Giornalotto N°3 A.S. 2011/2012

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Dedicato al Preside Giordano Liceo Volta _ Ottobre 2011 Anno 11° _ Numero 1 _ € 0,00 in Italia (€ 500,99 all’estero) Il GIORNALOTTO Le JOURNALOT El HYORÑALOTO Ιλ ΓΙΟΡΝΑΛΟΤΤΟ Ιλ ΓΙΟΡΝΑΛΟΤΤΟ Ιλ ΓΙΟΡΝΑΛΟΤΤΟ Ιλ ΓΙΟΡΝΑΛΟΤΤΟ DIESLOTTUS Speravate di esservene liberati. Speravate giochi senza senso e tutte le peggio cazzate Anno 12° _ Numero 3 _ 0,00 in Italia (500,99 all’estero) giornalotto.forumfree.it [email protected] Febbraio 2012 * Credevamo fosse inaffondabile. Chi l'avrebbe mai detto? A volte basta poco per scatenare una catastrofe. Misure sbagliate, forse qualche bicchiere di vino in più - o qualche neurone distratto - e incredibilmente l'enorme imbarcazione si è coricata come un cadavere. Ma la nave non è stata l'unica cosa a crollare: con lei, è crollato anche il suo mito di sicurezza e tecnologia, la sua affidabilità assoluta che avvolgeva i passeggeri in un'aura di placida tranquillità. Cos'ha dunque fatto più rumore? Le lamiere sfracellate sullo scoglio, la nave inclinata vertiginosamente, il terremoto che ne ha scosso le fondamenta, il fragore dell'impatto, le spaventate grida dei passeggeri, o il mito dell'inaffondabilità frantumato in mille pezzi? Di cosa si è parlato di più? Riflettiamoci con cura, poiché questo episodio è come uno scossone che riporta alla coscienza chi stava dormendo. L'infrangersi delle cose che diamo per scontate è un rumore terribile. Assomiglia a quello della sveglia alle 6 e mezzo di mattina, il giorno della verifica di matematica. Ci riporta dal mondo dei sogni alla tangibile realtà, quella in cui l'errore esiste e può avere delle conseguenze su noi stessi e su chi ci circonda. Io ci sono stato sulla plancia della Concordia. Era il 2007, navigavamo sulla stessa rotta che ha segnato l'ultimo viaggio di quella nave, ed eravamo stati invitati a fare il giro del "backstage". Col capitano - che non mi pare fosse, per fortuna, Schettino - e con tutti gli ufficiali radunati in quel lungo salone in cima alla nave ci sentivamo più che sicuri, ci sentivamo intoccabili. Tutto sembrava monitorato, analizzato, calcolato, controllato, affidabile, tecnologico, moderno. Immaginandomi oggi quella stessa plancia, sdraiata su un fianco e inondata d'acqua salata, mi sembra di avere un'incubo. Com'è possibile? Sembrava tutto così sicuro! Ma poi ho scoperto che il problema non era nel mio incubo, era nel sognatore. Quante cose diamo per scontate? Senza mettermi a fare il moralista, qui, vorrei solo lanciarvi questo messaggio in bottiglia che galleggia lungo le coste del Giglio: nulla è sicuro. E quando si tratta di noi, noi giovani, noi studenti, la sicurezza che tanto amiamo è, a pensarci bene, ancora meno reale. Ma c'è speranza. Nell'incertezza c'è sempre speranza; l'incertezza è la speranza. La speranza è la nostra mente, siamo noi quella speranza, tanto incerta quanto promettente, tanto tremenda quanto indispensabile. Ci lamentiamo molto della scuola, del sistema, della società, di ciò che ci circonda, ma ci stiamo lamentando solo del sogno, delle nostre aspettative che - pensateci bene - riguardano spesso soltanto gli altri. In verità noi siamo sia il problema che la soluzione, sia la serratura e che la chiave. Dobbiamo smetterla di avere incubi, entrare in contatto con la realtà, e veder bene di non sbagliare rotta. Lo sapevate, a proposito, che con due Giornalotti potete costruirvi un paio di ottimi binocoli da navigazione? La super-bacheca di questo numero è soprattutto frutto delle vostre esilaranti riflessioni (es. “In caso di scale usare l’incendio”) che abbiamo raccolto in atrio. Con l’uscita di questo numero abbiamo affisso una nuova bacheca fisica. Riempiamola di nuovo!!! Il Direttore Alessandro Luciano IIIG *Un grande grazie al gruppo di fotografia per questo meraviglioso logo scritto con la luce. Il Giornalotto sta per infestare non solo i vostri sotto-banchi, ma anche la vostra cronologia internet! Stiamo costruendo un nuovo sito web indipendente, se volete dare una mano o anche solo qualche opinione o suggerimento rivolgetevi al Direttore, al Caporedattore o a Stefano Schmidt IIIG, il futuro web-mastro!

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Il terzo numero del Giornalotto dell'anno scolastico 2011/2012

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Dedicato al Preside Giordano Liceo Volta _ Ottobre 2011

Anno 11° _ Numero 1 _ € 0,00 in Italia (€ 500,99 all’estero) giornalotto.forumfree.it/ [email protected]

Il GIORNALOTTO The DAYALOT Le JOURNALOT

El HYORÑALOTO Ιλ ΓΙΟΡΝΑΛΟΤΤΟΙλ ΓΙΟΡΝΑΛΟΤΤΟΙλ ΓΙΟΡΝΑΛΟΤΤΟΙλ ΓΙΟΡΝΑΛΟΤΤΟ

DIESLOTTUS

Speravate di esservene liberati. Speravate che fosse solo un incubo di breve durata. Speravate che non sarebbe mai tornato. E invece il Giornalotto risorge dalle proprie ceneri come ogni anno, pronto come sempre ad ammorbarvi con la sua paccata di articoli seri che non legge nessuno, racconti deliran-ti e vignette dal dubbio gusto grafico (ma è proprio in questo cocktail di genio e follia che risiede il nostro fascino, se volete la nostra opinione). Siamo tornati, siamo qui, il vostro mezzo di informazione e divertimento, la vo-stra salvezza da sbirciare durante le lezioni di inglese, la carta per quando siete al cesso e l'avete finita... Un saluto a chi, indurito veterano e vaga-mente masochista, è di nuovo qui tra queste mura, e un fuggite sciocchi! benvenuto a chi per la prima volta mette il piede in questa scuola (siete ancora in tempo per scappare). L'anno è ancora giovane (ma già, lo sappia-mo, fioccano le interrogazioni di "ripasso") eppure voi stringete tra le mani un assaggio di questo Giornalotto. Solo un assaggio, così da far capire, soprattutto a quelli nuovi, chi e cosa siamo. Il Giornalotto è il giornale degli studenti del Volta, il vostro giornale, scritto da voi, su qualsiasi tema vogliate scriverlo. È un mez-zo di informazione dei problemi e delle vi-cende che riguardano noi studenti più da vi-cino, un modo per diffondere un'idea, una riflessione, portare a conoscenza di tutta la scuola un'opinione o alla portata di tutti un dibattito. Ma è anche il luogo dove vengono pubblicati racconti psichedelici e deliranti, orridi scarabocchi che passano per vignette,

giochi senza senso e tutte le peggio cazzate che la vostra mente malata di Voltiani può produrre (del resto se non foste folli non sa-reste qui in primo luogo). La redazione di questo giornale ha solo e soltanto il compito di impaginare gli articoli e dare forma al giornale vero e proprio. Tutti i contenuti vengono dall'intera scuola. Il Gior-nalotto sei tu che lo scrivi. Chiunque voglia farci avere qualcosa può scrivere alla nostra mail, lasciare un saluto sul forum (tutto lì so-pra sotto il nome), contattare un redattore di persona o via Facebook, stringere patti oc-culti col demonio sgozzando un galletto nero in una notte di luna piena... Il tutto senza im-pegno e senza dover entrare "per forza" nel-la redazione (a meno che non abbiate ven-duto la vostra anima, ma questo è un altro discorso). Cosa ci guadagnate, dite? Ma la GLORIA, ovviamente! Il Vostro Nome farà il Giro del Volta, sarete conosciuti, riceverete un posto assicurato in paradiso e... d'accor-do, d'accordo, pure un credito formativo (dalla terza in su). Ma se volete veramente l'erba del vicino, se bramate il potere nelle vostre mani o desiderate enormi camion pie-ni di panna montata, allora non vi resta altro che entrare nella redazione e iniziare a stu-diare il golpe!

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Febbraio 2012

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Credevamo fosse inaffondabile. Chi l'avrebbe mai detto? A volte basta poco per scatenare una catastrofe. Misure sbagliate, forse qualche bicchiere di vino in più - o qualche neurone d i s t r a t t o - e i nc red ib i lmen te l ' eno rme imbarcazione si è coricata come un cadavere. Ma la nave non è stata l'unica cosa a crollare: con lei, è crollato anche il suo mito di sicurezza e tecnologia, la sua affidabilità assoluta che avvolgeva i passeggeri in un'aura di placida tranquillità. Cos'ha dunque fatto più rumore? Le lamiere sfracellate sullo scoglio, la nave inclinata vertiginosamente, il terremoto che ne ha scosso le fondamenta, il fragore dell'impatto, le spaventate grida dei passeggeri, o il mito dell'inaffondabilità frantumato in mille pezzi? Di cosa si è parlato di più? Riflettiamoci con cura,

poiché questo episodio è come uno scossone che riporta alla coscienza chi stava dormendo. L'infrangersi delle cose che diamo per scontate è un rumore terribile. Assomiglia a quello della sveglia alle 6 e mezzo di mattina, il giorno della verifica di matematica. Ci riporta dal mondo dei sogni alla tangibile realtà, quella in cui l'errore esiste e può avere delle conseguenze su noi stessi e su chi ci circonda. Io ci sono stato sulla plancia della Concordia. Era il 2007, navigavamo sulla stessa rotta che ha segnato l'ultimo viaggio di quella nave, ed eravamo stati invitati a fare il giro del "backstage".  Col capitano - che non mi pare fosse, per fortuna, Schettino - e con tutti gli ufficiali radunati in quel lungo salone in cima alla nave ci sentivamo più che sicuri, ci sentivamo intoccabili. Tutto sembrava monitorato, analizzato, calcolato, controllato, affidabile, tecnologico, moderno. Immaginandomi oggi quella stessa plancia, sdraiata su un fianco e inondata d'acqua salata, mi sembra di avere un'incubo. Com'è possibile? Sembrava tutto così sicuro!Ma poi ho scoperto che il problema non era nel mio incubo, era nel sognatore. Quante cose diamo per scontate? Senza mettermi a fare il moralista, qui, vorrei solo lanciarvi questo messaggio in bottiglia che galleggia lungo le coste del Giglio: nulla è sicuro. E quando si tratta di noi, noi giovani, noi studenti, la sicurezza che tanto amiamo è, a pensarci bene,  ancora meno reale. Ma c'è speranza. Nell'incertezza c'è sempre speranza; l'incertezza è la speranza. La speranza è la nostra mente, siamo noi quella speranza, tanto incerta quanto promettente, tanto tremenda quanto indispensabile. Ci lamentiamo molto della scuola, del sistema, della società, di ciò che ci circonda, ma ci stiamo lamentando solo del sogno, delle nostre aspettative che - pensateci bene - riguardano spesso soltanto gli altri. In verità noi siamo sia il problema che la soluzione, sia la serratura e che la chiave. Dobbiamo smetterla di avere incubi, entrare in contatto con la realtà, e veder bene di non sbagliare rotta. Lo sapevate, a proposito, che con due Giornalotti potete costruirvi un paio di ottimi binocoli da navigazione?

La super-bacheca di questo numero è soprattutto frutto delle vostre esilaranti riflessioni (es. “In caso di scale usare l’incendio”) che abbiamo raccolto in atrio. Con l’uscita di questo numero

abbiamo affisso una nuova bacheca fisica. Riempiamola di nuovo!!!

Il Direttore Alessandro Luciano

IIIG*Un grande grazie al gruppo di fotografia per questo meraviglioso logo scritto con la luce.

Il Giornalotto sta per infestare non solo i vostri sotto-banchi, ma anche la vostra cronologia internet! Stiamo costruendo un nuovo sito web indipendente, se volete dare una mano o anche solo qualche opinione o suggerimento rivolgetevi al Direttore, al Caporedattore o a Stefano Schmidt IIIG, il futuro web-mastro!

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Dialogo sul Giorno della Memoria

(non la solita noia)

- Come ben sai il 27 gennaio è il Giorno della Memoria, stiamo in silenzio per un minuto per r i cordare le v i t t ime dell’Olocausto, ma qual è lo scopo di tutto ciò?

- Di preciso preciso non saprei.

- I n e f f e t t i n o n è m o l t o c h i a r o , Ufficialmente ti diranno: « La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, g l i i ta l iani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati».

- Ovvero?

- Insomma il fine è di ricordare la Shoah e tutto quello a essa connesso, con lo scopo di imparare dai nostri errori del passato, quindi ricordare un errore per non ripeterlo.

- Ok.

- Ci sarebbe da chiedersi perché molti stati nel mondo abbiano deciso di creare questa ricorrenza e non altre, forse che gli ebrei morti nei lager sono tanti? Non mi pare che i Pellerossa sommati ai Maya, agli Aztechi e agli Inca siano pochi; tuttavia tralasciando i numeri, ritengo che la morte di una persona o di tante sia in entrambi i casi una perdita inestimabile.

- Già!

- Ora, se uno d i quest i s tat i che promuovono il Giorno della Memoria violasse i valori rappresentati da tale giorno, la cosa ci sembrerebbe incoerente?

- Certamente.

- Ma se a violarli è proprio lo Stato d’Israele i più non si stupiscono.

- Dove vuoi arrivare?

- Il loro animo non è turbato dal fatto che figli e nipoti dei deportati costruiscano m u r i ( n o n d e l p i a n t o m a d e l l a disperazione) per creare una grande p r i g i o n e , c o s t r u i s c a n o c o l o n i e , condannate anche dall ’O.N.U., su territori di cui non sono i legittimi proprietari, e questo è solo quello che costruiscono.

- Quello che distruggono allora?

- B e h , s e m p l i c e m e n t e i l p o p o l o palestinese.

- Potresti essere più preciso?

- Sì, ecco, per esempio utilizzano su questo popolo armi proibite come le bombe al fosforo, quelle che creano ferite che bruciano anche dopo che le bagni, anzi con l’acqua aumenta l’ustione provocata, non so se hai presente.

- Non tanto.

- Allora ti ricorderai della Freedom Flotilla?

- Ne ho sentito al telegiornale.

- Devi sapere che Gaza subisce da anni un embargo, anche questo considerato illegale dall’O.N.U., tagliano ai palestinesi l’acqua, il gas e la corrente (oltre che le teste) e impediscono ogni

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approvvigionamento, quando la Freedom Flotilla ha pensato di forzare questo embargo, l’esercito israeliano l’ha assalita e ne ha ucciso l’equipaggio.

- Loro volevano introdurre delle armi!

- In effetti devo ammettere che hai ragione, volevano introdurre dei coltelli, e, una volta scoperti si sono giustificati dicendo che erano coltelli da cucina, inoltre cercavano di spacciare dei pericolosissimi bastoni per innocui manici di scopa, per non parlare della pentola a pressione che s’intravede in una foto; è stato un bene che li abbiano assaliti e mitragliati nel cuore della notte.

- L’esercito israeliano ha solo risposto all’attacco!

- Vedo che ti ricordi tutti i dettagli del telegiornale, non hai in mente anche quel video in cui si vedono i volontari che fanno uso di missili terra-terra a lunga gittata?

- Non prendermi in giro!

- Sei tu che ti fai prendere in giro dai media, guarda, siccome sono stati uccisi in acque internazionali (oltre le 200 miglia marine dalla costa) i casi sono due, o erano in possesso dei missili suddetti o i soldati sono andati a trovarli lì dov’erano; poiché escludi la prima ipotesi devi giustificare cosa facevano i soldati in quelle acque (chiara violazione del diritto internazionale).

- Tu sei antisemita?!

- Il problema non è essere antisemiti ma definire antisemita chi critica: 1) un regime di apartheid che chissà come si può definire democratico, 2) una pulizia etnica definita "giusta" se decisa "democraticamente" dal regime, 3) l'assediare una popolazione dicendo che "è per difesa" 4) l’ additare come razzisti

chi critica un regime criminale; sto s e m p l i c e m e n t e f a c e n d o d e l l e considerazioni su uno “stato”, che nonostante si creda superiore alle leggi dei comuni mortali, può essere criticato come qualsiasi altro, non centrano né la religione né la razza dei suoi componenti e nemmeno le vicende dei loro antenati.

- Sei d’accordo o no col Giorno della Memoria?

- Più d’accordo di così! Sono uno dei pochi che ne ha messo in pratica i valori, cerco di fare in modo che non succeda di nuovo quello che è successo agli ebrei.

- Stai insinuando che quello che è

successo agli ebrei è uguale a quello

che succede ai palestinesi forse?

- Assolutamente NO! Sicuramente uno è

più grave dell’altro, però, diciamo che

da lontano e visti da dietro si

assomigliano. Mi stupiva il fatto che la

vittima sia diventata il carnefice.

- ...TERRORISTA

ANTISEMITAAAAAAA…

Hassan Abd Alla 5F

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LE MANI SULLA CITTÀ

Il 9 ottobre 2011 il centro sportivo di via Iseo nel nord di Milano viene bruciato; a marzo era stato chiuso dal prefetto per-ché, come si evince dall'ordinanza, c'era

la “assoluta certezza che il centro fosse gestito dai Flachi, che esercitano tutti i poteri tipici del dominus: decidono sul personale, risolvono le controversie, ge-stiscono i servizi e incassano i guada-

gni.” La famiglia Flachi è un'importante famiglia della 'ndrangheta che controlla da tempo gran parte del nord dell'hin-terland di Milano. Il rogo si configura come una vendetta verso lo Stato che ha chiuso il centro sportivo, fonte di guada-

gno e di potere per le cosche.

PROFITTI ILLEGALI E “LEGALI”PROFITTI ILLEGALI E “LEGALI”PROFITTI ILLEGALI E “LEGALI”PROFITTI ILLEGALI E “LEGALI”

Nessuno si immaginerebbe che eventi di questo genere, “tipici del Sud”, possano avvenire nella ricca e prospera “capitale del Nord”. Questa scena rappresenta u-na realtà di Milano, spesso sconosciuta,

che da anni, silenziosa e quasi incontra-stata, sta prendendo il controllo di gran-

di parti dell'economia, legale e non, della città. Da semplice luogo di investimento dei guadagni fatti al Sud, Milano diventa il luogo dove la 'ndrangheta (e le mafie

in generale) hanno i loro guadagni. A Milano, per esempio, si concentra la maggior parte dello spaccio di cocaina in Italia con 150.000 consumatori1: qui l'organizzazione calabrese, che detiene il monopolio della cocaina, guadagna 27

miliardi di euro annui, su 44 miliardi di fatturato2.

Ma la 'ndrangheta non gestisce solo il traffico di droga, è anche inserita nel tessuto economico legale della città dove reinveste e usa la mole di capitale prove-

niente dallo spaccio. Si occupa princi-palmente di movimento terra e di presti-ti a usura. Tramite il movimento terra smaltisce ri-fiuti tossici sotterrandoli illegalmente, e vende come terra da costruzione la terra

estratta per far posto ai rifiuti: due gua-dagni in uno. Spesso sugli stessi territo-ri, sorgono edifici costruiti da imprese legate alla malavita che con questo rie-

NOTE:NOTE:NOTE:NOTE:

1: stima per difetto dell'istituto Mario Negri, riportata in Giuseppe Catozzella, Alveare, Rizzoli, 2011, pag.173 2: Centro Documentazione Eurispes, riportato su http://it.wikipedia.org/wiki/%27Ndrangheta

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sce ad ottenere altri immensi profitti. Anche il prestito a usura concorre in modo importante al controllo dell'econo-mia. L'organizzazione malavitosa presta

a tassi esorbitanti grandi capitali alle a-ziende in difficoltà, molte in questo pe-riodo di crisi, che altrimenti non riesco-no ad ottenere finanziamenti dalle ban-che. In questo modo i debitori della ma-lavita si legano indissolubilmente all'or-

ganizzazione, che li usa come prestano-me in appalti pubblici o come “lavanderie” di denaro sporco. La 'ndrangheta ha inoltre il controllo della gestione del caporalato, lavoro giornaliero che sfrutta a basso costo u-

na manodopera formata spesso da im-migrati irregolari e dai più poveri. Tale manodopera è largamente impiegata nell'ortomercato di Milano, proprio dove numerose cooperative infiltrate dalla malavita operano servendosi del capora-

lato.

PERCHÉ LA VERTIGINOSA ASCESA PERCHÉ LA VERTIGINOSA ASCESA PERCHÉ LA VERTIGINOSA ASCESA PERCHÉ LA VERTIGINOSA ASCESA

DELLA 'NDRANGHETA A MILANODELLA 'NDRANGHETA A MILANODELLA 'NDRANGHETA A MILANODELLA 'NDRANGHETA A MILANO

Certamente un fertile terreno di coltura per una grande illegalità organizzata è stato creato dal contesto sociale di pic-

cole e ripetute illegalità che, con l'abitu-dine alla violazione della legge, hanno portato a una maggiore tolleranza verso le grandi illegalità. Ma sopratutto quest'ascesa è stata pos-sibile grazie alla continua negazione e

sottovalutazione del problema da parte della politica, in modo analogo alla Sici-lia degli anni Settanta, in cui la mafia era considerata un fenomeno mediatico inesistente. Gran parte della società ci-vile milanese ha continuato a sminuire

il problema: le persone hanno preferito “voltarsi dall'altra parte”, piuttosto che affrontare con decisione e coraggio que-sta piaga che infetta l'Italia intera. In effetti è difficile accorgersi a prima vi-

sta della pesante infiltrazione mafiosa a Milano: la 'ndrangheta è così silente che spesso non ci si riesce a capacitare di come nelle scintillanti vie di Milano si

possa insediare un'organizzazione mala-vitosa. Tuttavia, sopratutto nelle zone più povere e degradate, la 'ndrangheta sta diventando sempre più visibile e tan-gibile dai cittadini tanto che un'azienda milanese su cinque è costretta a pagare

il pizzo e la malavita riesce a imporre a molti piccoli commercianti i propri forni-tori. Oggi sta sorgendo una nuova consape-volezza del problema con un conseguen-te aumento dell'impegno civile antima-

fia. Ampie inchieste della magistratura hanno portato a numerosi arresti, dan-do vita a una coscienza civile che prima sembrava sopita. Molti cambiamenti stanno avvenendo nell'opinione pubblica e anche nella politica. La nuova Giunta

comunale di Milano ha istituito nuova-mente la commissione antimafia, già formata dalla Giunta precedente e sciol-ta 45 giorni dopo per una presunta ine-sistenza del problema, con il compito di studiare le mafie che agiscono a Milano.

Il Comune ha inoltre firmato un proto-collo d'intesa con Libera1 che porta nella gestione del Comune l'esperienza del-l'associazione e ha istituito una giunta di controllo sugli appalti legati all'EXPO

2015. Le mafie al Nord, e in Italia, sono ancora lungi dall'essere sconfitte ma non man-cano segnali di speranza...

STEFANO SCHMIDT 3G

NOTE:NOTE:NOTE:NOTE:

1: Libera, associazioni e numeri contro le mafia; rete di associazioni unite contro le mafie cfr: ww.libera.it

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Milano – Marco ha da poco compiuto di-

ciassette anni e frequenta una scuola supe-

riore. E’ un ragazzo di colore, anzi “è un ne-

gro”: così è visto dalla gente, dagli abitanti

di Milano, dove è nato e va a scuola, e so-

prattutto da quelli che altri chiamerebbero

amici. Marco lo sa e se ne è fatto una ragio-

ne ormai da tanto tempo. In cuor suo ha

sempre sperato che l’essere nato in Italia, a

Milano, e il portare un nome italiano lo a-

vrebbero aiutato ad integrarsi, ma si sbaglia-

va. Nei suoi diciassette anni di vita ha inol-

tre constatato, come dice il professore Ra-

baiotti, docente al Politecnico di Milano, in

“ Città e territorio”, che la città è divenuta,

in modo ancor più evidente che in passato,

dispositivo che produce allo stesso tempo

integrazione e insieme esclusione e segrega-

zione.

Infatti nella città multietnica “le lingue si

intrecciano e si connettono attraverso

l’italiano, ma non si incontrano. Più si vive

alla base della piramide più si discrimina.

Questo è l’ultimo tentativo di risalire anche

solo idealmente nella scala sociale pensando

che c’è ancora qualcuno più in bas-

so” (Fabrizio Floris, “Eccessi di città”) E

così, come ultima speranza per sentirsi mi-

gliori, molti cittadini discriminano i nuovi

arrivati in città, o i loro figli che portano il

marchio della lontana origine sulla propria

pelle, contribuendo a creare così dei veri e

propri ghetti, quartieri appositi per gli immi-

grati. In questi quartieri, come Quarto Og-

giaro o la zo-

na di Via Pa-

dova ad e-

sempio, si

vengono a

creare delle

vere e pro-

prie scuole

di serie a e di

serie b, ma

che, come

dice Rossana

Torri, sono generate dalle scelte delle fami-

glie di iscrivere i figli, quasi per proteggerli

e salvare la propria immagine, in scuole con

presenza di stranieri moderata (“Le periferie

fra spazi urbani ed esperienze di vita quoti-

diana”). E così a questi ragazzi viene tolta la

possibilità di integrarsi fin da subito, con

conseguenze negative sul loro futuro che

sarà ancora più arduo di quanto sarebbe sta-

to normalmente.

Marco tutto questo lo sa perché l’ha vissuto,

ma è intenzionato a non accettare le cose co-

sì come stanno, vuole emergere e prevalere,

lui quella scala sociale la vuole risalire dav-

vero, non solo idealmente. Sa che dovrà im-

pegnarsi, dovrà essere scaltro e senza pietà

verso chi è più ingenuo o più buono, proprio

per “giugnarlo in sulla bontà” (Machiavelli,

La Mandragola). La sua città però non gli ha

offerto la possibilità di integrarsi al meglio e

questo si farà sentire, lo rallenterà nella sca-

lata verso il successo, perché da solo non

Utopia

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potrà farcela, non potrà contare solo sulla

propria forza di volontà: infatti “nel nostro

mondo sempre più globalizzato viviamo tutti

in una condizione di interdipendenza e, di

conseguenza, nessuno di noi può essere pa-

drone del proprio destino. Ci sono compiti

con cui ogni singolo individuo si confronta,

ma che non possono essere affrontati e supe-

rati individualmente” (Z. Bouman, “Voglia

di comunità”).

Un tempo Marco frequentava l’oratorio del

quartiere, ma poi è cresciuto e ha abbando-

nato quel luogo di aggregazione sicuro, pro-

tetto, per smarrirsi nei locali, bar e discote-

che credendo che tali luoghi potessero aiu-

tarlo a socializzare e a dimenticare

dell’unico vero problema, il colore della pro-

pria pelle. Ma d’altronde è normale per un

ragazzo preferire questi ambienti rispetto ad

altri più culturali. Di recente una ricerca di

Silvana Polonii ha infatti dimostrato che

molti adolescenti citano come luoghi a loro

più congeniali i bar, i centri commerciali e i

negozi, dimenticandosi delle biblioteche, ad

esempio, o dei teatri. E questo avrà delle ri-

percussioni sulla loro vita futura. Alcuni ra-

gazzi ce la faranno certo, quelli fortunati,

quelli magari che hanno i genitori con ag-

ganci e conoscenze e che hanno quindi un

futuro dignitoso assicurato, ma quelli più

svantaggiati come Marco avranno molte dif-

ficoltà, seppur con tutta la volontà di questo

mondo, e chi tra questi soccomberà sotto

l’immensa fatica che si prospetta loro entrerà

a “costituire il vasto e complesso pianeta del

disagio e delle devianze giovanili, i disoccu-

pati cronici, gli espulsi dal lavoro, coloro che

sono in cerca di una casa o sono minacciati

dagli sfratti” (Una cultura veramente umana

per la città, Carlo Maria Martini).

Questa è la realtà che si presenta ai giovani

della nostra Milano, ai giovani come Marco,

ai ragazzi svantaggiati della nostra società;

la città è loro ostile mentre al contrario do-

vrebbe cullarli e crescerli in modo che pos-

sano vivere nel suo ventre dignitosamente.

Dovrebbero quindi riuscire a guadagnare tre-

mila euro al mese per godersi la loro città,

come attesta un recente studio pubblicato

proprio su questo giornale tempo fa.

Ma per vivere bene da adulti, forse aiutereb-

be aver vissuto bene da giovani.

Marco Castello 4D

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Elena Spinetto 2B

La città "Che cos'è la città per noi? Penso di aver scritto qualcosa come un ultimo poema d'amore alle città, nel mo-mento in cui diventa difficile viverle come città. Forse stiamo avvicinandoci a un momento di crisi della vita urbana e 'le città invisibili' sono un sogno che nasce nel cuore delle città invivibili [...]. La crisi della città troppo grande è l'altra faccia della crisi della natura [...]. Quello che sta a cuore al mio Marco Polo è scoprire le ragioni segrete che hanno portato gli uomini a vivere nelle città, ragioni che potranno valere al di là di tutte le crisi".

Italo Calvino

Università Bicocca, in una grigia mattina d’inverno centinaia di giovani accalcati per seguire un con-

vegno che parla di noi. Curiosità, dubbi e un vago sospetto di noia sono subito fugato dagli argomen-

ti in agenda: Milano, 5 dicembre “Giovani, città e partecipazione” .

Vari interventi con contenuti importanti.

Arriva l’intervento più interessante, concentrazione a mille: ecco che si parla di me, si parla di noi,

del nostro quotidiano.

Francesca Zazyck, docente univeristario e consigliera comunale espone il suo punto di vista:

Milano non offre abbastanza spazi per noi giovani; i rapporti sono per lo più virtuali, le frequentazio-

ni di “tastiera”. Il ritrovarsi negli spazi comuni del quartiere? Solo un vecchio ricordo dei nostri geni-

tori.

L’assenza di spazi sicuri e controllati può portare a frequentazioni poco raccomandabili, a entrare in

meccanismi perversi, quasi delle sabbie mobili capaci di distruggere non solo il presente ma anche il

futuro.

No spazi, no partecipazione alla vita politica!

E i giovani diventano spettatori passivi del loro tempo.

Internet, Social media, cyber spazio possono sostituire egregiamente lo spazio fisico.

Sbagliato!

Abbiamo bisogno di un'Agorà per incontrarci, confrontarci, discutere e crescere insieme.

Una struttura sicura e qualificata; dove gli adulti potrebbero portare la loro esperienza, presentare

dei temi di discussione per poi lasciare spazio alle nostre decisioni.

Una palestra per diventare futuri cittadini responsabili ed attivi in grado di conciliare i diversi biso-

gni basandosi sui principi fondamentali di uguaglianza, libertà e democrazia. .

Uno strumento per costruire davvero una società multietnica prendendo il meglio da ogni singola

realtà.

Un’utopia? Forse.

Difatti è solo l’ottimismo della volontà!

Page 9: Giornalotto N°3 A.S. 2011/2012

Le città invisibili”, come scrive Calvino, è

l’ultimo poema d’amore alle città, un testo com-

posto da racconti che descrivono ognuno una

città particolare, diversa dalle altre e perciò uni-

ca. Oggi questa unicità si sta sempre più deterio-

rando e i centri urbani economicamente più a-

vanzati si somigliano tutti. Ciononostante gli uo-

mini non smettono di vivere nelle città, neanche

quando queste diventano invivibili e perdono

ogni elemento che prima le identificava. Ciò ac-

cade perché essendo l'uomo da sempre stato at-

tratto dalla grandezza, vede nelle grandi metro-

poli un enorme ventaglio di possibilità in cui c’è

sempre qualcosa di nuovo da scoprire. Potrei

parlarvi di Milano e di come i giovani ne vivano

solo una parte, nonostante la sua grandezza:

quella che circonda la loro casa e la loro scuola,

il territorio dove sono nati e dove stanno cre-

scendo che diventa una sorta di piccolo paese

nella città. Uscire da questo territorio privato ed

esplorare zone non frequentate abitualmente

può rivelare aspetti di Milano che credevamo

perduti, luoghi mandati avanti con tenacia da

persone legate alla tradizione, in cui basta entra-

re anche solo un attimo per riscoprire un pezzo

del passato della nostra città che in fondo appar-

tiene un po’ anche a noi.

Le grandi città come Milano sono in crisi e Calvi-

no sostiene che questa sia un’altra faccia della

crisi della natura. Secondo la mia interpretazio-

ne, lo squilibrio della natura si basa sulla sua di-

struzione da parte degli umani a vantaggio delle

già grandi città. Questa è la causa per cui le città

diventano monotone, il risultato di una sconsi-

derata produzione in serie che le rende anonime

come personaggi di un romanzo privi di una ca-

ratterizzazione che li trasformi in modo che ri-

sultino interessanti agli occhi del lettore. Ciò su

cui si dovrebbe puntare, ora che di città ce ne

sono abbastanza, è la loro valorizzazione: i nostri

personaggi necessitano di attributi, di descrizio-

ne che diano loro un ruolo e un aspetto partico-

lare e unico nella grande narrazione che è la sto-

ria. Altrimenti le persone che le abitano comin-

ciano a sognare nuovi scenari, le città invisibili

appunto.

Ma allora perché l’uomo continua a vivere nelle

città, se queste sono tutte uguali e lui ne sogna

invece una diversa? La risposta è semplice: il so-

gno rimane evanescente, lo ossessiona e gli fa

perdere fiducia nella città che abita ma non è ab-

bastanza forte da spingerlo ad evadere. Lasciare

il lavoro, la famiglia, gli amici, il territorio tanto

amato e vissuto è difficile, specie se si abbando-

na tutto per l’ignoto, per inseguire un’idea che

non si sa se e quando si realizzerà.

Calvino ci chiede ancora: “Che cos’è la città per

noi?” È solo uno dei tanti scenari di un videogio-

co o è qualcosa di più profondo, legato agli affet-

ti familiari? Io credo che la città sia l’insieme

delle relazioni umane che viviamo ogni giorno, il

posto in cui dobbiamo sentirci bene e che ci deve

appartenere in tutti i sensi. A volte mi capita di

trovarmi in piazza del Duomo, circondata da una

folla di persone sconosciute, e pensare che Mila-

no sia proprio un bel posto in cui vivere. Però il

mio desiderio di città invisibile è un altro, anche

se non ancora perfettamente definito, e so che

un giorno lo seguirò, pur non sapendo dove mi

porterà.

Le città invisibili

Federica La Terza 2E

Page 10: Giornalotto N°3 A.S. 2011/2012

Ah che mal di gola! Sono a casa da giorni nel

tentativo di farmelo passare; ho consultato tutti

gli studi medici della città, che mi hanno imbot-

tito invano di antibiotici cura tutto fortissimi.

Guardo fuori dalla finestra: sono cinque giorni

che non la apro e che non sento l'aria spostata

dal vento muovermi i capelli. Mia madre me lo

vieta, dice che altrimenti non guarirò più. Ma io

sono arrivata al limite della sopportazione: apro

la finestra e guardo il cielo, come sperando che

possa lenire il mio dolore. E invece vi trovo la

causa del mio mal di gola! Una cortina grigio-

scura aleggia sulla città come un velo; oggi mi

sembra quasi che pesi in particolar modo sulla

mia casa. Un pallido sole sembra chiedermi aiu-

to.

Così decido di uscire, tanto, penso, stare dentro

o stare fuori non fa differenza! Come tutte le vol-

te che esco, mi meraviglio della bellezza del toc-

co delicato del vento sulle guance e inizio a guar-

darmi intorno felice. Palazzi altissimi ricercano

lo spazio mancante a terra nell'aria malsana, co-

me alberi in disperata ricerca di luce. I muri so-

no tutti scritti con bombolette indelebili; chi sarà

mai stato tanto incivile da imbrattare un muro

pubblico? Volto le spalle e trovo la risposta al

mio quesito in un gruppo di ragazzi rumorosi.

Tra pantaloni e felpe larghe, i loro indumenti più

evidenti sono il viso arrabbiato e gli occhi tristi,

che mi mettono al contempo così tanta paura e

così tanta compassione; sul muro c'è scritto:

"sovvertiamo il sistema". Molto turbata, mi giro

e quasi mi faccio investire da una macchina, che,

infastidita, mi suona. I ragazzi dietro di me rido-

no.

Imbarazzata, mi accorgo di essere in mezzo alla

strada, così mi affretto verso un marciapiede.

Appena vi salgo una signora molto elegante mi

spintona chiedendomi appena scusa; pareva che

dicesse: "cosa guardi imbambolata il mondo in

mezzo al marciapiede? Io ho fretta, devo passa-

re!".

Sono caduta; da terra vedo mille giganti passar-

mi di fianco evitandomi quasi senza notarmi. Le

loro facce frustrate, stressate e nervose, i loro

occhi gialli e stanchi, esprimono tanta tristezza

da farmi paura.

L'altro lato della strada luccica di negozi di qual-

siasi tipo, pieni di gente bisognosa dei loro pro-

dotti, di cui hanno probabilmente la casa già

strapiena. Quante energie messe in circolo in u-

na sola via! E' questo il vero mondo, o ce n'è un

altro in cui scappare?

Spottata dalla folla, il vociare intenso, gli squilli

dei cellulari, il rumore di un camion dell'AMSA

che raccoglie i rifiuti, i clacson delle auto di fret-

ta in coda e il forte odore di benzina mi danno

alla testa e acuiscono il mio mal di gola. Ora non

mi sento molto diversa da quello che ieri ho

chiamato "barbone" e a cui ieri non ho dato i sol-

di perché non avevo voglia di tirare fuori il por-

tafoglio!

Non c'è spazio per me in questo marciapiede!

Da questo delirio emerge un cartellone pubblici-

tario enorme, posto esattamente davanti al sole,

come a volerlo oscurare. La donna finta e bellis-

sima di quel cartellone mi guarda dall'alto della

sua posizione. Truccata, con un vestito scollatis-

simo rosso, una Porsche e un sacchetto in mano,

mi sta invitando ad andare a comprare nel nuo-

vo e più grande centro commerciale della città,

come a convincermi che truccata, vestita così e

piena di nuovi oggetti sarò felice. Infatti i colori

sono allegri, sgargianti ed elettrici, ma la cornice

dell'insegna è sporca, grigia e incrostata.

E' l'insegna della mia malattia.

E' l'insegna della mia città.

Il volto malato della mia città

Chiara Schmidt 2F

Page 11: Giornalotto N°3 A.S. 2011/2012

Federico Lombardi 4G

Il frak c’è, il sax c’è, la cravatta anche, ho presto

tutto, posso reimbarcarmi per un altro viaggio,

per altri mari, da quattro mesi faccio questa vita,

devo dire che non mi dispiace, si incontrano per-

sone nuove, tutti rilassati e felici, è l’effetto di una

crociera. 18.00 tutto come previsto, la folla sale

dalle scalette con le loro valigie, li vedo salire ra-

diosi, sarà un bel viaggio. C’è subito una grande

frenesia a bordo, ci dobbiamo organizzare per la

cena, la prima cena è fondamentale: l’orchestra

deve essere perfetta, voglio vedere tutti ballare a

ritmo di musica, magari riuscirò anche a trovare

qualcuno per una partita a poker, io amo il poker.

Gli strumenti sono accordati, gli spartiti posizio-

nati, si parte, le persone siedono a tavola e i ca-

merieri portano loro la ricca cena, a breve la nave

passerà vicino all’isola del Giglio per il tradiziona-

le inchino, è uno spettacolo particolarmente sug-

gestivo immagino che tutti i passeggeri saranno

entusiasti di poter vedere da così vicino l’isola. Un

blackout interrompe la serata, la gente è un po’

inquieta, mi è parso di sentire un urto in lonta-

nanza, immagino che sia solo un guasto tecnico,

lo staff rassicura prontamente tutti, the show

must go on. La situazione è notevolmente peggio-

rata, dagli altoparlanti il comandante annuncia a

tutti di prepararsi per l’emergenza, ci sono proble-

mi ben più gravi di un blackout, tutti si riversano

nelle proprie cabine per prendere i salvagente, il

panico si diffonde rapidamente. Un occhiata

all’orologio, sono le 10.50, il comandante annun-

cia l’abbandono della nave, in massa si muovono

centinaia di persone spaventate, indossano tutti il

salvagente arancione, anche io ho preso il mio, ho

dovuto abbandonare tutto in cabina, strumenti

compresi, ho paura. La nave ha perduto stabilità,

si inclina rapidamente, la situazione è tragica, i

passeggeri gridano sui vari ponti, tutti si affollano

presso le scialuppe che faticano ad essere sgan-

ciate in mare: le corde sono aggrovigliate, ognuno

fa quel che può, sembra la fine. Sono riuscito ad

arrivare nei pressi di una scialuppa, dietro di me

un bambino piange e urla, la mamma cerca di

tranquillizzarlo, ognuno deve fare quel che può: i

bambini hanno la precedenza, gli lascio il posto,

prenderò la prossima...

Con occhi diversi

Tutti gli apparecchi di bordo sono stati controllati,

la radio funziona alla perfezione, non vi è alcun

problema, venerdì 13 non spaventa di certo i ma-

rinai. Viene impostata la solita rotta, Civitavec-

chia-Savona, il comandante Schettino passa a sa-

lutare cordialmente ogni membro dell’equipaggio

augurandoci di fare un viaggio tranquillo. Il co-

mandante ordina di deviare la rotta, la nave si av-

vicinerà all’isola del Giglio per il tradizionale in-

chino, passando a poche centinaia di metri dalla

costa la Concordia saluterà con le sue luci e le

sue sirene gli abitanti dell’isola. Qualcosa va stor-

to degli scogli non segnalati si trovavano fuori rot-

ta, la chiglia della nave è danneggiata iniziamo ad

imbarcare acqua, il comandante minimizza. Sono

passati solo 10 minuti la situazione è molto più

grave, la sala macchina è sommersa dall’acqua la

nave è inclinata di circa 10°, il comandante rima-

ne sulle sue posizioni, iniziano ad esserci dei mal-

contenti tra l’equipaggio. L’orologio in cabina di

comando si è fermato, sono le 22.15, arriva una

chiamata dalla capitaneria di porto, il comandan-

te è costretto a dare il mayday, gli altoparlanti di-

ramano la terribile frase: “abbandonare la nave”.

Effettuiamo una manovra d’emergenza, la nave

viene portata in una secca, il fondale è basso non

verrà risucchiata dagli abissi ma inizia ad incli-

narsi pericolosamente, si pensa intorno ai 50°. Le

manovre di evacuazione sono difficili, complicate

dal buio, ci vuole un gran lavoro per srotolare le

funi delle scialuppe, non riusciamo a mandarle in

acqua. Si sentono delle urla che rimbombano in

tutta la nave, la gente è terrorizzata, bisogna

mantenere la calma, sono un marinaio non posso

abbandonare la nave così. Abbandono la mia scia-

luppa, sento che ci sono altri superstiti che aspet-

tano aiuto le urla si fanno più vicine, corro più

veloce lungo il Ponte 3, cado. Sento un dolore pre-

mente alla gamba destra, non posso camminare.

L’acqua sale rapida, non voglio arrendermi, non

posso stare fermo, mi arrampico su un tavolo da

biliardo. Passano le ore l’acqua fredda mi ha ad-

dormentato la gamba non sento più dolore, conti-

nuo ad urlare sperando nei soccorsi. Dopo 36 ore

estenuanti i vigili del fuoco arrivano nella sala mi

portano su un elicottero e da lì in ospedale. Sono

salvo.

E’ una reinterpretazione, della storia di Giuseppe Girolamo e Manrico Giampedroni, il primo, musicista,

è ancora disperso, il secondo, capo commissario di bordo, è ricoverato in ospedale in buono stato. In-

sieme a tutti i soccorritori che hanno assistito le vittime del naufragio, per il coraggio dimostrato essi

sono considerati due eroi.

Page 12: Giornalotto N°3 A.S. 2011/2012

DAL NOSTRO INVIATO - Uno, due tre colpi, in-

ferti con efferata violenza. L’osceno lezzo di car-

ne bruciata, l’affannosa ricerca del nemico,

l’insulto finale. È successo ieri mattina sull’isola

dei ciclopi. Il signor Polifemo P., incensurato, è

stato aggredito sul far dell’alba da una banda di

Achei sbarcati sull’isola per razziare le sue greg-

gi. Pare che la vittima abbia sorpreso i ladri con

le mani nel sacco al ritorno dal suo turno di lavo-

ro alla Efesto Officine Meccaniche. Essi, capeg-

giati da un supposto “Eroe” di dubbia moralità,

un certo Odisseo, hanno prima addotto scuse

assurde, tra l’altro rifiutandosi di dichiarare le

proprie generalità, per poi confessare il proprio

misfatto. Polifemo ha quindi trattenuto i criminali

con l’intenzione di ricondurli il giorno seguente

alla loro nave per pretendere il pagamento delle

capre e del cacio che essi gli avevano sottratto.

Pare che l’Acheo, tristemente già noto per i mi-

sfatti compiuti durante l’assedio di Troia, abbia

prima offerto del vino drogato al ciclope e in se-

guito l’abbia accecato con un tronco arroventato,

approfittando del suo stato d’ubriachezza, per

poi sfuggirgli.

I compagni di lavoro sono esterrefatti. “Era un

ottimo caporeparto” ha detto uno dei suoi sotto-

posti, “Una brava persona, tra l’altro gli mancava

poco alla promozione”.

Il Proprietario dell’azienda, Sig. Efesto in perso-

na, ha visitato lo sfortunato dipendente e ha e-

spresso il suo dispiacere per l’accaduto.

“Nessun dipendente della EOM viene lasciato

solo” ha detto, “Il signor Polifemo riceverà una

pensione di invalidità mentre ci muoveremo su

tutti i fronti, sia affinché gli venga guarito

l’occhio, sia perché il fatto non rimanga impuni-

to”. Per poi aggiungere “Ho conoscenze molto in

alto”.

Ed effettivamente in alto è arrivata la vicenda. Il

padre della vittima, Poseidone, ha portato da-

vanti all’Olimpo riunito in assemblea plenaria il

fatto, chiedendo che giustizia sia fatta. L’acheo

pare infatti sia favorito di Atena, e la cosa ha

scatenato il putiferio tra gli dei. “è inaccettabile”

ha dichiarato Ade “che simili farabutti vengano

coperti dall’alto”. “Ade pensi ai fatti suoi” Pare

sia stata la replica di Hermes, nonno

dell’accecatore.

Un misfatto simile si veri-

ficò tempo fa, qundo a

lasciarci la pelle fu il figlio

di Zeus, Minotauro. In

quel caso gli assalitori

furono puniti, ma a giudi-

car e d ag l i u mo r i

dell’olimpo temiamo che

stavolta le conseguenze

non saranno così pesan-

ti. Speriamo soltanto che

di questo delitto resti me-

moria.

Insensata violenza sull’isola Ciclope accecato, e il caso si sposta in Olimpo

Dalla Sicilia, Theodikastis

Floreanikis

Page 13: Giornalotto N°3 A.S. 2011/2012

TRIP DI UN GIOVANE BANCHIERE

Ahh,   i   debiti,   beh   ora   i   debiti   non  piacciono  più  a  nessuno  a  causa  della  crisi,  ma  guardate  che  prima  i  debiti  piacevano  a  tutti,  si,  si,   le  banche  li  adoravano...  Certo,  non  i  loro  debiti,  ma  per  i  debiti  degli  altri  andavano   matte;   figuratevi   che   se   li  vendevano   e   scambiavano   tra   di   loro,  manco  fossero  le  figurine  dei  Pokemon  (chi   non   le   ha  mai  avute...).   La   differenza  sostanziale   con   i   classici   giochi   di   carte  collezionabili  è  che  quelle  più  ambite  sono  proprio   quelle   che   vi   danno   le   minori  garanzie   di   vittoria:   in   termini   di   prestiti,  quelli   che   hanno   meno   probabilità   di  essere  saldati.  Ecco  qui  si  comincia  a  capire  il  titolo  di  questo  articolo:  chi  ha  inventato  il   sistema   che   vi   sto   per   spiegare,   quando  ha   avuto   l’idea   era   con   tutta   probabilità  strafatto.    Immagina  di  essere  una  banca,  sei   una   banca   ben  specifica   -­‐   ti   dirò   dopo  quale   -­‐  pensa  ora  di  dover  prestare   soldi  a  qualcuno;   scopri   però   che   quel   qualcuno  pare  non  abbia  tutte  le  garanzie  di  ridarti  i  soldi   o   meglio,   ne   ha,   ma   poche,   quindi  c o s a   f a i   t u   c h e   s e i   u n a   b a n c a  intelligente??   ...Glieli   dai   comunque!   Ma,  a t tenz ione   perché   questo   “ma ”   è  importante,  e  consiste  nel  fatto  che,  già  che  ha   poche   garanzie   di   saldare   il  debito,   tu  banca,   gli   metti   degli   interessi   assai   più  elevati,  gli  imponi  penali   in  caso  di  ritardi,  in  questo  modo  ci  fai  un  sacco  di   soldi   in  più   e   ti   puoi   permettere   anche   che  qualcuno   non   ti   ripaghi   proprio.   Il   bello  però   deve   ancora  venire:   infatti,  oltre  che  furba   sei   anche   una   banca   generosa   e  vuoi  far  sì  che   anche   altre   banche  possano  usufruire   di   questa   tua   grande   idea.  Approfitti   dunque   dell’occasione   per   farci  anche   qualche   soldo   in   più.   Per   riuscirci  trasformi   questi   debiti   in   qualcosa   di  vendibile   sul   mercato   internazionale   (il  termine   tecnico   sarebbe:   “derivato”   )   e   li  vendi  a  un  prezzo  poco  superiore  dei  soldi  che  hai  realmente  prestato,  ad  altre  banche  o  a  privati  affinché  loro  si  prendano  tutto  il  rischio   e   però   guadagnino   sulle   penali   e  

sugli   alti   interessi,   proprio   come   hai   fatto  tu.  Beh,  vedi  cara  la  mia  banca,  il  problema  è  che  questi  su  derivati  si  vengono  a  creare  decine  di  transazioni  che  li  fanno  restare  in  circolo   anche   più   a   lungo   di   quanto  dovrebbero.  La   vera  domanda     però  resta:    come   diamine   hai  potuto  credere   che  un  sistema  basato  sul  dare  soldi  a  chi  ha  poche  possibilità  di  restituirli  fosse  solido?!  Come  prevedibile,   nel   2006   c’è   stato   un   boom  delle   insolvenze   di  questo   tipo   di  debiti   e  tu,   come   tante   altre,   ti   sei   trovata   in   un  mare  di...  puoi  immaginare.  Ora   hai   capito   che   banca   sei?   Se   si,   hai  appena   vinto   un   abbonamento   gratuito  al   Giornalotto,   che   ti   verrà   consegnato  più   o   meno   mensilmente   in   classe!    Altrimenti   vedi   la   soluzione   in   basso   a  destra.    

Sei  la  Lehman  Brothers  e  hai  un  debito  di   circa  613  miliardi  di  dollari  ovv

ero 613  000  000  000  000$   che  scritto  per  inte

ro  rende  meglio,  circa  un   terzo  del  debito    italiano.

Gabriele il Galeotto IIIG

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Page 15: Giornalotto N°3 A.S. 2011/2012

Qualche giorno fa su ordine del dipartimento di giu-stizia statunitense sono stati chiusi dal FBI in via

definitiva Megaupload, Megavideo e Megaporn

(quello che credo interessi davvero meno in questo caso). Con lo shock provato dalla maggior parte de-

gli utenti, rimasti incapaci di fare qualsiasi cosa, A-nonymus, gruppo internazionale di hacker diventato

famoso nel 2008, non è stato con le mani in mano ed

ha prontamente attaccato vari siti governativi tra i

quali il sito del dipartimento di giustizia statunitense, rimasto offline per più di un giorno, annunciando

che se entro 72 ore Megaupload non sarebbe stato riaperto avrebbe attaccato realtà molto più usate tra

cui Facebook Twitter e Youtube. Il gruppo ha anche

dichiarato, per accreditare ancor più la loro minac-cia, di possedere già le chiavi per violare i server in

quanto questo era già stato fatto in passato come cre-do alcuni di voi ricorderanno per Facebook. Passate

le 72 ore nulla è accaduto.

Megaupload di per se nasce come un sito di servizio,

un hard disk virtuale, per poter salvare su internet i propri file, di qualsiasi dimensioni e anche in grande

quantità, senza dover possedere dischi rigidi di mi-gliaia di GB. Sono stati gli utenti stessi a rendere

questo servizio illegale (non che i titolari abbiano

fatto qualcosa per impedirlo, anzi..) caricando mate-riale senza possedere i diritti su esso.

Questo apre uno scenario interessante in quanto non è il sito di per se ad infrangere alcun diritto ma è l'u-

tente stesso a caricare, in modo anonimo, file sulla

piattaforma di fatto infrangendo la legge. Su questo

stesso principio si basano anche altri siti come, Fa-cebook o Youtube, tanto per citare i più famosi, in

cui utenti caricano il loro materiale sulla rete. In via teorica (ma spaventosamente concreta) quindi anche

loro in un futuro prossimo posso rischiare guai con la giustizia. Quante volte su Facebook vi è capitato

di vedere immagini contenenti famosi slogan o lo-ghi, credete che gli utenti che caricano ciò possegga-

no i diritti? Di conseguenza qualsiasi sito web in cui

sia presente “User Generated Conten” ovvero “contenuto generato dagli utenti” potenzialmente

potrebbe infrangere la legge: sarebbe sufficiente per un utente Youtube lasciare un commento ad un vide-

o con un link per un file sul quale non si possiedono

i diritti per rendere il sito di condivisione video più

famoso al mondo complice di reato. Youtube è sem-pre stato molto efficiente nel rimuovere contenuti

per i quali venivano segnalate infrazioni di copy-right, ma con la probabile futura tolleranza zero,

chissà cosa succederà.

Tornando all' argomento d'apertura, La società di Megaupload (proprietaria anche di Megavideo e Me-

gaporn) è stato accusata di aver violato i diritti per più di 500 milioni di dollari, poiché a differenza del

P2P (eMule per es.) ogni contenuto veniva archivia-

to sui server della società. Pagando un abbonamento

da pochi dollari si era subito ammessi a scaricare in maniera molto rapida ed illimitata tutti i contenuti.

Si è stimato che ai gestori del sito tutta questa attivi-tà tra abbonamenti e pubblicità abbia fruttato circa

175 milioni di dollari. Sotto inchiesta sono finiti vari

personaggi tra cui Kim “Dotcom” Schmitz, proprie-tario e fondatore di Megaupload. La pena massima è

esageratamente alta, come è solito negli USA, per reati che danneggiano una molteplicità di persone:

20 anni di prigione per cospirazione a scopo di ra-cket, 5 anni di prigione per cospirazione a scopo di

violazione di copyright, 20 anni di prigione per co-spirazione a scopo riciclaggio di denaro sporco e

infine 5 anni di prigione per la sostanziale violazio-ne criminale del copyright. Per un totale di 50 anni

carcere. Le accuse che più colpiscono sono quelle per racket e riciclaggio. Questo è giustificato dal fatto che non

solo le case discografiche o produttrici venivano danneggiate dal servizio offerto dalla società ma la

società stessa guadagnava soldi con gli abbonamenti

e la pubblicità.

RIP Megavideo Milioni di Voltiani sconvolti

Robert Ballante 3A

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L'anno scorso ho frequentato un corso di scri�ura crea�va. La prof che lo ges�va mi è sembrata parecchio incapace, ha passato mesi a ripetere che per scrivere basta osservare gli ogge� della quo�dianità. Per me è un'idiozia, ma se lo dice una prof sarà vero. Ad ogni modo, come compito per le vacanze mi è stato de�o di scrivere un racconto ispirandomi a quello che avrei visto. Ho provato a portarmi il computer in spiaggia una volta, due anni fa, e la sabbia si è infiltrata così tanto che c'erano granelli sul desktop. Non sullo schermo, sul desktop. Avevo lo sfondo di una montagna, ci stavano pure male. Ad ogni modo sto scrivendo da circa dieci minu� e ancora niente sabbia, speriamo in bene, per sicurezza ho messo come wallpaper una spiaggia. Proviamo con il sole, anzi no, Sole, con la maiuscola che fa tanto intelle�uale fallito. Grande, rotondo, giallo, luminoso, incandescente, grande, no, grande l'ho già de�o. Questo è un errore s�lis�co, non piacerà alla mia prof. Anche de�o lo è: dovevo usare usato. E anche usare usato è un errore, una ripe�zione per essere precisi. E anche dovevo usare, la consecu�o temporum vuole avrei dovuto usare. Va bene, lasciamo perdere e concentriamoci sul Sole. Dov'ero rimasto? Ah, sì, incandescente, luminoso. Qualcosa mi verrà in mente, ne sono sicuro. Luminoso, luminoso... Ahi, gli occhi. Certo, che genio, lo sto guardando dire�amente. Non devo farlo. È �po il Basilisco di Harry Po�er. Che bello quel film, il second–– no, sto divagando, devo restare sul Sole. Però non lo posso guardare. Potrei provare a pensarlo. Sì, buona idea. Che grande che è. Certo, l'ho de�o anche due volte tanto è grande. Troppo grande. Sta venendo verso di me. Cazzo, sono fregato. Ora viene da me e mi brucia, e buonano�e al mondo. No, che sto dicendo, sto divagando di nuovo. Meglio cambiare sogge�o. Il mare. Non mi viene niente. Proviamo a ripeterlo: mare, mare, mare, ecco, ora non sembra più neanche una parola. Che suono strano che ha. Mare, mare, mari�mo, maremoto, mareggiata, marea, caramello. No, il caramello che c'entra, torniamo alla penul�ma. Qual era? Marea, giusto. C'è bassa marea oggi, l'acqua è indietro, inada�a ad un bagno. E poi ci sono le onde piccole. Molto piccole. Fanno quasi ridere. No, non dovrei ridere, mi sto mostrando insensibile. Per esempio verso le formiche. Sono più piccole, loro, ogni onda per loro è uno tsunami. Che bella parola, tsunami. Non sembra neanche italiana, infa� è giapponese. Che precisazione inu�le. Ma che lo scrivo a fare, chissà quante ne ho fa�e anche solo nelle ul�me cinque ore. Perché ho usato cinque, non è un numero simbolico,

avrei potuto dire dodici. Invece ho de�o cinque, come Megamind ha de�o di mol�plicare le malvagità per sei nel film. Ma come sono arrivato a Megamind? Ero allo tsunami, mi pare. Proviamo con quello: non è quo�diano però non importa, mi inventerò qualcosa. Tsunami, tsunami, tsunami, oh cazzo, ecco perché l'acqua è indietro. Ne sta arrivando uno. Altro che bassa marea, sono le acque che si stanno ri�rando. Devo dirlo a tut–– ci sono ricascato. Perché qualsiasi cosa guardi mi vengono in mente catastrofi? Proviamo con qualcos'altro. Sì, ma che cosa, sono in spiaggia, o scrivo del bagnino o non ho idee. Il bagnino neanche c'è, ecco stroncato il mio ul�mo appiglio. Meglio pensare a qualcosa. Ho parlato del sole, anzi, Sole, con la maiuscola che fa tanto intelle�uale fallito, del mare che neanche sembra una parola, e ora? Sabbia. Rimane solo lei, la mia vecchia nemica. Ora ce la vediamo noi due. Scrivere sulla sabbia sarà la sfida finale, l'ul�ma prova. Scrivere sulla sabbia. Che bel doppio senso, sulla può introdurre sia complemento di materia che di argomento. Ma sarà di materia? Devo ricordarmi di chiedere. No, aspe�a, dov'ero? Ah, sì, la sabbia. Nei film si lamentano tu� che è granulosa e si infila dovunque. Come in Star Wars II: L'A�acco dei Cloni. Lì però Anakin fa il furbo e la usa come scusa per baciare Padme. Ma si scriverà con oppure senza accento sulla e? Se l'avesse si pronuncerebbe alla francese, Padmé. Ma è Pàdme nella traduzione, quindi senza. No, sto divagando di nuovo, e sto usando di nuovo la parola divagando. E di nuovo la parola parola. E di nuovo la locuzione di nuovo. E di nuovo la congiunzione e. E di nuovo frasi nominali e sconnesse. Oh cazzo, ecco di nuovo la sabbia sul desktop. Ma che mi frega, tanto ho lo sfondo con la spiaggia. Va bene, direi che per adesso può anche bastare. Riproverò stasera. P.S. Sì, il �tolo è stato scelto su basi puramente casuali. Secondo P.S. Ovviamente questo non è il racconto che ho portato al termine delle vacanze es�ve: ho invece consegnato una stronzata sull'amicizia nata (la stronzata, non l'amicizia) dalla presunta osservazione di un albero che peraltro mi sono inventato. Ho anche avuto il plauso della prof, mah. Terzo P.S. Ho scri�o questo ar�colo nell’Estate 2011, per questo è ambientato in spiaggia. Sì, ero davvero con il mio netbook lì!

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Alessandro De Gennaro IV C

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C4il Lucky

il Libae il Mauri

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Si ritrovarono al ristorante “il Castello” per festeggiare i

vent’anni dal diploma. C’erano tu�; l’unico assente –

come al solito in queste occasioni – era Bruno Facche�,

il figlio del capostazione.

“Chissà che fine ha fa$o il Facche�” disse Antonio

mentre versava il vino “dopo l’episodio del Mosca, non

s’è più visto”.

“Mosca” era il soprannome che i ragazzi, al tempo del

liceo, avevano affibbiato ad un vecchiaccio che ges+va

la caffe$eria della stazione. Bruno Facche� aveva lavo-

rato per lui fin da giovanissimo, per sostenere le spese

degli studi a cui il padre non poteva provvedere.

Laura scosse la testa. “Per quanto ne so, fu un avveni-

mento trauma+co. Bruno, ve lo ricordate, era un ragaz-

zone solitario e mite; a suo modo, anche carino”

“Carino quello là?” domandò Antonio.

“Già, carino: scuro d’occhi e di capelli, il volto rinforzato

da un grosso paio di sopracciglia cispose, le poche volte

che lo vidi arrabbiato, le inarcava in modo tremendo, e

due spalle da far invidia al più robusto di voi, qui den-

tro”

Fu servita la prima portata. “Rinfrescami la memoria,

Laura cara” squi5 Silvia so$o il velo; s’era appena fa$a

monaca.

“Andò così: – rispose Laura – il “Mosca” maltra$ava

Bruno dalla ma�na alla sera, spesso senza mo+vo. Fi-

gurarsi poi quando combinava un pas+ccio con i vassoi,

o sbagliava a servire una bevanda. Il “Mosca” non ci

vedeva più, e nonostante ques+ piccoli errori Bruno

ormai non li comme$esse quasi più, sorrideva al clien-

te, ordinava al suo “garzone”, come lo chiamava, di se-

guirlo nel retrobo$ega, e laggiù gli faceva delle sfuriate

incredibili. Negli ul+mi tempi aveva addiri$ura preso

l’abitudine di picchiarlo con un bastone di legno”

“Cose dell’altro mondo!” inveì Marco, che aveva capta-

to il discorso. Finì di ingoiare un boccone di dimensioni

spropositate: “Del mondo di giù, è chiaro, non di quello

lassù” disse sorridendo a Silvia.

“E quindi? Che successe poi?”

“Successe che un giorno Bruno perse la testa – con+-

nuò Laura – e invece di chinare gli occhi, come faceva

sempre, strappò di mano il bastone al vecchio e…”

“e glielo fracassò in testa. Col risultato che il “Mosca”

subì un trauma cranico, fu in coma due se�mane, e poi

morì” finì Antonio, impietoso.

Una storia troppo triste, per un’occasione di festa; si

dedicarono per un po’alla cena, ma inevitabilmente il

discorso ricadde su Facche�.

“Chissà che fine ha fa$o”

“Dove s’è nascosto, poi”

“Sarà scappato in Brasile. O in Cina”

“E adesso? Magari ha fa$o fortuna”

“O magari no. Magari è solo un assassino spiantato che

vent’anni fa ha ro$o la testa ad un bru$o vecchio. Ami-

ci, voi siete inclini al roman+cismo…” disse Antonio.

“Si vedeva fin dall’inizio. Era un poveraccio. Il padre non

poteva pagargli gli studi, e lui, no! Non voleva un incari-

co bello comodo –già pronto, dico io – seppure umile,

con cui me$ere su famiglia e condurre una vita onesta,

come il padre. Voleva emanciparsi, lui…”

“E non ne aveva forse il diri$o?” si infervorò Laura.

“Cara mia, si emancipa dal suo stato sociale chi ne ha le

qualità. Lui era asociale, introverso, al limite della be-

s+alità. Non negarlo! Un essere civile non uccide per

una provocazione!”

“Sbagli, Antonio. Anzi, ingegner Manfredi, se preferisci,

così evidenziamo bene il tuo stato sociale…”

“Suvvia!” li riprese Silvia.

“Io credo – intervenne Marco introducendosi un

po’goffamente nel discorso, come era solito fare – che

Bruno, certo, non fosse uno s+nco di santo. Ma se ci

ripenso, e mi me$o nei suoi panni, allora mi sembra

che abbia re$o anche fin troppo. Considerate che lavo-

rava per studiare. Ce la me$eva tu$a per conquistare la

sua fe$a di libertà. Aveva preso bastonate tu$a la vita,

e le aveva sopportate, perché aveva un obie�vo da

raggiungere… a tu� poi può capitare un raptus, un mo-

mento di follia, specie in quelle condizioni. Ecco, Bruno

ha avuto la sfortuna di avere, in quel momento, un ba-

stone fra le mani.

Lui non voleva uccidere, e neanche far del male; in quel

momento stava difendendo la sua “lo$a per la soprav-

vivenza” dalle angherie di un vecchio.

E’ scappato? E cosa doveva fare? Condannarsi l’esisten-

za che si stava fa+cosamente costruendo per soddisfare

un prurito del des+no? Quel ragazzo da allora ha un

macigno sulla propria coscienza, ma anche la consape-

volezza di essere ancora in par+ta”.

Erano ormai al dolce. Laura si alzò per andare alla toi-

le$e. Oltrepassò alcune sale$e, e per sbaglio si ritrovò

nel cor+le interno del ristorante. Un uomo, voltato di

spalle, stava spazzando il pavimento.

“Mi scusi, i servizi?” Chiese Laura. L’uomo smise di ra-

mazzare e si voltò. “Da quella parte, in fondo a destra”

rispose. La guardò per un momento dri$o negli occhi:

era un omaccione corpulento, coi capelli neri, dagli oc-

chi e dalla carnagione scuri. Piantato nel bel mezzo del-

la fronte, un paio di sopracciglia cispose.

Laura si voltò e ritornò sui suoi passi.

di Pietro Fasola 4H

Vent’anni dopo

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CRONACA| Sarà vero che i carrelli della spesa sono diventati più pericolosi negli ultimi tempi? Sì, è vero. La veridicità di questa affermazione è stata ampliamente dimostrata dai dati raccolti dal prestigioso gruppo di ricerca della ACBC. I rappresentanti di questo gruppo si definiscono estasiati dall’essere riusciti a confermare un dato di un’importanza storico-sociale così elevata… E si raccontano a noi. Ci rendono noto che prima di trovare questo dato sensazionale avevano sì fatto altre scoperte eccezionali, come le modalità con cui modificare un frigorifero in un qualsiasi altro elettrodomestico col semplice uso di un cacciavite o la cura per determinati tipi di malattie ereditarie, ma che nessuna di esse li aveva soddisfatti pienamente come matematici, come fisici teorici ma soprattutto come scienziati di confine quali sono. Grazie a loro oggi si stanno mobilitando le migliori DSS (Ditte per la Sicurezza sulla Spesa), nate in precedenza a causa di mozzarelle “anomale” secernenti un gas velenoso, per tenere fronte al grave problema della sicurezza dei carrelli della spesa. Si stanno già prendendo i primi provvedimenti ma i tecnici assicurano che entro l’anno nuovo potremo tornare a fare la spesa come una volta, intanto ci conviene usare le antiquate borse della spesa, pesanti ed inefficaci ma affidabili. Si è già visto l’intervento di alcuni pezzi grossi della politica che, per aiutare i tecnici con le loro analisi, i loro esperimenti sui carrelli, e le diagnosi del guasto, dovuto per ipotesi ad un semplice motivo atmosferico che ne causa il malfunzionamento,

hanno provveduto a contribuire economicamente ai lavori. Naturalmente il contributo economico sarà attuato tramite tasse extra dei contribuenti sui prodotti di uso quotidiano/alimentare negli stessi supermercati per avvicinare tutti al problema e risolverlo insieme. La presa di posizione politica su questo fatto è ritenuta convincente ma soprattutto dovuta dall’esperto in materia Toni F. D’Assalo che riteneva già da tempo che fosse anche ora che i politici prendessero una posizione ferma riguardo a beni comuni di questa rilevanza. L’importanza di questa scoperta della ACBC è denotata anche dal successo che ha avuto in campo scientifico, infatti tutti i maggiori gruppi di ricerca americani che si erano impegnati a trovare il modo di rendere immortali parti del corpo umano per combattere il cancro hanno prontamente abbandonato il proprio lavoro per aiutare gli scienziati italiani nelle ricerche per il miglioramento dei carrelli della spesa che è, ora come ora, fondamentale. I capi di stato delle rispettive nazioni oggi coinvolte (Italia, Francia, Inghilterra, U.S.A., Cina, Russia etc.) si dicono vicini alle famiglie dei ricercatori che stanno passando giorno e notte per risolvere il problema e ritengono che il fatto debba avere la giusta copertura mediatica, quindi tutti i telegiornali della sera che avrebbero dovuto parlare della schiavizzazione delle masse nei suddetti stati saranno sostituiti da un servizio speciale tradotto, da esperti traduttori scelti, in tutte le 67 lingue dei paesi vicini allo sventurato avvenimento. Il servizio sarà commentato dai maggiori esperti in materia del pianeta e seguirà passo dopo passo l’andamento delle ricerche e tutti i test ancora da compiere per risolvere definitivamente il problema. Si consiglia inoltre di andare a far le spesa nei mercati di paese o nei piccoli negozi finché non sarà completamente sotto controllo la sicurezza dei carrelli della spesa e se aveste ancora l’ardore di entrare nei supermercati è severamente vietato introdurre ragazzi minorenni non tutelati dalle assicurazioni sui carrelli che potranno(/dovranno) essere fatte all’ingresso dei supermercati tramite pagamento in contanti.

È più pericoloso fare la spesa “Dall’anno scorso l’ 1,38% in più di incidenti con i carrelli della spesa”

EDOARDO CENTOLANI 3H

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Disgrazie e bellezze dei week-end con una sorella minore Ogni week-end è la stessa routine ed è molto barbosa, però

ammetto che ha i suoi pro e contro. Il pro che capita quasi

sempre (e mio preferito) è questo: lei deve fare i compiti,

ma è molto lenta a capire, non si concentra e per studiare e

capire appena quattro righe le deve leggere come minimo

45 volte. Quindi, quando chiede aiuto ai miei genitori per

studiare o per i compiti, proprio per questi motivi nove volte

su dieci trasforma i miei genitori (soprattutto mio padre) da

rispettabili persone civili e amichevoli a belve incazzate nere

che sbraitano quando parlano. Inoltre essi sembrano essere

contagiati dalla rabbia e assetate di sangue peggio di un

vampiro a digiuno. In pratica il bello è che quando lei si bec-

ca la sbraitata da parte dei miei, io me la godo alla grande.

I contro purtroppo sono quasi tutti direttamente proporzio-

nali ai pro. Prendo come esempio il contro del pro che ho

appena scritto: è vero che mia sorella si becca la sbraitata,

però l’incazzatura dei miei (soprattutto di mio padre) non se

ne va via rapidamente, perciò i miei tengono un carattere

irascibile e incazzato che dura come minimo fino alla matti-

na del giorno dopo e fanno delle facce da assassini. quindi

per esempio, quando guardo le partite di calcio durante la

domenica pomeriggio con mio padre, è meglio non parlargli

e non rompergli le palle, a meno che tu non voglia una sfu-

riata.

Un altro contro del mio week-end è il fatto che mia sorella

adora le serie TV e a lei non gliene frega niente se: il fratello-

ne sta usando il computer per vedersi i suoi video musicali,

andare su Facebook o vedersi i video delle sue parodie pre-

ferite…. NO!!!!! Lei deve vedere a tutti i costi i suoi cacchio

di video delle serie TV su Youtube se no rompe le palle fino

alla sera successiva (se mi va bene) oppure, se va in onda la

sua serie TV preferita, mi assilla finché i timpani non mi

esplodono (ecco perché vado spesso dal medico).

Un altro caso in cui lei scassa le palle è quando vuole fare un

gioco da tavolo, a cui ovviamente non può giocare da sola, e

rompe finché non mi invento una scusa per uscire di casa.

Insomma per chi è in una situazione del genere ricordo che

queste rovina-weekend sono le vostre sorelle e quindi

trattenetevi dall’ammazzarle.

Mi manca. Dannazione, mi manca veramente. Sono qui, in va-

canza (ancora per poco, domani si torna a scuola) e non riesco a

pensare ad altro. Certo, non ho molto altro a cui pensare: compi-

ti? Già fatti, uscire? E dove vado?; Meglio lasciar perdere.

Proverò a dormire, spero di non sognar la.

E’ ricominciata la scuola, magari all’intervallo dovrei parlarle.

Beh, che cosa potrei chiedergli, com’è iniziato il nuovo anno,

cos’ha fatto durante le vacanze e cose del genere.

Prima ora, che noia, non posso credere che manchino tre ore.

Cerco di distrarmi con la lezione, non devo pensare a lei. Secon-

da ora, meno due. Il pensiero di lei tenta di abbattere le già scarse

barriere della mia attenzione. Terza ora, solo una. Non devo

distrarmi, non devo distrarmi: questo è quello che penso per i

primi dieci minuti. Dopo venti minuti non seguo più le parole

della prof, so ancora di cosa si sta parlando ma non sento e tan-

tomeno non mi ricordo ciò che si sta dicendo. Non riesco più a

stare attento, la lezione passa in secondo piano, apprendere non

è più importante, penserò a lei per la prossima mezz’ora. Dopo

quaranta minuti mi chiedo come sta, visto che non la vedo da

molto. Mancano dieci minuti, mi ripeto cosa le dirò, poi lascio

andare la fantasia e mi immagino cosa potrebbe succedere per i

successivi cinque minuti. Meno quattro, cerco di allentare la ten-

sione pensando a lei dimenticando che la vedrò tra poco. Meno

tre, riprendo un minimo di concentrazione per scrivere i compiti.

Meno due, la tensione è incontrollabile, non ne posso più. Meno

uno, maledetto tempo, scorri più velocemente. Intervallo: final-

mente. Scatto fuori dal banco, esco dalla classe. Inizio a titubare,

prendono piede i primi dubbi. Sono sicuro di volerlo fare? Cam-

mina e smettila di pensare. Arrivo davanti alla sua classe, la timi-

dezza prende il sopravvento. Non posso farlo. Oramai sei qua,

non puoi tirarti indietro. Entro. “Ciao” “Ciao” “Come va?”

“Bene, tu?” “Anch’io, grazie” “Cos’hai fatto durante le vacanze?”

“Niente di che, tu?” “Neanch’io”. Passiamo per un intero inter-

vallo a tergiversare su cose poco importanti. Al suono della cam-

panella ci salutiamo, torno nella mia classe. Dannazione, dovevo

fare di più. Un altro giorno in cui ho parlato con lei, ma in cui

non ho concluso niente. Mi chiedo per quanto andrà avanti.

Mi sveglio. Alzati, non puoi perdere troppo tempo, oggi ricomin-

cia la scuola e devi vederla. Mentre mi vesto mi affiora un pensie-

ro: Cos’ho sognato? Forse lei, forse no. Forse non lo saprò mai.

Il parere profescional della redazione

"Due scuole di pensiero si contendono la risoluzione dell'annoso pro-

blema, anzi tre:

la scuola russa dice "Abbuandona tua suorella in lago bajkal un nuotte di

giuelido invernuo russo o vendila a pappuone ukraino per sfamare tua

famigliua"

La scuola nordeuropea (detta del disciules) dice "Cazzi suoi s'arrangino"

- i figli allevati così crescono bene, SE crescono.

La scuola italiana del quieto vivere cerca di tamponare le falle del cosid-

detto catino socio-relazionale messo a dura prova dall'ingombrante

personalità della sorella minore che metaforicamente parlando lo fa

tracimare coll'ingente volume delle sue rotture...

una prima toppa consiste dell'acquisto di un secondo esemplare del

conteso oggetto del desiderio (il PC) una seconda nel pagare lezioni di

ripetizione alla sorella, e così via e così dicendo per tutti gli inconvenien-

ti. data l'elevata spesa che questo sistema comporta, siamo dell'opinio-

ne che il metodo da seguire sia quello suggerito dalla scuola russa.

Fratello disperato

Andrea Piazza 1F

Die Jeide des Jung (La sofferenza di un ragazzo)

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Tutti la fanno, ma nessuno ne parla. Già, ogni giorno dalla nostra bocca escono un sac-co di cazzate, ma non si chiacchiera mai di una co-sa importante: Come si fa? Ma di cosa stiamo parlando? Parliamo dell'isotopo dell'isotopo dell'isotopo dell'isotopo dello Stronziodello Stronziodello Stronziodello Stronzio più abbondante in natura, quello con un tempo di dimezzamento variabile in base a

quanto tempo dopo si tiri lo sciacquone. Ce ne sono di tanti tipi ma mi limiterò solo a spie-gare come “produrla”. Già, non esistono scuole che ti insegnano a farla. O la sai fare, o passerai il resto della tua vita attac-cato a un catetere. Difficoltà: Difficoltà: Difficoltà: Difficoltà: Bassa Cottu... ehm, Tempo stimato: Cottu... ehm, Tempo stimato: Cottu... ehm, Tempo stimato: Cottu... ehm, Tempo stimato: Variabile Ingredienti:Ingredienti:Ingredienti:Ingredienti: -Un water (Non necessariamente) -Carta Igienica (Non necessario, ma vivamente consigliato) Preparazione:Preparazione:Preparazione:Preparazione: 1) Prendete un giornale (possibilmente il Giornalot-to i volantini del Collettivo vanno benissimo), un libro di fisica, la tua ragazza, tuo papà… Insomma, chi vuoi, per accompagnarvi in questa avventura 2) Calatevi i pantaloni e le mutande (mi raccoman-do, in quest'ordine!) 3) Sedetevi sul water (o sul pavimento, se volete) avendo cura di non caderci dentro (dentro al water ovviamente, è difficile cadere dentro al pavimento anche se c’è qualcuno che ci riesce) 4) Se vi state sentendo pesanti, continuate così, siete sulla strada giusta! Dovreste sentire nella pancia dei movimenti... Preparatevi psicologica-mente e fisicamente all'espulsione

5) MACCOME, SONO INCINTA?MACCOME, SONO INCINTA?MACCOME, SONO INCINTA?MACCOME, SONO INCINTA? Nono, stai tran-quillo/a, è tutto normale! Quello che devi fare ora è spingere forte con gli addominali verso il basso. 6) (Okay, ora arriva la parte difficile, ma tranquilli, se seguite le mie istruzioni non avrete nessun peri-colo!) Se avrete spinto abbastanza, sentirete lo stesso rumore di una goccia di pioggia che cade in una pozzanghera. Ebbene, avete partorito il vostro piccolo! 7) No! Non toccatelo! Per quanto bello sia, non è consigliabile fotografarlo, quindi guardatelo, senti-tevi orgogliosi e passate al punto 8 (se volete, pote-te anche toccarlo, ma lavatevi le mani, dopo) 8) Questo punto è stato censurato per motivi di si-curezza 9) Tirate lo sciacquone con un colpo secco, senza esitazione! Ora vi sentirete leggerissimi, quindi ora volate! Consiglio:Consiglio:Consiglio:Consiglio: Non è uno dei punti obbligatori, ma lavatevi le mani e il cannone spara isotopi di stronzio! Lo sapevate che...?Lo sapevate che...?Lo sapevate che...?Lo sapevate che...? -Praticare questo sportsportsportsport brucia un sacco di calorie, pari a una passeggiata nel parco? -Se spalmata sulla pelle, ha degli effetti benefici contro i brufoli? -Usata per fare i castelli è più resistente della sab-bia? -Le terme puzzano perché la usano come fango? -Spalmata sul pane e sulle crepes ha un sapore delizioso? -Mentre si fa decathlon riduce l'attrito nella corsa? -Che è un'alternativa “pulita” alla benzina? -Il formaggio è della cacca bianca? -Essa Essa Essa Essa ha risolto e risolverà un sacco di problemi di coppia? -Essa Essa Essa Essa puzza? -EssaEssaEssaEssa non profuma?

-Questo articolo stimola la Sua produzione? “Fare la cacca è come andare in bici... una volta imparato non te lo dimentichi più!” (Mahatma Gandhi)(Mahatma Gandhi)(Mahatma Gandhi)(Mahatma Gandhi)

Renzo Averia 2B

Quest’ articolo vi farà...

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Le mie due solite tediose parole di presen-tazione: chi si ricorda “i pregiudizi dell’E-go”?, ecco la stessa cosa con gruppi e can-zoni singole misconosciute!

Spellblast – Goblin’s song (da Horns Of Si-lence)

La scena musicale metal italiana per quan-to riguarda la lingua inglese è stata mono-polizzata dai Rhapsody (Of Fire). Gli spellblast sono la risposta bergamasca a Turilli e soci: meno musicalmente evoluti e arzigogolati (beh sono montanari rozzi, che si pretende?), suonano un ottimo Folk metal. Ora, la canzone che vi consiglio vi-vamente parte con una saltellante intro di sintetizzatore, credo, che imita un tin whi-stle. Poche battute e parte il metallo, con un bellissimo coretto enfatico in stile Ma-noWar. Il testo non è questo capolavoro di poetica, ma il tema è carino e atipico (narra l’imbattersi in una festa goblin di notte nel bosco… o un bad trip dovuto ai funghetti che crescono in quel di bergamo alta?). Bellissimo ritmo saltellante, mi tocca ripe-terlo… Boh insomma promettono bene, ti-rando le somme ascoltateveli! Sette minuti ben spesi! (e, poichè occupa spazio, eccovi il ritornello! )

“Take a chance / To join this dance / All that "is" will be revealed / Release your mind / And goblins, goblins all around! Can't you see? / Everything is more clear / To me and to you / But don't forget (We've) goblins, goblins all around!!!

Un Biglietto Del Tram – Stormy Six.

Pezzi da 90… vecchissimi… come trascurar-li?

Ecco il loro album più famoso e riuscito,

dopo l’Unità… Comecosacome? Non li co-nosci? E se ti dico “Stalingrado”? Ah ecco… Cosa??? Nonono, non è della Banda Bas-sotti. Lo sai che per aver pensato ciò l’Albe-ra ti inseguirà per i corridoi brandendo una falce?

Vabbeh, ti lascio al tuo amaro destino, e riprendiamo. Concept album (sapete che vuol dire no? Racconta una storia, in prati-ca) incentrato sulla seconda guerra mon-diale in italia. Ora, dovrei recensirlo, ma come posso? Con che presunzione posso solo pensare di recensire questo capolavoro del rock italiano, questa pietra maestra della controcultura musicale? Come posso concepire l’idea di descrivervi i vertiginosi e travolgenti assoli – pardon, assolO, è in-variabile - di violino, come rendere l’idea delle impeccabili linee di basso? E i violini sono due, non uno, due!

Per non parlar poi dei testi, poetici a dir poco, mai eccessivamente retorici e sempre attualissimi. Magistrale è l’ultima strofa di “Dante di Nanni”, mai così attuale il testo di “Gianfranco Mattei”… e vogliamo parlare di “arrivano gli americani”?

Beh ragazzi l’altr’anno ho visto questi vec-chietti suonare aggratis alla Camera del la-voro di Milano, e come dire, spaccano di brutto. La sala era strapiena, ok per onestà intellettuale ammettiamo che l’età media era sui sessanta (come l’Albera, esatto), ma un energia, una passione, una forza che ra-ramente ho visto in un live, a parte il con-certo a Rio dei maiden.

Daniele Florean 4f

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BACHECA

Vomito ergo Sum!! RUM

Come si chiama quel

lo di

5F molto figo che

sembra

Taylor Lautne

r?Grazie!

Vieni

in 5F z

ozza!

Descrizion

e più precisa?

Se è di 5F non

può essere figo.

Tuo zio.

Chi è Taylor Lautner???

Jacob… Eclipse...

MA VAFFANCULO.

Come se fosse ovvio!

Aveva la c

oscienza p

ulita,

mai usata.

cazzo

A NOI PIACCIONO I DALTONICI.

Assai! C’è troppa stima!

In magna pericula,

tasta testicula

“Ma i p

ittori I

mpressionisti

erano degli ignoranti, ora

della fine…” –Prof C

atiri

Io accetto volontari ma loro non sanno quando devono venire...

2PAC tornerà!

La vita sarebbe migliore

sans Comic Sans

La dinamica dell’incidente: lo scoglio

sarebbe stato colpito nel tentativo di

evitare quell’enorme rosa dei venti

sulla mappa. (Spin.)

Giornalotto’s

Datti Guido 110 e lode!

=)

L’or

ches

tra

puzz

a

Viva il coro

Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò

che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in

diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni son la

mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto di insegnare che italiani e

stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io re-

clamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi.

–Don Milani

I'm not an alcoholic,

alcoholics go to meetings

I'm a drunk, we go to

parties.

Mi calate

la vista

.

–Prof Fra

ncioni

Cartesio era polacco.

Stud «Ma prof, quale sarebbe la definizione di “pseudo-amici”?» Albera «Eh, degli amici. Pseu-do. In medio stat virtus.»

Mi so

no p

erso

il co

so.

"Ma pensate che quando Manzoni

mette la storia di Geltrude sia per

mettere lì una povera sfigata che va

in campo di conc– in convento?"

–Prof Albera

Page 27: Giornalotto N°3 A.S. 2011/2012

na schiacciata

PICCOLE!

Uno va da una ragazza per abbordarla e le dice: “Sai

cosa abbiamo in com

une? – No, cosa? – U

n sindaco,

sei assessori e un presidente del consiglio comunale.”

Dante, cosa vedono i tuoi occhi da guelfo?

Ch

i non

rispon

de al son

daggio

sarà CA

ZZ

IAT

O d

alla Len

tini.

Milan merda

Tua madre La tua

Buon natale!

QU

AL

CO

SA

NOI NON SIAMO DEI BASTONCINI

FINDUS! (16/1/12) –Uno studente congelato

C’è un freddo che sembrano due E infatti entrano i pinguini

"La vita non ha senso a priori. Prima che voi la

viviate, la vita di per se’ non e’ nulla; sta a voi

darle un senso, e il valore non e’ altro che il

senso che sceglierete." -Jean-Paul Sartre

Prof: Gli animali castrati ingrassano.

Stud: Eh certo, sono tristi e si rifugiano nel cibo.

"La Società di Lettura vi invita alla Casa delle Libertà..." –Prof Albera

"Ma p

rof, m

i vuo

le p

icchia

re!"

"Eh

, avrà i su

oi m

otivi."

«Prof ma mette solo limiti in verifica?» «Solo limiti. Un purino di calcolo dei limiti.» –Prof Callegaro

"Mi è passata proprio la voglia di vivere.

–Prof durante una lezione

Q cala, ∆V cala… c’è la crisi, tutto diminuisce…

–Prof Callegaro

Trova le differenze!

Rubrica GiochiRubrica GiochiRubrica GiochiRubrica Giochi

Mauro Albera

Vladimir Il'ič Ul'janov “Lenin”

«Tu ha

i autoc

oscien

za?»

«Come

no! Io

ho un

’autoc

oscien

za

che si a

lza la m

attina

e ogni

volta

che ved

o una

bella f

iga!»

In caso di scale,

usare l’incendio

Cita

zion

e de

l giorn

o:

"La ve

rginità

è u

na m

alat

tia,

meg

lio p

reve

nirla

al p

iù p

resto

perché

col p

assa

re d

el tem

po,

beh

fidat

i… è p

iù fa

cile cur

are

il ca

ncro

!"

Mia zia

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La Redazione

Alessandro Luciano

3G

Federico Lombardi

4G

Giorgio Bondi

3H

Filippo Agalbato

4C

Lorenzo Miano

4H

Pietro Fasola

4H

Daniele Florean

4F

Giada Carioti

3E

Robert Ballante

4A

Agnese Anzani

3F

Lucas Li Bassi

3G

Stefano Schmidt

3G

Alessandro De Gennaro

4C Andrea Piazza

1F

Renzo Averia

2B

Leonardo De Castro

3G

Amalia Castoldi

1F

Corrado Mauriello

3G

Davide Skenderi

4G

Il prof Responsabile:

Mauro Albera