0), Università degliStudi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1950-1951, pp. 1-328; O. Fer-reli, Saggio di Catalogo archeologico, Carta d’Italia Foglio 218, Quadrante I, Tavolet-ta NE-SE, Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a.1951-52, pp. 1-185; G. Chelo, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 180 dellaCarta d’Italia, Quadrante III, Tavolette NE-SE, a.a. 1951-52, parte I, pp. 1-262,parte II, pp. 263-382; A. Piras, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 206 dellaCarta d’Italia, Quadrante III, Tavolette NE e NO, Università degli Studi di Caglia-ri, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1952-53, pp. 1-226; T. Racis, Saggio di Cata-logo archeologico Foglio 217, III SO, Foglio 225, IV NO, Università degli Studi diCagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1952-53, pp. 1-146; G. Cherchi, Saggiodi Catalogo archeologico F. 206, I NE e F. 207, IV NW, Università degli Studi diCagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1952-53, pp. 1-293; P. Pes, Saggio diCatalogo archeologico sul Foglio 206 della Carta d’Italia, Quadrante IV, Tavoletta SE-SO, Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1953-54,pp. 1-362; A.P. Piludu, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 206 della Cartad’Italia, Quadrante IV, Tavolette NE e NO, Università degli Studi di Cagliari, Fa-coltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1953-54, pp. 1-258; C. Puxeddu, Saggio di Catalo-go archeologico sul Foglio 217 della Carta d’Italia, Quadrante II, Tavoletta NO-SO,Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1954-55, Sche-dario Monumenti, pp. 1-517, Studio dei Monumenti, pp. 1-174, Saggio di Catalogoarcheologico sul Foglio 217 della Carta d’Italia, Quadrante II, Tavoletta SE (Valle RiuS’Isca), Schedario Monumenti, pp. 1-61; F. Carta, Saggio di Catalogo archeologico sulFoglio 219 della Carta d’Italia, Quadrante III, Tavoletta NE-SE, Università degliStudi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1954-55, pp. 1-206; A. Diana,Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 225 della Carta d’Italia, Quadrante II, Ta-volette NE-SE, Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a.1955-56, pp. 1-249; V. Tetti, Saggio di Catalogo archeologico Carta d’Italia Foglio193, II SO-SE, Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a.1956-57, I, pp. 1-81, II, pp. 1-99.

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Bibliografia

molto utili per lo studio scientifico dei monumenti); V. Mossa, Architettura do-mestica in Sardegna, Cagliari 1957, pp. 26-45, figg. 1-7, tavv. 1-4 (i nuraghison visti specialmente nel quadro dello sviluppo della casa in Sardegna).

Per quanto non si possano considerare vere e proprie pubblicazioni, essendoinedite, elenco, tuttavia, in ordine cronologico, le dissertazioni di Laurea aventiper argomento Saggi di Catalogo archeologico, che sono state presentate, discussee molto favorevolmente giudicate nelle sessioni della Facoltà di Lettere e Filoso-fia dell’Università di Cagliari, dall’anno accademico 1944-45 fino ad oggi.Questi scritti, elaborati dai giovani ricercatori sardi nell’ambito dell’Istituto diPaletnologia prima e poi dell’Istituto di Antichità Sarde, contengono una gran-de quantità di dati monumentali e culturali, per lo più assolutamente nuovi,relativi alle civiltà preistoriche e storiche antiche che si sono susseguite nell’Isolaper secoli. Il maggior numero dei dati è costituito appunto dai nuraghi, i quali,per lo più, sono stati rilevati, con grafici di pianta e di sezione, e fotografati. Neè risultato un repertorio documentale di notevole interesse e di concreta impor-tanza scientifica, il cui valore si può apprezzare seguendo le pagine di questoVolume che molto deve, come contributo di base, al lavoro faticoso e veramentemeritorio e positivo degli estensori dei “Saggi”. I quali sono:

A. Atzori, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 226 della Carta d’Italia, Qua-drante IV, Tavolette NE e NO, R. Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Let-tere e Filosofia, a.a. 1944-1945, pp. 1-247; M. Figus, Saggio di Catalogo archeolo-gico (F. 217, II NE, II SE), R. Università degli Studi di Cagliari, Facoltà Lettere eFilosofia, a.a. 1944-45, pp. 1-208; S. Ghiani, Saggio di Catalogo archeologico (F.226, IV SO-SE), R. Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filoso-fia, a.a. 1944-45, pp. 1-188; G.M. Pintus, Saggio di Catalogo archeologico (F. 193della Carta d’Italia, Tavolette II NE e I SE), R. Università degli Studi di Cagliari,Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1945-46, pp. 1-345; O. Stochino, Saggio di Ca-talogo archeologico sul Foglio 219, Quadrante I, Tavolette SE-NE della Carta d’Italia,Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1945-46, pp.1-167; L. Congiu, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 225 della Carta d’Ita-lia, Quadrante IV, Tavolette SE-NE, Università degli Studi di Cagliari, Facoltà diLettere e Filosofia, a.a. 1946-47, pp. 1-341; C. Porru, Saggio di Catalogo archeolo-gico sul Foglio 225 della Carta d’Italia, Quadrante I, Tavolette SE-NE, Universitàdegli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1946-47; E. Contu, Sag-gio di Catalogo archeologico sul Foglio 218 della Carta d’Italia, Quadrante II, Tavo-lette NO-SO, Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a.1947-48, pp. 1-220; M.V. Del Rio, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio180 della Carta d’Italia, Quadrante III NO-SO, Università degli Studi di Cagliari,Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1947-48, pp. 1-157; F. Manconi, Saggio di Ca-talogo archeologico (Foglio 181, Quadrante IV), Università degli Studi di Cagliari,

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CATALOGO

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CATALOGO

Page 108: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

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CARTA A: CARTINA DI DENSITÀ DEI NURAGHI

zone prive di nuraghi

zone con densità inferiore al 0,1 per km2

zone con densità da 0,1 a 0,35 per km2

zone con densità da 0,35 a 0,60 per km2

zone con densità superiore a 0,60 per km2

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CARTA A: CARTINA DI DENSITÀ DEI NURAGHI

zone prive di nuraghi

zone con densità inferiore al 0,1 per km2

zone con densità da 0,1 a 0,35 per km2

zone con densità da 0,35 a 0,60 per km2

zone con densità superiore a 0,60 per km2

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1. ÀGGIUS (Sàssari): nuraghe Ìzzana2. TÈMPIO (Sàssari): nuraghe Bùdas3. CALANGIANUS (Sàssari): nuraghe Agnu4. TÈMPIO (Sàssari): nuraghe Tanca Manna5. SÀSSARI (Sàssari): nuraghe Piandànna6. ÒSILO (Sàssari): nuraghe Baiòlu7. ALGHERO (Sàssari): nuraghe Palmavera8. URI (Sàssari): nuraghe Peppe Gallu9. PLOÀGHE (Sàssari): nuraghe Attentu

10. THIÈSI (Sàssari): nuraghe Fronte ’e Mola11. TORRALBA (Sàssari): nuraghe Oes12. TORRALBA (Sàssari): nuraghe Santu Antìne13. MORES (Sàssari): nuraghe Sa Cuguttàda14. ITTIRÈDDU (Sàssari): nuraghe Sa Domo ’e

s’Orku15. OZIÈRI (Sàssari): nuraghe Sant’Àlvera16. SEMÈSTENE (Sàssari): nuraghe S’Iscàla ’e Pedra17. BOLÒTANA (Nùoro): nuraghe Perka ’e Pazza18. BOLÒTANA (Nùoro): nuraghe Tittiriòla19. BOLÒTANA (Nùoro): nuraghe Sa Còa Filigòsa20. ILLORÀI-ESPORLATU (Sàssari): nuraghe Frida21. BURGOS (Sàssari): nuraghe Su Fràile22. NÙORO (Nùoro): nuraghe Noddùle23. NÙORO (Nùoro): nuraghe Sa Preda Longa24. SUNI (Nùoro): nuraghe Nuraddèo25. POZZOMAGGIORE (Sàssari): nuraghe Ala26. SUNI (Nùoro): nuraghe Sèneghe27. SUNI (Nùoro): nuraghe Lighedu28. SINDÌA (Nùoro): nuraghe Santa Bàrbara29. MACOMÈR (Nùoro): nuraghe Santa Bàrbara30. BORTIGALI (Nùoro): nuraghe Tùsari31. SILÀNUS (Nùoro): nuraghe Santa Sarbàna32. SILÀNUS (Nùoro): nuraghe Orolìo33. SILÀNUS (Nùoro): nuraghe Muràrtu34. ORÀNI (Nùoro): nuraghe S’Attentu35. OTTANA (Nùoro): nuraghe Marasòrighes36. SILÀNUS (Nùoro): nuraghe Siligògu37. BORTIGALI (Nùoro): nuraghe Àidu Arbu38. SÀGAMA (Nùoro): nuraghe Mulinèddu39. SÀGAMA (Nùoro): nuraghe Funtanedda40. FLUSSIO (Nùoro): nuraghe Giànnas41. SCANU M. (Nùoro): nuraghe Sa Figu Rànchida42. SCANU M. (Nùoro): nuraghe Altòriu43. SCANU M. (Nùoro): nuraghe Sa Mura ’e

Màzzala44. SCANU M. (Nùoro): nuraghe Cùnculu45. SCANU M. (Nùoro): nuraghe Mes’e Rìos46. SCANU M. (Nùoro): nuraghe Salàggioro47. SCANU M. (Nùoro): nuraghe Abbaùddi48. SENNARÌOLO (Nùoro): nuraghe S’ena ’e Tìana49. TRESNURAGHES (Nùoro): nuraghe Nani50. SENNARÌOLO (Nùoro): nuraghe Leortìnas51. SENNARÌOLO (Nùoro): nuraghe Frommìgas52. SANTULUSSÙRGIU (Cagliari): nuraghe Krasta53. CÙGLIERI (Nùoro): nuraghe Longu54. CÙGLIERI (Nùoro): nuraghe Mont’e Làcana55. SANTULUSSÙRGIU (Cagliari): nuraghe Muru

de sa Figu

56. BONÀRCADO (Cagliari): nuraghe Bronku57. ABBASANTA (Cagliari): nuraghe Losa58. BONÀRCADO (Cagliari): nuraghe Nàrgius59. BONÀRCADO (Cagliari): nuraghe Serra Crà-

stula A60. BONÀRCADO (Cagliari): nuraghe Giànna

Uda61. PAULILÀTINO (Cagliari): nuraghe Lughèrras62. SÈNEGHE (Cagliari): nuraghe Còa Perdòsa63. SÈNEGHE (Cagliari): nuraghe Molinèddu64. BONÀRCADO (Cagliari): nuraghe Quàu65. TONÀRA (Nùoro): nuraghe Su Nuràzze66. SAMUGHÈO (Cagliari): nuraghe Perda Arrùbia67. ÀRZANA (Nùoro): nuraghe Orrùbiu68. ILBONO (Nùoro): complesso nuragico di Scerì69. SENIS (Cagliari): nuraghe Mannu70. OSÌNI (Nùoro): complesso nuragico di Serbìssi71. LOCÈRI (Nùoro): nuraghe Pùliga72. BARISÀRDO (Nùoro): nuraghe Giba ’e Scorka73. BARISÀRDO (Nùoro): nuraghe Mindèddu74. GÀIRO (Nùoro): nuraghe Genna Masòni75. USSÀSSAI (Nùoro): nuraghe Casteddu Joni76. POMPU (Cagliari): nuraghe Su Sensu77. SIRIS (Cagliari): nuraghe Pranu Nuracci78. GÈSTURI (Cagliari): nuraghe Brunku Màdili79. GÈSTURI (Cagliari): nuraghe Addèu80. ISILI (Nùoro): nuraghe Is Paras81. NURRI (Nùoro): nuraghe Santu Perdu82. NURRI (Nùoro): nuraghe Koròngiu e Maria83. ESTERZÌLI (Nùoro): tempio a megaron di Do-

mu de Orgìa84. TURRI (Cagliari): nuraghe Su Sensu85. BARÙMINI (Cagliari): nuraghe Su Nuraxi86. GERGÈI (Nùoro): nuraghe S’Urdèlli87. ORRÒLI (Nùoro): nuraghe Sa Serra88. NURRI (Nùoro): nuraghe Gurti Àqua 89. ORRÒLI (Nùoro): nuraghe Funtana Spidu90. ORRÒLI (Nùoro): nuraghe Karcìna91. ORRÒLI (Nùoro): nuraghe Orrùbiu92. PERDASDEFÒGU (Nùoro): nuraghe Mont’e

s’Orku Tuèri93. TERTENÌA (Nùoro): nuraghe Marosìni94. TERTENÌA (Nùoro): nuraghe Su Konkàli95. GÙSPINI (Cagliari): recinto nuragico di Sa

Urècci96. GÙSPINI (Cagliari): nuraghe Santa Sofìa97. MÒGORO (Cagliari): nuraghe Mudègu98. MÒGORO (Cagliari): nuraghe Su Guvèntu99. GÈSICO (Cagliari): nuraghe Su Còvunu

100. SUELLI (Cagliari): nuraghe Piscu101. SÌSINI (Cagliari): nuraghe Su Nuraxi102. SAN BASÌLIO (Cagliari): nuraghe S’Omu ’e s’Orku103. GONI (Cagliari): nuraghe Goni104. ARMÙNGIA (Cagliari): nuraghe Scandarìu105. ARMÙNGIA (Cagliari): nuraghe Armùngia106. SAN VITO (Cagliari): nuraghe Asòru107. DOMUSNÒVAS (Cagliari): nuraghe S’Orku108. SARRÒK (Cagliari): nuraghe Domu s’Orku

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Catalogo

CARTA B: CARTINA DEI NURAGHI CATALOGATI E STUDIATI

Page 111: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. ÀGGIUS (Sàssari): nuraghe Ìzzana2. TÈMPIO (Sàssari): nuraghe Bùdas3. CALANGIANUS (Sàssari): nuraghe Agnu4. TÈMPIO (Sàssari): nuraghe Tanca Manna5. SÀSSARI (Sàssari): nuraghe Piandànna6. ÒSILO (Sàssari): nuraghe Baiòlu7. ALGHERO (Sàssari): nuraghe Palmavera8. URI (Sàssari): nuraghe Peppe Gallu9. PLOÀGHE (Sàssari): nuraghe Attentu

10. THIÈSI (Sàssari): nuraghe Fronte ’e Mola11. TORRALBA (Sàssari): nuraghe Oes12. TORRALBA (Sàssari): nuraghe Santu Antìne13. MORES (Sàssari): nuraghe Sa Cuguttàda14. ITTIRÈDDU (Sàssari): nuraghe Sa Domo ’e

s’Orku15. OZIÈRI (Sàssari): nuraghe Sant’Àlvera16. SEMÈSTENE (Sàssari): nuraghe S’Iscàla ’e Pedra17. BOLÒTANA (Nùoro): nuraghe Perka ’e Pazza18. BOLÒTANA (Nùoro): nuraghe Tittiriòla19. BOLÒTANA (Nùoro): nuraghe Sa Còa Filigòsa20. ILLORÀI-ESPORLATU (Sàssari): nuraghe Frida21. BURGOS (Sàssari): nuraghe Su Fràile22. NÙORO (Nùoro): nuraghe Noddùle23. NÙORO (Nùoro): nuraghe Sa Preda Longa24. SUNI (Nùoro): nuraghe Nuraddèo25. POZZOMAGGIORE (Sàssari): nuraghe Ala26. SUNI (Nùoro): nuraghe Sèneghe27. SUNI (Nùoro): nuraghe Lighedu28. SINDÌA (Nùoro): nuraghe Santa Bàrbara29. MACOMÈR (Nùoro): nuraghe Santa Bàrbara30. BORTIGALI (Nùoro): nuraghe Tùsari31. SILÀNUS (Nùoro): nuraghe Santa Sarbàna32. SILÀNUS (Nùoro): nuraghe Orolìo33. SILÀNUS (Nùoro): nuraghe Muràrtu34. ORÀNI (Nùoro): nuraghe S’Attentu35. OTTANA (Nùoro): nuraghe Marasòrighes36. SILÀNUS (Nùoro): nuraghe Siligògu37. BORTIGALI (Nùoro): nuraghe Àidu Arbu38. SÀGAMA (Nùoro): nuraghe Mulinèddu39. SÀGAMA (Nùoro): nuraghe Funtanedda40. FLUSSIO (Nùoro): nuraghe Giànnas41. SCANU M. (Nùoro): nuraghe Sa Figu Rànchida42. SCANU M. (Nùoro): nuraghe Altòriu43. SCANU M. (Nùoro): nuraghe Sa Mura ’e

Màzzala44. SCANU M. (Nùoro): nuraghe Cùnculu45. SCANU M. (Nùoro): nuraghe Mes’e Rìos46. SCANU M. (Nùoro): nuraghe Salàggioro47. SCANU M. (Nùoro): nuraghe Abbaùddi48. SENNARÌOLO (Nùoro): nuraghe S’ena ’e Tìana49. TRESNURAGHES (Nùoro): nuraghe Nani50. SENNARÌOLO (Nùoro): nuraghe Leortìnas51. SENNARÌOLO (Nùoro): nuraghe Frommìgas52. SANTULUSSÙRGIU (Cagliari): nuraghe Krasta53. CÙGLIERI (Nùoro): nuraghe Longu54. CÙGLIERI (Nùoro): nuraghe Mont’e Làcana55. SANTULUSSÙRGIU (Cagliari): nuraghe Muru

de sa Figu

56. BONÀRCADO (Cagliari): nuraghe Bronku57. ABBASANTA (Cagliari): nuraghe Losa58. BONÀRCADO (Cagliari): nuraghe Nàrgius59. BONÀRCADO (Cagliari): nuraghe Serra Crà-

stula A60. BONÀRCADO (Cagliari): nuraghe Giànna

Uda61. PAULILÀTINO (Cagliari): nuraghe Lughèrras62. SÈNEGHE (Cagliari): nuraghe Còa Perdòsa63. SÈNEGHE (Cagliari): nuraghe Molinèddu64. BONÀRCADO (Cagliari): nuraghe Quàu65. TONÀRA (Nùoro): nuraghe Su Nuràzze66. SAMUGHÈO (Cagliari): nuraghe Perda Arrùbia67. ÀRZANA (Nùoro): nuraghe Orrùbiu68. ILBONO (Nùoro): complesso nuragico di Scerì69. SENIS (Cagliari): nuraghe Mannu70. OSÌNI (Nùoro): complesso nuragico di Serbìssi71. LOCÈRI (Nùoro): nuraghe Pùliga72. BARISÀRDO (Nùoro): nuraghe Giba ’e Scorka73. BARISÀRDO (Nùoro): nuraghe Mindèddu74. GÀIRO (Nùoro): nuraghe Genna Masòni75. USSÀSSAI (Nùoro): nuraghe Casteddu Joni76. POMPU (Cagliari): nuraghe Su Sensu77. SIRIS (Cagliari): nuraghe Pranu Nuracci78. GÈSTURI (Cagliari): nuraghe Brunku Màdili79. GÈSTURI (Cagliari): nuraghe Addèu80. ISILI (Nùoro): nuraghe Is Paras81. NURRI (Nùoro): nuraghe Santu Perdu82. NURRI (Nùoro): nuraghe Koròngiu e Maria83. ESTERZÌLI (Nùoro): tempio a megaron di Do-

mu de Orgìa84. TURRI (Cagliari): nuraghe Su Sensu85. BARÙMINI (Cagliari): nuraghe Su Nuraxi86. GERGÈI (Nùoro): nuraghe S’Urdèlli87. ORRÒLI (Nùoro): nuraghe Sa Serra88. NURRI (Nùoro): nuraghe Gurti Àqua 89. ORRÒLI (Nùoro): nuraghe Funtana Spidu90. ORRÒLI (Nùoro): nuraghe Karcìna91. ORRÒLI (Nùoro): nuraghe Orrùbiu92. PERDASDEFÒGU (Nùoro): nuraghe Mont’e

s’Orku Tuèri93. TERTENÌA (Nùoro): nuraghe Marosìni94. TERTENÌA (Nùoro): nuraghe Su Konkàli95. GÙSPINI (Cagliari): recinto nuragico di Sa

Urècci96. GÙSPINI (Cagliari): nuraghe Santa Sofìa97. MÒGORO (Cagliari): nuraghe Mudègu98. MÒGORO (Cagliari): nuraghe Su Guvèntu99. GÈSICO (Cagliari): nuraghe Su Còvunu

100. SUELLI (Cagliari): nuraghe Piscu101. SÌSINI (Cagliari): nuraghe Su Nuraxi102. SAN BASÌLIO (Cagliari): nuraghe S’Omu ’e s’Orku103. GONI (Cagliari): nuraghe Goni104. ARMÙNGIA (Cagliari): nuraghe Scandarìu105. ARMÙNGIA (Cagliari): nuraghe Armùngia106. SAN VITO (Cagliari): nuraghe Asòru107. DOMUSNÒVAS (Cagliari): nuraghe S’Orku108. SARRÒK (Cagliari): nuraghe Domu s’Orku

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Catalogo

CARTA B: CARTINA DEI NURAGHI CATALOGATI E STUDIATI

Page 112: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

Fig. 1: planimetrie di nuraghi semplici1. Orrùbiu-Àrzana; 2. S’Iscàla ’e Pedra-Semèstene; 3. Baiòlu-Òsilo; 4. Mindèd-du-Barisàrdo; 5. Genna Masòni-Gàiro; 6. Sa Domo ’e s’Orku-Ittirèddu; 7. Nu-raddèo-Suni; 8. Marosìni-Tertenìa; 9. Muru de sa Figu-Santulussùrgiu; 10. S’At-tentu-Oràni; 11. Piandànna-Sàssari; 12. S’Omu ’e s’Orku-San Basìlio; 13.Karcìna-Orròli; 14. Gurti Àqua-Nurri; 15. Sa Preda Longa-Nùoro; 16. Su Frài-le-Burgos; 17. Giànnas-Flussio; 18. Madrone-Silànus; 19. Tittiriòla-Bolòtana;20. Abbaùddi-Scanu Montiferru; 21. Sa Figu Rànchida-Scanu Montiferru; 22.Sa Cuguttàda-Mores; 23. Muràrtu-Silànus; 24. Leortìnas-Sennarìolo; 25. SantuAntìne-Torralba.

Figura 1, 1: nuraghe ORRÙBIU-Àrzana (Nùoro); cartina B, 67.Si eleva a quota di 992 metri su d’un’altura rocciosa e impervia, in vista d’un paesaggiosilvestre di grande suggestione. È un nuraghe monotorre, del tipo elementare, di pianta

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Catalogo

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

1 2 3 4 5

6 7 8 9 10

11 12 13 14 15

11 12 13 14 15

16 17 18 19 20

circolare (diametro m 10,80), con l’ingresso a Sudest. Nell’andito, di m 3,20 di lunghezza x1 circa di larghezza, né garetta né scala. All’interno, la camera centrica e rotonda ha m 4,80di diametro sul colmaticcio. Il cono si conserva per l’altezza massima residua di m 1,70 aSudovest. L’opera muraria è di granito rossiccio (donde il nome di Orrùbiu – rosso – delnuraghe), con blocchi appena sbozzati di medie dimensioni: m 0,76 x 0,52 x 0,18 di altez-za; 0,66 x 0,42 x 0,27; 0,54 x 0,45 x 0,20. Nel terreno adiacente si osservano resti di stovi-glie d’impasto nerastro e rossastro, di età nuragica.

Bibliografia: O. Ferreli, Saggio di Catalogo archeologico sul foglio 218 della Carta d’Italia, I, NE-SE, Uni-versità di Cagliari, a.a. 1951-1952, p. 9 s., tav. IV, fig. 5.

Figura 1, 2: nuraghe S’ISCÀLA ’E PEDRA-Semèstene (Sàssari); cartina B, 16.A quota di 470 m, su un pendio a mezza costa, seminascosto in un vallone, fra terrenifertili e coltivati. Monotorre di piano circolare di m 11 di diametro, con ingresso aSud, in parte interrato. Nell’andito, leggermente strombato verso la camera, lungo m3,20, non si nota segno di garetta; certamente non v’è la scala. Anche la camera, cen-trica, di m 4,40 di diametro, non mostra nicchie; presenta invece, a m 2,90 dal risvoltointerno dell’andito, sulla destra, un’apertura sopraelevata di m 0,80 sull’attuale riempi-mento (più alta in realtà) che mette nella scala a spirale. Questa scala, con luce sullacamera di m 1,60 d’altezza x 0,80 di larghezza, gira nello spessore murario da sinistraa destra con un percorso seguibile per 3 metri circa; è ostruita poi nel tratto che sfo-ciava sul terrazzo. L’andito, col soffitto elevato gradualmente verso la camera, da m 1 a3,20 (misure prese sull’interrimento), presenta sezione ogivale, come la tholos che è al-ta m 5 sul colmaticcio. Il cono residua all’esterno per m 6 d’altezza (a Nord), ed è co-stituito da un paramento di blocchi di basalto bruti, con interblocchi riscagliati e conabbondante uso di terra e zeppe. Il volume medio delle pietre si tiene nella parte basa-le su mc 0,5 e allo svettamento su 0,2.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XIX, 1849, p. 834 (Scala Pedra); A. Taramelli, Carta ar-cheologica, p. 193, 1940, p. 66, n. 28; V. Tetti, Saggio di Catalogo archeologico Carta d’Italia, Foglio 193,II, SO-SE, Università di Cagliari, a.a. 1956-57, p. 41 ss.

Figura 1, 3: nuraghe BAIÒLU-Òsilo (Sàssari); cartina B, 6.È posto sopra un dirupo roccioso, a dominio della vallata sottostante. Nuraghe mono-torre circolare del diametro di m 9 circa allo svettamento, con spessore murario da m 3(muro dove si svolge la scala) a 1,80 (Ovest); mostra l’ingresso a Sud, di m 0,75 di lar-ghezza x 0,65 d’altezza visibile. Dietro l’ingresso il corridoio, di m 0,75/1,05 di larghez-za, lungo m 2,20, alto sul colmaticcio m 1,45, riceve sulla destra l’apertura della garetta,rettangolare, di m 1,10 x 1,40 di altezza, con pareti laterali aggettanti. La camera eccen-trica, ellittica (m 4,40 x 3,60), con la volta crollata, non mostra spazi sussidiari; presentainvece, sulla parete destra verso il fondo, ad altezza dal pavimento, l’apertura della scala(largh. m 0,90) che gira da sinistra a destra nello spessore murario maggiore. Il cono siconserva per l’altezza residua massima di m 4 su 13 filari a Nordovest, a Sudsudovest èquasi completamente interrato. Il paramento esterno è costituito di blocchi di trachitemonolitica di forma poligonale, con dimensioni di m 1,61 x 0,50 x 0,51; 0,55 x 0,81 x0,24; 0,86 x 0,91 x 0,45. Da Sudsudovest a Sudsudest si sviluppa ad arco un muro re-cintorio di rinforzo del cono, nella parte di più difficile accesso e dirupata, residuato in

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Fig. 1: planimetrie di nuraghi semplici1. Orrùbiu-Àrzana; 2. S’Iscàla ’e Pedra-Semèstene; 3. Baiòlu-Òsilo; 4. Mindèd-du-Barisàrdo; 5. Genna Masòni-Gàiro; 6. Sa Domo ’e s’Orku-Ittirèddu; 7. Nu-raddèo-Suni; 8. Marosìni-Tertenìa; 9. Muru de sa Figu-Santulussùrgiu; 10. S’At-tentu-Oràni; 11. Piandànna-Sàssari; 12. S’Omu ’e s’Orku-San Basìlio; 13.Karcìna-Orròli; 14. Gurti Àqua-Nurri; 15. Sa Preda Longa-Nùoro; 16. Su Frài-le-Burgos; 17. Giànnas-Flussio; 18. Madrone-Silànus; 19. Tittiriòla-Bolòtana;20. Abbaùddi-Scanu Montiferru; 21. Sa Figu Rànchida-Scanu Montiferru; 22.Sa Cuguttàda-Mores; 23. Muràrtu-Silànus; 24. Leortìnas-Sennarìolo; 25. SantuAntìne-Torralba.

Figura 1, 1: nuraghe ORRÙBIU-Àrzana (Nùoro); cartina B, 67.Si eleva a quota di 992 metri su d’un’altura rocciosa e impervia, in vista d’un paesaggiosilvestre di grande suggestione. È un nuraghe monotorre, del tipo elementare, di pianta

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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11 12 13 14 15

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circolare (diametro m 10,80), con l’ingresso a Sudest. Nell’andito, di m 3,20 di lunghezza x1 circa di larghezza, né garetta né scala. All’interno, la camera centrica e rotonda ha m 4,80di diametro sul colmaticcio. Il cono si conserva per l’altezza massima residua di m 1,70 aSudovest. L’opera muraria è di granito rossiccio (donde il nome di Orrùbiu – rosso – delnuraghe), con blocchi appena sbozzati di medie dimensioni: m 0,76 x 0,52 x 0,18 di altez-za; 0,66 x 0,42 x 0,27; 0,54 x 0,45 x 0,20. Nel terreno adiacente si osservano resti di stovi-glie d’impasto nerastro e rossastro, di età nuragica.

Bibliografia: O. Ferreli, Saggio di Catalogo archeologico sul foglio 218 della Carta d’Italia, I, NE-SE, Uni-versità di Cagliari, a.a. 1951-1952, p. 9 s., tav. IV, fig. 5.

Figura 1, 2: nuraghe S’ISCÀLA ’E PEDRA-Semèstene (Sàssari); cartina B, 16.A quota di 470 m, su un pendio a mezza costa, seminascosto in un vallone, fra terrenifertili e coltivati. Monotorre di piano circolare di m 11 di diametro, con ingresso aSud, in parte interrato. Nell’andito, leggermente strombato verso la camera, lungo m3,20, non si nota segno di garetta; certamente non v’è la scala. Anche la camera, cen-trica, di m 4,40 di diametro, non mostra nicchie; presenta invece, a m 2,90 dal risvoltointerno dell’andito, sulla destra, un’apertura sopraelevata di m 0,80 sull’attuale riempi-mento (più alta in realtà) che mette nella scala a spirale. Questa scala, con luce sullacamera di m 1,60 d’altezza x 0,80 di larghezza, gira nello spessore murario da sinistraa destra con un percorso seguibile per 3 metri circa; è ostruita poi nel tratto che sfo-ciava sul terrazzo. L’andito, col soffitto elevato gradualmente verso la camera, da m 1 a3,20 (misure prese sull’interrimento), presenta sezione ogivale, come la tholos che è al-ta m 5 sul colmaticcio. Il cono residua all’esterno per m 6 d’altezza (a Nord), ed è co-stituito da un paramento di blocchi di basalto bruti, con interblocchi riscagliati e conabbondante uso di terra e zeppe. Il volume medio delle pietre si tiene nella parte basa-le su mc 0,5 e allo svettamento su 0,2.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XIX, 1849, p. 834 (Scala Pedra); A. Taramelli, Carta ar-cheologica, p. 193, 1940, p. 66, n. 28; V. Tetti, Saggio di Catalogo archeologico Carta d’Italia, Foglio 193,II, SO-SE, Università di Cagliari, a.a. 1956-57, p. 41 ss.

Figura 1, 3: nuraghe BAIÒLU-Òsilo (Sàssari); cartina B, 6.È posto sopra un dirupo roccioso, a dominio della vallata sottostante. Nuraghe mono-torre circolare del diametro di m 9 circa allo svettamento, con spessore murario da m 3(muro dove si svolge la scala) a 1,80 (Ovest); mostra l’ingresso a Sud, di m 0,75 di lar-ghezza x 0,65 d’altezza visibile. Dietro l’ingresso il corridoio, di m 0,75/1,05 di larghez-za, lungo m 2,20, alto sul colmaticcio m 1,45, riceve sulla destra l’apertura della garetta,rettangolare, di m 1,10 x 1,40 di altezza, con pareti laterali aggettanti. La camera eccen-trica, ellittica (m 4,40 x 3,60), con la volta crollata, non mostra spazi sussidiari; presentainvece, sulla parete destra verso il fondo, ad altezza dal pavimento, l’apertura della scala(largh. m 0,90) che gira da sinistra a destra nello spessore murario maggiore. Il cono siconserva per l’altezza residua massima di m 4 su 13 filari a Nordovest, a Sudsudovest èquasi completamente interrato. Il paramento esterno è costituito di blocchi di trachitemonolitica di forma poligonale, con dimensioni di m 1,61 x 0,50 x 0,51; 0,55 x 0,81 x0,24; 0,86 x 0,91 x 0,45. Da Sudsudovest a Sudsudest si sviluppa ad arco un muro re-cintorio di rinforzo del cono, nella parte di più difficile accesso e dirupata, residuato in

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l’ingresso a Sud, con architrave di m 2 x 0,90 x 0,30. L’andito retrostante, di m 3,50 dilunghezza x 1,20 di larghezza x 2 d’altezza, a sezione trapezia, privo di spazi sussidiari, in-troduce nella camera. Quest’ultima, eccentrica, rotonda del diametro di m 3, mostra unanicchia sul fondo, di piano semiellittico, di m 1 di larghezza x 1 di profondità x 2 d’altez-za. Il cono si conserva per l’altezza esterna massima di m 4 ad Ovest; la camera è ripienadi crollo per la gran parte. Opera poliedrica di basalto con zeppe negli interstizi, a pietrenon lavorate. A 20 m circa a Nordovest del nuraghe, si osservano i resti d’un’abitazionedi pianta rettangolare, di m 11,80 x 8,40 compreso lo spessore del muro di m 1,50,con l’uscio a Sudovest, forse di età romana. Dentro l’andito del nuraghe e all’esterno,resti di stoviglie nuragiche d’impasto rozzo e anche d’aspetto buccheroide.Bibliografia: A. Taramelli-P. Mingazzini, Carta archeologica (Bonorva), foglio 193, 1940, I SE, p. 9, n.9; P. Pintus, Saggio di Catalogo archeologico, Foglio 193 della Carta d’Italia, II, NE e I SE, Università diCagliari, a.a. 1945-46, p. 63 ss., tav. n. 32; G. Lilliu, St.S. (Studi Sardi) XVI, 1960, p. 58, nota 44.

Figura 1, 7: nuraghe NURADDÈO-Suni (Nùoro).Planimetria della torre centrale. Si veda la scheda descrittiva della figura 8, 3.

Figura 1, 8: nuraghe MAROSÌNI-Tertenìa (Nùoro); cartina B, 93.Nella regione di Sàrrala, su d’un mammellone granitico che si affaccia, dominandola,sulla pianura, a quota di m 124. Il nuraghe è di forma complessa, costituita da unatorre antica (A) – data qui nella planimetria – con addizione laterale tangenziale, aSudovest, d’una torre aggiunta (B); a Nord del gruppo di due torri, resti d’un contraf-forte a due rami che si incontrano ad angolo ottuso (C). La torre primitiva (fig. 1, 8)è di figura circolare, del diametro di m 8,50 con spessore murario di m 2,55; l’ingres-so lo ha ad Est, di m 1,16/0,56 di larghezza, sormontato da pietra di architrave di m0,70 x 0,28 x 0,47. L’andito retrostante, lungo m 2,48, non presenta, almeno in ap-parenza, né garetta né scala; introduce alla camera, di forma leggermente ovoidale,centrica, di diametro di m 4,00 x 3,25. Sulla parete sinistra per chi entra nella camera,un’apertura di m 0,65 di larghezza mette a due nicchie contrapposte, sviluppate nel-l’arco Sud del muro della torre; di forma semiellittica, molto profonde, la nicchia a si-nistra è larga m 0,72, profonda 2,95 e alta 1,22, e quella a destra di m 0,70, 3,50 e1,20. Si possono ritenere destinate a giaciglio. Il cono si conserva per l’altezza massi-ma di m 4,70 su 12 filari. La camera, a sezione ogivale, mostra elevazione massima diparete sul colmaticcio di m 1,60 (a Sudest). Il taglio dell’ingresso è trapezoidale; adaggetto quello delle nicchie entro la camera. L’opera muraria è di tipo poliedrico-subqua-drato di granito grigio e rossiccio, a disposizione di file relativamente regolare, con bloc-chi di grandi dimensioni alla base, poi diminuenti verso l’alto: m 1,17 x 0,69 x 0,30;1,06 x 0,59 x 0,51; 0,83 x 0,75 x 0,24. La torre B – non disegnata nella figura – cir-colare del diametro di m 7,20 è molto distrutta. Si rileva a tratti lo spessore murariodi m 1; l’ingresso forse a Sudsudest. Il contrafforte C – pure non disegnato – sta a m4 di distanza dal nuraghe; è lungo m 7,40, spesso 1,20 e alto 3,80 su 8 file. La tecnicamuraria delle parti aggiunte non differisce da quella del nucleo originario. Alla super-ficie del terreno, resti di ceramica nuragica.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XX, 1850, p. 855; F. Carta, Saggio cit., 1954-55, p. 117 ss.,tav. X, fot. 38; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 60, nota 57.

2-3 filari di blocchi poligonali. Nelle vicinanze del nuraghe, sul terreno, si osservanoframmenti di ceramica e una “meta” di macina in basalto, di età romana.Bibliografia: A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 115 (dall’elenco Angius del 1835, col nome di Pagiòlu);Chelo, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 180 della Carta d’Italia, III, NE-SE, Università di Ca-gliari, a.a. 1951-52, parte I, p. 231 ss., tav. XXIII, fig. 71; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 151.

Figura 1, 4: nuraghe MINDÈDDU-Barisàrdo (Nùoro); cartina B, 73.A m 38 di quota, su d’un mammellone distante 300 m dal mare di Barisàrdo. Mono-torre, circolare del diametro di m 9, con ingresso a Sud, del tutto ostruito, sormonta-to da pietra d’architrave di m 1,95 x 0,43. Nell’andito retrostante, rettangolare, largom 0,95 lungo 3 e alto 2,10, sulla sinistra si presenta l’apertura della scala larga m 0,80e alta (sul colmaticcio) 0,85, percorribile per circa 5 metri. La camera, leggermenteeccentrica, circolare del diametro di m 3,90 al riempimento, non ha spazi sussidiariall’intorno. Opera poliedrica rozza di granito, a stratificazione irregolare, con uso dizeppe e malta di fango; misure di blocchi: m 0,95 x 0,47 x 0,50; 0,72 x 0,53 x 0,42;0,69 x 0,75 x 0,57. A Nordovest e a Sudest della torre, a m 8 di distanza, si conserva-no i resti d’un recinto o contrafforte concentrico al nucleo centrale, l’uno di m 4,70di lunghezza, alto 3,40 su 7 file e l’altro resto di m 6,30 x 3,10 su 6 file; lo spessore èdi m 1,15. I blocchi misurano m 0,80 x 0,35 x 0,45; 0,63 x 0,50 x 0,40; 0,55 x 0,46x 0,35. Residui di stoviglie di età nuragica nel terreno adiacente alla costruzione.Bibliografia: E.E.M. (Elenco Edifici Monumentali) (prov. di Cagliari), p. 84; F. Carta, Saggio di Catalogoarcheologico sul Foglio 219 della Carta d’Italia, II, NE-SE, Università di Cagliari, a.a. 1954-1955, p. 67ss., tav. VII, fot. 27.

Figura 1, 5: nuraghe GENNA MASÒNI-Gàiro (Nùoro); cartina B, 74.Su un ciglione roccioso a quota di m 121, a dominio delle pianure di Pelàu e di Cam-pu Mannu. Monotorre, circolare del diametro di circa 10 metri, con ingresso a Sud-est, rastremato (m 0,98/0,18 di larghezza), alto m 1,55, coperto da architrave di m1,15 x 0,87 x 0,79. Nel corridoio di accesso, rettangolare, lungo m 3,20 e largo1,40/0,80, mettono dalle due parti, fronteggiandosi, la garetta a destra di piano semi-circolare (larghezza in base 0,95, in alto 0,32 x 1,55 di profondità) e la scala a sinistra,non rilevabile a causa della rovina. Della camera si delinea il giro al piano di svetta-mento, di m 3,50 di diametro, per il resto è riempita dal deposito di crollo per cuinon è dato di rilevarne gli spazi interni che tuttavia, per trovar l’analogo in altri nura-ghi, si possono immaginare nella articolazione delle tre nicchie in croce. La sezionedel corridoio è ad angolo acuto, trapezoidale quella delle luci della garetta e della scalad’andito; ogivale il taglio della camera. Il cono si conserva per l’altezza massima di m3,75 su 11 filari, a Ovest. Opera di granito poliedrica, con pietre di medie dimensio-ni: m 0,75 x 0,54 x 0,43; 0,68 x 0,72 x 0,37; 0,72 x 0,45 x 0,39. Nel terreno circo-stante al nuraghe, resti di stoviglie comuni di impasto, di età nuragica.Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 111; F. Carta, Saggio cit., 1954-55, p. 41 ss., tav. III, fot. 22.

Figura 1, 6: nuraghe SA DOMO ’E S’ORKU-Ittirèddu (Sàssari); cartina B, 14.A m 296 di quota, su un altopiano basaltico coperto di lecci e di macchia mediterra-nea. Monotorre, circolare con circonferenza esterna di m 31,40 (diametro m 9,40), ha

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l’ingresso a Sud, con architrave di m 2 x 0,90 x 0,30. L’andito retrostante, di m 3,50 dilunghezza x 1,20 di larghezza x 2 d’altezza, a sezione trapezia, privo di spazi sussidiari, in-troduce nella camera. Quest’ultima, eccentrica, rotonda del diametro di m 3, mostra unanicchia sul fondo, di piano semiellittico, di m 1 di larghezza x 1 di profondità x 2 d’altez-za. Il cono si conserva per l’altezza esterna massima di m 4 ad Ovest; la camera è ripienadi crollo per la gran parte. Opera poliedrica di basalto con zeppe negli interstizi, a pietrenon lavorate. A 20 m circa a Nordovest del nuraghe, si osservano i resti d’un’abitazionedi pianta rettangolare, di m 11,80 x 8,40 compreso lo spessore del muro di m 1,50,con l’uscio a Sudovest, forse di età romana. Dentro l’andito del nuraghe e all’esterno,resti di stoviglie nuragiche d’impasto rozzo e anche d’aspetto buccheroide.Bibliografia: A. Taramelli-P. Mingazzini, Carta archeologica (Bonorva), foglio 193, 1940, I SE, p. 9, n.9; P. Pintus, Saggio di Catalogo archeologico, Foglio 193 della Carta d’Italia, II, NE e I SE, Università diCagliari, a.a. 1945-46, p. 63 ss., tav. n. 32; G. Lilliu, St.S. (Studi Sardi) XVI, 1960, p. 58, nota 44.

Figura 1, 7: nuraghe NURADDÈO-Suni (Nùoro).Planimetria della torre centrale. Si veda la scheda descrittiva della figura 8, 3.

Figura 1, 8: nuraghe MAROSÌNI-Tertenìa (Nùoro); cartina B, 93.Nella regione di Sàrrala, su d’un mammellone granitico che si affaccia, dominandola,sulla pianura, a quota di m 124. Il nuraghe è di forma complessa, costituita da unatorre antica (A) – data qui nella planimetria – con addizione laterale tangenziale, aSudovest, d’una torre aggiunta (B); a Nord del gruppo di due torri, resti d’un contraf-forte a due rami che si incontrano ad angolo ottuso (C). La torre primitiva (fig. 1, 8)è di figura circolare, del diametro di m 8,50 con spessore murario di m 2,55; l’ingres-so lo ha ad Est, di m 1,16/0,56 di larghezza, sormontato da pietra di architrave di m0,70 x 0,28 x 0,47. L’andito retrostante, lungo m 2,48, non presenta, almeno in ap-parenza, né garetta né scala; introduce alla camera, di forma leggermente ovoidale,centrica, di diametro di m 4,00 x 3,25. Sulla parete sinistra per chi entra nella camera,un’apertura di m 0,65 di larghezza mette a due nicchie contrapposte, sviluppate nel-l’arco Sud del muro della torre; di forma semiellittica, molto profonde, la nicchia a si-nistra è larga m 0,72, profonda 2,95 e alta 1,22, e quella a destra di m 0,70, 3,50 e1,20. Si possono ritenere destinate a giaciglio. Il cono si conserva per l’altezza massi-ma di m 4,70 su 12 filari. La camera, a sezione ogivale, mostra elevazione massima diparete sul colmaticcio di m 1,60 (a Sudest). Il taglio dell’ingresso è trapezoidale; adaggetto quello delle nicchie entro la camera. L’opera muraria è di tipo poliedrico-subqua-drato di granito grigio e rossiccio, a disposizione di file relativamente regolare, con bloc-chi di grandi dimensioni alla base, poi diminuenti verso l’alto: m 1,17 x 0,69 x 0,30;1,06 x 0,59 x 0,51; 0,83 x 0,75 x 0,24. La torre B – non disegnata nella figura – cir-colare del diametro di m 7,20 è molto distrutta. Si rileva a tratti lo spessore murariodi m 1; l’ingresso forse a Sudsudest. Il contrafforte C – pure non disegnato – sta a m4 di distanza dal nuraghe; è lungo m 7,40, spesso 1,20 e alto 3,80 su 8 file. La tecnicamuraria delle parti aggiunte non differisce da quella del nucleo originario. Alla super-ficie del terreno, resti di ceramica nuragica.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XX, 1850, p. 855; F. Carta, Saggio cit., 1954-55, p. 117 ss.,tav. X, fot. 38; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 60, nota 57.

2-3 filari di blocchi poligonali. Nelle vicinanze del nuraghe, sul terreno, si osservanoframmenti di ceramica e una “meta” di macina in basalto, di età romana.Bibliografia: A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 115 (dall’elenco Angius del 1835, col nome di Pagiòlu);Chelo, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 180 della Carta d’Italia, III, NE-SE, Università di Ca-gliari, a.a. 1951-52, parte I, p. 231 ss., tav. XXIII, fig. 71; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 151.

Figura 1, 4: nuraghe MINDÈDDU-Barisàrdo (Nùoro); cartina B, 73.A m 38 di quota, su d’un mammellone distante 300 m dal mare di Barisàrdo. Mono-torre, circolare del diametro di m 9, con ingresso a Sud, del tutto ostruito, sormonta-to da pietra d’architrave di m 1,95 x 0,43. Nell’andito retrostante, rettangolare, largom 0,95 lungo 3 e alto 2,10, sulla sinistra si presenta l’apertura della scala larga m 0,80e alta (sul colmaticcio) 0,85, percorribile per circa 5 metri. La camera, leggermenteeccentrica, circolare del diametro di m 3,90 al riempimento, non ha spazi sussidiariall’intorno. Opera poliedrica rozza di granito, a stratificazione irregolare, con uso dizeppe e malta di fango; misure di blocchi: m 0,95 x 0,47 x 0,50; 0,72 x 0,53 x 0,42;0,69 x 0,75 x 0,57. A Nordovest e a Sudest della torre, a m 8 di distanza, si conserva-no i resti d’un recinto o contrafforte concentrico al nucleo centrale, l’uno di m 4,70di lunghezza, alto 3,40 su 7 file e l’altro resto di m 6,30 x 3,10 su 6 file; lo spessore èdi m 1,15. I blocchi misurano m 0,80 x 0,35 x 0,45; 0,63 x 0,50 x 0,40; 0,55 x 0,46x 0,35. Residui di stoviglie di età nuragica nel terreno adiacente alla costruzione.Bibliografia: E.E.M. (Elenco Edifici Monumentali) (prov. di Cagliari), p. 84; F. Carta, Saggio di Catalogoarcheologico sul Foglio 219 della Carta d’Italia, II, NE-SE, Università di Cagliari, a.a. 1954-1955, p. 67ss., tav. VII, fot. 27.

Figura 1, 5: nuraghe GENNA MASÒNI-Gàiro (Nùoro); cartina B, 74.Su un ciglione roccioso a quota di m 121, a dominio delle pianure di Pelàu e di Cam-pu Mannu. Monotorre, circolare del diametro di circa 10 metri, con ingresso a Sud-est, rastremato (m 0,98/0,18 di larghezza), alto m 1,55, coperto da architrave di m1,15 x 0,87 x 0,79. Nel corridoio di accesso, rettangolare, lungo m 3,20 e largo1,40/0,80, mettono dalle due parti, fronteggiandosi, la garetta a destra di piano semi-circolare (larghezza in base 0,95, in alto 0,32 x 1,55 di profondità) e la scala a sinistra,non rilevabile a causa della rovina. Della camera si delinea il giro al piano di svetta-mento, di m 3,50 di diametro, per il resto è riempita dal deposito di crollo per cuinon è dato di rilevarne gli spazi interni che tuttavia, per trovar l’analogo in altri nura-ghi, si possono immaginare nella articolazione delle tre nicchie in croce. La sezionedel corridoio è ad angolo acuto, trapezoidale quella delle luci della garetta e della scalad’andito; ogivale il taglio della camera. Il cono si conserva per l’altezza massima di m3,75 su 11 filari, a Ovest. Opera di granito poliedrica, con pietre di medie dimensio-ni: m 0,75 x 0,54 x 0,43; 0,68 x 0,72 x 0,37; 0,72 x 0,45 x 0,39. Nel terreno circo-stante al nuraghe, resti di stoviglie comuni di impasto, di età nuragica.Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 111; F. Carta, Saggio cit., 1954-55, p. 41 ss., tav. III, fot. 22.

Figura 1, 6: nuraghe SA DOMO ’E S’ORKU-Ittirèddu (Sàssari); cartina B, 14.A m 296 di quota, su un altopiano basaltico coperto di lecci e di macchia mediterra-nea. Monotorre, circolare con circonferenza esterna di m 31,40 (diametro m 9,40), ha

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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Nuraghe monotorre, circolare del diametro di m 11,50, con ingresso a Sudest, di m0,92 x 1,30 d’altezza, sormontato da pietra di architrave (m 1,90 x 0,81 x 0,65) alleg-gerita da finestrino di scarico di m 0,30 x 0,50. Nell’andito retrostante, leggermentestrombato verso l’interno, lungo m 4 e largo 0,80/1,20, si aprono a destra la garetta dipiano semiellittico (m 1,13 x 1,60 x 3 d’altezza) e a sinistra la scala a spirale, di m 0,97di larghezza in base e 0,30 di altezza visibile, in parte franata ma seguibile fino al ter-razzo. Alla camera eccentrica, rotonda del diametro di m 3,95, dà una nicchia in fondoa destra per chi entra, di m 1,60 di larghezza x 1 di profondità x 2,90 di altezza, a se-zione ogivale. Particolare notevole della camera è il suo conformarsi a piccolo atrio condue nicchiette per parte allo sfocio interno dell’andito (largh. m 2,40). La torre è altaall’esterno, al punto massimo residuo, m 6,50, con 12 file di pietre a Nord. La camerasi eleva fino a 6 metri dove si chiude la serraglia della pseudovolta (v. fig. 3, 3). L’operamuraria è del tipo subquadrato con pietre di calcare di forme regolari alla base e nella par-te mediana del paramento, mentre nei filari superiori si presentano massi di più grossola-na lavorazione, quasi poliedrici, di grandi e medie dimensioni: m 0,76 x 0,68 x 0,60;0,85 x 0,50 x 0,46; 0,82 x 0,58 x 0,61. A Sud del nuraghe, si apre la bocca a fior disuolo di una caverna naturale con parziali adattamenti fatti dall’uomo. Nel terrenoadiacente ammassi di pietra, resti di stoviglie di varia età ed embrici di periodo roma-no, segno che al centro nuragico ne seguì un altro in età storica.Bibliografia: M.V. Del Rio, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 180 della Carta d’Italia, III, NO-SO,Università di Cagliari, a.a. 1947-48, p. 73 ss., tav. VII, 29; G. Lilliu, St.S., IX, 1950, p. 449, 12; St.S.,XVI, 1960, p. 57, nota 41.

Figura 1, 12: nuraghe S’OMU ’E S’ORKU-San Basìlio (Cagliari); cartina B, 102.A 1 km a Sud del moderno abitato di San Basìlio, su d’un colle fra i rius Croccolàntie Perdu Molas. Monotorre circolare del diametro di m 11 allo svettamento, con in-gresso a Sud, ostruito. Dentro la camera, leggermente eccentrica, del diametro di m 5circa si aprono, ai due lati, l’uno rimpetto all’altro, due nicchioni in gran parte ripienidi macerie, larghi alla luce apparente m 1,20 e profondi 1,40/1,60. All’esterno la torresi conserva per l’altezza massima di m 4,70 su 11 file a Nordovest. L’opera muraria è ditipo subquadrato, con blocchi disposti a filari orizzontali regolari, con zeppe di rincal-zo; misure di blocchi: m 0,58 x 0,80 x 0,25; 0,70 x 0,75 x 0,20; 0,75 x 0,70 x 0,35.Resti di stoviglie d’impasto nuragico nel terreno circostante.Bibliografia: S. Ghiani, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 226, IV, SO-SE, Università di Cagliari,a.a. 1944-45, p. 116 ss., tav. V, 79; E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 158.

Figura 1, 13: nuraghe KARCÌNA-Orròli (Nùoro); cartina B, 90.A quota di m 573, sul limite dell’altopiano di Pranemuru. È del tipo binato a torricongiunte da un breve muro normale ad addizione laterale ad Est della torre principa-le. Qui si dà il disegno del solo mastio. La torre Ovest (maggiore e più antica) ha dia-metro basale di m 11, con ingresso a Sudest sormontato da architrave con spiraglio discarico. La cella circolare, eccentrica, è contornata da muro spesso da m 2,70 a 1,80.Il cono residua all’esterno per l’altezza massima di m 9,50 (a Sudest). La torre Est(minore e aggiunta), è del diametro basale di m 9,70 rastremato allo svettamento a m8,70. Dentro la camera ellittica di m 5,15 x 3,48, due nicchie: una a Nordovest di

Figura 1, 9: nuraghe MURU DE SA FIGU-Santulussùrgiu (Cagliari); cartina B, 55.A m 350 di quota su un pendio declinante a Est, sopra il solco del riu Ròia Dùos. Mo-notorre, di pianta circolare del diametro di m 12,40 (allo svettamento), con spessoremurario di m 4,20/2,60. L’ingresso, a Sudest, è sormontato da architrave di m 1,90 x0,90 x 1, con feritoia triangolare di scarico. L’andito retrostante, strombato leggermen-te verso l’interno, di m 0,95/1,20 di larghezza e lungo m 4, mostra, sulla destra, la nic-chia di guardia, semiellittica, molto profonda, di m 1 di larghezza x 2 di profondità x1,60 di altezza. Nella camera rotonda, del diametro di m 5,15, eccentrica rispetto alprofilo esterno del cono, si apre, sulla destra di chi entra, una nicchia, di piano semiel-littico, di m 1 di larghezza x 1,80 di profondità; nessun altro vano e nessuna traccia discala, sicché il nuraghe deve considerarsi costituito del solo piano terreno con terrazzoterminale. Il cono, alto ora 6 metri su 9 filari, ha il paramento costituito di pietre dibasalto di forme poliedriche, rozzamente sbozzate, di varie dimensioni: m 0,95 x 0,55x 0,30; 1,05 x 0,60 x 0,40; 1 x 0,45 x 0,35; interblocco di 0,10/0,30. La camera, di ta-glio ogivale come l’andito, si conserva per l’altezza media di 3 metri, sui 7 filari elevatisul piano di crollo; nei piani di posa delle pietre resti di malta di fango.Bibliografia: A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 106, pl. VIII; E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 89; A. Ta-ramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 146 s., n. 10; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p.138; A. Piras, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 206 della Carta d’Italia, III, NE e NO, Universi-tà di Cagliari, a.a. 1952-53, p. 73, tav. VII, 49; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 57, nota 41.

Figura 1, 10: nuraghe S’ATTENTU-Oràni (Nùoro); cartina B, 34.A ridosso d’una rupe di trachite, a quota di m 313, sul margine d’uno spiazzo roccioso,a 1 km a Est del Tirso. Con unica torre del diametro esterno basale di m 10,50, coningresso a Sud, sormontato da architrave con spiraglio di scarico (m 2 x 0,50 x 1).L’andito, di piano rettangolare di m 1,10/1,61 di larghezza x 4,40 di lunghezza, pre-senta sulla sinistra la scala molto ripida, con apertura di m 0,93/0,39 di larghezza esviluppo visibile di m 7,70; manca la garetta. La camera, in situazione eccentrica, dim 4,10 di diametro, si articola in una celletta a sinistra, di piano trapezoidale (lar-ghezza m 1,40/2,20, profondità 1,68). Sezione di camera ogivale con altezza di m 7;angolari i tagli dei soffitti della celletta, dell’andito e della scala, tranne che all’aperturadi quest’ultima, che è di profilo trapezio. L’andito va elevandosi dall’esterno all’inter-no, da m 2,20 a 4. Il cono, alto all’esterno m 9,97 al massimo residuo su 16 file, si pre-senta con corsi abbastanza regolari, con blocchi di trachite di taglio subquadrato, dimedie dimensioni: m 0,75 x 0,70 x 0,70; 1 x 0,60 x 0,55; 1 x 0,50 x 0,53. Nei pressidel nuraghe, a Nord, Est e Ovest, resti di capanne con pietre grandi e medie. A pochimetri a Nord, si vede un avanzo di muro megalitico di m 7 di lunghezza con 3 file dipietre, alto m 1,94. A Sud sta la ripa naturale integrata a tratti con opera muraria di gran-di massi. Si tratta di elementi sussidiari di difesa del nuraghe.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XIII, p. 205; G. Cherchi, Saggio di Catalogo archeologico sulFoglio 206, I, NE, 207, IV, NO, Università di Cagliari, a.a. 1952-53, p. 232 ss., tav. VI, 43, fot. 66.

Figura 1, 11: nuraghe PIANDÀNNA-Sàssari (Sàssari): cartina B, 5.In località Giunchèddu, a quota di m 140, su d’un poggio inaccessibile a Nord e aOvest, domina la confluenza di due vallette. Terreni abbastanza fertili al suo piede.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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Nuraghe monotorre, circolare del diametro di m 11,50, con ingresso a Sudest, di m0,92 x 1,30 d’altezza, sormontato da pietra di architrave (m 1,90 x 0,81 x 0,65) alleg-gerita da finestrino di scarico di m 0,30 x 0,50. Nell’andito retrostante, leggermentestrombato verso l’interno, lungo m 4 e largo 0,80/1,20, si aprono a destra la garetta dipiano semiellittico (m 1,13 x 1,60 x 3 d’altezza) e a sinistra la scala a spirale, di m 0,97di larghezza in base e 0,30 di altezza visibile, in parte franata ma seguibile fino al ter-razzo. Alla camera eccentrica, rotonda del diametro di m 3,95, dà una nicchia in fondoa destra per chi entra, di m 1,60 di larghezza x 1 di profondità x 2,90 di altezza, a se-zione ogivale. Particolare notevole della camera è il suo conformarsi a piccolo atrio condue nicchiette per parte allo sfocio interno dell’andito (largh. m 2,40). La torre è altaall’esterno, al punto massimo residuo, m 6,50, con 12 file di pietre a Nord. La camerasi eleva fino a 6 metri dove si chiude la serraglia della pseudovolta (v. fig. 3, 3). L’operamuraria è del tipo subquadrato con pietre di calcare di forme regolari alla base e nella par-te mediana del paramento, mentre nei filari superiori si presentano massi di più grossola-na lavorazione, quasi poliedrici, di grandi e medie dimensioni: m 0,76 x 0,68 x 0,60;0,85 x 0,50 x 0,46; 0,82 x 0,58 x 0,61. A Sud del nuraghe, si apre la bocca a fior disuolo di una caverna naturale con parziali adattamenti fatti dall’uomo. Nel terrenoadiacente ammassi di pietra, resti di stoviglie di varia età ed embrici di periodo roma-no, segno che al centro nuragico ne seguì un altro in età storica.Bibliografia: M.V. Del Rio, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 180 della Carta d’Italia, III, NO-SO,Università di Cagliari, a.a. 1947-48, p. 73 ss., tav. VII, 29; G. Lilliu, St.S., IX, 1950, p. 449, 12; St.S.,XVI, 1960, p. 57, nota 41.

Figura 1, 12: nuraghe S’OMU ’E S’ORKU-San Basìlio (Cagliari); cartina B, 102.A 1 km a Sud del moderno abitato di San Basìlio, su d’un colle fra i rius Croccolàntie Perdu Molas. Monotorre circolare del diametro di m 11 allo svettamento, con in-gresso a Sud, ostruito. Dentro la camera, leggermente eccentrica, del diametro di m 5circa si aprono, ai due lati, l’uno rimpetto all’altro, due nicchioni in gran parte ripienidi macerie, larghi alla luce apparente m 1,20 e profondi 1,40/1,60. All’esterno la torresi conserva per l’altezza massima di m 4,70 su 11 file a Nordovest. L’opera muraria è ditipo subquadrato, con blocchi disposti a filari orizzontali regolari, con zeppe di rincal-zo; misure di blocchi: m 0,58 x 0,80 x 0,25; 0,70 x 0,75 x 0,20; 0,75 x 0,70 x 0,35.Resti di stoviglie d’impasto nuragico nel terreno circostante.Bibliografia: S. Ghiani, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 226, IV, SO-SE, Università di Cagliari,a.a. 1944-45, p. 116 ss., tav. V, 79; E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 158.

Figura 1, 13: nuraghe KARCÌNA-Orròli (Nùoro); cartina B, 90.A quota di m 573, sul limite dell’altopiano di Pranemuru. È del tipo binato a torricongiunte da un breve muro normale ad addizione laterale ad Est della torre principa-le. Qui si dà il disegno del solo mastio. La torre Ovest (maggiore e più antica) ha dia-metro basale di m 11, con ingresso a Sudest sormontato da architrave con spiraglio discarico. La cella circolare, eccentrica, è contornata da muro spesso da m 2,70 a 1,80.Il cono residua all’esterno per l’altezza massima di m 9,50 (a Sudest). La torre Est(minore e aggiunta), è del diametro basale di m 9,70 rastremato allo svettamento a m8,70. Dentro la camera ellittica di m 5,15 x 3,48, due nicchie: una a Nordovest di

Figura 1, 9: nuraghe MURU DE SA FIGU-Santulussùrgiu (Cagliari); cartina B, 55.A m 350 di quota su un pendio declinante a Est, sopra il solco del riu Ròia Dùos. Mo-notorre, di pianta circolare del diametro di m 12,40 (allo svettamento), con spessoremurario di m 4,20/2,60. L’ingresso, a Sudest, è sormontato da architrave di m 1,90 x0,90 x 1, con feritoia triangolare di scarico. L’andito retrostante, strombato leggermen-te verso l’interno, di m 0,95/1,20 di larghezza e lungo m 4, mostra, sulla destra, la nic-chia di guardia, semiellittica, molto profonda, di m 1 di larghezza x 2 di profondità x1,60 di altezza. Nella camera rotonda, del diametro di m 5,15, eccentrica rispetto alprofilo esterno del cono, si apre, sulla destra di chi entra, una nicchia, di piano semiel-littico, di m 1 di larghezza x 1,80 di profondità; nessun altro vano e nessuna traccia discala, sicché il nuraghe deve considerarsi costituito del solo piano terreno con terrazzoterminale. Il cono, alto ora 6 metri su 9 filari, ha il paramento costituito di pietre dibasalto di forme poliedriche, rozzamente sbozzate, di varie dimensioni: m 0,95 x 0,55x 0,30; 1,05 x 0,60 x 0,40; 1 x 0,45 x 0,35; interblocco di 0,10/0,30. La camera, di ta-glio ogivale come l’andito, si conserva per l’altezza media di 3 metri, sui 7 filari elevatisul piano di crollo; nei piani di posa delle pietre resti di malta di fango.Bibliografia: A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 106, pl. VIII; E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 89; A. Ta-ramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 146 s., n. 10; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p.138; A. Piras, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 206 della Carta d’Italia, III, NE e NO, Universi-tà di Cagliari, a.a. 1952-53, p. 73, tav. VII, 49; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 57, nota 41.

Figura 1, 10: nuraghe S’ATTENTU-Oràni (Nùoro); cartina B, 34.A ridosso d’una rupe di trachite, a quota di m 313, sul margine d’uno spiazzo roccioso,a 1 km a Est del Tirso. Con unica torre del diametro esterno basale di m 10,50, coningresso a Sud, sormontato da architrave con spiraglio di scarico (m 2 x 0,50 x 1).L’andito, di piano rettangolare di m 1,10/1,61 di larghezza x 4,40 di lunghezza, pre-senta sulla sinistra la scala molto ripida, con apertura di m 0,93/0,39 di larghezza esviluppo visibile di m 7,70; manca la garetta. La camera, in situazione eccentrica, dim 4,10 di diametro, si articola in una celletta a sinistra, di piano trapezoidale (lar-ghezza m 1,40/2,20, profondità 1,68). Sezione di camera ogivale con altezza di m 7;angolari i tagli dei soffitti della celletta, dell’andito e della scala, tranne che all’aperturadi quest’ultima, che è di profilo trapezio. L’andito va elevandosi dall’esterno all’inter-no, da m 2,20 a 4. Il cono, alto all’esterno m 9,97 al massimo residuo su 16 file, si pre-senta con corsi abbastanza regolari, con blocchi di trachite di taglio subquadrato, dimedie dimensioni: m 0,75 x 0,70 x 0,70; 1 x 0,60 x 0,55; 1 x 0,50 x 0,53. Nei pressidel nuraghe, a Nord, Est e Ovest, resti di capanne con pietre grandi e medie. A pochimetri a Nord, si vede un avanzo di muro megalitico di m 7 di lunghezza con 3 file dipietre, alto m 1,94. A Sud sta la ripa naturale integrata a tratti con opera muraria di gran-di massi. Si tratta di elementi sussidiari di difesa del nuraghe.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XIII, p. 205; G. Cherchi, Saggio di Catalogo archeologico sulFoglio 206, I, NE, 207, IV, NO, Università di Cagliari, a.a. 1952-53, p. 232 ss., tav. VI, 43, fot. 66.

Figura 1, 11: nuraghe PIANDÀNNA-Sàssari (Sàssari): cartina B, 5.In località Giunchèddu, a quota di m 140, su d’un poggio inaccessibile a Nord e aOvest, domina la confluenza di due vallette. Terreni abbastanza fertili al suo piede.

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Figura 1, 17: nuraghe GIÀNNAS-Flussio (Nùoro); cartina B, 40.A quota di m 370, su terreno in leggero pendio dal vasto dominio; pascoli e coltivi in-torno e una sorgente d’acqua vicina. Nuraghe monotorre, circolare del diametro di m12,20, con ingresso a Sudsudest, sormontato da pietra d’architrave di buona lavorazione(m 1,60 x 0,60 x 0,70). Nell’andito, un po’ strombato verso l’interno, lungo m 4 e largo1,20/1,30, sfociano a sinistra la garetta, di pianta semiellittica di m 1 x 1,20, e a destra ilvano della scala di m 0,40 di larghezza con una decina di gradini di cm 20 di alzo, usu-rati, nel tratto inferiore. La camera quasi centrica, rotonda, del diametro di m 4,20, siarticola in due nicchie aperte sul fondo della parete, equidistanti dagli spigoli dell’andi-to, a pianta semiellittica, in gran parte ricolme di macerie tranne che in alto. Il cono siconserva per l’altezza massima residua di m 4 su 12 file a Est; la camera si eleva sul col-maticcio di 2 metri, per l’altezza di 4 metri. Le sezioni dei vani sono ogivali. Il paramen-to esterno di tipo poliedrico è fatto di pietre di basalto di buona lavorazione, ben con-nesse senza scaglie; piccole zeppe, invece, si presentano nei piani posa e nei giunti deifilari della camera. Davanti all’ingresso del nuraghe, si osservano resti d’un edificio agrosse pietre senza cemento, di m 10/12 di superficie interna x 1 m di spessore murario,con ingresso architravato situato di fronte a quello della torre nuragica distante appena 2metri. Ad Ovest del nuraghe cumuli di rovine corrispondono a capanne nuragiche e acostruzioni romane. In superficie, resti di stoviglie di età del nuraghe e posteriore.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, VI, 1840, p. 700; A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 108;E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 109; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 220, n. 22;Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951; P. Pes, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 206 della Carta d’I-talia, IV, SE-SO, Università di Cagliari, a.a. 1953-54, p. 117 ss., tav. n. 21.

Figura 1, 18: nuraghe MADRONE od OROLÌO-Silànus (Nùoro); tav. XI; cartina B, 32.La figura rappresenta soltanto la torre antica; ma qui si descrive il nuraghe nel suo insie-me. Il nuraghe si erge, a quota di m 453, su una collina ai piedi della catena del Màrghi-ne, fra i centri di Silànus e di Lèi, presso la strada statale Macomèr-Nùoro. Si distingueper la bellezza delle strutture, la linea slanciata, lo stato relativamente buono di conserva-zione. È un monotorre con resti di contrafforte e tracce di coni minori periferici. La tor-re primitiva (fig. 1, 18, tav. XI), del diametro esterno di m 12,60, mostra l’ingresso basa-le a Sudest, con architrave di m 2,30 x 0,70 x 0,17. L’andito, lungo m 4,60 conlarghezza quasi costante di m 1/1,10, a metà circa del corso presenta la scala a sinistra(larghezza m 1) e la garetta a destra, di forma ellittica con risvolto sul lato sinistro (lar-ghezza m 1,10, profondità 2,80). Dall’andito, col soffitto elevantesi verso l’interno (dam 1,44 a 1,90 d’altezza visibile sul colmaticcio), si penetra nella camera, centrica, di m 4di diametro, con tre nicchie in croce simmetriche, di piano semiellittico, larghe m1/1,35 e profonde m 1,86/2,70. La sezione dell’andito è trapezia (tre lastroni di piatta-banda di fronte alla garetta); a ogiva tronca sono il vano della garetta e quelli delle cellet-te interne (altezza della garetta m 2,37, delle cellette m 1,57/2,38); del tutto ogivale è iltaglio della tholos, di m 5,20 di altezza sul colmaticcio. A circa m 6 d’altezza, quasi allametà del cono dove il diametro si restringe a m 8, sta il piano rialzato (o superiore). Lacamera, sovrapposta a quella inferiore, di m 2,35 di diametro x 5,50 d’altezza, prendeluce da un finestrone volto a Sud (m 0,65 di larghezza x 1,37 di altezza); vi si entra, dalpianerottolo della scala che sale dal basso, per una porticina, di m 0,65 x 1,35 d’altezza,

pianta angolare (m 2,44 d’altezza sul riempimento x 1,22 di larghezza x 1,35 di pro-fondità) e l’altra a Sudest (a destra), di sezione trapezoidale (altezza sul piano attualem 1,95 x 0,87/0,52 di larghezza x 0,75/0,62 di profondità). Alla camera si entra dauna porta a Sudsudovest, con architrave a feritoia di scarico. Il cono, dallo spessoremurario di m 4,60/2,60, si conserva a Sudest per l’altezza massima di m 6; la cameraè alta ora m 5 su 18 file di massi regolari subquadrati. Dentro la cella esiste una scalasopraelevata con giro da destra a sinistra.Bibliografia: Spano, Memoria, 1854, p. 18, nota 1; Memoria, 1867, p. 23, nota 3; E.E.M. (prov. di Ca-gliari), p. 149; E. Contu, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 218 della Carta d’Italia, II, NO-SO,Università di Cagliari, a.a. 1947-48, p. 55 ss., tav. II, 24.

Figura 1, 14: nuraghe GURTI ÀQUA-Nurri (Nùoro); cartina B, 88.Planimetria della torre antica A; vedi la scheda descrittiva della figura 13, 1.

Figura 1, 15: nuraghe SA PREDA LONGA-Nùoro (Nùoro); cartina B, 23.In località Su Pradu (il prato), su un ciglione di rocce granitiche a dominio della valledel riu de Lòcula. Nuraghe monotorre, circolare del diametro di m 11,10, con ingres-so leggermente rialzato sul piano di campagna, di m 1,50 di larghezza x 0,37 di altez-za rilevabile sul colmaticcio. L’andito retrostante, di m 3,60 di lunghezza x 1,12/1,36di altezza visibile, mostra, sulla destra di chi entra, la garetta di guardia, di pianta se-miellittica, di m 1,12 di larghezza x 2,66 di profondità x 0,52 di altezza sul piano deldetrito. La camera circolare, eccentrica, del diametro di m 4 circa, si articola in duenicchie: una sul lato destro, di figura semiellittica, di m 1,15 di larghezza x 2,32 diprofondità, l’altra sul fondo di m 0,93 di larghezza x 2,10 di profondità x 0,97 d’al-tezza sul piano di colmata. Sulla fiancata destra di quest’ultima nicchia, verso il fondo,si osserva l’apertura della scala al piano superiore, che gira nello spessore del muro di m3,40 da sinistra a destra; si misura m 0,70 di luce e si segue il percorso per m 2,50; poiil vano si presenta ostruito dalle macerie. Il cono si conserva per l’altezza esterna di cir-ca m 4 su 12 file, la parete della camera per m 1,10 su 5 file. Opera muraria di granito,con blocchi in parte naturali in parte sbozzati in forme subquadrangolari, di medie di-mensioni: m 0,34 x 0,56 x 0,91; 0,29 x 0,57 x 0,74; 0,28 x 0,46 x 0,88.Bibliografia: G.G. Dàvoli, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 194 della Carta d’Italia, II, Universi-tà di Cagliari, a.a. 1949-50, p. 23 ss., tav. II, 2; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 57, nota 41.

Figura 1, 16: nuraghe SU FRÀILE-Burgos (Sàssari); cartina B, 21.A quota di m 731, su una rupe a dominio d’una vasta conca. Nuraghe monotorre, circo-lare del diametro di m 11 circa, con l’ingresso volto a Sud. Sul lato dell’andito retrostante,di m 1/1,20 di larghezza, si aprono a destra la garetta di piano semiellittico di m 1 di lar-ghezza x 1,40 di profondità, e a sinistra la scala. Alla camera eccentrica, rotonda del dia-metro di m 4, dànno due nicchie situate sul lato di fondo, di dimensioni vicine a quelledella garetta, con la stessa forma planimetrica. Il cono si conserva per l’altezza massimaresidua di m 2,50; la camera mostra la parete elevata fino a m 2,40 sul colmaticcio. Ope-ra di basalto poliedrica, con pietre non lavorate di grandi e medie dimensioni.Bibliografia: A. Taramelli-P. Mingazzini, Carta archeologica, foglio 193, 1940, II NE, p. 48, n. 13a; A.Taramelli, Mon. Ant. Lincei, XXV, 1919, col. 775; P. Pintus, Saggio cit., 1945-46, p. 190 s., tav. fig. 91.

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Figura 1, 17: nuraghe GIÀNNAS-Flussio (Nùoro); cartina B, 40.A quota di m 370, su terreno in leggero pendio dal vasto dominio; pascoli e coltivi in-torno e una sorgente d’acqua vicina. Nuraghe monotorre, circolare del diametro di m12,20, con ingresso a Sudsudest, sormontato da pietra d’architrave di buona lavorazione(m 1,60 x 0,60 x 0,70). Nell’andito, un po’ strombato verso l’interno, lungo m 4 e largo1,20/1,30, sfociano a sinistra la garetta, di pianta semiellittica di m 1 x 1,20, e a destra ilvano della scala di m 0,40 di larghezza con una decina di gradini di cm 20 di alzo, usu-rati, nel tratto inferiore. La camera quasi centrica, rotonda, del diametro di m 4,20, siarticola in due nicchie aperte sul fondo della parete, equidistanti dagli spigoli dell’andi-to, a pianta semiellittica, in gran parte ricolme di macerie tranne che in alto. Il cono siconserva per l’altezza massima residua di m 4 su 12 file a Est; la camera si eleva sul col-maticcio di 2 metri, per l’altezza di 4 metri. Le sezioni dei vani sono ogivali. Il paramen-to esterno di tipo poliedrico è fatto di pietre di basalto di buona lavorazione, ben con-nesse senza scaglie; piccole zeppe, invece, si presentano nei piani posa e nei giunti deifilari della camera. Davanti all’ingresso del nuraghe, si osservano resti d’un edificio agrosse pietre senza cemento, di m 10/12 di superficie interna x 1 m di spessore murario,con ingresso architravato situato di fronte a quello della torre nuragica distante appena 2metri. Ad Ovest del nuraghe cumuli di rovine corrispondono a capanne nuragiche e acostruzioni romane. In superficie, resti di stoviglie di età del nuraghe e posteriore.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, VI, 1840, p. 700; A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 108;E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 109; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 220, n. 22;Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951; P. Pes, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 206 della Carta d’I-talia, IV, SE-SO, Università di Cagliari, a.a. 1953-54, p. 117 ss., tav. n. 21.

Figura 1, 18: nuraghe MADRONE od OROLÌO-Silànus (Nùoro); tav. XI; cartina B, 32.La figura rappresenta soltanto la torre antica; ma qui si descrive il nuraghe nel suo insie-me. Il nuraghe si erge, a quota di m 453, su una collina ai piedi della catena del Màrghi-ne, fra i centri di Silànus e di Lèi, presso la strada statale Macomèr-Nùoro. Si distingueper la bellezza delle strutture, la linea slanciata, lo stato relativamente buono di conserva-zione. È un monotorre con resti di contrafforte e tracce di coni minori periferici. La tor-re primitiva (fig. 1, 18, tav. XI), del diametro esterno di m 12,60, mostra l’ingresso basa-le a Sudest, con architrave di m 2,30 x 0,70 x 0,17. L’andito, lungo m 4,60 conlarghezza quasi costante di m 1/1,10, a metà circa del corso presenta la scala a sinistra(larghezza m 1) e la garetta a destra, di forma ellittica con risvolto sul lato sinistro (lar-ghezza m 1,10, profondità 2,80). Dall’andito, col soffitto elevantesi verso l’interno (dam 1,44 a 1,90 d’altezza visibile sul colmaticcio), si penetra nella camera, centrica, di m 4di diametro, con tre nicchie in croce simmetriche, di piano semiellittico, larghe m1/1,35 e profonde m 1,86/2,70. La sezione dell’andito è trapezia (tre lastroni di piatta-banda di fronte alla garetta); a ogiva tronca sono il vano della garetta e quelli delle cellet-te interne (altezza della garetta m 2,37, delle cellette m 1,57/2,38); del tutto ogivale è iltaglio della tholos, di m 5,20 di altezza sul colmaticcio. A circa m 6 d’altezza, quasi allametà del cono dove il diametro si restringe a m 8, sta il piano rialzato (o superiore). Lacamera, sovrapposta a quella inferiore, di m 2,35 di diametro x 5,50 d’altezza, prendeluce da un finestrone volto a Sud (m 0,65 di larghezza x 1,37 di altezza); vi si entra, dalpianerottolo della scala che sale dal basso, per una porticina, di m 0,65 x 1,35 d’altezza,

pianta angolare (m 2,44 d’altezza sul riempimento x 1,22 di larghezza x 1,35 di pro-fondità) e l’altra a Sudest (a destra), di sezione trapezoidale (altezza sul piano attualem 1,95 x 0,87/0,52 di larghezza x 0,75/0,62 di profondità). Alla camera si entra dauna porta a Sudsudovest, con architrave a feritoia di scarico. Il cono, dallo spessoremurario di m 4,60/2,60, si conserva a Sudest per l’altezza massima di m 6; la cameraè alta ora m 5 su 18 file di massi regolari subquadrati. Dentro la cella esiste una scalasopraelevata con giro da destra a sinistra.Bibliografia: Spano, Memoria, 1854, p. 18, nota 1; Memoria, 1867, p. 23, nota 3; E.E.M. (prov. di Ca-gliari), p. 149; E. Contu, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 218 della Carta d’Italia, II, NO-SO,Università di Cagliari, a.a. 1947-48, p. 55 ss., tav. II, 24.

Figura 1, 14: nuraghe GURTI ÀQUA-Nurri (Nùoro); cartina B, 88.Planimetria della torre antica A; vedi la scheda descrittiva della figura 13, 1.

Figura 1, 15: nuraghe SA PREDA LONGA-Nùoro (Nùoro); cartina B, 23.In località Su Pradu (il prato), su un ciglione di rocce granitiche a dominio della valledel riu de Lòcula. Nuraghe monotorre, circolare del diametro di m 11,10, con ingres-so leggermente rialzato sul piano di campagna, di m 1,50 di larghezza x 0,37 di altez-za rilevabile sul colmaticcio. L’andito retrostante, di m 3,60 di lunghezza x 1,12/1,36di altezza visibile, mostra, sulla destra di chi entra, la garetta di guardia, di pianta se-miellittica, di m 1,12 di larghezza x 2,66 di profondità x 0,52 di altezza sul piano deldetrito. La camera circolare, eccentrica, del diametro di m 4 circa, si articola in duenicchie: una sul lato destro, di figura semiellittica, di m 1,15 di larghezza x 2,32 diprofondità, l’altra sul fondo di m 0,93 di larghezza x 2,10 di profondità x 0,97 d’al-tezza sul piano di colmata. Sulla fiancata destra di quest’ultima nicchia, verso il fondo,si osserva l’apertura della scala al piano superiore, che gira nello spessore del muro di m3,40 da sinistra a destra; si misura m 0,70 di luce e si segue il percorso per m 2,50; poiil vano si presenta ostruito dalle macerie. Il cono si conserva per l’altezza esterna di cir-ca m 4 su 12 file, la parete della camera per m 1,10 su 5 file. Opera muraria di granito,con blocchi in parte naturali in parte sbozzati in forme subquadrangolari, di medie di-mensioni: m 0,34 x 0,56 x 0,91; 0,29 x 0,57 x 0,74; 0,28 x 0,46 x 0,88.Bibliografia: G.G. Dàvoli, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 194 della Carta d’Italia, II, Universi-tà di Cagliari, a.a. 1949-50, p. 23 ss., tav. II, 2; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 57, nota 41.

Figura 1, 16: nuraghe SU FRÀILE-Burgos (Sàssari); cartina B, 21.A quota di m 731, su una rupe a dominio d’una vasta conca. Nuraghe monotorre, circo-lare del diametro di m 11 circa, con l’ingresso volto a Sud. Sul lato dell’andito retrostante,di m 1/1,20 di larghezza, si aprono a destra la garetta di piano semiellittico di m 1 di lar-ghezza x 1,40 di profondità, e a sinistra la scala. Alla camera eccentrica, rotonda del dia-metro di m 4, dànno due nicchie situate sul lato di fondo, di dimensioni vicine a quelledella garetta, con la stessa forma planimetrica. Il cono si conserva per l’altezza massimaresidua di m 2,50; la camera mostra la parete elevata fino a m 2,40 sul colmaticcio. Ope-ra di basalto poliedrica, con pietre non lavorate di grandi e medie dimensioni.Bibliografia: A. Taramelli-P. Mingazzini, Carta archeologica, foglio 193, 1940, II NE, p. 48, n. 13a; A.Taramelli, Mon. Ant. Lincei, XXV, 1919, col. 775; P. Pintus, Saggio cit., 1945-46, p. 190 s., tav. fig. 91.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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Figura 1, 19: nuraghe TITTIRIÒLA-Bolòtana (Nùoro); cartina B, 18.Situato sulla cresta d’una propaggine a strapiombo sul riu Bardosu, dominante a quota dim 951 in un paesaggio di pascoli. Una fonte a 250 m a Sudovest. Monotorre, circolare, deldiametro di m 12 circa, con ingresso a Sudest. L’andito, di m 5,50 di lunghezza, si allargaal centro dove si guardano, contrapposte, la garetta a destra, semiellittica (m 1 x 2 di pro-fondità) e la scala a sinistra, di m 1,40 di larghezza a fior di suolo, percorribile per poco piùdi 2 metri. Nella camera eccentrica, rotonda, del diametro di m 5, si affacciano tre nicchioniin croce: quello a destra e quello in fondo, a pianta semiellittica, di m 1,20 di larghezza x 2 e1,40 di profondità rispettivamente; il nicchione a sinistra, di m 1,20 x 1,20, si articola inun risvolto a destra, di m 1,20 x 0,80 componendo nell’insieme un’alcova o giaciglio. Sul-l’andito d’ingresso è visibile una botola a caditoia, a cui si accede da una finestra sollevata,posta fra lo sbocco nella camera dell’andito stesso ed il nicchione destro. Rimane traccia delpiano superiore in un finestrone di m 1,40 x 0,80 di luce; per il resto è distrutto. L’anditoha pareti aggettanti con copertura tabulare; il sommo angolare delle nicchie è sormontatoda architravi (altezza da m 4,00 a 3,10); ogivale la sezione della camera con bella pseudocu-pola alta ora m 7,50. Il cono, alto oggi m 10 circa, raggiungeva in antico 15 metri, per farluogo ai due piani. L’opera muraria è subquadrata, con bell’ordinamento in file regolari dipietre basaltiche di mc 1/2 fino all’altezza di m 4, di mc 0,2 allo svettamento.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, II, 1834, p. 406 (Tittiriolu); A. Lamarmora, Voyage, II,1840, p. 106 (Tittirriola); P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., II, 1892, p. 112; F. De Rosa, Dell’uso dei nu-raghi, 1909, p. 26; A. Taramelli, Carta archeologica, f. 193, 1940, p. 58, n. 16; Boscolo-Pintor-Serra,Guida, 1951, p. 149 (errato Tittiola); V. Tetti, Saggio cit., 1956-57, p. 13 (II).

Figura 1, 20: nuraghe ABBAÙDDI-Scanu Montiferru (Nùoro); cartina B, 47.A quota di m 431, su una lingua rocciosa d’arenaria, alla pendice Ovest della collina diSanta Bàrbara, quasi al fondo valle. Ad unica torre circolare di m 40 di circonferenzabasale, con ingresso a Sud, di m 2,20 di altezza, con architrave ben lavorato sormonta-to da regolare finestrino di scarico. Alla destra dell’andito si osserva la scala che partedal piano e gira da sinistra a destra con larghezza di vano di m 1,10; alla sinistra sta ilpiccolo spazio per la guardia, a forma di ogiva proiettata in piano, di poca profondità.La camera, di m 4 di diametro, mostra tre nicchie in croce, a tre quarti di cerchio, dellalarghezza di m 2; è in posizione eccentrica rispetto al perimetro della torre (spessore delmuro frontale m 5, di quello di fondo m 3). La torre, alta 9 metri con 16 file di pietre, ècostituita di blocchi d’arenaria, cavati dalle vicinanze; si presentano ben lavorati, di gran-di dimensioni alla base e di medie nel resto del paramento. La camera è alta m 8,60 sui18 filari; è di perfetta sezione ogivale come lo sono i profili delle celle alte da m 3 a 2,50e della scala alta m 3,20. Il tutto si compone con eleganza e senso di slancio, a cui con-tribuisce pure il taglio ampio ed alto del tetto inclinato dell’andito (v. fig. 4, 2). Tracce dicapanne d’un villaggio nuragico nelle vicinanze.Bibliografia: Spano, Memoria, 1867, p. 22; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 166 (errato Abbandi); A. Ta-ramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 200, n. 22; P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 57 ss., tav. n. 9.

Figura 1, 21: nuraghe SA FIGU RÀNCHIDA-Scanu Montiferru (Nùoro); cartina B, 41.A quota di m 555, su d’una piccola dorsale declive, a mezza costa, in zona di buon pa-scolo. A 30 metri di distanza, una sorgente. Monotorre, circolare, della circonferenza dim 38, con ingresso a Sudest, architravato senza finestrino di scarico. Dietro la porta l’an-dito, lungo m 4, presenta sul fianco sinistro, circa alla metà, un vano curvilineo, di m 4

con architrave alleggerito da spiraglio. La scala, a sezione troncogivale (altezza da m 1,90a 3,60), ha il suo percorso di 18 metri (dal pianterreno al terrazzo) illuminato da fine-strini. Esiste anche una scaletta sussidiaria che dalla camera superiore scende, con giroopposto a quello della grande scala, ad un pianerottolo sovrastante il soffitto della garet-ta di guardia dell’andito, e, di qui, per uno spazio al disopra dell’architrave della stessagaretta, esce all’andito con un piccolo salto (lunghezza della scaletta m 8, larghezza 0,60;rischiarata da due finestrini ad Ovest). Il cono è alto oggi m 12,60 (a Sudovest) e si elevacon 33 file di pietre di granito, poco lavorate ma messe in opera con molta perizia; iblocchi vanno diminuendo di proporzioni dal basso in alto. Tre blocchi sul filare sopral’architrave della porta misurano m 1 x 0,53 x 0,92; 0,81 x 0,75 x 0,63; 1,40 x 0,55 x0,70; tre blocchi dell’ultimo filare superiore m 0,55 x 0,34 x 0,41; 0,45 x 0,30 x 0,52;0,47 x 0,33 x 0,43. Sul lato Sudovestovest e sul lato Est della torre antica, si rilevanotracce di opere aggiunte. Nel primo punto si riconosce il resto d’una cortina curvilinearientrante al centro, di m 22,80 di lunghezza, alta m 3 con 6 filari, che unisce due torrisituate ai suoi margini. Ad Est rimane il segno di una terza torre di cui si disegna, fra lerovine, un semicerchio di parete interna col vano d’un andito diretto verso Nordnord-ovest, forse verso la camera d’una quarta torre. Ciò rende possibile l’ipotesi di riconosce-re, nel nostro, un nuraghe quadrilobato, del tipo del Santa Bàrbara di Macomèr, a profi-lo di contorno concavo-convesso (vedi scheda descrittiva di figura 9, 1). Intorno alnuraghe si raccolgono cocci di stoviglie preromane e romane indicanti che la vita vi du-rò molto a lungo da età preistorica fino a tempi classici. Nella parte superiore della torresono visibili restauri in muratura di mattoni e pietre legati con malta di calce, eseguiti inetà romana per adattarvi – si pensa – una vedetta.Bibliografia: A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 67, pl. VIII, fig. 2; Angius, in Casalis, Dizionario, XX,1850, p. 138; Spano, Memoria, 1854, pp. 26, 40, 43, 50; A. Lamarmora, Itinéraire, II, 1860, p. 137;Spano, Mnemosine sarda ossia ricordi e memorie di varii monumenti antichi con altre rarità dell’Isola diSardegna, Cagliari 1864, tav. VI, 4-5, 9; Memoria, 1867, pp. 22, 27, 36, 38 s., 61 s., 64, 66; G. Cara,Considerazioni sopra una fra le opinioni emesse intorno all’origine ed uso dei nuraghi di Sardegna, Cagliari1876, frontespizio e tav. 1, I, a-b; F. Martorell y Peña, Apuntes arqueologicos, Nurhaghes de la Isla deCerdeña y talaiots de las Baleares, Barcelona 1879, pp. 186-188; Centurione, “Studii recenti sopra i Nu-raghi e loro importanza”, in Civiltà Cattolica, serie XIII, 1888, pp. 31, 34, fig. VI, 103, fig. XXVIII; P.Cugia, Nuovo Itinerario dell’isola di Sardegna, Ravenna 1892, p. 109; F. Nissardi, “Contributo per lo stu-dio dei Nuraghi della Sardegna”, in Atti del Congresso Internazionale di Scienze storiche, Roma 1903,p. 656; Ardu Onnis, “Per la Sardegna preistorica”, in Atti della Società Romana di Antropologia, vol. IX,fasc. I-II, 1903, pp. 13, 26; A. Bezzenberger, “Vorgeschichte Bauwerke der Balearen”, in Zeitschrift fürEthnologie, Heft 4-5, 1907, p. 582; S. Manca, Sardegna leggendaria, Roma 1910, fotografia in copertina;G. Vacca, Posizione geografica dei principali Nuraghi esistenti in Sardegna, Cagliari 1917, pp. 6, 14; A. Ta-ramelli, in Guida Generale della Sardegna compilata da Antonio Manca, Milano 1914-15, p. 94, fig. 166;E.E.M. (prov. di Sàssari), 1922, p. 156; C. Dessì, I nuraghi della Sardegna, 1924, p. 7; A. Taramelli,“Nuraghi”, in Enciclopedia Italiana, Roma 1935, vol. XXV, p. 82 s.; Carta archeologica, ff. 205-206,1935, p. 9, n. 8; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 148; G. Cherchi, Saggio cit., 1952-53, p. 159 ss.,tav. VI, 34; G. Lilliu, “I nuraghi della Sardegna”, in Le Vie d’Italia, ott. 1953, LIX, n. 10, p. 1291; Sarde-gna (Touring), XX, 1954, p. 94, fig. 166; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 46, fig. 15; G. Lilliu, St.S.,XII-XIII, I, 1955, p. 157; M. Serra, Mal di Sardegna, 1955, p. 247; A. Borio, Sardaigne, Arthaud 1957,p. 126; V. Mossa, Architettura domestica in Sardegna, Cagliari 1957, p. 26, tav. I; G.F. Ackermann, Reise-land von morgen: Sardinien, Wien 1957, p. 38, tav. 13; G. Lilliu, “The Nuraghi of Sardinia”, in Antiquity,1959, XXXIII, p. 23, fig. ivi.

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Figura 1, 19: nuraghe TITTIRIÒLA-Bolòtana (Nùoro); cartina B, 18.Situato sulla cresta d’una propaggine a strapiombo sul riu Bardosu, dominante a quota dim 951 in un paesaggio di pascoli. Una fonte a 250 m a Sudovest. Monotorre, circolare, deldiametro di m 12 circa, con ingresso a Sudest. L’andito, di m 5,50 di lunghezza, si allargaal centro dove si guardano, contrapposte, la garetta a destra, semiellittica (m 1 x 2 di pro-fondità) e la scala a sinistra, di m 1,40 di larghezza a fior di suolo, percorribile per poco piùdi 2 metri. Nella camera eccentrica, rotonda, del diametro di m 5, si affacciano tre nicchioniin croce: quello a destra e quello in fondo, a pianta semiellittica, di m 1,20 di larghezza x 2 e1,40 di profondità rispettivamente; il nicchione a sinistra, di m 1,20 x 1,20, si articola inun risvolto a destra, di m 1,20 x 0,80 componendo nell’insieme un’alcova o giaciglio. Sul-l’andito d’ingresso è visibile una botola a caditoia, a cui si accede da una finestra sollevata,posta fra lo sbocco nella camera dell’andito stesso ed il nicchione destro. Rimane traccia delpiano superiore in un finestrone di m 1,40 x 0,80 di luce; per il resto è distrutto. L’anditoha pareti aggettanti con copertura tabulare; il sommo angolare delle nicchie è sormontatoda architravi (altezza da m 4,00 a 3,10); ogivale la sezione della camera con bella pseudocu-pola alta ora m 7,50. Il cono, alto oggi m 10 circa, raggiungeva in antico 15 metri, per farluogo ai due piani. L’opera muraria è subquadrata, con bell’ordinamento in file regolari dipietre basaltiche di mc 1/2 fino all’altezza di m 4, di mc 0,2 allo svettamento.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, II, 1834, p. 406 (Tittiriolu); A. Lamarmora, Voyage, II,1840, p. 106 (Tittirriola); P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., II, 1892, p. 112; F. De Rosa, Dell’uso dei nu-raghi, 1909, p. 26; A. Taramelli, Carta archeologica, f. 193, 1940, p. 58, n. 16; Boscolo-Pintor-Serra,Guida, 1951, p. 149 (errato Tittiola); V. Tetti, Saggio cit., 1956-57, p. 13 (II).

Figura 1, 20: nuraghe ABBAÙDDI-Scanu Montiferru (Nùoro); cartina B, 47.A quota di m 431, su una lingua rocciosa d’arenaria, alla pendice Ovest della collina diSanta Bàrbara, quasi al fondo valle. Ad unica torre circolare di m 40 di circonferenzabasale, con ingresso a Sud, di m 2,20 di altezza, con architrave ben lavorato sormonta-to da regolare finestrino di scarico. Alla destra dell’andito si osserva la scala che partedal piano e gira da sinistra a destra con larghezza di vano di m 1,10; alla sinistra sta ilpiccolo spazio per la guardia, a forma di ogiva proiettata in piano, di poca profondità.La camera, di m 4 di diametro, mostra tre nicchie in croce, a tre quarti di cerchio, dellalarghezza di m 2; è in posizione eccentrica rispetto al perimetro della torre (spessore delmuro frontale m 5, di quello di fondo m 3). La torre, alta 9 metri con 16 file di pietre, ècostituita di blocchi d’arenaria, cavati dalle vicinanze; si presentano ben lavorati, di gran-di dimensioni alla base e di medie nel resto del paramento. La camera è alta m 8,60 sui18 filari; è di perfetta sezione ogivale come lo sono i profili delle celle alte da m 3 a 2,50e della scala alta m 3,20. Il tutto si compone con eleganza e senso di slancio, a cui con-tribuisce pure il taglio ampio ed alto del tetto inclinato dell’andito (v. fig. 4, 2). Tracce dicapanne d’un villaggio nuragico nelle vicinanze.Bibliografia: Spano, Memoria, 1867, p. 22; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 166 (errato Abbandi); A. Ta-ramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 200, n. 22; P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 57 ss., tav. n. 9.

Figura 1, 21: nuraghe SA FIGU RÀNCHIDA-Scanu Montiferru (Nùoro); cartina B, 41.A quota di m 555, su d’una piccola dorsale declive, a mezza costa, in zona di buon pa-scolo. A 30 metri di distanza, una sorgente. Monotorre, circolare, della circonferenza dim 38, con ingresso a Sudest, architravato senza finestrino di scarico. Dietro la porta l’an-dito, lungo m 4, presenta sul fianco sinistro, circa alla metà, un vano curvilineo, di m 4

con architrave alleggerito da spiraglio. La scala, a sezione troncogivale (altezza da m 1,90a 3,60), ha il suo percorso di 18 metri (dal pianterreno al terrazzo) illuminato da fine-strini. Esiste anche una scaletta sussidiaria che dalla camera superiore scende, con giroopposto a quello della grande scala, ad un pianerottolo sovrastante il soffitto della garet-ta di guardia dell’andito, e, di qui, per uno spazio al disopra dell’architrave della stessagaretta, esce all’andito con un piccolo salto (lunghezza della scaletta m 8, larghezza 0,60;rischiarata da due finestrini ad Ovest). Il cono è alto oggi m 12,60 (a Sudovest) e si elevacon 33 file di pietre di granito, poco lavorate ma messe in opera con molta perizia; iblocchi vanno diminuendo di proporzioni dal basso in alto. Tre blocchi sul filare sopral’architrave della porta misurano m 1 x 0,53 x 0,92; 0,81 x 0,75 x 0,63; 1,40 x 0,55 x0,70; tre blocchi dell’ultimo filare superiore m 0,55 x 0,34 x 0,41; 0,45 x 0,30 x 0,52;0,47 x 0,33 x 0,43. Sul lato Sudovestovest e sul lato Est della torre antica, si rilevanotracce di opere aggiunte. Nel primo punto si riconosce il resto d’una cortina curvilinearientrante al centro, di m 22,80 di lunghezza, alta m 3 con 6 filari, che unisce due torrisituate ai suoi margini. Ad Est rimane il segno di una terza torre di cui si disegna, fra lerovine, un semicerchio di parete interna col vano d’un andito diretto verso Nordnord-ovest, forse verso la camera d’una quarta torre. Ciò rende possibile l’ipotesi di riconosce-re, nel nostro, un nuraghe quadrilobato, del tipo del Santa Bàrbara di Macomèr, a profi-lo di contorno concavo-convesso (vedi scheda descrittiva di figura 9, 1). Intorno alnuraghe si raccolgono cocci di stoviglie preromane e romane indicanti che la vita vi du-rò molto a lungo da età preistorica fino a tempi classici. Nella parte superiore della torresono visibili restauri in muratura di mattoni e pietre legati con malta di calce, eseguiti inetà romana per adattarvi – si pensa – una vedetta.Bibliografia: A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 67, pl. VIII, fig. 2; Angius, in Casalis, Dizionario, XX,1850, p. 138; Spano, Memoria, 1854, pp. 26, 40, 43, 50; A. Lamarmora, Itinéraire, II, 1860, p. 137;Spano, Mnemosine sarda ossia ricordi e memorie di varii monumenti antichi con altre rarità dell’Isola diSardegna, Cagliari 1864, tav. VI, 4-5, 9; Memoria, 1867, pp. 22, 27, 36, 38 s., 61 s., 64, 66; G. Cara,Considerazioni sopra una fra le opinioni emesse intorno all’origine ed uso dei nuraghi di Sardegna, Cagliari1876, frontespizio e tav. 1, I, a-b; F. Martorell y Peña, Apuntes arqueologicos, Nurhaghes de la Isla deCerdeña y talaiots de las Baleares, Barcelona 1879, pp. 186-188; Centurione, “Studii recenti sopra i Nu-raghi e loro importanza”, in Civiltà Cattolica, serie XIII, 1888, pp. 31, 34, fig. VI, 103, fig. XXVIII; P.Cugia, Nuovo Itinerario dell’isola di Sardegna, Ravenna 1892, p. 109; F. Nissardi, “Contributo per lo stu-dio dei Nuraghi della Sardegna”, in Atti del Congresso Internazionale di Scienze storiche, Roma 1903,p. 656; Ardu Onnis, “Per la Sardegna preistorica”, in Atti della Società Romana di Antropologia, vol. IX,fasc. I-II, 1903, pp. 13, 26; A. Bezzenberger, “Vorgeschichte Bauwerke der Balearen”, in Zeitschrift fürEthnologie, Heft 4-5, 1907, p. 582; S. Manca, Sardegna leggendaria, Roma 1910, fotografia in copertina;G. Vacca, Posizione geografica dei principali Nuraghi esistenti in Sardegna, Cagliari 1917, pp. 6, 14; A. Ta-ramelli, in Guida Generale della Sardegna compilata da Antonio Manca, Milano 1914-15, p. 94, fig. 166;E.E.M. (prov. di Sàssari), 1922, p. 156; C. Dessì, I nuraghi della Sardegna, 1924, p. 7; A. Taramelli,“Nuraghi”, in Enciclopedia Italiana, Roma 1935, vol. XXV, p. 82 s.; Carta archeologica, ff. 205-206,1935, p. 9, n. 8; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 148; G. Cherchi, Saggio cit., 1952-53, p. 159 ss.,tav. VI, 34; G. Lilliu, “I nuraghi della Sardegna”, in Le Vie d’Italia, ott. 1953, LIX, n. 10, p. 1291; Sarde-gna (Touring), XX, 1954, p. 94, fig. 166; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 46, fig. 15; G. Lilliu, St.S.,XII-XIII, I, 1955, p. 157; M. Serra, Mal di Sardegna, 1955, p. 247; A. Borio, Sardaigne, Arthaud 1957,p. 126; V. Mossa, Architettura domestica in Sardegna, Cagliari 1957, p. 26, tav. I; G.F. Ackermann, Reise-land von morgen: Sardinien, Wien 1957, p. 38, tav. 13; G. Lilliu, “The Nuraghi of Sardinia”, in Antiquity,1959, XXXIII, p. 23, fig. ivi.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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sulla sinistra si incontra il vano della scala a fior di terra (larghezza all’imbocco m 1,15);poco oltre, poi, a metà circa del corso, si disegnano le aperture di due bracci di corridoio,uno sulla sinistra e uno sulla destra, i quali, senza raccordarsi, girano, per tre quarti dicerchio, intorno alla camera tranne che sul lato di fondo (Nordovest), dove il massomurario resta pieno. Il ramo di corridoio a destra, che rappresenta una soluzione natadal prolungamento della primitiva garetta di guardia, ha uno sviluppo di m 9,50; al-l’ingresso mostra una porta architravata di m 0,90 di larghezza x 1,30 di altezza. Delcorridoio opposto, realizzato per simmetria, si misura uno sviluppo residuo di m 7,70, mail suo corso deve immaginarsi all’origine uguale a quello dell’altro; vi introduce unaporticina architravata a luce trapezoidale (m 1/0,53 di larghezza x 1,10 di altezza). Lacamera, rotonda (m 3,50/3 di diametro), eccentrica, si articola in tre nicchie a croce,dissimmetriche, individuate ma non rilevabili. I vani mostrano tutti profili aggettanti,ma mentre la camera presenta il taglio ogivale, gli altri ambienti minori sono conclusida elementi tabulari (architravi) che configurano sezioni troncogivali. Non si osservauna perfetta coerenza di ritmi spaziali, a cui corrisponde l’irregolarità e l’asimmetriadelle componenti di piano. Il cono all’esterno consta di strutture di rozzi blocchi di ba-salto, di medie dimensioni, disposti senza ordine. Più diligente è la posa delle pietrenell’interno, ma non regolare e misurata come in altri nuraghi di bella apparenza strut-tiva e di simmetria architettonica. A questa generale trascuratezza fanno eccezione sti-piti ed architravi i quali presentano facce ben sbozzate, non però per particolare gustoma per necessità funzionale (altezza residua del cono m 2,35/3,38). A Sud e Sudest delnuraghe, si riconoscono tracce di muri di capanne in grandi pietre, di pianta circolare,da ritenersi dello stesso periodo della torre. A poca distanza dal nuraghe si vedono i re-sti di una tomba di giganti. Vedi anche fig. 15, 1.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206 (1935), I, NE, p. 13, nn. 27-28; G. Cherchi,Saggio cit., 1952-53, p. 75 ss., tav. I, fig. 12.

Figura 1, 24: nuraghe LEORTÌNAS-Sennarìolo (Nùoro); cartina B, 50.A quota di m 203, presso il riu di Piraura, in situazione bassa ma dominante su unpaesaggio solitario di mirti e cisti. Mostra unica torre della circonferenza di m 45, condue ingressi: uno, il principale, a Sudovest, ad architrave di medie dimensioni ben la-vorato; e l’altro, più stretto, a Nordest, ostruito in gran parte. L’andito dell’ingressoprincipale, lungo oltre 5 metri, incontra, a circa metà del suo percorso, un deambula-torio circolare di m 1 di larghezza, concentrico al perimetro della torre e al profilo dellacamera; poi, restringendosi, introduce nella camera di m 4 di diametro, semplicissima.La torre si conserva, all’esterno, per m 3 su 5-6 filari; all’interno la tholos non è misura-bile a causa del crollo. Gli anditi ed il corridoio concentrico (alto, quest’ultimo, m 2)presentano copertura tabulare. Il paramento esterno è di pietre di basalto, di forme po-liedriche, di media grandezza. Tra Ovest e Sud v’è traccia d’un cortile addossato allatorre primitiva, di m 10 x 3, interrotto in corrispondenza all’ingresso principale.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XIX, 1849, p. 860; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 209, n. 25; P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 175 ss., tav. n. 29.

Figura 1, 25: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Planimetria del mastio A; vedi scheda illustrativa della figura 8, 6 e figg. 3, 5 e 14, 2.

di profondità x 0,80 di larghezza x 2,50 di altezza, costruito per situarvi la scala che,invece, fu poi realizzata all’interno della camera. La camera, centrica, rotonda, del dia-metro di m 4 al riempimento, ha la cupola crollata. Vi si affacciano le aperture di trenicchie in croce, quelle a sinistra e in fondo a piano semiellittico di m 1 x 1,60 diprofondità, quella a destra, di m 1,10 di larghezza, introducente alla scala che, con gi-ro da sinistra a destra e con ritorno sul solaio dell’andito, portava al terrazzo ora man-cante. L’andito e lo spazio sulla sua sinistra sono a soffitto piattabandato; trapezoidale(con chiusura ad architravi) è il taglio delle nicchie della camera, quest’ultima in originea sezione ogivale (altezza calcolabile m 6); ogivale nella prima parte (m 0,80 di larghezzax 2 d’altezza) appare la sezione della scala, nella seconda metà trapezoidale. Il mozziconedi cono residua all’esterno per m 5 d’altezza massima (a Nordest), su 11 file di pietrebasaltiche di forma subquadrata, di proporzioni varie. Nella camera i blocchi sono didimensioni minori, di forme poliedriche irregolari, a disposizione poco curata con zep-pe. A 20 metri dal nuraghe correva una cinta esterna megalitica, ad un solo ordine dipietre, residuata solo a tratti.Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 166; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206,1935, p. 194, n. 50; A.P. Piludu, Saggio di Catalogo archeologico, Foglio 206 della Carta d’Italia, IV, NE-NO, Università di Cagliari, a.a. 1953-54, p. 206 ss., tav. n. 25.

Figura 1, 22: nuraghe SA CUGUTTÀDA-Mores (Sàssari); cartina B, 13.In regione Sa Tanca ’e su Duca, a quota di m 301, confuso con un ammasso naturale dirocce basaltiche, incluso entro la confluenza dei rius Mannu e Tilchiddesu. Nuraghemonotorre, circolare, del diametro di m 12,50, con l’ingresso a Sud (m 1,05 di larghez-za x 1,60 d’altezza), sormontato da pietra d’architrave di m 1 x 0,75 x 0,25. L’andito retro-stante, a sezione trapezoidale, di m 4 di lunghezza x 2,10 d’altezza rilevabile sul detrito, ri-ceve a sinistra (dove si misura la maggiore larghezza di m 1,40) una garetta semiellittica inpiano, di m 1 di larghezza, quasi del tutto ostruita. La camera centrica, oblunga (m 4 x 3),si distingue per la presenza inusitata di quattro nicchie, una sul lato sinistro, una sul fondocontro l’ingresso e due (a coppia) sul lato destro. Sono tutte di piano semiellittico, con lar-ghezza da m 0,40 a 1,20, profondità da 1,25 a 2,15 e altezza visibile da 1,40 a 1,60; la se-zione è trapezoidale come quella dell’andito di accesso. Il cono residua per l’altezza esternadi m 3 circa, in figura d’un grande cumulo di pietre; la camera conserva visibile la pareteper m 2,25. L’opera muraria consta di blocchi di basalto poliedrici, non lavorati né stratifi-cati a file, con misure medie di blocco di m 0,45 x 0,30 x 0,35. Alla difesa naturale, costi-tuita dalla confluenza dei fiumi, si aggiungeva quella artificiale di due muraglie megalitiche:una, più vicina al nuraghe, che correva da un torrente all’altro, spessa m 2, con un passag-gio interno; e l’altra, a 50 m ad Ovest del nuraghe, con larghezza di 5 metri, che formava laprima linea di sbarramento. Fra le due muraglie cumuli di pietrame in basalto costituisco-no i segni della presenza di capanne d’abitazione di età nuragica; la loro forma è circolare.Bibliografia: A. Taramelli-P. Mingazzini, Carta archeologica, 193, I SE, 1940, p. 12, n. 20; P. Pintus,Saggio cit., 1945-46, p. 128 ss., tav. n. 70.

Figura 1, 23: nuraghe MURÀRTU-Silànus (Nùoro); cartina B, 33.È situato presso la riva sinistra del riu Ordari, su un rialzo di terreno basaltico, a 200metri a Nordovest del nuraghe Àidu Arbu (fig. 17, 5). L’unica torre rotonda, del dia-metro esterno subbasale di m 13 circa, ha l’ingresso a Sudest, con architrave di m 1,13x 0,72 x 0,70, senza spiraglio di scarico. Nell’andito, lungo 6 metri, a m 1 dal filo esterno

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sulla sinistra si incontra il vano della scala a fior di terra (larghezza all’imbocco m 1,15);poco oltre, poi, a metà circa del corso, si disegnano le aperture di due bracci di corridoio,uno sulla sinistra e uno sulla destra, i quali, senza raccordarsi, girano, per tre quarti dicerchio, intorno alla camera tranne che sul lato di fondo (Nordovest), dove il massomurario resta pieno. Il ramo di corridoio a destra, che rappresenta una soluzione natadal prolungamento della primitiva garetta di guardia, ha uno sviluppo di m 9,50; al-l’ingresso mostra una porta architravata di m 0,90 di larghezza x 1,30 di altezza. Delcorridoio opposto, realizzato per simmetria, si misura uno sviluppo residuo di m 7,70, mail suo corso deve immaginarsi all’origine uguale a quello dell’altro; vi introduce unaporticina architravata a luce trapezoidale (m 1/0,53 di larghezza x 1,10 di altezza). Lacamera, rotonda (m 3,50/3 di diametro), eccentrica, si articola in tre nicchie a croce,dissimmetriche, individuate ma non rilevabili. I vani mostrano tutti profili aggettanti,ma mentre la camera presenta il taglio ogivale, gli altri ambienti minori sono conclusida elementi tabulari (architravi) che configurano sezioni troncogivali. Non si osservauna perfetta coerenza di ritmi spaziali, a cui corrisponde l’irregolarità e l’asimmetriadelle componenti di piano. Il cono all’esterno consta di strutture di rozzi blocchi di ba-salto, di medie dimensioni, disposti senza ordine. Più diligente è la posa delle pietrenell’interno, ma non regolare e misurata come in altri nuraghi di bella apparenza strut-tiva e di simmetria architettonica. A questa generale trascuratezza fanno eccezione sti-piti ed architravi i quali presentano facce ben sbozzate, non però per particolare gustoma per necessità funzionale (altezza residua del cono m 2,35/3,38). A Sud e Sudest delnuraghe, si riconoscono tracce di muri di capanne in grandi pietre, di pianta circolare,da ritenersi dello stesso periodo della torre. A poca distanza dal nuraghe si vedono i re-sti di una tomba di giganti. Vedi anche fig. 15, 1.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206 (1935), I, NE, p. 13, nn. 27-28; G. Cherchi,Saggio cit., 1952-53, p. 75 ss., tav. I, fig. 12.

Figura 1, 24: nuraghe LEORTÌNAS-Sennarìolo (Nùoro); cartina B, 50.A quota di m 203, presso il riu di Piraura, in situazione bassa ma dominante su unpaesaggio solitario di mirti e cisti. Mostra unica torre della circonferenza di m 45, condue ingressi: uno, il principale, a Sudovest, ad architrave di medie dimensioni ben la-vorato; e l’altro, più stretto, a Nordest, ostruito in gran parte. L’andito dell’ingressoprincipale, lungo oltre 5 metri, incontra, a circa metà del suo percorso, un deambula-torio circolare di m 1 di larghezza, concentrico al perimetro della torre e al profilo dellacamera; poi, restringendosi, introduce nella camera di m 4 di diametro, semplicissima.La torre si conserva, all’esterno, per m 3 su 5-6 filari; all’interno la tholos non è misura-bile a causa del crollo. Gli anditi ed il corridoio concentrico (alto, quest’ultimo, m 2)presentano copertura tabulare. Il paramento esterno è di pietre di basalto, di forme po-liedriche, di media grandezza. Tra Ovest e Sud v’è traccia d’un cortile addossato allatorre primitiva, di m 10 x 3, interrotto in corrispondenza all’ingresso principale.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XIX, 1849, p. 860; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 209, n. 25; P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 175 ss., tav. n. 29.

Figura 1, 25: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Planimetria del mastio A; vedi scheda illustrativa della figura 8, 6 e figg. 3, 5 e 14, 2.

di profondità x 0,80 di larghezza x 2,50 di altezza, costruito per situarvi la scala che,invece, fu poi realizzata all’interno della camera. La camera, centrica, rotonda, del dia-metro di m 4 al riempimento, ha la cupola crollata. Vi si affacciano le aperture di trenicchie in croce, quelle a sinistra e in fondo a piano semiellittico di m 1 x 1,60 diprofondità, quella a destra, di m 1,10 di larghezza, introducente alla scala che, con gi-ro da sinistra a destra e con ritorno sul solaio dell’andito, portava al terrazzo ora man-cante. L’andito e lo spazio sulla sua sinistra sono a soffitto piattabandato; trapezoidale(con chiusura ad architravi) è il taglio delle nicchie della camera, quest’ultima in originea sezione ogivale (altezza calcolabile m 6); ogivale nella prima parte (m 0,80 di larghezzax 2 d’altezza) appare la sezione della scala, nella seconda metà trapezoidale. Il mozziconedi cono residua all’esterno per m 5 d’altezza massima (a Nordest), su 11 file di pietrebasaltiche di forma subquadrata, di proporzioni varie. Nella camera i blocchi sono didimensioni minori, di forme poliedriche irregolari, a disposizione poco curata con zep-pe. A 20 metri dal nuraghe correva una cinta esterna megalitica, ad un solo ordine dipietre, residuata solo a tratti.Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 166; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206,1935, p. 194, n. 50; A.P. Piludu, Saggio di Catalogo archeologico, Foglio 206 della Carta d’Italia, IV, NE-NO, Università di Cagliari, a.a. 1953-54, p. 206 ss., tav. n. 25.

Figura 1, 22: nuraghe SA CUGUTTÀDA-Mores (Sàssari); cartina B, 13.In regione Sa Tanca ’e su Duca, a quota di m 301, confuso con un ammasso naturale dirocce basaltiche, incluso entro la confluenza dei rius Mannu e Tilchiddesu. Nuraghemonotorre, circolare, del diametro di m 12,50, con l’ingresso a Sud (m 1,05 di larghez-za x 1,60 d’altezza), sormontato da pietra d’architrave di m 1 x 0,75 x 0,25. L’andito retro-stante, a sezione trapezoidale, di m 4 di lunghezza x 2,10 d’altezza rilevabile sul detrito, ri-ceve a sinistra (dove si misura la maggiore larghezza di m 1,40) una garetta semiellittica inpiano, di m 1 di larghezza, quasi del tutto ostruita. La camera centrica, oblunga (m 4 x 3),si distingue per la presenza inusitata di quattro nicchie, una sul lato sinistro, una sul fondocontro l’ingresso e due (a coppia) sul lato destro. Sono tutte di piano semiellittico, con lar-ghezza da m 0,40 a 1,20, profondità da 1,25 a 2,15 e altezza visibile da 1,40 a 1,60; la se-zione è trapezoidale come quella dell’andito di accesso. Il cono residua per l’altezza esternadi m 3 circa, in figura d’un grande cumulo di pietre; la camera conserva visibile la pareteper m 2,25. L’opera muraria consta di blocchi di basalto poliedrici, non lavorati né stratifi-cati a file, con misure medie di blocco di m 0,45 x 0,30 x 0,35. Alla difesa naturale, costi-tuita dalla confluenza dei fiumi, si aggiungeva quella artificiale di due muraglie megalitiche:una, più vicina al nuraghe, che correva da un torrente all’altro, spessa m 2, con un passag-gio interno; e l’altra, a 50 m ad Ovest del nuraghe, con larghezza di 5 metri, che formava laprima linea di sbarramento. Fra le due muraglie cumuli di pietrame in basalto costituisco-no i segni della presenza di capanne d’abitazione di età nuragica; la loro forma è circolare.Bibliografia: A. Taramelli-P. Mingazzini, Carta archeologica, 193, I SE, 1940, p. 12, n. 20; P. Pintus,Saggio cit., 1945-46, p. 128 ss., tav. n. 70.

Figura 1, 23: nuraghe MURÀRTU-Silànus (Nùoro); cartina B, 33.È situato presso la riva sinistra del riu Ordari, su un rialzo di terreno basaltico, a 200metri a Nordovest del nuraghe Àidu Arbu (fig. 17, 5). L’unica torre rotonda, del dia-metro esterno subbasale di m 13 circa, ha l’ingresso a Sudest, con architrave di m 1,13x 0,72 x 0,70, senza spiraglio di scarico. Nell’andito, lungo 6 metri, a m 1 dal filo esterno

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Fig. 2: planimetrie e sezioni di nuraghi1. Domu s’Orku-Sarròk; 2. Santa Bàrbara-Sindìa; 3. Santa Sarbàna-Silànus; 4.Ala-Pozzomaggiore; 5. Mesu ’e Rìos-Scanu Montiferru; 6. Altòriu-Scanu Monti-ferru; 7. Sèneghe-Suni; 8. Tùsari-Bortigali.

Figura 2, 1: nuraghe DOMU S’ORKU-Sarròk (Cagliari); cartina B, 108.A m 107 di quota, su un mammellone isolato proteso sul mare, a guardia dello sboc-co della valletta del riu Grampera. Fa parte d’una catena di costruzioni nuragiche dis-poste a difesa dell’arco del Golfo degli Angeli. Più in particolare, il nuraghe arrocca,con altri nuraghi, le vie naturali che mettono in comunicazione la conca di Pula (del-l’antica Nora) col territorio costiero per cui si giunge a Cagliari. Il luogo è di rilevanteinteresse strategico. Il nuraghe – di cui si presenta pianta e sezione del solo mastio – èdel tipo “a tancato”, con una torre antica a cui si addossa un corpo costruttivo di pia-no trapezoidale limitato a Ovestsudovest da una torre minore, più recente. L’insiemesi dispone in direzione Ovestsudovest-Estnordest assecondando il profilo del terreno,con l’ingresso verso il mare sottostante. L’intera costruzione misura m 23,45 x 14,45.La torre antica (figg. 2, 1 e 3, 1), circolare, del diametro di m 10,15, mostra l’ingressoa Sudovest, di m 0,72 di larghezza x 2,00 d’altezza, a luce rettangolare sormontata da

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pietra d’architrave con spiraglio di scarico. Dietro la porta, l’andito, di m 3,80 di lun-ghezza, col soffitto ascendente verso l’interno da m 2 a 5,65, introduce nella camera “atholos”, ribassata di m 0,22 rispetto al piano del corridoio d’ingresso. Nella camera ec-centrica, rotonda, di m 3,75 di diametro, non si presentano spazi sussidiari, alla basedel muro. In alto, però, nella parete a destra di chi entra, a m 4,50 dal suolo, si aprel’imbocco della scala al terrazzo, di cui si conservano 14 gradini. Pure nella parete a de-stra, fra lo spigolo interno dell’andito e l’apertura della scala, si osserva, sollevata di m3,80 sul pavimento, la bocca d’una nicchia-ripostiglio, di m 1,30 d’altezza x 2 circa diprofondità. La sezione dell’andito è angolare, ogivale (a profilo stretto e allungato)quella della cupola. Il cono si conserva per l’altezza residua massima di m 8,10, checorrisponde all’elevato calcolabile della tholos. L’opera muraria è del tipo poliedrico,con rozzi massi di porfirite di grandi dimensioni, per lo più non sbozzati, spaccati amazza; più curati nel taglio i blocchi di stipite e gli architravi. Le pietre a tratti si dis-pongono in file, a tratti perdono l’ordinamento orizzontale per dar luogo a paramenticonfusi per quanto ben concatenati. Meno irregolare, per quanto rozza, la disposizionedei filari all’interno. Il corpo aggiunto ha l’ingresso a Sudsudest, di m 0,77 di larghezzax 1,53 d’altezza, con architrave di m 1,25 x 0,84, alleggerito da spiraglio. L’andito re-trostante, di m 3 circa di lunghezza, si allarga a destra in un nicchione semicircolare dim 1 di larghezza x 1,30 di profondità (garetta di guardia), sfocia poi nel cortile per unaseconda porta, molto bassa, anch’essa con architrave a spiraglio (sistema del dipylon). Ilcortile forma uno spazio scoperto, di piano trapezoidale, di m 4 x 3,50; le pareti agget-tano leggermente nei corsi superiori. Nel cortile dànno gli usci delle due torri e sonoinoltre aperte due nicchie: una, al disopra della porta interna dell’andito, a m 3,55 dalsuolo (m 0,70 x 1,10) corrispondente a un ripostiglio o nascondiglio; e l’altra, alla basedel muro opposto all’ingresso, è un armadione, di sezione angolare, di m 1,30 x 1,20x 3 d’altezza, in cui si accendeva il fuoco (vi si trovarono resti di carbone e ciottoli arro-tondati). Al piede del muro d’ingresso corre anche un bancone di grosse pietre (m 2,25di lunghezza x 0,50 di altezza), usato per sedile. Nel lato corto del cortile, con verso aEstnordest si apre la porta della torre aggiunta, di m 0,90 x 1,40 di altezza, pur essa ar-chitravata con finestrino di scarico. Dietro è l’andito strombato, di m 2,70 di lunghez-za x 1,30 di larghezza x 3,60 d’altezza alla estremità interna, che introduce nella tholos.Questa stanza, contenuta nel perimetro della torre di m 9,20 di diametro con spessoremurario di 2,40, è centrica, rotonda, del diametro di m 4,40, a profilo semplice senzaarticolazione di vani sussidiari. Alta e slanciata, mostra la sezione ogivale chiusa in ori-gine a circa 10 metri dal pavimento (oggi svettata a m 6,75); l’andito presenta, invece,taglio angolare, piuttosto basso, e con tendenza alla copertura tabulare per via degli ar-chitravi di serraglia disposti a gradoni. Sul corpo aggiunto, conservato per l’altezzamassima di m 8,25, e costruito con la stessa tecnica poliedrica e nel gusto arcaico tradi-zionale, correva, in alto, sui muri esterni, un paramento di pietre conce che aveva loscopo, rendendo liscia la parete, di render più difficile la scalata. Forse questa mostraterminale isodoma si estendeva pure alla torre primitiva per la cui scala (e non per altrevie) si saliva in cima all’edifizio, agli spalti sede di osservazione e di difesa. Nel nuraghe,scavato dal Taramelli nel 1924, si ebbe una stratificazione archeologica testimoniantedue periodi di vita: uno antico dell’età del nuraghe, e l’altro di riutilizzazione posteriorein età romana. Documenti del primo periodo sono: proiettili per fionda, crogioletti di

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Fig. 2: planimetrie e sezioni di nuraghi1. Domu s’Orku-Sarròk; 2. Santa Bàrbara-Sindìa; 3. Santa Sarbàna-Silànus; 4.Ala-Pozzomaggiore; 5. Mesu ’e Rìos-Scanu Montiferru; 6. Altòriu-Scanu Monti-ferru; 7. Sèneghe-Suni; 8. Tùsari-Bortigali.

Figura 2, 1: nuraghe DOMU S’ORKU-Sarròk (Cagliari); cartina B, 108.A m 107 di quota, su un mammellone isolato proteso sul mare, a guardia dello sboc-co della valletta del riu Grampera. Fa parte d’una catena di costruzioni nuragiche dis-poste a difesa dell’arco del Golfo degli Angeli. Più in particolare, il nuraghe arrocca,con altri nuraghi, le vie naturali che mettono in comunicazione la conca di Pula (del-l’antica Nora) col territorio costiero per cui si giunge a Cagliari. Il luogo è di rilevanteinteresse strategico. Il nuraghe – di cui si presenta pianta e sezione del solo mastio – èdel tipo “a tancato”, con una torre antica a cui si addossa un corpo costruttivo di pia-no trapezoidale limitato a Ovestsudovest da una torre minore, più recente. L’insiemesi dispone in direzione Ovestsudovest-Estnordest assecondando il profilo del terreno,con l’ingresso verso il mare sottostante. L’intera costruzione misura m 23,45 x 14,45.La torre antica (figg. 2, 1 e 3, 1), circolare, del diametro di m 10,15, mostra l’ingressoa Sudovest, di m 0,72 di larghezza x 2,00 d’altezza, a luce rettangolare sormontata da

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pietra d’architrave con spiraglio di scarico. Dietro la porta, l’andito, di m 3,80 di lun-ghezza, col soffitto ascendente verso l’interno da m 2 a 5,65, introduce nella camera “atholos”, ribassata di m 0,22 rispetto al piano del corridoio d’ingresso. Nella camera ec-centrica, rotonda, di m 3,75 di diametro, non si presentano spazi sussidiari, alla basedel muro. In alto, però, nella parete a destra di chi entra, a m 4,50 dal suolo, si aprel’imbocco della scala al terrazzo, di cui si conservano 14 gradini. Pure nella parete a de-stra, fra lo spigolo interno dell’andito e l’apertura della scala, si osserva, sollevata di m3,80 sul pavimento, la bocca d’una nicchia-ripostiglio, di m 1,30 d’altezza x 2 circa diprofondità. La sezione dell’andito è angolare, ogivale (a profilo stretto e allungato)quella della cupola. Il cono si conserva per l’altezza residua massima di m 8,10, checorrisponde all’elevato calcolabile della tholos. L’opera muraria è del tipo poliedrico,con rozzi massi di porfirite di grandi dimensioni, per lo più non sbozzati, spaccati amazza; più curati nel taglio i blocchi di stipite e gli architravi. Le pietre a tratti si dis-pongono in file, a tratti perdono l’ordinamento orizzontale per dar luogo a paramenticonfusi per quanto ben concatenati. Meno irregolare, per quanto rozza, la disposizionedei filari all’interno. Il corpo aggiunto ha l’ingresso a Sudsudest, di m 0,77 di larghezzax 1,53 d’altezza, con architrave di m 1,25 x 0,84, alleggerito da spiraglio. L’andito re-trostante, di m 3 circa di lunghezza, si allarga a destra in un nicchione semicircolare dim 1 di larghezza x 1,30 di profondità (garetta di guardia), sfocia poi nel cortile per unaseconda porta, molto bassa, anch’essa con architrave a spiraglio (sistema del dipylon). Ilcortile forma uno spazio scoperto, di piano trapezoidale, di m 4 x 3,50; le pareti agget-tano leggermente nei corsi superiori. Nel cortile dànno gli usci delle due torri e sonoinoltre aperte due nicchie: una, al disopra della porta interna dell’andito, a m 3,55 dalsuolo (m 0,70 x 1,10) corrispondente a un ripostiglio o nascondiglio; e l’altra, alla basedel muro opposto all’ingresso, è un armadione, di sezione angolare, di m 1,30 x 1,20x 3 d’altezza, in cui si accendeva il fuoco (vi si trovarono resti di carbone e ciottoli arro-tondati). Al piede del muro d’ingresso corre anche un bancone di grosse pietre (m 2,25di lunghezza x 0,50 di altezza), usato per sedile. Nel lato corto del cortile, con verso aEstnordest si apre la porta della torre aggiunta, di m 0,90 x 1,40 di altezza, pur essa ar-chitravata con finestrino di scarico. Dietro è l’andito strombato, di m 2,70 di lunghez-za x 1,30 di larghezza x 3,60 d’altezza alla estremità interna, che introduce nella tholos.Questa stanza, contenuta nel perimetro della torre di m 9,20 di diametro con spessoremurario di 2,40, è centrica, rotonda, del diametro di m 4,40, a profilo semplice senzaarticolazione di vani sussidiari. Alta e slanciata, mostra la sezione ogivale chiusa in ori-gine a circa 10 metri dal pavimento (oggi svettata a m 6,75); l’andito presenta, invece,taglio angolare, piuttosto basso, e con tendenza alla copertura tabulare per via degli ar-chitravi di serraglia disposti a gradoni. Sul corpo aggiunto, conservato per l’altezzamassima di m 8,25, e costruito con la stessa tecnica poliedrica e nel gusto arcaico tradi-zionale, correva, in alto, sui muri esterni, un paramento di pietre conce che aveva loscopo, rendendo liscia la parete, di render più difficile la scalata. Forse questa mostraterminale isodoma si estendeva pure alla torre primitiva per la cui scala (e non per altrevie) si saliva in cima all’edifizio, agli spalti sede di osservazione e di difesa. Nel nuraghe,scavato dal Taramelli nel 1924, si ebbe una stratificazione archeologica testimoniantedue periodi di vita: uno antico dell’età del nuraghe, e l’altro di riutilizzazione posteriorein età romana. Documenti del primo periodo sono: proiettili per fionda, crogioletti di

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pietre di m 0,40 x 0,35 nei corsi superiori. Curata è anche l’opera muraria nei vani, spe-cie nelle ogive, di cui l’inferiore elevata per m 6,20 su 15 filari e quella al piano rialzatoscapitozzata all’altezza di m 2,50, con file di blocchi subquadrati a forte aggetto.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XX, 1850, p. 181 s.; J.F. Neigebaur, Die Insel Sardinien-Geschichtliche Entwiclung der Gegenwärtigen zustände derselben in ihrer Verbindung mit Italien, Leipzig1855, p. 296; Spano, Memoria, 1867, p. 21; E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 177; A. Taramelli, Carta ar-cheologica, ff. 205-206, 1935, p. 192, n. 39; A.P. Piludu, Saggio cit., 1953-54, p. 174 ss., tav. n. 22.

Figura 2, 3: nuraghe SANTA SARBÀNA o SANTA SABINA-Silànus (Nùoro); tav. X; carti-na B, 31.Si leva in mezzo alla vasta piana, a Sud dell’abitato moderno, a m 381 di quota, a 34 me-tri dall’abside minore (sinistra) della chiesa medievale di Santa Sarbàna. La suggestione delpaesaggio è accompagnata dalla suggestione monumentale che evoca una lontana e lungaprospettiva storica (tav. X). Il nuraghe è a unica torre, con diametro esterno basale di m12,60 ridotto a m 9,85 allo svettamento attuale. Dall’ingresso, volto a Sud, provvisto inorigine d’architrave (di cui resta un pezzo sullo stipite sinistro di m 0,50 d’altezza x 0,93di spessore), si entra nell’andito, strombato verso l’esterno (da m 1 a 1,20 di larghezza),lungo m 5. In esso, circa a metà, si aprono a destra l’uscio della garetta di piano rettango-lare con parete di fondo arcuata (m 1 di larghezza x 1,86 di profondità), e a sinistra il va-no della scala (larghezza m 1, lunghezza visibile m 13, altezza 3,88; una feritoia di luce nelmuro a Nordovest). Nella camera eccentrica, rotonda, del diametro di m 4,15, mettonotre nicchie in croce, con disposizione simmetrica, di pianta semiellittica di m 0,70/1 dilarghezza e di m 1,40/1,90 di profondità. La camera, alta m 8,35, è di sezione ogivale; ataglio trapezoidale sono invece le aperture delle nicchie (altezza da m 1,20 a 1,10), dellascala d’andito (altezza m 2,37), della garetta (altezza m 1,50), vani che, nell’interno, vannoelevandosi e si chiudono ad aggetto angolare. La torre, con altezza residua di m 8,60 su 17filari, è fatta di blocchi basaltici in forme poligonali, disposte in file, con buon combacia-mento di giunti; alla base la lavorazione è meno curata, ben tagliate, invece, le pietre dei fila-ri medi e superiori, ad elementi di medie dimensioni (m 1 x 0,80; 0,88 x 0,65; 0,65 x 0,66;1,65 x 0,58 x 0,87). A 400 metri dal nuraghe, un pozzo con copertura “a tholos”, del tipocultuale, indica, insieme al forte, la presenza d’un centro abitato di età protostorica. Pocodistante è anche la sepoltura: una tomba di giganti con resti di cella. Nel nuraghe, nel1881, si trovò un grosso vaso con tracce di decorazioni incise.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, X, 1850, p. 138; A. Vivanet, Not. di Scavi, 1882, p. 378; F.Corona, Guida storico-artistica-commerciale dell’Isola di Sardegna, Bergamo 1896, pp. 46, 807; H. DeChaignon, “Sur les nuraghes de Sardaigne”, in Mém. d. l. Soc. d’Hist. nat. d’Autun, XX, 1906-07, p. 24;P. Ledda, Sardegna, Firenze 1924, p. 204; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, Firenze 1935, p.12, n. 24, p. 13, nn. 24a e 25; P. Cao, Uno sprazzo di luce nelle tenebre della preistoria sarda, Cagliari1942, p. 3 s.; G. Lilliu, St. Etr., 1944, p. 154; M. Pallottino, La Sardegna nuragica, Roma 1950, pp. 45,54, 61, tav. VII, 2; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 148; G. Cherchi, Saggio cit., 1952-53, p. 66 ss.,figg. 9-10; R. Delogu, L’architettura del Medioevo in Sardegna, Roma 1953, tav. XLVI (in alto), tav.XLIX (alto a sinistra); Sardegna (Touring), XX, 1954, p. 94, fig. 168; D. Panedda, L’agro di Olbia,1954, p. 13; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 47, fig. 19; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 156;Serra, Mal di Sardegna, 1955, p. 246 s.; E. Putzulu, in Mollier, Sardinia, Milano 1956, p. 98 bis, fig.95; A. Borio, Sardaigne, 1957, tav. 57; A. Maiuri, “Arte e Civiltà nell’Italia antica”, in Conosci l’Italia,vol. IV (Touring Club d’Italia), Milano 1960, tavv. 13, 42.

pietra per piccole fondite (nel cortile); e poi, ceramiche liscie, utensili di bronzo, unaperla di vetro, elementi tutti rinvenuti associati a ceneri, carboni e resti di pasti. Si vuo-le che il nuraghe, fra i più antichi della Sardegna, risalga, con la sua torre primitiva, fi-no al sec. XVI-XV a.C. Il corpo aggiunto vien riferito all’VIII secolo. Il forte lo distrus-sero i Cartaginesi qualche secolo dopo la fondazione della vicina città di Nora.Bibliografia: A. Taramelli, Bollettino d’Arte, dicembre 1925, p. 277 ss., figg. 1-4; Mon. Ant. Lincei, XXXI,1926, col. 405-446, figg. 1-16; Convegno Archeologico in Sardegna, 1926, pp. 16, 26, 77, nota 19, figg. 39,46; “Gli studi archeologici in Sardegna”, in Mediterranea, IV, 1932, p. 5 (estratto); Mon. Ant. Lincei,XXXVIII, 1939, col. 15, 19-20; G. Lilliu, Studi Etruschi, 1944, p. 364, nota 143, p. 366, nota 172; St.S.,VIII, 1948, p. 8, nota 5; G. Patroni, La Preistoria, 1951, vol. II, p. 713; G. Lilliu, St.S., X-XI, 1952, p.116; “I nuraghi della Sardegna”, in Le Vie d’Italia cit., p. 1290, fig. ivi; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 44,fig. 15, 3; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 105-108, 161-163, 198, 201, 203, 210-211, 220-221; “Inuraghi della Sardegna”, in Bollettino Bibliografico sardo, I, 4, Cagliari, settembre 1955, p. 5; “I nuraghi del-la Sardegna”, in Realtà Nuova (Rivista dei Rotary Club d’Italia), 1956, n. 9, p. 9 (estratto); Atzeni, St.S.,XIV-XV, I, 1958, p. 69, n. 42, p. 126; E. Contu, ibidem, p. 177, 184; G. Lilliu, ibidem, p. 206; “The nu-raghi” cit., XXIII, n. 129, 1959, p. 35; “The Proto-Castles of Sardinia”, in Scientific American, december1959, p. 68, fig. ivi; E. Contu, “I più antichi nuraghi e l’esplorazione del nuraghe Peppe Gallu (Uri-Sàssa-ri)”, in Rivista di Scienze Preistoriche, vol. XIV, fasc. 1-4, 1959, pp. 104, 116.

Figura 2, 3: nuraghe SANTA BÀRBARA-Sindìa (Nùoro); cartina B, 28.A quota di m 530, sul piano di basalto, ricco di pascoli. A 20 metri a Est, sgorga unafonte. Nuraghe monotorre, svettato poco sotto la chiave di volta del primo piano, dipianta circolare di m 43 di circonferenza esterna, con ingresso a Sudsudovest; la porta,di m 0,95 di larghezza x 1 d’altezza visibile, è sovrastata da pietra d’architrave riquadra-ta, di m 1,66 x 1,05 x 0,73, alleggerito da finestrino rettangolare di scarico (m 0,35 x0,40). Nell’andito retrostante, strombato verso l’interno (da m 1,20 a 2,40), a metà cir-ca del percorso lungo m 5, si incontrano a sinistra la garetta di guardia, semiellittica (m0,75/1 x 1,70 di profondità x 1,54 d’altezza sul riempimento) e, a destra, la scala a fiordi suolo, con imbocco largo m 1,15, alto 2,40, che gira a spirale da sinistra a destra. Lacamera eccentrica, tondeggiante (diametro m 4,10), si arricchisce di tre nicchie dispostesimmetricamente in croce, di m 0,85 di larghezza x 2,10 di profondità x 2,20 di altezza.La scala d’andito, dopo m 22,50 di sviluppo col vano illuminato da una feritoia a m9,50 dall’imbocco terreno, giunge al pianerottolo del primo piano, situato fra il finestro-ne all’esterno, sulla verticale dell’ingresso inferiore, e la camera, a circa m 8 d’altezza dalpiano di campagna. Il finestrone, di taglio trapezoidale, di m 0,90/0,40 di larghezza x1,60 di altezza, si distingue per la fattura dell’architrave (m 0,95 x 0,42), squadrato econ la faccia inferiore interna arcuata con la cavità rivolta in basso; un architrave similenel finestrone del nuraghe Santa Bàrbara di Macomèr, tav. LV, 3-4. La scala proseguivafino al terrazzo, prendendo luce da finestrini messi ad altezza ed esposizione diverse; orasi interrompe all’altezza di m 12, cioè allo svettamento del cono, ristretto a m 9 di dia-metro. Andito inferiore (altezza da m 2 a 3,50 su 8 file), garetta, ogive e nicchie dellatholos a pian terreno presentano sezione ogivale; trapezoidale il taglio della scala al primopiano. Il cono si conserva per l’altezza massima di m 12 su 28 filari di blocchi basalticidi forma subquadrata, con rado e piccolo brecciame, ordinati con bella disposizioneorizzontale. Nella parte alta i blocchi passano a conci quasi squadrati, di lavorazione piùregolare e di dimensioni minori. Da m 1,70 x 0,80 in media nelle file inferiori si passa a

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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pietre di m 0,40 x 0,35 nei corsi superiori. Curata è anche l’opera muraria nei vani, spe-cie nelle ogive, di cui l’inferiore elevata per m 6,20 su 15 filari e quella al piano rialzatoscapitozzata all’altezza di m 2,50, con file di blocchi subquadrati a forte aggetto.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XX, 1850, p. 181 s.; J.F. Neigebaur, Die Insel Sardinien-Geschichtliche Entwiclung der Gegenwärtigen zustände derselben in ihrer Verbindung mit Italien, Leipzig1855, p. 296; Spano, Memoria, 1867, p. 21; E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 177; A. Taramelli, Carta ar-cheologica, ff. 205-206, 1935, p. 192, n. 39; A.P. Piludu, Saggio cit., 1953-54, p. 174 ss., tav. n. 22.

Figura 2, 3: nuraghe SANTA SARBÀNA o SANTA SABINA-Silànus (Nùoro); tav. X; carti-na B, 31.Si leva in mezzo alla vasta piana, a Sud dell’abitato moderno, a m 381 di quota, a 34 me-tri dall’abside minore (sinistra) della chiesa medievale di Santa Sarbàna. La suggestione delpaesaggio è accompagnata dalla suggestione monumentale che evoca una lontana e lungaprospettiva storica (tav. X). Il nuraghe è a unica torre, con diametro esterno basale di m12,60 ridotto a m 9,85 allo svettamento attuale. Dall’ingresso, volto a Sud, provvisto inorigine d’architrave (di cui resta un pezzo sullo stipite sinistro di m 0,50 d’altezza x 0,93di spessore), si entra nell’andito, strombato verso l’esterno (da m 1 a 1,20 di larghezza),lungo m 5. In esso, circa a metà, si aprono a destra l’uscio della garetta di piano rettango-lare con parete di fondo arcuata (m 1 di larghezza x 1,86 di profondità), e a sinistra il va-no della scala (larghezza m 1, lunghezza visibile m 13, altezza 3,88; una feritoia di luce nelmuro a Nordovest). Nella camera eccentrica, rotonda, del diametro di m 4,15, mettonotre nicchie in croce, con disposizione simmetrica, di pianta semiellittica di m 0,70/1 dilarghezza e di m 1,40/1,90 di profondità. La camera, alta m 8,35, è di sezione ogivale; ataglio trapezoidale sono invece le aperture delle nicchie (altezza da m 1,20 a 1,10), dellascala d’andito (altezza m 2,37), della garetta (altezza m 1,50), vani che, nell’interno, vannoelevandosi e si chiudono ad aggetto angolare. La torre, con altezza residua di m 8,60 su 17filari, è fatta di blocchi basaltici in forme poligonali, disposte in file, con buon combacia-mento di giunti; alla base la lavorazione è meno curata, ben tagliate, invece, le pietre dei fila-ri medi e superiori, ad elementi di medie dimensioni (m 1 x 0,80; 0,88 x 0,65; 0,65 x 0,66;1,65 x 0,58 x 0,87). A 400 metri dal nuraghe, un pozzo con copertura “a tholos”, del tipocultuale, indica, insieme al forte, la presenza d’un centro abitato di età protostorica. Pocodistante è anche la sepoltura: una tomba di giganti con resti di cella. Nel nuraghe, nel1881, si trovò un grosso vaso con tracce di decorazioni incise.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, X, 1850, p. 138; A. Vivanet, Not. di Scavi, 1882, p. 378; F.Corona, Guida storico-artistica-commerciale dell’Isola di Sardegna, Bergamo 1896, pp. 46, 807; H. DeChaignon, “Sur les nuraghes de Sardaigne”, in Mém. d. l. Soc. d’Hist. nat. d’Autun, XX, 1906-07, p. 24;P. Ledda, Sardegna, Firenze 1924, p. 204; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, Firenze 1935, p.12, n. 24, p. 13, nn. 24a e 25; P. Cao, Uno sprazzo di luce nelle tenebre della preistoria sarda, Cagliari1942, p. 3 s.; G. Lilliu, St. Etr., 1944, p. 154; M. Pallottino, La Sardegna nuragica, Roma 1950, pp. 45,54, 61, tav. VII, 2; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 148; G. Cherchi, Saggio cit., 1952-53, p. 66 ss.,figg. 9-10; R. Delogu, L’architettura del Medioevo in Sardegna, Roma 1953, tav. XLVI (in alto), tav.XLIX (alto a sinistra); Sardegna (Touring), XX, 1954, p. 94, fig. 168; D. Panedda, L’agro di Olbia,1954, p. 13; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 47, fig. 19; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 156;Serra, Mal di Sardegna, 1955, p. 246 s.; E. Putzulu, in Mollier, Sardinia, Milano 1956, p. 98 bis, fig.95; A. Borio, Sardaigne, 1957, tav. 57; A. Maiuri, “Arte e Civiltà nell’Italia antica”, in Conosci l’Italia,vol. IV (Touring Club d’Italia), Milano 1960, tavv. 13, 42.

pietra per piccole fondite (nel cortile); e poi, ceramiche liscie, utensili di bronzo, unaperla di vetro, elementi tutti rinvenuti associati a ceneri, carboni e resti di pasti. Si vuo-le che il nuraghe, fra i più antichi della Sardegna, risalga, con la sua torre primitiva, fi-no al sec. XVI-XV a.C. Il corpo aggiunto vien riferito all’VIII secolo. Il forte lo distrus-sero i Cartaginesi qualche secolo dopo la fondazione della vicina città di Nora.Bibliografia: A. Taramelli, Bollettino d’Arte, dicembre 1925, p. 277 ss., figg. 1-4; Mon. Ant. Lincei, XXXI,1926, col. 405-446, figg. 1-16; Convegno Archeologico in Sardegna, 1926, pp. 16, 26, 77, nota 19, figg. 39,46; “Gli studi archeologici in Sardegna”, in Mediterranea, IV, 1932, p. 5 (estratto); Mon. Ant. Lincei,XXXVIII, 1939, col. 15, 19-20; G. Lilliu, Studi Etruschi, 1944, p. 364, nota 143, p. 366, nota 172; St.S.,VIII, 1948, p. 8, nota 5; G. Patroni, La Preistoria, 1951, vol. II, p. 713; G. Lilliu, St.S., X-XI, 1952, p.116; “I nuraghi della Sardegna”, in Le Vie d’Italia cit., p. 1290, fig. ivi; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 44,fig. 15, 3; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 105-108, 161-163, 198, 201, 203, 210-211, 220-221; “Inuraghi della Sardegna”, in Bollettino Bibliografico sardo, I, 4, Cagliari, settembre 1955, p. 5; “I nuraghi del-la Sardegna”, in Realtà Nuova (Rivista dei Rotary Club d’Italia), 1956, n. 9, p. 9 (estratto); Atzeni, St.S.,XIV-XV, I, 1958, p. 69, n. 42, p. 126; E. Contu, ibidem, p. 177, 184; G. Lilliu, ibidem, p. 206; “The nu-raghi” cit., XXIII, n. 129, 1959, p. 35; “The Proto-Castles of Sardinia”, in Scientific American, december1959, p. 68, fig. ivi; E. Contu, “I più antichi nuraghi e l’esplorazione del nuraghe Peppe Gallu (Uri-Sàssa-ri)”, in Rivista di Scienze Preistoriche, vol. XIV, fasc. 1-4, 1959, pp. 104, 116.

Figura 2, 3: nuraghe SANTA BÀRBARA-Sindìa (Nùoro); cartina B, 28.A quota di m 530, sul piano di basalto, ricco di pascoli. A 20 metri a Est, sgorga unafonte. Nuraghe monotorre, svettato poco sotto la chiave di volta del primo piano, dipianta circolare di m 43 di circonferenza esterna, con ingresso a Sudsudovest; la porta,di m 0,95 di larghezza x 1 d’altezza visibile, è sovrastata da pietra d’architrave riquadra-ta, di m 1,66 x 1,05 x 0,73, alleggerito da finestrino rettangolare di scarico (m 0,35 x0,40). Nell’andito retrostante, strombato verso l’interno (da m 1,20 a 2,40), a metà cir-ca del percorso lungo m 5, si incontrano a sinistra la garetta di guardia, semiellittica (m0,75/1 x 1,70 di profondità x 1,54 d’altezza sul riempimento) e, a destra, la scala a fiordi suolo, con imbocco largo m 1,15, alto 2,40, che gira a spirale da sinistra a destra. Lacamera eccentrica, tondeggiante (diametro m 4,10), si arricchisce di tre nicchie dispostesimmetricamente in croce, di m 0,85 di larghezza x 2,10 di profondità x 2,20 di altezza.La scala d’andito, dopo m 22,50 di sviluppo col vano illuminato da una feritoia a m9,50 dall’imbocco terreno, giunge al pianerottolo del primo piano, situato fra il finestro-ne all’esterno, sulla verticale dell’ingresso inferiore, e la camera, a circa m 8 d’altezza dalpiano di campagna. Il finestrone, di taglio trapezoidale, di m 0,90/0,40 di larghezza x1,60 di altezza, si distingue per la fattura dell’architrave (m 0,95 x 0,42), squadrato econ la faccia inferiore interna arcuata con la cavità rivolta in basso; un architrave similenel finestrone del nuraghe Santa Bàrbara di Macomèr, tav. LV, 3-4. La scala proseguivafino al terrazzo, prendendo luce da finestrini messi ad altezza ed esposizione diverse; orasi interrompe all’altezza di m 12, cioè allo svettamento del cono, ristretto a m 9 di dia-metro. Andito inferiore (altezza da m 2 a 3,50 su 8 file), garetta, ogive e nicchie dellatholos a pian terreno presentano sezione ogivale; trapezoidale il taglio della scala al primopiano. Il cono si conserva per l’altezza massima di m 12 su 28 filari di blocchi basalticidi forma subquadrata, con rado e piccolo brecciame, ordinati con bella disposizioneorizzontale. Nella parte alta i blocchi passano a conci quasi squadrati, di lavorazione piùregolare e di dimensioni minori. Da m 1,70 x 0,80 in media nelle file inferiori si passa a

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di muro poco inclinato, irregolare. Se si eccettua la copertura della camera che è “a tho-los”, il resto dei vani, andito e scala a gomito, presentano sezione dolmenica e tetto apiattabanda (altezza della nicchia dell’andito m 2,50); sugli architravi che concludonogli ingressi dei vani, nessun finestrino di scarico. L’opera muraria è di basalto, rozza-mente poliedrica, senza ordinamento a filari, con blocchi di grandezza media alla basee piccola in alto. Si vedono tratti restaurati con piccole e irregolari pietre, specie versola parte alta. Rozzissimi cocci d’impasto, di pessima cottura e di rude aspetto, si trova-rono nello strato basale della camera; alla superficie, invece, si ebbe una lampada puni-ca. Ad età punica si devono forse riferire i restauri accennati.Bibliografia: Spano, Memoria, 1867, p. 22; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 200s., n. 25; P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 77 s.

Figura 2, 6: nuraghe ALTÒRIU-Scanu Montiferru (Nùoro); cartina B, 42.A quota di m 545, all’estremo d’un falsopiano roccioso che domina una valle stretta eprofonda. In posizione nascosta. Con unica torre di piano ellittico, ha una circonfe-renza di m 40 e diametri di m 14 x 11. L’andito volto a Sudest, lungo m 3,60 e largo1, non mostra né garetta né scala; e porta alla camera tondeggiante provvista di trenicchie, due sul fondo abbinate e una a sinistra. Dirimpetto a quest’ultima, sulla de-stra della camera, sta l’ingresso alla scala, a livello di suolo. La torre è alta ora da m 2 a3,5, in origine si elevava per 4 metri. La camera alta m 3 circa, è costituita di file di la-stre leggere, di rozza fattura, messe in opera con tecnica trascurata ed affrettata; il suovolume è largo e schiacciato. Le nicchie si presentano a sezione rettangolare con co-pertura piattabandata, alte da m 1,50 a 1,80. Il profilo dell’andito, a copertura tabula-re gradonata, si eleva da m 1,20 all’inizio a m 1,80 allo sfocio nella cella. La costruzio-ne è in basalto, a pietre di medie dimensioni di rozza lavorazione. Uno sbarramentodi grossi massi difende il nuraghe ad Est, per il resto la difesa era affidata al precipizionaturale della roccia. Vedi pure le figure 3, 6 e 4, 9.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 198, n. 15; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922,p. 166 (Altorio); P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 69 ss., tav. n. 12; G. Lilliu, St.S., XIV-XV, I, 1958, p. 226.

Figura 2, 7: nuraghe SÈNEGHE-Suni (Nùoro); cartina B, 26.A quota di m 271, in una cengia sul ripido versante della valle di Mòdolo, dominantein posizione nascosta, fra rocce basaltiche, macchie e pascoli. A 200 m circa, una sor-gente. Di figura ellittica irregolare, di m 19,80 in senso Ovest-Est x 14 in senso Nord-Sud, ha una circonferenza totale di m 50 circa. Il poderoso masso murario è scavatoed attraversato per la sua larghezza da un corridoio, lungo m 14 e largo 1,60, che facapo a due ingressi opposti. Uno degli ingressi, a Sud, rialzato sul piano di campagnadi m 1,50, ha sezione trapezoidale di m 1,40/1,15 di larghezza x 2,10 d’altezza, conarchitrave ben lavorata, di m 1,60 x 1,40 x 0,80, senza finestrino di scarico; l’altro in-gresso, a Nord, pure trapezoidale, è più piccolo di luce (m 1,30/1 di larghezza x 1,55d’altezza) ed è sormontato da architrave di m 2,40 x 1,10 non provvisto di spiragliodi alleggerimento. Dentro il corridoio, alto 3 metri circa, si succedono sulla sinistra, adistanza di m 3 e 2,20, due nicchioni ed una nicchia da Sud verso Nord; sulla destra,con lo stesso verso, si seguono gli inviti di due scale, separate per 5 metri da un enormepiede murario di pianta semiellittica, intorno a cui girano, all’interno, i bracci delle

Figura 2, 4: nuraghe ALA-Pozzomaggiore (Sàssari); cartina B, 25.Su un breve ripiano intervallivo, alto sul riu Mannu, a quota di m 600. Una sorgente adEst. Nuraghe monotorre, circolare, di m 38 di circonferenza basale, con ingresso a Sud,architravato con finestrino di scarico. Dietro l’ingresso, di m 1,80 d’altezza x 0,80 di lar-ghezza, strombato verso l’interno, si allunga l’andito per m 4,50, e riceve le aperture d’unagaretta sulla destra (m 1/1,30 di larghezza x 1,80 di profondità) e della scala sulla sini-stra: quest’ultima, larga m 1 e alta m 2,80 (all’imbocco) e 3,20 (all’interno), gira, concorso ripido, per una lunghezza seguibile per m 9, poi si interrompe a causa del crollo.Nella camera eccentrica, rotonda, di m 13 di circonferenza al colmaticcio, si aprono ivani di tre nicchioni in croce, di piano semiellittico, di m 1,10/1,50 di larghezza e dim 1,20/2 di profondità. In alto, sulla parete a destra del nicchione laterale di Est, èl’apertura d’una seconda scala, o rampa, di cm 0,60 x 0,70 di luce, che, girando in sen-so inverso a quello della scala d’andito, ritorna verso l’ingresso principale, interrompen-dosi, dopo un percorso di 6 metri; nel punto dell’interruzione, dove il vano è alto m 2,la scala riceve luce da uno spioncino aperto verso l’esterno del muro a m 0,50 sopra l’ar-chitrave della porta d’ingresso. La scala, dissimulata, porta forse al pianerottolo d’una ca-ditoia oppure a un ripostiglio nascosto nel vivo del masso murario. L’andito d’ingresso sieleva verso la tholos a sezione obliqua da m 2,80 a 4 sull’interrimento, con sezione tra-sversa ogivale, troncata in alto da lastroni d’architrave; interamente ogivale è il taglio del-l’apertura della scala d’andito, delle nicchie (altezza m 2,10/3), della cupola (altezza m 6su sei file) a colmo depresso e arrotondato. Il cono, che si restringe allo svettamento a m8,50 di diametro, residua per l’altezza massima di poco più di 8 m su 19 filari (a Est eSud). È fatto di blocchi basaltici di forma poligonale, con faccia a vista sbozzata. Nell’in-terno le pietre, di m 0,55 x 0,35 in media, sono pure poliedriche, con interblocchi riem-piti di scaglie e malta di fango. L’ingresso del nuraghe, rivolto verso la vallata, era difesoda un bastione murario, alla distanza di 5 metri.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, IV NE, p. 187, n. 11; A.P. Piludu,Saggio cit., 1953-54, p. 114 ss., tav. n. 14.

Figura 2, 5: nuraghe MESU ’E RÌOS (MESURIOS)-Scanu Montiferru (Nùoro); cartina B, 45.Sta, come dice il nome, alla confluenza di due corsi d’acqua, su una lingua rocciosa, am 375 di quota, in posizione nascosta, difesa naturalmente dall’acclivio della rupe, for-tificata anche, di tratto in tratto, nei punti di facile accesso, con muri megalitici. Sullarupe, nascosti fra i lecci e la macchia, i resti di cinque capanne circolari e di muri retti-linei, situati fra il nuraghe e lo strapiombo. Il nuraghe è di pianta ellittica, con m 43,50di circonferenza (m 14 x 12). Ha l’ingresso al Nord, di m 1 di larghezza, eccezional-mente rialzato dal suolo di m 2 (v. nuraghe PEPPE GALLU), accessibile dunque conuna scala mobile, di legno o di corda. L’andito rettilineo, lungo m 3,40, strombato ver-so l’interno (m 1,60 di larghezza), senza scala e garetta, porta alla camera che è in situa-zione eccentrica, spostata verso il fronte della costruzione. La camera, di pianta qua-drangolare (m 3,60 x 3,20), era coperta a cupola ad aggetto (ora il tetto è crollato eresidua per un’altezza di m 3,80). La camera non mostra nicchie, ma, subito alla sini-stra dello sfocio dell’andito, presenta una scala a due rampe, a incontro angolare, a gu-sto di linea spezzata, che porta al terrazzo (altezza m 1,20 allo spicco sul pavimento,larghezza m 0,80/1). Il volume si conserva per l’altezza esterna di m 6 circa, con profilo

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di muro poco inclinato, irregolare. Se si eccettua la copertura della camera che è “a tho-los”, il resto dei vani, andito e scala a gomito, presentano sezione dolmenica e tetto apiattabanda (altezza della nicchia dell’andito m 2,50); sugli architravi che concludonogli ingressi dei vani, nessun finestrino di scarico. L’opera muraria è di basalto, rozza-mente poliedrica, senza ordinamento a filari, con blocchi di grandezza media alla basee piccola in alto. Si vedono tratti restaurati con piccole e irregolari pietre, specie versola parte alta. Rozzissimi cocci d’impasto, di pessima cottura e di rude aspetto, si trova-rono nello strato basale della camera; alla superficie, invece, si ebbe una lampada puni-ca. Ad età punica si devono forse riferire i restauri accennati.Bibliografia: Spano, Memoria, 1867, p. 22; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 200s., n. 25; P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 77 s.

Figura 2, 6: nuraghe ALTÒRIU-Scanu Montiferru (Nùoro); cartina B, 42.A quota di m 545, all’estremo d’un falsopiano roccioso che domina una valle stretta eprofonda. In posizione nascosta. Con unica torre di piano ellittico, ha una circonfe-renza di m 40 e diametri di m 14 x 11. L’andito volto a Sudest, lungo m 3,60 e largo1, non mostra né garetta né scala; e porta alla camera tondeggiante provvista di trenicchie, due sul fondo abbinate e una a sinistra. Dirimpetto a quest’ultima, sulla de-stra della camera, sta l’ingresso alla scala, a livello di suolo. La torre è alta ora da m 2 a3,5, in origine si elevava per 4 metri. La camera alta m 3 circa, è costituita di file di la-stre leggere, di rozza fattura, messe in opera con tecnica trascurata ed affrettata; il suovolume è largo e schiacciato. Le nicchie si presentano a sezione rettangolare con co-pertura piattabandata, alte da m 1,50 a 1,80. Il profilo dell’andito, a copertura tabula-re gradonata, si eleva da m 1,20 all’inizio a m 1,80 allo sfocio nella cella. La costruzio-ne è in basalto, a pietre di medie dimensioni di rozza lavorazione. Uno sbarramentodi grossi massi difende il nuraghe ad Est, per il resto la difesa era affidata al precipizionaturale della roccia. Vedi pure le figure 3, 6 e 4, 9.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 198, n. 15; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922,p. 166 (Altorio); P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 69 ss., tav. n. 12; G. Lilliu, St.S., XIV-XV, I, 1958, p. 226.

Figura 2, 7: nuraghe SÈNEGHE-Suni (Nùoro); cartina B, 26.A quota di m 271, in una cengia sul ripido versante della valle di Mòdolo, dominantein posizione nascosta, fra rocce basaltiche, macchie e pascoli. A 200 m circa, una sor-gente. Di figura ellittica irregolare, di m 19,80 in senso Ovest-Est x 14 in senso Nord-Sud, ha una circonferenza totale di m 50 circa. Il poderoso masso murario è scavatoed attraversato per la sua larghezza da un corridoio, lungo m 14 e largo 1,60, che facapo a due ingressi opposti. Uno degli ingressi, a Sud, rialzato sul piano di campagnadi m 1,50, ha sezione trapezoidale di m 1,40/1,15 di larghezza x 2,10 d’altezza, conarchitrave ben lavorata, di m 1,60 x 1,40 x 0,80, senza finestrino di scarico; l’altro in-gresso, a Nord, pure trapezoidale, è più piccolo di luce (m 1,30/1 di larghezza x 1,55d’altezza) ed è sormontato da architrave di m 2,40 x 1,10 non provvisto di spiragliodi alleggerimento. Dentro il corridoio, alto 3 metri circa, si succedono sulla sinistra, adistanza di m 3 e 2,20, due nicchioni ed una nicchia da Sud verso Nord; sulla destra,con lo stesso verso, si seguono gli inviti di due scale, separate per 5 metri da un enormepiede murario di pianta semiellittica, intorno a cui girano, all’interno, i bracci delle

Figura 2, 4: nuraghe ALA-Pozzomaggiore (Sàssari); cartina B, 25.Su un breve ripiano intervallivo, alto sul riu Mannu, a quota di m 600. Una sorgente adEst. Nuraghe monotorre, circolare, di m 38 di circonferenza basale, con ingresso a Sud,architravato con finestrino di scarico. Dietro l’ingresso, di m 1,80 d’altezza x 0,80 di lar-ghezza, strombato verso l’interno, si allunga l’andito per m 4,50, e riceve le aperture d’unagaretta sulla destra (m 1/1,30 di larghezza x 1,80 di profondità) e della scala sulla sini-stra: quest’ultima, larga m 1 e alta m 2,80 (all’imbocco) e 3,20 (all’interno), gira, concorso ripido, per una lunghezza seguibile per m 9, poi si interrompe a causa del crollo.Nella camera eccentrica, rotonda, di m 13 di circonferenza al colmaticcio, si aprono ivani di tre nicchioni in croce, di piano semiellittico, di m 1,10/1,50 di larghezza e dim 1,20/2 di profondità. In alto, sulla parete a destra del nicchione laterale di Est, èl’apertura d’una seconda scala, o rampa, di cm 0,60 x 0,70 di luce, che, girando in sen-so inverso a quello della scala d’andito, ritorna verso l’ingresso principale, interrompen-dosi, dopo un percorso di 6 metri; nel punto dell’interruzione, dove il vano è alto m 2,la scala riceve luce da uno spioncino aperto verso l’esterno del muro a m 0,50 sopra l’ar-chitrave della porta d’ingresso. La scala, dissimulata, porta forse al pianerottolo d’una ca-ditoia oppure a un ripostiglio nascosto nel vivo del masso murario. L’andito d’ingresso sieleva verso la tholos a sezione obliqua da m 2,80 a 4 sull’interrimento, con sezione tra-sversa ogivale, troncata in alto da lastroni d’architrave; interamente ogivale è il taglio del-l’apertura della scala d’andito, delle nicchie (altezza m 2,10/3), della cupola (altezza m 6su sei file) a colmo depresso e arrotondato. Il cono, che si restringe allo svettamento a m8,50 di diametro, residua per l’altezza massima di poco più di 8 m su 19 filari (a Est eSud). È fatto di blocchi basaltici di forma poligonale, con faccia a vista sbozzata. Nell’in-terno le pietre, di m 0,55 x 0,35 in media, sono pure poliedriche, con interblocchi riem-piti di scaglie e malta di fango. L’ingresso del nuraghe, rivolto verso la vallata, era difesoda un bastione murario, alla distanza di 5 metri.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, IV NE, p. 187, n. 11; A.P. Piludu,Saggio cit., 1953-54, p. 114 ss., tav. n. 14.

Figura 2, 5: nuraghe MESU ’E RÌOS (MESURIOS)-Scanu Montiferru (Nùoro); cartina B, 45.Sta, come dice il nome, alla confluenza di due corsi d’acqua, su una lingua rocciosa, am 375 di quota, in posizione nascosta, difesa naturalmente dall’acclivio della rupe, for-tificata anche, di tratto in tratto, nei punti di facile accesso, con muri megalitici. Sullarupe, nascosti fra i lecci e la macchia, i resti di cinque capanne circolari e di muri retti-linei, situati fra il nuraghe e lo strapiombo. Il nuraghe è di pianta ellittica, con m 43,50di circonferenza (m 14 x 12). Ha l’ingresso al Nord, di m 1 di larghezza, eccezional-mente rialzato dal suolo di m 2 (v. nuraghe PEPPE GALLU), accessibile dunque conuna scala mobile, di legno o di corda. L’andito rettilineo, lungo m 3,40, strombato ver-so l’interno (m 1,60 di larghezza), senza scala e garetta, porta alla camera che è in situa-zione eccentrica, spostata verso il fronte della costruzione. La camera, di pianta qua-drangolare (m 3,60 x 3,20), era coperta a cupola ad aggetto (ora il tetto è crollato eresidua per un’altezza di m 3,80). La camera non mostra nicchie, ma, subito alla sini-stra dello sfocio dell’andito, presenta una scala a due rampe, a incontro angolare, a gu-sto di linea spezzata, che porta al terrazzo (altezza m 1,20 allo spicco sul pavimento,larghezza m 0,80/1). Il volume si conserva per l’altezza esterna di m 6 circa, con profilo

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superiore (lunghezza del vano m 4,30, larghezza media 1, altezza non rilevabile perchéla scala è parzialmente ostruita dal materiale di crollo). Il piano superiore è costituitoda una specie di torretta ellittica la quale, nell’interno, è scavata a chiocciola da uncorridoio in piano che da una parte dà sul pianerottolo rialzato della scala, e dall’altromette in una celletta a sezione ogivale di m 2,50 di diametro x 1,60 d’altezza, dopoessersi avvolto a spirale per m 7 di percorso. A fior di pianerottolo si vede anche un fi-nestrone di vedetta che si affaccia sulla parete esterna lunga di Nordest, con una lucedi m 1,40; esso è rialzato di m 2,50 sull’attuale piano di rovina. Tutti i vani del pianoinferiore (corridoi e nicchie) sono coperti da lastroni orizzontali che si concludono a m1,50/2,50 di altezza sul colmaticcio. Il monumento residua all’esterno per l’altezza dim 3,60/2,10. Il paramento consta di blocchi di basalto per lo più di forma subquadra-ta e di media grandezza: m 1,14 x 0,54 x 0,46; 1,05 x 0,65 x 0,62; 0,78 x 0,30 x 0,60.Nelle adiacenze della torre, resti di capanne di età nuragica.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 21, n. 65; G. Cherchi, Saggio cit., 1952-53, p. 43 ss., tav. I, figg. 4, 6 (planimetria e sezioni), fig. 8 (fotografia); G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, p.129 s., fig. 2, 3; E. Contu, St.S., XIV-XV, I, 1958, p. 190; R. Grosjean, “Rapports Corse-Sardaigne-Pouil-les, Art et monument mégalithique du bronze moyen”, in Bull. de la S. P. F., Le Mans 1960, n. 5-6, p. 298.

scale stesse che si raccordano in semicerchio. I nicchioni, di piano rettangolare e di se-zione trapezoidale, sono larghi profondi ed alti il primo m 1,30/0,90 x 5,90 x 2,20, ilsecondo 1,40/0,75 x 5,60 x 2,45: sul muro fondale del secondo, ad altezza dal suolo,si apre un pertugio o spia verso l’esterno molto stretto e irregolare (lunghezza m3,50). La nicchia, a metri 2 dall’ingresso Nord, di pianta uguale a quella dei nicchionie con la medesima sezione trapezoidale, è larga m 1/0,60, profonda m 2,30 e alta2,20. Il vano di scala a Sud, distante dall’ingresso m 2,60, di sezione trapezia, larga al-l’apertura m 1,30/0,90 e alto 2,30, dopo un giro di 7 metri, s’incontra con l’altro ra-mo di scala su un pianerottolo al piano superiore; la seconda scala, a m 3,30 dall’in-gresso Nord, ha l’imbocco largo m 1,70/0,70 ed alto 2,75.All’altezza del pianerottolo, dove s’incontrano i due bracci, la scala prende luce da una fi-nestra volta ad Est, sollevata sul crollo esterno di m 0,80: aperta nel muro, spesso m 2, hasezione trapezoidale di m 1,50/0,70 di larghezza x altezza non rilevabile. Dal detto piane-rottolo, girando da Nord ad Ovest, un tronco di corridoio curvilineo metteva in un altrocorridoio del piano superiore situato sullo stesso asse del grande corridoio inferiore: delcorridoio di raccordo si segue il tracciato segnato da un avvallamento, del corridoio cen-trale superiore resta il vano con alcuni filari. Tutti i vani (anditi, nicchioni, nicchia, scale),perfettamente coerenti nelle linee di profilo a taglio trapezio, lo sono anche nella formadella copertura, che è a solaio piano, costituito di grandi lastroni. Esternamente il grossoedifizio si conserva per l’altezza massima sul crollo, di m 6 su 7 filari (a Ovest). Ne costi-tuiscono il paramento, a disposizione non regolare, grossi massi di basalto rozzamentelavorati e rabberciati con pietrame minuto. Si hanno pietre di m 0,70 x 0,93 x 0,80;0,85 x 1 x 0,70; 1,10 x 0,53 x 0,70; larghi gli interblocchi da m 0,30 a 0,20. Sopra i ru-deri della fortezza e all’intorno, in basso, si raccolgono cocci di età romana.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XX, 1850, p. 530; E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 181; A. Tara-melli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 217, n. 9; A.P. Piludu, Saggio cit., 1953-54, p. 61 ss., tav. n.7, pianta e sezione, fott. 11-13; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 140; G. Lilliu, “Primi scavi del villag-gio talaiotico di Ses Païsses (Artà, Maiorca)”, in Rivista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte,N.S. IX, 1960, p. 62, fig. 84, 1; G. Lilliu, “I Nuraghi”, in Il Progresso della Sardegna, I.S.E., 1960, p. 29.

Figura 2, 8: nuraghe TÙSARI-Bortigali (Nùoro); cartina B, 30.Su una lieve prominenza di roccia basaltica, nel vasto campo di Bortigali, a 75 metri aOvest del riu Bidìana, a m 370 di quota. La costruzione è di contorno ovale, non deltutto regolare, di m 18,70 (da Nordovest a Sudest) x 12,70 (da Nordest a Sudovest),con ingresso a Sudest, provvisto di architrave di m 1,43 x 0,52 x 0,39, parzialmenteinterrato. L’interno, alla base, è costituito da un lungo corridoio ostruito nella parte difondo, che si può supporre far capo a un’uscita situata all’opposto dell’ingresso anzi-detto, volta a Nordovest; il corridoio della larghezza di 1 metro, si percorre per la lun-ghezza di 17 metri. Il corridoio, a m 2 dall’ingresso, ed in fondo, a m 3,50 dall’ostru-zione, è fiancheggiato da due nicchie, opposte sul medesimo asse, quelle che siincontrano per prime di m 1,30 x 2,50 di profondità la destra e di m 2 x 1,80 la sini-stra; le restanti, in fondo, di m 1,20 x 2,90 la destra e di m 1,50 x 2,50 la sinistra.Quasi al centro del suo percorso lungo e sinuoso il corridoio mostra anche, sul lato si-nistro, una quinta nicchia di m 1,30 x 2,90 e a destra, in situazione disassiale, il vanod’una scala di otto gradini, che, partendo direttamente dal corridoio, porta al piano

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superiore (lunghezza del vano m 4,30, larghezza media 1, altezza non rilevabile perchéla scala è parzialmente ostruita dal materiale di crollo). Il piano superiore è costituitoda una specie di torretta ellittica la quale, nell’interno, è scavata a chiocciola da uncorridoio in piano che da una parte dà sul pianerottolo rialzato della scala, e dall’altromette in una celletta a sezione ogivale di m 2,50 di diametro x 1,60 d’altezza, dopoessersi avvolto a spirale per m 7 di percorso. A fior di pianerottolo si vede anche un fi-nestrone di vedetta che si affaccia sulla parete esterna lunga di Nordest, con una lucedi m 1,40; esso è rialzato di m 2,50 sull’attuale piano di rovina. Tutti i vani del pianoinferiore (corridoi e nicchie) sono coperti da lastroni orizzontali che si concludono a m1,50/2,50 di altezza sul colmaticcio. Il monumento residua all’esterno per l’altezza dim 3,60/2,10. Il paramento consta di blocchi di basalto per lo più di forma subquadra-ta e di media grandezza: m 1,14 x 0,54 x 0,46; 1,05 x 0,65 x 0,62; 0,78 x 0,30 x 0,60.Nelle adiacenze della torre, resti di capanne di età nuragica.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 21, n. 65; G. Cherchi, Saggio cit., 1952-53, p. 43 ss., tav. I, figg. 4, 6 (planimetria e sezioni), fig. 8 (fotografia); G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, p.129 s., fig. 2, 3; E. Contu, St.S., XIV-XV, I, 1958, p. 190; R. Grosjean, “Rapports Corse-Sardaigne-Pouil-les, Art et monument mégalithique du bronze moyen”, in Bull. de la S. P. F., Le Mans 1960, n. 5-6, p. 298.

scale stesse che si raccordano in semicerchio. I nicchioni, di piano rettangolare e di se-zione trapezoidale, sono larghi profondi ed alti il primo m 1,30/0,90 x 5,90 x 2,20, ilsecondo 1,40/0,75 x 5,60 x 2,45: sul muro fondale del secondo, ad altezza dal suolo,si apre un pertugio o spia verso l’esterno molto stretto e irregolare (lunghezza m3,50). La nicchia, a metri 2 dall’ingresso Nord, di pianta uguale a quella dei nicchionie con la medesima sezione trapezoidale, è larga m 1/0,60, profonda m 2,30 e alta2,20. Il vano di scala a Sud, distante dall’ingresso m 2,60, di sezione trapezia, larga al-l’apertura m 1,30/0,90 e alto 2,30, dopo un giro di 7 metri, s’incontra con l’altro ra-mo di scala su un pianerottolo al piano superiore; la seconda scala, a m 3,30 dall’in-gresso Nord, ha l’imbocco largo m 1,70/0,70 ed alto 2,75.All’altezza del pianerottolo, dove s’incontrano i due bracci, la scala prende luce da una fi-nestra volta ad Est, sollevata sul crollo esterno di m 0,80: aperta nel muro, spesso m 2, hasezione trapezoidale di m 1,50/0,70 di larghezza x altezza non rilevabile. Dal detto piane-rottolo, girando da Nord ad Ovest, un tronco di corridoio curvilineo metteva in un altrocorridoio del piano superiore situato sullo stesso asse del grande corridoio inferiore: delcorridoio di raccordo si segue il tracciato segnato da un avvallamento, del corridoio cen-trale superiore resta il vano con alcuni filari. Tutti i vani (anditi, nicchioni, nicchia, scale),perfettamente coerenti nelle linee di profilo a taglio trapezio, lo sono anche nella formadella copertura, che è a solaio piano, costituito di grandi lastroni. Esternamente il grossoedifizio si conserva per l’altezza massima sul crollo, di m 6 su 7 filari (a Ovest). Ne costi-tuiscono il paramento, a disposizione non regolare, grossi massi di basalto rozzamentelavorati e rabberciati con pietrame minuto. Si hanno pietre di m 0,70 x 0,93 x 0,80;0,85 x 1 x 0,70; 1,10 x 0,53 x 0,70; larghi gli interblocchi da m 0,30 a 0,20. Sopra i ru-deri della fortezza e all’intorno, in basso, si raccolgono cocci di età romana.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XX, 1850, p. 530; E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 181; A. Tara-melli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 217, n. 9; A.P. Piludu, Saggio cit., 1953-54, p. 61 ss., tav. n.7, pianta e sezione, fott. 11-13; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 140; G. Lilliu, “Primi scavi del villag-gio talaiotico di Ses Païsses (Artà, Maiorca)”, in Rivista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte,N.S. IX, 1960, p. 62, fig. 84, 1; G. Lilliu, “I Nuraghi”, in Il Progresso della Sardegna, I.S.E., 1960, p. 29.

Figura 2, 8: nuraghe TÙSARI-Bortigali (Nùoro); cartina B, 30.Su una lieve prominenza di roccia basaltica, nel vasto campo di Bortigali, a 75 metri aOvest del riu Bidìana, a m 370 di quota. La costruzione è di contorno ovale, non deltutto regolare, di m 18,70 (da Nordovest a Sudest) x 12,70 (da Nordest a Sudovest),con ingresso a Sudest, provvisto di architrave di m 1,43 x 0,52 x 0,39, parzialmenteinterrato. L’interno, alla base, è costituito da un lungo corridoio ostruito nella parte difondo, che si può supporre far capo a un’uscita situata all’opposto dell’ingresso anzi-detto, volta a Nordovest; il corridoio della larghezza di 1 metro, si percorre per la lun-ghezza di 17 metri. Il corridoio, a m 2 dall’ingresso, ed in fondo, a m 3,50 dall’ostru-zione, è fiancheggiato da due nicchie, opposte sul medesimo asse, quelle che siincontrano per prime di m 1,30 x 2,50 di profondità la destra e di m 2 x 1,80 la sini-stra; le restanti, in fondo, di m 1,20 x 2,90 la destra e di m 1,50 x 2,50 la sinistra.Quasi al centro del suo percorso lungo e sinuoso il corridoio mostra anche, sul lato si-nistro, una quinta nicchia di m 1,30 x 2,90 e a destra, in situazione disassiale, il vanod’una scala di otto gradini, che, partendo direttamente dal corridoio, porta al piano

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Fig. 4: sezioni di nuraghi1. Frommìgas-Sennarìolo; 2. Abbaùddi-Scanu Montiferru; 3. S’Ena ’e Tìana-Senna-rìolo; 4. Salàggioro-Scanu Montiferru; 5. Nani-Trenuraghes; 6. Mont’e Làcana-Cù-glieri; 7. Krasta-Santulussùrgiu; 8. Longu-Cùglieri; 9. Altòriu-Scanu Montiferru.

Figura 4, 1: nuraghe FROMMÌGAS-Sennarìolo (Nùoro); cartina B, 51.In regione Bittitai, cinge, con altri cinque nuraghi, la fertile valle di Su riu de Signario-lo, in situazione riparata ma dominante, a quota di m 241. Consta di unica torre circo-lare, di m 41 di circonferenza, con ingresso a Sud, verso la valle, architravato (m 1,80 x0,90 x 0,90). L’andito, lungo m 5, strombato (da m 1,50 a 4), con la scala a sinistra,introduce alla camera eccentrica, di m 5 e più di diametro (al riempimento) con duenicchie tondeggianti ai lati. La torre si conserva per l’altezza residua di m 6/7 con 12 filaria Nord; forse, in origine, raggiungeva l’altezza di m 9. Nell’interno si misurano altezze vi-sibili non superiori ai m 6, su 12 filari. Le sezioni della camera, delle nicchie e della scalad’andito sono ogivali; il taglio dell’andito obliquo e innalzantesi verso l’interno. L’operamuraria, poliedrica di basalto, consta di blocchi di media grandezza all’esterno; pietresbozzate e scaglie nei filari dell’interno. Pochi elementi culturali: un coccio rozzo nura-gico e frammenti di stoviglie punico-romane, segni di rioccupazione e frequentazione

Fig. 3: planimetrie e sezioni di nuraghi1. Domu s’Orku-Sarròk; 2. Su Nuraxi-Barùmini; 3. Piandànna-Sàssari; 4. Losa-Abbasanta; 5. Santu Antìne-Torralba; 6. Altòriu-Scanu Montiferru.

Figura 3, 1: nuraghe DOMU S’ORKU-Sarròk (Cagliari).Planimetria e sezione del mastio, per cui vedi scheda descrittiva di figura 2, 1.

Figura 3, 2: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Planimetria e sezione del mastio A; vedi scheda descrittiva della figura 10, 2 e figure9, 4, 14, 1.

Figura 3, 3: nuraghe PIANDÀNNA-Sàssari (Sàssari).Planimetria e sezione del nuraghe; vedi scheda descrittiva di figura 1, 11.

Figura 3, 4: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari).Planimetria e sezione del mastio A; vedi scheda descrittiva della figura 8, 4 e figura 11.

Figura 3, 5: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Cagliari).Planimetria e sezione del mastio A; vedi scheda descrittiva della figura 8, 6 e figure 1,25 e 14, 2.

Figura 3, 6: nuraghe ALTÒRIU-Scanu Montiferru (Nùoro); v. anche figure 2, 6 e 4, 9.Planimetria e sezione del nuraghe. Si veda scheda descrittiva di figura 2, 6.

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Fig. 4: sezioni di nuraghi1. Frommìgas-Sennarìolo; 2. Abbaùddi-Scanu Montiferru; 3. S’Ena ’e Tìana-Senna-rìolo; 4. Salàggioro-Scanu Montiferru; 5. Nani-Trenuraghes; 6. Mont’e Làcana-Cù-glieri; 7. Krasta-Santulussùrgiu; 8. Longu-Cùglieri; 9. Altòriu-Scanu Montiferru.

Figura 4, 1: nuraghe FROMMÌGAS-Sennarìolo (Nùoro); cartina B, 51.In regione Bittitai, cinge, con altri cinque nuraghi, la fertile valle di Su riu de Signario-lo, in situazione riparata ma dominante, a quota di m 241. Consta di unica torre circo-lare, di m 41 di circonferenza, con ingresso a Sud, verso la valle, architravato (m 1,80 x0,90 x 0,90). L’andito, lungo m 5, strombato (da m 1,50 a 4), con la scala a sinistra,introduce alla camera eccentrica, di m 5 e più di diametro (al riempimento) con duenicchie tondeggianti ai lati. La torre si conserva per l’altezza residua di m 6/7 con 12 filaria Nord; forse, in origine, raggiungeva l’altezza di m 9. Nell’interno si misurano altezze vi-sibili non superiori ai m 6, su 12 filari. Le sezioni della camera, delle nicchie e della scalad’andito sono ogivali; il taglio dell’andito obliquo e innalzantesi verso l’interno. L’operamuraria, poliedrica di basalto, consta di blocchi di media grandezza all’esterno; pietresbozzate e scaglie nei filari dell’interno. Pochi elementi culturali: un coccio rozzo nura-gico e frammenti di stoviglie punico-romane, segni di rioccupazione e frequentazione

Fig. 3: planimetrie e sezioni di nuraghi1. Domu s’Orku-Sarròk; 2. Su Nuraxi-Barùmini; 3. Piandànna-Sàssari; 4. Losa-Abbasanta; 5. Santu Antìne-Torralba; 6. Altòriu-Scanu Montiferru.

Figura 3, 1: nuraghe DOMU S’ORKU-Sarròk (Cagliari).Planimetria e sezione del mastio, per cui vedi scheda descrittiva di figura 2, 1.

Figura 3, 2: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Planimetria e sezione del mastio A; vedi scheda descrittiva della figura 10, 2 e figure9, 4, 14, 1.

Figura 3, 3: nuraghe PIANDÀNNA-Sàssari (Sàssari).Planimetria e sezione del nuraghe; vedi scheda descrittiva di figura 1, 11.

Figura 3, 4: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari).Planimetria e sezione del mastio A; vedi scheda descrittiva della figura 8, 4 e figura 11.

Figura 3, 5: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Cagliari).Planimetria e sezione del mastio A; vedi scheda descrittiva della figura 8, 6 e figure 1,25 e 14, 2.

Figura 3, 6: nuraghe ALTÒRIU-Scanu Montiferru (Nùoro); v. anche figure 2, 6 e 4, 9.Planimetria e sezione del nuraghe. Si veda scheda descrittiva di figura 2, 6.

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poco inclinate, ordinate su 20 filari. Proporzionata è la camera, a sezione ogivale, di m7 d’altezza con aggetto del 30%; sezione ogivale mantengono pure le nicchie (altezzam 1,80/2) e la scala (altezza m 2,40). Il tutto mostra una forma coerente, con mem-brature proporzionate e d’una certa simmetria; fig. 4, 4. Intorno al nuraghe si dise-gnano cumuli indicanti capanne di abitazione. A valle, sbarramenti megalitici, rettili-nei e curvilinei, costituiscono una linea di difesa avanzata.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 201, n. 26; P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 74 ss., scheda n. 46, fot. n. 21, pianta e sezione n. 13.

Figura 4, 5: nuraghe NANI-Tresnuraghes (Nùoro); cartina B, 49.Sul ciglio a destra del riu Mannu, a guardia di fertili campi. Monotorre, con circonferen-za di m 38, mostra l’ingresso a Sud, largo m 0,80, sovrastato da architrave regolare, confinestrino di scarico. Nell’andito, lungo m 4 e largo 1,20, sta, a sinistra, la scala che volgea manca; non c’è garetta. La camera eccentrica, del diametro di m 4, è arricchita con duenicchie fra di loro equidistanti, strette e profonde (m 1 di larghezza x 2 di profondità). Latorre, coi muri poco inclinati, si eleva, ora, per più di 6 metri su 15-16 filari; la camera, asezione ogivale, proporzionata, è alta sul riempimento m 6. Contrasta col taglio ogivaledella camera, quello a sezione trapezoidale delle nicchie (altezza m 1,80) e della scalad’andito (altezza m 3); a ogiva tronca è pure il profilo trasversale dell’andito coperto,sulle pareti inclinate, di lastre della larghezza visibile di m 0,40/0,50. Il paramentoesterno consta di pietre basaltiche di medie dimensioni curate nel lavoro, disposte in fi-le regolari; le pareti della camera si ordinano con blocchi sbozzati uniti con scaglie emalta di fango, su 20 filari di bello aspetto. Nel giro da Est a Ovest per il Nord, il nu-raghe è circondato da un doppio muro concentrico, a sfoglie, dello spessore complessi-vo di m 3. Da un lato, a Nordest, il muro si interrompe; dall’altro, a Ovest, dove è altom 5, si articola con una torretta, di m 6 di diametro esterno e di m 3,40 di diametro dicamera, che è rotonda, con l’ingresso piattabandato volto a Sudest. Verso Sud, nel pen-dio sotto al nuraghe, si osservano resti d’una decina di capanne circolari e qualche trat-to di muro rettilineo: avanzi di età nuragica e romana segnati anche dagli elementi cul-turali (stoviglie in specie) disseminati al suolo.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 23, n. 23 (Nanni); P. Pes, Saggio cit., p.154 ss., scheda n. 107.

Figura 4, 6: nuraghe MONT’E LÀCANA-Cùglieri (Nùoro); cartina B, 54.Su d’un piccolo rialzo di terreno, al centro d’una conca. Nuraghe monotorre, circolaredel diametro di m 11,60, mostra l’ingresso a Sud (larghezza m 1,20), con architrave sen-za finestrino di scarico, ben lavorato, di dimensioni normali. L’andito, lungo m 4,70,strombato verso l’interno (larghezza m 1,50), presenta la nicchia di guardia a destra ela scala a fior di suolo a sinistra (larghezza m 1,20). Introduce alla camera, di piantasubrotonda, quasi a pera, di m 4 x 3,50, con tre nicchie simmetriche in croce (lar-ghezza m 1 x circa 2 di profondità). La torre, di m 6 d’altezza residua, ha muri esternipoco inclinati, ed è tozza d’aspetto (fig. 4, 6). Nei vani, accanto al persistere degli ele-menti tradizionali, come la sezione ogivale della tholos (altezza residua m 4,50) e ilprofilo obliquo dell’andito (da m 2 a m 3 verso l’interno), si osserva l’introduzione deltaglio a piattabanda delle aperture delle nicchie e della scala, sicché l’ogiva risulta

tardiva. Attorno al nuraghe, per un raggio di 20 metri, si presenta un muro megaliticoche fa bastione a valle. Tracce di capanne, forse nuragiche.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 209, n. 27; P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 177, n. 128.

Figura 4, 2: nuraghe ABBAÙDDI-Scanu Montiferru (Nùoro).Sezione del nuraghe; vedi scheda descrittiva di figura 1, 20.

Figura 4, 3: nuraghe S’ENA ’E TÌANA-Sennarìolo (Nùoro); cartina B, 48.A quota di m 254, sorge su una piana, alla sponda sinistra del riu Mannu, in luogo dibuoni pascoli, solitario e dominante con le sue belle strutture. Consta d’un’unica tor-re, della circonferenza esterna di m 48, con spessore murario di m 5 per tutto il con-torno. L’andito, lungo m 5 e largo 1,20, non strombato, circa a metà riceve gli ingres-si della scala a fior di suolo (a sinistra) e della garetta (a destra), molto profonda (m 3)a profilo concentrico al paramento. Da una parte l’andito volge all’esterno, con laporta sormontata da grande architrave (m 2 x 1,10 x 1) con finestrino di scarico(esposizione a Sudest), dall’altra mette alla camera, del diametro di m 5, arricchita datre nicchie in croce (larghezza m 1, profondità m 2), dal profilo rigidamente geome-trico, acuto e spigoloso. Il cono tronco presenta l’altezza residua di poco più di 10metri, con muri abbastanza inclinati, ciò che fa supporre una forma slanciata quandoil volume era integro. Slanciatissima ed allungata è la cupola della camera, parzial-mente rovinata e ridotta a m 6 d’altezza, che in origine raggiungeva i 10 metri. La suaelegante sezione ogivale si ripete, coerentemente, nelle nicchie (altezza m 3), nella ga-retta (altezza m 3,50) e nella scala (altezza m 4,20), conformate in figure agilissime,quasi stilizzate. Notevole l’inclinazione del tetto dell’andito (da m 3,40 a 5,40 allosfocio nella tholos); fig. 4, 3. Il paramento esterno è in opera subquadrata di lava ba-saltica con pietre di grandi dimensioni disposte in file regolari; curate pure le paretidei vani, specie nella camera, dove i conci sono uniti con poche scaglie. Il roccione sucui si staglia il poderoso nuraghe mostra, verso il fiume, un bastione megalitico di rin-forzo. Sul piano presso la torre ed entro la protezione della cinta, si riconoscono uncentinaio di capanne coeve al nuraghe, appartenenti a un piccolo centro – una piccolacapitale – importante e preminente come lo è la torre. La cinta che si sviluppa a unraggio di 50 metri dal nuraghe, è a un solo ordine di pietre.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 206, n. 13 (Sanna de Tiana o Rode-du); P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 170 ss., n. 122, fot. n. 42, pianta e sez. 28.

Figura 4, 4: nuraghe SALÀGGIORO-Scanu Montiferru (Nùoro); cartina B, 46.A quota di m 417, sorge su un vasto spazio a pascoli, a dominio della confluenza, aisuoi piedi, di due corsi d’acqua. Ad unica torre di m 39,50 di circonferenza esterna, conl’ingresso a Sud, architravato, con spiraglio di scarico. Nell’andito, strombato verso la ca-mera (da m 0,80 a 1,60), quasi al centro si incontrano la garetta a sinistra (m 1 x 1,40di profondità) e la scala a fior di suolo a destra (larghezza m 1). La camera, concentri-ca, del diametro di m 4,50 e di 17 mq di superficie, si articola in tre nicchie, a mezzaellissi, larghe m 1,40/1,20, profonde 2, dissimmetriche rispetto all’asse dell’edifizio. Iltronco di cono, alto oggi sugli 8 metri, appare piuttosto largo e tozzo, con murature

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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poco inclinate, ordinate su 20 filari. Proporzionata è la camera, a sezione ogivale, di m7 d’altezza con aggetto del 30%; sezione ogivale mantengono pure le nicchie (altezzam 1,80/2) e la scala (altezza m 2,40). Il tutto mostra una forma coerente, con mem-brature proporzionate e d’una certa simmetria; fig. 4, 4. Intorno al nuraghe si dise-gnano cumuli indicanti capanne di abitazione. A valle, sbarramenti megalitici, rettili-nei e curvilinei, costituiscono una linea di difesa avanzata.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 201, n. 26; P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 74 ss., scheda n. 46, fot. n. 21, pianta e sezione n. 13.

Figura 4, 5: nuraghe NANI-Tresnuraghes (Nùoro); cartina B, 49.Sul ciglio a destra del riu Mannu, a guardia di fertili campi. Monotorre, con circonferen-za di m 38, mostra l’ingresso a Sud, largo m 0,80, sovrastato da architrave regolare, confinestrino di scarico. Nell’andito, lungo m 4 e largo 1,20, sta, a sinistra, la scala che volgea manca; non c’è garetta. La camera eccentrica, del diametro di m 4, è arricchita con duenicchie fra di loro equidistanti, strette e profonde (m 1 di larghezza x 2 di profondità). Latorre, coi muri poco inclinati, si eleva, ora, per più di 6 metri su 15-16 filari; la camera, asezione ogivale, proporzionata, è alta sul riempimento m 6. Contrasta col taglio ogivaledella camera, quello a sezione trapezoidale delle nicchie (altezza m 1,80) e della scalad’andito (altezza m 3); a ogiva tronca è pure il profilo trasversale dell’andito coperto,sulle pareti inclinate, di lastre della larghezza visibile di m 0,40/0,50. Il paramentoesterno consta di pietre basaltiche di medie dimensioni curate nel lavoro, disposte in fi-le regolari; le pareti della camera si ordinano con blocchi sbozzati uniti con scaglie emalta di fango, su 20 filari di bello aspetto. Nel giro da Est a Ovest per il Nord, il nu-raghe è circondato da un doppio muro concentrico, a sfoglie, dello spessore complessi-vo di m 3. Da un lato, a Nordest, il muro si interrompe; dall’altro, a Ovest, dove è altom 5, si articola con una torretta, di m 6 di diametro esterno e di m 3,40 di diametro dicamera, che è rotonda, con l’ingresso piattabandato volto a Sudest. Verso Sud, nel pen-dio sotto al nuraghe, si osservano resti d’una decina di capanne circolari e qualche trat-to di muro rettilineo: avanzi di età nuragica e romana segnati anche dagli elementi cul-turali (stoviglie in specie) disseminati al suolo.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 23, n. 23 (Nanni); P. Pes, Saggio cit., p.154 ss., scheda n. 107.

Figura 4, 6: nuraghe MONT’E LÀCANA-Cùglieri (Nùoro); cartina B, 54.Su d’un piccolo rialzo di terreno, al centro d’una conca. Nuraghe monotorre, circolaredel diametro di m 11,60, mostra l’ingresso a Sud (larghezza m 1,20), con architrave sen-za finestrino di scarico, ben lavorato, di dimensioni normali. L’andito, lungo m 4,70,strombato verso l’interno (larghezza m 1,50), presenta la nicchia di guardia a destra ela scala a fior di suolo a sinistra (larghezza m 1,20). Introduce alla camera, di piantasubrotonda, quasi a pera, di m 4 x 3,50, con tre nicchie simmetriche in croce (lar-ghezza m 1 x circa 2 di profondità). La torre, di m 6 d’altezza residua, ha muri esternipoco inclinati, ed è tozza d’aspetto (fig. 4, 6). Nei vani, accanto al persistere degli ele-menti tradizionali, come la sezione ogivale della tholos (altezza residua m 4,50) e ilprofilo obliquo dell’andito (da m 2 a m 3 verso l’interno), si osserva l’introduzione deltaglio a piattabanda delle aperture delle nicchie e della scala, sicché l’ogiva risulta

tardiva. Attorno al nuraghe, per un raggio di 20 metri, si presenta un muro megaliticoche fa bastione a valle. Tracce di capanne, forse nuragiche.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 209, n. 27; P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 177, n. 128.

Figura 4, 2: nuraghe ABBAÙDDI-Scanu Montiferru (Nùoro).Sezione del nuraghe; vedi scheda descrittiva di figura 1, 20.

Figura 4, 3: nuraghe S’ENA ’E TÌANA-Sennarìolo (Nùoro); cartina B, 48.A quota di m 254, sorge su una piana, alla sponda sinistra del riu Mannu, in luogo dibuoni pascoli, solitario e dominante con le sue belle strutture. Consta d’un’unica tor-re, della circonferenza esterna di m 48, con spessore murario di m 5 per tutto il con-torno. L’andito, lungo m 5 e largo 1,20, non strombato, circa a metà riceve gli ingres-si della scala a fior di suolo (a sinistra) e della garetta (a destra), molto profonda (m 3)a profilo concentrico al paramento. Da una parte l’andito volge all’esterno, con laporta sormontata da grande architrave (m 2 x 1,10 x 1) con finestrino di scarico(esposizione a Sudest), dall’altra mette alla camera, del diametro di m 5, arricchita datre nicchie in croce (larghezza m 1, profondità m 2), dal profilo rigidamente geome-trico, acuto e spigoloso. Il cono tronco presenta l’altezza residua di poco più di 10metri, con muri abbastanza inclinati, ciò che fa supporre una forma slanciata quandoil volume era integro. Slanciatissima ed allungata è la cupola della camera, parzial-mente rovinata e ridotta a m 6 d’altezza, che in origine raggiungeva i 10 metri. La suaelegante sezione ogivale si ripete, coerentemente, nelle nicchie (altezza m 3), nella ga-retta (altezza m 3,50) e nella scala (altezza m 4,20), conformate in figure agilissime,quasi stilizzate. Notevole l’inclinazione del tetto dell’andito (da m 3,40 a 5,40 allosfocio nella tholos); fig. 4, 3. Il paramento esterno è in opera subquadrata di lava ba-saltica con pietre di grandi dimensioni disposte in file regolari; curate pure le paretidei vani, specie nella camera, dove i conci sono uniti con poche scaglie. Il roccione sucui si staglia il poderoso nuraghe mostra, verso il fiume, un bastione megalitico di rin-forzo. Sul piano presso la torre ed entro la protezione della cinta, si riconoscono uncentinaio di capanne coeve al nuraghe, appartenenti a un piccolo centro – una piccolacapitale – importante e preminente come lo è la torre. La cinta che si sviluppa a unraggio di 50 metri dal nuraghe, è a un solo ordine di pietre.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 206, n. 13 (Sanna de Tiana o Rode-du); P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 170 ss., n. 122, fot. n. 42, pianta e sez. 28.

Figura 4, 4: nuraghe SALÀGGIORO-Scanu Montiferru (Nùoro); cartina B, 46.A quota di m 417, sorge su un vasto spazio a pascoli, a dominio della confluenza, aisuoi piedi, di due corsi d’acqua. Ad unica torre di m 39,50 di circonferenza esterna, conl’ingresso a Sud, architravato, con spiraglio di scarico. Nell’andito, strombato verso la ca-mera (da m 0,80 a 1,60), quasi al centro si incontrano la garetta a sinistra (m 1 x 1,40di profondità) e la scala a fior di suolo a destra (larghezza m 1). La camera, concentri-ca, del diametro di m 4,50 e di 17 mq di superficie, si articola in tre nicchie, a mezzaellissi, larghe m 1,40/1,20, profonde 2, dissimmetriche rispetto all’asse dell’edifizio. Iltronco di cono, alto oggi sugli 8 metri, appare piuttosto largo e tozzo, con murature

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Fig. 5: planimetrie di nuraghi con avancorpi di vario disegno1. Giba ’e Scorka-Barisàrdo; 2. Su Nuraxi-Sìsini; 3. Su Còvunu-Gèsico; 4. SuSensu-Turri; 5. Nàrgius-Bonàrcado; 6. Molinèddu-Sèneghe; 7. Palmavera-Alghe-ro; 8. Mont’e s’Orku Tuèri-Perdasdefògu; 9. Su Sensu-Pompu.

Figura 5, 1: nuraghe GIBA ’E SCORKA-Barisàrdo (Nùoro); cartina B, 72.Su una rupe basaltica, a dominio della vallata di Bacu ’e Strupu e del vicino mare diAbba de s’Úlimu. Nuraghe monotorre con recinto scoperto antistante all’ingresso. Latorre circolare, del diametro di m 8,30, con spessore murario di m 2,60/1,30, mostral’ingresso a Sudest, strombato verso l’esterno. L’interno del nuraghe è appena rilevabilenel cerchio superiore di svettamento della camera rotonda, di m 3,20 di diametro. Ilvolume troncoconico residua per l’altezza di m 1,10 su 3 file di blocchi basaltici di ta-glio subquadrato. Nell’interno si osserva traccia di malta di fango. Misure di blocchi:m 0,75 x 0,48 x 0,72; 1 x 0,85 x 0,35; 0,61 x 0,83 x 0,27. Il recinto disegna una figuraa tre quarti di cerchio aperto a Sudest, dove si evidenzia l’ingresso; ha m 5 di corda x 4di profondità sull’asse dei due ingressi. Il muro è spesso m 2 ed alto, oggi, altrettanto.Bibliografia: O. Stochino, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 219 della Carta d’Italia, I SE-NE,Università di Cagliari, a.a. 1945-46, p. 10 s., tav. VIII, 45.

tronca. In connessione con questo stadio si rileva un certo appiattimento e il defor-marsi della rotondità della cupola alla base, il diminuire dell’inclinazione dell’obliquadel soffitto dell’andito, il citato taglio dritto della conclusione superiore dei vani sussi-diari. Il paramento esterno è di pietre basaltiche di media grandezza ben ordinate infile, con cura maggiore nel taglio e nella disposizione nella parte alta della muratura.Il nuraghe era circondato da una galleria circolare, di m 1 di larghezza, con coperturapiatta di lastroni, alto m 2 circa, con inizio e fine a fianco dell’ingresso alla torre.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 171, n. 8a; P. Pes, Saggio cit., p. 227,scheda n. 174, pianta e sezione n. 34.

Figura 4, 7: nuraghe KRASTA-Santulussùrgiu (Cagliari).Sezione del mastio; vedi scheda descrittiva della figura 6, 5.

Figura 4, 8: nuraghe LONGU-Cùglieri (Nùoro); cartina B, 53.Sezione del mastio; vedi scheda descrittiva della figura 8, 1.

Figura 4, 9: nuraghe ALTÒRIU-Scanu Montiferru (Nùoro).Sezione sull’andito d’ingresso; vedi scheda descrittiva della figura 2, 6 e figura 3, 6.

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Fig. 5: planimetrie di nuraghi con avancorpi di vario disegno1. Giba ’e Scorka-Barisàrdo; 2. Su Nuraxi-Sìsini; 3. Su Còvunu-Gèsico; 4. SuSensu-Turri; 5. Nàrgius-Bonàrcado; 6. Molinèddu-Sèneghe; 7. Palmavera-Alghe-ro; 8. Mont’e s’Orku Tuèri-Perdasdefògu; 9. Su Sensu-Pompu.

Figura 5, 1: nuraghe GIBA ’E SCORKA-Barisàrdo (Nùoro); cartina B, 72.Su una rupe basaltica, a dominio della vallata di Bacu ’e Strupu e del vicino mare diAbba de s’Úlimu. Nuraghe monotorre con recinto scoperto antistante all’ingresso. Latorre circolare, del diametro di m 8,30, con spessore murario di m 2,60/1,30, mostral’ingresso a Sudest, strombato verso l’esterno. L’interno del nuraghe è appena rilevabilenel cerchio superiore di svettamento della camera rotonda, di m 3,20 di diametro. Ilvolume troncoconico residua per l’altezza di m 1,10 su 3 file di blocchi basaltici di ta-glio subquadrato. Nell’interno si osserva traccia di malta di fango. Misure di blocchi:m 0,75 x 0,48 x 0,72; 1 x 0,85 x 0,35; 0,61 x 0,83 x 0,27. Il recinto disegna una figuraa tre quarti di cerchio aperto a Sudest, dove si evidenzia l’ingresso; ha m 5 di corda x 4di profondità sull’asse dei due ingressi. Il muro è spesso m 2 ed alto, oggi, altrettanto.Bibliografia: O. Stochino, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 219 della Carta d’Italia, I SE-NE,Università di Cagliari, a.a. 1945-46, p. 10 s., tav. VIII, 45.

tronca. In connessione con questo stadio si rileva un certo appiattimento e il defor-marsi della rotondità della cupola alla base, il diminuire dell’inclinazione dell’obliquadel soffitto dell’andito, il citato taglio dritto della conclusione superiore dei vani sussi-diari. Il paramento esterno è di pietre basaltiche di media grandezza ben ordinate infile, con cura maggiore nel taglio e nella disposizione nella parte alta della muratura.Il nuraghe era circondato da una galleria circolare, di m 1 di larghezza, con coperturapiatta di lastroni, alto m 2 circa, con inizio e fine a fianco dell’ingresso alla torre.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 171, n. 8a; P. Pes, Saggio cit., p. 227,scheda n. 174, pianta e sezione n. 34.

Figura 4, 7: nuraghe KRASTA-Santulussùrgiu (Cagliari).Sezione del mastio; vedi scheda descrittiva della figura 6, 5.

Figura 4, 8: nuraghe LONGU-Cùglieri (Nùoro); cartina B, 53.Sezione del mastio; vedi scheda descrittiva della figura 8, 1.

Figura 4, 9: nuraghe ALTÒRIU-Scanu Montiferru (Nùoro).Sezione sull’andito d’ingresso; vedi scheda descrittiva della figura 2, 6 e figura 3, 6.

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all’aperto. La torre a Sud sembrerebbe più antica; la torre a Nord ed il cortile, costrui-ti unitariamente, sono di età più recente. L’insieme, disposto longitudinalmente suuna linea Nord-Sud, misura m 32 x 16 (alla massima espansione del cortile). La torrea Sud, distrutta quasi per intero, misura m 10 di diametro. La torre minore, a Nord,conserva resti del basamento per un perimetro di m 28,26 (diametro m 9). Nessunatraccia apparente dei vani, nemmeno del cortile che misura m 12 (Nord-Sud) x 14 (Est-Ovest), quest’ultimo recinto da un muro di m 1,20 x 3 d’altezza su 3 file. L’opera mura-ria è subquadrata, con blocchi ben lavorati di marna calcare, di m 1,20 x 0,45 x 0,90;0,60 x 0,40 x 0,60; 0,60 x 0,40 x 1,00. Nel terreno all’intorno si osservano avanzi distoviglie nuragiche.Bibliografia: M. Figus, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 217, II, NE-SE, Università di Cagliari,a.a. 1944-45, p. 111 ss., tav. fig. 64.

Figura 5, 5: nuraghe NÀRGIUS-Bonàrcado (Cagliari); cartina B, 58.A quota di m 472, su un’altura declinante a Est e a Sud. Due sorgenti d’acqua nelle vici-nanze. Nuraghe del tipo “a tancato”, con torre primitiva fronteggiata da un corpo ag-giunto di forma irregolarmente triangolare che si addossa circa alla mezzeria della torreantica con due ali di muro rettilinee. La torre antica, circolare, del diametro di m 11,40al piano di svettamento, mostra l’ingresso a Sud-sudest (m 1 x 0,80), con pietra di archi-trave. Il corridoio retrostante alla porta, di m 1/1,60 di larghezza e 4,20 di lunghezza, ri-ceve sulla sinistra l’apertura della scala d’andito (larghezza m 1) di cui si vedono alcunigradini nel vano elicoidale. L’andito sfocia nella camera, rotonda, del diametro di m4,70/3,70, articolata in tre cellette disposte a croce, di pianta semiellittica, di m 1,20 dilarghezza x 1,40 di profondità x 2 d’altezza media. La torre è alta ancora m 5 su 8-9 filedi pietre; l’andito d’ingresso, con volta angolare, si innalza fino a m 3; la camera ogivalepresenta 12 filari per l’altezza residua di m 4,20. Ad aggetto il taglio delle cellette, alte m 2.Il paramento esterno consta di blocchi basaltici di forma poliedrica su piani non regolar-mente orizzontali, di medie dimensioni: m 1,10 x 0,40 x 0,60; 1,05 x 0,45 x 0,60;0,95 x 0,35; interblocco 0,05/0,20. Le pietre del paramento interno sono sbozzate nellafaccia a vista con interstizi riempiti d’argilla e di scaglie di pietra. Il corpo aggiunto, dim 12 di lunghezza x 14,60 di ampiezza massima misurata all’angolo delle branche che sisaldano al mastio, consta di una torretta opposta a Sudest al cono primitivo, e a que-st’ultimo collegata da due cortine curvilinee che si espandono in due ali racchiudenti,contraffortandole, le strutture primitive. Fra il mastio e la torretta aggiunta è racchiusoun cortiletto scoperto a cui si accede dalla cortina di Est e in cui mettono capo gli uscidelle camere delle due torri. Nella cortina di Est, l’ingresso si apre circa alla mezzeria e incorrispondenza a una leggera rientranza della cortina stessa, per ragioni di difesa; la por-ta è alta m 1 circa, sormontata da architrave. Il breve corridoio che mette al cortile, dim 2,60 di lunghezza ed elevato sino a 2 metri, presenta sulla destra di chi entra, spostatoverso il cortile, la garetta di guardia, di pianta semiellittica, di m 1,20 di larghezza x 1,80di profondità x 2,50 d’altezza. Del cortile, di piano oblungo, di m 3,40 x 2,40, emergo-no 5 filari delle pareti per m 2,50 d’altezza, con muro a piombo. Il disegno della cellettae del corridoio della torre minore è congetturale in quanto in corrispondenza apparetutta una rovina. Il corpo aggiunto si conserva all’esterno per m 4/2,50 di altezza su 4-6filari. A due metri a Sudest della torre aggiunta, si osserva un segmento curvilineo di

Figura 5, 2: nuraghe SU NURAXI-Sìsini (Cagliari); cartina B, 101.A meno di 200 m a Sud dell’abitato moderno di Sìsini, in terreno quasi pianeggiante,ma dominante. Il nuraghe consta d’una torre circolare, semplice, preceduta a Sud daun piccolo atrio rettangolare aperto sul davanti. La torre è antica, l’atrio da ritenersi ag-giunto, forse, in un secondo tempo. L’insieme richiama la figura planimetrica dei pozzisacri: per esempio di quello di Santa Vittoria di Serri-Nùoro, Zervos, Civilisation cit.,1954, p. 290, fig. 353. La torre rotonda, del diametro di m 9,70, con muro di m2,50/3 di spessore allo svettamento, mostra l’ingresso a Sud, del tutto ostruito. È visibi-le e percorribile l’andito dalla parte interna, per la lunghezza di m 2; esso non presenta,almeno in apparenza, né garetta né scala. Senza spazi sussidiari, per quanto pare, è an-che la camera, con la volta crollata, del diametro di m 4 sul colmaticcio. La torre con-serva ancora, a Nord, 14 file di pietre per l’altezza residua di m 5,50. L’opera muraria èsubquadrata, con blocchi di marna accuratamente sbozzati e ben ordinati sull’orizzon-tale, con dimensioni di m 0,60 x 0,55 x 0,23; 0,75 x 0,75 x 0,32; 0,90 x 0,60 x 0,40.L’atrio, antistante la torre, si articola in due branche murarie rettilinee, di m 2,50 dispessore x 4,50 di altezza residua, lunghe 10 metri circa. Esse formano un corpo co-struttivo consistente ed evidente, anche per la bella muratura che include uno spaziorettangolare di m 8 x 3,50/2,30, forse scoperto. Si osservano resti di stoviglie nuragi-che, fra cui un coccio decorato all’esterno con scanalature (“facies” di Monte Claro?).Bibliografia: S. Ghiani, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 226, IV, SO-SE, Università di Cagliari,a.a. 1944-45, p. 99 s., tav. IV, 70.

Figura 5, 3: nuraghe SU CÒVUNU-Gèsico (Cagliari); cartina B, 99.Su un breve terrazzo marnoso prospiciente il riu Linus Abrus, chiude la gola di S’Ut-turu de Maria Ruda. Nuraghe del tipo “a tancato”, costituito da una torre primitiva, aSud, collegata a una torre aggiunta, all’estremo opposto di Nord, da un corpo mura-rio ellittico che include un cortile della stessa forma. Il tutto, disposto longitudinal-mente sull’asse Nord-Sud, misura m 18 di lunghezza x m 7 circa sulla linea trasversadel cortile. La torre antica a Sud, circolare del diametro di m 7,50, mostra l’invito del-l’ingresso a Nord, per il resto è ridotta al filare di base; internamente è completamenteingombra di rovine. La torre aggiunta, del tutto ripiena, ha un diametro di m 6 al peri-metro esterno di cui si vede soltanto il filare di base apparente. Del cortile frapposto frale due torri e che aveva l’ingresso su d’uno dei lati curvilinei che lo delimitano a Est ea Ovest con spessore di m 1,50, si misura la lunghezza di m 4,80 x 4 di larghezza; ilparamento si conserva per qualche filare. L’opera muraria, tanto nella torre anticaquanto nelle parti aggiunte, è subquadrata, con blocchi di marna a disposizione rego-lare, di medie dimensioni: m 0,71 x 0,48; 0,37 x 0,40; 0,65 x 0,50 (nella torre Sud);e m 0,45 x 0,42; 0,62 x 0,50; 0,56 x 0,45 (nella torre Nord).Bibliografia: Atzori, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 226 della Carta d’Italia, IV, NE-NO, Uni-versità di Cagliari, a.a. 1944-45, p. 41 s., tav. IV, 20.

Figura 5, 4: nuraghe SU SENSU-Turri (Cagliari); cartina B, 84.Sul ciglio del terrazzo marnoso di Planu Giuanni Spanu, a dominio d’una vasta regio-ne. È un nuraghe complesso, costituito di due torri unite da un corpo costruttivo aquattro bracci di muraglia articolati in figura di losanga, i quali includono un cortile

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all’aperto. La torre a Sud sembrerebbe più antica; la torre a Nord ed il cortile, costrui-ti unitariamente, sono di età più recente. L’insieme, disposto longitudinalmente suuna linea Nord-Sud, misura m 32 x 16 (alla massima espansione del cortile). La torrea Sud, distrutta quasi per intero, misura m 10 di diametro. La torre minore, a Nord,conserva resti del basamento per un perimetro di m 28,26 (diametro m 9). Nessunatraccia apparente dei vani, nemmeno del cortile che misura m 12 (Nord-Sud) x 14 (Est-Ovest), quest’ultimo recinto da un muro di m 1,20 x 3 d’altezza su 3 file. L’opera mura-ria è subquadrata, con blocchi ben lavorati di marna calcare, di m 1,20 x 0,45 x 0,90;0,60 x 0,40 x 0,60; 0,60 x 0,40 x 1,00. Nel terreno all’intorno si osservano avanzi distoviglie nuragiche.Bibliografia: M. Figus, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 217, II, NE-SE, Università di Cagliari,a.a. 1944-45, p. 111 ss., tav. fig. 64.

Figura 5, 5: nuraghe NÀRGIUS-Bonàrcado (Cagliari); cartina B, 58.A quota di m 472, su un’altura declinante a Est e a Sud. Due sorgenti d’acqua nelle vici-nanze. Nuraghe del tipo “a tancato”, con torre primitiva fronteggiata da un corpo ag-giunto di forma irregolarmente triangolare che si addossa circa alla mezzeria della torreantica con due ali di muro rettilinee. La torre antica, circolare, del diametro di m 11,40al piano di svettamento, mostra l’ingresso a Sud-sudest (m 1 x 0,80), con pietra di archi-trave. Il corridoio retrostante alla porta, di m 1/1,60 di larghezza e 4,20 di lunghezza, ri-ceve sulla sinistra l’apertura della scala d’andito (larghezza m 1) di cui si vedono alcunigradini nel vano elicoidale. L’andito sfocia nella camera, rotonda, del diametro di m4,70/3,70, articolata in tre cellette disposte a croce, di pianta semiellittica, di m 1,20 dilarghezza x 1,40 di profondità x 2 d’altezza media. La torre è alta ancora m 5 su 8-9 filedi pietre; l’andito d’ingresso, con volta angolare, si innalza fino a m 3; la camera ogivalepresenta 12 filari per l’altezza residua di m 4,20. Ad aggetto il taglio delle cellette, alte m 2.Il paramento esterno consta di blocchi basaltici di forma poliedrica su piani non regolar-mente orizzontali, di medie dimensioni: m 1,10 x 0,40 x 0,60; 1,05 x 0,45 x 0,60;0,95 x 0,35; interblocco 0,05/0,20. Le pietre del paramento interno sono sbozzate nellafaccia a vista con interstizi riempiti d’argilla e di scaglie di pietra. Il corpo aggiunto, dim 12 di lunghezza x 14,60 di ampiezza massima misurata all’angolo delle branche che sisaldano al mastio, consta di una torretta opposta a Sudest al cono primitivo, e a que-st’ultimo collegata da due cortine curvilinee che si espandono in due ali racchiudenti,contraffortandole, le strutture primitive. Fra il mastio e la torretta aggiunta è racchiusoun cortiletto scoperto a cui si accede dalla cortina di Est e in cui mettono capo gli uscidelle camere delle due torri. Nella cortina di Est, l’ingresso si apre circa alla mezzeria e incorrispondenza a una leggera rientranza della cortina stessa, per ragioni di difesa; la por-ta è alta m 1 circa, sormontata da architrave. Il breve corridoio che mette al cortile, dim 2,60 di lunghezza ed elevato sino a 2 metri, presenta sulla destra di chi entra, spostatoverso il cortile, la garetta di guardia, di pianta semiellittica, di m 1,20 di larghezza x 1,80di profondità x 2,50 d’altezza. Del cortile, di piano oblungo, di m 3,40 x 2,40, emergo-no 5 filari delle pareti per m 2,50 d’altezza, con muro a piombo. Il disegno della cellettae del corridoio della torre minore è congetturale in quanto in corrispondenza apparetutta una rovina. Il corpo aggiunto si conserva all’esterno per m 4/2,50 di altezza su 4-6filari. A due metri a Sudest della torre aggiunta, si osserva un segmento curvilineo di

Figura 5, 2: nuraghe SU NURAXI-Sìsini (Cagliari); cartina B, 101.A meno di 200 m a Sud dell’abitato moderno di Sìsini, in terreno quasi pianeggiante,ma dominante. Il nuraghe consta d’una torre circolare, semplice, preceduta a Sud daun piccolo atrio rettangolare aperto sul davanti. La torre è antica, l’atrio da ritenersi ag-giunto, forse, in un secondo tempo. L’insieme richiama la figura planimetrica dei pozzisacri: per esempio di quello di Santa Vittoria di Serri-Nùoro, Zervos, Civilisation cit.,1954, p. 290, fig. 353. La torre rotonda, del diametro di m 9,70, con muro di m2,50/3 di spessore allo svettamento, mostra l’ingresso a Sud, del tutto ostruito. È visibi-le e percorribile l’andito dalla parte interna, per la lunghezza di m 2; esso non presenta,almeno in apparenza, né garetta né scala. Senza spazi sussidiari, per quanto pare, è an-che la camera, con la volta crollata, del diametro di m 4 sul colmaticcio. La torre con-serva ancora, a Nord, 14 file di pietre per l’altezza residua di m 5,50. L’opera muraria èsubquadrata, con blocchi di marna accuratamente sbozzati e ben ordinati sull’orizzon-tale, con dimensioni di m 0,60 x 0,55 x 0,23; 0,75 x 0,75 x 0,32; 0,90 x 0,60 x 0,40.L’atrio, antistante la torre, si articola in due branche murarie rettilinee, di m 2,50 dispessore x 4,50 di altezza residua, lunghe 10 metri circa. Esse formano un corpo co-struttivo consistente ed evidente, anche per la bella muratura che include uno spaziorettangolare di m 8 x 3,50/2,30, forse scoperto. Si osservano resti di stoviglie nuragi-che, fra cui un coccio decorato all’esterno con scanalature (“facies” di Monte Claro?).Bibliografia: S. Ghiani, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 226, IV, SO-SE, Università di Cagliari,a.a. 1944-45, p. 99 s., tav. IV, 70.

Figura 5, 3: nuraghe SU CÒVUNU-Gèsico (Cagliari); cartina B, 99.Su un breve terrazzo marnoso prospiciente il riu Linus Abrus, chiude la gola di S’Ut-turu de Maria Ruda. Nuraghe del tipo “a tancato”, costituito da una torre primitiva, aSud, collegata a una torre aggiunta, all’estremo opposto di Nord, da un corpo mura-rio ellittico che include un cortile della stessa forma. Il tutto, disposto longitudinal-mente sull’asse Nord-Sud, misura m 18 di lunghezza x m 7 circa sulla linea trasversadel cortile. La torre antica a Sud, circolare del diametro di m 7,50, mostra l’invito del-l’ingresso a Nord, per il resto è ridotta al filare di base; internamente è completamenteingombra di rovine. La torre aggiunta, del tutto ripiena, ha un diametro di m 6 al peri-metro esterno di cui si vede soltanto il filare di base apparente. Del cortile frapposto frale due torri e che aveva l’ingresso su d’uno dei lati curvilinei che lo delimitano a Est ea Ovest con spessore di m 1,50, si misura la lunghezza di m 4,80 x 4 di larghezza; ilparamento si conserva per qualche filare. L’opera muraria, tanto nella torre anticaquanto nelle parti aggiunte, è subquadrata, con blocchi di marna a disposizione rego-lare, di medie dimensioni: m 0,71 x 0,48; 0,37 x 0,40; 0,65 x 0,50 (nella torre Sud);e m 0,45 x 0,42; 0,62 x 0,50; 0,56 x 0,45 (nella torre Nord).Bibliografia: Atzori, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 226 della Carta d’Italia, IV, NE-NO, Uni-versità di Cagliari, a.a. 1944-45, p. 41 s., tav. IV, 20.

Figura 5, 4: nuraghe SU SENSU-Turri (Cagliari); cartina B, 84.Sul ciglio del terrazzo marnoso di Planu Giuanni Spanu, a dominio d’una vasta regio-ne. È un nuraghe complesso, costituito di due torri unite da un corpo costruttivo aquattro bracci di muraglia articolati in figura di losanga, i quali includono un cortile

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dista 1 km e mezzo dal mare, sul profilo del torrentello che, scendendo nel solco fra ilM. Murone e il M. del Daus, si versa nell’arco della rada algherese a Sud del rilievo diPera Pons. Poco distante gli è il pozzo Patagone con una bella sorgiva. Il Palmavera faparte d’una serie di altri numerosi nuraghi, addensati specialmente nelle pianure retro-stanti alle due maravigliose baie. Il territorio circostante è di alto interesse archeologicoed i monumenti, di ogni genere ed età, testimoniano un’antica vivace frequenza umanain prospere condizioni di vita che ora si va restituendo in quella regione pittoresca, anti-ca anche nel nome (Nurra). Il nuraghe, del tipo “a tancato”, consta di una torre primiti-va a cui si è aggiunto, più tardi, un fasciamento ellittico irregolare che si pronunzia aSudest in una torretta secondaria a protezione dei due ingressi e contiene al centro unpiccolo cortile scoperto. L’insieme misura m 21,50 (sull’asse dell’ingresso principale aEstsudest) x 15 (sull’anello del rifascio del mastio, in senso Nord-sud). La torre antica,circolare del diametro di m 9/10, ha l’ingresso a Est, con porta leggermente rastrematadi m 1,60 d’altezza misurata all’architrave alleggerito da spiraglio. La porta si chiudevadall’interno appoggiando una lastra di pietra sostenuta da pali. L’andito retrostante al-l’ingresso, di m 2,80 di lunghezza, con copertura tabulare di lastroni chiusi a m 2,50 daterra, non presenta vani sussidiari. Introduce alla camera, a un dipresso circolare, deldiametro di m 4 per l’altezza di m 7, con 16 file di pietre disposte su pareti che, verticaliverso la base, aggettano via via negli anelli medi e superiori fino a formare la calotta ogi-vale della pseudovolta. Nella camera si affacciano tre nicchioni-armadioni, due laterali dim 1,50 di larghezza x 0,60 di profondità x 2,50 di altezza, ed uno in fondo, poi muratoper ragioni di sicurezza del vano della cella; la sezione è trapezoidale. Nella stessa came-ra, a m 3 di rialzo sul pavimento, si apre l’imbocco della scala al piano superiore a cui dàluce, a livello del pianerottolo, una feritoia (poi murata dal rifascio). La scala, con giroda sinistra a destra sviluppato per poco più d’un quarto del perimetro della torre, entroun vano di m 0,50 di larghezza contenente 22 gradini erti e consunti dal passaggio,mette in alto sul pianerottolo antistante la camera superiore, dal lungo andito volto aNordnordest. Questa camera, del diametro di m 2, ridotta a due filari basali, fu costrui-ta forse al posto del terrazzo originale, quando la torre primitiva fu fortificata col corpoaggiunto. Infatti non v’è traccia di finestrone all’esterno, che è sempre il segno indicativodell’esistenza d’una seconda cella, né in corrispondenza al pianerottolo superiore dellascala né, come si osserva in genere, in direzione del cortile (vedi, ad esempio nel SantuAntìne, nel Voes di Torralba, nel Su Nuraxi di Barùmini etc.). La torre si conserva perl’altezza massima di m 8, con muri inclinati di 8°, tirati su a file orizzontali di blocchisubquadrati di calcare. All’interno l’opera muraria è meno curata, ma i blocchi, messiper lo più grezzi col taglio naturale, si ordinano del pari in corsi regolarizzati con scheg-giame e argilla. Il corpo aggiunto, dopo aver fasciato per tre quarti la torre primitiva perla metà circa dell’altezza con uno spessore variante fra 2 e 3 metri, si protende davanti almastio in forma di mezza ellissi di m 10 di lunghezza x 13,60 di larghezza (alla tangentedel torrione), interrotta, a Sudest, dalla prominenza della torretta, che forma un picco-lo baluardo ad orecchione in difesa della parte più vulnerabile del forte, per la presenzadegli ingressi. Gli ingressi sono due. Uno, il principale, sul lato Sud del “tancato”, guar-da a Sudsudest; l’altro, sussidiario e di pianta complessa, volge ad Est, ad un’estremitàdell’ellissi. Il primo, di m 1,40 di altezza (tale da obbligare a curvarsi l’assalitore), mo-stra la soglia di calcare e l’architrave subquadrato di trachite; si apre in angolo con la

muro a 2 filari di m 1 d’altezza. Più lontano, a m 8 di distanza, si presenta un anellomurario di 2 metri di diametro e 1,20 di spessore, con blocchi poliedrici di medie di-mensioni. Trattasi di resti di capanne coeve al nuraghe.Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 89; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206,1935, p. 137 s., n. 30; A. Piras, Saggio cit., 1952-53, p. 78 ss., tav. VII, 53.

Figura 5, 6: nuraghe MOLINÈDDU-Sèneghe (Cagliari); cartina B, 63.A quota di m 276, su uno spuntone di roccia basaltica dominante sul riu Funtana Can-nas. Nuraghe “a tancato”, con torre antica fronteggiata, a Sudest, da un corpo aggiuntoavente all’estremità una torretta che stringe, insieme con la torre primitiva, un cortilefrapposto, il tutto sullo stesso asse. La torre principale, lasciata con paramento in vistaper un quarto di giro a Nordovest, è tondeggiante, con diametro di m 8,60 allo svet-tamento: presenta l’ingresso a Sudest. Dietro la porta, l’andito rettangolare, lungo m5,40 largo 1,70 ed alto allo sfocio in camera m 5, mette nella tholos scoperchiata, insituazione eccentrica, del diametro di m 3,40 sopra le macerie. L’andito ha sezione an-golare, la camera ogivale (altezza residua m 4 su 8 filari). La torre all’esterno si conser-va per l’altezza massima di m 5/6 su 8-10 file formate da pietre di basalto, di m 1,05x 0,45, 1 x 0,40, 1 x 0,75 x 0,35 (interblocchi 5/25 cm); all’interno il paramento mo-stra tracce di malta di fango negli spazi fra i filari. Il corpo aggiunto, di m 15 di lun-ghezza x 12,40 di larghezza alle ali saldate al mastio, si restringe al centro (m 9 sull’as-se del cortile) per concludersi nell’estremo opposto al mastio, nella torretta sussidiariadi m 4,40 di diametro. Le cortine di Est e Sudovest, rettocurvilinee, di m 9 circa disviluppo, uniscono le due torri, fondendo le strutture in quella della minore. La tor-retta marginale contiene una camera rotonda, di m 2,50 di diametro sul crollo, conpareti a 6 file di pietre visibili sul riempimento per m 3 d’altezza. La camera comuni-ca, per un andito lungo m 1,40 e largo 0,75, leggermente strombato, col vano scoper-to del cortile. Quest’ultimo, di pianta a tre quarti di ellissi (m 4,50 x 3,50), con paretiverticali (altezza residua m 2/4 su 8 file), riceve gli ingressi delle due torri (architravatocon spiraglio di scarico quello della maggiore), posti sull’asse di longitudine; sull’assetrasverso accoglie il corridoio d’entrata del corpo aggiunto, con l’uscio volto a Sud-ovest. Nel tratto di parete ad Ovest dello stesso cortile, a m 1,70 d’altezza sul piano dirovina, si osserva un’apertura a sezione quadrata, larga cm 70, da supporsi in relazionecol vano d’un corridoio, della stessa larghezza, ricavato nello spessore della cortina diSudovest, nella parte a destra dell’andito d’ingresso. Quest’andito, lungo m 3 e largo1/0,80, ha due garette di guardia contrapposte, la sinistra di m 0,75 di larghezza x 1,80di lunghezza x 0,70 d’altezza, quella a destra di m 1 x 0,80. Il corpo aggiunto si elevaper m 3 su 6 filari (alla torretta). Le pietre usate, di forma poliedrica, rozzamente la-vorate e con uso di scheggiame, sono di grandi e medie dimensioni: m 0,90 x 0,65;1,05 x 0,45 x 0,30; 0,95 x 0,40 x 0,40; interblocchi cm 5/25.Bibliografia: A. Piras, Saggio cit., 1952-53, p. 85 s., tav. VIII, 59.

Figura 5, 7: nuraghe PALMAVERA-Alghero (Sàssari); cartina B, 7.Giù del monte omonimo (m 358), a mezzo fra le rade di Alghero e Porto Conte, dominala strada che gli passa al margine Sud, da un terrazzo vallivo a m 64 di quota. Il nuraghe

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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dista 1 km e mezzo dal mare, sul profilo del torrentello che, scendendo nel solco fra ilM. Murone e il M. del Daus, si versa nell’arco della rada algherese a Sud del rilievo diPera Pons. Poco distante gli è il pozzo Patagone con una bella sorgiva. Il Palmavera faparte d’una serie di altri numerosi nuraghi, addensati specialmente nelle pianure retro-stanti alle due maravigliose baie. Il territorio circostante è di alto interesse archeologicoed i monumenti, di ogni genere ed età, testimoniano un’antica vivace frequenza umanain prospere condizioni di vita che ora si va restituendo in quella regione pittoresca, anti-ca anche nel nome (Nurra). Il nuraghe, del tipo “a tancato”, consta di una torre primiti-va a cui si è aggiunto, più tardi, un fasciamento ellittico irregolare che si pronunzia aSudest in una torretta secondaria a protezione dei due ingressi e contiene al centro unpiccolo cortile scoperto. L’insieme misura m 21,50 (sull’asse dell’ingresso principale aEstsudest) x 15 (sull’anello del rifascio del mastio, in senso Nord-sud). La torre antica,circolare del diametro di m 9/10, ha l’ingresso a Est, con porta leggermente rastrematadi m 1,60 d’altezza misurata all’architrave alleggerito da spiraglio. La porta si chiudevadall’interno appoggiando una lastra di pietra sostenuta da pali. L’andito retrostante al-l’ingresso, di m 2,80 di lunghezza, con copertura tabulare di lastroni chiusi a m 2,50 daterra, non presenta vani sussidiari. Introduce alla camera, a un dipresso circolare, deldiametro di m 4 per l’altezza di m 7, con 16 file di pietre disposte su pareti che, verticaliverso la base, aggettano via via negli anelli medi e superiori fino a formare la calotta ogi-vale della pseudovolta. Nella camera si affacciano tre nicchioni-armadioni, due laterali dim 1,50 di larghezza x 0,60 di profondità x 2,50 di altezza, ed uno in fondo, poi muratoper ragioni di sicurezza del vano della cella; la sezione è trapezoidale. Nella stessa came-ra, a m 3 di rialzo sul pavimento, si apre l’imbocco della scala al piano superiore a cui dàluce, a livello del pianerottolo, una feritoia (poi murata dal rifascio). La scala, con giroda sinistra a destra sviluppato per poco più d’un quarto del perimetro della torre, entroun vano di m 0,50 di larghezza contenente 22 gradini erti e consunti dal passaggio,mette in alto sul pianerottolo antistante la camera superiore, dal lungo andito volto aNordnordest. Questa camera, del diametro di m 2, ridotta a due filari basali, fu costrui-ta forse al posto del terrazzo originale, quando la torre primitiva fu fortificata col corpoaggiunto. Infatti non v’è traccia di finestrone all’esterno, che è sempre il segno indicativodell’esistenza d’una seconda cella, né in corrispondenza al pianerottolo superiore dellascala né, come si osserva in genere, in direzione del cortile (vedi, ad esempio nel SantuAntìne, nel Voes di Torralba, nel Su Nuraxi di Barùmini etc.). La torre si conserva perl’altezza massima di m 8, con muri inclinati di 8°, tirati su a file orizzontali di blocchisubquadrati di calcare. All’interno l’opera muraria è meno curata, ma i blocchi, messiper lo più grezzi col taglio naturale, si ordinano del pari in corsi regolarizzati con scheg-giame e argilla. Il corpo aggiunto, dopo aver fasciato per tre quarti la torre primitiva perla metà circa dell’altezza con uno spessore variante fra 2 e 3 metri, si protende davanti almastio in forma di mezza ellissi di m 10 di lunghezza x 13,60 di larghezza (alla tangentedel torrione), interrotta, a Sudest, dalla prominenza della torretta, che forma un picco-lo baluardo ad orecchione in difesa della parte più vulnerabile del forte, per la presenzadegli ingressi. Gli ingressi sono due. Uno, il principale, sul lato Sud del “tancato”, guar-da a Sudsudest; l’altro, sussidiario e di pianta complessa, volge ad Est, ad un’estremitàdell’ellissi. Il primo, di m 1,40 di altezza (tale da obbligare a curvarsi l’assalitore), mo-stra la soglia di calcare e l’architrave subquadrato di trachite; si apre in angolo con la

muro a 2 filari di m 1 d’altezza. Più lontano, a m 8 di distanza, si presenta un anellomurario di 2 metri di diametro e 1,20 di spessore, con blocchi poliedrici di medie di-mensioni. Trattasi di resti di capanne coeve al nuraghe.Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 89; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206,1935, p. 137 s., n. 30; A. Piras, Saggio cit., 1952-53, p. 78 ss., tav. VII, 53.

Figura 5, 6: nuraghe MOLINÈDDU-Sèneghe (Cagliari); cartina B, 63.A quota di m 276, su uno spuntone di roccia basaltica dominante sul riu Funtana Can-nas. Nuraghe “a tancato”, con torre antica fronteggiata, a Sudest, da un corpo aggiuntoavente all’estremità una torretta che stringe, insieme con la torre primitiva, un cortilefrapposto, il tutto sullo stesso asse. La torre principale, lasciata con paramento in vistaper un quarto di giro a Nordovest, è tondeggiante, con diametro di m 8,60 allo svet-tamento: presenta l’ingresso a Sudest. Dietro la porta, l’andito rettangolare, lungo m5,40 largo 1,70 ed alto allo sfocio in camera m 5, mette nella tholos scoperchiata, insituazione eccentrica, del diametro di m 3,40 sopra le macerie. L’andito ha sezione an-golare, la camera ogivale (altezza residua m 4 su 8 filari). La torre all’esterno si conser-va per l’altezza massima di m 5/6 su 8-10 file formate da pietre di basalto, di m 1,05x 0,45, 1 x 0,40, 1 x 0,75 x 0,35 (interblocchi 5/25 cm); all’interno il paramento mo-stra tracce di malta di fango negli spazi fra i filari. Il corpo aggiunto, di m 15 di lun-ghezza x 12,40 di larghezza alle ali saldate al mastio, si restringe al centro (m 9 sull’as-se del cortile) per concludersi nell’estremo opposto al mastio, nella torretta sussidiariadi m 4,40 di diametro. Le cortine di Est e Sudovest, rettocurvilinee, di m 9 circa disviluppo, uniscono le due torri, fondendo le strutture in quella della minore. La tor-retta marginale contiene una camera rotonda, di m 2,50 di diametro sul crollo, conpareti a 6 file di pietre visibili sul riempimento per m 3 d’altezza. La camera comuni-ca, per un andito lungo m 1,40 e largo 0,75, leggermente strombato, col vano scoper-to del cortile. Quest’ultimo, di pianta a tre quarti di ellissi (m 4,50 x 3,50), con paretiverticali (altezza residua m 2/4 su 8 file), riceve gli ingressi delle due torri (architravatocon spiraglio di scarico quello della maggiore), posti sull’asse di longitudine; sull’assetrasverso accoglie il corridoio d’entrata del corpo aggiunto, con l’uscio volto a Sud-ovest. Nel tratto di parete ad Ovest dello stesso cortile, a m 1,70 d’altezza sul piano dirovina, si osserva un’apertura a sezione quadrata, larga cm 70, da supporsi in relazionecol vano d’un corridoio, della stessa larghezza, ricavato nello spessore della cortina diSudovest, nella parte a destra dell’andito d’ingresso. Quest’andito, lungo m 3 e largo1/0,80, ha due garette di guardia contrapposte, la sinistra di m 0,75 di larghezza x 1,80di lunghezza x 0,70 d’altezza, quella a destra di m 1 x 0,80. Il corpo aggiunto si elevaper m 3 su 6 filari (alla torretta). Le pietre usate, di forma poliedrica, rozzamente la-vorate e con uso di scheggiame, sono di grandi e medie dimensioni: m 0,90 x 0,65;1,05 x 0,45 x 0,30; 0,95 x 0,40 x 0,40; interblocchi cm 5/25.Bibliografia: A. Piras, Saggio cit., 1952-53, p. 85 s., tav. VIII, 59.

Figura 5, 7: nuraghe PALMAVERA-Alghero (Sàssari); cartina B, 7.Giù del monte omonimo (m 358), a mezzo fra le rade di Alghero e Porto Conte, dominala strada che gli passa al margine Sud, da un terrazzo vallivo a m 64 di quota. Il nuraghe

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aggiunto. La rampa nella cortina a Sud (lato sinistro del cortile) sfociava, al suo termine,in una cameretta sovrapposta a quella inferiore della torretta; l’altra rampa, sul lato destrodel cortile, metteva a un ripostiglio o sul terrazzo. Si capisce che gli imbocchi delle scalesul cortile si raggiungevano con delle scale mobili di legno o di corda, data la notevole so-praelevazione dal suolo. Entrambe le rampe, ricavate in vani stretti e ripidi, mostrano igradini erti e usurati. L’illuminazione era assicurata con lampade di terracotta, di cui si ètrovato un esemplare entro il vano della scaletta a Sud. Tutta la costruzione del “tancato”era terminata da un terrazzo con lo spalto più ampio e pronunciato nell’arco del perime-tro da Sudsudest a Nordnordest, dove convergevano le scale dall’andito di Est e dal corti-le, e dove si infittivano le camere d’arme (nella torretta e sopra l’ingresso Est) e si presen-tava la trappola, ben architettata, della galleria secondaria d’accesso al forte. Il resto delrifascio murario del “tancato” offriva soprattutto un robusto anello di consolidamento edi sostegno dell’antico torrione che costituiva parte ancora efficiente del sistema difensivodel nuraghe. Il tipo di struttura del bastione aggiunto, conservato per l’altezza massima dim 5 (alla torretta), con inclinazione esterna di 10°, è più regolare di quella del mastio. Ilparamento esteriore è costituito di blocchi subquadrati di arenaria, di taglio pseudoisodo-mo, ordinati in file orizzontali con elementi che diminuiscono in proporzione verso l’al-to. Nell’angolo fra la torretta e la cortina di Sud, si osservano grandi blocchi con la facciaa vista sagomata in modo da prendere insieme, concatenandoli, il filo rettilineo e quellocurvilineo delle pareti a tangenza. Meno curata è l’opera nell’interno e di pietre di minoridimensioni che all’esterno; è mantenuta però sempre la disposizione a filari, con moltoscheggiame minuto. Il nuraghe fu scavato dal Taramelli nel 1904. Sia la camera del ma-stio, sia il cortile, sia la cella della torretta aggiunta restituirono copioso e vario materiale.Lo strato inferiore della camera del torrione mostrò tracce di focolari e resti di sbavature eoggetti minuti spezzati di rame e bronzo che fecero supporre un’attività di piccola fonditadi metallo, per fare armi e strumenti; simili documenti si rinvennero nel cortile. Si sontrovati anche sgabelli di pietra e sedili (quest’ultimi nell’interno del torrione) usati dallepersone che attendevano all’opera artigianale. Fra i materiali archeologici, agli oggetti dipietra (pestelli, macinelli, accette verdi etc.) si accompagnavano armi (spade, pugnali, col-telli) e utensili (accette, pettini) ed elementi ornamentali (spilloni, anellini, lamine, botto-ni con figurine) di bronzo, perline di ambra e, in misura prevalente, ceramiche. Quest’ul-time eran di varia forma (olle biansate con collo, ciotole carenate, lampade etc.), impastoe tecnica di lavorazione, or fine ora sciatta. Fra le altre si ebbero resti di belle stoviglie ne-rolucide, buccheroidi, fra cui si distinguono sagome di brocche a becco con eleganti de-corazioni geometriche di gusto “villanoviano”. Una gran quantità di resti di pasto (ossad’animali fra cui bue e cervo) e molluschi del vicino golfo. Negli strati superiori si osser-varono tracce della frequentazione del nuraghe in epoca punico-romana, ciò che fa sup-porre l’esistenza d’un vicino piccolo centro di vita che sostituì quello di età nuragica. Latorre antica può datarsi prima del 1000 a.C.; dei tempi fra l’VIII e il VII secolo a.C. è il“tancato”. Il forte fu distrutto forse intorno al VI secolo a.C. La frequentazione in etàclassica si rivela in stoviglie del III-II secolo a.C.Bibliografia: A. Taramelli, A.S.S. (Archivio Storico Sardo) I, 1905, p. 419; Rendiconti R. Istituto Lombardo diSc. e Lettere, s. II, vol. XXXIX, 1906, p. 460; Mon. ant. Lincei, 1907, XVIII, col. 20, nota 1, col. 90, 112;Mon. ant. Lincei, 1909, vol. XIX, col. 225-304, tavv. I-VI, figg. 1-20; Mon. ant. Lincei, 1910, vol. XX, col.165, 201, 209, 217 s., 222, 228; Mon. ant. Lincei, 1914, XXIII, col. 369, 372, 384, 386, 412; Guida del

torretta aggiunta, guardato sulla destra a filo esterno da una feritoia (concetto di colpireda destra, sul fianco scoperto non protetto dallo scudo, comune nei nuraghi e forse diderivazione micenea). L’andito retrostante, lungo m 3, col soffitto tabulato, mostra, sullasinistra, una nicchia quadrangolare con gradino usato come sedile dal soldato di guar-dia; sfocia, poi, per una porta alta m 1,80, con architrave e spiraglio di scarico, con trac-cia di chiusino dall’interno, dentro il cortile. Complicato e studiato per ritardare, dis-orientare e offendere il nemico che fosse riuscito a forzarlo, è il secondo ingresso. Vi simostra un dispositivo di nicchie bilaterali in profondità, che sarà molto divulgato, piùtardi, nei nuraghi “a corridoio”; a questa forma richiama anche la copertura a piattaban-da. L’ingresso si apre, come l’altro, in angolo con la torre aggiunta, nascosto, sul lato si-nistro, dal suo giro sporgente. La porta, di sezione rettangolare alta m 1,30, con archi-trave e battuta della chiudenda nello stipite destro, si fermava dall’interno con traviinseriti in profonde incassature delle spalle dell’andito. Il corridoio dietro l’ingresso, cheperfora la cortina per la lunghezza di m 7, si articola in due tratti che ripetono in di-mensioni minori, dall’esterno verso l’interno, lo schema del vano a garette affrontate. Ilvano anteriore si compone di una nicchia-garetta, breve, a sinistra e di un’altra, più pro-fonda, a destra. Nella prima batte una feritoia dalla camera della torre aggiunta, che fa“pendant” a quella d’infilata sull’ingresso principale. Dalla parete di fondo della nicchia didestra un’altra stretta e lunghissima feritoia (m 4,40) guarda sul lato Nord del “tancato”,o forse anche meglio fungeva da finestrino di luce su quel groviglio di ambienti frasta-gliati scavati nel massiccio della cortina. Nella stessa nicchia, sulla parete di destra ad al-tezza di suolo, un’apertura mette ad una scaletta che, girando a destra con due brancheinterrotte da brevi tratti di pianerottolo, sale a una cella di pianta cuoriforme, sovrappo-sta all’andito d’ingresso. Da osservare anche, in questo primo tratto dell’andito, una bo-tola nel soffitto chiusa da un grosso sasso, e una buca sul pavimento: evidenti ritrovati dioffesa per sorprendere il nemico. Superata la porta, architravata, di m 2,05 d’altezza conincassature negli stipiti per il chiusino, si entra nel secondo tratto del corridoio, vigilatoper parte da nicchie rettangolari, minori di quelle del primo tratto, di m 1 di larghezzax 1,50 di profondità col soffitto piano chiuso a poco più di due metri d’altezza; anche inquesto tratto, nel soffitto tabulare, sta una botola. Il secondo andito mette, infine, nelcortile per una porta alta m 1,70 e larga m 1, con la soglia rialzata di mezzo metro dalsuolo del recinto (altro espediente per offendere il nemico); la porta è volutamente dis-assiale rispetto a quella del mastio, situazione divergente comune ad aperture di altri nu-raghi. Il cortile, di pianta a un dipresso semilunare, misura m 2,20 x 6,50 (mq 28,67 disuperficie). È racchiuso da pareti leggermente convergenti verso l’alto, ma non chiuse,per permettere che venissero illuminati e arieggiati i vani interni del mastio e della tor-retta. Nel cortile si dispongono aperture a piano terra e rialzate. A livello di suolo, a sini-stra di chi entra dall’andito secondario, è la porta architravata che immette, per l’anditostrombato, alla camera della torretta, di m 4,20/3,80, ogivata con la cupola sfondata,munita delle due feritoie descritte. A destra, a un metro d’altezza sul pavimento, si aprela luce rettangolare, architravata, d’una nicchia rettangolare. Più in alto, poi, a m 2,50,alle due estremità opposte delle pareti del cortile alla tangenza col giro del mastio, aper-ture di bel taglio trapezoidale (o troncogivale), a stipiti ben profilati e con architravi re-golari (altezza m 1,80) introducono a rampe di scale in muratura, ricavate nelle ali Norde Sud delle cortine dell’ellissi, tornanti, a gomito stondato, verso la fronte Est del corpo

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aggiunto. La rampa nella cortina a Sud (lato sinistro del cortile) sfociava, al suo termine,in una cameretta sovrapposta a quella inferiore della torretta; l’altra rampa, sul lato destrodel cortile, metteva a un ripostiglio o sul terrazzo. Si capisce che gli imbocchi delle scalesul cortile si raggiungevano con delle scale mobili di legno o di corda, data la notevole so-praelevazione dal suolo. Entrambe le rampe, ricavate in vani stretti e ripidi, mostrano igradini erti e usurati. L’illuminazione era assicurata con lampade di terracotta, di cui si ètrovato un esemplare entro il vano della scaletta a Sud. Tutta la costruzione del “tancato”era terminata da un terrazzo con lo spalto più ampio e pronunciato nell’arco del perime-tro da Sudsudest a Nordnordest, dove convergevano le scale dall’andito di Est e dal corti-le, e dove si infittivano le camere d’arme (nella torretta e sopra l’ingresso Est) e si presen-tava la trappola, ben architettata, della galleria secondaria d’accesso al forte. Il resto delrifascio murario del “tancato” offriva soprattutto un robusto anello di consolidamento edi sostegno dell’antico torrione che costituiva parte ancora efficiente del sistema difensivodel nuraghe. Il tipo di struttura del bastione aggiunto, conservato per l’altezza massima dim 5 (alla torretta), con inclinazione esterna di 10°, è più regolare di quella del mastio. Ilparamento esteriore è costituito di blocchi subquadrati di arenaria, di taglio pseudoisodo-mo, ordinati in file orizzontali con elementi che diminuiscono in proporzione verso l’al-to. Nell’angolo fra la torretta e la cortina di Sud, si osservano grandi blocchi con la facciaa vista sagomata in modo da prendere insieme, concatenandoli, il filo rettilineo e quellocurvilineo delle pareti a tangenza. Meno curata è l’opera nell’interno e di pietre di minoridimensioni che all’esterno; è mantenuta però sempre la disposizione a filari, con moltoscheggiame minuto. Il nuraghe fu scavato dal Taramelli nel 1904. Sia la camera del ma-stio, sia il cortile, sia la cella della torretta aggiunta restituirono copioso e vario materiale.Lo strato inferiore della camera del torrione mostrò tracce di focolari e resti di sbavature eoggetti minuti spezzati di rame e bronzo che fecero supporre un’attività di piccola fonditadi metallo, per fare armi e strumenti; simili documenti si rinvennero nel cortile. Si sontrovati anche sgabelli di pietra e sedili (quest’ultimi nell’interno del torrione) usati dallepersone che attendevano all’opera artigianale. Fra i materiali archeologici, agli oggetti dipietra (pestelli, macinelli, accette verdi etc.) si accompagnavano armi (spade, pugnali, col-telli) e utensili (accette, pettini) ed elementi ornamentali (spilloni, anellini, lamine, botto-ni con figurine) di bronzo, perline di ambra e, in misura prevalente, ceramiche. Quest’ul-time eran di varia forma (olle biansate con collo, ciotole carenate, lampade etc.), impastoe tecnica di lavorazione, or fine ora sciatta. Fra le altre si ebbero resti di belle stoviglie ne-rolucide, buccheroidi, fra cui si distinguono sagome di brocche a becco con eleganti de-corazioni geometriche di gusto “villanoviano”. Una gran quantità di resti di pasto (ossad’animali fra cui bue e cervo) e molluschi del vicino golfo. Negli strati superiori si osser-varono tracce della frequentazione del nuraghe in epoca punico-romana, ciò che fa sup-porre l’esistenza d’un vicino piccolo centro di vita che sostituì quello di età nuragica. Latorre antica può datarsi prima del 1000 a.C.; dei tempi fra l’VIII e il VII secolo a.C. è il“tancato”. Il forte fu distrutto forse intorno al VI secolo a.C. La frequentazione in etàclassica si rivela in stoviglie del III-II secolo a.C.Bibliografia: A. Taramelli, A.S.S. (Archivio Storico Sardo) I, 1905, p. 419; Rendiconti R. Istituto Lombardo diSc. e Lettere, s. II, vol. XXXIX, 1906, p. 460; Mon. ant. Lincei, 1907, XVIII, col. 20, nota 1, col. 90, 112;Mon. ant. Lincei, 1909, vol. XIX, col. 225-304, tavv. I-VI, figg. 1-20; Mon. ant. Lincei, 1910, vol. XX, col.165, 201, 209, 217 s., 222, 228; Mon. ant. Lincei, 1914, XXIII, col. 369, 372, 384, 386, 412; Guida del

torretta aggiunta, guardato sulla destra a filo esterno da una feritoia (concetto di colpireda destra, sul fianco scoperto non protetto dallo scudo, comune nei nuraghi e forse diderivazione micenea). L’andito retrostante, lungo m 3, col soffitto tabulato, mostra, sullasinistra, una nicchia quadrangolare con gradino usato come sedile dal soldato di guar-dia; sfocia, poi, per una porta alta m 1,80, con architrave e spiraglio di scarico, con trac-cia di chiusino dall’interno, dentro il cortile. Complicato e studiato per ritardare, dis-orientare e offendere il nemico che fosse riuscito a forzarlo, è il secondo ingresso. Vi simostra un dispositivo di nicchie bilaterali in profondità, che sarà molto divulgato, piùtardi, nei nuraghi “a corridoio”; a questa forma richiama anche la copertura a piattaban-da. L’ingresso si apre, come l’altro, in angolo con la torre aggiunta, nascosto, sul lato si-nistro, dal suo giro sporgente. La porta, di sezione rettangolare alta m 1,30, con archi-trave e battuta della chiudenda nello stipite destro, si fermava dall’interno con traviinseriti in profonde incassature delle spalle dell’andito. Il corridoio dietro l’ingresso, cheperfora la cortina per la lunghezza di m 7, si articola in due tratti che ripetono in di-mensioni minori, dall’esterno verso l’interno, lo schema del vano a garette affrontate. Ilvano anteriore si compone di una nicchia-garetta, breve, a sinistra e di un’altra, più pro-fonda, a destra. Nella prima batte una feritoia dalla camera della torre aggiunta, che fa“pendant” a quella d’infilata sull’ingresso principale. Dalla parete di fondo della nicchia didestra un’altra stretta e lunghissima feritoia (m 4,40) guarda sul lato Nord del “tancato”,o forse anche meglio fungeva da finestrino di luce su quel groviglio di ambienti frasta-gliati scavati nel massiccio della cortina. Nella stessa nicchia, sulla parete di destra ad al-tezza di suolo, un’apertura mette ad una scaletta che, girando a destra con due brancheinterrotte da brevi tratti di pianerottolo, sale a una cella di pianta cuoriforme, sovrappo-sta all’andito d’ingresso. Da osservare anche, in questo primo tratto dell’andito, una bo-tola nel soffitto chiusa da un grosso sasso, e una buca sul pavimento: evidenti ritrovati dioffesa per sorprendere il nemico. Superata la porta, architravata, di m 2,05 d’altezza conincassature negli stipiti per il chiusino, si entra nel secondo tratto del corridoio, vigilatoper parte da nicchie rettangolari, minori di quelle del primo tratto, di m 1 di larghezzax 1,50 di profondità col soffitto piano chiuso a poco più di due metri d’altezza; anche inquesto tratto, nel soffitto tabulare, sta una botola. Il secondo andito mette, infine, nelcortile per una porta alta m 1,70 e larga m 1, con la soglia rialzata di mezzo metro dalsuolo del recinto (altro espediente per offendere il nemico); la porta è volutamente dis-assiale rispetto a quella del mastio, situazione divergente comune ad aperture di altri nu-raghi. Il cortile, di pianta a un dipresso semilunare, misura m 2,20 x 6,50 (mq 28,67 disuperficie). È racchiuso da pareti leggermente convergenti verso l’alto, ma non chiuse,per permettere che venissero illuminati e arieggiati i vani interni del mastio e della tor-retta. Nel cortile si dispongono aperture a piano terra e rialzate. A livello di suolo, a sini-stra di chi entra dall’andito secondario, è la porta architravata che immette, per l’anditostrombato, alla camera della torretta, di m 4,20/3,80, ogivata con la cupola sfondata,munita delle due feritoie descritte. A destra, a un metro d’altezza sul pavimento, si aprela luce rettangolare, architravata, d’una nicchia rettangolare. Più in alto, poi, a m 2,50,alle due estremità opposte delle pareti del cortile alla tangenza col giro del mastio, aper-ture di bel taglio trapezoidale (o troncogivale), a stipiti ben profilati e con architravi re-golari (altezza m 1,80) introducono a rampe di scale in muratura, ricavate nelle ali Norde Sud delle cortine dell’ellissi, tornanti, a gomito stondato, verso la fronte Est del corpo

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per mezzo di un corridoio di m 2 di lunghezza. Il lobo B, di m 7,40 x 8,50, con mu-ro spesso 2 metri, potrebbe essere anche d’un cortiletto scoperto, perché non è facileimmaginare altra illuminazione e aerazione se non da uno spazio a cielo aperto, nonconsentendo una qualche luce il profondo seguirsi dei vani C-A se supposti tutti co-perti. Sia una camera o sia un cortile, il lobo B è di figura tondeggiante, con m 4 didiametro. Da B il detto corridoio mette in C, lobo frontale di cui si misura il diame-tro esterno di m 5, ma non l’interno perché il vano è ricolmo di terra e pietre. Si pro-fila invece l’apertura esterna dell’ingresso a Sud (che è poi l’unico ingresso a tutta lacostruzione), ancora con un imponente architrave di m 2,15 x 0,71 x 0,53. L’operamuraria del corpo aggiunto è identica a quella di A.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, VI, 1840, p. 704 (Tuèri); E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 153; Bo-scolo-Pintor-Serra, Guida, p. 133 (Orcu); F. Pilia, Saggio di Catalogo archeologico, Foglio 218, II, NE-SE, Uni-versità di Cagliari, a.a. 1950-51, p. 147 ss., tav. X, 3; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, pp. 55, 63, figg. 16, 18.

Figura 5, 9: nuraghe SU SENSU-Pompu (Cagliari); cartina B, 76.Al confine del territorio di Pompu e di Siris, su un colle che domina le valli dei rius Mògurue Mannu. Nuraghe di planimetria singolare, con tre torri (B-A-C) allineate in longitudinesu un asse Nord-Sud, fra loro comunicanti per corridoi disposti sullo stesso asse e con unicoingresso esterno, ad Estnordest, entro il muro di rifascio di B che si addossa a quello di rin-calzo ad A. Nella successione costruttiva, A segna la torre primitiva originaria; il rifascio di Ae le torri B e C sono state aggiunte e coordinate strutturalmente ad A in tempi posteriori,sempre nuragici. L’insieme della costruzione misura m 31 (sulla linea B-C) x 19 (sull’assetrasversale di B). La torre A circolare, del diametro di m 11,40 compreso il rifascio di m1,70 di spessore, aveva in origine un solo ingresso a Sud, lungo m 3 e largo 0,50/0,80,senza spazi di garetta né di scala, che introduceva nella camera rotonda, centrica, di m4,80 di diametro. In essa al fondo, cioè a Nord, si affacciava un nicchione che, poi, collacostruzione del corpo aggiunto fu aperto e trasformato in un andito di passaggio a B. Nel-l’esecuzione del piano della nuova fabbrica, tenuto conto della breccia fatta nello spessoremurario di A oltre che del suo generale stato di vetustà, la torre antica fu rifasciata; e lenuove strutture di rincalzo furono organicamente collegate e fuse con i paramenti delletorri B e C, risultandone un’unità articolata con coerenza architettonica e stilistica. La tor-re C incorporata a Sud di A, circolare del diametro di m 8 con spessore di muro di 2 m,contiene la camera leggermente oblunga di m 4 di diametro, a profilo lineare semplice.Della torre B, di m 9,40 di diametro, non si può rilevare l’interno perché ricolmo di ma-cerie. La torre, per tutto l’arco da Est a Ovest, è circondata da un muro di contenimentodi spessore vario (da m 2,80 a 5), nel quale, al contatto fra le torri B e A, è ricavato l’in-gresso dalla campagna, a Estnordest come si è detto. L’ingresso è largo m 1 e si prolungain un andito di m 4 circa da cui, attraverso il corridoio non rilevabile della torre B (segna-to a tratteggio), si entrava nella camera della stessa. Il nuraghe è molto distrutto, ridottoper lo più a un solo filare. L’opera muraria del complesso è di marna calcare, con blocchisubquadrati di mc 0,197 e di t 0,314 di media. Nel terreno intorno all’edifizio, frequentiresti di ossidiana e avanzi di stoviglie di rozzo impasto del periodo nuragico.Bibliografia: A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XXV, 1918, col. 27; C. Puxeddu, Saggio di Catalogo archeo-logico sul Foglio 217 della Carta d’Italia, II, NO-SO, Schedario Monumenti, a.a. 1954-55, p. 254 ss.; G.Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 163, fig. 40, 4, p. 163, nota 83, p. 168 ss., fig. 41, 14.

Museo Nazionale di Cagliari, Cagliari 1914, p. 11 s., p. 171 e tavv. V-VIII, fig. 8-12, tav. IX, fig. 13; Mon.ant. Lincei, 1918, XXV, col. 62, 66, 68, 76, 78, 83, 86, 125; Mon. ant. Lincei, 1919, XXV, col. 8, 35;Mon. ant. Lincei, 1921, XXVII, col. 10 s.; U. Rellini, “Miniere e forni preistorici”, in Riv. d’Antropologia,XXV, 1922, p. 14; E. Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, Roma 1923, II, p.729; F. Flumene, Un po’ più di luce sul problema genetico dei Nuraghi di Sardegna, Sàssari 1923, pp. 69, 166,168, 213; U. Rellini, “Miniere e fonderia d’età nuragica in Sardegna”, in Bull. Paletn. It., LXIII, 1, 1923, pp.6, 15; A. Taramelli, Il Convegno archeologico in Sardegna, 1926, pp. 16, 26, 41, 43, figg. 34-38; F. VonDuhn, “Nurage”, in Reall. d. Vorg., 1927, IX, p. 142; A. Taramelli, Bull. Paletn. It., XLIX, 1929, p. 86; “Inuraghi e i loro abitatori”, in L’Arte per tutti, Roma 1930, pp. 3, 9, figg. 4-5; Mon. ant. Lincei, 1931, XXXIV,col. 54, 103; “Gli studi archeologici in Sardegna”, in Mediterranea, VI, 1932, p. 5 (estratto); Bull. Paletn. It.,LII, 1932, p. 101; Atti Congresso Geografico Italiano, 1935, p. 67; A. Taramelli-Delogu, Il R. Museo Nazionalee la Pinacoteca di Cagliari, Roma 1936, p. 8, figg. 51-52; A. Taramelli, “Chi i Romani trovarono in Sarde-gna?”, in Sardegna Romana, II, 1939, p. 7 (estratto); Mon. ant. Lincei, XXXVIII, 1939, col. 12, 18-20, 41-43, 45-46, 53, 68, 280, figg. 14-15, tav. IX, n. 209; U. Rellini, “La Penisola apenninica e la Penisola ibero-lusitana nei rapporti preistorici”, in Relazioni storiche fra l’Italia e il Portogallo, Roma 1940, p. 28; G. Patroni,Architettura preistorica generale e italica – Architettura etrusca, Bergamo 1941, pp. 182, 197, 199, 205, 208,347, figg. 214, 238, 240-241, 255-6; G. Lilliu, Bull. Paletn. It., V-VI, 1941-42, pp. 158, 186; A. Bonu, Nel-l’Isola dei Nuraghi, 1942, p. 26; D. Levi, “Sardinia: Isle of Antitheses”, in The Geographical Review, XXXIII,n. 4, 1943, p. 637, fig. 8; P. Mingazzini, St.S., VII, 1947, pp. 15, 17, 20; G. Lilliu, St.S., VIII, 1948, p. 7,nota 4, p. 8, 62 s., 318 s., 320; M. Pallottino, La Sardegna nuragica, 1950, pp. 29, 38, 54, 61, tav. VI, 1; G.Patroni, La Preistoria, I, 1951, pp. 480, 483, tav. XI, d; G. Lilliu, St.S., X-XI, 1952, pp. 84, 114, 116; E.Contu, ibidem, p. 138 s., 143, 150; G. Lilliu, Annali delle Facoltà di Lettere e Filosofia e di Magistero dell’Uni-versità di Cagliari, XXI, parte I, 1953, p. 93; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 50 s., figg. 20-26; D. Paned-da, L’agro di Olbia, 1954, p. 12, nota 31, p. 14; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, 1, 1955, pp. 98, 100-102, 108,118, 120, 152-154, 159, 161, 163, 187 s., 196, 198, 200-203, 209, 211, 306, 309, 447, 460; E. Contu,ibidem, pp. 470, 474; V. Mossa, Architettura domestica cit., 1957, p. 56, nota 54; A. Borio, Sardaigne, 1957,p. 21; Atzeni, St.S., XIV-XV, 1958, p. 97; E. Contu, ibidem, pp. 141, 143, 145, 147-150, 176, 178, 185; G.Lilliu, ibidem, p. 260; M. Serra, Sardegna quasi un Continente, 1958, p. 153; E. Contu, “I più antichi nura-ghi” cit., 1959, pp. 103, 105, 110 s., 114; G. Lilliu, “I nuraghi”, in Il Progresso, cit., 1960, p. 27.

Figura 5, 8: nuraghe MONT’E S’ORKU TUÈRI-Perdasdefògu (Nùoro); cartina B, 92.Su un’altura dell’altopiano di Perdasdefògu, in terreno selvoso e ricco d’acque. Nura-ghe singolare, costituito da tre corpi di torre ellittica allineati su d’un asse longitudina-le in senso Nord-sud, degradanti in proporzioni dal fondo verso l’ingresso aperto aSud, nel corpo più piccolo. Non si esclude che A, la torre Nord, sia più antica comecostruzione e che B e C siano state aggiunte, unitariamente, in età più tardiva dell’ori-ginaria. L’insieme ha una lunghezza di m 21 x 8,50 di larghezza massima (su B); lalunghezza interna, sull’allineamento di corridoi e camere dall’entrata a Sud al fondodella camera A a Nord, è di m 18,50. La torre primitiva A, di m 10 x 8 di diametro,con spessore murario di m 3, ha l’ingresso a Sud, architravato con finestrino di scari-co. Dietro la porta, il corridoio, di m 3 di lunghezza x 1,70 d’altezza, a sezione trape-zoidale, mostra la copertura a piattabanda; esso introduce nella camera tondeggiantedi m 4 di diametro, con la volta crollata. La torre residua per l’altezza esterna di m 7;la camera si eleva per m 2,50 (a Est) sul colmaticcio. L’opera muraria è subquadratacon file orizzontali di pietre calcari di taglio curato e regolare. Il corpo di torri B-Cmostra il paramento esterno fuso e continuo, che disegna una figura di lettera otto;nell’insieme ha lunghezza di m 13 x 8,50. Le camere B-C, contenute nelle due torri,sono disposte in profondità sulla stessa linea longitudinale, e comunicano fra di loro

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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per mezzo di un corridoio di m 2 di lunghezza. Il lobo B, di m 7,40 x 8,50, con mu-ro spesso 2 metri, potrebbe essere anche d’un cortiletto scoperto, perché non è facileimmaginare altra illuminazione e aerazione se non da uno spazio a cielo aperto, nonconsentendo una qualche luce il profondo seguirsi dei vani C-A se supposti tutti co-perti. Sia una camera o sia un cortile, il lobo B è di figura tondeggiante, con m 4 didiametro. Da B il detto corridoio mette in C, lobo frontale di cui si misura il diame-tro esterno di m 5, ma non l’interno perché il vano è ricolmo di terra e pietre. Si pro-fila invece l’apertura esterna dell’ingresso a Sud (che è poi l’unico ingresso a tutta lacostruzione), ancora con un imponente architrave di m 2,15 x 0,71 x 0,53. L’operamuraria del corpo aggiunto è identica a quella di A.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, VI, 1840, p. 704 (Tuèri); E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 153; Bo-scolo-Pintor-Serra, Guida, p. 133 (Orcu); F. Pilia, Saggio di Catalogo archeologico, Foglio 218, II, NE-SE, Uni-versità di Cagliari, a.a. 1950-51, p. 147 ss., tav. X, 3; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, pp. 55, 63, figg. 16, 18.

Figura 5, 9: nuraghe SU SENSU-Pompu (Cagliari); cartina B, 76.Al confine del territorio di Pompu e di Siris, su un colle che domina le valli dei rius Mògurue Mannu. Nuraghe di planimetria singolare, con tre torri (B-A-C) allineate in longitudinesu un asse Nord-Sud, fra loro comunicanti per corridoi disposti sullo stesso asse e con unicoingresso esterno, ad Estnordest, entro il muro di rifascio di B che si addossa a quello di rin-calzo ad A. Nella successione costruttiva, A segna la torre primitiva originaria; il rifascio di Ae le torri B e C sono state aggiunte e coordinate strutturalmente ad A in tempi posteriori,sempre nuragici. L’insieme della costruzione misura m 31 (sulla linea B-C) x 19 (sull’assetrasversale di B). La torre A circolare, del diametro di m 11,40 compreso il rifascio di m1,70 di spessore, aveva in origine un solo ingresso a Sud, lungo m 3 e largo 0,50/0,80,senza spazi di garetta né di scala, che introduceva nella camera rotonda, centrica, di m4,80 di diametro. In essa al fondo, cioè a Nord, si affacciava un nicchione che, poi, collacostruzione del corpo aggiunto fu aperto e trasformato in un andito di passaggio a B. Nel-l’esecuzione del piano della nuova fabbrica, tenuto conto della breccia fatta nello spessoremurario di A oltre che del suo generale stato di vetustà, la torre antica fu rifasciata; e lenuove strutture di rincalzo furono organicamente collegate e fuse con i paramenti delletorri B e C, risultandone un’unità articolata con coerenza architettonica e stilistica. La tor-re C incorporata a Sud di A, circolare del diametro di m 8 con spessore di muro di 2 m,contiene la camera leggermente oblunga di m 4 di diametro, a profilo lineare semplice.Della torre B, di m 9,40 di diametro, non si può rilevare l’interno perché ricolmo di ma-cerie. La torre, per tutto l’arco da Est a Ovest, è circondata da un muro di contenimentodi spessore vario (da m 2,80 a 5), nel quale, al contatto fra le torri B e A, è ricavato l’in-gresso dalla campagna, a Estnordest come si è detto. L’ingresso è largo m 1 e si prolungain un andito di m 4 circa da cui, attraverso il corridoio non rilevabile della torre B (segna-to a tratteggio), si entrava nella camera della stessa. Il nuraghe è molto distrutto, ridottoper lo più a un solo filare. L’opera muraria del complesso è di marna calcare, con blocchisubquadrati di mc 0,197 e di t 0,314 di media. Nel terreno intorno all’edifizio, frequentiresti di ossidiana e avanzi di stoviglie di rozzo impasto del periodo nuragico.Bibliografia: A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XXV, 1918, col. 27; C. Puxeddu, Saggio di Catalogo archeo-logico sul Foglio 217 della Carta d’Italia, II, NO-SO, Schedario Monumenti, a.a. 1954-55, p. 254 ss.; G.Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 163, fig. 40, 4, p. 163, nota 83, p. 168 ss., fig. 41, 14.

Museo Nazionale di Cagliari, Cagliari 1914, p. 11 s., p. 171 e tavv. V-VIII, fig. 8-12, tav. IX, fig. 13; Mon.ant. Lincei, 1918, XXV, col. 62, 66, 68, 76, 78, 83, 86, 125; Mon. ant. Lincei, 1919, XXV, col. 8, 35;Mon. ant. Lincei, 1921, XXVII, col. 10 s.; U. Rellini, “Miniere e forni preistorici”, in Riv. d’Antropologia,XXV, 1922, p. 14; E. Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, Roma 1923, II, p.729; F. Flumene, Un po’ più di luce sul problema genetico dei Nuraghi di Sardegna, Sàssari 1923, pp. 69, 166,168, 213; U. Rellini, “Miniere e fonderia d’età nuragica in Sardegna”, in Bull. Paletn. It., LXIII, 1, 1923, pp.6, 15; A. Taramelli, Il Convegno archeologico in Sardegna, 1926, pp. 16, 26, 41, 43, figg. 34-38; F. VonDuhn, “Nurage”, in Reall. d. Vorg., 1927, IX, p. 142; A. Taramelli, Bull. Paletn. It., XLIX, 1929, p. 86; “Inuraghi e i loro abitatori”, in L’Arte per tutti, Roma 1930, pp. 3, 9, figg. 4-5; Mon. ant. Lincei, 1931, XXXIV,col. 54, 103; “Gli studi archeologici in Sardegna”, in Mediterranea, VI, 1932, p. 5 (estratto); Bull. Paletn. It.,LII, 1932, p. 101; Atti Congresso Geografico Italiano, 1935, p. 67; A. Taramelli-Delogu, Il R. Museo Nazionalee la Pinacoteca di Cagliari, Roma 1936, p. 8, figg. 51-52; A. Taramelli, “Chi i Romani trovarono in Sarde-gna?”, in Sardegna Romana, II, 1939, p. 7 (estratto); Mon. ant. Lincei, XXXVIII, 1939, col. 12, 18-20, 41-43, 45-46, 53, 68, 280, figg. 14-15, tav. IX, n. 209; U. Rellini, “La Penisola apenninica e la Penisola ibero-lusitana nei rapporti preistorici”, in Relazioni storiche fra l’Italia e il Portogallo, Roma 1940, p. 28; G. Patroni,Architettura preistorica generale e italica – Architettura etrusca, Bergamo 1941, pp. 182, 197, 199, 205, 208,347, figg. 214, 238, 240-241, 255-6; G. Lilliu, Bull. Paletn. It., V-VI, 1941-42, pp. 158, 186; A. Bonu, Nel-l’Isola dei Nuraghi, 1942, p. 26; D. Levi, “Sardinia: Isle of Antitheses”, in The Geographical Review, XXXIII,n. 4, 1943, p. 637, fig. 8; P. Mingazzini, St.S., VII, 1947, pp. 15, 17, 20; G. Lilliu, St.S., VIII, 1948, p. 7,nota 4, p. 8, 62 s., 318 s., 320; M. Pallottino, La Sardegna nuragica, 1950, pp. 29, 38, 54, 61, tav. VI, 1; G.Patroni, La Preistoria, I, 1951, pp. 480, 483, tav. XI, d; G. Lilliu, St.S., X-XI, 1952, pp. 84, 114, 116; E.Contu, ibidem, p. 138 s., 143, 150; G. Lilliu, Annali delle Facoltà di Lettere e Filosofia e di Magistero dell’Uni-versità di Cagliari, XXI, parte I, 1953, p. 93; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 50 s., figg. 20-26; D. Paned-da, L’agro di Olbia, 1954, p. 12, nota 31, p. 14; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, 1, 1955, pp. 98, 100-102, 108,118, 120, 152-154, 159, 161, 163, 187 s., 196, 198, 200-203, 209, 211, 306, 309, 447, 460; E. Contu,ibidem, pp. 470, 474; V. Mossa, Architettura domestica cit., 1957, p. 56, nota 54; A. Borio, Sardaigne, 1957,p. 21; Atzeni, St.S., XIV-XV, 1958, p. 97; E. Contu, ibidem, pp. 141, 143, 145, 147-150, 176, 178, 185; G.Lilliu, ibidem, p. 260; M. Serra, Sardegna quasi un Continente, 1958, p. 153; E. Contu, “I più antichi nura-ghi” cit., 1959, pp. 103, 105, 110 s., 114; G. Lilliu, “I nuraghi”, in Il Progresso, cit., 1960, p. 27.

Figura 5, 8: nuraghe MONT’E S’ORKU TUÈRI-Perdasdefògu (Nùoro); cartina B, 92.Su un’altura dell’altopiano di Perdasdefògu, in terreno selvoso e ricco d’acque. Nura-ghe singolare, costituito da tre corpi di torre ellittica allineati su d’un asse longitudina-le in senso Nord-sud, degradanti in proporzioni dal fondo verso l’ingresso aperto aSud, nel corpo più piccolo. Non si esclude che A, la torre Nord, sia più antica comecostruzione e che B e C siano state aggiunte, unitariamente, in età più tardiva dell’ori-ginaria. L’insieme ha una lunghezza di m 21 x 8,50 di larghezza massima (su B); lalunghezza interna, sull’allineamento di corridoi e camere dall’entrata a Sud al fondodella camera A a Nord, è di m 18,50. La torre primitiva A, di m 10 x 8 di diametro,con spessore murario di m 3, ha l’ingresso a Sud, architravato con finestrino di scari-co. Dietro la porta, il corridoio, di m 3 di lunghezza x 1,70 d’altezza, a sezione trape-zoidale, mostra la copertura a piattabanda; esso introduce nella camera tondeggiantedi m 4 di diametro, con la volta crollata. La torre residua per l’altezza esterna di m 7;la camera si eleva per m 2,50 (a Est) sul colmaticcio. L’opera muraria è subquadratacon file orizzontali di pietre calcari di taglio curato e regolare. Il corpo di torri B-Cmostra il paramento esterno fuso e continuo, che disegna una figura di lettera otto;nell’insieme ha lunghezza di m 13 x 8,50. Le camere B-C, contenute nelle due torri,sono disposte in profondità sulla stessa linea longitudinale, e comunicano fra di loro

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Fig. 6: planimetrie di nuraghi con addizione frontale a sviluppo trasversale1. Frida-Illorài-Esporlatu; 2. Sa Mura ’e Màzzala-Scanu Montiferru; 3. Attentu-Ploàghe; 4. Bronku-Bonàrcado; 5. Krasta-Santulussùrgiu; 6. Nuracc’e Dèu-Gèsturi.

Figura 6, 1: nuraghe FRIDA-Illorài-Esporlatu (Sàssari); cartina B, 20.Su un rilievo tondeggiante, a m 920 di quota, nella foresta di Burgos. La torre primiti-va è fronteggiata da un corpo aggiunto di schema “a tancato”, disposto in direzioneNordest-sudovest. La torre antica, di m 10 circa di diametro allo svettamento (impossi-bile rilevare il diametro basale), presenta l’ingresso a Sudest, di m 1,20 di larghezza.L’andito retrostante, di m 3 circa di lunghezza, presenta garetta a destra e scala a sini-stra. Nella camera, di m 4 circa di diametro supponibile, si disegnano tre nicchie incroce non misurabili per il gran crollo di tutto l’ambiente. Lo schema “a tancato”, aSudest del mastio, di m 14,40 di lunghezza x 6,60 di larghezza, forma un corpo ellitti-co con due torri ai margini e un interposto cortile al centro. Nel cortile sfociano leaperture della porta del mastio, dell’opposto ingresso esterno, degli anditi, molto brevi,comunicanti con le camere delle torri marginali: la disposizione a croce degli anditicompone uno schema abbastanza simmetrico. Il cortile, di piano quadrangolare, di m3,3 x 4, è recinto da un muro di m 2,5 di spessore (sulla fronte). Delle camere, di m 3e 2,20 di diametro al livello del colmaticcio, quella a destra è completa della cupola, dim 5 circa d’altezza apparente. Il mastio all’esterno è alto m 6, con file di pietre di me-dia grandezza (mc 0,3), piuttosto rozze.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, f. 193, 1940, p. 59, nn. 19 e 19a (Bolòtana); V. Tetti, Sag-gio cit., 1956-57, p. 33 s. (II), tav. n. 78.

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Figura 6, 2: nuraghe SA MURA ’E MÀZZALA-Scanu Montiferru (Nùoro); cartina B, 43.A quota di m 523, al centro d’una spianata boscosa, contornata da altri nove nuraghi,forse in coordinata col nostro maggiore per mole e preminente per situazione. Unatomba di giganti nelle vicinanze; vicini pure cumuli di pietre, indicanti antica abita-zione durata fino in epoca romana. Il nuraghe consta di una torre primitiva e princi-pale, fiancheggiata, tranne che per un breve tratto a Nordovest, e fronteggiata da uncorpo aggiunto quadrangolare, con due torrette rispettivamente negli angoli Sud edEst, con interposto cortile avente l’ingresso nella cortina rettilinea che unisce le duetorrette. La torre antica, della circonferenza esterna di m 40, mostra tracce dell’ingres-so a Sudest. Nell’andito, lungo m 4,60, non sono visibili né garetta né scala; l’imboc-co a una scala, a più di 2 metri d’altezza sul pavimento, vedesi invece dentro la came-ra, sulla parete a Nord: questa scala gira da destra a sinistra, con larghezza di m 1 econ inclinazione di 45°, avente dieci gradini di buon taglio. Nella camera, del diame-tro di m 4,5, eccentrica, non si riscontrano segni di nicchie o d’altro. La torre si con-serva per l’altezza massima attuale visibile di m 6,50 su 15 filari (a Nord); la cameraresidua per m 4 di elevato in 10 file, per il resto è crollata. Interrato per la maggiorparte è il corridoio d’ingresso, a pareti aggettanti visibili per l’altezza di m 2. Il para-mento esterno fa un bello effetto, coi blocchi di basalto subquadrati, di media gran-dezza nei filari alti, ordinatissimi. Nel corpo aggiunto, le due torrette hanno diametriesterni di m 10 circa, camera di m 4,50, spessore murario di 2,50. Comunicavano so-lo all’interno, con ingressi di m 3, volti al cortile: uno spazio, questo, semilunare, dim 8 x 4, provvisto d’ingresso esterno, in asse con quello della torre primitiva (lun-ghezza m 3 circa, larghezza 1). Torri e cortine del corpo addossato, mostrano apparec-chio in opera poliedrica di basalto, senza lavoro delle pietre che sono messe quasi alnaturale, contrastando con l’accurata lavorazione e la rigorosa disposizione dell’operasubquadrata della torre antica. Trattasi di opera affrettata e decaduta. Una cortina mu-raria megalitica, a un solo ordine di pietre basaltiche rozze, completava la fortificazio-ne, circondando il nuraghe a guisa di antemurale.Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 166; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p.202, n. 32; P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 34 ss., tav. n. 5.

Figura 6, 3: nuraghe ATTENTU-Ploàghe (Sàssari); cartina B, 9.A quota di 393 m, al margine dell’altopiano calcare su cui sorge l’abitato moderno diPloàghe, a 300 metri di distanza a Sudovest delle prime case. Il nuraghe consta d’unatorre primitiva fronteggiata, a Estsudest, da un corpo aggiunto a due torricelle uniteda una cortina rettilinea interposta; nell’interno, fra le torri, un cortile scoperto. L’in-sieme misura m 16,40 (sull’asse della torre antica-cortina frontale del corpo aggiunto)x 20 (asse trasverso sulle torricelle marginali). La torre antica, circolare, del diametrodi m 11, con spessore murario di m 4 all’incirca, aveva l’ingresso a Sudest, non visibi-le ora perché ostruito dalla rovina che riempie l’antistante cortile. Della cella si dise-gna il giro superiore, scapitozzato sotto la serraglia, di m 3 di diametro, con altezza diparete sul riempimento di m 1. Opera subquadrata di calcare, con blocchi di mediedimensioni: m 0,80 x 0,70 x 0,85; 0,80 x 0,60 x 0,60; 0,70 x 0,50 x 0,90. Alla torreantica, conservata all’esterno per l’altezza massima di m 2 (Ovest-nordovest), si addos-sa, con due cortine oblique al suo filo, simmetriche (lunghezza m 7), il corpo aggiunto.

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Fig. 6: planimetrie di nuraghi con addizione frontale a sviluppo trasversale1. Frida-Illorài-Esporlatu; 2. Sa Mura ’e Màzzala-Scanu Montiferru; 3. Attentu-Ploàghe; 4. Bronku-Bonàrcado; 5. Krasta-Santulussùrgiu; 6. Nuracc’e Dèu-Gèsturi.

Figura 6, 1: nuraghe FRIDA-Illorài-Esporlatu (Sàssari); cartina B, 20.Su un rilievo tondeggiante, a m 920 di quota, nella foresta di Burgos. La torre primiti-va è fronteggiata da un corpo aggiunto di schema “a tancato”, disposto in direzioneNordest-sudovest. La torre antica, di m 10 circa di diametro allo svettamento (impossi-bile rilevare il diametro basale), presenta l’ingresso a Sudest, di m 1,20 di larghezza.L’andito retrostante, di m 3 circa di lunghezza, presenta garetta a destra e scala a sini-stra. Nella camera, di m 4 circa di diametro supponibile, si disegnano tre nicchie incroce non misurabili per il gran crollo di tutto l’ambiente. Lo schema “a tancato”, aSudest del mastio, di m 14,40 di lunghezza x 6,60 di larghezza, forma un corpo ellitti-co con due torri ai margini e un interposto cortile al centro. Nel cortile sfociano leaperture della porta del mastio, dell’opposto ingresso esterno, degli anditi, molto brevi,comunicanti con le camere delle torri marginali: la disposizione a croce degli anditicompone uno schema abbastanza simmetrico. Il cortile, di piano quadrangolare, di m3,3 x 4, è recinto da un muro di m 2,5 di spessore (sulla fronte). Delle camere, di m 3e 2,20 di diametro al livello del colmaticcio, quella a destra è completa della cupola, dim 5 circa d’altezza apparente. Il mastio all’esterno è alto m 6, con file di pietre di me-dia grandezza (mc 0,3), piuttosto rozze.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, f. 193, 1940, p. 59, nn. 19 e 19a (Bolòtana); V. Tetti, Sag-gio cit., 1956-57, p. 33 s. (II), tav. n. 78.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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Figura 6, 2: nuraghe SA MURA ’E MÀZZALA-Scanu Montiferru (Nùoro); cartina B, 43.A quota di m 523, al centro d’una spianata boscosa, contornata da altri nove nuraghi,forse in coordinata col nostro maggiore per mole e preminente per situazione. Unatomba di giganti nelle vicinanze; vicini pure cumuli di pietre, indicanti antica abita-zione durata fino in epoca romana. Il nuraghe consta di una torre primitiva e princi-pale, fiancheggiata, tranne che per un breve tratto a Nordovest, e fronteggiata da uncorpo aggiunto quadrangolare, con due torrette rispettivamente negli angoli Sud edEst, con interposto cortile avente l’ingresso nella cortina rettilinea che unisce le duetorrette. La torre antica, della circonferenza esterna di m 40, mostra tracce dell’ingres-so a Sudest. Nell’andito, lungo m 4,60, non sono visibili né garetta né scala; l’imboc-co a una scala, a più di 2 metri d’altezza sul pavimento, vedesi invece dentro la came-ra, sulla parete a Nord: questa scala gira da destra a sinistra, con larghezza di m 1 econ inclinazione di 45°, avente dieci gradini di buon taglio. Nella camera, del diame-tro di m 4,5, eccentrica, non si riscontrano segni di nicchie o d’altro. La torre si con-serva per l’altezza massima attuale visibile di m 6,50 su 15 filari (a Nord); la cameraresidua per m 4 di elevato in 10 file, per il resto è crollata. Interrato per la maggiorparte è il corridoio d’ingresso, a pareti aggettanti visibili per l’altezza di m 2. Il para-mento esterno fa un bello effetto, coi blocchi di basalto subquadrati, di media gran-dezza nei filari alti, ordinatissimi. Nel corpo aggiunto, le due torrette hanno diametriesterni di m 10 circa, camera di m 4,50, spessore murario di 2,50. Comunicavano so-lo all’interno, con ingressi di m 3, volti al cortile: uno spazio, questo, semilunare, dim 8 x 4, provvisto d’ingresso esterno, in asse con quello della torre primitiva (lun-ghezza m 3 circa, larghezza 1). Torri e cortine del corpo addossato, mostrano apparec-chio in opera poliedrica di basalto, senza lavoro delle pietre che sono messe quasi alnaturale, contrastando con l’accurata lavorazione e la rigorosa disposizione dell’operasubquadrata della torre antica. Trattasi di opera affrettata e decaduta. Una cortina mu-raria megalitica, a un solo ordine di pietre basaltiche rozze, completava la fortificazio-ne, circondando il nuraghe a guisa di antemurale.Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 166; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p.202, n. 32; P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 34 ss., tav. n. 5.

Figura 6, 3: nuraghe ATTENTU-Ploàghe (Sàssari); cartina B, 9.A quota di 393 m, al margine dell’altopiano calcare su cui sorge l’abitato moderno diPloàghe, a 300 metri di distanza a Sudovest delle prime case. Il nuraghe consta d’unatorre primitiva fronteggiata, a Estsudest, da un corpo aggiunto a due torricelle uniteda una cortina rettilinea interposta; nell’interno, fra le torri, un cortile scoperto. L’in-sieme misura m 16,40 (sull’asse della torre antica-cortina frontale del corpo aggiunto)x 20 (asse trasverso sulle torricelle marginali). La torre antica, circolare, del diametrodi m 11, con spessore murario di m 4 all’incirca, aveva l’ingresso a Sudest, non visibi-le ora perché ostruito dalla rovina che riempie l’antistante cortile. Della cella si dise-gna il giro superiore, scapitozzato sotto la serraglia, di m 3 di diametro, con altezza diparete sul riempimento di m 1. Opera subquadrata di calcare, con blocchi di mediedimensioni: m 0,80 x 0,70 x 0,85; 0,80 x 0,60 x 0,60; 0,70 x 0,50 x 0,90. Alla torreantica, conservata all’esterno per l’altezza massima di m 2 (Ovest-nordovest), si addos-sa, con due cortine oblique al suo filo, simmetriche (lunghezza m 7), il corpo aggiunto.

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Ovest). Le cortine sono alte da m 2 a 1, con spessore da m 5 a 2,40. Le strutture delcorpo aggiunto, pure d’aspetto rozzo, presentano pietre di dimensione maggiore diquelle del mastio: m 1,20 x 0,75 x 0,40; 0,95 x 0,70 x 0,35; 1 x 0,70 x 0,55; inter-blocchi 0,05/0,25.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 144, n. 65 (Brunku); A. Piras, Sag-gio cit., 1952-53, p. 98 ss., tav. IX, 69; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 58, nota 43, p. 164, nota 84.

Figura 6, 5: nuraghe KRASTA-Santulussùrgiu (Cagliari); v. anche figura 4, 7; cartina B, 52.Sta a quota di m 762 sul mare, in località Elighe Onna. È situato al centro d’un roc-cione piatto isolato e dominante sulla campagna all’intorno. Il nuraghe si componed’una torre primitiva e di un corpo frontale aggiunto con due torri unite da una corti-na curvilinea. La torre antica, della circonferenza esterna di m 35, mostra l’ingresso aSudest, di m 1 x 2 d’altezza, sormontato da architrave con finestrino di scarico. L’an-dito, lungo m 3,70, provvisto di garetta a destra e di scala a fior di suolo a sinistra (m1 x 2,5 d’altezza), introduce alla camera. Quest’ultima è centrica, circolare, del diame-tro di m 3,50, con muro spesso 3,70; si arricchisce di due nicchie laterali spostate ver-so il fondo. Il volume troncoconico (v. figura 4, 7), dal paramento esterno quasi verti-cale, con altezza residua di m 5 su 15 filari, contiene l’ogiva abbastanza proporzionata,che si conserva per l’altezza di m 5 su 13 filari. Contrasta con il taglio ogivale della ca-mera, quello delle cellette a sezione di vuoto trapezoidale, e quello dell’andito d’in-gresso coperto da lastroni di piattabanda a m 2,50 dal suolo; a taglio trapezoidale èpure la sezione della scala d’andito. Il paramento esterno è di pietre basaltiche di accu-rata lavorazione, di media dimensione in basso e piccole in alto; le strutture internesono in piccole pietre sbozzate, con scaglie interposte. Nel corpo aggiunto le torrettelaterali, del diametro interno di m 3, con spessore di muro variante fra m 2 e 1,50, siprotendono ad arco di cerchio sul davanti della torre primitiva, formando una cortinain cui si può immaginare l’ingresso in linea con l’andito del mastio; dall’ingresso si di-partono, a ciascun lato, dei corridoi che portano alle camere contenute nelle torretteaddossate. L’apparecchio del corpo aggiunto, pure in basalto, è costituito di blocchipoliedrici appena sbozzati il cui rozzo aspetto contrasta con quello delle murature delnucleo antico. A Est del roccione, si osservano cumuli di macerie, forse di capanned’un villaggetto nuragico.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, IV SE, p. 196, n. 5; P. Pes, Saggio cit.,1953-54, p. 10 ss., tav. n. 2.

Figura 6, 6: nuraghe NURACC’E DÈU o ADDÈU-Gèsturi (Cagliari); cartina B, 79.A quota di m 280, su d’un ripiano alla pendice del versante Est della giara di Gèsturi,domina la valle del riu Mannu che segna la via d’ingresso dalla Marmilla al Sarcidano,cioè verso il centro montuoso dell’Isola. Il nuraghe arrocca la valle in un punto di par-ticolare interesse strategico (tav. XII, 1). Fertile la pendice terrazzata da cui guardanoil Nuracc’e Dèu ed altri vicini nuraghi scaglionati su promontori o brunkus affacciatisulla strada Barùmini-Gèsturi (tav. I, 3); fertile soprattutto la verde piana al piede: ilPardu Errèu. Sullo sfondo, ad Est, al di là del riu Mannu, l’anfiteatro di colline dellaTrexenta, punteggiate di torri nuragiche. Il nuraghe è costituito da una torre principa-le antica, contornata da un ampio anello murario a cui attaccano, sulla fronte, duetorri aggiunte, unite da una cortina rettilinea interrotta dall’ingresso. L’insieme misura

Di esso non è rilevabile l’ingresso, da immaginarsi aperto nella cortina frontale, in an-golo con una delle due torricelle che la rinfiancano. Non vedesi nemmeno la cameradella torretta di destra (o Est), più piccola della opposta di Ovest, del diametro ester-no di m 6, mentre si misura, allo svettamento, il diametro di m 2,40 della camera inter-na alla torretta di sinistra, oblunga, del diametro di m 7. Le camere delle due torricellecomunicavano, per anditi ora non visibili, con lo spazio del cortile, quest’ultimo di pia-no trapezoidale, di m 6,40/4,20 di lunghezza x 3 di larghezza (alla mezzeria). Le torriresiduano per altezze massime di m 7 (la sinistra) e 4 (la destra); le cortine per m 7(frontale), 6,50 (laterale sinistra) e 1,50 (laterale destra); il cortile avanza per l’altezzadi m 3 sul piano del riempimento. L’opera muraria di calcare è a file orizzontali conblocchi di taglio subquadrato: m 0,70 x 0,90 x 0,80; 1,10 x 1,00 x 0,90; 1,00 x 0,90x 0,95. Nelle adiacenze del nuraghe si raccolgono frammenti di stoviglie di età roma-na. In tempi passati si rinvennero, dentro il nuraghe, rozze ceramiche preromane euna moneta di bronzo di Lucilla Augusta.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XV, 1847, p. 457 (Athentu); Spano, Memoria, 1854, p. 26,nota 1 e 3; Memoria, 1867, p. 38, nota 1 e p. 39, nota 1; Scop. arch., 1874, p. 31 ss., tav. n. 8; A. Tara-melli, Carta archeologica, f. 193, 1940, p. 44, n. 65; G. Lilliu, St.S., VIII, 1948, p. 8, nota 5; E. Sale,Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 193 della Carta d’Italia, I, NO-SO, Università di Cagliari, a.a.1949-1950, p. 156 ss., tav. n. 12; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 97; G. Lilliu, St.S., XII-XIII,I, 1955, p. 94; E. Contu, St.S., XIV-XV, I, 1958, p. 176.

Figura 6, 4: nuraghe BRONKU-Bonàrcado (Cagliari); tavv. XII-XIII; cartina B, 56.Alla quota di 616 m, su terreno roccioso e cespugliato, su d’un gradino della pendicedi Cracchedu. Domina la valle solcata da un riu. Nuraghe plurimo, costituito da unatorre antica fronteggiata da un corpo aggiunto con due torrette marginali che racchiu-dono, insieme con la torre maggiore, un cortile. La torre principale, circolare, del dia-metro di m 10 circa allo svettamento, mostra l’ingresso a Sudest, con l’apertura com-pletamente ostruita, sormontato da architrave con spiraglio di scarico (cm 15 x 30).Dietro l’ingresso, il corridoio, lungo m 4 e largo dall’ingresso alla cella m 1/1,15/2,mette nella camera, centrica, rotonda del diametro di m 3,45 sull’interrimento. Ango-lare la sezione dell’andito, ogivale quella della camera, scoperchiata del tetto (altezzaresidua rilevabile m 2,50 su 6 file). La torre emerge all’esterno sul crollo per m 1 circa,con pietre rozze di medie dimensioni: m 0,80 x 0,45; 0,75 x 0,45; 0,85 x 0,35; inter-blocchi di 0,05/0,25. Delle due torri marginali, quella a Est (destra) ha diametro di m6,60, con camera di m 3 circa, residuata su 8 file per l’altezza di m 3,50, articolata inuna nicchia semiellittica a destra di chi entra (m 0,90 di larghezza x 1,80 di altezza edi profondità), comunicante, per un andito di m 4 di lunghezza, col corridoio princi-pale d’ingresso al nuraghe. La torre a Sud (sinistra), del diametro di m 7,60, contieneuna camera di m 3 su 3 filari in evidenza di m 1,70 d’altezza visibile, in comunicazio-ne col cortile per un andito curvilineo di m 4 circa di lunghezza. Sezioni dei corridoidelle torrette, angolari; delle camere ogivali. Il cortile, oblungo, di m 3,10 x 4,70, construtture osservabili su 6 file non aggettanti per m 2,50 di altezza massima, sta al cen-tro dell’insieme costruttivo. Riceve le aperture degli anditi del mastio e della torre disinistra e quella del corridoio dell’ingresso principale, aperto per m 3,60 nella cortinadi Nordest, rettilinea come quella di Sudsudest (curvilinea invece la terza cortina di

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Ovest). Le cortine sono alte da m 2 a 1, con spessore da m 5 a 2,40. Le strutture delcorpo aggiunto, pure d’aspetto rozzo, presentano pietre di dimensione maggiore diquelle del mastio: m 1,20 x 0,75 x 0,40; 0,95 x 0,70 x 0,35; 1 x 0,70 x 0,55; inter-blocchi 0,05/0,25.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 144, n. 65 (Brunku); A. Piras, Sag-gio cit., 1952-53, p. 98 ss., tav. IX, 69; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 58, nota 43, p. 164, nota 84.

Figura 6, 5: nuraghe KRASTA-Santulussùrgiu (Cagliari); v. anche figura 4, 7; cartina B, 52.Sta a quota di m 762 sul mare, in località Elighe Onna. È situato al centro d’un roc-cione piatto isolato e dominante sulla campagna all’intorno. Il nuraghe si componed’una torre primitiva e di un corpo frontale aggiunto con due torri unite da una corti-na curvilinea. La torre antica, della circonferenza esterna di m 35, mostra l’ingresso aSudest, di m 1 x 2 d’altezza, sormontato da architrave con finestrino di scarico. L’an-dito, lungo m 3,70, provvisto di garetta a destra e di scala a fior di suolo a sinistra (m1 x 2,5 d’altezza), introduce alla camera. Quest’ultima è centrica, circolare, del diame-tro di m 3,50, con muro spesso 3,70; si arricchisce di due nicchie laterali spostate ver-so il fondo. Il volume troncoconico (v. figura 4, 7), dal paramento esterno quasi verti-cale, con altezza residua di m 5 su 15 filari, contiene l’ogiva abbastanza proporzionata,che si conserva per l’altezza di m 5 su 13 filari. Contrasta con il taglio ogivale della ca-mera, quello delle cellette a sezione di vuoto trapezoidale, e quello dell’andito d’in-gresso coperto da lastroni di piattabanda a m 2,50 dal suolo; a taglio trapezoidale èpure la sezione della scala d’andito. Il paramento esterno è di pietre basaltiche di accu-rata lavorazione, di media dimensione in basso e piccole in alto; le strutture internesono in piccole pietre sbozzate, con scaglie interposte. Nel corpo aggiunto le torrettelaterali, del diametro interno di m 3, con spessore di muro variante fra m 2 e 1,50, siprotendono ad arco di cerchio sul davanti della torre primitiva, formando una cortinain cui si può immaginare l’ingresso in linea con l’andito del mastio; dall’ingresso si di-partono, a ciascun lato, dei corridoi che portano alle camere contenute nelle torretteaddossate. L’apparecchio del corpo aggiunto, pure in basalto, è costituito di blocchipoliedrici appena sbozzati il cui rozzo aspetto contrasta con quello delle murature delnucleo antico. A Est del roccione, si osservano cumuli di macerie, forse di capanned’un villaggetto nuragico.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, IV SE, p. 196, n. 5; P. Pes, Saggio cit.,1953-54, p. 10 ss., tav. n. 2.

Figura 6, 6: nuraghe NURACC’E DÈU o ADDÈU-Gèsturi (Cagliari); cartina B, 79.A quota di m 280, su d’un ripiano alla pendice del versante Est della giara di Gèsturi,domina la valle del riu Mannu che segna la via d’ingresso dalla Marmilla al Sarcidano,cioè verso il centro montuoso dell’Isola. Il nuraghe arrocca la valle in un punto di par-ticolare interesse strategico (tav. XII, 1). Fertile la pendice terrazzata da cui guardanoil Nuracc’e Dèu ed altri vicini nuraghi scaglionati su promontori o brunkus affacciatisulla strada Barùmini-Gèsturi (tav. I, 3); fertile soprattutto la verde piana al piede: ilPardu Errèu. Sullo sfondo, ad Est, al di là del riu Mannu, l’anfiteatro di colline dellaTrexenta, punteggiate di torri nuragiche. Il nuraghe è costituito da una torre principa-le antica, contornata da un ampio anello murario a cui attaccano, sulla fronte, duetorri aggiunte, unite da una cortina rettilinea interrotta dall’ingresso. L’insieme misura

Di esso non è rilevabile l’ingresso, da immaginarsi aperto nella cortina frontale, in an-golo con una delle due torricelle che la rinfiancano. Non vedesi nemmeno la cameradella torretta di destra (o Est), più piccola della opposta di Ovest, del diametro ester-no di m 6, mentre si misura, allo svettamento, il diametro di m 2,40 della camera inter-na alla torretta di sinistra, oblunga, del diametro di m 7. Le camere delle due torricellecomunicavano, per anditi ora non visibili, con lo spazio del cortile, quest’ultimo di pia-no trapezoidale, di m 6,40/4,20 di lunghezza x 3 di larghezza (alla mezzeria). Le torriresiduano per altezze massime di m 7 (la sinistra) e 4 (la destra); le cortine per m 7(frontale), 6,50 (laterale sinistra) e 1,50 (laterale destra); il cortile avanza per l’altezzadi m 3 sul piano del riempimento. L’opera muraria di calcare è a file orizzontali conblocchi di taglio subquadrato: m 0,70 x 0,90 x 0,80; 1,10 x 1,00 x 0,90; 1,00 x 0,90x 0,95. Nelle adiacenze del nuraghe si raccolgono frammenti di stoviglie di età roma-na. In tempi passati si rinvennero, dentro il nuraghe, rozze ceramiche preromane euna moneta di bronzo di Lucilla Augusta.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XV, 1847, p. 457 (Athentu); Spano, Memoria, 1854, p. 26,nota 1 e 3; Memoria, 1867, p. 38, nota 1 e p. 39, nota 1; Scop. arch., 1874, p. 31 ss., tav. n. 8; A. Tara-melli, Carta archeologica, f. 193, 1940, p. 44, n. 65; G. Lilliu, St.S., VIII, 1948, p. 8, nota 5; E. Sale,Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 193 della Carta d’Italia, I, NO-SO, Università di Cagliari, a.a.1949-1950, p. 156 ss., tav. n. 12; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 97; G. Lilliu, St.S., XII-XIII,I, 1955, p. 94; E. Contu, St.S., XIV-XV, I, 1958, p. 176.

Figura 6, 4: nuraghe BRONKU-Bonàrcado (Cagliari); tavv. XII-XIII; cartina B, 56.Alla quota di 616 m, su terreno roccioso e cespugliato, su d’un gradino della pendicedi Cracchedu. Domina la valle solcata da un riu. Nuraghe plurimo, costituito da unatorre antica fronteggiata da un corpo aggiunto con due torrette marginali che racchiu-dono, insieme con la torre maggiore, un cortile. La torre principale, circolare, del dia-metro di m 10 circa allo svettamento, mostra l’ingresso a Sudest, con l’apertura com-pletamente ostruita, sormontato da architrave con spiraglio di scarico (cm 15 x 30).Dietro l’ingresso, il corridoio, lungo m 4 e largo dall’ingresso alla cella m 1/1,15/2,mette nella camera, centrica, rotonda del diametro di m 3,45 sull’interrimento. Ango-lare la sezione dell’andito, ogivale quella della camera, scoperchiata del tetto (altezzaresidua rilevabile m 2,50 su 6 file). La torre emerge all’esterno sul crollo per m 1 circa,con pietre rozze di medie dimensioni: m 0,80 x 0,45; 0,75 x 0,45; 0,85 x 0,35; inter-blocchi di 0,05/0,25. Delle due torri marginali, quella a Est (destra) ha diametro di m6,60, con camera di m 3 circa, residuata su 8 file per l’altezza di m 3,50, articolata inuna nicchia semiellittica a destra di chi entra (m 0,90 di larghezza x 1,80 di altezza edi profondità), comunicante, per un andito di m 4 di lunghezza, col corridoio princi-pale d’ingresso al nuraghe. La torre a Sud (sinistra), del diametro di m 7,60, contieneuna camera di m 3 su 3 filari in evidenza di m 1,70 d’altezza visibile, in comunicazio-ne col cortile per un andito curvilineo di m 4 circa di lunghezza. Sezioni dei corridoidelle torrette, angolari; delle camere ogivali. Il cortile, oblungo, di m 3,10 x 4,70, construtture osservabili su 6 file non aggettanti per m 2,50 di altezza massima, sta al cen-tro dell’insieme costruttivo. Riceve le aperture degli anditi del mastio e della torre disinistra e quella del corridoio dell’ingresso principale, aperto per m 3,60 nella cortinadi Nordest, rettilinea come quella di Sudsudest (curvilinea invece la terza cortina di

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del rilievo Nissardi che lo segna nella mezzeria), si apriva l’ingresso, in asse con l’andi-to della torre antica. Ne è crollata la luce esterna con la caduta del fronte corrispon-dente di cortina, ma si riconosce ancora la spalla sinistra dell’andito retrostante, di m4 di lunghezza. Si scorge pure, dopo questi 4 metri, sul lato sinistro la chiusura ango-lare del soffitto del corridoio che, dipartendosi dall’andito principale dell’ingresso, lometteva in comunicazione, con corso parallelo alla cortina, con la camera della torredi Sudsudovest. Un altro ramo di corridoio, opposto al precedente sulla destra del-l’andito d’ingresso, portava alla tholos della torre simmetrica di Sudsudest; lo si può ri-costruire con certezza anche se non ne avanzino resti evidenti. Nell’ampia spianata adEst e Nord del nuraghe, si osservano cumuli di pietre e allineamenti di muri riferibili,nella gran parte, ad un piccolo abitato di età romana, indicato da embrici e da stovi-glie varie. Si raccolgono, però, anche schegge di ossidiana e cocci d’impasto di età nu-ragica, da attribuirsi alla vita remota d’un modesto centro contemporaneo al nuraghe.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, VIII, 1841, p. 24 (Nuraceddea); A. Lamarmora, Voyage, II,1840, p. 110; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XVIII, 1907, col. 62, fig. 22, col. 63, 68, 90, 110-111;Not. di Scavi, 1908, p. 118 s.; G. Lilliu, Not. di Scavi, 1940, p. 239, 1941, p. 157, nota 1, fig. 26; M.Pallottino, La Sardegna nuragica, 1950, tav. VI, 2; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 44, fig. 15, 4; G.Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 58.

m 17 sulla mezzeria della cortina (linea Nordnordest-Sudsudovest) x 25,40 sulle torrimarginali (linea Ovestnordovest-Estsudest). La torre primitiva, circolare, del diametroesterno di m 10,80, ha l’ingresso esposto a Sudest, sepolto sotto la coltre di rovina; sivede soltanto il tratto dell’andito retrostante allo sfocio nella camera, presso la chiusu-ra del soffitto foggiato a sezione angolare. Si può calcolare, tuttavia, una lunghezzad’andito di m 3,00/3,50, e si possono immaginare, dato lo schema sviluppato tricellu-lare della tholos, la garetta e la scala a fior di suolo sul suo profilo. Della camera, centri-ca e circolare, del diametro al colmaticcio di m 4/3,80, si nota il forte aggetto dei filarisuperiori prima della serraglia che manca, essendo crollato il soffitto della pseudocupo-la. Nelle pareti della camera si affacciano tre nicchioni in croce, visibili soltanto allasommità dove convergono le spalle chiudendosi ad angolo; essi si potevano misurarealla base o poco sopra quando ne fece il rilievo il Nissardi nel primo decennio di que-sto secolo (m 1,40 di larghezza x 1,40 di profondità). La torre si eleva ancora per l’al-tezza di circa 10 metri, per la gran parte obliterata dal fasciame anulare e coperta dall’am-masso delle rovine. Nel giro di Sudsudovest si presenta a vista un tratto di paramento dicinque filari, in opera subquadrata di marna calcare, con blocchi di m 1 x 0,40; 0,67x 0,35; 0,90 x 0,38; 0,65 x 0,41 (tav. XIII, 4). La stessa tecnica è usata nel paramentointerno della tholos, a file ben ordinate di pietre marnoso-calcari di notevoli dimensio-ni: m 0,90 x 0,25; 0,92 x 0,25; 1,30 x 0,25; 1,25 x 0,25. Il corpo costruttivo aggiun-to a due torri unite dalla cortina rettilinea, fronteggia la torre antica a Sud. Le torri so-no situate rispettivamente a Sudsudest (marginale destra) e a Sudsudovest (marginalesinistra). Risalta la bella struttura della cortina e della torre di Sudsudovest, ancora inparte conservate, mentre la torre di Sudsudest è ridotta ai filari del basamento visibilia tratti (tav. XII, 2-3; tav. XIII, 1-2). Le torri aggiunte, circolari, del diametro di m 8circa, contengono camere pur esse circolari, del diametro di m 4 circa, in origine vol-tate. Ai tempi del rilievo Nissardi le tholoi erano visibili e in parte misurabili, comeappare dalla pianta qui ripetuta (ma non precisa); oggi si intravede ancora il giro in-terno della torre di Sudsudovest mentre non si ha traccia alcuna in evidenza di quellodella torre di Sudsudest. Il muro di maggior spicco è nella cortina, di m 9 di lunghez-za apparente x 6,50 di altezza residua (tav. XII, 2-3; tav. XIII, 1-3). Il magnifico para-mento è costituito da regolari file orizzontali, in leggero ritiro, di blocchi parallelepi-pedi, di taglio quasi quadrato, giustapposti e sovrapposti senza scheggiame, a giuntidiretti, precisi in origine per quanto ora non lo sembrino più a causa del movimentosubito dalle strutture piuttosto scompaginate e con vuoti fra pietra e pietra. Nella cor-tina si contano fino a 15 file, con pietre di m 0,65 x 0,40; 1,32 x 0,45; 1,48 x 0,45;0,50 x 0,36; 0,96 x 0,45 (misure al secondo filare dal basso). Di particolare interesse eindicativo dell’evoluzione tecnica delle maestranze e del progresso del tempo, è l’accor-gimento usato nel legare il paramento della cortina a quello della torre di Sudsudovest(e certamente anche a quello della torre opposta). Lunghi conci, sagomati in curvaconcava, corrispondenti all’angolo del contatto fra il paramento rettilineo della corti-na e quello curvilineo della torre, inserendosi per la metà in ciascuno dei due para-menti, ne incatenano organicamente le strutture (tav. XIII, 1, 3). Questi conci (visibi-li pur entro l’ammasso di rovine della torre Sudsudest), ricorrevano a diverse altezzeper l’estensione in elevato di torri e cortina. Nella cortina, spostato verso la torre margi-nale destra (così ho potuto accertare in recente sopraluogo, a modifica dell’indicazione

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del rilievo Nissardi che lo segna nella mezzeria), si apriva l’ingresso, in asse con l’andi-to della torre antica. Ne è crollata la luce esterna con la caduta del fronte corrispon-dente di cortina, ma si riconosce ancora la spalla sinistra dell’andito retrostante, di m4 di lunghezza. Si scorge pure, dopo questi 4 metri, sul lato sinistro la chiusura ango-lare del soffitto del corridoio che, dipartendosi dall’andito principale dell’ingresso, lometteva in comunicazione, con corso parallelo alla cortina, con la camera della torredi Sudsudovest. Un altro ramo di corridoio, opposto al precedente sulla destra del-l’andito d’ingresso, portava alla tholos della torre simmetrica di Sudsudest; lo si può ri-costruire con certezza anche se non ne avanzino resti evidenti. Nell’ampia spianata adEst e Nord del nuraghe, si osservano cumuli di pietre e allineamenti di muri riferibili,nella gran parte, ad un piccolo abitato di età romana, indicato da embrici e da stovi-glie varie. Si raccolgono, però, anche schegge di ossidiana e cocci d’impasto di età nu-ragica, da attribuirsi alla vita remota d’un modesto centro contemporaneo al nuraghe.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, VIII, 1841, p. 24 (Nuraceddea); A. Lamarmora, Voyage, II,1840, p. 110; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XVIII, 1907, col. 62, fig. 22, col. 63, 68, 90, 110-111;Not. di Scavi, 1908, p. 118 s.; G. Lilliu, Not. di Scavi, 1940, p. 239, 1941, p. 157, nota 1, fig. 26; M.Pallottino, La Sardegna nuragica, 1950, tav. VI, 2; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 44, fig. 15, 4; G.Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 58.

m 17 sulla mezzeria della cortina (linea Nordnordest-Sudsudovest) x 25,40 sulle torrimarginali (linea Ovestnordovest-Estsudest). La torre primitiva, circolare, del diametroesterno di m 10,80, ha l’ingresso esposto a Sudest, sepolto sotto la coltre di rovina; sivede soltanto il tratto dell’andito retrostante allo sfocio nella camera, presso la chiusu-ra del soffitto foggiato a sezione angolare. Si può calcolare, tuttavia, una lunghezzad’andito di m 3,00/3,50, e si possono immaginare, dato lo schema sviluppato tricellu-lare della tholos, la garetta e la scala a fior di suolo sul suo profilo. Della camera, centri-ca e circolare, del diametro al colmaticcio di m 4/3,80, si nota il forte aggetto dei filarisuperiori prima della serraglia che manca, essendo crollato il soffitto della pseudocupo-la. Nelle pareti della camera si affacciano tre nicchioni in croce, visibili soltanto allasommità dove convergono le spalle chiudendosi ad angolo; essi si potevano misurarealla base o poco sopra quando ne fece il rilievo il Nissardi nel primo decennio di que-sto secolo (m 1,40 di larghezza x 1,40 di profondità). La torre si eleva ancora per l’al-tezza di circa 10 metri, per la gran parte obliterata dal fasciame anulare e coperta dall’am-masso delle rovine. Nel giro di Sudsudovest si presenta a vista un tratto di paramento dicinque filari, in opera subquadrata di marna calcare, con blocchi di m 1 x 0,40; 0,67x 0,35; 0,90 x 0,38; 0,65 x 0,41 (tav. XIII, 4). La stessa tecnica è usata nel paramentointerno della tholos, a file ben ordinate di pietre marnoso-calcari di notevoli dimensio-ni: m 0,90 x 0,25; 0,92 x 0,25; 1,30 x 0,25; 1,25 x 0,25. Il corpo costruttivo aggiun-to a due torri unite dalla cortina rettilinea, fronteggia la torre antica a Sud. Le torri so-no situate rispettivamente a Sudsudest (marginale destra) e a Sudsudovest (marginalesinistra). Risalta la bella struttura della cortina e della torre di Sudsudovest, ancora inparte conservate, mentre la torre di Sudsudest è ridotta ai filari del basamento visibilia tratti (tav. XII, 2-3; tav. XIII, 1-2). Le torri aggiunte, circolari, del diametro di m 8circa, contengono camere pur esse circolari, del diametro di m 4 circa, in origine vol-tate. Ai tempi del rilievo Nissardi le tholoi erano visibili e in parte misurabili, comeappare dalla pianta qui ripetuta (ma non precisa); oggi si intravede ancora il giro in-terno della torre di Sudsudovest mentre non si ha traccia alcuna in evidenza di quellodella torre di Sudsudest. Il muro di maggior spicco è nella cortina, di m 9 di lunghez-za apparente x 6,50 di altezza residua (tav. XII, 2-3; tav. XIII, 1-3). Il magnifico para-mento è costituito da regolari file orizzontali, in leggero ritiro, di blocchi parallelepi-pedi, di taglio quasi quadrato, giustapposti e sovrapposti senza scheggiame, a giuntidiretti, precisi in origine per quanto ora non lo sembrino più a causa del movimentosubito dalle strutture piuttosto scompaginate e con vuoti fra pietra e pietra. Nella cor-tina si contano fino a 15 file, con pietre di m 0,65 x 0,40; 1,32 x 0,45; 1,48 x 0,45;0,50 x 0,36; 0,96 x 0,45 (misure al secondo filare dal basso). Di particolare interesse eindicativo dell’evoluzione tecnica delle maestranze e del progresso del tempo, è l’accor-gimento usato nel legare il paramento della cortina a quello della torre di Sudsudovest(e certamente anche a quello della torre opposta). Lunghi conci, sagomati in curvaconcava, corrispondenti all’angolo del contatto fra il paramento rettilineo della corti-na e quello curvilineo della torre, inserendosi per la metà in ciascuno dei due para-menti, ne incatenano organicamente le strutture (tav. XIII, 1, 3). Questi conci (visibi-li pur entro l’ammasso di rovine della torre Sudsudest), ricorrevano a diverse altezzeper l’estensione in elevato di torri e cortina. Nella cortina, spostato verso la torre margi-nale destra (così ho potuto accertare in recente sopraluogo, a modifica dell’indicazione

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Fig. 7: planimetrie di nuraghi ad addizione tangenziale laterale1. Pùliga-Locèri; 2. Su Konkàli-Tertenìa; 3. Mudègu-Mògoro; 4. Santa Sofìa-Gùspini; 5. Noddùle-Nùoro.

Figura 7, 1: nuraghe PÙLIGA-Locèri (Nùoro); cartina B, 71.Su un rialzo granitico, a m 239 di quota. Il nuraghe consta di una torre antica rifa-sciata (A), a cui si addossa una torretta posteriore, con addizione laterale tangenziale aSud (B), e si collega, per mezzo di un muro rettilineo, una seconda torricella (C) si-tuata a Nordovest della principale. Nella figura 7, 1 sono disegnate soltanto la torreprimitiva A senza il rifascio e la torretta aggiunta B; il resto è tralasciato. La torre A,circolare del diametro di m 9, è circondata all’esterno da un anello murario di conso-lidamento di m 3,80/4 di spessore: mostra l’ingresso a Sudest completamente ostruitodalla rovina, con architrave in evidenza di m 2,10 x 0,56 x 0,35. Dietro il corridoio dim 2,40 di lunghezza, senza scala e senza garetta, è la camera centrica, circolare, deldiametro di m 4, priva, per quanto appare, di spazi sussidiari. La torre si conserva perl’altezza massima di m 1,90 su 5 file a Ovest; il rifascio residua per l’elevazione di m 4/3,su 11 e 8 file. Opera muraria di granito, di tipo poliedrico, con pietre di rozza lavora-zione, di medie dimensioni: m 0,80 x 0,62 x 0,45; 0,75 x 0,65 x 0,50; 0,60 x 0,57 x0,38. La torretta aggiunta B, circolare, del diametro di m 7 circa, è molto distrutta, nési vede traccia apparente di ambienti; tuttavia l’ingresso si può supporre fra Sud eSudest; nell’interno è da immaginarsi una camera rotonda. Il muro megalitico rettili-neo di m 10 di lunghezza, alto alla mezzeria appena m 1,60, unisce A alla torretta C.

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Quest’ultima, rotonda all’esterno (diametro m 7), contiene una cameretta ellittica dim 3 x 2,40, accessibile per un andito di m 2,20 con la porta a Sudest.Bibliografia: G. Vacca, Posizione geografica cit., 1917, p. 19; E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 127 (Sa Pùli-ga); Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 120 (dato a Barisàrdo); F. Carta, Saggio cit., 1954-55, p. 51ss., tav. n. 5; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 56, p. 60, nota 55, p. 63, fig. 16, 12, p. 67, fig. 17, 12, p.163, nota 83, fig. 40, 2 a p. 165, p. 168 s., fig. 41, 12.

Figura 7, 2: nuraghe SU KONKÀLI-Tertenìa (Nùoro); cartina B, 94.A 167 m di quota, su una collina dominante largamente su una vasta zona piana. Nu-raghe complesso, costituito da una torre antica (A) a cui sono state aggiunte nel tem-po due torrette (B-C), addossandole tangenzialmente sul lato posteriore all’ingresso diA, una per parte, a riscontro. La torre primitiva A, circolare, del diametro di m 9,50allo svettamento, ha l’ingresso a Sudest, di m 0,67 di larghezza basale rastremato versol’alto, privo d’architrave (m 0,90 d’altezza sul colmaticcio). Nel corridoio retrostante,di m 2,35 di lunghezza, si apre, a sinistra, la scala, di m 0,72 di larghezza alla base ra-stremata verso il colmo chiuso a m 1,58 dal piano attuale di calpestio. Della camera,quasi interamente interrata, si misura il diametro di m 3,45; non si vedono spazi sus-sidiari ma è probabile che esistano coperti dalla rovina, forse nell’articolazione di trenicchie in croce. La torre si conserva all’esterno per l’altezza residua di m 3,50 su 12file, la camera per m 2,25 su 7 file. La sezione dell’andito e della scala è angolare, ogi-vale quella della camera. Opera muraria subquadrata di granito, con blocchi di mediedimensioni: m 0,75 x 0,50 x 0,42; 0,89 x 0,47 x 0,34; 0,74 x 0,35 x 0,27. La torre B,addossata ad Ovest, giudicando sui resti del perimetro la si può calcolare sugli 8 metridi diametro, con camera di m 4; evidente l’ingresso a Sud. Nel muro, spesso m 1,90,sono usati blocchi di m 0,45 x 0,38 x 0,40; 0,53 x 0,40 x 0,27; 0,60 x 0,42 x 0,35. Ilparamento si conserva all’esterno per l’altezza massima di m 1,80 su 5 filari. La torrettaC, aggiunta a Nord di A, di m 6,50 x 5,50 di diametri esterni, spessa nel muro m 2,mostra l’ingresso a Est e contiene la cameretta circolare di m 2,80 di diametro sul col-maticcio. Alta al di fuori, sul lato Nord, m 3,20 su 9 filari, li presenta costituiti di pie-tre di medie dimensioni allo stato grezzo. Nei pressi del nuraghe, a fior di suolo, si ve-dono resti di stoviglie d’impasto di fattura e di età nuragica.Bibliografia: F. Carta, Saggio cit., 1954-55, p. 91 ss., tav. n. XI; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 55, nota 36,p. 60, nota 59, p. 63, fig. 16, 19, p. 67, fig. 17, 16.

Figura 7, 3: nuraghe MUDÈGU-Mògoro (Cagliari); cartina B, 97.In regione Su Pranu, a quota di m 37, al piede del balzo dell’altopiano basaltico diMògoro. Non distante l’antica chiesetta del villaggio distrutto di Cracàxia. Il nuragheconsta di una torre primitiva (A), a cui si addossa con addizione laterale tangenziale aSud, la torretta B; il cortile C raccorda le due torri. L’insieme misura m 16 (sulla lineadell’andito di A) x 16 (sulla linea dell’andito di B). La torre antica A, circolare del dia-metro di m 10,60, ha l’ingresso a Sudovest, di m 0,65 di larghezza. Il corridoio retro-stante, privo di garetta e scala, dopo m 3,60 mette nella camera leggermente ovoide(diametro m 3,20), provvista sulla destra, appena entrati, d’una nicchia semiellitticadi m 0,80 x 0,80. La torre è conservata per l’altezza massima di m 2 su 3 o 4 file aSudovest. Opera subquadrata di basalto, con pietre di m 0,80 x 0,70 x 0,50. Della

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Fig. 7: planimetrie di nuraghi ad addizione tangenziale laterale1. Pùliga-Locèri; 2. Su Konkàli-Tertenìa; 3. Mudègu-Mògoro; 4. Santa Sofìa-Gùspini; 5. Noddùle-Nùoro.

Figura 7, 1: nuraghe PÙLIGA-Locèri (Nùoro); cartina B, 71.Su un rialzo granitico, a m 239 di quota. Il nuraghe consta di una torre antica rifa-sciata (A), a cui si addossa una torretta posteriore, con addizione laterale tangenziale aSud (B), e si collega, per mezzo di un muro rettilineo, una seconda torricella (C) si-tuata a Nordovest della principale. Nella figura 7, 1 sono disegnate soltanto la torreprimitiva A senza il rifascio e la torretta aggiunta B; il resto è tralasciato. La torre A,circolare del diametro di m 9, è circondata all’esterno da un anello murario di conso-lidamento di m 3,80/4 di spessore: mostra l’ingresso a Sudest completamente ostruitodalla rovina, con architrave in evidenza di m 2,10 x 0,56 x 0,35. Dietro il corridoio dim 2,40 di lunghezza, senza scala e senza garetta, è la camera centrica, circolare, deldiametro di m 4, priva, per quanto appare, di spazi sussidiari. La torre si conserva perl’altezza massima di m 1,90 su 5 file a Ovest; il rifascio residua per l’elevazione di m 4/3,su 11 e 8 file. Opera muraria di granito, di tipo poliedrico, con pietre di rozza lavora-zione, di medie dimensioni: m 0,80 x 0,62 x 0,45; 0,75 x 0,65 x 0,50; 0,60 x 0,57 x0,38. La torretta aggiunta B, circolare, del diametro di m 7 circa, è molto distrutta, nési vede traccia apparente di ambienti; tuttavia l’ingresso si può supporre fra Sud eSudest; nell’interno è da immaginarsi una camera rotonda. Il muro megalitico rettili-neo di m 10 di lunghezza, alto alla mezzeria appena m 1,60, unisce A alla torretta C.

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Quest’ultima, rotonda all’esterno (diametro m 7), contiene una cameretta ellittica dim 3 x 2,40, accessibile per un andito di m 2,20 con la porta a Sudest.Bibliografia: G. Vacca, Posizione geografica cit., 1917, p. 19; E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 127 (Sa Pùli-ga); Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 120 (dato a Barisàrdo); F. Carta, Saggio cit., 1954-55, p. 51ss., tav. n. 5; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 56, p. 60, nota 55, p. 63, fig. 16, 12, p. 67, fig. 17, 12, p.163, nota 83, fig. 40, 2 a p. 165, p. 168 s., fig. 41, 12.

Figura 7, 2: nuraghe SU KONKÀLI-Tertenìa (Nùoro); cartina B, 94.A 167 m di quota, su una collina dominante largamente su una vasta zona piana. Nu-raghe complesso, costituito da una torre antica (A) a cui sono state aggiunte nel tem-po due torrette (B-C), addossandole tangenzialmente sul lato posteriore all’ingresso diA, una per parte, a riscontro. La torre primitiva A, circolare, del diametro di m 9,50allo svettamento, ha l’ingresso a Sudest, di m 0,67 di larghezza basale rastremato versol’alto, privo d’architrave (m 0,90 d’altezza sul colmaticcio). Nel corridoio retrostante,di m 2,35 di lunghezza, si apre, a sinistra, la scala, di m 0,72 di larghezza alla base ra-stremata verso il colmo chiuso a m 1,58 dal piano attuale di calpestio. Della camera,quasi interamente interrata, si misura il diametro di m 3,45; non si vedono spazi sus-sidiari ma è probabile che esistano coperti dalla rovina, forse nell’articolazione di trenicchie in croce. La torre si conserva all’esterno per l’altezza residua di m 3,50 su 12file, la camera per m 2,25 su 7 file. La sezione dell’andito e della scala è angolare, ogi-vale quella della camera. Opera muraria subquadrata di granito, con blocchi di mediedimensioni: m 0,75 x 0,50 x 0,42; 0,89 x 0,47 x 0,34; 0,74 x 0,35 x 0,27. La torre B,addossata ad Ovest, giudicando sui resti del perimetro la si può calcolare sugli 8 metridi diametro, con camera di m 4; evidente l’ingresso a Sud. Nel muro, spesso m 1,90,sono usati blocchi di m 0,45 x 0,38 x 0,40; 0,53 x 0,40 x 0,27; 0,60 x 0,42 x 0,35. Ilparamento si conserva all’esterno per l’altezza massima di m 1,80 su 5 filari. La torrettaC, aggiunta a Nord di A, di m 6,50 x 5,50 di diametri esterni, spessa nel muro m 2,mostra l’ingresso a Est e contiene la cameretta circolare di m 2,80 di diametro sul col-maticcio. Alta al di fuori, sul lato Nord, m 3,20 su 9 filari, li presenta costituiti di pie-tre di medie dimensioni allo stato grezzo. Nei pressi del nuraghe, a fior di suolo, si ve-dono resti di stoviglie d’impasto di fattura e di età nuragica.Bibliografia: F. Carta, Saggio cit., 1954-55, p. 91 ss., tav. n. XI; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 55, nota 36,p. 60, nota 59, p. 63, fig. 16, 19, p. 67, fig. 17, 16.

Figura 7, 3: nuraghe MUDÈGU-Mògoro (Cagliari); cartina B, 97.In regione Su Pranu, a quota di m 37, al piede del balzo dell’altopiano basaltico diMògoro. Non distante l’antica chiesetta del villaggio distrutto di Cracàxia. Il nuragheconsta di una torre primitiva (A), a cui si addossa con addizione laterale tangenziale aSud, la torretta B; il cortile C raccorda le due torri. L’insieme misura m 16 (sulla lineadell’andito di A) x 16 (sulla linea dell’andito di B). La torre antica A, circolare del dia-metro di m 10,60, ha l’ingresso a Sudovest, di m 0,65 di larghezza. Il corridoio retro-stante, privo di garetta e scala, dopo m 3,60 mette nella camera leggermente ovoide(diametro m 3,20), provvista sulla destra, appena entrati, d’una nicchia semiellitticadi m 0,80 x 0,80. La torre è conservata per l’altezza massima di m 2 su 3 o 4 file aSudovest. Opera subquadrata di basalto, con pietre di m 0,80 x 0,70 x 0,50. Della

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anche questo ipotetico vedendosi solo tratti nell’arco da Ovest a Sudest, con spessore di mu-ro di m 1,30 e paramento di m 1,60, di altezza residua con pietre di m 1,10 x 0,70 x 0,75;0,70 x 0,90 x 0,80; 0,65 x 0,40 x 1,00. Da notare che l’opera muraria della parte aggiun-ta, pur mantenendosi la tecnica poliedrica, è costituita di massi di proporzioni maggiori edi lavoro più trasandato di quelli della torre antica A. Nel terreno intorno si osservanoavanzi di stoviglie nuragiche e di età romana.Bibliografia: A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 111; Angius, in Casalis, Dizionario, VIII, 1841, p.304; Spano, Memoria, 1867, p. 25 (Santa Surìa); A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XXV, 1918, col. 21;E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 120; L. Congiu, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 225 della Cartad’Italia, IV, SE-NE, Università di Cagliari, a.a. 1946-47, p. 197 ss., tav. IV, 22; G. Lilliu, St.S., VIII,1948, p. 415; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 111.

Figura 7, 5: nuraghe NODDÙLE-Nùoro (Nùoro); cartina B, 22.In regione Su Linnàmine, su d’una collina coperta e seminascosta da antichi lecci.Nuraghe trilobato ad addizione di elementi frontali (D) e laterali (B, C) ad una torreantica (A), con cortile (E) che raccorda gli spazi contenuti nelle tre torri. L’insiememisura m 17,80 sulla linea A-E-D x m 23 sulla linea B-C.La torre primitiva A, circolare, del diametro di m 7,90 allo svettamento, mostra l’in-gresso a Sud di m 1,10 di larghezza. L’andito retrostante, di m 3 di lunghezza x 1,20d’altezza visibile sul colmaticcio, riceve, sulla destra di chi entra, l’apertura della garet-ta, di piano angolare, larga m 1,03 profonda 1,40 e alta 0,64 sopra il deposito. Dellacamera si disegnano in alto tratti della parete di cui si può calcolare il diametro di m 3circa. La torre all’esterno si conserva per l’altezza massima di m 4,30 su 9 file (a Nord-est). Nell’andito, a sezione angolare, si osservano 6 file per parte nei muri delle fianca-te. Il corpo aggiunto presenta l’ingresso a Sudest, nella cortina fra D e C, lunga appe-na m 3,40; non è rilevabile, ma supposto, come supposti sono i corridoi trasversali diraccordo dell’andito principale alle camere delle torri D e C. Di quest’ultime torri, D,a Sud della primitiva, ha diametro di m 7 circa con muratura di m 2,40 di spessore econtiene una camera (ricolma di crollo) di m 2,60 di diametro al taglio superiore; C,del diametro esterno di m 10, include la camera di m 4 circa di diametro in evidenza.Più interessante è la torre B, soprattutto per l’articolazione del vano interno a tre nic-chie, solita nelle torri antiche, eccezionale invece in quelle aggiunte. La torre circolare,del diametro di m 10, volge, con l’ingresso di m 0,46 di larghezza x 1,10 di lunghezzax 0,91 d’altezza evidente, verso il cortile E. Nel contorno della camera, di m 3,75 didiametro, si dispongono a incrocio stellare le tre nicchie di piano semiellittico: quellaa sinistra di m 0,47 di larghezza x 1,64 di profondità x 0,94 d’altezza apparente, quel-la in fondo (o al centro) di m 0,61 x 1,10 x 0,24 e quella a destra di m 0,36 x 1,40 x0,56. La sezione della camera è ogivale, trapezoidale il taglio dell’andito e delle nic-chie. Il cortile E, di forma semilunare, misura m 6 circa x 2,60 di larghezza sull’assedell’ingresso di A. Nonostante l’aggetto delle pareti, era scoperto. Altezze massime re-sidue delle torri: m 3,62 su 16 file di piccole pietre la B, m 4,50 su 12 file la D, m 3su 9 file la C; altezze massime residue delle cortine m 3,20 su 8 file (fra B e D) e m3,60 su 8 (fra D e C). L’opera muraria è di tipo poliedrico con pietre di granito di for-ma tondeggiante o irregolarmente quadrangolare con numerose zeppe. Nella torre B iblocchi sono piuttosto piccoli: m 0,48 x 0,53 x 0,37; 0,53 x 0,55 x 0,24; 0,20 x 0,49

torretta B, di cui si è ricostruito l’ingresso (non visibile) a Nordovest, si misura il dia-metro esterno in m 6 e quello interno in 2; si conserva il solo filare di base apparentesul colmaticcio, dentro e fuori. Il cortiletto a mezzaluna, della superficie di 30 mq, ri-ceve le aperture di A e B e mostra un proprio ingresso dalla campagna, a Sud, in posi-zione disassiale rispetto alla porta di A, per ragioni di difesa. L’ingresso di C è spostatotutto a sinistra (per chi guarda) dello sviluppo curvilineo della cortina del recinto,spessa m 2,40, ed è fiancheggiato e protetto dalla torretta aggiunta B presso a cui siapre. Da notare che, superato l’ingresso di m 1 di larghezza x 2 di lunghezza, un an-golo ricavato fra il paramento di B e il braccio breve della cortina del recinto, acco-glieva la sentinella. Ad Ovest di A e C (non disegnato in questa figura), si osservano iresti d’un altro cortile racchiuso, tranne che per un largo spazio mancante ad occiden-te, da due rami di muro rettilinei (a Nord e a Sud) che ripiegano ad angolo per for-mare il lato frontale esposto ad Ovest. Lo spazio di risulta si calcola in mq 70. Si puòimmaginare che il recinto, irregolarmente quadrangolare, servisse per accogliervi il be-stiame (spessore murario m 2). Nel terreno intorno al nuraghe, molto fertile e inten-samente coltivato, si raccolgono pezzi di ossidiana e avanzi di cocci di impasto nuragi-co; inoltre frammenti di stoviglie di età romana.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, X, 1842, p. 418 (Murdeghu); A. Taramelli, Mon. ant. Lincei,XXV, 1918, col. 26; E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 135; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 90; C.Puxeddu, Saggio cit., 1954-55, p. 82 ss., tav. VIII, n. 15; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 52, fig. 15, 1.

Figura 7, 4: nuraghe SANTA SOFÌA-Gùspini (Cagliari); cartina B, 96.A m 47 di quota su d’un leggero rialzo del terreno di natura marnosa, presso il riu omo-nimo. Nuraghe complesso, costituito da una torre primitiva (A) con addizione lateraletangenziale fondale e laterale di due torri (B, C), ciascuna preceduta e protetta da cortile(D, E). L’insieme misura m 28 sulla linea B-E (Nordovest-Sudest) x 24,50 sulla linea D-A(Sudovest-nordest). La torre antica A, circolare, del diametro di m 10,90 con spessoremurario di m 3,50, mostra l’ingresso a Sudest, in parte ostruito (altezza sul colmaticciom 0,65, larghezza 1,20) sormontato da pietra di architrave di m 2,60 x 0,95 x 0,20.Dietro l’andito, di m 3,40 di lunghezza x 1,20 di larghezza, senza vani sussidiari, appa-renti, sta la camera centrica, rotonda, del diametro di m 4 circa, anch’essa a profilo sem-plice, non articolata, per quanto vedesi, in altri spazi. La torre si conserva all’esterno perl’altezza massima di m 8,90 su 5 file, con pietre trachitiche di m 0,50 x 0,73 x 0,74;0,40 x 0,65 x 0,55; 0,37 x 0,35 x 0,50. La camera mostra la parete elevata per m 3,30su 9 file con blocchi più piccoli di m 0,30 x 0,46 x 0,87; 0,32 x 0,35 x 0,60; 0,30 x0,75 x 0,68. L’opera muraria è di tipo poliedrico, con uso di zeppe fra i larghi spazi.Della torre aggiunta B, del diametro esterno di m 8/9 con spessore murario di 3 e conaltezza residua di 3,60 su 9 file, si scorgono i segni della camera (diametro m 4) mentreè ipotetico l’andito a Sud (tratteggiato) su D. Si hanno blocchi di m 0,70 x 0,60 x 1,20;0,55 x 0,60 x 1,00; 0,60 x 0,50 x 0,95. Ipotetico è pure il cortile D, di cui si scorge sol-tanto un tratto di muro a Ovest, spesso m 1,57, alto 2,40, con blocchi di m 0,65 x 0,80x 0,70; 0,53 x 0,78 x 0,80; 0,60 x 0,65 x 1,05. Avanzi del paramento esterno a Nord-nordovest ed Est permettono di ricostruire il diametro esterno della torretta C, di dia-metro di m 9 circa con m 1,50 di spessore di muro, con massi di m 0,80 x 0,45 x 1,10;0,90 x 0,63 x 1,25. Soltanto immaginario l’ingresso tratteggiato a Sud verso il cortile E

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anche questo ipotetico vedendosi solo tratti nell’arco da Ovest a Sudest, con spessore di mu-ro di m 1,30 e paramento di m 1,60, di altezza residua con pietre di m 1,10 x 0,70 x 0,75;0,70 x 0,90 x 0,80; 0,65 x 0,40 x 1,00. Da notare che l’opera muraria della parte aggiun-ta, pur mantenendosi la tecnica poliedrica, è costituita di massi di proporzioni maggiori edi lavoro più trasandato di quelli della torre antica A. Nel terreno intorno si osservanoavanzi di stoviglie nuragiche e di età romana.Bibliografia: A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 111; Angius, in Casalis, Dizionario, VIII, 1841, p.304; Spano, Memoria, 1867, p. 25 (Santa Surìa); A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XXV, 1918, col. 21;E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 120; L. Congiu, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 225 della Cartad’Italia, IV, SE-NE, Università di Cagliari, a.a. 1946-47, p. 197 ss., tav. IV, 22; G. Lilliu, St.S., VIII,1948, p. 415; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 111.

Figura 7, 5: nuraghe NODDÙLE-Nùoro (Nùoro); cartina B, 22.In regione Su Linnàmine, su d’una collina coperta e seminascosta da antichi lecci.Nuraghe trilobato ad addizione di elementi frontali (D) e laterali (B, C) ad una torreantica (A), con cortile (E) che raccorda gli spazi contenuti nelle tre torri. L’insiememisura m 17,80 sulla linea A-E-D x m 23 sulla linea B-C.La torre primitiva A, circolare, del diametro di m 7,90 allo svettamento, mostra l’in-gresso a Sud di m 1,10 di larghezza. L’andito retrostante, di m 3 di lunghezza x 1,20d’altezza visibile sul colmaticcio, riceve, sulla destra di chi entra, l’apertura della garet-ta, di piano angolare, larga m 1,03 profonda 1,40 e alta 0,64 sopra il deposito. Dellacamera si disegnano in alto tratti della parete di cui si può calcolare il diametro di m 3circa. La torre all’esterno si conserva per l’altezza massima di m 4,30 su 9 file (a Nord-est). Nell’andito, a sezione angolare, si osservano 6 file per parte nei muri delle fianca-te. Il corpo aggiunto presenta l’ingresso a Sudest, nella cortina fra D e C, lunga appe-na m 3,40; non è rilevabile, ma supposto, come supposti sono i corridoi trasversali diraccordo dell’andito principale alle camere delle torri D e C. Di quest’ultime torri, D,a Sud della primitiva, ha diametro di m 7 circa con muratura di m 2,40 di spessore econtiene una camera (ricolma di crollo) di m 2,60 di diametro al taglio superiore; C,del diametro esterno di m 10, include la camera di m 4 circa di diametro in evidenza.Più interessante è la torre B, soprattutto per l’articolazione del vano interno a tre nic-chie, solita nelle torri antiche, eccezionale invece in quelle aggiunte. La torre circolare,del diametro di m 10, volge, con l’ingresso di m 0,46 di larghezza x 1,10 di lunghezzax 0,91 d’altezza evidente, verso il cortile E. Nel contorno della camera, di m 3,75 didiametro, si dispongono a incrocio stellare le tre nicchie di piano semiellittico: quellaa sinistra di m 0,47 di larghezza x 1,64 di profondità x 0,94 d’altezza apparente, quel-la in fondo (o al centro) di m 0,61 x 1,10 x 0,24 e quella a destra di m 0,36 x 1,40 x0,56. La sezione della camera è ogivale, trapezoidale il taglio dell’andito e delle nic-chie. Il cortile E, di forma semilunare, misura m 6 circa x 2,60 di larghezza sull’assedell’ingresso di A. Nonostante l’aggetto delle pareti, era scoperto. Altezze massime re-sidue delle torri: m 3,62 su 16 file di piccole pietre la B, m 4,50 su 12 file la D, m 3su 9 file la C; altezze massime residue delle cortine m 3,20 su 8 file (fra B e D) e m3,60 su 8 (fra D e C). L’opera muraria è di tipo poliedrico con pietre di granito di for-ma tondeggiante o irregolarmente quadrangolare con numerose zeppe. Nella torre B iblocchi sono piuttosto piccoli: m 0,48 x 0,53 x 0,37; 0,53 x 0,55 x 0,24; 0,20 x 0,49

torretta B, di cui si è ricostruito l’ingresso (non visibile) a Nordovest, si misura il dia-metro esterno in m 6 e quello interno in 2; si conserva il solo filare di base apparentesul colmaticcio, dentro e fuori. Il cortiletto a mezzaluna, della superficie di 30 mq, ri-ceve le aperture di A e B e mostra un proprio ingresso dalla campagna, a Sud, in posi-zione disassiale rispetto alla porta di A, per ragioni di difesa. L’ingresso di C è spostatotutto a sinistra (per chi guarda) dello sviluppo curvilineo della cortina del recinto,spessa m 2,40, ed è fiancheggiato e protetto dalla torretta aggiunta B presso a cui siapre. Da notare che, superato l’ingresso di m 1 di larghezza x 2 di lunghezza, un an-golo ricavato fra il paramento di B e il braccio breve della cortina del recinto, acco-glieva la sentinella. Ad Ovest di A e C (non disegnato in questa figura), si osservano iresti d’un altro cortile racchiuso, tranne che per un largo spazio mancante ad occiden-te, da due rami di muro rettilinei (a Nord e a Sud) che ripiegano ad angolo per for-mare il lato frontale esposto ad Ovest. Lo spazio di risulta si calcola in mq 70. Si puòimmaginare che il recinto, irregolarmente quadrangolare, servisse per accogliervi il be-stiame (spessore murario m 2). Nel terreno intorno al nuraghe, molto fertile e inten-samente coltivato, si raccolgono pezzi di ossidiana e avanzi di cocci di impasto nuragi-co; inoltre frammenti di stoviglie di età romana.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, X, 1842, p. 418 (Murdeghu); A. Taramelli, Mon. ant. Lincei,XXV, 1918, col. 26; E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 135; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 90; C.Puxeddu, Saggio cit., 1954-55, p. 82 ss., tav. VIII, n. 15; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 52, fig. 15, 1.

Figura 7, 4: nuraghe SANTA SOFÌA-Gùspini (Cagliari); cartina B, 96.A m 47 di quota su d’un leggero rialzo del terreno di natura marnosa, presso il riu omo-nimo. Nuraghe complesso, costituito da una torre primitiva (A) con addizione lateraletangenziale fondale e laterale di due torri (B, C), ciascuna preceduta e protetta da cortile(D, E). L’insieme misura m 28 sulla linea B-E (Nordovest-Sudest) x 24,50 sulla linea D-A(Sudovest-nordest). La torre antica A, circolare, del diametro di m 10,90 con spessoremurario di m 3,50, mostra l’ingresso a Sudest, in parte ostruito (altezza sul colmaticciom 0,65, larghezza 1,20) sormontato da pietra di architrave di m 2,60 x 0,95 x 0,20.Dietro l’andito, di m 3,40 di lunghezza x 1,20 di larghezza, senza vani sussidiari, appa-renti, sta la camera centrica, rotonda, del diametro di m 4 circa, anch’essa a profilo sem-plice, non articolata, per quanto vedesi, in altri spazi. La torre si conserva all’esterno perl’altezza massima di m 8,90 su 5 file, con pietre trachitiche di m 0,50 x 0,73 x 0,74;0,40 x 0,65 x 0,55; 0,37 x 0,35 x 0,50. La camera mostra la parete elevata per m 3,30su 9 file con blocchi più piccoli di m 0,30 x 0,46 x 0,87; 0,32 x 0,35 x 0,60; 0,30 x0,75 x 0,68. L’opera muraria è di tipo poliedrico, con uso di zeppe fra i larghi spazi.Della torre aggiunta B, del diametro esterno di m 8/9 con spessore murario di 3 e conaltezza residua di 3,60 su 9 file, si scorgono i segni della camera (diametro m 4) mentreè ipotetico l’andito a Sud (tratteggiato) su D. Si hanno blocchi di m 0,70 x 0,60 x 1,20;0,55 x 0,60 x 1,00; 0,60 x 0,50 x 0,95. Ipotetico è pure il cortile D, di cui si scorge sol-tanto un tratto di muro a Ovest, spesso m 1,57, alto 2,40, con blocchi di m 0,65 x 0,80x 0,70; 0,53 x 0,78 x 0,80; 0,60 x 0,65 x 1,05. Avanzi del paramento esterno a Nord-nordovest ed Est permettono di ricostruire il diametro esterno della torretta C, di dia-metro di m 9 circa con m 1,50 di spessore di muro, con massi di m 0,80 x 0,45 x 1,10;0,90 x 0,63 x 1,25. Soltanto immaginario l’ingresso tratteggiato a Sud verso il cortile E

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Fig. 8: planimetrie di nuraghi trilobati1. Longu-Cùglieri; 2. Pranu Nuracci-Siris; 3. Nuraddèo-Suni; 4. Losa-Abbasan-ta; 5. Lughèrras-Paulilàtino; 6. Santu Antìne-Torralba.

Figura 8, 1: nuraghe LONGU-Cùglieri (Nùoro); v. anche figura 4, 8; cartina B, 53.Sta in vetta a una lingua rocciosa stretta fra i torrenti di Pulighedda e Salighes, ben di-feso naturalmente, con larga vista da ogni parte. Il nuraghe è del tipo trilobato, contorre primitiva (A) circondata da un corpo aggiunto con tre torri marginali (B, C, D)unite da segmenti curvilinei; dietro la cortina frontale un cortile (E). La torre antica,del diametro esterno di m 12, ha l’ingresso volto a Sud, sormontato da architrave benlavorato, con spiraglio di scarico. Il lungo andito d’ingresso, a strombature opposte,circa a metà mostra la nicchia di guardia, a destra, con profilo concentrico al contornoesterno, e la scala a sinistra, larga m 1,10 alla base. Sfocia nella camera, eccentrica, ro-tonda (diametro m 4), con tre cellette, due sul fondo, simmetriche, e la terza sul lato de-stro, prossima allo sfocio dell’andito: sono tutte di pianta ellittica (larghezza m 1/0,80,profondità 1,80/1), la laterale incurvata verso la garetta di guardia. La torre si conservaesternamente per m 6,60 (a Nordest), e mostra il profilo poco inclinato. La camerachiude la tholos a 6 metri d’altezza, con sezione ogivale proporzionata; le tre cellette in-vece, alte m 2 circa, a sezione trapezia, hanno il soffitto a piattabanda. Sul principio deltrilite è pure tenuta la sezione dell’andito (altezza m 2) e dei vani in esso contenuti, ecioè della garetta e della scala, di m 3 d’altezza, a ogiva tronca in alto (fig. 4, 8). L’andi-to presenta una doppia porta, verso l’esterno la prima e, la seconda, più protetta, verso

x 0,30. A Nordnordovest del nuraghe, in uno spazio sottostante, si nota traccia d’un mu-ro rettocurvilineo di difesa, lungo m 20 circa e spesso 2,67. A ridosso delle torri A e B, aNordovest, residuano avanzi di tre ambienti rettangolari, i cui muri sono costrutti conpietre di riuso tolte dal nuraghe; sono di età romana. Nell’interno della torre B si sonoraccolti residui di stoviglie grigiastre d’impasto nuragico, fatte in luogo. Più distante, adOvest del nuraghe, affiorano i basamenti di capanne e recinti di pianta retto-curvilinea,di blocchi granitici, da riferirsi ad un abitato di età nuragica continuatosi in epoca roma-na. Fa parte del villaggio anche una fonte costruita ad arte di elegantissima fattura.Bibliografia: G.G. Dàvoli, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 194 della Carta d’Italia, II, Universi-tà di Cagliari, a.a. 1949-50, p. 30 ss., tav. II, 5; G. Lilliu, St.S., X-XI, 1952, p. 95; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 157, 191, 196, 203, 210.

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Fig. 8: planimetrie di nuraghi trilobati1. Longu-Cùglieri; 2. Pranu Nuracci-Siris; 3. Nuraddèo-Suni; 4. Losa-Abbasan-ta; 5. Lughèrras-Paulilàtino; 6. Santu Antìne-Torralba.

Figura 8, 1: nuraghe LONGU-Cùglieri (Nùoro); v. anche figura 4, 8; cartina B, 53.Sta in vetta a una lingua rocciosa stretta fra i torrenti di Pulighedda e Salighes, ben di-feso naturalmente, con larga vista da ogni parte. Il nuraghe è del tipo trilobato, contorre primitiva (A) circondata da un corpo aggiunto con tre torri marginali (B, C, D)unite da segmenti curvilinei; dietro la cortina frontale un cortile (E). La torre antica,del diametro esterno di m 12, ha l’ingresso volto a Sud, sormontato da architrave benlavorato, con spiraglio di scarico. Il lungo andito d’ingresso, a strombature opposte,circa a metà mostra la nicchia di guardia, a destra, con profilo concentrico al contornoesterno, e la scala a sinistra, larga m 1,10 alla base. Sfocia nella camera, eccentrica, ro-tonda (diametro m 4), con tre cellette, due sul fondo, simmetriche, e la terza sul lato de-stro, prossima allo sfocio dell’andito: sono tutte di pianta ellittica (larghezza m 1/0,80,profondità 1,80/1), la laterale incurvata verso la garetta di guardia. La torre si conservaesternamente per m 6,60 (a Nordest), e mostra il profilo poco inclinato. La camerachiude la tholos a 6 metri d’altezza, con sezione ogivale proporzionata; le tre cellette in-vece, alte m 2 circa, a sezione trapezia, hanno il soffitto a piattabanda. Sul principio deltrilite è pure tenuta la sezione dell’andito (altezza m 2) e dei vani in esso contenuti, ecioè della garetta e della scala, di m 3 d’altezza, a ogiva tronca in alto (fig. 4, 8). L’andi-to presenta una doppia porta, verso l’esterno la prima e, la seconda, più protetta, verso

x 0,30. A Nordnordovest del nuraghe, in uno spazio sottostante, si nota traccia d’un mu-ro rettocurvilineo di difesa, lungo m 20 circa e spesso 2,67. A ridosso delle torri A e B, aNordovest, residuano avanzi di tre ambienti rettangolari, i cui muri sono costrutti conpietre di riuso tolte dal nuraghe; sono di età romana. Nell’interno della torre B si sonoraccolti residui di stoviglie grigiastre d’impasto nuragico, fatte in luogo. Più distante, adOvest del nuraghe, affiorano i basamenti di capanne e recinti di pianta retto-curvilinea,di blocchi granitici, da riferirsi ad un abitato di età nuragica continuatosi in epoca roma-na. Fa parte del villaggio anche una fonte costruita ad arte di elegantissima fattura.Bibliografia: G.G. Dàvoli, Saggio di Catalogo archeologico sul Foglio 194 della Carta d’Italia, II, Universi-tà di Cagliari, a.a. 1949-50, p. 30 ss., tav. II, 5; G. Lilliu, St.S., X-XI, 1952, p. 95; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 157, 191, 196, 203, 210.

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Di quest’ultime invece si misurano i diametri esterni di 6/7 metri. Nella terza torre(diametro m 6,40), all’estremo opposto della facciata che è lunga m 16, si disegnaparte del perimetro della camera per un diametro di m 3,80/3,60. Nel giro del muroa Nordnordovest, spesso m 2 circa, deve supporsi un’uscita all’esterno o posterula, in-dipendente, in quanto la torre D, per la mancanza del cortile e anche per la sua di-stanza da B e C (m 14 sulla cortina da B, m 15 sulla cortina da C), non comunica perlinee interne col resto dei vani del nuraghe. Il corpo aggiunto si conserva per l’altezzamassima di m 5,20 su 10 file nella cortina frontale; le cortine restanti e le torri margi-nali hanno elevazioni residue minori, da m 2,80 a 1,20. L’opera muraria non si distin-gue da quella della torre antica. Sono usati blocchi di basalto di mc 0,601 e di t 1,803in media. Nel terreno circostante al nuraghe si osservano elementi di ossidiana (scheg-ge, coltellini, punte di freccia etc.) e resti di stoviglie d’impasto, di età nuragica.Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 178 (Planu Nuraxi); C. Puxeddu, Saggio cit., 1954-55, p.210 ss., tav. XVIII, 41.

Figura 8, 3: nuraghe NURADDÈO-Suni (Nùoro); v. anche figura 1, 7 e tav. XXVI;cartina B, 24.A quota di m 340, nel mezzo del piano di Pedra Senta, già coperto di fitta foresta, inzona di pascoli ricchi di caccia. Forse era il centro d’un gruppo di altri nuraghi, di cui ilpiù vicino è il Nuragassi, a Nordest. È un nuraghe di tipo trilobato, con mastio (A) cir-condato da tre torri (B, C, D) unite da due cortine rettilinee (fra C-D e D-B) e da unfronte curvilineo (fra B e C), dove si apre l’ingresso dall’esterno; stretto fra il mastio e ledue torri marginali di facciata (B-C) sta il cortile E. La torre antica A (tav. XXVI, 1-4),grosso modo in posizione centrica rispetto al complesso, è di pianta circolare, della cir-conferenza di m 29 misurata circa all’altezza del primo piano, ridotta a m 6 di diame-tro al taglio superiore di svettamento. Mostra l’ingresso a Sudovest, visibile per soli m0,40 di altezza x 0,60 di larghezza, sormontato da architrave (m 0,65 x 0,95) con fine-strino di scarico. Dietro la porta d’ingresso, l’andito, strombato verso la camera (lar-ghezza m 0,60/1,40), lungo m 3, non presenta vani; non si esclude, però, la presenzad’una garetta sulla destra, non visibile a causa dell’interrimento. In vani, ma pochi esemplici, si articola invece la camera eccentrica, rotonda, di m 4,50 di diametro: parti-colarmente in una nicchia semiellittica a sinistra di chi entra (m 0,90 di larghezza x 1di profondità x 1,50 di altezza visibile), e, a destra, nella scala la cui apertura, sopraele-vata di m 2,50, mette, per il vano a spirale girante da sinistra a destra, al piano superio-re. A questo piano, a circa m 6,30 d’altezza sul detrito di crollo, si accede ora dal fine-strone, volto a Sud, di m 1 x 0,60 di luce, con architrave di m 0,75 x 1,30 x 0,35,sovrastato da spioncino di scarico (tav. XXVI, 3-4). La tholos del piano rialzato, ton-deggiante, di m 2,60 di diametro, mostra sulla parete destra entrando, alta m 1,50 sulpavimento, l’apertura (m 1,05 x 0,50, con architrave di m 0,80 x 0,45 x 0,25) del se-condo tronco di scala, ripido, che, dopo 3 metri di percorso elicoidale con 10 gradini,sfocia in alto all’aperto. Le sezioni dell’andito inferiore (altezza m 1,60/3,40), di quellosuperiore dietro il finestrone (altezza m 1/3), della scala, sono angolari; i tagli delle cu-pole del pianterreno (altezza m 6,30) e del piano alto (altezza m 4,50) sono ogivali; tra-pezoidali le luci d’imbocco delle scale e della porta d’ingresso e del finestrone. Il mastiomisura all’esterno circa m 12 d’altezza residua su 27 filari in evidenza, costituiti di

la camera; entrambe le porte sono sormontate da architravi con spiraglio che serve dascarico e da lucernario insieme (altezza delle porte circa m 2). Sia all’esterno sia all’in-terno della torre, il paramento di pietre basaltiche è di buona lavorazione, con filariben ordinati a blocchi subquadrati. Grandi e medie sono le dimensioni delle pietreesterne, medie e piccole nei vani interni dove le pietre sono legate con malta di fango escaglie. Delle tre torrette marginali (B, C, D) solo quella a Sudest (C) si osserva per l’in-tero perimetro (diametro m 7) con altezza esterna di m 3 circa. Della torretta D è in vi-sta un breve tratto di muratura nell’incontro con la cortina che la unisce a C; di rico-struzione è la torretta B, segnata dal tondeggiar delle rovine. Il cortile E, di m 6 x 3,lascia vedere l’ingresso esterno a Sudsudovest, spostato verso l’angolo con B, e quello,sulla destra, alla camera della torre C (diametro m 2), raggiungibile con un andito lun-go 2 metri. Un andito opposto doveva far comunicare il cortile con B, mentre la tor-retta di Nord (D) aveva forse un ingresso indipendente o posterula. A Sud del nuraghe,più in basso, sono resti d’un bastione megalitico che sosteneva il primo urto dell’assali-tore. Ad Est, Nord ed Ovest nella breve spianata si disegnano avanzi di muratura e cu-muli di pietra che indicano capanne di età nuragica.Bibliografia: E.E.M. (provincia di Cagliari), p. 102; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p.171, n. 10; P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 230 ss., tav. n. 35; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 128, 157.

Figura 8, 2: nuraghe PRANU NURACCI-Siris (Cagliari); cartina B, 77.Detto anche Domu de s’Orku, a m 440 di quota, sul versante Sudovest del M. Arci,in magnifica pittoresca posizione di dominio sulla Marmilla, il Part’e Monti, l’Ar-cuentu ed il mare d’Oristano, lontano all’orizzonte. È un nuraghe del tipo trilobato acortine rettilinee. Consta di una torre primitiva (A), rinfiancata e contenuta da un ba-stione triangolare con torri aggiunte ai tre apici di Nordovest, Est e Sudovest (D, C, B)e con ingresso dalla campagna nella cortina frontale a Sudsudest. L’insieme misura m22,60 sulla linea D-A x 30,40 fra gli estremi delle torrette B-C. La torre antica circola-re, del diametro di m 9,40 (allo svettamento), presenta l’ingresso a Sudsudest, largo m1, in parte ostruito. Dall’andito retrostante, di m 2,20 di lunghezza, privo almeno al-l’apparenza di spazi sussidiari, si penetra nella camera, di pianta ellittica, di m 5 x 3.Nella camera si aprono tre nicchioni in croce: uno sul fondo e gli altri ai lati, il primodi m 1,30/1 (in alto) di larghezza x 1,20 di profondità x 2,20 di altezza, i restanti dim 0,90 x 1,50 (il destro) e 1,80/1,50 (in alto) x 1,60 x 1,95 (il sinistro); i nicchionisono a sezione trapezoidale, la camera, crollata superiormente, presenta volta ogivale.Non si esclude che dentro la camera esista la scala sopraelevata, se non è sepolta sottole rovine dell’andito. La scala è supposta e pretesa dall’esistenza certa di un piano su-periore, e dalla somiglianza con tipi simili di torri a camera con vani sussidiari. La tor-re si misura per l’altezza residua esterna di m 2,40 su 5 file; la camera ha un’altezza dipareti sul colmaticcio di m 4,20 su 17 file. L’opera muraria di basalto consta di pietredi taglio subquadrato disposte in file regolari orizzontali. Il corpo triangolare aggiunto(B, C, D) ha l’ingresso a Sudsudest sulla stessa linea di quello di A, aperto al centrodella cortina frontale (fra B e C), di m 1 di larghezza. Alla mezzeria del corridoio re-trostante, ai due lati, bisogna immaginare le aperture di corridoi trasversali, parallelialla cortina di prospetto, i quali mettono alle camere delle torri B e C, uno per parte.Tali corridoi non sono visibili né rilevabili, del pari che le camere contenute nelle torri.

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Di quest’ultime invece si misurano i diametri esterni di 6/7 metri. Nella terza torre(diametro m 6,40), all’estremo opposto della facciata che è lunga m 16, si disegnaparte del perimetro della camera per un diametro di m 3,80/3,60. Nel giro del muroa Nordnordovest, spesso m 2 circa, deve supporsi un’uscita all’esterno o posterula, in-dipendente, in quanto la torre D, per la mancanza del cortile e anche per la sua di-stanza da B e C (m 14 sulla cortina da B, m 15 sulla cortina da C), non comunica perlinee interne col resto dei vani del nuraghe. Il corpo aggiunto si conserva per l’altezzamassima di m 5,20 su 10 file nella cortina frontale; le cortine restanti e le torri margi-nali hanno elevazioni residue minori, da m 2,80 a 1,20. L’opera muraria non si distin-gue da quella della torre antica. Sono usati blocchi di basalto di mc 0,601 e di t 1,803in media. Nel terreno circostante al nuraghe si osservano elementi di ossidiana (scheg-ge, coltellini, punte di freccia etc.) e resti di stoviglie d’impasto, di età nuragica.Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 178 (Planu Nuraxi); C. Puxeddu, Saggio cit., 1954-55, p.210 ss., tav. XVIII, 41.

Figura 8, 3: nuraghe NURADDÈO-Suni (Nùoro); v. anche figura 1, 7 e tav. XXVI;cartina B, 24.A quota di m 340, nel mezzo del piano di Pedra Senta, già coperto di fitta foresta, inzona di pascoli ricchi di caccia. Forse era il centro d’un gruppo di altri nuraghi, di cui ilpiù vicino è il Nuragassi, a Nordest. È un nuraghe di tipo trilobato, con mastio (A) cir-condato da tre torri (B, C, D) unite da due cortine rettilinee (fra C-D e D-B) e da unfronte curvilineo (fra B e C), dove si apre l’ingresso dall’esterno; stretto fra il mastio e ledue torri marginali di facciata (B-C) sta il cortile E. La torre antica A (tav. XXVI, 1-4),grosso modo in posizione centrica rispetto al complesso, è di pianta circolare, della cir-conferenza di m 29 misurata circa all’altezza del primo piano, ridotta a m 6 di diame-tro al taglio superiore di svettamento. Mostra l’ingresso a Sudovest, visibile per soli m0,40 di altezza x 0,60 di larghezza, sormontato da architrave (m 0,65 x 0,95) con fine-strino di scarico. Dietro la porta d’ingresso, l’andito, strombato verso la camera (lar-ghezza m 0,60/1,40), lungo m 3, non presenta vani; non si esclude, però, la presenzad’una garetta sulla destra, non visibile a causa dell’interrimento. In vani, ma pochi esemplici, si articola invece la camera eccentrica, rotonda, di m 4,50 di diametro: parti-colarmente in una nicchia semiellittica a sinistra di chi entra (m 0,90 di larghezza x 1di profondità x 1,50 di altezza visibile), e, a destra, nella scala la cui apertura, sopraele-vata di m 2,50, mette, per il vano a spirale girante da sinistra a destra, al piano superio-re. A questo piano, a circa m 6,30 d’altezza sul detrito di crollo, si accede ora dal fine-strone, volto a Sud, di m 1 x 0,60 di luce, con architrave di m 0,75 x 1,30 x 0,35,sovrastato da spioncino di scarico (tav. XXVI, 3-4). La tholos del piano rialzato, ton-deggiante, di m 2,60 di diametro, mostra sulla parete destra entrando, alta m 1,50 sulpavimento, l’apertura (m 1,05 x 0,50, con architrave di m 0,80 x 0,45 x 0,25) del se-condo tronco di scala, ripido, che, dopo 3 metri di percorso elicoidale con 10 gradini,sfocia in alto all’aperto. Le sezioni dell’andito inferiore (altezza m 1,60/3,40), di quellosuperiore dietro il finestrone (altezza m 1/3), della scala, sono angolari; i tagli delle cu-pole del pianterreno (altezza m 6,30) e del piano alto (altezza m 4,50) sono ogivali; tra-pezoidali le luci d’imbocco delle scale e della porta d’ingresso e del finestrone. Il mastiomisura all’esterno circa m 12 d’altezza residua su 27 filari in evidenza, costituiti di

la camera; entrambe le porte sono sormontate da architravi con spiraglio che serve dascarico e da lucernario insieme (altezza delle porte circa m 2). Sia all’esterno sia all’in-terno della torre, il paramento di pietre basaltiche è di buona lavorazione, con filariben ordinati a blocchi subquadrati. Grandi e medie sono le dimensioni delle pietreesterne, medie e piccole nei vani interni dove le pietre sono legate con malta di fango escaglie. Delle tre torrette marginali (B, C, D) solo quella a Sudest (C) si osserva per l’in-tero perimetro (diametro m 7) con altezza esterna di m 3 circa. Della torretta D è in vi-sta un breve tratto di muratura nell’incontro con la cortina che la unisce a C; di rico-struzione è la torretta B, segnata dal tondeggiar delle rovine. Il cortile E, di m 6 x 3,lascia vedere l’ingresso esterno a Sudsudovest, spostato verso l’angolo con B, e quello,sulla destra, alla camera della torre C (diametro m 2), raggiungibile con un andito lun-go 2 metri. Un andito opposto doveva far comunicare il cortile con B, mentre la tor-retta di Nord (D) aveva forse un ingresso indipendente o posterula. A Sud del nuraghe,più in basso, sono resti d’un bastione megalitico che sosteneva il primo urto dell’assali-tore. Ad Est, Nord ed Ovest nella breve spianata si disegnano avanzi di muratura e cu-muli di pietra che indicano capanne di età nuragica.Bibliografia: E.E.M. (provincia di Cagliari), p. 102; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p.171, n. 10; P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 230 ss., tav. n. 35; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 128, 157.

Figura 8, 2: nuraghe PRANU NURACCI-Siris (Cagliari); cartina B, 77.Detto anche Domu de s’Orku, a m 440 di quota, sul versante Sudovest del M. Arci,in magnifica pittoresca posizione di dominio sulla Marmilla, il Part’e Monti, l’Ar-cuentu ed il mare d’Oristano, lontano all’orizzonte. È un nuraghe del tipo trilobato acortine rettilinee. Consta di una torre primitiva (A), rinfiancata e contenuta da un ba-stione triangolare con torri aggiunte ai tre apici di Nordovest, Est e Sudovest (D, C, B)e con ingresso dalla campagna nella cortina frontale a Sudsudest. L’insieme misura m22,60 sulla linea D-A x 30,40 fra gli estremi delle torrette B-C. La torre antica circola-re, del diametro di m 9,40 (allo svettamento), presenta l’ingresso a Sudsudest, largo m1, in parte ostruito. Dall’andito retrostante, di m 2,20 di lunghezza, privo almeno al-l’apparenza di spazi sussidiari, si penetra nella camera, di pianta ellittica, di m 5 x 3.Nella camera si aprono tre nicchioni in croce: uno sul fondo e gli altri ai lati, il primodi m 1,30/1 (in alto) di larghezza x 1,20 di profondità x 2,20 di altezza, i restanti dim 0,90 x 1,50 (il destro) e 1,80/1,50 (in alto) x 1,60 x 1,95 (il sinistro); i nicchionisono a sezione trapezoidale, la camera, crollata superiormente, presenta volta ogivale.Non si esclude che dentro la camera esista la scala sopraelevata, se non è sepolta sottole rovine dell’andito. La scala è supposta e pretesa dall’esistenza certa di un piano su-periore, e dalla somiglianza con tipi simili di torri a camera con vani sussidiari. La tor-re si misura per l’altezza residua esterna di m 2,40 su 5 file; la camera ha un’altezza dipareti sul colmaticcio di m 4,20 su 17 file. L’opera muraria di basalto consta di pietredi taglio subquadrato disposte in file regolari orizzontali. Il corpo triangolare aggiunto(B, C, D) ha l’ingresso a Sudsudest sulla stessa linea di quello di A, aperto al centrodella cortina frontale (fra B e C), di m 1 di larghezza. Alla mezzeria del corridoio re-trostante, ai due lati, bisogna immaginare le aperture di corridoi trasversali, parallelialla cortina di prospetto, i quali mettono alle camere delle torri B e C, uno per parte.Tali corridoi non sono visibili né rilevabili, del pari che le camere contenute nelle torri.

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(tav. XXXI, 2). Dietro l’ingresso, l’andito, obliquo rispetto alla camera, lungo m 3,80 elargo mediamente 1,30, con profilo gradonato di copertura elevato da m 2 a 4, riceve,circa a metà, a destra la garetta di guardia (rotonda, di m 1,60 di diametro con imboccodi m 1,20) e a sinistra l’apertura della scala al piano superiore (altezza m 2,80 x 1 di lar-ghezza basale). Nella camera “a tholos”, centrica e rotonda (diametro m 5,20 x 7,60 dialtezza) si irraggiano in croce tre nicchie semiellittiche, di m 1,80 di profondità x 1,60di larghezza (in media) x 2,60 d’altezza alla bocca. Di bell’effetto la volta (tav. XXXIII).Una rampa di scala, dell’altezza media di m 3 circa e della larghezza di 1, illuminata ditratto in tratto da finestrini di luce a diversa altezza, dopo aver descritto tre quarti di gironello spessore del muro da sinistra a destra, raggiunge la soglia d’ingresso della tholos delprimo piano (o piano rialzato), tholos pur essa centrica e tonda del diametro di m 2,60 x3,80 d’altezza originaria (oggi la cupola è svettata a m 2,20 dal pavimento). Un altrotratto di scala, di seguito al primo (cm 80 di larghezza x 2,20 d’altezza massima residua)portava al terrazzo o piano terminale seppure non introduceva in una terza ed ultimacella sovrapposta alle due inferiori: nel fianco di questa rampa si apre un ripostiglio diarmi o d’altro. Le sezioni delle camere e della scala sono ogivali, di medie proporzioninei rapporti fra le misure di piano ed elevato; a sezione trapezoidale sono i nicchionidella camera a pianterreno. Non si può apprezzare il tipo di opera muraria del paramen-to esterno del mastio, perché circondato e obliterato dal fasciame delle strutture del tri-lobo; la sua altezza residua è di m 13 circa. Le pareti delle camere sono in opera subqua-drata di basalto a disposizione di file orizzontali, con uso di piccole schegge (specie nellatholos superiore). L’ordinamento a filari è mantenuto anche nei vani sussidiari e nellascala. Intorno alla torre A fu aggiunto il corpo costruttivo del trilobo (B, C, D), che rac-chiude e nasconde il mastio spostato dal punto centrico del fasciame triangolare verso lecuspidi di Nordnordovest (D) e di Estsudest (C). Il trilobo, a profilo sinuoso concavo(in corrispondenza alle cortine di Sudsudest, Estnordest e Ovest, tavv. XXVII, 2,XXVIII, 2-4) e convesso (in corrispondenza ai vertici turriti di B, C, D, tavv. XXVII, 1,3, XXVIII, 1-2, XXIX, 1), contiene tre camere marginali tutte “voltate”, di cui due (B,C) ai lati del prospetto del bastione e la terza (D) nel retroprospetto. Il trilobo non sem-bra presentare stanze a un piano superiore, dove invece bisogna supporre lo spalto ocammino di ronda limitato da un parapetto a pietre conce. Il trilobo misura m 22 sullalinea D-prospetto x m 25 sulla linea B-C. Dall’ingresso di facciata (tav. XXXI, 1-2), spo-stato verso la cuspide C, a luce trapezoidale con architrave subquadrato alleggerito daspiraglio quadrangolare, si entra nell’andito coassiale a quello del mastio. Dall’anditodue corridoi curvilinei, che seguono l’andamento della cortina frontale, mettono alletholoi B e C: quello a destra è lungo m 4 circa, quello a sinistra (tav. XXXII) m 8; en-trambi hanno sezione semiogivale. Delle camere, B è rotonda (diametro m 4 circa), C èbislunga (m 4 x 5); le cupole erano alte sui 7 metri. La tholos D, integra, del diametro dim 4, ha l’ingresso indipendente sollevato di qualche metro dal suolo. Una stretta e ripi-da scala, aperta ad altezza dal pavimento, girando a gomito da sinistra verso destra nelmasso murario della cuspide di Nordnordovest, mette nel settore corrispondente dellospalto. In questa parte della terrazza, che costituiva un organismo autonomo o quasi dimanovra, si osserva un ripostiglio coperto da volta a rastremazione, in cui furon rinve-nute lamine di sughero usate forse per rivestire le pareti del vano destinato a conservarearmi od oggetti di qualche pregio. Il bastione triangolare si conserva per l’altezza massima

blocchi di basalto di forme poliedriche e subquadrate, di media grandezza, che vannorimpicciolendosi nelle file alte dove anche si presentano di taglio più regolare, in pezzia sagoma di cuneo. Curata è pure la disposizione in corsi e la tecnica di taglio delle pie-tre nelle pareti delle cupole, unite senza uso di malta e con scarse scaglie nei giunti enei piani di posa. Delle torri marginali del bastione, la maggiore (C) ha m 9,40 di dia-metro, le altre due (D e B) m 6,60. Contengono tutte una camera rotonda, con la cu-pola crollata, di m 3,60/2 sul piano di riempimento, con spessori murari di m 2 circa,con altezze esterne residue massime di m 3 (su 6 file in B), 3 (su 4 file in D), 1,20 (su 3file in C). Le torri di facciata (B, C) comunicano direttamente, per un andito di m1,60 e 7 rispettivamente, col cortile a pianta ellittica sformata, di m 13 x 5 misurato al-l’altezza di m 5 circa sul piano originario. Nella torretta D si deve supporre un’uscitaautonoma (o posterula) volta ad Est. Nel suo interno deve immaginarsi l’apertura so-praelevata d’una scaletta che sale al tratto di spalto fra D ed A: di essa restano segni,proprio in questo punto, costituiti da un giro a chiocciola con l’evidenza di un gradinodi m 0,60 di larghezza. Delle cortine si segue per tutta la lunghezza di m 12,40 quellafra B e D su 3-4 filari; quella fra D e C (m 12 su 1-2 file) e il fronte convesso fra B e C(supponibile ma non visibile), si evidenziano solo a tratti, per il resto essendo coperti enascosti dalle macerie. L’opera del corpo aggiunto è di tipo subquadrato, come nel ma-stio, ma fatta di massi di proporzioni maggiori.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XX, 1850, p. 530 (Buraddeo); E.E.M. (prov. di Cagliari),1922, p. 181; B.R. Motzo, Conv. arch., 1926, p. 86, nota 40 (Nuradeo); A. Taramelli, Carta archeologi-ca, ff. 205-206, 1935, p. 188, n. 18; A.P. Piludu, Saggio cit., 1953-54, p. 14 ss., tav. 2; Sardegna (Tou-ring), XX, 1954, p. 99, fig. 177; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 47, fig. 18; V. Mossa, Architetturadomestica cit., 1957, p. 26, tav. 2; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 57, nota 40.

Figura 8, 4: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari); v. figure 3, 4, e 11 e tavv. XXIX-XXXIII; cartina B, 57.Il nuraghe è uno dei più conosciuti e ammirati della Sardegna, per mole, complessità,stato di conservazione e bellezza di strutture. Sta al centro del vasto altopiano basalticodi Abbasanta (quota 317), a poca distanza dall’abitato moderno, su un leggero rialzo delterreno roccioso. Si collega con altri numerosi nuraghi, di cui taluno di ricca architettu-ra, disposti a difesa su quella che è la prima linea, affacciata sul piano del Campidanodi Oristano presso il mare di Tharros, del sistema di tavolati vulcanici, dalla morfologiacaratteristica, che scendono giù dal piede meridionale della catena del Màrghine, costi-tuendo uno sbarramento naturale alle vie di penetrazione dall’Ovest verso l’internodell’Isola. La costruzione è del tipo polilobato (a trilobo curvilineo), protetta da un an-temurale che aderisce alla cuspide di Sudovest del trilobo (B), racchiusa, insieme al vil-laggio circostante, entro il perimetro di una vasta muraglia difesa da torri (fig. 11). Nel-l’insieme si riconoscono almeno tre fasi costruttive: la più antica costituita dalla torreprimitiva o mastio (A); la seconda dal trilobo (B, C, D); la terza dall’antemurale (E, F) edal grande recinto esterno turrito. Il complesso monumentale, compresa la cinta ellitti-ca, si estende per m 292 in lunghezza (Nordovest-Sudest) x 133 di larghezza media (ilnuraghe vero e proprio con l’annesso antemurale occupa un’area di circa 1800 mq). Latorre antica (fig. 3, 4), di m 12,50 di diametro medio alla rotondità di base, ha l’ingressoa Sudsudest, di m 1,40 di larghezza x 1,60 di altezza, con architrave a spiraglio di scarico

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(tav. XXXI, 2). Dietro l’ingresso, l’andito, obliquo rispetto alla camera, lungo m 3,80 elargo mediamente 1,30, con profilo gradonato di copertura elevato da m 2 a 4, riceve,circa a metà, a destra la garetta di guardia (rotonda, di m 1,60 di diametro con imboccodi m 1,20) e a sinistra l’apertura della scala al piano superiore (altezza m 2,80 x 1 di lar-ghezza basale). Nella camera “a tholos”, centrica e rotonda (diametro m 5,20 x 7,60 dialtezza) si irraggiano in croce tre nicchie semiellittiche, di m 1,80 di profondità x 1,60di larghezza (in media) x 2,60 d’altezza alla bocca. Di bell’effetto la volta (tav. XXXIII).Una rampa di scala, dell’altezza media di m 3 circa e della larghezza di 1, illuminata ditratto in tratto da finestrini di luce a diversa altezza, dopo aver descritto tre quarti di gironello spessore del muro da sinistra a destra, raggiunge la soglia d’ingresso della tholos delprimo piano (o piano rialzato), tholos pur essa centrica e tonda del diametro di m 2,60 x3,80 d’altezza originaria (oggi la cupola è svettata a m 2,20 dal pavimento). Un altrotratto di scala, di seguito al primo (cm 80 di larghezza x 2,20 d’altezza massima residua)portava al terrazzo o piano terminale seppure non introduceva in una terza ed ultimacella sovrapposta alle due inferiori: nel fianco di questa rampa si apre un ripostiglio diarmi o d’altro. Le sezioni delle camere e della scala sono ogivali, di medie proporzioninei rapporti fra le misure di piano ed elevato; a sezione trapezoidale sono i nicchionidella camera a pianterreno. Non si può apprezzare il tipo di opera muraria del paramen-to esterno del mastio, perché circondato e obliterato dal fasciame delle strutture del tri-lobo; la sua altezza residua è di m 13 circa. Le pareti delle camere sono in opera subqua-drata di basalto a disposizione di file orizzontali, con uso di piccole schegge (specie nellatholos superiore). L’ordinamento a filari è mantenuto anche nei vani sussidiari e nellascala. Intorno alla torre A fu aggiunto il corpo costruttivo del trilobo (B, C, D), che rac-chiude e nasconde il mastio spostato dal punto centrico del fasciame triangolare verso lecuspidi di Nordnordovest (D) e di Estsudest (C). Il trilobo, a profilo sinuoso concavo(in corrispondenza alle cortine di Sudsudest, Estnordest e Ovest, tavv. XXVII, 2,XXVIII, 2-4) e convesso (in corrispondenza ai vertici turriti di B, C, D, tavv. XXVII, 1,3, XXVIII, 1-2, XXIX, 1), contiene tre camere marginali tutte “voltate”, di cui due (B,C) ai lati del prospetto del bastione e la terza (D) nel retroprospetto. Il trilobo non sem-bra presentare stanze a un piano superiore, dove invece bisogna supporre lo spalto ocammino di ronda limitato da un parapetto a pietre conce. Il trilobo misura m 22 sullalinea D-prospetto x m 25 sulla linea B-C. Dall’ingresso di facciata (tav. XXXI, 1-2), spo-stato verso la cuspide C, a luce trapezoidale con architrave subquadrato alleggerito daspiraglio quadrangolare, si entra nell’andito coassiale a quello del mastio. Dall’anditodue corridoi curvilinei, che seguono l’andamento della cortina frontale, mettono alletholoi B e C: quello a destra è lungo m 4 circa, quello a sinistra (tav. XXXII) m 8; en-trambi hanno sezione semiogivale. Delle camere, B è rotonda (diametro m 4 circa), C èbislunga (m 4 x 5); le cupole erano alte sui 7 metri. La tholos D, integra, del diametro dim 4, ha l’ingresso indipendente sollevato di qualche metro dal suolo. Una stretta e ripi-da scala, aperta ad altezza dal pavimento, girando a gomito da sinistra verso destra nelmasso murario della cuspide di Nordnordovest, mette nel settore corrispondente dellospalto. In questa parte della terrazza, che costituiva un organismo autonomo o quasi dimanovra, si osserva un ripostiglio coperto da volta a rastremazione, in cui furon rinve-nute lamine di sughero usate forse per rivestire le pareti del vano destinato a conservarearmi od oggetti di qualche pregio. Il bastione triangolare si conserva per l’altezza massima

blocchi di basalto di forme poliedriche e subquadrate, di media grandezza, che vannorimpicciolendosi nelle file alte dove anche si presentano di taglio più regolare, in pezzia sagoma di cuneo. Curata è pure la disposizione in corsi e la tecnica di taglio delle pie-tre nelle pareti delle cupole, unite senza uso di malta e con scarse scaglie nei giunti enei piani di posa. Delle torri marginali del bastione, la maggiore (C) ha m 9,40 di dia-metro, le altre due (D e B) m 6,60. Contengono tutte una camera rotonda, con la cu-pola crollata, di m 3,60/2 sul piano di riempimento, con spessori murari di m 2 circa,con altezze esterne residue massime di m 3 (su 6 file in B), 3 (su 4 file in D), 1,20 (su 3file in C). Le torri di facciata (B, C) comunicano direttamente, per un andito di m1,60 e 7 rispettivamente, col cortile a pianta ellittica sformata, di m 13 x 5 misurato al-l’altezza di m 5 circa sul piano originario. Nella torretta D si deve supporre un’uscitaautonoma (o posterula) volta ad Est. Nel suo interno deve immaginarsi l’apertura so-praelevata d’una scaletta che sale al tratto di spalto fra D ed A: di essa restano segni,proprio in questo punto, costituiti da un giro a chiocciola con l’evidenza di un gradinodi m 0,60 di larghezza. Delle cortine si segue per tutta la lunghezza di m 12,40 quellafra B e D su 3-4 filari; quella fra D e C (m 12 su 1-2 file) e il fronte convesso fra B e C(supponibile ma non visibile), si evidenziano solo a tratti, per il resto essendo coperti enascosti dalle macerie. L’opera del corpo aggiunto è di tipo subquadrato, come nel ma-stio, ma fatta di massi di proporzioni maggiori.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XX, 1850, p. 530 (Buraddeo); E.E.M. (prov. di Cagliari),1922, p. 181; B.R. Motzo, Conv. arch., 1926, p. 86, nota 40 (Nuradeo); A. Taramelli, Carta archeologi-ca, ff. 205-206, 1935, p. 188, n. 18; A.P. Piludu, Saggio cit., 1953-54, p. 14 ss., tav. 2; Sardegna (Tou-ring), XX, 1954, p. 99, fig. 177; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 47, fig. 18; V. Mossa, Architetturadomestica cit., 1957, p. 26, tav. 2; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 57, nota 40.

Figura 8, 4: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari); v. figure 3, 4, e 11 e tavv. XXIX-XXXIII; cartina B, 57.Il nuraghe è uno dei più conosciuti e ammirati della Sardegna, per mole, complessità,stato di conservazione e bellezza di strutture. Sta al centro del vasto altopiano basalticodi Abbasanta (quota 317), a poca distanza dall’abitato moderno, su un leggero rialzo delterreno roccioso. Si collega con altri numerosi nuraghi, di cui taluno di ricca architettu-ra, disposti a difesa su quella che è la prima linea, affacciata sul piano del Campidanodi Oristano presso il mare di Tharros, del sistema di tavolati vulcanici, dalla morfologiacaratteristica, che scendono giù dal piede meridionale della catena del Màrghine, costi-tuendo uno sbarramento naturale alle vie di penetrazione dall’Ovest verso l’internodell’Isola. La costruzione è del tipo polilobato (a trilobo curvilineo), protetta da un an-temurale che aderisce alla cuspide di Sudovest del trilobo (B), racchiusa, insieme al vil-laggio circostante, entro il perimetro di una vasta muraglia difesa da torri (fig. 11). Nel-l’insieme si riconoscono almeno tre fasi costruttive: la più antica costituita dalla torreprimitiva o mastio (A); la seconda dal trilobo (B, C, D); la terza dall’antemurale (E, F) edal grande recinto esterno turrito. Il complesso monumentale, compresa la cinta ellitti-ca, si estende per m 292 in lunghezza (Nordovest-Sudest) x 133 di larghezza media (ilnuraghe vero e proprio con l’annesso antemurale occupa un’area di circa 1800 mq). Latorre antica (fig. 3, 4), di m 12,50 di diametro medio alla rotondità di base, ha l’ingressoa Sudsudest, di m 1,40 di larghezza x 1,60 di altezza, con architrave a spiraglio di scarico

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dell’acqua. La tecnica muraria dell’antemurale (torri e cortina) è ben diversa da quelladel grande bastione tricuspidato. Per quanto sia rispettato ancora l’ordinamento in filedelle pietre, esso è imperfetto, irregolare. I blocchi tendono ad assumere forme poliedri-che e disposizione confusa al modo poligonale o ciclopico; si accentuano i vuoti trablocco e blocco e l’uso di scheggiame e malta di fango specie nei vani. È un ritorno tec-nico all’antica in fase di decadenza e di sopravvivenza che indica tempi di urgenza mili-tare e non di tranquilla riflessione artistica quale appare dai paramenti ritmati del trilo-bo. La stessa tecnica si ripresenta nella muraglia esterna, conservata per l’altezza e lospessore medio di 2 metri; fig. 11. La cinta è di figura esagonoide, con i resti solo in par-te rilevabili di almeno 4 torri, di cui una a Sudovest al massimo restringimento della cer-chia muraria (diametro della torre m 13, della camera 5), e tre agli apici dei lati di Norde Nordest (diametri delle torri m 9/12, dei vani 5). All’incontro del lato di Est con quel-lo di Sudest, sporge dal filo esterno della muraglia una sorta di baluardo rettangolarecon lati curvilinei, di m 30 di lunghezza x 5 di prominenza all’infuori. Da notare che letorri sono protese all’esterno, col sistema della difesa a punti, come le torri dell’antemu-rale e che, sia in quest’ultimo sia nella muraglia recintoria, allo stile dei profili ondulati econtinui si è sostituito il gusto dei muri a ritmo spezzato rettocurvilinei concepiti conl’intento di sparpagliare gli assalitori lungo il corso prolungato delle cortine e attrarlo nelfondo di zone (corrispondenti alle torri) di particolare efficacia offensiva. Questo mododi concepire la difesa, comune a muraglia ed antemurale, insieme alla analogia della tec-nica costruttiva ne fanno opere contemporanee, le ultime dello sviluppo del complessonuragico, da riferirsi a tempi anteriori alla conquista e alla distruzione fattane dai Carta-ginesi alla fine del VI secolo a.C. Al riparo della vasta muraglia, oltre che il nucleo dellafortezza spostato verso il lato Nordovest della cinta per dar modo alle case di disporsinella zona più atta per ricevere il sole (nell’arco da Nordest a Sudovest), era il villaggionuragico prima, punico-romano dopo. Resti delle capanne preistoriche, in grosse pietre,di pianta circolare sono stati messi in luce in saggi di scavo del 1960, a 20 metri circa aNordest del nuraghe; e ne sono stati toccati gli strati archeologici negli scavi del 1915.Più evidenti e numerosi sono gli avanzi delle abitazioni di periodo punico-romano, visi-bili di fronte alle cortine di Nordest e di Sud del trilobo, per lo più di pianta ellittica,con muri in parte rifatti sugli antichi usando materiali più minuti, messi in parete conun certo ordine che ricorda la disposizione tradizionale a filari con uso di molte zeppe emalta di fango. Resti di ambienti di abitazione si osservano pure alla superficie del terre-no nell’angolo Sudovest della muraglia recintoria e, qua e là, nel rimanente della vastaarea, segnati da mozziconi di muri appena affioranti, da rilievi del terreno, da ammassidi pietre e soprattutto da avanzi numerosi e frequenti di embrici e di stoviglie di variaforma, tipo ed epoca, nuragica e punico-romana. A 500 metri dal nuraghe, nel 1915, simisero in luce anche gli avanzi d’un pozzo sacro, conservato nella parte basale, in bellepietre conce di lava: era il luogo di culto del prossimo borgo protostorico, di età fra l’VIIIed il VII secolo a.C. Gli scavi effettuati nel 1890 e nel 1915 dettero molti e vari mate-riali archeologici: oggetti di pietra (palle per fionda, truogoli, macine a mano, pestelli),armi e oggetti forse votivi di bronzo, armi e utensili di ferro e, soprattutto abbondanti esignificativi, i fittili (fuseruole, “pintaderas”) e le stoviglie di tipo, forma, tecnica e deco-razione varie. Specie le ceramiche, di stile diverso, unitamente alla differenza nelle tecni-che murarie, aiutano a ricostruire la storia costruttiva e culturale dell’edificio, che è stata

di m 13, da considerarsi qualche metro in meno dell’elevato originario che era forse sui15 metri. I muri che lo costituiscono, dall’inclinazione abbastanza regolare e uniforme,si alzano in bellissime pareti che i toni rossicci del basalto patinato dal tempo e i verdibrillanti delle edere rendono di un’estrema suggestione cromatica che si unisce a quelladerivata dalla potenza antica delle strutture architettoniche dalle linee sobrie ed essenzia-li (tavv. XXVII, 1-3; XXVIII, 1-2). Queste murature poderose, che prendono specialerisalto di volume in corrispondenza alle punte e senso di chiaroscuro nella concavità lie-ve e morbida delle cortine, e in cui le masse si svolgono senza mai concludersi in appa-renza attraverso un corso di perimetro fluido e continuato, si rendono ancora più affa-scinanti e distinte per il modo – che è poi un gusto – di sovrapporre gli eleganti e precisifilari di pietre subquadrate della parte mediana e superiore del muro su una base dienormi blocchi grezzi poliedrici (tav. XXVIII, 3-4). Questi ultimi sembrano quasi ri-prendere il senso delle rocce naturali di supporto del tavolato, facendo da passaggio gra-duale all’artifizio esemplare dell’ordine orizzontale e del taglio accurato e scandito delmagnifico paramento. Natura, “poliedrico” e “isodomo” concorrono a formare un’operad’arte. Davanti alla facciata del trilobo (a Sud) e lungo il lato da Ovest a Nordnordest,congiungendosi alla cuspide B (e forse in origine anche a quella della torre C), si articolal’antemurale. Lo costituiscono la torre-capanna per il corpo di guardia di fronte all’in-gresso, oggi completamente isolata (tav. XXVII, 1-3; tav. XXIX, 1); e le due torri F ed Eche proteggono, rispettivamente, le punte di Sudovest e Nord del bastione (tav. XXIX,1-3). Tutte e tre le torri sono ora scapitozzate (la F si conserva per l’altezza interna di m 6);così come la cortina a spezzata, di 2 metri circa di spessore, mòzza a 3-4 metri dal suololeggermente declinante. La torre per il corpo di guardia messa a difendere l’ingresso alnuraghe, del diametro esterno di m 10/12, con vano interno di m 8, ha due ingressi ar-chitravati, uno a Nordnordest, contro la porta del trilobo e l’altro a Sudsudovest all’op-posto a un piano più basso (tav. XXVII, 2). Nella camera, ad altezza dal suolo, si osser-vano cinque stipi e cinque feritoie nell’arco di muro da Nordest a Ovestsudovest, cioènel tratto più scoperto; vi si notano anche due armadioni a sezione angolare, da ritenersidestinati a giaciglio della scolta. Negli scavi del 1915 vi si rinvenne un elemento cilindri-co di m 0,36 di diametro con base rotonda, da supporsi il piede di una mensa per desi-nare, ciò che avvalora il carattere privato (per il gruppo dei soldati del corpo) dell’am-biente. Le torri F ed E, sporgenti di tre quarti dal filo della cortina, con l’ingressoarchitravato all’interno dell’antemurale (tav. XXIX, 3), hanno diametri esterni di m 10 edi cella di m 4 e 5 rispettivamente. Son tutte girate da feritoie (9 in F ed 8 in E a circaun metro d’altezza). In F, entro una nicchia, è scavato un pozzo per l’acqua potabileusato anche per riporvi cose in fresco (vi si rinvennero arpioni di ferro); esso è chiuso nelgiro della camera e protetto, nell’accesso a quest’ultima, dal ridotto rettangolare compre-so fra la torre F, la cortina Ovestnordovest del trilobo e il gomito della cortina d’ante-murale (lunghezza del ridotto m 18 x 3/4 di larghezza). Al ridotto si entra dal settoreNordnordest del recinto attraverso una bassa porta architravata situata nel gomito (adangolo morto) fra i due rami della cortina (tav. XXX, 2), in un punto cioè in cui si con-centravano i colpi provenienti dal terrazzo della cuspide Nord del trilobo e i tiri incro-ciati degli archi delle tre feritoie aperte allo svolto brusco della lizza lunga una trentina dimetri (tav. XXX, 1). Era questo del ridotto (forse coperto da soffitto ad aggetto almeno inprossimità della porta) il luogo più fortificato dell’insieme difensivo, a causa della presenza

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dell’acqua. La tecnica muraria dell’antemurale (torri e cortina) è ben diversa da quelladel grande bastione tricuspidato. Per quanto sia rispettato ancora l’ordinamento in filedelle pietre, esso è imperfetto, irregolare. I blocchi tendono ad assumere forme poliedri-che e disposizione confusa al modo poligonale o ciclopico; si accentuano i vuoti trablocco e blocco e l’uso di scheggiame e malta di fango specie nei vani. È un ritorno tec-nico all’antica in fase di decadenza e di sopravvivenza che indica tempi di urgenza mili-tare e non di tranquilla riflessione artistica quale appare dai paramenti ritmati del trilo-bo. La stessa tecnica si ripresenta nella muraglia esterna, conservata per l’altezza e lospessore medio di 2 metri; fig. 11. La cinta è di figura esagonoide, con i resti solo in par-te rilevabili di almeno 4 torri, di cui una a Sudovest al massimo restringimento della cer-chia muraria (diametro della torre m 13, della camera 5), e tre agli apici dei lati di Norde Nordest (diametri delle torri m 9/12, dei vani 5). All’incontro del lato di Est con quel-lo di Sudest, sporge dal filo esterno della muraglia una sorta di baluardo rettangolarecon lati curvilinei, di m 30 di lunghezza x 5 di prominenza all’infuori. Da notare che letorri sono protese all’esterno, col sistema della difesa a punti, come le torri dell’antemu-rale e che, sia in quest’ultimo sia nella muraglia recintoria, allo stile dei profili ondulati econtinui si è sostituito il gusto dei muri a ritmo spezzato rettocurvilinei concepiti conl’intento di sparpagliare gli assalitori lungo il corso prolungato delle cortine e attrarlo nelfondo di zone (corrispondenti alle torri) di particolare efficacia offensiva. Questo mododi concepire la difesa, comune a muraglia ed antemurale, insieme alla analogia della tec-nica costruttiva ne fanno opere contemporanee, le ultime dello sviluppo del complessonuragico, da riferirsi a tempi anteriori alla conquista e alla distruzione fattane dai Carta-ginesi alla fine del VI secolo a.C. Al riparo della vasta muraglia, oltre che il nucleo dellafortezza spostato verso il lato Nordovest della cinta per dar modo alle case di disporsinella zona più atta per ricevere il sole (nell’arco da Nordest a Sudovest), era il villaggionuragico prima, punico-romano dopo. Resti delle capanne preistoriche, in grosse pietre,di pianta circolare sono stati messi in luce in saggi di scavo del 1960, a 20 metri circa aNordest del nuraghe; e ne sono stati toccati gli strati archeologici negli scavi del 1915.Più evidenti e numerosi sono gli avanzi delle abitazioni di periodo punico-romano, visi-bili di fronte alle cortine di Nordest e di Sud del trilobo, per lo più di pianta ellittica,con muri in parte rifatti sugli antichi usando materiali più minuti, messi in parete conun certo ordine che ricorda la disposizione tradizionale a filari con uso di molte zeppe emalta di fango. Resti di ambienti di abitazione si osservano pure alla superficie del terre-no nell’angolo Sudovest della muraglia recintoria e, qua e là, nel rimanente della vastaarea, segnati da mozziconi di muri appena affioranti, da rilievi del terreno, da ammassidi pietre e soprattutto da avanzi numerosi e frequenti di embrici e di stoviglie di variaforma, tipo ed epoca, nuragica e punico-romana. A 500 metri dal nuraghe, nel 1915, simisero in luce anche gli avanzi d’un pozzo sacro, conservato nella parte basale, in bellepietre conce di lava: era il luogo di culto del prossimo borgo protostorico, di età fra l’VIIIed il VII secolo a.C. Gli scavi effettuati nel 1890 e nel 1915 dettero molti e vari mate-riali archeologici: oggetti di pietra (palle per fionda, truogoli, macine a mano, pestelli),armi e oggetti forse votivi di bronzo, armi e utensili di ferro e, soprattutto abbondanti esignificativi, i fittili (fuseruole, “pintaderas”) e le stoviglie di tipo, forma, tecnica e deco-razione varie. Specie le ceramiche, di stile diverso, unitamente alla differenza nelle tecni-che murarie, aiutano a ricostruire la storia costruttiva e culturale dell’edificio, che è stata

di m 13, da considerarsi qualche metro in meno dell’elevato originario che era forse sui15 metri. I muri che lo costituiscono, dall’inclinazione abbastanza regolare e uniforme,si alzano in bellissime pareti che i toni rossicci del basalto patinato dal tempo e i verdibrillanti delle edere rendono di un’estrema suggestione cromatica che si unisce a quelladerivata dalla potenza antica delle strutture architettoniche dalle linee sobrie ed essenzia-li (tavv. XXVII, 1-3; XXVIII, 1-2). Queste murature poderose, che prendono specialerisalto di volume in corrispondenza alle punte e senso di chiaroscuro nella concavità lie-ve e morbida delle cortine, e in cui le masse si svolgono senza mai concludersi in appa-renza attraverso un corso di perimetro fluido e continuato, si rendono ancora più affa-scinanti e distinte per il modo – che è poi un gusto – di sovrapporre gli eleganti e precisifilari di pietre subquadrate della parte mediana e superiore del muro su una base dienormi blocchi grezzi poliedrici (tav. XXVIII, 3-4). Questi ultimi sembrano quasi ri-prendere il senso delle rocce naturali di supporto del tavolato, facendo da passaggio gra-duale all’artifizio esemplare dell’ordine orizzontale e del taglio accurato e scandito delmagnifico paramento. Natura, “poliedrico” e “isodomo” concorrono a formare un’operad’arte. Davanti alla facciata del trilobo (a Sud) e lungo il lato da Ovest a Nordnordest,congiungendosi alla cuspide B (e forse in origine anche a quella della torre C), si articolal’antemurale. Lo costituiscono la torre-capanna per il corpo di guardia di fronte all’in-gresso, oggi completamente isolata (tav. XXVII, 1-3; tav. XXIX, 1); e le due torri F ed Eche proteggono, rispettivamente, le punte di Sudovest e Nord del bastione (tav. XXIX,1-3). Tutte e tre le torri sono ora scapitozzate (la F si conserva per l’altezza interna di m 6);così come la cortina a spezzata, di 2 metri circa di spessore, mòzza a 3-4 metri dal suololeggermente declinante. La torre per il corpo di guardia messa a difendere l’ingresso alnuraghe, del diametro esterno di m 10/12, con vano interno di m 8, ha due ingressi ar-chitravati, uno a Nordnordest, contro la porta del trilobo e l’altro a Sudsudovest all’op-posto a un piano più basso (tav. XXVII, 2). Nella camera, ad altezza dal suolo, si osser-vano cinque stipi e cinque feritoie nell’arco di muro da Nordest a Ovestsudovest, cioènel tratto più scoperto; vi si notano anche due armadioni a sezione angolare, da ritenersidestinati a giaciglio della scolta. Negli scavi del 1915 vi si rinvenne un elemento cilindri-co di m 0,36 di diametro con base rotonda, da supporsi il piede di una mensa per desi-nare, ciò che avvalora il carattere privato (per il gruppo dei soldati del corpo) dell’am-biente. Le torri F ed E, sporgenti di tre quarti dal filo della cortina, con l’ingressoarchitravato all’interno dell’antemurale (tav. XXIX, 3), hanno diametri esterni di m 10 edi cella di m 4 e 5 rispettivamente. Son tutte girate da feritoie (9 in F ed 8 in E a circaun metro d’altezza). In F, entro una nicchia, è scavato un pozzo per l’acqua potabileusato anche per riporvi cose in fresco (vi si rinvennero arpioni di ferro); esso è chiuso nelgiro della camera e protetto, nell’accesso a quest’ultima, dal ridotto rettangolare compre-so fra la torre F, la cortina Ovestnordovest del trilobo e il gomito della cortina d’ante-murale (lunghezza del ridotto m 18 x 3/4 di larghezza). Al ridotto si entra dal settoreNordnordest del recinto attraverso una bassa porta architravata situata nel gomito (adangolo morto) fra i due rami della cortina (tav. XXX, 2), in un punto cioè in cui si con-centravano i colpi provenienti dal terrazzo della cuspide Nord del trilobo e i tiri incro-ciati degli archi delle tre feritoie aperte allo svolto brusco della lizza lunga una trentina dimetri (tav. XXX, 1). Era questo del ridotto (forse coperto da soffitto ad aggetto almeno inprossimità della porta) il luogo più fortificato dell’insieme difensivo, a causa della presenza

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luce cit., 1942, p. 17; G. Lilliu, St. Etr., 1944, pp. 355 nota 49, 364 nota 135, 369 note 221-222, 370 nota227; B. Tironi, I nuraghes (Considerazioni), Tip. FF. AA. P. M. 50, 1944, pp. 4, 6; P. Mingazzini, St.S., VII,1947, p. 9 nota 2, pp. 12, 15-21; G. Lilliu, St.S., 1948, VIII, pp. 8, 371; St.S., IX, 1950, p. 397; M. Pallot-tino, La Sardegna nuragica, 1950, pp. 38, 53 s., 61, tavv. VI, 6, VII, 1; Bellieni, in Il Ponte (vol. Sardegna),1951, p. 1013; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, pp. 94, 145, 182; G. Patroni, La Preistoria, 1951, I, p.493 (2a ed.); G. Lilliu, St.S., X-XI, 1952, pp. 90, 95 s., 106, 114, 118; E. Contu, ibidem, pp. 140, 143 s.,147, 150 ss., 155; G. Lilliu, “I Nuraghi”, in Le Vie d’Italia, ott. 1953, pp. 1291, 1293; Annali della Facoltàcit., XXI, parte I, 1953, pp. 66, 85, 93; F. Loddo Canepa, La Sardegna attraverso i secoli, Torino 1954, p. 7s.; Sardegna (Touring Club), vol. XX, “Attraverso l’Italia”, 1954, p. 72, fot. 117; Zervos, Civilisation cit.,1954, p. 60 ss., figg. 34-43; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 103, 107, 109 s., 111-122, 126-128,132 s., 136, 139, 153 s., 156-158, 160 s., 163 s., 212, 228, 253, 305, 310; L’illustrazione italiana, fasc. spe-ciale, Natale 1955, p. 310; Boll. Bibliografico Sardo, I, sett. 1955, p. 5; Serra, Mal di Sardegna, Firenze1955, p. 56 s.; G. Lilliu, “I nuraghi della Sardegna”, in Realtà Nuova, 1956, n. 9, p. 7 (estratto); R. CartaRaspi, Il volto della Sardegna, Cagliari 1956, p. 19; J. Job, Sardinien, 1956, pp. 116-118, tavv. a p. 129 e136; R. Branca, Sardegna segreta, Torino 1956, p. 107; A. Borio, Sardaigne, 1957, pp. 21 s., 122, figg. 5-6;G.F. Ackermann, Reiseland von morgen cit., 1957, pp. 11, 51, fig. 1; E. Contu, St.S., XIV-XV, 1958, pp.145, 147 s., 154, 184; G. Lilliu, ibidem, p. 255; St.S., XVI, 1960, p. 184, nota 103, p. 221; “I Nuraghi”,in Il Progresso dell’Isola, 1960, pp. 25, 30.

Figura 8, 5: nuraghe LUGHÈRRAS-Paulilàtino (Cagliari); v. anche figura 10, 1; carti-na B, 61.Prende il nome di Lughèrras (lucerne) dalle numerose lampade votive, di età romana,trovate negli strati superiori del monumento in età andata. Il nuraghe è uno dei piùcomplessi e imponenti (ed anche dei più significativi culturalmente) fra i più di centoedifizi congeneri dell’altopiano di Paulilàtino, sulla destra della media valle del Tirso,via di penetrazione strategica e umana dal Campidano di Oristano e dal litorale del-l’antica città punico-romana di Tharros al centro montano, indomito e ribelle, dellaSardegna. Questa catena continua di nuraghi dell’ampio e frastagliato tavolato lavicopaulese – un formidabile bastione naturale alla frontiera col fertile piano – è un esem-pio mirabile della forza e dello spirito del megalitismo a torri protosardo, frutto dellavocazione bellicosa di quelle antiche schiatte di pastori camiti radicatesi in un ambientenaturalmente congeniale. Fra boschi di lecci millenari, alternati con radure erbose cinteda muretti di tanche, presso una valle ricca di sorgive, il nuraghe posa sopra un leggerorialzo del suolo, con vista ampia, lontana, sul monte a Nord e a Ovest e sul piano aSud. La sua posizione, importante sia come elemento di custodia d’un passaggio fre-quentato sia come strumento di possesso di beni della piccola comunità pastorale dicui la fortezza è chiara espressione, spiega la complessità dell’edificio e la sua lunga du-rata come torre militare per tutto il tempo della civiltà preclassica e, come tempio o“luogo alto”, anche oltre i suoi termini, in età punica e romana. La costruzione constadi tre parti: del mastio A; del bastione trilobato B, C, D, includente il cortile E, da cuifuoriesce a Sudest la torretta F costruita posteriormente; della lizza pentagonoide con le4 torri apicali G, H, I, L (fig. 10, 1). Le tre parti si son venute costituendo e succeden-do in tre età diverse. L’insieme misura m 60 circa alla massima distanza fra L ed H x 37sull’asse di B-cortina fra H-I. Il mastio A, circolare del diametro esterno di m 13,50, siapre a Sudest, con una porta di m 1,80 sormontata da enorme architrave monoliticoalleggerito da spiraglio. L’andito retrostante, a sezione angolare, col soffitto innalzantesiverso l’interno, riceve sulla destra l’apertura della garetta di m 2,50 di altezza x 1,50 di

così periodizzata: mastio = ante 1000 a.C.; trilobo = VIII-VII secolo a.C.; antemurale ecinta = VI secolo a.C.; villaggio punico-romano = V secolo a.C.-età cristiana. Ad età ro-mana appartengono pure i loculi cinerari, caratteristicamente scavati nella roccia basalti-ca, fuori della cinta, presso la torre di Sudovest.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, I, 1833, p. 31; A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, pp. 40 ss., 68ss., 74, 77, 83, 89, 95, 102, 552, pl. IX; Angius, in Casalis, Dizionario, VIII, 1841, p. 40; J.F. Neigebaur,Die Insel cit., 1855, p. 295; A. Lamarmora, Itinéraire, II, 1860, p. 125 s.; Spano, Memoria, 1867, pp. 16,99, tav. II, 1; E. Pais, “La Sardegna prima del dominio romano”, in Atti R. Accademia Lincei, 1881, p. 375,tav. III, 1; E. Roissard De Bellet, La Sardaigne a vol d’oiseau en 1882, son histoire, ses mœurs, sa géologie, sesrichesses metallifères et ses productions de toute sorte, Paris 1884, cap. VI, p. 107; Baux et Gouin, “Essai sur lesNuragues et les bronzes de Sardaigne”, in Matériaux pour l’histoire primitive et naturelle de l’Homme, XVIII,3e série, tome I, 1884, p. 198 s.; Perrot-Chipiez, Histoire de l’Art dans l’Antiquités, IV, 1887, pp. 30-33, 37,45, figg. 20-23; Centurione, “Studii” cit., XIII, 1888, pp. 70, 104 s., 156; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., I,1892, p. 290; F. Corona, Guida cit., 1896, p. 221; O. Montelius, Ricordi cit., 1898, p. 28 (trad. Millelire);Schoetensack, Zeitschrift für Ethnologie, 1898, p. 34; T. Zanardelli, Bull. Paletn. It., 1899, p. 151 s.; G. Pin-za, Mon. ant. Lincei, XI, 1901, col. 98-113, 119, 122-130, 219, 237, 275, tavv. VII-VIII, figg. 69-70, 75-78; F. Nissardi, “Contributo” cit., 1903, pp. 653, 657, 663, 666, 669; A. Taramelli, Bull. Paletn. It., 1906,p. 270; G. Sergi, La Sardegna. Note e Commenti d’un antropologo, Torino 1907, p. 12; A. Taramelli, Mon.Ant. Lincei, 1907, col. 20, 38, 64, 112; Not. di Scavi, 1908, p. 116; Mon. Ant. 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Dessì, Nuraghi di Sardegna,1922, pp. 13, 22-24; Singolari nuraghi in Gallura, 1922, p. 10; I nuraghi della Sardegna, 1923, pp. 20, 31s.; Erwin Scheu, Sardinien Landeskundliche Studien, 1923, p. 66 s., fig. 14; U. Rellini, “Miniere e fonderia”cit., 1923, pp. 13, 15; E. Pais, Storia della Sardegna cit., 1928, II, p. 729 s., tavv. XXXIV, in basso e XXXV;C. Dessì, I nuraghi della Sardegna, 1924, p. 7 s.; Steinitzer, Die vergessene Insel Sardinien und die Sarden,Gotha 1924, p. 22; A. Taramelli, rec. a F. Flumene, Un po’ più di luce cit., in Arch. stor. sardo, XIV, p. 4 ss.(estratto); V. Edel, I Nuraghi e i Nuraghici, Cagliari 1925, p. 34 (verso); R. Di Tucci, Manuale di storia dellaSardegna, Cagliari 1919 p. 11, fig. 3; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XXXI, 1926, col. 425, 440 s.; Il Con-vegno arch. cit., 1926, pp. 16, 26, 44, 77 (note 19-20), 79 (nota 37), figg. 29, 40, 42; “Il Convegno ar-cheologico sardo”, in Historia, n. 1, anni I-V, 1926, p. 5 (estratto); B.R. Motzo, Conv. arch., 1926, p. 85 s.;F. Von Duhn, “Nurage”, in Reall. d. Vorg., IX, 1927, p. 142, tav. 178; A. Della Seta, Italia antica, Bergamo1928, p. 55, fig. 46 (2a ed.); A. Taramelli, Bull. Paletn. It., 1929, XLIX, p. 85 s.; “I nuraghi e i loro abitato-ri” cit., 1930, pp. 3-5, 9-10, figg. 9-10; “Gli studi archeologici in Sardegna”, in Mediterranea, VI, 1982, p.5; E. Pais, Storia dell’Italia antica e della Sicilia, per l’età anteriore al dominio romano, Torino 1933, vol. I, p.119; A. Taramelli, “Nuraghi”, in Enciclopedia Italiana, 1935, vol. XXV, p. 82 s., tav. XI, basso a sinistra; At-ti del XII Congresso Geografico Italiano, 1935, pp. 64, 69, e LXVIII; Carta archeologica, ff. 205-206, 1935,p. 121 s., nn. 80-80a-81; A. Taramelli-Delogu, Il R. Museo Nazionale cit., 1936, p. 8, fig. 51 in alto; P.Bosch-Gimpera, “La culture sarde et ses relations mediterranéennes”, in Commission Internationale pour lapréhistoire de la Mediterranée Occidentale, Conference de Barcelone 1935, Barcelone 1937, p. 29, pl. XXVIII;M. Niehaus, Sardinien, Ein Reisebuch, Frankfurt 1938, p. 137 s.; A. Taramelli, “Chi i Romani trovarono inSardegna?”, in Sardegna Romana, II, 1939, p. 7 (estratto); Mon. ant. Lincei, 1939, XXXVIII, col. 10 s., 18s., 23, 38; U. Rellini, “La Penisola appenninica” cit., 1940, p. 28; G. Patroni, Architettura preistorica cit.,1941, pp. 201, 207, 347, figg. 245, 254; G. Lilliu, Bull. Paletn. It., V-VI, 1941-42, p. 163; Not. di Scavi,1941, p. 160; A. Bonu, Nell’Isola dei Nuraghi, Siena 1942, p. 26, fot. in copertina; P. Cao, Uno sprazzo di

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luce cit., 1942, p. 17; G. Lilliu, St. Etr., 1944, pp. 355 nota 49, 364 nota 135, 369 note 221-222, 370 nota227; B. Tironi, I nuraghes (Considerazioni), Tip. FF. AA. P. M. 50, 1944, pp. 4, 6; P. Mingazzini, St.S., VII,1947, p. 9 nota 2, pp. 12, 15-21; G. Lilliu, St.S., 1948, VIII, pp. 8, 371; St.S., IX, 1950, p. 397; M. Pallot-tino, La Sardegna nuragica, 1950, pp. 38, 53 s., 61, tavv. VI, 6, VII, 1; Bellieni, in Il Ponte (vol. Sardegna),1951, p. 1013; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, pp. 94, 145, 182; G. Patroni, La Preistoria, 1951, I, p.493 (2a ed.); G. Lilliu, St.S., X-XI, 1952, pp. 90, 95 s., 106, 114, 118; E. Contu, ibidem, pp. 140, 143 s.,147, 150 ss., 155; G. Lilliu, “I Nuraghi”, in Le Vie d’Italia, ott. 1953, pp. 1291, 1293; Annali della Facoltàcit., XXI, parte I, 1953, pp. 66, 85, 93; F. Loddo Canepa, La Sardegna attraverso i secoli, Torino 1954, p. 7s.; Sardegna (Touring Club), vol. XX, “Attraverso l’Italia”, 1954, p. 72, fot. 117; Zervos, Civilisation cit.,1954, p. 60 ss., figg. 34-43; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 103, 107, 109 s., 111-122, 126-128,132 s., 136, 139, 153 s., 156-158, 160 s., 163 s., 212, 228, 253, 305, 310; L’illustrazione italiana, fasc. spe-ciale, Natale 1955, p. 310; Boll. Bibliografico Sardo, I, sett. 1955, p. 5; Serra, Mal di Sardegna, Firenze1955, p. 56 s.; G. Lilliu, “I nuraghi della Sardegna”, in Realtà Nuova, 1956, n. 9, p. 7 (estratto); R. CartaRaspi, Il volto della Sardegna, Cagliari 1956, p. 19; J. Job, Sardinien, 1956, pp. 116-118, tavv. a p. 129 e136; R. Branca, Sardegna segreta, Torino 1956, p. 107; A. Borio, Sardaigne, 1957, pp. 21 s., 122, figg. 5-6;G.F. Ackermann, Reiseland von morgen cit., 1957, pp. 11, 51, fig. 1; E. Contu, St.S., XIV-XV, 1958, pp.145, 147 s., 154, 184; G. Lilliu, ibidem, p. 255; St.S., XVI, 1960, p. 184, nota 103, p. 221; “I Nuraghi”,in Il Progresso dell’Isola, 1960, pp. 25, 30.

Figura 8, 5: nuraghe LUGHÈRRAS-Paulilàtino (Cagliari); v. anche figura 10, 1; carti-na B, 61.Prende il nome di Lughèrras (lucerne) dalle numerose lampade votive, di età romana,trovate negli strati superiori del monumento in età andata. Il nuraghe è uno dei piùcomplessi e imponenti (ed anche dei più significativi culturalmente) fra i più di centoedifizi congeneri dell’altopiano di Paulilàtino, sulla destra della media valle del Tirso,via di penetrazione strategica e umana dal Campidano di Oristano e dal litorale del-l’antica città punico-romana di Tharros al centro montano, indomito e ribelle, dellaSardegna. Questa catena continua di nuraghi dell’ampio e frastagliato tavolato lavicopaulese – un formidabile bastione naturale alla frontiera col fertile piano – è un esem-pio mirabile della forza e dello spirito del megalitismo a torri protosardo, frutto dellavocazione bellicosa di quelle antiche schiatte di pastori camiti radicatesi in un ambientenaturalmente congeniale. Fra boschi di lecci millenari, alternati con radure erbose cinteda muretti di tanche, presso una valle ricca di sorgive, il nuraghe posa sopra un leggerorialzo del suolo, con vista ampia, lontana, sul monte a Nord e a Ovest e sul piano aSud. La sua posizione, importante sia come elemento di custodia d’un passaggio fre-quentato sia come strumento di possesso di beni della piccola comunità pastorale dicui la fortezza è chiara espressione, spiega la complessità dell’edificio e la sua lunga du-rata come torre militare per tutto il tempo della civiltà preclassica e, come tempio o“luogo alto”, anche oltre i suoi termini, in età punica e romana. La costruzione constadi tre parti: del mastio A; del bastione trilobato B, C, D, includente il cortile E, da cuifuoriesce a Sudest la torretta F costruita posteriormente; della lizza pentagonoide con le4 torri apicali G, H, I, L (fig. 10, 1). Le tre parti si son venute costituendo e succeden-do in tre età diverse. L’insieme misura m 60 circa alla massima distanza fra L ed H x 37sull’asse di B-cortina fra H-I. Il mastio A, circolare del diametro esterno di m 13,50, siapre a Sudest, con una porta di m 1,80 sormontata da enorme architrave monoliticoalleggerito da spiraglio. L’andito retrostante, a sezione angolare, col soffitto innalzantesiverso l’interno, riceve sulla destra l’apertura della garetta di m 2,50 di altezza x 1,50 di

così periodizzata: mastio = ante 1000 a.C.; trilobo = VIII-VII secolo a.C.; antemurale ecinta = VI secolo a.C.; villaggio punico-romano = V secolo a.C.-età cristiana. Ad età ro-mana appartengono pure i loculi cinerari, caratteristicamente scavati nella roccia basalti-ca, fuori della cinta, presso la torre di Sudovest.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, I, 1833, p. 31; A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, pp. 40 ss., 68ss., 74, 77, 83, 89, 95, 102, 552, pl. IX; Angius, in Casalis, Dizionario, VIII, 1841, p. 40; J.F. Neigebaur,Die Insel cit., 1855, p. 295; A. Lamarmora, Itinéraire, II, 1860, p. 125 s.; Spano, Memoria, 1867, pp. 16,99, tav. II, 1; E. Pais, “La Sardegna prima del dominio romano”, in Atti R. Accademia Lincei, 1881, p. 375,tav. III, 1; E. Roissard De Bellet, La Sardaigne a vol d’oiseau en 1882, son histoire, ses mœurs, sa géologie, sesrichesses metallifères et ses productions de toute sorte, Paris 1884, cap. VI, p. 107; Baux et Gouin, “Essai sur lesNuragues et les bronzes de Sardaigne”, in Matériaux pour l’histoire primitive et naturelle de l’Homme, XVIII,3e série, tome I, 1884, p. 198 s.; Perrot-Chipiez, Histoire de l’Art dans l’Antiquités, IV, 1887, pp. 30-33, 37,45, figg. 20-23; Centurione, “Studii” cit., XIII, 1888, pp. 70, 104 s., 156; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., I,1892, p. 290; F. Corona, Guida cit., 1896, p. 221; O. Montelius, Ricordi cit., 1898, p. 28 (trad. Millelire);Schoetensack, Zeitschrift für Ethnologie, 1898, p. 34; T. Zanardelli, Bull. Paletn. It., 1899, p. 151 s.; G. Pin-za, Mon. ant. Lincei, XI, 1901, col. 98-113, 119, 122-130, 219, 237, 275, tavv. VII-VIII, figg. 69-70, 75-78; F. Nissardi, “Contributo” cit., 1903, pp. 653, 657, 663, 666, 669; A. Taramelli, Bull. Paletn. It., 1906,p. 270; G. Sergi, La Sardegna. Note e Commenti d’un antropologo, Torino 1907, p. 12; A. Taramelli, Mon.Ant. Lincei, 1907, col. 20, 38, 64, 112; Not. di Scavi, 1908, p. 116; Mon. Ant. Lincei, 1909, XIX, col. 266,274; Arch. Stor. Sardo, V, 1909, p. 134; E. Pais, “Intorno all’età della stazione archeologica di Abìni in Sar-degna”, in Studi Storici per l’antichità classica, Pisa 1909, vol. II, fasc. III-IV, p. 440; A. Taramelli, Mon. ant.Lincei, XX, 1910, col. 167, 201, 204, 215, 217 s.; R. Pettazzoni, La religione primitiva in Sardegna, 1912,pp. 25, 82; A. Taramelli, Guida del Museo cit., 1914, p. 13 s., p. 172, tav. XI, fig. 18; A. Taramelli, in S.Manca, Guida generale della Sardegna, Milano 1914-15, p. 9; Mon. ant. Lincei, XXIII, 1914, col. 411 s.;Not. di Scavi, 1915, p. 108, 115 s.; Bull. Paletn. It., XLI, 1915, p. 4 ss.; Mon. ant. Lincei, XXV, 1918, col.65, 125; Id., Mon. ant. Lincei, XXV, 1919, col. 780, 792, 835; Id., Mon. ant. Lincei, XXVII, 1921, col. 11,32, 58, 69, 95, 97, 166, 168; U. Rellini, “Miniere e forni” cit., 1922, p. 15; C. Dessì, Nuraghi di Sardegna,1922, pp. 13, 22-24; Singolari nuraghi in Gallura, 1922, p. 10; I nuraghi della Sardegna, 1923, pp. 20, 31s.; Erwin Scheu, Sardinien Landeskundliche Studien, 1923, p. 66 s., fig. 14; U. Rellini, “Miniere e fonderia”cit., 1923, pp. 13, 15; E. Pais, Storia della Sardegna cit., 1928, II, p. 729 s., tavv. XXXIV, in basso e XXXV;C. Dessì, I nuraghi della Sardegna, 1924, p. 7 s.; Steinitzer, Die vergessene Insel Sardinien und die Sarden,Gotha 1924, p. 22; A. Taramelli, rec. a F. Flumene, Un po’ più di luce cit., in Arch. stor. sardo, XIV, p. 4 ss.(estratto); V. Edel, I Nuraghi e i Nuraghici, Cagliari 1925, p. 34 (verso); R. Di Tucci, Manuale di storia dellaSardegna, Cagliari 1919 p. 11, fig. 3; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XXXI, 1926, col. 425, 440 s.; Il Con-vegno arch. cit., 1926, pp. 16, 26, 44, 77 (note 19-20), 79 (nota 37), figg. 29, 40, 42; “Il Convegno ar-cheologico sardo”, in Historia, n. 1, anni I-V, 1926, p. 5 (estratto); B.R. Motzo, Conv. arch., 1926, p. 85 s.;F. Von Duhn, “Nurage”, in Reall. d. Vorg., IX, 1927, p. 142, tav. 178; A. Della Seta, Italia antica, Bergamo1928, p. 55, fig. 46 (2a ed.); A. Taramelli, Bull. Paletn. It., 1929, XLIX, p. 85 s.; “I nuraghi e i loro abitato-ri” cit., 1930, pp. 3-5, 9-10, figg. 9-10; “Gli studi archeologici in Sardegna”, in Mediterranea, VI, 1982, p.5; E. Pais, Storia dell’Italia antica e della Sicilia, per l’età anteriore al dominio romano, Torino 1933, vol. I, p.119; A. Taramelli, “Nuraghi”, in Enciclopedia Italiana, 1935, vol. XXV, p. 82 s., tav. XI, basso a sinistra; At-ti del XII Congresso Geografico Italiano, 1935, pp. 64, 69, e LXVIII; Carta archeologica, ff. 205-206, 1935,p. 121 s., nn. 80-80a-81; A. Taramelli-Delogu, Il R. Museo Nazionale cit., 1936, p. 8, fig. 51 in alto; P.Bosch-Gimpera, “La culture sarde et ses relations mediterranéennes”, in Commission Internationale pour lapréhistoire de la Mediterranée Occidentale, Conference de Barcelone 1935, Barcelone 1937, p. 29, pl. XXVIII;M. Niehaus, Sardinien, Ein Reisebuch, Frankfurt 1938, p. 137 s.; A. Taramelli, “Chi i Romani trovarono inSardegna?”, in Sardegna Romana, II, 1939, p. 7 (estratto); Mon. ant. Lincei, 1939, XXXVIII, col. 10 s., 18s., 23, 38; U. Rellini, “La Penisola appenninica” cit., 1940, p. 28; G. Patroni, Architettura preistorica cit.,1941, pp. 201, 207, 347, figg. 245, 254; G. Lilliu, Bull. Paletn. It., V-VI, 1941-42, p. 163; Not. di Scavi,1941, p. 160; A. Bonu, Nell’Isola dei Nuraghi, Siena 1942, p. 26, fot. in copertina; P. Cao, Uno sprazzo di

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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dal carattere dello spazio scoperto che era il più frequentato, transitandovi o convenen-dovi per soffermarsi soldati e altre persone d’ogni parte della fortezza. Delle camerecontenute nelle tre cuspidi turrite B, C, D, si misura soltanto la C, di m 3,50 x 4,45 didiametro, col tetto sfondato. Essa comunica col cortile per mezzo d’un corridoio di m 8di lunghezza x 1 di larghezza a sezione angolare, e con D attraverso una galleria, paral-lela alla cortina di Nordnordest, né percorribile né misurabile, ma soltanto suppostasulla base dell’invito che si apre nella parete sinistra per chi entra della cella di D. Del-l’andito che porta dal cortile a B si osserva appena il primo tratto, di m 2 di lunghezza,accessibile da una porta alta architravata, a taglio troncogivale. La camera B, non rileva-bile, è ipotizzata, in pianta, delle stesse dimensioni di C, a cui faceva riscontro simme-trico, ai lati del mastio. Supposta è pure la cella D nella cuspide a Nordnordovest, nellaquale si può immaginare una posterula autonoma, come nella torre di retroprospettodel nuraghe Losa (vedi). Ma tutta questa parte delle prominenze del baluardo triango-lare aggiunto del Lughèrras, non si può determinare nella sua precisa costituzione, per-ché molto crollata né interamente messa in luce dallo scavo. Ben visibile è invece latorretta F, che contiene una cella di pianta ellittica, di m 4,95 x 3,20, in origine coper-ta da volta, ora caduta per oltre due terzi. La cella da un andito mette nel cortile, peruna porta ad architrave alleggerito da feritoia. Nella parete destra di essa, ad altezzadal suolo, si apre l’imbocco d’una scaletta che piega da destra a sinistra, con bruscogomito, e sale in direzione del terrazzo della cortina che chiude il cortile dal lato del-l’ingresso. Dallo spalto si poteva guardare e difendere il cortile stesso e la fronte ester-na dell’edifizio in cui soprattutto si concentrava la forza d’attacco di uomini e di mez-zi d’urto (arieti etc.); quella forza appunto che forse determinò il cedimento dellamuraglia antica frontale del trilobo e la sua restituzione nella nuova stesura di F, piùsalda e più contratta in parete a vista di quanto non lo fosse la distesa e fluida cortinadel trilobo. L’opera muraria del bastione, vista nel prospetto, è di tipo subquadrato conblocchi di forma prevalentemente quadrangolari disposti in file abbastanza regolari;l’ordinamento in filari orizzontali è seguito anche nelle pareti del cortile dove, oltre l’usodi molte pietre subquadrate, si nota la preminenza di blocchi poliedrici e tondeggiantinon lavorati i quali, talvolta, per la loro irregolarità vengono a interrompere la conti-nuità dei corsi. Nelle stesse pareti e, di più ancora, in quelle delle camere le file di pie-tre, appena dirozzate con grossolano taglio alla mazza, sono congiunte con impiegod’argilla e di minuto scheggiame. A rafforzare la difesa del nucleo interno, fu costruitoin una terza fase l’antemurale. Il suo perimetro pentagonale si articola in cortine rettili-nee (tranne il lungo tratto a Ovestsudovest), sul cui filo sporgono per metà (L) o di trequarti (I, H, G), delle torri, situate agli angoli (fig. 10, 1). Il gusto di linea della cinta èsegmentato a successione spezzata di prominenze convesse e rotonde e di rientranzerettilinee, ben diverso da quello continuatamente curvilineo del trilobo. Ciò indicachiaramente l’età diversa delle parti interna ed esterna dell’insieme fortificato. Le torriL ed I incidono sulle D e C, H su F, mentre G guarda la cortina del bastione fra F e B.Il lato più scoperto è a Ovest-sudovest, dove anche il bastione si avvicina di più, fino atangenza, alla muraglia della lizza, dove il forte si presentava meno vulnerabile. Il trattoinvece davanti all’ingresso del trilobo, più debole ed attaccabile che il resto, è stretto en-tro la cerchia delle torri I-H-G. Da questa parte, nella cortina fra I ed H o in quella fraH e G, si deve supporre l’ingresso dell’antemurale (meglio fra G ed H, sì da obbligare il

profondità; e a sinistra quella della scala a spirale con vano a taglio angolare, stretto nel-lo spessore murario di m 4 circa, con gradini erti e usurati di m 0,25 in media di alzo.Nella camera quasi centrica, circolare, del diametro di m 4,75 x 9 di altezza alla cupolachiusa nel suo giro finale di cinque grosse pietre sormontate da una lastra di chiave, siaprono due nicchioni-armadioni ai lati: di piano semicircolare, di m 1,20 di larghezzax 0,90 di profondità, piuttosto alti, i due nicchioni si fronteggiano, quello a sinistra siprolunga in uno stretto vano, come in esempi analoghi dei nuraghi di Goni ed Ar-mùngia (vedi). La camera superiore, a cui si giungeva dalla scala partente dall’andito,ha il diametro di m 2,35. È sprovvista di nicchie, con la volta crollata; prendeva luce daun finestrone che dava sul cortile, come in altri nuraghi complessi. Dal piano di questafinestra, oltre che accedere nell’interno della camera alta, si scendeva in un ripostiglio acupoletta, praticato nella fronte e dentro la muratura del mastio: forse era un piccoloarsenale. L’opera muraria del mastio all’esterno è costituita di blocchi di basalto per lamaggior parte bruti, di forme poliedriche con tendenza a disporsi in filari; nelle partiinterne, e specie nella camera inferiore, le pietre, di minori dimensioni, sono regolariz-zate con letti di argilla e zeppe. La parte superiore del paramento esterno della torre siconcludeva con una superficie liscia di blocchi squadrati, di forma a cuneo, con ad es.a Barùmini, Sarròk etc. (vedi). Il corpo aggiunto trilobato, circonda d’ogni lato il ma-stio, con torri (B, C, D) nelle cuspidi volte a Sudovest, Estnordest, Nordnordovest,unite da cortine curvilinee rientranti leggermente nel mezzo. Sulla fronte del comples-so, a Sudest, il cortile E è preceduto dalla torre F, con cui si è introdotto, in una terzafase costruttiva, lo schema del “tancato” su quello del trilobo, concatenando sia puredisorganicamente, antiche e nuove strutture e dando corpo a un dispositivo compositoper forma, linea e gusto. Si noti, infatti, la differenza, anche stilistica, fra il grado diprominenza delle torri B, C, D dal morbido rilievo, e di F che si avanza in un lungoinciso bastione. L’insieme del corpo aggiunto misura m 33 sulla linea D-F x m 27 sullalinea B-C. L’ingresso (che prima della costruzione di F era nel pronunziamento media-no della cortina frontale del trilobo disegnante uno schema quasi equilatero, forse pro-prio in corrispondenza dell’andito da F ad E), si apre, ora, nel lato Nordest del baluar-do a orecchione di F. Lo costituisce una porta di media altezza, a leggera rastremazionesotto l’architrave di taglio subquadrato con finestrino quadrangolare di scarico. Dietrola porta, l’andito allargato al centro, alto m 2,50, riceve, sulla destra, l’apertura d’unostretto passaggio alla camera di F, per cui si sorveglia dalla camera l’andito stesso e, ol-tre questo passaggio, introduce con una seconda porta, più bassa di quella esterna, nelcortile E. Il cortile, di figura semilunare di m 8,75 x 2,70, contornato da pareti a legge-ro aggetto che restavano aperte in alto (ora son troncate a 6 metri dell’acciottolato delpavimento), disimpegna l’ingresso al mastio A, disassiale, secondo la regola, rispettoall’accesso dall’esterno, quello ad F aperto nella maggiore ampiezza della curva di fron-te al torrione, quelli, infine, a raggiro di mastio che portano a B e a C. Non si osserva-no aperture a vani sopraelevati. Nell’angolo del cortile presso l’ingresso a C, è scavatoil pozzo profondo m 10,25, con la bocca in parte nascosta da un tratto di muro con-vesso spesso m 1,50, che rifascia la fronte del mastio, evidentemente posteriore al poz-zo e coevo alla torre F. La costruzione di questo consolidamento murario come quelladell’orecchione di F portò al rimpicciolimento del cortile il quale, nella primitiva edizionedel trilobo, si curvava con ampiezza maggiore, voluta dalla presenza del pozzo e, in genere,

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dal carattere dello spazio scoperto che era il più frequentato, transitandovi o convenen-dovi per soffermarsi soldati e altre persone d’ogni parte della fortezza. Delle camerecontenute nelle tre cuspidi turrite B, C, D, si misura soltanto la C, di m 3,50 x 4,45 didiametro, col tetto sfondato. Essa comunica col cortile per mezzo d’un corridoio di m 8di lunghezza x 1 di larghezza a sezione angolare, e con D attraverso una galleria, paral-lela alla cortina di Nordnordest, né percorribile né misurabile, ma soltanto suppostasulla base dell’invito che si apre nella parete sinistra per chi entra della cella di D. Del-l’andito che porta dal cortile a B si osserva appena il primo tratto, di m 2 di lunghezza,accessibile da una porta alta architravata, a taglio troncogivale. La camera B, non rileva-bile, è ipotizzata, in pianta, delle stesse dimensioni di C, a cui faceva riscontro simme-trico, ai lati del mastio. Supposta è pure la cella D nella cuspide a Nordnordovest, nellaquale si può immaginare una posterula autonoma, come nella torre di retroprospettodel nuraghe Losa (vedi). Ma tutta questa parte delle prominenze del baluardo triango-lare aggiunto del Lughèrras, non si può determinare nella sua precisa costituzione, per-ché molto crollata né interamente messa in luce dallo scavo. Ben visibile è invece latorretta F, che contiene una cella di pianta ellittica, di m 4,95 x 3,20, in origine coper-ta da volta, ora caduta per oltre due terzi. La cella da un andito mette nel cortile, peruna porta ad architrave alleggerito da feritoia. Nella parete destra di essa, ad altezzadal suolo, si apre l’imbocco d’una scaletta che piega da destra a sinistra, con bruscogomito, e sale in direzione del terrazzo della cortina che chiude il cortile dal lato del-l’ingresso. Dallo spalto si poteva guardare e difendere il cortile stesso e la fronte ester-na dell’edifizio in cui soprattutto si concentrava la forza d’attacco di uomini e di mez-zi d’urto (arieti etc.); quella forza appunto che forse determinò il cedimento dellamuraglia antica frontale del trilobo e la sua restituzione nella nuova stesura di F, piùsalda e più contratta in parete a vista di quanto non lo fosse la distesa e fluida cortinadel trilobo. L’opera muraria del bastione, vista nel prospetto, è di tipo subquadrato conblocchi di forma prevalentemente quadrangolari disposti in file abbastanza regolari;l’ordinamento in filari orizzontali è seguito anche nelle pareti del cortile dove, oltre l’usodi molte pietre subquadrate, si nota la preminenza di blocchi poliedrici e tondeggiantinon lavorati i quali, talvolta, per la loro irregolarità vengono a interrompere la conti-nuità dei corsi. Nelle stesse pareti e, di più ancora, in quelle delle camere le file di pie-tre, appena dirozzate con grossolano taglio alla mazza, sono congiunte con impiegod’argilla e di minuto scheggiame. A rafforzare la difesa del nucleo interno, fu costruitoin una terza fase l’antemurale. Il suo perimetro pentagonale si articola in cortine rettili-nee (tranne il lungo tratto a Ovestsudovest), sul cui filo sporgono per metà (L) o di trequarti (I, H, G), delle torri, situate agli angoli (fig. 10, 1). Il gusto di linea della cinta èsegmentato a successione spezzata di prominenze convesse e rotonde e di rientranzerettilinee, ben diverso da quello continuatamente curvilineo del trilobo. Ciò indicachiaramente l’età diversa delle parti interna ed esterna dell’insieme fortificato. Le torriL ed I incidono sulle D e C, H su F, mentre G guarda la cortina del bastione fra F e B.Il lato più scoperto è a Ovest-sudovest, dove anche il bastione si avvicina di più, fino atangenza, alla muraglia della lizza, dove il forte si presentava meno vulnerabile. Il trattoinvece davanti all’ingresso del trilobo, più debole ed attaccabile che il resto, è stretto en-tro la cerchia delle torri I-H-G. Da questa parte, nella cortina fra I ed H o in quella fraH e G, si deve supporre l’ingresso dell’antemurale (meglio fra G ed H, sì da obbligare il

profondità; e a sinistra quella della scala a spirale con vano a taglio angolare, stretto nel-lo spessore murario di m 4 circa, con gradini erti e usurati di m 0,25 in media di alzo.Nella camera quasi centrica, circolare, del diametro di m 4,75 x 9 di altezza alla cupolachiusa nel suo giro finale di cinque grosse pietre sormontate da una lastra di chiave, siaprono due nicchioni-armadioni ai lati: di piano semicircolare, di m 1,20 di larghezzax 0,90 di profondità, piuttosto alti, i due nicchioni si fronteggiano, quello a sinistra siprolunga in uno stretto vano, come in esempi analoghi dei nuraghi di Goni ed Ar-mùngia (vedi). La camera superiore, a cui si giungeva dalla scala partente dall’andito,ha il diametro di m 2,35. È sprovvista di nicchie, con la volta crollata; prendeva luce daun finestrone che dava sul cortile, come in altri nuraghi complessi. Dal piano di questafinestra, oltre che accedere nell’interno della camera alta, si scendeva in un ripostiglio acupoletta, praticato nella fronte e dentro la muratura del mastio: forse era un piccoloarsenale. L’opera muraria del mastio all’esterno è costituita di blocchi di basalto per lamaggior parte bruti, di forme poliedriche con tendenza a disporsi in filari; nelle partiinterne, e specie nella camera inferiore, le pietre, di minori dimensioni, sono regolariz-zate con letti di argilla e zeppe. La parte superiore del paramento esterno della torre siconcludeva con una superficie liscia di blocchi squadrati, di forma a cuneo, con ad es.a Barùmini, Sarròk etc. (vedi). Il corpo aggiunto trilobato, circonda d’ogni lato il ma-stio, con torri (B, C, D) nelle cuspidi volte a Sudovest, Estnordest, Nordnordovest,unite da cortine curvilinee rientranti leggermente nel mezzo. Sulla fronte del comples-so, a Sudest, il cortile E è preceduto dalla torre F, con cui si è introdotto, in una terzafase costruttiva, lo schema del “tancato” su quello del trilobo, concatenando sia puredisorganicamente, antiche e nuove strutture e dando corpo a un dispositivo compositoper forma, linea e gusto. Si noti, infatti, la differenza, anche stilistica, fra il grado diprominenza delle torri B, C, D dal morbido rilievo, e di F che si avanza in un lungoinciso bastione. L’insieme del corpo aggiunto misura m 33 sulla linea D-F x m 27 sullalinea B-C. L’ingresso (che prima della costruzione di F era nel pronunziamento media-no della cortina frontale del trilobo disegnante uno schema quasi equilatero, forse pro-prio in corrispondenza dell’andito da F ad E), si apre, ora, nel lato Nordest del baluar-do a orecchione di F. Lo costituisce una porta di media altezza, a leggera rastremazionesotto l’architrave di taglio subquadrato con finestrino quadrangolare di scarico. Dietrola porta, l’andito allargato al centro, alto m 2,50, riceve, sulla destra, l’apertura d’unostretto passaggio alla camera di F, per cui si sorveglia dalla camera l’andito stesso e, ol-tre questo passaggio, introduce con una seconda porta, più bassa di quella esterna, nelcortile E. Il cortile, di figura semilunare di m 8,75 x 2,70, contornato da pareti a legge-ro aggetto che restavano aperte in alto (ora son troncate a 6 metri dell’acciottolato delpavimento), disimpegna l’ingresso al mastio A, disassiale, secondo la regola, rispettoall’accesso dall’esterno, quello ad F aperto nella maggiore ampiezza della curva di fron-te al torrione, quelli, infine, a raggiro di mastio che portano a B e a C. Non si osserva-no aperture a vani sopraelevati. Nell’angolo del cortile presso l’ingresso a C, è scavatoil pozzo profondo m 10,25, con la bocca in parte nascosta da un tratto di muro con-vesso spesso m 1,50, che rifascia la fronte del mastio, evidentemente posteriore al poz-zo e coevo alla torre F. La costruzione di questo consolidamento murario come quelladell’orecchione di F portò al rimpicciolimento del cortile il quale, nella primitiva edizionedel trilobo, si curvava con ampiezza maggiore, voluta dalla presenza del pozzo e, in genere,

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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“Influssi dell’Oriente preellenico sulla civiltà primitiva della Sardegna”, in Atene e Roma, XVIII, 1915, n.199-211, 1915, p. 171; A. Taramelli, Mon. Ant. Lincei, 1918, XXV, col. 83 s., 125; U. Rellini, “Miniere eforni” cit., 1922, p. 14; E. Pais, Storia della Sardegna cit., 1923, II, p. 730; U. Rellini, “Miniere e fonde-ria” cit., 1923, pp. 6, 15; F. Flumene, Un po’ più di luce cit., 1923, pp. 32, 69, 95, 97, 166; E.E.M. (prov.di Cagliari), 1922, p. 153; A. Taramelli, Il Conv. arch. cit., 1926, pp. 26, figg. 44-45, 50-51; Mon. ant.Lincei, XXXI, 1926, col. 441; F. Von Duhn, “Nurage”, in Reall. d. Vorg., IX, 1927, p. 142; A. Taramelli,“I nuraghi ed i loro abitatori” cit., 1930, p. 9, figg. 6-7; A. Taramelli, “Gli studi archeologici in Sardegna”,in Mediterranea, VI, 1932, p. 5 (estratto); Birocchi, St.S., I, 1, 1934, p. 67; A. Taramelli, “Cosa insegnauna carta archeologica” cit., 1935, p. 64; Id., Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 127 s., n. 105; A.Taramelli-Delogu, Il R. Museo Nazionale cit., 1936, p. 87, fig. 50; P. Bosch-Gimpera, “La culture sarde”cit., 1937, pl. XXIX; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XXXVIII, 1939, col. 12, 20, 40 s., 57; G. Patroni,Architettura preistorica cit., 1941, pp. 200, 347, fig. 243; G. Lilliu, Bull. Paletn. It., V-VI, 1941-42, p.150; A. Bonu, Nell’isola dei Nuraghi, 1942, p. 26; G. Lilliu, St. Etr., 1944, p. 346, nota 20, p. 364 nota135, p. 369 note 221-222, p. 370 note 226-227; P. Mingazzini, St.S., VII, 1947, p. 13 s., 16-21; D. Levi,Boll. Arte, I, genn.-marzo 1948, p. 62; G. Lilliu, St.S., VIII, 1948, pp. 43, 62 s., 375; M. Varsi, ibidem, p.369; A. Panyella, Archivo Español de Arqueologia, Madrid 1947, n. 68, p. 213; G. Lilliu, St.S., IX, 1950,p. 396 s., 399; M. Pallottino, La Sardegna nuragica, 1950, p. 40; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p.93; G. Lilliu, Il Ponte (Sardegna), 1951, p. 992 s.; St.S., X-XI, 1952, p. 95 s., 114-118; E. Contu, ibidem,pp. 138, 140, 146 s., 150, 152 s., 155; G. Lilliu, “I nuraghi”, in Le Vie d’Italia, 1953, pp. 1291, 1296;Annali Facoltà Lettere, XXI, 1953, parte I, p. 93; Zervos, Civilisation cit., 1954, pp. 36, 62 s., 68, 78, 82,149, 210 s., 216, 285, figg. 244-246; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 99, 101, 107-111, 113, 115,121, 126, 128, 132 s., 136, 139, 141, 153, 156, 160, 163, 196, 203 s., 208, 212, 236; G. Lilliu, in Boll.Bibl. Sardo, I, 1955, p. 5; Id., “I Nuraghi”, in Realtà Nuova, 1956, p. 7 (estratto); E. Contu, St.S., XIV-XV, I, 1958, p. 184; G. Lilliu, ibidem, p. 255; Id., St.S., XVI, 1960, p. 184, nota 103; “I Nuraghi”, in IlProgresso dell’Isola, 1960, p. 30; A. Maiuri, “Arte e Civiltà” cit., 1960, p. 25.

Figura 8, 6: nuraghe SANTU ANTÌNE o SANTINU-Torralba (Sàssari); v. figure 1, 25;3, 5; 14, 2 e tavv. XL-LIV; cartina B, 12.Detto di Santu Antìne da S. Costantino, l’imperatore romano venerato in Sardegnacon culto locale che è la continuazione, alterata, dell’antico culto imperiale. Con quellodi Su Nuraxi di Barùmini è il monumento nuragico di maggior rilievo e importanzadell’Isola. Le due costruzioni, la prima più antica e la seconda più recente, si completa-no a vicenda e, insieme, danno un’immagine potente e impressionante del grado dimaturazione architettonica e culturale a cui giunse la civiltà protosarda megalitica nelperiodo del suo maggior fiore. Domina, con la sua massa imponente, veramente regale(il popolo chiama il nuraghe Sa Domu de Su Rei: la “Casa del Re”, la Reggia), la concadel Campu Giavesu, costellata di altri nuraghi, fra cui il Boes (od Oes). Sta sulla sini-stra del riu Mannu, nel piano basaltico fra questo corso d’acqua e l’affluente riu Tortu.Spicca e vive nel respiro della natura silente e solitaria, al centro della verde piana pa-scoliva chiusa dalla chiostra degli altopiani circostanti (tav. XL, 1). È un paesaggio ar-caico, solenne, fuori del tempo che sta all’intorno del nuraghe; e nell’interno di questosi apre uno squarcio della civiltà micenea in ritardo di secoli. Natura ed architettura,dalle linee essenziali, si compenetrano in modo mirabile; il quadro d’insieme è fascino-so e indimenticabile. Il nuraghe è del tipo trilobato a profilo concavo-convesso, costi-tuito da una torre antica (A) al centro d’un bastione a tre punte turrite (B, C, D) colle-gate da corridoi paralleli alle cortine rientranti. Le due torri frontali (B, C) chiudonoun grande cortile scoperto (E) a cui si entra dalla cortina di facciata a Sudest (tav. XL,2). L’insieme della costruzione misura m 34,20 (sull’asse D-A-E) x m 34,60 (sull’asse

nemico, prima di volgersi all’ingresso del bastione, a passare all’ingiro di F, sottopo-sto ai colpi di questo spalto e del fronteggiante terrazzo di H). Le torri hanno diame-tri esterni da m 12 (L) a 7,50 (I); il diametro della camera si misura soltanto in H(m 4,20), che si conserva nel suo perimetro per circa m 2 di altezza. Il paramento diqueste torri e delle cortine, non visibili dappertutto, è costruito con tecnica poliedrica,rozza, affrettata e raffazzonata, indizio di tempi di pericolo che suggerivano urgenza ascapito del buon lavoro. Il nuraghe fu scavato, nel suo nucleo centrale, dal Taramelli,nel 1906. Dappertutto si trovò una interessante documentazione archeologica, riferibi-le almeno a due periodi, a quella del trilobo e a quella di F e dell’antemurale. Dentro lacamera della torre F, ceneri scorie e resti di panelle metalliche indicavano operazioni dipiccola fondita del bronzo, come a Palmavera (vedi). Dal mastio, dalla cella F, dal cor-tile e specie dal pozzo si ebbero oggetti di pietra (macine e macinelli di lava, asce-scuried accette, elementi di ossidiana), frustoli di bronzo, ma soprattutto stoviglie nelle for-me di olle, tazze carenate, tegami in gran numero etc. Distinte, anche per l’ottima con-servazione, sono fogge di vasi a collo, di tradizione prenuragica, e boccali a becco (o“askoi”) analoghi ad esemplari protoitalici e protosiculi dell’VIII-VII secolo a.C. Sullamaggior copia di stoviglie d’impasto liscie, talvolta di aspetto buccheroide, talvolta re-staurate con grappe di piombo, spiccano gli esempi decorati. Fra quest’ultimi sono ca-ratteristici forme di tegami con la parete interna e col fondo decorati da motivi vari in-cisi a crudo (zigzag, cerchietti talvolta punteggiati, fasce curvilinee a serie di puntiimpressi a pettine), di un gusto geometrico largo, spaziato, che vorrei attribuire alle fasifinali del fiore della civiltà nuragica: qui, in particolare, alla terza fase di F e dell’ante-murale. Propongo le seguenti fasi costruttive del nostro nuraghe: a) del mastio (intornoal 1000 a.C.); b) del trilobo (IX-VII secolo a.C.); c) di F e dell’antemurale (VII-VI se-colo a.C.). La fortezza cadde per opera dei Cartaginesi i quali la smantellarono alla finedel VI o agli inizi del V secolo a.C. In seguito, e con durata dal V secolo fino al tardoimpero, il nuraghe fu trasformato in sacello punico-romano, costruendo, come sem-bra, un tempietto a tetto conico coperto da embrici entro la camera superiore del ma-stio, e facendo della camera inferiore una “favissa” per gli ex-voto, rinvenutivi in copiae varietà di elementi all’atto dello scavo. Questi materiali votivi, dovuti ad attestazionidi culto di genti camite-semite viventi in un villaggetto all’ombra del vicino antico ma-niero atterrato e adattato a “luogo alto” secondo i concetti della religione fenicio-puni-ca durati anche in età romana, consistevano soprattutto in terrecotte e monete. Fra gliex-voto fittili, è distinta una serie di “timiaterii” a busto di Astarte, di varia tipologia ar-caica-greca ed ellenistica, che permettono di seguire per un arco di tempo piuttostolungo il persistere della devozione; numerose pure le lampade dalle repubblicane alleimperiali tarde. L’estensione cronologica delle monete va dagli assi della serie 268-217a.C. a un bronzo di Massimiano (286-310 d.C.). Fuori del nuraghe, in mezzo alle ro-vine, si rinvennero pure armi di ferro (pugnali, coltelli e specie cuspidi di lancia e digiavellotto). Erano ex-voti di età punico-romana o testimonianza della battaglia chemise fine alla fortezza del Lughèrras e alla libertà dei suoi accaniti difensori?Bibliografia: Spano, Memoria, 1867, p. 101, tav. II, 66; A. Taramelli, Arch. stor. sardo, I, 1905, p. 420 s.;Mon. ant. Lincei, XVIII, 1907, col. 38, 112, 116, 120; Mon. ant. Lincei, XIX, 1909, col. 237, 259, 272,274, 289, nota 1; Guida del Museo cit., 1914, pp. 13, 26, 172, tav. X, fig. 15, tav. XI, fig. 16, tav. XII, fig.19; Boll. d’Arte, VIII, n. 8, agosto 1914, p. 254; Bull. Paletn. It., XLI, 1915, p. 5 s. (estratto); G.G. Porro,

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“Influssi dell’Oriente preellenico sulla civiltà primitiva della Sardegna”, in Atene e Roma, XVIII, 1915, n.199-211, 1915, p. 171; A. Taramelli, Mon. Ant. Lincei, 1918, XXV, col. 83 s., 125; U. Rellini, “Miniere eforni” cit., 1922, p. 14; E. Pais, Storia della Sardegna cit., 1923, II, p. 730; U. Rellini, “Miniere e fonde-ria” cit., 1923, pp. 6, 15; F. Flumene, Un po’ più di luce cit., 1923, pp. 32, 69, 95, 97, 166; E.E.M. (prov.di Cagliari), 1922, p. 153; A. Taramelli, Il Conv. arch. cit., 1926, pp. 26, figg. 44-45, 50-51; Mon. ant.Lincei, XXXI, 1926, col. 441; F. Von Duhn, “Nurage”, in Reall. d. Vorg., IX, 1927, p. 142; A. Taramelli,“I nuraghi ed i loro abitatori” cit., 1930, p. 9, figg. 6-7; A. Taramelli, “Gli studi archeologici in Sardegna”,in Mediterranea, VI, 1932, p. 5 (estratto); Birocchi, St.S., I, 1, 1934, p. 67; A. Taramelli, “Cosa insegnauna carta archeologica” cit., 1935, p. 64; Id., Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 127 s., n. 105; A.Taramelli-Delogu, Il R. Museo Nazionale cit., 1936, p. 87, fig. 50; P. Bosch-Gimpera, “La culture sarde”cit., 1937, pl. XXIX; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XXXVIII, 1939, col. 12, 20, 40 s., 57; G. Patroni,Architettura preistorica cit., 1941, pp. 200, 347, fig. 243; G. Lilliu, Bull. Paletn. It., V-VI, 1941-42, p.150; A. Bonu, Nell’isola dei Nuraghi, 1942, p. 26; G. Lilliu, St. Etr., 1944, p. 346, nota 20, p. 364 nota135, p. 369 note 221-222, p. 370 note 226-227; P. Mingazzini, St.S., VII, 1947, p. 13 s., 16-21; D. Levi,Boll. Arte, I, genn.-marzo 1948, p. 62; G. Lilliu, St.S., VIII, 1948, pp. 43, 62 s., 375; M. Varsi, ibidem, p.369; A. Panyella, Archivo Español de Arqueologia, Madrid 1947, n. 68, p. 213; G. Lilliu, St.S., IX, 1950,p. 396 s., 399; M. Pallottino, La Sardegna nuragica, 1950, p. 40; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p.93; G. Lilliu, Il Ponte (Sardegna), 1951, p. 992 s.; St.S., X-XI, 1952, p. 95 s., 114-118; E. Contu, ibidem,pp. 138, 140, 146 s., 150, 152 s., 155; G. Lilliu, “I nuraghi”, in Le Vie d’Italia, 1953, pp. 1291, 1296;Annali Facoltà Lettere, XXI, 1953, parte I, p. 93; Zervos, Civilisation cit., 1954, pp. 36, 62 s., 68, 78, 82,149, 210 s., 216, 285, figg. 244-246; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 99, 101, 107-111, 113, 115,121, 126, 128, 132 s., 136, 139, 141, 153, 156, 160, 163, 196, 203 s., 208, 212, 236; G. Lilliu, in Boll.Bibl. Sardo, I, 1955, p. 5; Id., “I Nuraghi”, in Realtà Nuova, 1956, p. 7 (estratto); E. Contu, St.S., XIV-XV, I, 1958, p. 184; G. Lilliu, ibidem, p. 255; Id., St.S., XVI, 1960, p. 184, nota 103; “I Nuraghi”, in IlProgresso dell’Isola, 1960, p. 30; A. Maiuri, “Arte e Civiltà” cit., 1960, p. 25.

Figura 8, 6: nuraghe SANTU ANTÌNE o SANTINU-Torralba (Sàssari); v. figure 1, 25;3, 5; 14, 2 e tavv. XL-LIV; cartina B, 12.Detto di Santu Antìne da S. Costantino, l’imperatore romano venerato in Sardegnacon culto locale che è la continuazione, alterata, dell’antico culto imperiale. Con quellodi Su Nuraxi di Barùmini è il monumento nuragico di maggior rilievo e importanzadell’Isola. Le due costruzioni, la prima più antica e la seconda più recente, si completa-no a vicenda e, insieme, danno un’immagine potente e impressionante del grado dimaturazione architettonica e culturale a cui giunse la civiltà protosarda megalitica nelperiodo del suo maggior fiore. Domina, con la sua massa imponente, veramente regale(il popolo chiama il nuraghe Sa Domu de Su Rei: la “Casa del Re”, la Reggia), la concadel Campu Giavesu, costellata di altri nuraghi, fra cui il Boes (od Oes). Sta sulla sini-stra del riu Mannu, nel piano basaltico fra questo corso d’acqua e l’affluente riu Tortu.Spicca e vive nel respiro della natura silente e solitaria, al centro della verde piana pa-scoliva chiusa dalla chiostra degli altopiani circostanti (tav. XL, 1). È un paesaggio ar-caico, solenne, fuori del tempo che sta all’intorno del nuraghe; e nell’interno di questosi apre uno squarcio della civiltà micenea in ritardo di secoli. Natura ed architettura,dalle linee essenziali, si compenetrano in modo mirabile; il quadro d’insieme è fascino-so e indimenticabile. Il nuraghe è del tipo trilobato a profilo concavo-convesso, costi-tuito da una torre antica (A) al centro d’un bastione a tre punte turrite (B, C, D) colle-gate da corridoi paralleli alle cortine rientranti. Le due torri frontali (B, C) chiudonoun grande cortile scoperto (E) a cui si entra dalla cortina di facciata a Sudest (tav. XL,2). L’insieme della costruzione misura m 34,20 (sull’asse D-A-E) x m 34,60 (sull’asse

nemico, prima di volgersi all’ingresso del bastione, a passare all’ingiro di F, sottopo-sto ai colpi di questo spalto e del fronteggiante terrazzo di H). Le torri hanno diame-tri esterni da m 12 (L) a 7,50 (I); il diametro della camera si misura soltanto in H(m 4,20), che si conserva nel suo perimetro per circa m 2 di altezza. Il paramento diqueste torri e delle cortine, non visibili dappertutto, è costruito con tecnica poliedrica,rozza, affrettata e raffazzonata, indizio di tempi di pericolo che suggerivano urgenza ascapito del buon lavoro. Il nuraghe fu scavato, nel suo nucleo centrale, dal Taramelli,nel 1906. Dappertutto si trovò una interessante documentazione archeologica, riferibi-le almeno a due periodi, a quella del trilobo e a quella di F e dell’antemurale. Dentro lacamera della torre F, ceneri scorie e resti di panelle metalliche indicavano operazioni dipiccola fondita del bronzo, come a Palmavera (vedi). Dal mastio, dalla cella F, dal cor-tile e specie dal pozzo si ebbero oggetti di pietra (macine e macinelli di lava, asce-scuried accette, elementi di ossidiana), frustoli di bronzo, ma soprattutto stoviglie nelle for-me di olle, tazze carenate, tegami in gran numero etc. Distinte, anche per l’ottima con-servazione, sono fogge di vasi a collo, di tradizione prenuragica, e boccali a becco (o“askoi”) analoghi ad esemplari protoitalici e protosiculi dell’VIII-VII secolo a.C. Sullamaggior copia di stoviglie d’impasto liscie, talvolta di aspetto buccheroide, talvolta re-staurate con grappe di piombo, spiccano gli esempi decorati. Fra quest’ultimi sono ca-ratteristici forme di tegami con la parete interna e col fondo decorati da motivi vari in-cisi a crudo (zigzag, cerchietti talvolta punteggiati, fasce curvilinee a serie di puntiimpressi a pettine), di un gusto geometrico largo, spaziato, che vorrei attribuire alle fasifinali del fiore della civiltà nuragica: qui, in particolare, alla terza fase di F e dell’ante-murale. Propongo le seguenti fasi costruttive del nostro nuraghe: a) del mastio (intornoal 1000 a.C.); b) del trilobo (IX-VII secolo a.C.); c) di F e dell’antemurale (VII-VI se-colo a.C.). La fortezza cadde per opera dei Cartaginesi i quali la smantellarono alla finedel VI o agli inizi del V secolo a.C. In seguito, e con durata dal V secolo fino al tardoimpero, il nuraghe fu trasformato in sacello punico-romano, costruendo, come sem-bra, un tempietto a tetto conico coperto da embrici entro la camera superiore del ma-stio, e facendo della camera inferiore una “favissa” per gli ex-voto, rinvenutivi in copiae varietà di elementi all’atto dello scavo. Questi materiali votivi, dovuti ad attestazionidi culto di genti camite-semite viventi in un villaggetto all’ombra del vicino antico ma-niero atterrato e adattato a “luogo alto” secondo i concetti della religione fenicio-puni-ca durati anche in età romana, consistevano soprattutto in terrecotte e monete. Fra gliex-voto fittili, è distinta una serie di “timiaterii” a busto di Astarte, di varia tipologia ar-caica-greca ed ellenistica, che permettono di seguire per un arco di tempo piuttostolungo il persistere della devozione; numerose pure le lampade dalle repubblicane alleimperiali tarde. L’estensione cronologica delle monete va dagli assi della serie 268-217a.C. a un bronzo di Massimiano (286-310 d.C.). Fuori del nuraghe, in mezzo alle ro-vine, si rinvennero pure armi di ferro (pugnali, coltelli e specie cuspidi di lancia e digiavellotto). Erano ex-voti di età punico-romana o testimonianza della battaglia chemise fine alla fortezza del Lughèrras e alla libertà dei suoi accaniti difensori?Bibliografia: Spano, Memoria, 1867, p. 101, tav. II, 66; A. Taramelli, Arch. stor. sardo, I, 1905, p. 420 s.;Mon. ant. Lincei, XVIII, 1907, col. 38, 112, 116, 120; Mon. ant. Lincei, XIX, 1909, col. 237, 259, 272,274, 289, nota 1; Guida del Museo cit., 1914, pp. 13, 26, 172, tav. X, fig. 15, tav. XI, fig. 16, tav. XII, fig.19; Boll. d’Arte, VIII, n. 8, agosto 1914, p. 254; Bull. Paletn. It., XLI, 1915, p. 5 s. (estratto); G.G. Porro,

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verso l’alto e determina un modello di cupole che dalla forma regolare dell’inferiore pas-sa a quella sensibilmente depressa e tozza delle tholoi superiori. Del resto i profili dellecamere si uniformano nel taglio ogivale del pari che le curvature della scala e del deam-bulatorio, mentre invece (e in ciò si nota una certa disorganicità formale) sono a sezionetrapezia le aperture della camera a pianterreno, e l’andito dell’ingresso a quest’ultima equello fra il finestrone e la tholos superiore si abbassano chiudendosi a piattabanda.Questi contrasti di taglio dei vani attenuano l’effetto generale di rigore geometrico del-la partizione dell’insieme e quell’aspetto di armonicità classica (soltanto apparente) chesi è voluto ravvisare da taluno nella composizione dello schema lineare. Pur nell’apertatendenza alla simmetria, pur nel respiro spaziale maggiore che in altri nuraghi, pur nel-l’inclinazione, avvertita, a scavare, non senza ardimento costruttivo, il masso murario,l’architettura complessiva, tuttavia, accusa quelle carenze di ordine, quelle aritmie di li-nea, quel gusto di “grotta” che ne fanno, in sostanza, ancora un prodotto della “barba-rie” megalitica sia pure ad alto livello. La torre, conservata all’esterno per l’altezza mas-sima di m 17,55, mostra un’inclinazione uniforme di 8o. Il paramento consta di 28filari ordinati con cura maggiore che entro le camere e gli altri vani, a disposizione oriz-zontale con graduale ritiro di corsi dal basso verso l’alto. L’apparecchio diventa semprepiù uniforme e regolare, sia nel combaciamento delle pietre sia nella squadratura di es-se, via via che si risale in elevato. All’altezza del primo piano passa alla tecnica isodomaper quanto non perfetta. Qui non si presentano più le piccole schegge di adattamentoche si osservano invece nei filari della parte inferiore rivestita dal contrafforte a tre torri.Anche le misure delle pietre regrediscono col salire dei muri, al modo solito. Alla torreA si è aggiunto il trilobo con le punte turrite B, C, sulla fronte a guardia dell’ingressodel cortile E (tavv. XLI, 1-2; XLII, 1) e con la cuspide D, volta a Nordnordovest, a ter-go del mastio (tav. XLII, 2). L’ingresso principale è al centro nella leggera prominenzadella cortina di facciata (tav. XLI, 1); aperto fra Sudest e Sudsudest, largo m 1,30 ed al-to 2, è sormontato da pietra d’architrave con la fronte scorniciata senza spiraglio di sca-rico. L’andito retrostante, coperto a piattabanda col soffitto rilevato nel mezzo (alt. m 3circa), riceve sulla sinistra l’apertura troncogivale della garetta di m 1,17 di larghezza x2,60 di altezza (tav. XLVIII, 2), e poi, attraverso una seconda porta di m 1,05 x 2,20d’altezza, pur essa architravata, sfocia nel cortile (tav. XLVIII, 2). Nella garetta una feri-toia spia verso l’esterno (tav. XLIX, 1). Il cortile, maestoso, il più vasto fra i consimilispazi scoperti dei nuraghi complessi, occupa una supercie di mq 95,59 (tav. XLIII, 2).Di pianta grosso modo trapezoidale con gli angoli tondeggianti, mostra, nell’ala sini-stra presso l’attacco al muro del mastio, un pozzo con parapetto, destinato ai bisognidegli abitanti della fortezza soprattutto durante i lunghi periodi di assedio. Circondatodal muro del torrione che lo dominava dall’alto dei 21 metri e dalle pareti degli spaltidelle torricelle B e C e della cortina di facciata elevate ora sino a m 7,40 (in origine si-no a m 16 a livello del secondo piano), il cortile formava uno spazio ben chiuso e pro-tetto, di grande utilità nel disimpegno difensivo, in quanto in esso si raccordano, conusci e con scale, le celle e i corridoi dei vani a pianterreno e in alzato. Il grande spazioscoperto superiormente e trasformato dall’aggetto delle pareti in un ampio lucernario,era in effetti una corte d’arme, difesa anche dalle feritoie aperte nella cortina frontale, daun lato e dall’altro dell’ingresso (cinque in tutto); tav. XLVIII, 2. Nel cortile danno, ol-tre l’uscio del mastio e dell’ingresso principale dalla campagna, le porte delle camere

B-E-C). La torre primitiva (A), circolare di m 15,47 di diametro, ha l’ingresso a Sudsud-est, largo m 1,20 e alto 1,94, sormontato da architrave sbozzato nella faccia a vista, confinestrino di scarico; tav. XLVII. Dietro la porta, l’andito di accesso di m 4,90 di lun-ghezza x 1,20/1,40 di larghezza x 1,82 (alla mezzeria)/2,60 (allo sfocio in camera) dialtezza, riceve, nel mezzo, a sinistra l’apertura della scala a spirale, che gira da sinistra adestra (tav. XLVI, 2), e a destra quella del deambulatorio concentrico che, descrivendotre quarti di giro intorno alla camera (larghezza m 1,20 x 3,25 d’altezza), finisce nelsottoscala dalla parte di Ovest-sudovest. La stanza inferiore, centrica, rotonda del dia-metro di m 5,46 x 7,93 d’altezza, ha le pareti perforate in croce da tre aperture a nic-chia architravata con spiraglio di scarico a luce di trapezio rovescio (altezza m 2,21 x1,30/0,65 di larghezza); le aperture mettono nel corridoio o ambulacro perimetrale;tav. XLV. Nella stanza, sopra l’architrave interno dell’andito d’ingresso, si affaccia pure,a m 4,16 d’altezza sul pavimento, l’apertura di m 0,91 di altezza di una celletta cupola-ta (m 2,47 di diametro x 3,38 di altezza), sovrastante al solaio piano dell’andito stesso,verso il mezzo (tav. XLIV); nel piancito della celletta, a cui si scende dall’apertura permezzo di due gradini, è un foro di cm 50 corrispondente a una botola o caditoia che sichiudeva con una lastra mobile: accorgimento difensivo a sorpresa comune anche adaltri nuraghi, ma non in forma così svolta e complessa come nel nostro. Sull’asse dellacamera inferiore elevata su 20 file di pietre subquadrate con scheggiame e malta di fan-go, sta la cella del primo piano, di m 4,81 di diametro x 5,33 d’altezza alla chiusuradella tholos formata da 15 filari nella stessa tecnica del paramento del vano a pianterre-no. Alla base del giro della camera corre un sedile, e nella parete del muro a Nordest,sopra il sedile e ad altezza dal pavimento di m 0,90, si osserva l’imbocco d’una nicchiaellittica a bassa calotta (m 2,25/1,05 di diametro x 2,20 d’altezza) che guarda all’ester-no attraverso una feritoia alta m 11,44 sul piano di campagna (tav. XLIII, 1). La came-ra superiore sta dietro il primo ripiano della scala che sale dall’andito d’ingresso, comu-nicante per mezzo d’un passaggio a copertura tabulare di m 1,17 di lunghezza x 2,20di altezza. La camera prende luce da un bel finestrone affacciato sul cortile, a m 9,23d’altezza; la luce, di m 1,69 d’altezza x 0,91 di larghezza, è chiusa da architrave di per-fetta squadratura alleggerito da uno spiraglio quadrangolare (tavv. XL, 2; XLI, 1;XLIII, 1). Resta il giro di fondazione d’una seconda camera superiore, di m 5,20 didiametro, che fu distrutta nel secolo scorso per usarne le pietre nella costruzione dellafonte pubblica del villaggio moderno di Torralba. Vi porta una ripresa della scala elicoi-dale (larga in media in tutto il suo corso m 1,30 e alta 2,60), dando luogo ad un se-condo ripiano, il quale, in origine, volgeva verso un finestrone più alto, sfalsato rispettoall’asse di quello inferiore e della porta d’ingresso a piano terra; espediente di alleggeri-mento e distribuzione dei carichi nella massa costruttiva. Un ultimo avvolgimento discala portava al terrazzo che finiva all’altezza calcolabile di 21 metri (tav. XLVI, 1). Diqui si dominava la campagna all’intorno e si davano le avvisaglie dell’avvicinarsi del ne-mico, stando al riparo dalla vista e dall’offesa di esso, anche per effetto della probabilepresenza d’un parapetto a sbalzo. La torre poggia su una base molto ampia e solida perdar possibilità effettiva e sicurezza allo sviluppo in elevato che, per una costruzione nu-ragica, è, nei suoi 21 metri, veramente notevole e, fra gli esempi conosciuti, il maggio-re. L’elevazione del cono in rapporto ai vani in esso contenuti che sono relativamentenumerosi, condiziona la sovrapposizione degli stessi in proporzioni via via degradanti

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verso l’alto e determina un modello di cupole che dalla forma regolare dell’inferiore pas-sa a quella sensibilmente depressa e tozza delle tholoi superiori. Del resto i profili dellecamere si uniformano nel taglio ogivale del pari che le curvature della scala e del deam-bulatorio, mentre invece (e in ciò si nota una certa disorganicità formale) sono a sezionetrapezia le aperture della camera a pianterreno, e l’andito dell’ingresso a quest’ultima equello fra il finestrone e la tholos superiore si abbassano chiudendosi a piattabanda.Questi contrasti di taglio dei vani attenuano l’effetto generale di rigore geometrico del-la partizione dell’insieme e quell’aspetto di armonicità classica (soltanto apparente) chesi è voluto ravvisare da taluno nella composizione dello schema lineare. Pur nell’apertatendenza alla simmetria, pur nel respiro spaziale maggiore che in altri nuraghi, pur nel-l’inclinazione, avvertita, a scavare, non senza ardimento costruttivo, il masso murario,l’architettura complessiva, tuttavia, accusa quelle carenze di ordine, quelle aritmie di li-nea, quel gusto di “grotta” che ne fanno, in sostanza, ancora un prodotto della “barba-rie” megalitica sia pure ad alto livello. La torre, conservata all’esterno per l’altezza mas-sima di m 17,55, mostra un’inclinazione uniforme di 8o. Il paramento consta di 28filari ordinati con cura maggiore che entro le camere e gli altri vani, a disposizione oriz-zontale con graduale ritiro di corsi dal basso verso l’alto. L’apparecchio diventa semprepiù uniforme e regolare, sia nel combaciamento delle pietre sia nella squadratura di es-se, via via che si risale in elevato. All’altezza del primo piano passa alla tecnica isodomaper quanto non perfetta. Qui non si presentano più le piccole schegge di adattamentoche si osservano invece nei filari della parte inferiore rivestita dal contrafforte a tre torri.Anche le misure delle pietre regrediscono col salire dei muri, al modo solito. Alla torreA si è aggiunto il trilobo con le punte turrite B, C, sulla fronte a guardia dell’ingressodel cortile E (tavv. XLI, 1-2; XLII, 1) e con la cuspide D, volta a Nordnordovest, a ter-go del mastio (tav. XLII, 2). L’ingresso principale è al centro nella leggera prominenzadella cortina di facciata (tav. XLI, 1); aperto fra Sudest e Sudsudest, largo m 1,30 ed al-to 2, è sormontato da pietra d’architrave con la fronte scorniciata senza spiraglio di sca-rico. L’andito retrostante, coperto a piattabanda col soffitto rilevato nel mezzo (alt. m 3circa), riceve sulla sinistra l’apertura troncogivale della garetta di m 1,17 di larghezza x2,60 di altezza (tav. XLVIII, 2), e poi, attraverso una seconda porta di m 1,05 x 2,20d’altezza, pur essa architravata, sfocia nel cortile (tav. XLVIII, 2). Nella garetta una feri-toia spia verso l’esterno (tav. XLIX, 1). Il cortile, maestoso, il più vasto fra i consimilispazi scoperti dei nuraghi complessi, occupa una supercie di mq 95,59 (tav. XLIII, 2).Di pianta grosso modo trapezoidale con gli angoli tondeggianti, mostra, nell’ala sini-stra presso l’attacco al muro del mastio, un pozzo con parapetto, destinato ai bisognidegli abitanti della fortezza soprattutto durante i lunghi periodi di assedio. Circondatodal muro del torrione che lo dominava dall’alto dei 21 metri e dalle pareti degli spaltidelle torricelle B e C e della cortina di facciata elevate ora sino a m 7,40 (in origine si-no a m 16 a livello del secondo piano), il cortile formava uno spazio ben chiuso e pro-tetto, di grande utilità nel disimpegno difensivo, in quanto in esso si raccordano, conusci e con scale, le celle e i corridoi dei vani a pianterreno e in alzato. Il grande spazioscoperto superiormente e trasformato dall’aggetto delle pareti in un ampio lucernario,era in effetti una corte d’arme, difesa anche dalle feritoie aperte nella cortina frontale, daun lato e dall’altro dell’ingresso (cinque in tutto); tav. XLVIII, 2. Nel cortile danno, ol-tre l’uscio del mastio e dell’ingresso principale dalla campagna, le porte delle camere

B-E-C). La torre primitiva (A), circolare di m 15,47 di diametro, ha l’ingresso a Sudsud-est, largo m 1,20 e alto 1,94, sormontato da architrave sbozzato nella faccia a vista, confinestrino di scarico; tav. XLVII. Dietro la porta, l’andito di accesso di m 4,90 di lun-ghezza x 1,20/1,40 di larghezza x 1,82 (alla mezzeria)/2,60 (allo sfocio in camera) dialtezza, riceve, nel mezzo, a sinistra l’apertura della scala a spirale, che gira da sinistra adestra (tav. XLVI, 2), e a destra quella del deambulatorio concentrico che, descrivendotre quarti di giro intorno alla camera (larghezza m 1,20 x 3,25 d’altezza), finisce nelsottoscala dalla parte di Ovest-sudovest. La stanza inferiore, centrica, rotonda del dia-metro di m 5,46 x 7,93 d’altezza, ha le pareti perforate in croce da tre aperture a nic-chia architravata con spiraglio di scarico a luce di trapezio rovescio (altezza m 2,21 x1,30/0,65 di larghezza); le aperture mettono nel corridoio o ambulacro perimetrale;tav. XLV. Nella stanza, sopra l’architrave interno dell’andito d’ingresso, si affaccia pure,a m 4,16 d’altezza sul pavimento, l’apertura di m 0,91 di altezza di una celletta cupola-ta (m 2,47 di diametro x 3,38 di altezza), sovrastante al solaio piano dell’andito stesso,verso il mezzo (tav. XLIV); nel piancito della celletta, a cui si scende dall’apertura permezzo di due gradini, è un foro di cm 50 corrispondente a una botola o caditoia che sichiudeva con una lastra mobile: accorgimento difensivo a sorpresa comune anche adaltri nuraghi, ma non in forma così svolta e complessa come nel nostro. Sull’asse dellacamera inferiore elevata su 20 file di pietre subquadrate con scheggiame e malta di fan-go, sta la cella del primo piano, di m 4,81 di diametro x 5,33 d’altezza alla chiusuradella tholos formata da 15 filari nella stessa tecnica del paramento del vano a pianterre-no. Alla base del giro della camera corre un sedile, e nella parete del muro a Nordest,sopra il sedile e ad altezza dal pavimento di m 0,90, si osserva l’imbocco d’una nicchiaellittica a bassa calotta (m 2,25/1,05 di diametro x 2,20 d’altezza) che guarda all’ester-no attraverso una feritoia alta m 11,44 sul piano di campagna (tav. XLIII, 1). La came-ra superiore sta dietro il primo ripiano della scala che sale dall’andito d’ingresso, comu-nicante per mezzo d’un passaggio a copertura tabulare di m 1,17 di lunghezza x 2,20di altezza. La camera prende luce da un bel finestrone affacciato sul cortile, a m 9,23d’altezza; la luce, di m 1,69 d’altezza x 0,91 di larghezza, è chiusa da architrave di per-fetta squadratura alleggerito da uno spiraglio quadrangolare (tavv. XL, 2; XLI, 1;XLIII, 1). Resta il giro di fondazione d’una seconda camera superiore, di m 5,20 didiametro, che fu distrutta nel secolo scorso per usarne le pietre nella costruzione dellafonte pubblica del villaggio moderno di Torralba. Vi porta una ripresa della scala elicoi-dale (larga in media in tutto il suo corso m 1,30 e alta 2,60), dando luogo ad un se-condo ripiano, il quale, in origine, volgeva verso un finestrone più alto, sfalsato rispettoall’asse di quello inferiore e della porta d’ingresso a piano terra; espediente di alleggeri-mento e distribuzione dei carichi nella massa costruttiva. Un ultimo avvolgimento discala portava al terrazzo che finiva all’altezza calcolabile di 21 metri (tav. XLVI, 1). Diqui si dominava la campagna all’intorno e si davano le avvisaglie dell’avvicinarsi del ne-mico, stando al riparo dalla vista e dall’offesa di esso, anche per effetto della probabilepresenza d’un parapetto a sbalzo. La torre poggia su una base molto ampia e solida perdar possibilità effettiva e sicurezza allo sviluppo in elevato che, per una costruzione nu-ragica, è, nei suoi 21 metri, veramente notevole e, fra gli esempi conosciuti, il maggio-re. L’elevazione del cono in rapporto ai vani in esso contenuti che sono relativamentenumerosi, condiziona la sovrapposizione degli stessi in proporzioni via via degradanti

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muro della torre, è difesa da cinque feritoie per tiro d’arco in ginocchio (altezza di m0,50 corrispondente a quella del filare di base da cui spiccano, tav. LII, 1-3) e contieneun pozzo sussidiario. La cella dà all’esterno, nella prominenza di Nordnordest, con unaposterula a copertura tabulare, difesa, alla sinistra di chi entra, da una garetta di guar-dia simile a quelle situate ai margini del corridoio fra D e B (m 1,30 di profondità x1,20 di larghezza all’imbocco; tav. LI, 3). La presenza delle garette nell’andito d’ingres-so della torre D e nel corridoio fra D e B fa pensare a una necessità di difesa maggiorenella punta di Nordnordovest e nel lato Ovest della fortezza. Dal cortile due aperturerilevate dal suolo di qualche metro ed accessibili da una breve gradinata esterna chetocca la soglia, portano attraverso una rampa di scala in ripida salita ricavata entro unvano a copertura ogivale, nei corridoi del piano superiore. Le aperture sono a luce tra-pezia, con architrave sormontato da spiraglio di scarico, strette ed alte relativamente, ditaglio regolare e slanciato (tav. XLVIII, 1). I corridoi del piano superiore (tav. LIV, 1-3)seguono la direzione di quelli inferiori e ne mantengono la lunghezza, variando invecein larghezza (da m 2 dei basali a m 1,50 negli alti) e in altezza (da m 4 a poco più di3). I corridoi si affacciano, con le aperture sopraelevate descritte, ai vani delle camere B,C, D (tavv. XLIX, 2; LI, 1), e comunicano fra di loro per un andito trasverso, corri-spondente a quello del piano terra, situato dietro D. Come i corridoi inferiori, sono il-luminati da feritoie, otto per ciascuna cortina con spicco dal filare di base; presso B e Csi articolano in due profonde garette, una perpendicolare al corridoio (fra B e D) e l’al-tra sulla sua linea, per quanto un po’ divergente (profondità delle garette m 2,60/2,90x poco più di 1 metro di larghezza). Le rampe di scala partenti dal cortile, al ripianodell’ingresso ai corridoi superiori, seguitano il loro corso, in una seconda rampa, ripidaal pari dell’inferiore ma solo in parte conservata. Per questa, si raggiungeva la quota de-gli spalti del trilobo. Il grande bastione triangolare si conserva ora per l’altezza massimaresidua di m 9 circa su una decina di filari di pietre basaltiche, con particolare impo-nenza sul lato di facciata e specie nella cortina di Ovest dalla suggestiva linea ondulata(tav. XLII, 1-2). Il paramento si eleva con leggera inclinazione (di 7-8°), in file orizzon-tali continue in ritiro graduale verso l’alto. La disposizione dei corsi è, però, meno re-golare che nel paramento del torrione (specie della parte superiore di quest’ultimo; tav.XLI, 3). Le pietre, prevalentemente di taglio subquadrato, alternano forme a parallelo-grammo (in quantità dominante) a forme poliedriche; e, fra le prime, le cubiche si suc-cedono alle prismatiche, e tutte, a differenza dei blocchi del muro esterno del mastioche hanno lati incisi e profilati, presentano i margini e specie gli spigoli arrotondati alnaturale e frastagliati o, comunque, non di preciso taglio ortogonale. Ne risulta unparamento in cui gli elementi non combaciano perfettamente lasciando dei vuoti fra igiunti che vengono riempiti, ma non frequentemente, con brecciame minuto. Le su-perfici a vista delle pietre sono talvolta leggermente convesse, non spianate e levigatecome le hanno i conci del mastio. Le pietre stesse, poi, sono di proporzioni maggiori diquelle del torrione. Soltanto nelle parti alte del paramento erano usati dei grandi massi,anche di m 1,50 di fronte, rifiniti a scalpello con buona squadratura, talvolta sagomati acuneo per l’incastro in muro; ne sono stati trovati a centinaia durante lo scavo alla basedel perimetro del bastione e sono ora disposti lungo il muro recintorio moderno. Questimassi formavano una parete liscia, a elementi ben congiunti, che armonizzava col tersoparamento del mastio. Nell’interno del bastione le strutture si diversificano. Ancora nel

contenute nelle torri B e C, gli ingressi ai corridoi colleganti B e C con la tholos dellatorre D, le aperture delle scale ai corridoi del piano superiore situati negli angoli tan-genti al torrione. B e C mettono al cortile con ingressi a sezione trapezoidale architra-vati di m 0,90 di larghezza x 1,80; tav. XLIII, 2. Dietro le porte brevi anditi tabulati(lunghezza m 1,56) introducono alle celle, già ogivate ed ora col tetto sfondato (altezzaresidua massima di pareti m 6 circa); tav. XLIX, 4, tav. L, 2. Nel giro delle camere, dim 5,46 (B) e 5,70 (C) di diametro, nell’arco corrispondente alla prominenza delle torrisi aprono delle feritoie a 60/70 cm dal pavimento, destinate al tiro dell’arco in posizio-ne genuflessa. Le feritoie sono 5 in B (tav. L, 3-4) e 4 in C (tav. XLIX, 3-4). In C siapre pure una bassa posterula rettangolare presso la porta d’accesso al corridoio d’unio-ne a D (tav. XLIX, 3-4). Questa porta, come l’analoga che mette nel corridoio fra B eD (tav. XLIX, 4), è a sezione trapezoidale con finestrino quadrangolare di scarico, largam 1,30 ed alta 2. A sezione rettangolare, pur esse architravate, sono invece le aperturesopraelevate da terra 4 metri – integra quella in C (tav. XLIX, 2) – che permettono lasalita, per mezzo d’una scala mobile, ai corridoi superiori lungo le cortine di Nordest edi Ovest. I meravigliosi corridoi inferiori fra C e D (tav. LIII) e B e D, lunghi m 23, al-ti 4, che ricordano nelle possenti strutture a forte aggetto, nella sezione angolare, nel-l’effetto chiaroscurale delle ombre e delle luci, i corridoi della rocca di Tirinto, sono,come le tholoi, rischiarati e difesi da feritoie per tiro in ginocchio. Le feritoie sono innumero di 9 nella cortina fra C e D, di 7 nella cortina fra B e D, a m 0,70 di altezzadal suolo. Nel corridoio fra B e D (cortina di Ovest) si osservano pure due nicchie ret-tangolari (m 1,30 di profondità x 1,20 di larghezza), situate alle due estremità pressol’entrata alle camere ogivate; al risvolto di B si presenta, inoltre, una posterula che dàall’esterno con un basso e stretto portello quadrangolare (tav. L, 1). I due corridoi siraccordano in D, la camera contenuta nella cuspide di retroprospetto, ma sono collega-ti pure, direttamente, per mezzo d’un andito trasversale a raggiro interno di D, fra que-st’ultima cella e il fasciamento pentagonoide che stringe il mastio A (lunghezza dell’an-dito m 7, altezza 2 circa). I corridoi comunicano inoltre col cortile, attraverso due ramidi m 9 di lunghezza, che fanno capo a porte architravate di sezione trapezoidale di m1,20 di larghezza basale x 2 d’altezza, aperte fra l’ingresso alle camere B e C e quelli allescale per i corridoi superiori. Questi tre brevi anditi scandiscono il fasciamento penta-gonoide del mastio e lo isolano dalle masse traforate delle cuspidi turrite, come i grandicorridoi lo separano dalle cortine. Ne risulta un ritaglio geometrico di bell’effetto cur-vilineo (quasi “baroccheggiante”), uno spartito architettonico di gusto “labirintico”,studiato nei rapporti di massa-spazio, nella coerenza ritmica delle linee e, soprattutto,nella funzione statica di consolidare ai fianchi la gravitazione dell’alto torrione centrale.Lo spazio più distante dalla fronte del nuraghe è costituito dalla camera D, del diame-tro di m 5,80 (la più vasta del complesso), alta ora m 7,54 (in origine, a cupola integra,m 8). Comunicante con il corridoio a C per una bassa porticina separata soltanto dallostipite destro del portello, di pari altezza, che mette all’andito trasversale fra D ed A(tav. LI, 4), comunicante pure, per una porta più alta (tav. LI, 2), con il corridoio a B,la camera mostra, sopra quest’ultima porta spostata alla destra a m 4 circa d’elevazionesul pavimento, l’apertura, accessibile con scala mobile, al corridoio del piano superiorelungo la cortina di Ovest (tav. LI, 1). L’apertura, di sezione rettangolare, di m 0,60 x1,40 d’altezza, architravata come le inferiori, è integra. La cella, nel giro prominente del

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muro della torre, è difesa da cinque feritoie per tiro d’arco in ginocchio (altezza di m0,50 corrispondente a quella del filare di base da cui spiccano, tav. LII, 1-3) e contieneun pozzo sussidiario. La cella dà all’esterno, nella prominenza di Nordnordest, con unaposterula a copertura tabulare, difesa, alla sinistra di chi entra, da una garetta di guar-dia simile a quelle situate ai margini del corridoio fra D e B (m 1,30 di profondità x1,20 di larghezza all’imbocco; tav. LI, 3). La presenza delle garette nell’andito d’ingres-so della torre D e nel corridoio fra D e B fa pensare a una necessità di difesa maggiorenella punta di Nordnordovest e nel lato Ovest della fortezza. Dal cortile due aperturerilevate dal suolo di qualche metro ed accessibili da una breve gradinata esterna chetocca la soglia, portano attraverso una rampa di scala in ripida salita ricavata entro unvano a copertura ogivale, nei corridoi del piano superiore. Le aperture sono a luce tra-pezia, con architrave sormontato da spiraglio di scarico, strette ed alte relativamente, ditaglio regolare e slanciato (tav. XLVIII, 1). I corridoi del piano superiore (tav. LIV, 1-3)seguono la direzione di quelli inferiori e ne mantengono la lunghezza, variando invecein larghezza (da m 2 dei basali a m 1,50 negli alti) e in altezza (da m 4 a poco più di3). I corridoi si affacciano, con le aperture sopraelevate descritte, ai vani delle camere B,C, D (tavv. XLIX, 2; LI, 1), e comunicano fra di loro per un andito trasverso, corri-spondente a quello del piano terra, situato dietro D. Come i corridoi inferiori, sono il-luminati da feritoie, otto per ciascuna cortina con spicco dal filare di base; presso B e Csi articolano in due profonde garette, una perpendicolare al corridoio (fra B e D) e l’al-tra sulla sua linea, per quanto un po’ divergente (profondità delle garette m 2,60/2,90x poco più di 1 metro di larghezza). Le rampe di scala partenti dal cortile, al ripianodell’ingresso ai corridoi superiori, seguitano il loro corso, in una seconda rampa, ripidaal pari dell’inferiore ma solo in parte conservata. Per questa, si raggiungeva la quota de-gli spalti del trilobo. Il grande bastione triangolare si conserva ora per l’altezza massimaresidua di m 9 circa su una decina di filari di pietre basaltiche, con particolare impo-nenza sul lato di facciata e specie nella cortina di Ovest dalla suggestiva linea ondulata(tav. XLII, 1-2). Il paramento si eleva con leggera inclinazione (di 7-8°), in file orizzon-tali continue in ritiro graduale verso l’alto. La disposizione dei corsi è, però, meno re-golare che nel paramento del torrione (specie della parte superiore di quest’ultimo; tav.XLI, 3). Le pietre, prevalentemente di taglio subquadrato, alternano forme a parallelo-grammo (in quantità dominante) a forme poliedriche; e, fra le prime, le cubiche si suc-cedono alle prismatiche, e tutte, a differenza dei blocchi del muro esterno del mastioche hanno lati incisi e profilati, presentano i margini e specie gli spigoli arrotondati alnaturale e frastagliati o, comunque, non di preciso taglio ortogonale. Ne risulta unparamento in cui gli elementi non combaciano perfettamente lasciando dei vuoti fra igiunti che vengono riempiti, ma non frequentemente, con brecciame minuto. Le su-perfici a vista delle pietre sono talvolta leggermente convesse, non spianate e levigatecome le hanno i conci del mastio. Le pietre stesse, poi, sono di proporzioni maggiori diquelle del torrione. Soltanto nelle parti alte del paramento erano usati dei grandi massi,anche di m 1,50 di fronte, rifiniti a scalpello con buona squadratura, talvolta sagomati acuneo per l’incastro in muro; ne sono stati trovati a centinaia durante lo scavo alla basedel perimetro del bastione e sono ora disposti lungo il muro recintorio moderno. Questimassi formavano una parete liscia, a elementi ben congiunti, che armonizzava col tersoparamento del mastio. Nell’interno del bastione le strutture si diversificano. Ancora nel

contenute nelle torri B e C, gli ingressi ai corridoi colleganti B e C con la tholos dellatorre D, le aperture delle scale ai corridoi del piano superiore situati negli angoli tan-genti al torrione. B e C mettono al cortile con ingressi a sezione trapezoidale architra-vati di m 0,90 di larghezza x 1,80; tav. XLIII, 2. Dietro le porte brevi anditi tabulati(lunghezza m 1,56) introducono alle celle, già ogivate ed ora col tetto sfondato (altezzaresidua massima di pareti m 6 circa); tav. XLIX, 4, tav. L, 2. Nel giro delle camere, dim 5,46 (B) e 5,70 (C) di diametro, nell’arco corrispondente alla prominenza delle torrisi aprono delle feritoie a 60/70 cm dal pavimento, destinate al tiro dell’arco in posizio-ne genuflessa. Le feritoie sono 5 in B (tav. L, 3-4) e 4 in C (tav. XLIX, 3-4). In C siapre pure una bassa posterula rettangolare presso la porta d’accesso al corridoio d’unio-ne a D (tav. XLIX, 3-4). Questa porta, come l’analoga che mette nel corridoio fra B eD (tav. XLIX, 4), è a sezione trapezoidale con finestrino quadrangolare di scarico, largam 1,30 ed alta 2. A sezione rettangolare, pur esse architravate, sono invece le aperturesopraelevate da terra 4 metri – integra quella in C (tav. XLIX, 2) – che permettono lasalita, per mezzo d’una scala mobile, ai corridoi superiori lungo le cortine di Nordest edi Ovest. I meravigliosi corridoi inferiori fra C e D (tav. LIII) e B e D, lunghi m 23, al-ti 4, che ricordano nelle possenti strutture a forte aggetto, nella sezione angolare, nel-l’effetto chiaroscurale delle ombre e delle luci, i corridoi della rocca di Tirinto, sono,come le tholoi, rischiarati e difesi da feritoie per tiro in ginocchio. Le feritoie sono innumero di 9 nella cortina fra C e D, di 7 nella cortina fra B e D, a m 0,70 di altezzadal suolo. Nel corridoio fra B e D (cortina di Ovest) si osservano pure due nicchie ret-tangolari (m 1,30 di profondità x 1,20 di larghezza), situate alle due estremità pressol’entrata alle camere ogivate; al risvolto di B si presenta, inoltre, una posterula che dàall’esterno con un basso e stretto portello quadrangolare (tav. L, 1). I due corridoi siraccordano in D, la camera contenuta nella cuspide di retroprospetto, ma sono collega-ti pure, direttamente, per mezzo d’un andito trasversale a raggiro interno di D, fra que-st’ultima cella e il fasciamento pentagonoide che stringe il mastio A (lunghezza dell’an-dito m 7, altezza 2 circa). I corridoi comunicano inoltre col cortile, attraverso due ramidi m 9 di lunghezza, che fanno capo a porte architravate di sezione trapezoidale di m1,20 di larghezza basale x 2 d’altezza, aperte fra l’ingresso alle camere B e C e quelli allescale per i corridoi superiori. Questi tre brevi anditi scandiscono il fasciamento penta-gonoide del mastio e lo isolano dalle masse traforate delle cuspidi turrite, come i grandicorridoi lo separano dalle cortine. Ne risulta un ritaglio geometrico di bell’effetto cur-vilineo (quasi “baroccheggiante”), uno spartito architettonico di gusto “labirintico”,studiato nei rapporti di massa-spazio, nella coerenza ritmica delle linee e, soprattutto,nella funzione statica di consolidare ai fianchi la gravitazione dell’alto torrione centrale.Lo spazio più distante dalla fronte del nuraghe è costituito dalla camera D, del diame-tro di m 5,80 (la più vasta del complesso), alta ora m 7,54 (in origine, a cupola integra,m 8). Comunicante con il corridoio a C per una bassa porticina separata soltanto dallostipite destro del portello, di pari altezza, che mette all’andito trasversale fra D ed A(tav. LI, 4), comunicante pure, per una porta più alta (tav. LI, 2), con il corridoio a B,la camera mostra, sopra quest’ultima porta spostata alla destra a m 4 circa d’elevazionesul pavimento, l’apertura, accessibile con scala mobile, al corridoio del piano superiorelungo la cortina di Ovest (tav. LI, 1). L’apertura, di sezione rettangolare, di m 0,60 x1,40 d’altezza, architravata come le inferiori, è integra. La cella, nel giro prominente del

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di profondità) con rincasso per il coperchio non più esistente. Il sarcofago deve riferirsial vicino cimitero di epoca classica.Bibliografia: Cetti, Storia naturale della Sardegna, t. I, Sàssari 1774, fig. a p. 147; Petit Radel, Notice sur lesnuraghes de la Sardaigne considérés dans leurs rapports avec les résultats des recherches sur les monumens cyclo-péens ou pélasgiques, Paris 1826, p. 26; W.H. Smyth, Sketch of the present state of the Island of Sardinia, Lon-don 1828, p. 6 s.; Valéry, Voyages en Corse, a l’île d’Elbe et en Sardaigne, Paris 1837, t. II, p. 89; A. Lamar-mora, Voyage, II, 1840, p. 43 s., 73-77, 79, 82-84, 87, 110, 552; Angius in Casalis, Dizionario, 1843, p.710; G. De Gregory, Isola di Sardegna, trad. di A.F. Falconetti, Venezia 1847, p. 6; Angius, in Casalis, Di-zionario, XXIII, 1853, p. 23; Spano, Memoria, 1854, p. 16, p. 40 nota 2, p. 42; J.F. Neigebaur, Die Inselcit., 1855, p. 295, tav. X (errato S. Antonius); A. Lamarmora, Itinéraire, II, 1860, p. 223; Spano, Mnemosi-ne sarda cit., 1864, tav. VI, 3; Memoria, 1867, pp. 4, 17, 27, 62, 66, 78, 84, 97, tav. I, 2; P. Mantovani, perItalia Centrale, 16 giugno 1874; G. Cara, Considerazioni cit., 1876, tav. I, 2, a-b; Corbetta, Sardegna e Cor-sica, Milano 1877, pp. 171, 265; E. Pais, “La Sardegna prima” cit., 1881, p. 281; E. Roissard de Bellet DeBellet, La Sardaigne cit., 1884, p. 108; Centurione, “Studii” cit., 1888, pp. 23, 33, 41-43, 51, 53 s., 70,91, 93, 95, 107 s., fig. XXIX; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., I, 1892, pp. 309, 312; G. Vuillier, Le isole di-menticate cit., 1893 (trad. di R. Carta Raspi, 1930), p. 38; F. Corona, Guida cit., 1896, pp. 46, 227; G. Pinza,Mon. ant. Lincei, 1901, col. 114, tav. V, fig. 1, col. 143, 219; Ardu Onnis, “Per la Sardegna preistorica” cit.,1903, p. 14; F. Nissardi, “Contributo” cit., 1903-04, pp. 655, 669; A. Grasselli, In Sardegna, Milano 1905,p. 108; H. De Chaignon, “Sur les nuraghes” cit., 1906-07, pp. 9, 24; F. Préchac, “Notes sur l’architecture”cit., 1908, p. 149; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XXX, 1909, col. 274; C. Dessì, Nuraghi e Terme: da Por-totorres al Deposito allevamento cavalli di Bonorva, Sàssari 1920, p. 11 s.; Nuraghi di Sardegna, 1922, pp. 13,22, 25; Singolari nuraghi in Gallura, 1922, pp. 8, 10; I nuraghi della Sardegna, 1923, pp. 20, 28 s., 36; E.Pais, Storia della Sardegna cit., 1923, II, p. 725; F. Flumene, Un po’ più di luce cit., 1923, pp. 57, 168; C.Dessì, I nuraghi della Sardegna, Ricerche sull’uso generico di essi, 1924, p. 6; E. Lucchi, Visioni di Sardegna,Cagliari 1933, p. 129; A. Taramelli, “Cosa insegna una carta archeologica” cit., 1935, pp. 64 s., 68; “Nura-ghi”, in Enciclopedia Italiana, 1935, vol. XXV, p. 82 s., tav. XII, in basso a destra; Boll. d’Arte, 1935 (s. III),XXVIII, n. X, pp. 458-462, figg. 1-7; “L’uso del sughero nell’antichità”, in Atti del Congresso Nazionale delSughero, Sàssari 1936, p. 2 (estratto); “Chi i Romani trovarono in Sardegna” cit., 1939, pp. 6, 8 (estratto);Carta archeologica, f. 193, 1940, p. 69, n. 6; Mon. ant. Lincei, 1939, XXXVIII, col. 10 ss.; G. Lilliu, Not. diScavi, 1941, p. 257, nota 1; Bull. Paletn. It., 1943, p. 141 s.; St. Etr., 1944, p. 369, nota 1; G. Freiherr VonKaschnitz-Weimberg, Die mittelmeerischen Gründlagen der antiken Kunst, 1944, p. 43, n. 60; P. Mingazzini,St.S., 1947, VII, pp. 9-26, tavv. I-III; M. Varsi, ibidem, p. 281 (22); P. Mingazzini, “I nuraghi sardi ed il lo-ro ambiente”, in Annali di ricerche e studi di geografia, II, n. 4, Genova 1947, p. 32 s., fig. 1, 2-3; “Archäeo-logische Grabungen und Funde in Italien”, in Arch. Anz., Bd. 65/66, 1948, p. 274, fig. 62; G. Lilliu, St.S.,VIII, 1948, pp. 62 s., 374, 419; P. Balata, ibidem, p. 433; G. Pesce-G. Lilliu, Sculture della Sardegna nura-gica, Venezia 1949, p. 4, tav. I; G. Lilliu, St.S., IX, 1950, pp. 397, 399, 434, 441; M. Pallottino, La Sarde-gna nuragica, 1950, pp. 38, 41, 54, 61, tav. VI, 5; G. Patroni, La Preistoria, 1951, I, p. 482; G. Lilliu, IlPonte (Sardegna), VII, 1951, p. 992; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, pp. 95 s., 186; P. Mingazzini,St.S., X-XI, 1952, p. 56; G. Lilliu, ibidem, pp. 71, 74, 95, 98, 100, 116, 118; E. Contu, ibidem, pp. 138 s.,140, 147, 150, 153 s.; G. Lilliu, Annali, 1953, parte I, XXI, p. 85; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 72 ss.,figg. 45-59; F. Loddo Canepa, La Sardegna cit., 1954, p. 3; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 107, 113,121-137, 154 s., 156 s., 160-164, 196, 199-204, 208, 210, 212, 220 s., 224, 250, 253, 256, 305, 310; G.Lilliu, in L’Illustrazione Italiana, Natale 1955, p. 30; Bull. Bibl., cit., sett. 1955, p. 6; “I Nuraghi”, in RealtàNuova, 1956, n. 9, pp. 7, 9 (estratto); R. Carta Raspi, Il volto della Sardegna, 1956, pp. 17, 20, fig. 27 a; R.Branca, Sardegna segreta, 1956, p. 107; J. Job, Sardinien, 1956, p. 119 s.; V. Mossa, Architettura domesticacit., 1957, p. 31, fig. 2; A. Borio, Sardaigne, 1957, p. 21, fig. 7, 22, p. 121 s., 146; G.F. Ackermann, Reise-land von morgen cit., 1957, pp. 10, 38, tavv. 9, 11; E. Contu, St.S., XIV-XV, I, 1958, pp. 156, 178; G. Lil-liu, ibidem, pp. 248, 272; V. Mossa, ibidem, p. 380; R. Pracchi, “Contributo” cit., 1959, p. 39; G. Lilliu,St.S., XVI, 1960, p. 184, nota 103, p. 197, nota 159; Scientific american, dic. 1959, p. 69; “I nuraghi”, inIl Progresso dell’Isola, 1960, pp. 25, 32; A. Maiuri, “Arte e Civiltà” cit., 1960, pp. 25-26, tav. 13, 43.

cortile si osserva una certa cura nell’ordinamento dei filari, per quanto minore che neltorrione a cui aderiscono, evidentemente aggiunte, le pareti. Il cortile era un ambientedi frequentazione continua, che doveva esser visto e che, dunque, abbisognava di unacerta bella apparenza muraria da non stonare troppo con le strutture della torre antica,nitide ed eleganti. Invece, nei vani delle camere, nei corridoi perimetrali, negli anditi tra-sversali, nelle garette etc., le murature, pur mantenendo sempre la disposizione in file,mostrano l’impiego di pietre tagliate sommariamente a mazza e messe in opera senza ul-teriore lavorazione, con accostamento confuso di elementi di varia forma (subquadrata,poliedrica) e misura (grandi dimensioni specie nei corridoi, grandi e medie nelle ca-mere), con uso frequente di zeppame per riempire i vuoti fra blocco e blocco. In que-sti vani, non in mostra, erano la funzione e la stabilità strutturale a prevalere sul sensodell’eleganza dei paramenti. Il gusto e la bellezza architettonica – una bellezza rude edessenziale – sono qui affidati agli aggetti scanditi dei corridoi a taglio ogivale od angola-re, ai volumi potenti degli speroni murari che li dividono, ai ritmi delle cupole, alla sug-gestione misteriosa e arcana dei recessi (garette, anditi, posterule), alle ombre avvivate ditratto in tratto dalle lame di luce velata, morbida, delle feritoie. È da questa solenne ar-chitettura, in cui si coglie il respiro del monumento – un respiro antico, da giganti – chenasce l’incanto per il visitatore. Veramente noi entriamo nel regno di Minosse, nell’at-mosfera d’un “labirinto”, nell’intrico d’un “dedaleo”. È difficile sottrarsi al fascino diquesti accostamenti con luoghi mitico-eroici del II millennio a.C., davanti alla fortezzadel Santu Antìne, uno dei prodotti più elevati e commoventi dell’architettura megaliticaa torri del Mediterraneo occidentale. Il nuraghe, già conosciuto e rilevato dagli scrittoridel secolo scorso (Lamarmora, Smyth), è stato scavato dal Taramelli nel 1935, limitata-mente al nucleo centrale col bastione. Lo scavo non poté estendersi alla ricerca del terre-no intorno dove restano da mettere in luce edifizi circolari che si disegnano alla superfi-cie del suolo (capanne o meglio forse torri d’un antemurale) e dove non è improbabileesistano, negli strati profondi, anche resti d’un villaggio nuragico che è da supporsi ra-gionevolmente. Infatti non ne mancano gli indizi, costituiti da ceramiche, frammenti diossidiana, una stele con scorniciature a dentelli forse di “tomba di giganti” annessa alcentro abitato etc. Anche la morfologia rilevata del suolo intorno al nuraghe suggeriscela presenza di abitazioni, ancora coperte dalle terre. Dallo sterro, sia dentro il mastio siaall’interno dei vari ambienti, si ebbero avanzi archeologici: oggetti di pietra (lisciatoi), dibronzo (spade, accette, braccialetti decorati), di terracotta (“pintaderas”, una figurina dicolomba, stoviglie d’uso liscie e ornate), elementi d’osso e di corno. Insieme vennero inluce ceneri, carboni e resti di pasto, segni di vita durati a lungo dentro e intorno alla for-tezza. In quest’ultima sono stati distinti due periodi costruttivi: quello del mastio, dellafine del sec. IX a.C., e quello del trilobo dell’VIII-VII secolo. Più tardi, dal I secolo a.C.in giù, utilizzando anche materiali del vecchio forte, appoggiandosi in parte alle suestrutture, furon costruite delle casette di età romana, talune – come un esempio che siosserva presso l’ingresso al cortile – con pezzi architettonici (colonne, capitelli etc.). Og-getti di civiltà romana furon recuperati nei tagli fatti in occasione dello scavo: anforine elampade di terracotta d’uso domestico e d’aspetto assai povero. Pezzi di embrici e rotta-mi di stoviglie varie si raccolgono nello spazio adiacente al nuraghe. A circa 100 metri aEstsudest di quest’ultimo giace, fuori sede, abbandonato nella campagna, un sarcofagodi calcare, rettangolare (m 2,25 di lunghezza x 0,60 di larghezza x 0,50 di altezza e 0,33

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di profondità) con rincasso per il coperchio non più esistente. Il sarcofago deve riferirsial vicino cimitero di epoca classica.Bibliografia: Cetti, Storia naturale della Sardegna, t. I, Sàssari 1774, fig. a p. 147; Petit Radel, Notice sur lesnuraghes de la Sardaigne considérés dans leurs rapports avec les résultats des recherches sur les monumens cyclo-péens ou pélasgiques, Paris 1826, p. 26; W.H. Smyth, Sketch of the present state of the Island of Sardinia, Lon-don 1828, p. 6 s.; Valéry, Voyages en Corse, a l’île d’Elbe et en Sardaigne, Paris 1837, t. II, p. 89; A. Lamar-mora, Voyage, II, 1840, p. 43 s., 73-77, 79, 82-84, 87, 110, 552; Angius in Casalis, Dizionario, 1843, p.710; G. De Gregory, Isola di Sardegna, trad. di A.F. Falconetti, Venezia 1847, p. 6; Angius, in Casalis, Di-zionario, XXIII, 1853, p. 23; Spano, Memoria, 1854, p. 16, p. 40 nota 2, p. 42; J.F. Neigebaur, Die Inselcit., 1855, p. 295, tav. X (errato S. Antonius); A. Lamarmora, Itinéraire, II, 1860, p. 223; Spano, Mnemosi-ne sarda cit., 1864, tav. VI, 3; Memoria, 1867, pp. 4, 17, 27, 62, 66, 78, 84, 97, tav. I, 2; P. Mantovani, perItalia Centrale, 16 giugno 1874; G. Cara, Considerazioni cit., 1876, tav. I, 2, a-b; Corbetta, Sardegna e Cor-sica, Milano 1877, pp. 171, 265; E. Pais, “La Sardegna prima” cit., 1881, p. 281; E. Roissard de Bellet DeBellet, La Sardaigne cit., 1884, p. 108; Centurione, “Studii” cit., 1888, pp. 23, 33, 41-43, 51, 53 s., 70,91, 93, 95, 107 s., fig. XXIX; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., I, 1892, pp. 309, 312; G. Vuillier, Le isole di-menticate cit., 1893 (trad. di R. Carta Raspi, 1930), p. 38; F. Corona, Guida cit., 1896, pp. 46, 227; G. Pinza,Mon. ant. Lincei, 1901, col. 114, tav. V, fig. 1, col. 143, 219; Ardu Onnis, “Per la Sardegna preistorica” cit.,1903, p. 14; F. Nissardi, “Contributo” cit., 1903-04, pp. 655, 669; A. Grasselli, In Sardegna, Milano 1905,p. 108; H. De Chaignon, “Sur les nuraghes” cit., 1906-07, pp. 9, 24; F. Préchac, “Notes sur l’architecture”cit., 1908, p. 149; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XXX, 1909, col. 274; C. Dessì, Nuraghi e Terme: da Por-totorres al Deposito allevamento cavalli di Bonorva, Sàssari 1920, p. 11 s.; Nuraghi di Sardegna, 1922, pp. 13,22, 25; Singolari nuraghi in Gallura, 1922, pp. 8, 10; I nuraghi della Sardegna, 1923, pp. 20, 28 s., 36; E.Pais, Storia della Sardegna cit., 1923, II, p. 725; F. Flumene, Un po’ più di luce cit., 1923, pp. 57, 168; C.Dessì, I nuraghi della Sardegna, Ricerche sull’uso generico di essi, 1924, p. 6; E. Lucchi, Visioni di Sardegna,Cagliari 1933, p. 129; A. Taramelli, “Cosa insegna una carta archeologica” cit., 1935, pp. 64 s., 68; “Nura-ghi”, in Enciclopedia Italiana, 1935, vol. XXV, p. 82 s., tav. XII, in basso a destra; Boll. d’Arte, 1935 (s. III),XXVIII, n. X, pp. 458-462, figg. 1-7; “L’uso del sughero nell’antichità”, in Atti del Congresso Nazionale delSughero, Sàssari 1936, p. 2 (estratto); “Chi i Romani trovarono in Sardegna” cit., 1939, pp. 6, 8 (estratto);Carta archeologica, f. 193, 1940, p. 69, n. 6; Mon. ant. Lincei, 1939, XXXVIII, col. 10 ss.; G. Lilliu, Not. diScavi, 1941, p. 257, nota 1; Bull. Paletn. It., 1943, p. 141 s.; St. Etr., 1944, p. 369, nota 1; G. Freiherr VonKaschnitz-Weimberg, Die mittelmeerischen Gründlagen der antiken Kunst, 1944, p. 43, n. 60; P. Mingazzini,St.S., 1947, VII, pp. 9-26, tavv. I-III; M. Varsi, ibidem, p. 281 (22); P. Mingazzini, “I nuraghi sardi ed il lo-ro ambiente”, in Annali di ricerche e studi di geografia, II, n. 4, Genova 1947, p. 32 s., fig. 1, 2-3; “Archäeo-logische Grabungen und Funde in Italien”, in Arch. Anz., Bd. 65/66, 1948, p. 274, fig. 62; G. Lilliu, St.S.,VIII, 1948, pp. 62 s., 374, 419; P. Balata, ibidem, p. 433; G. Pesce-G. Lilliu, Sculture della Sardegna nura-gica, Venezia 1949, p. 4, tav. I; G. Lilliu, St.S., IX, 1950, pp. 397, 399, 434, 441; M. Pallottino, La Sarde-gna nuragica, 1950, pp. 38, 41, 54, 61, tav. VI, 5; G. Patroni, La Preistoria, 1951, I, p. 482; G. Lilliu, IlPonte (Sardegna), VII, 1951, p. 992; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, pp. 95 s., 186; P. Mingazzini,St.S., X-XI, 1952, p. 56; G. Lilliu, ibidem, pp. 71, 74, 95, 98, 100, 116, 118; E. Contu, ibidem, pp. 138 s.,140, 147, 150, 153 s.; G. Lilliu, Annali, 1953, parte I, XXI, p. 85; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 72 ss.,figg. 45-59; F. Loddo Canepa, La Sardegna cit., 1954, p. 3; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 107, 113,121-137, 154 s., 156 s., 160-164, 196, 199-204, 208, 210, 212, 220 s., 224, 250, 253, 256, 305, 310; G.Lilliu, in L’Illustrazione Italiana, Natale 1955, p. 30; Bull. Bibl., cit., sett. 1955, p. 6; “I Nuraghi”, in RealtàNuova, 1956, n. 9, pp. 7, 9 (estratto); R. Carta Raspi, Il volto della Sardegna, 1956, pp. 17, 20, fig. 27 a; R.Branca, Sardegna segreta, 1956, p. 107; J. Job, Sardinien, 1956, p. 119 s.; V. Mossa, Architettura domesticacit., 1957, p. 31, fig. 2; A. Borio, Sardaigne, 1957, p. 21, fig. 7, 22, p. 121 s., 146; G.F. Ackermann, Reise-land von morgen cit., 1957, pp. 10, 38, tavv. 9, 11; E. Contu, St.S., XIV-XV, I, 1958, pp. 156, 178; G. Lil-liu, ibidem, pp. 248, 272; V. Mossa, ibidem, p. 380; R. Pracchi, “Contributo” cit., 1959, p. 39; G. Lilliu,St.S., XVI, 1960, p. 184, nota 103, p. 197, nota 159; Scientific american, dic. 1959, p. 69; “I nuraghi”, inIl Progresso dell’Isola, 1960, pp. 25, 32; A. Maiuri, “Arte e Civiltà” cit., 1960, pp. 25-26, tav. 13, 43.

cortile si osserva una certa cura nell’ordinamento dei filari, per quanto minore che neltorrione a cui aderiscono, evidentemente aggiunte, le pareti. Il cortile era un ambientedi frequentazione continua, che doveva esser visto e che, dunque, abbisognava di unacerta bella apparenza muraria da non stonare troppo con le strutture della torre antica,nitide ed eleganti. Invece, nei vani delle camere, nei corridoi perimetrali, negli anditi tra-sversali, nelle garette etc., le murature, pur mantenendo sempre la disposizione in file,mostrano l’impiego di pietre tagliate sommariamente a mazza e messe in opera senza ul-teriore lavorazione, con accostamento confuso di elementi di varia forma (subquadrata,poliedrica) e misura (grandi dimensioni specie nei corridoi, grandi e medie nelle ca-mere), con uso frequente di zeppame per riempire i vuoti fra blocco e blocco. In que-sti vani, non in mostra, erano la funzione e la stabilità strutturale a prevalere sul sensodell’eleganza dei paramenti. Il gusto e la bellezza architettonica – una bellezza rude edessenziale – sono qui affidati agli aggetti scanditi dei corridoi a taglio ogivale od angola-re, ai volumi potenti degli speroni murari che li dividono, ai ritmi delle cupole, alla sug-gestione misteriosa e arcana dei recessi (garette, anditi, posterule), alle ombre avvivate ditratto in tratto dalle lame di luce velata, morbida, delle feritoie. È da questa solenne ar-chitettura, in cui si coglie il respiro del monumento – un respiro antico, da giganti – chenasce l’incanto per il visitatore. Veramente noi entriamo nel regno di Minosse, nell’at-mosfera d’un “labirinto”, nell’intrico d’un “dedaleo”. È difficile sottrarsi al fascino diquesti accostamenti con luoghi mitico-eroici del II millennio a.C., davanti alla fortezzadel Santu Antìne, uno dei prodotti più elevati e commoventi dell’architettura megaliticaa torri del Mediterraneo occidentale. Il nuraghe, già conosciuto e rilevato dagli scrittoridel secolo scorso (Lamarmora, Smyth), è stato scavato dal Taramelli nel 1935, limitata-mente al nucleo centrale col bastione. Lo scavo non poté estendersi alla ricerca del terre-no intorno dove restano da mettere in luce edifizi circolari che si disegnano alla superfi-cie del suolo (capanne o meglio forse torri d’un antemurale) e dove non è improbabileesistano, negli strati profondi, anche resti d’un villaggio nuragico che è da supporsi ra-gionevolmente. Infatti non ne mancano gli indizi, costituiti da ceramiche, frammenti diossidiana, una stele con scorniciature a dentelli forse di “tomba di giganti” annessa alcentro abitato etc. Anche la morfologia rilevata del suolo intorno al nuraghe suggeriscela presenza di abitazioni, ancora coperte dalle terre. Dallo sterro, sia dentro il mastio siaall’interno dei vari ambienti, si ebbero avanzi archeologici: oggetti di pietra (lisciatoi), dibronzo (spade, accette, braccialetti decorati), di terracotta (“pintaderas”, una figurina dicolomba, stoviglie d’uso liscie e ornate), elementi d’osso e di corno. Insieme vennero inluce ceneri, carboni e resti di pasto, segni di vita durati a lungo dentro e intorno alla for-tezza. In quest’ultima sono stati distinti due periodi costruttivi: quello del mastio, dellafine del sec. IX a.C., e quello del trilobo dell’VIII-VII secolo. Più tardi, dal I secolo a.C.in giù, utilizzando anche materiali del vecchio forte, appoggiandosi in parte alle suestrutture, furon costruite delle casette di età romana, talune – come un esempio che siosserva presso l’ingresso al cortile – con pezzi architettonici (colonne, capitelli etc.). Og-getti di civiltà romana furon recuperati nei tagli fatti in occasione dello scavo: anforine elampade di terracotta d’uso domestico e d’aspetto assai povero. Pezzi di embrici e rotta-mi di stoviglie varie si raccolgono nello spazio adiacente al nuraghe. A circa 100 metri aEstsudest di quest’ultimo giace, fuori sede, abbandonato nella campagna, un sarcofagodi calcare, rettangolare (m 2,25 di lunghezza x 0,60 di larghezza x 0,50 di altezza e 0,33

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gioco chiaroscurale delle cortine sovrastate dal volume nitido del cono (tav. LV, 1). Ilnuraghe è del tipo quadrilobato a profilo concavo-convesso di perimetro. Lo costitui-scono la torre antica (A) e il corpo aggiunto a quattro prominenze turrite contenenticiascuna camere “a tholos” (B, C, E, D) unite da cortine curvilinee rientranti nel mez-zo, con un cortiletto sulla fronte (F). L’insieme occupa un’area di circa 220 mq, con di-stanza di 20 m fra le convessità delle torri marginali e di m 12,40/14,40 fra le cortinealla mezzeria. La torre primitiva (tav. LV, 3), circolare del diametro di circa 11 metri,ha l’ingresso a Sudest, ostruito dalle macerie (lo era pure ai tempi del rilievo del Lamar-mora, il cui disegno del prospetto del nuraghe fa vedere una scala in muratura moder-na per cui si accedeva al mastio dal finestrone del primo piano, pl. XII, fig. 1). Dietrol’ingresso, l’andito, a profilo di copertura tabulare gradonato piuttosto basso (sui 3 me-tri), dopo aver ricevuto le aperture della garetta a sinistra e della scala a spirale a destra,introduce alla camera “voltata”. Eccentrica, rotonda, del diametro di quasi 5 metri, per-fettamente conservata e chiusa all’altezza di m 8,40, la camera si articola in tre nicchionia croce alti circa 3 metri. Sopra questo bell’ambiente “a tholos”, dal regolare ordinamen-to a file di pietre subquadrate di medie dimensioni, sta la camera, pure “a tholos”, delprimo piano (m 2,50 di diametro) di m 5,20 d’altezza, anch’essa perfettamente conser-vata ed integra e con paramento simile a quello della stanza inferiore. La tholos minoreprende luce da un finestrone di profilo trapezoidale sormontato da una pietra d’archi-trave che si distingue, oltre che per l’accurata lavorazione, per il taglio arcuato della fac-cia inferiore interna: un invito elementare di arco a sesto rotondo, non comune (tav.LV, 3-4). Alla camera superiore, dal ripiano all’altezza del finestrone, porta la scalad’andito che sale dal piano terra e che prosegue, a corso ininterrotto da destra a sini-stra, sino al piano di svettamento attuale della torre, corrispondente in origine a unaseconda cella cupolata (così nel disegno del Newton in Mackenzie, fig. 17), o al terraz-zo. La torre si conserva per l’altezza massima di m 14,80 con muri a profilo non uni-forme d’inclinazione, con strutture in opera subquadrata di basalto, a blocchi di buontaglio di dimensioni degradanti verso l’alto, ordinati in file orizzontali continue di bel-l’effetto, tanto che, nella parte più alta, sembrano passare quasi alla forma isodoma.Uguale accuratezza e buona regolarità di paramento si notano nei vani, tutti a sezioneogivale. Intorno alla torre antica si addossa, costruito in un secondo tempo, il bastionequadrilobato, che si conserva per l’altezza massima di m 8,40 (tav. LV, 1-2). Nellequattro punte sono contenute delle camerette, non visibili perché completamenteostruite dal crollo: la D e la E nelle cuspidi di Ovest e Nordnordest, rilevabili nel girosuperiore svettato (diametri m 2,40 e 3), la B e la C ai margini del prospetto (conserva-ta anche nella cupola la B, tagliata in alto invece la C nel citato disegno del Lamarmo-ra). Le due camere delle torri di facciata includenti il cortile F danno nel cortile stessocon anditi diretti; corridoi, ricavati lungo le cortine di Sudovest e Estnordest, sembra-no collegarle alle camere delle torri D ed F. Puramente ipotetico (e forse non esistentein realtà) è il corridoio lungo la cortina di retroprospetto fra D ed E, forse non collega-te fra di loro. Il cortiletto a tre quarti di cerchio (m 3,20 sulla tangente alla torre x 2,40fra i due ingressi), disimpegnava i passaggi alle camere laterali e a quella del mastio efungeva da spazio di ritardo per chi entrava dalla porta, oggi interamente crollata, alcentro della cortina del prospetto (tav. LV, 3). La struttura delle cortine del bastione,pur conservando la disposizione a filari, non li mostra così regolari e continui come il

Fig. 9: planimetrie di nuraghi quadrilobati e pentalobati1. Santa Bàrbara-Macomèr; 2. Còa Perdòsa-Sèneghe; 3. Sa Serra-Orròli; 4. SuNuraxi-Barùmini; 5. Orrùbiu-Orròli.

Figura 9, 1: nuraghe di SANTA BÀRBARA-Macomèr (Nùoro); tav. LV; cartina B, 29.Prende il nome dalla prossima chiesetta rurale di Santa Bàrbara, un piccolo edifizio apiano rettangolare con abside, forse del secolo XVI (interessante spartito decorativo go-ticizzante sui conci dell’armilla dell’arco absidale all’interno). Il nuraghe è situato a po-co meno di 2 km a Nordest dell’abitato moderno di Macomèr, su d’un ripiano basalti-co a m 648 di quota, alla pendice del M. Manài, una delle punte del Màrghine. Alrilievo architettonico e monumentale del nuraghe si aggiunge quello della sua pittore-sca posizione, isolato com’è e dominante sulle balze gradonate che scendono verso ilsolco profondo e dirupato del riu di S’Adde, via naturale di penetrazione al piano pa-storale della Campeda, ricca di altre costruzioni nuragiche. La massa spicca da lontano,affacciata sul balcone del ciglio di basalti neri sul verde dei pascoli, modellandosi nel

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gioco chiaroscurale delle cortine sovrastate dal volume nitido del cono (tav. LV, 1). Ilnuraghe è del tipo quadrilobato a profilo concavo-convesso di perimetro. Lo costitui-scono la torre antica (A) e il corpo aggiunto a quattro prominenze turrite contenenticiascuna camere “a tholos” (B, C, E, D) unite da cortine curvilinee rientranti nel mez-zo, con un cortiletto sulla fronte (F). L’insieme occupa un’area di circa 220 mq, con di-stanza di 20 m fra le convessità delle torri marginali e di m 12,40/14,40 fra le cortinealla mezzeria. La torre primitiva (tav. LV, 3), circolare del diametro di circa 11 metri,ha l’ingresso a Sudest, ostruito dalle macerie (lo era pure ai tempi del rilievo del Lamar-mora, il cui disegno del prospetto del nuraghe fa vedere una scala in muratura moder-na per cui si accedeva al mastio dal finestrone del primo piano, pl. XII, fig. 1). Dietrol’ingresso, l’andito, a profilo di copertura tabulare gradonato piuttosto basso (sui 3 me-tri), dopo aver ricevuto le aperture della garetta a sinistra e della scala a spirale a destra,introduce alla camera “voltata”. Eccentrica, rotonda, del diametro di quasi 5 metri, per-fettamente conservata e chiusa all’altezza di m 8,40, la camera si articola in tre nicchionia croce alti circa 3 metri. Sopra questo bell’ambiente “a tholos”, dal regolare ordinamen-to a file di pietre subquadrate di medie dimensioni, sta la camera, pure “a tholos”, delprimo piano (m 2,50 di diametro) di m 5,20 d’altezza, anch’essa perfettamente conser-vata ed integra e con paramento simile a quello della stanza inferiore. La tholos minoreprende luce da un finestrone di profilo trapezoidale sormontato da una pietra d’archi-trave che si distingue, oltre che per l’accurata lavorazione, per il taglio arcuato della fac-cia inferiore interna: un invito elementare di arco a sesto rotondo, non comune (tav.LV, 3-4). Alla camera superiore, dal ripiano all’altezza del finestrone, porta la scalad’andito che sale dal piano terra e che prosegue, a corso ininterrotto da destra a sini-stra, sino al piano di svettamento attuale della torre, corrispondente in origine a unaseconda cella cupolata (così nel disegno del Newton in Mackenzie, fig. 17), o al terraz-zo. La torre si conserva per l’altezza massima di m 14,80 con muri a profilo non uni-forme d’inclinazione, con strutture in opera subquadrata di basalto, a blocchi di buontaglio di dimensioni degradanti verso l’alto, ordinati in file orizzontali continue di bel-l’effetto, tanto che, nella parte più alta, sembrano passare quasi alla forma isodoma.Uguale accuratezza e buona regolarità di paramento si notano nei vani, tutti a sezioneogivale. Intorno alla torre antica si addossa, costruito in un secondo tempo, il bastionequadrilobato, che si conserva per l’altezza massima di m 8,40 (tav. LV, 1-2). Nellequattro punte sono contenute delle camerette, non visibili perché completamenteostruite dal crollo: la D e la E nelle cuspidi di Ovest e Nordnordest, rilevabili nel girosuperiore svettato (diametri m 2,40 e 3), la B e la C ai margini del prospetto (conserva-ta anche nella cupola la B, tagliata in alto invece la C nel citato disegno del Lamarmo-ra). Le due camere delle torri di facciata includenti il cortile F danno nel cortile stessocon anditi diretti; corridoi, ricavati lungo le cortine di Sudovest e Estnordest, sembra-no collegarle alle camere delle torri D ed F. Puramente ipotetico (e forse non esistentein realtà) è il corridoio lungo la cortina di retroprospetto fra D ed E, forse non collega-te fra di loro. Il cortiletto a tre quarti di cerchio (m 3,20 sulla tangente alla torre x 2,40fra i due ingressi), disimpegnava i passaggi alle camere laterali e a quella del mastio efungeva da spazio di ritardo per chi entrava dalla porta, oggi interamente crollata, alcentro della cortina del prospetto (tav. LV, 3). La struttura delle cortine del bastione,pur conservando la disposizione a filari, non li mostra così regolari e continui come il

Fig. 9: planimetrie di nuraghi quadrilobati e pentalobati1. Santa Bàrbara-Macomèr; 2. Còa Perdòsa-Sèneghe; 3. Sa Serra-Orròli; 4. SuNuraxi-Barùmini; 5. Orrùbiu-Orròli.

Figura 9, 1: nuraghe di SANTA BÀRBARA-Macomèr (Nùoro); tav. LV; cartina B, 29.Prende il nome dalla prossima chiesetta rurale di Santa Bàrbara, un piccolo edifizio apiano rettangolare con abside, forse del secolo XVI (interessante spartito decorativo go-ticizzante sui conci dell’armilla dell’arco absidale all’interno). Il nuraghe è situato a po-co meno di 2 km a Nordest dell’abitato moderno di Macomèr, su d’un ripiano basalti-co a m 648 di quota, alla pendice del M. Manài, una delle punte del Màrghine. Alrilievo architettonico e monumentale del nuraghe si aggiunge quello della sua pittore-sca posizione, isolato com’è e dominante sulle balze gradonate che scendono verso ilsolco profondo e dirupato del riu di S’Adde, via naturale di penetrazione al piano pa-storale della Campeda, ricca di altre costruzioni nuragiche. La massa spicca da lontano,affacciata sul balcone del ciglio di basalti neri sul verde dei pascoli, modellandosi nel

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ora ostruita. Il corridoio, di m 3,40 d’altezza, ha sezione ad arco ribassato; sezione ogi-vale ha la camera, alta sul colmaticcio m 6,20 su 13 filari che determinano la chiusuraquasi completa della falsa volta; sezione angolare mostrano le nicchie (altezza m 2,63) etaglio trapezoidale l’ingresso della scala rialzata. Il paramento esterno della torre si elevaper circa 10 metri, con pietre di basalto appena o per nulla lavorate unite con zeppe; ilparamento interno mostra letti d’argilla. Tre blocchi contigui dell’apparecchio esternomisurano m 1,10 x 0,65; 1,03 x 0,60; 0,65 x 0,60, con interblocchi di 0,05/0,35. Del-le due torrette aggiunte della fronte del nuraghe (B, C), la prima ha diametro esternodi m 6,40 ed è alta m 3 su 6 file, la seconda ha diametro di m 3,90 (allo svettamento)con 2 filari residui di m 1 d’altezza. Ambedue contengono celle non rilevabili. Le torrisono unite da una cortina rettilinea di 5 metri circa di lunghezza, in cui si apre l’ingres-so dall’esterno, in angolo con B. Le torri, insieme alla cortina e al mastio, racchiudonoun cortiletto quadrangolare di m 4 x 2, dove sfociano gli usci delle celle delle torrette Be C ed il corridoio che, a raggiro del mastio, viene dalla torricella E, a Nordest. Le tor-rette di retroprospetto (D, E), collegate a quelle del prospetto da cortine curvilinee dis-uguali, sono di figura ellissoide, separate fra di loro da un arco di cerchio scoperto delmastio. La torretta D residua, negli attacchi al cono primitivo, per uno spessore mura-rio di m 2,60, lasciando vedere un segmento curvilineo della celletta, del resto interra-ta. Meno distrutta è la torricella E, unita a C da una cortina di m 8 di lunghezza, aven-te il diametro di m 4,80 (al piano di svettamento), con paramento di m 2,50 d’altezzasu 5-6 filari; vi è contenuta una cella di m 2 di diametro, alta m 1,80, con pareti di 5file in evidenza. Il paramento del corpo aggiunto è di aspetto poliedrico, con blocchisbozzati a martella nella faccia a vista che non osservano piani orizzontali di giacitura.Le pietre che lo compongono sono di grosse e medie dimensioni: m 0,65 x 0,45 x0,50; 0,90 x 0,55 x 0,50; 0,75 x 0,40 x 0,30; interblocco 0,05/0,20. Nei pressi del nu-raghe si osservano tracce di civiltà romana: cocci ed embrici.Bibliografia: A. Piras, Saggio cit., 1952-53, pp. 21, 90 s., 161, 189, tav. IX, 63, fot. 36 e 36 bis; G. Lil-liu, Annali, XXI, parte I, p. 83; Id., St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 175, fig. 6, 4, pp. 159, 166, fig. 4, 6, p.167, 6, pp. 176 s., 179, 185, 187, fig. 6, 4, 194.

Figura 9, 3: nuraghe SA SERRA-Orròli (Nùoro); cartina B, 87.È situato su d’un poggio a m 564 di quota, nelle vicinanze del villaggio moderno diOrròli. Ha uno splendido raggio visivo da ogni parte. Il nuraghe è di tipo quadriloba-to, con la torre antica (A) circondata da quattro torri minori (B-E) unite da cortine ret-tilinee. Dimensioni del complesso: alle cuspidi m 38 (B-E) x 34 (D-C), alle cortine m20 (sull’asse dell’ingresso fra B e C) x 19,60 (sull’asse trasverso). La torre primitiva A,circolare, del diametro di m 10 (allo svettamento), dello spessore murario di m 2,90/3,mostrava l’ingresso (ora non visibile perché interrato dal riempimento penetrato dalcortile) a Sud. In alto si disegna il giro della camera, di m 4 di diametro. La torre siconserva per l’altezza di m 4,60, a Nord, su 9 filari; la camera si eleva di m 2 sul riem-pimento con 5 filari. Le pietre di basalto, poliedriche, sono disposte in file non regolaricon allineamento obliquo, in figura di rozzo reticolato; hanno misure di m 1,08 x 1,12x 0,50; 0,53 x 0,78 x 0,60; 0,56 x 0,78 x 0,50. Il corpo quadrilobato, con torri spor-genti di 3/4 sul filo delle cortine, mostra l’ingresso nella cortina fra B e C, lunga m 12,in angolo con B; l’ingresso è largo m 1, non rilevabile l’altezza. Un breve andito di m 3

paramento della torre antica. Specie nella parte basale l’opera muraria passa al “polie-drico”, con massi rozzi e di grandi dimensioni rispetto alle pietre subquadrate delle filesuperiori, di proporzioni minori. Si nota anche un impiego maggiore di scheggiameper regolarizzare la posa dei blocchi in piano e in giunto. Nell’arco da Est a Sudsud-ovest, a circa 8 m di distanza dal forte, ai tempi del Lamarmora si vedevano i resti, conpochi filari, di due cerchie concentriche riferibili ad un antemurale non si sa se limitatoal tratto antistante il monumento o forse, più ragionevolmente, esteso tutto all’intorno,per maggiore difesa. La torre antica potrebbe porsi intorno al I millennio a.C. Più tar-diva, ma anteriore al VI secolo a.C., è forse la costruzione del bastione retto curvilineoa quattro cuspidi e della cinta esterna. La vita nel luogo circostante il nuraghe continuòin tempi romani. Ne fanno fede resti di murature di poco spessore, loculi cubici conincavo quadrangolare di basalto appartenenti a tombe a incinerazione della tarda Re-pubblica o dei primi secoli dell’Impero, embrici e stoviglie varie. La vita durò pure nelMedioevo e più oltre ancora, come indica la chiesetta di Santa Bàrbara. Soltanto ora suquelle memorie di tempi andati dominano, solenni, il silenzio e l’abbandono.Bibliografia: Valéry, Voyages cit., 1837, p. 115; A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, pp. 43, 82-84, 95, 97,112, pl. XII, fig. 1-11; Spano, Memoria, 1854, p. 15, nota 3; Memoria, 1867, p. 16, nota 2, pp. 27, 67,97, tav. I, 1; A. Lamarmora, Itinéraire, II, 1860, pp. 135, 212; F. Martorell y Peña, Apuntes cit., 1879,pp. 183-186, 190; E. Pais, “La Sardegna prima” cit., 1881, p. 281, tav. II, 8; E. Roissard De Bellet, LaSardaigne cit., 1884, p. 105 s., 108; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., I, 1892, p. 296; F. Corona, Guidacit., 1896, pp. 46, 225; H. De Chaignon, “Sur les nuraghes” cit., 1906-07, pp. 24, 38, tav. ivi in basso,fig. 2; F. De Rosa, Dell’uso dei nuraghi, 1909, p. 26; D. Mackenzie, in Pap. Brit. School Rome, VI, 1910,pp. 2, 100, fig. 17; Steinitzer, Aus dem unbekannten Italien, X, Sardinien, München 1921, pp. 226, 230,fot. a p. 227; C. Dessì, Nuraghi di Sardegna, 1922, pp. 13, 21 s.; Singolari nuraghi in Gallura, 1922, pp.8, 11; I nuraghi della Sardegna, 1923, pp. 20, 29, 36; F. Flumene, Un po’ più di luce cit., 1923, pp. 57,60; C. Dessì, I nuraghi della Sardegna, 1924, p. 6; Steinitzer, Die vergessene Insel Sardinien und die Sar-den, Gotha 1924, p. 23; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 129; E. Pais, Storia dell’Italia antica cit.,1933, vol. I, p. 118; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 59, n. 48; M. Niehaus, Sar-dinien cit., 1938, p. 141 e tav. a p. 144; G. Lilliu, Not. di Scavi, 1941, p. 143, nota 4; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 95; G. Lilliu, St.S., XI, 1952, p. 94, fig. 6, 3, p. 95, nota 47; G. Lilliu, in Le Vied’Italia, LI, n. 10, 1953, p. 1293; Annali, 1953, parte I, XXI, p. 84, fig. 2; F. Loddo Canepa, La Sarde-gna cit., 1954, p. 2; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 86, figg. 60-61; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955,pp. 153 s., 166, 189, 191, 193, 200, figg. 4, 3 e 7, 3; J. Job, Sardinien, 1956, p. 114 s., tav. a p. 136; M.Almagro Basch, Prehistoria, I, “Manual de Historia Universal”, Madrid 1960, p. 652, fig. 716.

Figura 9, 2: nuraghe CÒA PERDÒSA-Sèneghe (Cagliari); cartina B, 62.A quota di m 532, dominante da un terrazzo non lontano dalla valle del riu MaìstuImpera. Una fonte a poco tratto a Nord del nuraghe. L’edifizio è di piano quadrilobatocon torre antica (A) circondata, tranne che per un breve segmento a Nord, da quattrotorri aggiunte (B, C, E, D). La torre primitiva A, del diametro esterno di m 10 (al pia-no di svettamento), presenta l’ingresso a Sudsudest (m 0,80 x 0,70) con porta architra-vata alleggerita da feritoia. Dietro la porta, il corridoio strombato di m 4,15 di lun-ghezza e di m 0,70/1,52 di larghezza, introduce, privo di scala e di garetta, alla camera.Quest’ultima, centrica e rotonda, del diametro di m 4,25, è provvista d’una nicchia perparte, di figura semiellittica, di m 1,45 di larghezza x 1 di profondità. Nella stessa ca-mera, a destra entrando fra l’angolo del corridoio e la nicchia laterale, un’apertura so-praelevata sul riempimento di m 4,76, mette nella scala che portava al piano superiore,

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ora ostruita. Il corridoio, di m 3,40 d’altezza, ha sezione ad arco ribassato; sezione ogi-vale ha la camera, alta sul colmaticcio m 6,20 su 13 filari che determinano la chiusuraquasi completa della falsa volta; sezione angolare mostrano le nicchie (altezza m 2,63) etaglio trapezoidale l’ingresso della scala rialzata. Il paramento esterno della torre si elevaper circa 10 metri, con pietre di basalto appena o per nulla lavorate unite con zeppe; ilparamento interno mostra letti d’argilla. Tre blocchi contigui dell’apparecchio esternomisurano m 1,10 x 0,65; 1,03 x 0,60; 0,65 x 0,60, con interblocchi di 0,05/0,35. Del-le due torrette aggiunte della fronte del nuraghe (B, C), la prima ha diametro esternodi m 6,40 ed è alta m 3 su 6 file, la seconda ha diametro di m 3,90 (allo svettamento)con 2 filari residui di m 1 d’altezza. Ambedue contengono celle non rilevabili. Le torrisono unite da una cortina rettilinea di 5 metri circa di lunghezza, in cui si apre l’ingres-so dall’esterno, in angolo con B. Le torri, insieme alla cortina e al mastio, racchiudonoun cortiletto quadrangolare di m 4 x 2, dove sfociano gli usci delle celle delle torrette Be C ed il corridoio che, a raggiro del mastio, viene dalla torricella E, a Nordest. Le tor-rette di retroprospetto (D, E), collegate a quelle del prospetto da cortine curvilinee dis-uguali, sono di figura ellissoide, separate fra di loro da un arco di cerchio scoperto delmastio. La torretta D residua, negli attacchi al cono primitivo, per uno spessore mura-rio di m 2,60, lasciando vedere un segmento curvilineo della celletta, del resto interra-ta. Meno distrutta è la torricella E, unita a C da una cortina di m 8 di lunghezza, aven-te il diametro di m 4,80 (al piano di svettamento), con paramento di m 2,50 d’altezzasu 5-6 filari; vi è contenuta una cella di m 2 di diametro, alta m 1,80, con pareti di 5file in evidenza. Il paramento del corpo aggiunto è di aspetto poliedrico, con blocchisbozzati a martella nella faccia a vista che non osservano piani orizzontali di giacitura.Le pietre che lo compongono sono di grosse e medie dimensioni: m 0,65 x 0,45 x0,50; 0,90 x 0,55 x 0,50; 0,75 x 0,40 x 0,30; interblocco 0,05/0,20. Nei pressi del nu-raghe si osservano tracce di civiltà romana: cocci ed embrici.Bibliografia: A. Piras, Saggio cit., 1952-53, pp. 21, 90 s., 161, 189, tav. IX, 63, fot. 36 e 36 bis; G. Lil-liu, Annali, XXI, parte I, p. 83; Id., St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 175, fig. 6, 4, pp. 159, 166, fig. 4, 6, p.167, 6, pp. 176 s., 179, 185, 187, fig. 6, 4, 194.

Figura 9, 3: nuraghe SA SERRA-Orròli (Nùoro); cartina B, 87.È situato su d’un poggio a m 564 di quota, nelle vicinanze del villaggio moderno diOrròli. Ha uno splendido raggio visivo da ogni parte. Il nuraghe è di tipo quadriloba-to, con la torre antica (A) circondata da quattro torri minori (B-E) unite da cortine ret-tilinee. Dimensioni del complesso: alle cuspidi m 38 (B-E) x 34 (D-C), alle cortine m20 (sull’asse dell’ingresso fra B e C) x 19,60 (sull’asse trasverso). La torre primitiva A,circolare, del diametro di m 10 (allo svettamento), dello spessore murario di m 2,90/3,mostrava l’ingresso (ora non visibile perché interrato dal riempimento penetrato dalcortile) a Sud. In alto si disegna il giro della camera, di m 4 di diametro. La torre siconserva per l’altezza di m 4,60, a Nord, su 9 filari; la camera si eleva di m 2 sul riem-pimento con 5 filari. Le pietre di basalto, poliedriche, sono disposte in file non regolaricon allineamento obliquo, in figura di rozzo reticolato; hanno misure di m 1,08 x 1,12x 0,50; 0,53 x 0,78 x 0,60; 0,56 x 0,78 x 0,50. Il corpo quadrilobato, con torri spor-genti di 3/4 sul filo delle cortine, mostra l’ingresso nella cortina fra B e C, lunga m 12,in angolo con B; l’ingresso è largo m 1, non rilevabile l’altezza. Un breve andito di m 3

paramento della torre antica. Specie nella parte basale l’opera muraria passa al “polie-drico”, con massi rozzi e di grandi dimensioni rispetto alle pietre subquadrate delle filesuperiori, di proporzioni minori. Si nota anche un impiego maggiore di scheggiameper regolarizzare la posa dei blocchi in piano e in giunto. Nell’arco da Est a Sudsud-ovest, a circa 8 m di distanza dal forte, ai tempi del Lamarmora si vedevano i resti, conpochi filari, di due cerchie concentriche riferibili ad un antemurale non si sa se limitatoal tratto antistante il monumento o forse, più ragionevolmente, esteso tutto all’intorno,per maggiore difesa. La torre antica potrebbe porsi intorno al I millennio a.C. Più tar-diva, ma anteriore al VI secolo a.C., è forse la costruzione del bastione retto curvilineoa quattro cuspidi e della cinta esterna. La vita nel luogo circostante il nuraghe continuòin tempi romani. Ne fanno fede resti di murature di poco spessore, loculi cubici conincavo quadrangolare di basalto appartenenti a tombe a incinerazione della tarda Re-pubblica o dei primi secoli dell’Impero, embrici e stoviglie varie. La vita durò pure nelMedioevo e più oltre ancora, come indica la chiesetta di Santa Bàrbara. Soltanto ora suquelle memorie di tempi andati dominano, solenni, il silenzio e l’abbandono.Bibliografia: Valéry, Voyages cit., 1837, p. 115; A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, pp. 43, 82-84, 95, 97,112, pl. XII, fig. 1-11; Spano, Memoria, 1854, p. 15, nota 3; Memoria, 1867, p. 16, nota 2, pp. 27, 67,97, tav. I, 1; A. Lamarmora, Itinéraire, II, 1860, pp. 135, 212; F. Martorell y Peña, Apuntes cit., 1879,pp. 183-186, 190; E. Pais, “La Sardegna prima” cit., 1881, p. 281, tav. II, 8; E. Roissard De Bellet, LaSardaigne cit., 1884, p. 105 s., 108; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., I, 1892, p. 296; F. Corona, Guidacit., 1896, pp. 46, 225; H. De Chaignon, “Sur les nuraghes” cit., 1906-07, pp. 24, 38, tav. ivi in basso,fig. 2; F. De Rosa, Dell’uso dei nuraghi, 1909, p. 26; D. Mackenzie, in Pap. Brit. School Rome, VI, 1910,pp. 2, 100, fig. 17; Steinitzer, Aus dem unbekannten Italien, X, Sardinien, München 1921, pp. 226, 230,fot. a p. 227; C. Dessì, Nuraghi di Sardegna, 1922, pp. 13, 21 s.; Singolari nuraghi in Gallura, 1922, pp.8, 11; I nuraghi della Sardegna, 1923, pp. 20, 29, 36; F. Flumene, Un po’ più di luce cit., 1923, pp. 57,60; C. Dessì, I nuraghi della Sardegna, 1924, p. 6; Steinitzer, Die vergessene Insel Sardinien und die Sar-den, Gotha 1924, p. 23; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 129; E. Pais, Storia dell’Italia antica cit.,1933, vol. I, p. 118; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 59, n. 48; M. Niehaus, Sar-dinien cit., 1938, p. 141 e tav. a p. 144; G. Lilliu, Not. di Scavi, 1941, p. 143, nota 4; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 95; G. Lilliu, St.S., XI, 1952, p. 94, fig. 6, 3, p. 95, nota 47; G. Lilliu, in Le Vied’Italia, LI, n. 10, 1953, p. 1293; Annali, 1953, parte I, XXI, p. 84, fig. 2; F. Loddo Canepa, La Sarde-gna cit., 1954, p. 2; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 86, figg. 60-61; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955,pp. 153 s., 166, 189, 191, 193, 200, figg. 4, 3 e 7, 3; J. Job, Sardinien, 1956, p. 114 s., tav. a p. 136; M.Almagro Basch, Prehistoria, I, “Manual de Historia Universal”, Madrid 1960, p. 652, fig. 716.

Figura 9, 2: nuraghe CÒA PERDÒSA-Sèneghe (Cagliari); cartina B, 62.A quota di m 532, dominante da un terrazzo non lontano dalla valle del riu MaìstuImpera. Una fonte a poco tratto a Nord del nuraghe. L’edifizio è di piano quadrilobatocon torre antica (A) circondata, tranne che per un breve segmento a Nord, da quattrotorri aggiunte (B, C, E, D). La torre primitiva A, del diametro esterno di m 10 (al pia-no di svettamento), presenta l’ingresso a Sudsudest (m 0,80 x 0,70) con porta architra-vata alleggerita da feritoia. Dietro la porta, il corridoio strombato di m 4,15 di lun-ghezza e di m 0,70/1,52 di larghezza, introduce, privo di scala e di garetta, alla camera.Quest’ultima, centrica e rotonda, del diametro di m 4,25, è provvista d’una nicchia perparte, di figura semiellittica, di m 1,45 di larghezza x 1 di profondità. Nella stessa ca-mera, a destra entrando fra l’angolo del corridoio e la nicchia laterale, un’apertura so-praelevata sul riempimento di m 4,76, mette nella scala che portava al piano superiore,

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Fig. 10: planimetrie di nuraghi polilobati con antemurale1. Lughèrras-Paulilàtino; 2. Su Nuraxi-Barùmini; 3. S’Orku-Domusnòvas 4.Orrùbiu-Orròli.

Figura 10, 1: nuraghe LUGHÈRRAS-Paulilàtino (Cagliari); v. figura 8, 5.Planimetria del nuraghe, compreso l’antemurale. Si veda la descrizione del monu-mento alla scheda di figura 8, 5.

Figura 10, 2: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari); v. figure 3, 2; 9, 4; 14, 1 etavv. LVI-LXXVI; cartina B, 85.È detto Su Nuraxi, il nuraghe, quasi a significare il nuraghe per antonomasia del moder-no villaggio di Barùmini, che ne dista 800 metri circa a Estsudest. Il nome popolare co-glie nel vero, perché il Su Nuraxi non soltanto è il grande monumento del territorio diBarùmini e della fertile regione della Marmilla (da mammilla, denominazione volgare

circa, corrispondente allo spessore murario della cortina frontale, mette al cortile. Que-st’ultimo appare molto ampio, di figura semicircolare, con la massima dimensione nel gi-ro opposto a quello della torre A (larghezza m 6). Nel cortile sfociano l’ingresso del ma-stio e quelli delle camere delle torri marginali, da anditi rettilinei diretti (D, B, C) e da uncorridoio curvilineo a raggiro del mastio (E, all’estremo Nord). Nelle torricelle C ed E,del diametro esterno di m 8 circa, sono contenute e visibili le camere, del diametro dim 4. Nelle torrette D e B, del diametro esterno di m 7,20 e 9,20 rispettivamente, le ca-mere sono supposte, ma non in evidenza, come sono supposti gli anditi diretti al corti-le. Il bastione quadrilatero si conserva con altezze diverse, per un massimo alle torri dim 3 su 4 file (C) ed un minimo di m 2 su 3 file (E); alle cortine presenta altezza massi-ma residua di m 2 su 3 file (fra C ed E) e minima di m 0,80 su 1 filare (fra D e B). Lecamere sono a taglio ogivale; il cortile presenta pareti leggermente aggettanti; i corridoimostrano volte angolari. Nel terreno intorno al nuraghe si possono raccogliere resti diceramiche d’impasto dell’epoca del monumento.Bibliografia: Spano, Memoria, 1854, p. 18, nota 1; Memoria, 1867, p. 23, nota 3; G. Vacca, Posizione geo-grafica cit., 1917, p. 21; E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 149; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 131; E.Contu, Saggio cit., 1947-48, p. 61 ss., tav. III, fig. 34, fot. n. 18 (scheda n. 44); G. Lilliu, St.S., X-XI,1952, p. 93, fig. 5, 2; Annali, XXI, 1953, parte I, pp. 84, 86; Id., St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 152, 166,fig. 4, 18, 167, 18, p. 170, fig. 5, 2, pp. 178, 181 s., tav. XXVIII, 1, pp. 185, 187, 194, 210 ss.

Figura 9, 4: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari); v. anche figure 3, 2; 10, 2 e 14, 1.La planimetria rappresenta lo schema quadrilobato del nuraghe prima della costruzio-ne del rifascio murario che obliterò l’ingresso basale e le feritoie delle torri marginaliB-E. Si veda la descrizione del monumento alla scheda di fig. 10, 2.

Figura 9, 5: nuraghe ORRÙBIU-Orròli (Nùoro); v. figure 10, 4 e 14, 3.La planimetria riproduce lo schema pentalobato del nuraghe col mastio A circondatodal corpo turrito B-F col cortile G. Si veda la descrizione del monumento alla schedadi figura 10, 4.

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Fig. 10: planimetrie di nuraghi polilobati con antemurale1. Lughèrras-Paulilàtino; 2. Su Nuraxi-Barùmini; 3. S’Orku-Domusnòvas 4.Orrùbiu-Orròli.

Figura 10, 1: nuraghe LUGHÈRRAS-Paulilàtino (Cagliari); v. figura 8, 5.Planimetria del nuraghe, compreso l’antemurale. Si veda la descrizione del monu-mento alla scheda di figura 8, 5.

Figura 10, 2: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari); v. figure 3, 2; 9, 4; 14, 1 etavv. LVI-LXXVI; cartina B, 85.È detto Su Nuraxi, il nuraghe, quasi a significare il nuraghe per antonomasia del moder-no villaggio di Barùmini, che ne dista 800 metri circa a Estsudest. Il nome popolare co-glie nel vero, perché il Su Nuraxi non soltanto è il grande monumento del territorio diBarùmini e della fertile regione della Marmilla (da mammilla, denominazione volgare

circa, corrispondente allo spessore murario della cortina frontale, mette al cortile. Que-st’ultimo appare molto ampio, di figura semicircolare, con la massima dimensione nel gi-ro opposto a quello della torre A (larghezza m 6). Nel cortile sfociano l’ingresso del ma-stio e quelli delle camere delle torri marginali, da anditi rettilinei diretti (D, B, C) e da uncorridoio curvilineo a raggiro del mastio (E, all’estremo Nord). Nelle torricelle C ed E,del diametro esterno di m 8 circa, sono contenute e visibili le camere, del diametro dim 4. Nelle torrette D e B, del diametro esterno di m 7,20 e 9,20 rispettivamente, le ca-mere sono supposte, ma non in evidenza, come sono supposti gli anditi diretti al corti-le. Il bastione quadrilatero si conserva con altezze diverse, per un massimo alle torri dim 3 su 4 file (C) ed un minimo di m 2 su 3 file (E); alle cortine presenta altezza massi-ma residua di m 2 su 3 file (fra C ed E) e minima di m 0,80 su 1 filare (fra D e B). Lecamere sono a taglio ogivale; il cortile presenta pareti leggermente aggettanti; i corridoimostrano volte angolari. Nel terreno intorno al nuraghe si possono raccogliere resti diceramiche d’impasto dell’epoca del monumento.Bibliografia: Spano, Memoria, 1854, p. 18, nota 1; Memoria, 1867, p. 23, nota 3; G. Vacca, Posizione geo-grafica cit., 1917, p. 21; E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 149; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 131; E.Contu, Saggio cit., 1947-48, p. 61 ss., tav. III, fig. 34, fot. n. 18 (scheda n. 44); G. Lilliu, St.S., X-XI,1952, p. 93, fig. 5, 2; Annali, XXI, 1953, parte I, pp. 84, 86; Id., St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 152, 166,fig. 4, 18, 167, 18, p. 170, fig. 5, 2, pp. 178, 181 s., tav. XXVIII, 1, pp. 185, 187, 194, 210 ss.

Figura 9, 4: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari); v. anche figure 3, 2; 10, 2 e 14, 1.La planimetria rappresenta lo schema quadrilobato del nuraghe prima della costruzio-ne del rifascio murario che obliterò l’ingresso basale e le feritoie delle torri marginaliB-E. Si veda la descrizione del monumento alla scheda di fig. 10, 2.

Figura 9, 5: nuraghe ORRÙBIU-Orròli (Nùoro); v. figure 10, 4 e 14, 3.La planimetria riproduce lo schema pentalobato del nuraghe col mastio A circondatodal corpo turrito B-F col cortile G. Si veda la descrizione del monumento alla schedadi figura 10, 4.

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rettangolare; fig. 3, 2, tavv. LXII, 1, 3, LXIII, 2. L’andito retrostante, strombato versol’interno ed elevantesi col soffitto fino a m 4,14 allo sfocio in cella, riceve sulla destra dichi entra la nicchia di guardia. Nella camera “a tholos”, eccentrica, rotonda del diametrodi m 4,80 x 7,76 di altezza, ai lati si aprono due nicchioni contrapposti con la soglia rial-zata a piano di quella dell’andito. A sezione angolare, come il corridoio d’ingresso, i nic-chioni misurano m 1,36 di larghezza x 1,15 di profondità x 3,05 d’altezza quello a de-stra e m 1,72 x 1,35 x 3,17 il nicchione a sinistra: servivano da giaciglio, uso indicatoanche dal trovamento di lamine di sughero che in origine ne rivestivano le pareti. Sulvano della stanza ogivata si affaccia pure, aperto nella parete fra lo spigolo interno del-l’andito ed il nicchione di sinistra, l’imbocco, basso e angusto, della scala, rilevata dal pa-vimento m 4,22, accessibile ora, come in antico, con una scala di legno. Verso la paretedi fondo, a circa 2 metri d’altezza, si osserva tuttora inserito profondamente in strutturail resto d’una trave di olivastro (che servì forse per sollevare i massi sul piano inclinato dicostruzione e fu poi dimenticata o lasciata apposta in opera), sul quale sono state fattedeterminazioni cronologiche col carbonio radioattivo 14, concludenti a una data ap-prossimativa del legno (e dunque della torre) fra il 1470 e il 1070 a.C. Un mezzo giro inparete, da destra a sinistra, della rampa di scala accennata (10 gradini stretti ed erti),porta al ripiano antistante una seconda camera sovrapposta all’inferiore (fig. 3, 2), cheprende luce da un finestrone basso e stretto sormontato da rozzo architrave con spiragliodi scarico, spostato a destra rispetto alla verticale sulla porta dell’ingresso a piano terra;tavv. LXI, LXII, 2. Anche la camera superiore è ogivata (integra nella cupola come l’in-feriore ma con la calotta più acuta e leggermente schiacciata), del diametro di m 2,40 xl’altezza di m 5,90. Pure da questa camera, a m 1,75 dal pavimento, riprende mossa lascala per uno scomodo imbocco di m 0,60 di altezza (tav. LXIV, 1), che mette in unostretto vano a spirale (larghezza m 0,70) ripidissimo, occupato da 13 rozzi gradini. Larampa di scala, quasi verticale tanto è erta, fuoriesce, ora, all’altezza del secondo piano, am 14,10 d’elevazione sul livello di campagna; ma, in origine, immetteva nella terza edultima stanza del torrione (residuata alla fondazione di m 1,20 di diametro) e, di qui, ri-saliva al terrazzo con parapetto sporgente su mensole. Quest’ultimo fu costruito, in so-stituzione di un primitivo terrazzo a transenne lignee, quando il bastione quadrilobatofu rivestito col rifascio murario (fase c di Su Nuraxi); fig. 14, 1. La torre, conservata oggiper l’altezza massima di m 14,10, si innalzava, quando era integra, fino a m 18,60, per-mettendo un elevato e vasto dominio tutto all’intorno sul piano, sulle colline circostantie sulle pendici fino all’orlo della “giara”. La torre mostra una sagoma svelta e longilineache si affina salendo in giri irregolari e discontinui d’aspetto arcaico per la cadenza sul-l’obliqua dei massi (una sorta di reticolato megalitico) e per i gran vuoti fra i medesimi;l’inclinazione è di 10° (tavv. LXI, LXII, 1, LXIII, 1-2). Le pietre, di basalto e di lava ba-saltica, sono tutte di forme poliedriche di grandi e medie dimensioni che diminuisco-no col salire del paramento verso l’alto: m 1,20 x 0,45; 0,78 x 0,30; 0,77 x 0,73; 0,86x 0,49; 1,00 x 0,26; 0,65 x 0,87. La parete, a parte l’apparenza di primitivismo, è co-struita con molta cura e risulta solida sia per il peso dei blocchi che la costituiscono siaper la concatenazione di essi a incastro di spigolo di blocco su interblocco con riempi-mento degli spazi per mezzo di scheggiame e terra. Anche il paramento dei vani dell’in-terno (celle, anditi, scale etc.) è in opera poliedrica di pietre di minori proporzioni dispo-ste a incastro con tendenza all’ordinamento in filari irregolari. Nelle camere, specie in

del fronteggiante pittoresco cono naturale su cui si erge il Castello giudicale di Lasplas-sas), ma anche, col Santu Antìne di Torralba, l’espressione architettonica più significati-va ed esemplare della civiltà protosarda megalitica. Mostra, in più del Santu Antìne, dicui è anche meglio conservato, una interessantissima successione di strati costruttivi, ag-giuntisi per vari secoli, per i quali si è potuto periodare, finalmente, oltre che il progressoarchitettonico del singolare esempio monumentale anche lo sviluppo di altre costruzioniche, seppure non uguali per mole e complessità, offrono tuttavia affinità e analogia d’in-sieme e di particolari. Si aggiunga che, per curiosa sorte, alla stratigrafia strutturale delnuraghe ha corrisposto, nel terreno archeologico che lo circonda ed entro le capanne delvillaggio antico che gli viveva intorno, una stratigrafia culturale che ha permesso di rico-struire, per grandi linee, le vicende civili e cronologiche delle genti (guerrieri-pastori inun primo tempo, servi della gleba poi) che vi stabilirono lor dimora per oltre un millen-nio, circa dal 1200 a.C. ai tempi di Augusto. Il Su Nuraxi si erge, visibile a distanza perchi viene dalla strada di Cagliari o da quella della Marmilla occidentale (vie di penetra-zione verso la montagna del Centro) su un breve ripiano a m 238 di quota (tav. LVII,2). Questo ripiano fa parte dei terrazzamenti più bassi (su d’un altro è il villaggio mo-derno di Barùmini sorto al margine del nuraghe Crèsia), modellantisi, pittorescamente,sullo sfondo del bastione alto e dirupato della “giara” di Tuìli che incombe a Nord, co-me un enorme balcone stagliato netto contro il cielo, alla frontiera fra i pastori e i conta-dini (tav. I, 1). Sta al margine della strada provinciale da Barùmini a Tuìli, affacciato, aSud ed Ovest, sulla verde e morbida conca del Pardu ’e s’eda chiusa da colli dolcissimipunteggiati da minori proliferazioni di nuraghi, satelliti del grande castello presso la cittàcapitale (tav. LVII, 3). Altri nuraghi sono scaglionati a monte della fortezza principale,sul profilo delle valli che risalgono al ciglio della “giara”, segnante forse il “limes” del ter-ritorio del piccolo stato pedemontano incentrato nel fortilizio. Si osserva che quest’ulti-mo, con la sua postura avanzata e centrale rispetto al piano facilmente accessibile per ilsolco vallivo del riu Mannu, è veramente il caposaldo fondamentale e primario d’un si-stema difensivo di alto interesse strategico quale documenta del resto con evidenza di-dattica, per tempi di molto posteriori, il citato castello della Marmilla o di Lasplassas, almargine opposto della conca che guarda dall’alto della collina conica, completamenteisolata, che sembra fatta ad arte, tanto è naturalmente perfetta, da una mano gigantesca(tavv. I, 1; LVII, 1). Il nuraghe, del tipo polilobato, si compone di una torre antica oprimitiva (A), circondata, con addossamento posteriore, da un bastione a quattro torricon feritoie (B, C, D, E), che include anche un cortile (F). Il bastione fu rinforzato suc-cessivamente da un rifascio murario periferico occludente l’ingresso fra B e C e le feritoiedelle camere, e fu munito d’un nuovo ingresso sopraelevato da terra, aperto nella cortinafra C ed E. Il nucleo quadrilobato è contenuto, a sua volta, in un vasto antemurale dipianta a esagono irregolare difeso da 7 torri (G, H, M, N, O, P, Q) e provvisto di dueingressi (i, i); l’antemurale, a Nordest, si articola in un ridotto a tenaglia (L) con altro in-gresso (i) a protezione d’un grande edifizio rotondo (I) destinato a sede del Consigliodegli Anziani del villaggio: una specie di Curia o Parlamento. L’insieme occupa un’areadi più di 2000 mq, con la massima espansione, di m 75, sulla linea Nordest-Sudovest(fra P ed I) x 60 sulla linea normale fra G ed N. La torre antica (A), circolare di m 10 didiametro, ha l’ingresso a Sud, costituito da una porta di m 2,07 d’altezza a sezione legger-mente rastremata in alto, con pietra d’architrave subquadrata alleggerita da un finestrino

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rettangolare; fig. 3, 2, tavv. LXII, 1, 3, LXIII, 2. L’andito retrostante, strombato versol’interno ed elevantesi col soffitto fino a m 4,14 allo sfocio in cella, riceve sulla destra dichi entra la nicchia di guardia. Nella camera “a tholos”, eccentrica, rotonda del diametrodi m 4,80 x 7,76 di altezza, ai lati si aprono due nicchioni contrapposti con la soglia rial-zata a piano di quella dell’andito. A sezione angolare, come il corridoio d’ingresso, i nic-chioni misurano m 1,36 di larghezza x 1,15 di profondità x 3,05 d’altezza quello a de-stra e m 1,72 x 1,35 x 3,17 il nicchione a sinistra: servivano da giaciglio, uso indicatoanche dal trovamento di lamine di sughero che in origine ne rivestivano le pareti. Sulvano della stanza ogivata si affaccia pure, aperto nella parete fra lo spigolo interno del-l’andito ed il nicchione di sinistra, l’imbocco, basso e angusto, della scala, rilevata dal pa-vimento m 4,22, accessibile ora, come in antico, con una scala di legno. Verso la paretedi fondo, a circa 2 metri d’altezza, si osserva tuttora inserito profondamente in strutturail resto d’una trave di olivastro (che servì forse per sollevare i massi sul piano inclinato dicostruzione e fu poi dimenticata o lasciata apposta in opera), sul quale sono state fattedeterminazioni cronologiche col carbonio radioattivo 14, concludenti a una data ap-prossimativa del legno (e dunque della torre) fra il 1470 e il 1070 a.C. Un mezzo giro inparete, da destra a sinistra, della rampa di scala accennata (10 gradini stretti ed erti),porta al ripiano antistante una seconda camera sovrapposta all’inferiore (fig. 3, 2), cheprende luce da un finestrone basso e stretto sormontato da rozzo architrave con spiragliodi scarico, spostato a destra rispetto alla verticale sulla porta dell’ingresso a piano terra;tavv. LXI, LXII, 2. Anche la camera superiore è ogivata (integra nella cupola come l’in-feriore ma con la calotta più acuta e leggermente schiacciata), del diametro di m 2,40 xl’altezza di m 5,90. Pure da questa camera, a m 1,75 dal pavimento, riprende mossa lascala per uno scomodo imbocco di m 0,60 di altezza (tav. LXIV, 1), che mette in unostretto vano a spirale (larghezza m 0,70) ripidissimo, occupato da 13 rozzi gradini. Larampa di scala, quasi verticale tanto è erta, fuoriesce, ora, all’altezza del secondo piano, am 14,10 d’elevazione sul livello di campagna; ma, in origine, immetteva nella terza edultima stanza del torrione (residuata alla fondazione di m 1,20 di diametro) e, di qui, ri-saliva al terrazzo con parapetto sporgente su mensole. Quest’ultimo fu costruito, in so-stituzione di un primitivo terrazzo a transenne lignee, quando il bastione quadrilobatofu rivestito col rifascio murario (fase c di Su Nuraxi); fig. 14, 1. La torre, conservata oggiper l’altezza massima di m 14,10, si innalzava, quando era integra, fino a m 18,60, per-mettendo un elevato e vasto dominio tutto all’intorno sul piano, sulle colline circostantie sulle pendici fino all’orlo della “giara”. La torre mostra una sagoma svelta e longilineache si affina salendo in giri irregolari e discontinui d’aspetto arcaico per la cadenza sul-l’obliqua dei massi (una sorta di reticolato megalitico) e per i gran vuoti fra i medesimi;l’inclinazione è di 10° (tavv. LXI, LXII, 1, LXIII, 1-2). Le pietre, di basalto e di lava ba-saltica, sono tutte di forme poliedriche di grandi e medie dimensioni che diminuisco-no col salire del paramento verso l’alto: m 1,20 x 0,45; 0,78 x 0,30; 0,77 x 0,73; 0,86x 0,49; 1,00 x 0,26; 0,65 x 0,87. La parete, a parte l’apparenza di primitivismo, è co-struita con molta cura e risulta solida sia per il peso dei blocchi che la costituiscono siaper la concatenazione di essi a incastro di spigolo di blocco su interblocco con riempi-mento degli spazi per mezzo di scheggiame e terra. Anche il paramento dei vani dell’in-terno (celle, anditi, scale etc.) è in opera poliedrica di pietre di minori proporzioni dispo-ste a incastro con tendenza all’ordinamento in filari irregolari. Nelle camere, specie in

del fronteggiante pittoresco cono naturale su cui si erge il Castello giudicale di Lasplas-sas), ma anche, col Santu Antìne di Torralba, l’espressione architettonica più significati-va ed esemplare della civiltà protosarda megalitica. Mostra, in più del Santu Antìne, dicui è anche meglio conservato, una interessantissima successione di strati costruttivi, ag-giuntisi per vari secoli, per i quali si è potuto periodare, finalmente, oltre che il progressoarchitettonico del singolare esempio monumentale anche lo sviluppo di altre costruzioniche, seppure non uguali per mole e complessità, offrono tuttavia affinità e analogia d’in-sieme e di particolari. Si aggiunga che, per curiosa sorte, alla stratigrafia strutturale delnuraghe ha corrisposto, nel terreno archeologico che lo circonda ed entro le capanne delvillaggio antico che gli viveva intorno, una stratigrafia culturale che ha permesso di rico-struire, per grandi linee, le vicende civili e cronologiche delle genti (guerrieri-pastori inun primo tempo, servi della gleba poi) che vi stabilirono lor dimora per oltre un millen-nio, circa dal 1200 a.C. ai tempi di Augusto. Il Su Nuraxi si erge, visibile a distanza perchi viene dalla strada di Cagliari o da quella della Marmilla occidentale (vie di penetra-zione verso la montagna del Centro) su un breve ripiano a m 238 di quota (tav. LVII,2). Questo ripiano fa parte dei terrazzamenti più bassi (su d’un altro è il villaggio mo-derno di Barùmini sorto al margine del nuraghe Crèsia), modellantisi, pittorescamente,sullo sfondo del bastione alto e dirupato della “giara” di Tuìli che incombe a Nord, co-me un enorme balcone stagliato netto contro il cielo, alla frontiera fra i pastori e i conta-dini (tav. I, 1). Sta al margine della strada provinciale da Barùmini a Tuìli, affacciato, aSud ed Ovest, sulla verde e morbida conca del Pardu ’e s’eda chiusa da colli dolcissimipunteggiati da minori proliferazioni di nuraghi, satelliti del grande castello presso la cittàcapitale (tav. LVII, 3). Altri nuraghi sono scaglionati a monte della fortezza principale,sul profilo delle valli che risalgono al ciglio della “giara”, segnante forse il “limes” del ter-ritorio del piccolo stato pedemontano incentrato nel fortilizio. Si osserva che quest’ulti-mo, con la sua postura avanzata e centrale rispetto al piano facilmente accessibile per ilsolco vallivo del riu Mannu, è veramente il caposaldo fondamentale e primario d’un si-stema difensivo di alto interesse strategico quale documenta del resto con evidenza di-dattica, per tempi di molto posteriori, il citato castello della Marmilla o di Lasplassas, almargine opposto della conca che guarda dall’alto della collina conica, completamenteisolata, che sembra fatta ad arte, tanto è naturalmente perfetta, da una mano gigantesca(tavv. I, 1; LVII, 1). Il nuraghe, del tipo polilobato, si compone di una torre antica oprimitiva (A), circondata, con addossamento posteriore, da un bastione a quattro torricon feritoie (B, C, D, E), che include anche un cortile (F). Il bastione fu rinforzato suc-cessivamente da un rifascio murario periferico occludente l’ingresso fra B e C e le feritoiedelle camere, e fu munito d’un nuovo ingresso sopraelevato da terra, aperto nella cortinafra C ed E. Il nucleo quadrilobato è contenuto, a sua volta, in un vasto antemurale dipianta a esagono irregolare difeso da 7 torri (G, H, M, N, O, P, Q) e provvisto di dueingressi (i, i); l’antemurale, a Nordest, si articola in un ridotto a tenaglia (L) con altro in-gresso (i) a protezione d’un grande edifizio rotondo (I) destinato a sede del Consigliodegli Anziani del villaggio: una specie di Curia o Parlamento. L’insieme occupa un’areadi più di 2000 mq, con la massima espansione, di m 75, sulla linea Nordest-Sudovest(fra P ed I) x 60 sulla linea normale fra G ed N. La torre antica (A), circolare di m 10 didiametro, ha l’ingresso a Sud, costituito da una porta di m 2,07 d’altezza a sezione legger-mente rastremata in alto, con pietra d’architrave subquadrata alleggerita da un finestrino

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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pure le aperture dei vani sopraelevati. Esse sono: il finestrone del primo piano del mastioe il finestrone dell’andito dell’ingresso rialzato praticato nella cortina di Nordest, tra Ced E, a m 7,48 d’altezza dal suolo (tavv. LXI, LXII, 2). Inoltre si hanno: nell’angoloNordest del cortile l’imbocco basso rastremato introducente nel vano della scala, a ram-pe e ripiani, diretta, entro lo spessore della cortina frontale, allo spalto di Sudovest, conaltezza da terra di m 3,06 (tav. LXIII, 2); e, all’angolo opposto di Nordovest, l’imboccoa luce trapezoidale, di m 1,67 d’altezza, che mette in una celletta “a tholos” di m 4,23 didiametro x 5,20 di elevato, provvista di nicchia e stipetto a muro, da ritenersi destinata acamera da letto (altezza da terra m 3,65; tav. LXIII, 1). Anche queste aperture rompono,modulandola di zone scure, la parete curvilinea del cortile, evitando di cadere sulla verti-cale delle aperture a piano terra (alternando cioè vuoto a pieno murario) in modo danon compromettere la statica del recinto. Sotto il piano del cortile è, infine, scavato ilpozzo (P), profondo oltre 20 metri, che attinge a una falda freatica con acqua ancor oggiabbondante risalente a un livello di più di 4 metri. Il pozzo serviva per i soldati e per lapopolazione durante i lunghi assedi, e nei periodi di pace. Dal cortile, attraverso gli an-diti lunghi da m 16,96 (da F ad E) a 3,70/3,40 (da F a B), strombati e gradualmenteelevantisi col soffitto angolare od ogivale verso lo sfocio delle camere (tav. LXV, 2), sipenetra nelle stanze delle torri marginali, tutte, tranne la B (tav. LXIV, 2), con le cu-pole perfettamente conservate (tav. LXV, 1). Con diametri basali ed altezze di volta dim 4,90 x 8,40 (C), 4,70 x 8,40 (B), 4,00 x 7,73 (D), 4,40 x 8,40 (E), le camere si di-stinguono per la presenza di feritoie in doppio ordine, quelle superiori servite in origined’un ballatoio di legno accessibile per scale mobili (si son trovati i resti dei travi che so-stenevano il soppalco). Se ne contano nove nell’ordine inferiore per ciascuna torre, tran-ne che in E dove sono dieci, mentre di quelle rialzate dal suolo, ad altezza da m 3,37 a4,90, si conservano per intero le otto della cella B, le feritoie delle altre celle essendo sta-te poi murate dall’interno per sicurezza della parete (tav. LXV, 3). Tutte le feritoie sonoanche murate ed accecate dalla parte esterna, per mezzo del grande rifascio murario co-struito successivamente. In origine attraverso queste bocche di illuminazione e di offesainsieme, si sfrecciava sul nemico, a due altezze, per l’intero perimetro delle torri, cercan-do di impedirgli di avvicinarsi (anche con i tiri allo scoperto o dietro il parapetto deglispalti) o di colpirlo nel tentativo della scalata. Entro la camera della torre C, a sinistraentrando, si osserva anche una celletta rotonda coperta da volta (m 2,60/1,80 di diame-tro 3,86 d’altezza), preceduta da un basso portello architravato di m 1,07 di altezza; sipuò supporre che servisse o per giaciglio o per depositarvi delle armi od altro. Nella ca-mera E, protetta dal lungo corridoio curvilineo munito d’una garetta di guardia subi-to a sinistra di chi entra dal cortile, è scavato un pozzo, o forse meglio ricettacolo, conle pareti a forte aggetto e la bocca recinta da un basso anello murario di rozze pietre,di m 2,15 di profondità. Il pozzo fu aperto dopo che le feritoie furono messe in disuso equando la camera venne trasformata – come le altre contenute nelle torri marginali – daluogo d’arme in vano d’alloggiamento dei soldati e di deposito. Il bastione quadrilobato,prima che venisse rinforzato, si elevava per una altezza presunta di 10 metri, forse cir-condato sul terrazzo degli spalti da una balaustra in muratura o in legno. All’esterno imuri erano inclinati con pendenza uniforme, mantenuta poi nella grande fodera di con-tenimento in cui si misurano 5o. L’opera muraria, rilevabile in pochi tratti dove è caduto ilrifascio (e specie nella torre C dove il paramento si presenta in bella evidenza, tav. LIX, 1),

quella inferiore, è impiegata largamente la malta di fango che fissa meglio le zeppe neigiunti e nei piani di posa. La seconda fase costruttiva del nuraghe consta degli elementi(torri, cortine e cortile) costituenti il corpo quadrilobato (B-F); fig. 9, 4. Quest’ultimo èformato da una figura geometrica romboide con 4 torri agli angoli, di cui le frontali (B,C) e quella ad Ovest (D) chiudono e difendono, insieme al mastio, il cortile F. Le torrimarginali son disposte in modo che due (B, E) coprono e proteggono in prospetto e ditergo il torrione A e le altre due (D, C) lo rinfiancano e lo custodiscono lateralmente. Lecortine, che uniscono le torri, completano la difesa offrendo la sede per gli spalti ed ilcammino di ronda all’intorno del mastio che sopravanzava di circa 5 metri il piano delbastione. Quest’ultimo si stende per una superficie di circa 700 mq, con distanze fra cu-spidi di m 44,50 (B-E) e 30,00 (C-D) e fra cortine di m 18 (sulle cortine fra B-C, D-E)e 16,50 (fra B-D e C-E). Lo schema del bastione è quello del quadrilobato rettocurvili-neo con cuspidi molto prominenti (di tre quarti) sul profilo delle cortine, adatto per iltipo di difesa “a punti”. Nel corpo aggiunto si entrava (prima che venisse costruito il ri-fascio che ne accecò l’ingresso) per un’apertura nella cortina di Sudest che è la più cortaper ragioni difensive ed è battuta da una coppia di feritoie per parte dalle torri di fian-cheggiamento B e C. Costituiva l’ingresso, spostato verso la torre B per maggiore prote-zione, una porta bassa a sezione trapezoidale (altezza m 1,50) con architrave alleggeritada spiraglio (visibile oggi dall’interno dell’andito al cortile). Dietro la porta, il corridoiod’accesso, di m 4,30 di lunghezza x 0,88/1,60 di larghezza x 3,80 d’altezza massima (allamezzeria discende alle estremità a m 1,89 e 2,80), è custodito da una garetta di guardiaper parte, di pianta rettangolare col muro di fondo arrotondato: altezza m 3,80, larghez-za 1,50/1,55, profondità 1,82 (il soffitto è a taglio angolare come quello dell’andito).Sempre nel corridoio, il tetto di lastre dà luogo, al filo della porta d’entrata, a un vuotocircolare di cm 20 di diametro che dà superiormente nel pavimento della scala a cordo-nata aperta entro lo spessore della cortina frontale: si tratta di un foro attraverso il qualepassava la robusta corda che serviva per sollevare ed abbassare dall’alto, come una saraci-nesca, la pesante lastra lignea della porta mobile che chiudeva dall’interno il varco del-l’ingresso. Una seconda porta (sistema del dipylon), pur essa rastremata ed architravata,ma senza finestrino di scarico (altezza m 2) mette dall’andito al cortile (tav. LXIII, 4, adestra). Il cortile – l’esempio più superbo e meglio conservato di tal genere di spartitonuragico nell’Isola – disegna, visto dall’alto, una cavità architettonica curvilinea di sug-gestione spettacolare; tavv. LXI, LXIII, 1. Si tratta di uno spazio di mq 56,43 di superfi-cie, chiuso all’interno da pareti aggettanti che seguono il profilo d’una mezzaluna, aper-te, all’altezza di m 12 dal piano di calpestio in un arco di lucernario inciso contro lavolta del cielo. Il tutto (giro del mastio, curva del cortile, calotta del cielo) compone unaserie di ritmi circolari, di sapore antico, maravigliosamente coerenti: una geometria lon-tana, fuori del tempo, indimenticabile. Nel cortile si aprono, oltre che la porta del ma-stio A, quelle delle torri C, B, D (tav. LXIII, 1-4) per anditi rettilinei diretti, e quella del-la torre E (tav. LXIII, 1), la più remota e difesa, al termine d’un andito o galleria araggiro del torrione, ricavato lungo la cortina di Nordovest fra D ed E. Le porte, dell’al-tezza di circa 2 metri, son tutte di bel taglio trapezoidale, con architravi sbozzati senzaforo di alleggerimento. Esse ritagliano zone d’ombra e suggeriscono prospettive di reces-so, ritmandosi alternativamente con i massi o pilastri di muri (allargati verso l’alto secondoil gusto dell’architettura megalitica occidentale) che le separano. Sul cortile si affacciano

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pure le aperture dei vani sopraelevati. Esse sono: il finestrone del primo piano del mastioe il finestrone dell’andito dell’ingresso rialzato praticato nella cortina di Nordest, tra Ced E, a m 7,48 d’altezza dal suolo (tavv. LXI, LXII, 2). Inoltre si hanno: nell’angoloNordest del cortile l’imbocco basso rastremato introducente nel vano della scala, a ram-pe e ripiani, diretta, entro lo spessore della cortina frontale, allo spalto di Sudovest, conaltezza da terra di m 3,06 (tav. LXIII, 2); e, all’angolo opposto di Nordovest, l’imboccoa luce trapezoidale, di m 1,67 d’altezza, che mette in una celletta “a tholos” di m 4,23 didiametro x 5,20 di elevato, provvista di nicchia e stipetto a muro, da ritenersi destinata acamera da letto (altezza da terra m 3,65; tav. LXIII, 1). Anche queste aperture rompono,modulandola di zone scure, la parete curvilinea del cortile, evitando di cadere sulla verti-cale delle aperture a piano terra (alternando cioè vuoto a pieno murario) in modo danon compromettere la statica del recinto. Sotto il piano del cortile è, infine, scavato ilpozzo (P), profondo oltre 20 metri, che attinge a una falda freatica con acqua ancor oggiabbondante risalente a un livello di più di 4 metri. Il pozzo serviva per i soldati e per lapopolazione durante i lunghi assedi, e nei periodi di pace. Dal cortile, attraverso gli an-diti lunghi da m 16,96 (da F ad E) a 3,70/3,40 (da F a B), strombati e gradualmenteelevantisi col soffitto angolare od ogivale verso lo sfocio delle camere (tav. LXV, 2), sipenetra nelle stanze delle torri marginali, tutte, tranne la B (tav. LXIV, 2), con le cu-pole perfettamente conservate (tav. LXV, 1). Con diametri basali ed altezze di volta dim 4,90 x 8,40 (C), 4,70 x 8,40 (B), 4,00 x 7,73 (D), 4,40 x 8,40 (E), le camere si di-stinguono per la presenza di feritoie in doppio ordine, quelle superiori servite in origined’un ballatoio di legno accessibile per scale mobili (si son trovati i resti dei travi che so-stenevano il soppalco). Se ne contano nove nell’ordine inferiore per ciascuna torre, tran-ne che in E dove sono dieci, mentre di quelle rialzate dal suolo, ad altezza da m 3,37 a4,90, si conservano per intero le otto della cella B, le feritoie delle altre celle essendo sta-te poi murate dall’interno per sicurezza della parete (tav. LXV, 3). Tutte le feritoie sonoanche murate ed accecate dalla parte esterna, per mezzo del grande rifascio murario co-struito successivamente. In origine attraverso queste bocche di illuminazione e di offesainsieme, si sfrecciava sul nemico, a due altezze, per l’intero perimetro delle torri, cercan-do di impedirgli di avvicinarsi (anche con i tiri allo scoperto o dietro il parapetto deglispalti) o di colpirlo nel tentativo della scalata. Entro la camera della torre C, a sinistraentrando, si osserva anche una celletta rotonda coperta da volta (m 2,60/1,80 di diame-tro 3,86 d’altezza), preceduta da un basso portello architravato di m 1,07 di altezza; sipuò supporre che servisse o per giaciglio o per depositarvi delle armi od altro. Nella ca-mera E, protetta dal lungo corridoio curvilineo munito d’una garetta di guardia subi-to a sinistra di chi entra dal cortile, è scavato un pozzo, o forse meglio ricettacolo, conle pareti a forte aggetto e la bocca recinta da un basso anello murario di rozze pietre,di m 2,15 di profondità. Il pozzo fu aperto dopo che le feritoie furono messe in disuso equando la camera venne trasformata – come le altre contenute nelle torri marginali – daluogo d’arme in vano d’alloggiamento dei soldati e di deposito. Il bastione quadrilobato,prima che venisse rinforzato, si elevava per una altezza presunta di 10 metri, forse cir-condato sul terrazzo degli spalti da una balaustra in muratura o in legno. All’esterno imuri erano inclinati con pendenza uniforme, mantenuta poi nella grande fodera di con-tenimento in cui si misurano 5o. L’opera muraria, rilevabile in pochi tratti dove è caduto ilrifascio (e specie nella torre C dove il paramento si presenta in bella evidenza, tav. LIX, 1),

quella inferiore, è impiegata largamente la malta di fango che fissa meglio le zeppe neigiunti e nei piani di posa. La seconda fase costruttiva del nuraghe consta degli elementi(torri, cortine e cortile) costituenti il corpo quadrilobato (B-F); fig. 9, 4. Quest’ultimo èformato da una figura geometrica romboide con 4 torri agli angoli, di cui le frontali (B,C) e quella ad Ovest (D) chiudono e difendono, insieme al mastio, il cortile F. Le torrimarginali son disposte in modo che due (B, E) coprono e proteggono in prospetto e ditergo il torrione A e le altre due (D, C) lo rinfiancano e lo custodiscono lateralmente. Lecortine, che uniscono le torri, completano la difesa offrendo la sede per gli spalti ed ilcammino di ronda all’intorno del mastio che sopravanzava di circa 5 metri il piano delbastione. Quest’ultimo si stende per una superficie di circa 700 mq, con distanze fra cu-spidi di m 44,50 (B-E) e 30,00 (C-D) e fra cortine di m 18 (sulle cortine fra B-C, D-E)e 16,50 (fra B-D e C-E). Lo schema del bastione è quello del quadrilobato rettocurvili-neo con cuspidi molto prominenti (di tre quarti) sul profilo delle cortine, adatto per iltipo di difesa “a punti”. Nel corpo aggiunto si entrava (prima che venisse costruito il ri-fascio che ne accecò l’ingresso) per un’apertura nella cortina di Sudest che è la più cortaper ragioni difensive ed è battuta da una coppia di feritoie per parte dalle torri di fian-cheggiamento B e C. Costituiva l’ingresso, spostato verso la torre B per maggiore prote-zione, una porta bassa a sezione trapezoidale (altezza m 1,50) con architrave alleggeritada spiraglio (visibile oggi dall’interno dell’andito al cortile). Dietro la porta, il corridoiod’accesso, di m 4,30 di lunghezza x 0,88/1,60 di larghezza x 3,80 d’altezza massima (allamezzeria discende alle estremità a m 1,89 e 2,80), è custodito da una garetta di guardiaper parte, di pianta rettangolare col muro di fondo arrotondato: altezza m 3,80, larghez-za 1,50/1,55, profondità 1,82 (il soffitto è a taglio angolare come quello dell’andito).Sempre nel corridoio, il tetto di lastre dà luogo, al filo della porta d’entrata, a un vuotocircolare di cm 20 di diametro che dà superiormente nel pavimento della scala a cordo-nata aperta entro lo spessore della cortina frontale: si tratta di un foro attraverso il qualepassava la robusta corda che serviva per sollevare ed abbassare dall’alto, come una saraci-nesca, la pesante lastra lignea della porta mobile che chiudeva dall’interno il varco del-l’ingresso. Una seconda porta (sistema del dipylon), pur essa rastremata ed architravata,ma senza finestrino di scarico (altezza m 2) mette dall’andito al cortile (tav. LXIII, 4, adestra). Il cortile – l’esempio più superbo e meglio conservato di tal genere di spartitonuragico nell’Isola – disegna, visto dall’alto, una cavità architettonica curvilinea di sug-gestione spettacolare; tavv. LXI, LXIII, 1. Si tratta di uno spazio di mq 56,43 di superfi-cie, chiuso all’interno da pareti aggettanti che seguono il profilo d’una mezzaluna, aper-te, all’altezza di m 12 dal piano di calpestio in un arco di lucernario inciso contro lavolta del cielo. Il tutto (giro del mastio, curva del cortile, calotta del cielo) compone unaserie di ritmi circolari, di sapore antico, maravigliosamente coerenti: una geometria lon-tana, fuori del tempo, indimenticabile. Nel cortile si aprono, oltre che la porta del ma-stio A, quelle delle torri C, B, D (tav. LXIII, 1-4) per anditi rettilinei diretti, e quella del-la torre E (tav. LXIII, 1), la più remota e difesa, al termine d’un andito o galleria araggiro del torrione, ricavato lungo la cortina di Nordovest fra D ed E. Le porte, dell’al-tezza di circa 2 metri, son tutte di bel taglio trapezoidale, con architravi sbozzati senzaforo di alleggerimento. Esse ritagliano zone d’ombra e suggeriscono prospettive di reces-so, ritmandosi alternativamente con i massi o pilastri di muri (allargati verso l’alto secondoil gusto dell’architettura megalitica occidentale) che le separano. Sul cortile si affacciano

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terrazza d’arme, la complessa manovra difensiva ed offensiva dei numerosi e vari mezzimilitari a disposizione (macchine, attrezzi, munizioni etc.). Il coronamento del terrazzo,nella sua edizione nuova, constava di una vasta superficie distesa su torri e cortine supe-rata di 5 metri dal mastio, recinta da un parapetto a sbalzo – più in muratura che in le-gno – sospeso su grandi mensole, del peso medio di 13 q, inserite in opera nella struttu-ra terminale del bastione inclinato (fig. 14, 1; tav. LXXVI, 3). Il ballatoio, da supporsicol pavimento perforato tra mensola e mensola da buchi per farvi cadere i proiettili –grosse palle di pietra del peso di kg. 5,5, ritrovate alla base dei muri durante gli scavi(tav. LXXVI, 4) –, sporgeva appunto per fungere da piombatoio, riguadagnandosi conlo sbalzo la verticale di tiro deviata dalla pendenza obliqua del paramento. Questo delpiombatoio costituisce il ritrovato di maggior rilievo e importanza, introdottosi, comeelemento di rottura, nella tecnica difensiva tradizionale che, tuttavia, continua ad essereusata in alcune parti sia del nucleo bastionato sia soprattutto dell’antemurale che lo cir-conda più all’esterno. L’esempio di Barùmini è il primo documento certo di piomba-toio, di monumentale imponenza, nell’architettura militare dell’antico Mediterraneo. Ilrifascio (opera costruita per consolidare il vecchio fabbricato che aveva ceduto per slitta-mento del terreno di base e insieme per fortificare, inspessendole, le muraglie del bastio-ne soggette alla minaccia dell’urto degli “arieti criofori” già allora usati) si eleva fino a m14, eretto in tecnica subquadrata a file orizzontali abbastanza regolari di grosse pietre ba-saltiche di mc 0,57 e peso di 17 q. Come nell’antico bastione, la parte più alta della pa-rete, dove si inseriva il rilievo delle mensole, formava un paramento liscio di bei concirifiniti a scalpello, contemperando la ragione estetica d’una tersa e perfetta muraturaisodoma con la funzione di render più difficoltosa la salita. Il rifascio segna la terza fasecostruttiva della fortezza. Intorno al bastione quadrilobato rinforzato si svolgeva l’ante-murale. Esso consiste in un’ampia cinta di 7 torri (G, H, M, N, O, P, Q) unite da corti-ne rettilinee con due ingressi: uno, il principale, a Estsudest verso il villaggio, in angolofra G ed H (tav. LXVI, 1) e l’altro, secondario, sul balzo roccioso di Ovest, in angolo fraO e P (tav. LXVI, 2). La cinta eptagona a Nordest si espande nel recinto o ridotto trian-golare L, con ingresso diretto dall’esterno i (tav. LXXI, 2). Le torri dell’antemurale sonodisposte in modo da corrispondere alternatamente, tranne che a Sudovest, alle torri e allecortine del bastione e, come le torri interne, sporgono di tre quarti dal filo murario dellecortine, se si eccettuino O ed M le quali, costruite prima delle altre a rinforzo d’una pre-cedente lizza più interna a cui appartiene anche una terza torre fra B e C (non segnata inpianta), furono, poi, incorporate nel nuovo e più esterno “proteichisma” (tavv. LXVIII,1-4, LXIX, 1-3). Torri e cortine dell’antemurale battono, dagli spalti e dalle feritoie, lacampagna ma guardano anche (specie in O e in M dove le feritoie si aprono oltre che al-l’esterno – come nelle altre torri – all’interno) verso gli spazi più o meno ravvicinati (piùfra le torri, meno fra torre e cortina) compresi fra la lizza ed il bastione interiore. Questispazi (tav. LXVIII, 2), al riparo dietro le alte muraglie fortificate, accoglievano, durantel’assedio, le persone inabili (donne, vecchi e bambini) e le provvigioni (bestiame ed al-tro) che non trovassero posto nei locali di deposito del castello retrostante. Alle cameredelle torri della lizza si accede per brevi anditi di taglio angolare in M (tav. LXIX, 3) e O(tav. LXVIII, 4) – le torri antiche –, trapezoidale con soffitto a piattabanda in G, H, N eforse anche in P, Q ora distrutte (torri recenti). Gli anditi si aprono tutti verso l’internodel recinto in modo da esser visti e difesi dagli spalti del bastione. Al terrazzo delle torri

consta, esternamente, di blocchi di basalto di medie proporzioni (mc 0,12, q 3,600 inmedia), connessi con tecnica poliedrica. Largo uso di pietre poliedriche (insieme a nu-merose di forma subquadrata) si osserva pure all’interno, nelle camere (tavv. LXIV, 2,LXV, 1-3) e nel cortile (tavv. LXI, LXII, 2, LXIII, 1-4) dove però il gusto arcaico dellastruttura poliedrica fa già delle evidenti e larghe concessioni alla disposizione delle pietrein filari sia pure irregolari e discontinui. Al di fuori, poi, le pareti alte della muraturamutavano tecnica, venendosi a sovrapporre, a contatto diretto e con stacco deciso, sullestrutture poliedrico-subquadrate di torri e cortine, strutture isodome vere e proprie conconci squadrati a scalpello. Queste strutture finite sono ben visibili nelle torri C (tav.LX, 2) e B e nella cortina fra B e D. La combinazione, non nuova, di isodomo (alla sco-po di ottenere una parete liscia difficile a scalarsi) su poliedrico-subquadrato verrà con-servata nella muraglia del rifascio. È, questa del rifascio, una caratteristica rivoluzionariadel nuraghe di Barùmini, non tanto perché siano altrove ignoti esempi di consolida-mento di strutture antiche attraverso cinture di muri costruiti successivamente, quantoper la grandiosità della fodera e per i risultati nuovi, di ordine architettonico e militare,che la sua applicazione ebbe a portare nei sistemi tradizionali dell’arte del costruire e del-la fortificazione. La grande camicia muraria avvolge tutto il perimetro del vecchio ba-stione ispessendolo fino a 5 metri (dai 2 precedenti) e lo sopravanza in altezza passandodai 10 ai 14 metri (tavv. LVIII, 1-2; LIX, 1-4). Il rifascio ostruisce l’antico ingresso basa-le nella cortina fra B e C e tutte le feritoie delle quattro torri marginali e chiude, in defi-nitiva, la fortezza primitiva in un ridotto formidabile – senza scampo – penetrabile sol-tanto attraverso una porta rialzata da terra m 6,70, aperta nella cortina a monte, la piùnascosta, fra C ed E (tav. LX, 1-2). La sua costruzione portò a restaurare alcune parti fa-tiscenti del vecchio edifizio (murature terminali del mastio e del cortile che vennero ri-fatte in opera subquadrata a filari di ordinata disposizione orizzontale, tav. LXI, LXII,2), a rinnovarne altre totalmente (cortina di Nordest, tav. LIX, 1), a mutare l’intera fi-sionomia del castello nuragico. Con una scala mobile, di legno o di corda, si saliva al-l’apertura dell’ingresso rialzato nella cortina di Nordest (tav. LX, 1-2). Questo ingresso èdi luce rettangolare (m 0,85 di larghezza x 1,53 d’altezza), con architrave squadrato e ri-lievo su uno stipite che fungeva da battente d’una porta lignea chiudibile dall’interno.Dietro la porta, allargandosi alla mezzeria, si sviluppa l’andito che, all’estremo opposto,mette al finestrone rilevato sul cortile, situato, quest’ultimo, all’altezza della soglia del fi-nestrone del primo piano del mastio, con cui comunicava per mezzo d’un ballatoio dilegno (tav. LXI, tav. LXII, 2). Sui lati dell’andito, delle aperture disimpegnano la salita aisettori di Est e di Nord del terrazzo. In particolare, a destra dell’andito, un ramo di scalaa corso rettilineo, erto nei suoi 17 gradini contenuti in un vano a sezione angolare, sfo-cia sull’alto della cortina di Nordest presso la torre E. Nella parete di sinistra, poi, l’andi-to dà luogo ad un imbocco, rialzato sul pavimento di m 3,30, accessibile con scala mo-bile, dietro cui un breve corridoio – a taglio angolare come quello dell’andito – immettein una cella di m 2,14 di diametro, ridotta ora al giro di fondazione, sovrapposta al sof-fitto ogivato della camera inferiore della torre C. Un’altra cella sovrastava la volta dellacamera terrena della torre B, in simmetria e in corrispondenza alla prima, mentre su E eD sopravanzava la massa piena dello spalto, accessibile sia per le aperture dell’andito so-praelevato sia per la scala risalente dal cortile. Si disimpegnava in tal modo, per vie di-verse distribuite razionalmente in maniera da non incontrarsi e da sfociare tutte nell’alta

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terrazza d’arme, la complessa manovra difensiva ed offensiva dei numerosi e vari mezzimilitari a disposizione (macchine, attrezzi, munizioni etc.). Il coronamento del terrazzo,nella sua edizione nuova, constava di una vasta superficie distesa su torri e cortine supe-rata di 5 metri dal mastio, recinta da un parapetto a sbalzo – più in muratura che in le-gno – sospeso su grandi mensole, del peso medio di 13 q, inserite in opera nella struttu-ra terminale del bastione inclinato (fig. 14, 1; tav. LXXVI, 3). Il ballatoio, da supporsicol pavimento perforato tra mensola e mensola da buchi per farvi cadere i proiettili –grosse palle di pietra del peso di kg. 5,5, ritrovate alla base dei muri durante gli scavi(tav. LXXVI, 4) –, sporgeva appunto per fungere da piombatoio, riguadagnandosi conlo sbalzo la verticale di tiro deviata dalla pendenza obliqua del paramento. Questo delpiombatoio costituisce il ritrovato di maggior rilievo e importanza, introdottosi, comeelemento di rottura, nella tecnica difensiva tradizionale che, tuttavia, continua ad essereusata in alcune parti sia del nucleo bastionato sia soprattutto dell’antemurale che lo cir-conda più all’esterno. L’esempio di Barùmini è il primo documento certo di piomba-toio, di monumentale imponenza, nell’architettura militare dell’antico Mediterraneo. Ilrifascio (opera costruita per consolidare il vecchio fabbricato che aveva ceduto per slitta-mento del terreno di base e insieme per fortificare, inspessendole, le muraglie del bastio-ne soggette alla minaccia dell’urto degli “arieti criofori” già allora usati) si eleva fino a m14, eretto in tecnica subquadrata a file orizzontali abbastanza regolari di grosse pietre ba-saltiche di mc 0,57 e peso di 17 q. Come nell’antico bastione, la parte più alta della pa-rete, dove si inseriva il rilievo delle mensole, formava un paramento liscio di bei concirifiniti a scalpello, contemperando la ragione estetica d’una tersa e perfetta muraturaisodoma con la funzione di render più difficoltosa la salita. Il rifascio segna la terza fasecostruttiva della fortezza. Intorno al bastione quadrilobato rinforzato si svolgeva l’ante-murale. Esso consiste in un’ampia cinta di 7 torri (G, H, M, N, O, P, Q) unite da corti-ne rettilinee con due ingressi: uno, il principale, a Estsudest verso il villaggio, in angolofra G ed H (tav. LXVI, 1) e l’altro, secondario, sul balzo roccioso di Ovest, in angolo fraO e P (tav. LXVI, 2). La cinta eptagona a Nordest si espande nel recinto o ridotto trian-golare L, con ingresso diretto dall’esterno i (tav. LXXI, 2). Le torri dell’antemurale sonodisposte in modo da corrispondere alternatamente, tranne che a Sudovest, alle torri e allecortine del bastione e, come le torri interne, sporgono di tre quarti dal filo murario dellecortine, se si eccettuino O ed M le quali, costruite prima delle altre a rinforzo d’una pre-cedente lizza più interna a cui appartiene anche una terza torre fra B e C (non segnata inpianta), furono, poi, incorporate nel nuovo e più esterno “proteichisma” (tavv. LXVIII,1-4, LXIX, 1-3). Torri e cortine dell’antemurale battono, dagli spalti e dalle feritoie, lacampagna ma guardano anche (specie in O e in M dove le feritoie si aprono oltre che al-l’esterno – come nelle altre torri – all’interno) verso gli spazi più o meno ravvicinati (piùfra le torri, meno fra torre e cortina) compresi fra la lizza ed il bastione interiore. Questispazi (tav. LXVIII, 2), al riparo dietro le alte muraglie fortificate, accoglievano, durantel’assedio, le persone inabili (donne, vecchi e bambini) e le provvigioni (bestiame ed al-tro) che non trovassero posto nei locali di deposito del castello retrostante. Alle cameredelle torri della lizza si accede per brevi anditi di taglio angolare in M (tav. LXIX, 3) e O(tav. LXVIII, 4) – le torri antiche –, trapezoidale con soffitto a piattabanda in G, H, N eforse anche in P, Q ora distrutte (torri recenti). Gli anditi si aprono tutti verso l’internodel recinto in modo da esser visti e difesi dagli spalti del bastione. Al terrazzo delle torri

consta, esternamente, di blocchi di basalto di medie proporzioni (mc 0,12, q 3,600 inmedia), connessi con tecnica poliedrica. Largo uso di pietre poliedriche (insieme a nu-merose di forma subquadrata) si osserva pure all’interno, nelle camere (tavv. LXIV, 2,LXV, 1-3) e nel cortile (tavv. LXI, LXII, 2, LXIII, 1-4) dove però il gusto arcaico dellastruttura poliedrica fa già delle evidenti e larghe concessioni alla disposizione delle pietrein filari sia pure irregolari e discontinui. Al di fuori, poi, le pareti alte della muraturamutavano tecnica, venendosi a sovrapporre, a contatto diretto e con stacco deciso, sullestrutture poliedrico-subquadrate di torri e cortine, strutture isodome vere e proprie conconci squadrati a scalpello. Queste strutture finite sono ben visibili nelle torri C (tav.LX, 2) e B e nella cortina fra B e D. La combinazione, non nuova, di isodomo (alla sco-po di ottenere una parete liscia difficile a scalarsi) su poliedrico-subquadrato verrà con-servata nella muraglia del rifascio. È, questa del rifascio, una caratteristica rivoluzionariadel nuraghe di Barùmini, non tanto perché siano altrove ignoti esempi di consolida-mento di strutture antiche attraverso cinture di muri costruiti successivamente, quantoper la grandiosità della fodera e per i risultati nuovi, di ordine architettonico e militare,che la sua applicazione ebbe a portare nei sistemi tradizionali dell’arte del costruire e del-la fortificazione. La grande camicia muraria avvolge tutto il perimetro del vecchio ba-stione ispessendolo fino a 5 metri (dai 2 precedenti) e lo sopravanza in altezza passandodai 10 ai 14 metri (tavv. LVIII, 1-2; LIX, 1-4). Il rifascio ostruisce l’antico ingresso basa-le nella cortina fra B e C e tutte le feritoie delle quattro torri marginali e chiude, in defi-nitiva, la fortezza primitiva in un ridotto formidabile – senza scampo – penetrabile sol-tanto attraverso una porta rialzata da terra m 6,70, aperta nella cortina a monte, la piùnascosta, fra C ed E (tav. LX, 1-2). La sua costruzione portò a restaurare alcune parti fa-tiscenti del vecchio edifizio (murature terminali del mastio e del cortile che vennero ri-fatte in opera subquadrata a filari di ordinata disposizione orizzontale, tav. LXI, LXII,2), a rinnovarne altre totalmente (cortina di Nordest, tav. LIX, 1), a mutare l’intera fi-sionomia del castello nuragico. Con una scala mobile, di legno o di corda, si saliva al-l’apertura dell’ingresso rialzato nella cortina di Nordest (tav. LX, 1-2). Questo ingresso èdi luce rettangolare (m 0,85 di larghezza x 1,53 d’altezza), con architrave squadrato e ri-lievo su uno stipite che fungeva da battente d’una porta lignea chiudibile dall’interno.Dietro la porta, allargandosi alla mezzeria, si sviluppa l’andito che, all’estremo opposto,mette al finestrone rilevato sul cortile, situato, quest’ultimo, all’altezza della soglia del fi-nestrone del primo piano del mastio, con cui comunicava per mezzo d’un ballatoio dilegno (tav. LXI, tav. LXII, 2). Sui lati dell’andito, delle aperture disimpegnano la salita aisettori di Est e di Nord del terrazzo. In particolare, a destra dell’andito, un ramo di scalaa corso rettilineo, erto nei suoi 17 gradini contenuti in un vano a sezione angolare, sfo-cia sull’alto della cortina di Nordest presso la torre E. Nella parete di sinistra, poi, l’andi-to dà luogo ad un imbocco, rialzato sul pavimento di m 3,30, accessibile con scala mo-bile, dietro cui un breve corridoio – a taglio angolare come quello dell’andito – immettein una cella di m 2,14 di diametro, ridotta ora al giro di fondazione, sovrapposta al sof-fitto ogivato della camera inferiore della torre C. Un’altra cella sovrastava la volta dellacamera terrena della torre B, in simmetria e in corrispondenza alla prima, mentre su E eD sopravanzava la massa piena dello spalto, accessibile sia per le aperture dell’andito so-praelevato sia per la scala risalente dal cortile. Si disimpegnava in tal modo, per vie di-verse distribuite razionalmente in maniera da non incontrarsi e da sfociare tutte nell’alta

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contro l’ingresso, coperta in origine a tetto conico di legno e stramaglia elevato su ungrosso palo al centro. Costruita con grandi blocchi poliedrici alla base, su cui più tardifu innalzato un paramento a blocchi subquadrati di evidente restauro, la capanna resti-tuì, durante lo scavo, presso alla nicchia di fondo, elementi rituali (fra l’altro una colon-nina betilica raffigurante una torre di nuraghe con terrazzino su mensole, tav. LXXVI,1), da cui si desume che la seduta politico-amministrativa era preceduta da una funzionereligiosa e che la costruzione aveva carattere pubblico, civile e cultuale insieme. Il nura-ghe, ed il villaggio all’intorno (tavv. LVII, 1, LXXII, LXXIII, 1), sono stati fatti oggettodi scavi regolari dal 1951 al 1956. Mastio, bastione e antemurale hanno restituito nu-merosi e significativi elementi culturali. Si sono avute armi e utensili di pietra, comeproiettili e truogoli, armi e strumenti di bronzo (pugnali, accette, scalpelli etc.), unagrande quantità di stoviglie d’impasto di varia forma e tecnica, per lo più liscie ma an-che decorate con stile geometrico, fuseruole fittili ed elementi di collana in avorio etc.Dappertutto si osservarono segni copiosi di focolari e di resti di pasto (ossa d’animali,valve di molluschi). Nel complesso si sono avuti documenti di vita militare e domestica.Dall’esame delle strutture e dei materiali si è ricavata la seguente successione costruttivae cronologica della fortezza:fase a (nuragico arcaico): mastio (1200-IX secolo a.C.);fase b (nuragico I inferiore): bastione antico senza rifascio, circondato dal primitivo

antemurale con torri M ed O (IX-VIII secolo a.C.);fase c (nuragico I superiore): bastione con rifascio e antemurale nuovo con torri G,

H, N, P, Q e ridotto L (VIII-VI secolo a.C.).La fortezza fu presa e in parte distrutta dai Cartaginesi alla fine del VI secolo a.C.Parallelo allo sviluppo del forte è quello del villaggio circostante di cui avanzano unacinquantina di capanne ridotte alla fondazione, costruite con grosse pietre basaltiche.Sono nella massima parte circolari (tav. LXXIII, 2-3), ma se ne hanno alcune ellitti-che più antiche, riferite quest’ultime alla fase b. Il maggior numero è, però, dei tempidella fase c. Un’enorme congerie di materiali archeologici di varia materia ed età, ri-trovata talvolta stratificata regolarmente, è stata offerta dallo scavo delle abitazioni.Dopo la distruzione della fortezza, cioè dopo il VI secolo a.C., il nuraghe fu ancorafrequentato e vi si depositò un nuovo livello archeologico di tempi punico-ellenisticicon materiali del tempo. Da ultimo, in età romana, la parte superiore del cortile el’andito dell’ingresso sopraelevato, essendosi progressivamente coperti di macerie di-ventando inabitabili, furono trasformati in tomba. Parimenti, all’esterno della fortezzaed anche negli spazi fra la lizza ed il bastione, a cominciare dal V secolo a.C., sui ru-deri dell’antico villaggio delle fasi b e c o sugli strati di terreno culturale corrisponden-ti, fu costruito un nuovo villaggio di fisionomia completamente differente dal primiti-vo sia nel tipo della casa – a perimetro circolare concentrico a un atrio in cui siirraggiano i vani destinati ad usi differenti – tipo del II millennio a.C. persistente inetà storica (tav. LXXII, tav. LXXIII, 1), sia nella tecnica delle strutture murarie a pic-coli elementi cementati con malta di fango (tav. LIX, 2), sia nei particolari accessoridi grande interesse etnografico: pozzi (tav. LXXIII, 4), forni (tavv. LXXIV, 1, LXXV,2), focolari (tav. LXXV, 3), piccoli vani rotondi con sedile intorno a un bacile di pie-tra (tav. LXXIV, 2-4), ambienti per attività artigianali (confezioni di oggetti di pietra)o piccole industrie private (confezione dell’olio del lentischio, tav. LXXV, 1). Questo

della lizza si accedeva attraverso il cammino di ronda delle cortine raggiungibili per mez-zo di scalette in muratura addossate alle cortine stesse (si vedono resti di tali scalette fraG ed H e fra N ed O). Torri e cortine sono munite di feritoie, nelle torri in doppio ordi-ne secondo il sistema osservato nelle camere delle torri B, C, D, E (tavv. LXVII, 1-2,LXVIII, 3, LXIX, 1-2, LXX, 1-2), nelle cortine nel solo ordine basale, in numero di duesituate alle estremità presso le torri, tranne che nella cortina dell’ingresso principale (fraG ed H) dove si hanno tre feritoie: una in angolo con G e due aperte, una per parte del-la porta i a difenderla dall’offesa con tiro frontale a cui si aggiungeva la battuta lateraledella feritoia della torre H a colpi incrociati (tav. LXVI, 3). Quanto alle feritoie delle tor-ri è da osservarsi che il loro numero è maggiore in quelle antiche (dieci basali per ciascu-na in M ed O: una di O con battuta all’interno dell’ingresso i), minore nelle recenti(cinque basali), il che indica, se non lo scadimento, la diminuita importanza del sistemadi offesa tradizionale a bocche d’arco, e l’aggiuntasi preoccupazione, in seguito al ritro-vato degli “arieti criofori”, di non indebolire le strutture di urto col forarle eccessivamen-te. Le torri hanno diametri esterni di m 8,40 e 8,36 e interni di m 4,40 e 4,10 le antiche(M e O) e le recenti di m 8 e 4,05 (G), 7,53 e 3,67 (N), 7,45 e 3,80 (H), da cui si rica-va la maggiore ampiezza delle prime, spiegabile con l’esigenza di offrire più parete perl’apertura delle numerose feritoie. Le altezze residue vanno da m 4,60 (M) a 3,43 (H),mentre in origine si devono supporre elevati di spalto di m 10 circa, con camere di m8/9. Le cortine variano in lunghezza da m 19,85 a 13,35 (media normale di m 16), conaltezza residua di m 4 in media e spessore basale di m 2, leggermente ristretto verso l’al-to: in antico raggiungevano altezza di spalto di m 10, a livello del terrazzo delle torri.Negli ingressi architravati e piattabandati si misurano luci di m 1,06 di larghezza x 2 dialtezza nel principale (tav. LXVI, 1) e di m 0,95 x 1,60 nel secondario (tav. LXVI, 2).L’opera muraria della lizza, sia all’esterno sia all’interno, è del tipo subquadrato, con or-dinamento a filari. I blocchi del paramento esterno hanno volume medio di 0,23 mc epeso di 6,9 q; minori le pietre dei paramenti dei vani di mc 0,076 e q 2,28. Il ridotto Lè compreso entro una tanaglia di mura poderose che, girando intorno alla grande co-struzione circolare I, la includono proteggendola entro il munito perimetro, saldandosi,alle due estremità, alle torri H ed M. Una porta larga, a strombo, di cui resta soltanto laspalla destra (larghezza m 1,50), si apre al centro del ramo frontale tra H ed I; era sor-montato da un architrave di m 2 x 0,45 x 0,30 giacente ora al piede della muraglia al-l’esterno (tav. LXXI, 1-2). Lo spazio era protetto dalle torri H ed M, con tiri dall’alto edalle feritoie (tav. LXX, 3). Superato e occupato il ridotto, restava sempre la possibilitàdi chiudere la porta i del recinto L, e continuare la difesa al riparo della lizza fra M H eC. Il ridotto misura m 8,25 in senso Nordest-sudovest e m 8,55 in senso Sudest-nord-ovest. Conservato per l’altezza massima di m 1,45, con spessore di muro di m 1,90 (allosvettamento), ha le strutture costituite da grossi macigni di basalto, poliedrici, del pesoda 10 a 15 quintali, messi per piatto e anche piantati a coltello con gusto “ortostatico”:misure di massi di m 1,40 x 0,67 x 0,45; 1,10 x 0,90 x 0,35; 1,15 x 0,85; 1,00 x 1,10 x0,40; 0,95 x 1,10 x 0,50. Dentro il recinto megalitico, alla destra dell’ingresso in fondo,sta la “Curia” o “Sala del Consiglio” I, per l’assemblea degli Anziani del villaggio, presie-duta dal re la cui sede e la cui dimora erano nell’interno del castello (tav. LXXII). Si trattadi una grande capanna circolare del diametro esterno di m 10,20 e interno di m 7,20/6,90,con un sedile alla base della parete che lascia vedere stipi e una nicchia maggiore nel muro

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contro l’ingresso, coperta in origine a tetto conico di legno e stramaglia elevato su ungrosso palo al centro. Costruita con grandi blocchi poliedrici alla base, su cui più tardifu innalzato un paramento a blocchi subquadrati di evidente restauro, la capanna resti-tuì, durante lo scavo, presso alla nicchia di fondo, elementi rituali (fra l’altro una colon-nina betilica raffigurante una torre di nuraghe con terrazzino su mensole, tav. LXXVI,1), da cui si desume che la seduta politico-amministrativa era preceduta da una funzionereligiosa e che la costruzione aveva carattere pubblico, civile e cultuale insieme. Il nura-ghe, ed il villaggio all’intorno (tavv. LVII, 1, LXXII, LXXIII, 1), sono stati fatti oggettodi scavi regolari dal 1951 al 1956. Mastio, bastione e antemurale hanno restituito nu-merosi e significativi elementi culturali. Si sono avute armi e utensili di pietra, comeproiettili e truogoli, armi e strumenti di bronzo (pugnali, accette, scalpelli etc.), unagrande quantità di stoviglie d’impasto di varia forma e tecnica, per lo più liscie ma an-che decorate con stile geometrico, fuseruole fittili ed elementi di collana in avorio etc.Dappertutto si osservarono segni copiosi di focolari e di resti di pasto (ossa d’animali,valve di molluschi). Nel complesso si sono avuti documenti di vita militare e domestica.Dall’esame delle strutture e dei materiali si è ricavata la seguente successione costruttivae cronologica della fortezza:fase a (nuragico arcaico): mastio (1200-IX secolo a.C.);fase b (nuragico I inferiore): bastione antico senza rifascio, circondato dal primitivo

antemurale con torri M ed O (IX-VIII secolo a.C.);fase c (nuragico I superiore): bastione con rifascio e antemurale nuovo con torri G,

H, N, P, Q e ridotto L (VIII-VI secolo a.C.).La fortezza fu presa e in parte distrutta dai Cartaginesi alla fine del VI secolo a.C.Parallelo allo sviluppo del forte è quello del villaggio circostante di cui avanzano unacinquantina di capanne ridotte alla fondazione, costruite con grosse pietre basaltiche.Sono nella massima parte circolari (tav. LXXIII, 2-3), ma se ne hanno alcune ellitti-che più antiche, riferite quest’ultime alla fase b. Il maggior numero è, però, dei tempidella fase c. Un’enorme congerie di materiali archeologici di varia materia ed età, ri-trovata talvolta stratificata regolarmente, è stata offerta dallo scavo delle abitazioni.Dopo la distruzione della fortezza, cioè dopo il VI secolo a.C., il nuraghe fu ancorafrequentato e vi si depositò un nuovo livello archeologico di tempi punico-ellenisticicon materiali del tempo. Da ultimo, in età romana, la parte superiore del cortile el’andito dell’ingresso sopraelevato, essendosi progressivamente coperti di macerie di-ventando inabitabili, furono trasformati in tomba. Parimenti, all’esterno della fortezzaed anche negli spazi fra la lizza ed il bastione, a cominciare dal V secolo a.C., sui ru-deri dell’antico villaggio delle fasi b e c o sugli strati di terreno culturale corrisponden-ti, fu costruito un nuovo villaggio di fisionomia completamente differente dal primiti-vo sia nel tipo della casa – a perimetro circolare concentrico a un atrio in cui siirraggiano i vani destinati ad usi differenti – tipo del II millennio a.C. persistente inetà storica (tav. LXXII, tav. LXXIII, 1), sia nella tecnica delle strutture murarie a pic-coli elementi cementati con malta di fango (tav. LIX, 2), sia nei particolari accessoridi grande interesse etnografico: pozzi (tav. LXXIII, 4), forni (tavv. LXXIV, 1, LXXV,2), focolari (tav. LXXV, 3), piccoli vani rotondi con sedile intorno a un bacile di pie-tra (tav. LXXIV, 2-4), ambienti per attività artigianali (confezioni di oggetti di pietra)o piccole industrie private (confezione dell’olio del lentischio, tav. LXXV, 1). Questo

della lizza si accedeva attraverso il cammino di ronda delle cortine raggiungibili per mez-zo di scalette in muratura addossate alle cortine stesse (si vedono resti di tali scalette fraG ed H e fra N ed O). Torri e cortine sono munite di feritoie, nelle torri in doppio ordi-ne secondo il sistema osservato nelle camere delle torri B, C, D, E (tavv. LXVII, 1-2,LXVIII, 3, LXIX, 1-2, LXX, 1-2), nelle cortine nel solo ordine basale, in numero di duesituate alle estremità presso le torri, tranne che nella cortina dell’ingresso principale (fraG ed H) dove si hanno tre feritoie: una in angolo con G e due aperte, una per parte del-la porta i a difenderla dall’offesa con tiro frontale a cui si aggiungeva la battuta lateraledella feritoia della torre H a colpi incrociati (tav. LXVI, 3). Quanto alle feritoie delle tor-ri è da osservarsi che il loro numero è maggiore in quelle antiche (dieci basali per ciascu-na in M ed O: una di O con battuta all’interno dell’ingresso i), minore nelle recenti(cinque basali), il che indica, se non lo scadimento, la diminuita importanza del sistemadi offesa tradizionale a bocche d’arco, e l’aggiuntasi preoccupazione, in seguito al ritro-vato degli “arieti criofori”, di non indebolire le strutture di urto col forarle eccessivamen-te. Le torri hanno diametri esterni di m 8,40 e 8,36 e interni di m 4,40 e 4,10 le antiche(M e O) e le recenti di m 8 e 4,05 (G), 7,53 e 3,67 (N), 7,45 e 3,80 (H), da cui si rica-va la maggiore ampiezza delle prime, spiegabile con l’esigenza di offrire più parete perl’apertura delle numerose feritoie. Le altezze residue vanno da m 4,60 (M) a 3,43 (H),mentre in origine si devono supporre elevati di spalto di m 10 circa, con camere di m8/9. Le cortine variano in lunghezza da m 19,85 a 13,35 (media normale di m 16), conaltezza residua di m 4 in media e spessore basale di m 2, leggermente ristretto verso l’al-to: in antico raggiungevano altezza di spalto di m 10, a livello del terrazzo delle torri.Negli ingressi architravati e piattabandati si misurano luci di m 1,06 di larghezza x 2 dialtezza nel principale (tav. LXVI, 1) e di m 0,95 x 1,60 nel secondario (tav. LXVI, 2).L’opera muraria della lizza, sia all’esterno sia all’interno, è del tipo subquadrato, con or-dinamento a filari. I blocchi del paramento esterno hanno volume medio di 0,23 mc epeso di 6,9 q; minori le pietre dei paramenti dei vani di mc 0,076 e q 2,28. Il ridotto Lè compreso entro una tanaglia di mura poderose che, girando intorno alla grande co-struzione circolare I, la includono proteggendola entro il munito perimetro, saldandosi,alle due estremità, alle torri H ed M. Una porta larga, a strombo, di cui resta soltanto laspalla destra (larghezza m 1,50), si apre al centro del ramo frontale tra H ed I; era sor-montato da un architrave di m 2 x 0,45 x 0,30 giacente ora al piede della muraglia al-l’esterno (tav. LXXI, 1-2). Lo spazio era protetto dalle torri H ed M, con tiri dall’alto edalle feritoie (tav. LXX, 3). Superato e occupato il ridotto, restava sempre la possibilitàdi chiudere la porta i del recinto L, e continuare la difesa al riparo della lizza fra M H eC. Il ridotto misura m 8,25 in senso Nordest-sudovest e m 8,55 in senso Sudest-nord-ovest. Conservato per l’altezza massima di m 1,45, con spessore di muro di m 1,90 (allosvettamento), ha le strutture costituite da grossi macigni di basalto, poliedrici, del pesoda 10 a 15 quintali, messi per piatto e anche piantati a coltello con gusto “ortostatico”:misure di massi di m 1,40 x 0,67 x 0,45; 1,10 x 0,90 x 0,35; 1,15 x 0,85; 1,00 x 1,10 x0,40; 0,95 x 1,10 x 0,50. Dentro il recinto megalitico, alla destra dell’ingresso in fondo,sta la “Curia” o “Sala del Consiglio” I, per l’assemblea degli Anziani del villaggio, presie-duta dal re la cui sede e la cui dimora erano nell’interno del castello (tav. LXXII). Si trattadi una grande capanna circolare del diametro esterno di m 10,20 e interno di m 7,20/6,90,con un sedile alla base della parete che lascia vedere stipi e una nicchia maggiore nel muro

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Baldacci, “Alcune considerazioni geografiche” cit., 1959, II, pp. 38-40; G. Lilliu-Biancofiore, “Primi sca-vi” cit., in Annali, XXVII, 1959, p. 35; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 169, fig. 41, 17, p. 184, nota 103;“Primi scavi” cit., 1960, p. 63; “I nuraghi”, in Il Progresso dell’Isola, 1960, pp. 25 s., 28-31; Almagro, Pre-historia cit., 1960, p. 653 s., fig. 720; A. Maiuri, “Arte e Civiltà” cit., 1960, p. 25, tav. 17, 57; Rittatore ealtri, “L’Italia storica”, in Conosci l’Italia, V (Touring Club d’italia), Milano 1961, p. 22, tav. 4, 10.

Figura 10, 3: nuraghe S’ORKU o SA DOMU ’E S’ORKU (ORTU)-Domusnòvas (Ca-gliari); tavv. LXXVII-LXXIX; cartina B, 107.Il nuraghe sorge a poca distanza ad Ovest dell’abitato moderno di Domusnòvas, su unlieve ripiano intervallivo, alle falde Sudest del Monte Mannu (tav. LXXVII, 1). Dominala valle, che scende dalle montagne calcari ricche di caverne e di acque e si apre, in unpaesaggio fresco di pascoli, verso Occidente, sulla piana, ridente di coltivi, del Cixèrri;lontano, a Sudsudest, il castello medievale di Gioiosaguardia e i rilievi di Villamassargia.A 150 metri a Sudest del forte, una sorgente. Il nuraghe è di tipo complesso, costituitoda una torre antica (A) circondata da un bastione di figura irregolare (B, D, C) conte-nente un cortile (E), e, più all’esterno, munita da una lizza con 5 torri (L, N, F, G, H) espazi interni (M, I). La torre A, tondeggiante del diametro di m 8,40/8,80 (allo svetta-mento), presenta l’ingresso a Sud, architravato (m 1,60 x 0,47 x 0,90), in gran parte in-terrato tanto che vi si penetra strisciando. Dietro la porta, larga m 1 circa, l’andito, di 2m di lunghezza, con pareti aggettanti coperte da due grandi lastroni che determinanoun solaio orizzontale di m 0,65 di larghezza (tav. LXXIX, 2) riceve, sulla destra, l’apertu-ra (di m 0,60 di larghezza) della scala a spirale, ostruita nel suo corso da sinistra a destrae riapparente, con un vano a muri inclinati, di m 0,60/0,70 di larghezza, nella parte altadella torre, verso il tratto di Nord. L’andito sfocia nella camera con una porta a sezionetrapezoidale, provvista d’architrave con spiraglio di scarico di m 0,25 x 0,18 (tav.LXXIX, 1). La camera, di pianta ellittica, di m 3,80 x 2,40 di diametro, si conserva perl’altezza di m 5, misurata dal piano del colmaticcio; il tetto è sfondato, con apertura dim 2 x 1,80. Nella parete destra del vano si osservano le tracce di due aperture, distantifra di loro 1 metro. Quella più vicina all’andito d’ingresso, che è ben visibile nella partesuperiore, mostra sezione trapezoidale con pietra d’architrave (m 1,55 d’altezza evidentex 0,80 di larghezza sotto l’architrave); l’altra apertura, quasi sul fondo, è pressoché na-scosta, obliterata dalle macerie. Le aperture danno a cellette sussidiarie della camera. Latorre si eleva per l’altezza massima residua di m 4,50, rilevata alla tangenza del muro conquello del braccio destro del cortile; lo spessore (allo svettamento) varia fra m 4,80 e 2.L’opera muraria è del tipo poliedrico, con tendenza delle pietre a disporsi su file oblique,sì da offrire l’aspetto d’un apparecchio a “reticolato megalitico” (come nella torre anticadi Barùmini). Si hanno blocchi di medie dimensioni: m 0,60 x 0,42; 0,47 x 0,38; 0,60x 0,50; 0,67 x 0,41. Nell’interno della camera sono usate pietre di proporzioni varie: grossealla base, e medie e piccole al disopra della linea degli architravi delle cellette. Le forme so-no per lo più poliedriche e la disposizione segue quella del filare per quanto discontinuo,con impiego di molto scheggiame negli interstizi fra i blocchi. In genere l’aspetto dei para-menti, sia di quello esterno sia di quello interno, è rozzo, dovuto anche alla qualità dellapietra adoperata, il calcare paleozoico, che mal si presta alla lavorazione. Il mastio è cinto da un bastione esagonoide, di m 17 di lunghezza (in senso Nord-sud) x12,40 di larghezza (in senso Est-ovest), con spessore variante da m 4,60 (sulle linee di B

villaggio, dalle viuzze strette e tortuose (tav. LXXIII, 1-2), corrispondente alla fase d(nuragico II), durò dal V al III secolo a.C. Di età storica, ma di costume indigeno, ilsuo fondo culturale restò sempre nuragico. Riutilizzando in parte le abitazioni del se-condo villaggio e in parte ricostruendo sopra i suoi ruderi, si venne costituendo, daultimo, in una fase e, il terzo villaggio. Di tempi ellenistici-romani che si arrestano allafine della Repubblica, i resti archeologici di questo villaggio indicano un modo di vi-vere materiale che risente ormai dell’influenza di civiltà esterne (oggetti, specialmenteceramici, d’importazione punica, italiota e romana). I morti della fortezza e del coevovillaggio erano deposti in una tomba monumentale, del tipo “dei giganti”, fuori delperimetro dell’abitato, forse nel piano di Mitza ’e Pòddini, a Estsudest del centro divita della piccola capitale nuragica: residuano la stele e due betili della tomba, visibilia sinistra di chi entra nel recinto degli scavi. Il cimitero del villaggio punico-romano siè trovato a poca distanza, nella stessa direzione della sepoltura antica.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, II, 1834, p. 167; A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 104;Spano, Bull. arch. sardo, VIII, p. 171; Memoria, 1854, p. 18, nota 3; Memoria, 1867, p. 24; Scop. arch.,1886, p. 29; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XVIII, 1907, col. 54; E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 85; G.Lilliu, St.S., III (2), 1938, p. 150, figg. 2-4; Not. di Scavi, 1940, p. 245; Bull. Paletn. It., V-VI, 1941-42,p. 158, nota 3; St. Etr., 1944, p. 367, nota 185; Not. di Scavi, 1946, p. 175 ss., fig. 1; St.S., 1947, p. 324;St.S., VIII, 1948, p. 62; M. Varsi, ibidem, p. 368 s.; G. Lilliu, St.S., IX, 1950, p. 396 ss., tav. III, 4-5;St.S., X-XI, 1952, pp. 95-98, 100-106, 110-113, 119, figg. 7-9, tavv. V-VII; E. Contu, ibidem, p. 149;G. Lilliu, in Il Quotidiano Sardo, 3 maggio 1932, n. 106, p. 3; G. Lilliu, in Corriere dell’Isola, Sàssari, 7maggio 1952, p. 3; P. Mingazzini, St. Etr., XXII, 1952-53, pp. 369-374, 378 s., figg. 1-6; G. Lilliu, “INuraghi”, in Le Vie d’Italia, ott. 1953, p. 1291 ss., figg. ivi; G. Lilliu, in Il Quotidiano Sardo, 18 ott.1953, p. 3; Annali, 1953, XXI, parte I, pp. 60, 83 s., 87 s., 90, 92; Zervos, Civilisation cit., 1954, pp. 96-100, 104, figg. 81-91; Attraverso l’Italia, vol. XX (Touring), 1954, p. 78, figg. 129-130; G. Pesce, Bronzespréhistoriques de Sardaigne, Bruxelles 1954, p. 7; Prähistorische Bronzen aus Sardinien, Zürich 1954, p. 15;Praehistorische Bronsplastiek uit Sardinië, ’s-Gravenhage 1954, p. 4 s.; Statuette nuragiche, Milano 1955, p.4; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, II, 1955, pp. 137 s., 143-469, figg. 3-16, tavv. XI-LXXX; G. Lilliu, in L’Illu-strazione Italiana cit., 1955, p. 97 ss.; Boll. Bibliogr. cit., I, sett. 1955, p. 5; Serra, Mal di Sardegna, 1955,pp. 127-130, 263; G. Lilliu, in Realtà Nuova cit., XXI, sett. 1956, p. 830; Sculture della Sardegnanuragica, 1956, p. 29 s., 53 n. 51; R. Carta Raspi, Il volto della Sardegna, 1956, pp. 19, 51, 58; E. Putzulu,in Mollier, Sardinia, 1956, pp. 23 bis e 31 bis, figg. 24-26; F. Hayward e J. Imbert, Sardaigne, terre de lu-mière, Paris 1956, p. 48; J. Job, Sardinien, 1956, pp. 120-122, tav. a p. 137, p. 199; E. Contu, Bull. diPaletn. It., X, vol. 65, 1956, p. 175 ss.; M. Riccardi, “L’escursione in Sardegna della Società geografica ita-liana (1-7 maggio 1956)”, in Boll. d. l. Società Geogr. Italiana, giugno-agosto 1956, Roma 1956, pp. 39,56, tav. fra p. 32 e 33; C. Nierstrasz e L. Claus, Sardaigne, Horizons de France, Paris 1957, pp. 8, 132; V.Mossa, Architettura domestica cit., 1957, p. 40, fig. 7; A. Borio, Sardaigne, 1957, p. 21, figg. 4, 8, 18, p.146 s.; G.F. Ackermann, Reiseland von morgen cit., 1957, pp. 8, 10, 18, 38, 51, fig. 2, tav. 10; G. Lilliu,St.S., XIV-XV, I, 1958, pp. 248, 278; “Barùmini”, in Enciclopedia dell’Arte antica classica e orientale, Ro-ma 1958, I, A-BAR, pp. 982-984, figg. 1239-1242; “A thousand years of prehistoric Sardinia: the Nura-ghe of Barùmini and its village”, in The illustrated London News, London march 8, 1958, pp. 388-391,figg. 1-19; G. Lilliu, in Archeologia Classica, X, 1958, p. 192; Serra, Sardegna quasi un Continente, 1958,pp. 7, 88, 92, figg. 2, 10-13; C. Puxeddu, St.S., XIV-XV, I, 1953, p. 18; Atzeni, ibidem, p. 86, nota 33, p.97 s.; E. Contu, ibidem, pp. 145, 147, 149, 152, 155, 176 s., 180, 182, 184 s., 187; A. W. Van Buren,“News Letter from Rome”, in American Journal of Archaeology, 62, n. 4, oct. 1958, p. 426 s., pl. 118, figg.27-28 e pl. 119, figg. 24-26, 29-31; G. Lilliu, “Trulla «cupola» in Sardegna”, in Arch. stor. sardo, XXVI,1959, p. 512; G. Lilliu, in Antiquity, XXXIII, n. 129, 1959, pp. 33, 35-38, pl. VII c e VIII; “The proto-castles” cit., in Scientific american, dec. 1959, pp. 62, 67 s.; E. Contu, “I più antichi nuraghi” cit., in Riv.Sc. Preist., XIV, 1-4, 1959, pp. 99, 105 s., 112, 115 s.; R. Pracchi, “Contributo” cit., 1959, pp. 39, 57;

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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Baldacci, “Alcune considerazioni geografiche” cit., 1959, II, pp. 38-40; G. Lilliu-Biancofiore, “Primi sca-vi” cit., in Annali, XXVII, 1959, p. 35; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 169, fig. 41, 17, p. 184, nota 103;“Primi scavi” cit., 1960, p. 63; “I nuraghi”, in Il Progresso dell’Isola, 1960, pp. 25 s., 28-31; Almagro, Pre-historia cit., 1960, p. 653 s., fig. 720; A. Maiuri, “Arte e Civiltà” cit., 1960, p. 25, tav. 17, 57; Rittatore ealtri, “L’Italia storica”, in Conosci l’Italia, V (Touring Club d’italia), Milano 1961, p. 22, tav. 4, 10.

Figura 10, 3: nuraghe S’ORKU o SA DOMU ’E S’ORKU (ORTU)-Domusnòvas (Ca-gliari); tavv. LXXVII-LXXIX; cartina B, 107.Il nuraghe sorge a poca distanza ad Ovest dell’abitato moderno di Domusnòvas, su unlieve ripiano intervallivo, alle falde Sudest del Monte Mannu (tav. LXXVII, 1). Dominala valle, che scende dalle montagne calcari ricche di caverne e di acque e si apre, in unpaesaggio fresco di pascoli, verso Occidente, sulla piana, ridente di coltivi, del Cixèrri;lontano, a Sudsudest, il castello medievale di Gioiosaguardia e i rilievi di Villamassargia.A 150 metri a Sudest del forte, una sorgente. Il nuraghe è di tipo complesso, costituitoda una torre antica (A) circondata da un bastione di figura irregolare (B, D, C) conte-nente un cortile (E), e, più all’esterno, munita da una lizza con 5 torri (L, N, F, G, H) espazi interni (M, I). La torre A, tondeggiante del diametro di m 8,40/8,80 (allo svetta-mento), presenta l’ingresso a Sud, architravato (m 1,60 x 0,47 x 0,90), in gran parte in-terrato tanto che vi si penetra strisciando. Dietro la porta, larga m 1 circa, l’andito, di 2m di lunghezza, con pareti aggettanti coperte da due grandi lastroni che determinanoun solaio orizzontale di m 0,65 di larghezza (tav. LXXIX, 2) riceve, sulla destra, l’apertu-ra (di m 0,60 di larghezza) della scala a spirale, ostruita nel suo corso da sinistra a destrae riapparente, con un vano a muri inclinati, di m 0,60/0,70 di larghezza, nella parte altadella torre, verso il tratto di Nord. L’andito sfocia nella camera con una porta a sezionetrapezoidale, provvista d’architrave con spiraglio di scarico di m 0,25 x 0,18 (tav.LXXIX, 1). La camera, di pianta ellittica, di m 3,80 x 2,40 di diametro, si conserva perl’altezza di m 5, misurata dal piano del colmaticcio; il tetto è sfondato, con apertura dim 2 x 1,80. Nella parete destra del vano si osservano le tracce di due aperture, distantifra di loro 1 metro. Quella più vicina all’andito d’ingresso, che è ben visibile nella partesuperiore, mostra sezione trapezoidale con pietra d’architrave (m 1,55 d’altezza evidentex 0,80 di larghezza sotto l’architrave); l’altra apertura, quasi sul fondo, è pressoché na-scosta, obliterata dalle macerie. Le aperture danno a cellette sussidiarie della camera. Latorre si eleva per l’altezza massima residua di m 4,50, rilevata alla tangenza del muro conquello del braccio destro del cortile; lo spessore (allo svettamento) varia fra m 4,80 e 2.L’opera muraria è del tipo poliedrico, con tendenza delle pietre a disporsi su file oblique,sì da offrire l’aspetto d’un apparecchio a “reticolato megalitico” (come nella torre anticadi Barùmini). Si hanno blocchi di medie dimensioni: m 0,60 x 0,42; 0,47 x 0,38; 0,60x 0,50; 0,67 x 0,41. Nell’interno della camera sono usate pietre di proporzioni varie: grossealla base, e medie e piccole al disopra della linea degli architravi delle cellette. Le forme so-no per lo più poliedriche e la disposizione segue quella del filare per quanto discontinuo,con impiego di molto scheggiame negli interstizi fra i blocchi. In genere l’aspetto dei para-menti, sia di quello esterno sia di quello interno, è rozzo, dovuto anche alla qualità dellapietra adoperata, il calcare paleozoico, che mal si presta alla lavorazione. Il mastio è cinto da un bastione esagonoide, di m 17 di lunghezza (in senso Nord-sud) x12,40 di larghezza (in senso Est-ovest), con spessore variante da m 4,60 (sulle linee di B

villaggio, dalle viuzze strette e tortuose (tav. LXXIII, 1-2), corrispondente alla fase d(nuragico II), durò dal V al III secolo a.C. Di età storica, ma di costume indigeno, ilsuo fondo culturale restò sempre nuragico. Riutilizzando in parte le abitazioni del se-condo villaggio e in parte ricostruendo sopra i suoi ruderi, si venne costituendo, daultimo, in una fase e, il terzo villaggio. Di tempi ellenistici-romani che si arrestano allafine della Repubblica, i resti archeologici di questo villaggio indicano un modo di vi-vere materiale che risente ormai dell’influenza di civiltà esterne (oggetti, specialmenteceramici, d’importazione punica, italiota e romana). I morti della fortezza e del coevovillaggio erano deposti in una tomba monumentale, del tipo “dei giganti”, fuori delperimetro dell’abitato, forse nel piano di Mitza ’e Pòddini, a Estsudest del centro divita della piccola capitale nuragica: residuano la stele e due betili della tomba, visibilia sinistra di chi entra nel recinto degli scavi. Il cimitero del villaggio punico-romano siè trovato a poca distanza, nella stessa direzione della sepoltura antica.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, II, 1834, p. 167; A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 104;Spano, Bull. arch. sardo, VIII, p. 171; Memoria, 1854, p. 18, nota 3; Memoria, 1867, p. 24; Scop. arch.,1886, p. 29; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XVIII, 1907, col. 54; E.E.M. (prov. di Cagliari), p. 85; G.Lilliu, St.S., III (2), 1938, p. 150, figg. 2-4; Not. di Scavi, 1940, p. 245; Bull. Paletn. It., V-VI, 1941-42,p. 158, nota 3; St. Etr., 1944, p. 367, nota 185; Not. di Scavi, 1946, p. 175 ss., fig. 1; St.S., 1947, p. 324;St.S., VIII, 1948, p. 62; M. Varsi, ibidem, p. 368 s.; G. Lilliu, St.S., IX, 1950, p. 396 ss., tav. III, 4-5;St.S., X-XI, 1952, pp. 95-98, 100-106, 110-113, 119, figg. 7-9, tavv. V-VII; E. Contu, ibidem, p. 149;G. Lilliu, in Il Quotidiano Sardo, 3 maggio 1932, n. 106, p. 3; G. Lilliu, in Corriere dell’Isola, Sàssari, 7maggio 1952, p. 3; P. Mingazzini, St. Etr., XXII, 1952-53, pp. 369-374, 378 s., figg. 1-6; G. Lilliu, “INuraghi”, in Le Vie d’Italia, ott. 1953, p. 1291 ss., figg. ivi; G. Lilliu, in Il Quotidiano Sardo, 18 ott.1953, p. 3; Annali, 1953, XXI, parte I, pp. 60, 83 s., 87 s., 90, 92; Zervos, Civilisation cit., 1954, pp. 96-100, 104, figg. 81-91; Attraverso l’Italia, vol. XX (Touring), 1954, p. 78, figg. 129-130; G. Pesce, Bronzespréhistoriques de Sardaigne, Bruxelles 1954, p. 7; Prähistorische Bronzen aus Sardinien, Zürich 1954, p. 15;Praehistorische Bronsplastiek uit Sardinië, ’s-Gravenhage 1954, p. 4 s.; Statuette nuragiche, Milano 1955, p.4; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, II, 1955, pp. 137 s., 143-469, figg. 3-16, tavv. XI-LXXX; G. Lilliu, in L’Illu-strazione Italiana cit., 1955, p. 97 ss.; Boll. Bibliogr. cit., I, sett. 1955, p. 5; Serra, Mal di Sardegna, 1955,pp. 127-130, 263; G. Lilliu, in Realtà Nuova cit., XXI, sett. 1956, p. 830; Sculture della Sardegnanuragica, 1956, p. 29 s., 53 n. 51; R. Carta Raspi, Il volto della Sardegna, 1956, pp. 19, 51, 58; E. Putzulu,in Mollier, Sardinia, 1956, pp. 23 bis e 31 bis, figg. 24-26; F. Hayward e J. Imbert, Sardaigne, terre de lu-mière, Paris 1956, p. 48; J. Job, Sardinien, 1956, pp. 120-122, tav. a p. 137, p. 199; E. Contu, Bull. diPaletn. It., X, vol. 65, 1956, p. 175 ss.; M. Riccardi, “L’escursione in Sardegna della Società geografica ita-liana (1-7 maggio 1956)”, in Boll. d. l. Società Geogr. Italiana, giugno-agosto 1956, Roma 1956, pp. 39,56, tav. fra p. 32 e 33; C. Nierstrasz e L. Claus, Sardaigne, Horizons de France, Paris 1957, pp. 8, 132; V.Mossa, Architettura domestica cit., 1957, p. 40, fig. 7; A. Borio, Sardaigne, 1957, p. 21, figg. 4, 8, 18, p.146 s.; G.F. Ackermann, Reiseland von morgen cit., 1957, pp. 8, 10, 18, 38, 51, fig. 2, tav. 10; G. Lilliu,St.S., XIV-XV, I, 1958, pp. 248, 278; “Barùmini”, in Enciclopedia dell’Arte antica classica e orientale, Ro-ma 1958, I, A-BAR, pp. 982-984, figg. 1239-1242; “A thousand years of prehistoric Sardinia: the Nura-ghe of Barùmini and its village”, in The illustrated London News, London march 8, 1958, pp. 388-391,figg. 1-19; G. Lilliu, in Archeologia Classica, X, 1958, p. 192; Serra, Sardegna quasi un Continente, 1958,pp. 7, 88, 92, figg. 2, 10-13; C. Puxeddu, St.S., XIV-XV, I, 1953, p. 18; Atzeni, ibidem, p. 86, nota 33, p.97 s.; E. Contu, ibidem, pp. 145, 147, 149, 152, 155, 176 s., 180, 182, 184 s., 187; A. W. Van Buren,“News Letter from Rome”, in American Journal of Archaeology, 62, n. 4, oct. 1958, p. 426 s., pl. 118, figg.27-28 e pl. 119, figg. 24-26, 29-31; G. Lilliu, “Trulla «cupola» in Sardegna”, in Arch. stor. sardo, XXVI,1959, p. 512; G. Lilliu, in Antiquity, XXXIII, n. 129, 1959, pp. 33, 35-38, pl. VII c e VIII; “The proto-castles” cit., in Scientific american, dec. 1959, pp. 62, 67 s.; E. Contu, “I più antichi nuraghi” cit., in Riv.Sc. Preist., XIV, 1-4, 1959, pp. 99, 105 s., 112, 115 s.; R. Pracchi, “Contributo” cit., 1959, pp. 39, 57;

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Nord della camera munito di 4 feritoie e la parete destra ampliata da una celletta semi-circolare di m 1,40 x 0,80 di profondità. L’andito, a sezione angolare e la camera a taglioogivale, si conservano per l’altezza massima residua di m 3, misurata sul colmaticcio. Ilgrande spazio della “corte” I, è servito da un unico ingresso, ricavato nell’ampio arco dicerchio fra H e C, volto al Nordest. La porta, architravata, di m 0,80 di larghezza x 0,93d’altezza residua, a profilo rettangolare appena ristretto in alto, mette nell’andito strom-bato (da m 0,80 a 1,20 di larghezza), lungo m 2,30, coperto da tre lastroni di piattaban-da che formano un solaio orizzontale, di m 2,20 x 0,80 x 0,55; 1,55 x 0,60 x 0,48; 1,52x 0,75 x 0,46. La “corte” è divisa in 3 settori, fra loro comunicanti, segnati dal restringi-mento degli spazi in corrispondenza al rilievo interno del perimetro delle torri della liz-za. I settori si articolano, in gradazione sempre maggiore di ampiezza, fra N ed F, F e Ge in I dove lo spazio si estende in una vasta curva. L’insieme degli spazi costituisce unarilevante area scoperta in cui trovavano protezione e rifugio temporaneo uomini, bestiee cose strette dall’assedio. Il grande cortile I è difeso dalle 4 torri N, F, G, H, tutte spor-genti per metà del perimetro dal filo murario delle cortine. Le torri F, G, H, fronteg-gianti il prospetto del bastione, sono circolari, del diametro di m 4,60, ciascuna conte-nente una celletta del diametro presuntivo di m 2 (allo svettamento). La torre N,rotonda nel giro di muro esterno, nella parte interna disegna un braccio a gomito, concui viene separato lo spazio M dalla corte I. Un andito, allargato al di fuori (0,60/1,60di larghezza), con una nicchia-garetta semicircolare, sulla destra, di m 1,60 x 1 di pro-fondità, col soffitto a sezione trapezoidale, introduce alla camera N: questa è di piantaellittica, di m 2,60 x 2,20, scoperchiata come, del resto, tutte le camere delle torri dellalizza. L’opera muraria dell’antemurale è nettamente diversa da quella del mastio e del ba-stione. Sono usati dei grossi blocchi di calcare, subquadrati e poliedrici, disposti in fileorizzontali a corsi ben differenziati, di m 1,60 x 0,70 d’altezza, 1,65 x 0,80; 1,15 x 0,75;0,90 x 0,85; 2,10 x 1,20; 1,90 x 0,85 (misure prese nel giro esterno di I fra l’ingresso eH). Le torri sono conservate per l’altezza residua da m 3,70 (L) a 2 (G), su 3 o 4 file, lecortine variano da un’altezza residua di m 3 su 6 file (fra N e F) a 0,70 su 1 fila (fra C edH). L’interno degli spazi M ed I è ingombro di macerie cadute dai muri delle torri e del-le cortine spessi m 1,40/1,60. Di fronte all’ingresso di I si disegna la base d’una costru-zione curvilinea, di cui si segue il giro per tre quarti. Un’altra costruzione rotonda, deldiametro di m 9,50 con muro spesso m 1,70, ridotta allo zoccolo, si osserva all’esternodavanti alla cortina fra G ed H. In quest’ultima si riconosce una capanna d’abitazione,facente parte d’un piccolo centro di vita da supporsi intorno al nuraghe. Tardivo sembrail recinto, diviso a settori, che racchiude una vasta area sul terreno declive a Sud dellafortezza, usato per tenervi bestie al riparo. Il permanere di genti protostoriche nelle adia-cenze del nuraghe, è provato anche dai resti culturali: schegge d’ossidiana e frammentidi ceramiche d’impasto di età nuragica progredita. Non vi sono elementi per stabilire lasuccessione cronologica assoluta delle varie parti del fortilizio; ma è evidente che mastio,bastione e lizza si sono venuti costituendo in tre periodi diversi. Riferisco, per ipotesi, alII millennio il mastio e al I millennio (prima metà) bastione ed antemurale.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, VI, 1840, p. 207; A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 91 ss.,tav. XIV; Angius, in Casalis, Dizionario, 1843, p. 711; J.F. Neigebaur, Die Insel cit., 1855, p. 293; A. La-marmora, Itinéraire, I, 1860, p. 320; Spano, Mnemosine sarda cit., 1864, tav. VI, 10; Memoria, 1867, pp.26, 71; G. Cara, Considerazioni cit., 1876, tav. II, 3; Ch. Maclagan, Chips from old stones by the Autor of

e C) a 0,40/0,60 nei lati di Nordest e Nordovest. Il bastione stringe il mastio da Nordprolungandosi in una prominenza a dente e al Sud (cioè sulla fronte del nuraghe) si al-larga per far posto all’insieme del cortile E, delle cellette B, C, della torre D. L’insieme sipresenta di bella simmetria geometrica e razionalmente concepito in funzione difensivadel mastio, con la torre D, prominente, sulla mezzeria, in asse e a copertura del cortile Esul prospetto, mentre i fianchi dello stesso cortile sono protetti dai robusti muri conte-nenti le cellette B e C coi rispettivi anditi d’accesso. Due ingressi (supposto quello di sini-stra), di m 0,80 circa di larghezza, introducono, non direttamente, ma attraverso l’estre-mità degli anditi di B e C, in E. Essi fiancheggiano la torre D, di m 4 e 2 di diametrorispettivamente di esterno e di camera, e ne sono difesi. L’ingresso di destra, aperto inun tratto rettilineo del perimetro del bastione di m 4,40 di lunghezza, riceve, sulla de-stra, l’andito curvilineo di C, di m 0,90 di larghezza con pareti aggettanti ad angolo acu-to (tav. LXXVII, 3); dietro l’andito s’incurva la celletta C, di m 2,90 x 2,20 di diametroe di m 4,50 d’altezza residua, a profilo ogivale stretto e allungato. Non si danno misuredell’ingresso di sinistra né del corpo costruttivo includente B, il tutto non visibile, masupposto per simmetria con C. Il cortile E, di piano a tronco di ellissi di m 4,40 x 2,20,si eleva sin a m 4,50 alla tangenza del braccio sinistro col mastio, per il resto è molto di-roccato, specie sulla parte frontale che era più esposta all’offesa. Il bastione si presentaabbastanza ben conservato nel lato di Estnordest, dove raggiunge l’altezza attuale di m 7(tav. LXXVIII); la parete è qui tutta in evidenza, non essendo coperta, come nel restodel perimetro, dall’antemurale. L’opera muraria è di tipo poliedrico mediolitico, con dis-posizione confusa e irregolare di massi che compongono un paramento “ad agglomera-to” di apparenza arcaica. Questo tipo di muratura, presente anche nelle pareti del corti-le, ricalca quello del mastio, per quanto si debba ritenere più tardivo, considerato l’ovvioaddossamento. Sull’aspetto rozzo e primitivo dell’apparecchio ha influito, come nellatorre A, la qualità della pietra che è lo stesso calcare paleozoico. Tranne che nel lato diEstnordest, il bastione è circondato da una lizza, con 5 torri (L, N, F, G, H) e due cortid’arme (M ed I), amplissima I. M ed I formano due ridotti distinti, non comunicanti,ciascuno con ingressi indipendenti, costrutti con l’intento di attrarre il nemico per bat-terlo separatamente. Il ridotto M protegge il lato Nordovest del bastione, l’ampio spaziodi I offre riparo e protezione per tutto l’arco da Ovest ad Est, cioè sullo sviluppo frontaledel forte, che era il più insidiato e il più debole per effetto delle aperture d’accesso al ba-luardo interno. Di qui il moltiplicarsi delle torri a cortine ravvicinate (F, G, H) in corri-spondenza al sistema B-ED-C dove si articolano le porte d’ingresso e i vani retrostanti(tav. LXXVII, 2-4). Nello spazio M, di pianta cuoriforme di circa 20 mq di superficie,introducono due ingressi: uno, rivolto ad Est, fra la torre L ed il dente del bastione, el’altro, rivolto ad Ovest, fra L ed N. Il primo, di m 0,80 di larghezza x 2,60 d’altezza al-l’architrave interno, dal soffitto piano di grossi lastroni elevantesi verso il cortile (tav.LXXIX, 3-4), e protetto, sulla destra, da uno sperone di muro proteso dal paramentodella torre L, e battuto da una feritoia aperta nello stesso muro. Il secondo ingresso, cheoccupa la prominenza della cortina curvilinea fra L ed N, strombato dall’esterno all’inter-no (da m 0,60 a 2 di larghezza evidente), presenta il fianco sinistro interrotto dall’apertu-ra d’un corridoio di m 5 di lunghezza che immette dentro la camera di L. Quest’ultimatorre, di m 5,20 e 2,80 di diametro esterno e interno, si apre verso lo spazio M con unandito a strombatura di m 1,40 di lunghezza x 0,60/0,80 di larghezza; e presenta il giro

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Nord della camera munito di 4 feritoie e la parete destra ampliata da una celletta semi-circolare di m 1,40 x 0,80 di profondità. L’andito, a sezione angolare e la camera a taglioogivale, si conservano per l’altezza massima residua di m 3, misurata sul colmaticcio. Ilgrande spazio della “corte” I, è servito da un unico ingresso, ricavato nell’ampio arco dicerchio fra H e C, volto al Nordest. La porta, architravata, di m 0,80 di larghezza x 0,93d’altezza residua, a profilo rettangolare appena ristretto in alto, mette nell’andito strom-bato (da m 0,80 a 1,20 di larghezza), lungo m 2,30, coperto da tre lastroni di piattaban-da che formano un solaio orizzontale, di m 2,20 x 0,80 x 0,55; 1,55 x 0,60 x 0,48; 1,52x 0,75 x 0,46. La “corte” è divisa in 3 settori, fra loro comunicanti, segnati dal restringi-mento degli spazi in corrispondenza al rilievo interno del perimetro delle torri della liz-za. I settori si articolano, in gradazione sempre maggiore di ampiezza, fra N ed F, F e Ge in I dove lo spazio si estende in una vasta curva. L’insieme degli spazi costituisce unarilevante area scoperta in cui trovavano protezione e rifugio temporaneo uomini, bestiee cose strette dall’assedio. Il grande cortile I è difeso dalle 4 torri N, F, G, H, tutte spor-genti per metà del perimetro dal filo murario delle cortine. Le torri F, G, H, fronteg-gianti il prospetto del bastione, sono circolari, del diametro di m 4,60, ciascuna conte-nente una celletta del diametro presuntivo di m 2 (allo svettamento). La torre N,rotonda nel giro di muro esterno, nella parte interna disegna un braccio a gomito, concui viene separato lo spazio M dalla corte I. Un andito, allargato al di fuori (0,60/1,60di larghezza), con una nicchia-garetta semicircolare, sulla destra, di m 1,60 x 1 di pro-fondità, col soffitto a sezione trapezoidale, introduce alla camera N: questa è di piantaellittica, di m 2,60 x 2,20, scoperchiata come, del resto, tutte le camere delle torri dellalizza. L’opera muraria dell’antemurale è nettamente diversa da quella del mastio e del ba-stione. Sono usati dei grossi blocchi di calcare, subquadrati e poliedrici, disposti in fileorizzontali a corsi ben differenziati, di m 1,60 x 0,70 d’altezza, 1,65 x 0,80; 1,15 x 0,75;0,90 x 0,85; 2,10 x 1,20; 1,90 x 0,85 (misure prese nel giro esterno di I fra l’ingresso eH). Le torri sono conservate per l’altezza residua da m 3,70 (L) a 2 (G), su 3 o 4 file, lecortine variano da un’altezza residua di m 3 su 6 file (fra N e F) a 0,70 su 1 fila (fra C edH). L’interno degli spazi M ed I è ingombro di macerie cadute dai muri delle torri e del-le cortine spessi m 1,40/1,60. Di fronte all’ingresso di I si disegna la base d’una costru-zione curvilinea, di cui si segue il giro per tre quarti. Un’altra costruzione rotonda, deldiametro di m 9,50 con muro spesso m 1,70, ridotta allo zoccolo, si osserva all’esternodavanti alla cortina fra G ed H. In quest’ultima si riconosce una capanna d’abitazione,facente parte d’un piccolo centro di vita da supporsi intorno al nuraghe. Tardivo sembrail recinto, diviso a settori, che racchiude una vasta area sul terreno declive a Sud dellafortezza, usato per tenervi bestie al riparo. Il permanere di genti protostoriche nelle adia-cenze del nuraghe, è provato anche dai resti culturali: schegge d’ossidiana e frammentidi ceramiche d’impasto di età nuragica progredita. Non vi sono elementi per stabilire lasuccessione cronologica assoluta delle varie parti del fortilizio; ma è evidente che mastio,bastione e lizza si sono venuti costituendo in tre periodi diversi. Riferisco, per ipotesi, alII millennio il mastio e al I millennio (prima metà) bastione ed antemurale.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, VI, 1840, p. 207; A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 91 ss.,tav. XIV; Angius, in Casalis, Dizionario, 1843, p. 711; J.F. Neigebaur, Die Insel cit., 1855, p. 293; A. La-marmora, Itinéraire, I, 1860, p. 320; Spano, Mnemosine sarda cit., 1864, tav. VI, 10; Memoria, 1867, pp.26, 71; G. Cara, Considerazioni cit., 1876, tav. II, 3; Ch. Maclagan, Chips from old stones by the Autor of

e C) a 0,40/0,60 nei lati di Nordest e Nordovest. Il bastione stringe il mastio da Nordprolungandosi in una prominenza a dente e al Sud (cioè sulla fronte del nuraghe) si al-larga per far posto all’insieme del cortile E, delle cellette B, C, della torre D. L’insieme sipresenta di bella simmetria geometrica e razionalmente concepito in funzione difensivadel mastio, con la torre D, prominente, sulla mezzeria, in asse e a copertura del cortile Esul prospetto, mentre i fianchi dello stesso cortile sono protetti dai robusti muri conte-nenti le cellette B e C coi rispettivi anditi d’accesso. Due ingressi (supposto quello di sini-stra), di m 0,80 circa di larghezza, introducono, non direttamente, ma attraverso l’estre-mità degli anditi di B e C, in E. Essi fiancheggiano la torre D, di m 4 e 2 di diametrorispettivamente di esterno e di camera, e ne sono difesi. L’ingresso di destra, aperto inun tratto rettilineo del perimetro del bastione di m 4,40 di lunghezza, riceve, sulla de-stra, l’andito curvilineo di C, di m 0,90 di larghezza con pareti aggettanti ad angolo acu-to (tav. LXXVII, 3); dietro l’andito s’incurva la celletta C, di m 2,90 x 2,20 di diametroe di m 4,50 d’altezza residua, a profilo ogivale stretto e allungato. Non si danno misuredell’ingresso di sinistra né del corpo costruttivo includente B, il tutto non visibile, masupposto per simmetria con C. Il cortile E, di piano a tronco di ellissi di m 4,40 x 2,20,si eleva sin a m 4,50 alla tangenza del braccio sinistro col mastio, per il resto è molto di-roccato, specie sulla parte frontale che era più esposta all’offesa. Il bastione si presentaabbastanza ben conservato nel lato di Estnordest, dove raggiunge l’altezza attuale di m 7(tav. LXXVIII); la parete è qui tutta in evidenza, non essendo coperta, come nel restodel perimetro, dall’antemurale. L’opera muraria è di tipo poliedrico mediolitico, con dis-posizione confusa e irregolare di massi che compongono un paramento “ad agglomera-to” di apparenza arcaica. Questo tipo di muratura, presente anche nelle pareti del corti-le, ricalca quello del mastio, per quanto si debba ritenere più tardivo, considerato l’ovvioaddossamento. Sull’aspetto rozzo e primitivo dell’apparecchio ha influito, come nellatorre A, la qualità della pietra che è lo stesso calcare paleozoico. Tranne che nel lato diEstnordest, il bastione è circondato da una lizza, con 5 torri (L, N, F, G, H) e due cortid’arme (M ed I), amplissima I. M ed I formano due ridotti distinti, non comunicanti,ciascuno con ingressi indipendenti, costrutti con l’intento di attrarre il nemico per bat-terlo separatamente. Il ridotto M protegge il lato Nordovest del bastione, l’ampio spaziodi I offre riparo e protezione per tutto l’arco da Ovest ad Est, cioè sullo sviluppo frontaledel forte, che era il più insidiato e il più debole per effetto delle aperture d’accesso al ba-luardo interno. Di qui il moltiplicarsi delle torri a cortine ravvicinate (F, G, H) in corri-spondenza al sistema B-ED-C dove si articolano le porte d’ingresso e i vani retrostanti(tav. LXXVII, 2-4). Nello spazio M, di pianta cuoriforme di circa 20 mq di superficie,introducono due ingressi: uno, rivolto ad Est, fra la torre L ed il dente del bastione, el’altro, rivolto ad Ovest, fra L ed N. Il primo, di m 0,80 di larghezza x 2,60 d’altezza al-l’architrave interno, dal soffitto piano di grossi lastroni elevantesi verso il cortile (tav.LXXIX, 3-4), e protetto, sulla destra, da uno sperone di muro proteso dal paramentodella torre L, e battuto da una feritoia aperta nello stesso muro. Il secondo ingresso, cheoccupa la prominenza della cortina curvilinea fra L ed N, strombato dall’esterno all’inter-no (da m 0,60 a 2 di larghezza evidente), presenta il fianco sinistro interrotto dall’apertu-ra d’un corridoio di m 5 di lunghezza che immette dentro la camera di L. Quest’ultimatorre, di m 5,20 e 2,80 di diametro esterno e interno, si apre verso lo spazio M con unandito a strombatura di m 1,40 di lunghezza x 0,60/0,80 di larghezza; e presenta il giro

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può ricostruire una torre con tre camere sovrapposte coperte a cupola e terminante inun terrazzo (come a Barùmini, Losa, Santu Antìne etc.). Il paramento del mastio emer-ge di m 2,30 (a Sudest) sul piano di svettamento del bastione pentalobato, su 9 file re-golari di pietre basaltiche subquadrate (m 0,25 x 0,80; 0,26 x 0,75). La presenza, entrola rovina, di conci a cuneo fa presumere che la parte terminale della torre fosse in operaquadrata o isodoma, come a Barùmini ed in altri nuraghi complessi. Il primo bastioneconsta di 5 torri collegate da cortine rettilinee. La distanza massima sulle cuspidi è dim 21,40 (da E a C), sulle cortine di m 14 (linea cortina d’ingresso fra B e C e la corti-na opposta fra E e D). Le torri marginali hanno il diametro esterno di m 8; son tutteprominenti di tre quarti sul filo delle cortine, col muro appena inclinato. Le cortine,tutte rettilinee tranne quella fra E e D leggermente ondulata, sono di diversa lunghez-za, da m 5,60 (fra D e C) a m 3 (fra B ed F); quella d’ingresso è lunga m 4,60. Il ba-stione si conserva per l’altezza media di m 5 con muri da 6 a 7 filari. L’ingresso, rivoltoa Sud, eccentrico per esser spostato a sinistra verso la torre B, ostruito per la massimaparte, lascia vedere l’architrave con spiraglio di scarico. L’andito retrostante, di lunghez-za pari allo spessore della cortina (m 2), è munito di due garette rettangolari a contra-sto, più profonda quella a destra (si veda simile disposizione nel bastione di Barùmini).Dietro è il cortile, a tre quarti di cerchio, di m 9 x 6 al piano di riempiticcio (cioè all’al-tezza del primo piano), con pareti evidenti per m 1,50 appena. Nel cortile bisogna sup-porre le aperture delle torri F, B, C e D, E, le prime ad andito rettilineo diretto, le se-conde con raccordo curvilineo a raggiro del mastio. Mentre di F non si evidenzia ilvano (ma lo si può ricostruire sul modello delle camere delle altre torri tutte cupolatein origine per quanto ora col soffitto crollato in tutto o in parte), delle torri restanti simisura il diametro della tholos a livello di deposito: m 3,60 (altezza residua m 5) in B;m 3,50 in C; m 5,80/4,40 (altezza residua m 6) in D; m 2,50 in E. In B, ad altezza dalsuolo, si scorge una feritoia; in D ed E si aprono rispettivamente tre e due celle semiel-littiche. Le sezioni delle camere sono ogivali, angolari quelle dei corridoi al cortile. Lastruttura del bastione pentalobato è di tipo poligonale con disposizione di filari moltoirregolare, talvolta inesistente (tav. LXXX, 1). Il paramento è, tuttavia, ben legato conl’incastro delle punte dei blocchi poliedrici nel vuoto risultante fra i blocchi inferiori,senza impiego alcuno di scaglie, il che indica ottima tecnica, rozza solo in apparenza(misure dei blocchi m 0,60 x 0,73; 0,64 x 0,40; 1,10 x 0,50). Si nota il contrasto colparamento subquadrato del mastio e si riconosce l’evidente recenziorità. L’antemuraleforma la cerchia più esterna del complesso fortificato concentrico, ed anche la più bas-sa. La torre Q (a Sudsudovest) segna il margine più distante dal punto focale del ma-stio A (m 21,60), mentre il limite più vicino è dato dalla semitorretta L, a Nordest (m13,40). Da notare che l’antemurale si fa sotto il bastione pentalobato sul lato di Est(distanza minima di m 2 fra C e l’angolo morto fra N ed O), cioè dove la lizza si confi-gura in un terrapieno o contrafforte frastagliato, privo o quasi di vani interni (L, M, N,O). Invece larghi spazi si disegnano, sui lati restanti, fra la lizza e la cinta interna, corri-spondenti a grandi cortili scoperti in cui mettevano le porte delle torri I, H, R, Q, P eda cui, aderendo alle pareti delle cortine, di tanto in tanto salivano da terra le scaletteper raggiungere gli spalti. L’area dell’antemurale ha la lunghezza massima di m 40 (sul-la linea delle torri I-Q) e la larghezza di m 27 (linea dell’ingresso-N). L’antemurale siconserva per l’altezza media di m 4,50, con muri elevati fino a dieci filari. L’ingresso

«Hill Forts and stone circles of ancient Scotland», 1881, p. 6; E. Pais, “La Sardegna prima” cit., 1881, p. 287,289, tav. II, 6, III, 5; E. Roissard De Bellet, La Sardaigne cit., 1884, pp. 105, 108; Baux et Gouin, “Essaisur les Nuragues” cit., 1884, p. 192; E. Reclus, Nouvelle Géographie, p. 592; Perrot-Chipiez, Hist. de l’Artcit., IV, 1887, pp. 35-37, 43, 51, figg. 27-28; Centurione, “Studii” cit., 1888, pp. 18, 25 s., tav. IV, p. 36s., 42, 64, 107; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., 1892, p. 195; F. Corona, Guida cit., 1896, p. 171 (nuraxi deS’Orku Mannu); G. Curis, “Le prime origini dell’incivilimento in Sardegna”, in Rivista Italiana di Sociolo-gia, IV, 1, 1900, p. 53; G. Pinza, Mon. ant. Lincei, 1901, col. 120, fig. 74; H. De Chaignon, “Sur les nura-ghes” cit., 1906-07, p. 33; G. Vacca, Posizione Geografica cit., 1917, p. 9; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922,p. 105; Bertarelli, Sardegna e Corsica (T.C.I.), 1922, p. 135; Steinitzer, Die vergessene Insel cit., 1924, p. 22,figg. 3-4; V. Edel, I Nuraghi e i Nuraghici, Cagliari 1925, p. 35 (verso) e 38; P. Ducati, L’Arte Classica, Tori-no 1927, p. 88; A. Taramelli, “Cosa insegna una carta archeologica” cit., 1935, p. 65; U. Rellini, “La Peni-sola appenninica” cit., 1940, pp. 15, 28, fig. 6; M. Le Lannou, Pâtres et Paysans de la Sardaigne, Tours1941, p. 88; G. Lilliu, St.S., VIII, 1948, p. 63 s., 65; Balata, ibidem, p. 435; G. Pesce-G. Lilliu, Sculturedella Sardegna nuragica, Venezia 1949, p. 13; G. Lilliu, St.S., IX, 1950, p. 399; G. Lilliu, in Il Ponte (Sarde-gna), 1951, p. 992; G. Patroni, La Preistoria, 1951, I, p. 478; E. Contu, St.S., X-XI, 1952, p. 143 ss., fig. 6,p. 152; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 94; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 113, 196, 228.

Figura 10, 4: nuraghe ORRÙBIU-Orròli (Nùoro); v. anche figure 9, 5 e 14, 3; tav.LXXX; cartina B, 91.A m 514 di quota, all’interno dell’altopiano basaltico di Pranu ’e Muru, fa parte d’unaserie di altri 24 nuraghi, la gran parte sui cigli di Est e di Ovest della “giara”, una parteanche alle sue pendici nei territori dei villaggi moderni di Nurri e di Orròli. Il nuraghesta dentro l’altopiano e si presenta improvvisamente, con la sua massa gigantesca e for-midabile (tav. LXXX, 1) stagliata sulla piana aperta e ventilata, non appena si guadagnal’altura salendo dalla conca di Santa Caterina. Questa posizione interna si deve sia allaragione tattica della sorpresa, sia al bisogno di lasciare intorno alla fortezza, e special-mente nel suo lato occidentale donde erano più facili l’accesso e l’assalto, un vasto spa-zio di manovra che, in tempi di pace, si trasformava in un’ampia distesa di pascoli peril bestiame a tratti anche coltivata. Dalla parte di Est il nuraghe guardava sulla forra sel-vaggiamente bella del Flumendosa, per far fronte ai pericoli di irruzione dagli staterellidel Gerrèi, di là dalla gran valle. Un’antica via di “bardane” passa, poco discosta, adOvest del nuraghe: percorre il Pranu ’e Muru da Sud a Nord, cala al Flumendosa, lotraversa e poi si perde nei segreti paurosi dei boschi intorno ad Esterzìli, che furono, untempo, degli indomiti Galillenses. Il nuraghe è del tipo polilobato o plurimo, con unatorre antica (A), circondata da un bastione a cinque torri (B, C, D, E, F) che racchiu-dono un cortile (G), entro una cinta più esterna (o antemurale) difesa da 5 torri (I, H,R, Q, P) e da una complessa lizza a sporgenze e rientranze (L, M, N, O). L’insieme del-la fortificazione, una delle più imponenti della Sardegna, occupa un’area di 2000 mq.Si riconoscono due periodi costruttivi: il più antico corrispondente alla torre A; il se-condo più recente, in cui furono eretti i contrafforti del bastione pentalobato e dell’an-temurale. Il mastio A, circolare del diametro di m 9 (all’altezza del primo piano), hal’ingresso verso il cortile G, forse tra Sudsudest (oggi non visibile perché coperto dallamassa di 340 mc di crollo che ingombra il vano del cortile e anche le aperture in essodelle camere delle torri B, C, D, F). Nulla è rilevabile dell’interno. Solo verso la vettamòzza si osserva traccia del giro superiore della scala a spirale di m 1 di larghezza; si in-travvede pure il vuoto di scarico del finestrone del primo piano sul cortile. Data l’altez-za attuale del cono (sui 15 metri) che ne suppone una originaria di 20 metri circa, si

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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può ricostruire una torre con tre camere sovrapposte coperte a cupola e terminante inun terrazzo (come a Barùmini, Losa, Santu Antìne etc.). Il paramento del mastio emer-ge di m 2,30 (a Sudest) sul piano di svettamento del bastione pentalobato, su 9 file re-golari di pietre basaltiche subquadrate (m 0,25 x 0,80; 0,26 x 0,75). La presenza, entrola rovina, di conci a cuneo fa presumere che la parte terminale della torre fosse in operaquadrata o isodoma, come a Barùmini ed in altri nuraghi complessi. Il primo bastioneconsta di 5 torri collegate da cortine rettilinee. La distanza massima sulle cuspidi è dim 21,40 (da E a C), sulle cortine di m 14 (linea cortina d’ingresso fra B e C e la corti-na opposta fra E e D). Le torri marginali hanno il diametro esterno di m 8; son tutteprominenti di tre quarti sul filo delle cortine, col muro appena inclinato. Le cortine,tutte rettilinee tranne quella fra E e D leggermente ondulata, sono di diversa lunghez-za, da m 5,60 (fra D e C) a m 3 (fra B ed F); quella d’ingresso è lunga m 4,60. Il ba-stione si conserva per l’altezza media di m 5 con muri da 6 a 7 filari. L’ingresso, rivoltoa Sud, eccentrico per esser spostato a sinistra verso la torre B, ostruito per la massimaparte, lascia vedere l’architrave con spiraglio di scarico. L’andito retrostante, di lunghez-za pari allo spessore della cortina (m 2), è munito di due garette rettangolari a contra-sto, più profonda quella a destra (si veda simile disposizione nel bastione di Barùmini).Dietro è il cortile, a tre quarti di cerchio, di m 9 x 6 al piano di riempiticcio (cioè all’al-tezza del primo piano), con pareti evidenti per m 1,50 appena. Nel cortile bisogna sup-porre le aperture delle torri F, B, C e D, E, le prime ad andito rettilineo diretto, le se-conde con raccordo curvilineo a raggiro del mastio. Mentre di F non si evidenzia ilvano (ma lo si può ricostruire sul modello delle camere delle altre torri tutte cupolatein origine per quanto ora col soffitto crollato in tutto o in parte), delle torri restanti simisura il diametro della tholos a livello di deposito: m 3,60 (altezza residua m 5) in B;m 3,50 in C; m 5,80/4,40 (altezza residua m 6) in D; m 2,50 in E. In B, ad altezza dalsuolo, si scorge una feritoia; in D ed E si aprono rispettivamente tre e due celle semiel-littiche. Le sezioni delle camere sono ogivali, angolari quelle dei corridoi al cortile. Lastruttura del bastione pentalobato è di tipo poligonale con disposizione di filari moltoirregolare, talvolta inesistente (tav. LXXX, 1). Il paramento è, tuttavia, ben legato conl’incastro delle punte dei blocchi poliedrici nel vuoto risultante fra i blocchi inferiori,senza impiego alcuno di scaglie, il che indica ottima tecnica, rozza solo in apparenza(misure dei blocchi m 0,60 x 0,73; 0,64 x 0,40; 1,10 x 0,50). Si nota il contrasto colparamento subquadrato del mastio e si riconosce l’evidente recenziorità. L’antemuraleforma la cerchia più esterna del complesso fortificato concentrico, ed anche la più bas-sa. La torre Q (a Sudsudovest) segna il margine più distante dal punto focale del ma-stio A (m 21,60), mentre il limite più vicino è dato dalla semitorretta L, a Nordest (m13,40). Da notare che l’antemurale si fa sotto il bastione pentalobato sul lato di Est(distanza minima di m 2 fra C e l’angolo morto fra N ed O), cioè dove la lizza si confi-gura in un terrapieno o contrafforte frastagliato, privo o quasi di vani interni (L, M, N,O). Invece larghi spazi si disegnano, sui lati restanti, fra la lizza e la cinta interna, corri-spondenti a grandi cortili scoperti in cui mettevano le porte delle torri I, H, R, Q, P eda cui, aderendo alle pareti delle cortine, di tanto in tanto salivano da terra le scaletteper raggiungere gli spalti. L’area dell’antemurale ha la lunghezza massima di m 40 (sul-la linea delle torri I-Q) e la larghezza di m 27 (linea dell’ingresso-N). L’antemurale siconserva per l’altezza media di m 4,50, con muri elevati fino a dieci filari. L’ingresso

«Hill Forts and stone circles of ancient Scotland», 1881, p. 6; E. Pais, “La Sardegna prima” cit., 1881, p. 287,289, tav. II, 6, III, 5; E. Roissard De Bellet, La Sardaigne cit., 1884, pp. 105, 108; Baux et Gouin, “Essaisur les Nuragues” cit., 1884, p. 192; E. Reclus, Nouvelle Géographie, p. 592; Perrot-Chipiez, Hist. de l’Artcit., IV, 1887, pp. 35-37, 43, 51, figg. 27-28; Centurione, “Studii” cit., 1888, pp. 18, 25 s., tav. IV, p. 36s., 42, 64, 107; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., 1892, p. 195; F. Corona, Guida cit., 1896, p. 171 (nuraxi deS’Orku Mannu); G. Curis, “Le prime origini dell’incivilimento in Sardegna”, in Rivista Italiana di Sociolo-gia, IV, 1, 1900, p. 53; G. Pinza, Mon. ant. Lincei, 1901, col. 120, fig. 74; H. De Chaignon, “Sur les nura-ghes” cit., 1906-07, p. 33; G. Vacca, Posizione Geografica cit., 1917, p. 9; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922,p. 105; Bertarelli, Sardegna e Corsica (T.C.I.), 1922, p. 135; Steinitzer, Die vergessene Insel cit., 1924, p. 22,figg. 3-4; V. Edel, I Nuraghi e i Nuraghici, Cagliari 1925, p. 35 (verso) e 38; P. Ducati, L’Arte Classica, Tori-no 1927, p. 88; A. Taramelli, “Cosa insegna una carta archeologica” cit., 1935, p. 65; U. Rellini, “La Peni-sola appenninica” cit., 1940, pp. 15, 28, fig. 6; M. Le Lannou, Pâtres et Paysans de la Sardaigne, Tours1941, p. 88; G. Lilliu, St.S., VIII, 1948, p. 63 s., 65; Balata, ibidem, p. 435; G. Pesce-G. Lilliu, Sculturedella Sardegna nuragica, Venezia 1949, p. 13; G. Lilliu, St.S., IX, 1950, p. 399; G. Lilliu, in Il Ponte (Sarde-gna), 1951, p. 992; G. Patroni, La Preistoria, 1951, I, p. 478; E. Contu, St.S., X-XI, 1952, p. 143 ss., fig. 6,p. 152; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 94; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 113, 196, 228.

Figura 10, 4: nuraghe ORRÙBIU-Orròli (Nùoro); v. anche figure 9, 5 e 14, 3; tav.LXXX; cartina B, 91.A m 514 di quota, all’interno dell’altopiano basaltico di Pranu ’e Muru, fa parte d’unaserie di altri 24 nuraghi, la gran parte sui cigli di Est e di Ovest della “giara”, una parteanche alle sue pendici nei territori dei villaggi moderni di Nurri e di Orròli. Il nuraghesta dentro l’altopiano e si presenta improvvisamente, con la sua massa gigantesca e for-midabile (tav. LXXX, 1) stagliata sulla piana aperta e ventilata, non appena si guadagnal’altura salendo dalla conca di Santa Caterina. Questa posizione interna si deve sia allaragione tattica della sorpresa, sia al bisogno di lasciare intorno alla fortezza, e special-mente nel suo lato occidentale donde erano più facili l’accesso e l’assalto, un vasto spa-zio di manovra che, in tempi di pace, si trasformava in un’ampia distesa di pascoli peril bestiame a tratti anche coltivata. Dalla parte di Est il nuraghe guardava sulla forra sel-vaggiamente bella del Flumendosa, per far fronte ai pericoli di irruzione dagli staterellidel Gerrèi, di là dalla gran valle. Un’antica via di “bardane” passa, poco discosta, adOvest del nuraghe: percorre il Pranu ’e Muru da Sud a Nord, cala al Flumendosa, lotraversa e poi si perde nei segreti paurosi dei boschi intorno ad Esterzìli, che furono, untempo, degli indomiti Galillenses. Il nuraghe è del tipo polilobato o plurimo, con unatorre antica (A), circondata da un bastione a cinque torri (B, C, D, E, F) che racchiu-dono un cortile (G), entro una cinta più esterna (o antemurale) difesa da 5 torri (I, H,R, Q, P) e da una complessa lizza a sporgenze e rientranze (L, M, N, O). L’insieme del-la fortificazione, una delle più imponenti della Sardegna, occupa un’area di 2000 mq.Si riconoscono due periodi costruttivi: il più antico corrispondente alla torre A; il se-condo più recente, in cui furono eretti i contrafforti del bastione pentalobato e dell’an-temurale. Il mastio A, circolare del diametro di m 9 (all’altezza del primo piano), hal’ingresso verso il cortile G, forse tra Sudsudest (oggi non visibile perché coperto dallamassa di 340 mc di crollo che ingombra il vano del cortile e anche le aperture in essodelle camere delle torri B, C, D, F). Nulla è rilevabile dell’interno. Solo verso la vettamòzza si osserva traccia del giro superiore della scala a spirale di m 1 di larghezza; si in-travvede pure il vuoto di scarico del finestrone del primo piano sul cortile. Data l’altez-za attuale del cono (sui 15 metri) che ne suppone una originaria di 20 metri circa, si

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Page 196: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

Bibliografia: Spano, Memoria, 1854, p. 18, nota 1; Memoria, 1867, p. 23, nota 3; Bertarelli, Sardegna(Touring), 1918, p. 135; Anedda, in Giornale d’Italia, 9 agosto 1922; C. Dessì, in Giornale d’Italia, 18agosto 1922; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 145; Bertarelli, Sardegna e Corsica (T.C.I.), 1929, p. 161s.; E. Lucchi, Visioni di Sardegna, 1933, p. 48; De Campo, Nùoro, Guida Annuario, Udine 1934, p. 316;A. Taramelli, in Arch. Stor. Sardo, XIV, 1922, p. 372; M. Le Lannou, Pâtres cit., 1941, p. 104, tav. VII, B; E.Contu, Saggio cit., 1947-48, pp. 46-51, tav. IV, 39, fot. nn. 12-14; G. Lilliu, St.S., VIII, 1948, pp. 63 s.,65; M. Serra, in L’Unione Sarda, 27 luglio 1949; G. Pesce-G. Lilliu, Sculture cit., 1949, p. 13; TempoIllustrato, 4 marzo 1950; G. Lilliu, St.S., IX, 1950, p. 399; Anedda, in Il Quotidiano Sardo, 14 gennaio1951; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, pp. 131, 246-250; G. Lilliu, in Il Ponte (Sardegna), 1951, p.992; G. Lilliu, St.S., X-XI, 1952, pp. 95, 100; E. Contu, ibidem, p. 125 ss., fig. 3; G. Lilliu, in Le Vied’Italia, ott. 1953, pp. 1291, 1295; P. Mingazzini, St. Etr., XXII (s-II), 1952-53, pp. 369, 375-377; Zer-vos, Civilisation cit., 1954, p. 94, figg. 77-78; G. Lilliu, in L’Illustrazione Italiana, Natale 1955 (Sarde-gna), p. 31; G. Lilliu, in Boll. Bibl. Sardo, I, sett. 1955, p. 5; Id., St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 113, 141,187 s., 191, 196, 200, 203, 210, 228; Serra, Mal di Sardegna, 1955, pp. 187-193; Hayward e Imbert,Sardaigne cit., 1956, pp. 316-319; Serra, Sardegna quasi un Continente, 1958, p. 92 e figg. 18-19; G.Lilliu, St.S., XIV-XV, I, 1958, pp. 200 s., 213; “The Proto-Castles” cit., dec. 1959, p. 66.

unico volge a Ovest, aperto nella lunga cortina frontale fra le torri H ed R (m 12,20),tutto spostato verso R (da cui dista m 2,80) per essere infilato dal tiro degli archi delleferitoie di quella torre di fiancheggiamento (tav. LXXX, 2). Di luce trapezoidale (m 1,70d’altezza x 1,17/0,75 di larghezza), architravata (m 1,42 x 0,85 x 0,77), la porta mettenell’andito a sezione angolare, guardato sui due lati, come l’andito dell’ingresso del ba-stione interno, da garette: quella a destra, di piano semiellittico, maggiore, minore l’op-posta, a sinistra, di figura rettangolare, entrambe chiuse ad aggetto. Il corridoio si perdenell’interno del recinto, che è tutto coperto dalla rovina delle parti superiori dei diversisettori della fortezza; la rovina non fa vedere nemmeno gli sbocchi delle torri (tratteggia-ti nella pianta) e colma, fino quasi allo svettamento, le camere in esse contenute e origi-nariamente tutte voltate “a tholos”. Le torri, intervallate da cortine rettilinee lunghe dam 12,20 (frontale) a 3 (fra R e Q), molto pronunziate sul filo murario (specie I, H, P,meno R e Q che mostrano rispettivamente 7 e 4 feritoie), sono più spaziate e diradate(ed anche con cortine più lunghe) nei lati Ovest e Nord del poligono (H, I); si riunisco-no, invece, e si concentrano nell’arco fra Ovestsudovest e Sud (R, Q, P) in corrispon-denza e sulla direttrice delle tre torri F, B, C del bastione pentalobato. Era questo unpunto nevralgico, in quanto nel corridoio fra le tre torri interne e le tre torri della lizzastava il passaggio obbligato per accedere e penetrare entro il cortile e raggiungere il ma-stio, ossia il sistema caposaldo più riposto e delicato della difesa. Di qui la ragione dellaforte munizione, affidata anche alle feritoie aperte nelle torri R, Q e B. Le torri della liz-za hanno diametri di m 8,50 (R), 9 (Q), 8 (P), 8,50 (I) e 8 (H); di H si misura anche lacamera di m 3,70 di diametro mentre le celle delle altre torri sono in parte visibili manon rilevabili. Un tratto di particolare risalto difensivo è costituito dalla serie di angolimorti nel lato Est dell’antemurale. È un susseguirsi di sporgenze ad arco più o menoampio e pronunziato (L, M, O) o a rivellino rettilineo (N), alternate a risvolti angolariimprovvisi, che determina un efficace sistema di attrazione del nemico nel frastaglio ar-tatamente confuso e intricato di quelle prominenze e di quelle rientranze continue, percui riusciva più facile colpirlo ed abbatterlo anche per la maggior vicinanza degli ele-menti della lizza alle punte turrite del bastione pentalobato. La cinta esterna mostra unastruttura a massi in genere abbastanza regolari, ma la regolarità, sia nell’ordinamento a fi-lari sia nel taglio dei blocchi, è discontinua. La tecnica muraria varia anche da torre a tor-re (visibile il particolare specie nelle torri R e Q, dove le stesse feritoie hanno una struttu-ra diversa, tav. LXXX, 2). Dalla parte Sud ed Ovest del nuraghe, da 5 a 10 metri didistanza, si rilevano sul terreno le fondazioni di capanne circolari (almeno 5), del diame-tro da 10 a 5 metri, fatte con massi bruti: sono resti d’un piccolo abitato di famiglie deimilitari della guarnigione. Un più vasto villaggio di un centinaio di capanne con unpozzo d’uso e di culto insieme, si trova a poco più di 1 km a Sudsudovest, nel luogo diSu Putzu. Il raggio di protezione della fortezza dell’Orrùbiu raggiungeva pure questo ag-glomerato. Quanto alla cronologia delle diverse parti costruttive della mole, si può sup-porre che il mastio sia stato costruito intorno al 1000 e che il bastione e la lizza sianodell’VIII-VII secolo a.C., durati fino a quando i Cartaginesi, intorno al VI secolo a.C.,non conquistarono l’altopiano attestandosi al solco profondo del Flumendosa. Poco onulla ci dicono al riguardo i frammenti di stoviglie d’impasto e gli oggetti litici che sipossono raccogliere alla superficie del terreno intorno al forte. Avanzi di embrici e di ce-ramiche e resti di macine di età romana, segnano un periodo di frequentazione tardiva.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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Bibliografia: Spano, Memoria, 1854, p. 18, nota 1; Memoria, 1867, p. 23, nota 3; Bertarelli, Sardegna(Touring), 1918, p. 135; Anedda, in Giornale d’Italia, 9 agosto 1922; C. Dessì, in Giornale d’Italia, 18agosto 1922; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 145; Bertarelli, Sardegna e Corsica (T.C.I.), 1929, p. 161s.; E. Lucchi, Visioni di Sardegna, 1933, p. 48; De Campo, Nùoro, Guida Annuario, Udine 1934, p. 316;A. Taramelli, in Arch. Stor. Sardo, XIV, 1922, p. 372; M. Le Lannou, Pâtres cit., 1941, p. 104, tav. VII, B; E.Contu, Saggio cit., 1947-48, pp. 46-51, tav. IV, 39, fot. nn. 12-14; G. Lilliu, St.S., VIII, 1948, pp. 63 s.,65; M. Serra, in L’Unione Sarda, 27 luglio 1949; G. Pesce-G. Lilliu, Sculture cit., 1949, p. 13; TempoIllustrato, 4 marzo 1950; G. Lilliu, St.S., IX, 1950, p. 399; Anedda, in Il Quotidiano Sardo, 14 gennaio1951; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, pp. 131, 246-250; G. Lilliu, in Il Ponte (Sardegna), 1951, p.992; G. Lilliu, St.S., X-XI, 1952, pp. 95, 100; E. Contu, ibidem, p. 125 ss., fig. 3; G. Lilliu, in Le Vied’Italia, ott. 1953, pp. 1291, 1295; P. Mingazzini, St. Etr., XXII (s-II), 1952-53, pp. 369, 375-377; Zer-vos, Civilisation cit., 1954, p. 94, figg. 77-78; G. Lilliu, in L’Illustrazione Italiana, Natale 1955 (Sarde-gna), p. 31; G. Lilliu, in Boll. Bibl. Sardo, I, sett. 1955, p. 5; Id., St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 113, 141,187 s., 191, 196, 200, 203, 210, 228; Serra, Mal di Sardegna, 1955, pp. 187-193; Hayward e Imbert,Sardaigne cit., 1956, pp. 316-319; Serra, Sardegna quasi un Continente, 1958, p. 92 e figg. 18-19; G.Lilliu, St.S., XIV-XV, I, 1958, pp. 200 s., 213; “The Proto-Castles” cit., dec. 1959, p. 66.

unico volge a Ovest, aperto nella lunga cortina frontale fra le torri H ed R (m 12,20),tutto spostato verso R (da cui dista m 2,80) per essere infilato dal tiro degli archi delleferitoie di quella torre di fiancheggiamento (tav. LXXX, 2). Di luce trapezoidale (m 1,70d’altezza x 1,17/0,75 di larghezza), architravata (m 1,42 x 0,85 x 0,77), la porta mettenell’andito a sezione angolare, guardato sui due lati, come l’andito dell’ingresso del ba-stione interno, da garette: quella a destra, di piano semiellittico, maggiore, minore l’op-posta, a sinistra, di figura rettangolare, entrambe chiuse ad aggetto. Il corridoio si perdenell’interno del recinto, che è tutto coperto dalla rovina delle parti superiori dei diversisettori della fortezza; la rovina non fa vedere nemmeno gli sbocchi delle torri (tratteggia-ti nella pianta) e colma, fino quasi allo svettamento, le camere in esse contenute e origi-nariamente tutte voltate “a tholos”. Le torri, intervallate da cortine rettilinee lunghe dam 12,20 (frontale) a 3 (fra R e Q), molto pronunziate sul filo murario (specie I, H, P,meno R e Q che mostrano rispettivamente 7 e 4 feritoie), sono più spaziate e diradate(ed anche con cortine più lunghe) nei lati Ovest e Nord del poligono (H, I); si riunisco-no, invece, e si concentrano nell’arco fra Ovestsudovest e Sud (R, Q, P) in corrispon-denza e sulla direttrice delle tre torri F, B, C del bastione pentalobato. Era questo unpunto nevralgico, in quanto nel corridoio fra le tre torri interne e le tre torri della lizzastava il passaggio obbligato per accedere e penetrare entro il cortile e raggiungere il ma-stio, ossia il sistema caposaldo più riposto e delicato della difesa. Di qui la ragione dellaforte munizione, affidata anche alle feritoie aperte nelle torri R, Q e B. Le torri della liz-za hanno diametri di m 8,50 (R), 9 (Q), 8 (P), 8,50 (I) e 8 (H); di H si misura anche lacamera di m 3,70 di diametro mentre le celle delle altre torri sono in parte visibili manon rilevabili. Un tratto di particolare risalto difensivo è costituito dalla serie di angolimorti nel lato Est dell’antemurale. È un susseguirsi di sporgenze ad arco più o menoampio e pronunziato (L, M, O) o a rivellino rettilineo (N), alternate a risvolti angolariimprovvisi, che determina un efficace sistema di attrazione del nemico nel frastaglio ar-tatamente confuso e intricato di quelle prominenze e di quelle rientranze continue, percui riusciva più facile colpirlo ed abbatterlo anche per la maggior vicinanza degli ele-menti della lizza alle punte turrite del bastione pentalobato. La cinta esterna mostra unastruttura a massi in genere abbastanza regolari, ma la regolarità, sia nell’ordinamento a fi-lari sia nel taglio dei blocchi, è discontinua. La tecnica muraria varia anche da torre a tor-re (visibile il particolare specie nelle torri R e Q, dove le stesse feritoie hanno una struttu-ra diversa, tav. LXXX, 2). Dalla parte Sud ed Ovest del nuraghe, da 5 a 10 metri didistanza, si rilevano sul terreno le fondazioni di capanne circolari (almeno 5), del diame-tro da 10 a 5 metri, fatte con massi bruti: sono resti d’un piccolo abitato di famiglie deimilitari della guarnigione. Un più vasto villaggio di un centinaio di capanne con unpozzo d’uso e di culto insieme, si trova a poco più di 1 km a Sudsudovest, nel luogo diSu Putzu. Il raggio di protezione della fortezza dell’Orrùbiu raggiungeva pure questo ag-glomerato. Quanto alla cronologia delle diverse parti costruttive della mole, si può sup-porre che il mastio sia stato costruito intorno al 1000 e che il bastione e la lizza sianodell’VIII-VII secolo a.C., durati fino a quando i Cartaginesi, intorno al VI secolo a.C.,non conquistarono l’altopiano attestandosi al solco profondo del Flumendosa. Poco onulla ci dicono al riguardo i frammenti di stoviglie d’impasto e gli oggetti litici che sipossono raccogliere alla superficie del terreno intorno al forte. Avanzi di embrici e di ce-ramiche e resti di macine di età romana, segnano un periodo di frequentazione tardiva.

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Fig. 11: planimetria nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari)

Figura 11: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari); v. figure 3, 4 e 8, 4.Planimetria generale del nuraghe con la cinta esterna. V. scheda descrittiva del monu-mento a figura 8, 4.

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Fig. 12: planimetrie di nuraghi a corridoio1. Sant’Àlvera-Ozièri; 2. Cùnculu-Scanu Montiferru; 3. Siligògu-Silànus; 4. Tù-sari-Bortigali; 5. Sèneghe-Suni; 6. Giànna Uda-Bonàrcado; 7. Mulinèddu-Sàga-ma; 8. Funtanedda-Sàgama; 9. Lighedu-Suni; 10. Perca ’e Pazza-Bolòtana; 11.Bùdas-Tèmpio; 12. Tanca Manna-Tèmpio; 13. Fonte ’e Mola-Thièsi.

Figura 12, 1: nuraghe SANT’ÀLVERA-Ozièri (Sàssari); cartina B, 15.A quota di m 306, su un colle tondeggiante, di contro al nuraghe Jànnas sull’oppostasponda del riu Bùttule, nel luogo del paese distrutto omonimo. È un nuraghe monotor-re, circolare, del perimetro esterno di m 58,50 (diametro m 18 circa). Ha due ingressi:uno a Sud di m 1 di larghezza e l’altro a Nordovest (da supporsi per la vicinanza al filoesterno della costruzione del ramo di corridoio interno che si dirige appunto versoNordovest). Dentro l’enorme massa muraria della torre, si rileva ora, con una certa diffi-coltà, uno stretto e lungo corridoio che attraversa l’intera costruzione, tutto spostato nel-la metà occidentale mentre i tre quarti e più del restante spazio del cerchio non presen-tano, almeno in apparenza, segni di vuoti. Il corridoio si articola in due rami che siincontrano ad angolo ottuso. Il primo ramo, di m 4,80 (segnato a tratteggio) è retro-stante all’ingresso di Sud e ne mantiene il verso per l’intero percorso. Il secondo ramo,lungo nel tratto in vista m 10 circa e largo 1, alto m 1 sul detrito di colmata archeologi-ca e di crollo, riceve le aperture di due nicchie, sulla sinistra di chi entra da Sud e sulladestra per chi entrava dalla porta di Nordovest. Una delle nicchie sta proprio all’angolofra i due rami: di m 1 di larghezza x 1 metro rilevabile di profondità, mostra l’architrave

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Fig. 11: planimetria nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari)

Figura 11: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari); v. figure 3, 4 e 8, 4.Planimetria generale del nuraghe con la cinta esterna. V. scheda descrittiva del monu-mento a figura 8, 4.

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Fig. 12: planimetrie di nuraghi a corridoio1. Sant’Àlvera-Ozièri; 2. Cùnculu-Scanu Montiferru; 3. Siligògu-Silànus; 4. Tù-sari-Bortigali; 5. Sèneghe-Suni; 6. Giànna Uda-Bonàrcado; 7. Mulinèddu-Sàga-ma; 8. Funtanedda-Sàgama; 9. Lighedu-Suni; 10. Perca ’e Pazza-Bolòtana; 11.Bùdas-Tèmpio; 12. Tanca Manna-Tèmpio; 13. Fonte ’e Mola-Thièsi.

Figura 12, 1: nuraghe SANT’ÀLVERA-Ozièri (Sàssari); cartina B, 15.A quota di m 306, su un colle tondeggiante, di contro al nuraghe Jànnas sull’oppostasponda del riu Bùttule, nel luogo del paese distrutto omonimo. È un nuraghe monotor-re, circolare, del perimetro esterno di m 58,50 (diametro m 18 circa). Ha due ingressi:uno a Sud di m 1 di larghezza e l’altro a Nordovest (da supporsi per la vicinanza al filoesterno della costruzione del ramo di corridoio interno che si dirige appunto versoNordovest). Dentro l’enorme massa muraria della torre, si rileva ora, con una certa diffi-coltà, uno stretto e lungo corridoio che attraversa l’intera costruzione, tutto spostato nel-la metà occidentale mentre i tre quarti e più del restante spazio del cerchio non presen-tano, almeno in apparenza, segni di vuoti. Il corridoio si articola in due rami che siincontrano ad angolo ottuso. Il primo ramo, di m 4,80 (segnato a tratteggio) è retro-stante all’ingresso di Sud e ne mantiene il verso per l’intero percorso. Il secondo ramo,lungo nel tratto in vista m 10 circa e largo 1, alto m 1 sul detrito di colmata archeologi-ca e di crollo, riceve le aperture di due nicchie, sulla sinistra di chi entra da Sud e sulladestra per chi entrava dalla porta di Nordovest. Una delle nicchie sta proprio all’angolofra i due rami: di m 1 di larghezza x 1 metro rilevabile di profondità, mostra l’architrave

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Corridoio e celle presentano copertura a piattabanda, con lastroni di medie propor-zioni: m 1,62 x 0,62 x 0,35. Le altezze rilevabili al piano di riempimento dei vani,vanno da m 1,12 a 1,35, ma, in realtà, devono ritenersi maggiori. All’esterno l’edifiziosi conserva per l’altezza di m 3,77/2,10, su 8 filari a Nord. Il paramento è costituitoda blocchi di basalto, alcuni allo stato naturale, altri con segni di lavorazione; la dis-posizione in filari non è regolare. Si osserva una certa cura nei lastroni del soffitto deivani. Si hanno le seguenti misure di pietre: m 0,70 x 0,45 x 0,75; 0,26 x 0,37 x 0,45;0,43 x 0,30 x 0,62. A 10 metri a Nordovest del nuraghe, si osservano resti d’un am-biente rettangolare, di m 10,90 x 5, in pietre brute, con muro di m 1,10 di spessore.Altre tracce di costruzioni si vedono più distanti e più in basso; verso Sud si trovanodei ripari sotto roccia. Sul terreno non mancano frammenti di terracotta e di pietra la-vorata, di età nuragica.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 19, n. 53; P. Cao, Uno sprazzo di lu-ce cit., 1942, p. 1; G. Cherchi, Saggio cit., 1952-53, p. 121 ss., tav. IV, fig. 25; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 129, fig. 2, 2; E. Contu, St.S., XIV-XV, I, 1958, p. 190; R. Grosjean, “Rapports” cit.,1960, p. 300; E. Contu, “I più antichi nuraghi” cit., 1959, p. 95.

Figura 12, 4: nuraghe TÙSARI-Bortigali (Nùoro); v. anche figure 2, 8 e 15, 5.Planimetria del nuraghe. Vedi scheda descrittiva di fig. 2, 8.

Figura 12, 5: nuraghe SÈNEGHE-Suni (Nùoro); v. anche figura 2, 7.Planimetria del nuraghe. Si veda la scheda descrittiva della figura 2, 7.

Figura 12, 6: nuraghe GIÀNNA UDA-Bonàrcado (Cagliari); cartina B, 60.A quota di m 268, sta su uno sperone inciso al piede dal riu Cìspiri, dirupato tranneche da un lato, in un paesaggio petroso, detto “sa perdera”. Pinnetas “a tholos” e pa-stori intorno. La costruzione forma una ellissi di m 17 circa (Ovest-Estsudest) x 11,50(Nord-Sudovestsud), scompartita in due corpi disuguali da un corridoio aperto sul-l’asse trasverso o minore. Il corridoio, lungo m 11,50, mette capo a due ingressi: unoa Sudovest e l’altro, all’opposto, a Nordnordest, ciascuno di m 1 di larghezza x 1,70d’altezza, entrambi architravati, senza spiraglio di scarico. Il corridoio, piattabandato,percorribile solo per breve tratto dai due estremi, al centro è ostruito, per cui non sirende possibile scorgere tracce di nicchie o celle laterali le quali, tuttavia, si devonosupporre entro il grande masso murario a tre quarti di ellissi (m 12,40 x 11,50) a Est-sudest del corridoio stesso, alla sinistra. All’esterno la costruzione si conserva per l’al-tezza massima residua apparente di m 4,50 su 5-6 filari di pietre di basalto, di formapoligonale, di taglio grossolano, disposti in modo che non è osservato l’ordinamentoa corsi orizzontali; più curata è la lavorazione di architravi e stipiti. Misure di blocchi:m 1,20 x 1; 1 x 0,90; 0,85 x 0,60, interblocchi 0,05/0,30. Nelle adiacenze del nura-ghe si osservano resti di capanne curvilinee, di cui una di m 4 di diametro. Sul terre-no si scorgono frammenti di stoviglie rozze d’impasto, e rifiuti d’ossidiana.Bibliografia: A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 106; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 90; A. Tara-melli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 139, n. 37; A. Piras, Saggio cit., 1952-53, p. 59 ss., tav.VI, 35, fot. 23-24; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 63, fig. 84, 5.

di chiusura del vano. A m 4 circa di distanza è l’altra nicchia, della stessa larghezza enon misurabile in profondità perché ostruita, sormontata, pur essa, da un architrave dim 1 x 0,30. La copertura dell’intero percorso del corridoio è costituita da lastroni messia piattabanda che, in origine, si chiudevano a m 1,75 dal pavimento. La torre si conser-va per l’altezza massima residua di m 5 (ad Est), ed il cumulo, al centro, si eleva fino a10 metri. L’opera muraria è di blocchi di trachite, di fattura non curata. A pochi metri aNord del nuraghe si osservano resti di edifizi non meglio determinabili, e sul terreno siraccolgono frammenti di macine a mano e avanzi di stoviglie dell’età nuragica.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, f. 193, 1940, I SE, p. 8, n. 3; E.E.M. (prov. di Sàssari),1922, p. 135; P. Pintus, Saggio cit., 1945-46, p. 17 ss., tav. fig. 2; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p.62, fig. 85, 1; E. Contu, “I più antichi nuraghi” cit., in Riv. Sc. Preist., XIV, 1-4, 1959, p. 96.

Figura 12, 2: nuraghe CÙNCULU-Scanu Montiferru (Nùoro); v. anche figura 17, 3;cartina B, 44.Il nuraghe Cùnculu è in regione Mazzaledda, su un piccolo rialzo roccioso a quota dim 560. A 150 m a Sud sgorgano alcune sorgenti; bosco intorno. La pianta dell’edifi-zio è rotonda, di m 10 di diametro. Il vano interno, anziché a camera circolare coper-ta con volta “a tholos”, presenta la figura di uno spazio in croce, dato dall’incontro ditre nicchie (una in fondo e due laterali) e dell’andito d’ingresso, volto a Est, moltolungo, senza garetta e scala. La celletta a sinistra sembra prolungarsi oltre il limite del-le restanti. La torre è alta, ora, oltre m 3,50 (a Nord). Le nicchie, alte m 3 e profonde2, concluse ad abside, hanno copertura tabulare; anche l’andito era coperto con la-stroni a piattabanda. Il sistema del trilite (o dolmenico) ha sostituito quello della tho-los. Il paramento esterno consta di pietre basaltiche molto grandi, quelle dell’internosono di medie dimensioni; piccole pietre completano la rifinitura delle pareti dellenicchie. In generale i blocchi sono tenuti al naturale, senza ritocchi, tranne che neglispigoli dei vani. Si notano, in complesso, il prevalere della massa sullo spazio e la tra-scuratezza tecnica della costruzione.Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 166; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206,1935, p. 202, n. 30; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 140; P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 49 ss.,tav. n. 6; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 63, fig. 85, 3-4.

Figura 12, 3: nuraghe SILIGÒGU-Silànus (Nùoro); cartina B, 36.Si erge sulla sommità d’un colle che declina verso il riu di Su Fruscu, a m 278 di quo-ta. È di pianta ellittica, di m 13,30 in direzione Ovest-Est x 8,75 in direzione Nord-Sud, con ingresso a Sud, che immette in un lungo corridoio di m 7,50 di lunghezzax 1 di larghezza media. Il corridoio presenta lateralmente due nicchie sulla destra, di-stanziate m 2,80 una dall’altra; ne presenta due anche sulla sinistra, contrapposte alleprime, con distanza reciproca di m 3,60. Le nicchie a destra sono di pianta rettango-lare non regolare con fondo concavo, quella più vicina alla porta d’ingresso di m 1 x 2di profondità, quella verso il fondo di m 1 x 1,80 presumibili. Dei vani situati sulla si-nistra del corridoio, il primo che si incontra, entrando, consta di un passo d’ingresso,di m 1,14, che introduce in una celletta articolata in due ricettacoli, rettangolari conparete terminale arcuata, di m 1,40 di larghezza x 2 e 1,60 rispettivamente di profon-dità il lobo sul prolungamento del passo e il lobo che fa risvolto subito a destra di esso.

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Corridoio e celle presentano copertura a piattabanda, con lastroni di medie propor-zioni: m 1,62 x 0,62 x 0,35. Le altezze rilevabili al piano di riempimento dei vani,vanno da m 1,12 a 1,35, ma, in realtà, devono ritenersi maggiori. All’esterno l’edifiziosi conserva per l’altezza di m 3,77/2,10, su 8 filari a Nord. Il paramento è costituitoda blocchi di basalto, alcuni allo stato naturale, altri con segni di lavorazione; la dis-posizione in filari non è regolare. Si osserva una certa cura nei lastroni del soffitto deivani. Si hanno le seguenti misure di pietre: m 0,70 x 0,45 x 0,75; 0,26 x 0,37 x 0,45;0,43 x 0,30 x 0,62. A 10 metri a Nordovest del nuraghe, si osservano resti d’un am-biente rettangolare, di m 10,90 x 5, in pietre brute, con muro di m 1,10 di spessore.Altre tracce di costruzioni si vedono più distanti e più in basso; verso Sud si trovanodei ripari sotto roccia. Sul terreno non mancano frammenti di terracotta e di pietra la-vorata, di età nuragica.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 19, n. 53; P. Cao, Uno sprazzo di lu-ce cit., 1942, p. 1; G. Cherchi, Saggio cit., 1952-53, p. 121 ss., tav. IV, fig. 25; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 129, fig. 2, 2; E. Contu, St.S., XIV-XV, I, 1958, p. 190; R. Grosjean, “Rapports” cit.,1960, p. 300; E. Contu, “I più antichi nuraghi” cit., 1959, p. 95.

Figura 12, 4: nuraghe TÙSARI-Bortigali (Nùoro); v. anche figure 2, 8 e 15, 5.Planimetria del nuraghe. Vedi scheda descrittiva di fig. 2, 8.

Figura 12, 5: nuraghe SÈNEGHE-Suni (Nùoro); v. anche figura 2, 7.Planimetria del nuraghe. Si veda la scheda descrittiva della figura 2, 7.

Figura 12, 6: nuraghe GIÀNNA UDA-Bonàrcado (Cagliari); cartina B, 60.A quota di m 268, sta su uno sperone inciso al piede dal riu Cìspiri, dirupato tranneche da un lato, in un paesaggio petroso, detto “sa perdera”. Pinnetas “a tholos” e pa-stori intorno. La costruzione forma una ellissi di m 17 circa (Ovest-Estsudest) x 11,50(Nord-Sudovestsud), scompartita in due corpi disuguali da un corridoio aperto sul-l’asse trasverso o minore. Il corridoio, lungo m 11,50, mette capo a due ingressi: unoa Sudovest e l’altro, all’opposto, a Nordnordest, ciascuno di m 1 di larghezza x 1,70d’altezza, entrambi architravati, senza spiraglio di scarico. Il corridoio, piattabandato,percorribile solo per breve tratto dai due estremi, al centro è ostruito, per cui non sirende possibile scorgere tracce di nicchie o celle laterali le quali, tuttavia, si devonosupporre entro il grande masso murario a tre quarti di ellissi (m 12,40 x 11,50) a Est-sudest del corridoio stesso, alla sinistra. All’esterno la costruzione si conserva per l’al-tezza massima residua apparente di m 4,50 su 5-6 filari di pietre di basalto, di formapoligonale, di taglio grossolano, disposti in modo che non è osservato l’ordinamentoa corsi orizzontali; più curata è la lavorazione di architravi e stipiti. Misure di blocchi:m 1,20 x 1; 1 x 0,90; 0,85 x 0,60, interblocchi 0,05/0,30. Nelle adiacenze del nura-ghe si osservano resti di capanne curvilinee, di cui una di m 4 di diametro. Sul terre-no si scorgono frammenti di stoviglie rozze d’impasto, e rifiuti d’ossidiana.Bibliografia: A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 106; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 90; A. Tara-melli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 139, n. 37; A. Piras, Saggio cit., 1952-53, p. 59 ss., tav.VI, 35, fot. 23-24; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 63, fig. 84, 5.

di chiusura del vano. A m 4 circa di distanza è l’altra nicchia, della stessa larghezza enon misurabile in profondità perché ostruita, sormontata, pur essa, da un architrave dim 1 x 0,30. La copertura dell’intero percorso del corridoio è costituita da lastroni messia piattabanda che, in origine, si chiudevano a m 1,75 dal pavimento. La torre si conser-va per l’altezza massima residua di m 5 (ad Est), ed il cumulo, al centro, si eleva fino a10 metri. L’opera muraria è di blocchi di trachite, di fattura non curata. A pochi metri aNord del nuraghe si osservano resti di edifizi non meglio determinabili, e sul terreno siraccolgono frammenti di macine a mano e avanzi di stoviglie dell’età nuragica.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, f. 193, 1940, I SE, p. 8, n. 3; E.E.M. (prov. di Sàssari),1922, p. 135; P. Pintus, Saggio cit., 1945-46, p. 17 ss., tav. fig. 2; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p.62, fig. 85, 1; E. Contu, “I più antichi nuraghi” cit., in Riv. Sc. Preist., XIV, 1-4, 1959, p. 96.

Figura 12, 2: nuraghe CÙNCULU-Scanu Montiferru (Nùoro); v. anche figura 17, 3;cartina B, 44.Il nuraghe Cùnculu è in regione Mazzaledda, su un piccolo rialzo roccioso a quota dim 560. A 150 m a Sud sgorgano alcune sorgenti; bosco intorno. La pianta dell’edifi-zio è rotonda, di m 10 di diametro. Il vano interno, anziché a camera circolare coper-ta con volta “a tholos”, presenta la figura di uno spazio in croce, dato dall’incontro ditre nicchie (una in fondo e due laterali) e dell’andito d’ingresso, volto a Est, moltolungo, senza garetta e scala. La celletta a sinistra sembra prolungarsi oltre il limite del-le restanti. La torre è alta, ora, oltre m 3,50 (a Nord). Le nicchie, alte m 3 e profonde2, concluse ad abside, hanno copertura tabulare; anche l’andito era coperto con la-stroni a piattabanda. Il sistema del trilite (o dolmenico) ha sostituito quello della tho-los. Il paramento esterno consta di pietre basaltiche molto grandi, quelle dell’internosono di medie dimensioni; piccole pietre completano la rifinitura delle pareti dellenicchie. In generale i blocchi sono tenuti al naturale, senza ritocchi, tranne che neglispigoli dei vani. Si notano, in complesso, il prevalere della massa sullo spazio e la tra-scuratezza tecnica della costruzione.Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 166; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206,1935, p. 202, n. 30; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 140; P. Pes, Saggio cit., 1953-54, p. 49 ss.,tav. n. 6; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 63, fig. 85, 3-4.

Figura 12, 3: nuraghe SILIGÒGU-Silànus (Nùoro); cartina B, 36.Si erge sulla sommità d’un colle che declina verso il riu di Su Fruscu, a m 278 di quo-ta. È di pianta ellittica, di m 13,30 in direzione Ovest-Est x 8,75 in direzione Nord-Sud, con ingresso a Sud, che immette in un lungo corridoio di m 7,50 di lunghezzax 1 di larghezza media. Il corridoio presenta lateralmente due nicchie sulla destra, di-stanziate m 2,80 una dall’altra; ne presenta due anche sulla sinistra, contrapposte alleprime, con distanza reciproca di m 3,60. Le nicchie a destra sono di pianta rettango-lare non regolare con fondo concavo, quella più vicina alla porta d’ingresso di m 1 x 2di profondità, quella verso il fondo di m 1 x 1,80 presumibili. Dei vani situati sulla si-nistra del corridoio, il primo che si incontra, entrando, consta di un passo d’ingresso,di m 1,14, che introduce in una celletta articolata in due ricettacoli, rettangolari conparete terminale arcuata, di m 1,40 di larghezza x 2 e 1,60 rispettivamente di profon-dità il lobo sul prolungamento del passo e il lobo che fa risvolto subito a destra di esso.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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Figura 12, 9: nuraghe LIGHEDU-Suni (Nùoro); cartina B, 27.Sta a quota di m 332, su d’un altopiano basaltico precipite inciso al piede dal riu Tèn-nera, accessibile soltanto da Nordest per una via naturale, con la visuale chiusa ad Est.È un edifizio di forma a ferro di cavallo allungato in direzione Nord-sud, che presentai lati brevi di Sud e Nord e quello lungo di Ovest convessi, mentre il lato lungo di Estè rettilineo e mostra, a metà della facciata, l’ingresso. L’edifizio è lungo m 17,40 allamassima espansione dei lati brevi e m 15 al lato di prospetto, ed è largo m 10 sull’assedell’ingresso. L’ingresso, di m 1 di larghezza x 1,50 d’altezza misurabile sul riempi-mento, è sormontato da architrave di m 1,70 x 1,50 x 0,60. Dietro l’ingresso, il corri-doio, prolungato nell’interno del masso murario per m 6 circa, riceve sulla destra, a m2,60 dall’uscio, il vano rettangolare d’una celletta (m 0,90/0,30 di larghezza x 1,70 diprofondità x 2,50 d’altezza) e, sulla sinistra, accoglie l’apertura d’una scala di m 1,40di larghezza. Sul fondo il corridoio si bipartisce in due nicchie divaricate ad angoloacuto, di piano semiellittico, quella a sinistra di m 1,10 x 1,70 di profondità e quella adestra di m 1,20 x 2, entrambe alte m 2,50. I vani del corridoio, alto da m 1,50 a 4, edelle cellette presentano le fiancate a muro leggermente aggettante (20 cm in 4 metrinel corridoio), ma il soffitto è composto di grandi lastroni piatti, che rispettano il siste-ma della copertura a piattabanda. All’esterno l’edifizio si conserva per l’altezza mediadi m 3. I massi che lo compongono sono di basalto del luogo, appena sbozzati, condimensioni di m 1,20 x 0,60 x 1,40; 1 x 1,50; 0,83 x 1,10.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XX, 1850, p. 530 (Ilighedu); E.E.M. (prov. di Cagliari),1922, p. 182; A. Taramelli, Carta archeologica, IV, NO, n. 3 (Eligheddu); A.P. Piludu, Saggio cit., 1953-54, p. 25 ss., tav. n. 3; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 62, fig. 86, 4.

Figura 12, 10: nuraghe PERCA ’E PAZZA-Bolòtana (Nùoro); cartina B, 17.Sorge a quota di m 800, su uno sperone roccioso dominante sulla valle di Su Baratu edi Su Chivalzu, quasi invisibile tra le rupi. La costruzione, di forma tondeggiante, siappoggia a enormi massi naturali, fra i quali sono racchiusi i due ingressi di Nord e diEst: il primo di m 1 di larghezza x 1,90 d’altezza con architrave, stretto e difeso dadue rocce di m 4 d’altezza; il secondo non esattamente rilevabile. Dietro l’ingressoNord si sviluppa un andito di m 1 di larghezza supponibile, il quale, dopo circa 4 me-tri di percorso, s’incontra ad angolo retto con l’andito svolto sul prolungamento del-l’ingresso di Est, di m 6,30. Ambedue gli anditi sono piattabandati. Il paramento ètrascurato. Il nuraghe costituisce una massa di m 12 x 13.Bibliografia: A. Taramelli, Mon. Ant. Lincei, XXV, 1919, col. 776; V. Tetti, Saggio cit., 1956-57, p. 7 ss.(II), tav. n. 57; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 62, fig. 86, 3.

Figura 12, 11: nuraghe BÙDAS-Tèmpio (Sàssari); cartina B, 2.Si erge a m 522 di quota, in loc. Punta Lu Nurache, su un’elevata collina dal pendio bo-scoso con ampio dominio sulle montagne circostanti e sulle valli al piede, solcate da cor-si d’acqua e ricche di sorgive. Guarda anche, e soprattutto, verso la collina del Monte diDeu sovrastata da un insieme di costruzioni megalitiche di carattere difensivo, di singo-lare interesse. I due complessi archeologici devono ritenersi legati per funzione e forseanche per età. L’edifizio forma una massa di figura quadrangolare ad angoli arrotondaticon i lati di Nordnordest, Ovestnordovest e Sudsudovest rettilinei o quasi e con il quarto

Figura 12, 7: nuraghe MULINÈDDU-Sàgama (Nùoro); cartina B, 38.Sorge a quota di m 357 su uno sperone del ripido costone nord del riu Mulinèddu, interreno a pascolo. A tre quarti di ellissi, con i lati lunghi ed il breve di Nordest rettilinei,e con quello corto opposto curvilineo e convesso, forma una massa di m 16,40 di lun-ghezza x 10 circa di larghezza. Nel prospetto di Sudest, in situazione eccentrica (m 5,60dal lato di Nordest, m 10 dal lato di Sudovest), si apre l’ingresso di m 0,90 di larghez-za x 1,70 d’altezza. Dietro l’ingresso si allunga il corridoio sull’asse corto trasverso al-l’edificio, percorribile per m 2,50, poi interrotto dalla rovina; alla sinistra si osserval’invito d’una celletta, di m 1,30 di larghezza x 1,70 d’altezza. L’andito è coperto conlastroni di piattabanda, che chiudono il tetto a m 1,70 d’altezza sull’interrimento. Ilparamento esterno residua per l’altezza media di m 2 su 5 file di pietre basaltiche roz-ze, di dimensioni varie. A 50 metri a Nordest del nuraghe, giace una tomba di gigan-ti, detta Su Crastu Covocadu.Bibliografia: Spano, Bull. arch. sardo, IX, p. 68; Memoria, 1867, p. 22; E.E.M. (prov. di Cagliari),1922, p. 157; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 195, n. 52; Boscolo-Pintor-Serra,Guida, 1951, p. 140; A.P. Piludu, Saggio cit., 1953-54, p. 83 ss., tav. n. 10, fot. 15-16.

Figura 12, 8: nuraghe FUNTANEDDA-Sàgama (Nùoro); cartina B, 39.Sorge su uno sperone basaltico accessibile soltanto da un lato, per il resto precipite, aquota di m 338. A Sud si adagia la fertile vallata di S’adde ’e Sàgama. A poca distanzazampillano varie fontane. È una costruzione di figura ellissoide troncata ai lati brevi,dove si conclude in muri rettilinei; curvilinei sono i lati lunghi, con maggiore accen-tuazione quello a Est. Sull’asse di longitudine (Nord-sud) il monumento misura m22, sul traverso m 13,40 al massimo ingrossamento e m 10,40/9,40 ai tagli dritti deilati corti. La grande e poderosa massa muraria è divisa in due corpi o quadri trapezoi-di, di diverso volume, da un corridoio situato sulla dimensione minore, con versoEst-ovest, spostato verso il Nord, cioè verso il quadro minore, risultando così eccen-trico rispetto all’insieme. Il corridoio traversa l’intero masso costruttivo per la lar-ghezza: di corso rettilineo (larghezza m 1,80/1,00), ha l’ingresso a Est e l’uscita sul-l’opposto lato di Ovest, con lunghezza di m 13. A m 2,60 dall’ingresso di Est, con laporta provvista di architrave di m 2 x 1,40 x 0,75, l’andito riceve sulla destra una cel-letta o garetta di guardia, semiellittica, di m 1 x 1,20 d’altezza x 1,70 di profondità,coperta da due soli lastroni. Più oltre, a m 0,80 dalla celletta, vi si apre il vano d’unascala a fior di suolo, che sale, in leggerissima curva, in direzione di Nordovest, verso ilterrazzo (larghezza m 1,20). Di fronte alla scala, sulla sinistra del corridoio, si vedel’invito d’un’altra celletta, interrotta dal crollo come la scala. Non si esclude la presen-za di altre nicchie ancora, specie dentro il massiccio del quadro sud, più ampio. Tuttoil vano del corridoio è piattabandato, con altezza massima rilevabile sul riempimento, dim 3. L’edifizio si conserva all’esterno per l’altezza massima di m 4,60 su 5 filari a Nord,e consta di massi basaltici poligonali sbozzati nella faccia a vista, di m 1,60 x 0,73 e 0,91x 0,94. Nulla si può intuire dentro la rovina del piano superiore, o forse meglio delterrazzo.Bibliografia: Spano, Memoria, 1867, p. 22; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 157; A. Taramelli, Cartaarcheologica, ff. 205-206, 1935, p. 220, n. 19 (Funtaneddas); Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 140;A.P. Piludu, Saggio cit., 1953-54, p. 77 ss., tav. n. 13; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 62, fig. 84, 6.

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Figura 12, 9: nuraghe LIGHEDU-Suni (Nùoro); cartina B, 27.Sta a quota di m 332, su d’un altopiano basaltico precipite inciso al piede dal riu Tèn-nera, accessibile soltanto da Nordest per una via naturale, con la visuale chiusa ad Est.È un edifizio di forma a ferro di cavallo allungato in direzione Nord-sud, che presentai lati brevi di Sud e Nord e quello lungo di Ovest convessi, mentre il lato lungo di Estè rettilineo e mostra, a metà della facciata, l’ingresso. L’edifizio è lungo m 17,40 allamassima espansione dei lati brevi e m 15 al lato di prospetto, ed è largo m 10 sull’assedell’ingresso. L’ingresso, di m 1 di larghezza x 1,50 d’altezza misurabile sul riempi-mento, è sormontato da architrave di m 1,70 x 1,50 x 0,60. Dietro l’ingresso, il corri-doio, prolungato nell’interno del masso murario per m 6 circa, riceve sulla destra, a m2,60 dall’uscio, il vano rettangolare d’una celletta (m 0,90/0,30 di larghezza x 1,70 diprofondità x 2,50 d’altezza) e, sulla sinistra, accoglie l’apertura d’una scala di m 1,40di larghezza. Sul fondo il corridoio si bipartisce in due nicchie divaricate ad angoloacuto, di piano semiellittico, quella a sinistra di m 1,10 x 1,70 di profondità e quella adestra di m 1,20 x 2, entrambe alte m 2,50. I vani del corridoio, alto da m 1,50 a 4, edelle cellette presentano le fiancate a muro leggermente aggettante (20 cm in 4 metrinel corridoio), ma il soffitto è composto di grandi lastroni piatti, che rispettano il siste-ma della copertura a piattabanda. All’esterno l’edifizio si conserva per l’altezza mediadi m 3. I massi che lo compongono sono di basalto del luogo, appena sbozzati, condimensioni di m 1,20 x 0,60 x 1,40; 1 x 1,50; 0,83 x 1,10.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XX, 1850, p. 530 (Ilighedu); E.E.M. (prov. di Cagliari),1922, p. 182; A. Taramelli, Carta archeologica, IV, NO, n. 3 (Eligheddu); A.P. Piludu, Saggio cit., 1953-54, p. 25 ss., tav. n. 3; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 62, fig. 86, 4.

Figura 12, 10: nuraghe PERCA ’E PAZZA-Bolòtana (Nùoro); cartina B, 17.Sorge a quota di m 800, su uno sperone roccioso dominante sulla valle di Su Baratu edi Su Chivalzu, quasi invisibile tra le rupi. La costruzione, di forma tondeggiante, siappoggia a enormi massi naturali, fra i quali sono racchiusi i due ingressi di Nord e diEst: il primo di m 1 di larghezza x 1,90 d’altezza con architrave, stretto e difeso dadue rocce di m 4 d’altezza; il secondo non esattamente rilevabile. Dietro l’ingressoNord si sviluppa un andito di m 1 di larghezza supponibile, il quale, dopo circa 4 me-tri di percorso, s’incontra ad angolo retto con l’andito svolto sul prolungamento del-l’ingresso di Est, di m 6,30. Ambedue gli anditi sono piattabandati. Il paramento ètrascurato. Il nuraghe costituisce una massa di m 12 x 13.Bibliografia: A. Taramelli, Mon. Ant. Lincei, XXV, 1919, col. 776; V. Tetti, Saggio cit., 1956-57, p. 7 ss.(II), tav. n. 57; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 62, fig. 86, 3.

Figura 12, 11: nuraghe BÙDAS-Tèmpio (Sàssari); cartina B, 2.Si erge a m 522 di quota, in loc. Punta Lu Nurache, su un’elevata collina dal pendio bo-scoso con ampio dominio sulle montagne circostanti e sulle valli al piede, solcate da cor-si d’acqua e ricche di sorgive. Guarda anche, e soprattutto, verso la collina del Monte diDeu sovrastata da un insieme di costruzioni megalitiche di carattere difensivo, di singo-lare interesse. I due complessi archeologici devono ritenersi legati per funzione e forseanche per età. L’edifizio forma una massa di figura quadrangolare ad angoli arrotondaticon i lati di Nordnordest, Ovestnordovest e Sudsudovest rettilinei o quasi e con il quarto

Figura 12, 7: nuraghe MULINÈDDU-Sàgama (Nùoro); cartina B, 38.Sorge a quota di m 357 su uno sperone del ripido costone nord del riu Mulinèddu, interreno a pascolo. A tre quarti di ellissi, con i lati lunghi ed il breve di Nordest rettilinei,e con quello corto opposto curvilineo e convesso, forma una massa di m 16,40 di lun-ghezza x 10 circa di larghezza. Nel prospetto di Sudest, in situazione eccentrica (m 5,60dal lato di Nordest, m 10 dal lato di Sudovest), si apre l’ingresso di m 0,90 di larghez-za x 1,70 d’altezza. Dietro l’ingresso si allunga il corridoio sull’asse corto trasverso al-l’edificio, percorribile per m 2,50, poi interrotto dalla rovina; alla sinistra si osserval’invito d’una celletta, di m 1,30 di larghezza x 1,70 d’altezza. L’andito è coperto conlastroni di piattabanda, che chiudono il tetto a m 1,70 d’altezza sull’interrimento. Ilparamento esterno residua per l’altezza media di m 2 su 5 file di pietre basaltiche roz-ze, di dimensioni varie. A 50 metri a Nordest del nuraghe, giace una tomba di gigan-ti, detta Su Crastu Covocadu.Bibliografia: Spano, Bull. arch. sardo, IX, p. 68; Memoria, 1867, p. 22; E.E.M. (prov. di Cagliari),1922, p. 157; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 195, n. 52; Boscolo-Pintor-Serra,Guida, 1951, p. 140; A.P. Piludu, Saggio cit., 1953-54, p. 83 ss., tav. n. 10, fot. 15-16.

Figura 12, 8: nuraghe FUNTANEDDA-Sàgama (Nùoro); cartina B, 39.Sorge su uno sperone basaltico accessibile soltanto da un lato, per il resto precipite, aquota di m 338. A Sud si adagia la fertile vallata di S’adde ’e Sàgama. A poca distanzazampillano varie fontane. È una costruzione di figura ellissoide troncata ai lati brevi,dove si conclude in muri rettilinei; curvilinei sono i lati lunghi, con maggiore accen-tuazione quello a Est. Sull’asse di longitudine (Nord-sud) il monumento misura m22, sul traverso m 13,40 al massimo ingrossamento e m 10,40/9,40 ai tagli dritti deilati corti. La grande e poderosa massa muraria è divisa in due corpi o quadri trapezoi-di, di diverso volume, da un corridoio situato sulla dimensione minore, con versoEst-ovest, spostato verso il Nord, cioè verso il quadro minore, risultando così eccen-trico rispetto all’insieme. Il corridoio traversa l’intero masso costruttivo per la lar-ghezza: di corso rettilineo (larghezza m 1,80/1,00), ha l’ingresso a Est e l’uscita sul-l’opposto lato di Ovest, con lunghezza di m 13. A m 2,60 dall’ingresso di Est, con laporta provvista di architrave di m 2 x 1,40 x 0,75, l’andito riceve sulla destra una cel-letta o garetta di guardia, semiellittica, di m 1 x 1,20 d’altezza x 1,70 di profondità,coperta da due soli lastroni. Più oltre, a m 0,80 dalla celletta, vi si apre il vano d’unascala a fior di suolo, che sale, in leggerissima curva, in direzione di Nordovest, verso ilterrazzo (larghezza m 1,20). Di fronte alla scala, sulla sinistra del corridoio, si vedel’invito d’un’altra celletta, interrotta dal crollo come la scala. Non si esclude la presen-za di altre nicchie ancora, specie dentro il massiccio del quadro sud, più ampio. Tuttoil vano del corridoio è piattabandato, con altezza massima rilevabile sul riempimento, dim 3. L’edifizio si conserva all’esterno per l’altezza massima di m 4,60 su 5 filari a Nord,e consta di massi basaltici poligonali sbozzati nella faccia a vista, di m 1,60 x 0,73 e 0,91x 0,94. Nulla si può intuire dentro la rovina del piano superiore, o forse meglio delterrazzo.Bibliografia: Spano, Memoria, 1867, p. 22; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 157; A. Taramelli, Cartaarcheologica, ff. 205-206, 1935, p. 220, n. 19 (Funtaneddas); Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 140;A.P. Piludu, Saggio cit., 1953-54, p. 77 ss., tav. n. 13; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 62, fig. 84, 6.

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Figura 12, 12: nuraghe TANCA MANNA-Tèmpio (Sàssari); cartina B, 4.Sta a quota di 600 metri, su una radura ai margini d’un fitto bosco di sugheri, donde siha un bel dominio all’intorno. Sorgenti vicine. Di pianta pentagonoide irregolare, coni lati di Nordovest (frontale), Nordest (laterale sinistro), Estsudest (fondale) rettilinei edi restanti di Sud e Sudovest curvilinei. Il lato Sud è in parte ricavato nella roccia grani-tica. Il perimetro dell’edifizio è di m 49. L’insieme misura m 17,20 sull’asse Nordovest-sudest x 16 sull’asse Nordest-sudovest. Sul prospetto di Nordovest si apre l’ingresso leg-germente spostato a sinistra di chi guarda, sicché il tratto di facciata è di m 6 a sinistrae 7,50 a destra. L’ingresso largo m 1,20 con altezza residua di m 1,70, architravato (mi-sure dell’architrave m 3,50 x 0,80/1,50 x 0,40/0,92 d’altezza), dà a un corridoio strom-bato, lungo m 4,40, largo 1,20/1,70, di m 0,50/1,50 d’altezza sul riempiticcio. A m2,40 dall’ingresso, a destra dell’andito, si vede l’imbocco (m 0,70 di larghezza x 1,80/2di profondità x 0,50/0,18 di altezza rilevabile) a una celletta ellittica di m 2,90 x 2, ri-dotta alle fondamenta. Di fronte è l’apertura, di m 0,90 x 0,70 d’altezza, d’un’altra cel-letta, già coperta da cupoletta ogivata, di piano ellittico, di m 8,80 di perimetro x1,20/2 d’altezza sul riempimento. Sul fondo dell’andito sta una terza cella, più ampiadelle altre, pure di disegno ellittico irregolare con m 11,90 di perimetro (m 5,20 dilunghezza x 3 di larghezza) e con 0,70 di altezza misurabile sul colmaticcio. La costru-zione si conserva all’esterno per l’altezza massima di m 5,50. È di opera di granito, po-liedrica, con blocchi poligonali o quadrangolari allo stato grezzo o appena ritoccati, so-vrapposti irregolarmente. Tre blocchi misurano m 1,20 x 1 x 0,70; 2 x 0,80 x 1,20;1,80 x 0,40 x 1. Nell’interno le pietre accennano a una disposizione a filari e sono par-zialmente ritoccate specie nella celletta a destra dell’andito, dove si misurano blocchi dim 0,50 x 0,35 x 0,40; 0,60 x 0,40 x 0,40; 0,75 x 0,50 x 0,60. Restano tracce insignifi-canti d’un piano superiore o terrazzo.Bibliografia: G. Vacca, Posizione geografica cit., 1917, p. 22; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 181-182, 1939,p. 39, n. 14; F. Manconi, Saggio cit., 1948-49, p. 111 ss., tav. II, 1, fot. 14-15; G. Lilliu, St.S., IX, 1950, p.456 s.; St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 128 s., fig. 1, 1; St.S., X-XI, 1952, p. 97; E. Contu, “I più antichi nuraghi”cit., p. 95, fig. 19; R. Grosjean, “Rapports” cit., 1960, p. 300; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 55, 63, fig. 16, 1.

Figura 12, 13: nuraghe FONTE ’E MOLA (FRONTE ’E MOLA)-Thièsi (Sàssari); cartinaB, 10.A quota di m 432 su un gradino calcare, dominante sulla valle del riu Mannu, in loc.Mesu de Roccas. A dire del Préchac, prende il nome da una vicina fonte di ottima ac-qua, detta appunto localmente Fonte ’e Mola. È l’unica costruzione nuragica a corri-doio di pianta rettangolare finora conosciuta, ripetutamente menzionata per il suo sin-golare disegno. Disposto con la dimensione maggiore da Nord a Sud, l’edifizio misuram 16 x 12. L’ingresso è a Sud, leggermente eccentrico (m 5,80 dall’angolo sinistro e m4,40 dal destro guardando la facciata). È largo m 1,20, alto 2, con architrave di m 0,60di spessore, senza spiraglio di scarico. Dietro l’ingresso si svolge il corridoio di m 12,60di lunghezza x 1/1,20 di larghezza x 2,50 di altezza massima, terminante nel fondo apiccola abside. Nel corridoio, dopo il primo tratto di m 3 circa, si presentano ai due la-ti una nicchia per parte, di piano rettangolare: quella a sinistra di m 3 x 1,60/1,40 dilarghezza x 2 d’altezza, e quella a destra, di m 2 x 1 che fa da ingresso alla scala partentedal lato sinistro della nicchia stessa (larghezza della scala m 1 circa). Nella parete destra

lato di Estsudest convesso, leggermente curvilineo. Quest’ultimo lato e l’opposto diNordnordest sono in gran parte riservati in grandi spuntoni di roccia granitica con par-ziali integrazioni in muratura nel lato Estsudest. Anche i due restanti lati di facciata e diretroprospetto presentano parte del perimetro costituito dal risvolto dei roccioni, mauna parte anche costruita con muro grossolano di grandi pietre. Se la costruzione si mo-della sulla particolare forma “a corridoio”, ciò si deve pure al determinismo dello spun-tone granitico su cui sorge e a cui evidentemente si adatta. L’insieme dell’edifizio misuram 20,20 (Nordnordest-sudsudovest: lati di prospetto e retroprospetto) x 19 (lati diOvestnordovest ed Estsudest). La massa della costruzione è traversata, nel senso dellamaggiore dimensione, da due corridoi irregolari, uno sviluppato nella metà di Estsudeste l’altro nella metà di Ovestnordovest, entrambi con gli ingressi nel lato Sudsudovest delprospetto a circa 5 metri di distanza l’uno dall’altro. Il secondo corridoio presenta ancheun ingresso sussidiario che si apre nell’angolo Ovest-ovestsudovest. Delle tre aperture,quella centrale è la principale; volta a Sudovest, è larga m 0,90/1, alta m 1,50, con archi-trave di m 2 x 0,75 x 1. Dietro la porta si svolge un tratto – la prima parte – del corri-doio di sinistra, per m 3,60 di lunghezza x 1/0,70 di larghezza x 1,50 d’altezza. Al ter-mine esso riceve, a sinistra, il tronco d’andito, raccordato ad angolo acuto, che portaall’ingresso sussidiario nel risvolto di Ovest-ovestsudovest della massa quadrangolare, e adestra accoglie l’apertura d’una nicchietta, forse di guardia. L’andito dell’ingresso sussi-diario costituisce una sorta di budello di m 6,50 di lunghezza x 0,50 di larghezza, situa-to dietro la porta (di m 0,60 di larghezza x 1 d’altezza) provvista di architrave di m 2,30x 0,50 x 0,90. Alla celletta a destra del corridoio dell’ingresso principale, di formaoblunga e di m 1,70 x 1,27, introduce un piccolo andito di m 1,48 x 0,50. Dopo il pri-mo tratto il corridoio continua, in direzione di Estnordest, con disegno leggermentecurvilineo, per la lunghezza di m 14 e la larghezza di 0,60/1,10, con le fiancate in parterisparmiate nello spuntone di roccia (spalla sinistra), in parte costruite in muratura(spalla sinistra e destra), senza lastre di copertura perché rimosse. Il corridoio di destraparte da un ingresso, volto a Sudovest, situato a un livello più basso di m 1,50 rispettoall’ingresso centrale: misura m 0,90 di larghezza x 1,20 d’altezza, con architrave di m1,70 x 0,30 x 0,60. Il corridoio si allunga nella massa muraria, con andamento un po’tortuoso per m 15 circa, con larghezza da m 0,70 a 0,90 ed altezza da m 1,50 a 1, misu-rabile nel tratto anteriore dove si conservano in posto sei lastre di copertura; sfocia nelretroprospetto, come il corridoio a sinistra, in uno spazio aperto limitato da una falda diroccia di m 7 x 3. La costruzione si conserva per l’altezza massima residua di m 2,50 aOvest. I corridoi, scoperti per la maggior parte a causa della rimozione del tetto, dove lomantengono lo presentano in forma di soffitto piano a grandi lastre orizzontali posatesul margine della spalla di roccia o sui muri a file di pietre (fino a tre). L’opera muraria èdi granito, poliedrica, con blocchi impiegati al naturale, di grandi dimensioni: m 1,50 x0,50 x 1,20; 1,70 x 0,30 x 1; 2 x 0,40 x 0,90; le misure delle lastre di copertura sono dim 1,70 x 0,30 x 0,60; 1,80 x 0,20 x 0,50; 1,10 x 0,30 x 0,50.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 181-182, 1939, p. 37, n. 4 (segnato in Comune diNuchis); F. Manconi, Saggio di catalogo archeologico (Foglio 181, IV, N), a.a. 1948-49, p. 79 ss., tav. I,7; G. Lilliu, St.S., IX, 1950, p. 454 s.; St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 128, fig. 1, 2; E. Contu, St.S., XIV-XV, I, 1958, p. 190; “I più antichi nuraghi” cit., 1959, p. 95 s., figg. 19-20; G. Lilliu, St.S., XVI,1960, pp. 55, p. 63, fig. 16, 1; R. Grosjean, “Rapports” cit., 1960, p. 300.

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Figura 12, 12: nuraghe TANCA MANNA-Tèmpio (Sàssari); cartina B, 4.Sta a quota di 600 metri, su una radura ai margini d’un fitto bosco di sugheri, donde siha un bel dominio all’intorno. Sorgenti vicine. Di pianta pentagonoide irregolare, coni lati di Nordovest (frontale), Nordest (laterale sinistro), Estsudest (fondale) rettilinei edi restanti di Sud e Sudovest curvilinei. Il lato Sud è in parte ricavato nella roccia grani-tica. Il perimetro dell’edifizio è di m 49. L’insieme misura m 17,20 sull’asse Nordovest-sudest x 16 sull’asse Nordest-sudovest. Sul prospetto di Nordovest si apre l’ingresso leg-germente spostato a sinistra di chi guarda, sicché il tratto di facciata è di m 6 a sinistrae 7,50 a destra. L’ingresso largo m 1,20 con altezza residua di m 1,70, architravato (mi-sure dell’architrave m 3,50 x 0,80/1,50 x 0,40/0,92 d’altezza), dà a un corridoio strom-bato, lungo m 4,40, largo 1,20/1,70, di m 0,50/1,50 d’altezza sul riempiticcio. A m2,40 dall’ingresso, a destra dell’andito, si vede l’imbocco (m 0,70 di larghezza x 1,80/2di profondità x 0,50/0,18 di altezza rilevabile) a una celletta ellittica di m 2,90 x 2, ri-dotta alle fondamenta. Di fronte è l’apertura, di m 0,90 x 0,70 d’altezza, d’un’altra cel-letta, già coperta da cupoletta ogivata, di piano ellittico, di m 8,80 di perimetro x1,20/2 d’altezza sul riempimento. Sul fondo dell’andito sta una terza cella, più ampiadelle altre, pure di disegno ellittico irregolare con m 11,90 di perimetro (m 5,20 dilunghezza x 3 di larghezza) e con 0,70 di altezza misurabile sul colmaticcio. La costru-zione si conserva all’esterno per l’altezza massima di m 5,50. È di opera di granito, po-liedrica, con blocchi poligonali o quadrangolari allo stato grezzo o appena ritoccati, so-vrapposti irregolarmente. Tre blocchi misurano m 1,20 x 1 x 0,70; 2 x 0,80 x 1,20;1,80 x 0,40 x 1. Nell’interno le pietre accennano a una disposizione a filari e sono par-zialmente ritoccate specie nella celletta a destra dell’andito, dove si misurano blocchi dim 0,50 x 0,35 x 0,40; 0,60 x 0,40 x 0,40; 0,75 x 0,50 x 0,60. Restano tracce insignifi-canti d’un piano superiore o terrazzo.Bibliografia: G. Vacca, Posizione geografica cit., 1917, p. 22; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 181-182, 1939,p. 39, n. 14; F. Manconi, Saggio cit., 1948-49, p. 111 ss., tav. II, 1, fot. 14-15; G. Lilliu, St.S., IX, 1950, p.456 s.; St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 128 s., fig. 1, 1; St.S., X-XI, 1952, p. 97; E. Contu, “I più antichi nuraghi”cit., p. 95, fig. 19; R. Grosjean, “Rapports” cit., 1960, p. 300; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 55, 63, fig. 16, 1.

Figura 12, 13: nuraghe FONTE ’E MOLA (FRONTE ’E MOLA)-Thièsi (Sàssari); cartinaB, 10.A quota di m 432 su un gradino calcare, dominante sulla valle del riu Mannu, in loc.Mesu de Roccas. A dire del Préchac, prende il nome da una vicina fonte di ottima ac-qua, detta appunto localmente Fonte ’e Mola. È l’unica costruzione nuragica a corri-doio di pianta rettangolare finora conosciuta, ripetutamente menzionata per il suo sin-golare disegno. Disposto con la dimensione maggiore da Nord a Sud, l’edifizio misuram 16 x 12. L’ingresso è a Sud, leggermente eccentrico (m 5,80 dall’angolo sinistro e m4,40 dal destro guardando la facciata). È largo m 1,20, alto 2, con architrave di m 0,60di spessore, senza spiraglio di scarico. Dietro l’ingresso si svolge il corridoio di m 12,60di lunghezza x 1/1,20 di larghezza x 2,50 di altezza massima, terminante nel fondo apiccola abside. Nel corridoio, dopo il primo tratto di m 3 circa, si presentano ai due la-ti una nicchia per parte, di piano rettangolare: quella a sinistra di m 3 x 1,60/1,40 dilarghezza x 2 d’altezza, e quella a destra, di m 2 x 1 che fa da ingresso alla scala partentedal lato sinistro della nicchia stessa (larghezza della scala m 1 circa). Nella parete destra

lato di Estsudest convesso, leggermente curvilineo. Quest’ultimo lato e l’opposto diNordnordest sono in gran parte riservati in grandi spuntoni di roccia granitica con par-ziali integrazioni in muratura nel lato Estsudest. Anche i due restanti lati di facciata e diretroprospetto presentano parte del perimetro costituito dal risvolto dei roccioni, mauna parte anche costruita con muro grossolano di grandi pietre. Se la costruzione si mo-della sulla particolare forma “a corridoio”, ciò si deve pure al determinismo dello spun-tone granitico su cui sorge e a cui evidentemente si adatta. L’insieme dell’edifizio misuram 20,20 (Nordnordest-sudsudovest: lati di prospetto e retroprospetto) x 19 (lati diOvestnordovest ed Estsudest). La massa della costruzione è traversata, nel senso dellamaggiore dimensione, da due corridoi irregolari, uno sviluppato nella metà di Estsudeste l’altro nella metà di Ovestnordovest, entrambi con gli ingressi nel lato Sudsudovest delprospetto a circa 5 metri di distanza l’uno dall’altro. Il secondo corridoio presenta ancheun ingresso sussidiario che si apre nell’angolo Ovest-ovestsudovest. Delle tre aperture,quella centrale è la principale; volta a Sudovest, è larga m 0,90/1, alta m 1,50, con archi-trave di m 2 x 0,75 x 1. Dietro la porta si svolge un tratto – la prima parte – del corri-doio di sinistra, per m 3,60 di lunghezza x 1/0,70 di larghezza x 1,50 d’altezza. Al ter-mine esso riceve, a sinistra, il tronco d’andito, raccordato ad angolo acuto, che portaall’ingresso sussidiario nel risvolto di Ovest-ovestsudovest della massa quadrangolare, e adestra accoglie l’apertura d’una nicchietta, forse di guardia. L’andito dell’ingresso sussi-diario costituisce una sorta di budello di m 6,50 di lunghezza x 0,50 di larghezza, situa-to dietro la porta (di m 0,60 di larghezza x 1 d’altezza) provvista di architrave di m 2,30x 0,50 x 0,90. Alla celletta a destra del corridoio dell’ingresso principale, di formaoblunga e di m 1,70 x 1,27, introduce un piccolo andito di m 1,48 x 0,50. Dopo il pri-mo tratto il corridoio continua, in direzione di Estnordest, con disegno leggermentecurvilineo, per la lunghezza di m 14 e la larghezza di 0,60/1,10, con le fiancate in parterisparmiate nello spuntone di roccia (spalla sinistra), in parte costruite in muratura(spalla sinistra e destra), senza lastre di copertura perché rimosse. Il corridoio di destraparte da un ingresso, volto a Sudovest, situato a un livello più basso di m 1,50 rispettoall’ingresso centrale: misura m 0,90 di larghezza x 1,20 d’altezza, con architrave di m1,70 x 0,30 x 0,60. Il corridoio si allunga nella massa muraria, con andamento un po’tortuoso per m 15 circa, con larghezza da m 0,70 a 0,90 ed altezza da m 1,50 a 1, misu-rabile nel tratto anteriore dove si conservano in posto sei lastre di copertura; sfocia nelretroprospetto, come il corridoio a sinistra, in uno spazio aperto limitato da una falda diroccia di m 7 x 3. La costruzione si conserva per l’altezza massima residua di m 2,50 aOvest. I corridoi, scoperti per la maggior parte a causa della rimozione del tetto, dove lomantengono lo presentano in forma di soffitto piano a grandi lastre orizzontali posatesul margine della spalla di roccia o sui muri a file di pietre (fino a tre). L’opera muraria èdi granito, poliedrica, con blocchi impiegati al naturale, di grandi dimensioni: m 1,50 x0,50 x 1,20; 1,70 x 0,30 x 1; 2 x 0,40 x 0,90; le misure delle lastre di copertura sono dim 1,70 x 0,30 x 0,60; 1,80 x 0,20 x 0,50; 1,10 x 0,30 x 0,50.Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 181-182, 1939, p. 37, n. 4 (segnato in Comune diNuchis); F. Manconi, Saggio di catalogo archeologico (Foglio 181, IV, N), a.a. 1948-49, p. 79 ss., tav. I,7; G. Lilliu, St.S., IX, 1950, p. 454 s.; St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 128, fig. 1, 2; E. Contu, St.S., XIV-XV, I, 1958, p. 190; “I più antichi nuraghi” cit., 1959, p. 95 s., figg. 19-20; G. Lilliu, St.S., XVI,1960, pp. 55, p. 63, fig. 16, 1; R. Grosjean, “Rapports” cit., 1960, p. 300.

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Fig. 13: planimetrie di nuraghi misti “a tholos” e “a corridoio”1. Gurti Àqua-Nurri; 2. Serra Cràstula A-Bonàrcado; 3. Santu Perdu-Nurri; 4.Quàu-Bonàrcado; 5. Marasòrighes-Ottana; 6. Ìzzana-Àggius.

Figura 13, 1: nuraghe GURTI ÀQUA-Nurri (Nùoro); v. anche fig. 1, 14; cartina B, 88.Sta a quota di m 533, al limite estremo della colata basaltica del Pran’e Muru, sul cigliodirupato. È un nuraghe composito, costituito di una torre antica della forma “a tholos”(A), a cui è stata aggiunta posteriormente una struttura a tre quarti di ellissi, della forma“a corridoio”. L’insieme misura m 20 di lunghezza (sull’asse Nordest-sudovest) x m 7,50di larghezza (sul corridoio D). La torre primitiva A, circolare, del diametro esterno di m10, presenta l’ingresso a Sudovest, di m 0,80 di larghezza. Il corridoio retrostante, di circa4 metri di lunghezza e di m 0,79/0,92 di larghezza, sulla sinistra riceve l’apertura d’unagaretta di guardia (m 0,81 di larghezza x 1,09 di profondità), ed introduce, poi, alla ca-mera “a tholos”. Quest’ultima, eccentrica rispetto al filo esterno della torre, circolare deldiametro di m 3,83, si articola, nella parte destra, in due nicchie, una, più vicina all’in-gresso, di piano rettangolare (m 0,84 x 1 di profondità), e l’altra, più distante e quasi sulfondo, semiellittica, di maggiori dimensioni dell’altra (m 1,40 di larghezza x 2 di pro-fondità). La torre è alta ancora m 4 su 12 filari, a Sudsudest. Della cella ogivale restaun’altezza di m 3,70 su 12 file a Sudovest. Il corridoio d’ingresso, elevato gradatamenteda m 1,50 a 1,90, mostra taglio aggettante; tabulate sono la copertura della garetta (al-tezza m 1,34) e quella della nicchia della camera, prossima all’ingresso (altezza m 0,90).L’opera muraria consta di pietre basaltiche rozzamente lavorate, di forma varia, di norma-le grandezza. Il corpo ellittico aggiunto misura m 10 di lunghezza x 7,50 di larghezza,con spessore murario da m 3 a 4; si addossa a Sudovest di A, con addizione laterale. Sullafronte verso Nordnordovest si apre l’ingresso (D), di m 0,80 di larghezza; il corridoio re-trostante, dopo m 3 di percorso, incontra il corridoio C, scavato nel mezzo longitudinale

della nicchia a sinistra, si osserva un armadietto di m 0,50 di larghezza x 0,40 di altezza x1 di profondità, sopraelevato di 1 metro sul piano. Nel secondo tratto, di m 8, il corri-doio riceve altre due nicchie: una a destra, di pianta semicircolare, di m 1,20 x 1,20, el’altra, a sinistra, di piano semiellittico, di m 1,00 di larghezza x 2,40 di profondità x 1,50d’altezza. Corridoio e nicchie sono piattabandati con grossi lastroni orizzontali; la se-zione dei vani risulta rettangolare. La scala o rampa che porta al piano superiore correparallela al lato Est della costruzione e fa risvolto ad angolo retto in corrispondenza al-l’angolo Nordnordest-nordest. Potrebbe supporsi che, con altro risvolto, in corrispon-denza all’angolo Nordovest, il corridoio della scala finisse nel vano rettangolare di m3,00 x 3/2,80, situato a metà della costruzione presso il lato di Ovest. Ma soltanto loscavo accerterà, anche se forse non completamente, la disposizione dell’ambiente o de-gli ambienti del piano superiore, di cui restano tracce evidenti. L’edifizio, con i muri in-clinati d’ogni parte in guisa che la sezione risulta troncopiramidale, è costrutto di pietrecalcari durissime e mal sgrossate a disposizione irregolare, e residua per l’altezza massimadi m 8 circa. Le pietre sono più grandi all’esterno e più piccole all’interno. Il vano ret-tangolare del piano superiore è scapitozzato a m 2,50 dal pavimento. Calcolandolo ele-vato di altri m 2,50, si ottiene un’altezza d’ambiente di m 5, corrispondente a un’eleva-zione totale esterna supponibile in m 10. La figura di pianta e di sezione, l’angustia delcorridoio, la scala angolare ricorda esempi di talaiots quadrangolari delle Baleari, di in-certa cronologia come il nostro pseudonuraghe (v., ad esempio, il talaiot di Sa Canova-Artà, Lilliu, “Primi scavi” cit., p. 71, figg. 80, 2 e 88-91).Bibliografia: A. Taramelli, in Arch. Storico Sardo, IV, 1908, p. 214 ss.; F. Préchac, “Notes sur l’architecture”cit., 1908, pp. 142-148, 154, 156, 161, 168, figg. 2-7; F. De Rosa, Dell’uso dei nuraghi, 1909, p. 5 (Fontidi Mola); F. Flumene, Un po’ più di luce cit., 1923, pp. 28, 204; A. Taramelli, Bull. Paletn. It., XLIX, 1929,p. 84; Carta archeologica, f. 193, 1940, p. 135, n. 9; E. Contu, St.S., VIII, 1948, p. 317; Bellieni, in Il Pon-te, VII, 1951 (Sardegna), p. 1014; G. Lilliu, St.S., X-XI, 1952, p. 96 s.; St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 129, fig.1, n. 5; V. Mossa, Architettura domestica cit., 1957, p. 59; E. Contu, St.S., XIV-XV, I, 1958, p. 190; “I piùantichi nuraghi” cit., 1959, pp. 95, 110, 114; R. Grosjean, “Rapports” cit., 1960, p. 300.

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Fig. 13: planimetrie di nuraghi misti “a tholos” e “a corridoio”1. Gurti Àqua-Nurri; 2. Serra Cràstula A-Bonàrcado; 3. Santu Perdu-Nurri; 4.Quàu-Bonàrcado; 5. Marasòrighes-Ottana; 6. Ìzzana-Àggius.

Figura 13, 1: nuraghe GURTI ÀQUA-Nurri (Nùoro); v. anche fig. 1, 14; cartina B, 88.Sta a quota di m 533, al limite estremo della colata basaltica del Pran’e Muru, sul cigliodirupato. È un nuraghe composito, costituito di una torre antica della forma “a tholos”(A), a cui è stata aggiunta posteriormente una struttura a tre quarti di ellissi, della forma“a corridoio”. L’insieme misura m 20 di lunghezza (sull’asse Nordest-sudovest) x m 7,50di larghezza (sul corridoio D). La torre primitiva A, circolare, del diametro esterno di m10, presenta l’ingresso a Sudovest, di m 0,80 di larghezza. Il corridoio retrostante, di circa4 metri di lunghezza e di m 0,79/0,92 di larghezza, sulla sinistra riceve l’apertura d’unagaretta di guardia (m 0,81 di larghezza x 1,09 di profondità), ed introduce, poi, alla ca-mera “a tholos”. Quest’ultima, eccentrica rispetto al filo esterno della torre, circolare deldiametro di m 3,83, si articola, nella parte destra, in due nicchie, una, più vicina all’in-gresso, di piano rettangolare (m 0,84 x 1 di profondità), e l’altra, più distante e quasi sulfondo, semiellittica, di maggiori dimensioni dell’altra (m 1,40 di larghezza x 2 di pro-fondità). La torre è alta ancora m 4 su 12 filari, a Sudsudest. Della cella ogivale restaun’altezza di m 3,70 su 12 file a Sudovest. Il corridoio d’ingresso, elevato gradatamenteda m 1,50 a 1,90, mostra taglio aggettante; tabulate sono la copertura della garetta (al-tezza m 1,34) e quella della nicchia della camera, prossima all’ingresso (altezza m 0,90).L’opera muraria consta di pietre basaltiche rozzamente lavorate, di forma varia, di norma-le grandezza. Il corpo ellittico aggiunto misura m 10 di lunghezza x 7,50 di larghezza,con spessore murario da m 3 a 4; si addossa a Sudovest di A, con addizione laterale. Sullafronte verso Nordnordovest si apre l’ingresso (D), di m 0,80 di larghezza; il corridoio re-trostante, dopo m 3 di percorso, incontra il corridoio C, scavato nel mezzo longitudinale

della nicchia a sinistra, si osserva un armadietto di m 0,50 di larghezza x 0,40 di altezza x1 di profondità, sopraelevato di 1 metro sul piano. Nel secondo tratto, di m 8, il corri-doio riceve altre due nicchie: una a destra, di pianta semicircolare, di m 1,20 x 1,20, el’altra, a sinistra, di piano semiellittico, di m 1,00 di larghezza x 2,40 di profondità x 1,50d’altezza. Corridoio e nicchie sono piattabandati con grossi lastroni orizzontali; la se-zione dei vani risulta rettangolare. La scala o rampa che porta al piano superiore correparallela al lato Est della costruzione e fa risvolto ad angolo retto in corrispondenza al-l’angolo Nordnordest-nordest. Potrebbe supporsi che, con altro risvolto, in corrispon-denza all’angolo Nordovest, il corridoio della scala finisse nel vano rettangolare di m3,00 x 3/2,80, situato a metà della costruzione presso il lato di Ovest. Ma soltanto loscavo accerterà, anche se forse non completamente, la disposizione dell’ambiente o de-gli ambienti del piano superiore, di cui restano tracce evidenti. L’edifizio, con i muri in-clinati d’ogni parte in guisa che la sezione risulta troncopiramidale, è costrutto di pietrecalcari durissime e mal sgrossate a disposizione irregolare, e residua per l’altezza massimadi m 8 circa. Le pietre sono più grandi all’esterno e più piccole all’interno. Il vano ret-tangolare del piano superiore è scapitozzato a m 2,50 dal pavimento. Calcolandolo ele-vato di altri m 2,50, si ottiene un’altezza d’ambiente di m 5, corrispondente a un’eleva-zione totale esterna supponibile in m 10. La figura di pianta e di sezione, l’angustia delcorridoio, la scala angolare ricorda esempi di talaiots quadrangolari delle Baleari, di in-certa cronologia come il nostro pseudonuraghe (v., ad esempio, il talaiot di Sa Canova-Artà, Lilliu, “Primi scavi” cit., p. 71, figg. 80, 2 e 88-91).Bibliografia: A. Taramelli, in Arch. Storico Sardo, IV, 1908, p. 214 ss.; F. Préchac, “Notes sur l’architecture”cit., 1908, pp. 142-148, 154, 156, 161, 168, figg. 2-7; F. De Rosa, Dell’uso dei nuraghi, 1909, p. 5 (Fontidi Mola); F. Flumene, Un po’ più di luce cit., 1923, pp. 28, 204; A. Taramelli, Bull. Paletn. It., XLIX, 1929,p. 84; Carta archeologica, f. 193, 1940, p. 135, n. 9; E. Contu, St.S., VIII, 1948, p. 317; Bellieni, in Il Pon-te, VII, 1951 (Sardegna), p. 1014; G. Lilliu, St.S., X-XI, 1952, p. 96 s.; St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 129, fig.1, n. 5; V. Mossa, Architettura domestica cit., 1957, p. 59; E. Contu, St.S., XIV-XV, I, 1958, p. 190; “I piùantichi nuraghi” cit., 1959, pp. 95, 110, 114; R. Grosjean, “Rapports” cit., 1960, p. 300.

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del corpo aggiunto, sul prolungamento dell’andito d’ingresso di A, di m 5 di lunghezza.Questo corridoio mette in comunicazione la camera di A con una celletta (B) di m 1,80di diametro al riempimento, contenuta all’estremo Sudovest dell’ellissi. I corridoi sono asoffitto tabulare; non si possono rilevarne le altezze a causa dell’interrimento. L’operamuraria è di pietre basaltiche di rozza lavorazione di dimensioni grandi e medie: m 1,02x 0,25 x 0,93; 0,85 x 0,30 x 0,80; 0,94 x 0,37 x 0,59.Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 145 (Gust’acqua); E. Contu, Saggio cit., 1947-48, p.33 ss., tav. II, 19.

Figura 13, 2: nuraghe SERRA CRÀSTULA A-Bonàrcado (Cagliari); cartina B, 59.A quota di m 287, sul ciglio d’un altopiano basaltico si affaccia e domina sul solco vallivodel riu Cìspiri, a guardia di vasti pascoli. È un nuraghe complesso, costituito da una torredella forma “a tholos”, a cui è stata addossata, posteriormente, una massa ellittica del tipo“a corridoio”. L’insieme misura m 32,40 di lunghezza (dall’arco occidentale della torre Aall’estremo orientale della massa ellittica) x m 15 di larghezza massima (sul corridoioD-E). La torre A, rotonda, del diametro esterno di m 12 (nella parte superiore svettata),mostra l’ingresso a Estsudest, di m 1 x 0,90, sormontato da pietra d’architrave. Nell’andi-to retrostante, strombato verso la camera (larghezza m 1,20/1,80), lungo m 4, non pre-senta vano alcuno sul profilo. L’andito introduce alla camera eccentrica, rotonda, di m4,80 di diametro (ridotta a m 4,40 allo svettamento), anch’essa semplicissima, senza spazisussidiari, almeno in apparenza. Esisteva un piano superiore, documentato dalla presenzad’un finestrone, aperto nel paramento esterno all’altezza di m 3 circa, con luce di m 0,90di larghezza x 1,65 d’altezza residua. Vi si accedeva per una scala a chiocciola, ora non visi-bile, ma che è da supporsi o nell’andito o dentro la camera, in quest’ultimo caso sopraele-vata dal pavimento. La torre si eleva sul piano di campagna da 3 a 6 metri (a Ovest), su4-5 filari. L’andito d’ingresso, a sezione angolare, si innalza verso l’interno fino a m 5; lacamera ha taglio ogivale, con 8 file di pietre elevate sino a m 6. Non regolare è l’opera mu-raria costituita di blocchi di grandi dimensioni: m 0,95 x 0,35; 1,10 x 0,70; 1,05 x 0,55,interblocchi 0,5/0,25. Nell’interno si osservano massi rozzi con facce appena spianate econ letti d’argilla negli interstizi dei filari. Il corpo ellittico (B-F) si addossa ad Est di A.Misura m 23,40 sull’asse B-D e m 15 sull’asse D-E. Mostra tre ingressi con corridoi re-trostanti: E a Sud, C a Nord ed F a Nordest, il primo di m 0,90 x 0,90, il secondo di m1,20 x 1,40 ed il terzo di m 1,05 x 1; gli ingressi sono tutti architravati senza spiraglio discarico. Dietro l’ingresso a Sud, il corridoio E, dopo m 4,40, incontra due cellette con-trapposte (D), semiellittiche, di m 1,80 x 3,40 quella di destra e di m 1,20 x 3,10 quella asinistra; sul fondo sta un’altra celletta di m 1,10 x 2,50, che disegna, con le precedenti,uno schema in croce. Il corridoio retrostante all’ingresso a Nord (C), dopo 8 metri di per-corso entro la spessa ed enorme compagine muraria, svolta ad angolo retto verso un corti-letto a mezzaluna (B); mostra una larghezza variante fra m 1 e 1,60. Del terzo corridoiodiretto verso Sudovest nel vivo del muro, si misura un percorso di m 5,80, poi appareostruito dalla rovina. Non si esclude che mettesse capo a una celletta, perché all’estremointerno il corridoio tende ad allargarsi (da m 1,20 a 1,80). Tutti i corridoi e le cellettesono coperti da soffitto a piattabanda con lastre talvolta di proporzioni rilevanti (m 2,10x 1,80); le spalle, in alcune parti, tendono ad aggettare, ma lo stile è sempre quello del vanoa sezione trilitica o dolmenica; le altezze dei corridoi variano da m 1,80 a 1,40, le nicchie

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passano da m 1,70 a 1,10. All’esterno il grosso corpo ellittico si conserva per un’altezza re-sidua di murature di m 5 in media su 8 filari a piani irregolari con leggera rientranza deiblocchi verso l’alto. L’opera è relativamente rozza, a pietre di basalto talvolta di dimensionienormi, per nulla lavorati e con grandi zeppe negli interstizi. Si hanno misure di pietre dim 1,50 x 1,40; 1,50 x 1,60; 1,60 x 1,20, di interblocchi di 0,10/0,40. Ad Ovest e Suddel complesso nuragico, corre un antemurale, da m 6 a 15 di distanza. Di figura curveg-giante, di m 60 di lunghezza, consta di massi rozzamente accumulati, con larghezza mu-raria di m 2/2,50, con le seguenti misure di blocchi, non lavorati: m 1,90 x 1 x 0,85;1,15 x 0,60 x 0,90; 1,20 x 0,80 x 0,45. Nei pressi del nuraghe si osservano resti di settecapanne circolari col diametro aggirantesi sui 4 metri per 1,50 di spessore murario; tre ca-panne sono disposte a gruppo con un muro esterno che le unisce. Alla superficie del suo-lo si notano frammenti di ossidiana e residui di ceramiche d’impasto.Bibliografia: A. Lamarmora, Viaggio, traduzione V. Martelli, II, p. 83; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p.89 (Serra Crastu); A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 136, n. 22; Boscolo-Pintor-Serra,Guida, 1951, p. 138; A. Piras, Saggio cit., 1952-53, p. 53 ss., tav. V, 30; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960,p. 62 s., fig. 86, 1; G. Lilliu, in Il Progresso dell’Isola, 1960, p. 27.

Figura 13, 3: nuraghe SANTU PERDU-Nurri (Nùoro); cartina B, 81.Sta a quota di m 614, sull’altopiano basaltico di M. Gùzzini, a Sudsudovest della chieset-ta campestre omonima, in posizione dominante all’estremo Est della “giara”, ricca di nu-raghi. Una fonte sgorga 200 m a Sudovest. È una costruzione molto complessa, in cui al-la forma del nuraghe “a tholos”, più antica (A), si è aggiunta evidentemente la forma delnuraghe “a corridoio”, costituente una massa oblunga irregolare (B-F) addossata alla torreprimitiva lateralmente, a Est. L’insieme misura m 23 (asse A-D) x 17 (asse C-E). La torreprimitiva (A), circolare, del diametro di m 10, con spessore murario di m 3,20/2,50, hal’ingresso a Sudest, molto rovinato, non rilevabile metricamente. L’andito retrostante, pu-re non rilevabile, introduce alla camera “a tholos”, eccentrica, rotonda del diametro di m3 (al riempimento), senza spazi sussidiari, almeno in apparenza. La torre residua all’ester-no per m 2,30 su 6 filari, mentre la camera si conserva per l’altezza sul colmaticcio di m1,37 su 6 filari (a Nordnordovest). A sinistra dell’ingresso si presenta un’ala di muro me-galitico addossata, in funzione di contrafforte più tardivo, al giro Sudsudovest della torreA. La massa aggiunta, nello stile “a corridoio”, mostra solo poche parti in evidenza, sicchéne riesce molto difficile l’interpretazione. La planimetria datane è, per certi tratti, soltantoipotetica. Da un ingresso a Sudovest (F), di m 0,80 di larghezza x 1 d’altezza sul deposito,architravato (m 1,76 x 0,28 x 0,71), per il corridoio retrostante di m 7 circa di lunghezza,si raggiunge il corridoio E, che incrocia il primo ad angolo, e che mette in comunicazio-ne la presumibile camera (non visibile) della torre D con uno spazio scoperto B, forse uncortile. Di questo spazio, di figura trapezoide, di m 4,40 x 4/2, si scorgono tratti di pareteora a piombo ora leggermente aggettanti, evidenti sulla rovina per m 1,50/1,20. Dallostesso spazio, un andito supposto ma non rilevabile, mette forse nella cameretta oblunga(m 4 x 3,40) della torricella C, misurabile, nell’arco esterno di Nord, per m 6 circa di pe-rimetro, in evidenza all’interno per m 1,20 d’altezza sulla rovina. L’opera muraria delcomplesso è in basalto, di tecnica subquadrata all’esterno. I corridoi del corpo aggiuntosono coperti a piattabanda. Misure di pietre, all’esterno: m 1,02 x 0,34 x 0,50; 0,76 x0,41 x 0,55. Nei pressi del nuraghe si scorgono tracce d’un piccolo abitato di età romana.

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del corpo aggiunto, sul prolungamento dell’andito d’ingresso di A, di m 5 di lunghezza.Questo corridoio mette in comunicazione la camera di A con una celletta (B) di m 1,80di diametro al riempimento, contenuta all’estremo Sudovest dell’ellissi. I corridoi sono asoffitto tabulare; non si possono rilevarne le altezze a causa dell’interrimento. L’operamuraria è di pietre basaltiche di rozza lavorazione di dimensioni grandi e medie: m 1,02x 0,25 x 0,93; 0,85 x 0,30 x 0,80; 0,94 x 0,37 x 0,59.Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 145 (Gust’acqua); E. Contu, Saggio cit., 1947-48, p.33 ss., tav. II, 19.

Figura 13, 2: nuraghe SERRA CRÀSTULA A-Bonàrcado (Cagliari); cartina B, 59.A quota di m 287, sul ciglio d’un altopiano basaltico si affaccia e domina sul solco vallivodel riu Cìspiri, a guardia di vasti pascoli. È un nuraghe complesso, costituito da una torredella forma “a tholos”, a cui è stata addossata, posteriormente, una massa ellittica del tipo“a corridoio”. L’insieme misura m 32,40 di lunghezza (dall’arco occidentale della torre Aall’estremo orientale della massa ellittica) x m 15 di larghezza massima (sul corridoioD-E). La torre A, rotonda, del diametro esterno di m 12 (nella parte superiore svettata),mostra l’ingresso a Estsudest, di m 1 x 0,90, sormontato da pietra d’architrave. Nell’andi-to retrostante, strombato verso la camera (larghezza m 1,20/1,80), lungo m 4, non pre-senta vano alcuno sul profilo. L’andito introduce alla camera eccentrica, rotonda, di m4,80 di diametro (ridotta a m 4,40 allo svettamento), anch’essa semplicissima, senza spazisussidiari, almeno in apparenza. Esisteva un piano superiore, documentato dalla presenzad’un finestrone, aperto nel paramento esterno all’altezza di m 3 circa, con luce di m 0,90di larghezza x 1,65 d’altezza residua. Vi si accedeva per una scala a chiocciola, ora non visi-bile, ma che è da supporsi o nell’andito o dentro la camera, in quest’ultimo caso sopraele-vata dal pavimento. La torre si eleva sul piano di campagna da 3 a 6 metri (a Ovest), su4-5 filari. L’andito d’ingresso, a sezione angolare, si innalza verso l’interno fino a m 5; lacamera ha taglio ogivale, con 8 file di pietre elevate sino a m 6. Non regolare è l’opera mu-raria costituita di blocchi di grandi dimensioni: m 0,95 x 0,35; 1,10 x 0,70; 1,05 x 0,55,interblocchi 0,5/0,25. Nell’interno si osservano massi rozzi con facce appena spianate econ letti d’argilla negli interstizi dei filari. Il corpo ellittico (B-F) si addossa ad Est di A.Misura m 23,40 sull’asse B-D e m 15 sull’asse D-E. Mostra tre ingressi con corridoi re-trostanti: E a Sud, C a Nord ed F a Nordest, il primo di m 0,90 x 0,90, il secondo di m1,20 x 1,40 ed il terzo di m 1,05 x 1; gli ingressi sono tutti architravati senza spiraglio discarico. Dietro l’ingresso a Sud, il corridoio E, dopo m 4,40, incontra due cellette con-trapposte (D), semiellittiche, di m 1,80 x 3,40 quella di destra e di m 1,20 x 3,10 quella asinistra; sul fondo sta un’altra celletta di m 1,10 x 2,50, che disegna, con le precedenti,uno schema in croce. Il corridoio retrostante all’ingresso a Nord (C), dopo 8 metri di per-corso entro la spessa ed enorme compagine muraria, svolta ad angolo retto verso un corti-letto a mezzaluna (B); mostra una larghezza variante fra m 1 e 1,60. Del terzo corridoiodiretto verso Sudovest nel vivo del muro, si misura un percorso di m 5,80, poi appareostruito dalla rovina. Non si esclude che mettesse capo a una celletta, perché all’estremointerno il corridoio tende ad allargarsi (da m 1,20 a 1,80). Tutti i corridoi e le cellettesono coperti da soffitto a piattabanda con lastre talvolta di proporzioni rilevanti (m 2,10x 1,80); le spalle, in alcune parti, tendono ad aggettare, ma lo stile è sempre quello del vanoa sezione trilitica o dolmenica; le altezze dei corridoi variano da m 1,80 a 1,40, le nicchie

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passano da m 1,70 a 1,10. All’esterno il grosso corpo ellittico si conserva per un’altezza re-sidua di murature di m 5 in media su 8 filari a piani irregolari con leggera rientranza deiblocchi verso l’alto. L’opera è relativamente rozza, a pietre di basalto talvolta di dimensionienormi, per nulla lavorati e con grandi zeppe negli interstizi. Si hanno misure di pietre dim 1,50 x 1,40; 1,50 x 1,60; 1,60 x 1,20, di interblocchi di 0,10/0,40. Ad Ovest e Suddel complesso nuragico, corre un antemurale, da m 6 a 15 di distanza. Di figura curveg-giante, di m 60 di lunghezza, consta di massi rozzamente accumulati, con larghezza mu-raria di m 2/2,50, con le seguenti misure di blocchi, non lavorati: m 1,90 x 1 x 0,85;1,15 x 0,60 x 0,90; 1,20 x 0,80 x 0,45. Nei pressi del nuraghe si osservano resti di settecapanne circolari col diametro aggirantesi sui 4 metri per 1,50 di spessore murario; tre ca-panne sono disposte a gruppo con un muro esterno che le unisce. Alla superficie del suo-lo si notano frammenti di ossidiana e residui di ceramiche d’impasto.Bibliografia: A. Lamarmora, Viaggio, traduzione V. Martelli, II, p. 83; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p.89 (Serra Crastu); A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206, 1935, p. 136, n. 22; Boscolo-Pintor-Serra,Guida, 1951, p. 138; A. Piras, Saggio cit., 1952-53, p. 53 ss., tav. V, 30; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960,p. 62 s., fig. 86, 1; G. Lilliu, in Il Progresso dell’Isola, 1960, p. 27.

Figura 13, 3: nuraghe SANTU PERDU-Nurri (Nùoro); cartina B, 81.Sta a quota di m 614, sull’altopiano basaltico di M. Gùzzini, a Sudsudovest della chieset-ta campestre omonima, in posizione dominante all’estremo Est della “giara”, ricca di nu-raghi. Una fonte sgorga 200 m a Sudovest. È una costruzione molto complessa, in cui al-la forma del nuraghe “a tholos”, più antica (A), si è aggiunta evidentemente la forma delnuraghe “a corridoio”, costituente una massa oblunga irregolare (B-F) addossata alla torreprimitiva lateralmente, a Est. L’insieme misura m 23 (asse A-D) x 17 (asse C-E). La torreprimitiva (A), circolare, del diametro di m 10, con spessore murario di m 3,20/2,50, hal’ingresso a Sudest, molto rovinato, non rilevabile metricamente. L’andito retrostante, pu-re non rilevabile, introduce alla camera “a tholos”, eccentrica, rotonda del diametro di m3 (al riempimento), senza spazi sussidiari, almeno in apparenza. La torre residua all’ester-no per m 2,30 su 6 filari, mentre la camera si conserva per l’altezza sul colmaticcio di m1,37 su 6 filari (a Nordnordovest). A sinistra dell’ingresso si presenta un’ala di muro me-galitico addossata, in funzione di contrafforte più tardivo, al giro Sudsudovest della torreA. La massa aggiunta, nello stile “a corridoio”, mostra solo poche parti in evidenza, sicchéne riesce molto difficile l’interpretazione. La planimetria datane è, per certi tratti, soltantoipotetica. Da un ingresso a Sudovest (F), di m 0,80 di larghezza x 1 d’altezza sul deposito,architravato (m 1,76 x 0,28 x 0,71), per il corridoio retrostante di m 7 circa di lunghezza,si raggiunge il corridoio E, che incrocia il primo ad angolo, e che mette in comunicazio-ne la presumibile camera (non visibile) della torre D con uno spazio scoperto B, forse uncortile. Di questo spazio, di figura trapezoide, di m 4,40 x 4/2, si scorgono tratti di pareteora a piombo ora leggermente aggettanti, evidenti sulla rovina per m 1,50/1,20. Dallostesso spazio, un andito supposto ma non rilevabile, mette forse nella cameretta oblunga(m 4 x 3,40) della torricella C, misurabile, nell’arco esterno di Nord, per m 6 circa di pe-rimetro, in evidenza all’interno per m 1,20 d’altezza sulla rovina. L’opera muraria delcomplesso è in basalto, di tecnica subquadrata all’esterno. I corridoi del corpo aggiuntosono coperti a piattabanda. Misure di pietre, all’esterno: m 1,02 x 0,34 x 0,50; 0,76 x0,41 x 0,55. Nei pressi del nuraghe si scorgono tracce d’un piccolo abitato di età romana.

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sembra appartenere ai resti dell’antemurale. È fatto di blocchi enormi senza lavorazionedi m 2,10 x 1,25; 1,70 x 0,85 x 0,60; 1,50 x 1 x 0,50, con larghi spazi fra blocco e bloc-co. Nei pressi del nuraghe si osservano gli avanzi di tre capanne ellittiche e circolari, del-lo spessore di m 1,20, di cui una ancora con la porta d’ingresso architravata (altezza m1,20 x 0,90 di larghezza). Le pietre, di medie dimensioni, recano scarsi segni di lavora-zione. Trattasi di capanne di età nuragica, come di età nuragica sono i pezzi di terracottad’impasto nero e rossiccio che si scorgono alla superficie del terreno.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, II, 1834, p. 413 (Bau-cuadu); A. Lamarmora, Viaggio (trad.V. Martelli), II, p. 83; Spano, Memoria, 1867, p. 16, nota 3 di p. 15; A. Taramelli, Carta archeologica,ff. 205-206, 1935, p. 140, n. 45; A. Piras, Saggio cit., 1952-53, p. 62 ss., tav. VI, 37; G. Lilliu, St.S.,XVI, 1960, p. 57, nota 40.

Figura 13, 5: nuraghe MARASÒRIGHES o BIDINNÀNNARI-Ottana (Nùoro); cartina B, 35.Sta sopra uno spuntone trachitico, al margine del Monte Nieddu, alto sulla vallata del riuSicci, a circa 200 metri a Sud. La pianta è irregolarmente triangolare, con profilo curvili-neo, con tre punte convesse a Nordnordovest, a Sudovest e a Sudest, la prima interrottanel suo contorno, le restanti, spostate sulla parte frontale dell’edificio, formanti le torri A eB con relative camere in evidenza. Fra le due torri marginali è situato il cortile C, a cuimette dall’esterno un ingresso aperto nella cortina di facciata, leggermente concava, conesposizione a Sudsudest; il cortile stesso, verso Nordnordovest, si prolunga nel corridoioD il quale è probabile che fuoriesca dalla parte opposta a quella dell’ingresso di prospetto.La massa costruttiva ha una lunghezza di m 17 circa sull’asse Nordest-sudovest e la lar-ghezza di m 18 sull’asse normale (sulla linea delle torri frontali). L’ingresso, largo m 1,10,è sovrastato da un architrave di m 2,20 x 0,50 x 0,65. L’andito retrostante, della stessa lar-ghezza e della lunghezza di m 2,50, riceve sulla sinistra, al centro, una garetta semicircola-re di m 0,50 di larghezza x 1,10 di profondità x 0,55 d’altezza. Nel cortile C, di pianoquadrangolare, di m 3,10 x 4, sfociano, oltre l’andito d’ingresso, gli anditi di B e D; vi fa ca-po, anche se ora non visibile, quello di A. L’andito di B, a destra del cortile, lungo m 3,60,introduce in una camera rotonda di m 3,30 di diametro, con una nicchietta sulla sinistradi chi entra, semiellittica, di m 1 di larghezza x 2 di profondità. Della corrispondente ca-mera della torre A si misura un diametro di m 3,75. Il corridoio D, percorribile per lalunghezza di m 5 circa, ostruito nel tratto di fondo, mostra, all’apertura verso il cortile, unarchitrave poderoso di m 2,25 x 0,67 x 1. Le camere A (altezza non rilevabile) e B (altezzaresidua m 2,87 a Ovest su 4 file) si concludevano ad ogiva, oggi scoperchiata; il cortileC ha pareti verticali (altezza sul crollo m 1,20). Gli anditi e la celletta in B sono copertida lastroni a piattabanda. Il monumento all’esterno si conserva per l’altezza massima dim 3,90 su 9 file, a Nordest. Il paramento consta di blocchi di trachite di discreta lavorazio-ne, di medie dimensioni: m 0,54 x 0,30 x 0,90; 0,38 x 0,36 x 0,49; 0,45 x 0,33 x 0,60.Bibliografia: G. Cherchi, Saggio cit., 1952-53, p. 246 ss., tav. VII, fig. 46; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 128.

Figura 13, 6: nuraghe ÌZZANA-Àggius (Sàssari); cartina B, 1.In località Montagnana a quota di m 422, situato al centro d’un piccolo altopiano, a 1 kmda riu Turrali, il nuraghe domina largamente sui monti e sulle colline circostanti, in unpaesaggio squallido, povero economicamente. È il nuraghe di maggiori proporzioni ed ilmeglio conservato fra quelli della Gallura. È di tipo complesso e singolare, rappresentando

Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 145; G. Lilliu, St.S., VII, 1947, pp. 36, 58, nota 59;E. Contu, Saggio cit., 1947-48, p. 28 ss., tav. III, 35.

Figura 13, 4: nuraghe QUÀU-Bonàrcado (Cagliari); cartina B, 64.Si erge a quota di m 193, su un ciglione basaltico che strapiomba sulla profonda valledel riu Mannu. Le rovine declinano da Est a Ovest, sul terreno in leggero pendio. Sottola rupe, a mezza costa, a 100 metri di distanza dal nuraghe, sgorga una sorgente d’ac-qua. Pascoli intorno, e coltivi nella valle. Il nuraghe associa la forma “a tholos” alla for-ma “a corridoio”. Più antichi sono gli elementi costitutivi della prima (A-B), aggiunti glialtri della componente “a corridoio” (C-D-E). L’insieme consiste in una massa ellittica-rettangolare, molto irregolare, di m 42 (asse Est-ovest) x 26 (larghezza massima al murorettilineo di Ovest). L’estremo occidentale è rettilineo con angoli stondati, curvilinei glialtri lati, quelli lunghi ad andamento sinuoso. Il corpo antico consta di due torri (A-B)affiancate e riunite per mezzo d’un fasciame oblungo, che rinforza la torre B, mentre laA ne è in gran parte esclusa, rimanendo col paramento scoperto nel giro da Nord a Sud-ovest. La torre B è evidentemente aggiunta alla A, perché le si addossa, a Ovestsudovest.La torre A, situata al vertice orientale del complesso, di figura circolare irregolare, ha dia-metro esterno di m 10 circa, con ingresso a Sudsudest, di m 0,70 x 1,50. Il corridoio re-trostante, di m 2,50 di lunghezza, mette nella camera rotonda, del diametro di m 3,70,in posizione eccentrica. Nella stessa camera, sulla sinistra, si presentano due vani. Quellopiù vicino all’ingresso è d’una celletta, di piano semiellittico, di m 1 di larghezza x 3,20di profondità x 2,20 d’altezza; nell’altro, di piano trapezoidale, di m 1 x 2,20 di lun-ghezza x 1,20 d’altezza, è contenuta, sul lato sinistro, l’apertura della scala che portava oal piano superiore o al terrazzo della torre. Sul lato destro della camera gira, addossatoalla base della parete, un sedile circolare di pietre piatte, alto m 0,20, dello sviluppo di 5metri. La torre è svettata a circa 5 metri dal suolo. La camera ogivale si conserva per l’al-tezza di m 4,50 su 10 filari. I vani della celletta e della scala sono a sezione rettangolare.La torre B ha diametro esterno di m 7,50, con paramento elevato per 10 metri sul pianodi campagna, con 6 file visibili sul fasciame. È anche visibile la parte superiore svettatadella camera per un diametro di m 1,50; per il resto non si può rilevare. Del corpo ag-giunto “a corridoio”, nella cortina volta a Sud presso la torre B, si osserva l’ingresso dal-l’esterno, di m 1,20 x 0,70, con architrave di m 2 x 1 x 0,60. Il corridoio retrostante,dopo 4 metri, è ostruito. Si può ritenere, da alcune tracce, che esso, circa a metà del suopercorso, incontrasse un altro ramo di corridoio trasversale (C), scavato nel gran massodella parte occidentale del corpo costruttivo (larghezza del corridoio m 1, resti per lalunghezza visibile di m 2,50), e che, poi, svoltasse ad angolo smussato verso Est per sfo-ciare nel cortile D. Il cortile si presenta come un vano scoperto di figura oblunga, ovoi-de, di cui si intravvede l’arco di parete del muro a Nord, mentre il rimanente si rico-struisce idealmente. In questo cortile pare mettesse capo, infine, per un breve andito, latorretta E, circolare, del diametro superficiale di m 5, incorporata nel complesso e forsedunque ad esso anteriore (è della stessa epoca di A e B?). Il grande corpo aggiunto, nellostile “a corridoio”, si conserva per l’altezza media di m 3, con 5-6 file di pietre basaltiche,di grosso taglio poliedrico, rincalzate da brecciame, con misure di m 1,50 x 0,65 x 0,60;0,95 x 0,45 x 0,55; 0,90 x 0,55 x 0,60. Nell’interno si osserva l’uso dell’argilla. A 50metri a Sud della massa megalitica, un muro in senso Nord-sud, piegante poi ad Est,

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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sembra appartenere ai resti dell’antemurale. È fatto di blocchi enormi senza lavorazionedi m 2,10 x 1,25; 1,70 x 0,85 x 0,60; 1,50 x 1 x 0,50, con larghi spazi fra blocco e bloc-co. Nei pressi del nuraghe si osservano gli avanzi di tre capanne ellittiche e circolari, del-lo spessore di m 1,20, di cui una ancora con la porta d’ingresso architravata (altezza m1,20 x 0,90 di larghezza). Le pietre, di medie dimensioni, recano scarsi segni di lavora-zione. Trattasi di capanne di età nuragica, come di età nuragica sono i pezzi di terracottad’impasto nero e rossiccio che si scorgono alla superficie del terreno.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, II, 1834, p. 413 (Bau-cuadu); A. Lamarmora, Viaggio (trad.V. Martelli), II, p. 83; Spano, Memoria, 1867, p. 16, nota 3 di p. 15; A. Taramelli, Carta archeologica,ff. 205-206, 1935, p. 140, n. 45; A. Piras, Saggio cit., 1952-53, p. 62 ss., tav. VI, 37; G. Lilliu, St.S.,XVI, 1960, p. 57, nota 40.

Figura 13, 5: nuraghe MARASÒRIGHES o BIDINNÀNNARI-Ottana (Nùoro); cartina B, 35.Sta sopra uno spuntone trachitico, al margine del Monte Nieddu, alto sulla vallata del riuSicci, a circa 200 metri a Sud. La pianta è irregolarmente triangolare, con profilo curvili-neo, con tre punte convesse a Nordnordovest, a Sudovest e a Sudest, la prima interrottanel suo contorno, le restanti, spostate sulla parte frontale dell’edificio, formanti le torri A eB con relative camere in evidenza. Fra le due torri marginali è situato il cortile C, a cuimette dall’esterno un ingresso aperto nella cortina di facciata, leggermente concava, conesposizione a Sudsudest; il cortile stesso, verso Nordnordovest, si prolunga nel corridoioD il quale è probabile che fuoriesca dalla parte opposta a quella dell’ingresso di prospetto.La massa costruttiva ha una lunghezza di m 17 circa sull’asse Nordest-sudovest e la lar-ghezza di m 18 sull’asse normale (sulla linea delle torri frontali). L’ingresso, largo m 1,10,è sovrastato da un architrave di m 2,20 x 0,50 x 0,65. L’andito retrostante, della stessa lar-ghezza e della lunghezza di m 2,50, riceve sulla sinistra, al centro, una garetta semicircola-re di m 0,50 di larghezza x 1,10 di profondità x 0,55 d’altezza. Nel cortile C, di pianoquadrangolare, di m 3,10 x 4, sfociano, oltre l’andito d’ingresso, gli anditi di B e D; vi fa ca-po, anche se ora non visibile, quello di A. L’andito di B, a destra del cortile, lungo m 3,60,introduce in una camera rotonda di m 3,30 di diametro, con una nicchietta sulla sinistradi chi entra, semiellittica, di m 1 di larghezza x 2 di profondità. Della corrispondente ca-mera della torre A si misura un diametro di m 3,75. Il corridoio D, percorribile per lalunghezza di m 5 circa, ostruito nel tratto di fondo, mostra, all’apertura verso il cortile, unarchitrave poderoso di m 2,25 x 0,67 x 1. Le camere A (altezza non rilevabile) e B (altezzaresidua m 2,87 a Ovest su 4 file) si concludevano ad ogiva, oggi scoperchiata; il cortileC ha pareti verticali (altezza sul crollo m 1,20). Gli anditi e la celletta in B sono copertida lastroni a piattabanda. Il monumento all’esterno si conserva per l’altezza massima dim 3,90 su 9 file, a Nordest. Il paramento consta di blocchi di trachite di discreta lavorazio-ne, di medie dimensioni: m 0,54 x 0,30 x 0,90; 0,38 x 0,36 x 0,49; 0,45 x 0,33 x 0,60.Bibliografia: G. Cherchi, Saggio cit., 1952-53, p. 246 ss., tav. VII, fig. 46; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 128.

Figura 13, 6: nuraghe ÌZZANA-Àggius (Sàssari); cartina B, 1.In località Montagnana a quota di m 422, situato al centro d’un piccolo altopiano, a 1 kmda riu Turrali, il nuraghe domina largamente sui monti e sulle colline circostanti, in unpaesaggio squallido, povero economicamente. È il nuraghe di maggiori proporzioni ed ilmeglio conservato fra quelli della Gallura. È di tipo complesso e singolare, rappresentando

Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 145; G. Lilliu, St.S., VII, 1947, pp. 36, 58, nota 59;E. Contu, Saggio cit., 1947-48, p. 28 ss., tav. III, 35.

Figura 13, 4: nuraghe QUÀU-Bonàrcado (Cagliari); cartina B, 64.Si erge a quota di m 193, su un ciglione basaltico che strapiomba sulla profonda valledel riu Mannu. Le rovine declinano da Est a Ovest, sul terreno in leggero pendio. Sottola rupe, a mezza costa, a 100 metri di distanza dal nuraghe, sgorga una sorgente d’ac-qua. Pascoli intorno, e coltivi nella valle. Il nuraghe associa la forma “a tholos” alla for-ma “a corridoio”. Più antichi sono gli elementi costitutivi della prima (A-B), aggiunti glialtri della componente “a corridoio” (C-D-E). L’insieme consiste in una massa ellittica-rettangolare, molto irregolare, di m 42 (asse Est-ovest) x 26 (larghezza massima al murorettilineo di Ovest). L’estremo occidentale è rettilineo con angoli stondati, curvilinei glialtri lati, quelli lunghi ad andamento sinuoso. Il corpo antico consta di due torri (A-B)affiancate e riunite per mezzo d’un fasciame oblungo, che rinforza la torre B, mentre laA ne è in gran parte esclusa, rimanendo col paramento scoperto nel giro da Nord a Sud-ovest. La torre B è evidentemente aggiunta alla A, perché le si addossa, a Ovestsudovest.La torre A, situata al vertice orientale del complesso, di figura circolare irregolare, ha dia-metro esterno di m 10 circa, con ingresso a Sudsudest, di m 0,70 x 1,50. Il corridoio re-trostante, di m 2,50 di lunghezza, mette nella camera rotonda, del diametro di m 3,70,in posizione eccentrica. Nella stessa camera, sulla sinistra, si presentano due vani. Quellopiù vicino all’ingresso è d’una celletta, di piano semiellittico, di m 1 di larghezza x 3,20di profondità x 2,20 d’altezza; nell’altro, di piano trapezoidale, di m 1 x 2,20 di lun-ghezza x 1,20 d’altezza, è contenuta, sul lato sinistro, l’apertura della scala che portava oal piano superiore o al terrazzo della torre. Sul lato destro della camera gira, addossatoalla base della parete, un sedile circolare di pietre piatte, alto m 0,20, dello sviluppo di 5metri. La torre è svettata a circa 5 metri dal suolo. La camera ogivale si conserva per l’al-tezza di m 4,50 su 10 filari. I vani della celletta e della scala sono a sezione rettangolare.La torre B ha diametro esterno di m 7,50, con paramento elevato per 10 metri sul pianodi campagna, con 6 file visibili sul fasciame. È anche visibile la parte superiore svettatadella camera per un diametro di m 1,50; per il resto non si può rilevare. Del corpo ag-giunto “a corridoio”, nella cortina volta a Sud presso la torre B, si osserva l’ingresso dal-l’esterno, di m 1,20 x 0,70, con architrave di m 2 x 1 x 0,60. Il corridoio retrostante,dopo 4 metri, è ostruito. Si può ritenere, da alcune tracce, che esso, circa a metà del suopercorso, incontrasse un altro ramo di corridoio trasversale (C), scavato nel gran massodella parte occidentale del corpo costruttivo (larghezza del corridoio m 1, resti per lalunghezza visibile di m 2,50), e che, poi, svoltasse ad angolo smussato verso Est per sfo-ciare nel cortile D. Il cortile si presenta come un vano scoperto di figura oblunga, ovoi-de, di cui si intravvede l’arco di parete del muro a Nord, mentre il rimanente si rico-struisce idealmente. In questo cortile pare mettesse capo, infine, per un breve andito, latorretta E, circolare, del diametro superficiale di m 5, incorporata nel complesso e forsedunque ad esso anteriore (è della stessa epoca di A e B?). Il grande corpo aggiunto, nellostile “a corridoio”, si conserva per l’altezza media di m 3, con 5-6 file di pietre basaltiche,di grosso taglio poliedrico, rincalzate da brecciame, con misure di m 1,50 x 0,65 x 0,60;0,95 x 0,45 x 0,55; 0,90 x 0,55 x 0,60. Nell’interno si osserva l’uso dell’argilla. A 50metri a Sud della massa megalitica, un muro in senso Nord-sud, piegante poi ad Est,

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

Page 212: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

Figura 14: restituzione ideale dei nuraghi Su Nuraxi-Barùmini e Santu Antìne-Torralba (1, 2) e dell’Orrùbiu-Orròli (3)

Figura 14, 1: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari); v. anche figure 3, 2; 9, 4; 10, 2.Restituzione ideale del bastione quadrilobato, ai tempi della fase c. Si veda la schedadescrittiva della figura 10, 2.

Figura 14, 2: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari); v. anche figure 1, 25; 3, 5; 8, 6.Restituzione ideale del bastione trilobato. Si veda la scheda descrittiva della figura 8, 6.

Figura 14, 3: nuraghe ORRÙBIU-Orròli (Nùoro); v. anche figura 10, 4.Restituzione ideale dell’intero complesso nuragico. Si veda la scheda descrittiva di fi-gura 10, 4.

l’unione della forma “a tholos” con la forma “a corridoio”. L’insieme, di piano grosso mo-do triangolare con apici arrotondati, misura m 20,40 sulla linea Nordovest-sudest x 18sulla linea Nordest-sudovest; il perimetro è di m 60. Il nuraghe mostra tre ingressi. Unosta al centro sulla fronte di Sudsudovest (H), un altro si apre nella cuspide di Sudest (A)e il terzo (una posterula) è presso l’angolo di Ovestsudovest (davanti ad F). L’ingressoprincipale (H), di m 1,30 di larghezza x 1,20 d’altezza sul riempiticcio, sormontato dapietra d’architrave di m 1,90 x 0,50 x 0,70, dà nel breve andito strombato di m 2 dilunghezza x 1,30/1,50 di larghezza. Da quest’andito, ai due lati, si dipartono i rami delcorridoio G raccordati ad angolo ottuso, un ramo verso la tholos A e l’altro, opposto,verso il corridoio F. Il primo ramo, lungo 6 metri circa e largo 0,60, si apre su H conuna luce architravata alta m 1; il ramo verso A, lungo m 4 largo 0,80 e alto m 2,30 (al-l’interno)/1,94 (allo sfocio in A), ha volta rudimentale in aggetto a differenza del primoramo che è tabulato (a solaio piano) come tabulata è la copertura di H, costituita da la-stroni di m 1 di lunghezza chiusi a m 1,60 dal suolo apparente. Nella tholos A si entrapure, direttamente, dall’esterno per la porta di Sudest, di m 1,45 d’altezza x 1,00 di lar-ghezza con architrave di m 2,90 x 0,80/1,10 x 1,20; vi introduce l’andito di m 2 di lun-ghezza x 1/1,20 di larghezza, pur esso tabulato. La tholos circolare, di m 6 di diametro,alta m 7,30, mostra le pareti a file di blocchi in granito di grandi e medie dimensioni,per lo più di forma subquadrangolare; fra le pietre se ne notano tre per essere meglio la-vorate delle altre e per le eccezionali dimensioni: m 2 x 0,65; 2,40 x 0,60; 2,30 x 0,60.Dalla camera A, in simmetria col corridoio G, si diparte il corridoio F che segue, descri-vendo un’ampia curva, il profilo del nuraghe sul lato Estnordest, la cuspide Nord ed ilfianco di Nordovest. Il corridoio, alto sulla parete di A m 3,20, di sezione trapezoidale(larghezza m 2/0,20 in alto), disimpegna le cellette D-C-B-E, le quali son tutte dispostecon gli ingressi verso la cuspide Nord e si articolano in linee mosse, sinuose, di gusto“labirintico”, per attrarre nel chiuso il nemico, confonderlo, catturarlo o ucciderlo nelsegreto profondo di quegli oscuri penetrali. Le cellette sono distribuite entro il fasciamemurario in figura di triplice forcipe con senso simmetrico: E e D ai lati, C e B al centroin profondità (B interna a C). L’insieme costituiva una sorta di “camera della morte”,stretto tra la grande cella A e i corridoi F e G scavati, insieme alle celle, nel potente e so-lido masso murario con gusto di “grotta”. Le celle B-F son tutte di piano irregolare, ellit-tiche. D misura m 4 x 1,40 (ridotta alla base); C, già ogivata, ha m 5 x 3 (è provvista diuna nicchietta a sinistra, di m 1 x 0,40); B, comunicante con C per uno stretto passag-gio di m 2 di lunghezza x 0,80/0,40, misura m 4 x 3; infine in E si misurano m 2 x 1 x1,80 d’altezza, alla cupoletta leggermente schiacciata sui fianchi. Gli ingressi alle cellettesono piattabandati. Dopo aver disimpegnato la “camera della morte”, il ramo di Ovest-nordovest del corridoio F, largo m 0,80 e alto m 2,30, tabulato, incontra il corridoio F emette capo a una posterula di m 0,74 di larghezza x 1,20 d’altezza rilevabile. L’operamuraria è di granito con blocchi in parte grezzi e in parte ritoccati e tagliati in forme qua-drangolari a spigoli vivi (misure di tre blocchi contigui m 2 x 0,50 x 1; 1,90 x 0,40 x 0,80;1,20 x 0,60 x 0,50). La connessione delle strutture murarie in alcune parti è accurata, inaltre assai rudimentale.Bibliografia: G. Vacca, Posizione geografica cit., 1917, p. 13; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 181-182, 1939, p. 43, n. 2; F. Manconi, Saggio cit., 1948-49, p. 140 ss., tav. II, 6, fot. 18-22; G. Lilliu,St.S., IX, 1950, p. 433 s., tav. IV, 5-6; St.S., X-XI, 1952, p. 95; St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 128.

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Figura 14: restituzione ideale dei nuraghi Su Nuraxi-Barùmini e Santu Antìne-Torralba (1, 2) e dell’Orrùbiu-Orròli (3)

Figura 14, 1: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari); v. anche figure 3, 2; 9, 4; 10, 2.Restituzione ideale del bastione quadrilobato, ai tempi della fase c. Si veda la schedadescrittiva della figura 10, 2.

Figura 14, 2: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari); v. anche figure 1, 25; 3, 5; 8, 6.Restituzione ideale del bastione trilobato. Si veda la scheda descrittiva della figura 8, 6.

Figura 14, 3: nuraghe ORRÙBIU-Orròli (Nùoro); v. anche figura 10, 4.Restituzione ideale dell’intero complesso nuragico. Si veda la scheda descrittiva di fi-gura 10, 4.

l’unione della forma “a tholos” con la forma “a corridoio”. L’insieme, di piano grosso mo-do triangolare con apici arrotondati, misura m 20,40 sulla linea Nordovest-sudest x 18sulla linea Nordest-sudovest; il perimetro è di m 60. Il nuraghe mostra tre ingressi. Unosta al centro sulla fronte di Sudsudovest (H), un altro si apre nella cuspide di Sudest (A)e il terzo (una posterula) è presso l’angolo di Ovestsudovest (davanti ad F). L’ingressoprincipale (H), di m 1,30 di larghezza x 1,20 d’altezza sul riempiticcio, sormontato dapietra d’architrave di m 1,90 x 0,50 x 0,70, dà nel breve andito strombato di m 2 dilunghezza x 1,30/1,50 di larghezza. Da quest’andito, ai due lati, si dipartono i rami delcorridoio G raccordati ad angolo ottuso, un ramo verso la tholos A e l’altro, opposto,verso il corridoio F. Il primo ramo, lungo 6 metri circa e largo 0,60, si apre su H conuna luce architravata alta m 1; il ramo verso A, lungo m 4 largo 0,80 e alto m 2,30 (al-l’interno)/1,94 (allo sfocio in A), ha volta rudimentale in aggetto a differenza del primoramo che è tabulato (a solaio piano) come tabulata è la copertura di H, costituita da la-stroni di m 1 di lunghezza chiusi a m 1,60 dal suolo apparente. Nella tholos A si entrapure, direttamente, dall’esterno per la porta di Sudest, di m 1,45 d’altezza x 1,00 di lar-ghezza con architrave di m 2,90 x 0,80/1,10 x 1,20; vi introduce l’andito di m 2 di lun-ghezza x 1/1,20 di larghezza, pur esso tabulato. La tholos circolare, di m 6 di diametro,alta m 7,30, mostra le pareti a file di blocchi in granito di grandi e medie dimensioni,per lo più di forma subquadrangolare; fra le pietre se ne notano tre per essere meglio la-vorate delle altre e per le eccezionali dimensioni: m 2 x 0,65; 2,40 x 0,60; 2,30 x 0,60.Dalla camera A, in simmetria col corridoio G, si diparte il corridoio F che segue, descri-vendo un’ampia curva, il profilo del nuraghe sul lato Estnordest, la cuspide Nord ed ilfianco di Nordovest. Il corridoio, alto sulla parete di A m 3,20, di sezione trapezoidale(larghezza m 2/0,20 in alto), disimpegna le cellette D-C-B-E, le quali son tutte dispostecon gli ingressi verso la cuspide Nord e si articolano in linee mosse, sinuose, di gusto“labirintico”, per attrarre nel chiuso il nemico, confonderlo, catturarlo o ucciderlo nelsegreto profondo di quegli oscuri penetrali. Le cellette sono distribuite entro il fasciamemurario in figura di triplice forcipe con senso simmetrico: E e D ai lati, C e B al centroin profondità (B interna a C). L’insieme costituiva una sorta di “camera della morte”,stretto tra la grande cella A e i corridoi F e G scavati, insieme alle celle, nel potente e so-lido masso murario con gusto di “grotta”. Le celle B-F son tutte di piano irregolare, ellit-tiche. D misura m 4 x 1,40 (ridotta alla base); C, già ogivata, ha m 5 x 3 (è provvista diuna nicchietta a sinistra, di m 1 x 0,40); B, comunicante con C per uno stretto passag-gio di m 2 di lunghezza x 0,80/0,40, misura m 4 x 3; infine in E si misurano m 2 x 1 x1,80 d’altezza, alla cupoletta leggermente schiacciata sui fianchi. Gli ingressi alle cellettesono piattabandati. Dopo aver disimpegnato la “camera della morte”, il ramo di Ovest-nordovest del corridoio F, largo m 0,80 e alto m 2,30, tabulato, incontra il corridoio F emette capo a una posterula di m 0,74 di larghezza x 1,20 d’altezza rilevabile. L’operamuraria è di granito con blocchi in parte grezzi e in parte ritoccati e tagliati in forme qua-drangolari a spigoli vivi (misure di tre blocchi contigui m 2 x 0,50 x 1; 1,90 x 0,40 x 0,80;1,20 x 0,60 x 0,50). La connessione delle strutture murarie in alcune parti è accurata, inaltre assai rudimentale.Bibliografia: G. Vacca, Posizione geografica cit., 1917, p. 13; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 181-182, 1939, p. 43, n. 2; F. Manconi, Saggio cit., 1948-49, p. 140 ss., tav. II, 6, fot. 18-22; G. Lilliu,St.S., IX, 1950, p. 433 s., tav. IV, 5-6; St.S., X-XI, 1952, p. 95; St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 128.

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diametro di m 15,80/16,10, a muri perpendicolari raggiungenti, in origine, l’altezza di7/8 metri. Ai lati dell’andito d’ingresso, che guarda a Sud (tav. CII, 4), si dipartono cir-ca a metà due corridoi curvilinei, di cui quello a sinistra è più lungo. Nella camera prin-cipale, tondeggiante, a perimetro irregolare, di m 5,60/4,30 di diametro, si irraggiano,in croce, tre cellette, una sul fondo e le altre due ai fianchi. La camera, dai muri verticalinella parte basale, in alto, quando era integra, curvava “a tholos”. Tranne il corridoio adestra, a sezione di vano triangolare (tav. CII, 3), il resto degli spazi ha pareti perpendi-colari con tetto piano gradinato (altezza m 2/1,50). Le strutture sono uguali a quelledella torre di Balestra (vedi sotto a figura 15, 4). In questo monumento, durante gliscavi effettuati dal Grosjean nell’autunno del 1957, si osservarono tre strati archeologi-ci, quello più basso – il più antico – con utensili litici, oggetti d’ornamento in pietra inbronzo e in vetro colorato, molti resti di ceramica per lo più rozza e liscia ma taluni an-che decorati con scanalature. Nello stesso strato, quasi dappertutto, si incontrarono re-sti carboniosi, ceneri e ossa calcinate. Avanzi scheletrici umani si videro, nello stratomedio, dentro la cella e nel corridoio a destra. Per il Grosjean la torre avrebbe avuto ca-rattere funerario e anche religioso, e risalirebbe a dopo il 1450 a.C.Bibliografia: R. Grosjean, “Deux monuments circulaires mégalithiques de la moyenne vallée du Taravo(Corse)”, in Gallia, Préhistoire, t. I, Paris 1958, p. 10 ss., figg. 17-44; “Torre (Ile de Corse): monumentmégalithique du bronze moyen”, in Révue archéologique, III, 1959, p. 15, 37 s.; “Rapports” cit., pp. 298,301; Filitosa et les monuments protohistoriques de la vallée du Taravo, Collection: Promenades archéologi-ques I, 1960, p. 28; E. Contu, “I più antichi nuraghi” cit., 1959, p. 111; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., p.72; R. Grosjean, “Filitosa et son contexte archéologique”, in Fondation Eugène Piot, Monuments et Mé-moires publiés par l’Académie des Inscriptions et Belles Lettres, t. 52, fasc. 1, 1961, pp. 52, 93-94.

Figura 15, 3; nuraghe SA CÒA FILIGÒSA-Bolòtana (Nùoro); cartina B, 19.Sorge in località Funtanàssida, su una propaggine tondeggiante, a quota di m 979 e domi-na sul riu Mularza Noa. A 200 metri ad Ovest, a mezza costa, sgorga una sorgente d’ac-qua. Il nuraghe presenta unica torre, di piano irregolarmente circolare, del diametro di m11 escluso lo zoccolo di m 2,80/3,40 di spessore; nel complesso ha m 17,40 di diametro.Il vano d’ingresso, a Sudsudest, si apre sulla fronte del rifascio murario; un secondo ingres-so è costituito dalla porta sul prospetto del cono interno, con architrave di m 1,20 x 0,45x 0,50, ben lavorato con spiraglio di scarico. Il corridoio retrostante, strombato verso la ca-mera, lungo m 3 circa, mostra a destra la garetta di guardia semiellittica (m 1 x 1,80 diprofondità) e a sinistra la scala che si segue per un giro di poco più di due metri con lar-ghezza di m 0,80/1,00. La camera eccentrica, rotonda del diametro al piano attuale di m4,80, presenta due nicchioni laterali, simmetrici, di pianta a segmento di cerchio, di m1,20 di larghezza x 1 di profondità x 1,60 d’altezza visibile. La sezione dell’andito, elevan-tesi progressivamente da m 2,20 a 3,20 sull’interrimento, è angolare; quella della camera aogiva acuta, con altezza di m 5 al piano di colmaticcio, è di 8 almeno in origine. La torreall’esterno è conservata per l’altezza residua di m 5 e consta di blocchi di basalto abbastan-za regolari; curata e ben disposta su filari regolari è anche la struttura interna ad anelli re-golari senza zeppe e riscagliature. Le dimensioni dei blocchi del paramento esterno sono dim 1 x 0,45; 0,95 x 0,60; 0,80 x 0,36; 0,90 x 0,37. L’opera del rifascio, di m 1,50 d’altezzaresidua apparente nei tratti non distrutti, è della medesima tecnica di quella della torre.

Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, f. 193, 1940, p. 57, n. 12; V. Tetti, Saggio cit., 1956-57, p.25 (II), tav. n. 73; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 162, nota 82, p. 161, fig. 89, 2, p. 168 s., fig. 41, 5.

Fig. 15: planimetrie comparative di nuraghi (1, 3, 5) e di “torri” della Corsica(2, 4, 6)1. Muràrtu-Silànus; 2. Foce-Argiusta-Moriccio; 3. Sa Còa Filigòsa-Bolòtana; 4.Balestra-Moca Croce; 5. Tùsari-Bortigali; 6. Torre-Portovecchio.

Figura 15, 1: nuraghe MURÀRTU-Silànus (Nùoro); v. anche figura 1, 23.Planimetria del nuraghe. Si veda la scheda descrittiva della figura 1, 23.

Figura 15, 2: torre di FOCE-Argiusta-Moriccio (Petreto), in Corsica; tav. CII, 3-4.Si erge in località Punta di Foce (Pointe de Foce) nella media valle del Taravo. Il monu-mento, detto anche Castellaraccia (tristo castello), sta sulla punta Ovest d’uno speronegranitico, a m 424 di quota. A poco più d’un km di distanza, a Sudovest, si osservanotracce di capanne d’un villaggio coevo alla torre. L’edifizio è circolare esternamente, del

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diametro di m 15,80/16,10, a muri perpendicolari raggiungenti, in origine, l’altezza di7/8 metri. Ai lati dell’andito d’ingresso, che guarda a Sud (tav. CII, 4), si dipartono cir-ca a metà due corridoi curvilinei, di cui quello a sinistra è più lungo. Nella camera prin-cipale, tondeggiante, a perimetro irregolare, di m 5,60/4,30 di diametro, si irraggiano,in croce, tre cellette, una sul fondo e le altre due ai fianchi. La camera, dai muri verticalinella parte basale, in alto, quando era integra, curvava “a tholos”. Tranne il corridoio adestra, a sezione di vano triangolare (tav. CII, 3), il resto degli spazi ha pareti perpendi-colari con tetto piano gradinato (altezza m 2/1,50). Le strutture sono uguali a quelledella torre di Balestra (vedi sotto a figura 15, 4). In questo monumento, durante gliscavi effettuati dal Grosjean nell’autunno del 1957, si osservarono tre strati archeologi-ci, quello più basso – il più antico – con utensili litici, oggetti d’ornamento in pietra inbronzo e in vetro colorato, molti resti di ceramica per lo più rozza e liscia ma taluni an-che decorati con scanalature. Nello stesso strato, quasi dappertutto, si incontrarono re-sti carboniosi, ceneri e ossa calcinate. Avanzi scheletrici umani si videro, nello stratomedio, dentro la cella e nel corridoio a destra. Per il Grosjean la torre avrebbe avuto ca-rattere funerario e anche religioso, e risalirebbe a dopo il 1450 a.C.Bibliografia: R. Grosjean, “Deux monuments circulaires mégalithiques de la moyenne vallée du Taravo(Corse)”, in Gallia, Préhistoire, t. I, Paris 1958, p. 10 ss., figg. 17-44; “Torre (Ile de Corse): monumentmégalithique du bronze moyen”, in Révue archéologique, III, 1959, p. 15, 37 s.; “Rapports” cit., pp. 298,301; Filitosa et les monuments protohistoriques de la vallée du Taravo, Collection: Promenades archéologi-ques I, 1960, p. 28; E. Contu, “I più antichi nuraghi” cit., 1959, p. 111; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., p.72; R. Grosjean, “Filitosa et son contexte archéologique”, in Fondation Eugène Piot, Monuments et Mé-moires publiés par l’Académie des Inscriptions et Belles Lettres, t. 52, fasc. 1, 1961, pp. 52, 93-94.

Figura 15, 3; nuraghe SA CÒA FILIGÒSA-Bolòtana (Nùoro); cartina B, 19.Sorge in località Funtanàssida, su una propaggine tondeggiante, a quota di m 979 e domi-na sul riu Mularza Noa. A 200 metri ad Ovest, a mezza costa, sgorga una sorgente d’ac-qua. Il nuraghe presenta unica torre, di piano irregolarmente circolare, del diametro di m11 escluso lo zoccolo di m 2,80/3,40 di spessore; nel complesso ha m 17,40 di diametro.Il vano d’ingresso, a Sudsudest, si apre sulla fronte del rifascio murario; un secondo ingres-so è costituito dalla porta sul prospetto del cono interno, con architrave di m 1,20 x 0,45x 0,50, ben lavorato con spiraglio di scarico. Il corridoio retrostante, strombato verso la ca-mera, lungo m 3 circa, mostra a destra la garetta di guardia semiellittica (m 1 x 1,80 diprofondità) e a sinistra la scala che si segue per un giro di poco più di due metri con lar-ghezza di m 0,80/1,00. La camera eccentrica, rotonda del diametro al piano attuale di m4,80, presenta due nicchioni laterali, simmetrici, di pianta a segmento di cerchio, di m1,20 di larghezza x 1 di profondità x 1,60 d’altezza visibile. La sezione dell’andito, elevan-tesi progressivamente da m 2,20 a 3,20 sull’interrimento, è angolare; quella della camera aogiva acuta, con altezza di m 5 al piano di colmaticcio, è di 8 almeno in origine. La torreall’esterno è conservata per l’altezza residua di m 5 e consta di blocchi di basalto abbastan-za regolari; curata e ben disposta su filari regolari è anche la struttura interna ad anelli re-golari senza zeppe e riscagliature. Le dimensioni dei blocchi del paramento esterno sono dim 1 x 0,45; 0,95 x 0,60; 0,80 x 0,36; 0,90 x 0,37. L’opera del rifascio, di m 1,50 d’altezzaresidua apparente nei tratti non distrutti, è della medesima tecnica di quella della torre.

Bibliografia: A. Taramelli, Carta archeologica, f. 193, 1940, p. 57, n. 12; V. Tetti, Saggio cit., 1956-57, p.25 (II), tav. n. 73; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 162, nota 82, p. 161, fig. 89, 2, p. 168 s., fig. 41, 5.

Fig. 15: planimetrie comparative di nuraghi (1, 3, 5) e di “torri” della Corsica(2, 4, 6)1. Muràrtu-Silànus; 2. Foce-Argiusta-Moriccio; 3. Sa Còa Filigòsa-Bolòtana; 4.Balestra-Moca Croce; 5. Tùsari-Bortigali; 6. Torre-Portovecchio.

Figura 15, 1: nuraghe MURÀRTU-Silànus (Nùoro); v. anche figura 1, 23.Planimetria del nuraghe. Si veda la scheda descrittiva della figura 1, 23.

Figura 15, 2: torre di FOCE-Argiusta-Moriccio (Petreto), in Corsica; tav. CII, 3-4.Si erge in località Punta di Foce (Pointe de Foce) nella media valle del Taravo. Il monu-mento, detto anche Castellaraccia (tristo castello), sta sulla punta Ovest d’uno speronegranitico, a m 424 di quota. A poco più d’un km di distanza, a Sudovest, si osservanotracce di capanne d’un villaggio coevo alla torre. L’edifizio è circolare esternamente, del

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(m 0,20 x 0,30) che, traversando lo spessore della muraglia per m 1,50, prende luce dal-l’esterno e illumina fiocamente l’interno. I corridoi, larghi da m 0,50 a 1, sono di sezio-ne rettangolare con le spalle leggermente inclinate in dentro dal basso in alto, a filari dipietre tagliate a mazza in fogge subquadrate, poliedriche e tondeggianti, sporgenti l’unasull’altra. La copertura, chiusa a m 1,60/2,50, sia negli anditi sia nella cella è costituitada lastroni orizzontali affiancati sullo stesso piano orizzontale. La “torre” si conserva al-l’esterno per l’altezza di m 3,70. Nella parte costruita il muro cade inclinato di 10°, colparamento formato da pietre subquadrate e poligonali disposte in corsi abbastanza rego-lari, livellati e riempiti nei vuoti fra i blocchi da piccolo scheggiame. La parete, che nasceda una risega di base di un filare, gira con bell’effetto, contrastando con la rude fisiono-mia della parte che si appoggia alla roccia. Specialmente curato, nel taglio della portacon stipiti a elementi scelti e ben sbozzati con architrave spianato, è l’ingresso. Rispettoalle strutture delle “torri” di Foce e Balestra (vedi), queste di Torre sono molto più evo-lute e, meglio di quelle, si avvicinano, anche per le proporzioni delle pietre di grandi emedie dimensioni, al tipo di apparecchi del nuraghe sardo. Ed invero un nuraghe, deltipo a corridoio, potrebbe definirsi questo interessante monumento di Portovecchio.Del tipo particolare ripete le basse e larghe dimensioni che non ammettono, se non ec-cezionalmente, un secondo piano (ma per lo più un terrazzo), l’interno a vani tabulari,l’adattamento a balze rocciose con cui si confondono, in parte risparmiate nel lembo na-turale, le murature a filari. E del nuraghe a corridoio l’edifizio mantiene pure la specificadestinazione: quella di luogo di rifugio e difesa temporanea in azioni di guerriglia (loconferma il finestrino in fondo al corridoio principale, spioncino di luce e feritoia insie-me). Il monumento è stato scavato dal Grosjean nel 1957. Tutti i vani restituirono ele-menti archeologici, i quali, se si fa eccezione di una moneta romana di Costanzo II(323-361 d.C.), si riferiscono ad un unico strato antico. Si sono raccolti oggetti litici(schegge d’ossidiana e di quarzo ialino, ciottoli arrotondati forse proiettili), un pugnaleed elementi d’ornamento in bronzo, una conchiglia forata per collana, un grumo diocra rossa. Prevalevano, però, le ceramiche, per lo più lisce con alcuni esempi anche asuperficie scanalata, in forme di ciotole, tegami etc. con orli sporti dritti in fuori e conprofilo di parete sinuoso (tipi divulgati nei tempi della prima civiltà del ferro e restituitipure dai nuraghi sardi “a tholos” e “a corridoio”). Insieme con gli oggetti si raccolseroossa d’animali, specie di bue, talune con tracce di combustione estesa anche ad alcunelastre del pavimento, che si possono attribuire a pasti. Un solo osso umano (di adole-scente o di donna) che subì l’azione del fuoco, è portato dal Grosjean come prova per ri-tenere il monumento una tomba. Ma la deposizione può essere tardiva, forse pure ditempi romani come indicherebbe la moneta citata. Il Grosjean pensa pure a un edifizioa cremazione, che sarebbe stato nello stesso tempo un “luogo alto” per il culto dei morti.Ho accennato sopra ad un’altra ipotesi destinativa: che cioè la costruzione avesse servitoda difesa. Difendeva un piccolo villaggio di capanne situato nelle vicinanze, 30 metri aldisotto al Nord e al Sud della “torre”, alla base della balza granitica. Ne segnano la po-stura e l’estensione frammenti di ceramica, liscia e decorata, dei tipi raccolti dentro ilmonumento. Vorrei far discendere la datazione dell’edifizio dal 1400-1200, quale pro-pone il Grosjean, ai tempi inoltrati della prima civiltà del ferro.Bibliografia: R. Grosjean, “Torre” cit., 1959, p. 15 ss., figg. 3-16; E. Contu, “I più antichi nuraghi”cit., 1959, p. 111; R. Grosjean, Filitosa cit., 1960, p. 7, fig. 1; “Rapports” cit., 1960, p. 298; G. Lilliu,“Primi scavi” cit., 1960, p. 72; R. Grosjean, “Filitosa et son contexte” cit., 1961, pp. 53, 57.

Figura 15, 4: torre di BALESTRA-Moca Croce (Corsica).Sorge in località Punta della Balestra (Pointe de la Balestra), nella media valle del Taravo.Sta su una collina granitica, alta m 501. Di figura planimetrica circolare, piuttosto irre-golare, la torre è circondata da un contrafforte anulare di m 0,50/0,80 d’altezza, conmuri esterni verticali dell’altezza originaria presunta di m 5/6. Il diametro della torre è dim 15 compreso il fasciamento concentrico di m 3,30/2,90 di spessore. Il lungo andito conl’ingresso volto a Sudest introduce nella camera rotonda, del diametro di m 5,30/5,00, co-perta all’origine con falsa volta, ora mancante. A sinistra e a destra, nel vano maggiore, sipresenta una nicchia con muro di fondo curveggiante, col soffitto costituito da lastrepiane, alta, quella a destra, m 1,95. Davanti all’ingresso sta un monolite di m 2,52, sup-posto o un menhir oppure una pietra di chiusura del corridoio. Le strutture murarie,fuori e dentro, constano di pietre rozzamente lavorate, di medie e piccole dimensioni,unite con argilla e disposte in modo irregolare. Nei vani il Grosjean, che ha scavato ilmonumento nell’autunno del 1957, ha riconosciuto tre strati archeologici. L’inferiore,più antico e originario, ha restituito oggetti di pietra e ceramiche grossolane. Il Grosjeanpropende a ritenere il monumento di carattere funerario, destinato ad accogliere i restidi cadaveri cremati. Non esclude, però, anche l’ipotesi d’un luogo religioso dove si bru-ciavano offerte e dove si accendevano fuochi rituali. L’età della torre sarebbe quella delBronzo medio, dopo il 1450 a.C.Bibliografia: R. Grosjean, “Deux monuments” cit., 1958, p. 1 ss., figg. 1-16; “Torre” cit., 1959, pp. 15, 37s.; “Rapports” cit., 1960, p. 298; Filitosa cit., 1960, p. 28; E. Contu, “I più antichi nuraghi” cit., 1959, p.111; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 72; R. Grosjean, “Filitosa et son contexte” cit., 1961, pp. 52, 94.

Figura 15, 5: nuraghe TÙSARI-Bortigali (Nùoro); v. anche figure 2, 8 e 12, 4.Planimetria del nuraghe. Si veda la scheda descrittiva della figura 2, 8.

Figura 15, 6: monumento di TORRE-Portovecchio (Corsica); tav. CII, 1-2.A 60 metri di quota, su uno sperone di roccia granitica, domina tutto il piano che sistende dal monte dell’Ospedale fino al golfo di Portovecchio; al piede gli passa la stradada Bonifacio a Bastia. L’edifizio, denominato dal suo aspetto esterno che rassomiglia auna torre, è di figura semicircolare, con l’arco da Sudest a Ovest tutto costruito in mura-tura di grossi blocchi (tav. CII, 1-2) e con la lunga fronte da Ovest a Sudest risparmiatanella parete naturale rocciosa a strapiombo. La sua forma dipende anche, e soprattutto,dall’adattamento alla falda granitica che si estende da Nordest a Sudovest; lo schema al-lungato dell’esterno ha forse pure determinato la scelta del tipo del vano, che è “a corri-doio”. La “torre” misura m 12 sul lato a fil di rupe x 6,30 di larghezza alla mezzeria.L’ingresso al monumento, volto a Nordnordest, è costituito da una porta, a sezione ret-tangolare con architrave, di m 1,50 d’altezza x 0,90 di larghezza (tav. CII, 2). Dietro laporta, un andito di m 2 circa di lunghezza, rastremato verso l’interno (da m 0,90 a0,60) mette in uno spazio da cui si dipartono, fra di loro paralleli (e paralleli pure aifianchi esterni della costruzione), due corridoi: uno più corto a destra, di m 2 di profon-dità, e l’altro (il principale), più lungo (m 4,60) a sinistra. In quest’ultimo corridoio,nella parete destra per chi entra, a m 2,60 dalla biforcazione, si apre l’imbocco architra-vato (altezza m 2) d’una nicchia di piano rettangolare, larga m 0,70/0,90 e profonda 1,40.Sul suo muro di fondo, a destra, a m 1,50 dal suolo, si apre un finestrino rettangolare

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(m 0,20 x 0,30) che, traversando lo spessore della muraglia per m 1,50, prende luce dal-l’esterno e illumina fiocamente l’interno. I corridoi, larghi da m 0,50 a 1, sono di sezio-ne rettangolare con le spalle leggermente inclinate in dentro dal basso in alto, a filari dipietre tagliate a mazza in fogge subquadrate, poliedriche e tondeggianti, sporgenti l’unasull’altra. La copertura, chiusa a m 1,60/2,50, sia negli anditi sia nella cella è costituitada lastroni orizzontali affiancati sullo stesso piano orizzontale. La “torre” si conserva al-l’esterno per l’altezza di m 3,70. Nella parte costruita il muro cade inclinato di 10°, colparamento formato da pietre subquadrate e poligonali disposte in corsi abbastanza rego-lari, livellati e riempiti nei vuoti fra i blocchi da piccolo scheggiame. La parete, che nasceda una risega di base di un filare, gira con bell’effetto, contrastando con la rude fisiono-mia della parte che si appoggia alla roccia. Specialmente curato, nel taglio della portacon stipiti a elementi scelti e ben sbozzati con architrave spianato, è l’ingresso. Rispettoalle strutture delle “torri” di Foce e Balestra (vedi), queste di Torre sono molto più evo-lute e, meglio di quelle, si avvicinano, anche per le proporzioni delle pietre di grandi emedie dimensioni, al tipo di apparecchi del nuraghe sardo. Ed invero un nuraghe, deltipo a corridoio, potrebbe definirsi questo interessante monumento di Portovecchio.Del tipo particolare ripete le basse e larghe dimensioni che non ammettono, se non ec-cezionalmente, un secondo piano (ma per lo più un terrazzo), l’interno a vani tabulari,l’adattamento a balze rocciose con cui si confondono, in parte risparmiate nel lembo na-turale, le murature a filari. E del nuraghe a corridoio l’edifizio mantiene pure la specificadestinazione: quella di luogo di rifugio e difesa temporanea in azioni di guerriglia (loconferma il finestrino in fondo al corridoio principale, spioncino di luce e feritoia insie-me). Il monumento è stato scavato dal Grosjean nel 1957. Tutti i vani restituirono ele-menti archeologici, i quali, se si fa eccezione di una moneta romana di Costanzo II(323-361 d.C.), si riferiscono ad un unico strato antico. Si sono raccolti oggetti litici(schegge d’ossidiana e di quarzo ialino, ciottoli arrotondati forse proiettili), un pugnaleed elementi d’ornamento in bronzo, una conchiglia forata per collana, un grumo diocra rossa. Prevalevano, però, le ceramiche, per lo più lisce con alcuni esempi anche asuperficie scanalata, in forme di ciotole, tegami etc. con orli sporti dritti in fuori e conprofilo di parete sinuoso (tipi divulgati nei tempi della prima civiltà del ferro e restituitipure dai nuraghi sardi “a tholos” e “a corridoio”). Insieme con gli oggetti si raccolseroossa d’animali, specie di bue, talune con tracce di combustione estesa anche ad alcunelastre del pavimento, che si possono attribuire a pasti. Un solo osso umano (di adole-scente o di donna) che subì l’azione del fuoco, è portato dal Grosjean come prova per ri-tenere il monumento una tomba. Ma la deposizione può essere tardiva, forse pure ditempi romani come indicherebbe la moneta citata. Il Grosjean pensa pure a un edifizioa cremazione, che sarebbe stato nello stesso tempo un “luogo alto” per il culto dei morti.Ho accennato sopra ad un’altra ipotesi destinativa: che cioè la costruzione avesse servitoda difesa. Difendeva un piccolo villaggio di capanne situato nelle vicinanze, 30 metri aldisotto al Nord e al Sud della “torre”, alla base della balza granitica. Ne segnano la po-stura e l’estensione frammenti di ceramica, liscia e decorata, dei tipi raccolti dentro ilmonumento. Vorrei far discendere la datazione dell’edifizio dal 1400-1200, quale pro-pone il Grosjean, ai tempi inoltrati della prima civiltà del ferro.Bibliografia: R. Grosjean, “Torre” cit., 1959, p. 15 ss., figg. 3-16; E. Contu, “I più antichi nuraghi”cit., 1959, p. 111; R. Grosjean, Filitosa cit., 1960, p. 7, fig. 1; “Rapports” cit., 1960, p. 298; G. Lilliu,“Primi scavi” cit., 1960, p. 72; R. Grosjean, “Filitosa et son contexte” cit., 1961, pp. 53, 57.

Figura 15, 4: torre di BALESTRA-Moca Croce (Corsica).Sorge in località Punta della Balestra (Pointe de la Balestra), nella media valle del Taravo.Sta su una collina granitica, alta m 501. Di figura planimetrica circolare, piuttosto irre-golare, la torre è circondata da un contrafforte anulare di m 0,50/0,80 d’altezza, conmuri esterni verticali dell’altezza originaria presunta di m 5/6. Il diametro della torre è dim 15 compreso il fasciamento concentrico di m 3,30/2,90 di spessore. Il lungo andito conl’ingresso volto a Sudest introduce nella camera rotonda, del diametro di m 5,30/5,00, co-perta all’origine con falsa volta, ora mancante. A sinistra e a destra, nel vano maggiore, sipresenta una nicchia con muro di fondo curveggiante, col soffitto costituito da lastrepiane, alta, quella a destra, m 1,95. Davanti all’ingresso sta un monolite di m 2,52, sup-posto o un menhir oppure una pietra di chiusura del corridoio. Le strutture murarie,fuori e dentro, constano di pietre rozzamente lavorate, di medie e piccole dimensioni,unite con argilla e disposte in modo irregolare. Nei vani il Grosjean, che ha scavato ilmonumento nell’autunno del 1957, ha riconosciuto tre strati archeologici. L’inferiore,più antico e originario, ha restituito oggetti di pietra e ceramiche grossolane. Il Grosjeanpropende a ritenere il monumento di carattere funerario, destinato ad accogliere i restidi cadaveri cremati. Non esclude, però, anche l’ipotesi d’un luogo religioso dove si bru-ciavano offerte e dove si accendevano fuochi rituali. L’età della torre sarebbe quella delBronzo medio, dopo il 1450 a.C.Bibliografia: R. Grosjean, “Deux monuments” cit., 1958, p. 1 ss., figg. 1-16; “Torre” cit., 1959, pp. 15, 37s.; “Rapports” cit., 1960, p. 298; Filitosa cit., 1960, p. 28; E. Contu, “I più antichi nuraghi” cit., 1959, p.111; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 72; R. Grosjean, “Filitosa et son contexte” cit., 1961, pp. 52, 94.

Figura 15, 5: nuraghe TÙSARI-Bortigali (Nùoro); v. anche figure 2, 8 e 12, 4.Planimetria del nuraghe. Si veda la scheda descrittiva della figura 2, 8.

Figura 15, 6: monumento di TORRE-Portovecchio (Corsica); tav. CII, 1-2.A 60 metri di quota, su uno sperone di roccia granitica, domina tutto il piano che sistende dal monte dell’Ospedale fino al golfo di Portovecchio; al piede gli passa la stradada Bonifacio a Bastia. L’edifizio, denominato dal suo aspetto esterno che rassomiglia auna torre, è di figura semicircolare, con l’arco da Sudest a Ovest tutto costruito in mura-tura di grossi blocchi (tav. CII, 1-2) e con la lunga fronte da Ovest a Sudest risparmiatanella parete naturale rocciosa a strapiombo. La sua forma dipende anche, e soprattutto,dall’adattamento alla falda granitica che si estende da Nordest a Sudovest; lo schema al-lungato dell’esterno ha forse pure determinato la scelta del tipo del vano, che è “a corri-doio”. La “torre” misura m 12 sul lato a fil di rupe x 6,30 di larghezza alla mezzeria.L’ingresso al monumento, volto a Nordnordest, è costituito da una porta, a sezione ret-tangolare con architrave, di m 1,50 d’altezza x 0,90 di larghezza (tav. CII, 2). Dietro laporta, un andito di m 2 circa di lunghezza, rastremato verso l’interno (da m 0,90 a0,60) mette in uno spazio da cui si dipartono, fra di loro paralleli (e paralleli pure aifianchi esterni della costruzione), due corridoi: uno più corto a destra, di m 2 di profon-dità, e l’altro (il principale), più lungo (m 4,60) a sinistra. In quest’ultimo corridoio,nella parete destra per chi entra, a m 2,60 dalla biforcazione, si apre l’imbocco architra-vato (altezza m 2) d’una nicchia di piano rettangolare, larga m 0,70/0,90 e profonda 1,40.Sul suo muro di fondo, a destra, a m 1,50 dal suolo, si apre un finestrino rettangolare

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Figura 16, 2: talaiot di ES MESTAL-San Cristobal (Mercadal-Minorca).Il talaiot è di tipo molto semplice, circolare con diametro esterno di m 14, con ingressoa Ovest. Un andito a solaio piano di m 4 di lunghezza x 1/0,80 di larghezza, introducealla camera rotonda di m 6 di diametro. L’assenza di pilastro al centro della camera fapensare che il vano fosse coperto con pseudo-cupola. Si noti la perfetta concentricitàdella camera rispetto al perimetro della torre, la regolarità dello spessore murario (sui 4metri), l’elementarità delle linee.Bibliografia: J. Hernàndez Mora, “Menorca prehistòrica”, in Revista de Menorca, XLIV, 6a epoca, Mahòn1948, p. 271, fig. 29; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 61, fig. 82, 1 e p. 71 nota 173.

Figura 16, 3: nuraghe FUNTANA SPIDU-Orròli (Nùoro); cartina B, 89.Sta alla quota di m 549, in terreno pianeggiante atto a coltivi. È un nuraghe monotorre,circolare del diametro esterno di m 12, con ingresso a Sudsudest. La porta è di luce tra-pezoidale (m 1,09/1 di larghezza x 1,85 d’altezza), architravata con pietra di m 2,15 x0,57 x 0,84. Il breve corridoio d’ingresso, di m 1,80 di lunghezza, introduce nella came-ra di pianta ellittica (m 7 x 8,50), con due nicchie laterali, semicircolari (m 1,96 x 1,20di profondità la sinistra, m 1,86 x 1,20 la destra), le quali, sul fianco verso Sud, si artico-lano in due nicchiette, a mo’ di alcova o sedi per lettucci (m 0,57 di larghezza x 1,88 diprofondità x 0,99 d’altezza la sinistra e m 0,46 x 1 x 1,07 la destra). La torre svettata siconserva per l’altezza di m 4 con 7 filari a Sudovest. La camera, a sezione ogivale troncaper crollo, mostra una parete di m 2 d’altezza residua con 4 filari. Le nicchie, a taglio ag-gettante, misurano m 2,07 (la sinistra) e 1,70 (la destra) d’elevazione.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XII, 1843, p. 773; Spano, Memoria, 1854, p. 17 nota 2; Me-moria, 1867, p. 23; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., II, 1892, p. 19; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p.149; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 131; E. Contu, Saggio cit., 1947-48, p. 45 s., tav. I, 5.

Figura 16, 4: talaiot di TORRE NOVA D’EN LOZANO-Ciudadela (Minorca).Il talaiot rientra nella serie delle torri circolari, col diametro esterno di m 12, con in-gresso a Ovest; lo spessore del muro varia da m 3,60 a 2,40 (dalla parte dell’ingresso).L’andito retrostante alla porta, tabulato, lungo m 2,80 e largo 0,80/1,00, mette nellacamera che ha la forma irregolare: disegna cioè un mezzo cerchio più ampio sul davan-ti (diametro m 6,40) a cui si oppone sul fondo un segmento di cerchio minore (diame-tro m 4,20), fungente da nicchione. Sulla parete a sinistra di chi entra nel vano, il pro-filo murario si interrompe alla base per far luogo ad una nicchietta – un ripostiglio – difigura tondeggiante (m 1 all’imbocco e m 1,60 nell’interno). Manca il pilastro al cen-tro della camera, ciò che farebbe supporre l’esistenza originaria d’una copertura a calot-ta schiacciata ed allungata in direzione dei due archi di cerchio contrapposti.Bibliografia: J. Hernàndez Mora, “Menorca” cit., 1948, p. 271, fig. 30; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960,p. 61, fig. 82, 2, p. 71, nota 173.

Figura 16, 5: nuraghe CASTEDDU JONI-Ussàssai (Nùoro); cartina B, 75.Sta su un ripido colle calcare, che fa parte dell’Arquerì, alto su un’ampia distesa di “tac-chi”, e dominante per vasto orizzonte. È un nuraghe monotorre di piano ellittico (m 10x 8,70), con ingresso a Sud, largo m 1,20, architravato. Il corridoio retrostante, largo inmedia 1 metro e lungo m 3,60, senza spazi sussidiari, mette nella camera. Quest’ultima,

Fig. 16: planimetrie comparative di nuraghi (1, 3, 6) e di talaiots delle Balea-ri (2, 4, 7)1. Mannu-Senis; 2. Es Mestal-San Cristobal; 3. Funtana Spidu-Orròli; 4. TorreNova d’en Lozano-Ciudadela; 5. Casteddu Joni-Ussàssai; 6. Torre Vella d’en Lo-zano-Ciudadela.

Figura 16, 1: nuraghe MANNU-Senis (Cagliari); cartina B, 69.Sta a quota di 303 metri, su di un mammellone al margine Sud del monte S. Vittoria.È un nuraghe monotorre, circolare della circonferenza di m 40, con diametro allasommità svettata di m 10 e con spessore murario di m 3,50. Mostra l’ingresso a Sud,di m 0,40 x 0,90 d’altezza visibile sull’ostruzione. Dietro la porta, l’andito di m 3 cir-ca di lunghezza porta nella camera di m 6 circa di diametro, senza spazi sussidiari perquanto vedesi. La torre si conserva per l’altezza massima di m 8,50. La sezione delcorridoio d’ingresso è angolare, della camera ogivale. Opera subquadrata di calcare abella stratificazione orizzontale. Nel terreno circostante al nuraghe si osservano resti distoviglie d’impasto di età nuragica.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XIX, 1849, p. 854 (l’Angius, nel 1832, dà un’altezza di tor-re di m 9); P. Cugia, Nuovo itinerario cit., II, 1892, p. 224; G. Vacca, Posizione geografica cit., 1917, p.21; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 170; M. Figus, Saggio cit., 1944-45, p. 39 s., tav. n. 20.

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Figura 16, 2: talaiot di ES MESTAL-San Cristobal (Mercadal-Minorca).Il talaiot è di tipo molto semplice, circolare con diametro esterno di m 14, con ingressoa Ovest. Un andito a solaio piano di m 4 di lunghezza x 1/0,80 di larghezza, introducealla camera rotonda di m 6 di diametro. L’assenza di pilastro al centro della camera fapensare che il vano fosse coperto con pseudo-cupola. Si noti la perfetta concentricitàdella camera rispetto al perimetro della torre, la regolarità dello spessore murario (sui 4metri), l’elementarità delle linee.Bibliografia: J. Hernàndez Mora, “Menorca prehistòrica”, in Revista de Menorca, XLIV, 6a epoca, Mahòn1948, p. 271, fig. 29; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 61, fig. 82, 1 e p. 71 nota 173.

Figura 16, 3: nuraghe FUNTANA SPIDU-Orròli (Nùoro); cartina B, 89.Sta alla quota di m 549, in terreno pianeggiante atto a coltivi. È un nuraghe monotorre,circolare del diametro esterno di m 12, con ingresso a Sudsudest. La porta è di luce tra-pezoidale (m 1,09/1 di larghezza x 1,85 d’altezza), architravata con pietra di m 2,15 x0,57 x 0,84. Il breve corridoio d’ingresso, di m 1,80 di lunghezza, introduce nella came-ra di pianta ellittica (m 7 x 8,50), con due nicchie laterali, semicircolari (m 1,96 x 1,20di profondità la sinistra, m 1,86 x 1,20 la destra), le quali, sul fianco verso Sud, si artico-lano in due nicchiette, a mo’ di alcova o sedi per lettucci (m 0,57 di larghezza x 1,88 diprofondità x 0,99 d’altezza la sinistra e m 0,46 x 1 x 1,07 la destra). La torre svettata siconserva per l’altezza di m 4 con 7 filari a Sudovest. La camera, a sezione ogivale troncaper crollo, mostra una parete di m 2 d’altezza residua con 4 filari. Le nicchie, a taglio ag-gettante, misurano m 2,07 (la sinistra) e 1,70 (la destra) d’elevazione.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XII, 1843, p. 773; Spano, Memoria, 1854, p. 17 nota 2; Me-moria, 1867, p. 23; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., II, 1892, p. 19; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p.149; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 131; E. Contu, Saggio cit., 1947-48, p. 45 s., tav. I, 5.

Figura 16, 4: talaiot di TORRE NOVA D’EN LOZANO-Ciudadela (Minorca).Il talaiot rientra nella serie delle torri circolari, col diametro esterno di m 12, con in-gresso a Ovest; lo spessore del muro varia da m 3,60 a 2,40 (dalla parte dell’ingresso).L’andito retrostante alla porta, tabulato, lungo m 2,80 e largo 0,80/1,00, mette nellacamera che ha la forma irregolare: disegna cioè un mezzo cerchio più ampio sul davan-ti (diametro m 6,40) a cui si oppone sul fondo un segmento di cerchio minore (diame-tro m 4,20), fungente da nicchione. Sulla parete a sinistra di chi entra nel vano, il pro-filo murario si interrompe alla base per far luogo ad una nicchietta – un ripostiglio – difigura tondeggiante (m 1 all’imbocco e m 1,60 nell’interno). Manca il pilastro al cen-tro della camera, ciò che farebbe supporre l’esistenza originaria d’una copertura a calot-ta schiacciata ed allungata in direzione dei due archi di cerchio contrapposti.Bibliografia: J. Hernàndez Mora, “Menorca” cit., 1948, p. 271, fig. 30; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960,p. 61, fig. 82, 2, p. 71, nota 173.

Figura 16, 5: nuraghe CASTEDDU JONI-Ussàssai (Nùoro); cartina B, 75.Sta su un ripido colle calcare, che fa parte dell’Arquerì, alto su un’ampia distesa di “tac-chi”, e dominante per vasto orizzonte. È un nuraghe monotorre di piano ellittico (m 10x 8,70), con ingresso a Sud, largo m 1,20, architravato. Il corridoio retrostante, largo inmedia 1 metro e lungo m 3,60, senza spazi sussidiari, mette nella camera. Quest’ultima,

Fig. 16: planimetrie comparative di nuraghi (1, 3, 6) e di talaiots delle Balea-ri (2, 4, 7)1. Mannu-Senis; 2. Es Mestal-San Cristobal; 3. Funtana Spidu-Orròli; 4. TorreNova d’en Lozano-Ciudadela; 5. Casteddu Joni-Ussàssai; 6. Torre Vella d’en Lo-zano-Ciudadela.

Figura 16, 1: nuraghe MANNU-Senis (Cagliari); cartina B, 69.Sta a quota di 303 metri, su di un mammellone al margine Sud del monte S. Vittoria.È un nuraghe monotorre, circolare della circonferenza di m 40, con diametro allasommità svettata di m 10 e con spessore murario di m 3,50. Mostra l’ingresso a Sud,di m 0,40 x 0,90 d’altezza visibile sull’ostruzione. Dietro la porta, l’andito di m 3 cir-ca di lunghezza porta nella camera di m 6 circa di diametro, senza spazi sussidiari perquanto vedesi. La torre si conserva per l’altezza massima di m 8,50. La sezione delcorridoio d’ingresso è angolare, della camera ogivale. Opera subquadrata di calcare abella stratificazione orizzontale. Nel terreno circostante al nuraghe si osservano resti distoviglie d’impasto di età nuragica.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XIX, 1849, p. 854 (l’Angius, nel 1832, dà un’altezza di tor-re di m 9); P. Cugia, Nuovo itinerario cit., II, 1892, p. 224; G. Vacca, Posizione geografica cit., 1917, p.21; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 170; M. Figus, Saggio cit., 1944-45, p. 39 s., tav. n. 20.

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Fig. 17: planimetrie comparative di nuraghi (1, 3, 5) e talaiots delle Baleari (2, 4, 6)1. Koròngiu e Maria-Nurri; 2. Ses Païsses-Artà; 3. Cùnculu-Scanu Montiferru; 4.Rafal Roig-Mercadal; 5. Àidu Arbu-Bortigali; 6. Santa Monica-San Cristòbal.

Figura 17, 1: nuraghe KORÒNGIU E MARIA-Nurri (Nùoro); cartina B, 82.Sta a quota di m 528, sull’orlo d’una rupe basaltica. È del tipo monotorre, circolare al-l’esterno, con diametro di m 15. L’interno, sulla linea diametrale, è attraversato da uncorridoio facente capo a due ingressi, agli estremi opposti; sul profilo del corridoio si af-facciano cellette. L’ingresso di Sudest, di m 0,69 di larghezza x 1,38 d’altezza, sormonta-to da architrave di m 1,63 x 0,44 x 0,55, senza spiraglio di scarico, mette nel primo trat-to del corridoio, di m 3,00 di lunghezza x 0,80/1,07 di larghezza. Dopo i 3 metri, ilcorridoio stesso, sulla destra, si allarga in uno spazio semicircolare articolato, di m 2,57di larghezza x 1,40 di profondità x 1,30 di altezza massima; sulla sinistra prolunga il suofilo rettilineo fino ad incontrare, dopo circa 6 metri, il vano rettangolare, forse d’una

di figura ellittica (m 5 x 2,60), eccentrica e spostata verso il fondo, è priva di nicchie, al-meno in apparenza, ed è colma in gran parte di terriccio e pietre. La torre residua perun’altezza massima di m 3,30 a Nordest. L’opera è di calcare, subquadrata. Misure diblocchi: m 1,35 x 0,37 x 0,38; 0,86 x 0,55 x 0,44; 1,36 x 0,40 x 0,55. Sul terreno intor-no si osservano frammenti di stoviglie d’impasto dell’età del nuraghe.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XXIII, p. 440; F. Pilia, Saggio cit., 1950-51, p. 80 ss., tav.VIII, 4; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 132; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 55, p. 63, fig. 16, 9.

Figura 16, 6: talaiot di TORRE VELLA D’EN LOZANO-Ciudadela (Minorca).In forma di torre circolare del diametro esterno di m 16, ha l’ingresso a Ovest, in dire-zione piuttosto comune ai talaiots e che è da mettersi in relazione anche con l’intentodei costruttori di evitare di esporre le porte al riparo dal vento di Est, prevalente in Mi-norca. Dietro la porta, alta m 1,20 e larga 1, un andito a copertura tabulare gradonata,che ricorda quella di qualche nuraghe (per esempio Asòru di San Vito), mette nella ca-mera. Quest’ultima è di pianta ellittica di m 5,60 x 3,80, chiusa in alto da un soffittodi lastroni valicanti lo spazio sulla dimensione minore ed appoggiati anche, sulla di-mensione maggiore, da una parte sul solaio dell’andito alla sua estremità interna e dal-l’altra sulla parete di fondo della camera che si incurva in dentro con inclinazione di25°. Sempre dentro la camera, nella parete a sinistra a metri 1,60 sopra il pavimento, siapre l’imbocco rastremato d’una scala in muratura che, girando a spirale entro lo spes-sore murario che è di m 6, porta, con avvolgimento a gomito da destra a sinistra, nellaparte superiore della torre. In particolare introduce a un piccolo vano rettangolare dim 3 x 1,20 x 1,20 d’altezza, sovrapposto al solaio che copre la stanza inferiore, copertopur esso da un soffitto a lastroni gradonati. La scala sopraelevata, il giro a spirale entrola massa muraria trovano raffronti nei nuraghi sardi più arcaici; ma qui si tratta d’unaedizione elementare e decaduta rispetto agli esempi sardi. La torre, larga e bassa (altraparticolarità delle torri baleariche che non raggiungono mai altezze notevoli rimanendotozze), si eleva per m 6,40, con inclinazione di muri di 10°.Bibliografia: G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 13, fig. 16, 2, p. 61, nota 32.

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Fig. 17: planimetrie comparative di nuraghi (1, 3, 5) e talaiots delle Baleari (2, 4, 6)1. Koròngiu e Maria-Nurri; 2. Ses Païsses-Artà; 3. Cùnculu-Scanu Montiferru; 4.Rafal Roig-Mercadal; 5. Àidu Arbu-Bortigali; 6. Santa Monica-San Cristòbal.

Figura 17, 1: nuraghe KORÒNGIU E MARIA-Nurri (Nùoro); cartina B, 82.Sta a quota di m 528, sull’orlo d’una rupe basaltica. È del tipo monotorre, circolare al-l’esterno, con diametro di m 15. L’interno, sulla linea diametrale, è attraversato da uncorridoio facente capo a due ingressi, agli estremi opposti; sul profilo del corridoio si af-facciano cellette. L’ingresso di Sudest, di m 0,69 di larghezza x 1,38 d’altezza, sormonta-to da architrave di m 1,63 x 0,44 x 0,55, senza spiraglio di scarico, mette nel primo trat-to del corridoio, di m 3,00 di lunghezza x 0,80/1,07 di larghezza. Dopo i 3 metri, ilcorridoio stesso, sulla destra, si allarga in uno spazio semicircolare articolato, di m 2,57di larghezza x 1,40 di profondità x 1,30 di altezza massima; sulla sinistra prolunga il suofilo rettilineo fino ad incontrare, dopo circa 6 metri, il vano rettangolare, forse d’una

di figura ellittica (m 5 x 2,60), eccentrica e spostata verso il fondo, è priva di nicchie, al-meno in apparenza, ed è colma in gran parte di terriccio e pietre. La torre residua perun’altezza massima di m 3,30 a Nordest. L’opera è di calcare, subquadrata. Misure diblocchi: m 1,35 x 0,37 x 0,38; 0,86 x 0,55 x 0,44; 1,36 x 0,40 x 0,55. Sul terreno intor-no si osservano frammenti di stoviglie d’impasto dell’età del nuraghe.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XXIII, p. 440; F. Pilia, Saggio cit., 1950-51, p. 80 ss., tav.VIII, 4; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 132; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 55, p. 63, fig. 16, 9.

Figura 16, 6: talaiot di TORRE VELLA D’EN LOZANO-Ciudadela (Minorca).In forma di torre circolare del diametro esterno di m 16, ha l’ingresso a Ovest, in dire-zione piuttosto comune ai talaiots e che è da mettersi in relazione anche con l’intentodei costruttori di evitare di esporre le porte al riparo dal vento di Est, prevalente in Mi-norca. Dietro la porta, alta m 1,20 e larga 1, un andito a copertura tabulare gradonata,che ricorda quella di qualche nuraghe (per esempio Asòru di San Vito), mette nella ca-mera. Quest’ultima è di pianta ellittica di m 5,60 x 3,80, chiusa in alto da un soffittodi lastroni valicanti lo spazio sulla dimensione minore ed appoggiati anche, sulla di-mensione maggiore, da una parte sul solaio dell’andito alla sua estremità interna e dal-l’altra sulla parete di fondo della camera che si incurva in dentro con inclinazione di25°. Sempre dentro la camera, nella parete a sinistra a metri 1,60 sopra il pavimento, siapre l’imbocco rastremato d’una scala in muratura che, girando a spirale entro lo spes-sore murario che è di m 6, porta, con avvolgimento a gomito da destra a sinistra, nellaparte superiore della torre. In particolare introduce a un piccolo vano rettangolare dim 3 x 1,20 x 1,20 d’altezza, sovrapposto al solaio che copre la stanza inferiore, copertopur esso da un soffitto a lastroni gradonati. La scala sopraelevata, il giro a spirale entrola massa muraria trovano raffronti nei nuraghi sardi più arcaici; ma qui si tratta d’unaedizione elementare e decaduta rispetto agli esempi sardi. La torre, larga e bassa (altraparticolarità delle torri baleariche che non raggiungono mai altezze notevoli rimanendotozze), si eleva per m 6,40, con inclinazione di muri di 10°.Bibliografia: G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 13, fig. 16, 2, p. 61, nota 32.

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diametrale (tav. CV, 1) che sfocia esternamente per due porticine, una situata ad Est el’altra a Sudovest (tav. CV, 2), molto basse. Gli anditi che mettono alle porticine del cor-ridoio sono strettissimi (m 0,44/0,30) e bassissimi (m 1/0,90). Sullo spazio del corridoiodiametrale, lungo m 3,20, largo m 0,77/0,86 ed alto (al centro) m 4,50, si deve imma-ginare, all’origine (ora è scoperchiato), un solaio piano di lastre, quale si vede ancora nel-la copertura degli anditi (tav. CV, 3). Al piano superiore (o terrazzo) della torre si acce-deva dall’esterno per mezzo d’una rampa (del tipo di quelle delle specchie e dei trullipugliesi e dei pont de bestiar minorchini), che partiva da un blocco di muro addossatoalla fodera del rifascio nel giro Est-Sud del cono (segnato a tratteggio nel disegno dellaplanimetria). Il talaiot, insieme ad alcune abitazioni, è stato scavato da una Missione ar-cheologica italiana nelle primavere del 1959 e 1960. Nello sterro dell’interno della torre,fino a m 4,10 dalla quota di svettamento, si incontrò il colmaticcio di crollo; da m 4,10a m 4,50 uno strato di terriccio nerastro segnava il passaggio allo strato culturale vero eproprio, ritrovato a m 4,50. Nello strato archeologico, posato sul vergine, era un velocarbonioso dovuto a combustione di elementi vegetali, non ricco di oggetti: pezzetti diceramica d’impasto misti ad avanzi d’ossa d’animali per lo più annerite dal fuoco. Si eb-bero anche tre frustoli di ossa combuste, di color verdastro, di dubbio riferimento adanimali o all’uomo. Forse l’andito sottostante alla torre serviva da nascondiglio o da ri-postiglio, era comunque accessibile e transitabile da una parte all’altra della costruzione.L’abitazione – se si tratta di torre di vedetta e non invece di tomba o di tempio – era in-vece nella parte alta della torre a cui si saliva dall’esterno per mezzo della rampa svilup-pata sulla terrazza di rifascio. Il talaiot, sulle rovine del quale ai tempi del Talaiotico II(periodo dello sviluppo maggiore delle culture protostoriche baleariche: IX-V secoloa.C.) fu costruita un’abitazione frequentata per lungo tempo (fino al Talaiotico tardivo:V-II secolo a.C.), è stato riferito al Talaiotico I o arcaico (1200-1000 a.C.).Bibliografia: G. Lilliu, Missione archeologica a Maiorca, Rotary Internazionale: 188° Distretto, Club di Ca-gliari, “Bollettino Mensile”, 1-2 luglio-agosto 1959, pp. 5-8; “Missione archeologica a Maiorca”, in RealtàNuova (Rivista mensile del Rotary Club d’Italia), anno XXIV, n. 12, Milano, dicembre 1959, pp. 1125-1133; G. Lilliu-Biancofiore, in Annali delle Facoltà di Lettere e Filosofia e di Magistero dell’Università di Ca-gliari, vol. XXVII, 1959, p. 33 ss., fig. 1, tavv. I bis-II bis; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 5 ss., figg. 1-20; G. Maetzke, in St.S., XVI, 1960, p. 736; R. Grosjean, “Filitosa et son contexte” cit., 1961, p. 95.

Figura 17, 3: nuraghe CÙNCULU-Scanu Montiferru (Nùoro).Planimetria del nuraghe. Si veda la scheda descrittiva della figura 12, 2.

Figura 17, 4: talaiot di RAFAL ROIG-Mercadal (Minorca).Il talaiot, rotondo all’esterno (diametro m 12,80), ha la caratteristica, come quello diSes Païsses, di avere due ingressi, con la differenza che, mentre nel talaiot di Artà ledue porte sono alle estremità opposte di un unico corridoio diametrale, nel talaiot diMercadal sono situate al termine di due corridoi che si incrociano ortogonalmente.La porta del corridoio principale volge, al solito, ad Ovest, con apertura architravatadi m 0,80 d’altezza x 0,80 di larghezza. Dietro la porta, l’andito tabulato, con solaiopiano di lastroni, alto m 1,60 e largo m 0,80/1,00, presenta il fianco sinistro del mu-ro, a file di blocchi subquadrati, interrotto, alla base, da una nicchietta quadrangolaredi m 1 di larghezza x 0,60 di profondità x 0,80 d’altezza. Dopo un percorso di m 6

scala, di m 3,70 di lunghezza x 0,84 di larghezza. Di qui si saliva al piano alto della co-struzione. Di là dal vano supposto della scala, si svolge la seconda parte del corridoio,che mette capo all’ingresso di Nordest. Sullo stesso asse del primo ramo, ad andamentoleggermente tortuoso di m 8 circa di sviluppo, il corridoio sembra ricevere, sulla sinistra,l’apertura d’una celletta, di cui si annunzia l’invito (larghezza m 1); sfocia infine all’aper-to per una porta di m 0,77 x 1,45 d’altezza, architravata senza spiraglio come la portaopposta (misure dell’architrave m 1,82 x 0,88 x 0,55). La sezione dei vani è trapezoida-le, con fiancate a filari aggettanti, la copertura è piattabandata con altezze di spazio di m1,90/2,63/1,80; alta m 2,42 è l’imboccatura della presunta scala. Sul piano superiore sidisegnano i profili di due altri corridoi, a stento identificabili entro la rovina. L’opera èpoliedrica in basalto, con blocchi di rozza lavorazione. Il nuraghe raggiunge l’altezzamassima residua di m 5 su 12 filari a Est. Nei pressi si osservano resti di ossidiana.Bibliografia: Spano, Memoria, 1854, p. 17, nota 2; Memoria, 1867, p. 23; G. Vacca, Posizione geografica cit.,1917, p. 9; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 145; E. Contu, Saggio cit., 1947-48, p. 35 s., tav. 1, 2; Bo-scolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 131; E. Contu, “I più antichi nuraghi” cit., 1959, p. 118 ss., fig. 22.

Figura 17, 2: talaiot di SES PAÏSSES-Artà (Maiorca); tavv. CIV, 2, CV, 1-4.Si trova a meno di 1 km a Sudest del paese moderno di Artà, nella parte Nordest del-l’isola di Maiorca, su una collina boscosa, poco lungi da una sorgente. Sta sul punto piùalto della collina, quasi al centro di una vasta muraglia ellittica a strutture megalitiche, dim 374 di perimetro (m 106 x 94), di m 3,60 di spessore murario, conservata per l’altez-za massima di m 3,50 nel tratto meglio in vista, con quattro porte di cui la principale aSudest (tav. CV, 4) di grande imponenza e suggestione (ricorda i megaliti maltesi). Il ta-laiot fa parte, dominandolo dall’alto (tav. CIV, 2), d’un villaggio ad abitazioni quadran-golari o rettangolari con un lato corto curveggiante, disposte a terrazze alla pendice delcolle, da ogni parte ma specie nell’arco da Est a Nordovest. Anche queste abitazioni, nel-le quali gli scavi fattisi recentemente hanno permesso di riconoscere strati archeologicisuccessivi di diverso periodo di cultura locale, sono costruite, soprattutto all’esterno, conapparato megalitico. Il monumento al di fuori si presenta in forma di torre troncoconi-ca, di pianta circolare, del diametro superiore (allo svettamento) di m 11,70/10,50, ele-vata per l’altezza residua massima di m 4,70 (tav. CIV, 2). Le murature sono costituitedi blocchi poliedrici di calcare di medie dimensioni (dmc 41,165) e peso (kg. 29,34), inuna tecnica medio-microlitica che si distingue da quella, più generalmente diffusa, agrossi elementi, talvolta d’aspetto monumentale (v. talaiot di Sa Canova). Soltanto nellaparte alta del paramento le pietre diventano più grandi, corrispondendo a una strutturain vista mentre quelle del tratto medio e basale della torre, più rozze e di proporzioniminori, erano coperte e nascoste da una fodera di altra muratura di rifasciamento con-temporanea a quella retrostante. Questo rifascio murario, che si elevava fino all’altezzadi poco più di 4 metri, rivestiva ed inspessiva consolidandolo il nucleo interno del tron-co di cono che dai 4 metri in su emergeva sulla terrazza o platea anulare che lo circonda-va alla base. Il rifascio, dello spessore da m 4,10 a 1,85, mostra pietre di dimensioni epeso maggiori dei blocchi del paramento interiore (dmc 138,74 e kg. 377,37 per bloc-co, ossia il triplo), e sono anche di migliore fattura, a tratti pure in opera subquadrata.La torre, rotonda all’esterno, all’interno, anziché presentare la classica camera circolarecon pilastro centrale plurilitico sostenente il soffitto, mostra uno stretto vano a corridoio

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diametrale (tav. CV, 1) che sfocia esternamente per due porticine, una situata ad Est el’altra a Sudovest (tav. CV, 2), molto basse. Gli anditi che mettono alle porticine del cor-ridoio sono strettissimi (m 0,44/0,30) e bassissimi (m 1/0,90). Sullo spazio del corridoiodiametrale, lungo m 3,20, largo m 0,77/0,86 ed alto (al centro) m 4,50, si deve imma-ginare, all’origine (ora è scoperchiato), un solaio piano di lastre, quale si vede ancora nel-la copertura degli anditi (tav. CV, 3). Al piano superiore (o terrazzo) della torre si acce-deva dall’esterno per mezzo d’una rampa (del tipo di quelle delle specchie e dei trullipugliesi e dei pont de bestiar minorchini), che partiva da un blocco di muro addossatoalla fodera del rifascio nel giro Est-Sud del cono (segnato a tratteggio nel disegno dellaplanimetria). Il talaiot, insieme ad alcune abitazioni, è stato scavato da una Missione ar-cheologica italiana nelle primavere del 1959 e 1960. Nello sterro dell’interno della torre,fino a m 4,10 dalla quota di svettamento, si incontrò il colmaticcio di crollo; da m 4,10a m 4,50 uno strato di terriccio nerastro segnava il passaggio allo strato culturale vero eproprio, ritrovato a m 4,50. Nello strato archeologico, posato sul vergine, era un velocarbonioso dovuto a combustione di elementi vegetali, non ricco di oggetti: pezzetti diceramica d’impasto misti ad avanzi d’ossa d’animali per lo più annerite dal fuoco. Si eb-bero anche tre frustoli di ossa combuste, di color verdastro, di dubbio riferimento adanimali o all’uomo. Forse l’andito sottostante alla torre serviva da nascondiglio o da ri-postiglio, era comunque accessibile e transitabile da una parte all’altra della costruzione.L’abitazione – se si tratta di torre di vedetta e non invece di tomba o di tempio – era in-vece nella parte alta della torre a cui si saliva dall’esterno per mezzo della rampa svilup-pata sulla terrazza di rifascio. Il talaiot, sulle rovine del quale ai tempi del Talaiotico II(periodo dello sviluppo maggiore delle culture protostoriche baleariche: IX-V secoloa.C.) fu costruita un’abitazione frequentata per lungo tempo (fino al Talaiotico tardivo:V-II secolo a.C.), è stato riferito al Talaiotico I o arcaico (1200-1000 a.C.).Bibliografia: G. Lilliu, Missione archeologica a Maiorca, Rotary Internazionale: 188° Distretto, Club di Ca-gliari, “Bollettino Mensile”, 1-2 luglio-agosto 1959, pp. 5-8; “Missione archeologica a Maiorca”, in RealtàNuova (Rivista mensile del Rotary Club d’Italia), anno XXIV, n. 12, Milano, dicembre 1959, pp. 1125-1133; G. Lilliu-Biancofiore, in Annali delle Facoltà di Lettere e Filosofia e di Magistero dell’Università di Ca-gliari, vol. XXVII, 1959, p. 33 ss., fig. 1, tavv. I bis-II bis; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 5 ss., figg. 1-20; G. Maetzke, in St.S., XVI, 1960, p. 736; R. Grosjean, “Filitosa et son contexte” cit., 1961, p. 95.

Figura 17, 3: nuraghe CÙNCULU-Scanu Montiferru (Nùoro).Planimetria del nuraghe. Si veda la scheda descrittiva della figura 12, 2.

Figura 17, 4: talaiot di RAFAL ROIG-Mercadal (Minorca).Il talaiot, rotondo all’esterno (diametro m 12,80), ha la caratteristica, come quello diSes Païsses, di avere due ingressi, con la differenza che, mentre nel talaiot di Artà ledue porte sono alle estremità opposte di un unico corridoio diametrale, nel talaiot diMercadal sono situate al termine di due corridoi che si incrociano ortogonalmente.La porta del corridoio principale volge, al solito, ad Ovest, con apertura architravatadi m 0,80 d’altezza x 0,80 di larghezza. Dietro la porta, l’andito tabulato, con solaiopiano di lastroni, alto m 1,60 e largo m 0,80/1,00, presenta il fianco sinistro del mu-ro, a file di blocchi subquadrati, interrotto, alla base, da una nicchietta quadrangolaredi m 1 di larghezza x 0,60 di profondità x 0,80 d’altezza. Dopo un percorso di m 6

scala, di m 3,70 di lunghezza x 0,84 di larghezza. Di qui si saliva al piano alto della co-struzione. Di là dal vano supposto della scala, si svolge la seconda parte del corridoio,che mette capo all’ingresso di Nordest. Sullo stesso asse del primo ramo, ad andamentoleggermente tortuoso di m 8 circa di sviluppo, il corridoio sembra ricevere, sulla sinistra,l’apertura d’una celletta, di cui si annunzia l’invito (larghezza m 1); sfocia infine all’aper-to per una porta di m 0,77 x 1,45 d’altezza, architravata senza spiraglio come la portaopposta (misure dell’architrave m 1,82 x 0,88 x 0,55). La sezione dei vani è trapezoida-le, con fiancate a filari aggettanti, la copertura è piattabandata con altezze di spazio di m1,90/2,63/1,80; alta m 2,42 è l’imboccatura della presunta scala. Sul piano superiore sidisegnano i profili di due altri corridoi, a stento identificabili entro la rovina. L’opera èpoliedrica in basalto, con blocchi di rozza lavorazione. Il nuraghe raggiunge l’altezzamassima residua di m 5 su 12 filari a Est. Nei pressi si osservano resti di ossidiana.Bibliografia: Spano, Memoria, 1854, p. 17, nota 2; Memoria, 1867, p. 23; G. Vacca, Posizione geografica cit.,1917, p. 9; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 145; E. Contu, Saggio cit., 1947-48, p. 35 s., tav. 1, 2; Bo-scolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 131; E. Contu, “I più antichi nuraghi” cit., 1959, p. 118 ss., fig. 22.

Figura 17, 2: talaiot di SES PAÏSSES-Artà (Maiorca); tavv. CIV, 2, CV, 1-4.Si trova a meno di 1 km a Sudest del paese moderno di Artà, nella parte Nordest del-l’isola di Maiorca, su una collina boscosa, poco lungi da una sorgente. Sta sul punto piùalto della collina, quasi al centro di una vasta muraglia ellittica a strutture megalitiche, dim 374 di perimetro (m 106 x 94), di m 3,60 di spessore murario, conservata per l’altez-za massima di m 3,50 nel tratto meglio in vista, con quattro porte di cui la principale aSudest (tav. CV, 4) di grande imponenza e suggestione (ricorda i megaliti maltesi). Il ta-laiot fa parte, dominandolo dall’alto (tav. CIV, 2), d’un villaggio ad abitazioni quadran-golari o rettangolari con un lato corto curveggiante, disposte a terrazze alla pendice delcolle, da ogni parte ma specie nell’arco da Est a Nordovest. Anche queste abitazioni, nel-le quali gli scavi fattisi recentemente hanno permesso di riconoscere strati archeologicisuccessivi di diverso periodo di cultura locale, sono costruite, soprattutto all’esterno, conapparato megalitico. Il monumento al di fuori si presenta in forma di torre troncoconi-ca, di pianta circolare, del diametro superiore (allo svettamento) di m 11,70/10,50, ele-vata per l’altezza residua massima di m 4,70 (tav. CIV, 2). Le murature sono costituitedi blocchi poliedrici di calcare di medie dimensioni (dmc 41,165) e peso (kg. 29,34), inuna tecnica medio-microlitica che si distingue da quella, più generalmente diffusa, agrossi elementi, talvolta d’aspetto monumentale (v. talaiot di Sa Canova). Soltanto nellaparte alta del paramento le pietre diventano più grandi, corrispondendo a una strutturain vista mentre quelle del tratto medio e basale della torre, più rozze e di proporzioniminori, erano coperte e nascoste da una fodera di altra muratura di rifasciamento con-temporanea a quella retrostante. Questo rifascio murario, che si elevava fino all’altezzadi poco più di 4 metri, rivestiva ed inspessiva consolidandolo il nucleo interno del tron-co di cono che dai 4 metri in su emergeva sulla terrazza o platea anulare che lo circonda-va alla base. Il rifascio, dello spessore da m 4,10 a 1,85, mostra pietre di dimensioni epeso maggiori dei blocchi del paramento interiore (dmc 138,74 e kg. 377,37 per bloc-co, ossia il triplo), e sono anche di migliore fattura, a tratti pure in opera subquadrata.La torre, rotonda all’esterno, all’interno, anziché presentare la classica camera circolarecon pilastro centrale plurilitico sostenente il soffitto, mostra uno stretto vano a corridoio

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di muri di profilo convesso (a Nord, Est e Sud) e rettilineo (a Sudsudest), i quali dannoluogo a un seguito di sporgenze e rientranze particolarmente evidenti nel lato Sud, dovepure, alla estremità di Sudest, le pareti si congiungono formando uno sperone ad angoloacuto. L’insieme della costruzione misura metri 20 circa in senso Ovest-Est x 12 (allatorre rotonda)/9 (alla tangenza fra torre e corpo residuo)/8 (nella parte anteriore sullalinea dell’ingresso) in senso Nordsud. L’ingresso è aperto presso lo sperone di Sudest,nel muro rettilineo di Sud, nel mezzo del muro. Dietro l’ingresso, di m 0,80 di lar-ghezza, un andito leggermente curvilineo si addentra per m 3 circa nella massa murariaconservando la larghezza della porta d’entrata. Dopo i 3 metri l’andito si biforca in unacelletta rettangolare a destra (m 1,40 x 0,80) e in un corridoio tortuoso, corrente insenso Est-ovest, a sinistra. Il corridoio, lungo nel tratto percorribile poco più di 8 me-tri, largo m 0,80, circa a metà della parete sinistra si articola in una nicchia di pianta tra-pezoidale slargata verso il fondo, di m 2 di profondità x 0,80/1,20 di larghezza. Dopo lasua interruzione il corridoio deve immaginarsi proseguire nella direzione della torre, nelcui mezzo forse era un vano di maggiore ampiezza. Andito d’ingresso, corridoio e celle,sono a sezione rettangolare, con solaio di lastroni per copertura. Evidente, anche qui, laforma architettonica a corridoio di origine dolmenica occidentale.Bibliografia: J. Hernàndez Mora, “Menorca” cit., 1948, p. 273, fig. 34; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960,p. 60, fig. 80, 3, p. 72, nota 176.

circa, l’andito sfocia nello spazio dove s’incrocia con l’altro corridoio. In questo spa-zio, sul fondo, contrapposto all’andito principale, si disegna il piano quadrangolared’una celletta di m 1,80 x 1,80 x 1,80 d’altezza; e sulla sinistra si addentra per m 2,60nello spessore murario del lato Nord del talaiot un’altra celletta più stretta (m 0,80) edella stessa altezza della precedente, situata sul prolungamento del corridoio seconda-rio con aperture contrapposte leggermente sfalsate. Questo andito secondario, lungom 6 e largo appena 0,40/0,50, tabulato come lo sono tutti i vani della torre, mette al-l’infuori con esposizione a Sudsudovest. La torre si conserva all’esterno per l’altezza dim 6 circa, e presenta i muri inclinati di 7°, con profilo leggermente convesso. Il ta-laiot è un esempio tipico di torre a corridoio e di architettura a trilite.Bibliografia: J. Hernàndez Mora, “Menorca” cit., 1948, p. 270, fig. 27; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960,p. 13, fig. 16, 1, p. 60, nota 23.

Figura 17, 5: nuraghe ÀIDU ARBU-Bortigali (Nùoro); cartina B, 37.Sta a quota di m 354, su un costone roccioso di basalto, sulla sponda destra del riuOrdari. L’insieme consta d’una massa ellittica di m 19 x 12,60, disposta con versoSudnord, che, sul lato di Nord, è limitata da un fronte di roccia con cui si confonde.Lo costituisce una piattaforma, a tre quarti di ellissi, che cinge per la gran parte, tran-ne un tratto a Sud, il vero e proprio corpo costruttivo formato, quest’ultimo, da unafigura a lettera otto irregolare (o da un’ellissi strozzata al centro). Ne risultano due tor-ri a contatto, una a Nord e l’altra a Sud, di m 16 di lunghezza complessiva x 7,60 alrestringimento di contatto. Nell’elemento turrito a Nord, di m 9 di diametro, si apro-no due ingressi, uno a Nordnordest e l’altro a Ovestnordovest (larghezza m 1 circa),architravato il primo (m 1,45 x 0,64 x 0,66). Gli ingressi si prolungano in corridoiche s’incrociano circa a mezzo della torre. Di essi, quello a Nordnordest, di m 6,60 dilunghezza, al fondo forma un risvolto verso sinistra, ad angolo retto, dando luogo aduna cella profonda (m 4 dal centro del corridoio), della larghezza d’un metro; e l’altroa Ovestnordovest lungo m 3,60 fino all’incrocio col primo, si prolunga oltre in unacelletta di m 2,40 x 1/1,20. Corridoi e cellette, di cui non si può precisare l’altezza acausa dell’ostruzione del crollo, hanno le coperture concluse ad aggetto. La torre a Sud,del diametro esterno di m 10 circa, è totalmente ripiena di materiali di rovina; non sirilevano perciò né ingresso né vani interni. L’opera muraria, conservata nel paramentoesterno per l’altezza massima residua di m 2,60 (nel lato Sud), è di pietre irregolari divaria dimensione, disposte a file non ordinate, anzi piuttosto confuse. Nei pressi delnuraghe si scorgono tracce di abitazioni, con maggiore frequenza ed evidenza a Ovest-sudovest. Fra di esse si distingue una piccola capanna rettangolare, di m 6 x 3,50, conmuro spesso m 1,20, forse di età nuragica.Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 92; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206,1935, p. 22, n. 66; G. Cherchi, Saggio cit., 1952-53, p. 48 ss., tav. I, fig. 7, e figg. 9-10; G. Lilliu, St.S.,XII-XIII, I, 1955, p. 129; E. Contu, “I più antichi nuraghi” cit., 1959, p. 96; R. Grosjean, “Rapports”cit., 1960, p. 300.

Figura 17, 6: talaiot di SANTA MONICA-San Cristòbal (Mercadal, Minorca).La costruzione presenta una forma molto irregolare. Ad una torre rotonda, del diametrodi m 12, si attacca, senza soluzione di continuità nel perimetro, un corpo a successione

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di muri di profilo convesso (a Nord, Est e Sud) e rettilineo (a Sudsudest), i quali dannoluogo a un seguito di sporgenze e rientranze particolarmente evidenti nel lato Sud, dovepure, alla estremità di Sudest, le pareti si congiungono formando uno sperone ad angoloacuto. L’insieme della costruzione misura metri 20 circa in senso Ovest-Est x 12 (allatorre rotonda)/9 (alla tangenza fra torre e corpo residuo)/8 (nella parte anteriore sullalinea dell’ingresso) in senso Nordsud. L’ingresso è aperto presso lo sperone di Sudest,nel muro rettilineo di Sud, nel mezzo del muro. Dietro l’ingresso, di m 0,80 di lar-ghezza, un andito leggermente curvilineo si addentra per m 3 circa nella massa murariaconservando la larghezza della porta d’entrata. Dopo i 3 metri l’andito si biforca in unacelletta rettangolare a destra (m 1,40 x 0,80) e in un corridoio tortuoso, corrente insenso Est-ovest, a sinistra. Il corridoio, lungo nel tratto percorribile poco più di 8 me-tri, largo m 0,80, circa a metà della parete sinistra si articola in una nicchia di pianta tra-pezoidale slargata verso il fondo, di m 2 di profondità x 0,80/1,20 di larghezza. Dopo lasua interruzione il corridoio deve immaginarsi proseguire nella direzione della torre, nelcui mezzo forse era un vano di maggiore ampiezza. Andito d’ingresso, corridoio e celle,sono a sezione rettangolare, con solaio di lastroni per copertura. Evidente, anche qui, laforma architettonica a corridoio di origine dolmenica occidentale.Bibliografia: J. Hernàndez Mora, “Menorca” cit., 1948, p. 273, fig. 34; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960,p. 60, fig. 80, 3, p. 72, nota 176.

circa, l’andito sfocia nello spazio dove s’incrocia con l’altro corridoio. In questo spa-zio, sul fondo, contrapposto all’andito principale, si disegna il piano quadrangolared’una celletta di m 1,80 x 1,80 x 1,80 d’altezza; e sulla sinistra si addentra per m 2,60nello spessore murario del lato Nord del talaiot un’altra celletta più stretta (m 0,80) edella stessa altezza della precedente, situata sul prolungamento del corridoio seconda-rio con aperture contrapposte leggermente sfalsate. Questo andito secondario, lungom 6 e largo appena 0,40/0,50, tabulato come lo sono tutti i vani della torre, mette al-l’infuori con esposizione a Sudsudovest. La torre si conserva all’esterno per l’altezza dim 6 circa, e presenta i muri inclinati di 7°, con profilo leggermente convesso. Il ta-laiot è un esempio tipico di torre a corridoio e di architettura a trilite.Bibliografia: J. Hernàndez Mora, “Menorca” cit., 1948, p. 270, fig. 27; G. Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960,p. 13, fig. 16, 1, p. 60, nota 23.

Figura 17, 5: nuraghe ÀIDU ARBU-Bortigali (Nùoro); cartina B, 37.Sta a quota di m 354, su un costone roccioso di basalto, sulla sponda destra del riuOrdari. L’insieme consta d’una massa ellittica di m 19 x 12,60, disposta con versoSudnord, che, sul lato di Nord, è limitata da un fronte di roccia con cui si confonde.Lo costituisce una piattaforma, a tre quarti di ellissi, che cinge per la gran parte, tran-ne un tratto a Sud, il vero e proprio corpo costruttivo formato, quest’ultimo, da unafigura a lettera otto irregolare (o da un’ellissi strozzata al centro). Ne risultano due tor-ri a contatto, una a Nord e l’altra a Sud, di m 16 di lunghezza complessiva x 7,60 alrestringimento di contatto. Nell’elemento turrito a Nord, di m 9 di diametro, si apro-no due ingressi, uno a Nordnordest e l’altro a Ovestnordovest (larghezza m 1 circa),architravato il primo (m 1,45 x 0,64 x 0,66). Gli ingressi si prolungano in corridoiche s’incrociano circa a mezzo della torre. Di essi, quello a Nordnordest, di m 6,60 dilunghezza, al fondo forma un risvolto verso sinistra, ad angolo retto, dando luogo aduna cella profonda (m 4 dal centro del corridoio), della larghezza d’un metro; e l’altroa Ovestnordovest lungo m 3,60 fino all’incrocio col primo, si prolunga oltre in unacelletta di m 2,40 x 1/1,20. Corridoi e cellette, di cui non si può precisare l’altezza acausa dell’ostruzione del crollo, hanno le coperture concluse ad aggetto. La torre a Sud,del diametro esterno di m 10 circa, è totalmente ripiena di materiali di rovina; non sirilevano perciò né ingresso né vani interni. L’opera muraria, conservata nel paramentoesterno per l’altezza massima residua di m 2,60 (nel lato Sud), è di pietre irregolari divaria dimensione, disposte a file non ordinate, anzi piuttosto confuse. Nei pressi delnuraghe si scorgono tracce di abitazioni, con maggiore frequenza ed evidenza a Ovest-sudovest. Fra di esse si distingue una piccola capanna rettangolare, di m 6 x 3,50, conmuro spesso m 1,20, forse di età nuragica.Bibliografia: E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 92; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 205-206,1935, p. 22, n. 66; G. Cherchi, Saggio cit., 1952-53, p. 48 ss., tav. I, fig. 7, e figg. 9-10; G. Lilliu, St.S.,XII-XIII, I, 1955, p. 129; E. Contu, “I più antichi nuraghi” cit., 1959, p. 96; R. Grosjean, “Rapports”cit., 1960, p. 300.

Figura 17, 6: talaiot di SANTA MONICA-San Cristòbal (Mercadal, Minorca).La costruzione presenta una forma molto irregolare. Ad una torre rotonda, del diametrodi m 12, si attacca, senza soluzione di continuità nel perimetro, un corpo a successione

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Fig. 18: planimetrie comparative di villaggi cintati nuragici (1, 3) e talaiotici (2, 4)1. Serbìssi-Osìni; 2. Alfurinet-Ciudadela; 3. Scerì-Ilbono; 4. Els Antigors-Les Salines.

Figura 18, 1: complesso nuragico di SERBÌSSI-Osìni (Nùoro); cartina B, 70.Sta a quota di m 974, sulla punta più elevata del “taccu” (altopiano calcare) di Osìni,con vastissimo e pittoresco dominio di monti e di valli. L’insieme degli edifizi di tecnicanuragica disegna una figura irregolarmente ellittica, su una linea Nordsud. Sul percorsoNord-est-sud il recinto che include il complesso è tutto in muratura continua, sul latoOvest nella gran parte è risparmiato nelle rocce naturali acclivi. La muraglia misura m40,50 sulla linea B-H x 25,5 sulla linea traversa C-D-E. Il complesso edilizio consta di 8elementi, due del tutto all’interno del recinto (A, D), i restanti, pure all’interno, ma ade-renti al filo interiore della muraglia di recinzione (B, C, F, G, H, E), la torretta B e le ca-panne G-H con parte del giro sporgente anche all’esterno della stessa muraglia. L’unicoingresso volge a Sudovest, fra F e G. L’edifizio che fa maggior spicco è il nuraghe vero eproprio (A) sul lato Nord dell’ellissi. Esso domina l’insieme degli altri fabbricati da unrialzo del terreno. In forma di torre circolare, del diametro di m 11, mostra l’ingresso aSudest, di m 0,70 di larghezza x 1,10 d’altezza rilevabile sull’ostruzione, architravato. Ilcorridoio retrostante, lungo 4 metri, accoglie sulla sinistra di chi entra l’apertura dellascala a fior di suolo, di m 0,90 di larghezza x 2 d’altezza; si segue per un percorso di m 9fino allo sfocio alla sommità (oltre metà del giro della scala è illuminato da una feritoiaaperta verso Ovest). La camera, centrica, circolare del diametro di m 3,90 sul terriccio,non presenta vani sussidiari. La torre residua per l’altezza di m 7,50 (Est)/8 (Ovest); la

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camera, a sezione ogivale, conserva un’altezza di parete di m 4,10 sul piano attuale dicalpestio. Il paramento è in opera subquadrata di calcare, con pietre disposte in corsiorizzontali abbastanza regolari. La torre B, posta in basso a Nord della A, pur essa roton-da del diametro di m 5,40 alla base, con muro spesso m 1,20, lascia vedere i resti dell’in-gresso a Est, per il rimanente è tutta sepolta. Interamente coperta è anche la torretta F,tonda, del diametro di m 6; l’ingresso deve supporsi a Sudest, situato in modo da guar-dare e difendere la porta dall’esterno, insieme all’ingresso di D. Analoghe sono le costru-zioni C e D. La prima, di m 7,80 di diametro basale, con spessore murario di m 1,50,svettata all’altezza di m 5,10, si apre con l’ingresso a Est e guarda su uno stretto spazioincassato fra le murature di A e D, in posizione nascosta e protetta. All’interno, la came-ra, di m 4,50 di diametro, mostra le pareti variate da 4 armadietti (o feritoie?) ad altezzadal suolo, di m 0,50 x 0,50 di apertura in dentro; un gran crollo la ingombra. La secon-da costruzione (D), del diametro di m 8,50, ha l’uscio, come l’altra, in posizione occul-tata e difesa, sullo spazio anzidetto che funge quasi da ridotto. La camera circolare deldiametro di m 5, ha le pareti interrotte, di due in due metri e alla distanza da terra di m1,60, da stipi di m 0,50 x 0,50; sul fondo è visibile una feritoia puntata in direzione del-la porta della muraglia (non si esclude che anche gli stipi, visibili solo per le dimensionidi superficie, siano altre feritoie). Le due costruzioni danno l’impressione di essere case-forti, per ospitare il nucleo di guardia del piccolo capo che aveva la dimora nella torremaggiore A. Semplici case d’abitazione sembrano essere state gli edifizi E, G, H. E è unacostruzione circolare isolata tranne che nel giro tangente alla muraglia sullo strapiombodi roccia; ha diametro esterno di m 8, di camera di m 5,40, muri spessi 1,20, l’ingressoa Nordnordovest, riparato, non visibile da chi entrava nel recinto. G-H formano ungruppo di capanne col muro di fondo in comune, con le camere rotonde separate dapareti a contatto, con gli ingressi esposti a Nordnordest, pur essi non visibili dall’entrataesterna della muraglia; hanno diametri esterni di m 7, di camere di m 3,90 (G) e 4,80(H). L’opera delle torrette e delle capanne non diverge da quella della torre A.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XIII, 1845, p. 645; G. Vacca, Posizione geografica cit., 1917, p.21; F. Pilia, Saggio cit., 1950-51, p. 39 ss., tav. III, 1-3; G. Lilliu, “The nuraghi” cit., 1959, p. 37.

Figura 18, 2: “poblado” fortificato di ALFURINET-Ciudadela (Minorca).Si trova nel territorio di Ciudadela, nella parte Nord dell’Isola di Minorca. Il piccolocentro di vita è racchiuso entro una grande muraglia di pianta ovale, costrutta contecnica megalitica. La punta Nord della cinta è fortificata con due talaiots sporgentidal filo murario e uniti da cortina rettilinea. Altri talaiots e resti di abitazioni ellittichesi osservano all’interno della cerchia muraria; il maggiore dei talaiots si trova a sinistradell’ingresso che difende. Fuori del recinto a Nordest, in mezzo ad altre rovine si ve-dono gli avanzi d’una taula, di pianta a ferro di cavallo, con la mensa-idolo e menhirsentro lo spazio sacro. L’orientamento della taula è anormale, a Nordest.Bibliografia: J. Mascarò Pasarius, Els monuments megalitìcs a l’illa de Menorca, 1958, p. 36, fig. 6, 37,38, fig. ivi; Las Taulas, contribucion al conocimiento de la Prehistoria de Menorca, “Monografias menor-quinas”, n. 5 (Ciudadela), segunda edición, 1960, p. 14 (taula).

Figura 18, 3: complesso nuragico di SCERÌ-Ilbono (Nùoro); cartina B, 68.Sta in regione Pira Inseri, su un breve rialzo di terreno granitico, a quota di m 127. Si pre-senta come un recinto fortificato o “castrum”, con una muraglia megalitica tondeggiante,

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Fig. 18: planimetrie comparative di villaggi cintati nuragici (1, 3) e talaiotici (2, 4)1. Serbìssi-Osìni; 2. Alfurinet-Ciudadela; 3. Scerì-Ilbono; 4. Els Antigors-Les Salines.

Figura 18, 1: complesso nuragico di SERBÌSSI-Osìni (Nùoro); cartina B, 70.Sta a quota di m 974, sulla punta più elevata del “taccu” (altopiano calcare) di Osìni,con vastissimo e pittoresco dominio di monti e di valli. L’insieme degli edifizi di tecnicanuragica disegna una figura irregolarmente ellittica, su una linea Nordsud. Sul percorsoNord-est-sud il recinto che include il complesso è tutto in muratura continua, sul latoOvest nella gran parte è risparmiato nelle rocce naturali acclivi. La muraglia misura m40,50 sulla linea B-H x 25,5 sulla linea traversa C-D-E. Il complesso edilizio consta di 8elementi, due del tutto all’interno del recinto (A, D), i restanti, pure all’interno, ma ade-renti al filo interiore della muraglia di recinzione (B, C, F, G, H, E), la torretta B e le ca-panne G-H con parte del giro sporgente anche all’esterno della stessa muraglia. L’unicoingresso volge a Sudovest, fra F e G. L’edifizio che fa maggior spicco è il nuraghe vero eproprio (A) sul lato Nord dell’ellissi. Esso domina l’insieme degli altri fabbricati da unrialzo del terreno. In forma di torre circolare, del diametro di m 11, mostra l’ingresso aSudest, di m 0,70 di larghezza x 1,10 d’altezza rilevabile sull’ostruzione, architravato. Ilcorridoio retrostante, lungo 4 metri, accoglie sulla sinistra di chi entra l’apertura dellascala a fior di suolo, di m 0,90 di larghezza x 2 d’altezza; si segue per un percorso di m 9fino allo sfocio alla sommità (oltre metà del giro della scala è illuminato da una feritoiaaperta verso Ovest). La camera, centrica, circolare del diametro di m 3,90 sul terriccio,non presenta vani sussidiari. La torre residua per l’altezza di m 7,50 (Est)/8 (Ovest); la

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camera, a sezione ogivale, conserva un’altezza di parete di m 4,10 sul piano attuale dicalpestio. Il paramento è in opera subquadrata di calcare, con pietre disposte in corsiorizzontali abbastanza regolari. La torre B, posta in basso a Nord della A, pur essa roton-da del diametro di m 5,40 alla base, con muro spesso m 1,20, lascia vedere i resti dell’in-gresso a Est, per il rimanente è tutta sepolta. Interamente coperta è anche la torretta F,tonda, del diametro di m 6; l’ingresso deve supporsi a Sudest, situato in modo da guar-dare e difendere la porta dall’esterno, insieme all’ingresso di D. Analoghe sono le costru-zioni C e D. La prima, di m 7,80 di diametro basale, con spessore murario di m 1,50,svettata all’altezza di m 5,10, si apre con l’ingresso a Est e guarda su uno stretto spazioincassato fra le murature di A e D, in posizione nascosta e protetta. All’interno, la came-ra, di m 4,50 di diametro, mostra le pareti variate da 4 armadietti (o feritoie?) ad altezzadal suolo, di m 0,50 x 0,50 di apertura in dentro; un gran crollo la ingombra. La secon-da costruzione (D), del diametro di m 8,50, ha l’uscio, come l’altra, in posizione occul-tata e difesa, sullo spazio anzidetto che funge quasi da ridotto. La camera circolare deldiametro di m 5, ha le pareti interrotte, di due in due metri e alla distanza da terra di m1,60, da stipi di m 0,50 x 0,50; sul fondo è visibile una feritoia puntata in direzione del-la porta della muraglia (non si esclude che anche gli stipi, visibili solo per le dimensionidi superficie, siano altre feritoie). Le due costruzioni danno l’impressione di essere case-forti, per ospitare il nucleo di guardia del piccolo capo che aveva la dimora nella torremaggiore A. Semplici case d’abitazione sembrano essere state gli edifizi E, G, H. E è unacostruzione circolare isolata tranne che nel giro tangente alla muraglia sullo strapiombodi roccia; ha diametro esterno di m 8, di camera di m 5,40, muri spessi 1,20, l’ingressoa Nordnordovest, riparato, non visibile da chi entrava nel recinto. G-H formano ungruppo di capanne col muro di fondo in comune, con le camere rotonde separate dapareti a contatto, con gli ingressi esposti a Nordnordest, pur essi non visibili dall’entrataesterna della muraglia; hanno diametri esterni di m 7, di camere di m 3,90 (G) e 4,80(H). L’opera delle torrette e delle capanne non diverge da quella della torre A.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XIII, 1845, p. 645; G. Vacca, Posizione geografica cit., 1917, p.21; F. Pilia, Saggio cit., 1950-51, p. 39 ss., tav. III, 1-3; G. Lilliu, “The nuraghi” cit., 1959, p. 37.

Figura 18, 2: “poblado” fortificato di ALFURINET-Ciudadela (Minorca).Si trova nel territorio di Ciudadela, nella parte Nord dell’Isola di Minorca. Il piccolocentro di vita è racchiuso entro una grande muraglia di pianta ovale, costrutta contecnica megalitica. La punta Nord della cinta è fortificata con due talaiots sporgentidal filo murario e uniti da cortina rettilinea. Altri talaiots e resti di abitazioni ellittichesi osservano all’interno della cerchia muraria; il maggiore dei talaiots si trova a sinistradell’ingresso che difende. Fuori del recinto a Nordest, in mezzo ad altre rovine si ve-dono gli avanzi d’una taula, di pianta a ferro di cavallo, con la mensa-idolo e menhirsentro lo spazio sacro. L’orientamento della taula è anormale, a Nordest.Bibliografia: J. Mascarò Pasarius, Els monuments megalitìcs a l’illa de Menorca, 1958, p. 36, fig. 6, 37,38, fig. ivi; Las Taulas, contribucion al conocimiento de la Prehistoria de Menorca, “Monografias menor-quinas”, n. 5 (Ciudadela), segunda edición, 1960, p. 14 (taula).

Figura 18, 3: complesso nuragico di SCERÌ-Ilbono (Nùoro); cartina B, 68.Sta in regione Pira Inseri, su un breve rialzo di terreno granitico, a quota di m 127. Si pre-senta come un recinto fortificato o “castrum”, con una muraglia megalitica tondeggiante,

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circolare con pilastro centrale plurilitico (nella planimetria, nell’angolo frontale a sinistra).Le altre torri poste sui fianchi della muraglia non presentano tracce di accesso; forse erancostruzioni piene a terrazzo a cui si saliva con una scala mobile dall’esterno. Interessante èla disposizione dei talaiots marginali. Quello anteriore sinistro batte il lato occidentale; glialtri due battono dai lati la parte di fondo dell’ellissi. I colpi in tal modo si incrociavano co-me era richiesto dall’arte della difesa (si tratta infatti di un vero e proprio recinto fortifica-to). Dei talaiots interni, i due al centro, maggiori, son torri, una con camera a pilastro me-diano; il piccolo, pure con pilastro, dietro l’ingresso a sinistra, potrebbe essere una garetta acustodia della porta. I muri delle torri interne ed esterne e delle cortine, col loro spessore,accusano tempi antichi, indicati pure dall’aspetto megalitico delle strutture. Più tardivi po-trebbero essere gli edifizi a piano quadrangolare: quello rettangolare, con largo ingressomarginale, dietro la garetta, e l’altro addossato al muro di fondo della cinta, con il vanotondeggiante, il cui tetto era sostenuto da quattro pilastri. Entro il recinto si hanno puredue grotticelle ipostile. Di particolare interesse è la “talaja Joana”. Con diametro esterno dim 12, camera di m 5, si eleva su 6 filari per l’altezza residua dai 2 ai 3 metri. I muri sonoinclinati, all’esterno in misura più accentuata che all’interno che era coperto da un soffittopiano di tronchi e lastroni poggiati sulla colonna plurilitica. Piattabandato si presenta il so-laio dell’andito d’ingresso, largo m 0,80/1 alto poco più d’un metro, che dà all’esterno conuna porta di luce rettangolare sormontata da architrave. Merita un cenno speciale anchel’edifizio tetrastilo sul fondo. Pur non essendosi perduto del tutto il gusto di linea curvadella civiltà talaiotica, gli incontri angolari dei muri suggeriscono elementi di novità. La co-struzione misura all’esterno m 9 x 10, il vano m 7 x 6; da m 1,50 a 1 è lo spessore murario,ben lontano dai 4 metri della “talaja Joana”. Da notare che il muro frontale e quello di fon-do sono più spessi forse perché reggevano, insieme ai quattro pilastri, il peso del tetto. Del-le grotticelle ipostile, scavate sotto il piano di campagna, e destinate o per sepoltura o forseanche a luogo sacro della divinità taurina, una, alta appena m 1,50, è piuttosto ampia, dim 5,50 x 3. Il tetto di grossi lastroni disposti in due strati sovrapposti ortogonalmente pog-gia su pilastri e semipilastri a rozzi rocchi crescenti in ampiezza verso l’alto secondo un tipodi piedritto molto divulgato nelle Baleari, ma non caratteristico in quanto trova confrontianche in altre aree mediterranee (Spagna meridionale, Puglie e Malta). Scavi effettuati neivari edifizi del “poblado” hanno messo in luce numerosi oggetti archeologici. Insieme aimolti vasi di varia forma, non decorati, presentanti alcuni una certa spigolosità, altri conanse a listello verticale incrociate sui diametri (forma molto divulgata nel Talaiotico medio),si ebbero armi di bronzo (lance, pugnali), oggetti di ferro, placchette di piombo con deco-razione geometrica (forse talismani od elementi votivi). I materiali archeologici indicanodue fasi di cultura talaiotica a cui sembrano corrispondere due fasi costruttive: la prima delTalaiotico medio (1000-500 a.C.), la seconda del Talaiotico tardivo (500-tempi romani).Bibliografia: J. Colominas, “L’Edat del Bronce a Mallorca, Les investigaciones de l’Institut, 1916-1920”, inAnnuari d’Estudis Catalans, vol. VI, 1920; P. Bosch-Gimpera e J. Colomines, “Les fouilles de Majorque et laPréhistoire des îles Baléares”, in Commission internationale pour la Préhistoire de la Méditerranée occidentale,Conférence de Barcelone, 1935, Barcelone 1937, pp. 12, 15, fig. a p. 7; J. Colominas, “Gli scavi di Maiorca”,in Conv. arch. in Sardegna, 1926, pp. 131, 135; P. Bosch-Gimpera, in Conv. arch. cit., 1926, p. 117; J. DeC. Serra Rafols, Die Balearen (Internationaler archaeologischer Kongress), Internationale Ausstellung Barcelona1929, pp. 30, 35; J. Maluquer De Motes, “La Edad del Bronce de las Islas Baleares”, in Historia de Españadi Menendez Pidal, I, 1948, p. 727, fig. 568; B. Enseñat, Los problemas actuales de la Historia primitiva deMallorca, Palma de Mallorca 1953 (Arqueologia Balear), tav. XII; Almagro, Prehistoria cit., 1960, p. 659.

per una parte (Nordovest-nord-nordest) risparmiata nelle rocce acclivi, che contiene edifende un nuraghe vero e proprio (A), 5 torricelle (B, C, D, E, F) e una capanna ellitti-ca (G). Unico ingresso a Sudsudest. L’insieme misura m 26,40 sulla linea Ovest-est x m27 sulla linea Nordsud. Il nuraghe (A), situato nella parte Nordovest del recinto sullabalza rocciosa, più elevato come posizione rispetto agli altri elementi edilizi, è in formadi torre circolare, del diametro di m 9 (allo svettamento), con ingresso a Sudsudovest (m0,60 x 1,50 d’altezza), sormontato da pietra d’architrave di m 2 x 0,70 x 0,60. L’anditoretrostante, lungo m 2,50, largo 1/1,30 e alto 2,50, riceve, sulla sinistra di chi entra,l’apertura della scala e introduce poi alla camera centrica, rotonda (diametro m 3 circa),senza spazi sussidiari in apparenza. La torre si conserva per l’altezza di m 6/2,90, e con-sta d’un paramento di blocchi poliedrici disposti a strati irregolari; misure di 3 blocchi:m 0,50 x 0,40 x 0,38; 0,50 x 0,60 x 0,25; 0,60 x 0,37 x 0,36. Nella cella si nota l’usodella malta di fango a legare le zeppe degli interstizi delle pietre. Nell’angolo Nordestdella muraglia, in posizione protettissima, è la torretta B, del diametro di m 5,80 allosvettamento, residuata per l’altezza esterna di m 5, con camera in evidenza di m 2 circadi diametro al taglio superiore. Sulla linea di mezzeria del recinto, ai due estremi, le tor-ricelle F e C coprono, a guisa d’antemurale discontinuo, gli edifizi, interni A e B. Di F sirileva soltanto il diametro dell’esterno, di m 5, mentre l’interno è interamente copertodal crollo. C, invece, lascia vedere più in dettaglio, per quanto non completamente, lasua figura. Di m 7,70 di diametro di torre, con altezza residua di m 3,00 a Sud, ha l’in-gresso a Sudest, di m 1 x 1,20 d’altezza. L’andito retrostante misura m 2 x 1 x 1,20 d’al-tezza e nella camera si rileva un diametro sul colmaticcio di m 3. Le due torri includonola capanna G, di piano ellittico (m 5 x 3 circa), avente l’ingresso a Nordnordest in posi-zione nascosta e difesa; il vano interno, pure ellittico, è di m 3,50 x 2, lo spessore mura-rio di m 0,80. Completano l’insieme le torrette E-D, messe ai due lati dell’ingresso dal-l’esterno, in funzione di guardia. Hanno m 3,50 di diametro allo svettamento, altezze diparamento di m 1,20/0,90; l’interno interamente colmo di rovina. La porta d’ingressodella muraglia, presso la prominenza maggiore della cinta, volge a Sudsudest: è largo m1,20 e alto 1,60. Il muro del recinto, dello spessore di m 1,20/1,40, si conserva per l’al-tezza esterna di m 2,50/1 e interna di 1,20/0,50. A valle della muraglia si susseguonospelonche spaziose, forse usate un tempo per ricovero e difesa.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, VIII, 1841, p. 454; G. Vacca, Posizione geografica cit., 1917, p.20; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 122; O. Stochino, Saggio cit., 1945-46, p. 82 ss., tav. VIII, 47.

Figura 18, 4: “poblado” fortificato di ELS ANTIGORS-Les Salines (Maiorca).È uno dei più caratteristici e importanti centri talaiotici di Maiorca, nella parte Sudest del-l’Isola. Si tratta di un piccolo villaggio che occupa un’ampia area semiellittica irregolare, re-cinta e protetta da una muraglia megalitica con lunga fronte rettilinea a Sud. La muragliaunisce di tratto in tratto, ad intervalli disuguali, torri circolari le quali sono situate sia nellaparte anteriore sia nella parte laterale della recinzione. I talaiots si trovano anche dentro lacinta, verso il centro di essa. Nel prospetto rettilineo si aprono vari ingressi: uno, piccolo, èposto sulla sinistra, l’altro, di dimensioni notevoli, è situato verso l’angolo destro del recin-to. La muraglia si interrompe anche al centro del prospetto, dove il muro è caduto e le pie-tre sono state asportate; ma non è detto che la breccia sia indicativa d’un terzo ingresso.Soltanto uno dei talaiots incorporati nel muro del recinto è accessibile dalla parte inferioreper mezzo d’un andito che volge verso l’interno: detto “talaja Joana”, contiene una camera

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Catalogo

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circolare con pilastro centrale plurilitico (nella planimetria, nell’angolo frontale a sinistra).Le altre torri poste sui fianchi della muraglia non presentano tracce di accesso; forse erancostruzioni piene a terrazzo a cui si saliva con una scala mobile dall’esterno. Interessante èla disposizione dei talaiots marginali. Quello anteriore sinistro batte il lato occidentale; glialtri due battono dai lati la parte di fondo dell’ellissi. I colpi in tal modo si incrociavano co-me era richiesto dall’arte della difesa (si tratta infatti di un vero e proprio recinto fortifica-to). Dei talaiots interni, i due al centro, maggiori, son torri, una con camera a pilastro me-diano; il piccolo, pure con pilastro, dietro l’ingresso a sinistra, potrebbe essere una garetta acustodia della porta. I muri delle torri interne ed esterne e delle cortine, col loro spessore,accusano tempi antichi, indicati pure dall’aspetto megalitico delle strutture. Più tardivi po-trebbero essere gli edifizi a piano quadrangolare: quello rettangolare, con largo ingressomarginale, dietro la garetta, e l’altro addossato al muro di fondo della cinta, con il vanotondeggiante, il cui tetto era sostenuto da quattro pilastri. Entro il recinto si hanno puredue grotticelle ipostile. Di particolare interesse è la “talaja Joana”. Con diametro esterno dim 12, camera di m 5, si eleva su 6 filari per l’altezza residua dai 2 ai 3 metri. I muri sonoinclinati, all’esterno in misura più accentuata che all’interno che era coperto da un soffittopiano di tronchi e lastroni poggiati sulla colonna plurilitica. Piattabandato si presenta il so-laio dell’andito d’ingresso, largo m 0,80/1 alto poco più d’un metro, che dà all’esterno conuna porta di luce rettangolare sormontata da architrave. Merita un cenno speciale anchel’edifizio tetrastilo sul fondo. Pur non essendosi perduto del tutto il gusto di linea curvadella civiltà talaiotica, gli incontri angolari dei muri suggeriscono elementi di novità. La co-struzione misura all’esterno m 9 x 10, il vano m 7 x 6; da m 1,50 a 1 è lo spessore murario,ben lontano dai 4 metri della “talaja Joana”. Da notare che il muro frontale e quello di fon-do sono più spessi forse perché reggevano, insieme ai quattro pilastri, il peso del tetto. Del-le grotticelle ipostile, scavate sotto il piano di campagna, e destinate o per sepoltura o forseanche a luogo sacro della divinità taurina, una, alta appena m 1,50, è piuttosto ampia, dim 5,50 x 3. Il tetto di grossi lastroni disposti in due strati sovrapposti ortogonalmente pog-gia su pilastri e semipilastri a rozzi rocchi crescenti in ampiezza verso l’alto secondo un tipodi piedritto molto divulgato nelle Baleari, ma non caratteristico in quanto trova confrontianche in altre aree mediterranee (Spagna meridionale, Puglie e Malta). Scavi effettuati neivari edifizi del “poblado” hanno messo in luce numerosi oggetti archeologici. Insieme aimolti vasi di varia forma, non decorati, presentanti alcuni una certa spigolosità, altri conanse a listello verticale incrociate sui diametri (forma molto divulgata nel Talaiotico medio),si ebbero armi di bronzo (lance, pugnali), oggetti di ferro, placchette di piombo con deco-razione geometrica (forse talismani od elementi votivi). I materiali archeologici indicanodue fasi di cultura talaiotica a cui sembrano corrispondere due fasi costruttive: la prima delTalaiotico medio (1000-500 a.C.), la seconda del Talaiotico tardivo (500-tempi romani).Bibliografia: J. Colominas, “L’Edat del Bronce a Mallorca, Les investigaciones de l’Institut, 1916-1920”, inAnnuari d’Estudis Catalans, vol. VI, 1920; P. Bosch-Gimpera e J. Colomines, “Les fouilles de Majorque et laPréhistoire des îles Baléares”, in Commission internationale pour la Préhistoire de la Méditerranée occidentale,Conférence de Barcelone, 1935, Barcelone 1937, pp. 12, 15, fig. a p. 7; J. Colominas, “Gli scavi di Maiorca”,in Conv. arch. in Sardegna, 1926, pp. 131, 135; P. Bosch-Gimpera, in Conv. arch. cit., 1926, p. 117; J. DeC. Serra Rafols, Die Balearen (Internationaler archaeologischer Kongress), Internationale Ausstellung Barcelona1929, pp. 30, 35; J. Maluquer De Motes, “La Edad del Bronce de las Islas Baleares”, in Historia de Españadi Menendez Pidal, I, 1948, p. 727, fig. 568; B. Enseñat, Los problemas actuales de la Historia primitiva deMallorca, Palma de Mallorca 1953 (Arqueologia Balear), tav. XII; Almagro, Prehistoria cit., 1960, p. 659.

per una parte (Nordovest-nord-nordest) risparmiata nelle rocce acclivi, che contiene edifende un nuraghe vero e proprio (A), 5 torricelle (B, C, D, E, F) e una capanna ellitti-ca (G). Unico ingresso a Sudsudest. L’insieme misura m 26,40 sulla linea Ovest-est x m27 sulla linea Nordsud. Il nuraghe (A), situato nella parte Nordovest del recinto sullabalza rocciosa, più elevato come posizione rispetto agli altri elementi edilizi, è in formadi torre circolare, del diametro di m 9 (allo svettamento), con ingresso a Sudsudovest (m0,60 x 1,50 d’altezza), sormontato da pietra d’architrave di m 2 x 0,70 x 0,60. L’anditoretrostante, lungo m 2,50, largo 1/1,30 e alto 2,50, riceve, sulla sinistra di chi entra,l’apertura della scala e introduce poi alla camera centrica, rotonda (diametro m 3 circa),senza spazi sussidiari in apparenza. La torre si conserva per l’altezza di m 6/2,90, e con-sta d’un paramento di blocchi poliedrici disposti a strati irregolari; misure di 3 blocchi:m 0,50 x 0,40 x 0,38; 0,50 x 0,60 x 0,25; 0,60 x 0,37 x 0,36. Nella cella si nota l’usodella malta di fango a legare le zeppe degli interstizi delle pietre. Nell’angolo Nordestdella muraglia, in posizione protettissima, è la torretta B, del diametro di m 5,80 allosvettamento, residuata per l’altezza esterna di m 5, con camera in evidenza di m 2 circadi diametro al taglio superiore. Sulla linea di mezzeria del recinto, ai due estremi, le tor-ricelle F e C coprono, a guisa d’antemurale discontinuo, gli edifizi, interni A e B. Di F sirileva soltanto il diametro dell’esterno, di m 5, mentre l’interno è interamente copertodal crollo. C, invece, lascia vedere più in dettaglio, per quanto non completamente, lasua figura. Di m 7,70 di diametro di torre, con altezza residua di m 3,00 a Sud, ha l’in-gresso a Sudest, di m 1 x 1,20 d’altezza. L’andito retrostante misura m 2 x 1 x 1,20 d’al-tezza e nella camera si rileva un diametro sul colmaticcio di m 3. Le due torri includonola capanna G, di piano ellittico (m 5 x 3 circa), avente l’ingresso a Nordnordest in posi-zione nascosta e difesa; il vano interno, pure ellittico, è di m 3,50 x 2, lo spessore mura-rio di m 0,80. Completano l’insieme le torrette E-D, messe ai due lati dell’ingresso dal-l’esterno, in funzione di guardia. Hanno m 3,50 di diametro allo svettamento, altezze diparamento di m 1,20/0,90; l’interno interamente colmo di rovina. La porta d’ingressodella muraglia, presso la prominenza maggiore della cinta, volge a Sudsudest: è largo m1,20 e alto 1,60. Il muro del recinto, dello spessore di m 1,20/1,40, si conserva per l’al-tezza esterna di m 2,50/1 e interna di 1,20/0,50. A valle della muraglia si susseguonospelonche spaziose, forse usate un tempo per ricovero e difesa.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, VIII, 1841, p. 454; G. Vacca, Posizione geografica cit., 1917, p.20; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 122; O. Stochino, Saggio cit., 1945-46, p. 82 ss., tav. VIII, 47.

Figura 18, 4: “poblado” fortificato di ELS ANTIGORS-Les Salines (Maiorca).È uno dei più caratteristici e importanti centri talaiotici di Maiorca, nella parte Sudest del-l’Isola. Si tratta di un piccolo villaggio che occupa un’ampia area semiellittica irregolare, re-cinta e protetta da una muraglia megalitica con lunga fronte rettilinea a Sud. La muragliaunisce di tratto in tratto, ad intervalli disuguali, torri circolari le quali sono situate sia nellaparte anteriore sia nella parte laterale della recinzione. I talaiots si trovano anche dentro lacinta, verso il centro di essa. Nel prospetto rettilineo si aprono vari ingressi: uno, piccolo, èposto sulla sinistra, l’altro, di dimensioni notevoli, è situato verso l’angolo destro del recin-to. La muraglia si interrompe anche al centro del prospetto, dove il muro è caduto e le pie-tre sono state asportate; ma non è detto che la breccia sia indicativa d’un terzo ingresso.Soltanto uno dei talaiots incorporati nel muro del recinto è accessibile dalla parte inferioreper mezzo d’un andito che volge verso l’interno: detto “talaja Joana”, contiene una camera

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Tavola I, 1: collina conica della Marmilla-Lasplassas (Cagliari).Sul colle perfettamente isolato sulla piana, in forma di mammella (donde il nome dimarmilla = mammilla), sorgono i resti d’un Castello medievale appartenuto al Giudica-to d’Arborèa, di cui si ha menzione fin dal secolo XI d.C. Il Castello è stato costruito di-struggendo i ruderi d’un nuraghe che dominava, in posizione chiave, la valle d’invasionedel riu Mannu. L’antica presenza del nuraghe è provata dall’essersi trovate e raccolte, sul-la vetta della collina, delle stoviglie d’impasto d’età nuragica. Si veda la scheda descrittivadella figura 10, 2.Bibliografia: R. Carta Raspi, Castelli medievali di Sardegna, Cagliari 1933, p. 57; G. Lilliu, St.S., VIII, 1948,p. 410 s.; G.D. Serra, “Nomi d’Italia «La Marmilla» (Cagliari)”, in Lingua Nostra, fasc. I, 1950, p. 14.

Tavola I, 2: nuraghe SU NURÀZZE-Tonàra (Nùoro); cartina B, 65.Sta a m 966 di quota, su una rupe emergente sul piano di calcare secondario (“tac-cu”), a 1 km a Ovest dell’abitato moderno di Tonàra, in splendida posizione di domi-nio sulla valle di “s’iscra”, verde di castani e noccioli. Il nuraghe nasceva dallo spunto-ne di roccia isolata, seguendone la forma e inserendosi col basamento nel vivo dellapiattaforma naturale con tipico esempio di integrazione artificiale di motivi suggeritidalla morfologia del terreno. L’edifizio è ora quasi interamente distrutto. Soltanto nellato di Nord si possono ancora osservare in situ, per breve tratto, 4 file di pietre calca-ri ridotte a un blocco in ciascuna fila nel punto di aderenza alla sede della roccia.I blocchi in parte sono tuttora ben ordinati sull’orizzontale (nelle due file inferiori), inparte (quelli delle due file superiori) sono sconnessi e leggermente spostati dal pianodi posa originario. Dai resti non si può capire con certezza quale fosse la forma delnuraghe. Esso era tuttavia complesso, e i ruderi visibili più che alla torre principaledovevano appartenere a un tratto murario di opere aggiunte di rinforzo al mastio. Latecnica muraria è quella subquadrata, con pietre di grandi e medie dimensioni, dellastessa materia calcare di cui è costituita la rupe a cui aderiscono i pochi resti del nura-ghe. Misure di blocchi: m 0,40 di lunghezza x 0,30 d’altezza x 0,40 d’entrata in mu-ro; 0,60 x 0,35 x 0,40; 0,60 x 0,35 x 0,40; 0,80 x 0,60 x 0,40; 0,30 x 0,25 x 0,40. Treblocchi lavorati, appartenenti pur essi alle strutture subquadrate del nuraghe, sonoposti a sostenere il basamento della croce moderna di legno che sovrasta il roccione.Sulla sommità della rupe si osservano avanzi di stoviglie di rozzo impasto nuragico.Simili frammenti e qualche scheggia d’ossidiana si possono raccogliere sul terreno allabase di Nordovest della roccia, nella piatta e aperta distesa del “tonneri”.Bibliografia: P. Cugia, Nuovo itinerario cit., II, 1892, p. 55 (de Su Planu); E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922,p. 186; R. Bonu, Ricerche storiche su due paesi della Sardegna (Gadoni e Tonàra), Siena 1936, p. 85; G. Lil-liu, St.S., IX, 1950, p. 432; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 134.

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Tavola I, 1: collina conica della Marmilla-Lasplassas (Cagliari).Sul colle perfettamente isolato sulla piana, in forma di mammella (donde il nome dimarmilla = mammilla), sorgono i resti d’un Castello medievale appartenuto al Giudica-to d’Arborèa, di cui si ha menzione fin dal secolo XI d.C. Il Castello è stato costruito di-struggendo i ruderi d’un nuraghe che dominava, in posizione chiave, la valle d’invasionedel riu Mannu. L’antica presenza del nuraghe è provata dall’essersi trovate e raccolte, sul-la vetta della collina, delle stoviglie d’impasto d’età nuragica. Si veda la scheda descrittivadella figura 10, 2.Bibliografia: R. Carta Raspi, Castelli medievali di Sardegna, Cagliari 1933, p. 57; G. Lilliu, St.S., VIII, 1948,p. 410 s.; G.D. Serra, “Nomi d’Italia «La Marmilla» (Cagliari)”, in Lingua Nostra, fasc. I, 1950, p. 14.

Tavola I, 2: nuraghe SU NURÀZZE-Tonàra (Nùoro); cartina B, 65.Sta a m 966 di quota, su una rupe emergente sul piano di calcare secondario (“tac-cu”), a 1 km a Ovest dell’abitato moderno di Tonàra, in splendida posizione di domi-nio sulla valle di “s’iscra”, verde di castani e noccioli. Il nuraghe nasceva dallo spunto-ne di roccia isolata, seguendone la forma e inserendosi col basamento nel vivo dellapiattaforma naturale con tipico esempio di integrazione artificiale di motivi suggeritidalla morfologia del terreno. L’edifizio è ora quasi interamente distrutto. Soltanto nellato di Nord si possono ancora osservare in situ, per breve tratto, 4 file di pietre calca-ri ridotte a un blocco in ciascuna fila nel punto di aderenza alla sede della roccia.I blocchi in parte sono tuttora ben ordinati sull’orizzontale (nelle due file inferiori), inparte (quelli delle due file superiori) sono sconnessi e leggermente spostati dal pianodi posa originario. Dai resti non si può capire con certezza quale fosse la forma delnuraghe. Esso era tuttavia complesso, e i ruderi visibili più che alla torre principaledovevano appartenere a un tratto murario di opere aggiunte di rinforzo al mastio. Latecnica muraria è quella subquadrata, con pietre di grandi e medie dimensioni, dellastessa materia calcare di cui è costituita la rupe a cui aderiscono i pochi resti del nura-ghe. Misure di blocchi: m 0,40 di lunghezza x 0,30 d’altezza x 0,40 d’entrata in mu-ro; 0,60 x 0,35 x 0,40; 0,60 x 0,35 x 0,40; 0,80 x 0,60 x 0,40; 0,30 x 0,25 x 0,40. Treblocchi lavorati, appartenenti pur essi alle strutture subquadrate del nuraghe, sonoposti a sostenere il basamento della croce moderna di legno che sovrasta il roccione.Sulla sommità della rupe si osservano avanzi di stoviglie di rozzo impasto nuragico.Simili frammenti e qualche scheggia d’ossidiana si possono raccogliere sul terreno allabase di Nordovest della roccia, nella piatta e aperta distesa del “tonneri”.Bibliografia: P. Cugia, Nuovo itinerario cit., II, 1892, p. 55 (de Su Planu); E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922,p. 186; R. Bonu, Ricerche storiche su due paesi della Sardegna (Gadoni e Tonàra), Siena 1936, p. 85; G. Lil-liu, St.S., IX, 1950, p. 432; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 134.

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prolunga per l’intero corso di m 3,20 in un piccolo stretto vano rettangolare aperto sullaparete sinistra in fondo del nicchione, usato per adattarvi un lettuccio, come nel nuraghedi Goni (vedi) (profondità del piccolo vano m 1, altezza all’imbocco m 2,70). Nel giro dimuro fra lo spigolo del corridoio d’ingresso ed il nicchione di sinistra, più vicino all’andi-to, a m 3 d’altezza sul pavimento attuale, la parete muraria si interrompe per far luogo al-la scala che porta al piano superiore, cioè al terrazzo (tav. IV, 3). Con apertura sulla came-ra di m 0,95 di larghezza x 2,10 d’altezza, la scala, dopo un breve ripiano di m 1,90 x1,60, sale ripidissima, su un percorso di m 6,60 entro un vano di m 1,60/0,65 di larghez-za x 2,20 d’altezza, e sfocia nel tratto di Sudovest della torre sulla verticale del nicchionedi sinistra, descrivendo appena un ottavo di giro. La scala, rischiarata da uno spioncinorettangolare di luce all’altezza del terzo gradino dal basso (m 0,30 x 0,49), è composta di17 gradini, di m 0,57 di larghezza x 0,18 di piede x 0,35 d’alzo; in una delle lastre delsoffitto presso l’ingresso dall’interno, si osserva un foro circolare di 7 cm di diametro, for-se per chiusino d’una porta lignea. La sezione della tholos è ogivale come pure quelle del-l’andito e della scala sopraelevata; a taglio angolare si presentano le aperture dei nicchionidei quali il destro mostra sezione di vano trapezia ed il sinistro è chiuso internamente acupoletta schiacciata e allungata; delle due garette, la destra ha sezione trapezia e la sini-stra rettangolare. La torre, svettata all’altezza di circa dieci metri, con inclinazione di murivaria (in media di 15°), si eleva su 22 filari discontinui e irregolari di pietre calcari meta-morfosate. L’opera alla base tende al poliedrico, mentre via via che il paramento risale ver-so l’alto si osserva una struttura subquadrata. Le pietre vanno diminuendo di proporzionidal basso verso la sommità: misure, nel filare di base apparente a Sudovest, m 1,15 x 0,49;1,65 x 0,40; 0,75 x 0,56; 0,70 x 0,73; 1,40 x 0,52. Più regolare, con ordinamento a corsiorizzontali di pietre a taglio prevalentemente subquadrato, è il paramento interno dellatholos, in cui, a circa m 3 d’altezza dal suolo, si osserva il passaggio da una struttura basalenella gran parte del giro a grossi blocchi a una parete più leggera e curata di pietre tagliatein forma di parallelogrammi piatti e allungati uniti fra di loro con piccole schegge e rinzaf-fo di malta di fango (misure di blocchi, al filare di base apparente in fondo alla camera, m0,90 x 0,30; 0,30 x 0,26; 0,78 x 0,25; 0,76 x 0,35; 0,65 x 0,33; 0,68 x 0,46; 1,10 x 0,20).A Nordest la torre è contraffortata da un muro, visibile per breve tratto alla distanza di m3,30, residuato per l’altezza apparente di m 2, con tre filari di pietre nella stessa tecnica diquella del cono (tav. III, 4). Il contrafforte è della medesima età della torre da supporsicostruita verso il 1000 a.C. o poco prima.Bibliografia: Spano, Scoperte archeologiche in Sardegna, 1865, p. 54; Memoria, 1867, p. 70; Centurione,“Studii” cit., 1888, p. 69; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., II, 1892, p. 247 (non meno di 12 metri d’al-tezza ai suoi tempi); F. De Rosa, Dell’uso dei nuraghi, 1909, p. 25; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei,XXXI, 1926, col. 425; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 133; Sardegna (Touring), vol. XX, p. 85,fig. 148; V. Mossa, Architettura domestica cit., 1957, p. 58, nota 70.

Tavola III, 1-4; nuraghe ARMÙNGIA-Armùngia (Cagliari).La torre vista da Sudsudovest (1-2); da Ovest (3) e da Nordest (4). Si veda tav. II, 2.

Tavola IV, 1-4: nuraghe ARMÙNGIA-Armùngia (Cagliari).Nicchione di sinistra (1), parte superiore della tholos (2), la scala sopraelevata (3) e an-dito, con garetta di sinistra, visto dall’interno (4). Si veda tav. II, 2.

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Tavole

Tavola I, 3: nuraghe BRUNKU KRISTÒU-Gèsturi (Cagliari).La fotografia fa vedere il nuraghe, in secondo piano, su un terrazzo marnoso che limi-ta, dominandolo, un valloncello risalente verso il ciglio della “giara” di Gèsturi. Il nu-raghe fa parte d’una serie di altre costruzioni consimili scaglionate sui ripiani dellapendice orientale del vasto altopiano della “giara”. Si osservi nella fotografia, presa daSudsudest, dalla strada provinciale da Barùmini a Gèsturi, la disposizione in profondi-tà dei terrazzi (brunkus), che permetteva una difesa su linee successive.Bibliografia: G. Lilliu, Not. di Scavi, 1940, p. 239.

Tavola II, 1: nuraghe ARMÙNGIA-Armùngia (Cagliari).La torre del nuraghe sullo sfondo del villaggio moderno, vista da Ovest. Si veda lascheda descrittiva di tav. II, 2.

Tavola II, 2: nuraghe ARMÙNGIA-Armùngia (Cagliari); tavv. II-IV; cartina B, 105.Si erge a quota di m 366, al margine Estnordest dell’abitato di Armùngia, sul punto piùalto del villaggio che gli sta al piede. Ha una bella vista all’intorno, aperta specie sull’alto-piano fronteggiante di Villasalto. Un paesaggio di pastori, silente e recesso, gli fa da am-biente. Il suo volume cilindroconico, visto da Ovestsudovest, spicca sul fondale dei volu-mi prismatici delle case moderne, disposte a gradoni, inciso contro il cielo e saldo sullabreve spianata su cui poggia da millenni (tav. II, 1). È un nuraghe monotorre, circolare,del diametro di m 12 circa alla base, rastremato a m 10,10/9,50 in alto (allo svettamen-to), dove il cono si schiaccia leggermente sull’asse Est-ovest (tav. III, 1-4). Mostra l’ingres-so a Sudest, con la porta completamente mancante perché demolita quando fu asportataparte della fronte della torre per utilizzare le pietre nella costruzione del prossimo Munici-pio (poi, in seguito all’intervento delle Autorità, il prospetto fu rifoderato con un appa-recchio minuto che fa vedere bene il restauro moderno, tav. III, 1). Il vano d’entrata, sullabase dei muri moderni ripresi sugli antichi, si misura in m 1,20 di larghezza; impossibilericostruire l’altezza che non superava, però, i due metri. Dietro la porta, l’andito stromba-to verso la camera (da m 1,20 a m 1,70 alla mezzeria a m 1,60 di larghezza allo sfocio incella), riceve le aperture di due garette di piano triangolare con le pareti curvilinee che se-guono all’interno il giro esterno del cono: la garetta destra è di m 2,95 di profonditàx 1,10 di larghezza x 1,50 d’altezza, la sinistra (tav. IV, 4) di m 2,50 x 0,95 x 1,42. L’andi-to, lungo m 4 e alto da m 2,80 (sulla linea delle garette) a m 3,40 (allo sbocco nella came-ra, tav. IV, 4), mette nel grande vano “a tholos”, di suggestiva architettura. Centrico, cir-colare del diametro di m 5,40, il vasto ambiente si eleva, con bella disposizione orizzontaledi trentun anelli concentrici, fino a m 8,25 d’altezza mancando la serraglia che lascia unvuoto superiore di m 1,90/1,80 di diametro (tav. IV, 2). Si può calcolare che la tholos, al-l’origine, si chiudesse a circa m 9 d’altezza costituendo così una delle camere nuragichepiù spaziose dell’Isola, con respiro analogo a quello della meravigliosa tholos del nuragheIs Paras di Isili (vedi). Nella camera, ai lati, si aprono due armadioni destinati a giaciglio.Quello a destra, a m 3,30 dallo spigolo interno dell’andito, è di pianta trapezoidale; haprofondità di m 1,40 x altezza di m 2,95 x larghezza di m 1,90 all’apertura e 2,24 sullaparete di fondo. Il nicchione a sinistra (tav. IV, 1), anch’esso a m 3,30 dello spigolo del-l’andito, ha piano ellittico, od oblungo, con profondità di m 1,90, altezza di 2,75 elarghezza all’apertura di m 1,45 mentre la parete di fondo, leggermente curvilinea, si

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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prolunga per l’intero corso di m 3,20 in un piccolo stretto vano rettangolare aperto sullaparete sinistra in fondo del nicchione, usato per adattarvi un lettuccio, come nel nuraghedi Goni (vedi) (profondità del piccolo vano m 1, altezza all’imbocco m 2,70). Nel giro dimuro fra lo spigolo del corridoio d’ingresso ed il nicchione di sinistra, più vicino all’andi-to, a m 3 d’altezza sul pavimento attuale, la parete muraria si interrompe per far luogo al-la scala che porta al piano superiore, cioè al terrazzo (tav. IV, 3). Con apertura sulla came-ra di m 0,95 di larghezza x 2,10 d’altezza, la scala, dopo un breve ripiano di m 1,90 x1,60, sale ripidissima, su un percorso di m 6,60 entro un vano di m 1,60/0,65 di larghez-za x 2,20 d’altezza, e sfocia nel tratto di Sudovest della torre sulla verticale del nicchionedi sinistra, descrivendo appena un ottavo di giro. La scala, rischiarata da uno spioncinorettangolare di luce all’altezza del terzo gradino dal basso (m 0,30 x 0,49), è composta di17 gradini, di m 0,57 di larghezza x 0,18 di piede x 0,35 d’alzo; in una delle lastre delsoffitto presso l’ingresso dall’interno, si osserva un foro circolare di 7 cm di diametro, for-se per chiusino d’una porta lignea. La sezione della tholos è ogivale come pure quelle del-l’andito e della scala sopraelevata; a taglio angolare si presentano le aperture dei nicchionidei quali il destro mostra sezione di vano trapezia ed il sinistro è chiuso internamente acupoletta schiacciata e allungata; delle due garette, la destra ha sezione trapezia e la sini-stra rettangolare. La torre, svettata all’altezza di circa dieci metri, con inclinazione di murivaria (in media di 15°), si eleva su 22 filari discontinui e irregolari di pietre calcari meta-morfosate. L’opera alla base tende al poliedrico, mentre via via che il paramento risale ver-so l’alto si osserva una struttura subquadrata. Le pietre vanno diminuendo di proporzionidal basso verso la sommità: misure, nel filare di base apparente a Sudovest, m 1,15 x 0,49;1,65 x 0,40; 0,75 x 0,56; 0,70 x 0,73; 1,40 x 0,52. Più regolare, con ordinamento a corsiorizzontali di pietre a taglio prevalentemente subquadrato, è il paramento interno dellatholos, in cui, a circa m 3 d’altezza dal suolo, si osserva il passaggio da una struttura basalenella gran parte del giro a grossi blocchi a una parete più leggera e curata di pietre tagliatein forma di parallelogrammi piatti e allungati uniti fra di loro con piccole schegge e rinzaf-fo di malta di fango (misure di blocchi, al filare di base apparente in fondo alla camera, m0,90 x 0,30; 0,30 x 0,26; 0,78 x 0,25; 0,76 x 0,35; 0,65 x 0,33; 0,68 x 0,46; 1,10 x 0,20).A Nordest la torre è contraffortata da un muro, visibile per breve tratto alla distanza di m3,30, residuato per l’altezza apparente di m 2, con tre filari di pietre nella stessa tecnica diquella del cono (tav. III, 4). Il contrafforte è della medesima età della torre da supporsicostruita verso il 1000 a.C. o poco prima.Bibliografia: Spano, Scoperte archeologiche in Sardegna, 1865, p. 54; Memoria, 1867, p. 70; Centurione,“Studii” cit., 1888, p. 69; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., II, 1892, p. 247 (non meno di 12 metri d’al-tezza ai suoi tempi); F. De Rosa, Dell’uso dei nuraghi, 1909, p. 25; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei,XXXI, 1926, col. 425; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 133; Sardegna (Touring), vol. XX, p. 85,fig. 148; V. Mossa, Architettura domestica cit., 1957, p. 58, nota 70.

Tavola III, 1-4; nuraghe ARMÙNGIA-Armùngia (Cagliari).La torre vista da Sudsudovest (1-2); da Ovest (3) e da Nordest (4). Si veda tav. II, 2.

Tavola IV, 1-4: nuraghe ARMÙNGIA-Armùngia (Cagliari).Nicchione di sinistra (1), parte superiore della tholos (2), la scala sopraelevata (3) e an-dito, con garetta di sinistra, visto dall’interno (4). Si veda tav. II, 2.

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Tavole

Tavola I, 3: nuraghe BRUNKU KRISTÒU-Gèsturi (Cagliari).La fotografia fa vedere il nuraghe, in secondo piano, su un terrazzo marnoso che limi-ta, dominandolo, un valloncello risalente verso il ciglio della “giara” di Gèsturi. Il nu-raghe fa parte d’una serie di altre costruzioni consimili scaglionate sui ripiani dellapendice orientale del vasto altopiano della “giara”. Si osservi nella fotografia, presa daSudsudest, dalla strada provinciale da Barùmini a Gèsturi, la disposizione in profondi-tà dei terrazzi (brunkus), che permetteva una difesa su linee successive.Bibliografia: G. Lilliu, Not. di Scavi, 1940, p. 239.

Tavola II, 1: nuraghe ARMÙNGIA-Armùngia (Cagliari).La torre del nuraghe sullo sfondo del villaggio moderno, vista da Ovest. Si veda lascheda descrittiva di tav. II, 2.

Tavola II, 2: nuraghe ARMÙNGIA-Armùngia (Cagliari); tavv. II-IV; cartina B, 105.Si erge a quota di m 366, al margine Estnordest dell’abitato di Armùngia, sul punto piùalto del villaggio che gli sta al piede. Ha una bella vista all’intorno, aperta specie sull’alto-piano fronteggiante di Villasalto. Un paesaggio di pastori, silente e recesso, gli fa da am-biente. Il suo volume cilindroconico, visto da Ovestsudovest, spicca sul fondale dei volu-mi prismatici delle case moderne, disposte a gradoni, inciso contro il cielo e saldo sullabreve spianata su cui poggia da millenni (tav. II, 1). È un nuraghe monotorre, circolare,del diametro di m 12 circa alla base, rastremato a m 10,10/9,50 in alto (allo svettamen-to), dove il cono si schiaccia leggermente sull’asse Est-ovest (tav. III, 1-4). Mostra l’ingres-so a Sudest, con la porta completamente mancante perché demolita quando fu asportataparte della fronte della torre per utilizzare le pietre nella costruzione del prossimo Munici-pio (poi, in seguito all’intervento delle Autorità, il prospetto fu rifoderato con un appa-recchio minuto che fa vedere bene il restauro moderno, tav. III, 1). Il vano d’entrata, sullabase dei muri moderni ripresi sugli antichi, si misura in m 1,20 di larghezza; impossibilericostruire l’altezza che non superava, però, i due metri. Dietro la porta, l’andito stromba-to verso la camera (da m 1,20 a m 1,70 alla mezzeria a m 1,60 di larghezza allo sfocio incella), riceve le aperture di due garette di piano triangolare con le pareti curvilinee che se-guono all’interno il giro esterno del cono: la garetta destra è di m 2,95 di profonditàx 1,10 di larghezza x 1,50 d’altezza, la sinistra (tav. IV, 4) di m 2,50 x 0,95 x 1,42. L’andi-to, lungo m 4 e alto da m 2,80 (sulla linea delle garette) a m 3,40 (allo sbocco nella came-ra, tav. IV, 4), mette nel grande vano “a tholos”, di suggestiva architettura. Centrico, cir-colare del diametro di m 5,40, il vasto ambiente si eleva, con bella disposizione orizzontaledi trentun anelli concentrici, fino a m 8,25 d’altezza mancando la serraglia che lascia unvuoto superiore di m 1,90/1,80 di diametro (tav. IV, 2). Si può calcolare che la tholos, al-l’origine, si chiudesse a circa m 9 d’altezza costituendo così una delle camere nuragichepiù spaziose dell’Isola, con respiro analogo a quello della meravigliosa tholos del nuragheIs Paras di Isili (vedi). Nella camera, ai lati, si aprono due armadioni destinati a giaciglio.Quello a destra, a m 3,30 dallo spigolo interno dell’andito, è di pianta trapezoidale; haprofondità di m 1,40 x altezza di m 2,95 x larghezza di m 1,90 all’apertura e 2,24 sullaparete di fondo. Il nicchione a sinistra (tav. IV, 1), anch’esso a m 3,30 dello spigolo del-l’andito, ha piano ellittico, od oblungo, con profondità di m 1,90, altezza di 2,75 elarghezza all’apertura di m 1,45 mentre la parete di fondo, leggermente curvilinea, si

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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a sezione trapezia, larga m 1 e alta 1,55, è sormontata da pietra d’architrave di m 1,60x 0,52 x 0,70 alleggerita da uno spiraglio rettangolare di m 0,37 x 0,15/0,20 (tav.VIII, 3-4). L’andito retrostante alla porta, di m 4,50 di lunghezza x 1,40 di larghezza,va elevandosi dal vano d’ingresso allo sfocio nella camera dove raggiunge l’altezza dim 3,10; le pareti sono costituite da 9 file aggettanti di pietre, il soffitto da corte lastrepiane, il tutto definito in una sezione ogivale ben evidente sul profilo della camera(tav. IX, 2). L’andito stesso, a 2 metri dalla porta esterna, riceve le aperture della scala (adestra) e della garetta (a sinistra). La scala, di m 1,10 di larghezza x 2,90 d’altezza con 7file di blocchi e architrave a fil d’andito, gira da sinistra a destra con 6 gradini in evi-denza e per il resto ostruita e porta al terrazzo sfociandovi, ristretta nel vano a m 0,70di larghezza, dopo un percorso di m 5,50. La garetta (tav. IX, 1), di pianta angolarecon fianchi curvilinei a 6 file di pietre, misura m 0,70 di larghezza (all’apertura) x2,10 di profondità; è alta all’apertura sull’andito, di sezione trapezoidale, m 1,95. Lacamera “a tholos”, del diametro basale di m 4,85/4,75, va restringendosi a ogiva e sieleva fino all’altezza residua di m 4,80/5,15; in alto si apre ora in un occhio circolaredi m 3,50, a causa del crollo dei giri finali e della serraglia della cupola. Intorno allacamera si dispongono in croce non regolare tre nicchie. L’una sul fondo, disassiale pe-rò rispetto all’andito d’ingresso, di piano trapezoidale e di sezione ogivale, misura m1,20/1,55 di larghezza x 1,72 di profondità x 2,35; le altre, laterali, di piano a trequarti di cerchio e con sezione trapezoidale all’apertura: la destra di m 0,95/1,60 x1,85 x 2,15 (tav. IX, 4) e la sinistra di m 1/1,20 x 1,35 x 2. Le nicchie, come la scala ela garetta, si rilevano con una soglia sul piano del pavimento. La torre, con muri incli-nati di 10° (tav. VIII, 1-3), si conserva all’esterno per l’altezza residua massima di m5,30 (a Nord); il profilo murario varia dalla cadenza rigida (tav. VIII, 3) a quella con-vessa, a Nord. La disposizione del paramento, in granito, è irregolare; l’ordinamento afilari si presenta discontinuo, a tratti (tav. VIII, 2) non è per nulla rispettato facendosiluogo a una struttura a “congerie”. Le pietre sono di forma varia: poliedrica, tondeg-giante, ellittica, più raramente subquadrata, con zeppe di granito e di trachite; misu-rano (alla base) m 1 x 0,45; 1,35 x 0,50; 0,60 x 0,35; 0,76 x 0,40; 0,87 x 0,40; 0,80 x0,45. Nella parte elevata della torre, sopra il paramento rozzo correva un paramentoterso e liscio a una o più file di blocchi trachitici spianati a scalpello, della nota foggiaa cuneo (v. Barùmini, Sarròk etc.). Sono pietre, di trachite rossa e grigiastra portata dalontano, forse dall’altopiano di Samughèo, di m 0,40 di faccia a vista x 0,17 d’altezzax 0,45 di profondità in muro. Anche la struttura delle pareti della tholos non è regola-re. Alla disposizione a filari (fino a 13 nel tratto della nicchia laterale destra) segue, inaltra parte del giro, una sovrapposizione di blocchi piuttosto confusa. Il maggior nu-mero delle pietre risulta messo in opera senza lavorazione, con la faccia in evidenzaquale determinata dal taglio operato nella cava, per il resto d’aspetto scabro, al natura-le. Le forme ripetono quelle del paramento esterno, vi è di diverso un uso frequentedi zeppe e l’impiego della malta di fango (tav. IX, 3-4). Le pietre sono più grosse allabase (m 0,70 x 0,50; 1,10 x 0,50; 0,50 x 0,40; 0,40 x 0,37; 1,20 x 0,50; 1 x 0,50) evanno diminuendo di dimensioni e di peso verso la sommità dell’ogiva. A Sudest delnuraghe, a 35 m di distanza su un ripiano più in basso, si osservano i resti d’una tom-ba di giganti, coeva alla torre. Si può ricostruire una lunghezza del corpo esterno di fab-brica di m 20 circa, mentre il corridoio, di m 1,10 di larghezza basale x 0,40 di altezza

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Tavole

Tavola V, 1: nuraghe SCANDARÌU-Armùngia (Cagliari); tavv. V-VI; cartina B, 104.Sorge a quota di m 474, al margine d’una superficie di spianamento di natura schistosacon vene di calcare, dominante sulla valle del riu Dolu, in magnifica posizione. È unnuraghe monotorre, circolare, del diametro di circa 10 metri, con l’ingresso a Sud-ovestovest (tav. V, 1-4). L’andito retrostante, di m 3 di lunghezza, senza spazi sussidiari,introduce alla camera, rotonda, di m 4/4,20 di diametro al piano di colmata, provvista didue nicchie laterali: quella a sinistra (tav. VI, 3) di m 2 di larghezza basale x 3,40 d’altez-za, quella a destra (tav. VI, 4) non rilevabile per intero perché in gran parte sepolta dallemacerie tranne il culmine. Sempre nella camera, nella parete sinistra di chi entra, a m4,60 dal pavimento, si osserva l’apertura della scala che porta al terrazzo, col soffittocrollato. La torre all’esterno si conserva per circa 10 metri d’altezza (a Sudovestsud). Lacamera, a sezione ogivale (tav. VI, 1) residua per l’elevato di m 5,40. La sezione del cor-ridoio d’ingresso è angolare (tav. VI, 2); rastremati verso l’alto sono i vani delle nicchiecon pareti ad aggetto e con architrave di chiusura corrispondente a un anello murariodella parete a corsi orizzontali. L’opera muraria è in blocchi di schisto metamorfosato, diforma poliedrica alla base della torre, dove le pietre sono anche di dimensioni maggioridi quelle dei filari medi e superiori a disposizione quasi regolare e con elementi di tagliosubquadrato. La camera ha pareti aggettanti composte in file più o meno orizzontali, alastre subrettangolari con frequenti zeppe messe obliquamente o per dritto nelle connes-sure, senza uso alcuno di malta. Attorno alla torre, a qualche distanza dalla base e speciea Nordest e a Nord, sono ben visibili i resti d’un contrafforte rettilineo a Nordest e condue bracci che s’incontrano ad angolo ottuso a Nord (qui si osservano da 5 a 8 file dipietre di medie e piccole dimensioni, della stessa tecnica di quella della torre). A 20 me-tri circa a Nordnordest del nuraghe si riconoscono resti d’una capanna antica, in piccoliblocchi. Avanzi di stoviglie d’impasto nuragico e di ceramiche romane si osservano nelleadiacenze e specie nella spianata a Sudovest della torre.Bibliografia: Spano, Memoria, 1867, p. 70; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 78; Boscolo-Pintor-Ser-ra, Guida, 1951, p. 133.

Tavola V, 2-4: nuraghe SCANDARÌU-Armùngia (Cagliari).La torre del nuraghe vista da Sudovest (2), da Sudsudovest (3) e da Sud (4) si vedatav. V, 1 (scheda).

Tavola VI, 1-4: nuraghe SCANDARÌU-Armùngia (Cagliari).Particolare della camera, vista dall’ingresso (1); andito visto dall’interno (2); nicchionelaterale di sinistra (3); nicchione di destra (a sinistra nella fotografia) e parte superioredi altro vano (nicchia o stipo) ricolmo di macerie (4); si veda tav. V, 1.

Tavola VII, 1: nuraghe PERDA ARRÙBIA-Samughèo (Cagliari); tavv. VII-IX; cartina B, 66.Si erge in località Puddargiu, a quota di m 497, su d’un poggio che domina la valledel riu Noèdde affluente del riu Accòro, ridente di vigneti, di frutteti e popolato dicase rurali. Il luogo intorno è riparato dai venti, idoneo per tenervi il bestiame senzaoffesa del freddo, chiuso com’è da una chiostra di colline coperte di roveri e querciesui margini della valle verdeggiante di pioppi (tav. VII, 2). È un nuraghe monotor-re, circolare del diametro di m 12, con l’ingresso volto a Sudest; la porta di questo,

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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a sezione trapezia, larga m 1 e alta 1,55, è sormontata da pietra d’architrave di m 1,60x 0,52 x 0,70 alleggerita da uno spiraglio rettangolare di m 0,37 x 0,15/0,20 (tav.VIII, 3-4). L’andito retrostante alla porta, di m 4,50 di lunghezza x 1,40 di larghezza,va elevandosi dal vano d’ingresso allo sfocio nella camera dove raggiunge l’altezza dim 3,10; le pareti sono costituite da 9 file aggettanti di pietre, il soffitto da corte lastrepiane, il tutto definito in una sezione ogivale ben evidente sul profilo della camera(tav. IX, 2). L’andito stesso, a 2 metri dalla porta esterna, riceve le aperture della scala (adestra) e della garetta (a sinistra). La scala, di m 1,10 di larghezza x 2,90 d’altezza con 7file di blocchi e architrave a fil d’andito, gira da sinistra a destra con 6 gradini in evi-denza e per il resto ostruita e porta al terrazzo sfociandovi, ristretta nel vano a m 0,70di larghezza, dopo un percorso di m 5,50. La garetta (tav. IX, 1), di pianta angolarecon fianchi curvilinei a 6 file di pietre, misura m 0,70 di larghezza (all’apertura) x2,10 di profondità; è alta all’apertura sull’andito, di sezione trapezoidale, m 1,95. Lacamera “a tholos”, del diametro basale di m 4,85/4,75, va restringendosi a ogiva e sieleva fino all’altezza residua di m 4,80/5,15; in alto si apre ora in un occhio circolaredi m 3,50, a causa del crollo dei giri finali e della serraglia della cupola. Intorno allacamera si dispongono in croce non regolare tre nicchie. L’una sul fondo, disassiale pe-rò rispetto all’andito d’ingresso, di piano trapezoidale e di sezione ogivale, misura m1,20/1,55 di larghezza x 1,72 di profondità x 2,35; le altre, laterali, di piano a trequarti di cerchio e con sezione trapezoidale all’apertura: la destra di m 0,95/1,60 x1,85 x 2,15 (tav. IX, 4) e la sinistra di m 1/1,20 x 1,35 x 2. Le nicchie, come la scala ela garetta, si rilevano con una soglia sul piano del pavimento. La torre, con muri incli-nati di 10° (tav. VIII, 1-3), si conserva all’esterno per l’altezza residua massima di m5,30 (a Nord); il profilo murario varia dalla cadenza rigida (tav. VIII, 3) a quella con-vessa, a Nord. La disposizione del paramento, in granito, è irregolare; l’ordinamento afilari si presenta discontinuo, a tratti (tav. VIII, 2) non è per nulla rispettato facendosiluogo a una struttura a “congerie”. Le pietre sono di forma varia: poliedrica, tondeg-giante, ellittica, più raramente subquadrata, con zeppe di granito e di trachite; misu-rano (alla base) m 1 x 0,45; 1,35 x 0,50; 0,60 x 0,35; 0,76 x 0,40; 0,87 x 0,40; 0,80 x0,45. Nella parte elevata della torre, sopra il paramento rozzo correva un paramentoterso e liscio a una o più file di blocchi trachitici spianati a scalpello, della nota foggiaa cuneo (v. Barùmini, Sarròk etc.). Sono pietre, di trachite rossa e grigiastra portata dalontano, forse dall’altopiano di Samughèo, di m 0,40 di faccia a vista x 0,17 d’altezzax 0,45 di profondità in muro. Anche la struttura delle pareti della tholos non è regola-re. Alla disposizione a filari (fino a 13 nel tratto della nicchia laterale destra) segue, inaltra parte del giro, una sovrapposizione di blocchi piuttosto confusa. Il maggior nu-mero delle pietre risulta messo in opera senza lavorazione, con la faccia in evidenzaquale determinata dal taglio operato nella cava, per il resto d’aspetto scabro, al natura-le. Le forme ripetono quelle del paramento esterno, vi è di diverso un uso frequentedi zeppe e l’impiego della malta di fango (tav. IX, 3-4). Le pietre sono più grosse allabase (m 0,70 x 0,50; 1,10 x 0,50; 0,50 x 0,40; 0,40 x 0,37; 1,20 x 0,50; 1 x 0,50) evanno diminuendo di dimensioni e di peso verso la sommità dell’ogiva. A Sudest delnuraghe, a 35 m di distanza su un ripiano più in basso, si osservano i resti d’una tom-ba di giganti, coeva alla torre. Si può ricostruire una lunghezza del corpo esterno di fab-brica di m 20 circa, mentre il corridoio, di m 1,10 di larghezza basale x 0,40 di altezza

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Tavole

Tavola V, 1: nuraghe SCANDARÌU-Armùngia (Cagliari); tavv. V-VI; cartina B, 104.Sorge a quota di m 474, al margine d’una superficie di spianamento di natura schistosacon vene di calcare, dominante sulla valle del riu Dolu, in magnifica posizione. È unnuraghe monotorre, circolare, del diametro di circa 10 metri, con l’ingresso a Sud-ovestovest (tav. V, 1-4). L’andito retrostante, di m 3 di lunghezza, senza spazi sussidiari,introduce alla camera, rotonda, di m 4/4,20 di diametro al piano di colmata, provvista didue nicchie laterali: quella a sinistra (tav. VI, 3) di m 2 di larghezza basale x 3,40 d’altez-za, quella a destra (tav. VI, 4) non rilevabile per intero perché in gran parte sepolta dallemacerie tranne il culmine. Sempre nella camera, nella parete sinistra di chi entra, a m4,60 dal pavimento, si osserva l’apertura della scala che porta al terrazzo, col soffittocrollato. La torre all’esterno si conserva per circa 10 metri d’altezza (a Sudovestsud). Lacamera, a sezione ogivale (tav. VI, 1) residua per l’elevato di m 5,40. La sezione del cor-ridoio d’ingresso è angolare (tav. VI, 2); rastremati verso l’alto sono i vani delle nicchiecon pareti ad aggetto e con architrave di chiusura corrispondente a un anello murariodella parete a corsi orizzontali. L’opera muraria è in blocchi di schisto metamorfosato, diforma poliedrica alla base della torre, dove le pietre sono anche di dimensioni maggioridi quelle dei filari medi e superiori a disposizione quasi regolare e con elementi di tagliosubquadrato. La camera ha pareti aggettanti composte in file più o meno orizzontali, alastre subrettangolari con frequenti zeppe messe obliquamente o per dritto nelle connes-sure, senza uso alcuno di malta. Attorno alla torre, a qualche distanza dalla base e speciea Nordest e a Nord, sono ben visibili i resti d’un contrafforte rettilineo a Nordest e condue bracci che s’incontrano ad angolo ottuso a Nord (qui si osservano da 5 a 8 file dipietre di medie e piccole dimensioni, della stessa tecnica di quella della torre). A 20 me-tri circa a Nordnordest del nuraghe si riconoscono resti d’una capanna antica, in piccoliblocchi. Avanzi di stoviglie d’impasto nuragico e di ceramiche romane si osservano nelleadiacenze e specie nella spianata a Sudovest della torre.Bibliografia: Spano, Memoria, 1867, p. 70; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 78; Boscolo-Pintor-Ser-ra, Guida, 1951, p. 133.

Tavola V, 2-4: nuraghe SCANDARÌU-Armùngia (Cagliari).La torre del nuraghe vista da Sudovest (2), da Sudsudovest (3) e da Sud (4) si vedatav. V, 1 (scheda).

Tavola VI, 1-4: nuraghe SCANDARÌU-Armùngia (Cagliari).Particolare della camera, vista dall’ingresso (1); andito visto dall’interno (2); nicchionelaterale di sinistra (3); nicchione di destra (a sinistra nella fotografia) e parte superioredi altro vano (nicchia o stipo) ricolmo di macerie (4); si veda tav. V, 1.

Tavola VII, 1: nuraghe PERDA ARRÙBIA-Samughèo (Cagliari); tavv. VII-IX; cartina B, 66.Si erge in località Puddargiu, a quota di m 497, su d’un poggio che domina la valledel riu Noèdde affluente del riu Accòro, ridente di vigneti, di frutteti e popolato dicase rurali. Il luogo intorno è riparato dai venti, idoneo per tenervi il bestiame senzaoffesa del freddo, chiuso com’è da una chiostra di colline coperte di roveri e querciesui margini della valle verdeggiante di pioppi (tav. VII, 2). È un nuraghe monotor-re, circolare del diametro di m 12, con l’ingresso volto a Sudest; la porta di questo,

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Tavola XIV, 1: nuraghe GONI-Goni (Cagliari); tavv. XIV-XVI; cartina B, 103.Prende il nome dall’abitato moderno di Goni, da cui dista km 1,250 a Nordnordovest.Si eleva, pittorescamente dominante, su un breve altopiano orientato in senso Nord-nordest-Sudsudovest, che degrada a terrazze irregolari sulle valli di S’Utturu ’e s’Idda(dove si adagia Goni) a Sudsudest e di Pala ’e Nuraxi e di riu Uvìni, più a distanza, aNordnordovest. Il nuraghe, con la platea subellittica che lo circonda e lo sostiene (tav.XIV, 1), si adatta alla morfologia allungata dell’altopiano e ne segue la direzione. Le li-nee naturali della roccia sono riprese e integrate con l’opera muraria, al fine di assicura-re insieme la statica dell’edifizio e la sua efficienza difensiva. La bella torre è di formacircolare (tavv. XIV, 2, XV, 1-3), del diametro basale approssimativo di 10 metri, conl’ingresso a Sudsudest di m 1,40 d’altezza apparente x 0,70 di larghezza sull’attuale pia-no di calpestio; sormonta la luce della porta un architrave (m 1 x 0,70 x 0,40) allegge-rito da spiraglio (tav. XV, 1, 3). Dietro la porta, l’andito di m 2,50 di lunghezza, ricevesulla destra l’apertura d’una garetta, o meglio del resto del vano d’un’antica scala crolla-ta nella parte mediana e superiore, e adattata, conservando i gradini della parte inferio-re, a spazio per il soldato di guardia (si contano cinque gradini, ma si può calcolare unsesto sepolto sotto il terriccio archeologico del deposito). La camera centrica, rotonda,del diametro di m 4,38/4,40, si articola in tre nicchioni disposti in croce: uno sul fon-do di m 3 d’altezza x 1 di larghezza x 1,30 di profondità (tav. XVI, 2); un secondo a si-nistra di m 3 x 1,30 x 1,36 ed il terzo a destra di m 3 x 1,10 x 1,60. Quest’ultimo, sul-la destra in fondo, svolta in un piccolo e stretto vano a sezione angolare di m 0,75 dilarghezza x 1,85 di profondità x 1,40 di altezza evidente: lo si può immaginare il ripo-stiglio d’un’alcova sistemata nella nicchia. Sempre dentro la camera, sulla parete a sini-stra tra lo spigolo interno dell’andito di ingresso e il nicchione, a m 3,35 d’altezza sulcolmaticcio, si presenta la luce triangolare del vano della scala al terrazzo, di m 0,70 dilarghezza basale x 1,00 d’altezza. La scala, molto ripida, si svolge tutta nell’arco di mu-ro compreso fra il nicchione sinistro e l’andito, cioè non passa al disopra dell’andito co-me altrove; a sezione trapezoidale (larghezza da 0,60/0,65 alla base a 0,32 sotto le lastredel soffitto), alta da m 0,90 a 1,55, mostra gradini molto erti e stretti di 0,20 d’alzo x0,14/0,10 di piede, ed è rischiarata da finestrini di luce. Sfocia sull’alto della torre dovesi misura il diametro di m 6 in senso Est-ovest. La torre si conserva per l’altezza da m8,10 (a Nordovest) a 7,10 (a Sud). Il profilo del muro è molto e variamente inclinato.Il volume a Estnordest prende sagoma cilindroconica, nel resto troncoconica, sì chementre per i tre quarti del giro il filo murario cade rigido e dritto sull’obliqua (tav. XV,1-3), nell’arco di Estnordest si staglia disegnando una lieve convessità (tav. XIV, 2). Ladiversità nel profilo è dovuta al fatto che la torre, crollata in un certo periodo, è statapoi rifatta riprendendone le vecchie murature a varia altezza. La camera, perfettamenteconservata, a bella sezione ogivale e con disposizione regolare di anelli, è alta circa m 8(tav. XVI, 1). Le sezioni degli altri vani o luci (andito, garetta, nicchioni, apertura sca-la) sono angolari. Le linee sono slanciate, svelte, essenziali. L’opera muraria, all’esterno,è del tipo subquadrato con file di pietre calcari ordinate a filari. Si distinguono peròdue strutture, ben differenziate per forma taglio e dimensioni di pietre, corrispondentia due periodi diversi e successivi (tav. XV, 1-3). Alla base, fino a circa 3 metri d’altezza,la muratura consta di blocchi quadrangolari e anche poliedrici con qualche scheggianegli interstizi, di grandi e medie proporzioni; alcuni tratti del paramento, specie a

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Tavole

apparente, si segue per la lunghezza di m 14,50. L’orientamento del corridoio è in sen-so Nordnordovest-sudsudest, l’esedra antistante è da supporsi a Sudsudest, all’estremitàdel dromos dove si osservano ancora in posto enormi lastroni di copertura del soffittopiattabandato: m 1,05 di lunghezza x 1,90 di larghezza x 0,37 di spessore; 1 x 0,60 x0,30; nel corridoio si possono misurare anche le pietre delle fiancate, ridotte al filaredi base, di forma subquadrata alcune ed altre di taglio simile a quelle adoperate nel vici-no nuraghe (m 0,60 x 0,45 x 0,30; 0,40 x 0,40; 0,70 x 0,40; 1 x 0,40). La tomba è statafatta oggetto di scavi clandestini alla ricerca del tesoro, ma forse l’intero deposito non èstato asportato. Più giù della tomba, lungo la pendice verso la strada da Samughèo adAtzara si raccolgono frammenti di stoviglie romane, fra cui esempi pseudoaretini: in-dizi che nel luogo dell’antico abitato nuragico continuò a sopravvivere un piccolo centrorurale in età storica.Bibliografia: Inedito.

Tavola VII, 2: nuraghe PERDA ARRÙBIA-Samughèo (Cagliari).Il rialto della tomba (in primo piano) e la torre del nuraghe (sullo sfondo), visti daSudestsud; v. scheda a tav. VII, 1.

Tavola VIII, 1-4: nuraghe PERDA ARRÙBIA-Samughèo (Cagliari).La torre da Sudovest (1), da Ovest (2); particolare dell’inclinazione del muro sul latodestro della porta d’ingresso (3); porta d’ingresso architravata, da Sudest (4); v. schedaa tav. VII, 1.

Tavola IX, 1-4: nuraghe PERDA ARRÙBIA-Samughèo (Cagliari).La garetta dell’andito, vista dalla camera (1); l’andito dall’interno (2); la nicchia difondo (3); la nicchia laterale a destra (4); v. scheda a tav. VII, 1.

Tavola X: nuraghe di SANTA SARBÀNA-Silànus (Nùoro).La torre vista dal lato dell’ingresso. Si noti la regolarità dei corsi delle pietre e la bellageometrica cadenza del volume troncoconico che si staglia contro lo sfondo dell’alto-piano. Vedi la scheda descrittiva di figura 2, 3.

Tavola XI: nuraghe MADRONE od OROLÌO-Silànus (Nùoro).La torre vista dalla parte dell’ingresso. Si osservi lo slancio del cono e la regolarità dellasua inclinazione di muri. Si veda la scheda descrittiva di figura 1, 18.

Tavola XII, 1-3: nuraghe ADDÈU-Gèsturi (Cagliari).Alla sinistra in alto, sul terrazzo che domina la strada Barùmini-Gèsturi, il nuraghe;sullo sfondo il Monte d’Ìsili al cui piede è la valle del riu Mannu (1); il nuraghe vistoda Sudsudovest (2) e da Ovest (3). Si veda la scheda descrittiva di figura 6, 6.

Tavola XIII, 1-4: nuraghe ADDÈU-Gèsturi (Cagliari).Cortina del contrafforte del nuraghe da Sudest (1) e da Sudsudovest (2); particolaredi pietra sagomata d’angolo della stessa cortina, da Sudest (3); particolare del giro del-la torre antica, da Sud (4). Si veda la scheda descrittiva della figura 6, 6.

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Tavola XIV, 1: nuraghe GONI-Goni (Cagliari); tavv. XIV-XVI; cartina B, 103.Prende il nome dall’abitato moderno di Goni, da cui dista km 1,250 a Nordnordovest.Si eleva, pittorescamente dominante, su un breve altopiano orientato in senso Nord-nordest-Sudsudovest, che degrada a terrazze irregolari sulle valli di S’Utturu ’e s’Idda(dove si adagia Goni) a Sudsudest e di Pala ’e Nuraxi e di riu Uvìni, più a distanza, aNordnordovest. Il nuraghe, con la platea subellittica che lo circonda e lo sostiene (tav.XIV, 1), si adatta alla morfologia allungata dell’altopiano e ne segue la direzione. Le li-nee naturali della roccia sono riprese e integrate con l’opera muraria, al fine di assicura-re insieme la statica dell’edifizio e la sua efficienza difensiva. La bella torre è di formacircolare (tavv. XIV, 2, XV, 1-3), del diametro basale approssimativo di 10 metri, conl’ingresso a Sudsudest di m 1,40 d’altezza apparente x 0,70 di larghezza sull’attuale pia-no di calpestio; sormonta la luce della porta un architrave (m 1 x 0,70 x 0,40) allegge-rito da spiraglio (tav. XV, 1, 3). Dietro la porta, l’andito di m 2,50 di lunghezza, ricevesulla destra l’apertura d’una garetta, o meglio del resto del vano d’un’antica scala crolla-ta nella parte mediana e superiore, e adattata, conservando i gradini della parte inferio-re, a spazio per il soldato di guardia (si contano cinque gradini, ma si può calcolare unsesto sepolto sotto il terriccio archeologico del deposito). La camera centrica, rotonda,del diametro di m 4,38/4,40, si articola in tre nicchioni disposti in croce: uno sul fon-do di m 3 d’altezza x 1 di larghezza x 1,30 di profondità (tav. XVI, 2); un secondo a si-nistra di m 3 x 1,30 x 1,36 ed il terzo a destra di m 3 x 1,10 x 1,60. Quest’ultimo, sul-la destra in fondo, svolta in un piccolo e stretto vano a sezione angolare di m 0,75 dilarghezza x 1,85 di profondità x 1,40 di altezza evidente: lo si può immaginare il ripo-stiglio d’un’alcova sistemata nella nicchia. Sempre dentro la camera, sulla parete a sini-stra tra lo spigolo interno dell’andito di ingresso e il nicchione, a m 3,35 d’altezza sulcolmaticcio, si presenta la luce triangolare del vano della scala al terrazzo, di m 0,70 dilarghezza basale x 1,00 d’altezza. La scala, molto ripida, si svolge tutta nell’arco di mu-ro compreso fra il nicchione sinistro e l’andito, cioè non passa al disopra dell’andito co-me altrove; a sezione trapezoidale (larghezza da 0,60/0,65 alla base a 0,32 sotto le lastredel soffitto), alta da m 0,90 a 1,55, mostra gradini molto erti e stretti di 0,20 d’alzo x0,14/0,10 di piede, ed è rischiarata da finestrini di luce. Sfocia sull’alto della torre dovesi misura il diametro di m 6 in senso Est-ovest. La torre si conserva per l’altezza da m8,10 (a Nordovest) a 7,10 (a Sud). Il profilo del muro è molto e variamente inclinato.Il volume a Estnordest prende sagoma cilindroconica, nel resto troncoconica, sì chementre per i tre quarti del giro il filo murario cade rigido e dritto sull’obliqua (tav. XV,1-3), nell’arco di Estnordest si staglia disegnando una lieve convessità (tav. XIV, 2). Ladiversità nel profilo è dovuta al fatto che la torre, crollata in un certo periodo, è statapoi rifatta riprendendone le vecchie murature a varia altezza. La camera, perfettamenteconservata, a bella sezione ogivale e con disposizione regolare di anelli, è alta circa m 8(tav. XVI, 1). Le sezioni degli altri vani o luci (andito, garetta, nicchioni, apertura sca-la) sono angolari. Le linee sono slanciate, svelte, essenziali. L’opera muraria, all’esterno,è del tipo subquadrato con file di pietre calcari ordinate a filari. Si distinguono peròdue strutture, ben differenziate per forma taglio e dimensioni di pietre, corrispondentia due periodi diversi e successivi (tav. XV, 1-3). Alla base, fino a circa 3 metri d’altezza,la muratura consta di blocchi quadrangolari e anche poliedrici con qualche scheggianegli interstizi, di grandi e medie proporzioni; alcuni tratti del paramento, specie a

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apparente, si segue per la lunghezza di m 14,50. L’orientamento del corridoio è in sen-so Nordnordovest-sudsudest, l’esedra antistante è da supporsi a Sudsudest, all’estremitàdel dromos dove si osservano ancora in posto enormi lastroni di copertura del soffittopiattabandato: m 1,05 di lunghezza x 1,90 di larghezza x 0,37 di spessore; 1 x 0,60 x0,30; nel corridoio si possono misurare anche le pietre delle fiancate, ridotte al filaredi base, di forma subquadrata alcune ed altre di taglio simile a quelle adoperate nel vici-no nuraghe (m 0,60 x 0,45 x 0,30; 0,40 x 0,40; 0,70 x 0,40; 1 x 0,40). La tomba è statafatta oggetto di scavi clandestini alla ricerca del tesoro, ma forse l’intero deposito non èstato asportato. Più giù della tomba, lungo la pendice verso la strada da Samughèo adAtzara si raccolgono frammenti di stoviglie romane, fra cui esempi pseudoaretini: in-dizi che nel luogo dell’antico abitato nuragico continuò a sopravvivere un piccolo centrorurale in età storica.Bibliografia: Inedito.

Tavola VII, 2: nuraghe PERDA ARRÙBIA-Samughèo (Cagliari).Il rialto della tomba (in primo piano) e la torre del nuraghe (sullo sfondo), visti daSudestsud; v. scheda a tav. VII, 1.

Tavola VIII, 1-4: nuraghe PERDA ARRÙBIA-Samughèo (Cagliari).La torre da Sudovest (1), da Ovest (2); particolare dell’inclinazione del muro sul latodestro della porta d’ingresso (3); porta d’ingresso architravata, da Sudest (4); v. schedaa tav. VII, 1.

Tavola IX, 1-4: nuraghe PERDA ARRÙBIA-Samughèo (Cagliari).La garetta dell’andito, vista dalla camera (1); l’andito dall’interno (2); la nicchia difondo (3); la nicchia laterale a destra (4); v. scheda a tav. VII, 1.

Tavola X: nuraghe di SANTA SARBÀNA-Silànus (Nùoro).La torre vista dal lato dell’ingresso. Si noti la regolarità dei corsi delle pietre e la bellageometrica cadenza del volume troncoconico che si staglia contro lo sfondo dell’alto-piano. Vedi la scheda descrittiva di figura 2, 3.

Tavola XI: nuraghe MADRONE od OROLÌO-Silànus (Nùoro).La torre vista dalla parte dell’ingresso. Si osservi lo slancio del cono e la regolarità dellasua inclinazione di muri. Si veda la scheda descrittiva di figura 1, 18.

Tavola XII, 1-3: nuraghe ADDÈU-Gèsturi (Cagliari).Alla sinistra in alto, sul terrazzo che domina la strada Barùmini-Gèsturi, il nuraghe;sullo sfondo il Monte d’Ìsili al cui piede è la valle del riu Mannu (1); il nuraghe vistoda Sudsudovest (2) e da Ovest (3). Si veda la scheda descrittiva di figura 6, 6.

Tavola XIII, 1-4: nuraghe ADDÈU-Gèsturi (Cagliari).Cortina del contrafforte del nuraghe da Sudest (1) e da Sudsudovest (2); particolaredi pietra sagomata d’angolo della stessa cortina, da Sudest (3); particolare del giro del-la torre antica, da Sud (4). Si veda la scheda descrittiva della figura 6, 6.

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tipo buccheroide, d’età nuragica evoluta. Nella spianata, specie a Nordnordest del nu-raghe, si intravvedono, affioranti dal terreno cespuglioso, avanzi di muri che potrebbe-ro appartenere a capanne del periodo nuragico. Si tratta, comunque, di segni di vitaantichissima.Bibliografia: A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, pp. 41, 43 s., 76, 85, pl. XII, 2, 2’; Angius, in Casalis,Dizionario, VIII, 1841, p. 184; Spano, Memoria, 1867, p. 97 s., tav. I, 4; Paleoetnologia sarda ossia l’etàpreistorica segnata nei monumenti che si trovano in Sardegna, 1871, p. 23; S. A. De Castro, I primi abi-tatori della Sardegna, Sàssari 1878, p. 100; Centurione, “Studii” cit., 1888, pp. 32, 52, fig. XIV, pp. 65,70, 112; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., II, 1892, p. 249; F. Corona, Guida cit., 1896, p. 280; G. Vac-ca, Posizione geografica cit., 1917, p. 12 (fot. in copertina interna); E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p.117; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 118; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 157, 159, 161.

Tavola XIV, 2: nuraghe GONI-Goni (Cagliari).Il nuraghe visto da Sudest: in primo piano particolare della platea di argine, in fondola torre; v. scheda a tav. XIV, 1.

Tavola XV, 1-3: nuraghe GONI-Goni (Cagliari).La torre vista da Sud (1), Sudovest (2) e Sudsudovest, con particolare dell’ingresso (3);v. scheda a tav. XIV, 1.

Tavola XVI, 1-2: nuraghe GONI-Goni (Cagliari).La falsa volta alla serraglia (1) e il nicchione di fondo della camera (2); v. scheda tav.XIV, 1.

Tavola XVII, 1: nuraghe ASÒRU-San Vito (Cagliari); tavv. XVII-XXI; cartina B, 106.Sta in una conca valliva circondata da una chiostra di alture degradanti verso il mare diKolostrài, su cui si apre con un varco a Sudest lasciando spazio a impaludamenti e rista-gni salmastri. Distante 6 km circa dalla linea marina, occupa il centro della conca, a ter-razzi di formazione alluvionale incisi dai torrenti che scendono al litorale, versandosifuori dagli alvei, dai monti dei Sette Fratelli. La conca il nuraghe la domina tutta, situa-to su uno dei terrazzi a m 28 di quota, sino al lontano varco sull’orizzonte marino dacui potevano venire la sorpresa e l’attacco di gente che dalla piana, per le vie naturali deitorrentelli, intendessero penetrare, verso Ovest, nel cuore della montagna. Sorveglia an-che il solco vallivo, tortuoso e pittoresco, del riu Sa Picocca, al suo sfocio nella conca,guardando l’unica via naturale di transito tra la piana di Muravera e quella del Campi-dano minore verso il golfo di Cagliari. Posizione altamente strategica, dunque, per l’in-contro di queste porte naturali di conquista e di penetrazione verso Ovest e verso Sud, acui si univa l’utilità economica offerta dalla fertile piana irrigua dove, in età medievale,fiorì il villaggio di Bidda Maiòri (o Villamaggiore) e dai monti sovrastanti ricchi di cac-cia, di frutti naturali del suolo, e adatti per il sostentamento e il soggiorno temporaneodel bestiame in un’economia pastorale a carattere in parte transumante quale era quelladei tempi nuragici. Il nuraghe si vede da lontano, isolato com’è nella conca sul rilievonaturale alla confluenza dei rius Su Linnamini e de S’Accu de Spardes, i quali scendonogiù del monte Narba (m 659) (tavv. XVII, 2, XVIII-XIX). È di facile accesso perché lolambisce al piede la strada orientale Cagliari-Muravera che si inoltra, fra mare e montagna,

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Ovest (tav. XV, 2) e a Sudsudest (a destra dell’ingresso, tav. XV, 1), mostrano i segnidel cedimento attraverso i massi usciti fuori dal piano di posa del filare e assestati, inmodo confuso ma saldo, rabberciando la parete alla meglio. Le strutture aggiunte, chespiccano a m 3/3,50 d’altezza e giungono fino alla sommità della torre, sono costituitedi lastre lunghe e basse disposte in file strette e ben curate, le quali risaltano con le pic-cole dimensioni (opera mediomicrolitica) sul grosso paramento sottostante. Specie nelgiro a Estnordest della torre si osserva il piano di spicco del paramento a lastre, ottenu-to regolarizzando la superficie mòzza dei muri antichi con un corso di lastroni dise-gnanti una fascia anulare ben marcata su cui si eleva il muro nuovo a piccoli elementi.Da notare anche che in cima alla torre, conservato nella parte Ovest, corre un giro diconci abbastanza ben tagliati (tav. XV, 2), di dimensioni maggiori delle lastre e minoridelle pietre del paramento di base, limitato a due file, giro che si può supporre delparapetto del terrazzo (misure delle lastre della struttura nuova: m 0,40 x 0,70 x 0,12d’altezza; 0,40 x 0,70 x 0,15; 0,40 x 0,70 x 0,35; misure dei conci del parapetto: 0,60x 0,55 x 0,20; 0,90 x 0,45 x 0,20). Anche dentro la camera si osservano gli avanzi mu-rari del vecchio nuraghe, alla base, con tratti del muro scompaginato e restaurato visi-bili specie all’interno dei nicchioni laterali, e, ben distinto, si apprezza il bel paramentodelle pareti rinnovate col piano di spicco a circa m 4 dal colmaticcio, corrispondente alpiano di spicco esterno. La cupola, rifatta, si sviluppa in anelli concentrici di blocchiper lo più subquadrati regolarizzati da scheggiame e da malta di fango; la chiave dellavolta è chiusa da un lastrone (tav. XVI, 1). In conclusione la lettura delle strutture mu-rarie del nuraghe indica che all’origine fu costruita una torre con scala d’andito e concamera articolata in tre nicchioni; che, poi, la torre, o durante la costruzione o ad operafinita o già usata, crollò per un accidente qualsiasi (fulmine, cedimento del terreno,attacco del nemico etc.); e che, infine, sempre in età nuragica fu restaurata e rifattatrasformando il tratto basale della scala d’andito in garetta e aprendo, dentro la tholossull’esempio d’un modello antico, la scala sopraelevata in quanto non era possibile ri-cavarla più alla base a causa della compromessa solidità delle fondazioni. L’articolazionedei vani sussidiari rimase come in origine, salvo riparazioni e integrazioni di particolaristrutturali. Attorno al basamento della torre gira uno zoccolo di rinforzo, di spessorevariante fra i m 2,60 (a Sudovest) e 1,70 (a Nordest), su due file di pietre apparenti perl’altezza visibile massima di m 1; di fronte all’ingresso il filo esterno dello zoccolo è di-stanziato di m 5,40 e forma una sorta di platea semicircolare. I blocchi che ne com-pongono il paramento sono di marna e arenaria, più grossi di quelli della parte inferio-re del cono, ma ugualmente di taglio subquadrato. Più a distanza avanzano i resti diuna piattaforma limitata da muri d’argine, di forma ellittica irregolare, con profilo adandamento concavo-convesso, da ritenersi costruita in occasione dei lavori di rifaci-mento del nuraghe per assicurarne la statica minacciata dalla natura del suolo rocciosocircostante facile allo sfaldamento (tav. XIV, 1-2). La piattaforma, di m 36 di lunghezzax 14,80 di larghezza (stando alle misure datene dal Lamarmora), si conserva per l’altezzada uno a due metri (meglio apprezzabile a Nordovest), ed è costruita da filari di lastroniche ricordano la tecnica e lo stile delle strutture rifatte della torre. Davanti al prospettodel nuraghe la piattaforma mostra diverse linee murarie a varia altezza forse per adattarsialla morfologia terrazzata della roccia e per rendere più difficile l’accesso nella parte piùvulnerabile del piccolo forte. Dentro la garetta si raccolgono cocci d’impasto, anche del

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tipo buccheroide, d’età nuragica evoluta. Nella spianata, specie a Nordnordest del nu-raghe, si intravvedono, affioranti dal terreno cespuglioso, avanzi di muri che potrebbe-ro appartenere a capanne del periodo nuragico. Si tratta, comunque, di segni di vitaantichissima.Bibliografia: A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, pp. 41, 43 s., 76, 85, pl. XII, 2, 2’; Angius, in Casalis,Dizionario, VIII, 1841, p. 184; Spano, Memoria, 1867, p. 97 s., tav. I, 4; Paleoetnologia sarda ossia l’etàpreistorica segnata nei monumenti che si trovano in Sardegna, 1871, p. 23; S. A. De Castro, I primi abi-tatori della Sardegna, Sàssari 1878, p. 100; Centurione, “Studii” cit., 1888, pp. 32, 52, fig. XIV, pp. 65,70, 112; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., II, 1892, p. 249; F. Corona, Guida cit., 1896, p. 280; G. Vac-ca, Posizione geografica cit., 1917, p. 12 (fot. in copertina interna); E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p.117; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 118; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 157, 159, 161.

Tavola XIV, 2: nuraghe GONI-Goni (Cagliari).Il nuraghe visto da Sudest: in primo piano particolare della platea di argine, in fondola torre; v. scheda a tav. XIV, 1.

Tavola XV, 1-3: nuraghe GONI-Goni (Cagliari).La torre vista da Sud (1), Sudovest (2) e Sudsudovest, con particolare dell’ingresso (3);v. scheda a tav. XIV, 1.

Tavola XVI, 1-2: nuraghe GONI-Goni (Cagliari).La falsa volta alla serraglia (1) e il nicchione di fondo della camera (2); v. scheda tav.XIV, 1.

Tavola XVII, 1: nuraghe ASÒRU-San Vito (Cagliari); tavv. XVII-XXI; cartina B, 106.Sta in una conca valliva circondata da una chiostra di alture degradanti verso il mare diKolostrài, su cui si apre con un varco a Sudest lasciando spazio a impaludamenti e rista-gni salmastri. Distante 6 km circa dalla linea marina, occupa il centro della conca, a ter-razzi di formazione alluvionale incisi dai torrenti che scendono al litorale, versandosifuori dagli alvei, dai monti dei Sette Fratelli. La conca il nuraghe la domina tutta, situa-to su uno dei terrazzi a m 28 di quota, sino al lontano varco sull’orizzonte marino dacui potevano venire la sorpresa e l’attacco di gente che dalla piana, per le vie naturali deitorrentelli, intendessero penetrare, verso Ovest, nel cuore della montagna. Sorveglia an-che il solco vallivo, tortuoso e pittoresco, del riu Sa Picocca, al suo sfocio nella conca,guardando l’unica via naturale di transito tra la piana di Muravera e quella del Campi-dano minore verso il golfo di Cagliari. Posizione altamente strategica, dunque, per l’in-contro di queste porte naturali di conquista e di penetrazione verso Ovest e verso Sud, acui si univa l’utilità economica offerta dalla fertile piana irrigua dove, in età medievale,fiorì il villaggio di Bidda Maiòri (o Villamaggiore) e dai monti sovrastanti ricchi di cac-cia, di frutti naturali del suolo, e adatti per il sostentamento e il soggiorno temporaneodel bestiame in un’economia pastorale a carattere in parte transumante quale era quelladei tempi nuragici. Il nuraghe si vede da lontano, isolato com’è nella conca sul rilievonaturale alla confluenza dei rius Su Linnamini e de S’Accu de Spardes, i quali scendonogiù del monte Narba (m 659) (tavv. XVII, 2, XVIII-XIX). È di facile accesso perché lolambisce al piede la strada orientale Cagliari-Muravera che si inoltra, fra mare e montagna,

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Ovest (tav. XV, 2) e a Sudsudest (a destra dell’ingresso, tav. XV, 1), mostrano i segnidel cedimento attraverso i massi usciti fuori dal piano di posa del filare e assestati, inmodo confuso ma saldo, rabberciando la parete alla meglio. Le strutture aggiunte, chespiccano a m 3/3,50 d’altezza e giungono fino alla sommità della torre, sono costituitedi lastre lunghe e basse disposte in file strette e ben curate, le quali risaltano con le pic-cole dimensioni (opera mediomicrolitica) sul grosso paramento sottostante. Specie nelgiro a Estnordest della torre si osserva il piano di spicco del paramento a lastre, ottenu-to regolarizzando la superficie mòzza dei muri antichi con un corso di lastroni dise-gnanti una fascia anulare ben marcata su cui si eleva il muro nuovo a piccoli elementi.Da notare anche che in cima alla torre, conservato nella parte Ovest, corre un giro diconci abbastanza ben tagliati (tav. XV, 2), di dimensioni maggiori delle lastre e minoridelle pietre del paramento di base, limitato a due file, giro che si può supporre delparapetto del terrazzo (misure delle lastre della struttura nuova: m 0,40 x 0,70 x 0,12d’altezza; 0,40 x 0,70 x 0,15; 0,40 x 0,70 x 0,35; misure dei conci del parapetto: 0,60x 0,55 x 0,20; 0,90 x 0,45 x 0,20). Anche dentro la camera si osservano gli avanzi mu-rari del vecchio nuraghe, alla base, con tratti del muro scompaginato e restaurato visi-bili specie all’interno dei nicchioni laterali, e, ben distinto, si apprezza il bel paramentodelle pareti rinnovate col piano di spicco a circa m 4 dal colmaticcio, corrispondente alpiano di spicco esterno. La cupola, rifatta, si sviluppa in anelli concentrici di blocchiper lo più subquadrati regolarizzati da scheggiame e da malta di fango; la chiave dellavolta è chiusa da un lastrone (tav. XVI, 1). In conclusione la lettura delle strutture mu-rarie del nuraghe indica che all’origine fu costruita una torre con scala d’andito e concamera articolata in tre nicchioni; che, poi, la torre, o durante la costruzione o ad operafinita o già usata, crollò per un accidente qualsiasi (fulmine, cedimento del terreno,attacco del nemico etc.); e che, infine, sempre in età nuragica fu restaurata e rifattatrasformando il tratto basale della scala d’andito in garetta e aprendo, dentro la tholossull’esempio d’un modello antico, la scala sopraelevata in quanto non era possibile ri-cavarla più alla base a causa della compromessa solidità delle fondazioni. L’articolazionedei vani sussidiari rimase come in origine, salvo riparazioni e integrazioni di particolaristrutturali. Attorno al basamento della torre gira uno zoccolo di rinforzo, di spessorevariante fra i m 2,60 (a Sudovest) e 1,70 (a Nordest), su due file di pietre apparenti perl’altezza visibile massima di m 1; di fronte all’ingresso il filo esterno dello zoccolo è di-stanziato di m 5,40 e forma una sorta di platea semicircolare. I blocchi che ne com-pongono il paramento sono di marna e arenaria, più grossi di quelli della parte inferio-re del cono, ma ugualmente di taglio subquadrato. Più a distanza avanzano i resti diuna piattaforma limitata da muri d’argine, di forma ellittica irregolare, con profilo adandamento concavo-convesso, da ritenersi costruita in occasione dei lavori di rifaci-mento del nuraghe per assicurarne la statica minacciata dalla natura del suolo rocciosocircostante facile allo sfaldamento (tav. XIV, 1-2). La piattaforma, di m 36 di lunghezzax 14,80 di larghezza (stando alle misure datene dal Lamarmora), si conserva per l’altezzada uno a due metri (meglio apprezzabile a Nordovest), ed è costruita da filari di lastroniche ricordano la tecnica e lo stile delle strutture rifatte della torre. Davanti al prospettodel nuraghe la piattaforma mostra diverse linee murarie a varia altezza forse per adattarsialla morfologia terrazzata della roccia e per rendere più difficile l’accesso nella parte piùvulnerabile del piccolo forte. Dentro la garetta si raccolgono cocci d’impasto, anche del

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blocchi, al 3° corso sul piano del bastione, m 0,80 x 0,56 x 0,70; 1,00 x 0,60 x 0,50;0,25 x 0,40 x 0,80; 1,00 x 0,50 x 1,00; risega di filari cm 15/20). Nel vano della camerasi osserva l’ordinamento a filari nei tre che emergono sopra il colmaticcio, facenti partedell’anello murario che è qui completo. I corsi sono abbastanza regolari e i blocchi difoggia quadrangolare o triangolare con coda verso l’interno della struttura (misure di 4elementi: m 0,40 x 0,30 x 0,68 di profondità; 0,36 x 0,35 x 0,76; 0,58 x 0,30 x 0,75;0,45 x 0,33 x 0,76). Intorno al mastio A si addossa il bastione, di forma irregolare a cor-tine ondulate che si pronunziano in morbide convessità a Ovest e nell’arco da Nord aEst, si prolungano nella prominenza a tenaglia di Sud e rientrano nelle lievi concavità diNordovest, Estsudest e Sudovest. Il contrafforte cinge il mastio con spessore vario, dalminimo di m 1,50 a Est, al medio di m 4,7/5,5 in corrispondenza alle punte che con-tengono le celle D e C, al massimo di m 9,50 nello sperone frontale in cui è chiuso ilcortile. Nell’interno del bastione si entra da Sud, attraverso un lungo andito (m 5) retro-stante a una porta crollata con tutta la parete del prospetto della costruzione, spostatoverso la parte sinistra della prominenza frontale. Rastremato in piano dall’esterno all’in-terno (da m 1,30 a 0,80), l’andito lo è pure in altezza restringendosi da m 1,30 basali am 0,60 sotto il soffitto, con sezione troncogivale. Il soffitto è composto di lastroni dis-posti a gradi discendenti verso l’apertura che dà al cortile. Nella parete sinistra dell’andi-to, si intravvede in mezzo alla rovina l’imbocco, di m 1 di larghezza, d’una garetta conarchitrave di m 1,30 x 0,50 x 0,40; nessuna apertura evidente sul fianco destro. Il cortile(tav. XXI, 1) disegna uno spazio scoperto a tre quarti di ellissi di m 4,50 (sulla linea E-B) x 3,40 (sulla linea trasversa); lo chiudono pareti a leggera convergenza verso l’alto, diprofilo curveggiante tranne che un breve tratto rettilineo di m 0,80 nell’angolo Nordestalla tangenza col muro convesso del mastio (altezza massima sul crollo m 3 su 7 file inevidenza). Nel cortile, a piano terra, sono le aperture della porta del mastio e quella, op-posta, della porta dell’andito d’ingresso dall’esterno leggermente sfalsata secondo la con-suetudine rispetto alla prima. Benché non in vista si devono immaginare esistenti allabase delle murature, ai due lati, almeno altre due aperture, e cioè le porte, situate in an-golo col mastio, che introducono ai corridoi portanti, a raggiro del torrione, alle celle De C, interrata ma certa la prima (tav. XIX), visibile e rilevabile nell’occhio superiore dellavolta sfondata la seconda, del diametro di m 1,85 x 1,65 con due filari a leggero aggettoin evidenza (tav. XVIII). Ma si può supporre anche una terza porta nel tratto subito adestra di chi entra, che immette in una camera da ricostruirsi entro lo spesso masso mu-rario (m 5,50) che limita a destra l’andito dell’ingresso principale. Nello stesso cortile,poi, ad altezza da terra si osservano altre due aperture. L’una, al risvolto sinistro internodel corridoio d’accesso, poco sopra di lato al suo architrave, mette, con luce di m 0,65di larghezza x altezza residua di 1,10, in una celletta ovale di m 1,70 x 1,80 di diametri,conservata in tre filari nel punto più alto (E). L’altra apertura, di m 0,80 x 1,25 di altez-za evidente, sormontata da architrave di m 1,50 x 0,45 x 0,35, introduce al pianerottolod’una scala, che mostra ancora due gradini, in salita, con giro da sinistra a destra, allapunta Sudest del terrazzo frontale dell’edifizio, e di qui allo spalto eretto all’intorno delmastio per l’intero circuito (tav. XXI, 2). Il bastione a leggera inclinazione muraria, conriseghe dei filari diminuenti verso l’alto, si conserva per l’altezza di m 4,30 (Sudest)/4,85(Est)/4,90 (Nordest)/4,30 (Nord)/4,80 (Nordovest)/4,50 (Sudovest) con file varianti da13 (Nordest) a 9 (Sudest). La disposizione dei corsi è meno irregolare e discontinua che

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verso la regione estremamente pittoresca ma anche infinitamente “depressa” dell’Oglia-stra. La costruzione rientra in una rete di numerosi altri nuraghi scaglionati sopra piccolispianamenti di granito, sul profilo delle valli che risalgono dalla pianura al gruppo mon-tuoso del Serpeddì, vie d’ingresso al Sarrabus. L’edifizio è di tipo complesso, con unatorre primitiva (A) (tav. XX, 1-3) circondata, in un secondo tempo, da un bastione a pe-rimetro concavo-convesso con tre prominenze in due almeno delle quali sono contenutecelle minori (C, D), bastione che include sulla fronte un piccolo cortile (B). L’insiememisura la lunghezza di m 24 sull’asse C-A-B (linea Nordsud) x 16 sull’asse trasverso D-A(linea Ovest-est). Il mastio A, circolare del diametro di m 9 (misurato alla quota di svet-tamento del bastione a m 4 d’altezza sul piano di campagna), mostra l’ingresso fra Sud eSudsudest, costituito da una porta a sezione trapezia (larghezza m 0,80/0,40 x 0,80 d’al-tezza sul riempimento) a cui sovrasta una pietra monolitica con faccia a vista spianata(m 2,05 x 0,40 x 0,65) alleggerita da uno spiraglio rettangolare di scarico di m 0,20x 0,55 d’altezza (tav. XXI, 1). Dietro la porta si allunga l’andito, ora in parte inaccessibi-le a causa della rovina, ma visibile, nel primo tratto, nelle spalle a filari aggettanti (sezio-ne troncogivale) e nel soffitto a piattabanda gradonata di lastroni di m 0,35/0,50 di lar-ghezza e 0,8/0,23 di spessore (se ne vedono 4 nel percorso dell’andito seguibile fino a m2,80 dall’ingresso). L’andito, strombato verso l’interno (da m 0,80 a filo esterno a m1,15 ai m 2,80), riceve sulla sinistra (non rilevabile per l’ostruzione) l’apertura della scalache gira da sinistra a destra; forse presente anche la garetta, per quanto il crollo non con-senta di vederla. Dall’andito si passa nella camera “a tholos”. Interrata per circa 2 metrid’altezza, è in posizione eccentrica rispetto al perimetro della torre, con muri spessi dam 2,80 (nella parte frontale dove è ricavata la scala) a m 1,40 nel giro di fondo. Circolare,del diametro di m 4,70 (linea Estovest)/4,90, ha la volta svettata a circa 7 metri d’altezzasul colmaticcio (in origine si chiudeva ai 9 metri). Una caratteristica singolare del vanoconsiste nella mancanza della fodera interna della parete, dal piano del riempimento altaglio superiore dell’ogiva (cioè per circa 7 metri), residuando soltanto la sfoglia o fasciadei blocchi del paramento esterno, di cui si vedono le code, irregolari e brute, per l’am-morsatura nella parete mancante (tav. XXI, 3-4). La fodera che si conserva, tutta trafora-ta, si regge ugualmente in piedi dando prova di quanto sia organica la concatenazionedelle murature nuragiche e ne siano solide le strutture. Questa curiosa scorticazione delparamento della camera che, se non esistesse il riempimento sottostante dovuto al crollodelle pietre delle pareti elevate farebbe pensare a uno smontaggio vero e proprio, con-sente di osservare, al taglio, la consistenza e la tecnica costruttiva dell’anello murario del-la torre, a duplice fascia di grossi blocchi che racchiude un riempimento di terra e dipiccole pietre gettate e compresse fra le due fodere. Nel tratto di parete del muro aOvest, restano anche tracce del paramento del vano della scala a spirale e alcuni gradinidella stessa per cui si saliva al terrazzo (tav. XXI, 4). La torre si misura per l’altezza ester-na di m 7,50 dal piano del bastione, sul lato Est; dalla base si può calcolare un’altezzaoriginaria di m 10 circa. Il profilo dei muri inclinati sui 10-12° non è uniforme, caden-do ora rigido (tav. XX, 2) ora a linea dolce leggermente convessa (tav. XX, 3). Il para-mento si innalza per 20 filari molto irregolari e discontinui, con aspetto poliedrico, costi-tuito da blocchi di porfido di forme poligonali, tondeggianti e subquadrate dovutequest’ultime al filo naturale di taglio della pietra porfirica a superficie piana e liscia; giuntie letti dei filari sono regolarizzati con zeppe di medie e piccole dimensioni (misure di

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blocchi, al 3° corso sul piano del bastione, m 0,80 x 0,56 x 0,70; 1,00 x 0,60 x 0,50;0,25 x 0,40 x 0,80; 1,00 x 0,50 x 1,00; risega di filari cm 15/20). Nel vano della camerasi osserva l’ordinamento a filari nei tre che emergono sopra il colmaticcio, facenti partedell’anello murario che è qui completo. I corsi sono abbastanza regolari e i blocchi difoggia quadrangolare o triangolare con coda verso l’interno della struttura (misure di 4elementi: m 0,40 x 0,30 x 0,68 di profondità; 0,36 x 0,35 x 0,76; 0,58 x 0,30 x 0,75;0,45 x 0,33 x 0,76). Intorno al mastio A si addossa il bastione, di forma irregolare a cor-tine ondulate che si pronunziano in morbide convessità a Ovest e nell’arco da Nord aEst, si prolungano nella prominenza a tenaglia di Sud e rientrano nelle lievi concavità diNordovest, Estsudest e Sudovest. Il contrafforte cinge il mastio con spessore vario, dalminimo di m 1,50 a Est, al medio di m 4,7/5,5 in corrispondenza alle punte che con-tengono le celle D e C, al massimo di m 9,50 nello sperone frontale in cui è chiuso ilcortile. Nell’interno del bastione si entra da Sud, attraverso un lungo andito (m 5) retro-stante a una porta crollata con tutta la parete del prospetto della costruzione, spostatoverso la parte sinistra della prominenza frontale. Rastremato in piano dall’esterno all’in-terno (da m 1,30 a 0,80), l’andito lo è pure in altezza restringendosi da m 1,30 basali am 0,60 sotto il soffitto, con sezione troncogivale. Il soffitto è composto di lastroni dis-posti a gradi discendenti verso l’apertura che dà al cortile. Nella parete sinistra dell’andi-to, si intravvede in mezzo alla rovina l’imbocco, di m 1 di larghezza, d’una garetta conarchitrave di m 1,30 x 0,50 x 0,40; nessuna apertura evidente sul fianco destro. Il cortile(tav. XXI, 1) disegna uno spazio scoperto a tre quarti di ellissi di m 4,50 (sulla linea E-B) x 3,40 (sulla linea trasversa); lo chiudono pareti a leggera convergenza verso l’alto, diprofilo curveggiante tranne che un breve tratto rettilineo di m 0,80 nell’angolo Nordestalla tangenza col muro convesso del mastio (altezza massima sul crollo m 3 su 7 file inevidenza). Nel cortile, a piano terra, sono le aperture della porta del mastio e quella, op-posta, della porta dell’andito d’ingresso dall’esterno leggermente sfalsata secondo la con-suetudine rispetto alla prima. Benché non in vista si devono immaginare esistenti allabase delle murature, ai due lati, almeno altre due aperture, e cioè le porte, situate in an-golo col mastio, che introducono ai corridoi portanti, a raggiro del torrione, alle celle De C, interrata ma certa la prima (tav. XIX), visibile e rilevabile nell’occhio superiore dellavolta sfondata la seconda, del diametro di m 1,85 x 1,65 con due filari a leggero aggettoin evidenza (tav. XVIII). Ma si può supporre anche una terza porta nel tratto subito adestra di chi entra, che immette in una camera da ricostruirsi entro lo spesso masso mu-rario (m 5,50) che limita a destra l’andito dell’ingresso principale. Nello stesso cortile,poi, ad altezza da terra si osservano altre due aperture. L’una, al risvolto sinistro internodel corridoio d’accesso, poco sopra di lato al suo architrave, mette, con luce di m 0,65di larghezza x altezza residua di 1,10, in una celletta ovale di m 1,70 x 1,80 di diametri,conservata in tre filari nel punto più alto (E). L’altra apertura, di m 0,80 x 1,25 di altez-za evidente, sormontata da architrave di m 1,50 x 0,45 x 0,35, introduce al pianerottolod’una scala, che mostra ancora due gradini, in salita, con giro da sinistra a destra, allapunta Sudest del terrazzo frontale dell’edifizio, e di qui allo spalto eretto all’intorno delmastio per l’intero circuito (tav. XXI, 2). Il bastione a leggera inclinazione muraria, conriseghe dei filari diminuenti verso l’alto, si conserva per l’altezza di m 4,30 (Sudest)/4,85(Est)/4,90 (Nordest)/4,30 (Nord)/4,80 (Nordovest)/4,50 (Sudovest) con file varianti da13 (Nordest) a 9 (Sudest). La disposizione dei corsi è meno irregolare e discontinua che

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verso la regione estremamente pittoresca ma anche infinitamente “depressa” dell’Oglia-stra. La costruzione rientra in una rete di numerosi altri nuraghi scaglionati sopra piccolispianamenti di granito, sul profilo delle valli che risalgono dalla pianura al gruppo mon-tuoso del Serpeddì, vie d’ingresso al Sarrabus. L’edifizio è di tipo complesso, con unatorre primitiva (A) (tav. XX, 1-3) circondata, in un secondo tempo, da un bastione a pe-rimetro concavo-convesso con tre prominenze in due almeno delle quali sono contenutecelle minori (C, D), bastione che include sulla fronte un piccolo cortile (B). L’insiememisura la lunghezza di m 24 sull’asse C-A-B (linea Nordsud) x 16 sull’asse trasverso D-A(linea Ovest-est). Il mastio A, circolare del diametro di m 9 (misurato alla quota di svet-tamento del bastione a m 4 d’altezza sul piano di campagna), mostra l’ingresso fra Sud eSudsudest, costituito da una porta a sezione trapezia (larghezza m 0,80/0,40 x 0,80 d’al-tezza sul riempimento) a cui sovrasta una pietra monolitica con faccia a vista spianata(m 2,05 x 0,40 x 0,65) alleggerita da uno spiraglio rettangolare di scarico di m 0,20x 0,55 d’altezza (tav. XXI, 1). Dietro la porta si allunga l’andito, ora in parte inaccessibi-le a causa della rovina, ma visibile, nel primo tratto, nelle spalle a filari aggettanti (sezio-ne troncogivale) e nel soffitto a piattabanda gradonata di lastroni di m 0,35/0,50 di lar-ghezza e 0,8/0,23 di spessore (se ne vedono 4 nel percorso dell’andito seguibile fino a m2,80 dall’ingresso). L’andito, strombato verso l’interno (da m 0,80 a filo esterno a m1,15 ai m 2,80), riceve sulla sinistra (non rilevabile per l’ostruzione) l’apertura della scalache gira da sinistra a destra; forse presente anche la garetta, per quanto il crollo non con-senta di vederla. Dall’andito si passa nella camera “a tholos”. Interrata per circa 2 metrid’altezza, è in posizione eccentrica rispetto al perimetro della torre, con muri spessi dam 2,80 (nella parte frontale dove è ricavata la scala) a m 1,40 nel giro di fondo. Circolare,del diametro di m 4,70 (linea Estovest)/4,90, ha la volta svettata a circa 7 metri d’altezzasul colmaticcio (in origine si chiudeva ai 9 metri). Una caratteristica singolare del vanoconsiste nella mancanza della fodera interna della parete, dal piano del riempimento altaglio superiore dell’ogiva (cioè per circa 7 metri), residuando soltanto la sfoglia o fasciadei blocchi del paramento esterno, di cui si vedono le code, irregolari e brute, per l’am-morsatura nella parete mancante (tav. XXI, 3-4). La fodera che si conserva, tutta trafora-ta, si regge ugualmente in piedi dando prova di quanto sia organica la concatenazionedelle murature nuragiche e ne siano solide le strutture. Questa curiosa scorticazione delparamento della camera che, se non esistesse il riempimento sottostante dovuto al crollodelle pietre delle pareti elevate farebbe pensare a uno smontaggio vero e proprio, con-sente di osservare, al taglio, la consistenza e la tecnica costruttiva dell’anello murario del-la torre, a duplice fascia di grossi blocchi che racchiude un riempimento di terra e dipiccole pietre gettate e compresse fra le due fodere. Nel tratto di parete del muro aOvest, restano anche tracce del paramento del vano della scala a spirale e alcuni gradinidella stessa per cui si saliva al terrazzo (tav. XXI, 4). La torre si misura per l’altezza ester-na di m 7,50 dal piano del bastione, sul lato Est; dalla base si può calcolare un’altezzaoriginaria di m 10 circa. Il profilo dei muri inclinati sui 10-12° non è uniforme, caden-do ora rigido (tav. XX, 2) ora a linea dolce leggermente convessa (tav. XX, 3). Il para-mento si innalza per 20 filari molto irregolari e discontinui, con aspetto poliedrico, costi-tuito da blocchi di porfido di forme poligonali, tondeggianti e subquadrate dovutequest’ultime al filo naturale di taglio della pietra porfirica a superficie piana e liscia; giuntie letti dei filari sono regolarizzati con zeppe di medie e piccole dimensioni (misure di

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vasto panorama: il Pranu Olla irto di nuraghi, il “taccu” del Sarcidano fino all’alto nu-raghe Adòni, il profilo piatto della “giara” di Gèsturi ed il Monte d’Ìsili; paesaggi di pa-stori e agricoltori senza confini precisi. La costruzione consta di una torre primitiva (A)circondata da un bastione a tre prominenze turrite (B, D, C) unite da cortine rettilinee(fra B e D e D e C) e da un raccordo murario convesso (fra B e C); un cortile (E) è rac-chiuso fra la torre A e la torricella D del bastione. L’insieme misura m 35,5 di lunghezzamassima sulla linea C-D x 24 di larghezza massima sulla linea B-D. La torre A, circolaredel diametro di 13,50/14 metri, con spessori murari varianti fra m 4,60 (all’ingresso) e2,90 (sul muro di fondo) mostra la porta a Sud. Questa, di m 1,14 (al basso)/0,81 (inalto) di larghezza x l’altezza residua di m 1,61, è di sezione trapezoidale; in origine erasormontata da una pietra d’architrave, poi asportata, a sua volta sovrastata da altra pie-tra limitante lo spiraglio di scarico di m 0,39 x 0,40 (tav. XXIV, 1, 3). Dietro la portasta l’andito d’ingresso, strombato verso l’interno (da m 1,60 a 2,00), col soffitto ascen-dente verso la camera da m 2,80 a m 4,60; la sezione è angolare con spalle a profiloconcavo aggettanti progressivamente all’elevazione. Sulla destra l’andito riceve l’apertu-ra d’una garetta di piano semicircolare di m 1,40 di larghezza x 1,28 di profondità x1,95 d’altezza sul colmaticcio; l’imbocco è sovrastato da un’enorme pietra d’architraveche prende tutta la lunghezza della spalla del corridoio che si estende dalla mezzeriadella garetta all’angolo interno verso la camera (lunghezza m 2,39 x 0,44 d’altezza x0,39 d’entrata in muro). La camera A eccentrica, rotonda, del diametro di m 6,40, è re-golare e semplice, senza spazi sussidiari; è alta sul riempiticcio m 9,90, ma si può sup-porre un’elevazione effettiva di m 10,50, la maggiore che si conosca. Nel giro di parete adestra di chi entra, a m 3 circa di rialzo sul piano attuale, si trova la scala ad aperturaquadrangolare architravata di m 0,95 di larghezza x 1,10 d’altezza. Dietro l’apertura lascala presenta un pianerottolo di m 1,40 di lunghezza e poi un gradino di m 0,70 di lar-ghezza x 0,54 di piede x 0,25 d’alzo, sul quale dà un vuoto rettangolare, stretto, di m0,30 di larghezza x 1,50 di lunghezza, fungente da finestrino di luce. La scala, successi-vamente, gira da sinistra a destra, entro un vano di m 0,80 di larghezza x 2/3,30 d’al-tezza, dapprima per un percorso di m 4,50 a piano inclinato, nella parte finale, per m4, salendo per 11 gradini e sfociando nel terrazzo, dove il volume troncoconico si re-stringe a m 10 di diametro con spessore murario di m 4,50/5,50 (tav. XXV, 2). La tor-re si conserva per l’altezza massima residua di m 8,20 a Ovestnordovest, su 21 filari,con inclinazione di muri di 10° (tav. XXIII-XXIV, 1-2). Il paramento consta di blocchicalcari subquadrati tagliati a mazza e sbozzati a martella, con la faccia a vista scabra efrastagliata per effetto della lavorazione. Risalta l’ordinamento regolare a file orizzonta-li, con le pietre di proporzioni varie: m 1,21 x 0,46 d’altezza; 0,64 x 0,50; 1,00 x 0,50;0,83 x 0,40; 0,77 x 0,46; 1,00 x 0,45; 0,40 x 0,46; 1,33 x 0,44 (misure prese alla quo-ta dello svettamento del bastione, a destra della porta della torre). Accurata è pure ladisposizione in filari del paramento interno della tholos; i blocchi che lo compongonosono tutti di forma subquadrata, a parallelepipedo, alcuni molto lunghi, per lo più, co-me quelli dell’apparecchio esterno, tagliati con la mazza e sbozzati a martella. I giuntinon sono precisi, anzi fra pietra e pietra restano spazi i quali, piuttosto raramente, sonoregolarizzati con scheggiame minuto. I blocchi si sovrappongono, con bel ritmo circo-lare, su 33 filari chiusi alla sommità della pseudovolta, in origine, da una lastra mobile(ora mancante); tav. XXV, 1. La pseudocupola si svolge con ampi giri, specie nella parte

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Tavole

nel paramento del mastio e si nota una prevalenza di pietre di foggia subquadrata, ta-gliate a mazza, su quella poliedrica; meno nutrito l’impiego di piccolo scheggiame ingiunto e letto di filare (tavv. XVII, 2, XVIII-XIX). I blocchi, che si alternano in lungoe in profondità (questi ultimi con coda internata in opera per l’ammorsamento mi-gliore degli elementi di struttura), misurano m 0,65 x 0,36 x 1,28 (profondità); 0,56x 0,33 x 0,85; 0,65 x 0,48 x 0,80; 0,61 x 0,46 x 1,26; 0,58 x 0,45 x 0,78. A pochi me-tri di distanza dal fronte dell’edifizio, più in basso dell’ingresso, si rilevano tracce d’unmuro di terrazzamento conservato in due filari. Nelle prossimità del nuraghe v’era unpiccolo centro di vita preistorico continuatosi in età romana. Ne sono indizi resti di sto-viglie d’impasto nuragico, pesi fittili cuoriformi; ed embrici e terraglie varie d’argilla de-purata di età classica.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XI, 1843, p. 593; Celentano, I nuraghi, 1917, fot. a p. 142;A. Taramelli, Guida del Museo cit., 1914, p. 172, tav. XIV, fig. 21; Conv. arch. in Sardegna, 1926, p.44, fig. 29; A. Della Seta, Italia antica, Bergamo 1928, p. 55, fig. 44; A. Taramelli, “I nuraghi ed i loroabitatori” cit., 1980, p. 9, fig. I; “Nuraghi”, in Enciclopedia Italiana, 1935, XXV, tav. XII, basso a sini-stra; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 87, fig. 62; Sardegna (Touring), 1954, p. 86, fig. 152; E. Putzu-lu-Mollier, Sardinia, 1956, p. 31 bis, fig. 27; G.F. Ackermann, Reiseland von morgen cit., 1957, p. 38,tav. 14; Serra, Sardegna quasi un continente, 1958, fig. 17.

Tavola XVII, 2: nuraghe ASÒRU-San Vito (Cagliari).Il nuraghe visto da Est: in primo piano il bastione curvilineo; v. scheda a tav. XVII, 1.

Tavola XVIII: nuraghe ASÒRU-San Vito (Cagliari).Il nuraghe visto da Nord: in primo piano la punta turrita con la cella C; v. scheda atav. XVII, 1.

Tavola XIX: nuraghe ASÒRU-San Vito (Cagliari).Il nuraghe visto da Ovest: in primo piano la punta del bastione con la cella D; v. sche-da a tav. XVII, 1.

Tavola XX, 1-3: nuraghe ASÒRU-San Vito (Cagliari).La torre vista da Sud; si noti lo schiacciamento del cono (1); particolare della torreche fa vedere l’inclinazione muraria, da Ovest (2); altro particolare del muro inclinatocon profilo convesso, da Sud (3); v. scheda a tav. XVII, 1.

Tavola XXI, 1-4: nuraghe ASÒRU-San Vito (Cagliari).Particolare dell’ingresso al mastio (1); porticina architravata della scaletta F (2); inter-no della camera senza la fodera muraria interiore (3); tratto del paramento della ca-mera che fa vedere la parete interna della scala (4); v. scheda a tav. XVII, 1.

Tavola XXII, 1: nuraghe SU ÌDILI o IS PARAS-Isili (Nùoro); tavv. XXII-XXV; cartinaB, 80.Il nuraghe sta a 500 metri di distanza a Nord del moderno abitato di Isili. Sorge, aquota di m 505, su un piccolo colle che emerge da un terrazzo calcare delimitato dalprofondo solco vallivo del riu Mannu (tav. XXII, 2). Dalla cima della torre si scorge un

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vasto panorama: il Pranu Olla irto di nuraghi, il “taccu” del Sarcidano fino all’alto nu-raghe Adòni, il profilo piatto della “giara” di Gèsturi ed il Monte d’Ìsili; paesaggi di pa-stori e agricoltori senza confini precisi. La costruzione consta di una torre primitiva (A)circondata da un bastione a tre prominenze turrite (B, D, C) unite da cortine rettilinee(fra B e D e D e C) e da un raccordo murario convesso (fra B e C); un cortile (E) è rac-chiuso fra la torre A e la torricella D del bastione. L’insieme misura m 35,5 di lunghezzamassima sulla linea C-D x 24 di larghezza massima sulla linea B-D. La torre A, circolaredel diametro di 13,50/14 metri, con spessori murari varianti fra m 4,60 (all’ingresso) e2,90 (sul muro di fondo) mostra la porta a Sud. Questa, di m 1,14 (al basso)/0,81 (inalto) di larghezza x l’altezza residua di m 1,61, è di sezione trapezoidale; in origine erasormontata da una pietra d’architrave, poi asportata, a sua volta sovrastata da altra pie-tra limitante lo spiraglio di scarico di m 0,39 x 0,40 (tav. XXIV, 1, 3). Dietro la portasta l’andito d’ingresso, strombato verso l’interno (da m 1,60 a 2,00), col soffitto ascen-dente verso la camera da m 2,80 a m 4,60; la sezione è angolare con spalle a profiloconcavo aggettanti progressivamente all’elevazione. Sulla destra l’andito riceve l’apertu-ra d’una garetta di piano semicircolare di m 1,40 di larghezza x 1,28 di profondità x1,95 d’altezza sul colmaticcio; l’imbocco è sovrastato da un’enorme pietra d’architraveche prende tutta la lunghezza della spalla del corridoio che si estende dalla mezzeriadella garetta all’angolo interno verso la camera (lunghezza m 2,39 x 0,44 d’altezza x0,39 d’entrata in muro). La camera A eccentrica, rotonda, del diametro di m 6,40, è re-golare e semplice, senza spazi sussidiari; è alta sul riempiticcio m 9,90, ma si può sup-porre un’elevazione effettiva di m 10,50, la maggiore che si conosca. Nel giro di parete adestra di chi entra, a m 3 circa di rialzo sul piano attuale, si trova la scala ad aperturaquadrangolare architravata di m 0,95 di larghezza x 1,10 d’altezza. Dietro l’apertura lascala presenta un pianerottolo di m 1,40 di lunghezza e poi un gradino di m 0,70 di lar-ghezza x 0,54 di piede x 0,25 d’alzo, sul quale dà un vuoto rettangolare, stretto, di m0,30 di larghezza x 1,50 di lunghezza, fungente da finestrino di luce. La scala, successi-vamente, gira da sinistra a destra, entro un vano di m 0,80 di larghezza x 2/3,30 d’al-tezza, dapprima per un percorso di m 4,50 a piano inclinato, nella parte finale, per m4, salendo per 11 gradini e sfociando nel terrazzo, dove il volume troncoconico si re-stringe a m 10 di diametro con spessore murario di m 4,50/5,50 (tav. XXV, 2). La tor-re si conserva per l’altezza massima residua di m 8,20 a Ovestnordovest, su 21 filari,con inclinazione di muri di 10° (tav. XXIII-XXIV, 1-2). Il paramento consta di blocchicalcari subquadrati tagliati a mazza e sbozzati a martella, con la faccia a vista scabra efrastagliata per effetto della lavorazione. Risalta l’ordinamento regolare a file orizzonta-li, con le pietre di proporzioni varie: m 1,21 x 0,46 d’altezza; 0,64 x 0,50; 1,00 x 0,50;0,83 x 0,40; 0,77 x 0,46; 1,00 x 0,45; 0,40 x 0,46; 1,33 x 0,44 (misure prese alla quo-ta dello svettamento del bastione, a destra della porta della torre). Accurata è pure ladisposizione in filari del paramento interno della tholos; i blocchi che lo compongonosono tutti di forma subquadrata, a parallelepipedo, alcuni molto lunghi, per lo più, co-me quelli dell’apparecchio esterno, tagliati con la mazza e sbozzati a martella. I giuntinon sono precisi, anzi fra pietra e pietra restano spazi i quali, piuttosto raramente, sonoregolarizzati con scheggiame minuto. I blocchi si sovrappongono, con bel ritmo circo-lare, su 33 filari chiusi alla sommità della pseudovolta, in origine, da una lastra mobile(ora mancante); tav. XXV, 1. La pseudocupola si svolge con ampi giri, specie nella parte

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nel paramento del mastio e si nota una prevalenza di pietre di foggia subquadrata, ta-gliate a mazza, su quella poliedrica; meno nutrito l’impiego di piccolo scheggiame ingiunto e letto di filare (tavv. XVII, 2, XVIII-XIX). I blocchi, che si alternano in lungoe in profondità (questi ultimi con coda internata in opera per l’ammorsamento mi-gliore degli elementi di struttura), misurano m 0,65 x 0,36 x 1,28 (profondità); 0,56x 0,33 x 0,85; 0,65 x 0,48 x 0,80; 0,61 x 0,46 x 1,26; 0,58 x 0,45 x 0,78. A pochi me-tri di distanza dal fronte dell’edifizio, più in basso dell’ingresso, si rilevano tracce d’unmuro di terrazzamento conservato in due filari. Nelle prossimità del nuraghe v’era unpiccolo centro di vita preistorico continuatosi in età romana. Ne sono indizi resti di sto-viglie d’impasto nuragico, pesi fittili cuoriformi; ed embrici e terraglie varie d’argilla de-purata di età classica.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XI, 1843, p. 593; Celentano, I nuraghi, 1917, fot. a p. 142;A. Taramelli, Guida del Museo cit., 1914, p. 172, tav. XIV, fig. 21; Conv. arch. in Sardegna, 1926, p.44, fig. 29; A. Della Seta, Italia antica, Bergamo 1928, p. 55, fig. 44; A. Taramelli, “I nuraghi ed i loroabitatori” cit., 1980, p. 9, fig. I; “Nuraghi”, in Enciclopedia Italiana, 1935, XXV, tav. XII, basso a sini-stra; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 87, fig. 62; Sardegna (Touring), 1954, p. 86, fig. 152; E. Putzu-lu-Mollier, Sardinia, 1956, p. 31 bis, fig. 27; G.F. Ackermann, Reiseland von morgen cit., 1957, p. 38,tav. 14; Serra, Sardegna quasi un continente, 1958, fig. 17.

Tavola XVII, 2: nuraghe ASÒRU-San Vito (Cagliari).Il nuraghe visto da Est: in primo piano il bastione curvilineo; v. scheda a tav. XVII, 1.

Tavola XVIII: nuraghe ASÒRU-San Vito (Cagliari).Il nuraghe visto da Nord: in primo piano la punta turrita con la cella C; v. scheda atav. XVII, 1.

Tavola XIX: nuraghe ASÒRU-San Vito (Cagliari).Il nuraghe visto da Ovest: in primo piano la punta del bastione con la cella D; v. sche-da a tav. XVII, 1.

Tavola XX, 1-3: nuraghe ASÒRU-San Vito (Cagliari).La torre vista da Sud; si noti lo schiacciamento del cono (1); particolare della torreche fa vedere l’inclinazione muraria, da Ovest (2); altro particolare del muro inclinatocon profilo convesso, da Sud (3); v. scheda a tav. XVII, 1.

Tavola XXI, 1-4: nuraghe ASÒRU-San Vito (Cagliari).Particolare dell’ingresso al mastio (1); porticina architravata della scaletta F (2); inter-no della camera senza la fodera muraria interiore (3); tratto del paramento della ca-mera che fa vedere la parete interna della scala (4); v. scheda a tav. XVII, 1.

Tavola XXII, 1: nuraghe SU ÌDILI o IS PARAS-Isili (Nùoro); tavv. XXII-XXV; cartinaB, 80.Il nuraghe sta a 500 metri di distanza a Nord del moderno abitato di Isili. Sorge, aquota di m 505, su un piccolo colle che emerge da un terrazzo calcare delimitato dalprofondo solco vallivo del riu Mannu (tav. XXII, 2). Dalla cima della torre si scorge un

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quella del bastione (tav. XXII, 2). Nel terreno intorno al nuraghe, e specie lungo la bre-ve pendice di Sud, si raccolgono schegge d’ossidiana e frammenti di stoviglie d’impastonuragico, di color nero o rossiccio. Interessante il trovamento del resto d’un piede a na-stro insellato decorato a incisione, appartenente a un vaso a tripode della foggia della“facies” nuragica di Monte Claro (si confronti con esempio di Enna Pruna di Mògoro,Lilliu-Ferrarese Ceruti, St.S., XVI, 1960, p. 111, fig. 33, 6, tav. XXXIX, a 1). Il torrio-ne primitivo, anche per gli indizi forniti dalle ceramiche e in specie dal frammento dipiede di tripode della speciale “facies” datata dal 1200 al IX secolo a.C., potrebbe rife-rirsi a tempi anteriori alla fine del II millennio a.C. Nel luogo dell’abitato preistoricointorno al nuraghe, la vita continuò fino in epoca romana, come dimostrano avanzi fit-tili rinvenuti nelle adiacenze della costruzione.Bibliografia: Petit Radel, Notice sur les nuraghes cit., 1826, pp. 24, 77; W.H. Smyth, Sketch cit., 1828, p. 6;A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 43, pl. VII, 1 d, p. 62 ss., 76, 85, 94, 133 s., pl. VI, 1, a-c; Angius,in Casalis, Dizionario, VIII, 1841, p. 534; G. Micali, Storia degli antichi cit., 1849, p. 43, tav. LXXI, 4(3a ed.; la prima edizione del 1832, p. 46, tav. LXXI, 4); Spano, Memoria, 1854, p. 18, nota 2, p. 40nota 2, p. 42 nota 2; Memoria, 1867, pp. 24, 62, 66; Centurione, “Studii” cit., 1888, pp. 31, 41-43,48-50, 52, 64 s., 68; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., II, 1892, p. 46; F. Nissardi, “Contributo” cit.,1903-4, p. 663; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, 1914, XXIII, col. 318, fig. 2; Bull. Paletn. It., XLI,1915, p. 5; Celentano, I Nuraghi, 1917, p. 158; G. Vacca, Posizione geografica cit., 1917, p. 17; E.E.M.(prov. di Cagliari), 1922, p. 124; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XXXI, 1926, col. 425; Il Conv. arch.cit., 1926, p. 16; A. Della Seta, Italia Antica, 1928, p. 55, fig. 47; A. Cossu, Sardegna e Corsica, 1932,p. 73; A. Taramelli, “Nuraghi” in Enciclopedia Italiana, 1935, XXV, tav. XI, basso a destra; M. Nie-haus, Sardinien cit., 1938, p. 137; G. Lilliu, St.S., VII, 1947, p. 59, nota 62; M. Pallottino, La Sarde-gna nuragica, 1950, p. 43, tav. V, 2; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, pp. 127, 232; F. Loddo Cane-pa, La Sardegna cit., 1954, p. 5; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 70, fig. 44; G. Lilliu, St.S., XII-XIII,I, 1955, pp. 159 s., 297; M. Serra, Mal di Sardegna, 1955, p. 162; R. Carta Raspi, Il volto della Sardegna,1956, p. 50, fig. 84; Heyward-Imbert, Sardaigne, 1956, p. 49, tav. in alto; G. Lilliu, Antiquity, XXXIII,n. 129, 1959, p. 37, pl. VII, b; “The proto-Castles” cit., in Scientific American, dec. 1959, p. 67; “I nu-raghi”, in Il Progresso dell’Isola, 1960, p. 28, fig. ivi; Almagro, Prehistoria cit., 1960, p. 652, fig. 718.

Tavola XXII, 2: nuraghe SU ÌDILI o IS PARAS-Isili (Nùoro).Il nuraghe visto da Sud: in primo piano a destra la torretta D, a sinistra l’antemurale omuro di terrazzamento; v. Scheda a tav. XXII, 1.

Tavola XXIII, 1-4: nuraghe SU ÌDILI o IS PARAS-Isili (Nùoro).Il nuraghe visto da Est: in primo piano la cortina fra D e C (1); la torre A e la torrettaC (in primo piano in basso), da Nordnordest (2); la torre A da Nordovest (3) e daOvest (4); v. scheda a tav. XXII, 1.

Tavola XXIV, 1-4: nuraghe SU ÌDILI o IS PARAS-Isili (Nùoro).La torre A da Sudest (1); particolare del muro inclinato della torre A, da Nordovest(2); braccio sinistro del cortile e ingresso alla torre A, da Sudest (3); braccio destro delcortile da Sudovest (4); v. scheda a tav. XXII, 1.

Tavola XXV, 1-2: nuraghe SU ÌDILI o IS PARAS-Isili (Nùoro).Particolare della serraglia della pseudovolta (1); particolare della scala allo sfocio sulterrazzo (2); v. scheda a tav. XXII, 1.

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Tavole

basale e mediana, mentre in alto va serrandosi con notevole accentuazione di aggetto;in rapporto col restringersi graduale del vano, dal basso al sommo, anche le propor-zioni delle pietre vanno riducendosi. Al 2° filare da terra si hanno le seguenti misuredi blocchi: m 0,50 x 0,24 d’altezza; 0,88 x 0,27; 0,80 x 0,30; 0,86 x 0,28; 1,46 x0,30; 0,61 x 0,28; 0,54 x 0,33; 0,75 x 0,34; 0,73 x 0,29; 1,44 x 0,33. Alla torre fa dacontrafforte il bastione trilobato, con le tre punte turrite B, D, C rispettivamente aOvestsudovest, Sud-sudsudest, Nordnordest, B e D dal profilo inciso e staccato, conangolazione, dalle cortine che le uniscono a C, quest’ultima, più ampia e prominente,rispetto alla torre A, delle altre torri minori, con la linea di contorno fusa con quelladelle predette cortine (distanza del muro esterno di C da A m 11,60, di B e D m 8,80e 11,50). Delle torri C e D, rispettivamente del diametro di m 7 e 6, non si vedono,perché nascoste dalle macerie, le camere; in C si rileva, superiormente, una cella di m 4di diametro. In B e D mettono anditi che partono dal cortile E (visibile l’invito dell’an-dito di D di m 1,30 di larghezza all’apertura su E); a C o portava un corridoio a raggi-ro della torre A lungo la cortina di Nordovest o di Est oppure introduceva un ingressoautonomo o posterula, dall’esterno, aperto in un punto non determinabile dell’arco diC. Rilevabile è, invece, l’ingresso al cortile E del bastione, ricavato in una rientranza,che fa seguito a un risvolto angolare, della cortina fra D e C, spostato verso D, in posi-zione munita per effetto dell’arretramento del muro e della difesa costituita dalla torre.Mette in E un andito obliquo, di m 3,70 di lunghezza x 0,80 di larghezza, completa-mente ostruito dalle macerie; dalla parte del cortile, la porta, larga m 1,10, dovrebbeesser sormontata da pietra d’architrave con spiraglio di scarico, quest’ultimo visibile aldisotto d’un lastrone di m 1,38 di lunghezza x 0,22 d’altezza x 0,62 di profondità (tav.XXIV, 4, a destra). Il cortile E, situato, in postura protetta, fra D ed A, a ridosso dellecortine di Sudovest ed Estsudest, mostra la figura a tre quarti di cerchio, di m 5,30 x 4.Le sue pareti (tav. XXIV, 3-4), evidentemente addossate e aggiunte alla struttura anticadella torre A, un po’ aggettanti nella parte alta, si distinguono da quelle della torre pri-mitiva per esser costituite da pietre di piccola taglia, per lo più di forma subquadrata,talune anche poliedriche, con tendenza alla disposizione in filari per quanto non rego-lari come le file del mastio. I blocchi, foggiati a coda per l’ammorsatura interna, misu-rano m 0,33 x 0,23 x 0,38 (d’entrata); 0,40 x 0,20 x 0,43; 0,49 x 0,18 x 0,45; 0,46 x0,15 x 0,50; si osserva un impiego di scaglie e terra nei giunti maggiore che nel para-mento della torre. Nel cortile si rileva l’altezza massima residua di m 2,50 alla tangenzadel braccio sinistro con la torre (tav. XXIV, 3). Il paramento esterno del bastione mo-stra la stessa tecnica di quello della torre antica, dovuta anche all’uso della stessa mate-ria calcare (tav. XXIII, 1-4). Appare molto degradato tanto nelle torri (m 1,00 d’altezzasu 4 filari in C, m 0,60 su 1 filare affiorante in B e D) quanto nelle cortine (m 1,00 su4 filari nella cortina fra B e C, m 1,50 su 4 filari fra D e C). Alla distanza di m 10,20dalla mezzeria della cortina fra D e B, si osservano i resti d’un grosso muro ad angolo,da ritenersi parte d’un antemurale o d’un’opera di terrazzamento sul lato Sudovest delforte. Non si esclude che il muro potesse continuare per tutto o un gran tratto del peri-metro del nuraghe, consolidandone o fortificandone la base naturale del piccolo colle.Oggi, però, esso è visibile soltanto per una lunghezza di m 29, sommando i due ramiche s’incontrano ad angolo; il suo spessore è di m 2. La muratura residuata per 2 filari inevidenza, per l’altezza di m 0,70, è di tecnica rozza e trascurata, forse di età posteriore a

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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quella del bastione (tav. XXII, 2). Nel terreno intorno al nuraghe, e specie lungo la bre-ve pendice di Sud, si raccolgono schegge d’ossidiana e frammenti di stoviglie d’impastonuragico, di color nero o rossiccio. Interessante il trovamento del resto d’un piede a na-stro insellato decorato a incisione, appartenente a un vaso a tripode della foggia della“facies” nuragica di Monte Claro (si confronti con esempio di Enna Pruna di Mògoro,Lilliu-Ferrarese Ceruti, St.S., XVI, 1960, p. 111, fig. 33, 6, tav. XXXIX, a 1). Il torrio-ne primitivo, anche per gli indizi forniti dalle ceramiche e in specie dal frammento dipiede di tripode della speciale “facies” datata dal 1200 al IX secolo a.C., potrebbe rife-rirsi a tempi anteriori alla fine del II millennio a.C. Nel luogo dell’abitato preistoricointorno al nuraghe, la vita continuò fino in epoca romana, come dimostrano avanzi fit-tili rinvenuti nelle adiacenze della costruzione.Bibliografia: Petit Radel, Notice sur les nuraghes cit., 1826, pp. 24, 77; W.H. Smyth, Sketch cit., 1828, p. 6;A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 43, pl. VII, 1 d, p. 62 ss., 76, 85, 94, 133 s., pl. VI, 1, a-c; Angius,in Casalis, Dizionario, VIII, 1841, p. 534; G. Micali, Storia degli antichi cit., 1849, p. 43, tav. LXXI, 4(3a ed.; la prima edizione del 1832, p. 46, tav. LXXI, 4); Spano, Memoria, 1854, p. 18, nota 2, p. 40nota 2, p. 42 nota 2; Memoria, 1867, pp. 24, 62, 66; Centurione, “Studii” cit., 1888, pp. 31, 41-43,48-50, 52, 64 s., 68; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., II, 1892, p. 46; F. Nissardi, “Contributo” cit.,1903-4, p. 663; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, 1914, XXIII, col. 318, fig. 2; Bull. Paletn. It., XLI,1915, p. 5; Celentano, I Nuraghi, 1917, p. 158; G. Vacca, Posizione geografica cit., 1917, p. 17; E.E.M.(prov. di Cagliari), 1922, p. 124; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XXXI, 1926, col. 425; Il Conv. arch.cit., 1926, p. 16; A. Della Seta, Italia Antica, 1928, p. 55, fig. 47; A. Cossu, Sardegna e Corsica, 1932,p. 73; A. Taramelli, “Nuraghi” in Enciclopedia Italiana, 1935, XXV, tav. XI, basso a destra; M. Nie-haus, Sardinien cit., 1938, p. 137; G. Lilliu, St.S., VII, 1947, p. 59, nota 62; M. Pallottino, La Sarde-gna nuragica, 1950, p. 43, tav. V, 2; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, pp. 127, 232; F. Loddo Cane-pa, La Sardegna cit., 1954, p. 5; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 70, fig. 44; G. Lilliu, St.S., XII-XIII,I, 1955, pp. 159 s., 297; M. Serra, Mal di Sardegna, 1955, p. 162; R. Carta Raspi, Il volto della Sardegna,1956, p. 50, fig. 84; Heyward-Imbert, Sardaigne, 1956, p. 49, tav. in alto; G. Lilliu, Antiquity, XXXIII,n. 129, 1959, p. 37, pl. VII, b; “The proto-Castles” cit., in Scientific American, dec. 1959, p. 67; “I nu-raghi”, in Il Progresso dell’Isola, 1960, p. 28, fig. ivi; Almagro, Prehistoria cit., 1960, p. 652, fig. 718.

Tavola XXII, 2: nuraghe SU ÌDILI o IS PARAS-Isili (Nùoro).Il nuraghe visto da Sud: in primo piano a destra la torretta D, a sinistra l’antemurale omuro di terrazzamento; v. Scheda a tav. XXII, 1.

Tavola XXIII, 1-4: nuraghe SU ÌDILI o IS PARAS-Isili (Nùoro).Il nuraghe visto da Est: in primo piano la cortina fra D e C (1); la torre A e la torrettaC (in primo piano in basso), da Nordnordest (2); la torre A da Nordovest (3) e daOvest (4); v. scheda a tav. XXII, 1.

Tavola XXIV, 1-4: nuraghe SU ÌDILI o IS PARAS-Isili (Nùoro).La torre A da Sudest (1); particolare del muro inclinato della torre A, da Nordovest(2); braccio sinistro del cortile e ingresso alla torre A, da Sudest (3); braccio destro delcortile da Sudovest (4); v. scheda a tav. XXII, 1.

Tavola XXV, 1-2: nuraghe SU ÌDILI o IS PARAS-Isili (Nùoro).Particolare della serraglia della pseudovolta (1); particolare della scala allo sfocio sulterrazzo (2); v. scheda a tav. XXII, 1.

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Tavole

basale e mediana, mentre in alto va serrandosi con notevole accentuazione di aggetto;in rapporto col restringersi graduale del vano, dal basso al sommo, anche le propor-zioni delle pietre vanno riducendosi. Al 2° filare da terra si hanno le seguenti misuredi blocchi: m 0,50 x 0,24 d’altezza; 0,88 x 0,27; 0,80 x 0,30; 0,86 x 0,28; 1,46 x0,30; 0,61 x 0,28; 0,54 x 0,33; 0,75 x 0,34; 0,73 x 0,29; 1,44 x 0,33. Alla torre fa dacontrafforte il bastione trilobato, con le tre punte turrite B, D, C rispettivamente aOvestsudovest, Sud-sudsudest, Nordnordest, B e D dal profilo inciso e staccato, conangolazione, dalle cortine che le uniscono a C, quest’ultima, più ampia e prominente,rispetto alla torre A, delle altre torri minori, con la linea di contorno fusa con quelladelle predette cortine (distanza del muro esterno di C da A m 11,60, di B e D m 8,80e 11,50). Delle torri C e D, rispettivamente del diametro di m 7 e 6, non si vedono,perché nascoste dalle macerie, le camere; in C si rileva, superiormente, una cella di m 4di diametro. In B e D mettono anditi che partono dal cortile E (visibile l’invito dell’an-dito di D di m 1,30 di larghezza all’apertura su E); a C o portava un corridoio a raggi-ro della torre A lungo la cortina di Nordovest o di Est oppure introduceva un ingressoautonomo o posterula, dall’esterno, aperto in un punto non determinabile dell’arco diC. Rilevabile è, invece, l’ingresso al cortile E del bastione, ricavato in una rientranza,che fa seguito a un risvolto angolare, della cortina fra D e C, spostato verso D, in posi-zione munita per effetto dell’arretramento del muro e della difesa costituita dalla torre.Mette in E un andito obliquo, di m 3,70 di lunghezza x 0,80 di larghezza, completa-mente ostruito dalle macerie; dalla parte del cortile, la porta, larga m 1,10, dovrebbeesser sormontata da pietra d’architrave con spiraglio di scarico, quest’ultimo visibile aldisotto d’un lastrone di m 1,38 di lunghezza x 0,22 d’altezza x 0,62 di profondità (tav.XXIV, 4, a destra). Il cortile E, situato, in postura protetta, fra D ed A, a ridosso dellecortine di Sudovest ed Estsudest, mostra la figura a tre quarti di cerchio, di m 5,30 x 4.Le sue pareti (tav. XXIV, 3-4), evidentemente addossate e aggiunte alla struttura anticadella torre A, un po’ aggettanti nella parte alta, si distinguono da quelle della torre pri-mitiva per esser costituite da pietre di piccola taglia, per lo più di forma subquadrata,talune anche poliedriche, con tendenza alla disposizione in filari per quanto non rego-lari come le file del mastio. I blocchi, foggiati a coda per l’ammorsatura interna, misu-rano m 0,33 x 0,23 x 0,38 (d’entrata); 0,40 x 0,20 x 0,43; 0,49 x 0,18 x 0,45; 0,46 x0,15 x 0,50; si osserva un impiego di scaglie e terra nei giunti maggiore che nel para-mento della torre. Nel cortile si rileva l’altezza massima residua di m 2,50 alla tangenzadel braccio sinistro con la torre (tav. XXIV, 3). Il paramento esterno del bastione mo-stra la stessa tecnica di quello della torre antica, dovuta anche all’uso della stessa mate-ria calcare (tav. XXIII, 1-4). Appare molto degradato tanto nelle torri (m 1,00 d’altezzasu 4 filari in C, m 0,60 su 1 filare affiorante in B e D) quanto nelle cortine (m 1,00 su4 filari nella cortina fra B e C, m 1,50 su 4 filari fra D e C). Alla distanza di m 10,20dalla mezzeria della cortina fra D e B, si osservano i resti d’un grosso muro ad angolo,da ritenersi parte d’un antemurale o d’un’opera di terrazzamento sul lato Sudovest delforte. Non si esclude che il muro potesse continuare per tutto o un gran tratto del peri-metro del nuraghe, consolidandone o fortificandone la base naturale del piccolo colle.Oggi, però, esso è visibile soltanto per una lunghezza di m 29, sommando i due ramiche s’incontrano ad angolo; il suo spessore è di m 2. La muratura residuata per 2 filari inevidenza, per l’altezza di m 0,70, è di tecnica rozza e trascurata, forse di età posteriore a

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

Page 248: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

Tavola XXXIV, 1: nuraghe OES-Torralba (Sàssari); cartina B, 11.È un bel nuraghe, assai noto fin dal secolo scorso, situato nella piana della conca delCampo Giavesu nell’altopiano del Meilogu, sulla riva destra del riu Mannu, in vista di al-tri nuraghi e specialmente del Santu Antìne distante circa 800 metri a Nordnordovest.Con altre costruzioni consimili difendeva l’ingresso alla conca per il solco vallivo del riu, ei coltivi e i pascoli che vi sono freschi e pingui, a causa della presenza d’una zona di risor-give (benazzus). È un edifizio di tipo complesso costituito di una torre antica (tav.XXXIV, 1; f: dal Lamarmora) a cui si è addossato, in un secondo tempo, sul lato frontaleda Est a Sudsudovest, un corpo costruttivo di tre torri minori (l, n, r) includenti un corti-le scoperto (d). L’insieme misura m 23,60 (sulla linea f-d, cioè sull’ingresso) x 26 (agliestremi della linea passante sulle torri marginali l ed r). A pochi metri di distanza dal nu-raghe, nell’arco da Est a Sudsudovest avanzano tratti dell’antemurale che, all’interno, for-ma un rilevato ben distinto ed emergente di poco sulla piatta campagna all’intorno. Latorre antica, rotonda del diametro di circa 13 metri, ha l’ingresso a Sudest, ostruito oradalle macerie del cortile che lo precede (ai tempi del Lamarmora accessibile a fatica scen-dendo dall’alto per la scala a spirale). Nell’andito retrostante si apre l’imbocco della scala,a destra. Nella camera, in cui non si notano (ma possono esistervi nascoste dal colmatic-cio) nicchie sussidiarie, non appare traccia di pseudocupola, bensì, a m 4,40 di altezza, ilLamarmora segna una risega o scarpa della parete verticale destinata a sostenere un sop-palco di legno a livello del primo piano, fungente da pavimento alla camera superiore.Questa camera, circolare e centrica e con pareti verticali come l’inferiore e come questachiusa, a m 3,60 d’altezza, da un altro soffitto a tavolato ligneo, prende luce da un fine-strone trapezoidale sormontato da architrave subquadrato con finestrino d’alleggerimentoaperto sopra i due filari che sovrastano l’architrave stesso (tavv. XXXIV, 2, XXXV, 1-2,XXXVII, 1-3); il finestrone, dietro cui sfocia formando un pianerottolo il primo tratto discala che sale dal pianterreno, è all’altezza dello svettamento del corpo aggiunto sopra ilvuoto del cortile. Un’altra rampa di scala, girando da sinistra a destra, porta al pianerotto-lo del secondo piano che, in origine, si affacciava all’esterno attraverso un secondo fine-strone spostato sulla verticale a sinistra del sottostante, con la stessa luce trapezoidale (benvisibile e perfettamente conservato ai tempi del Lamarmora, tav. XXXIV, 2). Dalla parteopposta al finestrone, nell’interno della torre, il pianerottolo metteva alla camera del se-condo piano per una porta rastremata scaricata da un’ampia interessante luce a triangoloche ricorda l’architettura micenea (tav. XXXVIII, 1-2). Anche la camera di questo piano,con pareti a piombo, aveva il pavimento costituito da un solaio ligneo impostato sulla ri-sega del muro (si conserva per m 4,40 di altezza). L’ultimo tratto della scala, rischiaratocome i tratti del primo e del secondo piano da finestrini-feritoie, porta alla sommità delcono che era terminato a terrazzo. La torre si eleva per m 12,60, con bella evidenza diparamento specie nel giro da Estnordest a Sudovest che non è interessato dalle parti ag-giunte (tavv. XXXV-XXXVI). Il cono cade da ogni parte con inclinazione quasi regolareed uniforme, a linea scandita che accentua con la sua essenzialità il volume ampio e mae-stoso del mastio, uno dei più belli e suggestivi dell’Isola per forma e dimensioni oltre cheper cura nel taglio e nella disposizione degli elementi della muratura. Come nel nuragheLosa (vedi) i blocchi di basalto, giallorossicci per la patina del tempo, nascono dal bassoin forme grosse, talora poligonali, ma poi, dopo i primi filari della fondazione, i corsi sal-gono sovrapponendosi a ritmo orizzontale con pietre sempre minori per proporzioni e

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Tavole

Tavola XXVI, 1-4: nuraghe NURADDÈO-Suni (Nùoro).Il nuraghe visto da Nordovest (1), da Ovestnordovest (2), da Ovest (3); il finestroneal secondo piano (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 3.

Tavola XXVII, 1-3: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari).Il nuraghe da SudOvest: in primo piano a sinistra la torre B, a destra la torre con fe-ritoie per il corpo di guardia, in fondo al centro l’ingresso del bastione (1); il nura-ghe da Sud: in primo piano ingresso alla torre del corpo di guardia, sullo sfondo latorre C del bastione (2); il nuraghe da Ovest: in primo piano a sinistra la torre B, adestra la torre del corpo di guardia vista di fianco (3). Si veda la scheda descrittiva difig. 8, 4.

Tavola XXVIII, 1-4: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari).Il nuraghe da Sudovest: la torre B e, in prospettiva, le cortine fra B e D e C e D (1); ilnuraghe da Nord: in primo piano la torre E dell’antemurale, in secondo piano la torreD del bastione e in prospettiva la cortina fra D e B (2); il nuraghe da Sudovest: corti-na fra B e D (si noti il poligonale sovrastato dal pseudoisodomo) (3); il nuraghe daNordnordovest: particolare della cortina fra D e B, presso B (4). Si veda la scheda de-scrittiva di fig. 8, 4.

Tavola XXIX, 1-3: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari).Il nuraghe da Sudovest: in primo piano a destra particolare della torre del corpo diguardia, al centro la torre B e a sinistra parziale giro della torre F dell’antemurale (1);il nuraghe da Ovest: a sinistra la torre F, a destra cortina del bastione fra B e D (si no-ti la diversità della tecnica muraria dei due paramenti) (2); la torre E dell’antemurale,vista dalla parte dell’ingresso (3). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 4.

Tavola XXX, 1-2: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari).Il nuraghe da Ovest: in primo piano tratto della torre F dell’antemurale, in secondopiano cortina a gomito fra F ed E, a sinistra tratto della torre E dell’antemurale (1); lospazio fortificato compreso fra la torre F e la cortina del bastione fra B e D (si noti laporta architravata presso la cuspide D) (2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 4.

Tavola XXXI, 1-2: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari).L’ingresso nella cortina frontale fra C e B (1); particolare di detto ingresso: nell’inter-no, a destra, si vede l’apertura dell’andito che porta alla camera della torre C (2). Siveda la scheda descrittiva di fig. 8, 4.

Tavola XXXII: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari).Particolare dell’andito che porta dall’ingresso alla camera della torre B. Si veda la sche-da descrittiva di fig. 8, 4.

Tavola XXXIII: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari).La serraglia della pseudocupola della tholos del mastio. Si veda la scheda descrittiva difig. 8, 4.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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Tavola XXXIV, 1: nuraghe OES-Torralba (Sàssari); cartina B, 11.È un bel nuraghe, assai noto fin dal secolo scorso, situato nella piana della conca delCampo Giavesu nell’altopiano del Meilogu, sulla riva destra del riu Mannu, in vista di al-tri nuraghi e specialmente del Santu Antìne distante circa 800 metri a Nordnordovest.Con altre costruzioni consimili difendeva l’ingresso alla conca per il solco vallivo del riu, ei coltivi e i pascoli che vi sono freschi e pingui, a causa della presenza d’una zona di risor-give (benazzus). È un edifizio di tipo complesso costituito di una torre antica (tav.XXXIV, 1; f: dal Lamarmora) a cui si è addossato, in un secondo tempo, sul lato frontaleda Est a Sudsudovest, un corpo costruttivo di tre torri minori (l, n, r) includenti un corti-le scoperto (d). L’insieme misura m 23,60 (sulla linea f-d, cioè sull’ingresso) x 26 (agliestremi della linea passante sulle torri marginali l ed r). A pochi metri di distanza dal nu-raghe, nell’arco da Est a Sudsudovest avanzano tratti dell’antemurale che, all’interno, for-ma un rilevato ben distinto ed emergente di poco sulla piatta campagna all’intorno. Latorre antica, rotonda del diametro di circa 13 metri, ha l’ingresso a Sudest, ostruito oradalle macerie del cortile che lo precede (ai tempi del Lamarmora accessibile a fatica scen-dendo dall’alto per la scala a spirale). Nell’andito retrostante si apre l’imbocco della scala,a destra. Nella camera, in cui non si notano (ma possono esistervi nascoste dal colmatic-cio) nicchie sussidiarie, non appare traccia di pseudocupola, bensì, a m 4,40 di altezza, ilLamarmora segna una risega o scarpa della parete verticale destinata a sostenere un sop-palco di legno a livello del primo piano, fungente da pavimento alla camera superiore.Questa camera, circolare e centrica e con pareti verticali come l’inferiore e come questachiusa, a m 3,60 d’altezza, da un altro soffitto a tavolato ligneo, prende luce da un fine-strone trapezoidale sormontato da architrave subquadrato con finestrino d’alleggerimentoaperto sopra i due filari che sovrastano l’architrave stesso (tavv. XXXIV, 2, XXXV, 1-2,XXXVII, 1-3); il finestrone, dietro cui sfocia formando un pianerottolo il primo tratto discala che sale dal pianterreno, è all’altezza dello svettamento del corpo aggiunto sopra ilvuoto del cortile. Un’altra rampa di scala, girando da sinistra a destra, porta al pianerotto-lo del secondo piano che, in origine, si affacciava all’esterno attraverso un secondo fine-strone spostato sulla verticale a sinistra del sottostante, con la stessa luce trapezoidale (benvisibile e perfettamente conservato ai tempi del Lamarmora, tav. XXXIV, 2). Dalla parteopposta al finestrone, nell’interno della torre, il pianerottolo metteva alla camera del se-condo piano per una porta rastremata scaricata da un’ampia interessante luce a triangoloche ricorda l’architettura micenea (tav. XXXVIII, 1-2). Anche la camera di questo piano,con pareti a piombo, aveva il pavimento costituito da un solaio ligneo impostato sulla ri-sega del muro (si conserva per m 4,40 di altezza). L’ultimo tratto della scala, rischiaratocome i tratti del primo e del secondo piano da finestrini-feritoie, porta alla sommità delcono che era terminato a terrazzo. La torre si eleva per m 12,60, con bella evidenza diparamento specie nel giro da Estnordest a Sudovest che non è interessato dalle parti ag-giunte (tavv. XXXV-XXXVI). Il cono cade da ogni parte con inclinazione quasi regolareed uniforme, a linea scandita che accentua con la sua essenzialità il volume ampio e mae-stoso del mastio, uno dei più belli e suggestivi dell’Isola per forma e dimensioni oltre cheper cura nel taglio e nella disposizione degli elementi della muratura. Come nel nuragheLosa (vedi) i blocchi di basalto, giallorossicci per la patina del tempo, nascono dal bassoin forme grosse, talora poligonali, ma poi, dopo i primi filari della fondazione, i corsi sal-gono sovrapponendosi a ritmo orizzontale con pietre sempre minori per proporzioni e

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Tavole

Tavola XXVI, 1-4: nuraghe NURADDÈO-Suni (Nùoro).Il nuraghe visto da Nordovest (1), da Ovestnordovest (2), da Ovest (3); il finestroneal secondo piano (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 3.

Tavola XXVII, 1-3: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari).Il nuraghe da SudOvest: in primo piano a sinistra la torre B, a destra la torre con fe-ritoie per il corpo di guardia, in fondo al centro l’ingresso del bastione (1); il nura-ghe da Sud: in primo piano ingresso alla torre del corpo di guardia, sullo sfondo latorre C del bastione (2); il nuraghe da Ovest: in primo piano a sinistra la torre B, adestra la torre del corpo di guardia vista di fianco (3). Si veda la scheda descrittiva difig. 8, 4.

Tavola XXVIII, 1-4: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari).Il nuraghe da Sudovest: la torre B e, in prospettiva, le cortine fra B e D e C e D (1); ilnuraghe da Nord: in primo piano la torre E dell’antemurale, in secondo piano la torreD del bastione e in prospettiva la cortina fra D e B (2); il nuraghe da Sudovest: corti-na fra B e D (si noti il poligonale sovrastato dal pseudoisodomo) (3); il nuraghe daNordnordovest: particolare della cortina fra D e B, presso B (4). Si veda la scheda de-scrittiva di fig. 8, 4.

Tavola XXIX, 1-3: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari).Il nuraghe da Sudovest: in primo piano a destra particolare della torre del corpo diguardia, al centro la torre B e a sinistra parziale giro della torre F dell’antemurale (1);il nuraghe da Ovest: a sinistra la torre F, a destra cortina del bastione fra B e D (si no-ti la diversità della tecnica muraria dei due paramenti) (2); la torre E dell’antemurale,vista dalla parte dell’ingresso (3). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 4.

Tavola XXX, 1-2: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari).Il nuraghe da Ovest: in primo piano tratto della torre F dell’antemurale, in secondopiano cortina a gomito fra F ed E, a sinistra tratto della torre E dell’antemurale (1); lospazio fortificato compreso fra la torre F e la cortina del bastione fra B e D (si noti laporta architravata presso la cuspide D) (2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 4.

Tavola XXXI, 1-2: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari).L’ingresso nella cortina frontale fra C e B (1); particolare di detto ingresso: nell’inter-no, a destra, si vede l’apertura dell’andito che porta alla camera della torre C (2). Siveda la scheda descrittiva di fig. 8, 4.

Tavola XXXII: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari).Particolare dell’andito che porta dall’ingresso alla camera della torre B. Si veda la sche-da descrittiva di fig. 8, 4.

Tavola XXXIII: nuraghe LOSA-Abbasanta (Cagliari).La serraglia della pseudocupola della tholos del mastio. Si veda la scheda descrittiva difig. 8, 4.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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36, fig. 24; Centurione, “Studii” cit., 1888, pp. 33, 107; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., I, 1892, p. 309;F. Corona, Guida cit., 1896, pp. 46, 227; G. Pinza, Mon. ant. Lincei, 1901, col. 131 s., tav. VII, 2; F.Nissardi, “Contributo” cit., 1903-4, pp. 655 s., 668; G. Sergi, La Sardegna cit., 1907, p. 13, fig. 5; H.De Chaignon, “Sur les nuraghes” cit., 1906-07, pp. 8 s., 24, tav. in alto; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei,XVIII, 1907, col. 42; F. Préchac, “Notes sur l’architecture” cit., 1908, pp. 149, 158; A. Taramelli, Guidadel Museo cit., 1914, p. 172, tav. XIII, fig. 20; Celentano, I nuraghi, 1917, p. 137 (fotografia); G. Vacca,Posizione geografica cit., 1917, p. 16; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XXV, 1919, col. 828, 834; C. Dessì,Nuraghi e Terme cit., 1920, p. 12; Singolari nuraghi in Gallura, 1922, pp. 8, 10; Nuraghi di Sardegna,1922, p. 25; I nuraghi della Sardegna, 1923, pp. 28, 36; F. Flumene, Un po’ più di luce cit., 1923, pp. 30, 57;E. Pais, Storia della Sardegna cit., 1923, p. 725, tav. XXXI; P. Ledda, Sardegna, 1924, p. 39; C. Dessì, I nu-raghi della Sardegna, 1924, p. 6; F. Von Duhn, “Nurage”, in Reall. d. Vorg., IX, 1927, p. 142; P. Ducati,L’Arte classica, 1927, p. 87; A. Della Seta, Italia antica, 1928, p. 55, fig. 45; A. Taramelli, Bull. Paletn. It.,XLIX, 1929, p. 86; “I nuraghi e i loro abitatori” cit., 1930, pp. 4, 9, fig. 3; A. Cossu, Sardegna e Corsica,1932, p. 72; E. Lucchi, Visioni di Sardegna, 1933, p. 129; A. Taramelli, “Nuraghi” in Enciclopedia Italia-na, XXV, 1935, p. 82 s.; Mon. ant. Lincei, XXXVIII, 1939, col. 49 s., fig. 17; Carta archeologica, f. 193,1940, p. 70, n. 8; G. Lilliu, Not. di Scavi, 1941, p. 157, nota 1; A. Bonu, Nell’Isola dei Nuraghi, 1942,p. 26; P. Mingazzini, St.S., VII, 1947, p. 16; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 96; G. Lilliu, St.S.,X-XI, 1952, p. 95; E. Contu, ibidem, p. 139; Zervos, Civilisation cit., 1954, pp. 44, figg. 15, 7, pp. 64,88, fig. 63, p. 378; Sardegna (Touring), XX, 1954, p. 166, fig. 312; Serra, Mal di Sardegna, 1955, p. 63;G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 191, 196, 199-201, 210, 224; J. Job, Ein Reisebuch cit., 1956, p.112; R. Branca, Sardegna segreta, 1956, p. 107; G.F. Ackermann, Reiseland von morgen cit., 1957, pp.10, 38, tav. 12; V. Mossa, St.S., XIV-XV, I, 1958, p. 380; R. Pracchi, “Contributo” cit., 1959, p. 39.

Tavola XXXIV, 2: nuraghe OES-Torralba (Sàssari).Disegno tratto dal Voyage del Lamarmora, che riproduce il nuraghe quale era intornoal 1840. In primo piano a sinistra le torri l ed n del bastione, a destra la torre r, alcentro l’ingresso principale, sul fondo il mastio che fa vedere ancora i due finestroni; adestra in fondo il nuraghe Santu Antìne. V. scheda a tav. XXXIV, 1.

Tavola XXXV, 1-2: nuraghe OES-Torralba (Sàssari).Il nuraghe da Sudsudest: in primo piano a sinistra le torri n ed i del bastione, a destral’ingresso principale, in secondo piano il mastio (1); il nuraghe visto da Sud: in primopiano la torre l e in secondo piano il mastio (2). V. scheda a tav. XXXIV, 1.

Tavola XXXVI, 1-3: nuraghe OES-Torralba (Sàssari).Il nuraghe da Sudsudovest: a destra la torre l, a sinistra il mastio (1); il nuraghe daSudovest: a destra la torre l, a sinistra il mastio (2); il nuraghe da Ovest: il mastio (3).V. scheda a tav. XXXIV, 1.

Tavola XXXVII, 1-3: nuraghe OES-Torralba (Sàssari).Il finestrone del primo piano del mastio visto di fronte (1) e di tre quarti (2-3). In 3, in altoporta architravata che introduce alla camera del secondo piano. V. scheda a tav. XXXIV, 1.

Tavola XXXVIII, 1-2: nuraghe OES-Torralba (Sàssari).Triangolo di scarico dell’architrave della porta che introduce alla camera del secondopiano (1); la stessa porta a sinistra, e il pianerottolo della scala destra, allo stesso piano(2). V. scheda a tav. XXXIV, 1.

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Tavole

sempre più curate nella lavorazione fino a determinare, nella parte più alta, un paramentoa vista quasi isodomo. Rifiniti sono soprattutto i conci del finestrone del primo piano,ben profilati e aderenti nei giunti sia negli stipiti sia nell’architrave quasi squadrato. Lad-dove l’unione delle pietre non è perfetta e restano vuoti, i giunti laterali e i piani posa so-no regolarizzati con piccole pietre a secco, sicché la struttura muraria risulta più legata esalda. L’impiego dello scheggiame è visibile pure nei vani: nelle camere a sezione cilindri-ca e nelle scale a sezione angolare. Il corpo aggiunto, conservato ai tempi del Lamarmoraper l’altezza di m 8 (alla torre r) di m 6,40 (alla torre l) (tav. XXXIV, 2), ora più degrada-to come si può vedere dal confronto fra i disegni dell’800 e le nostre fotografie (tavv.XXXIV-XXXV), consta della riunione di tre coni di cui due (l, n) strettamente uniti aparamento continuo dal profilo concavo-convesso. Incluso fra le tre torrette sta un cortileaccessibile in origine da due anditi d’ingresso, uno, il principale, a Sudest, nella cortinafra r ed n (a del disegno del Lamarmora) e l’altro, sussidiario, a Nordnordest nella cortinafra r ed il mastio (segnato S). Una porta architravata (tavv. XXXV, 1, XXXIX, 1), di m 1 x1 di luce, introduce nell’andito a, lungo m 3,50, a sezione trapezoidale, con spalle a filariin aggetto e copertura tabulata di grandi lastroni. Circa a metà, a sinistra di chi entra (tav.XXXIX, 2), l’andito riceve l’imbocco (di m 0,80 x 0,80) del corridoio trasversale b chepenetra nella torre n, sfocia poi, attraverso una seconda porta pur essa architravata (siste-ma a dipylon) nel cortile d. In questo metteva anche l’andito secondario di cui vedesi laporta con grande pietra d’architrave a Nordnordest (m 1 x 1; tav. XXXIX, 3) e si segue ilpercorso interno per circa 5 metri; a metà del suo sviluppo si apre la celletta rettangolareg che è una garetta di guardia (non ingresso al mastio, né tomba come suppose il Lamar-mora). Anche l’andito sussidiario mostra il soffitto tabulare e i fianchi del muro a file digrossi blocchi basaltici subquadrati, ma la sezione ne è rettangolare (tav. XXXIX, 4). È dapensare che nel cortile sfociassero pure gli usci delle torri r ed l e che da esso, attraversoun’apertura nella sua parete Nord a m 2,50 da terra, si salisse, per una scala praticata nellospessore della cortina frontale fra n ed r, nel terrazzo del corpo aggiunto sul quale (secon-do un’ipotesi non ben ragionata del Lamarmora e che forse non ha consistenza) davanopure le porte (evidentemente sopraelevate in modo inconsueto) delle torri l ed r (nei pun-ti segnati q ed m). L’opera muraria del corpo aggiunto si stacca nettamente da quella delmastio. Pur conservandosi la disposizione a filari, l’ordinamento è meno curato. Le pietrebasaltiche sono sempre di proporzioni molto maggiori e le forme, dal taglio più rude egrossolano, accanto alla subquadrata presentano, con una certa frequenza, la poliedrica.La muratura è ancora ben connessa con impiego meno diffuso di piccole pietre di rincal-zo. Le strutture denunziano con evidenza l’età più tardiva, indicata pure dal tipo degli an-diti a gusto di piattabanda. Non si esclude che, in occasione della costruzione del corpoaggiunto, possano essersi portate quelle modifiche di fondo nell’interno del mastio checondussero – caso veramente eccezionale nei nuraghi – a sostituire le antiche camere co-perte “a tholos” con i vani a soffitto orizzontale ligneo. Dello stesso periodo del corpo ag-giunto è pure l’antemurale che si conserva, a tratti, per l’altezza di più di due metri, fino acinque file di pietre grosse come quelle delle tre torri riunite. La torre antica può risalire aiprimi secoli del I millennio a.C.; anteriore al VI secolo è il corpo aggiunto.Bibliografia: Petit Radel, Notices sur les nuraghes cit., 1826, p. 60; A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 46, pl.XI, pp. 78-82, 87, 110, 131, 149; Spano, Memoria, 1854, p. 16, nota 8 di p. 15; A. Lamarmora, Itinéraire,II, 1860, p. 223; Spano, Memoria, 1867, p. 17, nota 5; Perrot-Chipiez, Hist. de l’Art cit., IV, 1887, pp. 33,

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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36, fig. 24; Centurione, “Studii” cit., 1888, pp. 33, 107; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., I, 1892, p. 309;F. Corona, Guida cit., 1896, pp. 46, 227; G. Pinza, Mon. ant. Lincei, 1901, col. 131 s., tav. VII, 2; F.Nissardi, “Contributo” cit., 1903-4, pp. 655 s., 668; G. Sergi, La Sardegna cit., 1907, p. 13, fig. 5; H.De Chaignon, “Sur les nuraghes” cit., 1906-07, pp. 8 s., 24, tav. in alto; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei,XVIII, 1907, col. 42; F. Préchac, “Notes sur l’architecture” cit., 1908, pp. 149, 158; A. Taramelli, Guidadel Museo cit., 1914, p. 172, tav. XIII, fig. 20; Celentano, I nuraghi, 1917, p. 137 (fotografia); G. Vacca,Posizione geografica cit., 1917, p. 16; A. Taramelli, Mon. ant. Lincei, XXV, 1919, col. 828, 834; C. Dessì,Nuraghi e Terme cit., 1920, p. 12; Singolari nuraghi in Gallura, 1922, pp. 8, 10; Nuraghi di Sardegna,1922, p. 25; I nuraghi della Sardegna, 1923, pp. 28, 36; F. Flumene, Un po’ più di luce cit., 1923, pp. 30, 57;E. Pais, Storia della Sardegna cit., 1923, p. 725, tav. XXXI; P. Ledda, Sardegna, 1924, p. 39; C. Dessì, I nu-raghi della Sardegna, 1924, p. 6; F. Von Duhn, “Nurage”, in Reall. d. Vorg., IX, 1927, p. 142; P. Ducati,L’Arte classica, 1927, p. 87; A. Della Seta, Italia antica, 1928, p. 55, fig. 45; A. Taramelli, Bull. Paletn. It.,XLIX, 1929, p. 86; “I nuraghi e i loro abitatori” cit., 1930, pp. 4, 9, fig. 3; A. Cossu, Sardegna e Corsica,1932, p. 72; E. Lucchi, Visioni di Sardegna, 1933, p. 129; A. Taramelli, “Nuraghi” in Enciclopedia Italia-na, XXV, 1935, p. 82 s.; Mon. ant. Lincei, XXXVIII, 1939, col. 49 s., fig. 17; Carta archeologica, f. 193,1940, p. 70, n. 8; G. Lilliu, Not. di Scavi, 1941, p. 157, nota 1; A. Bonu, Nell’Isola dei Nuraghi, 1942,p. 26; P. Mingazzini, St.S., VII, 1947, p. 16; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 96; G. Lilliu, St.S.,X-XI, 1952, p. 95; E. Contu, ibidem, p. 139; Zervos, Civilisation cit., 1954, pp. 44, figg. 15, 7, pp. 64,88, fig. 63, p. 378; Sardegna (Touring), XX, 1954, p. 166, fig. 312; Serra, Mal di Sardegna, 1955, p. 63;G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, pp. 191, 196, 199-201, 210, 224; J. Job, Ein Reisebuch cit., 1956, p.112; R. Branca, Sardegna segreta, 1956, p. 107; G.F. Ackermann, Reiseland von morgen cit., 1957, pp.10, 38, tav. 12; V. Mossa, St.S., XIV-XV, I, 1958, p. 380; R. Pracchi, “Contributo” cit., 1959, p. 39.

Tavola XXXIV, 2: nuraghe OES-Torralba (Sàssari).Disegno tratto dal Voyage del Lamarmora, che riproduce il nuraghe quale era intornoal 1840. In primo piano a sinistra le torri l ed n del bastione, a destra la torre r, alcentro l’ingresso principale, sul fondo il mastio che fa vedere ancora i due finestroni; adestra in fondo il nuraghe Santu Antìne. V. scheda a tav. XXXIV, 1.

Tavola XXXV, 1-2: nuraghe OES-Torralba (Sàssari).Il nuraghe da Sudsudest: in primo piano a sinistra le torri n ed i del bastione, a destral’ingresso principale, in secondo piano il mastio (1); il nuraghe visto da Sud: in primopiano la torre l e in secondo piano il mastio (2). V. scheda a tav. XXXIV, 1.

Tavola XXXVI, 1-3: nuraghe OES-Torralba (Sàssari).Il nuraghe da Sudsudovest: a destra la torre l, a sinistra il mastio (1); il nuraghe daSudovest: a destra la torre l, a sinistra il mastio (2); il nuraghe da Ovest: il mastio (3).V. scheda a tav. XXXIV, 1.

Tavola XXXVII, 1-3: nuraghe OES-Torralba (Sàssari).Il finestrone del primo piano del mastio visto di fronte (1) e di tre quarti (2-3). In 3, in altoporta architravata che introduce alla camera del secondo piano. V. scheda a tav. XXXIV, 1.

Tavola XXXVIII, 1-2: nuraghe OES-Torralba (Sàssari).Triangolo di scarico dell’architrave della porta che introduce alla camera del secondopiano (1); la stessa porta a sinistra, e il pianerottolo della scala destra, allo stesso piano(2). V. scheda a tav. XXXIV, 1.

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Tavole

sempre più curate nella lavorazione fino a determinare, nella parte più alta, un paramentoa vista quasi isodomo. Rifiniti sono soprattutto i conci del finestrone del primo piano,ben profilati e aderenti nei giunti sia negli stipiti sia nell’architrave quasi squadrato. Lad-dove l’unione delle pietre non è perfetta e restano vuoti, i giunti laterali e i piani posa so-no regolarizzati con piccole pietre a secco, sicché la struttura muraria risulta più legata esalda. L’impiego dello scheggiame è visibile pure nei vani: nelle camere a sezione cilindri-ca e nelle scale a sezione angolare. Il corpo aggiunto, conservato ai tempi del Lamarmoraper l’altezza di m 8 (alla torre r) di m 6,40 (alla torre l) (tav. XXXIV, 2), ora più degrada-to come si può vedere dal confronto fra i disegni dell’800 e le nostre fotografie (tavv.XXXIV-XXXV), consta della riunione di tre coni di cui due (l, n) strettamente uniti aparamento continuo dal profilo concavo-convesso. Incluso fra le tre torrette sta un cortileaccessibile in origine da due anditi d’ingresso, uno, il principale, a Sudest, nella cortinafra r ed n (a del disegno del Lamarmora) e l’altro, sussidiario, a Nordnordest nella cortinafra r ed il mastio (segnato S). Una porta architravata (tavv. XXXV, 1, XXXIX, 1), di m 1 x1 di luce, introduce nell’andito a, lungo m 3,50, a sezione trapezoidale, con spalle a filariin aggetto e copertura tabulata di grandi lastroni. Circa a metà, a sinistra di chi entra (tav.XXXIX, 2), l’andito riceve l’imbocco (di m 0,80 x 0,80) del corridoio trasversale b chepenetra nella torre n, sfocia poi, attraverso una seconda porta pur essa architravata (siste-ma a dipylon) nel cortile d. In questo metteva anche l’andito secondario di cui vedesi laporta con grande pietra d’architrave a Nordnordest (m 1 x 1; tav. XXXIX, 3) e si segue ilpercorso interno per circa 5 metri; a metà del suo sviluppo si apre la celletta rettangolareg che è una garetta di guardia (non ingresso al mastio, né tomba come suppose il Lamar-mora). Anche l’andito sussidiario mostra il soffitto tabulare e i fianchi del muro a file digrossi blocchi basaltici subquadrati, ma la sezione ne è rettangolare (tav. XXXIX, 4). È dapensare che nel cortile sfociassero pure gli usci delle torri r ed l e che da esso, attraversoun’apertura nella sua parete Nord a m 2,50 da terra, si salisse, per una scala praticata nellospessore della cortina frontale fra n ed r, nel terrazzo del corpo aggiunto sul quale (secon-do un’ipotesi non ben ragionata del Lamarmora e che forse non ha consistenza) davanopure le porte (evidentemente sopraelevate in modo inconsueto) delle torri l ed r (nei pun-ti segnati q ed m). L’opera muraria del corpo aggiunto si stacca nettamente da quella delmastio. Pur conservandosi la disposizione a filari, l’ordinamento è meno curato. Le pietrebasaltiche sono sempre di proporzioni molto maggiori e le forme, dal taglio più rude egrossolano, accanto alla subquadrata presentano, con una certa frequenza, la poliedrica.La muratura è ancora ben connessa con impiego meno diffuso di piccole pietre di rincal-zo. Le strutture denunziano con evidenza l’età più tardiva, indicata pure dal tipo degli an-diti a gusto di piattabanda. Non si esclude che, in occasione della costruzione del corpoaggiunto, possano essersi portate quelle modifiche di fondo nell’interno del mastio checondussero – caso veramente eccezionale nei nuraghi – a sostituire le antiche camere co-perte “a tholos” con i vani a soffitto orizzontale ligneo. Dello stesso periodo del corpo ag-giunto è pure l’antemurale che si conserva, a tratti, per l’altezza di più di due metri, fino acinque file di pietre grosse come quelle delle tre torri riunite. La torre antica può risalire aiprimi secoli del I millennio a.C.; anteriore al VI secolo è il corpo aggiunto.Bibliografia: Petit Radel, Notices sur les nuraghes cit., 1826, p. 60; A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 46, pl.XI, pp. 78-82, 87, 110, 131, 149; Spano, Memoria, 1854, p. 16, nota 8 di p. 15; A. Lamarmora, Itinéraire,II, 1860, p. 223; Spano, Memoria, 1867, p. 17, nota 5; Perrot-Chipiez, Hist. de l’Art cit., IV, 1887, pp. 33,

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Tavola XLVIII, 1-2: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Porta d’ingresso, nel cortile, che introduce alla scala che serve il corridoio del pianosuperiore, lungo la cortina fra C e D (1); porta sul cortile dell’andito d’ingresso dellacortina frontale: entro l’andito, a destra, apertura della garetta, a sinistra della porta, nel-la parte del cortile, feritoia (2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola XLIX, 1-4: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Feritoia (a sinistra in primo piano) della garetta dell’andito d’ingresso della cortinafrontale (1); apertura sopraelevata, nella camera della torre C, che mette nel corridoiosuperiore fra C e D (2); feritoia (a sinistra) e posterula (a destra) nella camera dellatorre C (3); porta d’accesso al corridoio inferiore fra C e D e posterula (a destra) nellacamera della torre C (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola L, 1-4: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Posterula della torre B, vista dall’esterno (1); andito d’ingresso della camera della torreB, visto dall’interno (2); feritoie nella camera della torre B (3); altre feritoie nella ca-mera della torre B (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola LI, 1-4: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Apertura sopraelevata, nella camera della torre D, che mette al corridoio superiore fraD e B (1); porta d’accesso al corridoio inferiore fra le camere delle torri D e B (2); po-sterula della torre D, vista dall’interno: a destra, nel vano, l’apertura sull’andito dellagaretta (3); porticina d’accesso al corridoio inferiore fra D e C (a sinistra) e portellod’ingresso all’andito trasversale che unisce i corridoi inferiori fra D e C e fra D e B,dietro la torre A (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola LII, 1-3: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Feritoie nella camera della torre D (1-3). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola LIII: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Fuga del corridoio inferiore fra C e D: la luce entra dalle feritoie sulla parete a destra.Si notino le impressionanti suggestive reminiscenze di architettura micenea. Vedischeda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola LIV, 1-3: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Corridoio superiore fra C e D, da Sudest (1); corridoio superiore fra C e D, da Nord-nordovest (2); corridoio superiore fra D e B, da Nord (3). Si veda la scheda descrittivadi fig. 8, 6.

Tavola LV, 1-4: nuraghe SANTA BÀRBARA-Macomèr (Nùoro).Il nuraghe visto da Sudsudovest (1); il nuraghe da Ovest: in primo piano la cortinaondulata fra B e D, in secondo piano il mastio (2); il nuraghe visto dalla parte fronta-le: in primo piano i resti del cortile F e, dietro, il mastio con finestrone del primo pia-no (3); particolare del finestrone (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 9, 1.

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Tavole

Tavola XXXIX, 1-4: nuraghe OES-Torralba (Sàssari).Porta dell’ingresso principale (1); interno dell’andito dell’ingresso principale, a sinistral’invito del corridoio alla cella della torre n (2); porta dell’ingresso sussidiario a Nordnord-est (3); particolare dell’andito piattabandato retrostante allo stesso ingresso (4). V. sche-da a tav. XXXIV, 1.

Tavola XL, 1-2: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Il nuraghe al margine del Campu Giavesu, con lo sfondo delle alture di Torralba (1); ilnuraghe da Sud: in primo piano la cortina del bastione fra le torri B e C, da cui emergeil volume del mastio A in secondo piano (2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola XLI, 1-3: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Il nuraghe da Est: in primo piano, a sinistra, la torre B e, a destra, un tratto della cortinafrontale con l’ingresso, in secondo piano la torre A (1); il nuraghe da Sudsudovest: in pri-mo piano la torre B e, a destra, la fuga della cortina fra B e C, a sinistra in secondo pianoparticolare del mastio (2); il nuraghe da Ovestsudovest: in primo piano tratto della corti-na fra B e D, in secondo piano il mastio (3). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola XLII, 1-2: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Il nuraghe da Sudsudovest: in primo piano la torre B e fuga della cortina fra B e D, in se-condo piano il mastio (1); il nuraghe da Nord: in primo piano la torre D e fuga della cor-tina fra D e B, in secondo piano il mastio (2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola XLIII, 1-2: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Il mastio all’altezza del primo piano: visibile il finestrone a sinistra e, a destra, sopra il murodel cortile, il finestrino che dà luce alla camera del piano rialzato (1); particolare del cortile,a destra, e profilo del cono del mastio a sinistra (2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola XLIV: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).L’andito del mastio visto dall’interno: sopra l’architrave della porta sulla camera si os-serva l’apertura della celletta in cui è praticata la botola che cade sul corridoio d’in-gresso. Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola XLV: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Nicchia di fondo nella camera; si noti il finestrino di scarico, a trapezio rovescio, del-l’architrave. Vedi la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola XLVI, 1-2: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Tratto della scala del mastio, al secondo piano (1); tratto della stessa scala all’aperturasull’andito dell’ingresso: si noti il logorio dei gradini dovuto al lungo passarvi (2). Siveda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola XLVII: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).In primo piano luce della porta al cortile dell’andito della cortina frontale, in secondopiano la porta del mastio. Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

Page 253: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

Tavola XLVIII, 1-2: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Porta d’ingresso, nel cortile, che introduce alla scala che serve il corridoio del pianosuperiore, lungo la cortina fra C e D (1); porta sul cortile dell’andito d’ingresso dellacortina frontale: entro l’andito, a destra, apertura della garetta, a sinistra della porta, nel-la parte del cortile, feritoia (2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola XLIX, 1-4: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Feritoia (a sinistra in primo piano) della garetta dell’andito d’ingresso della cortinafrontale (1); apertura sopraelevata, nella camera della torre C, che mette nel corridoiosuperiore fra C e D (2); feritoia (a sinistra) e posterula (a destra) nella camera dellatorre C (3); porta d’accesso al corridoio inferiore fra C e D e posterula (a destra) nellacamera della torre C (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola L, 1-4: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Posterula della torre B, vista dall’esterno (1); andito d’ingresso della camera della torreB, visto dall’interno (2); feritoie nella camera della torre B (3); altre feritoie nella ca-mera della torre B (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola LI, 1-4: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Apertura sopraelevata, nella camera della torre D, che mette al corridoio superiore fraD e B (1); porta d’accesso al corridoio inferiore fra le camere delle torri D e B (2); po-sterula della torre D, vista dall’interno: a destra, nel vano, l’apertura sull’andito dellagaretta (3); porticina d’accesso al corridoio inferiore fra D e C (a sinistra) e portellod’ingresso all’andito trasversale che unisce i corridoi inferiori fra D e C e fra D e B,dietro la torre A (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola LII, 1-3: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Feritoie nella camera della torre D (1-3). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola LIII: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Fuga del corridoio inferiore fra C e D: la luce entra dalle feritoie sulla parete a destra.Si notino le impressionanti suggestive reminiscenze di architettura micenea. Vedischeda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola LIV, 1-3: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Corridoio superiore fra C e D, da Sudest (1); corridoio superiore fra C e D, da Nord-nordovest (2); corridoio superiore fra D e B, da Nord (3). Si veda la scheda descrittivadi fig. 8, 6.

Tavola LV, 1-4: nuraghe SANTA BÀRBARA-Macomèr (Nùoro).Il nuraghe visto da Sudsudovest (1); il nuraghe da Ovest: in primo piano la cortinaondulata fra B e D, in secondo piano il mastio (2); il nuraghe visto dalla parte fronta-le: in primo piano i resti del cortile F e, dietro, il mastio con finestrone del primo pia-no (3); particolare del finestrone (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 9, 1.

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Tavole

Tavola XXXIX, 1-4: nuraghe OES-Torralba (Sàssari).Porta dell’ingresso principale (1); interno dell’andito dell’ingresso principale, a sinistral’invito del corridoio alla cella della torre n (2); porta dell’ingresso sussidiario a Nordnord-est (3); particolare dell’andito piattabandato retrostante allo stesso ingresso (4). V. sche-da a tav. XXXIV, 1.

Tavola XL, 1-2: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Il nuraghe al margine del Campu Giavesu, con lo sfondo delle alture di Torralba (1); ilnuraghe da Sud: in primo piano la cortina del bastione fra le torri B e C, da cui emergeil volume del mastio A in secondo piano (2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola XLI, 1-3: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Il nuraghe da Est: in primo piano, a sinistra, la torre B e, a destra, un tratto della cortinafrontale con l’ingresso, in secondo piano la torre A (1); il nuraghe da Sudsudovest: in pri-mo piano la torre B e, a destra, la fuga della cortina fra B e C, a sinistra in secondo pianoparticolare del mastio (2); il nuraghe da Ovestsudovest: in primo piano tratto della corti-na fra B e D, in secondo piano il mastio (3). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola XLII, 1-2: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Il nuraghe da Sudsudovest: in primo piano la torre B e fuga della cortina fra B e D, in se-condo piano il mastio (1); il nuraghe da Nord: in primo piano la torre D e fuga della cor-tina fra D e B, in secondo piano il mastio (2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola XLIII, 1-2: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Il mastio all’altezza del primo piano: visibile il finestrone a sinistra e, a destra, sopra il murodel cortile, il finestrino che dà luce alla camera del piano rialzato (1); particolare del cortile,a destra, e profilo del cono del mastio a sinistra (2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola XLIV: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).L’andito del mastio visto dall’interno: sopra l’architrave della porta sulla camera si os-serva l’apertura della celletta in cui è praticata la botola che cade sul corridoio d’in-gresso. Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola XLV: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Nicchia di fondo nella camera; si noti il finestrino di scarico, a trapezio rovescio, del-l’architrave. Vedi la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola XLVI, 1-2: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).Tratto della scala del mastio, al secondo piano (1); tratto della stessa scala all’aperturasull’andito dell’ingresso: si noti il logorio dei gradini dovuto al lungo passarvi (2). Siveda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

Tavola XLVII: nuraghe SANTU ANTÌNE-Torralba (Sàssari).In primo piano luce della porta al cortile dell’andito della cortina frontale, in secondopiano la porta del mastio. Si veda la scheda descrittiva di fig. 8, 6.

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posteriorità cronologica del secondo rispetto al primo è segnata anche dalla diversità di la-vorazione dell’architrave, preciso e rifinito a scalpello, mentre l’architrave dell’apertura delmastio è soltanto sbozzato alla martella, d’aspetto rozzo e primitivo (2); porta d’ingressodal cortile al mastio A (3). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXIII, 1-4: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Particolare del cortile che fa vedere il mastio a destra e, al centro, in basso le porte d’acces-so alla camera della torre D e del corridoio curvilineo che porta alla cella della torre E,in alto l’apertura sopraelevata della cameretta da letto (1); particolare del cortile in cuisi vedono a sinistra in basso parte della porta del mastio, e, a destra, in alto l’aperturache serve l’andito a cordonata interno alla cortina fra B e C e in basso la porta d’ingres-so alla camera della torre C (2); porta d’accesso alla camera della torre B (3); porta sulcortile dell’andito dell’ingresso basale con due garette nella cortina fra B e C, muratoall’esterno dal rifascio (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXIV, 1-2: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Apertura sopraelevata della scala di camera al primo piano del mastio (1); feritoie del-l’ordine superiore nella parete della camera della torre B (2). Si veda la scheda descrit-tiva di fig. 10, 2.

Tavola LXV, 1-3: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Serraglia della pseudovolta della camera della torre E (1); andito d’accesso alla cameradella torre E, all’incontro col corridoio curvilineo a raggiro del mastio (2); feritoie ab-binate, che guardano sulla cortina fra C e B, nella camera della torre C (3). Si veda lascheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXVI, 1-3: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Porta dell’antemurale nella cortina fra H e G, presso la torre H (1); porta all’internodell’ingresso dell’antemurale aperto fra O e P, presso O (2); feritoie ad angolo alla tan-genza della cortina con la torre H, a difesa della porta principale d’ingresso dell’ante-murale (3). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXVII, 1-2: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Tre feritoie dell’ordine basale e due dell’ordine superiore nella camera della torre O del-l’antemurale (1); serie di feritoie dell’ordine basale della predetta camera (2). Si veda lascheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXVIII, 1-4: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).In primo piano la torre O dell’antemurale, in secondo piano la cortina del bastionefra E e D (1); a sinistra parte del giro della torre O, e a destra abitazioni del nuragicotardivo entro il recinto dell’antemurale, viste dall’alto del nuraghe (2); porta d’ingres-so alla torre O, all’interno in fondo feritoia, a destra parte del giro d’un’abitazione delnuragico tardivo (3); andito della torre O visto dall’interno della camera, al di fuoriscaletta che serve a scendere il dislivello fra il piano archeologico del nuragico tardivo(in alto) e del nuragico medio (in basso) (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

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Tavole

Tavola LVI: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Planimetria del complesso nuragico: nuraghe e villaggio. Si veda la scheda descrittivadi fig. 10, 2.

Tavola LVII, 1-3: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Il complesso nuragico visto da Nordest; a sinistra in fondo la collina conica dellaMarmilla, col Castello giudicale di Lasplassas (1); il nuraghe visto da Sudsudovest,dalla piana del Pard’e s’eda (2); il nuraghe visto da Nord, dall’altura di Marfudi: sullosfondo le colline spianate, dalla morfologia a “brunkus”, di Barùmini e Lasplassas (3).Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LVIII, 1-2: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Il villaggio (in primo piano) e il nuraghe (sullo sfondo) visti da Est (1); il nuraghe vistoda Nord: in primo piano l’antemurale con le torri M, N, O (da sinistra a destra) e lecortine intermedie, in secondo piano il bastione con le torri C, E, D (da sinistra a de-stra) e muri rettilinei di collegamento (2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LIX, 1-4: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Il nuraghe da Nordest: in primo piano l’abitazione 111, sullo sfondo la cortina Nord-est del bastione, con l’ingresso sopraelevato, fra le torri C ed E (1); il nuraghe da Est:in primo piano gruppo di abitazioni di fase d (nuragico tardivo), sullo sfondo torri C(a destra) e B (a sinistra) del bastione con cortina intermedia (2); il nuraghe da Sud-est: in primo piano a destra torre G dell’antemurale, in secondo piano torri C (a de-stra) e B (a sinistra) del bastione con cortina intermedia (3); il nuraghe visto da Nord-ovest: in primo piano tratto di cortina dell’antemurale fra O ed N, in secondo pianotorri E (a sinistra) e D (a destra) del bastione con cortina intermedia (4). Si veda lascheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LX, 1-2: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).In primo piano a destra, particolare della porta d’ingresso dell’abitazione ZZ del nura-gico tardivo, in secondo piano l’ingresso sopraelevato del bastione presso la torre C (asinistra) (1); in primo piano particolare struttivo-decorativo a spina di pesce dell’abita-zione predetta, in secondo piano al centro l’ingresso sopraelevato del bastione e a sini-stra giro della torre C in cui si vede chiaramente, nel nucleo interno, la sovrapposizionedell’opera isodoma su quella poliedrica (2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXI: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Al centro in primo piano prospettiva del mastio, a destra finestrone sul cortile dell’an-dito dell’ingresso sopraelevato; si noti sopra il finestrone il ricorrere dell’opera subqua-drata a filari usata per restaurare il cortile, in opera poliedrica, nei tempi della fase c ofase del rifascio. Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXII, 1-3: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Parete del mastio sopra l’architrave della porta d’ingresso (1); particolare del finestrone delmastio al primo piano e del finestrone sul cortile dell’andito dell’ingresso sopraelevato. La

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posteriorità cronologica del secondo rispetto al primo è segnata anche dalla diversità di la-vorazione dell’architrave, preciso e rifinito a scalpello, mentre l’architrave dell’apertura delmastio è soltanto sbozzato alla martella, d’aspetto rozzo e primitivo (2); porta d’ingressodal cortile al mastio A (3). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXIII, 1-4: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Particolare del cortile che fa vedere il mastio a destra e, al centro, in basso le porte d’acces-so alla camera della torre D e del corridoio curvilineo che porta alla cella della torre E,in alto l’apertura sopraelevata della cameretta da letto (1); particolare del cortile in cuisi vedono a sinistra in basso parte della porta del mastio, e, a destra, in alto l’aperturache serve l’andito a cordonata interno alla cortina fra B e C e in basso la porta d’ingres-so alla camera della torre C (2); porta d’accesso alla camera della torre B (3); porta sulcortile dell’andito dell’ingresso basale con due garette nella cortina fra B e C, muratoall’esterno dal rifascio (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXIV, 1-2: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Apertura sopraelevata della scala di camera al primo piano del mastio (1); feritoie del-l’ordine superiore nella parete della camera della torre B (2). Si veda la scheda descrit-tiva di fig. 10, 2.

Tavola LXV, 1-3: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Serraglia della pseudovolta della camera della torre E (1); andito d’accesso alla cameradella torre E, all’incontro col corridoio curvilineo a raggiro del mastio (2); feritoie ab-binate, che guardano sulla cortina fra C e B, nella camera della torre C (3). Si veda lascheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXVI, 1-3: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Porta dell’antemurale nella cortina fra H e G, presso la torre H (1); porta all’internodell’ingresso dell’antemurale aperto fra O e P, presso O (2); feritoie ad angolo alla tan-genza della cortina con la torre H, a difesa della porta principale d’ingresso dell’ante-murale (3). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXVII, 1-2: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Tre feritoie dell’ordine basale e due dell’ordine superiore nella camera della torre O del-l’antemurale (1); serie di feritoie dell’ordine basale della predetta camera (2). Si veda lascheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXVIII, 1-4: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).In primo piano la torre O dell’antemurale, in secondo piano la cortina del bastionefra E e D (1); a sinistra parte del giro della torre O, e a destra abitazioni del nuragicotardivo entro il recinto dell’antemurale, viste dall’alto del nuraghe (2); porta d’ingres-so alla torre O, all’interno in fondo feritoia, a destra parte del giro d’un’abitazione delnuragico tardivo (3); andito della torre O visto dall’interno della camera, al di fuoriscaletta che serve a scendere il dislivello fra il piano archeologico del nuragico tardivo(in alto) e del nuragico medio (in basso) (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

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Tavole

Tavola LVI: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Planimetria del complesso nuragico: nuraghe e villaggio. Si veda la scheda descrittivadi fig. 10, 2.

Tavola LVII, 1-3: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Il complesso nuragico visto da Nordest; a sinistra in fondo la collina conica dellaMarmilla, col Castello giudicale di Lasplassas (1); il nuraghe visto da Sudsudovest,dalla piana del Pard’e s’eda (2); il nuraghe visto da Nord, dall’altura di Marfudi: sullosfondo le colline spianate, dalla morfologia a “brunkus”, di Barùmini e Lasplassas (3).Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LVIII, 1-2: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Il villaggio (in primo piano) e il nuraghe (sullo sfondo) visti da Est (1); il nuraghe vistoda Nord: in primo piano l’antemurale con le torri M, N, O (da sinistra a destra) e lecortine intermedie, in secondo piano il bastione con le torri C, E, D (da sinistra a de-stra) e muri rettilinei di collegamento (2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LIX, 1-4: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Il nuraghe da Nordest: in primo piano l’abitazione 111, sullo sfondo la cortina Nord-est del bastione, con l’ingresso sopraelevato, fra le torri C ed E (1); il nuraghe da Est:in primo piano gruppo di abitazioni di fase d (nuragico tardivo), sullo sfondo torri C(a destra) e B (a sinistra) del bastione con cortina intermedia (2); il nuraghe da Sud-est: in primo piano a destra torre G dell’antemurale, in secondo piano torri C (a de-stra) e B (a sinistra) del bastione con cortina intermedia (3); il nuraghe visto da Nord-ovest: in primo piano tratto di cortina dell’antemurale fra O ed N, in secondo pianotorri E (a sinistra) e D (a destra) del bastione con cortina intermedia (4). Si veda lascheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LX, 1-2: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).In primo piano a destra, particolare della porta d’ingresso dell’abitazione ZZ del nura-gico tardivo, in secondo piano l’ingresso sopraelevato del bastione presso la torre C (asinistra) (1); in primo piano particolare struttivo-decorativo a spina di pesce dell’abita-zione predetta, in secondo piano al centro l’ingresso sopraelevato del bastione e a sini-stra giro della torre C in cui si vede chiaramente, nel nucleo interno, la sovrapposizionedell’opera isodoma su quella poliedrica (2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXI: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Al centro in primo piano prospettiva del mastio, a destra finestrone sul cortile dell’an-dito dell’ingresso sopraelevato; si noti sopra il finestrone il ricorrere dell’opera subqua-drata a filari usata per restaurare il cortile, in opera poliedrica, nei tempi della fase c ofase del rifascio. Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXII, 1-3: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Parete del mastio sopra l’architrave della porta d’ingresso (1); particolare del finestrone delmastio al primo piano e del finestrone sul cortile dell’andito dell’ingresso sopraelevato. La

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Tavola LXXV, 1-3: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Vano pp, del nuragico tardivo, fra le torri C e H: forse era usato come laboratoriodell’olio del lentisco il quale si macinava entro il bacile (in primo piano) e si depuravadentro la vasca appoggiata alla base del muro di fondo, divisa in due settori da un dia-framma con un foro nel basso per permettere il passaggio del liquido da un settore al-l’altro (1); forno nel vano 51, del nuragico tardivo, nella parte Nordest del villaggio, aNord della torre H (2); stipetti (a sinistra in alto), focolare rotondo e pozzetto (al cen-tro e a destra in basso), nel vano ll davanti alla torre C, del nuragico tardivo (3). Siveda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXXVI, 1-3: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Pilastrino betilico in calcare, che riproduce la torre d’un nuraghe con terrazzo spor-gente su mensole: trovato nella Sala del Consiglio, dove costituiva un elemento del ri-tuale religioso precedente agli atti dell’Assemblea (1); modellino in bronzo di nuraghequadrilobato, tipo Barùmini, con le torri sormontate da terrazzini a ballatoio e le cor-tine a parapetto sporgente su mensole: da loc. Camposanto, presso Olmedo (Sàssari)(2); esemplare di mensola, di basalto, scelto fra le centinaia di pezzi simili rinvenutenello scavo del nuraghe di Barùmini (3); palle di pietra per piombatoio, trovate neglistrati basali, all’esterno del Su Nuraxi (4). Per il 2 v. Lilliu, Sculture della Sardegna nu-ragica, 1956, pp. 70, 146 (ivi bibliografia precedente).

Tavola LXXVII, 1-4: nuraghe S’ORKU-Domusnòvas (Cagliari).Panoramica del nuraghe, nel terrazzo vallivo, e del sovrastante Monti Mannu, da Sud(1); veduta, più da vicino, del nuraghe: in primo piano le torri F, G, H dell’antemura-le, in secondo piano la cuspide B-D-C del bastione ed il mastio A (2); nuraghe da Sud-sudest: in primo pino cortina fra G e H, in secondo piano, a destra, C, al centro il cor-tile E col mastio retrostante (3); particolare del giro del muro che limita ad Est il grandespazio I (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 3.

Tavola LXXVIII: nuraghe S’ORKU-Domusnòvas (Cagliari).Lato Est del nuraghe: da sinistra a destra si vedono l’anello murario che circonda e di-fende lo spazio I, la cortina del bastione in rozza opera poliedrica “ammucchiata”, latorre L. Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 3.

Tavola LXXIX, 1-4: nuraghe S’ORKU-Domusnòvas (Cagliari).Apertura sulla camera dell’andito che introduce al mastio A (1); soffitto piattabandatodello stesso andito (2); porta d’ingresso allo spazio M, situata fra il dente del bastionee lo sperone della torre L dell’antemurale (3); soffitto lastronato della predetta porta(4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 3.

Tavola LXXX, 1-2: nuraghe ORRÙBIU-Orròli (Nùoro).Il nuraghe visto da Nordnordovest: in primo piano la cortina fra le torri I ed H del-l’antemurale, in secondo piano le torri D, E, F (da sinistra a destra) del bastione conrelative cortine, in alto il mastio (1); il nuraghe da Ovestsudovest: da sinistra a destrasi osservano la porta d’ingresso dell’antemurale, la torre R e la torre Q dell’antemurale(2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 4.

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Tavole

Tavola LXIX, 1-3: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).In primo piano la torre M dell’antemurale, dietro un gruppo di abitazioni del villag-gio del nuragico tardivo, in cui si distingue, per le grandi proporzioni diametrali, laSala del Consiglio, costruita nel nuragico medio e poi rifatta, in gran parte, ai tempidella fase d (1); porta d’ingresso alla torre M (2); l’andito d’ingresso della torre M, vistodall’interno della camera (3). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXX, 1-3: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Feritoie dell’ordine basale e dell’ordine superiore nel giro della parete della camera dellatorre M dell’antemurale (1-2); feritoia della stessa torre, vista dall’esterno, nell’angolo frala torre e il muro Nordovest della ridotta L (3). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXXI, 1-2: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).A sinistra, esterno del muro megalitico di Est della ridotta L, diviso da una viuzza, daun gruppo di abitazioni del nuragico tardivo (a destra): si noti, alla base del muro me-galitico, il grande architrave della porta (1); la porta della ridotta L vista dall’interno:stipite destro per chi entra (2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXXII: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Settore del villaggio nuragico da Nordest (a sinistra) a Sudest (a destra). Si noti nelquarto a sinistra la Sala del Consiglio e nel quarto a destra le abitazioni a “isolato” ro-tondo con perimetro concentrico all’atrio circolare in cui si irraggiano i vani (tipo Cha-mezi Sitia). Da osservare il groviglio “labirintico” delle casette, di tanto in tanto divisein gruppi irregolari, asimmetrici, da stradelli stretti e tortuosi. Si veda la scheda de-scrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXXIII, 1-4: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Gruppi di abitazioni, per lo più del nuragico tardivo, nel settore centrale del villaggio.Si osservi la viuzza angusta e tortuosa che separa le case le quali, sulla destra special-mente, mostrano il tipo dell’isolato rotondo pluricellulare. Sulla via, la maggiore delvillaggio, non si aprono gli usci delle abitazioni, ma essi sono situati in posizione na-scosta, per ragioni di difesa (1); particolare di stradello fra le capanne 168-170-175-173-172 (a sinistra) e 173-178-171 (a destra) nel settore Sudest del villaggio (2); ca-panna 221, del nuragico medio (fase c) come le precedenti, nel settore est del villaggio(3); pozzo del villaggio nello spazio 202 (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXXIV, 1-4: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Forno nel vano 30 dell’isolato 20 e retrostante vano n. 65 con sedile e bacile di pietra perabluzioni o pasti rituali in comune, del nuragico tardivo (1); particolare del sedile (a sini-stra) e vasca (a destra) da cui si versava l’acqua od altro liquido nel bacile al centro delvano n. 65 (2); vano n. 90 nell’isolato 42, in cui si ripetono gli elementi visti nel vanoprecedente: il sedile alla base della parete circolare ben rifinita e il bacile di pietra al cen-tro sul pavimento lastricato e in leggero declivio per lo scolo del liquido, una volta svuo-tata la pila a funzione finita (3); forno, focolare e bacile nella capanna 195, del nuragicomedio, nel settore Est del villaggio (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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Tavola LXXV, 1-3: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Vano pp, del nuragico tardivo, fra le torri C e H: forse era usato come laboratoriodell’olio del lentisco il quale si macinava entro il bacile (in primo piano) e si depuravadentro la vasca appoggiata alla base del muro di fondo, divisa in due settori da un dia-framma con un foro nel basso per permettere il passaggio del liquido da un settore al-l’altro (1); forno nel vano 51, del nuragico tardivo, nella parte Nordest del villaggio, aNord della torre H (2); stipetti (a sinistra in alto), focolare rotondo e pozzetto (al cen-tro e a destra in basso), nel vano ll davanti alla torre C, del nuragico tardivo (3). Siveda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXXVI, 1-3: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Pilastrino betilico in calcare, che riproduce la torre d’un nuraghe con terrazzo spor-gente su mensole: trovato nella Sala del Consiglio, dove costituiva un elemento del ri-tuale religioso precedente agli atti dell’Assemblea (1); modellino in bronzo di nuraghequadrilobato, tipo Barùmini, con le torri sormontate da terrazzini a ballatoio e le cor-tine a parapetto sporgente su mensole: da loc. Camposanto, presso Olmedo (Sàssari)(2); esemplare di mensola, di basalto, scelto fra le centinaia di pezzi simili rinvenutenello scavo del nuraghe di Barùmini (3); palle di pietra per piombatoio, trovate neglistrati basali, all’esterno del Su Nuraxi (4). Per il 2 v. Lilliu, Sculture della Sardegna nu-ragica, 1956, pp. 70, 146 (ivi bibliografia precedente).

Tavola LXXVII, 1-4: nuraghe S’ORKU-Domusnòvas (Cagliari).Panoramica del nuraghe, nel terrazzo vallivo, e del sovrastante Monti Mannu, da Sud(1); veduta, più da vicino, del nuraghe: in primo piano le torri F, G, H dell’antemura-le, in secondo piano la cuspide B-D-C del bastione ed il mastio A (2); nuraghe da Sud-sudest: in primo pino cortina fra G e H, in secondo piano, a destra, C, al centro il cor-tile E col mastio retrostante (3); particolare del giro del muro che limita ad Est il grandespazio I (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 3.

Tavola LXXVIII: nuraghe S’ORKU-Domusnòvas (Cagliari).Lato Est del nuraghe: da sinistra a destra si vedono l’anello murario che circonda e di-fende lo spazio I, la cortina del bastione in rozza opera poliedrica “ammucchiata”, latorre L. Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 3.

Tavola LXXIX, 1-4: nuraghe S’ORKU-Domusnòvas (Cagliari).Apertura sulla camera dell’andito che introduce al mastio A (1); soffitto piattabandatodello stesso andito (2); porta d’ingresso allo spazio M, situata fra il dente del bastionee lo sperone della torre L dell’antemurale (3); soffitto lastronato della predetta porta(4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 3.

Tavola LXXX, 1-2: nuraghe ORRÙBIU-Orròli (Nùoro).Il nuraghe visto da Nordnordovest: in primo piano la cortina fra le torri I ed H del-l’antemurale, in secondo piano le torri D, E, F (da sinistra a destra) del bastione conrelative cortine, in alto il mastio (1); il nuraghe da Ovestsudovest: da sinistra a destrasi osservano la porta d’ingresso dell’antemurale, la torre R e la torre Q dell’antemurale(2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 4.

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Tavole

Tavola LXIX, 1-3: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).In primo piano la torre M dell’antemurale, dietro un gruppo di abitazioni del villag-gio del nuragico tardivo, in cui si distingue, per le grandi proporzioni diametrali, laSala del Consiglio, costruita nel nuragico medio e poi rifatta, in gran parte, ai tempidella fase d (1); porta d’ingresso alla torre M (2); l’andito d’ingresso della torre M, vistodall’interno della camera (3). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXX, 1-3: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Feritoie dell’ordine basale e dell’ordine superiore nel giro della parete della camera dellatorre M dell’antemurale (1-2); feritoia della stessa torre, vista dall’esterno, nell’angolo frala torre e il muro Nordovest della ridotta L (3). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXXI, 1-2: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).A sinistra, esterno del muro megalitico di Est della ridotta L, diviso da una viuzza, daun gruppo di abitazioni del nuragico tardivo (a destra): si noti, alla base del muro me-galitico, il grande architrave della porta (1); la porta della ridotta L vista dall’interno:stipite destro per chi entra (2). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXXII: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Settore del villaggio nuragico da Nordest (a sinistra) a Sudest (a destra). Si noti nelquarto a sinistra la Sala del Consiglio e nel quarto a destra le abitazioni a “isolato” ro-tondo con perimetro concentrico all’atrio circolare in cui si irraggiano i vani (tipo Cha-mezi Sitia). Da osservare il groviglio “labirintico” delle casette, di tanto in tanto divisein gruppi irregolari, asimmetrici, da stradelli stretti e tortuosi. Si veda la scheda de-scrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXXIII, 1-4: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Gruppi di abitazioni, per lo più del nuragico tardivo, nel settore centrale del villaggio.Si osservi la viuzza angusta e tortuosa che separa le case le quali, sulla destra special-mente, mostrano il tipo dell’isolato rotondo pluricellulare. Sulla via, la maggiore delvillaggio, non si aprono gli usci delle abitazioni, ma essi sono situati in posizione na-scosta, per ragioni di difesa (1); particolare di stradello fra le capanne 168-170-175-173-172 (a sinistra) e 173-178-171 (a destra) nel settore Sudest del villaggio (2); ca-panna 221, del nuragico medio (fase c) come le precedenti, nel settore est del villaggio(3); pozzo del villaggio nello spazio 202 (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

Tavola LXXIV, 1-4: nuraghe SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).Forno nel vano 30 dell’isolato 20 e retrostante vano n. 65 con sedile e bacile di pietra perabluzioni o pasti rituali in comune, del nuragico tardivo (1); particolare del sedile (a sini-stra) e vasca (a destra) da cui si versava l’acqua od altro liquido nel bacile al centro delvano n. 65 (2); vano n. 90 nell’isolato 42, in cui si ripetono gli elementi visti nel vanoprecedente: il sedile alla base della parete circolare ben rifinita e il bacile di pietra al cen-tro sul pavimento lastricato e in leggero declivio per lo scolo del liquido, una volta svuo-tata la pila a funzione finita (3); forno, focolare e bacile nella capanna 195, del nuragicomedio, nel settore Est del villaggio (4). Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.

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del Brunku Màdili che il Taramelli considerava, tuttavia, tra i più antichi dell’Isola, para-gonandolo ai “sesi” di Pantelleria.Bibliografia: A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 110; Angius, in Casalis, Dizionario, VIII, 1841, p. 24; A.Taramelli-F. Nissardi, Mon. ant. Lincei, XVIII, 1907, col. 49-53, 62, 68, 109; A. Taramelli, Not. di Scavi,1908, p. 119; F. De Rosa, Dell’uso dei nuraghi, 1909, p. 20; A. Taramelli, Bull. Paletn. It., XLIX, 1929, p. 84.

Tavola LXXXI, 2: nuraghe BRUNKU MÀDILI-Gèsturi (Cagliari).Il nuraghe visto da Ovest. Si veda la scheda descrittiva a tav. LXXXI, 1.

Tavola LXXXII, 1-2: nuraghe BRUNKU MÀDILI-Gèsturi (Cagliari).Il nuraghe visto da Ovest (1) e da Nord (2). Si veda la scheda descrittiva a tav.LXXXI, 1.

Tavola LXXXIII, 1-3: nuraghe BRUNKU MÀDILI-Gèsturi (Cagliari).Particolare del paramento del nuraghe da Est (1); altro particolare dell’opera murariaal risvolto Nord (2) ed Ovest (3). Si veda la scheda descrittiva a tav. LXXXI, 1.

Tavola LXXXIV, 1: nuraghe PEPPE GALLU-Uri (Sàssari); cartina B, 8.Si ergeva a m 119 di quota, sul ciglio dell’altopiano trachitico fra Sa Suereda e Sa Iddaz-za, a dominio della valle del rio Cuga, collegato visualmente con altri nuraghi a fitta dis-tribuzione zonale. È un nuraghe di forma a corridoio, con figura esterna circolare del ti-po classico, con qualche caratteristica singolare. Monotorre, rotondo, del diametro di m12,40/11,55, mostra due ingressi nel giro fra Est e Sudest, sopraelevati da terra: uno(quello a Sudest) di m 1,60 e l’altro (quello a Est) di m 2,50. Vi si accedeva da terra, evi-dentemente, per mezzo d’una scala mobile di legno o di corda. Dietro i due ingressi, a lu-ce trapezoidale, di m 1 circa di larghezza basale, due anditi, a pareti aggettanti e conver-genti in alto, con altezza massima residua di m 2,30, separati fra di loro da una spinamuraria assottigliata verso l’interno, si riuniscono ad angolo in un unico corridoio che,dapprima rettilineo, piega, poi, salendo gradualmente presso al margine Ovest della torre,in direzione di Nordnordovest per raggiungere, quasi sicuramente, il terrazzo terminaledella costruzione (lunghezza totale del corridoio circa 9 metri). Verso il centro del massic-cio murario, sulla destra del corridoio, una pietra di soglia rialzata sul pavimento di battu-to, introduce nell’unico vero e proprio vano: una celletta ellittica di m 2,40 x 1,50, conpareti aggettanti su 5 file, conservate per l’altezza residua di m 2,10. La torre si eleva al-l’esterno per m 5,80 d’altezza massima (a Est), con ritiro di m 1, con inclinazione di mu-ro di 10°. Ne compongono il paramento blocchi trachitici, di varia dimensione, dispostiin filari solo in qualche tratto, per il resto collocati confusamente (tav. LXXXIV, 2). L’operaè poliedrica con elementi non ritoccati, al naturale, murati a secco con molto scheggiameminuto e senza malta alcuna: misure di blocchi: m 1,58 x 1,30 x 0,60; 0,55 x 1,13 x0,40; 0,65 x 1,60 x 1,00. Rozza è anche la tecnica impiegata nei vani interni (corridoi ecella), con pietre di forma tondeggiante e di piccole proporzioni: m 0,40 x 0,93 x 0,33;0,33 x 0,97 x 0,40; 0,40 x 0,56 x 0,37. Da segnalare tre pietre, facenti parte in originedelle strutture, con fori marginali, d’incerto uso: per pali di chiusura di porta o forse an-che per legarvi le funi di corda delle scale mobili. Il nuraghe è stato scavato nel 1959 e de-molito per leggerne le strutture, smontandole parte a parte. Entro la compagine muraria

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Tavole

Tavola LXXXI, 1: nuraghe BRUNKU MÀDILI-Gèsturi (Cagliari); tavv. LXXXI-LXXXIII;cartina B, 78.A quota di m 574, al risvolto sudorientale dell’altopiano della “giara” di Gèsturi, dominala pendice terrazzata al cui piede, in una conca, si adagia il villaggio moderno di Barùmi-ni. Vi mette capo una “scala” o via naturale, sorvegliata, in cima e al suo sfocio sull’alto-piano, dalla mole megalitica. Il nuraghe fa parte di una serie di altre costruzioni dispostesui margini della “giara” e sui gradoni sottostanti, ma si distingue nettamente da esse perla singolare forma. Si fa notare anche per le sue proporzioni che fanno spicco da lungi, siaper chi sale dalla pendice sia per chi giunge al nuraghe dall’interno dell’altopiano. La figu-ra planimetrica, molto irregolare, disegna un profilo di contorno esagonoide, con i lati diSudovest (frontale) e di Nordest (opposto alla facciata) quasi rettilinei ed i restanti curvili-nei, concavi quelli di Nordovest e di Sudsudest e convessi quelli di Ovest e di Est. Gli spi-goli sono orientati a Nord, Nordest, Estsudest, Sud, Ovestsudovest e Ovestnordovest.L’insieme misura una lunghezza massima di m 28,30 (sulla linea degli spigoli Nordest eOvestsudovest) x la larghezza massima di m 16,50 (sulla linea del centro del lato Nord-ovest e dello spigolo di Estsudest). La costruzione si allunga parallelamente al profilo acci-dentato del ciglio dell’altopiano seguendone l’andamento (tavv. LXXXI, 2, LXXXII, 1-2).L’ingresso si apre nel lato rettilineo di Sudovest, con esposizione a Sud-sudsudovest, almargine della “scala” citata, nella direzione del gradino marnoso sovrastante il villaggio diBarùmini, in vista delle colline mosse della Marmilla e della Trexenta. Si misura per la lar-ghezza di m 1 e l’altezza residua apparente di m 1,70; la luce va restringendosi verso l’altoche, in origine, era sormontato da architrave di m 2 di lunghezza (così il Taramelli). Die-tro la porta d’ingresso, situata in posizione eccentrica rispetto al muro frontale in prossi-mità dello spigolo Sud, si allunga l’andito principale della larghezza di m 1/1,40, rilevabi-le per un tratto di m 3 e del resto ostruito dalle macerie. L’andito presenta sezione di vanoa pareti molto inclinate e con disposizione irregolare di filari. I resti di un secondo anditoo corridoio si osservano, in mezzo ad un cumulo confuso di rovine, nella parte Est dellacostruzione a circa 3 metri e mezzo dalla linea esterna del muro; si misura soltanto unbreve tratto di m 2,50 di lunghezza x la larghezza calcolabile di m 1. Si può supporre ra-gionevolmente che questo andito mettesse capo ad un ingresso aperto nel lato Est del-l’edifizio e che andasse a raccordarsi al centro dello stesso con l’andito principale, incon-trandosi ad angolo. Negli ampi spazi risultanti nelle parti Ovestsudovest e Nordnordest sipossono immaginare dei vani, forse rettangolari o ellittici, ed anche l’invito d’una scala alterrazzo, come si dà di osservare in altri nuraghi consimili al nostro, che appartiene evi-dentemente alla forma del nuraghe a corridoio. Il paramento esterno si conserva per l’al-tezza massima di m 4,50 (all’apice Nord), è invece molto distrutto sul lato di Est posatosul margine del ciglio al cui piede si osserva una grande rovina di blocchi coperti da fitticespugli. L’opera muraria in basalto è del tipo poligonale o poliedrico, con grandi pietrele quali, pur non essendo disposte in filari, sono ben connesse fra di loro con l’incastrodegli spigoli dei massi superiori nei vuoti di risulta fra i massi inferiori e con l’uso discheggiame piccolo negli spazi, spesso di notevole grandezza, fra blocco e blocco (tav.LXXXIII, 1-3). L’aspetto dell’opera è arcaico e si distingue da quello degli altri nuraghidell’altopiano e della pendice sottostante, in genere a disposizione regolare o meno in filedi pietre; distinta è pure, rispetto ai restanti nuraghi della zona, la forma a corridoio. Mada ciò soltanto non si può indurre una precedenza cronologica sugli altri edifici nuragici,

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del Brunku Màdili che il Taramelli considerava, tuttavia, tra i più antichi dell’Isola, para-gonandolo ai “sesi” di Pantelleria.Bibliografia: A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, p. 110; Angius, in Casalis, Dizionario, VIII, 1841, p. 24; A.Taramelli-F. Nissardi, Mon. ant. Lincei, XVIII, 1907, col. 49-53, 62, 68, 109; A. Taramelli, Not. di Scavi,1908, p. 119; F. De Rosa, Dell’uso dei nuraghi, 1909, p. 20; A. Taramelli, Bull. Paletn. It., XLIX, 1929, p. 84.

Tavola LXXXI, 2: nuraghe BRUNKU MÀDILI-Gèsturi (Cagliari).Il nuraghe visto da Ovest. Si veda la scheda descrittiva a tav. LXXXI, 1.

Tavola LXXXII, 1-2: nuraghe BRUNKU MÀDILI-Gèsturi (Cagliari).Il nuraghe visto da Ovest (1) e da Nord (2). Si veda la scheda descrittiva a tav.LXXXI, 1.

Tavola LXXXIII, 1-3: nuraghe BRUNKU MÀDILI-Gèsturi (Cagliari).Particolare del paramento del nuraghe da Est (1); altro particolare dell’opera murariaal risvolto Nord (2) ed Ovest (3). Si veda la scheda descrittiva a tav. LXXXI, 1.

Tavola LXXXIV, 1: nuraghe PEPPE GALLU-Uri (Sàssari); cartina B, 8.Si ergeva a m 119 di quota, sul ciglio dell’altopiano trachitico fra Sa Suereda e Sa Iddaz-za, a dominio della valle del rio Cuga, collegato visualmente con altri nuraghi a fitta dis-tribuzione zonale. È un nuraghe di forma a corridoio, con figura esterna circolare del ti-po classico, con qualche caratteristica singolare. Monotorre, rotondo, del diametro di m12,40/11,55, mostra due ingressi nel giro fra Est e Sudest, sopraelevati da terra: uno(quello a Sudest) di m 1,60 e l’altro (quello a Est) di m 2,50. Vi si accedeva da terra, evi-dentemente, per mezzo d’una scala mobile di legno o di corda. Dietro i due ingressi, a lu-ce trapezoidale, di m 1 circa di larghezza basale, due anditi, a pareti aggettanti e conver-genti in alto, con altezza massima residua di m 2,30, separati fra di loro da una spinamuraria assottigliata verso l’interno, si riuniscono ad angolo in un unico corridoio che,dapprima rettilineo, piega, poi, salendo gradualmente presso al margine Ovest della torre,in direzione di Nordnordovest per raggiungere, quasi sicuramente, il terrazzo terminaledella costruzione (lunghezza totale del corridoio circa 9 metri). Verso il centro del massic-cio murario, sulla destra del corridoio, una pietra di soglia rialzata sul pavimento di battu-to, introduce nell’unico vero e proprio vano: una celletta ellittica di m 2,40 x 1,50, conpareti aggettanti su 5 file, conservate per l’altezza residua di m 2,10. La torre si eleva al-l’esterno per m 5,80 d’altezza massima (a Est), con ritiro di m 1, con inclinazione di mu-ro di 10°. Ne compongono il paramento blocchi trachitici, di varia dimensione, dispostiin filari solo in qualche tratto, per il resto collocati confusamente (tav. LXXXIV, 2). L’operaè poliedrica con elementi non ritoccati, al naturale, murati a secco con molto scheggiameminuto e senza malta alcuna: misure di blocchi: m 1,58 x 1,30 x 0,60; 0,55 x 1,13 x0,40; 0,65 x 1,60 x 1,00. Rozza è anche la tecnica impiegata nei vani interni (corridoi ecella), con pietre di forma tondeggiante e di piccole proporzioni: m 0,40 x 0,93 x 0,33;0,33 x 0,97 x 0,40; 0,40 x 0,56 x 0,37. Da segnalare tre pietre, facenti parte in originedelle strutture, con fori marginali, d’incerto uso: per pali di chiusura di porta o forse an-che per legarvi le funi di corda delle scale mobili. Il nuraghe è stato scavato nel 1959 e de-molito per leggerne le strutture, smontandole parte a parte. Entro la compagine muraria

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Tavola LXXXI, 1: nuraghe BRUNKU MÀDILI-Gèsturi (Cagliari); tavv. LXXXI-LXXXIII;cartina B, 78.A quota di m 574, al risvolto sudorientale dell’altopiano della “giara” di Gèsturi, dominala pendice terrazzata al cui piede, in una conca, si adagia il villaggio moderno di Barùmi-ni. Vi mette capo una “scala” o via naturale, sorvegliata, in cima e al suo sfocio sull’alto-piano, dalla mole megalitica. Il nuraghe fa parte di una serie di altre costruzioni dispostesui margini della “giara” e sui gradoni sottostanti, ma si distingue nettamente da esse perla singolare forma. Si fa notare anche per le sue proporzioni che fanno spicco da lungi, siaper chi sale dalla pendice sia per chi giunge al nuraghe dall’interno dell’altopiano. La figu-ra planimetrica, molto irregolare, disegna un profilo di contorno esagonoide, con i lati diSudovest (frontale) e di Nordest (opposto alla facciata) quasi rettilinei ed i restanti curvili-nei, concavi quelli di Nordovest e di Sudsudest e convessi quelli di Ovest e di Est. Gli spi-goli sono orientati a Nord, Nordest, Estsudest, Sud, Ovestsudovest e Ovestnordovest.L’insieme misura una lunghezza massima di m 28,30 (sulla linea degli spigoli Nordest eOvestsudovest) x la larghezza massima di m 16,50 (sulla linea del centro del lato Nord-ovest e dello spigolo di Estsudest). La costruzione si allunga parallelamente al profilo acci-dentato del ciglio dell’altopiano seguendone l’andamento (tavv. LXXXI, 2, LXXXII, 1-2).L’ingresso si apre nel lato rettilineo di Sudovest, con esposizione a Sud-sudsudovest, almargine della “scala” citata, nella direzione del gradino marnoso sovrastante il villaggio diBarùmini, in vista delle colline mosse della Marmilla e della Trexenta. Si misura per la lar-ghezza di m 1 e l’altezza residua apparente di m 1,70; la luce va restringendosi verso l’altoche, in origine, era sormontato da architrave di m 2 di lunghezza (così il Taramelli). Die-tro la porta d’ingresso, situata in posizione eccentrica rispetto al muro frontale in prossi-mità dello spigolo Sud, si allunga l’andito principale della larghezza di m 1/1,40, rilevabi-le per un tratto di m 3 e del resto ostruito dalle macerie. L’andito presenta sezione di vanoa pareti molto inclinate e con disposizione irregolare di filari. I resti di un secondo anditoo corridoio si osservano, in mezzo ad un cumulo confuso di rovine, nella parte Est dellacostruzione a circa 3 metri e mezzo dalla linea esterna del muro; si misura soltanto unbreve tratto di m 2,50 di lunghezza x la larghezza calcolabile di m 1. Si può supporre ra-gionevolmente che questo andito mettesse capo ad un ingresso aperto nel lato Est del-l’edifizio e che andasse a raccordarsi al centro dello stesso con l’andito principale, incon-trandosi ad angolo. Negli ampi spazi risultanti nelle parti Ovestsudovest e Nordnordest sipossono immaginare dei vani, forse rettangolari o ellittici, ed anche l’invito d’una scala alterrazzo, come si dà di osservare in altri nuraghi consimili al nostro, che appartiene evi-dentemente alla forma del nuraghe a corridoio. Il paramento esterno si conserva per l’al-tezza massima di m 4,50 (all’apice Nord), è invece molto distrutto sul lato di Est posatosul margine del ciglio al cui piede si osserva una grande rovina di blocchi coperti da fitticespugli. L’opera muraria in basalto è del tipo poligonale o poliedrico, con grandi pietrele quali, pur non essendo disposte in filari, sono ben connesse fra di loro con l’incastrodegli spigoli dei massi superiori nei vuoti di risulta fra i massi inferiori e con l’uso discheggiame piccolo negli spazi, spesso di notevole grandezza, fra blocco e blocco (tav.LXXXIII, 1-3). L’aspetto dell’opera è arcaico e si distingue da quello degli altri nuraghidell’altopiano e della pendice sottostante, in genere a disposizione regolare o meno in filedi pietre; distinta è pure, rispetto ai restanti nuraghi della zona, la forma a corridoio. Mada ciò soltanto non si può indurre una precedenza cronologica sugli altri edifici nuragici,

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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Nordest del nuraghe. Il cunicolo, lungo m 11, per i primi sei metri corre fra pareti in mu-ratura, nel resto entro una fessura fra due rocce, e sfocia a Nordovest con un’apertura di m0,50 x 1,20 d’altezza. Il suo piano si ribassa di quasi un metro rispetto al piano generaledell’edifizio, ma gradatamente, e la larghezza, quasi costante in m 1/1,20 nel primo trattosinuoso, si restringe nel secondo tratto a m 0,80 per allargarsi fino a m 1,80 nell’ultimotratto dove forma un ridotto di pianta trapezoidale, alto m 1,80, coperto dal soffitto delpavimento d’una celletta sovrapposta che si apre sul corridoio centrale, sulla parete destra,a m 5 di distanza dalla porta del prospetto. Questa celletta, ellittica, di m 4 x 1, col pavi-mento a selciato, è coperta da una cupoletta a ogiva, alta m 2,20 al centro e m 1,80 alleestremità del lato lungo. Il corridoio centrale e principale, nel suo secondo tratto dopo gliingressi alla cella maggiore e al cunicolo, si solleva, gradatamente, fino a m 1,50 dal pianogenerale dell’edifizio, formando una scala di nove gradini corrispondenti alle nove lastredel tetto piattabandato, anch’esse ascendenti l’una sull’altra (larghezza della scala m 1,50,altezza m 1,90/2,00). La scala termina a Nordovest con un’apertura alta m 1, che portasulla vetta dello spuntone di roccia a cui aderisce la costruzione a Nordovestovestnord.È sul lato destro di questa scala che dà la porticina architravata della predetta celletta ellit-tica sopraelevata sul piano di campagna e sovrapposta al tratto terminale del vano del cu-nicolo che si diparte dal corridoio principale, tutto coperto da un solaio piano di lastronigranitici. Alcuni blocchi ordinati in file che si osservano, fuori della scala, sulla spianata diroccia, vi fanno riconoscere le tracce del basamento di un ambiente circolare. Si tratta diresti d’un piano superiore o, forse meglio, d’un terrazzo con parapetto. La costruzione siconserva all’esterno per l’altezza massima di m 5,70 (a Sud). L’opera è di granito, polie-drica, con blocchi subquadrangolari nelle luci. Le legature dei blocchi sono rudimentali,le superfici a volte ritoccate, i corsi non sempre ordinati e regolari; misure di tre blocchi:m 1,20 x 0,30 x 0,60; 1,50 x 0,40 x 0,60; 1,10 x 0,30 x 0,70. Il De Rosa parla d’una ci-sterna dentro il nuraghe. Nella camera maggiore si trovò un’anforetta.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, III, 1836, p. 302; Angius, ibidem, VII, 1840, p. 52; F. Coro-na, Calangianus, 1907, p. 89; F. Préchac, “Notes sur l’architecture” cit., 1908, p. 166, figg. 13-15; F. DeRosa, Dell’uso dei nuraghi, 1909, pp. 21, 25 s., 28; C. Dessì, in Nuova Sardegna, 1922, n. 306; Singolarinuraghi in Gallura, 1922, pp. 6 s., 12; F. De Rosa, in Nuova Sardegna, 1922, n. 306; C. Dessì, I nuraghidella Sardegna, 1923, p. 35 s.; F. Flumene, Un po’ più di luce cit., 1923, p. 57 s.; C. Dessì, I nuraghi dellaSardegna, 1924, p. 7; B.R. Motzo, Conv. arch., 1926, p. 86; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 181-182,1939, p. 37, n. 6; G. Lilliu, Bull. Paletn. It., 1941-42, p. 146, nota 1, fig. 1, p. 172; Not. di Scavi, 1941, p.162, nota 5; F. Manconi, Saggio cit., 1948-49, p. 84 ss., tav. 1, 8, fot. 6-9; G. Lilliu, St.S., IX, 1950, p. 455s.; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 154; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 128, nota 76; B. Spano,La Gallura (Memorie di Geografia antropica), vol. XIII, 1957, Roma 1958, p. 81; E. Contu, “I più antichinuraghi” cit., 1959, pp. 95, 110; R. Grosjean, “Rapports” cit., 1960, p. 300; “Torre” cit., 1959, p. 40.

Tavola LXXXVI: recinto nuragico di SA URÈCCI-Gùspini (Cagliari); cartina B, 95.Il recinto sorge a quota di m 175 sulla sommità d’una collina isolata di breccia vulcanicadurissima e frastagliata, che rende l’accesso molto faticoso. L’insieme è costituito da unamuraglia megalitica di figura ellittica, o meglio a losanga irregolare, con quattro torri(A-B-C-D) agli apici dei quattro lati del recinto: A al Nord, B all’Est, C al Sud e D al-l’Ovest. L’ascissa fra A e C (linea Nord-sud) è di m 63, l’ordinata fra B e D (linea Est-ovest) di m 32. Lo spessore della muraglia varia da m 1,60 a 2. All’interno nessuna trac-cia apparente di costruzioni. La torre A, sporgente per tre quarti dal filo esterno del

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Tavole

vennero trovati elementi archeologici (soprattutto resti di stoviglie) di filtrazione (neglistrati superiori) e d’impiego nel colmaticcio interno (alla base), evidentemente più antichidell’età della costruzione del nuraghe. Dentro e fuori dell’edifizio, lo scavo restituì suppel-lettile ceramica (vasi, di varia forma, d’uso domestico; fusaiole) e oggetti di pietra e metal-lo, nonché ossa d’animali talune carbonizzate: il tutto appartenente ad età protostorica. Siebbero pure segni di utilizzazione del nuraghe in età tarda repubblicana, ceramiche figuli-ne, elementi di vetro e pasta vitrea, pezzi di argento e ferro riferiti alle culture punica e ro-mana. La costruzione è stata variamente datata: tra il XIII e il IX sec. a.C. (Contu), tra l’XIe l’VIII (Maetzke). Ma la prova fisica del C 14 ha dato risultati cronologici molto distantida quelli basati sui dati archeologici, portando l’edifizio a tempi storici, al VI-IV secoloa.C. Da notare la grande somiglianza del nuraghe Peppe Gallu con esempi di talaiots ba-learici, del tipo a corridoio. Cito, per la stringente analogia (stessa sopraelevazione, stessocorridoio con celletta e svolta in fondo della scaletta al terrazzo), il talaiot di Fontredonesde Baix-Mercadal (Minorca), Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 13, fig. 17, 3. Le somi-glianze si spiegano come fenomeno di convergenza dovuto a un antico patrimonio for-male comune a diversi paesi e genti del Mediterraneo occidentale.Bibliografia: E. Contu, “I più antichi nuraghi” cit., 1959, p. 59 ss., figg. 1-12; R. Grosjean, “Rapports” cit.,1960, p. 301; G. Maetzke, St.S., XVI, 1960, p. 736; R. Grosjean, “Filitosa et son contexte” cit., 1961, p. 95.

Tavola LXXXIV, 2: nuraghe PEPPE GALLU-Uri (Sàssari).Il nuraghe da Est: visibili, a sinistra nel giro della torre, i due ingressi sopraelevati. V. sche-da a tav. LXXXIV, 1.

Tavola LXXXV: nuraghe AGNU-Calangianus (Sàssari); cartina B, 3.Ai piedi del monte di Deu, a m 669 di quota, sta su un breve ripiano del pendio, in posi-zione dominante e in zona di terreno fertile e ricco di acque. È fondato, nel tratto Sudovest-ovestnord del paramento, su uno spuntone di roccia granitica. La pianta è grosso modo aferro di cavallo, chiuso da una fronte rettilinea a Est. Anche il tratto della muratura esternada Nordovest a Nordest è dissolto in due segmenti rettilinei che si uniscono a gomito conangolo ottuso, mentre i lati di Sud e Sudovest sono curvilinei. L’insieme è di profilo retto-curvilineo (o mistilineo) dovuto alla necessità di seguire le linee naturali del terreno e so-prattutto dello spuntone roccioso a cui la costruzione aderisce risparmiandovi parte delcontorno. Il nuraghe misura m 14,40 sull’asse Estovest x 16 sull’asse normale. L’ingresso(tav. LXXXV) è al centro della muraglia rettilinea di Est, e scompartisce la fronte, lunga m12, in due tratti uguali di m 6; è alto m 1,60 e largo 1,10, con architrave di m 1,80 x 0,75x 0,66, messo in opera allo stato grezzo. La porta dà a un corridoio di m 1/2 di larghezza,alto m 1,80/2,50, nel soffitto del quale, subito dietro l’architrave, si osserva una caditoia dim 0,20 di diametro. Il corridoio, lungo m 12 circa, attraversa l’intera massa muraria in di-rezione Est-nordovest, dove sfocia all’esterno dietro un tratto di scala. Sulla parete sinistradel corridoio, a m 1,80 dall’ingresso del prospetto, si presenta l’imbocco architravato (m 0,80x 1,30 d’altezza) d’una cella ellittica di m 4 x 3, cupolata, con chiave di volta costituita daun blocco quadrangolare che chiude il vano a m 3,10 d’altezza sul colmaticcio. Sulla pare-te destra dello stesso corridoio, a m 2 dall’ingresso e quasi di fronte alla cella, v’è un altroimbocco di m 1 x 1,10 d’altezza, che introduce in uno stretto cunicolo il quale, sviluppan-dosi parallelamente al corridoio con una linea serpeggiante (ad esse), taglia tutta l’ala

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Nordest del nuraghe. Il cunicolo, lungo m 11, per i primi sei metri corre fra pareti in mu-ratura, nel resto entro una fessura fra due rocce, e sfocia a Nordovest con un’apertura di m0,50 x 1,20 d’altezza. Il suo piano si ribassa di quasi un metro rispetto al piano generaledell’edifizio, ma gradatamente, e la larghezza, quasi costante in m 1/1,20 nel primo trattosinuoso, si restringe nel secondo tratto a m 0,80 per allargarsi fino a m 1,80 nell’ultimotratto dove forma un ridotto di pianta trapezoidale, alto m 1,80, coperto dal soffitto delpavimento d’una celletta sovrapposta che si apre sul corridoio centrale, sulla parete destra,a m 5 di distanza dalla porta del prospetto. Questa celletta, ellittica, di m 4 x 1, col pavi-mento a selciato, è coperta da una cupoletta a ogiva, alta m 2,20 al centro e m 1,80 alleestremità del lato lungo. Il corridoio centrale e principale, nel suo secondo tratto dopo gliingressi alla cella maggiore e al cunicolo, si solleva, gradatamente, fino a m 1,50 dal pianogenerale dell’edifizio, formando una scala di nove gradini corrispondenti alle nove lastredel tetto piattabandato, anch’esse ascendenti l’una sull’altra (larghezza della scala m 1,50,altezza m 1,90/2,00). La scala termina a Nordovest con un’apertura alta m 1, che portasulla vetta dello spuntone di roccia a cui aderisce la costruzione a Nordovestovestnord.È sul lato destro di questa scala che dà la porticina architravata della predetta celletta ellit-tica sopraelevata sul piano di campagna e sovrapposta al tratto terminale del vano del cu-nicolo che si diparte dal corridoio principale, tutto coperto da un solaio piano di lastronigranitici. Alcuni blocchi ordinati in file che si osservano, fuori della scala, sulla spianata diroccia, vi fanno riconoscere le tracce del basamento di un ambiente circolare. Si tratta diresti d’un piano superiore o, forse meglio, d’un terrazzo con parapetto. La costruzione siconserva all’esterno per l’altezza massima di m 5,70 (a Sud). L’opera è di granito, polie-drica, con blocchi subquadrangolari nelle luci. Le legature dei blocchi sono rudimentali,le superfici a volte ritoccate, i corsi non sempre ordinati e regolari; misure di tre blocchi:m 1,20 x 0,30 x 0,60; 1,50 x 0,40 x 0,60; 1,10 x 0,30 x 0,70. Il De Rosa parla d’una ci-sterna dentro il nuraghe. Nella camera maggiore si trovò un’anforetta.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, III, 1836, p. 302; Angius, ibidem, VII, 1840, p. 52; F. Coro-na, Calangianus, 1907, p. 89; F. Préchac, “Notes sur l’architecture” cit., 1908, p. 166, figg. 13-15; F. DeRosa, Dell’uso dei nuraghi, 1909, pp. 21, 25 s., 28; C. Dessì, in Nuova Sardegna, 1922, n. 306; Singolarinuraghi in Gallura, 1922, pp. 6 s., 12; F. De Rosa, in Nuova Sardegna, 1922, n. 306; C. Dessì, I nuraghidella Sardegna, 1923, p. 35 s.; F. Flumene, Un po’ più di luce cit., 1923, p. 57 s.; C. Dessì, I nuraghi dellaSardegna, 1924, p. 7; B.R. Motzo, Conv. arch., 1926, p. 86; A. Taramelli, Carta archeologica, ff. 181-182,1939, p. 37, n. 6; G. Lilliu, Bull. Paletn. It., 1941-42, p. 146, nota 1, fig. 1, p. 172; Not. di Scavi, 1941, p.162, nota 5; F. Manconi, Saggio cit., 1948-49, p. 84 ss., tav. 1, 8, fot. 6-9; G. Lilliu, St.S., IX, 1950, p. 455s.; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 154; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 128, nota 76; B. Spano,La Gallura (Memorie di Geografia antropica), vol. XIII, 1957, Roma 1958, p. 81; E. Contu, “I più antichinuraghi” cit., 1959, pp. 95, 110; R. Grosjean, “Rapports” cit., 1960, p. 300; “Torre” cit., 1959, p. 40.

Tavola LXXXVI: recinto nuragico di SA URÈCCI-Gùspini (Cagliari); cartina B, 95.Il recinto sorge a quota di m 175 sulla sommità d’una collina isolata di breccia vulcanicadurissima e frastagliata, che rende l’accesso molto faticoso. L’insieme è costituito da unamuraglia megalitica di figura ellittica, o meglio a losanga irregolare, con quattro torri(A-B-C-D) agli apici dei quattro lati del recinto: A al Nord, B all’Est, C al Sud e D al-l’Ovest. L’ascissa fra A e C (linea Nord-sud) è di m 63, l’ordinata fra B e D (linea Est-ovest) di m 32. Lo spessore della muraglia varia da m 1,60 a 2. All’interno nessuna trac-cia apparente di costruzioni. La torre A, sporgente per tre quarti dal filo esterno del

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Tavole

vennero trovati elementi archeologici (soprattutto resti di stoviglie) di filtrazione (neglistrati superiori) e d’impiego nel colmaticcio interno (alla base), evidentemente più antichidell’età della costruzione del nuraghe. Dentro e fuori dell’edifizio, lo scavo restituì suppel-lettile ceramica (vasi, di varia forma, d’uso domestico; fusaiole) e oggetti di pietra e metal-lo, nonché ossa d’animali talune carbonizzate: il tutto appartenente ad età protostorica. Siebbero pure segni di utilizzazione del nuraghe in età tarda repubblicana, ceramiche figuli-ne, elementi di vetro e pasta vitrea, pezzi di argento e ferro riferiti alle culture punica e ro-mana. La costruzione è stata variamente datata: tra il XIII e il IX sec. a.C. (Contu), tra l’XIe l’VIII (Maetzke). Ma la prova fisica del C 14 ha dato risultati cronologici molto distantida quelli basati sui dati archeologici, portando l’edifizio a tempi storici, al VI-IV secoloa.C. Da notare la grande somiglianza del nuraghe Peppe Gallu con esempi di talaiots ba-learici, del tipo a corridoio. Cito, per la stringente analogia (stessa sopraelevazione, stessocorridoio con celletta e svolta in fondo della scaletta al terrazzo), il talaiot di Fontredonesde Baix-Mercadal (Minorca), Lilliu, “Primi scavi” cit., 1960, p. 13, fig. 17, 3. Le somi-glianze si spiegano come fenomeno di convergenza dovuto a un antico patrimonio for-male comune a diversi paesi e genti del Mediterraneo occidentale.Bibliografia: E. Contu, “I più antichi nuraghi” cit., 1959, p. 59 ss., figg. 1-12; R. Grosjean, “Rapports” cit.,1960, p. 301; G. Maetzke, St.S., XVI, 1960, p. 736; R. Grosjean, “Filitosa et son contexte” cit., 1961, p. 95.

Tavola LXXXIV, 2: nuraghe PEPPE GALLU-Uri (Sàssari).Il nuraghe da Est: visibili, a sinistra nel giro della torre, i due ingressi sopraelevati. V. sche-da a tav. LXXXIV, 1.

Tavola LXXXV: nuraghe AGNU-Calangianus (Sàssari); cartina B, 3.Ai piedi del monte di Deu, a m 669 di quota, sta su un breve ripiano del pendio, in posi-zione dominante e in zona di terreno fertile e ricco di acque. È fondato, nel tratto Sudovest-ovestnord del paramento, su uno spuntone di roccia granitica. La pianta è grosso modo aferro di cavallo, chiuso da una fronte rettilinea a Est. Anche il tratto della muratura esternada Nordovest a Nordest è dissolto in due segmenti rettilinei che si uniscono a gomito conangolo ottuso, mentre i lati di Sud e Sudovest sono curvilinei. L’insieme è di profilo retto-curvilineo (o mistilineo) dovuto alla necessità di seguire le linee naturali del terreno e so-prattutto dello spuntone roccioso a cui la costruzione aderisce risparmiandovi parte delcontorno. Il nuraghe misura m 14,40 sull’asse Estovest x 16 sull’asse normale. L’ingresso(tav. LXXXV) è al centro della muraglia rettilinea di Est, e scompartisce la fronte, lunga m12, in due tratti uguali di m 6; è alto m 1,60 e largo 1,10, con architrave di m 1,80 x 0,75x 0,66, messo in opera allo stato grezzo. La porta dà a un corridoio di m 1/2 di larghezza,alto m 1,80/2,50, nel soffitto del quale, subito dietro l’architrave, si osserva una caditoia dim 0,20 di diametro. Il corridoio, lungo m 12 circa, attraversa l’intera massa muraria in di-rezione Est-nordovest, dove sfocia all’esterno dietro un tratto di scala. Sulla parete sinistradel corridoio, a m 1,80 dall’ingresso del prospetto, si presenta l’imbocco architravato (m 0,80x 1,30 d’altezza) d’una cella ellittica di m 4 x 3, cupolata, con chiave di volta costituita daun blocco quadrangolare che chiude il vano a m 3,10 d’altezza sul colmaticcio. Sulla pare-te destra dello stesso corridoio, a m 2 dall’ingresso e quasi di fronte alla cella, v’è un altroimbocco di m 1 x 1,10 d’altezza, che introduce in uno stretto cunicolo il quale, sviluppan-dosi parallelamente al corridoio con una linea serpeggiante (ad esse), taglia tutta l’ala

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Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 111; G. Patroni, La Preistoria, 1951, I, p. 493; Zervos, Civilisation cit.,1954, pp. 56-59, 75, 90, figg. 30-33; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 193, nota 137.

Tavola LXXXVII, 1-2: recinto nuragico di SA URÈCCI-Gùspini (Cagliari).Tratto del recinto megalitico, in opera poliedrica (1); nicchia entro la camera della torreA (2). V. scheda descrittiva a tav. LXXXVI.

Tavola LXXXVIII: nuraghe di SANT’ANTÌOCO DI BISÀRCIO-Ozièri (Sàssari).Pane di rame, in forma di pelle d’animale, segnata con lettera dell’alfabeto minoico,riferito al nuragico arcaico (secolo XV a.C.).Bibliografia: G. Lilliu, in Archeologia Classica, X, Roma 1958, p. 192 s., tavv. LXIII, 2, LXIV, a, b, c; E.Contu, “I più antichi nuraghi” cit., 1959, p. 117.

Tavola LXXXIX: statuetta di bronzo da SANTA VITTORIA-Serri (Nùoro); alt. m 0,29.La statuetta rappresenta un capotribù o re, col manto e con l’insegna del bastone, sulpetto un pugnale forse anche di carattere talismanico. La mano destra è alzata nel ge-sto della preghiera alla divinità. L’atteggiamento rigido e severo, a cadenza geometrica,è stile e contenuto insieme. Il linguaggio si esprime in forme essenziali, con gusto vo-lumetrico. Maniera cosiddetta di Uta. VIII-VII secolo a.C.Bibliografia: G. Lilliu, Sculture della Sardegna nuragica, 1956, p. 42, 4 (ivi bibliografia precedente).

Tavola XC: statuetta di bronzo da MONTI ARCOSU-Uta (Cagliari); alt. m 0,24.Figurina di soldato armato di daga e scudo, con elmo a corna, corazza e schinieri; sol-tanto i piedi, nudi, sono indifesi. L’enorme scudo rotondo, placcato di metallo, copretutto il petto, ma la testa emerge, a volume cilindrico, sulla superficie circolare delloscudo stesso, con espressione organica e coerente di curvilineità. La daga messa perobliquo dà una certa profondità alla figura per il resto caratterizzata dai moduli arcaicidel frontalismo. L’atteggiamento immoto, il ritmo bilanciato, la nudità della frase lin-guistica in cui si esprime riconducono la statuina allo stile di quella precedente. Stessamaniera, stessa età dell’VIII-VII secolo a.C.Bibliografia: G. Lilliu, Sculture cit., 1956, p. 45, 13 (ivi bibliografia precedente).

Tavola XCI: statuetta di bronzo da MONTI ARCOSU-Uta (Cagliari); alt. m 0,15.Figurina di soldato fromboliere, che presenta, stesa fra le due mani, la fionda per of-frirla alla divinità prima o dopo il combattimento. Sul petto un doppio corsetto forsedi cuoio; coscie e gambe scoperte. Oltre la fionda, arma è il pugnale appeso alla ban-doliera. Perfetta lettura frontale della figura a due superfici parallele, ben staccate:quella di primo piano data dalla fionda distesa e quella di secondo piano dalla laminadel corpo su cui risalta il volume cilindrico, con annotazioni essenziali, della testa.Maniera di Uta. VIII-VII secolo a.C.Bibliografia: G. Lilliu, Sculture cit., 1956, p. 43 s., 8 (ivi bibliografia precedente).

Tavola XCII: statuetta di bronzo da LOCALITÀ SCONOSCIUTA-Sardegna; alt. m 0,19.La statuetta rappresenta un arciere in atto di scoccare la freccia dall’arco. Sulla testa hail copricapo a corna, sul doppio giubbotto che veste il petto tiene il pugnale; difende i

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Tavole

muro del recinto come C e D, è di piano rotondo, del diametro di m 8 allo svettamento,con spessore di muro di m 1,80. L’ingresso si apre, stranamente, all’esterno della muraglia,verso Sudovest e guarda tutto il tratto di bastione che corre leggermente convesso per circa31 metri fino alla torre D. Dietro la porta, quasi completamente ostruita, sormontata daarchitrave di m 0,94 x 0,72 x 0,38, l’andito strombato di m 1,60 di lunghezza x 0,80 dilarghezza, introduce alla camera “a tholos”, di m 4,50 di diametro. Nella parete control’ingresso si osserva una feritoia, di m 0,66 x 0,58 all’interno, e, a sinistra guardando dallaferitoia, a circa m 2 di distanza si presenta una nicchia rilevabile in un vano apparente dim 0,96 x 0,93 x 0,95, ma certamente più ampia perché ricolma di macerie (tav.LXXXVII, 2). La torre residua al di fuori per m 5,69 d’altezza massima con 12 file di pie-tre trachitiche, in opera poliedrica, di m 1,00 x 0,95 x 0,56; 0,85 x 0,80 x 0,55; 0,70 x0,65 x 0,50. La camera si conserva per l’intera elevazione, serraglia compresa, con 11 fileevidenti sul colmaticcio alte m 5,10. Un ramo di muraglia sinuoso, di m 33,60 di lun-ghezza x 4,77 di altezza su 9 file, unisce A a B. Quest’ultima torre, molto rovinata, sportaper metà dal filo esterno del recinto, ha diametro di m 6,40 e spessore di muro di 1,90.L’ingresso, situato verso l’interno, a Nordovest o a Sudovest, portava nella camera dim 2,40 di diametro approssimativo. Il paramento esterno, conservato per l’altezza massi-ma di m 3,40 su 7 file, ha massi di m 0,80 x 0,67 x 0,50; 1,75 x 1,25 x 1,00; 1,10 x 0,96x 0,70. B è unita alla torretta C da un altro ramo di muro di cinta (tav. LXXXVII, 1),lungo m 33,50 e alto 2,70 su 6 file. A differenza degli altri, questo tratto di cortina, spes-so m 1,65, ha andamento rettilineo, essendo meno accidentata la roccia su cui basa. Del-la torre C, pur essa molto distrutta, si misura un diametro esterno di m 7,70 e spessoremurario di 3,20; l’ingresso alla camera di diametro non molto distante da quello di A eB, dava all’interno dello spazio del recinto. La torre si conserva all’esterno per m 2,55d’altezza su 5 file di massi di m 0,30 x 0,79 x 0,70; 0,60 x 0,60 x 0,45; 0,50 x 0,55 x0,75. Nella cortina convessa fra C e D, lunga m 27,70, interrotta a tratti, si deve immagi-nare l’unico ingresso al recinto, forse in corrispondenza di una delle due interruzioni chepresenta il muro. La torre D, maggiore fra tutte (anche questo particolare fa pensare allapresenza dell’ingresso nella cortina predetta vigilata dalla torre più rilevante per propor-zioni), si conserva per tre quarti del perimetro; il quarto residuo, cioè il giro interno allospazio della cinta, dove era la porta d’entrata, è andato completamente distrutto. Il dia-metro esterno di D è di m 9,20, quello interno di m 3,20. Il paramento residua al di fuo-ri per m 2,80 su 6 file, con blocchi di m 0,40 x 0,60 x 0,85; 0,30 x 0,75 x 0,85; 0,57 x1,00 x 1,00. Entro l’area del recinto sono stati raccolti avanzi di stoviglie d’impasto nera-stro, specie orli e anse di grandi vasi, e teste di mazza in pietra, il tutto di età nuragica.Bibliografia: A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, pp. 45, 57 ss., 67, 97, III, pl. VI, I; Angius, in Casalis, Di-zionario, VIII, 1841, p. 304 s.; Dizionario, 1843, p. 711; Spano, Memoria, 1854, p. 25; J.F. Neigebaur,Die insel cit., 1855, pp. 293, 295; Spano, Mnemosine sarda cit., 1864, tav. VI, II; Memoria, 1867, pp. 25,36, nota I, p. 61; Perrot-Chipiez, Hist. de l’Art cit., IV, 1887, pp. 33-35, 43, 51, figg. 25-26; Centurione,“Studii” cit., p. 27, fig. V, p. 29, III; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., 1892, p. 238; G. Pinza, Mon. ant.Lincei, 1901, col. 12; H. De Chaignon, “Sur les nuraghes” cit., 1906-07, p. 33; A. Taramelli, Mon. ant.Lincei, 1918, col. 22, fig. 3 a col. 11-12, fig. 4 a col. 13-14, fig. 5 a col. 15-16, fig. 6 a col. 17-18 e fig. 7 acol. 21-22; Mon. ant. Lincei, XXV, 1919, col. 792; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 120; V. Edel, Inuraghi cit., 1925, p. 38; A. Taramelli, Conv. arch. in Sardegna, 1926, p. 24; P. Bosch-Gimpera, “La cultu-re sarde” cit., 1937, p. 30, pl. XXVII, 2; G. Patroni, Architettura preistorica cit., 1941, pp. 203, 347, figg.247-248; G. Lilliu, Bull. Paletn. It., V-VI, 1941-42, p. 174, nota 4; St.S., VIII, 1948, p. 415; Boscolo-

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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Pintor-Serra, Guida, 1951, p. 111; G. Patroni, La Preistoria, 1951, I, p. 493; Zervos, Civilisation cit.,1954, pp. 56-59, 75, 90, figg. 30-33; G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 193, nota 137.

Tavola LXXXVII, 1-2: recinto nuragico di SA URÈCCI-Gùspini (Cagliari).Tratto del recinto megalitico, in opera poliedrica (1); nicchia entro la camera della torreA (2). V. scheda descrittiva a tav. LXXXVI.

Tavola LXXXVIII: nuraghe di SANT’ANTÌOCO DI BISÀRCIO-Ozièri (Sàssari).Pane di rame, in forma di pelle d’animale, segnata con lettera dell’alfabeto minoico,riferito al nuragico arcaico (secolo XV a.C.).Bibliografia: G. Lilliu, in Archeologia Classica, X, Roma 1958, p. 192 s., tavv. LXIII, 2, LXIV, a, b, c; E.Contu, “I più antichi nuraghi” cit., 1959, p. 117.

Tavola LXXXIX: statuetta di bronzo da SANTA VITTORIA-Serri (Nùoro); alt. m 0,29.La statuetta rappresenta un capotribù o re, col manto e con l’insegna del bastone, sulpetto un pugnale forse anche di carattere talismanico. La mano destra è alzata nel ge-sto della preghiera alla divinità. L’atteggiamento rigido e severo, a cadenza geometrica,è stile e contenuto insieme. Il linguaggio si esprime in forme essenziali, con gusto vo-lumetrico. Maniera cosiddetta di Uta. VIII-VII secolo a.C.Bibliografia: G. Lilliu, Sculture della Sardegna nuragica, 1956, p. 42, 4 (ivi bibliografia precedente).

Tavola XC: statuetta di bronzo da MONTI ARCOSU-Uta (Cagliari); alt. m 0,24.Figurina di soldato armato di daga e scudo, con elmo a corna, corazza e schinieri; sol-tanto i piedi, nudi, sono indifesi. L’enorme scudo rotondo, placcato di metallo, copretutto il petto, ma la testa emerge, a volume cilindrico, sulla superficie circolare delloscudo stesso, con espressione organica e coerente di curvilineità. La daga messa perobliquo dà una certa profondità alla figura per il resto caratterizzata dai moduli arcaicidel frontalismo. L’atteggiamento immoto, il ritmo bilanciato, la nudità della frase lin-guistica in cui si esprime riconducono la statuina allo stile di quella precedente. Stessamaniera, stessa età dell’VIII-VII secolo a.C.Bibliografia: G. Lilliu, Sculture cit., 1956, p. 45, 13 (ivi bibliografia precedente).

Tavola XCI: statuetta di bronzo da MONTI ARCOSU-Uta (Cagliari); alt. m 0,15.Figurina di soldato fromboliere, che presenta, stesa fra le due mani, la fionda per of-frirla alla divinità prima o dopo il combattimento. Sul petto un doppio corsetto forsedi cuoio; coscie e gambe scoperte. Oltre la fionda, arma è il pugnale appeso alla ban-doliera. Perfetta lettura frontale della figura a due superfici parallele, ben staccate:quella di primo piano data dalla fionda distesa e quella di secondo piano dalla laminadel corpo su cui risalta il volume cilindrico, con annotazioni essenziali, della testa.Maniera di Uta. VIII-VII secolo a.C.Bibliografia: G. Lilliu, Sculture cit., 1956, p. 43 s., 8 (ivi bibliografia precedente).

Tavola XCII: statuetta di bronzo da LOCALITÀ SCONOSCIUTA-Sardegna; alt. m 0,19.La statuetta rappresenta un arciere in atto di scoccare la freccia dall’arco. Sulla testa hail copricapo a corna, sul doppio giubbotto che veste il petto tiene il pugnale; difende i

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Tavole

muro del recinto come C e D, è di piano rotondo, del diametro di m 8 allo svettamento,con spessore di muro di m 1,80. L’ingresso si apre, stranamente, all’esterno della muraglia,verso Sudovest e guarda tutto il tratto di bastione che corre leggermente convesso per circa31 metri fino alla torre D. Dietro la porta, quasi completamente ostruita, sormontata daarchitrave di m 0,94 x 0,72 x 0,38, l’andito strombato di m 1,60 di lunghezza x 0,80 dilarghezza, introduce alla camera “a tholos”, di m 4,50 di diametro. Nella parete control’ingresso si osserva una feritoia, di m 0,66 x 0,58 all’interno, e, a sinistra guardando dallaferitoia, a circa m 2 di distanza si presenta una nicchia rilevabile in un vano apparente dim 0,96 x 0,93 x 0,95, ma certamente più ampia perché ricolma di macerie (tav.LXXXVII, 2). La torre residua al di fuori per m 5,69 d’altezza massima con 12 file di pie-tre trachitiche, in opera poliedrica, di m 1,00 x 0,95 x 0,56; 0,85 x 0,80 x 0,55; 0,70 x0,65 x 0,50. La camera si conserva per l’intera elevazione, serraglia compresa, con 11 fileevidenti sul colmaticcio alte m 5,10. Un ramo di muraglia sinuoso, di m 33,60 di lun-ghezza x 4,77 di altezza su 9 file, unisce A a B. Quest’ultima torre, molto rovinata, sportaper metà dal filo esterno del recinto, ha diametro di m 6,40 e spessore di muro di 1,90.L’ingresso, situato verso l’interno, a Nordovest o a Sudovest, portava nella camera dim 2,40 di diametro approssimativo. Il paramento esterno, conservato per l’altezza massi-ma di m 3,40 su 7 file, ha massi di m 0,80 x 0,67 x 0,50; 1,75 x 1,25 x 1,00; 1,10 x 0,96x 0,70. B è unita alla torretta C da un altro ramo di muro di cinta (tav. LXXXVII, 1),lungo m 33,50 e alto 2,70 su 6 file. A differenza degli altri, questo tratto di cortina, spes-so m 1,65, ha andamento rettilineo, essendo meno accidentata la roccia su cui basa. Del-la torre C, pur essa molto distrutta, si misura un diametro esterno di m 7,70 e spessoremurario di 3,20; l’ingresso alla camera di diametro non molto distante da quello di A eB, dava all’interno dello spazio del recinto. La torre si conserva all’esterno per m 2,55d’altezza su 5 file di massi di m 0,30 x 0,79 x 0,70; 0,60 x 0,60 x 0,45; 0,50 x 0,55 x0,75. Nella cortina convessa fra C e D, lunga m 27,70, interrotta a tratti, si deve immagi-nare l’unico ingresso al recinto, forse in corrispondenza di una delle due interruzioni chepresenta il muro. La torre D, maggiore fra tutte (anche questo particolare fa pensare allapresenza dell’ingresso nella cortina predetta vigilata dalla torre più rilevante per propor-zioni), si conserva per tre quarti del perimetro; il quarto residuo, cioè il giro interno allospazio della cinta, dove era la porta d’entrata, è andato completamente distrutto. Il dia-metro esterno di D è di m 9,20, quello interno di m 3,20. Il paramento residua al di fuo-ri per m 2,80 su 6 file, con blocchi di m 0,40 x 0,60 x 0,85; 0,30 x 0,75 x 0,85; 0,57 x1,00 x 1,00. Entro l’area del recinto sono stati raccolti avanzi di stoviglie d’impasto nera-stro, specie orli e anse di grandi vasi, e teste di mazza in pietra, il tutto di età nuragica.Bibliografia: A. Lamarmora, Voyage, II, 1840, pp. 45, 57 ss., 67, 97, III, pl. VI, I; Angius, in Casalis, Di-zionario, VIII, 1841, p. 304 s.; Dizionario, 1843, p. 711; Spano, Memoria, 1854, p. 25; J.F. Neigebaur,Die insel cit., 1855, pp. 293, 295; Spano, Mnemosine sarda cit., 1864, tav. VI, II; Memoria, 1867, pp. 25,36, nota I, p. 61; Perrot-Chipiez, Hist. de l’Art cit., IV, 1887, pp. 33-35, 43, 51, figg. 25-26; Centurione,“Studii” cit., p. 27, fig. V, p. 29, III; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., 1892, p. 238; G. Pinza, Mon. ant.Lincei, 1901, col. 12; H. De Chaignon, “Sur les nuraghes” cit., 1906-07, p. 33; A. Taramelli, Mon. ant.Lincei, 1918, col. 22, fig. 3 a col. 11-12, fig. 4 a col. 13-14, fig. 5 a col. 15-16, fig. 6 a col. 17-18 e fig. 7 acol. 21-22; Mon. ant. Lincei, XXV, 1919, col. 792; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 120; V. Edel, Inuraghi cit., 1925, p. 38; A. Taramelli, Conv. arch. in Sardegna, 1926, p. 24; P. Bosch-Gimpera, “La cultu-re sarde” cit., 1937, p. 30, pl. XXVII, 2; G. Patroni, Architettura preistorica cit., 1941, pp. 203, 347, figg.247-248; G. Lilliu, Bull. Paletn. It., V-VI, 1941-42, p. 174, nota 4; St.S., VIII, 1948, p. 415; Boscolo-

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Tavola XCVII, 1-7: vasi in terracotta, da MONTE CLARO e SA DUCHESSA-Cagliari.Scodella monoansata con ornato di spina pesce a pseudopittura sul fondo (1); vasobiansato a beccuccio (2); scodella monoansata con decorazione a pseudopittura sulfondo (3); olla cilindroconica con ornato di solcature sul corpo (4); vaso tripode de-corato a rigature e a intacche a crudo (5); piatto con decorazione a striature sull’orlo(6); vaso situliforme con anse sovrapposte sormontate da bitorzoli e con ornato geo-metrico a pseudopittura sul corpo (7). Tutti i vasi appartengono alla fase nuragicadetta di Monte Claro, riferita al 1200-IX secolo a.C. I vasi 1-2 provengono da tom-ba a “domus de janas” di Monte Claro; i vasi nn. 3-7 da tombe a fossa di località SaDuchessa.Bibliografia: G. Lilliu-Ferrarese Ceruti, St.S., XVI, 1960, p. 8, 3 (n. 1); p. 7, 2 (n. 2); p. 27, 19 (n. 3); p.19, 3 (n. 4); p. 28, 20 (n. 5); p. 35, 36 (n. 6); p. 24, 12 (n. 7).

Tavola XCVIII: da pozzo nuragico votivo di SANTA ANASTÀSIA-Sàrdara (Cagliari).Anfora piriforme con anse a coppia. Ha la parte anteriore decorata con motivi geome-trici di cerchielli concentrici, bande tratteggiate, zigzag. Lo stile e il contenuto delladecorazione richiama esempi dell’ornato geometrico paleoitalico dell’VIII-VII secoloa.C. Alt. dell’anfora cm 18.Bibliografia: Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 220, fig. 256.

Tavola XCIX: da nuraghe LUGHÈRRAS-Paulilàtino (Cagliari).Anfora globoide con colletto e a quattro anse, di tipo calcolitico, restituita dagli stratiprofondi del pozzo scavato nel cortile del nuraghe. È decorata con festoni di linee im-presse. IX-VIII sec. a.C. Alt. dell’anfora cm 17,5.Bibliografia: Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 213, fig. 246.

Tavola C: da pozzo nuragico votivo di SANTA ANASTÀSIA-Sàrdara (Cagliari).Brocca monoansata con collo obliquo. Il corpo è scompartito da cordoni finementetratteggiati in zone lisce riempite di bugne mammillari; il dorso dell’ansa è decoratocon disegni lineari. La sagoma e la decorazione rivelano l’imitazione d’un modellometallico, e riportano l’“askos” ai tempi della civiltà nuragica apogeica. Altezza dellabrocca cm 14. Età: VIII-VII secolo a.C.Bibliografia: Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 215, fig. 249.

Tavola CI: da pozzo nuragico votivo di SANTA ANASTÀSIA-Sàrdara (Cagliari).Brocca monoansata con collo obliquo e bocca triloba, senza decorazione. Si noti ilmodellato morbido e flessuoso del vaso. Altezza cm 20. Civiltà nuragica apogeica:VIII-VII secolo a.C.Bibliografia: Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 217, fig. 250.

Tavola CII: monumenti di TORRE e FOCE-Corsica.Particolare del giro, a destra dell’ingresso (1) e porta d’ingresso del monumento diTorre (2); corridoio (3) e porta d’ingresso di Foce (4). Per Torre si veda la scheda de-scrittiva di fig. 15, 6; per Foce la scheda di fig. 15, 2.

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Tavole

polpacci con schinieri. Si noti il modo “primitivo” di esprimere ed “esaltare” l’idea fi-gurativa del trar l’arco, e della tensione relativa, espressa stirando oltre modo le brac-cia portate su un’unica lunghissima linea orizzontale che taglia in due la verticale del-la figura e dando enormi proporzioni all’arco che invade lo spazio con prepotenza eriduce a valore secondario la persona di chi lo porta. Figura ed arco, espressi di pienoprofilo, compongono una silhouette agile e mossa, articolata in linee flessuose e libereche contrastano col rigore geometrico e con la cadenza immota delle precedenti sta-tuine di militari. Soprattutto il viso della figurina è modellato con naturalità, senza laricerca di volume e l’accentuazione di espressione caratteristiche delle predette figure.Maniera di Uta-Abìni con reminiscenze di stile “libero” mediterraneizzante. VII-VIsecolo a.C.Bibliografia: Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 178, fig. 200 (la statuina è conservata nel British Mu-seum di Londra).

Tavola XCIII: dal deposito votivo del santuario nuragico di ABÌNI-Teti (Nùoro).Cuspidi di lancia in bronzo, con codolo a canna per l’immanicatura e con nervaturesulla foglia della punta. Sono alte da 25 a 28,5 cm. È un tipo di arma molto divulgatonella media età nuragica.Bibliografia: Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 182, fig. 205.

Tavola XCIV: dal ripostiglio di MONTE SA IDDA-Decimoputzu (Cagliari).Impugnatura d’una spada di bronzo. Il manico cilindrico, aperto nel mezzo in ungrande foro rettangolare, è limitato in alto da un orlo a dischetto su cui emerge unapice rotondo, in basso si allarga per far luogo a due alette difendimano. Il manico èfuso d’un pezzo con la lama costolata. La delicatezza del lavoro fa pensare che questa,come altre spade del ripostiglio, sia stata modellata con la tecnica della cera perduta.La foggia della spada, e dell’impugnatura in specie, ricorda paradigmi più antichi dicultura e di età submicenea, diffusi per il Mediterraneo. Ma l’esempio sardo è d’unperiodo assai più tardivo: di circa l’VIII secolo a.C.Bibliografia: Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 194, fig. 211.

Tavola XCV: dal deposito votivo del santuario nuragico di ABÌNI-Teti (Nùoro);lungh. m 0,195.Pugnale di bronzo a lama lanceolata e con manico, fuso d’un sol pezzo con la foglia,traforato ad occhi sovrapposti e sormontato da un occhiello di sospensione. I lati sonodecorati con un motivo in rilievo di spina pesce, nel gusto geometrico paleogreco epaleoitalico dell’VIII-VII secolo a.C.Bibliografia: G. Lilliu, Sculture cit., p. 72, 154 (ivi bibliografia precedente).

Tavola XCVI: da località SCONOSCIUTA-Sardegna.Bipenne di bronzo con foro per immanicatura, con un tagliente orizzontale e l’oppo-sto verticale. L’oggetto poté essere usato come strumento o anche come arma. Il tipoappartiene all’età nuragica apogeica (VIII-VII secolo a.C.).Bibliografia: Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 150, fig. 157.

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Tavola XCVII, 1-7: vasi in terracotta, da MONTE CLARO e SA DUCHESSA-Cagliari.Scodella monoansata con ornato di spina pesce a pseudopittura sul fondo (1); vasobiansato a beccuccio (2); scodella monoansata con decorazione a pseudopittura sulfondo (3); olla cilindroconica con ornato di solcature sul corpo (4); vaso tripode de-corato a rigature e a intacche a crudo (5); piatto con decorazione a striature sull’orlo(6); vaso situliforme con anse sovrapposte sormontate da bitorzoli e con ornato geo-metrico a pseudopittura sul corpo (7). Tutti i vasi appartengono alla fase nuragicadetta di Monte Claro, riferita al 1200-IX secolo a.C. I vasi 1-2 provengono da tom-ba a “domus de janas” di Monte Claro; i vasi nn. 3-7 da tombe a fossa di località SaDuchessa.Bibliografia: G. Lilliu-Ferrarese Ceruti, St.S., XVI, 1960, p. 8, 3 (n. 1); p. 7, 2 (n. 2); p. 27, 19 (n. 3); p.19, 3 (n. 4); p. 28, 20 (n. 5); p. 35, 36 (n. 6); p. 24, 12 (n. 7).

Tavola XCVIII: da pozzo nuragico votivo di SANTA ANASTÀSIA-Sàrdara (Cagliari).Anfora piriforme con anse a coppia. Ha la parte anteriore decorata con motivi geome-trici di cerchielli concentrici, bande tratteggiate, zigzag. Lo stile e il contenuto delladecorazione richiama esempi dell’ornato geometrico paleoitalico dell’VIII-VII secoloa.C. Alt. dell’anfora cm 18.Bibliografia: Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 220, fig. 256.

Tavola XCIX: da nuraghe LUGHÈRRAS-Paulilàtino (Cagliari).Anfora globoide con colletto e a quattro anse, di tipo calcolitico, restituita dagli stratiprofondi del pozzo scavato nel cortile del nuraghe. È decorata con festoni di linee im-presse. IX-VIII sec. a.C. Alt. dell’anfora cm 17,5.Bibliografia: Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 213, fig. 246.

Tavola C: da pozzo nuragico votivo di SANTA ANASTÀSIA-Sàrdara (Cagliari).Brocca monoansata con collo obliquo. Il corpo è scompartito da cordoni finementetratteggiati in zone lisce riempite di bugne mammillari; il dorso dell’ansa è decoratocon disegni lineari. La sagoma e la decorazione rivelano l’imitazione d’un modellometallico, e riportano l’“askos” ai tempi della civiltà nuragica apogeica. Altezza dellabrocca cm 14. Età: VIII-VII secolo a.C.Bibliografia: Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 215, fig. 249.

Tavola CI: da pozzo nuragico votivo di SANTA ANASTÀSIA-Sàrdara (Cagliari).Brocca monoansata con collo obliquo e bocca triloba, senza decorazione. Si noti ilmodellato morbido e flessuoso del vaso. Altezza cm 20. Civiltà nuragica apogeica:VIII-VII secolo a.C.Bibliografia: Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 217, fig. 250.

Tavola CII: monumenti di TORRE e FOCE-Corsica.Particolare del giro, a destra dell’ingresso (1) e porta d’ingresso del monumento diTorre (2); corridoio (3) e porta d’ingresso di Foce (4). Per Torre si veda la scheda de-scrittiva di fig. 15, 6; per Foce la scheda di fig. 15, 2.

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polpacci con schinieri. Si noti il modo “primitivo” di esprimere ed “esaltare” l’idea fi-gurativa del trar l’arco, e della tensione relativa, espressa stirando oltre modo le brac-cia portate su un’unica lunghissima linea orizzontale che taglia in due la verticale del-la figura e dando enormi proporzioni all’arco che invade lo spazio con prepotenza eriduce a valore secondario la persona di chi lo porta. Figura ed arco, espressi di pienoprofilo, compongono una silhouette agile e mossa, articolata in linee flessuose e libereche contrastano col rigore geometrico e con la cadenza immota delle precedenti sta-tuine di militari. Soprattutto il viso della figurina è modellato con naturalità, senza laricerca di volume e l’accentuazione di espressione caratteristiche delle predette figure.Maniera di Uta-Abìni con reminiscenze di stile “libero” mediterraneizzante. VII-VIsecolo a.C.Bibliografia: Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 178, fig. 200 (la statuina è conservata nel British Mu-seum di Londra).

Tavola XCIII: dal deposito votivo del santuario nuragico di ABÌNI-Teti (Nùoro).Cuspidi di lancia in bronzo, con codolo a canna per l’immanicatura e con nervaturesulla foglia della punta. Sono alte da 25 a 28,5 cm. È un tipo di arma molto divulgatonella media età nuragica.Bibliografia: Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 182, fig. 205.

Tavola XCIV: dal ripostiglio di MONTE SA IDDA-Decimoputzu (Cagliari).Impugnatura d’una spada di bronzo. Il manico cilindrico, aperto nel mezzo in ungrande foro rettangolare, è limitato in alto da un orlo a dischetto su cui emerge unapice rotondo, in basso si allarga per far luogo a due alette difendimano. Il manico èfuso d’un pezzo con la lama costolata. La delicatezza del lavoro fa pensare che questa,come altre spade del ripostiglio, sia stata modellata con la tecnica della cera perduta.La foggia della spada, e dell’impugnatura in specie, ricorda paradigmi più antichi dicultura e di età submicenea, diffusi per il Mediterraneo. Ma l’esempio sardo è d’unperiodo assai più tardivo: di circa l’VIII secolo a.C.Bibliografia: Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 194, fig. 211.

Tavola XCV: dal deposito votivo del santuario nuragico di ABÌNI-Teti (Nùoro);lungh. m 0,195.Pugnale di bronzo a lama lanceolata e con manico, fuso d’un sol pezzo con la foglia,traforato ad occhi sovrapposti e sormontato da un occhiello di sospensione. I lati sonodecorati con un motivo in rilievo di spina pesce, nel gusto geometrico paleogreco epaleoitalico dell’VIII-VII secolo a.C.Bibliografia: G. Lilliu, Sculture cit., p. 72, 154 (ivi bibliografia precedente).

Tavola XCVI: da località SCONOSCIUTA-Sardegna.Bipenne di bronzo con foro per immanicatura, con un tagliente orizzontale e l’oppo-sto verticale. L’oggetto poté essere usato come strumento o anche come arma. Il tipoappartiene all’età nuragica apogeica (VIII-VII secolo a.C.).Bibliografia: Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 150, fig. 157.

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all’intorno, fertili naturalmente e di più oggi che sono state trasformate e abitate, resti-tuendosi l’antica struttura rurale della zona a popolazione sparsa, che fu caratteristicadei tempi nuragici e della successiva età punica e romana. Intorno al nuraghe si ag-gruppava, infatti, un piccolo centro di vita protostorico (segnato ancor oggi da resti distoviglie sparse sul terreno, con tipi del medionuragico), a cui seguì, con lunga durata,un abitato in periodo storico la cui esistenza è provata da avanzi di murature, di embri-ci, di ceramiche e da vicine tombe di semplice forma a fossa. Il nuraghe di S’Urdèlli èmonotorre, circolare, del diametro esterno di m 9,50 (asse dell’ingresso)/9,60 (asse tra-sverso), misurato a m 2,80 d’altezza dall’attuale piano di campagna. Mostra l’ingresso aSud, indicato dal finestrino di scarico sull’architrave, mentre l’apertura è completamen-te ostruita dalla rovina interna. Entro la torre, con spessori murari da m 2,30 a 2,80, sidelinea la parte superiore svettata della camera, rotonda, di m 4,25/4,15 di diametro,del tutto ripiena di pietre e terra. L’opera muraria, di marna calcare, si conserva all’ester-no per l’altezza residua di m 3,00 (a Est su 11 file), 2,80 (a Ovest su 10 file) e 2 (a Sudsu 8 file). Il paramento consta di un bell’apparecchio di blocchi di marna calcare, rita-gliati in quadro con la mazza e lavorati, specie sulla faccia a vista, a martella che ha la-sciato i segni nelle sfaccettature scabrose della superficie. Le pietre sono disposte in fila-ri regolari orizzontali, a tratti anche a collocazione di testa e di taglio per legare megliole strutture. A Ovest si misurano pietre di m 0,87 x 0,25 d’altezza x 0,82 di profonditàin muro; 0,37 x 0,18 x 0,70; 0,43 x 0,20 x 0,58; 0,80 x 0,28 x 0,80.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, II, 1834, p. 167; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 85;G. Lilliu, Not. di Scavi, 1941, p. 157, fig. 25.

Tavola CIII, 3: talaiot di SA CANOVA-Artà (Maiorca).Particolare dell’inclinazione del muro esterno della torre, da Ovest. Si veda la schedadescrittiva di tav. CIII, 1.

Tavola CIII, 4: nuraghe PISCU-Suelli (Cagliari); cartina B, 100.Si erge a quota di circa 50 metri su d’un rialzo marnoso, visibile da lontano, in situazio-ne dominante su un paesaggio di fertili colline, coronate da altri nuraghi in gran partedistrutti. Il nuraghe è del tipo quadrilobato, cioè con una torre principale (A), antica,circondata da un bastione quadrangolare con quattro torri agli apici: B (a Nordnordest),C (a Estsudest), D (a Sud), E (a Ovest). L’insieme misura m 34,6 (linea C-E) x 33,3 (li-nea B-D), l’ultima dimensione soltanto presunta perché le torri marginali B e D sonocompletamente distrutte e quindi non rilevabili in concreto. La torre antica A (tav. CIII,4), circolare del diametro di m 11 circa, ha l’ingresso a Sudest, di m 0,98 di larghezzasuperiore, con pietra di architrave di m 1,52 x 0,60 x 0,72 alleggerito da finestrino di m0,28 d’altezza. Dietro la porta, l’andito, lungo m 3,22 largo 1,10/1,40 e alto sul colma-ticcio al punto massimo m 3,05, riceve sulla destra la garetta di guardia, di piano semiel-littico (m 0,90 di larghezza x 1,90 di profondità x 1,50 d’altezza) e, sulla sinistra, presen-ta un vano di simile figura planimetrica in cui bisogna supporre la scala a spirale(larghezza m 0,70 x 1,60 d’altezza rilevabile sul deposito). Nella camera, eccentrica, ro-tonda, del diametro di m 5,20 alla linea del colmaticcio che ricopre il vano per un terzodell’altezza, non si presentano, in apparenza, spazi sussidiari. La torre si misura all’ester-no per l’altezza massima residua di m 9,10 su 23 file a Nord, e per la minima di m 7 su

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Tavole

Tavola CIII, 1: talaiot di SA CANOVA-Artà (Maiorca); v. pure tav. CIII, 3.La torre vista da Sudovestovest. Sa Canova è il più bel talaiot dell’isola di Maiorca, note-vole per le dimensioni, lo stato di conservazione e, soprattutto, per le poderose elegantistrutture megalitiche. Si eleva in un lembo di terreno pianeggiante, sovrastato da monta-gne verso Est. Gli sta da presso un altro talaiot di tipo quadrato e intorno si vedono restidi costruzioni varie che si disegnano in leggeri cumuli di terra e di pietre sparsi per ilsuolo coltivato e che indicano l’esistenza originaria d’un centro di vita, forse d’un “po-blado” recinto da una muraglia megalitica, come altrove nelle Baleari. Di questo insedia-mento umano sono segni gli avanzi di stoviglie d’impasto che si possono raccogliere ditanto in tanto alla superficie del terreno. La sua durata fino in tempi romani è provatada resti di altre stoviglie più fini e da rottami di embrici. Il talaiot circolare, del diametroesterno di m 15,60, mostra l’ingresso a Nordest, di m 0,80 di larghezza x 1,40 d’altezza;la luce, di sezione rettangolare leggermente rastremata verso l’alto, era sormontata da ar-chitrave (ora mancante). L’andito retrostante alla porta, un po’ allargato al centro a causadella lieve concavità delle pareti che lo fiancheggiano con disposizione di blocchi su 3 fi-le (altezza m 1,40/1,60), è coperto da solaio piano di lastroni. L’andito mette nella ca-mera, rotonda, di m 7,40 di diametro e 4 d’altezza residua con pareti aggettanti versol’interno e tendenti a chiudersi in ogiva (diametro superiore, allo svettamento, m 6,40).In realtà però la sezione si contiene nella forma troncogivale perché la copertura, anzichéesser costituita dalla falsa volta, consisteva in un soffitto orizzontale di tronchi d’albero(forse di olivastro) sovrastato da grandi lastre; i tronchi erano disposti a raggera, dipar-tendosi dal pilastro centrale e divaricandosi verso i muri d’ambito su cui posavano conuna delle estremità. Il pilastro è del tipo plurilitico, formato cioè con rozzi e grandi bloc-chi di pietra sovrapposti a incrocio di spigoli, che vanno aumentando di ampiezza versol’alto in modo da formare una sede più larga di appoggio alla trama dei travi, coi margi-ni ravvicinati al profilo interno delle pareti nella misura adatta a consentire che l’inter-spazio fosse valicato da tronchi piuttosto corti quali dovevano essere quelli usati per tes-sere lo strato inferiore del soffitto. Nel giro della camera a sinistra di chi entra, a m 1,60dallo spigolo interno dell’andito, il profilo basale della parete è interrotto dall’apertura diuna nicchietta rettangolare di m 0,80 di larghezza x 1 di profondità apparente: trattasidi un ripostiglio. All’esterno la torre mostra i muri conservati per l’altezza massima di m 4,con inclinazione variabile da 10° a 1° appena (sulla fronte), con spessori imponenti: sui4 metri. Il paramento è di notevole regolarità con ordinamento orizzontale di sei filarimolto alti (da m 1,25 a 0,52), con forte scarpa o ritiro fra filare e filare. I blocchi di cal-care sono di taglio subquadrato, taluni giganteschi (m 3,37 x 1,25; 3,20 x 0,70). I lettidei filari più frequentemente e meno i giunti sono regolarizzati con lastrine di calcare;uguale tecnica di aggiustamento di elementi strutturali si vede osservata nelle pareti e nelpilastro della camera.Bibliografia: A. Bezzenberger, “Vorgeschichte” cit., pp. 602-605, figg. 30-33; G. Lilliu, “Primi scavi”cit., 1960, pp. 9, 58, figg. 75, 1-3, 76-79 (ivi bibliografia precedente).

Tavola CIII, 2: nuraghe S’URDÈLLI-Gergèi (Nùoro); cartina B, 86.Al confine del territorio di Barùmini e Gergèi, a quota di m 278, il nuraghe dominadall’alto d’un ripiano la lieve ed ampia depressione valliva che declina verso il solcodel riu Murera, affluente del riu Mannu. Custodisce, insieme con altri nuraghi, le terre

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all’intorno, fertili naturalmente e di più oggi che sono state trasformate e abitate, resti-tuendosi l’antica struttura rurale della zona a popolazione sparsa, che fu caratteristicadei tempi nuragici e della successiva età punica e romana. Intorno al nuraghe si ag-gruppava, infatti, un piccolo centro di vita protostorico (segnato ancor oggi da resti distoviglie sparse sul terreno, con tipi del medionuragico), a cui seguì, con lunga durata,un abitato in periodo storico la cui esistenza è provata da avanzi di murature, di embri-ci, di ceramiche e da vicine tombe di semplice forma a fossa. Il nuraghe di S’Urdèlli èmonotorre, circolare, del diametro esterno di m 9,50 (asse dell’ingresso)/9,60 (asse tra-sverso), misurato a m 2,80 d’altezza dall’attuale piano di campagna. Mostra l’ingresso aSud, indicato dal finestrino di scarico sull’architrave, mentre l’apertura è completamen-te ostruita dalla rovina interna. Entro la torre, con spessori murari da m 2,30 a 2,80, sidelinea la parte superiore svettata della camera, rotonda, di m 4,25/4,15 di diametro,del tutto ripiena di pietre e terra. L’opera muraria, di marna calcare, si conserva all’ester-no per l’altezza residua di m 3,00 (a Est su 11 file), 2,80 (a Ovest su 10 file) e 2 (a Sudsu 8 file). Il paramento consta di un bell’apparecchio di blocchi di marna calcare, rita-gliati in quadro con la mazza e lavorati, specie sulla faccia a vista, a martella che ha la-sciato i segni nelle sfaccettature scabrose della superficie. Le pietre sono disposte in fila-ri regolari orizzontali, a tratti anche a collocazione di testa e di taglio per legare megliole strutture. A Ovest si misurano pietre di m 0,87 x 0,25 d’altezza x 0,82 di profonditàin muro; 0,37 x 0,18 x 0,70; 0,43 x 0,20 x 0,58; 0,80 x 0,28 x 0,80.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, II, 1834, p. 167; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 85;G. Lilliu, Not. di Scavi, 1941, p. 157, fig. 25.

Tavola CIII, 3: talaiot di SA CANOVA-Artà (Maiorca).Particolare dell’inclinazione del muro esterno della torre, da Ovest. Si veda la schedadescrittiva di tav. CIII, 1.

Tavola CIII, 4: nuraghe PISCU-Suelli (Cagliari); cartina B, 100.Si erge a quota di circa 50 metri su d’un rialzo marnoso, visibile da lontano, in situazio-ne dominante su un paesaggio di fertili colline, coronate da altri nuraghi in gran partedistrutti. Il nuraghe è del tipo quadrilobato, cioè con una torre principale (A), antica,circondata da un bastione quadrangolare con quattro torri agli apici: B (a Nordnordest),C (a Estsudest), D (a Sud), E (a Ovest). L’insieme misura m 34,6 (linea C-E) x 33,3 (li-nea B-D), l’ultima dimensione soltanto presunta perché le torri marginali B e D sonocompletamente distrutte e quindi non rilevabili in concreto. La torre antica A (tav. CIII,4), circolare del diametro di m 11 circa, ha l’ingresso a Sudest, di m 0,98 di larghezzasuperiore, con pietra di architrave di m 1,52 x 0,60 x 0,72 alleggerito da finestrino di m0,28 d’altezza. Dietro la porta, l’andito, lungo m 3,22 largo 1,10/1,40 e alto sul colma-ticcio al punto massimo m 3,05, riceve sulla destra la garetta di guardia, di piano semiel-littico (m 0,90 di larghezza x 1,90 di profondità x 1,50 d’altezza) e, sulla sinistra, presen-ta un vano di simile figura planimetrica in cui bisogna supporre la scala a spirale(larghezza m 0,70 x 1,60 d’altezza rilevabile sul deposito). Nella camera, eccentrica, ro-tonda, del diametro di m 5,20 alla linea del colmaticcio che ricopre il vano per un terzodell’altezza, non si presentano, in apparenza, spazi sussidiari. La torre si misura all’ester-no per l’altezza massima residua di m 9,10 su 23 file a Nord, e per la minima di m 7 su

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Tavola CIII, 1: talaiot di SA CANOVA-Artà (Maiorca); v. pure tav. CIII, 3.La torre vista da Sudovestovest. Sa Canova è il più bel talaiot dell’isola di Maiorca, note-vole per le dimensioni, lo stato di conservazione e, soprattutto, per le poderose elegantistrutture megalitiche. Si eleva in un lembo di terreno pianeggiante, sovrastato da monta-gne verso Est. Gli sta da presso un altro talaiot di tipo quadrato e intorno si vedono restidi costruzioni varie che si disegnano in leggeri cumuli di terra e di pietre sparsi per ilsuolo coltivato e che indicano l’esistenza originaria d’un centro di vita, forse d’un “po-blado” recinto da una muraglia megalitica, come altrove nelle Baleari. Di questo insedia-mento umano sono segni gli avanzi di stoviglie d’impasto che si possono raccogliere ditanto in tanto alla superficie del terreno. La sua durata fino in tempi romani è provatada resti di altre stoviglie più fini e da rottami di embrici. Il talaiot circolare, del diametroesterno di m 15,60, mostra l’ingresso a Nordest, di m 0,80 di larghezza x 1,40 d’altezza;la luce, di sezione rettangolare leggermente rastremata verso l’alto, era sormontata da ar-chitrave (ora mancante). L’andito retrostante alla porta, un po’ allargato al centro a causadella lieve concavità delle pareti che lo fiancheggiano con disposizione di blocchi su 3 fi-le (altezza m 1,40/1,60), è coperto da solaio piano di lastroni. L’andito mette nella ca-mera, rotonda, di m 7,40 di diametro e 4 d’altezza residua con pareti aggettanti versol’interno e tendenti a chiudersi in ogiva (diametro superiore, allo svettamento, m 6,40).In realtà però la sezione si contiene nella forma troncogivale perché la copertura, anzichéesser costituita dalla falsa volta, consisteva in un soffitto orizzontale di tronchi d’albero(forse di olivastro) sovrastato da grandi lastre; i tronchi erano disposti a raggera, dipar-tendosi dal pilastro centrale e divaricandosi verso i muri d’ambito su cui posavano conuna delle estremità. Il pilastro è del tipo plurilitico, formato cioè con rozzi e grandi bloc-chi di pietra sovrapposti a incrocio di spigoli, che vanno aumentando di ampiezza versol’alto in modo da formare una sede più larga di appoggio alla trama dei travi, coi margi-ni ravvicinati al profilo interno delle pareti nella misura adatta a consentire che l’inter-spazio fosse valicato da tronchi piuttosto corti quali dovevano essere quelli usati per tes-sere lo strato inferiore del soffitto. Nel giro della camera a sinistra di chi entra, a m 1,60dallo spigolo interno dell’andito, il profilo basale della parete è interrotto dall’apertura diuna nicchietta rettangolare di m 0,80 di larghezza x 1 di profondità apparente: trattasidi un ripostiglio. All’esterno la torre mostra i muri conservati per l’altezza massima di m 4,con inclinazione variabile da 10° a 1° appena (sulla fronte), con spessori imponenti: sui4 metri. Il paramento è di notevole regolarità con ordinamento orizzontale di sei filarimolto alti (da m 1,25 a 0,52), con forte scarpa o ritiro fra filare e filare. I blocchi di cal-care sono di taglio subquadrato, taluni giganteschi (m 3,37 x 1,25; 3,20 x 0,70). I lettidei filari più frequentemente e meno i giunti sono regolarizzati con lastrine di calcare;uguale tecnica di aggiustamento di elementi strutturali si vede osservata nelle pareti e nelpilastro della camera.Bibliografia: A. Bezzenberger, “Vorgeschichte” cit., pp. 602-605, figg. 30-33; G. Lilliu, “Primi scavi”cit., 1960, pp. 9, 58, figg. 75, 1-3, 76-79 (ivi bibliografia precedente).

Tavola CIII, 2: nuraghe S’URDÈLLI-Gergèi (Nùoro); cartina B, 86.Al confine del territorio di Barùmini e Gergèi, a quota di m 278, il nuraghe dominadall’alto d’un ripiano la lieve ed ampia depressione valliva che declina verso il solcodel riu Murera, affluente del riu Mannu. Custodisce, insieme con altri nuraghi, le terre

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C e B ed E, la prima di m 13 di lunghezza x 2,70 d’altezza massima su 8 file con massipiù grandi e meno lavorati nella parte superiore; la seconda di m 8,50 di lunghezza x1,15 d’altezza residua su 4 file con blocchi di identica fattura e di analoghe proporzioni.Nel 1860 furono eseguiti scavi archeologici da privati, che portarono al recupero di og-getti, nella camera della torre antica, in quella aggiunta C e soprattutto entro il pozzo. Siebbero utensili di pietra (macine e forme da fondere), bronzi, ceramiche insieme a cene-ri e resti di pasto (ossa d’animali e molluschi). Distinte alcune forme di stoviglie rinve-nute dentro il pozzo, analoghe ad esemplari protoetruschi dell’VIII secolo a.C. Pezzi distoviglie si possono raccogliere ancor oggi nel terreno intorno al nuraghe e nella pendiceverso la strada statale che sale da Suelli a Mandas.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XX, 1850, pp. 73, 520; Spano, Memoria, 1854, p. 40; Bull.arch. sardo, VIII, 1862, p. 197 s.; Tola, Cod. dipl. sardo, I, 1861, p. 324, 1, doc. XLIII, p. 335, 2; Spa-no, Memoria, 1867, pp. 23, 40, 51, 59, 61, 64, 78 s., 97, tav. I, 3; H. von Maltzan, Viaggio cit. (trad.Bertolini), 1875, p. 23; A. Cara, Notizie cit., 1876, p. 10; E. Pais, Bull. arch. sardo, 1884, p. 176; Centu-rione, “Studii” cit., pp. 23, 60, 70, 95, 119, 125; P. Cugia, Nuovo itinerario cit., II, 1892, p. 12 s.; G.Curis, “Le prime origini” cit., 1900, p. 53, nota 1; G. Pinza, Mon. ant. Lincei, 1901, col. 144 s., 221,229, 248; F. Nissardi, “Contributo” cit., 1903-4, pp. 653, 668; A. Grasselli, In Sardegna, 1905, p. 66, fot.ivi; F. De Rosa, Dell’uso dei nuraghi, 1909, p. 25; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 181; A. Taramelli,Conv. arch. in Sardegna, 1926, pp. 26, 77 nota 20; A. Taramelli-Lavagnino, Il R. Museo G. A. Sanna diSàssari, Roma, 1933, n. 29, p. 7; G. Lilliu, Bull. Paletn. It., 1941-42, p. 150; St. Etr., 1944, p. 367, no-ta 185, p. 369 nota 222, p. 370, nota 226; P. Mingazzini, St.S., VII, 1947, p. 15; Atzori, Saggio cit.,1944-45, p. 64 ss., tav. V, 52, figg. 142-145; G. Lilliu, St.S., VIII, 1948, p. 367; Boscolo-Pintor-Serra,Guida, 1951, p. 126; G. Lilliu, St.S., X-XI, 1952, p. 93, fig. 5, 22, p. 96 s., pp. 113-119; E. Contu,ibidem, p. 143; P. Mingazzini, St. Etr. XXII (s. II), 1952-53, p. 379; G. Lilliu, Annali, XXI, parte I,1953, p. 84; D. Panedda, L’agro di Olbia, 1954, p. 14, nota 48; Zervos, Civilisation cit., 1954, pp. 148s., 212; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 133, 152 s., 166, fig. 4, 26, p. 167, 26, p. 170, fig. 5, 22,p. 181, 184 s., 194 s., 200, 202 s., 211 s., 256, 458; E. Contu, St.S., XIV-XV, I, 1958, pp. 144 s., 147;G. Lilliu, in Il Progresso dell’Isola 1960, p. 28, fig. ivi (a destra in alto).

Tavola CIV, 1: nuraghe SU GUVÈNTU-Mògoro (Cagliari); cartina B, 98.Si eleva a quota di m 180, al margine Est dell’altopiano basaltico di Mògoro, 100 metri aSudsudovest di questo villaggio, con buon dominio su una zona di pascoli. È un nuraghemonotorre con rifascio, circolare, del diametro allo svettamento di m 10 x 9,80, senzacalcolare lo spessore del muro di contenimento che varia fra i m 3,50 (a Sudovest) e 2,50(a Nord); il diametro complessivo al cono contraffortato, sempre allo svettamento, è di m16,20/15,40. L’ingresso si apre a Sudovest, in origine aveva la pietra d’architrave; dietrol’ingresso, l’andito strombato (larghezza m 0,75/1,20) si vede per la lunghezza di m 3,70per la massima parte in corrispondenza allo spessore del muro di rifascio, non si rileval’altezza perché il soffitto è caduto. Della camera, da supporsi rotonda, si segue, allo svet-tamento, un tratto di parete curvilineo per m 4,30, lo spessore murario è di m 1,60. L’ope-ra muraria è del tipo subquadrato di basalto e consta di pietre disposte in file orizzontalicon una certa cura (v. tav. CIV, 1 da Nordovest). Le dimensioni medie dei blocchi delmuro del rifascio sono di dmc 715 e il peso è di q 21,45. La torre, molto inclinata al-l’esterno, si conserva per l’altezza massima residua di m 5,50 (a Est), il rifascio per pocomeno. In tempi passati, a Sud del nuraghe si disegnava un recinto di m 33 di lunghezza x27 di larghezza; posto dinanzi all’ingresso della torre, il recinto la proteggeva custodendonel vasto spazio uomini e cose. A circa un centinaio di metri a Sudsudovest della torre,

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18 file a Sud. Le pareti della camera residuano sul piano di riempimento per m 5 su 21filari, via via aggettanti con inclinazione d’ogiva di m 1,30. Aggettante è pure la sezionedell’andito e dei suoi spazi sussidiari. Il paramento esterno è di opera muraria subqua-drata, tirato su con blocchi di marna calcare accuratamente tagliati in quadro con finitu-ra dei piani posa mentre è meno curata la lavorazione della faccia a vista, disposti adanelli regolari di bell’aspetto. Alcuni massi della parte mediana dell’apparecchio sono cu-bici e segnano specie di piani di sosta e di ripresa muraria, quelli della parte superiorepresentano dimensioni minori degli altri (tav. CIII, 4). Simile regolare disposizione oriz-zontale si osserva anche nell’interno della camera dove le pietre sbozzate a martella pre-sentano la faccia o piana o convessa soprattutto negli anelli alti, ed i piani di posa e igiunti adattati con piccole scaglie e malta argillosa come all’esterno. Misure di pietre aldi fuori: m 0,98 x 0,30; 0,67 x 0,30; 0,71 x 0,34; nella camera: m 0,90 x 0,30; 1,20 x0,37; 0,62 x 0,40. Del corpo aggiunto, di cui si rilevano soltanto elementi di C ed E edelle cortine colleganti B a C, C a D ed E a B, deve supporsi l’ingresso a Sudsudest, nellacortina fra C e D, lunga m 10, larga da 2,80 a 3,10 e alta residuamente da m 2,15 (8 fi-le) a 1,15 (4 file). L’ingresso in questo punto è suggerito dall’interruzione della cortina edalla presenza, entro il suo spessore a destra, di un vano trapezoidale che potrebbe corri-spondere a quello d’una garetta di guardia (m 0,55 di larghezza x 2,30 di profondità ap-parente x 0,80 d’altezza in vista). Dietro l’andito d’ingresso è il cortile, chiuso fra la torreantica e quelle aggiunte B-D-C, della superficie di mq 85,20, ricolmo di materiali dicrollo. In esso mettono gli usci di A e di C-D-E direttamente, mentre la torretta B vi siraccorda per un passaggio a raggiro di A, se non sfocia all’esterno con sortita indipen-dente (il che pare meno probabile). Mentre delle torrette B e D si scorge appena un af-fossamento circolare contornato da pietre messe alla rinfusa su cui si ricostruisce un dia-metro esterno di circa m 8, della torre E restano tracce evidenti anche se parziali e quellaC, situata dirimpetto ad A, si rileva nell’insieme e anche in taluni particolari. Di E si ri-costruisce il diametro esterno di m 10 e poco più, e l’interno di m 6 circa; si lascia vede-re pure la spalla destra (per chi entra) dell’andito. La torre C, del diametro di m 8, coningresso opposto a quello della torre antica (verso Nordovest), largo m 0,75 x 0,50 d’al-tezza sul riempimento, sormontato da pietra d’architrave (m 1,40 x 0,60 x 0,40), conandito strombato (m 0,70/1,00) di m 1,83 di lunghezza x 1,90 d’altezza sul piano dicolmata, include la camera centrica, rotonda, del diametro di m 4 sul riempiticcio. Que-st’ultima, di oltre 3 metri d’altezza residua su 11 file, si distingue per la presenza eviden-te di 3 feritoie: due sulla parete sinistra per chi entra (m 0,45 di larghezza x 0,70 d’altez-za; m 0,35 x 0,40) e la terza di fronte all’ingresso (m 0,70 x 0,56). Le feritoie guardanola cortina d’ingresso e quella che unisce C a D e, con la loro esistenza, fanno supporreche ne fossero provviste anche le altre torri marginali. Non si esclude che in questa torreC si trovi il pozzo che venne scoperto, pieno di materiali archeologici, nel secolo passatoe che si interrò nuovamente dopo lo scavo. Se non fosse entro C, il pozzo dovrebbe im-maginarsi all’interno del cortile come in altri nuraghi dello stesso tipo del nostro. Da ri-levarsi la sezione trapezoidale dell’andito e quella ogivale della camera di C. La torre siconserva all’esterno per l’altezza massima residua di m 2,60 su 8 file. L’opera muraria èdi tipo subquadrato con abbondante uso di scheggiame e d’argilla, con pietre di m 0,66x 0,30; 1 x 0,30; 0,30 x 0,20 (all’esterno) e di m 1,20 x 0,80 x 0,32; 1,50 x 0,30; 0,30 x0,31 (nella parete della camera). Del corpo aggiunto si rilevano anche le cortine fra B e

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C e B ed E, la prima di m 13 di lunghezza x 2,70 d’altezza massima su 8 file con massipiù grandi e meno lavorati nella parte superiore; la seconda di m 8,50 di lunghezza x1,15 d’altezza residua su 4 file con blocchi di identica fattura e di analoghe proporzioni.Nel 1860 furono eseguiti scavi archeologici da privati, che portarono al recupero di og-getti, nella camera della torre antica, in quella aggiunta C e soprattutto entro il pozzo. Siebbero utensili di pietra (macine e forme da fondere), bronzi, ceramiche insieme a cene-ri e resti di pasto (ossa d’animali e molluschi). Distinte alcune forme di stoviglie rinve-nute dentro il pozzo, analoghe ad esemplari protoetruschi dell’VIII secolo a.C. Pezzi distoviglie si possono raccogliere ancor oggi nel terreno intorno al nuraghe e nella pendiceverso la strada statale che sale da Suelli a Mandas.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, XX, 1850, pp. 73, 520; Spano, Memoria, 1854, p. 40; Bull.arch. sardo, VIII, 1862, p. 197 s.; Tola, Cod. dipl. sardo, I, 1861, p. 324, 1, doc. XLIII, p. 335, 2; Spa-no, Memoria, 1867, pp. 23, 40, 51, 59, 61, 64, 78 s., 97, tav. I, 3; H. von Maltzan, Viaggio cit. (trad.Bertolini), 1875, p. 23; A. Cara, Notizie cit., 1876, p. 10; E. Pais, Bull. arch. sardo, 1884, p. 176; Centu-rione, “Studii” cit., pp. 23, 60, 70, 95, 119, 125; P. Cugia, Nuovo itinerario cit., II, 1892, p. 12 s.; G.Curis, “Le prime origini” cit., 1900, p. 53, nota 1; G. Pinza, Mon. ant. Lincei, 1901, col. 144 s., 221,229, 248; F. Nissardi, “Contributo” cit., 1903-4, pp. 653, 668; A. Grasselli, In Sardegna, 1905, p. 66, fot.ivi; F. De Rosa, Dell’uso dei nuraghi, 1909, p. 25; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 181; A. Taramelli,Conv. arch. in Sardegna, 1926, pp. 26, 77 nota 20; A. Taramelli-Lavagnino, Il R. Museo G. A. Sanna diSàssari, Roma, 1933, n. 29, p. 7; G. Lilliu, Bull. Paletn. It., 1941-42, p. 150; St. Etr., 1944, p. 367, no-ta 185, p. 369 nota 222, p. 370, nota 226; P. Mingazzini, St.S., VII, 1947, p. 15; Atzori, Saggio cit.,1944-45, p. 64 ss., tav. V, 52, figg. 142-145; G. Lilliu, St.S., VIII, 1948, p. 367; Boscolo-Pintor-Serra,Guida, 1951, p. 126; G. Lilliu, St.S., X-XI, 1952, p. 93, fig. 5, 22, p. 96 s., pp. 113-119; E. Contu,ibidem, p. 143; P. Mingazzini, St. Etr. XXII (s. II), 1952-53, p. 379; G. Lilliu, Annali, XXI, parte I,1953, p. 84; D. Panedda, L’agro di Olbia, 1954, p. 14, nota 48; Zervos, Civilisation cit., 1954, pp. 148s., 212; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 133, 152 s., 166, fig. 4, 26, p. 167, 26, p. 170, fig. 5, 22,p. 181, 184 s., 194 s., 200, 202 s., 211 s., 256, 458; E. Contu, St.S., XIV-XV, I, 1958, pp. 144 s., 147;G. Lilliu, in Il Progresso dell’Isola 1960, p. 28, fig. ivi (a destra in alto).

Tavola CIV, 1: nuraghe SU GUVÈNTU-Mògoro (Cagliari); cartina B, 98.Si eleva a quota di m 180, al margine Est dell’altopiano basaltico di Mògoro, 100 metri aSudsudovest di questo villaggio, con buon dominio su una zona di pascoli. È un nuraghemonotorre con rifascio, circolare, del diametro allo svettamento di m 10 x 9,80, senzacalcolare lo spessore del muro di contenimento che varia fra i m 3,50 (a Sudovest) e 2,50(a Nord); il diametro complessivo al cono contraffortato, sempre allo svettamento, è di m16,20/15,40. L’ingresso si apre a Sudovest, in origine aveva la pietra d’architrave; dietrol’ingresso, l’andito strombato (larghezza m 0,75/1,20) si vede per la lunghezza di m 3,70per la massima parte in corrispondenza allo spessore del muro di rifascio, non si rileval’altezza perché il soffitto è caduto. Della camera, da supporsi rotonda, si segue, allo svet-tamento, un tratto di parete curvilineo per m 4,30, lo spessore murario è di m 1,60. L’ope-ra muraria è del tipo subquadrato di basalto e consta di pietre disposte in file orizzontalicon una certa cura (v. tav. CIV, 1 da Nordovest). Le dimensioni medie dei blocchi delmuro del rifascio sono di dmc 715 e il peso è di q 21,45. La torre, molto inclinata al-l’esterno, si conserva per l’altezza massima residua di m 5,50 (a Est), il rifascio per pocomeno. In tempi passati, a Sud del nuraghe si disegnava un recinto di m 33 di lunghezza x27 di larghezza; posto dinanzi all’ingresso della torre, il recinto la proteggeva custodendonel vasto spazio uomini e cose. A circa un centinaio di metri a Sudsudovest della torre,

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18 file a Sud. Le pareti della camera residuano sul piano di riempimento per m 5 su 21filari, via via aggettanti con inclinazione d’ogiva di m 1,30. Aggettante è pure la sezionedell’andito e dei suoi spazi sussidiari. Il paramento esterno è di opera muraria subqua-drata, tirato su con blocchi di marna calcare accuratamente tagliati in quadro con finitu-ra dei piani posa mentre è meno curata la lavorazione della faccia a vista, disposti adanelli regolari di bell’aspetto. Alcuni massi della parte mediana dell’apparecchio sono cu-bici e segnano specie di piani di sosta e di ripresa muraria, quelli della parte superiorepresentano dimensioni minori degli altri (tav. CIII, 4). Simile regolare disposizione oriz-zontale si osserva anche nell’interno della camera dove le pietre sbozzate a martella pre-sentano la faccia o piana o convessa soprattutto negli anelli alti, ed i piani di posa e igiunti adattati con piccole scaglie e malta argillosa come all’esterno. Misure di pietre aldi fuori: m 0,98 x 0,30; 0,67 x 0,30; 0,71 x 0,34; nella camera: m 0,90 x 0,30; 1,20 x0,37; 0,62 x 0,40. Del corpo aggiunto, di cui si rilevano soltanto elementi di C ed E edelle cortine colleganti B a C, C a D ed E a B, deve supporsi l’ingresso a Sudsudest, nellacortina fra C e D, lunga m 10, larga da 2,80 a 3,10 e alta residuamente da m 2,15 (8 fi-le) a 1,15 (4 file). L’ingresso in questo punto è suggerito dall’interruzione della cortina edalla presenza, entro il suo spessore a destra, di un vano trapezoidale che potrebbe corri-spondere a quello d’una garetta di guardia (m 0,55 di larghezza x 2,30 di profondità ap-parente x 0,80 d’altezza in vista). Dietro l’andito d’ingresso è il cortile, chiuso fra la torreantica e quelle aggiunte B-D-C, della superficie di mq 85,20, ricolmo di materiali dicrollo. In esso mettono gli usci di A e di C-D-E direttamente, mentre la torretta B vi siraccorda per un passaggio a raggiro di A, se non sfocia all’esterno con sortita indipen-dente (il che pare meno probabile). Mentre delle torrette B e D si scorge appena un af-fossamento circolare contornato da pietre messe alla rinfusa su cui si ricostruisce un dia-metro esterno di circa m 8, della torre E restano tracce evidenti anche se parziali e quellaC, situata dirimpetto ad A, si rileva nell’insieme e anche in taluni particolari. Di E si ri-costruisce il diametro esterno di m 10 e poco più, e l’interno di m 6 circa; si lascia vede-re pure la spalla destra (per chi entra) dell’andito. La torre C, del diametro di m 8, coningresso opposto a quello della torre antica (verso Nordovest), largo m 0,75 x 0,50 d’al-tezza sul riempimento, sormontato da pietra d’architrave (m 1,40 x 0,60 x 0,40), conandito strombato (m 0,70/1,00) di m 1,83 di lunghezza x 1,90 d’altezza sul piano dicolmata, include la camera centrica, rotonda, del diametro di m 4 sul riempiticcio. Que-st’ultima, di oltre 3 metri d’altezza residua su 11 file, si distingue per la presenza eviden-te di 3 feritoie: due sulla parete sinistra per chi entra (m 0,45 di larghezza x 0,70 d’altez-za; m 0,35 x 0,40) e la terza di fronte all’ingresso (m 0,70 x 0,56). Le feritoie guardanola cortina d’ingresso e quella che unisce C a D e, con la loro esistenza, fanno supporreche ne fossero provviste anche le altre torri marginali. Non si esclude che in questa torreC si trovi il pozzo che venne scoperto, pieno di materiali archeologici, nel secolo passatoe che si interrò nuovamente dopo lo scavo. Se non fosse entro C, il pozzo dovrebbe im-maginarsi all’interno del cortile come in altri nuraghi dello stesso tipo del nostro. Da ri-levarsi la sezione trapezoidale dell’andito e quella ogivale della camera di C. La torre siconserva all’esterno per l’altezza massima residua di m 2,60 su 8 file. L’opera muraria èdi tipo subquadrato con abbondante uso di scheggiame e d’argilla, con pietre di m 0,66x 0,30; 1 x 0,30; 0,30 x 0,20 (all’esterno) e di m 1,20 x 0,80 x 0,32; 1,50 x 0,30; 0,30 x0,31 (nella parete della camera). Del corpo aggiunto si rilevano anche le cortine fra B e

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Tavola CVII, 2: abitazione di CHAMEZI SITIA (Creta).È una casa a piano ellittico (m 14 x 22,50) con cortile interno da cui prendono luce ivari ambienti all’intorno. Risale a circa il 1800 a.C. È impressionante la rispondenzadello schema planimetrico e della ripartizione dei vani con lo spartito della dimora n. 20di Barùmini. Eppure fra le due abitazioni v’è uno spazio di tempo di 1300 anni e più.Bibliografia: P. Ducati, L’Arte Classica, Torino 1927, p. 18, fig. 21.

Tavola CVII, 3: tempio a megaron di DOMU DE ORGÌA-Esterzìli (Nùoro); cartina B, 83.Il nome gli deriva da Orgìa (Giorgìa) Rabiosa (rabbiosa), una maga o gigantessa diven-tata furente e pietrificatasi per il dolore di aver perduto, uccisi, i figli a causa d’un’anti-ca maledizione (nella leggenda si colgono gli indizi della presenza d’una deità madrenuragica a cui si è sovrapposto il mito classico di Niobe). L’edifizio megalitico è pocodistante dal Monte Santa Vittoria, sede d’un borgo montano preistorico, con capan-ne rotonde, un grande recinto ellittico, una fonte costruita ad arte che serba acquefreschissime e, tutto all’intorno, pascoli verdi, freschi, profumati di timo. Il megaronsta giù del monte, a m 978 di quota, presso una via antica di razziatori. La percorre-vano, un dì, i Galillenses scendenti a predare nelle colline fertili dei Patulcenses Cam-pani, e vi sostavano, forse, nel risalire, presso il gran tempio a ringraziare la Gran Ma-dre (Orgìa) per il “buon rubato”. Il tempio è racchiuso entro un’area ellittica di m48,50 x 28, di m 1,50 di spessore murario, ridotta alle fondamenta. Si presenta informa d’un edifizio rettangolare, allungato, di m 22,50 x 7,79, con muri spessi m1,32 ed alti, allo svettamento, 2,40, su 9 filari residui di pietre calcari a ordinamentoregolare continuo. Il rettangolo è doppiamente in antis, preceduto cioè da un vestibo-lo compreso tra due ali (m 5,15 x 5) e rientrante, sulla parte tergale, in uno spazioscoperto limitato da due tronchi murari che formano una sorta di abside rettangolareaperta verso l’esterno (m 5,15 x 2 di profondità). Nel vestibolo quadrangolare si aprela porta d’ingresso ai vani veri e propri, con esposizione tra Sudsudest e Sud (forse ri-tuale). La porta è di sezione trapezoidale, a spalle di grossi blocchi sovrapposti agget-tanti verso l’alto e chiusa da architrave al modo nuragico (altezza m 1,50, larghezzabasale apparente m 1,30). Essa introduce nella stanza maggiore, di piano rettangola-re, di m 8 x 5,15, completamente ripiena di rovine cadute dall’alto dei muri perime-trali. Da questo ambiente un’altra porta, simile alla precedente, fa da accesso al mino-re vano del fondo (una specie di “Sancta Sanctorum”, di m 3,55 x 5,15, anch’essoingombro di macerie. È da escludersi che il tempio fosse ipetrale. La copertura puòimmaginarsi o a volta a carena, con lastre sempre più sporgenti e ravvicinate dalledue spalle murarie (come per esempio nel dromos della tomba “a tholos” etrusca di LaMontagnola-Quinto, del VII secolo a.C., Caputo-Chiostri-Mannini, “Tomba etruscaLa Montagnola”, in Bollettino Tecnico dell’Ordine degli Architetti toscani, gennaio-feb-braio 1960, pp. 6, 8, figure ivi), oppure a doppia falda di legname e frasche, in que-sto caso con fronte a timpano. Daterei il tempio, di evidente derivazione dal megaronanatolico-peloponnesiaco (anche per la tecnica a filari a tendenza isodoma), per il tra-mite dei tempietti siculo-greci in antis, al VII-VI secolo a.C. Nei pressi dell’edifizio siraccolgono schegge d’ossidiana. Il monumento, veramente eccezionale nell’Isola, me-riterebbe d’esser valorizzato e definito nel suo uso, cultura ed età, attraverso uno sca-vo scientifico.

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sotto la balza basaltica, si osservano resti di depositi d’un agglomerato di capanne, special-mente visibili in una sezione declinante di terreno. Parecchie capanne, contenenti ceneri ecarboni, residui di pasto, molti oggetti di pietra e molte stoviglie del tipo della “facies”protonuragica di Monte Claro, furono distrutte nel 1954.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, X, 1842, p. 419; Centurione, “Studii” cit., 1888, p. 150; F.Corona, Guida cit., 1896, p. 200; G. Vacca, Posizione geografica cit., 1917, p. 9; A. Taramelli, Mon.ant. Lincei, XXV, 1918, col. 26; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 135; Boscolo-Pintor-Serra, Guida,1951, p. 90; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 237; C. Puxeddu, St.S., XIV-XV, I, 1958, pp. 40, 61;G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 160 ss., fig. 38, tavv. XLIV-XLV; “Primi scavi” cit., 1960, p. 63, nota 42.

Tavola CIV, 2: talaiot di SES PAÏSSES-Artà (Maiorca).Il talaiot visto da Sud: in primo piano resto di abitazione al livello del periodo talaioti-co III (o tardivo) del V-II secolo a.C., sullo sfondo circondato dal bosco di elci, la tor-re, riferita al talaiotico I (1200/1000 a.C.). Si veda la scheda descrittiva di fig. 17, 2.

Tavola CV, 1-4: talaiot di SES PAÏSSES-Artà (Maiorca).Il corridoio diametrale della torre, visto dall’alto (1); porticina d’ingresso a Sudovest(2); particolare del soffitto tabulato dell’andito di Sudovest, visto dall’interno del ta-laiot (3); la porta principale della muraglia, a Sudest, vista da dentro il recinto (4). Siveda la scheda descrittiva di fig. 17, 2.

Tavola CVI, 1-4: costruzioni moderne a gradoni, di tipo antico, di Minorca e dellePuglie.“Pont de Bestiar”, a terrazze e con rampa esterna, di Ciudadela (Minorca), nel predioFres Alquerias (1); particolare della copertura a pseudovolta del predetto “pont de Be-stiar” (2); trullo a terrazze con rampa esterna di Calimera (Lecce) (3); spaccato di coper-tura a pseudovolta di trullo di Castrignano dei Greci (Lecce). Per il 4 vedi G. Rohlfs,“Primitive Kuppelbauten in Europa”, in Bayerische Akademie der Wissenschaften, Phi-losophisc-historische Klasse, Abhandlungen, Neue Folge, Heft 43, München 1957, p. 6,tav. I, I.

Tavola CVII, 1: abitazione del villaggio di SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).È un tipico esempio della forma di abitazione della fase d (nuragico tardivo) del vil-laggio di Barùmini. La casa (n. 20 della planimetria generale) è a perimetro subcirco-lare, del diametro di m 13,60 sull’asse dell’ingresso x 12,60 sull’asse normale. La suaarticolazione è pluricellulare e rappresenta uno stadio evoluto della dimora nuragica,soprattutto in relazione al periodo precedente (fase c e b) in cui l’abitazione è costitui-ta dalla capanna rotonda monocellulare coperta con tetto di legno e frasche. I vanidell’isolato n. 20 si compongono a raggera intorno a un atrio circolare scoperto, con-centrico al muro d’ambito esterno; notevoli, tra i vani, quello della cucina col forno(tav. LXXIV, 1) e l’altro, retrostante, ben rifinito nelle pareti a filaretto coperte da cu-pola, caratterizzato dalla presenza del sedile in giro al bacile per le abluzioni o per i pa-sti rituali in comune (tav. LXXIV, 2). L’abitazione si può datare dal V al IV secoloa.C. Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.Bibliografia: G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 390 ss., fig. 3, tavv. XXXIV, 1-2, LV, 2, LVI, 1-2, LVII, 1.

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Tavola CVII, 2: abitazione di CHAMEZI SITIA (Creta).È una casa a piano ellittico (m 14 x 22,50) con cortile interno da cui prendono luce ivari ambienti all’intorno. Risale a circa il 1800 a.C. È impressionante la rispondenzadello schema planimetrico e della ripartizione dei vani con lo spartito della dimora n. 20di Barùmini. Eppure fra le due abitazioni v’è uno spazio di tempo di 1300 anni e più.Bibliografia: P. Ducati, L’Arte Classica, Torino 1927, p. 18, fig. 21.

Tavola CVII, 3: tempio a megaron di DOMU DE ORGÌA-Esterzìli (Nùoro); cartina B, 83.Il nome gli deriva da Orgìa (Giorgìa) Rabiosa (rabbiosa), una maga o gigantessa diven-tata furente e pietrificatasi per il dolore di aver perduto, uccisi, i figli a causa d’un’anti-ca maledizione (nella leggenda si colgono gli indizi della presenza d’una deità madrenuragica a cui si è sovrapposto il mito classico di Niobe). L’edifizio megalitico è pocodistante dal Monte Santa Vittoria, sede d’un borgo montano preistorico, con capan-ne rotonde, un grande recinto ellittico, una fonte costruita ad arte che serba acquefreschissime e, tutto all’intorno, pascoli verdi, freschi, profumati di timo. Il megaronsta giù del monte, a m 978 di quota, presso una via antica di razziatori. La percorre-vano, un dì, i Galillenses scendenti a predare nelle colline fertili dei Patulcenses Cam-pani, e vi sostavano, forse, nel risalire, presso il gran tempio a ringraziare la Gran Ma-dre (Orgìa) per il “buon rubato”. Il tempio è racchiuso entro un’area ellittica di m48,50 x 28, di m 1,50 di spessore murario, ridotta alle fondamenta. Si presenta informa d’un edifizio rettangolare, allungato, di m 22,50 x 7,79, con muri spessi m1,32 ed alti, allo svettamento, 2,40, su 9 filari residui di pietre calcari a ordinamentoregolare continuo. Il rettangolo è doppiamente in antis, preceduto cioè da un vestibo-lo compreso tra due ali (m 5,15 x 5) e rientrante, sulla parte tergale, in uno spazioscoperto limitato da due tronchi murari che formano una sorta di abside rettangolareaperta verso l’esterno (m 5,15 x 2 di profondità). Nel vestibolo quadrangolare si aprela porta d’ingresso ai vani veri e propri, con esposizione tra Sudsudest e Sud (forse ri-tuale). La porta è di sezione trapezoidale, a spalle di grossi blocchi sovrapposti agget-tanti verso l’alto e chiusa da architrave al modo nuragico (altezza m 1,50, larghezzabasale apparente m 1,30). Essa introduce nella stanza maggiore, di piano rettangola-re, di m 8 x 5,15, completamente ripiena di rovine cadute dall’alto dei muri perime-trali. Da questo ambiente un’altra porta, simile alla precedente, fa da accesso al mino-re vano del fondo (una specie di “Sancta Sanctorum”, di m 3,55 x 5,15, anch’essoingombro di macerie. È da escludersi che il tempio fosse ipetrale. La copertura puòimmaginarsi o a volta a carena, con lastre sempre più sporgenti e ravvicinate dalledue spalle murarie (come per esempio nel dromos della tomba “a tholos” etrusca di LaMontagnola-Quinto, del VII secolo a.C., Caputo-Chiostri-Mannini, “Tomba etruscaLa Montagnola”, in Bollettino Tecnico dell’Ordine degli Architetti toscani, gennaio-feb-braio 1960, pp. 6, 8, figure ivi), oppure a doppia falda di legname e frasche, in que-sto caso con fronte a timpano. Daterei il tempio, di evidente derivazione dal megaronanatolico-peloponnesiaco (anche per la tecnica a filari a tendenza isodoma), per il tra-mite dei tempietti siculo-greci in antis, al VII-VI secolo a.C. Nei pressi dell’edifizio siraccolgono schegge d’ossidiana. Il monumento, veramente eccezionale nell’Isola, me-riterebbe d’esser valorizzato e definito nel suo uso, cultura ed età, attraverso uno sca-vo scientifico.

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sotto la balza basaltica, si osservano resti di depositi d’un agglomerato di capanne, special-mente visibili in una sezione declinante di terreno. Parecchie capanne, contenenti ceneri ecarboni, residui di pasto, molti oggetti di pietra e molte stoviglie del tipo della “facies”protonuragica di Monte Claro, furono distrutte nel 1954.Bibliografia: Angius, in Casalis, Dizionario, X, 1842, p. 419; Centurione, “Studii” cit., 1888, p. 150; F.Corona, Guida cit., 1896, p. 200; G. Vacca, Posizione geografica cit., 1917, p. 9; A. Taramelli, Mon.ant. Lincei, XXV, 1918, col. 26; E.E.M. (prov. di Cagliari), 1922, p. 135; Boscolo-Pintor-Serra, Guida,1951, p. 90; G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 237; C. Puxeddu, St.S., XIV-XV, I, 1958, pp. 40, 61;G. Lilliu, St.S., XVI, 1960, p. 160 ss., fig. 38, tavv. XLIV-XLV; “Primi scavi” cit., 1960, p. 63, nota 42.

Tavola CIV, 2: talaiot di SES PAÏSSES-Artà (Maiorca).Il talaiot visto da Sud: in primo piano resto di abitazione al livello del periodo talaioti-co III (o tardivo) del V-II secolo a.C., sullo sfondo circondato dal bosco di elci, la tor-re, riferita al talaiotico I (1200/1000 a.C.). Si veda la scheda descrittiva di fig. 17, 2.

Tavola CV, 1-4: talaiot di SES PAÏSSES-Artà (Maiorca).Il corridoio diametrale della torre, visto dall’alto (1); porticina d’ingresso a Sudovest(2); particolare del soffitto tabulato dell’andito di Sudovest, visto dall’interno del ta-laiot (3); la porta principale della muraglia, a Sudest, vista da dentro il recinto (4). Siveda la scheda descrittiva di fig. 17, 2.

Tavola CVI, 1-4: costruzioni moderne a gradoni, di tipo antico, di Minorca e dellePuglie.“Pont de Bestiar”, a terrazze e con rampa esterna, di Ciudadela (Minorca), nel predioFres Alquerias (1); particolare della copertura a pseudovolta del predetto “pont de Be-stiar” (2); trullo a terrazze con rampa esterna di Calimera (Lecce) (3); spaccato di coper-tura a pseudovolta di trullo di Castrignano dei Greci (Lecce). Per il 4 vedi G. Rohlfs,“Primitive Kuppelbauten in Europa”, in Bayerische Akademie der Wissenschaften, Phi-losophisc-historische Klasse, Abhandlungen, Neue Folge, Heft 43, München 1957, p. 6,tav. I, I.

Tavola CVII, 1: abitazione del villaggio di SU NURAXI-Barùmini (Cagliari).È un tipico esempio della forma di abitazione della fase d (nuragico tardivo) del vil-laggio di Barùmini. La casa (n. 20 della planimetria generale) è a perimetro subcirco-lare, del diametro di m 13,60 sull’asse dell’ingresso x 12,60 sull’asse normale. La suaarticolazione è pluricellulare e rappresenta uno stadio evoluto della dimora nuragica,soprattutto in relazione al periodo precedente (fase c e b) in cui l’abitazione è costitui-ta dalla capanna rotonda monocellulare coperta con tetto di legno e frasche. I vanidell’isolato n. 20 si compongono a raggera intorno a un atrio circolare scoperto, con-centrico al muro d’ambito esterno; notevoli, tra i vani, quello della cucina col forno(tav. LXXIV, 1) e l’altro, retrostante, ben rifinito nelle pareti a filaretto coperte da cu-pola, caratterizzato dalla presenza del sedile in giro al bacile per le abluzioni o per i pa-sti rituali in comune (tav. LXXIV, 2). L’abitazione si può datare dal V al IV secoloa.C. Si veda la scheda descrittiva di fig. 10, 2.Bibliografia: G. Lilliu, St.S., XII-XIII, I, 1955, p. 390 ss., fig. 3, tavv. XXXIV, 1-2, LV, 2, LVI, 1-2, LVII, 1.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

Page 272: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. Lasplassas, il castello di Marmilla, al posto di un nuraghe (dall’aereo).2. Tonàra, il nuraghe Su Nuràzze, da Nordovest.3. Gèsturi, valletta dominata dal nuraghe Brunku Kristòu, da Sudsudest.

TAVOLA I. LASPLASSAS, TONARA E GESTURI: ALTURE FORTIFICATE DA NURAGHI

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Bibliografia: A. Lamarmora, Itinéraire, I, 1860, p. 393; Itinerario (trad. Marica), I, p. 192, (trad. Spano),vol. I, p. 192, nota 2; Angius, in Casalis, Dizionario, VI, p. 409; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., II,1892, p. 22; E. Contu, Saggio cit., p. 107 ss., p. 178 ss.; St.S., VIII, 1948, p. 313 ss.; Balata, ibidem, p.437; P. Mingazzini, Arch. Anz., Bd. 65/66, p. 273, fig. 61; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, pp. 131,250 s.; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 298, fig. 357; G. Lilliu, Bull. Paletn. It., XI, 66°, 1957, p. 72,B, 1, p. 84; G. Lilliu, in Antiquity, XXXIII, n. 129, March 1959, p. 38.

Tavola CVII, 4: megaron di HISSARLIK (Troia-Turchia).A confronto dello schema del megaron di Domu de Orgìa di Esterzìli, si presenta ilpiano dei megaron I B di Troia, riferito al 2° strato (seconda città), della fine del IIImillennio a.C.Bibliografia: J. Durm, Die Baukunst der Griechen, Leipzig 1910, p. 45, fig. 25.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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Page 273: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. Lasplassas, il castello di Marmilla, al posto di un nuraghe (dall’aereo).2. Tonàra, il nuraghe Su Nuràzze, da Nordovest.3. Gèsturi, valletta dominata dal nuraghe Brunku Kristòu, da Sudsudest.

TAVOLA I. LASPLASSAS, TONARA E GESTURI: ALTURE FORTIFICATE DA NURAGHI

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Bibliografia: A. Lamarmora, Itinéraire, I, 1860, p. 393; Itinerario (trad. Marica), I, p. 192, (trad. Spano),vol. I, p. 192, nota 2; Angius, in Casalis, Dizionario, VI, p. 409; P. Cugia, Nuovo Itinerario cit., II,1892, p. 22; E. Contu, Saggio cit., p. 107 ss., p. 178 ss.; St.S., VIII, 1948, p. 313 ss.; Balata, ibidem, p.437; P. Mingazzini, Arch. Anz., Bd. 65/66, p. 273, fig. 61; Boscolo-Pintor-Serra, Guida, 1951, pp. 131,250 s.; Zervos, Civilisation cit., 1954, p. 298, fig. 357; G. Lilliu, Bull. Paletn. It., XI, 66°, 1957, p. 72,B, 1, p. 84; G. Lilliu, in Antiquity, XXXIII, n. 129, March 1959, p. 38.

Tavola CVII, 4: megaron di HISSARLIK (Troia-Turchia).A confronto dello schema del megaron di Domu de Orgìa di Esterzìli, si presenta ilpiano dei megaron I B di Troia, riferito al 2° strato (seconda città), della fine del IIImillennio a.C.Bibliografia: J. Durm, Die Baukunst der Griechen, Leipzig 1910, p. 45, fig. 25.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

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Page 274: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. Armùngia, il nuraghe omonimo sullo sfondo dell’abitato moderno.2. Armùngia, planimetria del nuraghe omonimo (disegno Ferrarese Ceruti).

1. Armùngia, torre del nuraghe omonimo, da Sudsudovest.2. Armùngia, particolare della torre suddetta, da Sudsudovest.3. Armùngia, torre del nuraghe omonimo, da Ovest.4. Armùngia, torre del nuraghe omonimo, da Nordest.

TAVOLA III. ARMÙNGIA, NURAGHE OMONIMO: ESTERNI DELLA TORRETAVOLA II. ARMÙNGIA, NURAGHE OMONIMO: PANORAMICA E PLANIMETRIA

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1. Armùngia, il nuraghe omonimo sullo sfondo dell’abitato moderno.2. Armùngia, planimetria del nuraghe omonimo (disegno Ferrarese Ceruti).

1. Armùngia, torre del nuraghe omonimo, da Sudsudovest.2. Armùngia, particolare della torre suddetta, da Sudsudovest.3. Armùngia, torre del nuraghe omonimo, da Ovest.4. Armùngia, torre del nuraghe omonimo, da Nordest.

TAVOLA III. ARMÙNGIA, NURAGHE OMONIMO: ESTERNI DELLA TORRETAVOLA II. ARMÙNGIA, NURAGHE OMONIMO: PANORAMICA E PLANIMETRIA

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Page 276: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. Armùngia, nuraghe Scandarìu, da Sudovest.2. Armùngia, nuraghe Scandarìu, da Sudovest, più da vicino.3. Armùngia, nuraghe Scandarìu, da Sudsudovest.4. Armùngia, nuraghe Scandarìu, da Sud.

1. Armùngia, nicchia a sinistra nella camera.2. Armùngia, parte superiore della tholos ora scoperchiata.3. Armùngia, scala sopraelevata nella camera, a sinistra particolare dell’andito.4. Armùngia, andito, con garetta a sinistra, visto dall’interno.

TAVOLA V. ARMÙNGIA, NURAGHE SCANDARÌU: ESTERNI DELLA TORRETAVOLA IV. ARMÙNGIA, NURAGHE OMONIMO: PARTICOLARI DELL’INTERNO

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1. Armùngia, nuraghe Scandarìu, da Sudovest.2. Armùngia, nuraghe Scandarìu, da Sudovest, più da vicino.3. Armùngia, nuraghe Scandarìu, da Sudsudovest.4. Armùngia, nuraghe Scandarìu, da Sud.

1. Armùngia, nicchia a sinistra nella camera.2. Armùngia, parte superiore della tholos ora scoperchiata.3. Armùngia, scala sopraelevata nella camera, a sinistra particolare dell’andito.4. Armùngia, andito, con garetta a sinistra, visto dall’interno.

TAVOLA V. ARMÙNGIA, NURAGHE SCANDARÌU: ESTERNI DELLA TORRETAVOLA IV. ARMÙNGIA, NURAGHE OMONIMO: PARTICOLARI DELL’INTERNO

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Page 278: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia: planimetria (dis. Ferrarese Ceruti).2. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia, da Sudestsud (in primo piano il rialto della tomba di giganti).

1. Armùngia, nuraghe Scandarìu: particolare della camera, vista dall’ingresso.2. Armùngia, nuraghe Scandarìu: andito visto dall’interno.3. Armùngia, nuraghe Scandarìu: nicchione laterale di sinistra.4. Armùngia, nuraghe Scandarìu: nicchione di destra (a sinistra nella fotografia) e parte superiore di altro vano (nic-chia o stipo) ricolmo di macerie.

TAVOLA VII. SAMUGHÈO, NURAGHE PERDA ARRÙBIA:PLANIMETRIA E PANORAMICA

TAVOLA VI. ARMÙNGIA, NURAGHE SCANDARÌU: PARTICOLARI DELL’INTERNO

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1. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia: planimetria (dis. Ferrarese Ceruti).2. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia, da Sudestsud (in primo piano il rialto della tomba di giganti).

1. Armùngia, nuraghe Scandarìu: particolare della camera, vista dall’ingresso.2. Armùngia, nuraghe Scandarìu: andito visto dall’interno.3. Armùngia, nuraghe Scandarìu: nicchione laterale di sinistra.4. Armùngia, nuraghe Scandarìu: nicchione di destra (a sinistra nella fotografia) e parte superiore di altro vano (nic-chia o stipo) ricolmo di macerie.

TAVOLA VII. SAMUGHÈO, NURAGHE PERDA ARRÙBIA:PLANIMETRIA E PANORAMICA

TAVOLA VI. ARMÙNGIA, NURAGHE SCANDARÌU: PARTICOLARI DELL’INTERNO

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Page 280: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia: la garetta dell’andito, vista dalla camera.2. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia: l’andito visto dall’interno.3. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia: la nicchia di fondo della camera.4. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia: la nicchia laterale destra della camera.

1. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia: la torre da Sudovest.2. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia: la torre da Ovest.3. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia:particolare dell’inclinazione del muro della torre sul lato destro della porta d’ingresso.4. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia: porta d’ingresso architravata, da Sudest.

TAVOLA IX. SAMUGHÈO, NURAGHE PERDA ARRÙBIA: PARTICOLARI DELL’INTERNOTAVOLA VIII. SAMUGHÈO, NURAGHE PERDA ARRÙBIA: TORRE E INGRESSO DALL’ESTERNO

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Page 281: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia: la garetta dell’andito, vista dalla camera.2. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia: l’andito visto dall’interno.3. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia: la nicchia di fondo della camera.4. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia: la nicchia laterale destra della camera.

1. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia: la torre da Sudovest.2. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia: la torre da Ovest.3. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia:particolare dell’inclinazione del muro della torre sul lato destro della porta d’ingresso.4. Samughèo, nuraghe Perda Arrùbia: porta d’ingresso architravata, da Sudest.

TAVOLA IX. SAMUGHÈO, NURAGHE PERDA ARRÙBIA: PARTICOLARI DELL’INTERNOTAVOLA VIII. SAMUGHÈO, NURAGHE PERDA ARRÙBIA: TORRE E INGRESSO DALL’ESTERNO

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Page 282: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. Silànus, nuraghe Madrone od Orolìo: la torre vista dalla parte dell’ingresso.1. Silànus, nuraghe Santa Sarbàna: la torre vista dalla parte dell’ingresso.

TAVOLA XI. SILÀNUS, NURAGHE MADRONE: ESTERNO DELLA TORRETAVOLA X. SILÀNUS, NURAGHE SANTA SARBÀNA: ESTERNO DELLA TORRE

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Page 283: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. Silànus, nuraghe Madrone od Orolìo: la torre vista dalla parte dell’ingresso.1. Silànus, nuraghe Santa Sarbàna: la torre vista dalla parte dell’ingresso.

TAVOLA XI. SILÀNUS, NURAGHE MADRONE: ESTERNO DELLA TORRETAVOLA X. SILÀNUS, NURAGHE SANTA SARBÀNA: ESTERNO DELLA TORRE

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Page 284: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. Gèsturi, nuraghe Addèu: cortina del contrafforte del nuraghe, da Sudest.2. Gèsturi, nuraghe Addèu: la predetta cortina da Sudsudovest.3. Gèsturi, nuraghe Addèu: particolare di pietra sagomata d’angolo, della predetta cortina.4. Gèsturi, nuraghe Addèu: particolare del giro della torre antica, da Sud.

1. Gèsturi, nuraghe Addèu: a sinistra in alto il nuraghe, a dominio della strada Barùmini-Gèsturi (a destra).2. Gèsturi, nuraghe Addèu: la costruzione vista da Sudsudovest.3. Gèsturi, nuraghe Addèu: la costruzione vista da Ovest.

TAVOLA XIII. GÈSTURI, NURAGHE ADDÈU: PARTICOLARI STRUTTIVI DELLA CORTINA E DELLA TORRETAVOLA XII. GÈSTURI, NURAGHE ADDÈU:PANORAMICHE

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Page 285: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. Gèsturi, nuraghe Addèu: cortina del contrafforte del nuraghe, da Sudest.2. Gèsturi, nuraghe Addèu: la predetta cortina da Sudsudovest.3. Gèsturi, nuraghe Addèu: particolare di pietra sagomata d’angolo, della predetta cortina.4. Gèsturi, nuraghe Addèu: particolare del giro della torre antica, da Sud.

1. Gèsturi, nuraghe Addèu: a sinistra in alto il nuraghe, a dominio della strada Barùmini-Gèsturi (a destra).2. Gèsturi, nuraghe Addèu: la costruzione vista da Sudsudovest.3. Gèsturi, nuraghe Addèu: la costruzione vista da Ovest.

TAVOLA XIII. GÈSTURI, NURAGHE ADDÈU: PARTICOLARI STRUTTIVI DELLA CORTINA E DELLA TORRETAVOLA XII. GÈSTURI, NURAGHE ADDÈU:PANORAMICHE

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Page 286: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. Goni, nuraghe omonimo: la torre vista da Sud.2. Goni, nuraghe omonimo: la torre vista da Sudovest.3. Goni, nuraghe omonimo: la torre, con particolare dell’ingresso, vista da Sudsudovest.

1. Goni, nuraghe omonimo: planimetria e sezioni (dal Lamarmora).2. Goni, nuraghe omonimo: in primo piano particolare della piattaforma, sullo sfondo la torre, da Sudest.

TAVOLA XV. GONI, NURAGHE OMONIMO: ESTERNI DELLA TORRETAVOLA XIV. GONI, NURAGHE OMONIMO:PIANTA E SEZIONI E PANORAMICA

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Page 287: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. Goni, nuraghe omonimo: la torre vista da Sud.2. Goni, nuraghe omonimo: la torre vista da Sudovest.3. Goni, nuraghe omonimo: la torre, con particolare dell’ingresso, vista da Sudsudovest.

1. Goni, nuraghe omonimo: planimetria e sezioni (dal Lamarmora).2. Goni, nuraghe omonimo: in primo piano particolare della piattaforma, sullo sfondo la torre, da Sudest.

TAVOLA XV. GONI, NURAGHE OMONIMO: ESTERNI DELLA TORRETAVOLA XIV. GONI, NURAGHE OMONIMO:PIANTA E SEZIONI E PANORAMICA

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Page 288: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. San Vito, nuraghe Asòru: planimetria (disegno Ferrarese Ceruti).2. San Vito, nuraghe Asòru: la costruzione vista da Est, in primo piano il bastione ondulato.

1. Goni, nuraghe omonimo: la falsa volta (tholos) alla serraglia.2. Goni, nuraghe omonimo: il nicchione di fondo della camera.

TAVOLA XVII. SAN VITO, NURAGHE ASÒRU:PLANIMETRIA E PANORAMICA

TAVOLA XVI. GONI, NURAGHE OMONIMO:CUPOLA E NICCHIONE DELLA CAMERA

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Page 289: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. San Vito, nuraghe Asòru: planimetria (disegno Ferrarese Ceruti).2. San Vito, nuraghe Asòru: la costruzione vista da Est, in primo piano il bastione ondulato.

1. Goni, nuraghe omonimo: la falsa volta (tholos) alla serraglia.2. Goni, nuraghe omonimo: il nicchione di fondo della camera.

TAVOLA XVII. SAN VITO, NURAGHE ASÒRU:PLANIMETRIA E PANORAMICA

TAVOLA XVI. GONI, NURAGHE OMONIMO:CUPOLA E NICCHIONE DELLA CAMERA

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Page 290: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. San Vito, nuraghe Asòru: la costruzione vista da Ovest, in primo piano la punta del bastione con la cella D.1. San Vito, nuraghe Asòru: la costruzione vista da Nord, in primo piano la punta turrita con la cella C.

TAVOLA XIX. SAN VITO, NURAGHE ASÒRU: TORRE CON CONTRAFFORTETAVOLA XVIII. SAN VITO, NURAGHE ASÒRU: TORRE CON CONTRAFFORTE

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Page 291: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. San Vito, nuraghe Asòru: la costruzione vista da Ovest, in primo piano la punta del bastione con la cella D.1. San Vito, nuraghe Asòru: la costruzione vista da Nord, in primo piano la punta turrita con la cella C.

TAVOLA XIX. SAN VITO, NURAGHE ASÒRU: TORRE CON CONTRAFFORTETAVOLA XVIII. SAN VITO, NURAGHE ASÒRU: TORRE CON CONTRAFFORTE

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Page 292: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. San Vito, nuraghe Asòru: la torre antica vista da Sud.2. San Vito, nuraghe Asòru: particolare della torre antica che fa vedere l’inclinazione muraria, da Ovest.3. San Vito, nuraghe Asòru: altro particolare del muro inclinato della torre antica con profilo convesso, da Sud.

1. San Vito, nuraghe Asòru: particolare dell’ingresso al mastio, con architrave sormontato da finestrino di scarico.2. San Vito, nuraghe Asòru: porticina architravata della scaletta F.3. San Vito, nuraghe Asòru: interno della camera senza la fodera muraria interiore.4. San Vito, nuraghe Asòru: tratto del paramento della camera che fa vedere la parete interna della scala.

TAVOLA XXI. SAN VITO, NURAGHE ASÒRU: CORTILE E INTERNO DELLA TORRETAVOLA XX. SAN VITO, NURAGHE ASÒRU: PARTICOLARI DELLA TORRE

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Page 293: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. San Vito, nuraghe Asòru: la torre antica vista da Sud.2. San Vito, nuraghe Asòru: particolare della torre antica che fa vedere l’inclinazione muraria, da Ovest.3. San Vito, nuraghe Asòru: altro particolare del muro inclinato della torre antica con profilo convesso, da Sud.

1. San Vito, nuraghe Asòru: particolare dell’ingresso al mastio, con architrave sormontato da finestrino di scarico.2. San Vito, nuraghe Asòru: porticina architravata della scaletta F.3. San Vito, nuraghe Asòru: interno della camera senza la fodera muraria interiore.4. San Vito, nuraghe Asòru: tratto del paramento della camera che fa vedere la parete interna della scala.

TAVOLA XXI. SAN VITO, NURAGHE ASÒRU: CORTILE E INTERNO DELLA TORRETAVOLA XX. SAN VITO, NURAGHE ASÒRU: PARTICOLARI DELLA TORRE

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Page 294: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: visto da Est (in primo piano la cortina fra D e C).2. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: visto da Nordnordest (in primo piano la torretta C).3. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: visto da Nordovest.4. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: visto da Ovest.

1. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: planimetria (disegno Ferrarese Ceruti).2. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: visto da Sud (in primo piano a destra la torretta D,a sinistra l’antemurale o muro di terrazzamento).

TAVOLA XXIII. ISILI, NURAGHE IS PARAS: ESTERNI DELLA TORRETAVOLA XXII. ISILI, NURAGHE IS PARAS:PLANIMETRIA E PANORAMICA

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Page 295: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: visto da Est (in primo piano la cortina fra D e C).2. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: visto da Nordnordest (in primo piano la torretta C).3. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: visto da Nordovest.4. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: visto da Ovest.

1. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: planimetria (disegno Ferrarese Ceruti).2. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: visto da Sud (in primo piano a destra la torretta D,a sinistra l’antemurale o muro di terrazzamento).

TAVOLA XXIII. ISILI, NURAGHE IS PARAS: ESTERNI DELLA TORRETAVOLA XXII. ISILI, NURAGHE IS PARAS:PLANIMETRIA E PANORAMICA

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Page 296: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: particolare della serraglia della pseudovolta della camera del mastio.2. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: particolare della scala allo sfocio sul terrazzo.

1. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: la torre antica vista da Sudest.2. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: particolare del muro inclinato del mastio, da Nordovest.3. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: braccio sinistro del cortile e ingresso al mastio, da Sudest.4. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: braccio destro del cortile, da Sudovest.

TAVOLA XXV. ISILI, NURAGHE IS PARAS:CUPOLA E SCALA INTERNA

TAVOLA XXIV. ISILI, NURAGHE IS PARAS: PARTICOLARI DELLA TORRE E CORTILE

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Page 297: Giovanni Lilliu - I Nuraghi

1. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: particolare della serraglia della pseudovolta della camera del mastio.2. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: particolare della scala allo sfocio sul terrazzo.

1. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: la torre antica vista da Sudest.2. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: particolare del muro inclinato del mastio, da Nordovest.3. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: braccio sinistro del cortile e ingresso al mastio, da Sudest.4. Isili, nuraghe Su Ìdili o Is Paras: braccio destro del cortile, da Sudovest.

TAVOLA XXV. ISILI, NURAGHE IS PARAS:CUPOLA E SCALA INTERNA

TAVOLA XXIV. ISILI, NURAGHE IS PARAS: PARTICOLARI DELLA TORRE E CORTILE

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