Giorgio Bormida. VIXI

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Ebook ISBN 978-88-6057-333-9. Nell’ambito del Premio Arteam Cup 2015, promosso dall’Associazione Arteam, la galleria Sabrina Raffaghello Arte Contemporanea ha il piacere di ospitare in esclusiva la mostra personale intitolata VIXI che vede protagonista l’artista Giorgio Bormida, vincitore del Premio Speciale sostenuto dalla stessa galleria.

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A Barbara Steele,che così ha definito il mio lavoro:

“A rapture of trapped energy, the silent scream,the unobserved observing… Shrouded in silence,

reaching into the shadows of our souls.”

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Catalogo realizzato per la mostra

GIORGIO BORMIDA | VIXI

16 giugno - 31 luglio 2016

Sabrina Raffaghello Arte Contemporaneavia Gorani 7, 20123 Milano+39 [email protected]

In collaborazione conAssociazione Culturale Arteam

Editore

via Traversa dei Ceramisti, 817012 Albissola Marina (SV)Tel. +39 019 4500659Fax +39 019 [email protected]

ISBN 978-88-6057-333-9

TestiAntonio D’AmicoFrancesca Di Giorgio

Graphic DesignElena Borneto

CopertinaVIXI - IV

Copyright© Giorgio Bormida© Vanillaedizioni© per i testi, gli autori

Ebook pubblicato nel mese di giugno 2016 a cura di Vanillaedizioni.Nessuna parte di questo ebook può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore.

Giorgio Bormida è il vincitore del “Premio Speciale Sabrina Raffaghello

Arte Contemporanea” assegnato in occasione di

Arteam Cup 2015 (www.arteam.eu).

PER VINCERE IL TUO FUTURO!

Partner tecnico

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Un’immagine può raccontare una storia, tante, nessuna. Sul pro-digio della visione si dice tutto e niente perché, non a caso, proie-zione, all’origine, è ricerca all’esterno da sé, costrutto di una realtà plausibile, in-cosciente nella misura di un’assenza.Le icone di Giorgio Bormida “simulano”, senza premeditazione, una lontananza partendo da ciò che è più vicino, per affermarne l’unicità. Sono rese accessibili da un “occhio interiore”, uno specchio senza vetro che riflette l’invisibile.«Tutto vero» – parlando dei suoi lavori – ma la verità va cercata al buio, si deve intaccare la superficie per tentare di afferrarla, oltrepas-sare la materia, se necessario, radiografare cose, persone, animali, luoghi. L’aspetto narrativo-filmico di The mind inside, The 42’s, Cat’s seven eyes, Ghosts... permette all’occhio di abituarsi al buio, una condizione “estrema” della visione umana. Ciò che al gatto riesce per natura l’uomo può solo tentare di raggiungere con un lento pro-cesso di adattamento...Se queste immagini nascono “ad occhi chiusi” chi le guarda per la prima volta ha bisogno, in un certo senso, di scavare all’interno, per stratificazione, di adattarsi progressivamente alla loro presenza in una dimensione altra che risente di una suggestione residua, come un rumore di fondo permane e lascia affiorare altro...Si richiede tempo, non importa quanto, la durata non ha che il valore di un numero.

The mind, inside:la mente, all’interno

intervista* di Francesca Di Giorgio

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THE MIND, INSIDE XIV

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Il tuo percorso si può leggere a vari livelli, è fatto di sovrap-posizioni, parallelismi, abbandoni e ritorni, come la genesi di un tuo lavoro...La mia ricerca è cominciata tanti anni fa, mentre frequentavo il li-ceo artistico e nel frattempo facevo parte di un gruppo musicale di post punk. Le analogie tra linguaggio musicale e iconico mi hanno sempre attratto e, in tal senso, ho scelto di volta in volta di espri-mere il mio mondo interiore con i differenti mezzi che nel frattempo imparavo a padroneggiare: musica, pittura, fotografia, scenografia e tecnologia...

Per questo hai eletto il web come prima piattaforma di comu-nicazione... Che rapporto hai con il computer?È stato determinante per l’evoluzione del mio lavoro. Nonostante i tempi, circola ancora una certa diffidenza nei confronti dell’utilizzo della tecnologia per fini artistici. A questo ho sempre contrapposto una massima di un mio insegnante all’Accademia: «I libri sono gli stessi... bisogna vedere la testa di chi li usa». Uso il computer per sintetizzare le mie immagini interiori, ma al minimo delle possibili-tà enormi che i programmi di grafica offrono. Non appartengo alla generazione “multimediale” e le mie radici sono legate alla mano, alla matita, alla carta. Mi sento comunque contemporaneo ai cam-biamenti e ai nuovi strumenti, che utilizzo al minimo: per comporre musica, che poi eseguo con amici musicisti di tutto il mondo, come supporto per costruire immagini, un foglio virtuale in cui far confluire ricerche precedenti, memorie, emozioni.

Scultura, scenografia, musica, pittura, fotografia, elaborazio-ne digitale... Cosa tenti di raggiungere all’incrocio di questi media?I materiali che confluiscono nei miei lavori sono di vario genere: foto di brandelli di realtà che colgo nei dettagli... e il resto è virtuale, sot-tile come i livelli di un programma di grafica.È proprio la leggerezza dei livelli di composizione che più riesce ad avvicinarsi al mio mondo interiore, impalpabile, come è per tutti noi.Del resto, come diceva Saint-Exupéry, quello che veramente impor-ta non è visibile, se non con un “occhio interiore”.Dicono che le mie immagini sono oscure, che bisogna scavare

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nel buio per coglierle. Non tenterò qui di spiegarle, di darne una definizione, di illustrarne tecniche e materiali. La scommessa sta nel comunicare direttamente e nel profondo senza mediazioni. Scavare nel rettangolo di uno schermo: buono per la pittura? Buono per la fotografia? Spazio scenico per sfondare la bidimensionalità? Quando creo non penso a tutto ciò, faccio mie le esperienze vissute nei vari campi, compreso quello musicale, che mi detta il ritmo, il colore, le emozioni.

Ogni immagine è come se facesse parte di una sceneggia-tura. Indipendente e allo stesso tempo correlata con il resto. Tutto sembra plasmato da una dimensione temporale inde-cifrabile...Il tempo è una componente importante nella costruzione di ogni immagine, il tempo fatto di minuti, ore, il tempo della mia vita che si concentra mano a mano che lavoro in un punto, un istante, un’im-magine, una sequenza di immagini, una successione di numeri… i numeri dell’esistenza... Credo che il “mio tempo”, quello della “lettu-ra” di un mio lavoro richieda, inevitabilmente, pazienza. In un mondo liquido e rapido come il nostro si sta perdendo questa dimensione.

*tratta da Espoarte n. 73

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Giorgio Bormida adopera la fotografia come un palcoscenico sul quale simula emozioni, sensazioni e pensieri reconditi che appar-tengono alla mente e prendono forma dall’oscurità, per materializ-zarsi sulla superficie come istantanei movimenti dell’anima che ap-paiono alla presenza di una luce accattivante, tra ombre dense e silenziose. Il suo è un approccio libero da convenzioni, scevro da impostazioni naturalistiche della figura che si appalesa in divenire e vive in uno stato di straniamento, inscenando un teatro muto e metaforico, ricco di gestualità affidate all’espressione dei volti e alla transitorietà dei corpi. Pur stabilendo un punto nevralgico di contatto con la realtà che appare costantemente dichiarato, quello di Bormida è un processo visionario, intuitivo, antinaturalistico, composto da frammenti di vita vissuta, fermati negli spazi e nei protagonisti che li popolano, e da una finzione scenica sottoposta al vaglio della creatività e della ra-gione, generando una fotografia affine al temperamento concettuale di un realismo magico noir.

Tumulti di ombre silenti entro spazi in

cerca di respiro

di Antonio D’Amico

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Bormida costruisce le sue scene con l’artificio dell’immaginazione, creando veri e propri apparati surreali con riflessi e trasparenze ac-quee che contengono una teatralità dirompente, pensata e “monta-ta” non per catturare un istante preciso bensì “per rilevare la sovrap-posizione di immagini – come egli stesso dichiara – attraverso una successione di velature che hanno la finalità di fondersi, facendo in modo che il risultato finale suggerisca il ricordo di una suggestione, uno stato emotivo”. L’artista ligure compie un vero e proprio pro-cesso pittorico, procedendo per sovrapposizione di immagini, per frame che si fondono l’uno sull’altro senza un ordine preciso, senza la restituzione di una nitida consapevolezza, senza mettere in scena la vita vera. Ciò che appare è dunque una sorta di processo alla memoria che deforma e sbiadisce la quotidianità, assestando, me-diante filtri opalescenti e vibranti, ricordi inaspettati, volti dimenticati entro invasi ricolmi di tempo, storie che hanno pronunciato la parola “fine”, spazi che ormai appartengono all’altrove. Le fotografie di Giorgio Bormida sono il risultato voluto e deciso di un tumulto di luci e ombre che lasciano emergere spazi in cerca di respiro e che custodiscono un sovrano isolamento dal reale, predi-ligendo un’immersione nel sogno e nell’altero. Le sue manifestazioni visive, conseguenziali al fascino per il gotico e per l’espressionismo tedesco in cinematografia, raccontano una dimensione che appar-tiene al passato, figlia di una memoria che, come egli stesso ama ricordare, “trasforma tutto in un bianco e nero, non inquieta, ma giustifica, addolcisce e restituisce senso ad ogni esperienza”. La sua è una fotografia che innesca suspense e baricentriche tensioni emotive che coinvolgono lo spettatore, immettendolo in un percor-so di spazi interiori, in una dimensione onirica lontana dal quotidiano e separata dall’oggi. Con la sua arte Bormida osserva ciò che è stato, lasciando fluire i suoi sentimenti come un fiume in piena e smascherando il proprio io con il quale si pone in un constante e prolifico dialogo. Le sue immagini surreali sono presenze che invocano il qui e ora, lasciando sentire il loro respiro e, pur appartenendo a un tempo vissuto, sembrano pronunciare un VIXI dal sapore amaro, forse, mai risolto.

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Serie VIXI, 2015stampa su carta baritata Hahnemühle, montata su dibond. Edizione di 5 cad.

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Giorgio Bormida nasce a Cengio (SV) nel 1969. Dopo aver frequentato il Liceo Artistico Paul Klee di Ge-nova, si laurea all’Accademia di Belle Arti G. B. Cignaroli di Verona con una tesi dal titolo “L’attività scenografica di Gianfranco Padovani tra teatro e televisione”.La sua arte si lega alle attività di musicista e scenogra-fo – dal 2004 al 2008 è scenografo realizzatore per il Teatro Carlo Felice di Genova.Vive e lavora a Savona.

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9 788860 573339

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