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Giornaleddu de s‟Assessorau a sa Cultura de su Comunu de Ussaramanna
ANNU VI Nùmuru 14 Mes‟e Maiu 2014 www.comune.ussaramanna.vs.it
Pispisalla Soramannesa Racconti di vita paesana
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FIORE DI SOLE
Fiore di Sole 1,
Sei uno splendore
Creato da Dio,
Tu rallegri il cuore mio.
Anche se hai un po‟ di brutto odore
Per la tua bellezza e il tuo colore
Ti ammiro tanto, per me
Sei il fiore più bello che c‟è.
Sei un incanto!
CLOTILDE SERPI
________________ 1 Il fiore in questione è il Fiore d‟oro, in sardo conosciuto come Caragantzu
(nome scientifico Chrisantheum Coronarium L.)
IN CUSTU NÙMURU PODEIS LIGI:
FIORE DI SOLE
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UNO, DUE, TRE… VENTINOVE, TRENTA!
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LE PALME TRA SIMBOLOGIA E TRADIZIONE
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MATRACAS E STROCCIARRANAS, UN‟ANTICA TRADIZIONE
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PISPISALLA… IT‟OLIT NAI E IT‟OLIT FAI
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CANDU SA BIDDA NOSTA FUT PRENA DE GENTI - Parti Cuinta
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LO SPOPOLAMENTO DELLE ZONE INTERNE DELLA SARDEGNA
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RETZETAS SARDAS
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Pispisalla Soramannesa Racconti di vita paesana
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UNO, DUE, TRE… VENTINOVE, TRENTA!
Eh si… siamo arrivati a 30 edizioni!
Sembra ieri l‟anno scolastico 1978/79 quando è
stata realizzata la prima mostra di erbe
spontanee. In quell‟anno ero docente nella scuola
media di Ussaramanna e Turri e decisi che nella
mia programmazione didattica ci fosse come
primario obiettivo lo studio e la conoscenza dei
vegetali presenti nel nostro territorio, perché
ritenni utile che i ragazzi imparassero a
riconoscere erbe, cespugli, piante col proprio
nome scientifico, italiano, sardo. Il lavoro è stato
lungo, faticoso, piacevole. Gli alunni ed io, carichi
di entusiasmo, andavamo a cogliere i campioni
delle erbe e provvisti di quaderni e penne
intervistavamo gli anziani del paese, contadini,
pastori e chiunque potesse fornirci notizie utili.
Con l‟ausilio di libri ed esperti del settore
riuscivamo a classificare le specie.
Alla fine dell‟anno scolastico riuscimmo con
grande soddisfazione ad allestire la 1° Mostra
mettendo in esposizione i campioni vegetali
classificati con il loro nome scientifico, italiano,
sardo. Vicino al campione esposto, eccitati come
per la festa del loro compleanno, gli alunni
spiegavano disinvolti le caratteristiche della
pianta.
Man mano che la ricerca procedeva,
incominciarono ad interessare non solo i vari
nomi, ma anche le caratteristiche e le proprietà
medicamentose, cosmetiche, culinarie,
informazioni che sono state attinte da testi
scientifici, periodici, libri di testo, giornali ed
integrate con una relazione.
Fu per tutti noi come scoprire un mondo nuovo.
Ogni giorno numerosi esemplari riempivano
l‟aula per essere classificati e studiati. Numerosi
furono i visitatori della mostra.
La riuscita dell‟iniziativa, il grande entusiasmo di
tutti, la convinzione da parte mia della sua utilità
e l‟amore che nutro verso il mio paese fecero si
che la mostra percorresse un lungo cammino nel
tempo e nella qualità e per rimanere come
patrimonio culturale alle generazioni future.
Dopo il primo anno pensai di affiancare alla
mostra altre iniziative per valorizzare ancora di
più questa manifestazione.
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Da alcuni anni ho lasciato la scuola ma continuo
a curare, con il medesimo entusiasmo, la
realizzazione della mostra che è diventata un
appuntamento fisso per il mese di maggio.
Ogni anno interessanti e fruttuosi si dimostrano
gli incontri e i dibattiti con esporti e tecnici sullo
sfruttamento delle erbe richiamando anche
tradizioni popolari.
Simpatica e gradita è ogni anno la degustazione
di piatti a base di erbe spontanee accompagnate
da un bicchiere di buona malvasia locale per un
arrivederci all‟anno seguente.
Ancora oggi la mostra è meta di numerosi
visitatori desiderosi di conoscere quel
meraviglioso e importantissimo patrimonio
culturale legato anche alle tradizioni dei nostri
antenati. DINO ZEDDA*
*Ideatore della Mostra delle Erbe Spontanee
Alcune immagini storiche delle passate edizioni della Mostra delle Erbe Spontanee
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LE PALME TRA SIMBOLOGIA E TRADIZIONE
“La grande folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d‟Israele!».”1 Gv 12,12-16
Arriva, la settimana prima di Pasqua nella quale tutti si preparano per la morte e resurrezione di Cristo, la domenica delle Palme! L‟entrata trionfante di Gesù a Gerusalemme, l‟accoglienza della folla con rami di ulivo e foglie di palme annuncia a tutti il suo imminente sacrificio per la salvezza dell‟uomo. Di anno in anno, in tutte le parti del mondo, si suole festeggiare questa domenica nella quale tutti reggono in mano una foglia di palma semplicemente tagliata oppure intrecciata seguendo tecniche che vengono tramandate da tempo. Soprattutto in Sardegna questa è una tradizione che non manca mai! La palma nella storia del cristianesimo, ha un significato molto importante: rappresenta il martirio che molti uomini di fede hanno subito. È la simbologia del sacrificio. La forma delle sue foglie così slanciate e aperte verso l‟esterno faceva pensare subito al sole ma soprattutto il produrre fiori e frutti quando sembrasse essere morta, in
un certo senso come se desse la sua vita per una nuova; così anche i martiri avrebbero avuto la loro “ricompensa” nel paradiso per il sacrificio di fede svolto in terra. La palma rimanda all‟oriente, ricco di queste piante e terra fiorente di martiri! Nell‟arte cristiana la palma è raffigurata di frequente come la colomba e l‟ancora, nei sarcofagi, negli affreschi in particolare in mano a delle persone a significare il sacrificio e la vittoria ottenuta con la morte. Esiste un riferimento biblico specifico: “il giusto fiorirà come palma” 2 che riassume la forte valenza di questa pianta così antica e così riproposta nell‟arte, dall‟era paleocristiana sino al periodo moderno: La vittoria; L‟ascesa; La rinascita; L‟immortalità. Vista l‟importante storia non a caso la tradizione de sa prama pintada è così forte in Terra Sarda. Esistono molteplici tecniche, antichissime, che trasformano una semplicissima foglia di palma in qualcosa di unico, ricco e bello.
1 Vangelo secondo Giovanni, Gv 12,12-16. 2 Salmo 91, 13.
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Un intreccio base dal quale si formano tantissimi disegni che rendono ancora più suggestivo un rito così importante della religione cristiana. La grande abilità delle mani artigiane genera dei pezzi così abilmente ricercati, con la concentrazione, la passione e il duro lavoro. Anche ad Ussaramanna, nella settimana che precede la Domenica delle Palme, ci si riunisce tutti insieme dedicando un intero pomeriggio all‟intreccio delle palme.
Tanti anziani, ma anche qualche giovane, ogni anno si riuniscono per intrecciare le palme che poi verranno distribuite alla Comunità di Ussaramanna, sa prama „e populu. Tanti segreti vengono tramandati con l‟augurio e la speranza che anche i più piccoli prendano le orme degli abilissimi artigiani per continuare questa tradizione ed evitare che si perda un‟altra pagina fondamentale della cultura sarda.
MARINA SERRA
San Quirico e San Lorenzo, così come tutti i Martiri cristiani, sono rappresentati con la foglia di palma simbolo del martirio.
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MATRACAS E STROCCIARRANAS, UN’ANTICA TRADIZIONE
Bambini durante il Venerdì Santo. Nule, 1966. Fonte: www.sardegnadigitallibrary.it
Il Giovedì Santo, dopo il canto del Gloria, le
campane smettono di suonare in segno di lutto.
Vengono legate affinché non emettano alcun
suono sino alla notte del sabato quando, sciolte,
annunciano al Mondo la risurrezione di Cristo.
In Sardegna, così come in tante altre parti del
Mondo, nei giorni che precedono la Pasqua, le
campane venivano sostituite da altri strumenti.
Per le vie del paese i bambini facevano risuonare
matracas e strocciarranas che, con “suoni
stridenti”, chiamavano i fedeli a partecipare ai
riti del Triduo Pasquale. In certi paesi sardi
infatti questo triduo era detto sas dies de su
mommodinu, espressione che indica lo strepito
prodotto appunto da questi strumenti.
Questi strumenti hanno un‟origine antichissima,
in Sardegna quasi certamente furono gli spagnoli
a portarli. Ma l‟origine di questi strumenti molto
probabilmente è araba, infatti furono loro ad
importarli in Spagna durante la conquista
islamica della penisola iberica.
La parola matraca deriva dall‟arabo "mitraqa",
che significa martello, ma anche da "táraq", che
significa colpire. La matraca si diffuse poi in tutta
Europa durante il Medioevo, anche come
strumento di compagnia durante il lavoro nei
campi e la vendemmia.
Le matracas, in tutte le loro varianti, sono degli
strumenti musicali e sono classificati come
idiofoni a percussione.
Questi strumenti sono ancora oggi molto diffusi e
utilizzati in America Latina (che così come in
Sardegna giunsero grazie agli spagnoli), non solo
in Settimana Santa, ma anche per animare
momenti di festa e talvolta anche dai tifosi negli
stadi, durante vari eventi sportivi. Ma nel mondo
cristiano, ancora oggi, l‟utilizzo prevalente è
appunto quello di sostituire le campane nei giorni
antecedenti la Pasqua e chiamare i fedeli alle
funzioni sacre, sostituendo così le campane.
In Spagna e nell‟America Latina sono diffuse
anche grandi matracas, installate proprio sui
campanili di piccole chiese e cattedrali.
Famosa è la grande matraca del Santuario di
Santiago de Compostela, installata sulla Torre de
la Carraca (sinonimo spagnolo di matraca, dalla
quale prende appunto il nome).
Grande matraca installata sulla torre sinistra del
Santuario di Santiago de Compostela (Spagna)
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In Sardegna esistono diversi tipi di matracas che
differiscono per dimensione e materiale.
Le matracas propriamente dette sono realizzate
fissando ad una tavola di legno dei batacchi
metallici in entrambe le facce. La rotazione della
tavola imprime ai batacchi una sollecitazione che
produce un forte rumore. Altre matracas,
conosciute come matracas a roda o anche come
strocciarrana, ran‟e taula o ran‟e canna, sono
costituite da uno scatolato ligneo avente una
lingua libera su uno dei lati e da una ruota
dentata. La rotazione di questa ruota, mediante
un perno che funge da manico, sollecita la
linguetta provocando un intenso suono che
ricorda il gracidare delle rane. Lo stesso
meccanismo può essere realizzato con una canna
in sostituzione dello scatolato ligneo.
Altro strumento sono is tabeddas, esso è
costituito da una tavola di legno con manico alla
quale vengono legate altre due tavolette, lo
scuotimento del manico fa si che queste, urtando
sull‟elemento centrale, producano rumore.
Un altro strumento utilizzato in Sardegna era sa
carroghedda. Esso è costituito da un pezzo di
canna chiusa ad un‟estremità da una pelle. Al
centro di questa membrana è fissato un crine di
cavallo la cui estremità termina con un cappio
libero di girare attorno ad un bastoncino di legno.
Dopo averne unto la scanalatura con pece greca,
cera d‟api o anche con la saliva, si impugna il
bastoncino e si fa roteare la canna. Lo
sfregamento del crine di cavallo provoca una
vibrazione che viene trasmessa alla membrana in
pelle, producendo un suono che viene amplificato
dalla cassa acustica costituita dalla canna.
Purtroppo tutti questi strumenti stanno via via
scomparendo e con essi anche quell‟atmosfera
che essi creavano quando i bambini percorrevano
le strade annunciando l‟arrivo della Pasqua.
Io e i miei coetanei siamo stati gli ultimi bambini
che hanno percorso le strade di Ussaramanna
suonando questi antichi strumenti, mi piacerebbe
che dopo anni di "silenzio" tornasse un po‟ di
"rumore" per le vie del nostro paese… CLAUDIO ZEDDA
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PISPISALLA… IT’OLIT NAI E IT’OLIT FAI!
Chi conòscit sa lingua sarda, scit it‟olit nai custu fuèddu… Po meda giòvunus, chi no ddu scint, cìrcaus de ddu spiegai.
Pispisalla est cosa de pagu valori, cosa chi si poit pinigai o lasai perdi. In tempus passau, sa pobera genti arregolìat cussa puru… Fut praticada meda in totu su sartu candu si andàt a sa spasiadura, candu is frutus fiànt giài arregotus: mendua, obia, spiga e frutu de d onnia calidadi. Po fintzas sa pispisalla de sa linna si bodìat! Su giornaleddu nostu, chi tènit custu nomini, chistiònat de sa vida nosta, de is custumàntzas nostas, chi bivèus donnia dì, totus. Obèus torai a chistiònai de sa “pispisalla” nosta, chenza si lassai imbalocai de is “pispisallas” chi si proponint sa televisioni e is giornalis, chi si donant bortas meda “pispisalla” de donnia corr‟a fruca! Su scopu nostu est de torrai a chistionai de is cosas nostas pari pari, con cussa simplicidadi e spontaneidadi de su tempus passau, candu donnia atobiu fut ocasioni de si contai sa vida, is cosas bellas e is cosas mabas, arriendi, chi nci fut de arrì, o prangendi, chi nci fut de prangi. Su paperi scrittu si dònat sa posibilidadi de trasmiti a totu is Familias de acanta e de atesu, is pensamentus nostus e is cosas chi fadèus, po continuai a d essi cussus Fradis, chi si olint beni e
chi no s‟ant mai a scaresci de sa Bidda insoru. In donnia chistioni chi si fait, est cosa bella a s‟intendi a pari, ma nos eus intendiu pagu arresposta. No scideus chi ddu ligeis, chi est agradesiu… Si at a praxi meda de intendi cuncu sinnali, po scì chi ndi balit sa pena de ddu sighì a fai. Custu at essi unu modu po arrespetai sa Cambarada de genti chi s‟impegnat a ddu fai e s‟Aministrazioni Comunali chi ddu finantziat. Bellu at essi a biri sennalis de collaborazioni sia de parti de is antzianus, sia de parti de is giovunus, cun su scopu de migliorai is conditzionis socio-culturalis de sa Bidda nosta e po evitai chi Ussaramanna fatza sa fini de Ussaredda (bidda spedria)! Totus scireus is cosas e totus fadeus finta de nudda, doniunu a scroxiai is malis po contu suu, cun sa scusa ca no si depeus fichì me is fatus alenus…. Nos seus de pensamentu diversu e naraus chi PISPISALLA, su Giornaleddu cosa nostu, sìat DE TOTUS E PO TOTUS!!! Amigus, rinovaus a totus su cumbidu a
COLLABORAI, segnalendisì is argomentus, chi
oleis scrì! Possibilmenti scritus in SARDU!
MICHELE LILLIU
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Ussaramanna in una cartografia del 1873 con indicati i nomi attuali delle vie presenti all‟epoca.
Fonte: Archivio di Stato - Elaborazione grafica: Claudio Zedda
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CANDU SA BIDDA NOSTA FUT PRENA DE GENTI
Ussaramanna me is annus „40 e „50 de su 1900
PARTI CUINTA
S‟antigu cunventu de su Seicentus de is paras mercedarius. In s‟arcu de intrada si podi ancora ligi su stema de sa congregatzioni
Sighendi sa passillada in bidda nostra, in custu numeru parteus de pratza „e Cresia e fadeus sa Via Vittorio Emanuele, chi prima si tzerriat Via del Commercio. A fiuncu de sa cresia dui fuit su gimitoriu, su campusantu antigu, oindi dui est s‟oratoriu parrochiali e sa domu parrochiali. A mau esta dui est sa domu de Onoratu Mallocci, chi fu prima de su tziu Lorentzinu, esti una domu sinniorili in stile Liberty de is primus de su Noicentus. Siada tziu chi nebodi fiant abarraus bagadius e sa domu oindì est buida, mancai fessit manna meda. A fiancu de sa domu parrochiali dui fut sa familia de Danti Serpi, coiau cun Margherita Minnai chi beniat de Useddus, iant tentu 7 fillus: Ausonia, Innocenziu, Maria, Teresa, Tonina, Clemente e Silvana. Issu fadiat su ferreri. A fiancu, sempri a manu manca, dui fut sa domu de Pepi Zedda poi si fu fatu sa domu de unu nebodi Peppinu Zedda mortu giovunu e bagadiu, oindi dui bividi Francu Zedda ma prima ancora dui fiat su Municipiu e sa scola. De fronti duit bivit una familia de sfollaus
de Casteddu, tziu Cherchi, ma apustis de sa guerra si ndi fiant torraus a bivi in Casteddu cun is fillus Rodolfo e Gabriella. Poi dui fu biviu Micheli Porta chi fut coiau 3 bortas. Iat tentu tres fillus cun sa primu pobidda: Giovanna, Oraziu e Chiara; cun sa segunda iat tentiu Tigeliu, Elvira. A su costau biviat tziu Puddu. A su costau bivia Felicinu Vacca coiau cun Gisa Sideri, iant tentu dus fillus, Ignaziu e Gianna. Poi sa domu fut istetia comprada de Eliu Mura, coiau cun Ignazia Podda, teniant duus fillus: Mauro e Lorenza. Fadiat su messaiu e poi iat traballau in sa SNIA de Biddaxidru. Sa domu fut s‟antigu cunventu de su 1600 de is paras mercedarius chi du fut a Ussaramanna, su cunventu fut mannu meda, tenia puru unu molìnu „e obia, e arribat fintzas a sa domu de Onoratu Mallocci. Sempiri a parti esta biviant Ninu Mebi chi biniat de Turri, coiau con Pillima Podda, no iant tentu fillus, fadiat su maistu de pannu e fudi s‟organista de sa cresia nosta. De fronti a manu manca biviat Terenziu Podda coiau cun Nina Soddu, iant tentu 5 fillus:
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Matilda, Agostinu, Luigina, Maura e Maria. Traballant in s‟agricoltura. A fiancu biviat Donna Maria Diana coiada cun Antoni Puligheddu, tenianta una bella siènda e puru tres fillus: Ettorinu, Dariu e Nuccia. Dariu dopu si fut costruiu sa domu in sa stessa pratza e si fut coiau con Annetta Mallocci, iant tentu 6 fillus: Antonellu, Giovanni, Paolettu, Ignaziu, Maria e Lorenzo. Fadiat su maistu de scola. A fiancu biviat Ninu Rubiu, coiau a Mogoredda cun Santina Moi, is fillus fiant Eufrasia, Erzia, Giorgio, Pepi, Marina, Lorenza, Gabriele, Vittoria e Lilla. A su costau biviat Aureliu Podda, fadiat su massaiu, coiau cun Laura Lilliu iant tentu 6 fillus: Ione, Carlinu, Fulvia, Francescu, Ignazia e Tonina, fadia su massaiu. Ananti du biviat Peppinu Murtas chi fadiat su massaiu e chi beniat de Siddi, fut coiau cun Carmina Pusceddu chi teniat una butega de
colonialis. Iant tentu dus fillus: Tenzia e Santus. Santus s‟est coiau cun Antonietta Podda e iant tentus tres fillus: Lorentzu, Maria Carmine e Sandra. Tenia sa butega e fadia puru su massaiu. A fiancu bivia Benignu Podda, coiau cun Pelagia Sideri, iant tentu Tarsillo, Leonziu, Silvanu, Nina, Maria, Antoni, Bonfigliu, Gesuina. Po utimu dui fut su casotu de sa ferrovia chi collegat Abas a Mara e a Biddaxidru. Dui bivia tziu Serra chi beniat de Saddorie fut coiau con Peppina Lampis. Iant tentu 6 fillus Pinucciu, Tommasu, Bertina, Delia, Maria e Graziano. Traballat, cummenti si podi cumprendi, in ferrovia cumenti casotteri. Is trenus iant smitiu de biaxiai in su 1956 ma Pinucciu esti abarrau, si fiat coiau cun Gilda Cau e iant tentu Franco, Mariano, Giannina, Renzo, Renato, Roberto, Remigio, Ignazio, Renzo. Po custu numeru si firmaus in su cancellu de linna, aici si narat su passagiu a livellu de sa ferrovia.
MICHELE LILLU
Su casotu de sa ferrovia cun su cancellu de linna a Ussaramanna. Opera de Dante Atzori
Custa est una stòria a puntadas chi sighit me is pròssimus nùmurus de Pispisalla Soramannesa.
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LO SPOPOLAMENTO DELLE ZONE INTERNE DELLA SARDEGNA
Lo spopolamento delle zone interne della Sardegna sta diventando sempre più un‟emergenza. L‟evoluzione continua e inarrestabile delle dinamiche socio-economiche hanno determinato negli ultimi anni un vero e proprio salasso demografico di numerosi centri delle zone interne della Sardegna. Addirittura si parla di scomparsa totale di comuni che hanno una loro storia, una loro identità, un percorso umano definito. Tra le situazioni più allarmanti vogliamo ricordare due comuni del sassarese: Semestene e Monteleone Roccadoria che nel giro di un decennio sono destinati a scomparire. Nell‟Alta Marmilla sono numerosi i comuni che condividono questo destino inesorabile e feroce. Eppure girovagando tra i paesi di questa suggestiva porzione di Sardegna, non possono passare inosservate le particolarità architettoniche e urbanistiche che caratterizzano questi centri che hanno vissuto incrementi demografici imponenti già dal primo dopoguerra. Così a contorno di imponenti e fastose case padronali che ricalcano le tipologie abitative della Marmilla, si snodano con una sinuosità di tutto rispetto, una serie di abitazioni dai rilievi essenziali ed umili ma che arricchiscono le strade di questi paesi con una vena pittoresca e che ne affermano la grande valenza attrattiva. Questa potrebbe sembrare una vera e propria contraddizione in una società dove il bene-casa assume un ruolo di centrale importanza nei grossi agglomerati urbani e nelle grandi città, e viene quasi conseguentemente sminuito in questi centri che oggi rappresentano la riprova concreta dello spopolamento delle zone interne.
L‟economia di mercato e la globalizzazione sono elementi spietati nell‟imporre numeri e scelte che spesso e volentieri non si possono opinare. Spariscono i servizi essenziali come guardia medica, farmacia, scuole, uffici postali, banche, farmacie e le attività commerciali sono destinate a chiudere per scarso volume d‟affari. In un contesto sempre più economicamente depresso, i giovani non possono far altro che cercare nella scolarizzazione avanzata una risposta alla crescente domanda d‟impiego futuro e quindi una quasi naturale propensione ad abbandonare il paese originario alla ricerca di una realizzazione professionale. Da anni ormai, si parla di rilancio delle zone interne e spesso si sono utilizzati cospicui finanziamenti pubblici (anche Comunitari) con il fermo intento di rimettere in pista le risorse turistico-culturali legate al territorio, capaci di generare quelle spinte economiche in grado di garantire occupazione e sviluppo alle giovani generazioni. La realtà, ci racconta purtroppo che le cose non vanno proprio così, lo sviluppo socio-economico del territorio non può basarsi unicamente sulla scommessa turistica, i numeri che ci forniscono le statistiche sono impietose e raccontano di una società sarda il cui PIL viene prodotto per la quasi totalità dai servizi e se togliamo il contributo dato dall‟industria pesante, il concorso della produzione agro-pastorale si riduce veramente a percentuali quasi simboliche. Da queste considerazioni si intuisce che non si può combattere lo spopolamento delle zone interne senza una visione strategica complessiva, per quel che ci riguarda pensiamo si debba
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puntare sul recupero del patrimonio abitativo, rilanciare la voglia di una “vita a misura di famiglia”, ricomporre un sano rapporto con la natura ed il territorio. Insomma, gli immobili attualmente dismessi ed in stato di apparente abbandono potrebbero essere ristrutturati ed offerti alla crescente domanda abitativa che proviene dalle grandi città e gli agglomerati urbani. Riportare le famiglie a popolare le zone interne è solo il primo passo per riproporre una strategia di sistema che riesca a far rinascere il ciclo economico vitale per far ripartire un adeguato incremento demografico. Ussaramanna è uno dei comuni che si trova in grave sofferenza demografica, a seguire riportiamo una cartina che rappresenta l‟evoluzione demografica dei comuni sardi dal 1951 ad oggi, come potete vedere, le zone interne rappresentanole criticità fin qui esposte. I comuni con grave e gravissima sofferenza demografica, ricomprendono nell‟Isola l‟8,5% della popolazione ed il 26,6% della superficie, ma se a tali comuni si aggiungono quelli in stato di
salute demografica “precaria” la popolazione interessata sale al 33% (un terzo dell‟intera Sardegna) e il territorio interessato al 55% della superficie dell‟Isola. Dalle considerazioni fin qui esposte è quasi naturale affermare che lo spopolamento delle zone interne è l‟emergenza principale di cui si deve far carico la politica Regionale e Nazionale, non bastano investimenti una tantum, sono necessarie iniziative normative che inquadrino il problema dal punto di vista strategico e di sistema. Anche gli enti locali devono fare la loro parte, bisogna uscire dagli steccati dei campanilismi e cominciare a ragionare insieme, con una visione complessiva che vada a ristabilire nuove opportunità di sviluppo legate al territorio, ai trasporti, all‟artigianato. Comuni come Ussaramanna possono offrire una elevata “qualità della vita” che difficilmente si può riscontrare nelle grandi città, bisogna credere nella possibilità di promuovere la “qualità della vita” come elemento indispensabile per il futuro. Gli spazi ci sono e la natura è stata generosa con la Marmilla ed i suoi meravigliosi paesi.
LUIGI GARAU
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PANADA
CUN PETZA DE ANGIONI E PATATAS
Ingredientis
- po sa pasta: “Rimacinato” de simbua (o farra e simbua fina); Ollu de procu; Acua tèbida sabida.
- po s‟arraprenimentu: Petza de angioni segada a uncueddus; Patatas segadas a rodas no meda grussas; Sabi, pibiri, pibadra, allu, perdusèmini e ollu de obia.
300 g. 150+150 g. 30 g. cantu bastat 300 g. 300 g. cantu bastat
Preparatzioni:
Si incumentzat impastendi su rimacinau de simbua cun acua tèbida sabida e s‟ollu de procu (cun
metadi de farra e metadi de simbua fina sa pasta essidi prus croccanti). Sa pasta si traballat a longu
fintzas a otenniri unu pillu unu pagu grussu de forma tunda. Toccada a s‟arragodai de lassai unu pagu de
pasta po fairi su covecu. Su pillu tundu si poidi ponniri in d‟unu pratu o in d‟una tellia po s‟agiudai a di
donai sa forma giusta de “pingiada”.
A custu puntu si podi incumentzai a ponniri s‟arreprenimentu chi depidi essiri postu totu a cruu: petza
de angioni e patatas segadas a rodas, sabi, pibiri, pibadra, allu e perdusèmini.
Apustis de ai ghetau s‟arreprenimentu tocat a ndi pesai sa pasta a bellu a bellu donendindi sa forma de
“pingiada” e latziendi cancu centimetru de oru. Prima de da serrai toccada de s‟arregordai de di ponniri
cancua cullera de ollu de obia.
A custu puntu si poidi serrai sa panada fadendi unu pillu de forma tunda cun sa pasta allogada, su
covecu andada “cosiu” a sa pingiada spitzuendu is orus, custa operatzioni esti meda dilicada e depid‟essi
fata cun meda atentzioni.
Sa panada andat inforrada a 180°C e si coidi po circa 1 ora e cuartu. Chi su forru esti callenti meda e sa
pasta si coidi lestru, cobereda cun carta stagnola e sigheida a coi po su tempus programau.
Serbeidda ancora unu pagu callenti accumpangiada cun binu nieddu!
Bonu apetitu a totus!!!
LELLA DESSI
(ASS.CULT. LE AMICHE DI ZIA LELLA)