GIORNALE DI AUGUSTA

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n. 16 - maggio 2004

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maggio - luglio 2004

3 Il porto dev’essere competitivo 4 Vado al Massimo 6 Contro l’inceneritore nuove

forma di lotta - Veleni a mare 7 Veleni e segreti 9 Il “Paradiso” dell’eternit10 Villa comunale vietata agli

anziani11 Muscatello, vecchio e nuovo12 Politica13 Forestiere - AN14 Festa delle navi e del S. Cuore15 Sasol under 21 - Fra’ Matteo

Pugliares16 Le Troiane rivivono alla citta-

della degli studi - “Da faro a faro”, con Alessio Di Modica

17 L’improvvisa scomparsa di Alfredo Maria Garsia

18 Augusta e i fatti del 186020 62 anni e la salma non rientra

dalla Russia21 Liceo Saluta: “Donne in sce-

na” - Vertici rosa negli istituti di istruzione superiore

22 Jolè l’innamorato della Luna23 La favola dei Fiorello - An-

tonello Costa... sempre più - Fama pulsat.. in punta di piedi

24 l’ascensore dei sogni - Il mare di S. Elena va bene

25 Lettere26 Amarcord

Sommario

Direttore responsabileGiorgio prof. Càsole

Fotocomposizione e stampaStamperia d’arte “Il Torchio”

[email protected] Garibaldi 16 - Tel. 0931 524010

96011 AUGUSTA (SR)Chiuso in tipografia il 23-07-2004I pezzi non firmati s’intendono del

direttoreLEONARDI EDITORE

n. 16

Anno V

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maggio - luglio 2004 Editoriale

Il porto dev’essere competitivo

Dal tempo immemorabile manca la polizia di frontiera, la sede della dogana è stata spostata all’ingres-

so della città (procurando così gravissimi disagi agli operatori locali e agli armatori), la nuova darsena è nata difettosa, il terzo lotto del porto commerciale è ancora – è davvero il caso di usare questa metafora – in alto mare: l’immagine del porto di Augusta appare desolata e desolante.

Parliamo con un gruppetto di operatori portuali in una qualsiasi mattina di giugno. Al di là della loro specifica mansione (agente marittimo, spedizioniere, fornitore navale), sono tutti preoccupati. Il porto non è più quell’industria operosa di una volta; nonostante gli oltre tremila attracchi l’anno, che pure dovrebbero rappresentare un dato consistente, il porto di Augusta non dà più il lavoro che ha fatto la fortuna di circa trenta agenzie marittime, di venti tra spedizionieri e fornitori navali, della cantieristica e del-l’indotto. Eppure la movimentazione merci supera i trenta milioni di tonnellate, cui bisognerebbe aggiungere i circa 18 milioni del bacino contiguo di S. Panagia, eppure l’ampiezza dello specchio d’acqua – venti-quattro milioni di metri quadri - , l’altezza dei fondali, con punte di trentanove metri, suscitano ancora la meraviglia di quanti ven-gono a visitare il porto, com’è successo un paio di mesi fa nell’àmbito d’un’iniziativa promossa dall’Assindustria: alcuni esperti portuali provenienti dal Galles sono rimasti proprio colpiti dai fondali del porto. Le ri-sorse straordinarie fornite da madre natura, tuttavia, non bastano. “La programmazione è vitale” – ha detto Stephen L. Smith, por-tavoce della delegazione gallese, che ha pro-seguito: “Occorre valutare ogni opportunità, ricavando, dov’è possibile, aree da destinare all’industria ecocompatibile. E’ necessaria una stretta collaborazione tra autorità, privati e università” – è stata l’esortazione finale di Smith rivolta alla delegazione ospitante, di cui facevano parte il sindaco Massimo Carrubba e il suo assessore allo sviluppo economico, Diego Maiolino, e il presidente dell’Autorità portuale, Giuseppe Spanò.

Proprio Giuseppe Spanò è stato il primo, ovviamente, a essere invitato a un incontro di programmazione sul tema “Da Augusta a Gioia Tauro: un sistema portuale nel contesto internazionale”, organizzato dall’università di Reggio Calabria nell’àmbi-to d’un programma comunitario sui trasporti nel Mezzogiorno e nel Mediterraneo.

L’idea di base del convegno, tenutosi

a Reggio Calabria, con la partecipazione di persone altamente qualificate nel settore (fra cui il presidente dell’Unione interporti riuniti, Rodolfo De Dominicis e l’ammini-stratore delegato di Big Conthsip, Francesco De Bonis, considerato il maggiore operatore privato italiano), è quella di poter realizzare in un futuro non troppo lontano un sistema portuale integrato, Augusta-Gioia Tauro, appunto, sì da poter stare alla pari con il porto di Anversa, il più grande scalo nord europeo, dopo quello di Rotterdam, pratica-mente inarrivabile.

Il porto di Rotterdam, da solo, movi-menta merci per 280 milioni di tonnellate l’anno, mentre i due porti di Augusta e Gioia Tauro superano i 58 milioni di tonnellate, cifra quasi pari a quella dei movimenti del porto di Anversa, superiore a quella della movimentazione del porto di Genova (47 milioni circa) e a quella relativa al porto di Trieste (44 milioni e mezzo).

Se si pensa che già la Tunisia ha rea-lizzato un sistema portuale integrato con sette porti commerciali collegati tra loro e coordinati da un’unica direzione informatica (con servizi informatici agli approdi) per gestire poco più di venti milioni di tonnel-late di merce all’anno, di gran lunga meno del movimento merci del porto di Augusta, l’integrazione anche da noi potrebbe appa-rire come una prospettiva per aumentare le quote di mercato e per razionalizzare i costi: insomma, per essere competitivi nel mercato mondiale, sì da poter diventare punto di ri-ferimento principale nel Mediterraneo, alla vigilia dell’attivazione, nel 2010, della Zona di Libero Scambio.

Per la mancata integrazione nella logistica, secondo una stima tecnica, pare che attualmente in Italia si sprechino risor-se equivalenti al 2 per cento del Prodotto Interno Lordo.

L’integrazione dei due porti potrebbe portare, oltre all’omogeneizzazione delle tecnologie informatiche e di comunicazione (Tic), alla realizzazione di un sistema, già attivo a Rotterdam dal 1956 e, addirittura, a Liverpool da 1948: il sistema di controllo radar su traffico e sicurezza, noto come sistema VTS.

Gli esperti riunitisi a Reggio Calabria, per ottenere un sistema portuale integra-to al meglio, hanno auspicato una netta specializzazione all’interno del sistema; in sostanza, il porto di Augusta dovrebbe essere esclusivamente lo scalo per i prodotti petroliferi, quello di Gioia Tauro il porto dei container.

L’auspicio degli studiosi è, probabil-mente, destinato a rimanere lettera morta. Il presidente Spanò ha, infatti, annunciato pubblicamente il progetto d’un terminal container, sì da aggiungere “ulteriori tre-

centomila metri quadri di aree e banchine, che insieme a un altro mezzo milione di metri quadrati per l’ampliamento delle aree di stoccaggio, farebbero arrivare le aree disponibili al milione e centomila metri quadrati complessivi”.

Un fatto è certo. Le potenzialità del porto di Augusta sono enormi e bisogne-rebbe superare miopie campanilistiche. Occorrerebbe avere il coraggio, così come si fa per l’aeroporto di Catania, considerata la porta d’ingresso della Sicilia Orientale, di ritenere il porto di Augusta lo scalo principa-le della Sicilia orientale. Il porto di Catania è troppo piccolo e non può espandersi ed è, comunque, nel centro urbano, denso di traf-fico. Il Porto Grande di Siracusa dovrebbe diventare a breve il tanto sospirato porto turistico dei siracusani e di quanti vorranno attraccare per visitare la millenaria Ortigia e tutte le altre attrattive turistiche. Nel porto di Augusta, che ha ospitato le superpetro-liere da 600 mila tonnellate, grazie ai suoi fondali, potrebbero essere ospitate anche navi da crociera e i passeggeri potrebbero essere comodamente sbarcati se ci fossero le banchine idonee e trasportati a Siracusa e nei dintorni grazie a un collegamento rapido fornito dall’attuale bretella autostradale.

Più che puntare sul faraonico e te-merario ponte sullo stretto di Messina, gl’imprenditori guardano con favore alle cosiddette autostrade del mare, che promet-tono sviluppi positivi soprattutto sul fronte del traffico roll on, roll off. La compagnia di navigazione Strade blu del gruppo Be-netton, che svolge un servizio tra Genova, Civitavecchia e Termini Imprese, guarda già al porto di Augusta come a un possibile “casello” nel circuito delle autostrade del mare. Non c’è alcun dubbio che, per la sua posizione geografica, quello di Augusta è considerato scalo prioritario per il riforni-mento, la riparazione e la manutenzione delle navi.

Occorre, però, far presto per rendere funzionale il porto commerciale. “A causa dei lavori in corso, mancano recinzioni e vigilanza” – ha denunciato pubblicamente Luigi Boccadifuoco, agente marittimo, che ha auspicato la conclusione del terzo lotto in tempi brevi, “al massimo l’anno prossimo. Se non si parte da questo, non potremo mai parlare di sviluppo del porto di Augusta”.

Giorgio Càsole

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maggio - luglio 2004 Esclusivo

Massimo Carrubba studia da sindaco. Si porta gl’incar tamenti a casa per render-

si conto, con reale cognizione di causa, di tutte le problematiche dell’ente. Non l’ha fatto in previsione della nostra intervista. Lo fa ogni sera, ci dice, e, a volte, rimane sveglio fino a notte fonda. Lo fa, precisa, perché vuole essere pre-parato al massimo – e non è un gioco di parole – per risolvere le innumerevoli e complesse difficoltà che comporta amministrare un comune come quello di Augusta.

- Lei poteva starsene ancora in Provincia, un ente con un ricco portafo-glio, e lavorare ugualmente per Augusta come ha fatto realizzando il progetto della viabilità d’ingresso e dell’illumi-nazione di strade del monte. Conosceva le difficoltà del nostro Comune?

“ Le difficoltà erano tutte preventi-vate e prevedibili. Come vicepresidente, per un quinquennio, d’un ente territoriale importante come la Provincia Regionale, ho acquisito un’esperienza amministrati-va che mi consente di non abbattermi di fronte alle difficoltà previste e in itinere che incontro come sindaco”.

- E’ passato ormai oltre un anno dalla sua elezione e la gente non ha ancora visto attuato lo slogan della sua campagna: “cambiamento e rinnova-mento”.

“Quest’anno è servito come ap-proccio con l’ente e abbiamo cominciato con le piccole cose per poi occuparci dei grandi progetti. Il primo impegno è stato quello di mettere mano a un nuovo regolamento dei servizi e degli uffici, che doveva essere fatto già nel 1997, e di studiare una nuova dotazione organica del personale, per una miglio-re ottimizzazione delle risorse umane

Il nostro direttore intervista il sindaco Carrubba

Tutte le risposte e le spiegazioni che il pubblico attendeva

e finanziarie. Non è più concepibile motivare il personale con incentivi a pioggia, bensì con i progetti-obiettivo. Stiamo cercando di mettere a punto una politica più rigorosa, evitando sperperi e spese voluttuarie”.

- Lei, da oltre un anno, va dicen-do in giro, a ogni piè sospinto, che non ci sono soldi in cassa e che…

“E’ vero. E’ il nostro problema principale, molto tecnico e forse non immediatamente comprensibile: è una questione di liquidità; pur avendo molti impegni di spesa, insomma, non c’è cassa. Abbiamo trovato debiti per 4,5 milioni di euro più un milione e mezzo di euro di debiti fuori bilancio, che stia-mo estinguendo con una serie di finan-

ziamenti. Non c’era più la possibilità di sostenere l’ordinaria attività burocratica e finanziaria, eppure abbiamo approvato il progetto (per 2 miliardi e mezzo di vecchie lire) per il consolidamento e il recupero della chiesa e del convento di S. Domenico, il progetto per ampliare le vie di fuga, per un parcheggio nel campo Palma, lo sportello unico per le piccole imprese e, finalmente, per merito del consiglio comunale, sono stati concessi altri 5 mila metri quadri in contrada Scardina, alla Provincia Re-gionale perché realizzi il tanto sospirato polivalente, che dovrebbe ospitare l’isti-tuto tecnico commerciale, sparpagliato in più plessi per cui la Provincia stessa sborsa somme non indifferenti per gli

Vado al Massimo

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maggio - luglio 2004 Esclusivoaffitti. E poi sono particolarmente or-goglioso del Consorzio Mègara Ibleo, di cui sono presidente, costituito, grazie a una convenzione con l’università di Messina, per attivare corsi universitari in un vero campus a Priolo e addirit-tura uno proprio da noi, all’ospedale Muscatello”.

- Di che si tratta?“Dal prossimo anno accademico,

il 2004-2005, sarà attivato il corso di Scienze infermieristiche della Facoltà di Medicina dell’ateneo peloritano nella nostra civica struttura ospedaliera. Per riprendere il discorso di prima, vorrei far capire alle persone – perciò la rin-grazio dell’opportunità che lei mi offre – che non potevamo risolvere in appena un anno tutte le difficoltà, soprattutto finanziarie, del Comune. Vorrei far ca-pire che un’Amministrazione si muove su un piano di programmazione, che va di pari passo con il bilancio; chiederei alla gente di Augusta di giudicarmi fra qualche anno”.

- Ci sono, tuttavia, proble-mi che urgono, p e r e s e m p i o quello del mega inceneritore.

“ L e i s a , perché ha pub-blicato servizi con foto che mi ritraggono, con il collega di Melilli, fascia tricolore a tracolla, in testa al corteo citta-dino di protesta, dell’11 marzo scorso contro l’installazione del cosiddetto megaincenerito-re, che non sono favorevole”.

- Per via delle pressioni pubbliche?

“Non mi sono convinto sulla base d’un’onda emotiva. Nel corso dei prossimi anni il nostro territorio potrebbe essere oggetto di tutta una serie d’insediamenti inquinanti che comprometterebbero ancora di più una realtà già seriamente compromessa. Nutriamo fondate preoccupazioni per la falda acquifera del nostro sottosuolo. La mia amministrazione è in stretto contatto con il comitato cittadino per poter dare e ricevere elementi utili per mettere in atto concrete azioni al fine

di evitare che in un fazzoletto di terra possano essere allocati tanti impianti quali sono quelli previsti, non solo il cosiddetto megainceneritore, che susci-tano immediata preoccupazione perché vicini a un’area come quella nostra dove l’industrializzazione ha prodotto gli effetti che conosciamo”.

- A proposito d’inquinamento, che ne è del depuratore cittadino?

“Questo è uno di quei problemi che hanno provocato l’indebitamento al nostro ente. Anni fa, lei ricorda, per questo depuratore fu previsto il sito di Punta Cacarella e fu stipulato un contratto con una ditta che incominciò a lavorare; poi ci fu una sollevazione degli abitanti del quartiere Paradiso e il progetto fu accantonato, ma la ditta esigeva ugualmente il dovuto. Per ri-spondere alla sua domanda, siamo in attesa del completamento del 1° stralcio del 1° lotto del cosiddetto PARF acque reflue: al termine dei lavori depureremo le acque per seimila abitanti. Poi dovre-

mo studiare la soluzione I.A.S. l’istituto che gestisce il depuratore consortile, o altre soluzioni”.

- C’era il timore che l’Hangar, il gigante abbandonato, come l’abbiamo definito, potesse finire in mano a privati. Il Comune ha un diritto di prelazione, no?

“Ha ragione e la rassicuro, come rassicuro tutti i lettori. Abbiamo eserci-tato il nostro diritto e abbiamo ottenuto dal demanio una concessione per sei anni per 7.500 euro all’anno. Ora stu-dieremo le soluzioni per rendere fruibile

quell’area e quel monumento alla cit-tadinanza, trovando un accordo con la Marina Militare, con la quale dobbiamo mantenere sempre ottimi rapporti”.

- A proposito di M. M., dal 1° novembre 2002, la nostra città è sede di Marisicilia, cioè di un altissimo co-mando strategico. Non dovremo dare un’immagine migliore a quanti – e sono ormai tanti – vengono qui per motivi di lavoro o per visitare i loro cari. Augusta diciamolo francamente, è una città spor-ca. Non le pare?

“Ha ragione. Abbiamo un contratto con la società, che gestisce il servizio, che risale al 1990 e non tiene conto delle nuove esigenze del territorio. Nelle more che entri in funzione l’ATO (Ambiti territoriali ottimali, istituiti nel ’95, ndr) Rifiuti Siracusa 1, stiamo ipotizzando un modello di gestione finalizzato al rispar-mio per il nostro Comune e pensiamo di ripristinare nel centro storico il servizio porta a porta della raccolta dei sacchi dei rifiuti, evitando così la presenza

dei brutti e maleodoranti cassonetti. Abbiamo anche in mente il rifacimento della pavimentazione di Via Lavaggi e Viale Italia, già con progetti esecutivi cantierabili”.

- Nell’attesa di vedere realizzare questi progetti, Lei ha anche un pro-blema incalzante: quello della verifica politica con l’aumento del numero degli assessori o no?

“A distanza di un anno, la verifica politica sui tempi e su quanto s’è fatto può essere giusta. Verrà anche valutata l’opportunità del coinvolgimento di al-

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maggio - luglio 2004 Documento

tre forze politiche per la partecipazione all’attuale Giunta”.

Risposta diplomatica o, se volete, in politichese. Massimo Carruba, 41 anni, aria perenne da ragazzino, il più giovane sindaco dopo Dino Santanello, ha studiato davvero.

Il comitato cittadino, trasversale a tutte le forze politiche, contro il megainceneritore voluto dalla

Regione Siciliana in territorio augustano per smaltire i rifiuti delle province di Catania, Siracusa e Ragusa, prevede nuove forme di lotta per scongiurare l’installazione del megaimpianto che non prevede il riciclaggio dei rifiuti. Venerdì 2 luglio il comitato ha tenuto una riunione operativa, presente l’as-sessore all’ambiente, Nunzio Perrotta (DS), avvocato di professione, vice del sindaco Carrubba. Perrotta ha suggerito di prendere contatto con i sindaci degli altri comuni siciliani nei cui siti do-vrebbero sorgere gli altri megaimpianti di smaltimento dei rifiuti solidi urbani

CONTRO L’INCENERITORE NUOVE FORME DI LOTTA

delle altre parti della Sicilia. Ci sono, tuttavia, fermenti che bollono all’in-terno del comitato, soprattutto dopo le trasmissioni televisive nazionali che hanno mostrato combattive popolazio-ni del salernitano opporsi all’ingresso di montagne di rifiuti nei loro territo-ri. “Non si vuole arrivare a questo”, sostiene un esponente di spicco del comitato, né pensiamo che si possa mobilitare tutt’intera la popolazione come nel famoso 28 dicembre 1960 quando furono presi d’assalto i binari delle ferrovie e altri punti strategici e le serrande dei negozi furono tutte abbas-sate e si registrò lo sciopero generale cittadino per scongiurare la perdita del porto di Augusta. Però, vorremmo che, come in quella circostanza, il sindaco fosse con noi, si mettesse la sciarpa tricolore [il 28 dicembre del ’60 fu il vicesindaco Giovanni Saraceno, n.d.r.] per significare che la massima carica cittadina è presente con noi”.

Missione a Milano, nella sede della Montedison, in via Foro Bonaparte, del

pubblico ministero Maurizio Musco, per sequestrare documenti e per raccogliere le dichiarazioni di alcuni dirigenti e amministratori che rivestivano cariche quando la società si chiamava Edison. Con il pubblico ministero hanno operato una quindicina di militari della Guardia di Finanza e del personale della sezione del Nictas dell’Azienda Sanitaria 8 di Siracusa, che hanno setacciato gli uffici della società milanese.

La missione in trasferta del pub-blico ministero Musco è da mettere in relazione alla scoperta all’interno di un archivio risalente al periodo di gestione della Montedison dello stabilimento industriale di Priolo, che si trovava na-scosto in un seminterrato. Il magistrato, titolare assieme al procuratore capo Roberto Campisi dell’inchiesta sui rifiuti tossici smaltiti da Enichem, si è imbat-tuto in una documentazione scottante riguardante la gestione dell’impianto

Veleni a mare530 tonnellate di mercurio scaricate negli anni 1958-

1991 nel triangolo Augusta-Priolo-Melilliclorosoda da parte della società Monte-dison. Risulterebbe, in particolare,che nel periodo di gestione dello stabili-mento di Priolo da parte della società Montedison, sarebbe stata versata in mare una quantità impressionante di mercurio. In particolare, contrariamente a quanto risulterebbe dai dati teorici di progetto, sulla base della documenta-zione disponibile in impianto relativa-mente ai consumi effettivi di mercurio, il quantitativo che si può stimare essere stato scaricato in mare negli anni 1958-1991 è pari addirittura a circa 530 ton-nellate. Si tratta di una quantità pauro-samente superiore a quella imputabile al periodo di gestione Enichem. Secondo quanto emerge dalla documentazione acquisita dal pubblico ministero Musco, più della metà di queste 530 tonnellate di mercurio è stato scaricato a mare at-traverso un canale definito «il vallone della neve». Tali dati, risulterebbero anche da alcuni quaderni manoscritti su cui i capi reparto della società Mon-tedison annotavano i reali consumi di

mercurio. Non solo. Ciò che ha fatto impallidire il giovane magistrato della Procura della Repubblica di Siracusa è una circostanza: che Montedison sape-va che tale criminale comportamento avrebbe comportato un notevole danno alla salute delle persone. Questa racca-pricciante circostanza risulta da uno stu-dio, eseguito nel lontano 1970, da alcuni consulenti incaricati dalla Montedison. Nello studio si afferma che gli effetti di awelenamento provocati dall’ingestione di mercurio si sarebbero verificati nella zona del triangolo industriale Augusta, Melilli e Priolo, probabilmente, dopo quarant’anni e che un rischio reale esi-steva già allora per alcune popolazioni di pescatori.

Quello studio commissionato 34 anni fa da Montedison sulle conseguen-ze che avrebbero avuto per la salute delle popolazioni della zona industriale di Priolo, oltre a determinare la mis-sione a Milano del magistrato Musco, ha provocato da parte del capo della Procura la convocazione di un vertice di esperti a cui affidare l’incarico di stabilire il nesso di causalità tra il mer-curio scaricato in mare e mangiato dai pesci e le nascite di bambini malformati registratesi nei Comuni di Augusta,

28/12/1960 il vicesindaco Saraceno

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Il petrolchimico di Marghera come quello del nostro triangolo industriale, Augusta-Priolo-Melilli

Riproduciamo al riguardo una scottante inchiesta di Famiglia

Era il 1975 quando Piergiorgio Ferro, operaio della Monte dison di Porto Marghera, si

presentò a Bologna per farsi visitare dal celebre oncologo Cesare Maltoni, i cui studi dimostravano per la prima volta che il cloruro di vinile monomero, il Cvm utilizzato per produrre la plastica in Pvc, era cancerogeno. Non dimentica il commento dello specialista: «Per aver lavorato 20 anni in questi reparti, lei è un miracolato: secondo i miei studi, dovrebbe essere morto»

Morto come tanti suoi compagni di lavoro. «Ci risi sopra, ma, in realtà,

c’era poco da ridere». Ferro è uno dei “sopravvissuti del Cvm”, come li ha de-finiti il pubblico ministero Felice Casson nel processo di primo grado conclusosi a Venezia nel novembre del 2001, che mandò assolti tutti e 28 gli imputati eccellenti della chimica italiana (tra i quali Lorenzo Necci, Mario Schimberni e Alberto Grandi) dalle pesanti accuse di omicidio colposo plurimo, omesse cautele, inquinamento e violazione delle leggi ambientali. L’esposizione al fa-migerato composto chimico ha mietuto vittime per decenni: 157 i morti accertati dall’accusa per tumori epatici (angiosar-comi e carcinomi), del polmone, delle vie respiratorie e morbo di Raynaud; e altri 103 casi di malattie correlate.

Dalla sentenza di primo grado all’avvio dell’appello (il 20 gennaio scorso), la lista dei decessi si è allun-gata: si sono verificati altri 23 decessi per tumore al polmone. In gennaio è iniziato il secondo grado di giudizio (la sentenza è prevista dopo l’estate), ma nei giorni scorsi i giudici dovevano prendere una decisione cruciale: riapri-re il dibattimento accogliendo i nuovi documenti, rintracciati dopo il processo dai pm veneziani Felice Casson e Bruno Bruni. Ovvero respingerli.

Le nuove prove respinteEbbene, il collegio giudicante non

ha ammesso i nuovi elementi di prova. Famiglia Cristiana ne riproduce alcuni fra i più importanti, riguardanti da un lato il “patto di segretezza” stretto al-l’epoca fra Montedison e gli altri colossi della chimica per nascondere ai rispettivi Governi e all’opinione pubblica il fatto che il Cvm provoca il cancro; dall’altro, la riprova scientifica – ottenuta con nuo-vi strumenti di analisi delle acque della laguna – dei gravi tassi d’inquinamento provocati dalla lavorazione dello stesso Cvm.Piergiorgio Ferro, intanto, con molti altri “sopravvissuti” come lui, segue giorno per giorno questo secondo processo. Si prepara ad assistere alle nuove battaglie in aula, e spera questa volta che la giustizia confermi quello

che nella coscienza della gente di Mar-ghera, Mestre e Venezia è già una verità storica: il Cvm ha fatto ammalare e ha ucciso tanta gente. In quest’area, le pato-logie legate al cloruro di vinile polimero hanno colpito con una percentuale 600 volte superiore alla media.

Ferro, veneziano, pensionato, dopo 36 anni in Montedison tutti pas-sati ai reparti Cvm dov’era capoturno, ricorda bene la frustrazione del giorno della prima sentenza. Ricorda il pianto e la rabbia dei familiari delle vittime presenti in aula. Ma ricorda, in modo altrettanto vivido, anche il primo giorno

di lavoro.«Avevo 18 anni», dice, «ed ero

fresco di diploma quando, nel luglio del 1955, entrai come turnista in Mon-tedison. Mi mandarono al reparto Cv5. L’impressione fu quella di essere finito in un girone infernale: operai a torso nudo e fascetta sulla fronte per fermare il sudore, piegati ai cilindri delle ca-landre arroventate per impastare il Pvc con gli additivi, muniti di un coltello per tagliare la “sfoglia”, come fosse pasta. La temperatura era sui 40 gradi. Dai vapori e dal fumo non si vedeva il nastro a dieci metri». Turni di otto ore, e una domenica a casa ogni sette

MARGHERA E IL PATTO DEI DIRIGENTI PER TENERE NASCOSTA LA VERITÀ

VELENI E SEGRETIDocumenti esibiti al processo per le morti del Petrolchimico accertano che si produceva una sostanza di cui

si sapevano gli effetti cancerogeni. Che durano ancora oggi. Eccoli.

Page 8: GIORNALE DI AUGUSTA

maggio - luglio 2004 Documentosettimane. «Ma ero orgoglioso, perché così portavo a casa una busta paga più pesante di quella di mio padre».Sono gli anni del boom e la chimica di base esplode a Porto Marghera, che diventa il primo polo chimico d’Europa. Il Pvc è “l’oro di plastica” che viene prodotto al Petrolchimico a 300 tonnellate al gior-no. «Passai subito al Cv3 dove stavano le autoclavi, questi grandi recipienti cilindrici che trasformavano il cloruro di vinile in polimero, cioè in polvere, che essiccata e plastificata diventava Pvc. Dovevamo seguire tutto il ciclo di produzione e respiravamo il Cvm direttamente all’apertura dell’autoclave e al suo lavaggio».

Ferro racconta del collega intento al lavaggio caduto dentro l’autoclave piena di Cvm, salvato da morte certa grazie al suo intervento. Si calò all’interno del serbatoio le cui pareti raggiungevano i 60 gradi e riuscì a issare il compagno ustionato e privo di sensi.

«Ogni dieci cariche era necessaria la pulizia interna dell’autoclave. In una di esse, invece, ogni due cariche ci si doveva calare dentro con un raschietto antiscintilla per staccare i blocchi di polimero intrisi di Cvm. Tutti i pas-saggi erano manuali e senza alcuna protezione fino al 1975. Agli addetti dei reparti essiccamento andava ancora peggio perché la polvere di Pvc che si respirava era impregnata di Cvm. Il Cv6 era il reparto più famigerato: produceva una polvere più sottile del borotalco, che non si toglieva più dalla pelle, ma soprattutto si fissava lungo le vie respiratorie».«I morti di tumore al polmone e alle vie aeree lavoravano tutti lì», continua Ferro. «Il problema era che nessuno di noi era al corrente della nocività del cloruro di vinile. Non conoscevamo questa sostanza che odora di buono, al contrario del cloro. I diri-genti ci avevano fatto sapere solo che il Cvm aveva effetti anestetici e, se inalato in forti dosi, stordiva. L’unico pericolo da cui ci si salvaguardava era la sua infiammabilità». Così, fino alle prime morti sospette dei primi anni Settanta, l’azienda non adottò alcuna precauzione nel ciclo di produzione. Esattamente fino al 1976.

Mistero assoluto. E per sempreEppure la Montedison e gli altri

colossi della chimica mondiale sapeva-no. E avevano deciso di nascondere a tutti, compresi i propri operai, i pericoli a cui erano esposti. Infatti i sospetti sul-l’effetto cancerogeno del Cvm avevano spinto l’azienda italiana a finanziare

uno studio, commissionato al professor Maltoni, a condizione che i risultati fossero tenuti riservati. I dirigenti del Petrolchimico, poi, avevano messo a parte le altre aziende straniere dei dati, vincolandole al segreto.

All’epoca del processo di primo grado Casson aveva già scovato tracce del cosiddetto “patto di segretezza”: aveva portato in aula riferimenti precisi all’accordo, i cui risultati provavano innegabilmente che inalare la sostanza chimica comportava, in un certo numero di casi, l’insorgenza di tumori al fegato e ai polmoni. In questi due anni il magi-strato ha rin-tracciato altri d o c u m e n t i che precisa-no l’accordo fra le azien-de. Atti non accolti dalla seconda se-zione penale della Corte d ’ a p p e l l o di Venezia. Quello che è già stato definito i l “processo al-l’intera storia industriale di Porto Mar-ghera” aveva preso avvio nel 1994, da un esposto-denuncia presentato da Gabriele Bortolozzo, un operaio alla linea Cvm. Ne era nata una complessa inchiesta che aveva condotto, nel 1997, al rinvio a giudizio per i principali diri-genti del Petrolchimico di Marghera. Il processo, poi, iniziato il 13 marzo 1998, è durato più di 3 anni e mezzo (sentenza presso l’aula bunker di Mestre del 2 novembre 2001), con 200 testimoni, 546 parti lese, 100 avvocati. 1.500 faldoni giudiziari per un totale di un milione e mezzo di pagine. La sentenza ha assolto i 28 imputati (che all’appello saranno 26, perché nel frattempo due di loro sono morti, tra cui Eugenio Cefis), con una motivazione di ben 1.067 pagine scritte dal giudice Ivano Nelson Salva-rani, nella quale concludeva definendo l’impianto dell’indagine di Casson «una fuorviante impostazione accusatoria».Il pm ha presentato un ricorso altrettanto monumentale – oltre 1.500 pagine –, contestando l’assoluzione e rilevando incoerenze e dimenticanze (tra cui quella di non aver emesso giudizio per uno dei reati ipotizzati). Casson contesta

quanto sostenuto dai giudici di primo grado, e cioè che la Montedison non avesse, all’epoca, piena conoscenza della pericolosità del Cvm, e che – una volta accertata – fosse intervenuta per garan-tire la sicurezza. L’accusa, nell’appello, ha sostenuto che vi sono ulteriori prove del fatto che fin dal 1949 il Cvm era notoriamente tossico, e che dal 1969, con gli studi dei professori Viola e Maltoni, era stata dimostrata la diretta correla-zione fra alcuni tumori del fegato e del polmone e l’esposizione al Cvm. Studi che, appunto, sono stati tenuti nascosti. Ecco perché il “patto di segretezza”

risulta tanto importante. Negli archivi delle aziende chimiche americane, tra le quali Mca e Dow Chemical, Casson ha rintracciato i verbali delle riunioni, tenute nel novembre 1972, nelle qua-li i dirigenti delle rispettive aziende s’impegnano a tacere. Non solo. Nella riunione svolta il 20 luglio ’73, tra le principali aziende chimiche americane, viene esplicitamente dichiarato che il si-lenzio è stato imposto dalla Montedison. Quindi a Marghera si sapeva e si taceva. Già dal novembre 1972. E si intervenne solo nel 1976.

Resteranno fuori dall’appello anche i recenti risultati dell’inquinamento da Cvm nella laguna di Venezia. Solo da due anni è divenuto possibile rilevare la presenza di alcune sostanze inquinanti. Le analisi condotte dal Magistrato delle acque nel 2002 e 2003 mostrano elevate presenze in laguna del cloruro di vinile e di altri elementi chimici legati alla produzione del Cvm. A dimostrazione che i fatti indagati, di oltre 30 anni fa, segnano anche il presente di Venezia: il Cvm si lavora ancora. E oggi si sa che

L’inchiesta è stata pubblicata su Famiglia Cristiana n. 25/2004, pp. 36-38.

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maggio - luglio 2004 Quartieri

Il territorio della nostra città, come è ben noto, annovera il primato di uno tra i più danneggiati dall’inquina-

mento ambientale.Spesso leggiamo sui quotidiani lo-

cali l’individuazione da parte delle forze dell’ordine o la semplice segnalazione dei residenti di vere e proprie discariche anche nel centro della città.

Proprio della città e precisamente del quartiere “Terravecchia - Paradiso”, che da un anno rappresento prima nella qualità di consigliere circoscrizionale e ora da pochi mesi nella veste di presi-dente del consiglio, che voglio denun-ciare una particolare situazione.

Nello scorso mese di febbraio, tra-mite una lettera depositata al protocollo del Comune segnalavo al sindaco, agli assessori all’ecologia e alla polizia mu-nicipale nonché al comando dei VV.UU, al presidente del consiglio comunale e al segretario generale, che nottetempo veniva abbandonato nelle adiacenze del lungomare Paradiso a pochi passi dalla spiaggia del materiale tipo “eter-nit” e considerato che si tratta di rifiuto speciale, a salvaguardia della salute dei residenti, ne chiedevo l’immediata raccolta.

Per chi non sappia che cos’e l’eter-nit e soprattutto perché sia così perico-loso voglio fare una piccola parentesi per dire che :

> le lastre in eternit sono costituite da un impasto di cemento e amianto (generalmente del tipo crisotilo) in concentrazione di circa il 15%;

> le lastre in eternit possono rilasciare fibre di amianto se abrasi, segati, perforati o spazzolati, oppure se deteriorati;

> Il problema dell’eternit è legato a uno dei suoi componenti principali che è l’amianto e le qui fibre, rilasciate nell’aria, provocano principalmente malattie respiratorie quale il tumore ai polmoni;

> Infine, a proposito delle discariche,la situazione più pericolosa in cui si possa trovare l’amianto è certa-mente quando si trova nelle condizioni di disperdere le sue fibre nell’ambiente circostante per effetto di qualsiasi tipo di sollecitazione meccanica.

Dopo cinque mesi dalla prima se-gnalazione e dopo un sollecito trasmesso nel marzo 2004 l’Amministrazione Co-munale non ha (a oggi, 12 luglio 2004) fatto nulla e il materiale giace ancora sul lungomare.

Per questo, ho presentato un’altra lettera, indirizzata alle predette auto-

rità, rappresentando loro che oggi la situazione della discarica è peggiorata, infatti, vedendo le foto qui riprodotte, è evidente che il materiale è stato ridotto in piccoli pezzi, probabilmente a causa di altro materiale depositato sopra, e per tale motivo si è favorito lo spargimento delle polveri dell’amianto aggravando notevolmente l’inquinamento.

Depositare materiale altamente inquinate come l’eternit, non è solo un reato ambientale, ma è soprattutto un attentato alla salute pubblica, detta violazione si configura anche per l’Am-ministrazione comunale competente che, informata della situazione di pericolo, non attua i dovuti interventi con l’aggra-vante che proprio essa deve garantire e salvaguardare la salute pubblica e non aggravare l’inquinamento per colpa del ritardo nell’adempiere alla raccolta.

Come presidente del quartiere e so-prattutto come cittadino di questo paese faccio presente che sono in attesa di un riscontro (raccolta del materiale) da parte dell’Amministrazione e che, comunque, in caso contrario, a breve, richiederò

l’intervento di altri enti competenti.Stefano Stella

Presidente del Consiglio Circoscrizio-

Luglio 2004

Febbraio 2004

Il “paradiso” Reati ambientali

dell’Eternit

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maggio - luglio 2004 Verde pubblico

Hangar, il gigante abbandonatoDichiarato monumento nazionale per iniziativa della Soprintendenza, attende ancora la realizzazione di un progetto che risale al 1989. Un percorso ideale di visita dall’hangar ai forti spagnoli (in centro di porto) al

museo della piazzaforte, anch’esso chiuso da anni. E’ in gravissimo pericolo

Da quando è morta mia moglie, trovo uno sfogo nel venire qui alla villa per rilassarmi un po’ e

per parlare con i miei coetanei, ma ogni giorno che passa diventa semipre più difficile svolgere quest’attività”.

E’ questo lo sfogo di un anziano che si lamenta della mala educazione o, peggio, della prepotenza di non pochi giovinastri che arrivano a insultare gli anziani o, addirittura, a minacciarli di rappresaglie. Si tratta di giovinastri che sfrecciano coi loro motorini, nonostante la villa sia zona comunale, mettendo a repentaglio l’incolumità di anziani e bambini. “L’altro giorno” - ci diceva il nostro interlocutore “c’erano due ragaz-zoni che erano seduti su una panchina, ma non normalmente, come sono abitua-te le persone civili: erano seduti con i piedi sulla panchina, cioè con le scarpe. Non appena ho fatto loro notare che

non era giusto, m’hanno risposto male e poco ci mancava che mi alzassero le mani. E’ stata una brutta giornata per il sottoscritto perché sono anche interve-nuto a favore di alcuni più anziani di me, a parole, ovviamente, ma con queste nuove generazioni c’è poco da fare per-ché non hanno rispetto né delle regole né delle persone. La situazione tende a peggiorare sempre di più, a incancrenir-si, perché noi anziani siamo rimasti soli. Abbiamo chiesto aiuto ai vigili urbani, che, spesso, stazionano nei pressi della villa, per fare rispettare l’isola pedonale in Via Umberto, ma nessuno è venuto a darci una mano. L’ho detto pure al sindaco Carrubba e m’ha risposto che lui non può fare altro che richiamare il comandante dei vigili”.

Il nostro interlocutore si congeda supplicandoci, quasi, di scrivere un articolo e denunciare la situazione. Lo facciamo subito. Ciò che meraviglia è

che, in primo luogo, proprio all’interno della villa, nell’area protetta del castello svevo, c’è il commissariato di pubblica sicurezza. Da qui ogni pomeriggio e ogni sera potrebbe partire una pattuglia a piedi, come quella di quartiere che vigila in altre città; la presenza dei poliziotti potrebbe scoraggiare questi vili atti di teppismo. L’altra sorpresa è data dal fatto che, non distante dalla villa, c’è la caserma dei carabinieri. Abbiamo visto uno o due di questi militi passeggiare sulla strada principale, a mo’ di ronda. Non si potrebbero mettere d’accordo i due corpi di polizia, e asssicurare così di mattina e di sera l’ordine pubblico?

G.C.

Villa comunale “vietata” agli anziani

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maggio - luglio 2004

Rischia di essere ricordata come la grande incompiuta la nuova ala del civico ospedale Muscatello.

Questo è il timore del Movimento per i diritti dei cittadini, presieduto da Nuc-cio Romanello, che recentemente ha pubblicato, tra gli altri, un manifesto murale per denunciare l’incompiutez-

za, appunto, della nuova ala, costruita praticamente a ridosso d’un’ex salina, di fronte al vecchio plesso. “I soldi c’erano tutti per portare a termine l’opera entro i tempi stabiliti, ma l’ex direttore generale dell’ASL 8, Failla, ha stornato i cinque miliardi di lire che servivano alla bisogna ad altri scopi” – così ci ha rivelato un medico che ci ha chiesto di mantenere l’anonimato. Failla non è più direttore generale, è

stato mandato altrove, come altrove sono finiti quei quattrini indispensabili per rendere funzionale il nuovo plesso e consentire un notevole risparmio per la spesa pubblica, visto che era nei progetti riunire nel vecchio plesso tutti quegli ambulatori e quegli uffici sparsi per la città, per cui si sborsano fior di

milioni in fitti annuali destinati ai privati proprietari degl’immobili.

A causa dello storno attuato da Failla, la situazione oggi è di stallo, né si può ragionevolmente calcolare il tempo occorrente per ottenere un nuovo finanziamento, né è detto che i vecchi cinque miliardi siano ancora quelli strettamente necessari per finire strutturalmente la nuova ala e per do-tarla di tutte le attrezzature moderne e

Intanto, perché non si allarga il parcheggio?

MUSCATELLO, 5 miliardi (di lire) per completare il nuovo plesso

indispensabili. Anzi, è realistico pensare che la cifra sarà già lievitata.

Nell’attesa, tuttavia, si potrebbe tener conto delle esigenze, sempre più pressanti, degli utenti del “Muscatello” a proposito del parcheggio delle loro automobili. L’attuale area di sosta si sta rivelando di giorno in giorno sempre più

insufficiente e in questo senso abbiamo raccolto molte lamentele da parte di numerosi lettori. Uno dei quali ha sug-gerito un’idea semplice e, crediamo, poco costosa: quella di allargare il par-cheggio attuale utilizzando l’area a ciò riservata prevista per il nuovo plesso; poiché attualmente il cantiere di lavoro è sospeso, né si sa quando potrà essere ripristinato, le auto potrebbero trovare

Se non sono fuori legge, come so stiene qualcuno, certamente risal gono al periodo bellico di oltre

sessant’anni fa: sono le bombole per l’ossigeno nel reparto medicina del civi-co ospedale Muscatello. Negli ospedali a norma, sopra i letti dei malati esistono gli erogatori d’ossigeno e non queste lunghe bombole, accatastate con serio ri-schio potenziale, che gli stessi infermieri fanno fatica a trasportare. I pappagalli per l’urina: contati. Bacinelle per conati di vomito: nessuna. Prodotti detergenti nel pronto soccorso per disinfettare l’unica bacinella: inesistenti. Pazienti in medicina: moltissimi; personale in-

fermieristico: insufficiente e, in genere, di natura precaria. Nella maggior parte, infatti, gl’infermieri professionali del “Muscatello” sono incaricati. “Nel nord non esiste questo stato di cose” – ci dice un infermiere di ruolo, ch’è stato trasferito da un ospedale settentrionale qui da noi, e prosegue: “Nel nord, dove ci sono moltissimi medici meridionali in gamba, gl’infermieri professionali sono veramente figure qualificate in campo paramedico e non rifanno i letti dei pazienti, come succede al “Musca-tello”, dove noi svolgiamo pure compiti che spettano, invece, al personale so-cio-sanitario. Nel nord i concorsi sono

regolari, qui si vuole perpretare lo stato di clientelismo”.

Anche l’ospedale attuale, in attesa dell’apertura del nuovo plesso, non è all’altezza d’un’area come quella di Augusta-Priolo-Melilli, ad altissimo ri-schio. Moltissimo ricoverati nel reparto di medicina dovrebbero essere curati in oncologia, ortopedia o geriatria. Ma queste divisioni non esistono.

C. C

Le deficienze del vecchio plesso

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maggio - luglio 2004 PoliticaL’ex sindaco Tringali, il TAR rinvia a ottobre

Il direttivo cittadino di Forza Italia, il partito fondato da Silvio Berlusconi, è passato da venti a ventiquattro

componenti. Il coordinatore è Enzo Canigiula, non più Giovanni Pataria (consigliere comunale, quasi 25 anni fa, nella lista civica MARE), uno dei primi, con Nuccio Romanello, a voler aprire una sezione di FI in città. La pre-sidenza onoraria è andata a Innoccenzo Galatioto, medico ortopedico, deputato regionale trent’anni fa nelle liste del partito socialdemocratico, titolare, oggi come allora, della clinica Villa Salus sulla provinciale per Brucoli.

Un altro medico, Rosa Valvo, moglie dell’ex sindaco di Augusta e ex assessore provinciale Pippo Passanisi (anch’egli medico), è il nuovo coordi-natore della locale sezione dell’UDC, dopo le dimissioni di Carmelo Trincali,

GALATIOTO presiede FI VALVO coordina l’UDC

anche lui ex sindaco di Augusta, chia-mato a ricoprire un altro incarico in seno all’esecutivo provinciale.

Carmelo Trincali, consigliere comunale nella passata tornata ammi-nistrativa, candidato al consiglio comu-nale nel 2003, ha fatto ricorso al TAR

avverso la proclamazione dei risultati a lui sfavorevoli. Il tribunale amministra-tivo, che doveva pronunciarsi tra giugno e luglio, ha chiesto un supplemento d’indagine alla prefettura di Siracusa riguardo al conteggio delle schede e dei voti. Dovrebbe pronunciarsi a ottobre in

Ritengo che il partito a cui ho ade rito, DS, come qualunque altro partito o associazione che si oc-

cupi di politica qui al sud, non sia esente da imperfezioni e vecchie usanze interne tipiche della politica del meridione, ma nonostante la presenza di questi aspetti ritengo che la vera coerenza politica, che credo di aver fatto mia, sia quella di continuare a lottare per portare avanti le proprie idee di rinnovamento fino a quando non si sia dato lo spazio neces-sario e la giusta considerazione a chi vuole fare in modo che si verifichino delle evoluzioni positive nel modo di far politica.

Siamo, però alle solite, perché dopo i vari assestamenti in consiglio comuna-le, assistiamo all’ennesima diatriba: mi riferisco a quella tra il partito DS e un suo ex consigliere dichiaratosi indipen-dente; vorrei esprimere la mia opinione a tal proposito basandomi esclusivamente sulla volontà di fare una critica costrut-tiva a tutti e due le parti per tentare di evitare che si perdano ulteriore tempo ed energia che si dovrebbero impegnare

solo sui punti espressi nel programma a cui le parti hanno aderito.

Vorrei cominciare con il ricordare che i partiti politici sono delle asso-ciazioni a sé stanti e indipendenti da qualsiasi organo e carica istituzionale, quindi:

- perché Tu DS chiedi al tuo ex consigliere di dimettersi? L’importante, anche se ha lasciato DS, è che lavori per i cittadini!!

- Perché Tu consigliere indipen-dente chiedi al segretario dei DS di dimettersi da tale carica?

L’importante, anche se non eletto a consigliere comunale, è che si faccia garante del rispetto per lo statuto del partito!!

- Perché Tu DS parli di aver dato apertura di credito e fiducia visto che l’iscrizione al partito è libera e un nuovo inserimento nel gruppo dirigente può avvenire solo in fase di congresso??

- Perché Tu consigliere indipen-dente parli di passatoia rossa quando questa spetta solo a chi è stato disposto a rischiare la sua vita per il sud??

- Perché Voi parlate sempre di Democrazia?? Lavorate invece per attuarla, poco importa ai cittadini se lo fate insieme o separati!!

- In verità, il vero velo del lutto è sceso da anni sulla città!!

- Ci tenevo a dare un consiglio gastronomico: il sale... mettiamolo nella zucca.

“Costruire una nuova panchina, sarebbe stato saggio, ci siamo invece seduti sulla comoda poltrona del pas-sato”.

Su quale poltrona siamo seduti?Opinioni

da sin.: E. Mignosa, I. Galatioto, G. Patania

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maggio - luglio 2004 Politica

Io in prima persona e i miei amici, non solo di Augusta, ma di tutta la

provincia, scenderemo in campo alle prossime ele-zioni, regionali, nazionali e locali che, forse, tutte insieme, saranno celebrate fra una ventina di mesi, se non addirittura l’anno venturo, se le cose doves-sero precipitare, oltre che a Roma con Berlusconi, anche qui ad Augusta, con Berluschino”. Questo in estrema sintesi, ma assolu-tamente testuale (compresa la frecciatina finale all’attuale capo della civica am-ministrazione, Massimo Carrubba), il discorso tenuto, alla conferenza-stampa di sabato 17 luglio, nella sede del circolo Venturini di AN, da Puccio Forestiere, avvocato penalista di grido, deputato na-zionale nella breve legislatura del 1994, capo storico del Movimento Sociale Italiano in loco, di cui fu giovanissimo rappresentante in consiglio comunale, recentemente in rotta contro i vertici non

solo del suo stesso par-tito, ma anche contro quelli della coalizione berlusconiana, tanto che, non potendo avere soddisfazione all’in-terno, è ricorso addi-rittura alla denuncia per attentato ai diritti politici, regolarmente presentata alla Procura della repubblica. E pro-prio dalla carta bollata parte l’appassionato e pugnace discorso di Forestiere, circon-

dato dal suo stato maggiore (Corallo, Petrucci, Tringali) dei vari movimenti che in lui si riconoscono come nel capo naturale e carismatico, soprattutto, l’as-sociazione, da lui fondata, La Destra, che ha ramificazioni nella provincia. La carta bollata in una mano, dice Forestie-re, vigile e reattivo, ma il ramoscello d’ulivo nell’altra, ammicca Forestiere, conciliante e politico. Avverte, però, che questa è l’ultima volta. E si riferisce, ovviamente, ai suoi avversari-rivali-

Conferenza-stampa del leader storico di ANForestiere: “La destra siamo noi e scenderemo in campo”

nemici interni, che gli hanno fatto la guerra perché timorosi della sua forza politica, che, afferma, sostenuto dalla presenza di Salvo Rosolino da Lentini, si sta potenziando sempre di più. Difatti, orgogliosamente, Forestiere rivendica a sé e al suo gruppo d’essere la destra storica, fortemente radicata nel territo-rio, che può ben dire di presentare un bilancio positivo in termini d’immagine e di azione, tanto che, appunto, egli stes-so e i suoi non esiteranno a chiedere la fiducia agli elettori, o all’interno di AN o attraverso una lista civica, che possa addirittura catturare più elettori, come ha fatto con successo, a giugno, a Lentini, il suo amico e ex deputato di AN, Neri, eletto sindaco di Lentini grazie a una lista senza il simbolo del partito di Fini. Come capo carismatico e come padre che ha ben seminato, Forestiere ha infor-mato, con malcelata soddisfazione, che i suoi due figli, Pietro e Claudio, sono stati eletti rispettivamente alla direzione nazionale del partito e alla presidenza provinciale di Azione Studentesca. Ap-

I mesi trascorsi dal lontano maggio 2003, per noi giovani di AN, rappre sentano una forte spinta motiva-

zionale a continuare per la strada in-trapresa.

Sono stati mesi duri, sia all’interno di un partito che ad Augusta sembra non poter trovare pace (o forse qualcuno vuole o gli conviene tale situazione), sia perché siamo diventati parte attiva nell’amministrazione della città grazie all’elezione di parecchi di noi: Nicky Paci (capogruppo al comune), Giuseppe Di Mare (presidente della circoscrizione Monte Tauro-Vignali-Ogliastro), Davide Messina (consigliere circoscrizionale Monte Tauro-Vignali-Ogliastro), Gae-tano Saraceno (presidente della circo-scrizione di Brucoli), Giuseppe Tedesco e Sebastiano Di Franco (consiglieri circoscrizionali Dogali-Salina-Pezza-grande), Salvatore Albani (consigliere circoscrizionale Centro), eletti fra l’altro con grande consenso popolare.

Ci piace ricordare che, insieme

a noi, si muove un numero elevato di giovani, che, insieme, cerca di discute-re, analizzare e proporre praticamente attraverso i rappresentanti nei vari organi attività o idee. Giovani pronti al dialogo, aperti, senza pregiudiziali nei confronti di nessuno, che non perdono tempo chiusi in una stanza per parlare solamente, ma che attivamente ogni giorno lavorano per provare a fare la propria parte.

A dimostrazione di una certa “maturità” siamo stati tra quelli che in quest’anno politico appena trascorso abbiamo preso importanti iniziative per la città, per la gente che vi abita, per l’ambiente… Petizioni, mostre, prote-ste, sono state l’emblema di un modo di intendere la politica “al servizio” della collettività, così come ci spinge a operare il nostro spirito giovanile con passione e onestà.

Ad Augusta AN vanta un’impor-tante fetta di giovani, amministratori e non, seri, impegnati, preparati che

non mirano ad alimentare le beghe interne e “promozionali” di un partito che si prepara, insieme al consigliere provinciale Roberto Meloni, agli altri consiglieri comunali e di quartiere e a tutti i militanti, a diventare la guida per la nostra città.

Nei prossimi mesi aumenterà il nostro impegno perché la città possa offrire a tutti i giovani tutti quei mezzi necessari scolastici, culturali, univer-sitari, imprenditoriali… necessari per poter preparare bene la propria crescita personale.

Su questi temi e su altri quali la protezione e la valorizzazione dell’am-biente, la promozione turistica… saremo vigili e propositivi raccogliendo tra i no-stri coetanei e tra la gente suggerimenti, perplessità e opinioni.

Ad Augusta si decide il futuro della nostra generazione e noi non vogliamo essere tagliati fuori da queste scelte come è avvenuto in passato, la nostra città ha bisogno di una ventata di “gio-ventù”, di entusiasmo, di rinnovamento (tanto promesso in campagna elettorale, ma svanito subito dopo); siamo convinti che noi giovani di AN proveremo con

Parlano i giovani eletti

AN, un partito che non trova pace?

Page 14: GIORNALE DI AUGUSTA

maggio - luglio 2004 Manifestazioni

Terza edizione della festa delle navi

Celebrata alla banchina torpediniere

Mamme e papà, mogli e fidanza te; e poi bambini sgambettanti; le autorità, gli ospiti, e infi-

ne, ma per primi, s’intende, i padroni

di casa, cioè gli equipaggi: tutti sulla banchina torpediniere trasformata in una grande platea d’accoglienza pr celebrare l’edizione 2004 della Festa delle Navi. Le navi, le protagoniste dell’appuntamento, piene della loro carezzevole anima, erano ben rap-presentate in banchina da tanti nomi di casa ad Augusta: Driade, Libra, Vega, Chimera, Minerva, Spica, Comandante Cigala Fulgosi. Tutte unità facenti parte del Comando Forze da pattugliamento per la difesa costiera assieme ad altre non presenti in banchina in quel mo-mento perché ai lavori in arsenale o in navigazione. In una serata all’insegna di una palpabile armonia, il personale delle navi ha avuto l’occasione di avere vicine le proprie famiglie, mostrando con sincero orgoglio gli strumenti del proprio lavoro, l’estro e la capacità organizzativa di chi va per mare. Come sempre i tantissimi partecipanti alla festa sono stati accolti sotto numerosi gazebo allestiti per l’occasione, mentre su uno schermo gigante scorrevano le immagini più significative dell’attività operativa svolta. Dopo il sempre sugge-stivo momento dell’ammaina bandiera, giochi d’acqua posti nei settori interni della banchina hanno fatto da cornice allo scenario. Il contrammiraglio Fran-

cesco Maria de Biase, comandante di Comfort, ha fatto gli onori di casa e ha rivolto un breve saluto agli intervenuti in apertura della serata, ribadendo il senso

e l’importanza di momenti di incontro tra familiari, militari e città (attraverso le autorità e i numerosi ospiti presenti) come quello offerto oramai annualmen-te dalla festa delle navi. Un’occasione per amalgamare maggiormente una vasta parte della realtà civile attenta e consapevole all’ambiente militare che, per offrire sempre migliori risultati, ha anche bisogno della gratificazione con l’apprezzamento di sacrifici e priva-zioni legati alla passione per il lavoro che si è scelto di fare. Lo sguardo di tanti orgogliosi genitori è sembrato la conferma più sicura di una formula per il cui risultato è sembrato davvero che nessuno si sia risparmiato. L’andirivie-ni sulla linea delle passerelle a poppa delle navi in banchina sino a tarda sera ha fatto sentire tutti un po’ più vicini, come se l’abbraccio avesse plasmato in un’osmosi rassicurante chi era venuto, chi doveva restare e chi avrebbe dovuto riprendere il largo. Per continuare ad addestrarsi e a pattugliare l’alto mare, di sicuro anche in cerca di anime derelitte da strappare alla morte.

S’è conclusa nel quartiere Borgata con una grande partecipazione di pubblico la sessantesima edizione della

festa del Sacro Cuore di Gesù.La festa del Sacro Cuore fu istituita

nel giugno del 1944 e rappresentò il pretesto per far ritrovare il popolo dopo un lungo pe-riodo della guerra che dolore e distruzione aveva arrecato alla città. Da allora la ricor-renza è stata sempre celebrata con grande partecipazione dei fedeli. Il programma di quest’anno ha previsto il torneo di calcetto “4° Trofeo Sacro Cuore -assegnato alla squadra del quartiere Santa Lucia - promos-so da Massimo Scuderi e dall’Associazione sportiva Koala Club; una mostra collettiva d’arte organizzata da Maria Maltese e la sfilata per le vie della Borgata del gruppo majorette ”Perle del Golfo”. Successo di pubblico al gran concerto “Àugusta... in armonia”, tenutosi sabato sera nella gremi-tissima Piazza Sacro Cuore dove la banda musicale Città di Augusta la Corale Euterpe, Loredana Vasta e Massimo Innorta hanno presentato il meglio dei brani inseriti nel CD il cui ricavato è destinato alla nuova chiesa di Cristo Re; lungamente applaudito l’Inno alla Città di Augusta scritto da padre Amedeo Iàia.

Particolarmente suggestivo il rientro del fercolo in chiesa accolto dallo sparo di fuochi d’artificio, dai canti devozionali, dal suono festoso delle campane e dalle note della banda musicale. La serata si è conclu-sa con uno spettacolo musicale curato dal gruppo “Happy Days” del maestro Pippo Quattrocchi e Salvo Bordonaro e il sorteggio dei premi messi in palio dai commercianti della città. Malgrado l’impeccabilità del lavoro svolto dal Comitato organizzatore la cittadinanza, qualche nota stonata non è mancata. Il Comitato ha lamentato il mancato intervento di pulizia delle strade e delle piazze del quartiere invase da ri-fiuti di ogni genere tanto da determinare una vibrata nota di protesta che approderà probabilmente in Consiglio comunale al fine di chiarire eventuali problematiche sulla tempestiva disposizione del servizio. Altra vicenda di malumore è stata quella della, sovrattassa per l’occupazione del suolo pubblico per dieci venditori ambulanti che sostenevano di avere già versato l’imposta per montare le bancarelle negli spazi predi-sposti in via Sacro Cuore. Dopo i soliti batti e ribatti verbali con i Vigili urbani, otto dei dieci ambulanti hanno preferito smontare le loro strutture e andare via.

A.F.

60^ edizione della festa del S. Cuore

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maggio - luglio 2004 Sport

Sasol under 21 vice campione d’Italia

Fra’ Matteo Pugliares, diacono e poeta

La compagine giovanile allenata da Giuseppe Spadaio aveva vinto lo scudetto dei giovani due anni fa

(la scorsa stagione si affermò lo Stabia), ma si può ugualmente affermare che il vivaio continua a dare soddisfazioni, visto l’altro secondo posto ottenuto in Coppa Italia (sconfitta per 4-1 dalla Bnl Ciampino in finale), dopo quello in campionato, con ben 168 squadre partecipanti. Purtroppo, la squadra nero-verde aveva compromesso la conquista del tricolore già nella gara di andata ad Augusta, quando fu sconfitta per 6-4. Al “PalaTezze” di Arzignano però hanno sfiorato l’impresa, portandosi in van-taggio di tre reti (5-2) al 6’ della ripresa (in quel momento erano virtualmente campioni d’Italia), grazie alla tripletta di Ammirabile e alla doppietta di Almir. Negli ultimi otto minuti di gioco però subivano il ritorno della squadra di Antonio Candeo, capace di ottenere il pareggio in soli cinque minuti (dal 12’ al 17’) e di amministrare poi il risultato fino alla fine. Per quanto riguarda la

Giovani

squadra maggiore della Sasol, occorre ricordare che per l’ennesima volta ha partecipato ai play-off per lo scudetto, ma stavolta è andata peggio dell’anno scorso, vista l’eliminazione negli ottavi di finale contro il Genzano, anche in questo caso non senza rimpianti, giac-ché l’eliminazione è avvenuta senza perdere, considerati i due pareggi (2-2 e 1-1), ma per il piazzamento peggiore nella stagione regolare. L’undicesima

stagione neroverde di serie A1 avrà degli strascichi anche nella prossima, poiché alla squadra del presidente Giovanni Santanello è stata rifilata la squalifica del campo per 6 giornate, proprio in occasione della gara di andata contro il Genzano, sospesa dall’arbitro Mauro per 10’, perché, secondo la sua opinione, in quel momento non c’erano le condizioni di sicurezza.

Venerdi 23 g e n n a i o 2004 è stata una giorna-ta di grande festa nella parrocchia S. Francesco di Paola gremi-ta di fedeli. Fra’ Matteo P u g l i a r e s , giovane frate

della provincia dei Frati Minori Cappuc-cini di Siracusa, nostro concittadino, è stato ordinato diacono dall’arcivescovo Giuseppe Costanzo della nostra diocesi siracusana. Al rito hanno anche parteci-pato circa quaranta frati cappuccini pro-venienti da tutta la Sicilia per stringersi attorno al confratello.

Toccanti e vibranti, durante l’ome-lia, le parole dell’arcivescovo, il quale ha ricordato al novello diacono il compito di servo della Chiesa e del popolo di Dio; compito che realizza una chiamata specifica all’interno del Corpo di Cristo

che è la Chiesa.Il diacono è essenzialmente chia-

mato a due compiti. Il primo, di carattere liturgico, è quello della proclamazione del vangelo nelle celebrazioni eucari-stiche e dell’amministrazione di alcuni sacramenti (battesimo e matrimonio). Il secondo, strettamente legato alla procla-mazione del Vangelo, è quello di vivere questo vangelo proclamato, soprattutto con la predilezione nei confronti dei poveri, degli ultimi e degli oppressi, avendo come modello Gesù servo che lava i piedi ai discepoli.

Auguriamo al novello diacono un ministero vissuto intensamente nella gioia della consacrazione al Signore Gesù.

Fra’ Matteo, nato in Augusta il 3 marzo 1972, è coordinatore nazionale del gruppo culturale “Parole sparse” e autore di libri di riflessioni, di racconti e di poesie. Di queste ultime desideriamo proporvi “Per un attimo” da Non ho nulla da darti.

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maggio - luglio 2004 Teatro

Le Troiane rivivono alla cittadella degli studi

14 ragazze del Socio-psico-pedagogico “sfidano” Euripide

Nathalia Amenta, Serena Di Caro, Simona Di Mauro, Valentina Fi nocchio, Ramona Intagliata,

Chiara La Ferla, Chiara Lazzano, Ga-briella Marturana, Alessia Migliore, Emanuela Patania, Chiara Pattini, Maria Grazia Pitzalis, Roberta Scarangela e Rubina Sillato: queste le quattordici, giovanissime allieve del liceo socio-psico-pedagogico, sezione staccata del classico “Mègara”, che hanno osato “sfidare” il grande (e “moderno”) tra-gico greco Euripide, interpretando un suo testo, le Troiane, quanto mai attuale (perché è un grido corale contro la guer-ra), e hanno vinto la sfida con grande dignità. Lo hanno fatto nell’àmbito del progetto, finanziato dall’Unione Euro-pea, “Theatron: dal testo alla scena”, realizzato nel cortile della cittadella degli studi, lo scorso 26 giugno, al tra-monto, com’è tradizione in occasione delle rappresentazioni delle tragedie greche a Siracusa. Lo sfondo era dato dall’aula magna-teatro comunale che, nella sua configurazione esterna, ricorda un tempio greco. La vera scenografia era proprio rappresentata dalla scalinata dell’aula magna; assente del tutto la musica, la suggestione era affidata alla forza drammatica del testo e alle luci di un tramonto naturale.

“Quali le motivazioni che hanno

portato alla scelta di questo testo, cer-tamente molto arduo, per giovanissime allieve di un breve corso di teatro, alla loro prima esperienza?”.

Se lo domanda, nelle sue “note di regia”, Rosy Cangemi, del Teatro libero di Messina, cui i docenti coordinatori del progetto hanno affidato la responsabilità della rappresentazione. Cangemi rispon-de: “La tragica realtà con cui siamo costretti a convivere quotidianamente non può non indurci a considerare la grande attualità dell’opera di questo poeta dell’illuminismo greco, che rag-giunge qui le vette più alte dell’umana elegia, del dolore sconsolato e condanna le guerre di conquista e di preda con il loro corollario di orrori”.

I docenti coordinatori hanno mo-tivato la scelta del progetto scrivendo: “Rendere lo spazio-scuola un luogo ope-rativo, stimolante e piacevole, in cui lo studente, attraverso i linguaggi e le tec-niche della fiction teatrale, può_rappre-sentare sé stesso e esprimere la propria creatività e sfera emozionale, è stata la spinta che ha sostenuto l’idea in tutte le sue fasi e operazioni”.

Diletta Càsole

Non lo vedevo da tempo. Quando la madre, con tenero orgoglio, m’invitò ad assistere a uno

spettacolo scritto e interpretato da lui, dissi istintivamente di sì, contagiata da quell’entusiasmo materno:

“Da Faro a Faro s’intitola, e pen-sa, con questo lavoro ha vinto un premio a Bassano del Grappa, unni ci sunu i nordisti, cu cci lavia ddiri?”.

Poi, in teatro, capii il motivo di quell’orgoglio. Su un palcoscenico pic-colo e spoglio, un giovane prorompeva nel buio, invitandoci a essere compagni in un suo viaggio teatrale attraverso la memoria. Lo sguardo era acuto, il lin-guaggio assolutamente personale; la sua irruente corporeità trasmetteva innume-revoli ma precisi gesti simbolici, anche attraverso l’uso inequivocabile dell’ono-matopea. A far da cornice, un pubblico attento ascoltava in religioso silenzio. Con Alessio Di Modica ho vissuto, senza esservi mai andata, l’orrore dei giorni del G 8 tenutosi a Genova qualche anno fa, la paura di chi, come lui, c’è stato; i rumori assordanti e l’atmosfera confusa di quei luoghi dove i “buoni” si confondevano con i “cattivi”, fino a non riconoscere più il ruolo di ognuno. Con Alessio ho ripensato allo sfacelo della mia cara Augusta, ho riacquistato la speranza e il desiderio che qualcosa cambi, insieme alla rabbia per tutto ciò di negativo che esiste e ci opprime. Ed è tanto. Quel ragazzino che saltellava e giocava nei campeggi dell’Azione Cattolica, dagli occhi vispi e allegri, ma già allora pieni di ardore critico, è divenuto un giovane maturo, un artista tutto da scoprire, interprete di un teatro “politico” che ci riporta alla nostra es-senza di cittadini.

Dato che per ricevere la giusta approvazione e un meritato premio, Alessio si è dovuto spingere fino a Bassano del Grappa, oso dire che questa prerogativa artistica mancava al nostro territorio, di cui si dice spesso che la coscienza politica sia “addormentata”.

Forse Alessio è l’eccezione che conferma la regola? Ciascuno giudichi da sé. Nel frattempo noi cittadini au-gustani innamorati dell’arte, e dunque anche del teatro, ti auguriamo buon lavoro, Alessio, e siamo orgogliosi di essere tuoi concittadini.

Una promessa del teatro augustano

“Da faro a faro”, con Alessio Di Modica

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maggio - luglio 2004 In memoria

E’ un momento di doloroso distac co. Noi chiniamo la fronte dinanzi al volere di Dio, Signore della

vita e della morte. Ci sottomettiamo ai suoi imperscrutabili disegni, sapendo che sono sempre disegni d’amore. Ci uniamo al dolore e alla preghiera dei familiari di Mons. Garsia, in particolare alla sorella Vera che sempre gli è stata vicina e che con lui ha condiviso gioie e dolori.

La morte è sempre un’esperienza traumatica, perché è un fatto “natura-le” per un verso ed “innaturale” per l’altro.

E’ “naturale” per la condizione creaturale dell’uomo, e quindi per la sua finitezza e caducità. E’ “innaturale” perché essa contraddice al piano origina-rio di Dio, che aveva chiamato l’uomo alla vita, dandogli la possibilità di non morire. E’ stato il peccato dell’uomo a introdurre nel mondo la morte, la quale, così, per un verso rivela che l’uomo è creatura e perciò destinata a finire, ma per l’altro ne rivela il peccato: essa diviene “giudizio” di Dio sull’uomo peccatore. Si comprende così la nostra avversione e istintiva ribellione di fron-te a essa. Ma la morte, per il mistero dell’Incarnazione e della Redenzione, è anche l’incontro col Dio vivente, l’approdo nella casa del Padre, l’inizio della contemplazione beatificante del Volto che abbiamo sempre desiderato. La morte è il compimento della speranza che arde nel cuore dell’uomo: vedere Dio, amarlo indefettibilmente, lodarlo e ringraziarlo con tutti i santi, “perché eterna è la sua misericordia”.

La morte, per un vescovo, è ricon-giungimento festoso col gregge che lo ha preceduto nel segno della fede ed è soprattutto incontro con Cristo, vincitore del peccato e della morte; è immersione nel mistero di Dio, oceano di amore e di pace; è incontro definitivo e trasfor-mante con Cristo, di cui ha annunciato la Parola, ha testimoniato l’amore, ha celebrato i sacramenti.

Mons. Garsia lascia una preziosa

eredità morale: la testimonianza di una grande nostalgia di Dio, di una fede forte e comunicativa, di una tenera devozione alla Madonna, di un appassionato amore alla Chiesa, di una profonda sollecitu-dine pastorale.

Sin dagli anni del seminario, in pre-parazione al presbiterato, emergevano il suo temperamento e il suo stile di vita: pensoso, meditativo, studioso e orante. Fu terziario domenicano fin dal 1947, col nome di Fra’ Giacinto.

Ordinato sacerdote, ha vissuto una vita presbiterale intensa: era entusiasta, comunicativo, evangelizzatore. Dalla pienezza della sua vita interiore attinge-vano le persone che lo incontravano.

Nei primi anni di sacerdozio ha dedicato con amore e con fervore le sue energie spirituali e pastorali alla promo-zione del culto mariano, collaborando con Mons. Musumeci dopo l’evento della lacrimazione della Madonna a Si-racusa. E stato custode delle lacrime di Maria e apostolo mariano.

Per lungo tempo è stato cappellano dell’Istituto delle Suore Orsoline della S. Famiglia a Siracusa. Sia in questo campo sia in tutti i settori del suo impe-gno sacerdotale è stato maestro di spiri-tualità, vero Padre spirituale.

Nominato, ancora giovane sacerdo-te, canonico del Capitolo Metropolitano, amava la preghiera comunitaria nel coro della cattedrale.

Nei primi anni di sacerdozio, per poter educare in maniera illuminata, si èimpegnato in un cammino di prepara-zione culturale. Ha conseguito la laurea in Matematica e Fisica all’Università di Catania. È’ stato professore di matema-tica e fisica nel liceo del seminario acivescovile di Siracusa e insieme in-segnante di religione presso l’Istituto Tecnico Femminile di Siracusa.

Temperamento volitivo, logico ordinato, aveva affinato, attraverso lo studio delle scienze esatte, una persona-lità robusta, capace di accompagnare in un cammino serio di formazione tutti i discepoli che gli venivano affidati.

Fervoroso e dinamico, trasmetteva l’entusiasmo della vita cristiana. E’ stato anche assistente diocesano dell’AIMC. Stimato sotto il profilo culturale, oltre che spirituale, ha immesso un’anima cristiana nella professione dei maestri.

Nella maturità della sua vita sacerdotale, fu nominato a r c i-prete-parroco della Chiesa Madre di Augusta. Qui ha profuso la ricchezza del suo impegno pastorale. Ha promosso una pastorale di ampio respiro, unitaria per la città di Augusta, comunitaria per le varie parrocchie, inserita nel contesto della programmazione diocesana, coin-volgente nei confronti di tutte le realtà ecclesiali.

Eletto vescovo di Caltanissetta il 21 dicembre 1973, con la pienezza del sacerdozio, ha avuto inizio la pienezza della sua dedizione pastorale per la diocesi nissena, che ha amato con pas-sione e ha servito con generosità in un impegno quasi trentennale.

Ha amato con amore di predilezio-ne i più deboli e diseredati. In campo nazionale grande è stata la sua ansia pastorale per gli emigrati, coerentemente al suo incarico di presidente della com-missione episcopale per le migrazioni e presidente del consiglio di amministra-zione della fondazione “Migrantes”.

La nostra comunità diocesana, che si onora di aver dato i natali a un figlio così illustre, si impegna a seguirne gli esempi e, con la sua fede nella Trinità, lo affida al Padre che l’ha creato, al Figlio che l’ha redento, allo Spirito che l’ha santificato. Mariana per vocazione, la nostra diocesi lo consegna a Maria, Re-gina degli Apostoli, e Augusta, città di Domenico, invoca dal suo santo Patrono

L’improvvisa scomparsa di Alfredo Maria Garsia

Fu vescovo di Caltanissetta dal 2/4/1974 al 20/9/2003

La sera di venerdi 4 giugno, improvvisamente, è scomparso il vescovo emerito di Caltanissetta, l’augustano Alfredo Maria Tarsia, già parroco della Chiesa Madre. I funerali cittadini sono stati celebrati domenica 5 nella chiesa della Madonna delle grazie, presieduti dall’arcivescovo di Siracusa, Giuseppe Costanzo, la cui omelia pubblichiamo in questa pagina. Il successivo martedì 8 si sono svolti i funerali solenni nella cattedrale di Caltanissetta, dove la salma è stata tumulata, com’è tradizione per i vescovi.

Alfredo M. Garsia è il primo a sinistra

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maggio - luglio 2004 Storia

Augusta e i fatti del 1860Revisionismo storico o finalmente la verità?

Visti dalla parte dei duosiciliani

Nel 1860, la città di Augusta è in attesa di eventi,gli animi sono tesi,l’atmosfera in città è densa

di elettricità e tensione, come prima di un imminente temporale,tutto sembra

sospeso in attesa del tuono. Dall’alto degli spalti del castello,il colonnello Pietro Tonson La Tour,il comandante la piazza di Augusta, vigila. E’ un uomo tutto d’un pezzo, un degno patriota, e un fedelissimo di re Francesco II.

Il presidio militare di soldati delle Due Sicilie è forte di tremila uomini e di cento cannoni. Uomini fidati che co-nosce personalmente uno per uno,sono quasi tutti giovani e bravi guaglioni.

Appare subito chiaro alla popola-zione e ai quatto liberali al potere,che la piazza di Augusta, non solo è imprendibile,ma ben preparata a ogni evenienza.

L’11 maggio del medesimo anno 1860,è sbarcato a Marsala un uomo pittoresco e particolarissimo, marinaio e pirata, massone e senza Dio,con un séguito di circa mille uomini quasi tutti in cerca di prodezze e di avven-tura, con passati dubbi e pieni di mille pregiudizi.

Quest’uomo,che la storiografia ufficiale risorgimentale indottrinata tra-manderà come l’eroe dei due mondi, è uno che, definire avventuriero è senz’al-tro riduttivo,dallo sbarco di Marsala in poi reciterà una parte il cui copione è stato studiato ed elaborato lungamente

sui tavoli diplomatici di Londra e di Torino.

Stiamo parlando ovviamente di Ga-ribaldi, il mito del quale fu scientemen-te creato a tavolino da Mazzini e dalla

sua cricca da una parte,dall’Inghilterra e dalla massoneria dall’altra.

Ma chi era in realtà questo Ga-ribaldi, indicato come campione di purezza e di libertà?

Nato a Nizza nel 1807, si di-menticherà ben presto della sua patria e, quando questa fu svenduta alla

Francia,dal”patriota” Cavour,egli non

mosse un solo dito per tentare di ripor-tarla nell’ambito nazionale. Per Nizza e la Savoia, il risorgimento fu all’incon-trario: terre italiane cioè, furono cedute e svendute alla Francia.Per quelle terre italiane,non valse “il grido di dolore” e tutte quelle altre balle risorgimentali.

Furono allegramente cedute con ben pochi scrupoli, insieme a tutte quel-le popolazioni italiane, che imploravano i “campioni dell’unità nazionale” Ca-vour e Vittorio Emanuele con petizioni e suppliche a mantenerle italiane.

A ben guardare, adesso, Nizza, non ha motivo di lamentarsi della cessione, nel cambio ci ha sicuramente guada-gnato, ma allora per tutta quella gente fu una tragedia senza pari, paragonabile forse a quella della popolazione tede-sca, costretta dopo la seconda guerra mondiale a vivere separata sotto diversi confini.

Nessuno elevò proteste, nessun Mazzini si stracciò le vesti, nessun Garibaldi organizzò spedizioni, né dei mille, né dei cinquecento. Nessuno era disposto a rischiare contro la Francia, potenza agguerrita e forte.La cessione fu conclusa con il minor clamore possibile, si organizzò financo un falso plebiscito, come quelli che in seguito sarebbero stati organizzati in tutta Italia.

Il corsaro Garibaldi fu presto ta-citato, semmai parlò, con la promessa di facile bottino e guadagno e con il miraggio di una preda molto ambìta:

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maggio - luglio 2004 Storiala Sicilia.

Garibaldi, appena ne ebbe l’età, si imbarcò come marinaio di 3^ classe, nella marina piemontese e imbevuto delle idee del terrorista Mazzini,iniziò qualche azione di inutile terrorismo ai danni del Piemonte del reazionario “re tentenna“ Carlo Alberto.

S c o p e r t o d a l l a p o l i z i a savoiarda,venne condannato a morte e fu costretto a fuggire,dopo alcune peregrinazioni, si recò in Sud America, in Brasile, evidentemente è il sud del mondo che egli prediligeva, qui al ser-vizio di un ribelle della provincia del Rio Grande do Sul,si dedicò ben presto a esercitare la pirateria.

Ed è come corsaro e per la sua efferatezza che si distinse in quel mondo, egli insieme ad altri come lui, si dedicò alle scorrerie e ai saccheg-gi, agli omicidi e agli stupri. Diventò anche ladro di cavalli e, per questo crimine,catturato,venne punito con il taglio dell’orecchio destro e, da allora in poi, porterà sempre i capelli lunghi. In una delle sue scorrerie, incontrò e violentò Anita di 16 o 17 anni, già spo-sata; “ tu devi essere mia”, le disse senza mezzi termini e la povera ragazza è costretta a subire .Ormai compromessa, si decide a seguirlo non sapendo dove andare, accompagnata dalle maledizioni del padre.

Un uomo di tal fatta,viene definito eroe dei due mondi, ma se per caso vi trovate in Brasile, come fece Scalfaro, l’ex presidente della repubblica italiana, non provate a definirlo eroe, o rischiate l’incidente diplomatico.

In Italia, l’opera sottile di Mazzini e della sua cricca, iniziò l’opera instan-cabile della propaganda, Garibaldi e la sua banda vennero esaltati come eroi e combattenti per la libertà, furono ta-ciuti ovviamente, furti, rapine, omicidi ecc. La stessa identica cosa avvenne in Inghilterra, dove in quel tempo era al potere il primo ministro Palmestron, capo massonico e nemico giurato di Ferdinando II e del regno delle due Sicilie.

Il grande disegno di destabilizza-zione prima, e della conquista di tutta la penisola italiana poi,iniziò a concre-tizzarsi.

Il Piemonte voleva ingrandirsi a tutti i costi, l’Inghilterra voleva vendi-carsi di alcuni presunti torti e creare nel Mediterraneo un forte stato unitario da contrapporre alla Francia, la Francia di Napoleone III, che aveva delle mire nel regno delle due Sicilie, volendo insedia-

re, il proprio nipote , figlio di Gioacchino Murat. Come si vede ognuno di questi tre Stati aveva un disegno politico ben chiaro e la preda più ambita e più ricca da divorare era il regno delle due Sicilie, il quale ignaro di tutto, si avviava ineso-rabilmente incontro al proprio destino,” utili idioti” in questo disegno complesso, furono il poco dotato di acume politico Garibaldi e il terrorista Mazzini.

I precedenti moti insurrezionali tentati da Mazzini, erano tutti falliti, uno dietro l’altro, è sempre mancato a questo disegno terroristico l’appoggio della popolazione, forse questa non vo-

leva essere” liberata” e molti ingenui “patrioti” perdevano la vita. Ultimo in ordine di tempo fu Carlo Pisacane e i suoi ”trecento giovani e forti”, (chi si ricorda della spigolatrice di Sapri e delle stronzate di quelle rime?).

Nel 1857, Pisacane, sbarcato a Ponza, liberò 300 detenuti comuni dalle prigioni locali, che si abbandonarono a furti e a violenze di ogni sorta, a Sapri si comportarono esattamente nelle stesso modo e la popolazione che non era per niente oppressa, da Ferdinando II, li massacrò sul posto, non vi fu nemme-no bisogno di far intervenire la truppa. Bugie, sempre bugie, fatti travisati, ve-rità storiche stravolte. Nessuno voleva i Piemontesi nel regno delle Due Sicilie, il popolo non era oppresso, non agognava nessun liberatore.

Allora, visto che le popola-zioni del sud, non volevano essere “liberate”bisognava che lo fossero per

forza, bisognava creare una figura leggendaria, un semidio; si inventò un mito, un eroe che, però, non fosse troppo serio come il Pisacane, ma, fosse anche pittoresco, fantasioso; doveva colpire l’immaginario collettivo, lo si fece vestire come un buffone da circo, di rosso o come un gaucho, altre volte lo si dipinse come Gesù Cristo. Dove-va impressionare le masse ignoranti e facilmente suggestionabili. Lo si disse alto, biondo, animoso, intrepido.

In realtà, Garibaldi non era alto e nemmeno biondo,aveva le gambe leggermente arcuate ed era oppresso dai reumatismi e dall’artrite che lo costringevano spesso a combattere in carrozza.

A cavallo non andava spesso, e quando era costretto a farlo,doveva essere letteralmente issato su da due dei suoi.

L’11 maggio del 1860, Garibaldi sbarcò a Marsala. Perché scelse proprio questa città siciliana,perché non Trapa-ni o Catania o Augusta? Marsala era da lungo tempo una colonia inglese,erano più le proprietà della ”perfida albione” che quelle siciliane. Ad attenderlo al largo, stazionavano, già da diversi gior-ni, due navi da guerra inglesi, l’Argus e l’Intrepid, che protessero lo sbarco e intimarono a due navi siciliane di non aprire il fuoco.”L’eroe” era talmente sicuro della protezione inglese che si presentò in pieno giorno. Il piano fu ben congegnato e funzionò a meravi-glia; d’altronde ”l’eroe” non era solo in questa avventura, la flotta inglese lo seguiva passo passo durante la sua breve gita nell’isola, e presto, fu raggiunto da regolari dell’esercito piemontese, fatti “congedare “apposta. Inoltre era ben foraggiato con un milione di piastre turche dell’epoca, pari a molti miliar-di odierni; con questi soldi si era già assicurato il tradimento delle alte sfere dell’esercito siciliano; egli era quindi fiducioso e baldanzoso, lo spettacolo circense poteva iniziare.

A Calatafimi si assistette alla pantomima di uno scontro, vi fu appe-na qualche scaramuccia e trenta morti garibaldini,contro qualche ferito delle Due Sicilie, poi tutto finì, così si era deciso nelle alte sfere dell’esercito delle Due Sicilie: ci si doveva ritirare.Questa prima “vittoria” causò grande euforia, baldoria e spari in aria: la farsa continuava.

A Palermo, i picciotti siciliani (leggi mafia) capirono l’antifona e in-cominciarono ad abbandonare la proces-

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maggio - luglio 2004 Storiasione, ma il” fercolo di san Giuseppe” Garibaldi, non rimase vuoto, anzi, una turba spaventosa di gente famelica si era radunata da tutta Europa, ungheresi, inglesi, statunitensi. Palermo fu presto razziata, il banco delle Due Sicilie spo-gliato, la popolazione rimase attonita e atterrita per la partenza di ventimila sol-dati duosiciliani che lasciarono l’isola, senza combattere, in balia di quell’orda famelica.

Ad Augusta, Pietro Tonson La Tour è in attesa, la piazza è fedele e disciplinata e pronta a ogni evenienza. Nessuna intelligenza con il nemico è possibile, viene respinto con fermezza ogni tentativo di fraternizzare con la popolazione.

“L’eroe”, naturalmente, si guarderà bene dal passare da Augusta e ”liberar-la”: troppo rischio, il La Tour non è stato corrotto,meglio passare al largo.

Scrive Salvatore Paci, sul Noti-ziario storico di Augusta n. 19,” Se con uomini simili i Borbone persero la guerra,ciò accadde perché per loro sfortuna si scontrarono con quel con-dottiero carismatico che fu Garibaldi.” Ecco come le bugie risorgimentali hanno condizionato e continuano a ingannare, ancora oggi, la stragrande maggioranza degli italiani e uomini di cultura e di va-lore, imbevuti di quella falsa storiografia ufficiale, imparata nei libri di scuola.

Garibaldi, come abbiamo detto, non fu un eroe: egli era l’esatto con-trario, pirata e avventuriero e “utile idiota” di altre intelligenze. Egli era una bufala creata a tavolino, di quelle che, da allora in poi, il governo piemontese prima e italiano, poi, avrebbe propinato a noi gente del sud.

Il XIV ottobre 1860, ormai isola-

to, senza più disposizioni da parte del proprio comando e a corto di denaro per pagare la truppa, il colonnello La Tour si decise ad abbandonare la piazza di Augusta.

Pretese l’onore delle armi e si im-barcò con i suoi tremila uomini su due navi approntate a spese del Comune, il Cambria e L’Asmodeo, che li trasporta-rono fino a Napoli.

La guarnigione non partì sconfitta, non subì offese e non lasciò odio. Su-bito dopo la partenza della guarnigione, la città inziò a sentire quasi immediata-mente la mancanza di essa.

Scrive ancora il Paci: ”Tutta la cit-tadinanza traeva guadagni e benessere dalla fornitura di viveri, dalle presta-zioni artigianali, dall’affitto di case alle famiglie dei militari, con la partenza

delle truppe, il crollo economico fu im-mediato”. Purtroppo, non solo Augusta, ma tutta la Sicilia, avrebbe sperimentato, da lì a poco, l’odiata dominazione pie-montese. Tutto fu saccheggiato, Palermo e altre città spogliate, a Bronte a Bian-cavilla e in altre località si compirono eccidi e processi sommari.

La Sicilia perdette antichi e conso-lidati privilegi, il più antico parlamento del mondo fu cancellato, i beni della Chiesa, che servivano per la maggior parte da ammortizzatore sociale, furono tutti confiscati e venduti all’asta ad ami-ci compiacenti. I proventi ovviamente andarono tutti a Torino, niente rimase o fu investito nell’isola.

Nel 1866, al grido di morte ai Savoia, evviva o Re Francesco II, la capitale di tutte le rivoluzioni insorse come un sol uomo.Purtroppo tale rivolta male coordinata fallì, anche perché la flotta italiana non si fece scrupolo di bombardare la città dal mare .

Soltanto quando il governo di Roma, riconoscerà che il regno delle Due Sicilie è stato conquistato e non “liberato”da una sanguinosa e cruenta guerra fratricida,quando tale ricono-scimento sarà seguito da un congruo risarcimento per tutti i danni e le ruberie subite a opera delle orde piemontesi, soltanto allora, accantonato quel fasullo risorgimento che offende la dignità e l’intelligenza di noi popoli delle Due Sicilie, si potrebbe dare vita, forse, a una vera unità nazionale, fondata sulla pari dignità e su un corretto federalismo che non danneggi le regioni più deboli e soprattutto non privilegi quelle che si sono già arricchite con i soldi derubati al sud.

Giacomo Ca-sole

On.le signor Ministro, sono cir ca 62 anni che la famiglia Pie monte di Augusta chiede il

rimpatrio della salma del proprio Nunzio, scomparso nel conflitto belli-co mondiale Italia-Russia del 1942/43. A lei signor Ministro, chiediamo un Suo autorevole intervento, affinché il dolore che assilla la famiglia dello scomparso, un giorno si possa colma-re, dando sepoltura alla di lui salma nel cimitero di Augusta.

Nel luglio del 2001 un ispettore della polizia di Siracusa, Ronsisvalle, verificò su richiesta del ministero degli

Interni la vera identità della fami-glia dello scomparso, ed ebbe a dire alla famiglia che al più presto tutti si sarebbe risolto e che il Ministero avrebbe fatto conoscere la data del suo rientro della salma in Italia. Ma, a tutt’oggi, signor Ministro, nulla e nessuno si è fatto sentire.

Signor Ministro, nel rimanere in attesa di una sua definitiva risposta, ci consenta di esprimere a nome della famiglia, che 62 anni di attesa non sono un tempo degno per il rientro di una salma di un militare in un paese

democratico.L’indirizzo di uno dei fratelli di

Erminio Piemonte èVia Dessiè Ronco Simeto n. 9

– Augusta

Nuccio RomanelloPresidente del Movimento

Difesa del Cittadino

62 anni, e la salma non rientra dalla RussiaIl locale movimento per i diritti dei cittadini scrive al Ministro degli Interni

Si tratta del corpo dell’augustano Nunzio Piemonte, classe 1922, militare scomparso nel conflitto Italia-Russia

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maggio - luglio 2004 Scuola

Uno spettacolo di alunne e alunni del liceo «Andrea Saluta» fatto con amore e con una regia sobria,

mederna, efficace. Così è sta-to «Don-ne in sce-na», uno s p e c i a l e saggio di fine anno scolast i -co con la collaudata direzione a r t i s t i ca di Giorgio Càsole e l’interpre-

tazione degli studenti dello scientifico, andato in scena nell’auditorium “Don Paolo Liggeri” di Palazzo S. Biagio l’8 giugno. Ovviamente, molte di più le alunne degli alunni. Vittorio Ribaudo (per la scenografia), le costumiste Carla Cappuccio e Vanessa Di Modica e infine Carmelo Abramo e Fabio Amara (per le luci e il suono).

«Donne in scena» ha centrato pie-namente l’obiettivo, in quanto è stato inserito nel Piano dell’offerta formativa

del Liceo «Saluta» per coinvolgere tutti, alunni, insegnanti, genitori, familiari. Non solo per questa lodevole finalità educativa e sociale, ma perché sono state impersonate le figure di tante eroine del-la letteratura come Francesca da Rimini, Didone, Mirandolina di Goldoni, Maric-chia e la Lupa di Verga, Nora di Ibsen e perchè i veri protagonisti dello spettaco-lo sono stati loro, le alunne e gli alunni del liceo che hanno saputo recitare bene sotto la regia del loro insegnante Giorgio Càsole: Titti Mirabella, Maria Piazza, Christian Grasso, Federico Sàpia (tutti in più ruoli), Martina Castro presentatrice assieme a Càsole, Lucia BIanco e Laura Schermi ballerine.

Coinvolgente per il pubblico augu-stano l’interpretazione corale del regista e di tutti i suoi alunni del liceo del brano

Liceo Saluta: “Donne in scena”

poetico di Càsole «Compianto per i morti di New York» in cui è stata dram-matizzata la tragedia dell’11 settembre 2001. Uno spettacolo nello spettacolo! Un plauso, quindi, a questi studenti-at-tori che hanno saputo rappresentare in teatro realtà e sogno.

Giuseppe Aloisio

Maria Piazza

da sin: Carla Cappuccio, Maria Piazza, Lucia Blanco, Giorgio Càsole, Martina Castro, Vanessa Di Modica, Laura Schermi, Federico Sapia, Christian Grasso

Sarà Rita Spatola, attuale preside del Commerciale di Avola, a inse diarsi il prossimo 1° settembre

come dirigente scolastico del 1° isti-tuto di istruzione superiore, al posto di Concetto Rossitto, che ha ottenuto il trasferimento nel suo paese d’origine, Floridia. Una donna dirigerà i servizi

Vertici rosa negli Istituti di Istruzione Superiore

amministrativi: la ragioniera Giovanna Passanisi, che lascerà l’Industriale di Augusta dopo dieci anni di dirigenza. Come dirigente scolastico dello stesso istituto e del commerciale, che fan-no parte del 2° istituto di istruzione superiore, rimane la floridiana Maria

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maggio - luglio 2004 Racconti

Umorismo a luci rosse

Giolè, l’innamorato della Luna

C’era una volta un contadino augu stano di nome Giolè che possede va un piccolo podere nei pressi

della foce di uno dei tanti fiumi che terminavano il loro corso nella rada di Augusta.Al tempo della storia qui nar-rata non esisteva in tutta l’area portuale alcun genere di inquinamento. Il golfo ferveva di attività artigianali,di alleva-mento e di pesca,le sorgenti pullulavano di acque zampillanti e limpide.

Enormi querce e alberi giganteschi si ergevano lungo i corsi non inquinati e l’uomo non conosceva le malattie dell’apparato respiratorio;l’aere era puro e tonificante.

Un’epoca felice che per gli augu-stani di oggi è simile all’età dell’oro cantata dai poeti.

Galeoni di legno portavano mer-ci provenienti dal nuovo mondo e al seguito dei bastimenti grossi granchi facevano lo stesso tragitto attaccati alle carene delle navi.Questi enormi cro-stacei detti anche granchi “americani” giunti all’interno del porto risalivano anche i corsi dei fiumi compreso lo spec-chio d’acqua lungo il quale si trovava il podere di Giolè.

Il contadino era solito immergersi nel fiume oltre che nel mare circostante, d’estate, per rinfrescarsi dalla calura. Una volta, però, mentre Giolè si stava bagnando nudo nelle acque fluviali, ignaro del pericolo che correva, un gros-

so granchio gli si avvicinò, lo addentò per i genitali, e lo evirò. Il giovane contadino urlava chiedendo aiuto, ma la gente accorse sul luogo dopo che Giolè era uscito dall’acqua, non potè non co-statare che per i genitali di Giolè non c’era più nulla da fare, perché l’ingordo crostaceo si era mangiato tutto!

Al malcapitato, però, in compen-so, dopo breve tempo, mutò la voce: dal tono baritonale a quella di mezzo soprano con tendenza alla linea me-lodica, ma anche la professione e il prestigio, perché divenne un cantante apprezzato da tutto il vicinato. Giolè gareggiava con gli uccelli nell’intonare melodie. Usignoli e fringuelli uccelli canterini sostavano spesso a cinguettare e a improvvisare assieme a lui arcane melodie e melanconie che risuonavano per l’aere intorno.

Nelle notti di luna chiara, però, Giolè sostava per meditare sulle tri-stezze umane e sul destino dei comuni mortali.Seduto sulla riva contemplava il cielo stellato e il fiume d’argento che scorreva placido fino agli abissi delle acque marine, raggi di luna silenti fluttuavano lentamente nella rada; nelle notti estive il suo pensiero vagava mise-ro e smarrito nel grande mare dell’esse-re, con il senso del nulla e della morte addosso. Sognava di arrivare a una meta lontana, laggiù dove lo sguardo si perdeva nel buio delle vaste e ampie di-stese, dove le stelle infinite sembravano immergersi nelle acque. Alla ricerca del senso della vita si abbandonava spesso a contemplare il paesaggio circostante e la fascinosa Luna che invocava col canto, perché lo aiutasse a vincere le correnti tumultuose che si addensavano lungo il cammino della sua esistenza terrena.

E la Luna rispose al suo canto, dimentica del bello Endimione, si in-namorò di Giolè e della sua voce me-ravigliosa. Assunte le sembianze di una sensuale giovanetta andava a trovarlo spesso, sedendo con lui all’ombra di frondose querce, passava le giornate a discorrere con Giolè. Nella campagna augustana fra i canti degli uccelli e gli sguardi languidi degli spasimanti regna-va la primavera che invitava agli amori. E infatti un giorno la bella fanciulla rivelò al giovane contadino che avrebbe voluto un figlio da lui, ignara di quel che gli era accaduto.

Giolè era fiero della sua voce e così le rispose: “La mia voce, o donna, è di gran lunga più melodiosa di quella di tanti cantautori che hanno fama di essere delle ugole, a me costoro potrebbero tirarmi anche un pompino se ‘nu gran-chiu svinturatu nun m’avissi privatu di li connotati ca fannu l’omu attu a fari li nati.Criminale, animale ma come lo hai potuto fare, come hai potuto commettere un simile reato?”

“Ma cosa intendi dire”, rispose la donna. E fu allora che Giolè narrò alla bella fanciulla la sua disavventura.

La Luna corrucciata così continuò: ”A quanto ho capito non avresti più quel coso che i maschi solitamente hanno tra le gambe. Ma per chi avrei lasciato il mio Endimione? Per un grammofono che suona senza il manico, atto a suo-nare la musica”.

E così finì la storia, miei cari letto-ri, perché la luna delusa ritornò dal suo vecchio amante, tornando a splendere come fa tutte le notti col suo freddo chia-rore, dimentica delle sciagure umane.

Giuseppe Di Mare

docente di storia e filosofia

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maggio - luglio 2004 Varietà

I tre fratelli stanno per pubblicare un libro

La favola dei FiorelloRosalba Guglielmino e Filippo Mu

sumeci sono due coniugi affiatati nella vita e nel ballo. Lei è in-

segnante, lui artigiano, ma la loro vera autentica passione è il ballo,. Hanno superato la soglia del mezzo secolo, ciascuno, naturalmente, ma non disde-gnano di partecipare a competizioni di ballo in tutt’Italia.

Recentemente sono stati a Foligno per gareggiare con altri loro coetanei over 56 e si sono piazzati al terzo posto.

“Dovevamo essere primi” – si sfoga con noi Filippo Musumeci – ma qualcuno ha fatto l’inciucio. Comunque siamo contenti lo stesso e continueremo”.

Auguri ai pimpanti coniugi. Come diceva De Coubertin, l’inventore delle moderne Olimpiadi, l’importante è partecipare. Il nome di Augusta viene portato in giro anche così. Grazie ai coniugi Musumeci.

Nel mese di maggio, Catena, detta Katia, Fiorello, sorella minore del popolare showman Rosario,

detto Saro, è ritornata ad Augusta, dopo tanti anni, per rivedere vecchi amici. Era scesa in Sicilia, da Roma, per presenta-re a Letojanni, il paese d’origine della famiglia, la sua raccolta d’interviste intitolata Nati senza camicia, da cui l’omonimo programma televisivo, da lei stessa condotta, trasmesso di recente su una rete RAI. Katia sta scrivendo a sei mani (con lei, i suoi due fratelli: Saro e Peppe, ormai attore affermato) una favola per bambini. Che sia la favola autobiografica della famiglia Fiorello?

Fama pulsat... in punta di piedi

Katia, la madre e Rosario

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maggio - luglio 2004 Periscopio

L’idea dell’allora sindaco Gulino era nobile: risparmiare a vecchi e disa bili l’enorme fatica della ripida

scalinata che da Via Marina di Ponente

porta all’ex Piazza delle Poste, oggi Sant’Andrea. L’idea iniziale era quella di realizzare al posto della scalinata in pietra una scala mobile, con copertura

Finito da sei anni, mai entrato in funzione

L’ascensore dei sogniModesta proposta per l’immediata attivazione

in plexiglas, come si può vedere in altri luoghi, ma poi fu scartata, vuoi per il costo, vuoi per il timore di atti vandali-ci. Con appena 62 milioni di lire, cifra risparmiata in séguito ai lavori di rifaci-mento dell’allora Piazza delle Poste che, sia detto per inciso, doveva restare una piazza esclusivamente pedonale (mentre oggi è ridiventata parcheggio abusivo), fu realizzato un ascensore. Doveva essere consegnato a una cooperativa di giovani da avviare al lavoro, al fine di evitare che fosse oggetto di vandalismo

se lasciato alla libera fruizione. Non è mai entrato in funzione. E’ finito da 6 anni. E’ diventato l’ascensore dei sogni. La gente continua a salire a fatica la ripida scalinata. Magari ci sono giovani e meno giovani che gradirebbero im-pegnarsi, anche su base volontaristica, come in tantissimi altri campi. Chissà? Intanto, a causa del non uso, l’ascensore si degrada sempre più, come tutte le cose non utilizzate e non curate. Tanto var-rebbe farlo entrare in funzione, sfidando la mala educazione della gente. Un sorvegliante comunale potrebbe aprirlo la mattina, in coincidenza dell’orario d’inizio del mercato e chiuderlo alle due del pomeriggio. Ci sembra una soluzione praticabilissima e nient’affatto costosa. Anzi, si potrebbe installare un meccani-smo per esigere una moneta, anche da 10 centesimi, per far partire l’ascensore. Questo solo fatto scoraggerebbe, proba-bilmente, gl’incivili.

Il mare di Sant’Elena

va bene

Lo conferma “Goletta Verde”Che il mare di S. Elena fosse in ottimo stato lo sanno da anni i

tantissimi augustani che giornalmente vi si tuffano durante la stagione estiva. Non è risultata, perciò, inattesa la conferma venuta dai risultati compiuti dai tecnici di “Goletta Verde”, che, ogni anno, da 19, i volontari di Legambiente, portano in giro per certificare lo stato di salute dei nostri mari d’Italia. Dopo aver sostato a Siracusa, in località Murro di Porco, l’imbarcazione ambientalista ha fatto tappa nella nostra città sabato 10 e domenica 11 luglio. La portavoce, Alessandra Bonfanti, nel comunicare i risultati positivi, ha informato che l’acqua del Vetrano presenta “una sofferenza di ossigenazione da non collegarsi a inquinamento fecale, giacché la situazione microbiologica è positiva”.

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maggio - luglio 2004 Lettere

Il nuovo decreto legislativo n. 215 dell’8 maggio 2001” Disposizio-ni per disciplinare la trasformazione progressiva dello strumento militare in professionale, a norma dell’a rt.3, comma 1i della legge 14 nov. 2000, n. 331” consente anche agli “Amici del-l’UNUCI” di entrare volontariamente a far parte integrante delle Forze Armate, quali Ufficiali di Complemento, pur non avendo mai in passato svolto il servizio militare in qualità di Ufficiali, ma in possesso di particolari specializzazioni nei vari comparti delle attività civili. E’ possibile, pertanto, come per gli Ufficiali richiedere di diventare “Amici UNUCI” versando al Sodalizio la quota di iscrizione.

Le iscrizioni sono aperte e la Presidenza nazionale è disponibile per ogni ulteriore chiarimento.

LA RISERVA SELEZIONATALa Riserva Selezionata costituisce

un particolare settore delle Forze di Completamento su cui poter contare in ogni situazione di emergenza specie nelle operazioni fuori area.

E’ costituita da personale in pos-sesso di peculiari specializzazioni da trarre dagli Ufficiali di complemento in congedo e dai civili. “amici dell’UNU-CI” compresi, ai quali viene conferita la nomina di Ufficiale fino al grado di Maggiore, in applicazione della legge Marconi, in funzione dell’età e del ruolo rivestito in campo sociale ed economico.

La “Riserva Selezionata” trova utile collocazione nei seguenti settori:

> Reparti CIMIC (Cooperazione civile e militare);

> Organi di staff;> Reparti sanitari campali;> Servizio postale militare.La costituzione dei Reparti CIMIC

è dettata dall’esigenza di poter dispone di personale tecnico per le seguenti esigenze:

> special staff, quali diretti con-sulenti dei Comandante nei settori della giustizia, fiscale, economico, culturale, rapporti sociali con le autorità del posto, media e psicologici;

> tecnico, per lo studio e l’organiz-zazione delle prime fasi della operazione fuori area volte ad assicurare il ripristino di infrastrutture per la vita della popo-lazione locale e funzionali anche per il contingente militare. Si tratta di energia elettrica, potabilizzazione dell’acqua, assistenza sanitaria con personale me-dico e paramedico., rapporti sociali e pubbliche relazioni.

In particolare sono previsti nuclei per la gestione degli Affari Pubblici, esperti per la gestione dei trasporti, lavori e comunicazioni, esperti per la gestione dello sviluppo economico e del-l’industria, esperti nel settore umanitario per la gestione dei rifugiati e sgomberati e dei rifornimenti essenziali.

Particolare rilievo assume il per-sonale medico e paramedico nel con-testo della organizzazione sanitaria campale.

Altro impiego redditizio per i Riservisti nel quadro della “Riserva Selezionata” assume il Servizio Postale a favore dei contingenti militari: com-prrende la direzione e la gestione del servizio da affidare a Ufficiali nominati con la legge Marconi e a personale qua-lificati già nel settore delle poste civili e militari.

Il conferimento senza concorso della nomina di Ufficiale di complemen-to fino al grado di Maggiore ai sensi del-l’art. 31 della Legge 490/97 e dell’art. 4 della Legge 819/1932 (Legge Marconi) richiede il possesso dei requisiti morali e fisici previsti per gli Ufficiali e una età inferiore ai 42 anni per l’impiego entro i limiti di età previsti dall’art. 61 e dalla tabella 4 della Legge 113/54; 45 anni per i subalterni, 47 anni per i Capitani e 52 anni per i Maggiori.

La nomina viene disposta con D.P.R. ai sensi dell’art. i lettera v) della Legge 13/1991 trattandosi di atti di la

Vuoi fare l’ufficiale?

Caro Giorgio,seguo con grande interesse le vi-

cende della nostra cara Augusta attraver-so i numeri del periodico che dirigi con tanto amore e competenza, senza quella pubblicità ingombrante che si trova nei giornali nazionali, divenuti ormai vei-coli commerciali più che essere organi d’informazione. Mi rallegro con te e con l’editore Leopardi che sicuramente compie grandi sacrifici. Perché non realizzate uscite più regolari? Ancora grazie e complimenti.

Prof. Salvo ScalaFavria Canavese (Torino)

Caro Salvo,ti ringrazio per la tua testimonian-

za. Voglio farti notare che la pubblicità “ingombrante” cui ti riferisci consente a molte testate di essere in attivo. E’ noto che, almeno in Italia, a mono che non ci siano coperture occulte o palesi, i giornali non possono vivere con le sole vendite.

Più alto è il numero delle copie vendute, maggiore è l’investimento pubblicitario. Qui, da noi, sono difficili entrambi gli obiettivi, anzi difficilissimi. (E dire che nella nostra provincia ci sono comuni più piccoli del nostro dove sono state costituite associazioni ad hoc per consentire una vita dignitosa al loro giornale cittadino). Ecco perché è im-possibile, almeno per ora, accontentare la tua richiesta d’una periodicità fissa.

G.C.

Periodicità regolare? Vedremo

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maggio - luglio 2004 Lettere

SOLE, MARE e…. RIFIUTI

Caro sindaco e assessore all’eco-logia, tutti noi augustani ci riversiamo nelle nostre spiagge e scogliere per trovare un po’ di refrigerio dal caldo opprimente. Ma ci sentiamo veramente a

nostro agio? La nostra scogliera è ormai divenuta una “grande pattumiera, dov’è possibile trovare rifiuti di qualsiasi gene-re: dalle cicche di sigarette ai fazzoletti di carta, dalle più svariate bottiglie alle borse di plastica, fino a arrivare all’or-mai recinzione d’annata, innalzata dalla guardia costiera.

In un’area così vasta come quella del faro S. Croce, che ospita giornal-mente centinaia di persone, è possibile che ci siano così poche e trasandate attrezzature per la raccolta dei rifiuti? Persino senza gabinetti pubblici? E’ possibile convivere con un ambiente paesaggisticamente tra i più belli della Sicilia orientale, ma civilmente trascu-rato? Riflettendo su queste semplici domande, la nostra risposta è un secco NO. E la vostra? Il rimedio c’è!

I giovani comunisti

Lettera aperta al sindaco Amarcord

in edicola

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I nostri amici

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