Giovanni Baglioni - · PDF fileBiondi, oltre a partecipare come solista e arrangiatore a...

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Durante un concerto di Giovanni Baglioni,è impossibile distogliere lo sguardodalla sua chitarra. Sul palco lasciache la sua anima musicale si esprimaattraverso lo strumento, quasi ipno-tizzando il pubblico con le sue armo-

nie, la sua sapiente gestualità e la perfezione tecnica.Accordature alternative, utilizzo del tapping e un usopercussivo spettacolare della cassa armonica trasfor-mano in note e colori vividi le immagini e i mondi cheintende evocare attraverso le sue composizioni originali.Storie e sensazioni, ricordi e attimi di vita reinterpretatiin musica grazie a una capacità stilistica e narrativanon comune, che colpisce per la profondità insita inogni brano. Il giovane musicista romano ha iniziato lasua carriera nel 2006 e pubblicato, nel 2009, il suoprimo disco, ‘Anima meccanica’. Poi ha intrapresonumerosi tour e si è esibito come guest star per MarioBiondi, oltre a partecipare come solista e arrangiatorea numerosi concerti del padre, Claudio Baglioni, sempremantenendo ben saldi i piedi per terra. Lo incontriamosubito dopo il soundcheck per la data torinese del 17febbraio al FolkClub: durante le prove è instancabile –non è raro vederlo afferrare il diapason e tenerlo tra lelabbra per 'sentire' la giusta intonazione – ed è palpabilela necessità di proporre, e di esigere da se stesso, lamiglior performance possibile. Anche dietro le quinte,si percepisce tutta la voglia di non tradire la meticolosaricerca che ormai lo contraddistingue nel panoramadella chitarra acustica solista contemporanea, e che loha reso uno dei chitarristi più apprezzati del momento.Sei un eccellente strumentista. Come hai maturatoquesta passione per un genere forse ancora trop-po poco conosciuto?«Da giovane, in realtà, nemmeno io conoscevo questamaniera di far musica, che ora invece mi è familiare.Vedevo la chitarra come uno strumento comprimario,poi un giorno mi è stato regalato un disco di TommyEmmanuel e mi sono accorto della dimensione solistadi questo strumento, delle sue potenzialità, della ric-chezza e della profondità che emana quando vienesuonato in un certo modo. Non è tanto il livello dell'artista

che mi ha colpito, ma proprio l’ap-proccio. Il modo pieno e gratificantedi suonarlo e ascoltarlo. Devoammettere che è stata una scintillaarrivata tardi. Mi sono messo a stu-diarlo da autodidatta, ma poi mi sonotalmente appassionato che ho sco-perto anche altri artisti, tra cui PinoForastiere. Ho fortemente cercato unincontro con lui perché volevo diven-tasse mio maestro: con i suoi inse-gnamenti, ha saputo indirizzarmi versoun approccio più sperimentale».La tua è una chitarra 'vissuta', lodimostrano anche i disegni chehai inciso sulla cassa armonica.Che rapporto hai con lo strumento? «Devo ammettere che la voglia di costruire qualchesovrastruttura con questa chitarra un pochino c'è.Suono da sempre con lei, mi è indispensabile, perònon sono arrivato ancora a livelli di misticismo (ride,ndr). Mi trovo molto a mio agio con questo strumento,ho sviluppato una sorta di empatia che mi permette diottenere il risultato che voglio, con il gesto che so, equesto non accade con tutte le chitarre. Tutto il miopercorso di ricerca timbrica, costruttiva e musicale si èsviluppato con lei, che ho indirizzato verso le mie esi-genze esecutive. Mi accompagna ormai da 13 anni».Qual è stato il percorso che ti ha portato allacomposizione dei tuoi brani?«L’arte e la produzione dei musicisti che hanno innovatoquesto genere mi ha sempre appassionato. Nel tempo,però, l’aver appreso queste tecniche, questo linguaggio,mi ha permesso di elaborarlo, di utilizzarlo ed esprimerloanche delle mie composizioni. A un certo punto, quindi,mi è sembrato giusto che nei live suonassi per lamaggior parte brani scritti da me. Ci tengo però semprea inserire qualche omaggio, per richiamare le origini delgenere, perché mi piace trasmettere al pubblico il modoin cui io l’ho vissuto e in cui mi ha ispirato. È per questoche stasera proporrò sicuramente qualche pezzo diMichael Hedges, chitarrista americano che in sé ha rac-chiuso tanta innovazione e creatività. In un certo senso,suonare Hedges da una parte mi responsabilizza, perchénon posso sbagliare, ma dall'altra mi permette di restareun po’ più in disparte: suonare qualcosa di non mio mifa sentire meno esposto, più protetto. A volte inizio cosìi miei concerti, ma stasera non lo farò, perché questoluogo (il FolkClub, ndr) mi trasmette molta energia epositività».Dal vivo, e nel booklet del disco, racconti anchela genesi dei tuoi brani. Da cosa nascono queste'introduzioni all'ascolto'?«È il mio modo di guidare il pubblico nella direzioneche ho immaginato mentre scrivevo. Credo sia moltosuggestivo che dietro a un pezzo strumentale ci siano

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di ALESSIA BELLIfoto FRANCO BORRELLI, DEBORA TOFANACCHIO e UFFICIO STAMPA GIOVANNI BAGLIONI

Giovanni Baglioni la tecnica al servizio

del sentimentoFIGLIO D'ARTE DAL GRANDE TALENTO MUSICALE, È ARRIVATO A TORINO PER INCANTARE CON LE SUE

NOTE IL PUBBLICO DEL FOLKCLUB. SCOPRIAMO DA VICINO UNO DEI NOMI PIÙ INTERESSANTINEL PANORAMA DELLA CHITARRA ACUSTICA SOLISTA CONTEMPORANEA

Mi trovo fortemente a mio agio con questo

strumento, ho sviluppato

una sorta di empatiache mi permette

di ottenere il risultatoche voglio, con il gesto

che so, e questo nonaccade con tutte

le chitarre. Tutto il mio percorso

di ricerca timbrica,costruttiva e musicalesi è sviluppato con lei,

che ho indirizzato verso le mie esigenze

esecutive

© Debora Tofanacchio

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un'idea, un concetto. Il fatto che non siano espliciti,ed esplicitati nelle loro intenzioni comunicative, nonsignifica infatti che il brano non li possieda. Questeimmagini, questi racconti derivano da una necessitàcontingente, provata durante le esibizioni dal vivo:Michael Hedges e altri utilizzano molte accordaturealternative, e così anch’io. Sul disco questo non sipercepisce, ma nei concerti devi impiegare del tempoper reimpostare la chitarra, così mi è sembrato doverosoriempire il più possibile questi momenti di 'pausa'.Chiunque salga su un palco ha i riflettori puntati addos-so, è vero, ma ha anche una grande responsabilità neiconfronti del pubblico. È per questo che ho iniziato a'co-utilizzare' il tempo che mi serve per trovare l’ac-cordatura giusta, descrivendo il brano che sto persuonare. Ho avuto conferma che farlo aggiunge unvalore all'esibizione. Credo riveli una chiave di letturache va oltre la dimensione puramente musicale delbrano, accrescendo l’esperienza. Cerco di non recitaremai, ma di rivivere e contestualizzare sul palco quelloche ho scritto, lasciandomi ispirare».A proposito di ispirazione, nel tuo disco c'è unbrano che tratta proprio di questo argomento...«Sì, esatto. 'L’insonne' rappresenta quasi il paradigmadell’ispirazione. Parla di una sorta di entità esterna chesi impossessa esotericamente di chi compone il branoe lo utilizza come mezzo per far entrare nella nostradimensione qualcosa che esisteva solo nel mondodelle idee o della musica. Una visione forse un po’ fan-tastica, ma che nella scrittura di quel brano specifico– a differenza di altri che erano stati creati con unpizzico in più di mestiere – è stata una vera e propriailluminazione, un’epifania. Certo, il brano è stato poirifinito con il necessario lavoro di sgrezzatura, ma ilnucleo è arrivato proprio quella notte, come accennonel booklet».L'esperienza nei live con tuo padre quanto hainfluenzato i tuoi concerti?«Ho partecipato ai live di mio padre anche prima che ilmio percorso solista iniziasse, però devo dire che leultime performance sono molto distanti dalle prime.Credo che oggi la mia carriera musicale sia la causa e

il presupposto delle mie ultime par-tecipazioni, non so quanto ne sia laconseguenza. Il fatto di vivere davicino la musica, averla come esem-pio quotidiano e considerarla dasempre una forma d’arte nobile,che può produrre valori tangibili, faparte di me, però non mi sono maisentito sospinto esplicitamente ver-so questo mondo. La musica mi èsempre piaciuta, ma all'inizio nonrappresentava qualcosa a cui aspi-rare professionalmente: era unadelle mie 'attività pomeridiane' e

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devo riconoscere che i miei mi hanno sempre lasciatolibero di studiarla come preferivo».Con la tua chitarra, però, hai anche varcato iconfini del teatro... «È vero, è stata un'avventura interessante che mi hafatto riscoprire questo mondo. Credo che alcune volteci facciamo influenzare da esperienze negative, soprat-tutto quando entriamo in contatto con qualcosa didiverso e che ci appare poco accattivante, tanto checi precludiamo la voglia di approfondirlo. Per me ilteatro è stato questo. L'ho riscoperto solo qualcheanno fa, quando ho partecipato a uno spettacolo chemescolava diverse forme d'arte: una sorta di amalgamatratto da 'La favola di Amore e Psiche' di Apuleio,recitato da Vinicio Marchioni insieme a ballerini e per-former. Ad accompagnare musicalmente gli artisti sulpalco c'eravamo io, Walter Savelli e Maurizio Tomberli,oltre a opere visive e figurative. È stato quasi un ‘bom-bardamento artistico', però garbato e piacevole. Ingenere non scrivo su commissione, però in quel casomi è piaciuto mettermi alla prova nel trovare, insiemea loro, musiche che si allacciassero alle intenzioni, alleatmosfere, ai colori e agli umori in scena».Sei in uno dei templi musicali torinesi. Conoscevigià la nostra città?«Ero venuto qui con Mario Biondi e per diversi seminari,ma è la prima volta che mi esibisco al FolkClub. Inrealtà, non ho mai avuto occasione di visitare la città,però mi sono accorto subito del senso di ordine chec'è, a differenza di Roma... (ride, ndr)».A che punto sei con il nuovo cd?«Finalmente ho finito di registrarlo ed è già qualcosa.Avevo paura di non essere all’altezza delle mie aspet-tative, perché suonare bene i nuovi pezzi non erafacile. Ma credo di essere arrivato a un livello che misoddisfa e questo significa tanto per me. Aver conclusoquesta fase è un tassello messo al suo posto». wwI

www.giovannibaglioni.com

Il fatto di vivere da vicino la musica,

averla come esempioquotidiano

e considerarla da sempre una formad’arte nobile, che può

produrre valori tangibili, fa parte di me, però non

mi sono mai sentitosospinto

esplicitamente versoquesto mondo

”© Debora Tofanacchio

Durante l’intervista