Giorni rubati - INAILIl 20 Novembre 2008 è la data del mio incidente di lavoro che in un certo...

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ROSSOLEVANTE SERIES Giorni rubati D10, D11 Uno spettacolo sugli infortuni sul lavoro

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  • ROSSOLEVANTE SERIES

    Giorni rubatiD10, D11

    Uno spettacolo sugli infortuni sul lavoro

  • Giorni rubatiD10, D11 è una pubblicazione a cura di Juri Piroddi

    si ringraziano per la collaborazione Pietro Basoccu, Franco Carta, Lara Depau, Caterina Romeo

    Un ringraziamento particolare alla dott.ssa Severina Masciaper la concessione del Teatro San Francesco di Tortolì

    in copertina una radiografia di Giammarco Mereurielaborata da Valerio Pisano

    Associazione Rossolevantevia Bellavista n. 4, RRR 3508048 – Arbatax (OG)333 3346667 ● 333 [email protected] ● www.rossolevante.it

    Lo spettacolo ha ricevuto la“Medaglia di Rappresentanza”del Presidente della Repubblica

  • Giorni rubatiD10, D11

    quarta edizione aggiornata

    una pubblicazionea cura di Juri Piroddi

    testi e poesie di Giammarco Mereu

    con scritti diCesare Biasol

    Gianfranco Capitta Silvia Cattoi

    Carmelo FalitiMarino Fiasella

    Salvatore Garrasi

    foto di Pietro BasoccuFranco CartaLara Depau

  • Giammarco Mereu e Juri Piroddi. Foto di Lara Depau.

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    Sicurezza sul lavoro: una cultura nuova che parte dai giovaniCarmelo Faliti, Direttore della Sede INAIL della Spezia

    Nel 2010 gli infortuni sul lavoro denunciati in Italia sono stati oltre 775.000 e 980 sono stati gli infortuni mortali. Ogni volta che accade un infortunio grave ci si chiede: se la legge e i controlli funzionassero al meglio, quanti incidenti in meno potremmo realisticamente contare? La sicurezza sul lavoro è un tema di natura principalmente legislativa? O forse è fondamentale considerarla anche in un’ottica culturale? La normativa italiana in tema di salute e sicurezza sul lavoro è all’avanguardia nel panorama europeo, esplicazione di un modello che trova i suoi capisaldi nella prevenzione del rischio da realizzare tramite la programmazione e la partecipazione di tutti i soggetti delle comunità di lavoro, la formazione, le “buone prassi”, la responsabilità sociale delle imprese. Ma il percorso verso un modello legale della sicurezza non è privo di insidie e richiede contesti culturali idonei per essere applicato in modo ottimale. La stessa formazione sulla sicurezza, troppo spesso, rimane “schiacciata” dagli obblighi del mero adempimento di legge, limitandosi alla – pur necessaria – informazione tecnica su procedure, dispositivi, processi lavorativi, anziché tradursi in occasione di sensibilizzazione e di responsabilizzazione dell’azienda e dei lavoratori alla sicurezza come valore in se. Anche laddove l’impresa assuma una forte e consapevole responsabilità sociale rispetto al tema della sicurezza, finisce per limitarne la percezione e la gestione ad aspetti esclusivamente ambientali, anziché far leva sugli aspetti culturali del fenomeno.L’INAIL, in quest’ottica, oltre a promuovere indispensabili azioni di formazione ed informazione, vuole mettere in campo iniziative di sensibilizzazione sociale che, attraverso una pluralità di linguaggi (dal cinema al teatro, dalla satira alla poesia, dalla fotografia alle arti visive sino alle campagne sociali), si prefiggono uno scopo ben preciso: far riflettere il cittadino – prima ancora che il lavoratore – sull’importanza della prevenzione nei luoghi di vita e di lavoro, e promuovere una cultura della sicurezza come stile di vita che implichi l’adozione di comportamenti responsabili e sicuri nel rispetto della vita propria e altrui. E’ per questi motivi che, in occasione della Settimana Europea per la Sicurezza sul Lavoro, l’INAIL della Spezia si rivolge innanzitutto alle giovani

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    Giancarlo Brioni, Juri Piroddi e Giammarco Mereu. Foto di Lara Depau.

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    generazioni, agli studenti della Spezia e di Sarzana, con uno “spettacolo” che vuole lasciare un segno forte nella memoria di ciascuno, contro il fatalismo, il conformismo e l’accettazione passiva di schemi – mentali ed operativi – consolidati e difficili da scalfire.Giorni rubati è la rappresentazione di una storia che accomuna tutti quei lavoratori che vedono, in un attimo, la loro vita stravolta a causa di un infortunio. Ma non solo: Giorni rubati è anche la testimonianza di un uomo, Giammarco Mereu, che affronta la sua disabilità con tutta l`energia possibile, che non rinuncia ai progetti, agli affetti, alle amicizie, sempre pronto a tirar fuori tutto quello che ha dentro. Un uomo che vuole rimanere, innanzitutto, al centro del palcoscenico della propria vita.

    Sicurezza sul lavoro: una battaglia di civiltàMarino Fiasella, Presidente della Provincia della Spezia

    Ogni volta che ci troviamo attoniti ad osservare le conseguenze tragiche di un incidente sul luogo di lavoro, un coro di voci unanime grida che non è giusto, non è possibile, non è accettabile. Morire sul logo di lavoro è un fatto che una società civile ed evoluta non può rassegnarsi ad accettare. Il nostro tempo, spesso distratto ed assorbito da una quotidianità frenetica, corre veloce e non pone la giusta attenzione alle regole del lavorare in sicurezza che sono invece diritto imprescindibile dell’uomo. Per questo motivo le Istituzioni hanno il dovere di mettere in campo tutti gli strumenti possibili per diffondere la cultura della sicurezza, affinché essa divenga sostrato profondo del nostro modo di affrontare il mondo del lavoro. Istituzioni, imprese, lavoratori, sindacati tutti insieme devono necessariamente condividere una battaglia che ricordi ad ognuno che il mestiere che svolgiamo è ciò ci consente di costruire il futuro per noi e per i nostri cari ma non può essere ciò che pone fine alla nostra esistenza. La battaglia della sicurezza sul luogo di lavoro è una battaglia di civiltà che la nostra società deve affrontare e combattere con fermezza perché non si può e non si deve morire di lavoro.

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    Giammarco Mereu, Juri Piroddi e Silvia Cattoi. Foto di Franco Carta e Pietro Basoccu.

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    Una guerra che vogliamo vincereCesare Biasol, ANMIL La Spezia

    Portare in scena una storia vera come quella dello spettacolo Giorni rubati significa voler far entrare immediatamente in contatto con chi non conosce il tema o ne sa poco con chi, invece, per esperienza diretta - come il protagonista dello spettacolo - sa cosa significa rimanere vittima di un incidente sul lavoro a causa della mancata applicazione delle norme di sicurezza. Giorni rubati è la storia di Giammarco Mereu, autore e interprete di se stesso, che parla del proprio infortunio e della invalidità che ne ha riportato, raccontando una storia uguale a quella di tanti altri. Troppi. Come le storie di tutti noi che siamo l’ANMIL e abbiamo vissuto sulla nostra pelle un dramma che non avremmo voluto vivere e di cui pagano lo scotto anche le famiglie. Quella di Giammarco è la storia di chi ha dovuto re-imparare tutto, rivedere tutto, riscoprire tutto dopo che la sua vita è cambiata drammaticamente una sera di novembre del 2006 - a soli 37 anni - rimasto schiacciato sotto un cancello di 600 chili. Ed è per questa ragione che l’ANMIL ha creduto, sin dall’inizio, nella forza e nel valore di questa iniziativa che ha deciso di abbracciare e sostenere insieme all’INAIL per stupire, emozionare, far riflettere, sconvolgere, impressionare e, soprattutto, per avvicinare i giovani a queste tematiche così lontane dal loro mondo e dal loro vissuto con un linguaggio che ha un forte potere evocativo. La rappresentazione affronta, nella sua complessità, due realtà profonde e complesse: quella più evidente dell’emergenza tragica delle morti bianche e dell’insicurezza sui luoghi di lavoro. Ma nell’assurda fenomenologia del lavoro rischioso c’è anche l’invalidità del corpo, dei movimenti e a volte persino dell’anima: improvvisamente ci si ritrova costretti a rispondere a nuove logiche che sconvolgono il proprio futuro e quello dei propri cari. E tutto a causa di un incidente sul lavoro di cui la vittima non ha alcuna responsabilità. Senza contare che, in certi casi, la menomazione crea impotenza, dilania i rapporti amorosi, rompe le coppie. Giorni rubati è tutto questo ma anche molto altro. È speranza, è denuncia, è lotta pacifica, è disperazione, è dolore, sacrificio, coraggio e amore. Anche noi dell’ANMIL siamo su quel palco insieme a Giammarco e vorremmo uscire per sempre da questa guerra che non ha né vinti e né vincitori, vorremmo che aziende e lavoratori rispettassero le norme di sicurezza. Ecco perché appoggiamo iniziative di questo tipo e ci sentiamo chiamati a combattere una

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    guerra che svilisce, distrugge, come tutte le guerre. Questa guerra la vogliamo vincere. Ma ci piace pensare che per vincerla non servono armi ma gesti, parole, atteggiamenti e linguaggi nuovi. Serve un esercito di volontari che si unisca pacificamente a noi dell’ANMIL e che invochi a voce alta il diritto alla sicurezza, alla salute, alla dignità e alla vita.

    Giammarco Mereu e Giancarlo Brioni. Foto di Pietro Basoccu.

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    Non mollare maiSalvatore Garrasi

    Il 20 Novembre 2008 è la data del mio incidente di lavoro che in un certo senso mi ha cambiato la vita, mi ha reso invalido. È successo alla Spezia.La sera prima avevo festeggiato il compleanno di mia moglie con i miei due figli Giuseppe e Stefano, 16 anni il primo, 13 anni il secondo. Felice della mia famiglia, ero molto contento anche la mattina dopo quando sono tornato a lavorare, giorno in cui è avvenuto l’incidente.Quel giorno sono andato a lavorare tranquillamente, ricordo di aver sentito mia moglie al telefono. Poi un’immagine nitida: l’elevatore per lavori edili, io mi trovavo sopra… dopo: il buio. Mi sono risvegliato dopo 15 giorni all’ospedale San Martino di Genova, non mi rendevo ancora conto di quello che era successo. Dopo qualche giorno in cui riprendevo conoscenza, ho chiesto a mia moglie di farmi leggere il referto medico del ricovero.Sono caduto da un’altezza di circa 10 metri, circa 4 quintali di materiale mi sono venuti addosso. Abrasioni alla testa, frattura del setto nasale, lesione allo sterno. Due costole, bacino, vertebre fratturate, lacerazione del gluteo destro, recisione dell’arteria femorale. Quindi emorragie e trasfusioni. Praticamente un’amputazione parziale della tibia destra.Quando succedono incidenti simili e stai fermo a casa per due anni e mezzo si ha tanto tempo per pensare. Sai che la tua vita non sarà mai più quella di prima. Anche se i medici ti incoraggiano e ti motivano, le sofferenze le senti tu, non gli altri. Oltre le sofferenze fisiche subentra anche la parte economica, che non è poca cosa…Come ho vissuto questo brutto periodo della mia vita? Vivendo, innanzitutto, giorno per giorno con un solo pensiero fisso: com’è iniziata questa storia, dovrà anche finire. Verrà il giorno in cui questa triste vicenda sarà conclusa.I casi non sono tutti uguali, riconosco che sono stato abbastanza fortunato. C’è anche chi è più sfortunato di me. Mi ha aiutato tanto avere vicino mia moglie, i miei figli e pensare che ho soltanto 40 anni. Ancora una vita davanti… Perché la vita è un dono e ti viene offerto una volta sola.Personalmente sono convinto che la vita, nel bene e nel male, deve essere vissuta non chiudendosi in se stessi.

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    Piangere quando c’è da piangere e pensare sempre in positivo perché credo che pensare positivo aiuti a vivere meglio. E poi considerare il fatto che ci sono persone più fortunate ma anche quelli più sfortunati di noi. L’ottimismo ci aiuta a star bene con gli altri e con noi stessi. Fidiamoci di chi ci ama e – soprattutto - non molliamo: la vita è bella. Certo, ci sono tante avversità e lo possiamo capire solo noi e chi soffre come noi. Non mollare mai. Questo è stato il mio primo obiettivo. Non sarò quello di prima ma sono vivo e posso raccontare quanto mi è successo.Infine, come amo dire sempre, “volere è potere”. Non potrò fare quello che facevo prima ma qualcosa da fare si trova sempre. Occorre tener viva la mente, trovare sempre nuove motivazioni. Insomma, darsi da fare per quel che si può. Giustamente non guardarsi indietro e pensare al futuro, perché c’è un futuro per tutti.

    Cantieri Saipem di Arbatax (OG) per la “Giornata Mondiale della Sicurezza 2011”. Foto di Franco Carta

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    Quei giorni rubati alla mia vitaGianfranco Capitta, il manifesto, 1° maggio 2011

    Un gruppo di artisti, la compagnia Rossolevante di Arbatax sulla costa orientale della Sardegna, che si mette a disposizione di una storia straordinaria per farne uno spettacolo. Uno spettacolo politico certo, un tempo si sarebbe detto quasi «agit prop», e che invece ha una potenza poetica impressionante, anche se la storia che narra è quella di un dramma. In meno di un’ora, scorre sulla scena non solo il racconto della tragedia, ma anche tutto il flusso di sentimenti, reazioni, strumenti e ammonizioni che da quella esperienza nascono. E che possono avere un senso civile ed esistenziale per tutti gli spettatori, non solo per quelli che abitualmente devono fare i conti con la sicurezza sul proprio posto di lavoro. Ma non c’è facile spirito consolatorio in quel racconto (…) fuori da ogni retorica e ipocrisia il tema viene affrontato in positivo, tra le parole e i versi dello stesso Mereu, e l’accompagnamento suadente delle musiche di Brioni su fisarmonica, chitarra e armonica. Ci sono momenti sconvolgenti, ed altri dolcissimi, come quella piuma che volando dà peso specifico solidissimo a emozioni e dolori che il caso insinua nella vita quotidiana. E che alla fine, in uno swing cantato a quattro voci, apre uno squarcio di struggente speranza per il futuro.

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    Giammarco Mereu con altri operai all’Intermare di Arbatax.

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    L’incidenteGiammarco Mereu

    È un giorno di novembre, di quegli strani novembre caldi che nascondono l’inverno. Lavoro nella zona industriale di Tortolì. Oggi mi è stato chiesto di andare via soltanto quando ho finito e così ho fatto 11 ore di lavoro. Stiamo costruendo i tetraprodi per il nuovo molo di Arbatax. Noi operai siamo costretti a orari massacranti per rispettare tabelle irraggiungibili predisposte da chi sicuramente non si è mai sputato le mani. Sono circa le 20.30, vado da Alessandro e gli dico che il cemento è bastato, che sto per lavare la betoniera e che lui, se vuole, se ne può andare via. Lui mi dice di chiudere bene il cancello quando ho finito. “Il cancello? Ma se io non l’ho mai chiuso, come devo fare?” Mi risponde: ”Non preoccuparti, l’importante è che non lasci spazi vuoti, tanto fra poco arriva il guardiano notturno e si arrangia lui”. “Sì, va bene, chiudo io. Ciao, ci vediamo domani.” Dopo aver pulito la betoniera, nel buio più assoluto, mi tolgo il casco, mi lavo le mani e snodo la bandana dalla testa. Vado verso il cancello, attraverso l’uscita, lo afferro e lo spingo a fatica per non lasciare spazi vuoti, mi giro lentamente per avviarmi alla macchina ma mi sento colpire in modo fortissimo da qualcosa più possente di me, più grande e penso “ma sto morendo adesso?”. Il cancello mi fa girare su me stesso e mi ricade nuovamente addosso, lasciandomi spalle a terra. Non mi posso muovere, il dolore è snervante, acuto e comincio a lamentarmi, a chiamare aiuto. Mi rendo subito conto che non riesco a togliermelo di dosso, questo cancello, e non ci provo nemmeno. A un certo punto si avvicinano i cani da guardia del cantiere che non mi sono mai stati simpatici, quei cani che sono sempre incazzati, che rispecchiano in pieno il carattere degli operai. Mi abbaiano in modo strano, come non li ho mai sentiti, in un modo diverso, compassionevole, forse hanno già capito la gravità della situazione... A un certo punto mi tocco addosso e vedo che non ho sangue, muovo le braccia e sfiorandomi il petto sulla destra, in quei benedetti giubbotti multi-tasche, trovo il telefonino da lavoro e così chiamo subito il 118. Mi risponde il call-center di Sassari, mi dice che arrivano subito e mi chiede come sto e la via dove mi trovo. La via? Ma quale via d’Egitto! In una zona industriale che ha fretta di crescere per produrre, non certo per essere bella e funzionale, le vie non hanno ancora un nome. Aspetto, aspetto e aspetto ancora. Basta, richiamo e gli dico che sono al limite, che non ce la faccio più. Ad un certo

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    punto sento le sirene squarciare il buio, avvicinarsi e poi allontanarsi di nuovo. Non mi trovano, sono schiacciato a terra. Sono in difficoltà. All’improvviso scorgo sulla mia sinistra due fari quadrati, con la luce del telefonino li guido verso di me, quasi in contemporanea arrivano i Vigili del fuoco. Adesso la zona è illuminata anche troppo, in modo fastidioso. I pompieri per prima cosa mi sollevano il cancello di dosso. Il personale del 118 mi avverte che non possono caricarmi sull’ambulanza finché non arriva il medico da Lanusei. Cominciano a farmi tutta quella trafila di domande che si fa per scoprire se sono vigile e cosciente, ma io riesco sempre a dare delle risposte plausibili. Rifiuto l’ossigeno per l’ennesima volta. Dal nulla vedo apparire la faccia della segretaria e del mio datore di lavoro che mi chiede: “Ma cosa ci fai ancora qui a quest’ora e da solo?” Beh, la risposta del mio sguardo è piuttosto esauriente visto che lui parte a razzo per telefonare a casa mia. Io gli dico di non chiamare mia moglie ma a casa di mia suocera e di parlare solo se sente una voce maschile adulta. Nel mentre mi spogliano. Senza accorgermi di nulla, mi tagliano i pantaloni e tolgono le scarpe, mi tagliano anche il giubbotto e sono a petto nudo. Così mi incartano con quella sorta di stagnola oro-argento che mi ricorda tanto le caramelle natalizie e che non avrei mai creduto fosse così utile per combattere il freddo che mi assale. Arriva il dottore, con tutte le precauzioni mi mettono sull’ambulanza e comincia così il viaggio verso casa – si fa per dire. Conoscendo la strada – visto che la faccio tutti i giorni – chiedo al personale dell’ambulanza se cortesemente possono rallentare a ogni passaggio a livello, ogni minimo sobbalzo è una sofferenza. Uscendo dall’ambulanza intravedo mia moglie, già segnata dal dolore, che avverto anch’io in forma lancinante grazie al gradino dell’ascensore dell’ospedale che mi ricorda che non bisogna mai abbassare la guardia. Mi visitano e mi portano subito in radiologia. Lì incontro Mariano, compagno di tante partite di calcio amatoriale. Lo vedo scuro in viso, serio. Gli chiedo: “Mariano camminerò ancora?” Non mi risponde. “Mariano camminerò ancora?” Lui si gira, non risponde, gli occhi si fanno lucidi, non mi vuole mortificare. Non mi rendo subito conto. Dopo tutte le visite decidono di trasferirmi all’ospedale Marino di Cagliari. Mi ricaricano in ambulanza, mi portano all’eliporto dei pompieri – segue un piccolo corteo con mia moglie e i mie cognati. Sento l’odore forte del kerosene, il frastuono… e penso che mi hanno drogato, perché io entro nell’elicottero, saluto mia moglie e poi apro gli occhi a Cagliari, nella sala operatoria, dove vedo le facce di chi mi dice: “Non preoccuparti, ci siamo qui

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    noi che adesso mettiamo tutto a posto”. Sono facce rassicuranti. Mi fanno l’intervento di notte. L’indomani mi sveglio in un letto con a fianco due infermiere, una grassa e una meno grassa. Ho un’erezione, sono mezzo spogliato, non so che cosa dire, ho una vergogna atroce e me ne esco con una delle mie solite sparate: ”Tranquille ragazze, questo non è per voi”. Sorridono fra loro con complicità. Beh, adesso mi voglio alzare, mettere meglio ma noto subito che qualche cosa è cambiato, il mio corpo è per metà in sciopero – è sordo – ma il messaggio che manda è chiaro, è limpido, è atroce: non si cammina più, non si cammina più.

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    Riflessioni di un combattente [frammenti]Giammarco Mereu

    Cosa fare adesso?Come riciclarsi?

    Avevi una strada dritta e ben delineataadesso ne hai una dissestatae con svincoli per te inaccessibili.

    Come rendersi utili in questa nuova identità?Cosa hai persocosa hai guadagnato?

    Sembrano attimima ti conducono a lunghe domandeche non trovano rispostese non nella rabbiosa coscienza di un condannato a morteche non sa a chi dare la colpa.

    Già, la colpa…a chi destinarequesto fagotto ingombrantese non al destino che lo ha confezionato?

    La domanda più diretta è:perché io?La risposta non c’è.

    Non un attimoma giorni, mesi, anniuna vita interaaccompagnati da una rabbiache si accumulae ti costringe a risorgere.

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    Sono entrato in punta di piediin questo mondo parallelodove la sofferenza e l’attesala fanno da padroni.

    Il tuo dolore si somma, si confronta con quello di chilo conosce almeno quanto te.

    C’è come un cappio che si stringeogni qualvolta abbassi la guardia.

    Sono in prima linea, con dietro un esercito di volontari che mi spingono a non mollare.

    In questo mondo si entra senza chiedere il permesso.

    Ci sono energieche prima di toccare il fondonon conoscevamoe ne ignoravamo l’esistenza.

    Ma quando sei solocon il tuo corpo che è cambiatole devi scovaree se non le troviè solamente colpa tuaperché vuol direche quello che eri primaera di una fragilità devastante.

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    Il primo risveglio è indimenticabileanche perché il conto da pagaresi presenta subito piuttosto salato.Mi guardavo intornosenza avere nessun riferimentoma con lo sgomento e la disperazionedi chi ne avrebbe avutoun estremo bisogno.

    Sono diventatociò che i miei limitimi hanno permesso.

    Cerco disperatamente di sbagliareil meno possibile.

    I miei confini sono saltatila recinzione del mio territorio diveltaè caduto il cancelloche divideva il mio mondo.

    Mi è oscuro il traguardoMi auguro di arrivare stanco al capolineama con la consapevolezzadi aver sfruttato al massimotutte le possibilità che la vita mi ha offerto.

    Sarà sufficiente sapereche sono stato solo di passaggio.

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    Non ti ho sentito.Sì, non ti ho sentitocon il tuo fare silenzioso e traditore.Non ho sentito che volevi aggredirmi.Pensavi di abbattermi con facilitàe invece hai trovato un avversario che si è piegato ma non si è spezzato.

    Lo sol’ho capito subito che mi avevi privato della gioia di camminarema non sei riuscito a fermarele mie idee e i miei pensieri.Hai bloccato il mio corpomi hai limitato e così cambiato il mio orizzonte.

    Adesso vedo ciò che prima mi era nascostosono partecipe al dolorelo conosco e l’affronto.Non farò mai un passo indietro.

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    Dati e statistiche

    Infortuni avvenuti in ciascun anno e denunciati all’INAIL

    anno denuncie anno denuncie

    n. casi mortali n. casi mortali

    1951 728.788 3.511 1978 1.186.684 2.524

    1952 853.134 3.871 1979 1.180.912 2.467

    1953 937.698 3.763 1980 1.167.903 2.565

    1954 1.036.124 3.840 1981 1.082.405 1.919

    1955 1.104.455 3.950 1982 1.003.241 1.666

    1956 1.150.354 3.900 1983 976.774 1.768

    1957 1.196.360 3.948 1984 975.645 1.880

    1958 1.205.342 3.980 1985 993.929 1.908

    1959 1.269.509 3.883 1986 997.217 2.083

    1960 1.366.672 3.978 1987 1.038.742 2.207

    1961 1.486.070 4.418 1988 1.089.430 2.416

    1962 1.484.361 4.349 1989 1.114.035 2.559

    1963 1.577.352 4.644 1990 1.176.491 2.417

    1964 1.504.721 4.254 1991 1.177.004 1.941

    1965 1.321.166 3.823 1992 1.146.244 1.807

    1966 1.382.294 3.744 1993 1.011.951 1.469

    1967 1.496.492 3.935 1994 1.041.155 1.328

    1968 1.519.164 3.829 1995 1.014.733 1.366

    1969 1.565.788 3.863 1996 987.084 1.359

    1970 1.601.061 3.675 1997 949.425 1.443

    1971 1.562.879 3.594 1998 963.263 1.473

    1972 1.522.683 3.462 1999 985.735 1.423

    1973 1.547.355 3.774 2000 991.843 1.389

    1974 1.433.358 3.057

    1975 1.308.213 2.845

    1976 1.283.667 2.793

    1977 1.256.158 2.678

    TOTALE 59.014.361 144.738

    Dati e statistiche

    Infortuni avvenuti in ciascun anno e denunciati all’INAIL

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    Infortuni e malattie professionali 2001-2010

    2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

    1.5461.478

    1.445

    1.3281.280 1.341

    1.207

    1.1201.053

    980

    -4,4-6,5

    -14,1-17,2 -13,3

    -21,9-27,6

    -31,9-36,6

    2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

    1.023.379992.655 977.192 966.696

    940.013 928.140912.402

    875.144

    790.112 775.374

    -3,0-4,5 -5,5

    -8,1 -9,3-10,8

    -14,5

    -22,8 -24,2

    2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

    +22,528.359

    26.82425.237 26.600 26.704 26.752 28.805 29.963

    34.753

    42.347-5,4

    -11,0 -6,2 -5,8 -5,7 +5,7+1,6

    +49,3

    VAR.%rispetto 2001

    MALATTIECASI MORTALIINFORTUNIxx

  • 22

    Infortuni 2009-2010 per rami /settori di attività

    SERVIZI

    -1,9%

    441.066

    +0,4%442.915

    INDUSTRIA 296.381

    -4,7%282.338

    AGRICOLTURA 52.665 -4,8%

    50.121

    TOTALE TOTALE

    790.112 775.374

    di cui

    di cui

    81.487Costruzioni

    38.240Metallurgia

    20.612Meccanica

    71.421

    36.868

    19.942

    61.634

    Trasporti ecomunicazioni

    71.358Commercio

    3.925Personale domestico

    58.797

    68.306

    4.931

    -12,4%

    -3,6%

    -3,3%

    -4,6%

    -4,3%

    +25,6%

    2009

    2010

    Infortuni 2009-2010 per modalità di evento

    IN OCCASIONEDI LAVORO

    di cui

    IN ITINERE

    790.112 775.374 -1,9%

    -1,5%

    50.969Circolazionestradale

    646.106Ambientedi lavoroordinario

    93.037Percorsocasa-lavoro-casa

    +5,3%53.679

    -2,0%633.066

    -4,7%88.629

    697.075 686.745

    TOTALETOTALE

    2009

    2010

  • 23

    Casi mortali 2009-2010 per modalità di evento

    IN OCCASIONEDI LAVORO

    di cui

    IN ITINERE

    1.053 980 -6,9%

    308Circolazionestradale

    471Ambientedi lavoroordinario

    274Percorsocasa-lavoro-casa

    -3,9%296

    -6,6%440

    -10,9%244

    779 -5,5%736

    TOTALE TOTALE200

    9201

    0

    1.053 980 -6,9%

    -9,7%440487

    128

    438

    -3,0%425

    TOTALE TOTALE

    115-10,2%

    229

    74

    18

    215

    46

    16

    -6,1%

    -37,8%

    -11,1%

    134

    4

    +9,8%

    73 -26,3%

    0,0%

    122

    99

    4

    2009

    2010

    SERVIZI

    INDUSTRIA

    AGRICOLTURA

    di cui

    di cui

    Costruzioni

    Metallurgia

    Meccanica

    Trasporti ecomunicazioni

    Commercio

    Personale domestico

    Casi mortali 2009-10 per rami /settori di attività

  • 24

    Come una piumaSilvia Cattoi, attrice

    amicizia – tradimentoamore – pietàlavoro – caosfuturo – non lo soviaggio – difficoltàcaldo – tristezzadormire – soffriresesso – cambiamentosalute – tuttofelicità – ogni giorno

    Questo elenco non è mio. In uno dei primi incontri di lavoro per la creazione dello spettacolo abbiamo fatto il gioco delle parole. Juri diceva una parola e Giammarco doveva rispondere con la prima cosa che gli veniva in mente. Durante questa fase creativa iniziale ci siamo accorti che per Giammarco certe parole hanno assunto un sapore diverso da prima, da quando era in piedi, per usare una sua espressione. La parola mediare, ad esempio, usata spesso da uno dei medici che si sono occupati del suo caso. Giustamente, Giammarco gli ha fatto notare che ora, per lui, non è più tempo di mediare ma di fare.Io avrei voluto che lo spettacolo si intitolasse Ogni giorno perché è bello pensare alla felicità in questi termini. Ma anche perché ogni giorno, purtroppo, ci sono tanti incidente sul lavoro, spesso mortali.Certe volte penso che con tutto il materiale che abbiamo raccolto in questi mesi di prove si potrebbero fare altri due o tre spettacoli, e magari il prossimo si intitolerà proprio così: Ogni giorno.

    Il momento della creazione di un nuovo spettacolo è sempre qualcosa di magico, un salto nel vuoto, tutto può succedere: si fanno dei tentativi, si selezionano i materiali, si sbaglia, si aggiusta, si scopre, si apprende. È un viaggio che termina nello spettacolo che si offre agli spettatori, una struttura che, per ovvie ragioni, non può contenere tutta la ricchezza dei lunghi mesi di prove.

  • 25

    Penso che lavorare a Giorni rubati sia stato un momento di crescita grande per tutti noi. Abbiamo attraversato il ponte che ci separa da quel mondo parallelo di cui parla Giammarco nelle sue poesie. Abbiamo imparato a conoscerci, a capire quello di cui ognuno di noi aveva bisogno per liberarsi di ogni pudore. Mi ha sorpreso la generosità con cui Giammarco ha saputo farsi tramite di qualcosa di più grande di lui, la sua libertà di pensiero, la sua ironia, la sua coscienza del palcoscenico e la forza con cui ha affrontato la mole di lavoro che lo aspettava. Nonostante la durezza del tema affrontato, quello che mi rimane di tutti i giorni di prove è il ricordo di grandi risate, di una gioia del fare che è stata come un tappeto sul quale ci siamo mossi. Poi, naturalmente, ci sono state anche le difficoltà, i momenti di turbamento, di forti emozioni, di dubbi atroci. Più di una volta Giammarco si è commosso nel leggere i testi che lui stesso ha scritto. Più di una volta ha pensato di non potercela fare.

    Giorni rubati è uno spettacolo nato dalle poesie che Giammarco ha scritto in una delle sue tante notti insonni, tutte di getto, una dietro l’altra. Noi le abbiamo lette e abbiamo sentito l’urlo, l’urgenza che si nasconde in esse, quella stessa urgenza che viene fuori negli altri testi che sono andati via via componendo il copione dello spettacolo. Il racconto dell’incidente, per esempio, è nato da quello improvvisato direttamente da Giammarco e che noi ci siamo limitati a riprendere in video più volte, per poi fissarlo in una stesura definitiva che raccoglie tutti i particolari e le sfumature delle varie versioni.Questi testi hanno trovato nella musica di Giancarlo un degno interlocutore, perché la chitarra, la fisarmonica e l’armonica non si limitano ad accompagnare ma dialogano con quello che avviene in scena.E poi, alla fine di tutto, quando si sono dette tutte le parole, rimane la musica, la danza della carrozzina, la caduta, i tentativi per rialzarsi, gli sguardi e una piuma che vola impalpabile e va dove la porta un soffio leggero. Bianca e lieve. Sembra che non debba cadere mai.

  • 26

    Hanno detto dello spettacolo.

    “Uno spettacolo straordinario, commovente, che didatticamente vale più di cento discorsi di esperti, analisti, docenti e autorità a vario titolo. (…) Straordinario. Si tratta, in poche parole, di una rappresentazione che vale la pena di mettere in scena in tutte le scuole superiori. Vale più di mille discorsi ufficiali.” Antonio Bassu, giornalista.

    Davanti ad uno spettacolo con tale intensità umana e attoriale e grande sensibilità artistica nel tradurre scenicamente uno spaccato di cruda realtà si rischia di essere banali nell’esprimere qualsiasi opinione... posso dirvi semplicemente che alla fine dello spettacolo sono rimasto turbato, coinvolto emotivamente, psicologicamente e artisticamente. Appena sono rientrato a casa, quasi a non voler rinunciare a un rapporto con voi, ho voluto guardare immediatamente il video. Devo dire che raramente riesco a guardare un lavoro teatrale in video ma questo sa catturarti, mantenerti incollato, grazie alla forza comunicativa di Giammarco e all’ottimo lavoro di ripresa e montaggio. Gianfranco Angei, Compagnia Actores Alidos.

    “Uno spettacolo scritto sulla pelle, una testimonianza diretta, intensa e commovente su come l’esistenza può cambiare in un istante ma anche l’eccezionale forza di un uomo che non si arrende.” Giancarlo Biffi, attore-regista, direttore artistico di Cada Die Teatro.

    “Lo spettacolo Giorni rubati nasce da un incontro forte tra arte e vita. (…) Lo spettacolo affronta con coraggio un tema inusuale per i palcoscenici e lo fa con grande passione, professionalità e donando al pubblico intense emozioni. (…) Progetti come questi aiutano a far conoscere alle nuove generazioni il complesso percorso dei loro attuali e futuri diritti in un momento in cui assistiamo ad una rinvigorita offensiva contro la dignità del lavoro e le libertà sindacali e il riemergere di vecchie e nuove forme di sfruttamento.” Cecilia d’Elia, Assessore alle Politiche Culturali della Provincia di Roma.

  • 27

    PostfazioneJuri Piroddi

    Abbiamo pensato di accompagnare Giorni rubati con la pubblicazione di questo libretto concepito come una sorta di promemoria dello spettacolo e del dramma – gli infortuni sul lavoro – di cui esso vuole farsi testimonianza.

    In queste poche pagine, oltre alle poesie di Giammarco, hanno trovato spazio gli interventi di alcuni amici che – in vario modo – hanno sostenuto l’intero progetto teatrale. Sono brevi scritti di chi (assistenti sociali, giornalisti, medici, sindacalisti, funzionari, politici) si occupa di infortuni, salute nei luoghi di lavoro, diritti dei lavoratori, prevenzione, formazione, amministrazione della cosa pubblica ecc. e che anche in questa sede, sinteticamente, non rinuncia a far sentire la propria voce. Li ringrazio.

    Per chiudere, vorrei riportare un frammento assai significativo che, a mio avviso, getta un po’ di luce sui perversi meccanismi che sottendono le vuote superfici rilucenti della società dello spettacolo (Debord), il rimosso del mondo in cui ci siamo ridotti a vivere e che ha fatto del denaro il feticcio intorno al quale si danza e al quale si offrono tributi grondanti sangue. Quel terribile, insaziabile Moloch pronto a divorare i suoi stessi figli – come ha profetizzato l’Urlo del poeta Allen Ginsberg.

    La citazione è tratta dai Manoscritti economico-filosofici del 1844 del giovane Karl Marx: “Quanto grande è il potere del denaro, tanto grande è il mio potere. (…) Ciò che io sono e posso, non è quindi affatto determinato dalla mia individualità. Io sono brutto, ma posso comprarmi la più bella tra le donne. E quindi io non sono brutto, perché l’effetto della bruttezza, la sua forza repulsiva, è annullata dal denaro. (…) Io sono un uomo malvagio, disonesto, stupido; ma il denaro è onorato, e quindi anche il suo possessore. Il denaro è il bene supremo, e quindi il suo possessore è buono; il denaro inoltre mi toglie la pena di essere disonesto; e quindi si presume che io sia onesto. Io sono uno stupido, ma il denaro è la vera intelligenza di tutte le cose; e allora come potrebbe essere stupido chi la possiede? (…) Costui [lo stupido ricco] potrà sempre comprarsi le persone intelligenti, e chi ha potere sulle persone intelligenti non è più intelligente delle persone intelligenti?”

  • 28

    Indice

    Carmelo FalitiSicurezza sul lavoro: una cultura nuova che parte dai giovani.................. 3

    Marino Fiasella Sicurezza sul lavoro: una battaglia di civiltà.................... 5

    Cesare Biasol Una guerra che vogliamo vincere........................................ 6

    Salvatore Garrasi Non mollare mai............................................................. 9

    Gianfranco Capitta Quei giorni rubati alla mia vita................................... 11

    Giammarco Mereu L’incidente.................................................................... 13

    Giammarco Mereu Riflessioni di un combattente........................................ 16

    Dati e Statistiche.......................................................................................... 20

    Silvia Cattoi Come una Piuma.................................................................... 24

    AAVV Hanno detto dello spettacolo........................................................... 26

    Juri Piroddi Postfazione .............................................................................. 27

  • Giorni Rubati

    testi Giammarco Mereuregia Silvia Cattoi e Juri Piroddi

    con Giammarco MereuGiancarlo Brioni

    Silvia CattoiJuri Piroddi

    drammaturgia collettiva

    musiche di scena eseguite dal vivo dal Maestro Giancarlo Brioni

    costumi Francesca Pischedda

    video Fabio Fiandrini

    info 333 3346667 | 333 7963711www.rossolevante.it

    COMUNEDELLA SPEZIA

    CITTA’ diSARZANA

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