Giorni dell'ira, 1943-1945

download Giorni dell'ira, 1943-1945

of 92

description

Articoli apparsi su "il Ponte", 1989-1991

Transcript of Giorni dell'ira, 1943-1945

Antonio Montanari

I giorni dellira

Articoli apparsi ne "il Ponte", settimanale di Rimini (1989-1991).

Edizione elettronica 2012

Indice Parte prima. Il delitto Paolini 1. Pap mio, dove lo portate? [03.12.1989] 2. La caccia all'uomo [17.12.1989] 3. L'agosto di passione [07.01.1990] Parte seconda. San Marino 4. 28 luglio 1943, San Marino volta pagina [04.03.1990] 5. 8 luglio 1943. Chi minaccia San Marino [18.03.1990] 6. L'attentato a Casali e l'arresto di Babbi [01.04.1990] 7. La prof. che faceva la spia [29.04.1990] 8. Tra saluti romani e bombe alleate [20.05.1990] 9. Fascisti alla sbarra [10.06.1990] Parte terza. Rimini 10. La pacificazione impossibile [29.07.1990] 11. Foto di gruppo in camicia nera [30.09.1990] 12. "Sbandati" al muro [21.10.1990] 13. Il Venerd Santo di Fragheto [04.11.1990] 14. Scampoli di retorica sopra le macerie [25.11.1990] 15. Giovani senza pi Giovinezza [09.12.1990] 16. L'ora delle scelte [06.01.1991] 17. Un ducetto di provincia [03.02.1991] 18. La carovana repubblichina in fuga [24.02.1991] 19. I misteri del dopoguerra [10.03.1991] Appendice 1944. I Tre Martiri 1945. Cos arrestai Tacchi a Padova 1945. Il ruolo di Carlo Capanna

Parte prima. Il delitto Paolini 1. Pap mio, dove lo portate? [03.12.1989] 2. La caccia all'uomo [17.12.1989] 3. L'agosto di passione [07.01.1990] I giorni dell'ira, 1 (3 dicembre 1989) Pap mio, dove lo portate? 1. Una ragazza. Estate 1944. Sulla strada che da Fiorentino porta verso Mercatino Conca, in comune di Montegrimano, alla curva dopo il paese di Montelicciano, al Poggio, c' la casa di Anna Ceccolini, detta Netta. Vi ospitato un confinato politico marchigiano, proveniente da Roma: il sarto Duilio Paolini, 49 anni, che ha con s due figli, Elio nato nel 1927 ed Ines nel 1930. La sera del 12 luglio, un nuovo rastrellamento dei repubblichini nella zona mette a soqquadro il piccolo paese. da poco passata mezzanotte quando colpi di accetta demoliscono la porta d'ingresso dell'abitazione di Anna Ceccolini. Duilio Paolini in casa con la ragazza. Elio invece alla macchia. Sentendo i primi spari, Elio ha deciso di andarsi a nascondere ed ha pregato inutilmente il padre di seguirlo. Il sarto stanco, e spera che non gli accada nulla. Rester a dormire nel suo letto. Verso le tre del mattino, il giovane Paolini ritorna a casa, insospettito dai colpi uditi distintamente. Trova segni di devastazione non soltanto sulla porta, ma anche all'interno delle loro stanze. Lo accoglie la sorella. Ines piange, stravolta. Tra singhiozzi irrefrenabili, racconta la cattura del padre. Lo hanno preso mentre dormiva. Lo hanno legato con una corda alle mani ed ai piedi, alla maniera degli animali, sussurra con un filo di voce la ragazza, impietrita dal dolore. Poi lo hanno caricato sopra un'auto targata San Marino, portando via anche i tagli di stoffa e gli abiti in prova che erano nel laboratorio. La ragazza continua a disperarsi. Elio chiede altre notizie ad una vicina, la signora Severi che racconta: Ines corsa dietro a suo padre in preda al panico, ed urlando ha continuato a chiedere: Pap mio, dove lo portate?. I fascisti l'hanno cacciata indietro con i moschetti. Ines Paolini, da quella notte, vivr sempre con gli occhi rivolti alla tragedia della sua famiglia. La sua coscienza stata annientata dalle immagini strazianti che mai la lasceranno. Suo padre fu portato vicino al cimitero del paese, e l i fascisti lo hanno torturato. Nascosto dietro un covone di grano, Galliano Severi assiste impotente alla ferocia dei repubblichini contro il sarto di Montelicciano. Sanguinante, colpito a morte, forse gi senza vita, Paolini ricaricato sull'auto sammarinese. Di lui non si avranno pi notizia. Il suo corpo non mai stato ritrovato. La lapide che a Montegrimano ricorda le vittime della guerra, reca sotto il nome di Duilio Paolini sotto la scritta disperso civile, assieme a quello di Tommaso d'Antonio. Ines Paolini trascorrer il resto della sua vita all'ospedale di Santa Maria della Piet, dove tuttora ricoverata. 2. Simbolo di una storia. La storia di Ines Paolini, con il segno del duplice martirio nella carne del padre e nelle mente della figlia, spiega il titolo di queste ricostruzioni storiche. I giorni dell'ira sono i lunghi mesi che vissero le popolazioni della nostra zona fra il settembre 1943 e lo stesso mese del 1944.

Un anno fatto di bombardamenti, di lotta tra due eserciti nemici, ma soprattutto di una guerra civile, la cui dimensione di tragedia collettiva talora trascurata. Fu una violenza perfida e continua, quella che si scaten allora, in tutta la sua bestialit primordiale, mietendo vittime innocenti tra chi non volle credere ai miti ed ai riti della Repubblica di Sal. Il fratello divenne ostile al fratello. Non vogliamo riaprire processi o instaurarne di postumi, ma semplicemente raccontare fatti, convinti che la conoscenza degli orrori della guerra civile possa mostrarci strade da non percorrere pi. Nei momenti nodali della Storia, la violenza che si scatena come un torrente irrefrenabile, lascia detriti e distrugge senza piet. Raccontare i drammi del passato pi recente, caratterizzati da quella violenza, osservare le ferite forse appena rimarginate o del tutto ancora aperte per molti, non significa rinfocolare vecchie polemiche o suscitare nuovi contrasti, ma soltanto meditare sul bene supremo della pace. La pace non un romantico idillio fatto di sogni ed illusioni. una meta fondamentale del processo storico e della vita sociale. Ci doppiamente vero, sotto il profilo religioso e sotto l'aspetto politico. Gli spiriti pi sensibili hanno sempre avvertito l'inevitabile, reciproco scambio fra questi due elementi, il civile e lo spirituale, come ideale a cui ispirare le nostre azioni. Per questo, il racconto storico diventa qualcosa di pi di una semplice curiosit. Da cronaca sale a parabola da cui trarre insegnamento per non dover pi vivere o scrivere pagine intrise di dolore e disperazione. 3. Tutti ragazzi.... Montelicciano, una dolce mattina d'ottobre 1989. Nel piccolo groviglio di case che s'arrampicano lungo la costa dopo la chiesa, incontramo Guerrino Casadei, classe 1915. L'8 settembre 1943 era soldato a Rimini. Anche lui scapp, ritorn qui, al suo paese dove visse nascosto sino alla Liberazione. I fascisti di Sal passavano spesso, facevano paura. S, i repubblichini venivano da fuori, conferma Giuseppe Bartoli, classe 1905, primo sindaco del dopoguerra a Montegrimano. Li guidava Marino Fattori, un colonnello di San Marino. Erano tutti ragazzi.... Fattori era micidiale, ricorda amaramente Guerrino Casadei. La moglie, con qualche frase mozza e con lo sguardo, sembra invitarlo alla moderazione nei giudizi. Casadei aggiunge: Sono fatti veri, poi sono tutti morti, i protagonisti. Marino Fattori, dopo la Liberazione, fu fucilato nei pressi di Sondrio. Stessa sorte ebbe suo figlio Federico, tenente dei repubblichini. Il ricordo delle antiche paure ancora ben vivo in questa gente, associato a quello delle vendette che si ebbero allora. Questo piccolo paese di Montelicciano ritorna spesso nelle cronache di quei giorni. Ascoltiamo Pippo Bartoli: Nel febbraio 1944 i fascisti arrestarono me e Galliano Severi, classe 1897, quello che assister alle torture inflitte al sarto. Ci trasferirono a Mercatino Conca, in camera di sicurezza. Per una settimana. Senza mangiare, dovevamo portarcelo da casa i nostri. Sorride vagamente, Bartoli: Era una commedia. Bisognava piangere ma veniva anche da ridere. Perch? Mah, di giorno ci tenevano fuori dalla caserma, non in camera di sicurezza. Forse volevano metterli nella tentazione di fuggire, e di chiudere cos i conti con una fucilata alle spalle? Un giorno arriva da Pesaro la convocazione ai repubblichini di Mercatino. Cosa vorranno da noi?, chiedono i militi a Bartoli e Severi. Vi

manderanno a combattere al Nord, gli rispondono i passeggeri. Fu allora che i repubblichini scapparono tutti, conclude Bartoli. 4. Nella casa del sarto. A Montelicciano, la casa del sarto non frequentata soltanto dai clienti. Paolini possiede uno dei rari apparecchi radio della zona. Lui la sintonizza sulle stazioni di Londra e di Mosca. Nel paese e nei dintorni, Paolini lo conoscono tutti. un antifascista tenace. Ama fare commenti coloriti. Per quella radio, Paolini ha avuto delle beghe. Nel 1943 stato arrestato e condannato ad un mese di carcere. L'apparecchio fu sequestrato. Tornato libero, ne acquist un altro. Il sarto sospetta che a denunciarlo sia stato un certo Dominici, abituale frequentatore delle serate radiofoniche nella sua abitazione. In Domini identifica quella spia fascista dell'Ovra di cui gli ha parlato confidenzialmente il maresciallo deo Carabinieri di Mercatino Conca. I repubblichini arrivano spesso a Montelicciano guidati dai Fattori, padre e figlio, che viaggiavano a bordo di una motocicletta Guzzi, che aveva incorporata sopra il manubrio una mitragliatrice. Venivano in paese per intimidire la popolazione, raccolta il figlio Elio Paolini. Una sera, tra fine 1943 3e inizio 1944, prosegue Elio, abbiamo visto arrivare un camion di fascisti che, appena scesi, si sono precipitati in casa nostra con le pistole spianate, urlando: "Chi Paolini Duilio?". Quando io li ho sentiti arrivare ho subito spento la luce e detto a mio padre: "I fascisti, i fascisti". Mio padre, pronto, scapp sul terrazzo e di l si butt nella sottostante macchia, mentre i fascisti urlavano: "Sparagli, sparagli!". Perch Paolini ricercato dai repubblichini? Non poteva essere colpa ancora una volta della radio. Il sarto svolgeva un'intensa attivit politica di propaganda tra i giovani, precisa Primo Marani. Dopo quel tentativo di cattura fallito, perch Pasolini non prese precauzioni? Era troppo sicuro di s, ci dice Bartoli, perch credeva di non aver fatto del male a nessuno. Era convinto delle sue idee di giustizia. Accanito. Era uno che ci sapeva fare. Parlava di politica con tutti. Col poliziotto, col fascista, col prete. In quei giorni a Montelicciano, il parroco un anziano sacerdote, don Giuseppe Villa. l' dal 1927, ed ha sui settant'anni. Una brava persona, ci confida Guerrino Casadei. Dopo l'8 settembre, dopo la nascita della Repubblica di Sal ed i richiami per gli "sbandati", dice confidenzialmente ai ragazzi del paese: Non andate via, sotto le armi. Non date retta a quello che dico in chiesa, cio agli ordini per arruolarsi che i fascisti facevano diffondere anche dall'altare. Duilio Paolini viveva diviso dalla moglie. In paese si era legato con Olga Geri che da lui ebbe un figlio, morto di recente a Roma, ricostruisce Pippo Bartoli. La Geri abitava in un'altra casa, vicina a quella di Paolini, che aveva sul retro una porta da cui uscire nei campi. Bastava che si fosse nascosto l quella notte, ma forse era destino che finisse cos. Ma come fin veramente Paolini? Nota bibliografica. Sono contenute nel volume di Bruno Ghigi (curatore ed editore, 1984) La Repubblica di San Marino, Storia e Cultura, Il passaggio della guerra, 1943-1944, le testimonianze di Elio Paolini (pp. 188-191) e Primo Marani (p. 156).

I giorni dell'ira, 2 (17 dicembre 1989) La caccia all'uomo 5. Cosa dicono le SS. Galliano Severi che ha assistito alle torture inflitte dai repubblichini al sarto di Montelicciano, diffonde subito in paese la notizia che Duilio Paolini stato assassinato. La gente aggiunge altri particolari mai verificati, come quello del cadavere gettato sotto il ponte di Ornaccia, sulla strada per Combarbio. Per tutti un delitto politico delle brigate nere. Una diversa versione dei fatti viene fornita per dalle SS, il 25 agosto, ad una delegazione sammarinese. I nazisti dicono che Paolini stato arrestato da un mese circa e fucilato pochi giorni fa. La delegazione sammarinese a colloquio con il comandante delle SS a Forl, capitano Kurt Schutze, per una vicenda a cui il povero Paolini estraneo. Il 12 agosto, sul Titano, brigatisti neri italiani ed un gruppo di SS, hanno arrestato se sammarinesi. Le autorit della Repubblica riescono a non far deportare quei loro concittadini. Dopo una lunga trattativa, conclusasi appunto il 25 agosto, gli arrestati possono tornare liberi. Per capire il clima in cui matur l'omicidio di Paolini ed avvenne la retata dei brigatisti neri sul Titano, bisogna dare uno sguardo d'assieme alla situazione generale della guerra, ed al quadro locale nella zona di Rimini e della stessa San Marino. 6. Il cerchio si stringe. Tra giugno ed agosto 1944 sono i mesi decisivi del conflitto nell'Italia centrale. Il 5 giugno gli Alleati entrano a Roma. I tedeschi ripiegano dietro la Linea Gotica. Un fatto europeo, il giorno 6 avviene lo sbarco in Normandia. L'avanzata alleata in Italia procede lungo varie direttrici. Il primo luglio liberata Cecina, il 12 comincia il bombardamento Usa dei ponti sul Po. Il 14 liberata Poggibonsi. Il 15 c' l'attacco verso Arezzo, il 18 i polacchi sono ad Ancona. Il 20 luglio, nella Tana del Lupo, il quartier generale di Hitler in una foresta della Prussia Orientale, avviene l'attentato al fhrer. Fallisce. Hitler si vendica, facendo uccidere migliaia di militari e di civili 'sospetti'. Dal 15 luglio, il governo italiano ha riconosciuto i partigiani come parti integranti dello sforzo bellico della nazione. Nella notte tra 25 e 26 agosto, inizia l'attacco alla Linea Gotica. La fine del nazismo ancora lontana, ma ormai certa. Non la propaganda alleata a sostenerlo. Lo pensano ormai anche i fascisti. Al Comando tedesco di Rimini, a Villa Danesi, nel giugno 1944 c' un pranzo di ringraziamento ai medici del nostro ospedale per le cure prestate ai militari germanici. Ricorda il dottor Marino Righi che, alla fine del banchetto, il capo repubblichino di Rimini, Paolo Tacchi, dichiara: Non capisco come l'asse possa vincere questa guerra. Anzi penso che per noi sia gi perduta. La lotta partigiana si fa generale in pianura, con azioni rapide di guerriglia. In montagna ed in collina, con operazioni militari. Gi dal novembre 1943, il partito fascista repubblichino ha ordinato di passare per le armi gli elementi antinazionali al soldo del nemico che compiano atti proditori nei riguardi dei fascisti repubblicani. la politica del pugno duro, dopo il tentativo (deriso dagli oppositori interni come abbraccio universale), di una pacificazione nazionale.

Lo compiono fascisti troppo ingenui o troppo furbi che (secondo lo storico Arrigo Petacco) andavano predicando qua e l per l'Italia la necessit "di una assoluta fratellanza fra gli italiani, senza distinzione di partito". Anche a Rimini, il 12 settembre 1943, Paolo Tacchi aveva chiamato a raccolta gli antifascisti del Cln, per un patto di non aggressione che non venne stipulato. Dal primo luglio 1944, tutti gli iscritti regolarmente al PFR di et fra i 18 e i 60 anni e non appartenenti alle Forze Armate repubblicane, costituiscono il corpo ausiliario delle Camicie Nere composto dalle squadre di azione. Scrive Petacco: Le Brigate nere si riveleranno nella loro stragrande maggioranza delle bande di canaglie e di torturatori..., mentre la "carta bianca" del novembre 1943 di passare per le armi gli antifascisti, costitu l'inizio di una spirale di violenza che insanguiner il Paese. Sono cose che accadono anche a Rimini. 7. Tra Rimini e San Marino. Alle brigate nere danno manforte i nazisti. E viceversa. Il 26 ottobre 1943, il Commissario prefettizio Bianchini aveva avvisato: In caso di nuovi atti di sabotaggio comunque compiuti il Comando militare germanico proceder alla deportazione dei cittadini in ostaggio. Poi aveva aggiunto che da parte italiana i colpevoli sarebbero stati punti con la pena di morte. Gli italiani, dunque, peggio dei tedeschi. Ai nazisti per non piacer per nulla lo zelo dei repubblichini riminesi. Comunque, tra fascisti di Sal e tedeschi, c' scambio di favori, in vista di un fine comune, ed in nome di una causa altrettanto comune. Essi sconfinano assieme nella neutrale San Marino, alla ricerca di oppositori politici e partigiani. Le spie sono italiane. La protezione armata quella germanica. Il 18 marzo 1944 a Serravalle, i fascisti riminesi arrestano Giuseppe babbi, un dc, e lo consegnano alle SS dalle quali sar portato a Bologna. Il 4 giugno, al cimitero di Montalbo, sono catturati dai repubblichini quattro riminesi (Decio Mercanti, Giuseppe Polazzi, Leo Casalboni ed Elio Ferrari), ed un sammarinese, Gildo Gasperoni. Li interroga Paolo Tacchi assieme a Marino Fattori. I quattro riminesi sono tradotti a Forl, dove incontrano anche Luigi Nicol e Mario Capelli che il 16 agosto, assieme ad Adelio Pagliarani, saranno impiccati a Rimini. Mercanti riesce a fuggire verso il 15 giugno durante un allarme per strada, mentre veniva condotto al palazzo di Giustizia. Ferrari e Casalboni dovevano essere fucilati il 29 giugno. Si erano gi scavati la fossa, quando un bombardamento mise in fuga il plotone di esecuzione. Il frate che li aveva assistiti, li aiut a fuggire. Nell'aprile 1944, stato arrestato a Riccione un antifascista di Santarcangelo, Rino Molari. Lo uccideranno a Fossoli tra il 12 ed il 13 luglio 1944, assieme ad un riminese, Walter Ghelfi, ed a Edo Bertaccini (detto Fulmine) di Coriano. In questi mesi, la rabbia nazista e repubblichina, al suo culmine. Come belve infuriate per il cerchio della guerra alleata che si stringe attorno a loro, tedeschi e brigatisti neri spargono terrore. Il 12 agosto, un bando di Kesselring prevede rappresaglie contro le popolazioni residenti dove agiscono i partigiani. 8. Uno strano attentato.

Francesco Balsimelli rievoca quei giorni dell'estate 1944, quando era Capitano Reggente della Repubblica di San Marino, in un articolo del 18.8.1956 (La fermezza dei governanti sammarinesi, ne il Resto del Carlino): Numerosi e gravi atti di sabotaggio si verificarono nei paesi vicini e nella stessa Rimini, senza che la polizia germanica e fascista riuscissero ad evitarli e a scoprirli, onde le repressioni e le rappresaglie di infame memoria. A San Marino, invece, le cose procedettero con abbastanza calma, nonostante alcune intemperanze da parte di elementi forestieri e nostrani. Dietro la formula, fredda e diplomatica, delle intemperanze, si nasconde la realt dei partigiani che da Rimini salivano a San Marino per trovare rifugio o per organizzarsi. Senza per ricevere mai un aiuto concreto, come ad esempio un lasciapassare diplomatico. Ai primi di luglio, a Serravalle accade uno strano episodio: il presunto attentato ad un'auto repubblichina entrata in San Marino, racconta Giordano Bruno Reffi che allora era caporale della Milizia Confinaria sul Titano e che nel dopoguerra rivestir alti incarichi nel governo della Repubblica. La vettura, di propriet di Paolo Tacchi, aveva a bordo il repubblichino Raffaellini, considerato la spia che aveva fatto arrestare Babbi a Serravalle. Reffi racconta di una scenata di Tacchi a Raffaellini, perch il federale riminese sospettava che i colpi che avevano perforato la macchina fossero partiti dall'interno della stessa auto. Raffaellini rispose a Tacchi: Ma che cosa dici, Paolino? Come puoi pensare ad una cosa del genere?. Tacchi subito dopo scese a Rimini, ma la sera stessa torn a Serravalle, con il rinforzo di alcuni repubblichini. Per tutta la notte, Tacchi discusse con il Ministro Plenipotenziario di San Marino Ezio Balducci, su di una possibile rappresaglia da attuare sul luogo dell'attentato. Balducci (era ovvio) si oppose in modo fermo, per all'alba (precisa G. B. Reffi), Tacchi egualmente si port via delle persone prese fra gli sfollati italiani. Nel dopoguerra, Balducci difender in tribunale Tacchi dall'accusa di aver compiuto quel rastrellamento, e soster che il ras di Rimini se n'era andato senza aver commesso violenza alcuna. Ma, come si visto, la testimonianza di Reffi sostiene tutto il contrario. Il particolare della scenata di Tacchi a Raffaellini, inoltre, toglie ogni valore alla ricostruzione fornita dallo stesso Tacchi al Carlino nel 1964: Casualmente avevo cambiato poco prima la macchina ed i colpi furono diretti contro la mia "Topolino". Della macchina che seguiva uscimmo con le armi in pugno, ma gli attentatori ci sfuggirono. Se le cose fossero andate cos, Tacchi non avrebbe pronunciato contro Raffaellini la frase ascoltata da Reffi. La storia dell'attentato contro il ras di Rimini perde di conseguenza ogni credibilit. Anzi, il particolare della scenata contro Raffaellini potrebbe far pensare che, da parte dei repubblichini, ci fosse stata una messa in scena per creare un incidente diplomatico con San Marino e giustificare un rastrellamento delle brigate nere ai danni degli italiani rifugiati in Repubblica. Di questa messa in scena avrebbe approfittato lo stesso Tacchi non soltanto subito, quella stessa sera ai primi di luglio, dopo gli spari contro la sua "Topolino", ma anche nei giorni successivi. Grazie a quel presunto attentato Tacchi pot accanirsi contro San Marino ed i suoi rifugiati italiani. Ogni atto di violenza commesso dai repubblichini riminesi in territorio sammarinese, poteva giustificarsi con quegli spari di Serravalle.

Le spie repubblichine sospettavano su tanti ospiti della Repubblica e su abitanti delle zone di confine. Uno degli indiziati appunto Duilio Paolini. Lo credono un organizzatore di bande partigiane. Siamo nella notte tra il 12 ed il 13 luglio, quando Paolini catturato dalle brigate nere. Lo torturano e forse lo uccidono subito, poi fanno scomparire un cadavere scomodo. Gli "amici" tedeschi delle SS hanno tutto il tempo necessario per preparare la versione ufficiale. Paolini stato arrestato e poi fucilato da loro. Versione comunicata il 25 agosto, il giorno in cui sono liberati i sei sammarinesi arrestati dai brigatisti neri italiani e dai nazisti il 12 agosto. Senza gli spari di Serravalle, forse Paolini non sarebbe stato eliminato. I giorni dell'agosto 1944 sono cruciali nella lotta politica e militare della nostra zona. Accadono infatti anche altri episodi. Nota bibliografica. tratta dal volume di Bruno Ghigi (curatore ed editore, 1980) La guerra a Rimini e sulla Linea Gotica dal Foglia al Marecchia, la testimonianza del dott. M. Righi (p. 253). Sono contenute nel volume gi cit. La Repubblica di San Marino, Storia e Cultura, Il passaggio della guerra, 1943-1944, le testimonianze di E. Ferrari (pp. 112-116), D. Mercanti (168-170) e G. B. Reffi (194-197). Per le notizie storiche locali, cfr. il nostro Rimini ieri. Dalla caduta del fascismo alla Repubblica, 1943-1946, ed. il Ponte, Rimini 1989. Su E. Balducci, v. A. Montemaggi, San Marino nella bufera, Della Balda, RSM 1984, alle pp. 24 e 50. Su P. Tacchi, cfr. A. Montemaggi, I rapporti fra nazisti e fascisti e i primi scontri con i partigiani, il Resto del Carlino, 26.04. 1964. Il volume di Arrigo Petacco Pavolini, Oscar Mondadori, 1988: cfr. soprattutto alle pp. 166 e 193.

I giorni dell'ira, 3 (07.01.1990) L'agosto di passione 9. Il 12 agosto. Riprendiamo il racconto dell'ex Capitano Reggente di San Marino Francesco Balsimelli sull'agosto 1944 che non trascorse immune da complicazioni e da pericoli. Il giorno 6, sulla strada tra Dogana e Serravalle erano stati rinvenuti dei manifestini incitanti alla rivolta contro i tedeschi. Erano sparsi sulla carreggiata ed affissi alle piante. Fu un fatto, scrive Balsimelli, che costituiva un grave rischio per l'incolumit della nostra neutrale Repubblica. Nella notte del 10, ignoti spacciandosi per partigiani, avevano svolto azioni di estorsione a Montegiardino. Il giorno 12, c' l'arresto di sei sammarinesi che saranno poi liberati, per ordine delle SS, il 25 dello stesso mese. un episodio al quale abbiamo gi accennato, ma su cui occorre ritornare. Leggiamo la testimonianza di Federico Bigi. Il sammarinese Luigi Giancecchi detto Chicone viene arrestato quel 12 agosto da un gruppo di SS tedesche e da brigatisti neri italiani, lungo la Costa, una scorciatoia che unisce Borgo a Citt, mentre stava consegnando del materiale di propaganda antitedesco ad un giovane italiano che poi risult essere un agente provocatore e che mi risulta sia stato fucilato dopo l'arrivo degli alleati, racconta Bigi. Dopo Giancecchi, le SS ed i brigatisti prelevarono dalle loro abitazioni anche Ermenegildo Gasperoni, i fratelli Giuseppe ed Armando [Pier Gaetano, n.d.r.] Renzi e Nazzareno Arzilli e li portarono al Comando della Milizia sammarinese. Bigi dimentica il sesto nome, quello di Vincenzo Pedini. Gasperoni racconta quei momenti. Un capitano tedesco lo interroga: Gentilmente mi chiese se ero stato nelle Brigate internazionali in Spagna... Alla mia risposta affermativa mi chiese se a San Marino vi fossero formazioni partigiane o di prigionieri alleati nascosti. Risposi negativamente, affermando che essendo la Repubblica di San Marino un Paese neutrale, non vi era motivo di avere un'organizzazione partigiana. Non ci sono neppure partigiani italiani nascosti sul Titano, aggiunge Gasperoni: Alla mia risposta negativa insorse un tenente dei battaglioni M, presente all'interrogatorio, gridando ferocemente che io mentivo; chiese al Capitano di consegnarmi nelle sue mani, che avrebbe trovato lui il modo di farmi parlare. Il capitano tedesco, laureato in Legge, chiam i Carabinieri e disse loro: Gasperoni vostro prigioniero, con l'esercito germanico non ha nulla a che fare. Giuseppe Renzi: I fascisti volevano portarci in Italia, per fucilarci. Il capo era Paolo Tacchi. Bigi conferma: le SS volevano portare via i sei arrestati, nel qual caso la loro sorte era facilmente prevedibile Il capo delle brigate nere Paolo Tacchi, dice Bigi, era molto pi odioso del tedesco. Per tutta la notte and avanti una lunga trattativa condotta soprattutto dal Plenipotenziario Ezio Balducci: Alle cinque del mattino, dopo estenuanti colloqui, il Comandante delle SS, nonostante che il Capo delle Brigate Nere protestasse energicamente, si convinse a non esigere la deportazione dei nostri concittadini, a condizione per che noi li avessimo trattenuti in carcere, conclude Bigi.

10. La trebbiatrice bruciata. Era l'alba del 13 agosto 1944. La sera prima una trebbiatrice al servizio dei tedeschi, in localit Fornaci Marchesini a Rimini, data alle fiamme. un atto di sabotaggio contro razzie, rubamenti e requisizioni dei tedeschi. I nazisti, nel corso dell'estate, sono diventati sempre pi prepotenti. A tutto ci, il Comitato di Liberazione Nazionale ha reagito con un appello del primo luglio: non trebbiate il grano, per impedire che i tedeschi se lo prendano e lo portino in Germania. Lo stesso 13 agosto, militi repubblichini e soldati tedeschi guidati da Paolo Tacchi circondano la base partigiana di via Ducale a Rimini, da cui era partito il commando dei Gap (Gruppi di azione patriottica) che aveva incendiato la trebbiatrice, ed arrestano Mario Capelli, Luigi Nicol ed Adelio Pagliarani. Intanto a San Marino si forma una delegazione composta da Federico Bigi, Marino Beluzzi ed Ezio Balducci per trattare con le SS di Forl la liberazione dei sei arrestati. A Rimini il 14 agosto Capelli, Nicol e Pagliarani sono sottoposti dai tedeschi a processo sommario. Il verdetto, condanna a morte. Padre Callisto Ciavatti chiede al Comando tedesco di commutare la pena di morte nella deportazione, e riceve la promessa di rivedere la cosa. lo stesso frate a raccontare questi particolari. Il suo confratello padre Amedeo carpani dichiar: Non ci fu niente da fare, anche perch Tacchi che comandava a Rimini, era molto deciso a giustiziarli. Ma Tacchi voleva comandare anche a San Marino, come precisa Bigi che lo definisce (si gi visto) molto pi odioso del tedesco, ovvero il ricordato capitano germanico. Il 16 agosto, dalla forca eretta in piazza Giulio Cesare a Rimini, pendono i corpi senza vita dei Tre Martiri. 11. Ritorsione sul Titano. Il giorno 20, in territorio sammarinese erano apparsi razzi segnalatori [...] senza che le pattuglie sguinzagliate in ricognizione riuscissero a scoprire traccia degli incauti che avevano agito, scrive Balsimelli. L'ex Reggente Balsimelli accusa apertamente Paolo Tacchi per un episodio accaduto il 25 agosto: ... forse per ritorsione [...] giungeva a San Marino Paolo Tacchi da Rimini accompagnato da alcuni ufficiali delle SS con la pretesa tante volte ventilata di procedere ad un rastrellamento degli innumerevoli giovani italiani quivi sfollati. Il terrore di Rimini, come la gente chiamer Tacchi, voleva diventare pure il terrore di San Marino. Paolo Tacchi fu uno dei numi tutelari dei repubblichini sammarinesi, ci dichiara il prof. Cristoforo Buscarini. Il quale ci mostra una pagina di Alvaro Casali in cui si parla di tacchi come di un criminale. Per l'episodio del 25 agosto, a difendere Tacchi ancora una volta il Plenipotenziario Balducci. Nel corso del primo processo al ras repubblichino, nel dopoguerra, Balducci testimoni che il governo sammarinese era stato avvisato dal colonnello tedesco Christiani dell'intenzione che costui aveva di effettuare un rastrellamento con 1.500 uomini sul Titano. Balducci parla con Christiani alla presenza di Tacchi di cui aveva chiesto la collaborazione a favore di San Marino, ricordandogli i trascorsi studenteschi nella Repubblica, Balducci in tribunale spieg che Christiani fu cos convinto a telefonare ai suoi superiori, affinch rinunciassero al rastrellamento, e che alla fine Christiani gli comunic: tutto rinviato.

San Marino era stata salvata in extremis da Tacchi, secondo Balducci. Era il 25 agosto, ed i nostri tre protagonisti si trovavano a Rimini. Come mai, lo stesso giorno, secondo il racconto di Balsimelli, Tacchi sale sul Titano per un rastrellamento di giovani sfollati? Ancora una volta, le dichiarazioni di Balducci si scontrano con altre ricostruzioni. Ma Balducci, chi era? Cos lo descrive lo storico Amedeo Montemaggi: gi fascista ed amico di fascisti, aveva molte conoscenze nella Repubblica di Sal. Dal 28 ottobre 1943, Ministro Plenipotenziario della Repubblica prsso gli Stati belligeranti. Prima di quel giorno, Balducci era in esilio: nel 1934, si era messo in urto con i fratelli Manlio e Giuliano Gozi, che comandavano a San Marino in quegli anni e che per liberarsi di lui lo avevano accusato di complotto contro lo Stato e fatto condannare a venti anni di lavori pubblici. Montemaggi parla di un ascendente di Balducci su Tacchi. Bigi racconta dell'odio che molti repubblichini avevano nei confronti di Balducci, considerato un traditore. Ed aggiunge: Era di una capacit diplomatica e manovriera enorme. Tanto che quel 25 agosto riesce a risolvere con il capitano Kurt Schutze, comandante delle SS di Forl, il caso dei sei arrestati a San Marino il 12 agosto, che cos poterono ritornare liberi. 25 agosto, si detto. Pochi giorni prima, il Commissario di Pubblica Sicurezza di Rimini ha inviato al federale di Forl un rapporto in cui dichiara che la cattura dei tre partigiani impiccati il 16 stata opera personale della intelligente ricerca del Segretario Politico della citt di Rimini, cio di Paolo Tacchi, coadiuvato da elementi della FeldGendarmeria tedesca. Nella stessa notte tra 25 e 26 agosto, inizia l'attacco alla Linea Gotica. Il 31 agosto, la carovana di repubblichini abbandona la nostra citt. Anche Paolo Tacchi fugge da Rimini. 12. La banda Stacciarini. Intanto,il 29 agosto, la delegazione sammarinese che aveva trattato con il capitano Schultze, invia ai Capitani Reggenti il suo rapporto, dove appare il nome di Duilio Paolini. Secondo le SS, il sarto era stato un delatore. Dopo l'orrore della sua morte violenta, ecco apparire l'infamia di una falsa accusa. Riproduciamo alcuni passi della relazione ai Capitani Reggenti, che riferisce le opinioni di Schultze: Il Comando SS di Forl informato che nella zona di Montemaggio, Montelicciano e Montegrimano e regione limitrofa si trovano nuclei di partigiani. Nella zona suaccennata scorrazza la banda composta di non meno trenta partigiani, al comando del gi famoso Stacciarini. Stacciarini era un giovane, figlio di un gerarca fascista bastonatore, ricorda Giuseppe Maiani. Fanno parte della banda stessa ex ufficiali del disciolto R. Esercito italiano e fra questi sono gli ex ufficiali Pelluccio Emanuele e Bacchilega, prosegue la relazione: Informatori al servizio del Comando di Polizia tedesco, che hanno avuto e tuttora mantengono rapporti con queste bande, assicurano che la banda Stacciarini ha avuto l'ordine dal Comando superiore dei partigiani di sconfinare nel territorio della Repubblica ed ivi rifugiarsi in caso di reazione tedesca. 13. Quale deposizione? a questo punto che appare nella relazione il nome di Duilio Paolini: Da informazioni pervenute al Comando delle SS e da deposizione del sarto di Montelicciano Paolini, da un mese circa arrestato e pochi giorni

fa fucilato, risulta che i Sammarinesi Gasperoni Gildo e Gianfrancesci Luigi sono in contatto con le bande che hanno stanza in prossimit dei confini della Repubblica di San Marino. Ecco che, per sottilissimo e invisbile filo che talora sembra legare persone e datti tra loro tanto lontani, s'incontra il nome del povero Paolini, infangato dalle SS come un traditore dei propri compagni. Poteva fare nomi, Paolini? Non conosceva gli arrestati, ci dice Pippo Bartoli. Allora perch le SS parlano di una deposizione? In quel gioco di reciproci favori, fatti all'insegna di una disumana ferocia che caratterizza pi i repubblichini degli stessi nazisti (nonostante postumi tentativi di rovesciare la verit storica), forse le SS vollero mascherare l'omicidio compiuto dalle brigate nere che e seguivano le direttive partite da Sal, come metodo di azione. Per fortuna, non tutti i repubblichini erano odiosi come Tacchi o quelli che agirono tra Rimini e San Marino. A Montegrimano, il segretario del fascio era Enzo Pozzi, figlio di un signore, che faceva il vagabondo, rievoca Pippo Bartoli. Quando c'erano pericoli, ci avvisava. Faceva la spia per opportunismo, ma aveva l'animo buono. Era senza nessuna idea, uno di quelli che sono contro tutti. Rompeva le scatole alla gente. Arrestava i genitori di richiamati alla leva. Dopo la liberazione, Pozzi fin in un campo di concentramento, arrestato dalla Polizia alleata. Fu preso dai partigiani. L'ho salvato io, perch non aveva fatto nulla di male. Non ha mai voluto vendette, Bartoli. Per dare una lezione morale, dice, a quanti negli anni precedenti avevano elevato la violenza a loro credo politico. 14. Odio chiama odio. Vendetta pura e semplice pare essere invece quella che ha colpito Paolini. Hanno voluto punirlo per le sue idee. Non fu un congiurato, non tesseva complotti. Nulla autorizza a parlare di un legame tra la sua cattura da parte dei repubblichini, e gli arresti del 12 agosto a San Marino, che furono uno dei tanti episodi della caccia agli oppositori del fascismo di Sal nella neutrale San Marino. Non c' nessun motivo per credere che la cattura di Paolini abbia permesso di scoprire un complotto antitedesco. Esisteva soltanto una propaganda contro il nazismo che s'intensificava in quei giorni, in cui stavano per arrivare gli Alleati. L'avanzata degli anglo-americani cambier il volto della storia. Prima che gli impavidi repubblichini scappino, alla fine di agosto e che il terrore delle armi disegni di croci le nostre terre, il 29 agosto, proprio tra Montelicciano (dove era stato catturato Paolini) e San marino, accade un altro tragico episodio. Odio chiamava odio. Verso le 17, a duecento metri dal confine, ucciso in un'imboscata un russo, ex prigioniero di guerra, aggregatosi all'esercito tedesco. Scrive Balsimelli che in seguito a ci, dalle truppe germaniche immediatamente giunte sul luogo, erano state incendiate per rappresaglia due case, ed arrestate le prime persone trovate nella localit. Sul numero degli arresti c' discordanza: Balsimelli parla di otto sammarinese e due italiani, ma poi elenca nove nomi di suoi connazionali. Federico Bigi che partecip alla trattativa per la liberazione di quelle persone, le ricorda in numero di dodici, tra cui due italiani. Uno degli arrestati, Guerrino Maiani, elenca quindici nomi in tutto. Nota bibliografica. Sono tratte dal volume gi cit. di Bruno Ghigi La Repubblica di San Marino, Storia e Cultura, Il passaggio della guerra, 1943-1944, le

testimonianze di F. Bigi (pp. 77-86), G. Gasperoni (125-138) e G. Renzi (203-205). La testimonianza di E. Balducci nel cit. volume di A. Montemaggi, San Marino nella bufera, p. 50. Per la storia dei Tre Martiri, cfr. il cit. nostro Rimini ieri. Dalla caduta del fascismo alla Repubblica, 1943-1946, al cap. 13. L'articolo di Balsimelli lo stesso citato nella scorsa puntata: La fermezza dei governanti sammarinesi, il Resto del Carlino, 18.8.1956.

Parte seconda. San Marino 4. 28 luglio 1943, San Marino volta pagina [04.03.1990] 5. 8 luglio 1943. Chi minaccia San Marino [18.03.1990] 6. L'attentato a Casali e l'arresto di Babbi [01.04.1990] 7. La prof. che faceva la spia [29.04.1990] 8. Tra saluti romani e bombe alleate [20.05.1990] 9. Fascisti alla sbarra [10.06.1990] I giorni dell'ira, 4 (4 marzo 1990) 28 luglio 1943, San Marino volta pagina 15. Denudati dalle SS. Alle 17 circa del 29 agosto 1944, fra Montelicciano e San Marino, a 200 metri dal confine della Repubblica, viene ucciso un russo aggregato all'esercito germanico, "mentre con una carretta unitamente ad un militare tedesco, andava in perlustrazione nelle varie case per inventariare o procurare gli alloggi alla truppa che stava ripiegando dal fronte delle Marche". Il racconto di Guerrino Maiani, uno degli arrestati per rappresaglia dalle truppe naziste: "In colonna, a piedi dalle Capanne, sotto una scorta siamo stati portati ai Monti di Montelicciano, sull'aia del contadino Temeroli", dov'era stato ucciso il russo. "Siamo stati messi contro un muro. Sull'aia, distesi per terra, con i fucili puntati addosso c'era gi un altro gruppo di rastrellati italiani mentre la casa di Temeroli bruciava, incendiata dalle truppe tedesche (...). I soldati erano tutti schierati con le armi in mano pronti a sparare". Un altro rastrellato, l'anziano Erminio Podeschi, lo rimandano indietro, dicendogli: "Tu vecchio vai a casa e quando sai che ci sono i ribelli vieni a dirlo a noi al Comando di Montegrimano". "A piedi, passando per i calanchi, siamo stati portati ai bagni di Meleto" su di un camion aperto, e "abbiamo raggiunto Montegrimano". Cos Guerrino Maiani. Suo fratello Giuseppe prosegue: "Portati nei locali del Comune... ci hanno costretto a spogliarci...": per tre giorni, restano "nudi come quando nostra madre ci mise al mondo". E nudi li mandano a prendere l'acqua nella fontana pubblica, nella piazza del paese. 16. L'interrogatorio. Dalla loro cella, i prigionieri ascoltano le torture inflitte dai tedeschi a due partigiani, Renato Parlanti e Mario Galli. Poi vengono interrogati "con due pistole puntate alla tempia, un fucile al petto", precisa Giuseppe Maiani: "Volevano sapere se noi conoscevamo i ribelli" della banda Stacciarini, "e chi aveva ucciso il tedesco. L'interrogatorio veniva di tanto in tanto interrotto da botte; dur circa un'ora". La banda prendeva nome da Antonio Stacciarini, un giovane, figlio di un "gerarca fascista bastonatore", e lui stesso ex sergente della Milizia. Il governo di San Marino interviene subito presso le SS. Spiega Federico Bigi: "Trovai sempre un'estrema durezza nelle trattative da parte del Comando tedesco" che esigeva che almeno dieci persone fossero fucilate per rappresaglia. "Quel comandante arriv a prospettarmi una soluzione veramente terrificante... la consegna da parte mia di dieci italiani scelti a mio piacimento fra i rifugiati di San Marino", in cambio della libert per il gruppo arrestato il 29 agosto. Bigi riesce ad ottenere la consegna di tutti i prigionieri senza contropartita, e li fa trasferire nel carcere della Rocca, "per ragioni di

sicurezza nel timore che venissero nuovamente arrestati o prelevati". E' il 4 settembre. 17. Il perch della clemenza. Nella notte tra il 31 agosto ed il 1 settembre, i tedeschi hanno ucciso, a furia di botte, i due partigiani torturati nel 'carcere' di Montegrimano, Renato Parlanti (22 anni) e Mario Galli (30). Erano stati "catturati armati in una zona liberata dagli inglesi", come aveva confessato a Giuseppe Maiani lo stesso Parlanti. Maiani aggiunge un particolare: durante il ritorno a San Marino, il 4 settembre, "siamo ripassati dai bagni di Meleto e l ci ha investito un irrespirabile fetore di cadaveri in decomposizione. Dopo il passaggio del fronte venimmo a sapere che nel fosso di quella localit erano stati trovati i corpi di Parlanti e Galli ammazzati dai tedeschi". Perch i nazisti avevano 'graziato' il gruppo degli arrestati il 29 agosto? Il Comando germanico era consapevole "che la fucilazione di innocenti cittadini sammarinesi, in quanto sudditi di uno stato neutrale, avrebbe suscitato non poche proteste diplomatiche", sostiene Francesco Balsimelli. Del fatto, avrebbe poi approfittato inevitabilmente la propaganda alleata. Infine, conclude Balsimelli, "a Montegrimano cominciavano ad arrivare le granate alleate". Come gli episodi finora ricostruiti (dal delitto Paolini alle retate sul Titano), anche questa vicenda mette in luce gli stretti collegamenti esistenti tra la storia di San Marino e quella italiana, nel periodo 194344. Da San Marino partono spedizioni punitive in territorio italiano, guidate dal repubblichino Marino Fattori. A San Marino approdano spavalderie e bravate delle brigate nere riminesi, comandate da Paolo Tacchi. Sono fatti in apparenza confusi ed ambigui. Ma che, come il delitto Paolini, dimostrano l'esistenza di legami di collaborazione tra fascisti ed SS, sui quali si spesso taciuto, per dimostrare che i repubblichini erano in stato di sudditanza nei confronti dei tedeschi, considerati gli unici responsabili di tutto. L'attentato di Serravalle a Tacchi (cap. 8), si collega ad una strategia del terrore messa in atto dai fascisti riminesi, con rappresaglie e violenze in territorio sammarinese. Pi confuse ed ambigue dei fatti stessi, appaiono poi certe ricostruzioni storiche che non hanno tenuto conto della successione degli episodi. Tra i quali passa un "sottilissimo ed invisibile filo" che si dipana pure all'interno della Repubblica di San Marino. Per meglio comprendere il senso degli avvenimenti narrati, necessario perci ricostruire la vita politica sul Titano, dal luglio '43 al 20 settembre '44, giorno in cui gli alleati raggiunsero l'antica Terra della Libert. Furono i mesi in cui il leggendario principio della Libert, sancito dal Santo fondatore e poi concretamente vissuto e testimoniato attraverso i secoli, corse gravi rischi di ripetute violazioni. Fu il tempo in cui San Marino dovette di continuo fronteggiare i fascisti locali, i repubblichini italiani e quei tedeschi che avevano l'intenzione di diventare anche gli occupanti del Monte Titano. Le pagine che seguono non sono la "solita storia" sui giorni drammatici della guerra. Esprimono piuttosto un tentativo di rileggere momenti del tutto ignorati (anche in storie 'ufficiali' di San Marino), o ricostruiti secondo ottiche preconcette e parziali, attraverso censure di testimonianze e travisamenti. C' infine un motivo ideale che ci accompagna, riassumibile in recenti parole del cardinale di Parigi, Jean-Marie Lustiger: "Bisogna avere il coraggio di confessare e di riconoscere le piaghe e le ferite dell'uomo malato, spogliarle dei cenci vergognosi con i quali si cerca di

mascherarle. Se non si conosce il male, se non lo si riconosce, come si pu guarirlo?". 18. "Cambieremo il ritratto". Quando la sera del 25 luglio 1943 alle 22.45 la Radio italiana annunci la caduta di Mussolini, all'albergo Titano (noto covo dei fascisti sammarinesi), si svolgeva la solita partita a poker dei capi locali. Il segretario di Stato Giuliano Gozi "rimase tranquillissimo", mentre suo fratello Manlio (segretario del pfs) "fu colto da emozione". Ricorda Federico Bigi che da Roma arriv una telefonata del console sammarinese: Badoglio nostro amico, non c' nulla da temere. "La serata si chiuse con questo commento umoristico di Giuliano Gozi: 'Allora vorr dire che a Palazzo al posto del duce metteremo il ritratto del maresciallo Badoglio'". C'era poco da ridere, per la verit. Anche San Marino stava per cambiare aria. Ma non senza traumi. Anzi, la Repubblica dovr vivere momenti assai dolorosi. "L'ora della resa dei conti era giunta anche per questi parodianti buffoni, e vani risultarono gli espedienti posti in atto il giorno 26 luglio, colla pubblicazione di un manifesto della Reggenza del tempo, in cui alle suadenti e fraterne raccomandazioni di calma e disciplina, si aggiungevano minacce di applicare con rigore le leggi contro coloro che intendessero turbare l'ordine pubblico. Non mancava il pistolotto in elogio al Maresciallo Badoglio che lo si considerava un caldo amico della Repubblica. Questa ostentata premessa che mascherava una latente paura, non serv che a prolungare di poche ore la vita dell'infausto regime": una testimonianza del dottor Alvaro Casali. Gli antifascisti locali si riunirono subito a Rimini, il pomeriggio del 26, nell'ambulatorio dello stesso dott. Casali, un socialista che nel '40 era stato costretto ad emigrare in Francia, da dove era tornato dopo l'occupazione tedesca, aprendo due studi, uno a Borgo ed uno a Rimini. Da quell'incontro, nasce il progetto di una manifestazione popolare che si tiene il 28 luglio al Teatro del Borgo, alla presenza di una folla strabocchevole. La vedova del dott. Casali, Antonia Amadei, ricorda che da Borgomaggiore gli antifascisti in corteo salirono al Palazzo della Reggenza, "per chiedere le dimissioni del Governo e lo scioglimento del Consiglio fascista". Il giorno prima, 27 luglio, era stato sciolto il partito fascista sammarinese. Nella riunione del 26 a Rimini, era nato il "Comitato per la libert" che il 27 tiene una seconda riunione "nella quale si decise di rompere ogni indugio e di passar la sera stessa all'azione, soprattutto perch nella stessa mattina i fascisti di San Marino avevano assunto un atteggiamento di sfida ed avevano promesso, siccome il loro vecchio sistema, bastonate e piombo ai loro oppositori", si legge in un numero unico del Comitato stesso, edito il 3 settembre, con il titolo "28 luglio". "La notte non si dorm", prosegue il foglio: "Giovani vibranti d'entusiasmo e di fede s'irradiarono per ogni frazione della Repubblica, chiamando a raccolta il popolo alla riscossa...". All'alba del 28, "una folla, forse non mai adunata nel nostro paese", invase "le anguste vie del Borgo, raggiante di sole e di gioia". 19. Campane a festa. Il comizio di Borgo fu presieduto da Francesco Balsimelli che poi guid il corteo assieme all'avv. Teodoro Lonfernini e ad Alvaro Casali. "Si svolsero lunghe trattative dei dimostranti con i Capitani Reggenti che infine decretarono lo scioglimento del governo. A mezzogiorno fu

costituito un governo provvisorio di venti membri, che nel pomeriggio fu poi allargato a trenta. Tra i quali mi ritrovai anch'io, ventitrenne", spiega Federico Bigi, noto esponente democristiano. Suonarono a festa tutte le campane. Alla testa del corteo c'erano le bande musicali, racconta una cronaca del tempo, dove si legge anche che i fascisti sammarinesi si erano illusi di tenere il potere pure dopo il crollo di Mussolini. Chi erano gli uomini del fascio sul Titano? "Praticamente... un unico personaggio con i suoi famigliari riassumeva tutti i poteri effettivi. Si tratta di Giuliano Gozi, al quale non si perdona d'esser stato accentratore assolutista, despota, segretario al Ministero degli Interni; egli assunse anche quello degli Esteri, vale a dire l'intero Gabinetto sammarinese che si compone appunto di due soli Ministri", prosegue quella cronaca. Come un dittatore, "S.E. Gozi nomin vice cancelliere un suo cugino, Enrichetto Gozi, e Segretario del partito fascista sammarinese il fratello Manlio". Il primo agosto, il "Comitato per la libert" creato dall'assemblea del 28 luglio, esulta: "... E' caduta la tirannia che per oltre un ventennio ha deviato la Repubblica dal suo millenario cammino". I cittadini sono invitati "a mantenere quell'attitudine di calma che lo spettacolo pi grande che possa dare un popolo offeso nelle proprie prerogative ma sicuro del proprio diritto". Il 10 agosto, lo stesso Comitato cancella tutti i provvedimenti presi dal governo sammarinese tra il primo aprile 1923 ed il 27 luglio 1943; ne destituisce i vecchi componenti; nomina un Sindacato straordinario "che indaghi sulle responsabilit politiche e amministrative di tutti gli esponenti del governo e del partito fascista ed applichi le eventuali sanzioni a norma di legge"; ed invita la repubblica a girare pagina: non pi arbitrii, abusi, privilegi, immunit, connivenze "create da un regime dispotico e incontrollato". Il 5 settembre, vengono convocati i Comizi elettorali a lista unica per i sessanta componenti del Consiglio Grande e Generale che, nella prima seduta del 16 settembre ascoltano il discorso dell'anziano leader socialista Gino Giacomini che il fascismo aveva mandato esule a Roma: "Noi non abbiamo n vendette da compiere n collere da sfogare. Esse sarebbero una meschinit e una degradazione indegna di noi e della nostra Terra". Ci si affidava ad una "giustizia alta e serena" che accertasse "le responsabilit del malgoverno, che ha trascinato il Paese a tante funeste contingenze". Sembrava che il peggio fosse passato per sempre. Invece doveva ancora venire. Il 5 ottobre 1943, un reparto di SS con tre autoblinde entra in territorio sammarinese, guidato dai fascisti del luogo, per arrestare gli esponenti pi rappresentativi del "Comitato per la libert" e per "abbattere il Governo Democratico sorto dalla caduta del fascismo", come narrer Alvaro Casali in una sua "Memoria storica". Le SS erano state chiamate dai repubblichini riminesi. SCHEDE/1. Dal 1923 al 1943 Il fascismo a San Marino. "Dal 1923 al 1943 rimane al potere un governo che sarebbe forse errato definire governo fascista in senso stretto ma che meglio pu essere denominato governo di fascisti, in quanto, a differenza di ci che si verific in Italia, a San Marino il fascismo non si inser nella costituzione e nella legislazione, che non subirono modificazioni sostanziali".

Cos Federico Bigi nel suo "Pagine sammarinesi", Garattoni, Rimini, 1963, pag. 20. "Il fenomeno fascista sammarinese, in talune sue manifestazioni", precisa Bigi alla nota n. 3 della stessa pagina, "appare come lo strumento di rivincita del ceto aristocratico che usc sconfitto dall'Arengo del 1906". SCHEDE/2. La banda Stacciarini Aprile 1944. A Montegrimano si forma il primo gruppo di partigiani. Fra i pi attivi ci sono Elio Fabbri e Duilio Paolini. Il nucleo si limita a rimediare qualche arma. Il comando viene affidato ad Antonio Stacciarini, originario di Montemaggio, ex sergente della Milizia e figlio di un manganellatore fascista. Di lui, per, non ci si fida pienamente, per i precedenti personali e paterni: Paolini d credito alla sua buona fede, ma lo fa seguire attentamente da Francesco (Popo) Penserini. A Paolini dato l'incarico di Commissario politico. Il gruppo compie qualche sparatoria a scopo intimidatorio, senza mai arrivare ad azioni di qualche rilievo. A giugno, il nucleo partigiano di Montegrimano deve congiungersi con il distaccamento "Montefeltro" della quinta brigata Garibaldi "Pesaro". Nella trasferta verso l'interno, incontra i fascisti, e si sbanda: ognuno vaga fra monti e fossi fino alla Liberazione. Nei primi mesi del '44, era giunto nella zona un gruppo di dodici perseguitati mantovani, fuggiti di casa. In luglio, i tedeschi li arrestano: di quelle persone, si perder ogni traccia: "Chi li ha traditi?... Mistero; non il primo, n sar l'ultimo". Il 10 luglio, a Montegrimano e a Meleto, su segnalazione dei fascisti, i tedeschi rastrellano una dozzina di persone, deportandole in Germania: "non direttamente partigiani, sono antifascisti". Il 12 luglio c' l'episodio di Duilio Paolini: i fascisti lo torturano, lui forse muore subito. Il suo corpo non sar mai ritrovato. Anche lui vittima di una spiata dei repubblichini. In quei momenti, "qualche fascista-di Montegrimano e di San Marino" prendeva nota di quanto accadeva. (Da "Per non dimenticare", di Sandro Severi). Le SS ammisero che nei rapporti dei propri informatori, c'erano anche delle "deformazioni". Quelle deformazioni volute dalle spie italiane, costarono la vita a qualche persona. Come nel caso del sarto di Montelicciano, Duilio Paolini, il cui ruolo era del tutto marginale. Nota bibliografica. Sono tratte dal pi volte citato volume di B. Ghigi su "San Marino 19431944", le testimonianze di Guerrino e Giuseppe Maiani (p. 159) e F. Bigi (84). La "Memoria storica" di A. Casali nello stesso Ghigi (p. 220). Cfr. poi A. Casali, "Lungo cammino di un popolo sulla strada della libert", Bramante ed., Urbino, 1970 (p. 131). Il giornale "28 luglio" in Ghigi. Cos pure la cronaca giornalistica, ivi riprodotta senza altre indicazioni. Il discorso di Giacomini nel cit. Montemaggi, "San Marino nella bufera", p. 84. Di S. Bertoldi, cfr. "Sal", Bur, 1978, p. 14. Dobbiamo all'Anpi di Pesaro le notizie biografiche su Mario Galli (nato a S. Angelo in Vado il 30.3.1914) e Renato Parlanti (Carpegna, 21.2.22), e la precisazione sugli arrestati del 29 agosto. Su quest'ultimo episodio, nella terza puntata abbiamo scritto che gli arrestati erano dieci secondo Balsimelli, dodici secondo Bigi e quindici secondo Guerrino Maiani. Ma nell'elenco di Maiani (nel cit. Ghigi), c' un

errore di stampa, per cui con l'aggiunta di una virgola, si sale a 16 persone. Guerrino Maiani, in una dichiarazione inviata all'Anpi di Pesaro il 20.6.1982, parla di 18 persone (tra cui sei italiani). Tra loro, una donna, Maria Giorgi che ricorda per pure una seconda ragazza italiana arrestata con lei, per cui si arriverebbe ad un totale di 19 persone (di cui sette italiani). Il nome di questa seconda ragazza non nell'elenco ricordato. Dove invece sono inseriti Mario Galli e Renato Parlanti che non furono arrestati a Montegrimano il 29 agosto, ma mentre erano di pattuglia con gli inglesi nelle campagne di S. Angelo in Vado, per un'imboscata tedesca "che aveva tutto il sapore di una soffiata abbastanza precisa", scrive Sandro Severi in "Per non dimenticare", opuscolo edito dal Comune di Montegrimano nel settembre 1982. L'intervista al card. Jean-Marie Lustiger nella "Stampa" del 5.9.1989.

I giorni dellira, 5 (18 marzo 1989) 28 luglio 1943, Chi minaccia San Marino 20. Dalla vicina Rimini. Le SS "dopo aver forzato e prelevato tre prigionieri alleati ivi internati, arrestarono alcuni cittadini notoriamente antifascisti e li trascinarono oltre confine sotto la minaccia della fucilazione", scriver Alvaro Casali che, quella mattina del 5 ottobre 1943, riesce a sottrarsi alla cattura. Le SS andarono poi al Palazzo del Governo e "minacciarono con le armi i Capitani Reggenti ingiungendo loro di cedere il potere agli spodestati fascisti che erano accorsi in veste di salvatori del Paese", racconta ancora Casali nella sua "Memoria storica". Le SS provenivano da Pesaro, precisa Gildo Gasperoni, aggiungendo che della presenza dei tre prigionieri inglesi "venne a conoscenza un fascista repubblichino di Verucchio". Ecco perch si pu ritenere che le SS siano state chiamate dai repubblichini riminesi che, d'altra parte, erano di casa a San Marino. Tedeschi, repubblichini italiani e sammarinesi perlustrano San Marino, da Borgo a Citt. Sono circa le 7, ricorda la vedova Casali, quando vede dalla finestra della propria abitazione, i militari tedeschi che entrano nella casa dell'avv. Teodoro Lonfernini che sar poi arrestato. Le SS arrivano anche nell'appartamento di Casali. Tra gli accompagnatori dei tedeschi, la moglie del medico riconosce Marino Berti, e lo rimprovera: "E tu non ti vergogni a girare con questi tipi". Per tutta risposta, le puntano una pistola al petto e perquisiscono la casa. I repubblichini ed i tedeschi trovano soltanto un revolver a tamburo, che sequestrano. Usciti dall'abitazione, SS e fascisti tentano di bloccare i figli di Casali, che hanno 18 e 16 anni. I due ragazzi riescono a scappare. "Quel giorno per i sammarinesi fu di confusione, di paura", spiega la signora Casali: "Ricordo che mio marito, come tanti altri antifascisti cercati dai fascisti sammarinesi, da quelli italiani e dai tedeschi, era scappato per le campagne, e dal suo nascondiglio mi aveva mandato un messaggio di stare tranquilla". Qualche giorno dopo, Giordano Giacomini avvisa i Casali "che nella notte sarebbe venuti i tedeschi a portare via gli uomini", racconta ancora la signora. "Allora mio marito Alvaro, Gino e Remy Giacomini con Doro Lonfernini scapparono di casa". Trovano rifugio ad Acquaviva dal suocero di Lonfernini, poi vanno a Torriana da Sandrino Tosi ed infine a Rimini, dove sono ospitati da Giovanni Grossi e da Aldo Pelliccioni. Gli arrestati del 5 ottobre vengono portati a Montelicciano. Ricordando quel periodo, Federico Bigi parla di "premonitrici incursioni armate nel nostro territorio di tedeschi e repubblichini italiani". Nazisti e brigatisti neri, infatti, cercavano di esportare sul Titano la guerra civile di Sal. Il fascio repubblicano di Rimini era nato il 16 settembre. Il 12, Mussolini era stato liberato; il 18, aveva annunziato la Repubblica Sociale. Rientrava nella logica repubblichina l'attacco ad alcuni protagonisti del 28 luglio, che erano nel "Comitato per la libert" della Repubblica. Un'altra testimonianza di Alvaro Casali: "Dalla vicina Rimini, quasi ogni giorno gruppi di Brigatisti facevano le loro incursioni sul territorio della Repubblica, abbandonandosi a sistematiche sopraffazioni, perquisizioni domiciliari, requisizioni di generi alimentari, rapimenti di elementi rifugiati, spari di armi e continue minacce di rastrellamenti. I Tedeschi, pur non mostrando simpatia per il governo, non arrivarono mai a simili eccessi...".

Aggiunge Cristoforo Buscarini: "I fascisti sammarinesi, forti della complicit di quelli italiani e delle truppe tedesche, si abbandonarono a rilevanti atti di violenza fino al tentato omicidio". 21. Il patto con Rimmel. Il governo sammarinese riesce ad ottenere la liberazione dei propri concittadini, arrestati il 5 ottobre '43. L'ambasciatore tedesco a Roma il 22 ottobre viene informato dal ministero italiano degli Affari esteri su "alcuni incidenti verificatisi nel territorio della Serenissima Repubblica di San Marino mediante procedimenti arbitrari da parte di Autorit Militari Germaniche". Il console tedesco a Venezia esprime a San Marino il rammarico dell'ambasciatore, e comunica che "sono stati impartiti ordini precisi" per far rispettare le neutralit sammarinese. "Inoltre sono stati dati ordini di rendere responsabili i colpevoli". Questo documento, trascurato finora, importante per due motivi. Anzitutto, perch riconoscendo che gli incidenti erano da condannare come violazioni della neutralit di San Marino, implicitamente scaricava la responsabilit dell'accaduto sui repubblichini riminesi che avevano guidato le SS nel territorio del Titano, istigandole alla cattura di antifascisti locali che nulla avevano a che fare con la situazione italiana. Secondo motivo. La comunicazione all'ambasciatore tedesco del 22 ottobre. Il 25 dello stesso mese, sale a San Marino il feldmaresciallo Erwin Rommel, per quella che non fu una semplice visita da turista. Precisa Casali: "Per allontanare altri pericoli, il Governo sammarinese credette opportuno di prendere contatti coi vicini Comandi Tedeschi e mentre le trattative si stavano avviando", ecco arrivare Rommel. Dalla domande rivolte da Rommel a Federico Bigi, si deduce che era un'ispezione vera e propria per verificare la situazione politico-militare di San Marino, e la dotazione di armi e munizioni. Non si trattava di una gita. Dopo le chiare risposte di Bigi ("Non esiste munizionamento" per i quattro cannoni donati dal re d'Italia nel 1907, che sparano a salve tappi di legno e polvere nera; per i pochi fucili modello '91, i caricatori sono chiusi nelle casse, e quindi come se quelle armi fossero non usabili), Rommel propone un 'modus vivendi': i tedeschi avrebbero rispettato San Marino, se San Marino avesse garantito che nessuna azione di sabotaggio provenisse dal suo territorio. I profughi inoltre non dovevano possedere armi. A Rommel, chiede il segretario di Stato avv. Gustavo Babboni: "E i fascisti?". Rommel d una risposta precisa, riferita da Bigi: "I fascisti, sammarinesi o italiani, devono essere tutti disarmati anche loro". Non fu cos, invece. Il "modus vivendi", commenta Bigi, "seppure con qualche eccezione, resse fino al settembre 1944...". Sostiene invece Gildo Gasperoni: "Le promesse del grosso personaggio dell'armata tedesca non servirono tuttavia ad interrompere le scorrerie dei fascisti repubblicani". 22. La "pacificazione". Prosegue Gasperoni: i repubblichini "anzi intensificarono le loro gesta provocatorie nel cercare... di incoraggiare i fascisti locali a svolgere opera di spionaggio sui fatti politici sammarinesi... Cos i fascisti di Rimini, capitanati dal famigerato Paolo Tacchi, provocavano ogni giorno incidenti di rilievo con requisizioni di derrate, perquisizioni in abitazioni di famiglie che ospitavano gli sfollati (in quel tempo erano centomila) e forse pi sequestri di automezzi".

La visita di Rommel rid fiato ai fascisti locali, rammenta Giordano Bruno Reffi. Infatti, il 28 ottobre '43 nel Consiglio di Stato (una specie di governo d'emergenza), sono inseriti su nomina della Reggenza anche cinque cittadini non appartenenti al Consiglio Grande e Generale, uscito dalle elezioni di settembre. I nomi di questi cinque, sono suggeriti da Giuliano Gozi, il Mussolini di San Marino, che pone anche se stesso nella lista. Il provvedimento passa alla storia come il "patto di pacificazione cittadina" che, negli intenti, doveva risolvere tutti i guai di San Marino. Gli avvenimenti successivi daranno ragione a quanti erano contrari. Non si tratta soltanto di critiche postume, ma di polemiche che divisero allora il fronte antifascista sammarinese, tra coloro che accettavano il patto e chi invece rifiutava, come Gasperoni, "qualsiasi compromesso con il fascismo". Per neutralizzare i fascisti, puntualizza Bigi, "sarebbe stato necessario che San Marino disponesse di corpi armati agguerriti ed efficienti, mentre avevamo solo i fucili da caccia". La "pacificazione" favor unicamente i capi del disciolto regime fascista che furono messi "al riparo di qualsiasi rischio penale per le responsabilit assunte nel Ventennio", ci dice Cristoforo Buscarini. Il patto, si legge nel verbale dello stesso 28 ottobre '43, era nato dalla volont di giungere ad una tregua "nelle competizioni di parte al fine di fronteggiare, da sammarinesi, la triste situazione". Si auspicava cos che non si ripetessero quei "dolorosi fatti" come l'arresto degli antifascisti il 5 ottobre, "fatti che hanno turbato la pace cittadina". In pratica, per, si premiava la violenza fascista che s'era dimostrata un abile grimaldello per far rientrare nel governo della Repubblica, personaggi usciti di scena dopo la caduta del regime, il 28 luglio. Questo particolare aspetto non sfuggiva ai partigiani riminesi 'sfollati' a San Marino, come Angelo Galluzzi, secondo il quale il comportamento dei cittadini della Repubblica era "decisamente, favorevole ai nazisti e ai fascisti". Per tradurre in pratica l'accordo con Rommel e rispettare il "patto di pacificazione", il 20 dicembre 1943, come "contentino verso l'esterno" per calmare i tedeschi (dice Bigi), fu approvata una legge che comminava una condanna sino a 10 anni per chi prestasse in qualsiasi modo aiuto a prigionieri di guerra, militari disertori (gli 'sbandati') e partigiani. Fu un cedimento ai tedeschi? Bigi sostiene di no, perch "non si deve dimenticare che San Marino ha ospitato e salvaguardato Comitati di Liberazione al completo, numerosissimi antifascisti ed ebrei, numerosi militari alleati, un numero enorme di disertori italiani, oltre i centomila profughi". I primi a violare il patto di pacificazione saranno i repubblichini, con il ferimento del dott. Alvaro Casali, il 6 febbraio '44. Gli spareranno al cuore, ma non lo uccideranno. Sbagliarono mira per due soli centimetri. 23. Il ritorno di Balducci. Con il patto del 28 ottobre, viene richiamato in patria il dott. Ezio Balducci, a cui sono affidati i difficili compiti di Ministro plenipotenziario ed Inviato straordinario presso gli Stati belligeranti. Si trovava in esilio. Nel 1934, i fratelli Gozi, per liberarsi di lui, lo avevano accusato di "complotto contro lo Stato", e fatto condannare a venti anni di lavori pubblici. Sul processo contro Balducci, presentiamo parte di un documento, "La Repubblica in gramaglie", dell'avv. Ferruccio Martelli che fu assieme allo stesso Balducci tra i condannati.

Il 26 marzo '34, giorno in cui fu emessa la sentenza sul famigerato "complotto", rester "come uno dei pi vergognosi degli ultimi dieci anni di storia nel nostro Paese", come un disonore per la Repubblica, scrive Martelli. "A San Marino la giustizia morta": "solo in tristissime epoche pu capitare di vedere, in un processo, svilupparsi tanto artificio, tanta impudenza, tanta malafede". Non prove ma falsificazioni hanno guidato la giustizia, soltanto per "mettere gli avversari fuori causa". "La sentenza di questo processo rimarr nella storia di San Marino bollata a lettere di fuoco, quale documento di perfidia ed infamia", concludeva l'avv. Martelli, da Roma, il 10 aprile '34. 24. Gozi accusa Tacchi Il partito fascista repubblichino di San Marino viene costituito il 4 gennaio 1944. Giuliano Gozi ne assume la segreteria, pi che per stare a galla, per non rimanere il solo capro espiatorio della situazione. "Calcolo non errato", spiega Bigi, come si vedr nel dopoguerra. E nel dopoguerra, Gozi si giustificher: "Lo feci per evitare incursioni ed aggressioni di fascisti italiani a San Marino", secondo quanto riporta Montemaggi. E' un'autodifesa, ma nello stesso tempo una grave accusa verso i repubblichini riminesi di Tacchi.

Schede/1 Il Consiglio di Stato. Il Consiglio Grande e Generale uscito dalle elezioni del 5 settembre 1943, decide il 28 ottobre dello stesso anno di delegare temporaneamente i propri poteri ad un Consiglio di Stato formato da venti persone. Gli intenti sono quelli di una generale riconciliazione. La deliberazione viene presa a causa "della gravit della situazione in cui si trova il Paese e dei pericoli che lo sovrastano". Fanno parte del Consiglio di Stato, i Capitani Reggenti pro tempore, l'Inviato Straordinario Ezio Balducci, i due Segretari di Stato agli Affari interni e a quelli esteri, dieci consiglieri e cinque membri nominati dalla Reggenza tra cittadini non appartenenti al Consiglio. Secondo Clara Boscaglia, da un cui brano citiamo, "in questo modo con saggia intuizione il Consiglio di Stato divenne maggiormente l'espressione delle tendenze democratiche emerse vittoriose nella consultazione del 5 settembre 1943 ma pot anche giovarsi, attraverso le nomine reggenziali, dell'apporto di appartenenti al disciolto Partito Fascista, apporto ritenuto indispensabile in quelle circostanze che vedevano San Marino circondata dalla Repubblica Sociale Italiana e stretta da vicino dai Comandi delle forze di occupazione del III Reich". (Da un testo di C. Boscaglia apparso nell'annuario XIII, anno scolastico 1977-78, delle Scuole medie sammarinesi, pp. 56-63).

Schede/2 Rommel. Il 25 ottobre 1943, Erwin Rommel a San Marino. E' un personaggio gi famoso, in quei giorni. Nato nel 1891, combattente nella prima guerra mondiale, dopo aver aderito al nazismo, compie una fortunata carriera militare grazie alle sue originali teorie sull'impiego dei carri armati. Nella seconda guerra mondiale, combatte in Polonia e in Francia, poi (1941) viene posto a capo dell'Afrika Korps in Libia. Qui rivel grandi

doti di strategia, conquistando Tobruk e spingendosi fino ad El-Alamein. Quest'ultima impresa gli valse il titolo di feldmaresciallo. Ma la lunga avanzata, determinando un allontanamento dalle basi, consent la controffensiva del maresciallo inglese Montgomery, che lo costrinse a una sia pur abile ritirata in Tunisia (1942). Rimpatriato, combatt in Italia ed in Normandia, dove rimase gravemente ferito. Sospettato (pur essendo ancora degente), di partecipazione all'attentato del 20 luglio '44 contro Hitler, si uccise per evitare il processo. (Dal "Dizionario dei personaggi storici", Zanichelli, 1971). Il generale Eisenhower su Rommel dette "un giudizio poco benevolo, affermando che scapp velocemente dalla Tunisia per mettere in salvo la pelle". Secondo Domenico Bartoli, noto giornalista scomparso di recente, Rommel fu "uno dei grandi generali, aveva capito l'essenza della guerra moderna, pagando di persona e utilizzando fino alle estreme conseguenze le armi di cui disponeva". Per il colonnello delle SS Eugenio Dollmann, "Rommel era un uomo molto duro... Non era uno stratega e la sua gloria l'hanno creata i tedeschi". Inoltre, non capiva nulla della mentalit italiana: "Per lui l'Italia era un libro sigillato". (Da Enzo Biagi, "1943 e dintorni", Mondadori, 1983). Quando si reca a San Marino, "Rommel non andava d'accordo col collega, feldmaresciallo Albert Kesserling... Il disaccordo era in fase acuta. Rommel voleva abbandonare l'Italia peninsulare e impostare le difese del Terzo Reich proprio sulla 'Linea degli Appennini' - con San Marino come punto cruciale della sua linea difensiva. Kesserling voleva invece difendersi lungo tutta la penisola, logorando i nemici angloamericani metro per metro...". (A. Montemaggi, "San Marino nella bufera", cit., p. 21). Ecco perch quella di Rommel a San Marino non una pura "visita di cortesia", ma piuttosto un'ispezione militare. Quel giorno sul Titano, Rommel dopo il colloquio con gli esponenti della Repubblica, visit il Palazzo del Governo. Ricorda F. Bigi: "All'atto della firma Rommel mi pass, per meglio firmare, il suo bastone di Feldmaresciallo, che io impugnai per tutto il tempo del giro nella Sala del Consiglio Grande e Generale e del Consiglio dei XII. Sarebbe stato simpatico il ricordo fotografico della giornata: una Capitano di San Marino con in mano il bastone di un Feldmaresciallo tedesco! Purtroppo a quei tempi non ci si preoccupava di documentarsi". (Dal cit. volume di B. Ghigi, "San Marino 1943-44", p. 82). Bibliografia essenziale. Sono in Ghigi, "San Marino 1943 - 1944", cit., le testimonianze di A. Casali (p. 220), G. Gasperoni (133), della vedova Casali (65), di F. Bigi (80-82) e G.B. Reffi (195). Per A. Casali, cfr. anche il suo "Lungo cammino...", cit.; la sua "Memoria storica" in Ghigi, p. 220. Cfr. pure A. Montemaggi, "San Marino nella bufera", pp. 23 e 27 (su Gozi). Il documento del console tedesco in Ghigi, cit., pag. 311. Sul numero esatto degli arrestati il 5 ottobre '43, non esistono informazioni. L'opinione di A. Galluzzi nei documenti del Cln, conservati in copia presso la Biblioteca Gambalunga di Rimini

I giorni dell'ira, 6 (1 aprile 1990) L'attentato a Casali e l'arresto di Babbi 25. L'agguato a Casali. Domenica 6 febbraio '44, il socialista dott. Alvaro Casali aggredito e ferito a colpi di pistola. Un proiettile gli si conficca a due centimetri dal cuore. Si salva, ma conserver quel 'ricordo' in corpo per tutta la vita. Casali assalito da Marino Gatti. Fra loro, per separarli, si mette Gildo Gasperoni. Cos Casali pu fuggire, ma viene ferito. Chi ha sparato? Gatti o Marino Berti che era sopraggiunto nel frattempo? Gasperoni non sa rispondere. La vedova di Casali accusa invece Berti: "Anch'esso armato, si mise all'inseguimento e spar su mio marito che, raggiunta la porta di casa, mentre stava per entrare, fu colpito da una pallottola del Berti sotto l'ascella". Ma Berti ha dalla sua le sentenze che parlano di un calibro 7.65, quello dell'arma usata da Gatti. La rivoltella di Berti era infatti una calibro 9. Quella mattina, resta ferita anche la signora Pia Michetti, moglie dell'avv. Lonfernini, la quale ricorda: "Gatti con la bocca cercava di strappare la linguetta di una bomba a mano, come se volesse gettarla in mezzo alla piazza gremita di gente che usciva dalla messa delle 11. Ad un certo momento... cominci a sparare contro di me... poi non contento di avermi sparato si mise ad inseguirmi mentre io cercavo di andare a rifugiarmi nella Farmacia del dott. Fausto Amadori... Mi sono ritrovata di fronte al Gatti, con la sua rivoltella spianata verso di me". L'intervento del prof. Manlio Monticelli salva la signora Michetti. Racconta la vedova del dott. Casali che, alla vigilia della sparatoria, "il 5 febbraio, quando a San Marino la festa di Sant'Agata patrona della Repubblica, era giunta da Faenza una squadra di camicie nere guidata dal dott. Marino Fattori" di San Marino. Fattori era solito condurre spedizioni punitive dei repubblichini di San Marino: dopo la liberazione fu fucilato nei pressi di Sondrio. Stessa sorte ebbe suo figlio Federico, tenente dei repubblichini. La signora Casali, "preoccupata che potesse succedere qualcosa", era corsa in chiesa ad accendere una candela a Sant'Agata. Che fu senz'altro ringraziata il giorno dopo, quando il dott. Casali riusc a salvarsi per un soffio dalla rivoltellata dei fascisti. 26. Un triste onomastico. Il 18 marzo, a Serravalle, Giuseppe Babbi viene arrestato, dopo aver subto una serie di minacce da parte di fascisti riminesi e sammarinesi. Babbi (l'antifascista pi in vista a Rimini, secondo Oreste Cavallari), militava nelle file cattoliche ed era uno dei maggiori esponenti del Comitato di Liberazione Nazionale cittadino. In casa non parlava di politica, "per non coinvolgere la famiglia", dice il figlio Andrea: "Dopo il bombardamento del 28 dicembre '43, siamo sfollati a Dogana di San Marino, in localit Saponara, in casa di mio zio Alfredo Babbi". La vigilia di San Giuseppe, Babbi avvicinato dal maresciallo dei Carabinieri di Serravalle, che gli comunica la necessit di parlargli in caserma. "Qualunque cosa lei abbia da dirmi, pu dirmela qui", replica Babbi. Il maresciallo "prese mio padre per un braccio e per il collo e lo trascin fino alla stazione ferroviaria di Serravalle, dove c'era il trenino fermo con accanto poliziotti italiani ed un militare delle SS tedesche. Mio padre fu caricato a forza sul treno che part verso Rimini", racconta ancora Andrea Babbi.

"Alla stazione di Dogana il treno si ferm; il maresciallo scese con i Carabinieri, lasciando mio padre in mano alla polizia italiana, anche se il treno era ancora nel territorio neutrale di San Marino". L'arresto di Giuseppe Babbi, prosegue il figlio, mise "in crisi il gruppo degli antifascisti che lui frequentava". L'altro figlio di Babbi, Angelo, la mattina del 19 al Commissariato di Rimini apprende la notizia che l'indomani suo padre sarebbe stato trasferito a Bologna. Verso le 10,30 del giorno 20, riesce a vederlo alla stazione ferroviaria di Rimini. Giuseppe Babbi viene avviato verso il treno, quando si accorge della presenza del figlio, a cui fa segno di allontanarsi. Soltanto a fine aprile, Angelo Babbi pu avere il permesso per un colloquio col padre nel carcere di Bologna, alla presenza degli agenti: "... per noi parlavamo in dialetto. Mio padre mi disse che l'avevano interrogato pi volte e che con lui c'erano... un ragazzo di Rimini, Walter Ghelfi e il prof. Rino Molari di Santarcangelo". Una delle ultime volte che Angelo Babbi si reca a Bologna dal padre, la famiglia Molari gli affida un pacco da consegnare al professore. "Ma fui costretto a portarlo indietro, perch sia Molari che Ghelfi erano gi stati portati nel campo di concentramento di Fossoli, dove entrambi furono fucilati", nella notte fra il 12 ed il 13 luglio. Babbi invece viene liberato il 17 luglio. 27. Tre storie. Per un breve periodo, tre diverse storie s'incrociano nel carcere di Bologna. Babbi ha 50 anni, Molari 33 e Ghelfi 22. Babbi, scrisse Oreste Cavallari, "con poca istruzione e molta miseria, si era fatto da s con forte carattere e forte personalit. Tutti, anche gli avversari politici, ne riconoscevano la forza d'animo e la purezza d'ideali". Nato a Roncofreddo nel 1893, si era trasferito nel 1904 con la famiglia a Rimini, dove lavora prima come commesso di farmacia e poi, dal 1913, come ferroviere. Si dedica all'attivit politica e a quella sindacale. "Nel 1921 contrast duramente le tendenze filofasciste" di don Domenico Garattoni e dell'avv. Mario Bonini, "costringendoli... a presentare le dimissioni dal Partito Popolare", scrive P. Grassi. Sturziano, davanti al problema agrario, Babbi sostiene idee per allora "molto audaci", differenziando nettamente il P.P. "dal comportamento degli agrari e delle forze economiche, appoggiate da 'il Resto del Carlino', che si preparavano a chiedere l'intervento delle squadre fasciste di Leandro Arpinati". Nel 1923, per la sua posizione di antifascista, viene espulso dalle Ferrovie e si trasforma in rappresentante di commercio nel settore dei mobili. Nel '43, riprende la sua attivit politica, in modo clandestino, "chiamando a raccolta gli antichi popolari e qualche giovane dell'Azione Cattolica in vista della fondazione di un nuovo partito", scrive ancora Grassi. Su Walter Ghelfi abbiamo poche notizie: ferroviere, il 13 marzo 1944 raggiunge l'Ottava brigata Garibaldi sull'Appennino tosco-emiliano. "Per il suo coraggio, per la sua fede, per il suo altruismo che lo faceva eccellere sugli altri, fu nominato Commissario Politico di Compagnia", si legge ne "Il Garibaldino" del 16 agosto 1945. In aprile, fu catturato nei pressi di Santa Sofia. Carcerato, torturato, si riduce in misere condizioni fisiche, ma non 'parla': "non trad i suoi compagni in arme". Rino Molari un insegnante di Santarcangelo che nell'anno scolastico 1943/44 insegna a Riccione, dove fa amicizia con don Giovanni Montali, suo compaesano. Poi entra in contatto con l'antifascismo del Cesenate e della Valmarecchia. Trasporta materiale clandestino. Al Provveditorato

agli studi di Forl, per le sue idee, lo giudicano un "elemento poco raccomandabile". Una spia della Repubblica di Sal, Giuseppe Ascoli, lo fa arrestare il 28 aprile '44. (A don Montali, come scriver don Domenico Calandrini sul "Ponte", "la guerra civile... barbaramente spense il fratello e la sorella, trucidati in casa vecchi e stanchi, e gettati nell'attiguo pozzo, per rabbia contro il vecchio prete che non s'era fatto sorprendere ed arrestare in canonica"). 28. Il proclama di marzo. Ritorniamo a San Marino. Eravamo rimasti al 18 marzo. Il 23 dello stesso mese, il segretario repubblichino, Giuliano Gozi, pubblica un proclama in cui si parla del "conforto che mi viene anche dalla piena fiducia personale del Duce". "I fascisti sono tenuti strettamente all'ordine e alla disciplina, astenendosi in modo assoluto da qualsiasi atto di violenza", sentenzia Gozi. Parole. Che nascondevano le violenze fino ad allora perpetrate, e che saranno smentite dai fatti successivi. Il primo aprile inizia la reggenza di Francesco Balsimelli e Sanzio Valentini, proprio nel semestre pi drammatico per la Repubblica. Nello stesso mese di aprile, racconta Montemaggi, "si acuiscono le tensioni col Governo fascista italiano, il quale rimproverava a San Marino di esser diventata asilo di migliaia di disertori, di renitenti alla leva, di antifascisti". Lo stesso Ezio Balducci, gran diplomatico di San Marino, "perseguito da mandato di cattura e denunciato al Tribunale speciale fascista". Ai repubblichini d fastidio che Balducci abbia raggiunto un "tacito accordo" (come lo definisce Balsimelli) con i nazisti, per salvaguardare sul Titano ebrei ben conosciuti dai tedeschi. Abbiamo cos conferma del fatto che i repubblichini italiani erano pi pericolosi dell'apparato germanico. Ciononostante, nel dopoguerra, Balducci cercher di difendere Tacchi, dicendo che il federale riminese aveva avallato le dichiarazioni sammarinesi, secondo cui non esistevano ebrei nella Repubblica. Ma che bisogno aveva San Marino di una conferma dai fascisti riminesi? SCHEDE Don Montali Anche l'uccisione del fratello e della sorella di don Giovanni Montali sono una dolorosa pagina dei "giorni dell'ira". Scrisse Maurizio Casadei nel "Ponte" del 22 marzo 1981 che il parroco di San Lorenzo "una volta, ritornando da un viaggio trov il soffitto della camera sfondato dalle pallottole sparate dalla strada. Poi, dopo che i fascisti nel marzo 1944 arrestarono per attivit 'sovversiva' il professor Rino Molari... la situazione si aggrav. Sospettato di essere un cospiratore e di aiutare partigiani e prigionieri alleati, don Giovanni dovette fuggire, vestito in borghese, a San Marino, prima a Valdragone e poi a Montegiardino". Casadei riporta poi la testimonianza di un'altra sorella del parroco, Nazzarena: "Don Giovanni mi raccont di essere stato avvertito da due suoi amici, penso comunisti. Andarono da lui a mezzanotte e lo avvertirono: 'I fascisti cercano di prenderla e di farla finita'. Questi due amici gli salvarono certamente la vita perch lui scapp subito. Quando vennero con una motocicletta (non si sa bene se fossero solo fascisti locali o se c'erano anche dei tedeschi), perquisirono la canonica e la chiesa, aprirono il tabernacolo, cercavano anche una radio che dicevano

che aveva per parlare con gli inglesi. Quando si resero conto che lui non c'era, se la presero con un nostro fratello ed una sorella rimasti l. Io credo che cercassero lui, perch forse si era esposto troppo". Era il settembre '44. "Don Giovanni non volle mai far cercare i responsabili di questo delitto, neanche dopo la liberazione", proseguiva la sorella Nazzarena, "perch diceva che doveva fare come nostro Signore, doveva perdonare, e perdon". La mattina del 15 settembre '44, i greci liberano San Lorenzo: nel pozzo attiguo alla chiesa si scoprono i corpi di Giulia e Luigi Montali. Avevano 59 e 66 anni. Nel "Giornale di Rimini" del 2.9.'45 si leggeva che a Giuseppe Ascoli "e ad altri due o tre individui in costume da ufficiali e sottufficiali dei bersaglieri... si imputa il bieco assassinio" dei due fratelli di don Montali. Ascoli il collaborazionista che fece arrestare il prof. Molari. I 'bersaglieri' avvinazzati una sera si recarono "alla chiesa di S. Lorenzo per 'far la festa' al buon prete", scrisse il giornale: "E quando i delinquenti appresero che la vittima designata si era sottratta per tempo al loro odio bestiale, sfogarono gli infami istinti sanguinari" sui fratelli di don Montali, "uccidendoli barbaramente e gettandone i cadaveri nel pozzo". Gli assassini, poco dopo, si sarebbero vantati della loro impresa "nel ristorante dell'albergo riccionese dove risiedevano i comandanti del battaglione". Secondo A. Montemaggi ("Ponte", 9.10.1988), in quei giorni "si incolparono falsamente i tedeschi o i bersaglieri". Abbiamo ascoltato due nipoti di don Montali. Don Michele Bertozzi dice: "Don Montali forse sapeva qualcosa di grosso, ma non mi volle mai dire niente". La signora Maria Teresa Avellini Semprini racconta: "Luigi Montali forse era stato colpito al cuore, difficile stabilirlo perch il corpo era in stato di decomposizione. Giulia aveva invece ricevuto una fucilata alla testa". La signora Avellini fu allieva di Rino Molari nel '43-'44, e rammenta che cosa si diceva allora dell'arresto del suo insegnante: "Alla pensione Alba, dove Molari era ospite, si presentarono dei fascisti che si sedettero al ristorante, parlando a voce alta fra loro: 'Come ci pesa questa divisa...'. Molari avrebbe detto: 'Trovate la maniera di buttarla via, venite con me...'. Cos, con l'inganno, Molari venne arrestato. Dopo la fucilazione a Fossoli, un fratello di Molari, Attilio, raccont a don Giovanni Montali come aveva riconosciuto il professore nella fossa comune di Fossoli, e come era poi riuscito a riportarlo a casa". Bibliografia. Cfr. in Ghigi, "San Marino 1943-1944", cit., le testimonianze della vedova Casali (pp. 62-66), di G. Gasperoni (134), M. Gatti (224 C) e della signora Lonfernini (180). Cfr. poi "San Marino nella bufera" di A. Montemaggi, pp. 27-28. Su Babbi, vedi Ghigi, cit., pp. 67-68, il nostro "Rimini ieri" (p. 46) e "Il Ponte" del 6.1.1985.

I giorni dell'ira, 7 (9 aprile 1990) La prof. che faceva la spia 29. Il Primo maggio. Primo maggio '44. Clandestinamente, viene celebrata la festa del Lavoro. "Quando i fascisti trovarono i cantieri deserti andarono su tutte le furie", testimonia Gildo Gasperoni: "Come cani arrabbiati passarono minacciosi per le case degli operai ad intimar loro di recarsi a lavorare, minacciando persecuzioni verso tutti coloro che non avessero ubbidito". Proprio quella mattina, Gasperoni viene arrestato, con un tranello: il maresciallo Tugnoli, comandante i Carabinieri di Borgo, lo invita in caserma per informazioni. "Ingenuamente, in buona fede", ammette Gasperoni, "lo seguii". Giunto in caserma, venne subito rinchiuso in camera di sicurezza. Secondo Gasperoni, a farlo arrestare stato il col. Marino Fattori, per vendicarsi del "successo... di resistenza operaia" del Primo maggio. Ma c'era anche un altro motivo: Gasperoni aveva combattuto in Spagna con i 'rossi'. "Udii una conversazione del maresciallo con il carabiniere: gli diceva che il giorno dopo alle nove sarebbe venuto a prelevarmi il colonnello Fattori per portarmi in Italia a render conto dei miei 'crimini' consumati in Spagna contro i nostri fratelli italiani che combatterono a fianco delle truppe di Franco", spiega Gasperoni. L'arrestato trascorre una nottata insonne. Al mattino successivo, mette in atto il progetto di evasione. Attende che siano aperti i catenacci della porta, d un improvviso spintone, e tra lo stupore dei Carabinieri, "con due balzi mi trovai" all'ingresso. Esce dall'edificio, ruba l'auto che doveva tradurlo in Italia, fugge verso la Baldasserona a nascondersi "nella cripta dove la leggenda afferma che dormisse" il Santo fondatore della Repubblica. Si d alla macchia e poi viene nascosto da diversi amici. 30. Al cimitero di Montalo. Quattro giugno. Gasperoni viene nuovamente catturato, assieme a quattro riminesi (Decio Mercanti, Giuseppe Polazzi, Leo Casalboni ed Elio Ferrari), al cimitero di Montalbo. Gasperoni trattenuto a San Marino, e sar presto liberato. Per gli italiani si prospetter la fucilazione: riusciranno fortunosamente a salvarsi tutti, come gi abbiamo visto nel settimo capitolo (II puntata). 31. Le bombe. Il giorno pi tragico della storia di San Marino, il 26 giugno 1944. "Erano le 11 circa. La gente guardava ignara il consueto orrendo spettacolo, quando un susseguirsi di scoppi fragorosi parve scuotere la mole del Titano", scrisse Balsimelli. Muoiono 40 sammarinesi e 23 italiani. "Fu il terrore". Quattro squadroni di bombardieri inglesi sganciarono 243 bombe, "senza nessun motivo n apparente n sostanziale", commenta lo storico Luigi Lotti. Il giorno stesso, il governo sammarinese chiede al ministero degli Affari esteri della Repubblica di Sal di far trasmettere per radio una nota di protesta, secondo lo storico Lotti. L'ex reggente Balsimelli ricorda invece che si fece capo alla Radio vaticana.

Viene interessato anche il governo svedese, perch intervenga presso le potenze alleate in favore di San Marino. Il 7 agosto, gli alleati dichiarano di aver gi disposto "da tempo" il rispetto della neutralit sammarinese, "subordinatamente rispetto norme internazionali". 32. Il patto violato . Chi non vuole pi rispettare la sovranit della piccola Repubblica adesso la Germania. Il 28 luglio '44, il Comando di Ferrara comunica che sar costretto a ci, "non appena che necessit di carattere militare richiedessero il transito di essa da parte di automezzi o pedestre", senza occupazione o misure coercitive contro la popolazione, e senza requisizioni. Il patto di Rommel dell'ottobre '43, cos violato dagli stessi tedeschi. Quella dichiarazione, commenta Balsimelli, "significava la guerra in casa". Viene decisa una missione al Nord, da Mussolini. I diplomatici sammarinesi partono il primo agosto. 33. Fu solo un errore? Perch San Marino fu colpita dagli aerei inglesi? Matteini parla di "informazioni di dubbia esattezza", in base alle quali ag l'Alto Comando Militare Britannico. Aggiunge Montemaggi che agli inglesi "era stato riferito che i tedeschi si erano impadroniti della Repubblica dal febbraio e che dai primi di giugno stavano ammassandovi depositi di munizioni". Tali notizie (precisa Montemaggi), erano state trasmesse, "secondo i documenti" del Public Record office inglese, attraverso "non precisati 'prigionieri di guerra'". "Che tale dizione non intenda coprire le informazioni sballate di qualche agente segreto in vena di errori?", si chiede lo stesso Montemaggi. Le segnalazioni agli inglesi potrebbero essere considerate n false n errate, in base ad un documento sammarinese dello stesso 26 giugno '44 (indirizzato al maggiore Gunther, comandante germanico della 'piazza' di Forl), trascurato sinora, ma pubblicato da Ghigi: "Preghiamo di voler ordinare alle Truppe Germaniche di esimersi dal frequentare a gruppo od isolatamente il nostro territorio per togliere qualsiasi motivo di apprensione alla popolazione e con esso qualsiasi parvenza di motivo di offesa aerea nemica". Sono importanti queste ultime parole: i tedeschi a San Marino erano di casa. Abbiamo gi visto le varie violazioni della sovranit sammarinese, commesse dalle SS e dai repubblichini. 34. Le spie I fascisti utilizzarono i nazisti per regolare conti 'interni', quasi che i cittadini sammarinesi fossero divenuti improvvisamente italiani, e che la neutralit del Titano non esistesse pi, quando si trattava di dare la caccia ad antifascisti italiani l rifugiati. Per osservatori pi o meno smaliziati, per spie attente alla sostanza delle cose e non a sottili distinguo diplomatici, era facile concludere che San Marino si dimostrava troppo arrendevole nei confronti del nazismo.