Giorgio Baralis - Paola Ferrero decisioni... · una vera rivoluzione in materia: i casi di nullità...

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28 ottobre 2003 Giorgio Baralis - Paola Ferrero L'INVALIDITA' DELLE DECISIONI (COLLEGIALI E NON), CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLA SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA 1. Aspetti generali. 2. Tipologia delle invalidità: il quadro normativo. a) Nella società per azioni. b) Nella società a responsabilità limitata. 3. L'inesistenza. 4. L'inefficacia in senso stretto. 5. Natura delle invalidità. La non facile coesistenza di nullità e annullabilità. Quale nullità ancora? 6. Regole dell'organizzazione e compatibilità con i principi del diritto comune. 7. Il problema della pretesa "efficacia provvisoria" delle delibere nulle. 8. La sostituzione delle delibere annullabili (e nulle). 9. Ancora sulla pretesa "efficacia provvisoria" delle delibere nulle. 10. (Segue) Disciplina particolare della società a responsabilità limitata. 11. Gli effetti della cosiddetta "sanatoria". Quale efficacia (anche "stabilizzata") della deliberazione nulla per illiceità? 12. Un quadro di sintesi. 13. Risarcimento e invalidità. 14. Atti collegiali dei soci. Decisioni dei soci. a. Aspetti generali. Requisiti minimi di esistenza di una decisione dei soci. Distinzione fra deliberazione assembleare, decisione extra assembleare e patto parasociale. b. Decisioni extra-assembleari. c. L'invalidità delle decisioni extra assembleari. 15. Decisioni collettive del consiglio e invalidità (nella società a responsabilità limitata). 16. Le decisioni dei soci a carattere gestorio e rilevanza esterna della invalidità. 17. Conclusioni. ° ° ° 1. Aspetti generali. Un approfondimento dell'argomento suppone che si dica, seppure in maniera sommaria, dei principi fondamentali cui si è ispirato il legislatore della riforma, avendo soprattutto come punto di riferimento il tipo società a responsabilità limitata. Quando si scrive di riforma ci si riferisce non solo al complesso di modifiche del codice civile ma anche alla riforma del diritto penale societario di cui al D.lgs.11 aprile 2002, n.61 (1). Il legislatore si è - almeno parzialmente - ispirato all'idea, tipica della Law and Economics, per cui in un sistema di mercato efficiente le scelte organizzative degli enti sociali tendono a imperniarsi su regole dispositive e non imperative, o meglio in un

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28 ottobre 2003Giorgio Baralis - Paola Ferrero

L'INVALIDITA' DELLE DECISIONI (COLLEGIALI E NON), CONPARTICOLARE RIGUARDO ALLA SOCIETA' A RESPONSABILITA'

LIMITATA

1. Aspetti generali.2. Tipologia delle invalidità: il quadro normativo.

a) Nella società per azioni. b) Nella società a responsabilità limitata.

3. L'inesistenza.4. L'inefficacia in senso stretto. 5. Natura delle invalidità. La non facile coesistenza di nullità e annullabilità. Qualenullità ancora?6. Regole dell'organizzazione e compatibilità con i principi del diritto comune.7. Il problema della pretesa "efficacia provvisoria" delle delibere nulle.8. La sostituzione delle delibere annullabili (e nulle).9. Ancora sulla pretesa "efficacia provvisoria" delle delibere nulle.10. (Segue) Disciplina particolare della società a responsabilità limitata.11. Gli effetti della cosiddetta "sanatoria".Quale efficacia (anche "stabilizzata") della deliberazione nulla per illiceità?12. Un quadro di sintesi. 13. Risarcimento e invalidità.14. Atti collegiali dei soci. Decisioni dei soci.

a. Aspetti generali. Requisiti minimi di esistenza di una decisione dei soci.Distinzione fra deliberazione assembleare, decisione extra assembleare e pattoparasociale. b. Decisioni extra-assembleari.c. L'invalidità delle decisioni extra assembleari.

15. Decisioni collettive del consiglio e invalidità (nella società a responsabilitàlimitata).16. Le decisioni dei soci a carattere gestorio e rilevanza esterna della invalidità.17. Conclusioni.

° ° °

1. Aspetti generali.

Un approfondimento dell'argomento suppone che si dica, seppure in maniera sommaria,dei principi fondamentali cui si è ispirato il legislatore della riforma, avendo soprattuttocome punto di riferimento il tipo società a responsabilità limitata. Quando si scrive diriforma ci si riferisce non solo al complesso di modifiche del codice civile ma anche allariforma del diritto penale societario di cui al D.lgs.11 aprile 2002, n.61 (1).Il legislatore si è - almeno parzialmente - ispirato all'idea, tipica della Law andEconomics, per cui in un sistema di mercato efficiente le scelte organizzative degli entisociali tendono a imperniarsi su regole dispositive e non imperative, o meglio in un

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mercato efficiente le regole imperative sono ridotte al minimo (2) e ciò è bilanciatodalle maggiori responsabilità che incidono sugli amministratori e su chi incoraggia leloro decisioni (cfr. art.2476 penult.comma c.c.). Per le società che ricorrono al capitaledi rischio il limite all'autonomia statutaria è costituito, poi, dalla tutela del pubblicoeterogeneo dei risparmiatori. Per tali società, quest'ultima esigenza costituisce unaspecie di "ordine pubblico di protezione" (3) e si concreta in un maggior grado diimperatività, specie per la disciplina che concerne trasparenza, organizzazione,comunicazione, controllo (e v. già Relazione Mirone sub. art.1 , n.1).Il modello della Law and Economics è, nell'ambito europeo ed italiano, "corretto" infunzione di una matrice solidaristica - molto meno marcata, invece, nell'ambito dicommon law (4) - e ciò in ragione della constatazione che un mercato veramenteefficiente, perfettamente autoregolato, è più un modello orientativo che una realtà (5).La società a responsabilità limitata, secondo il disegno del legislatore, continua adessere esclusa dal ricorso al mercato dei capitali: le sono preclusi non solo l'emissione diazioni, cioè del tipico strumento destinato alla circolazione, o comunque lasollecitazione all'investimento sul mercato del capitale di rischio, ma anche l'emissionedi obbligazioni e dei "prodotti finanziari" in genere (6) (di scarso rilievo pare, da questopunto di vista, la previsione dei titoli di debito di cui all'art.2483 c.c., alla luce dei limitiche ne condizionano la sottoscrizione). Questo limite intrinseco certamente giustifical'ampio spazio lasciato all'autonomia privata e il minor grado di imperatività delladisciplina della s.r.l. (7). Essa è una figura "poliedrica", che oscilla fra il modello"società di persone" e il modello "società per azioni" (8). La libertà riconosciutaall'autonomia privata trova, anche, la propria giustificazione nell'essere ritenuto questotipo sociale normalmente frutto, in pratica, di una precisa contrattazione fra i soci, ove ilsingolo è in grado di tutelare al meglio i suoi interessi (9) e proprio per questo necessitadi ampi spazi di manovra. Spazi, peraltro, spesso non occupati nemmeno da normedispositive (10), con la grave conseguenza che nell'ipotesi di lacune nel regolamentocontrattuale - e fatto salvo il richiamo espresso delle parti ad una specifica disciplinaresiduale (11) - la ricerca della normativa applicabile potrà dar luogo a non pocheincertezze (12). Fatte queste brevi precisazioni, ci pare opportuno tentare di individuare, senza pretese diapprofondimento né di completezza, alcuni principi del diritto societario sui quali lariforma ha in qualche modo inciso, i nuovi principi eventualmente affermati, i rapportifra gli uni e gli altri.Riteniamo infatti che questo rapido esame possa fornire utili strumenti di orientamentoper affrontare gli argomenti specifici propriamente oggetto di indagine (13).

a. "Principi" fondamentali o inderogabili prima della riforma ed oggi attenuati.

- Sicuramente gli aspetti istituzionalistici si sono appannati (14). Come esattamente si èosservato (15), diventa ora impensabile una sindacabilità sulla riduzione del capitale peresuberanza, sulla ammissibilità di sindacati votanti a maggioranza; non rileva, in sensonegativo, l'esistenza di un conflitto di interessi fra società e tutti i suoi soci (16), né laprevisione di maggioranze così alte da rendere possibile una stasi della volontà sociale.Da non confondere con l'istituzionalismo è il concetto di organizzazione che invece,come vedremo, rimane un asse portante dell'assetto societario seppur mescolato conforti aspetti contrattualistici.

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- La correlazione potere/rischio di impresa. Può tranquillamente dirsi chel'"unipersonalità" a livello di s.r.l. e di s.p.a. incrina ormai fortemente il principio. Essoperò non può dirsi completamente superato: si pensi all'art.2476, penultimo comma, delcodice civile. - Il rispetto del "tipo". Il venir meno della disposizione di cui al numero 1) dell'art.2332c.c. pone, da questo punto di vista, gravi problemi che possono qui essere soloaccennati. Secondo l'opinione più persuasiva (17), prima della riforma, la società dicapitali iscritta nel registro delle imprese ma tipologicamente difforme dal tipoenunciato (18) era nulla ai sensi della norma surrichiamata; in altre parole si ritenevache le esigenze di tutela dei terzi conseguenti all'affidamento prodotto dall'iscrizionesuperassero e si opponessero alla possibilità di una diversa qualificazione successiva deltipo (19). Eliminata la "difesa" di cui all'art.1) dell'art.2332 c.c., sembra che per sfuggireall'alternativa di "riqualificazione" (pur dopo l'iscrizione) o del riconoscimento disocietà atipiche, si debba ammettere la sostituzione automatica delle clausole atipiche(20), ma il tutto con non poche difficoltà, come si dirà oltre.- Il profilo di imperatività e di ordine pubblico non può non avere subito unabbassamento di soglia (21) specie se si considera la riforma come coerente con ilnuovo diritto penale societario, notoriamente meno rigoroso. Più esattamente:- Su alcuni aspetti causali probabilmente l'imperatività è ridimensionata. Ad esempio ilprincipio di cui all'art.2253 c.c. va oggi inteso in maniera più blanda: si ritiene, così,probabilmente possibile inserire nell'atto costitutivo di una s.r.l. un obbligo del socio(meramente interno, fermo restando nei confronti dei terzi il limite "tipologico" di cuiall'art.2462, primo comma, c.c.) di provvedere alla copertura delle perdite (22).- Ancora: come è noto erano fortemente discusse, in sede di interpretazione dell'art.2486c.c. nel testo anteriore alla riforma, sia la modificabilità dei quorum in minus sia, in casodi elevazione, l'introduzione della regola dell'unanimità (23). Il nuovo testo dell'art.2479bis, terzo comma c.c. sembra veramente affievolire (24) la regola maggioritaria (25)(26), ma nel contempo legittimare anche la clausola di unanimità (27).- L'imperatività vale per le clausole conformi, in senso forte, all'"organizzazione" (28).Certamente potranno dirsi contrarie all'organizzazione quelle pattuizioni che regolinoaspetti "tipicamente" organizzativi come se fosse materia contrattuale. Ad esempio nonpotrà che essere contraria all'organizzazione una disciplina che tratti il parasociale comesociale, nel senso che interessi individuali potranno acquistare rilevanza sociale solo secoerenti con l'organizzazione e se sottoposti alle necessarie regole di pubblicità nelregistro delle imprese (29). Ancora, e per esemplificare, sono da ritenersi contrarieall'organizzazione clausole che demandino a terzi modifiche statutarie (30).- L'imperatività varrà per le norme che fanno da contrappeso all'ampiezzadell'autonomia privata a protezione dei singoli soci per quanto riguarda il loro "exit" (equindi tutela del recesso, inoperatività di una esclusione senza giusta causa) o la loro"voice" (diritto di votare, impugnare, controllare, perseguire con l'azione risarcitoria gliamministratori) (31) e a tutela della minoranza.

b. Principi che restano nella loro integrità.

- Organizzazione e contratto. I due aspetti sono fra loro ontologicamente diversi: ilprimo esprime "regole d'azione" rispetto all'imputazione di un certo comportamento; il

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secondo si risolve classicamente nella dicotomia adempimento/inadempimento (32).Giustamente è stato sottolineato (33) che il maggior spazio riconosciuto all'autonomiaprivata "sembra" far prevalere il contratto (v.del resto l'art.3, primo comma, lett.a dellalegge delega n.366/2001), ma che l'aspetto organizzativo permane come centralenell'assetto societario; semmai potranno introdursi rimedi propri della contrattualisticacome le sanzioni private (34) o altra disciplina tipicamente contrattuale mirante arafforzare la posizione dei singoli soci, come ad esempio l'ampliamento dei diritti dicontrollo, ecc... (35). Organizzazione non è istituzione, come prima scritto; basta farequalche esempio per rendersene conto: alcuni aspetti tipici della riforma (facilitàdeliberativa e stabilità della struttura societaria e delle delibere sociali) sono punti afavore dell'organizzazione e non di qualcosa di trascendente come è l'istituzione.Ancora, mentre l'organizzazione esprime un concetto che può definirsi "descrittivo",l'istituzione esprime un concetto che può dirsi valutativo (36). In particolare, per quanto concerne la società, l'organizzazione esprime la razionalitàeconomica della sua struttura (37); ora, l'organizzazione si articola in uffici e in unaconnessione fra gli stessi: questo non significa che un impianto legislativo non possaessere modificato dall'autonomia negoziale, ma che il cambiamento deve esserepermesso o, perlomeno, non deve in qualche modo pregiudicare la razionalitàeconomica dell'impianto stesso (38).- Permane il principio di tutela dei creditori sociali. Permangono le cosiddette "regoledel capitale" e cioè quell'insieme di norme a tutela del capitale sociale che fanno dacontrappeso alla limitazione della responsabilità dei soci. Qualche aspetto di disciplinada questo punto di vista genera perplessità: per le s.r.l. manca l'omologo dell'art.2394c.c. per le s.p.a., come invece era precedentemente; per altro nelle s.r.l. esiste una regoladi postergazione ex art.2467 c.c. assente nelle s.p.a. (39). - Permane, anzi è rafforzato, e questo è il tema principale del nostro discorso, ilprincipio della stabilità delle decisioni sociali ai fini di una maggior funzionalitàdell'attività sociale (40) e della certezza dei rapporti giuridici. Anzi può dirsi che illegislatore della riforma, per questo aspetto, ha portato a termine quel lungo percorsoche dal codice di commercio abrogato, attraverso il codice del 1942 (41), ha condotto aduna vera rivoluzione in materia: i casi di nullità sono tassativi, l'azione di impugnativa,anche a fronte di invalidità per illiceità dell'oggetto della deliberazione, è soggetta abrevi termini di decadenza, gli spazi della categoria dell'inesistenza sono statilegislativamente occupati e quelli residui ormai minimali.

c. Nuovi principi rilevanti in materia di società a responsabilità limitata.

E' evidente che la stessa possibilità, prima accennata, di scegliere fra un modellocapitalistico e un modello personalistico dà conto, già di per sé, dell'ampiezza dellenovità. La nuova s.r.l. nasce, infatti, in un certo senso bifronte: può essere il suo fondamento ditipo capitalistico-corporativo oppure personalistico. Entrambi gli aspetti sembrano però ineliminabili e destinati quindi a convivere in unequilibrio non sempre facile.Quale esempio di un fondo tipicamente personalistico della s.r.l. basti pensareall'art.2479, secondo comma n.5) c.c. che permette il compimento delle operazioni chealterano sostanzialmente l'oggetto sociale (senza modifica formale del medesimo),

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purchè decise dai soci; si pensi all'art.2481 bis c.c. che, a danno forse dell'interesseimprenditoriale della società, non prevede più esclusioni ex lege del diritto di opzione;si pensi alla disciplina di cui all'art.2476, penultimo comma c.c.; si pensi infine a certe"assenze" di normativa: la nuova disciplina pare obliterare del tutto il (precedente)divieto di cui all'art.2372, terzo e quarto comma c.c. (richiamato dall'art.2486 c.c.),stante il nuovo testo di cui all'art.2479 bis c.c. Gli esempi potrebbero continuare. Certo tutto ciò non elide l'"altro" carattere, capitalistico, che pur esiste nella s.r.l.(capitale minimo, relazione giurata per la stima dei conferimenti in natura, misure atutela del capitale sociale a garanzia dei terzi, riserva legale), ma ne altera, in qualchemodo, la rilevanza. Addirittura l'aspetto organizzativo tipico delle società di capitali, purpresente e qualificante, non può che considerarsi "debole" (42) rispetto al codiceorganizzativo della s.p.a. (43). Questa ambivalenza dello schema legale, accompagnata alla scarsa presenza di normedispositive, sarà motivo di gravi incertezze laddove, in presenza di lacune, le parti nonabbiano scelto, come regola di chiusura, il riferimento alle società personali o dicapitali, oppure nell'ipotesi in cui tale scelta esista ma sia contraddittoria con la concretadisciplina disegnata poi dai soci per altri aspetti organizzativi ovvero, ancora, siacontraria al fondamento tipicamente capitalistico di una certa disciplina (ad esempio,pur in presenza di un richiamo alla normativa sulle società di persone, ove difetti unaregolamentazione statutaria in materia di redazione del verbale assembleare, ci sembradifficile prescindere dalla disciplina di cui all'art. 2375 c.c.). In questi ultimi casiriteniamo che effettivamente non sia individuabile a priori un criterio orientativo e chesi debba concretamente esaminare e decidere, caso per caso, in relazione alla funzionedella singola clausola "carente" (44). Diversa la prima ipotesi, che però meriterebbe unapprofondimento specifico (45). - Entro quali limiti nella s.r.l. vi può essere una commistione fra potere deliberativo epotere gestorio? L'art.2479, primo comma, l'art.2475, primo comma, l'art. 2468, terzocomma e l'art.2476, penultimo comma, c.c. fanno propendere per una larga possibilità,ma non sino al punto da "espropriare" tale ultimo potere. Il limite dovrebbe esserequello di cui all'art. 2479 stesso, e cioè quello di specifiche materie; in altre parole sitratta di un meccanismo che può solo affiancare l'attività gestoria degli amministratori,così come (in senso ancor più ridotto) l'arbitraggio di cui all'art.37 D.lgs.5/2003. Nonpare quindi possibile la soppressione dell'organo amministrativo, come avveniva per lapiccola società cooperativa o come avviene per la "société par actions simplifiée" didiritto francese o in altri casi di diritto nordamericano (46). Potrebbe anche dirsi chequesto è uno dei pochi aspetti veramente importanti collegati all'organizzazionecorporativa tipica della persona giuridica (47). Ove si acceda all'opposta opinione, fral'altro, dovrebbe dirsi che la decisione dei soci vincola gli amministratori/legalirappresentanti (48). Tale problema sarà comunque trattato in seguito.

2. Tipologia delle invalidità: il quadro normativo.a) Nella società per azioni

Come è noto la riforma ha mantenuto - quanto meno con riguardo alla società per azioni- la dicotomia annullabilità/nullità e l'ha costruita come tendenzialmente esaustiva ditutte le ipotesi di invalidità.

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I due vizi hanno, diciamo così, una connotazione ed una portata prima facieprofondamente diverse dal diritto comune. Come accennato il legislatore della riformamira a stabilizzare gli esiti delle decisioni societarie assai più che nel sistema precedentee, forte dell'esperienza di sessant'anni di elaborazione dottrinale e giurisprudenziale,tende ad eliminare o a prevenire quelle costruzioni interpretative che avevano per certiaspetti "snaturato" l'impostazione già del legislatore del 1942.L'obiettivo è perseguito attraverso varie vie, operando cioè a livello sia di fattispecie(cause di annullabilità e di nullità) sia di disciplina (conseguenze della annullabilità edella nullità).Assistiamo così:1) all'ampliamento del campo dell'annullabilità, che ora veramente diviene la regola perqualsiasi vizio (rilevante) procedurale o di contenuto, dovuto a difformità rispetto allalegge o allo statuto e che non sia espressamente contemplato nell'art.2379 (principio ditassatività delle cause di nullità: cfr. la Relazione, par.5);2) all'affermazione espressa della irrilevanza di alcuni difetti procedurali e/o didocumentazione (v. art.2377, comma 4, nn. 1-2-3), i quali non incidono assolutamentesulla validità della deliberazione (declassamento di alcuni vizi a mere irregolarità);3) alla espressa considerazione - e qualificazione in termini vuoi di annullabilità vuoi dinullità, nel dichiarato tentativo di eliminare la categoria della "inesistenza" - delleprincipali ipotesi che una giurisprudenza ormai consolidata riteneva difettare deirequisiti minimi perché si potesse addirittura parlare di "deliberazioni".Questo a livello di fattispecie.A livello di disciplina, gli interventi sono stati:4) la riduzione dei soggetti legittimati all'impugnativa: con norma dispositiva (ma nonderogabile, riteniamo, in peius) il legislatore ha introdotto il requisito del possesso(anche congiuntamente da parte di più azionisti) di una partecipazione minimaqualificata per esercitare l'azione di annullamento;5) l'introduzione di una disciplina della nullità che si allontana decisamente dal dirittocomune, in quanto caratterizzata: - dalla previsione di un termine triennale per "l'impugnazione", decorso il quale il vizio(salvo quello consistente nell'inserimento di attività impossibili o illecite nell'oggettosociale) non può più essere fatto valere (né rilevato d'ufficio dal giudice);- dall'intangibilità dei diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti inesecuzione della deliberazione di cui venga poi dichiarata la nullità (art.2377 sestocomma, espressamente richiamato dall'art.2379);- dall'ammissibilità della sostituzione - preclusiva della declaratoria di nullità - delladeliberazione impugnata con altra priva di vizi (art.2377 settimo comma, espressamenterichiamato dall'art.2379);- dall'ammissibilità di ipotesi di sanatoria, vuoi relative (art.2379-bis, primo comma,secondo cui il vizio di mancanza di convocazione non può essere fatto valere da chiabbia dichiarato, anche successivamente, il suo assenso alla svolgimentodell'assemblea), vuoi assolute:** verbalizzazione (o nuova verbalizzazione) effettuata prima dell'assemblea successiva(secondo comma dell'art.2379-bis),** avvenuta iscrizione della delibera nel registro delle imprese (per le delibere ditrasformazione: art.2500-bis) o decorso di un certo (breve) termine da tale iscrizione perdeliberazioni riguardanti altri particolari oggetti (art.2379-ter, primo comma),

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** approvazione del bilancio successivo a quello approvato con deliberazione invalida(art.2434-bis) o decorso di un certo termine dall'approvazione del bilancio dell'esercizionel corso del quale è stata eseguita la delibera (invalida per mancanza di convocazione)riguardante particolari oggetti (art.2379-ter, primo comma),oltre ad ulteriori ipotesi per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio(art.2379-ter, secondo comma).In conclusione, la "nullità" delle deliberazioni assembleari (tolto il caso delle modifichedell'oggetto sociale con previsione di attività impossibili o illecite) ha perduto quasitutte le caratteristiche tipiche della nullità: l'azione non è più imprescrittibile, il vizionon è più insanabile e - se si passa poi alla società a responsabilità limitata - non ènemmeno più rilevabile d'ufficio dal giudice (49).

b) Nella società a responsabilità limitata.

La dicotomia annullabilità/nullità è espressamente prevista, dicevamo, dal legislatorecon riguardo ai vizi delle delibere assembleari di società per azioni.Ci si deve chiedere se altrettanto valga nel campo delle decisioni dei soci della società aresponsabilità limitata, ove, a livello terminologico, l'art.2479-ter parla solo di"invalidità" e di "impugnazioni".Le indicazioni del legislatore sono contrastanti (per non dire contraddittorie):Viene infatti mantenuta la distinzione (cui si ricollega una diversità di disciplina) fradecisioni prese non in conformità della legge o dell'atto costitutivo (50) (impugnabilinel termine di novanta giorni da parte dei soci che non vi hanno consentito, dei singoliamministratori e del collegio sindacale) e le decisioni aventi oggetto illecito oimpossibile oppure prese in assenza assoluta di informazione (formula questa -infelicissima - che dovrebbe rappresentare per la società a responsabilità limitatal'omologo della mancanza di convocazione per la s.p.a., stante la possibilità di decisionidei soci assunte non in sede assembleare (51)) le quali sono impugnabili da chiunque viabbia interesse nel termine di tre anni - e senza limiti di tempo ove l'illiceità delcontenuto della delibera consista nella modifica dell'oggetto sociale con previsione diattività impossibili o illecite. Ora, poiché gli articoli 2377 e 2379 definiscono "annullabili" le prime e "nulle" leseconde, sembrerebbe di poter concludere che anche in materia di società aresponsabilità limitata permanga la distinzione fra annullabilità e nullità (a ciò siaggiunga che l'art.2479-ter richiama espressamente gli artt.2379-bis e 2379-ter cheprevedono ipotesi di sanatoria di nullità).D'altro canto, però, vi sono due indicazioni a livello di disciplina che sembranodiscostarsi vistosamente dal trattamento riservato alla nullità in materia di deliberazioniassembleari di società per azioni: una è la subordinazione della rilevabilità del vizioall'iniziativa di parte (non è infatti previsto che la nullità sia rilevabile d'ufficio dalgiudice) e l'altra è il diverso modo di operare della "sostituzione" della delibera invalidacon una nuova delibera priva di vizi; più precisamente, è l'estensione (operata attraversoil richiamo effettuato dall'art.2479 ter all'ultimo comma dell'art.2377) a tutte le decisioniviziate - ma poi sostituite da una decisione valida - della "salvezza" dei diritti acquisitidai terzi (52) in base alla prima decisione. Sono due indicazioni che paiono suggerire l'idea che nella società a responsabilitàlimitata la materia dei vizi sia considerata "cosa" della società e dei soci, vuoi perché

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sottratta anche nei casi più gravi alla rilevabilità d'ufficio da parte del giudice e vuoiperché ai soci sarebbe data la possibilità di bloccare l'impugnativa di altri soggetti,adottando una decisione sostitutiva idonea a rendere - entro certi limiti - efficace ladecisione viziata.E certo, se consideriamo che il legislatore ha accuratamente evitato, in materia di s.r.l.,di qualificare i vizi facendo riferimento alle figure dogmatiche classiche - e, soprattutto,ha eliminato ogni riferimento precedentemente esistente alla "nullità" (si confronti, intema di recesso, il testo dell'art.2473 con l'art.2437, che prima costituiva oggetto dirichiamo, o il tenore dell'art.2476 rispetto al precedente art.2489 in tema di controlloindividuale dei soci) (53) - si può essere indotti a pensare che ci sia stato un abbandonoconsapevole e voluto delle categorie del diritto comune. Che il legislatore abbia optato,cioè, per un'unica azione di "invalidazione", dotata di caratteristiche proprie che ladistinguono sia dall'annullamento (cui sarebbe, peraltro, più vicina) che dalladeclaratoria di nullità.Senza prendere posizione, al momento, su tale problema - al quale verrà dedicato unapposito approfondimento in un paragrafo successivo - precisiamo che intanto, percomodità espositiva, continueremo ad adottare la terminologia classica e quindi adefinire, convenzionalmente, "annullabili" le deliberazioni impugnabili nel brevetermine di decadenza di novanta giorni e "nulle" le deliberazioni per le quali è previstoun termine di impugnativa più lungo (o nessun termine).La disciplina delle invalidità delle decisioni dei soci di società a responsabilità limitatasi allontana, poi, da quella della invalidità delle deliberazioni assembleari di società perazioni sotto altri aspetti, i quali sembrano da collegare alle particolari caratteristicheproprie della "nuova" società a responsabilità limitata, in primis al maggiorecoinvolgimento ed al ruolo ben più rilevante che ha il socio in questo tipo di società edalle varie modalità (metodo assembleare o extrassembleare) che i soci possono adottareper assumere le decisioni di loro competenza.Così, in particolare:- la legittimazione all'impugnativa delle decisioni annullabili spetta, oltre che al collegiosindacale (54), a ciascun socio non consenziente (assente, dissenziente, astenuto),indipendentemente dalla partecipazione di cui è titolare, ed a ciascun amministratoreanziché all'organo amministrativo (probabilmente anche questa scelta trova la propriagiustificazione nei diversi modelli organizzativi configurabili per l'amministrazionedella società a responsabilità limitata);- il termine di decadenza per proporre l'azione decorre sempre dal giorno dellatrascrizione della decisione nel relativo libro, e ciò anche quando si tratti di decisionisoggette ad iscrizione nel registro delle imprese: scelta, questa, di cui la Relazione(par.11) rivendica la consapevolezza e le ragioni, ma che non va esente da critiche,soprattutto sotto il profilo della tutela dei soggetti estranei alla società, legittimati allaimpugnazione delle delibere nulle ma privi di accesso ai libri sociali (55) (56).L'impressione che si trae da questo rapido esame del sistema normativo delle invaliditàdelle deliberazioni assembleari e delle decisioni dei soci è che le migliori intenzioni dellegislatore non sembrano accompagnate da una piana ricostruzione dogmatica, e chenon paiono del tutto superate le ragioni che suggerivano, in certi casi imbarazzanti, diripiegare sull'inefficacia o addirittura sull'inesistenza.

3. L'inesistenza.

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Il legislatore della riforma ha avuto di mira l'introduzione di un sistema improntato allatassatività delle ipotesi di invalidità e, in particolare, al ridimensionamento - non dalpunto di vista delle cause, le quali sono anzi aumentate (57), ma delle conseguenze -della nullità. Lo scopo, come detto, è assicurare la stabilità anche da questo punto divista dell'assetto societario (58). Ed è palese l'inconciliabilità di tale obiettivo conl'atteggiamento giurisprudenziale che, prima della riforma, superava le invaliditàcodicistiche ammettendo - e moltiplicando - ipotesi di inesistenza (59).Può oggi ancora parlarsi di inesistenza?E' evidente che la categoria concettuale non può essere espunta (60). L'inesistenzadesigna qualcosa che non c'è; appunto una delibera che non esiste. L'inesistenza è unacategoria non in positivo, ma in negativo (61). Detto ciò, non può che essere accettabilel'affermazione per cui in certi casi la delibera proprio non c'è. Concordiamo che tale è ilcaso di una delibera correlata ad una assemblea mai tenutasi, ma risultante da verbalefalso o collegata ad una assemblea reale che mai, però, espresse una delibera(62):esempi, questi, quasi di scuola. Ma non ci pare del tutto giusto affermare che si possa trattare solo di ipotesi di"materiale" inesistenza (63): il problema, infatti, è pur sempre quello dellaqualificazione giuridica di un fenomeno che - nella realtà materiale - si è verificato, edella sua riferibilità ai soci ed alla società (64).Per esempio: l'incontro casuale di tre soci (che pur rappresentino ampiamente lamaggioranza) i quali, chiacchierando del più e del meno, assumono anche determinatedecisioni "sociali", non è qualificabile come deliberazione assembleare o dà luogo aduna deliberazione nulla per mancanza di convocazione (e del verbale)? E ancora, lariunione in cui tutti i partecipanti non siano legittimati, è da ricondurre al quartocomma, n.1, dell'art.2377 oppure non è un'assemblea della società? (65)Sull'argomento ci riserviamo di ritornare nel corso del presente studio.Al momento ci limitiamo alla considerazione che segue.Sicuramente, qualificando come ipotesi di nullità i due casi più eclatanti (66) di"inesistenza" (mancanza della convocazione e mancanza del verbale) il legislatore haridotto ampiamente l'ambito della categoria. Non solo: la nuova disciplina ha mirato a"coprire" tutte le altre ipotesi (se pur più controverse) tradizionalmente prospettate intali termini da dottrina e giurisprudenza; così, delibere prive di quorum costitutivo odeliberativo, assunte con il voto determinante di estranei o di soci non legittimati o disoci il cui voto venga poi invalidato (67), appaiono oggi tutte riconducibili senzaproblemi nell'alveo della invalidità. Peraltro, proprio la natura prettamentegiurisprudenziale della formazione della categoria delle "deliberazioni inesistenti" ciinduce a dubitare che l'obiettivo di una sua eliminazione "in radice" (cioè dellariduzione ai casi di scuola cui si è fatto inizialmente cenno) possa essere facilmenteraggiunto. Infatti l'aver voluto risolvere in termini di mera "non conformità" alle normeprocedurali (e quindi di annullabilità) la mancanza di legittimazione dei partecipanti e lamancanza del raggiungimento delle occorrenti maggioranze - e l'aver d'altro cantoescluso dall'impugnativa, nella società per azioni, gli azionisti che non siano portatori diuna partecipazione qualificata - potrebbe indurre la giurisprudenza, ove fosse avvertital'esigenza (altrimenti frustrata) di tutela del piccolo azionista, a ricercare ed individuareancora spazi per l'inesistenza.

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In termini di inesistenza si ritrova risolto anche, in una risalente pronunciagiurisprudenziale, il caso di una delibera di assemblea di associazione in materia dicompetenza del consiglio (68). In effetti la conclusione dell'inesistenza potrebbe forse valere per il caso diincompetenza assoluta, ove si ritenga che la suddivisione delle competenze fra i diversiorgani abbia natura di disciplina di ordine pubblico e sia caratterizzante, in certi casi, deltipo stesso di società (così da dover escludere, in tali casi, la riferibilità alla società diuna deliberazione assunta dall'organo incompetente); ad esempio per il caso di deliberaassembleare il cui contenuto sia quello di decisione tipica dell'organo di controllo di cuiall'art.2477 c.c. o viceversa (non potendosi immaginare una sanatoria delladeliberazione), ma forse è ancora più persuasiva la conclusione dell'assoluta inefficaciadella delibera, come si dirà in seguito.

4. L'inefficacia in senso stretto.

Tralasciamo gli approfondimenti del concetto (69). Come è noto caratteristica dell'inefficacia è proprio l'imprescrittibilità dell'azionerelativa (70) e cioè esattamente quel risultato che il legislatore della riforma vuole obandire o limitare al massimo per le note ragioni. Peraltro, ipotesi di deliberazioni o decisioni inefficaci sono ancora sicuramenteprospettabili:

a) Intanto, ci pare che il sistema delle invalidità presupponga la competenza (quantomeno residuale o "su sollecitazione": cfr. art.2479 primo comma) dell'organodeliberante con riguardo alla materia in oggetto; quando tale competenza dell'organonon sussista, si è fuori dal campo dell'invalidità.La soluzione dell'inefficacia per i casi di incompetenza assoluta ci pare che sia coerentecon i principi e con lo spirito della riforma per i seguenti motivi.Qualora ci si muova nell'ambito delle competenze di una stessa collettività ma siadottino forme procedurali non consentite (ad esempio decisione extrassembleare alposto di quella assembleare) oppure quando il soggetto che adotta la deliberazione abbiain linea di principio una sorta di competenza residuale ed assorbente che puòsovrapporsi a quella di altri soggetti (pensiamo alle competenze dei soci nella s.r.l.) siha una ipotesi di non grave difformità rispetto all'organizzazione (diciamo diincompetenza relativa, senza nessun aggancio al diritto amministrativo, ove ladistinzione fra incompetenza assoluta e relativa si pone in termini abbastanza diversi) ela sanzione coerente ci sembra l'annullabilità. Quando invece l'incompetenza si manifesta nell'assunzione della decisione da parte diun organo, anche se il potere è riservato ad altro organo - ipotesi, queste, che ci paionoastrattamente ipotizzabili più con riguardo alla s.p.a., data la rigidità della strutturacorporativa che la caratterizza - a noi sembra che si versi in una situazione diincompetenza assoluta, caratterizzata da inefficacia. Qualche elemento può trarsi daldiritto comune. Con una certa approssimazione la delibera dell'organo incompetentepotrebbe assimilarsi ad un atto gestorio compiuto in proprio senza alcun potere; il dirittocomune in questi casi, come è noto, permette ex art.2032 c.c. all'interessato diappropriarsi degli effetti riconducibili all'attività del gestore che ha agito in completaassenza dei requisiti di cui all'art.2028 c.c. (71) e, aspetto assai interessante, si ritiene

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che la fattispecie di cui all'art.2032 c.c. individui un caso di inefficacia nei confronti del"dominus", inefficacia superata dalla ratifica (72). Vi è poi il rilievo, che ci sembramolto importante, per cui una eventuale, diversa opinione che ritenesse annullabile onulla, ma comunque rimediabile, la decisione dell'organo incompetente, sarebbeintimamente contraddittoria con i profili funzionali ed organizzativi che caratterizzanola struttura societaria.Alla luce dell'indicato criterio sembrerebbe, così, inefficace la deliberazione diassemblea di società per azioni in materia gestoria, essendo questa riservataesclusivamente agli amministratori (cfr. art.2364 e art.2380-bis) (73); diversamente,invece, nel campo della società a responsabilità limitata (in assenza, chiaramente, di unaclausola statutaria attributiva della competenza), sia per quella commistione fra poteredecisorio e potere gestorio che la caratterizza (74) e sia perché dal sistema risultacomunque una "rimettibilità" della questione all'approvazione dei soci: la decisionesembrerebbe quindi assunta non tanto in carenza assoluta di potere, quanto in difformitàdalle norme procedurali occorrenti per radicare la competenza dei soci: donde un viziodi annullabilità.

b) Altre ipotesi di ricorso al concetto di inefficacia, in base ai principi che regolano lasorte degli atti di disposizione sulla sfera giuridica altrui, si hanno a fronte dideliberazioni che, senza averne il potere, alterino "in peius" la posizione individuale deisoci o dei terzi, in assenza del loro consenso (75). Ora, mentre con riguardo a questi ultimi il caso può continuare ad essere correttamentericondotto all'inefficacia in senso stretto, con riguardo ai soci è forse opportuna qualchebreve precisazione, senza pretendere di addentrarci nell'ampia (e dai controversiconfini) categoria dei cosiddetti diritti individuali dei soci (76). Si può affermare, intanto, che la sottrazione di una certa situazione soggettiva alladisponibilità dell'assemblea significhi sottrazione alle regole dell'organizzazione, persottolinearne invece il perdurante carattere contrattuale (77). Il legislatore della riforma ha invece rimesso alla competenza assembleare,assoggettandoli al principio maggioritario, tutta una serie di casi, indicati in passatocome esempi di decisioni che coinvolgevano diritti individuali dei soci, quali la revocadella liquidazione o, in materia di società per azioni, l'introduzione o la rimozione divincoli alla circolazione delle azioni, e ha individuato come correttivo e contrappeso ildiritto (nemmeno sempre inderogabile) di recesso del socio non consenziente (art.2437c.c.). E' evidente, quindi, che in questo settore la categoria della inefficacia è stata - quantomeno in termini quantitativi - fortemente ridimensionata (78). Ciò nonostante, in termini concettuali, riteniamo che uno spazio all'inefficacia possarimanere ancora allorché - nella commistione di profili organizzativi e contrattuali checaratterizza l'assetto societario - prevalgano i secondi. In materia di società a responsabilità limitata, in particolare, dove è lasciatoall'autonomia privata ampio spazio nel "costruire" il tipo di società preferita (più vicina,cioè, ad una piccola s.p.a., con accentuazione della struttura corporativa e degli aspettidi spersonalizzazione, ovvero ad una società di persone, dando rilievo agli aspettipersonalistici), il principio suindicato potrebbe portare a dare, a fronte della stessaipotesi, delle risposte differenti in relazione al diverso modello di società aresponsabilità limitata adottato nel caso concreto (78-bis).

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Così, con riguardo appunto al problema della trasferibilità delle quote, si potrebberitenere che la modifica dell'atto costitutivo volta ad eliminare una clausola limitativadella libera trasferibilità, sia da ritenere rientrante nella competenza assembleare - peranalogia con la s.p.a. (art.2437 c.c.) - a fronte di un modello di società a responsabilitàlimitata di tipo capitalistico; e sia invece da interpretare come una modifica dell'assettocontrattuale che necessita del consenso di tutti i soci, in una società a responsabilitàlimitata di stampo personalistico: donde l'inefficacia della modifica attuata amaggioranza. Se, comunque, pare di dover rilevare una certa tendenza legislativa a risolvere in terminidi regole organizzative anche la disciplina di situazioni soggettive individuali, ci si devedomandare se la "sanzione" debba ancora essere l'inefficacia: si considerino peresempio i "particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società o ladistribuzione degli utili", i quali possono essere modificati solo con il consenso di tutti isoci, "salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo" (così l'art.2468, quarto comma). Si potrebbe, infatti, essere tentati di sostenere che se l'atto costitutivo può stabilirne lamodificabilità a maggioranza, e se, in mancanza di deroga, è necessario il consenso ditutti i soci (di tutti, si badi, non del socio o dei soci titolari dei diritti suddetti) ciòsignifica che tali diritti sono in certo senso "affievoliti" come diritti individuali erilevano per ciò che rappresentano in un certo assetto di equilibri di poteri fra i sociall'interno della struttura societaria; in quest'ottica, "il consenso di tutti i soci" nonsarebbe un portato del rilievo contrattuale dei "particolari diritti" attribuiti in sede di attocostitutivo, ma regola dell'agire dell'assemblea dei soci, alla quale verrebbe imposto un"quorum" deliberativo particolarmente qualificato: con la conseguenza che ladeliberazione assunta a maggioranza non sarebbe inefficace, ma annullabile perché nonconforme alla legge ed all'atto costitutivo (79) (80).In ogni caso, ci pare che quest'ultimo caso e quello, sopra prospettato, della modificadella clausola statutaria di limitazione della trasferibilità delle quote in una società aresponsabilità limitata di stampo personalistico debbano trovare analoga soluzione equindi essere entrambi risolti in termini di annullabilità (ove si condivida l'impostazioneche precede) o in termini di inefficacia (ove si valorizzi l'aspetto contrattuale di un certoassetto di interessi).

c) Ma ancora dovrà farsi ricorso all'inefficacia in altri casi: checché dica l'art.2377,quarto comma, n.3) - richiamato anche per la società a responsabilità limitatadall'art.2479-ter, ultimo comma - una delibera contenuta in un verbale ove risultiimpedito l'accertamento del "contenuto e degli effetti", non può essere - secondo ildiritto comune ma si direbbe anche secondo la logica - annullabile e cioèprovvisoriamente efficace: efficace in ordine a che, se non si intende il contenuto? (81).Essa o è nulla oppure rimane inefficace in attesa di un suo completamento, o se si vuoleprovvisoriamente inutile (82); d'altra parte il verbale, se è sottoscritto ed indica almeno"la data della deliberazione e il suo oggetto", non è nullo ex art.2379 c.c. (norma nonrichiamata in tema di società a responsabilità limitata, ma sicuramente applicabile, comesi è detto): poiché chiaramente le nullità sono tassative, non resta che ricorrere, e ha unsenso logico, all'inefficacia (83).Può sembrare forse di scuola questa discussione sulle conseguenze della noncomprensibilità di oggetto, contenuto ed effetti della deliberazione, ma se si riflette chequando ci si allontana dal rigore del verbale notarile ben può svilupparsil'approssimazione, ci si rende conto della non sterilità di quanto esposto.

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5. Natura delle invalidità. La non facile coesistenza di nullità e annullabilità. Qualenullità ancora?

Uno degli aspetti più interessanti della letteratura giuridica all'indomani della riformaconcerne una ridefinizione del binomio annullabilità/nullità.Riassumiamo brevemente lo stato della dottrina e della giurisprudenza prima dellariforma. Accanto ad un filone dottrinale che riteneva eccezionale la disciplina di cui agliartt.2377-2379 perché fondata sulla necessità di creare un meccanismo di sostanzialestabilità degli atti collegiali delle società di capitali a tutela delle certezze dei rapportiinstaurati e quindi dell'interesse del ceto imprenditoriale (84), esisteva altra dottrina cheriteneva tale disciplina un diritto speciale capace di convivere con il diritto comune esuscettibile di essere da questo integrata (85).La giurisprudenza era allineata in questo secondo senso, con atteggiamenti di crescenteindulgenza sul raggio di azione della nullità e con ampio ricorso anche al concetto diinesistenza (86). La direttiva comunitaria (quinta direttiva) tendente a uniformare i diritti nazionalinell'ambito della società azionaria, ma con inevitabili riflessi per le altre società dicapitali, sostanzialmente "dava ragione" alla tendenza più radicale. La dottrina avevasubito attentamente rilevato che la vigenza della direttiva avrebbe inevitabilmenteimportato l'obbligo per il legislatore nazionale di abbandonare il largo catalogo diinvalidità, ma aveva contestualmente prospettato non poche preoccupazioni per l'ampiosacrificio di garanzie per i soci (ma anche per certi terzi) che ciò avrebbe comportato(87). Veniamo ad oggi.Contro i vizi procedurali è data l'azione di annullamento, con breve termine diimpugnazione, salvo che per la mancanza di convocazione (o per le decisioni assuntedai soci di società a responsabilità limitata in assenza assoluta di informazione) e per lamancanza di verbale (come vedremo quest'ultima invalidità per la società aresponsabilità limitata è definita indirettamente, nel senso che la si ricava dal richiamoche l'art.2479-ter ult. comma effettua all'art.2379-bis): casi, questi, per i quali casi valeil regime delle nullità per "illiceità"; gli altri vizi che per il diritto comune danno luogo anullità sono assorbiti nell'azione di annullamento. Le nullità per illiceità - si è vistosopra - sono ancora definite come nullità, ma l'azione è caratterizzata da un non lungotermine di decadenza (tre anni), in certi casi (cioè in materia di società a responsabilitàlimitata) dall'irrilevabilità d'ufficio e dalla circostanza che la pronuncia giudiziale fasalvi i diritti acquistati dai terzi in buona fede. Allora: come si qualifica "veramente" tale vizio, definito come nullità ma caratterizzatoda anomalie rispetto al diritto comune? Per quanto concerne la nullità per illiceità, poi, si tratta - se possibile - di chiarirne lacoerenza con il diritto comune, in ragione del termine decadenziale.E' utile prendere le mosse, in proposito, da due interessanti studi:Il primo uscito "a cavallo" della riforma - ma incentrato ancora sul "vecchio" sistema dinorme (88) - secondo il quale le modifiche legislative in materia (a quel momentoancora in fieri) non farebbero che accentuare le caratteristiche particolari della nullitàgià prima ravvisabili in campo societario.

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L'Autore sottolinea infatti che le nullità in materia societaria non sono contraddistinte,come in diritto comune, dalla mancanza di effetti: gli effetti si producono e sonoirreversibili (paradigmatica la norma di cui all'art.2383, ultimo comma, ma il discorsocoinvolge moltissimi altri esempi come il caso degli acquisti di azioni proprie in spregioall'art.2357 c.c.); si assisterebbe in materia societaria "ad uno spostamento degli effettidell'invalidità dal piano reale a quello obbligatorio, nel senso che sulla societàgraveranno (solo) alcuni obblighi di comportamento" dopo la pronuncia di nullità.Giustificato e voluto, inoltre, per l'autore, il mancato richiamo nell'art.2379 (vecchiotesto) agli artt.1419 e 1424, essendo i principi di diritto comune in tema di nullitàparziale e di conversione dell'atto nullo inapplicabili alle deliberazioni societarie.In quest'ottica il legislatore della riforma, continuando una linea di tendenza successivaalla codificazione del 1942, avrebbe effettuato una serie di scelte che confermerebberol'esistenza di uno "statuto speciale" delle nullità in materia societaria.Conclusioni simili - ma più marcate - in un lavoro, ancora inedito, del quale, per gentileconcessione dell'Autore, abbiamo potuto prendere visione (89).L'autore, al termine di una acutissima indagine - nel corso della quale viene anche postain luce l'irrilevanza delle patologie riguardanti i singoli voti, ove non si siano tradotte inoggettive anomalie procedimentali - sottolinea come mentre il centro della vicendanegoziale consiste nell'"operare" su situazioni giuridiche soggettive, la deliberasocietaria si caratterizzi per essere un "fatto" oggettivo dell'organizzazione sociale checomunque manifesta un suo valore; in difformità dal diritto comune, la delibera, purnulla, dispiega i suoi effetti (90), in quanto momento nello svolgimento dell'attivitàsociale; la pronuncia giudiziale non può avere un mero effetto ripristinatorio maobbliga, in positivo, l'organo amministrativo a "prendere i conseguenti provvedimentisotto la propria responsabilità" (art. 2377, sesto comma e art. 2379, quinto comma c.c.);non è ipotizzabile l'applicazione dell'ultimo comma dell'art.1442 c.c. in quanto qui nonsi tratta di bloccare una pretesa contrapposta, ma di "eliminare, appunto positivamente,il ruolo di quel fatto nell'attività sociale." (91). Per l'Autore, in conclusione, l'azione dinullità finisce per avvicinarsi ad un'azione di annullamento qualificata da una più ampialegittimazione e da un maggior termine di esercizio (92). E' evidente come l'impostazione ancora una volta sia connessa al recepimento diprincipi propri dell'analisi economica del diritto (93) e quindi ad un marcato"arretramento" della presenza e del peso delle norme imperative. Il punto è già stato prima sottolineato. L'arretramento coinvolge tutti gli aspetti delleinvalidità; si pensi, per fare un esempio finale, che ormai la materia dell'invalidità delledelibere entra a far parte, almeno per le società a responsabilità limitata e le piccolesocietà per azioni, dell'arbitrato rituale di diritto (94). Anticipando la conclusione, a noi sembra che per certi aspetti il punto di vista possaessere condiviso (più persuasivamente per le società a responsabilità limitata, come sidirà), ma non crediamo che si possa parlare di un vero e proprio abbandono del dirittocomune.

6. Regole dell'organizzazione e compatibilità con i principi del diritto comune

Il discorso è - chiaramente - di carattere sistematico.La particolarità dell'invalidità di un atto in un ambito organizzativo è, a ben vedere, unaspetto intrinseco dell'organizzazione. Ad esempio nel campo del diritto amministrativo

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è stato messo in luce da tempo che non sempre l'annullamento produce effettiretroattivi: sfuggono a tale effetto le situazioni consolidate e la serie procedimentaleprecedente all'atto annullato; addirittura si parla in certi casi di "convalescenza dell'atto"quando si siano prodotti effetti per un periodo convenientemente lungo (95). Del restola stessa dottrina civilistica più recente ha ormai abbandonato l'equazione "atto nullo =atto senza effetti" (96) e, ci sembra correttamente, ha introdotto la nozione di vari statutidell'invalidità (97). In altre parole l'assetto organizzativo reagisce "necessariamente" sulla struttura dellainvalidità, soprattutto sulla nullità (98). Ma, come prima scritto, l'organizzazione "flette" il diritto comune da molti altri punti divista. Ad esempio si ritiene che l'interpretazione degli statuti societari non possa avveniresecondo le regole gerarchiche di cui agli art.1362 e seguenti del codice civile, ma chedebbano prevalere gli aspetti oggettivi dell'interpretazione (99), dovendosi trattare di"lettura" destinata ai terzi e quindi circoscritta da regole in un certo senso piùstandardizzate.Alla luce di questa impostazione ci pare che si possano fissare alcuni punti diriferimento o, almeno, formulare alcuni criteri in base ai quali orientarsi nella letturadella nuova disciplina.Vediamoli in dettaglio:a) Si assiste, di certo, ad una svalutazione dell'elemento soggettivo, inteso come volontàdei singoli soci.E' sicuramente esatta, infatti, l'osservazione che la partecipazione all'assemblea dipersone non legittimate rileva non per l'influenza che può aver avuto, attraverso ladiscussione, sulla formazione del convincimento - e quindi sul voto - di altri soci, masoltanto dal punto di vista oggettivo, in quanto determinante ai fini del raggiungimentodel quorum costitutivo (art.2377, quarto comma, n.1, cod. civ.) e deliberativo (art.2377,quarto comma, n.2, cod. civ.) (100). Parimenti, in caso di errore nel conteggio dei voti, l'art.2377, quarto comma, n.2)evidenzia che "proclamati i risultati, la contestazione secondo cui un esatto calcolo deivoti validamente espressi avrebbe portato ad affermare l'approvazione di una diversadelibera non può condurre ad una dichiarazione giudiziale di questa seconda, masoltanto all'annullamento di quella erroneamente proclamata" (101).Ciò indurrebbe a ritenere che nella nostra materia non rilevi come causa di invaliditàquella di cui all'art.1345 c.c. (102) e che la nullità di cui all'art.2479-ter, terzo comma,c.c. (oggetto illecito o impossibile) non possa essere estesa a ricomprendere le delibereinficiate da motivo illecito comune ai deliberanti (103).b) Maggiori dubbi si potrebbero avere, invece, nel trarne l'ulteriore conseguenza dellatotale irrilevanza dei vizi della volontà del singolo voto (104) , stante il generico edonnicomprensivo riferimento effettuato dall'art.2377, quarto comma, n.2, alla "invaliditàdi singoli voti"; la necessità, anche qui, della "prova di resistenza" sembrerebbesemplicemente deporre per la considerazione esclusivamente "oggettiva" del vizio - perl'alterazione, cioè, che ha determinato sul corretto meccanismo procedimentale (105) -ma non nel senso della sua assoluta ininfluenza.c) Applicare alla deliberazione assembleare il principio della conversione dell'atto nullo(art.1424 c.c.) ci sembra effettivamente impraticabile, per l'incertezza giuridica che sicreerebbe nella lettura di un atto i cui effetti coinvolgono anche i terzi e che è perciòassoggettato ad un regime di pubblicità legale (106), o, da altro punto di vista, perché il

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rimedio opera e ha senso in una prospettiva contrattuale ma non in una prospettiva"corporativa" (107).Per il caso di illiceità, poi, è noto che per diritto comune si è soliti negare la conversione(108). d) Non esistono però queste ragioni per negare l'applicazione dell'art.1419 in tema dinullità parziale (109). Qualche Autore (110) ritiene che l'istituto sia tipico della materiacontrattuale e come tale non applicabile agli atti collegiali societari, stante la peculiaritàdel fenomeno deliberativo; non ci pare: l'istituto è espressione di principi generalidell'ordinamento (111), così come la nullità per impossibilità o illiceità dell'oggetto chelo stesso Autore citato collega a principi generali (112).Riteniamo, pertanto, che la nullità per illiceità di una singola parte della delibera nonimporti sempre nullità del tutto (113), salvo evidentemente il caso di essenzialità dellaclausola o quando si tratti di testo inscindibile (114). e) Parimenti appare applicabile - soprattutto alle deliberazioni aventi per oggettomodifiche statutarie - la regola, stabilita dal secondo comma dell'art.1419 c.c., dellasostituzione automatica della norma imperativa alla clausola contrattuale che l'abbiaviolata (115). Il problema, peraltro, è che all'applicazione dell'art.1419, secondo comma, c.c. (inrelazione all'art.1339 c.c.) potrebbe spesso ostare la mancanza, in materia societaria, diuna norma imperativa che sostituisca di diritto la clausola nulla: donde una lacuna noncolmabile per carenza di disciplina (116).I dubbi non dipendono tanto dalla circostanza che la sostituzione automatica debbaessere collegata ad una previsione espressa. Dottrina e giurisprudenza recenti hannodecisamente superato tale impostazione e ritenuto che la sostituzione possa operareanche in presenza di una nullità virtuale, senza bisogno quindi di una esplicitaprevisione (117). Essi sono collegati, piuttosto, alla circostanza che la sostituzione automatica sembraoperare in presenza di norme imperative precettive, non proibitive. Merita infatti grande considerazione il rilievo per il quale "sancita la nullità dellaclausola, torma ad essere operante il sistema generale con i suoi generali principi; maaltro è la sostituzione automatica della regola con altra regola, altro è la cancellazionedella regola contrattuale e il ripristino del sistema e dei suoi principi generali" (118).In altre parole la sostituzione ex art.1419 secondo comma c.c., applicata ancheall'ipotesi di norme proibitive, sembra dilatare eccessivamente la portata della regola,con forti limitazioni all'autonomia privata. L'osservazione pare persuasiva (119) e quindi riteniamo che la sostituzione automaticaoperi soltanto nei limiti di cui sopra: quando, cioè, esista una norma, esplicita oimplicita, da poter inserire (120).f) Il principio che pare accolto dal legislatore della riforma, di un ampio spazio perl'autonomia privata unito ad un basso grado di imperatività di disciplina, porta arovesciare le conclusioni della dottrina e giurisprudenza maggioritarie antecedenti, ecioè la non eccezionalità delle cause di nullità in materia di deliberazioni assembleari disocietà di capitali (121) e la specialità della relativa disciplina, specialità chegiustificava l'applicazione analogica della normativa anche al di fuori del settoresocietario (122). La tutela delle ragioni organizzative delle società di capitali deve ormai ritenersi propriadella materia e non estensibile ad altre organizzazioni - persone giuridiche e non - qualiad esempio le società di persone (123).

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Non solo: come abbiamo già accennato - e come meglio vedremo in seguito - la materiadelle invalidità ha formato oggetto di una disciplina specifica e, per certi aspetti,differenziata, nella società per azioni e nella società a responsabilità limitata; ciò inducea ritenere che si debba usare molta attenzione nel ricorrere all'interpretazione estensiva eancor più all'applicazione analogica di norme proprie della s.p.a., per colmare eventuali(o apparenti) lacune nella disciplina della s.r.l. (per esempio in materia di invaliditàdelle deliberazioni del consiglio di amministrazione). g) Non ci pare, infine, che vi siano ragioni del tutto persuasive per ritenere che inmateria societaria la delibera nulla sia comunque accompagnata (per le sole ipotesi incui sia previsto un limite di tempo per l'impugnazione) da immediata (se purprovvisoria) efficacia (124).Il discorso merita un approfondimento.

7. Il problema della pretesa "efficacia provvisoria" delle delibere nulle.

E' sicuramente, questo, uno degli aspetti più problematici del nuovo assetto dei vizidelineato dal legislatore.E non tanto - o non solo - perché probabilmente giochi, in noi, una certa istintivaresistenza a separare il concetto di nullità da quello di "improduttività di effetti", quantoperché altro è riconoscere che la deliberazione, come strumento e momento dell'agireorganizzato, anche se nulla è comunque in grado di provocare immediatamente unaserie di ripercussioni all'interno e sull'esterno, e altro è spingersi ad affermare, in unasorta di equiparazione alla deliberazione annullabile, che essa è immediatamenteefficace e quindi vincolante ed eseguibile. La scelta della efficacia "possibile" della delibera nulla è stata espressamente fatta dallegislatore, allorché ne ha previsto la sanabilità; il problema si sposta, allora, sulmomento in cui la delibera diventi efficace, con tutte le conseguenze che tale efficaciacomporta nei confronti dei soggetti che sono in vario modo interessati e coinvolti daldeliberato (soci, organi sociali, notaio verbalizzante, terzi). Sul punto si è sostenuto (125) che ritenere che queste deliberazioni diventino efficacisoltanto "allo scadere dei tre anni, permanendo medio tempore in una situazione digiuridica irrilevanza (...) sarebbe veramente inconciliabile con il principio di stabilitàdelle delibere per esigenze di tutela del mercato e di affidamento dei terzi". Laconclusione dell'Autore è pertanto nel senso che anche le delibere cosiddette "nulle", masanabili, sono in realtà annullabili (in particolare, alla luce dell'ampliamento del noverodei soggetti legittimati all'impugnativa, affette da "annullabilità assoluta") e quindiimmediatamente efficaci. A nostro modo di vedere il paventato rischio di incertezza dei rapporti giuridici e quindil'effetto negativo sulla fiducia di chi entra in rapporto d'affari con la società non deveessere sopravvalutato: intanto, valendo ora - anche nei confronti della sentenza chedichiara la nullità - la regola, dettata per le ipotesi di annullamento, della salvezza deidiritti acquistati in buona fede dai terzi (cfr. art. 2377, sesto comma, richiamatodall'ultimo comma dell'art.2379), ci pare che i rischi (e quindi le possibili remore) per ilterzo non siano sostanzialmente diversi. A ciò si aggiunga che, comunque, qualche"disincentivo" all'esecuzione di deliberazioni viziate da plateali carenze procedurali o,peggio, aventi oggetto impossibile o illecito, non può che essere benvenuto (126).

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Ci pare, quindi, che la soluzione non possa essere ricavata soltanto in funzione della suamaggiore o minore strumentalità rispetto all'obiettivo della sicurezza e stabilità deirapporti e degli atti sociali; o, meglio, che tale criterio non soccorra più di tanto nellaricerca di una risposta soddisfacente al quesito prospettato. Qualche spunto interessante può essere offerto, a nostro avviso, da una lettura dellenorme in questione che sia attenta, in particolare, alla "selezione" nei richiami alladisciplina della annullabilità operata dal legislatore in materia di delibere nulle. A tale scopo riteniamo opportuno, a questo punto, sospendere momentaneamente ildiscorso per procedere all'esame dell'istituto della "sostituzione" della delibera invalida,quale delineato dal legislatore della riforma.

8. La sostituzione delle delibere annullabili (e nulle).

La disposizione contenuta nell'ultimo capoverso dell'art.2377 del codice del 1942 è oraintegralmente riprodotta nel settimo comma del nuovo art.2377 ed è seguita, oltre chedall'affermazione che "in tal caso il giudice provvede (...) sul risarcimento dell'eventualedanno" (127), da un ulteriore comma (l'ottavo) che stabilisce: "Restano salvi i dirittiacquisiti dai terzi sulla base della deliberazione sostituita".In tal modo il legislatore ha posto fine (o, comunque, ha inteso por fine) al dibattitosulla operatività "ex nunc" o "ex tunc" della sostituzione operata dalla nuova deliberaadottata in conformità alle norme di legge e di statuto e sugli eventuali limiti posti -nella seconda ipotesi - alla retroattività, nonché sulla individuazione di quali diritti deiterzi potessero essere travolti e quali dovessero ormai considerarsi intangibili.A nostro modo di vedere, infatti, la nuova norma:- nel fare salvi i diritti dei terzi, implicitamente conferma l'efficacia retroattiva delladelibera sostitutiva, efficacia che potrà esplicarsi liberamente all'interno dell'organismosocietario (128); - nel prescindere completamente dalla buona fede del terzo e nel parlare di diritti"acquisiti sulla base" della deliberazione sostituita, anziché "acquistati in base ad atticompiuti in esecuzione" della medesima (si confronti tale diversa formulazione del sestocomma dello stesso articolo, in relazione ai diritti che non possono essere travoltidall'annullamento della delibera invalida), sembrerebbe voler far salvi i diritti dei terzicomunque, indipendentemente cioè dal fatto che la delibera, per produrre i propri effettiverso l'esterno, necessitasse o meno di atti dell'organo di rappresentanza (129) o, ancora,indipendentemente dal fatto che la deliberazione sostituita appartenesse - secondo lanota distinzione di FERRO LUZZI (130) - alla specie "deliberazione-decisione" (131)oppure alla specie "deliberazione-fattispecie" (132). Il che significherebbe che il legislatore, nel rendere possibile una completastabilizzazione degli effetti prodotti nei confronti dei terzi dalla deliberazione (forse)invalida (annullabile), ha ritenuto prevalente, sull'interesse della società ad essere arbitraesclusiva delle scelte che incidono sulla sua struttura organizzativa, l'interesse (che inultima analisi è, ancora, della società) ad incentivare la fiducia del mercato nei confrontidella stabilità delle decisioni assembleari. Ci pare evidente, quindi, la diversa ampiezza che ha, nella nuova normativa, la tutela deiterzi in caso di sostituzione rispetto al caso di annullamento della deliberazione (133).Fin qui per le delibere annullabili.

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La scelta di "stabilizzazione" degli effetti che la delibera annullabile può aver prodottonei confronti dei terzi non viene, invece, ripetuta integralmente dal legislatore conriferimento alle delibere "nulle" ex art.2379: a queste infatti "si applicano, in quantocompatibili, il sesto e settimo comma dell'art.2377" (così l'art.2379 ultimo comma), manon l'ottavo.Il richiamo del sesto comma (e cioè: efficacia della pronuncia di nullità per tutti i soci,obbligo degli amministratori e degli altri soggetti ivi indicati di assumere i conseguentiprovvedimenti, salvezza dei diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atticompiuti in esecuzione della delibera) sembra deporre - è innegabile - nel senso delriconoscimento di una seppure limitata conservazione degli effetti della deliberadichiarata nulla (e quindi, ancora prima, nel senso del riconoscimento di una qualche"produzione di effetti" da parte della delibera nulla) (134). Si potrebbe sostenere, però,che la norma fa salvi, in realtà, non gli effetti della delibera, ma gli effetti di un atto - daquesta diverso - posto in essere fra l'organo sociale investito della legale rappresentanzadella società ed il terzo in buona fede (135): con una disposizione cioè che, pur mirandovieppiù ad assicurare la stabilità degli atti societari e ad incentivare i terzi - esonerandolida oneri di indagine circa la validità del procedimento decisionale interno - a contrattarecon la società, non implica necessariamente la immediata provvisoria efficacia delladelibera nulla (136). L'espressa estensione alle delibere nulle (tramite il richiamo al settimo commadell'art.2377 c.c.) dell'istituto della "sostituzione", con conseguente improcedibilitàdell'azione di nullità, risolve il vivace contrasto già esistente sul punto sia in dottrina chenell'ambito della stessa giurisprudenza di legittimità (137) e lo risolve in modo coerentecon l'ormai sancita sanabilità della nullità (138): peraltro, la maggiore gravità del viziofa sì che il legislatore non si spinga fino a tutelare i diritti acquisiti - eventualmenteanche in mala fede - dai terzi sulla base della delibera nulla. Si può ipotizzare, allora, che i diritti dei terzi che la delibera sostitutiva deve rispettaresiano esclusivamente quegli stessi che persino una declaratoria giudiziale di nullità nonpuò travolgere e cioè i diritti che in buona fede siano stati acquistati non direttamente inbase alla delibera (di per sé improduttiva di effetti) ma in base ad autonomi atti posti inessere dagli organi sociali per dare attuazione alla delibera (nonostante l'inidoneità diquesta a produrre degli effetti): in buona sostanza riproducendo, per le delibere nulle, lesoluzioni che nel sistema previgente erano state elaborate in relazione alle delibereannullabili (139). Questa la disciplina dettata per le società per azioni.Invece, in tema di società a responsabilità limitata, il legislatore richiama espressamentele norme in tema di sostituzione delle delibere invalide e di salvezza dei diritti acquisitidai terzi (settimo e ottavo comma dell'art.2377), con riguardo tanto alla deliberaannullabile quanto alla delibera nulla: il richiamo è infatti unico, contenuto nell'ultimocomma di un articolo (2479-ter c.c.) che contempla entrambe le ipotesi di vizio,accomunate sotto l'unica definizione di "invalidità" (140).

9. Ancora sulla pretesa "efficacia provvisoria" delle delibere nulle.

Possiamo ora riprendere il nostro discorso là dove lo avevamo interrotto, e cioèsull'invito ad una lettura delle norme che disciplinano le invalidità che sia attenta, in

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special modo, alla portata dei richiami (o - meglio - dei mancati richiami) effettuatidall'art.2379 all'art.2377.Premettiamo, intanto, che - per quanto debole - non merita di essere del tutto ignoratol'argomento letterale: il legislatore, nel ridisegnare la disciplina dell'invalidità delledeliberazioni assembleari della società per azioni, ha continuato ad "etichettare" idiversi vizi come cause di annullabilità o di nullità (terminologia ripresa anche dallaRelazione accompagnatoria). Ora, è vero che l'interprete non deve farsi acriticamentecondizionare dal "nomen iuris" utilizzato dal legislatore ma deve tener conto delladisciplina espressamente dettata per un determinato istituto; è anche vero, però, che seun qualche significato si vuole attribuire alla scelta legislativa di continuare ad usareuna terminologia "classica" per distinguere le diversi ipotesi (scelta che, peraltro, è stataabbandonata in materia di società a responsabilità limitata), questo non può che esserericercato nella tendenziale "inefficacia" della delibera nulla (essendo venute menol'insanabilità del vizio e l'imprescrittibilità dell'azione) (141).A ciò si può aggiungere il rilievo - la cui portata non ci pare da trascurare - che, come siè visto nel paragrafo precedente, nell'estendere espressamente alle delibere nulle lapossibilità della sostituzione, la norma non ha esteso anche (quanto meno nelle s.p.a.)quel risultato di "stabilizzazione" degli effetti della prima delibera che l'ultimo commadell'art.2377 riconduce - per le delibere annullabili - alla sostituzione: il che può indurrea pensare che - nell'ottica del legislatore - non esistano effetti da stabilizzare perché ladelibera, di per sé, non ne ha prodotti (142). Un altro interessante "mancato richiamo" da parte dell'art.2379 è al procedimento diimpugnazione disciplinato dall'art.2378 e, in particolare, alla richiesta di sospensionedell'esecuzione della delibera impugnata, di cui al terzo e quarto comma.E' opportuno prendere le mosse, in proposito, dal dibattito (143) sviluppatosi, sotto ilvigore della precedente disciplina, in ordine all'esistenza o meno per gli amministratoridi un obbligo di dare esecuzione alla deliberazione annullabile - salvo impugnazionedella stessa - e ricordare che la risposta positiva (sostenuta soprattutto ingiurisprudenza) si basava principalmente sulla immediata provvisoria efficacia delladeliberazione affetta da tale vizio.Proseguiamo, poi, osservando che la nuova disciplina del procedimento diimpugnazione, rimediando alla inspiegabile limitazione al "socio opponente" contenutanel vecchio testo dell'art.2378, ha esteso il potere di chiedere la sospensione a qualsiasiimpugnante (e quindi, fra gli altri, agli amministratori). La norma inoltre disponeespressamente che l'impugnazione venga proposta "con atto di citazione" e ciò sembratogliere argomenti a chi fondava l'inesistenza di un obbligo di esecuzione della deliberaannullabile sulla possibilità di opporre in via d'eccezione (sia pure entro il breve terminedecadenziale dettato per l'impugnativa) il vizio della deliberazione (144). Nel nuovo quadro normativo appare quindi rafforzato, a fronte della deliberaannullabile, l'obbligo degli amministratori di darvi esecuzione, obbligo dal quale essipossono liberarsi soltanto attraverso l'impugnativa e la sospensione. Questa si ponequindi, talora, come l'unico mezzo per evitare il prodursi di effetti (derivantidall'esecuzione) che poi nemmeno la sentenza di annullamento potrebbe totalmenteeliminare. Come abbiamo visto, questi stessi effetti dell'atto esecutivo nei confronti dei terzi dibuona fede (art.2377 comma 6) la norma fa ora salvi anche in caso di pronuncia dinullità.

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Se tutto ciò è vero, allora il mancato richiamo, ad opera dell'art.2379, alla procedura disospensione, può essere un indizio del fatto che - nel sistema dei vizi delle delibere -tale rimedio venga avvertito come non necessario nei confronti di una deliberazionenulla (145), sul presupposto che questa, fino al verificarsi di una causa di sanatoria, siacomunque inidonea a produrre effetti - e quindi a far nascere obblighi di esecuzione - eche pertanto non si pongano, in linea di principio, i problemi suindicati.Ciò non significa che, nel caso concreto, possa avvertirsi l'esigenza di bloccarel'attuazione di fatto - cioè l'esecuzione materiale - di una delibera nulla (146). Quello che interessa qui sottolineare è che il mancato richiamo dell'istituto dellasospensione per le delibere nulle potrebbe avere un valore "definitorio", rilevante - ecoerente - ai fini della ricostruzione della fattispecie. In altre parole, ci pare che nella disciplina della invalidità delle deliberazioniassembleari di società per azioni si possano individuare elementi per affermare che illegislatore non ha inteso derogare ai principi generali in tema di improduttività di effettidella nullità.

10. (Segue) Disciplina particolare della società a responsabilità limitata.

Abbiamo già sottolineato che, mentre nelle società per azioni la sanatoria mediantesostituzione opera diversamente a seconda che le deliberazioni siano nulle o annullabili(147), nelle società a responsabilità limitata, in considerazione del rinvio dell'art.2479ter c.c. non solo al comma settimo, ma anche al comma ottavo dell'art.2377 c.c., sembrache la sanatoria della delibera (da qualunque vizio sia affetta) a seguito di nuovadelibera, faccia salvi sempre i diritti acquisiti dai terzi (vi sia o meno buona fede) sullabase della delibera sostituita.Analogamente, il richiamo dell'intero articolo 2378 (e quindi anche dell'istituto dellasospensione) è operato dall'art.2479 ter c.c. genericamente, senza alcuna distinzione fradeliberazioni più o meno gravemente viziate.Si prospettano quindi, per la società a responsabilità limitata, argomenti maggiori perriconoscere anche alle deliberazioni "nulle" una qualche immediata provvisoriaefficacia, pur dando atto di quanto tutto ciò stenti a conciliarsi con il concetto di nullitàsecondo il diritto comune (148) (149).Se si aggiunge, poi, la circostanza che l'art.2479 ter, a differenza dell'art.2379 c.c. per les.p.a., non prevede la rilevabilità d'ufficio nemmeno dei vizi più gravi (150), e si dàanche il dovuto rilievo alle scelte terminologiche del legislatore (151), si hanno,sicuramente, numerosi argomenti per sostenere che in materia di s.r.l. non ci si trova piùdi fronte ad un'azione di annullamento e ad un'azione per declaratoria di nullità, ma adun'unica azione di "invalidazione", volta ad ottenere una sentenza ripristinatoria(costitutiva) che elimini - nei limiti del possibile - gli effetti che la deliberazioneinvalida ha prodotto: un'azione quindi che, da questo punto di vista, è più vicina a quelladi annullamento, ma se ne differenzia perché in certi casi l'azionabilità è assoluta("Chiunque vi abbia interesse") e in altri ancora è anche imprescrittibile.Senonchè, a nostro modo di vedere, proprio il riferimento a quest'ultima ipotesi (che èquella delle deliberazioni che modificano l'oggetto sociale introducendovi attivitàimpossibili o illecite) prova come il tentativo di unificare i vizi sotto un'unica voce diinvalidità (che poi sfuma, inevitabilmente, nell'annullabilità) - e di costruire un'unicaazione destinata a sfociare in una pronuncia giudiziale ad efficacia costitutiva - debba

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poi fare i conti con la diversità ontologica dei vizi e quindi con il fatto che le predettedeliberazioni (di modifica dell'oggetto sociale) sono radicalmente nulle, nell'accezione"classica" del termine (152). A ciò si aggiunga che in tutti i casi in cui la deliberazione abbia un contenuto che sipone in contrasto con norma imperativa precettiva (153), è da ritenere che operi - inbase ai principi del diritto comune (154) -la sostituzione, ai sensi dell'art.1419, secondocomma, cod. civ., del dettato normativo alla determinazione convenzionale illecita:come si concilia il meccanismo della sostituzione automatica con la pretesa efficaciadella deliberazione viziata? (155)La conclusione, a nostro modo di vedere, è che - qualunque ricostruzione interpretativasi tenti - il legislatore ha comunque sconvolto le categorie dogmatiche e la sistematicadel diritto comune.Preso atto di ciò, riteniamo preferibile continuare a fare riferimento - anche nella s.r.l. -alla distinzione fra annullabilità e nullità, e non soltanto come "convenzioneterminologica" (o formula lessicale sintetica) per individuare da un lato i vizi di cui alprimo e secondo comma e dall'altro i vizi di cui al terzo comma dell'art. 2479-ter, maproprio per sottolineare e riaffermare, invece, la diversità ontologica fra i due tipi divizio (in particolare per quanto riguarda la nullità da illiceità) ed evitare il rischio (che cipare insito nella teoria di un'unica generica invalidità) di giungere ad affermare che nelcampo delle decisioni dei soci di s.r.l. la nullità sia stata declassata a mera annullabilità(156).Certo, sul piano dogmatico, il riconoscere che in certi casi la deliberazione nulla possaprodurre alcuni effetti, più che mai "disorganizza" la sistematica del diritto comune(157); peraltro ben può ipotizzarsi una nullità che - addirittura nell'ambito di uno stessoistituto - si profili diversamente, anche per effetto dell'influenza di (e del necessariocontemperamento con) altri principi dell'ordinamento, quali l'apparenza, l'affidamentodei terzi, la tutela della buona fede, il principio di conservazione e così via (158).Volendo quindi individuare entro quali limiti si possa forse ammettere, nella società aresponsabilità limitata, un'efficacia precaria delle decisioni nulle, il criterio potrebbeessere ricavato, proprio, dalla norma dettata in tema di sostituzione delle deliberazioniinvalide, che fa salvi i diritti acquisiti dai terzi sulla base della delibera viziata: nel sensoche tale efficacia potrà essere esclusa ove la decisione - per il suo oggetto - non siaidonea a far nascere diritti al di fuori dell'organizzazione societaria (o in capo a personeche si pongono in rapporto intersoggettivo con la società), mentre solo là dove dalladecisione dei soci scaturiscano situazioni soggettive attive di terzi potrebbe essereammissibile ipotizzare una produzione immediata (se pur provvisoria) di effetti.In applicazione di tale criterio si potrebbe dunque affermare che le deliberazioni chemodificano clausole statutarie non sono dotate, se viziate da nullità, di alcuna efficaciaprovvisoria: esse infatti non coinvolgono direttamente posizioni soggettive di terzi, madettano un programma futuro, delle regole organizzative (159). Ed ammettere invece che le decisioni che coinvolgono i terzi - in quanto idonee a farnascere diritti soggettivi nei confronti della società - possano produrre degli effettiimmediati e provvisori, destinati a stabilizzarsi per effetto del decorso del terminedecadenziale per l'impugnativa, ad essere eliminati (ma non del tutto: v. art.2377, sestocomma, c.c., richiamato dall'art.2479-ter c.c.) in caso di pronuncia giudiziale di nullità ead essere in gran parte "fatti salvi" in caso di sostituzione della delibera invalida(160).In questo ambito - che ci pare, in definitiva, piuttosto ristretto - riteniamo debba

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essere contenuto il riconoscimento di una efficacia precaria alla deliberazioneassembleare (o alla decisione dei soci) affetta da nullità.Vorremmo concludere questo tentativo di non facile ricostruzione sistematica indicandoquali siano, a nostro modo di vedere, le conseguenze della rilevanza (gravemente più)negativa della "nullità" - o comunque dei vizi di cui al terzo comma dell'art.2479-ter (inparticolare per illiceità o impossibilità giuridica dell'oggetto della deliberazione) -sottolineando che tali conseguenze, proprio perché da ricollegare alla diversitàontologica del vizio, ci pare debbano essere comunque mantenute ferme,indipendentemente dalla impostazione cui si ritenga di aderire in ordine allaproblematica sviluppata nelle pagine precedenti (e quindi alla natura dichiarativa ocostitutiva della sentenza che accoglie l'impugnazione): - Il dovere degli amministratori di dare/non dare corso alle delibere invalide (161) nonpuò non avere una diversa portata per gli atti annullabili, sicuramente efficaci e a voltevoluti perché utili (si pensi all'annullamento d'ufficio in diritto amministrativo, possibilesolo se utile), rispetto agli atti nulli, proprio in ragione della diversa gravità del vizio.- Il notaio di fronte ad una delibera nulla, anche ammesso per ipotesi che sia produttivadi effetti provvisori, non deve comunque dar corso all'iscrizione della medesima nelregistro delle imprese (162) ; discorso diverso per l'annullabilità, almeno secondo quellache appare l'opinione più seguita (163).- Il superamento del termine decadenziale di cui all'art.2479 ter non si traduce, in realtà,in una vera sanatoria della delibera nulla, nel senso che non può comportare una piena ecompleta produzione degli effetti del deliberato.Ciò si verificherà sicuramente ove i vizi fossero procedurali (per es. mancanza diconvocazione); assai diversa ci pare, invece, l'ipotesi di illiceità o impossibilitàdell'oggetto della deliberazione.

11. Gli effetti della cosiddetta "sanatoria".Quale efficacia (anche "stabilizzata") della deliberazione nulla per illiceità?

Il decorso dei termini stabiliti per l'impugnativa preclude l'azione giudiziaria.Ma non produce - in effetti - una vera sanatoria del vizio, perché il contrasto fra ilcontenuto della deliberazione e la norma inderogabile di legge - se c'era - rimane e nonpuò essere eliminato.Quale, allora, l'efficacia della deliberazione ormai inimpugnabile?Iniziamo col dire, intanto, che l'intervenuta preclusione sul piano processuale non sortiràgrandi risultati ove la deliberazione nulla debba essere seguita da un negozio attuativoesterno o da una ulteriore deliberazione ad essa collegata, nell'ipotesi in cui l'originariailliceità si traduca in illiceità dell'oggetto del negozio o della seconda deliberazione: intali casi, infatti, la "sanatoria" della prima delibera non varrà certo ad escluderel'autonoma nullità (ex art.2379/art.2479-ter) della seconda, o (ex art.1418 c.c.) delnegozio collegato (164). Ma il problema principale concerne le delibere - nulle per illiceità o impossibilitàgiuridica - relative all'assetto organizzativo sociale: in primo luogo, quindi, ledeliberazioni che modificano l'atto costitutivo (165). Si consideri, per esempio, l'ipotesidi una delibera che introduca una normativa statutaria che disattende qualche profiloorganizzatorio inderogabile, come una delibera (ovviamente indebitamente iscritta) chepreveda come metodo di votazione lo scrutinio segreto (166).

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Una delibera successiva adottata da un'assemblea nella quale, in concreto - sulla basedella "stabilizzazione" della clausola statutaria per decorso del termine triennale perl'impugnativa - sia stato adottato il voto segreto, potrà ritenersi valida? L'elenco delle possibili distorsioni potrebbe continuare. Per proseguire nell'esempio: ilpresidente dell'assemblea, a fronte di una norma statutaria chiaramente nulla, mainimpugnabile per decorso del termine, dovrà disattenderla o uniformarsi? (167)A nostro modo di vedere è quasi intuitivo che la "stabilizzazione" della delibera chemodifica lo statuto introducendovi una clausola di contenuto illecito o giuridicamenteimpossibile non possa comportare la definitiva acquisita legittimità - ed il conseguentevalore normativo vincolante - della clausola statutaria "illecita", perché ciòsignificherebbe attribuire alla società la possibilità di dotarsi, nel tempo e per il futuro,di un regolamento del proprio agire che prescinda del tutto dalle norme inderogabili dilegge e dai principi generali dell'ordinamento.Pertanto sembra convincente affermare che opererà, nei limiti sopra indicati, lasostituzione ex art.1419, secondo comma, c.c. e che comunque, ove sostituzione non vipossa essere, la legittimità del "comportamento" sociale disciplinato dalla normastatutaria illecita debba essere sempre valutata alla luce della norma inderogabile dilegge cui la delibera aveva inteso, invece, derogare. Così, ove in una deliberazione successiva il comportamento dei soci o del presidentedell'assemblea sia collegato ad un modulo organizzativo "illecito" (si consideri,nell'esempio sopra prospettato, il caso del presidente dell'assemblea che adotti lavotazione a scrutinio segreto in base a norma statutaria precedentemente introdotta), cipare che si debba sostenere, contro ogni incertezza (168),la prevalenza del principioorganizzativo codicistico: pertanto la deliberazione assunta in conformità alla normastatutaria illecita sarà non conforme a legge e quindi per lo più annullabile, taloraaddirittura nulla. E' di supporto, in proposito, la distinzione (169)fra "deroga" e "violazione" di normeimperative: cioè fra deliberazioni che, volendo dettare una disciplina pattiziaderogatoria rispetto alla norma inderogabile, sono sicuramente nulle, e deliberazioniche, violando "una tantum" la norma inderogabile, possono essere, a loro volta, nulle oannullabili a seconda che la norma violata sia finalizzata alla protezione di un interessegenerale o di un interesse particolare dei soci (170) .Pertanto mentre la delibera che, nel singolo caso, violi la norma inderogabile e nonvenga impugnata nei termini perentori stabiliti, sarà suscettibile di sanatoria e quindianche di veder stabilizzati i propri effetti, la delibera che introduca una clausoladerogatoria rispetto ad una norma imperativa o ai principi generali non sarà mai davveroefficace, per prevalenza della norma imperativa-proibititiva o per l'automaticasostituzione ad opera della norma imperativa-precettiva. Si può quindi concludere che la "sanatoria", per decorso del triennio, di una delibera chemodifichi l'atto costitutivo introducendo una clausola contra legem è soltantoprocessuale, nel senso sopraindicato (171). Ogni contraria interpretazione creerebbe un vero - ed ingiustificato - "privilegio"dell'atto di autonomia privata societario rispetto agli altri atti di autonomia privata. Setale, anzi, dovesse essere la lettura delle norme, sarebbe allora probabilmente fondato ildubbio circa la costituzionalità delle stesse in relazione all'art.3 della Costituzione, sottoil profilo della ragionevolezza (172). Un'ulteriore fonte di dubbi deriva dal necessario coordinamento fra l'art.2332 c.c. e ilsistema delle invalidità delle deliberazioni assembleari.

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Come è noto, l'art.2332 c.c. - il cui testo è, nella sostanza, rimasto invariato - è semprestato letto nel senso che l'iscrizione nel registro delle imprese precluda la dichiarazionedi nullità della società se non per i vizi espressamente contemplati (i quali agiscono, inrealtà quali cause di scioglimento della società) ma non impedisca l'accertamento dellanullità di singole clausole statutarie, che potrà essere dichiarata in ogni tempo (173). Ora, la previsione ad opera del legislatore di un termine triennale per la "impugnazione"delle deliberazioni assembleari nulle, ci pare che debba formare oggetto di unainterpretazione coordinata con la lettura che verrà data all'art.2332 c.c.: e potrebbeanche reagire, in qualche modo, sull'accertamento giudiziale della nullità di clausolestatutarie adottate in sede di costituzione della società (174) .Infatti: posto che pare impensabile introdurre una distinzione (che sarebbe fra l'altro deltutto illogica) fra clausole "originarie" - la cui nullità dovrebbe essere soggetta aiprincipi del diritto comune (art.1418 ss.) - e clausole derivanti da una modificadeliberata successivamente dall'assemblea - la cui nullità dovrebbe essere soggetta alladiversa disciplina dettata dagli artt. 2379 e seguenti -, delle due l'una:* o si ritiene che la "sanatoria" riguardi soltanto la deliberazione (e l'"operazione" sullabase di essa attuata: per esempio l'aumento di capitale, l'emissione del prestitoobbligazionario, la trasformazione, la riduzione del capitale e così via), cioè un certo"fatto" storico e l'influenza che quel fatto ha avuto sull'organizzazione societaria,ponendo in essere situazioni e assetti di interessi che si sono ormai stabilizzati, ma nonil contenuto "normativo" delle clausole statutarie introdotte, per le quali continueranno avalere i principi del diritto comune (art.1418 ss.),* oppure sembra legittimo il dubbio che, successivamente alla iscrizione della societànel registro delle imprese, l'unico "sistema" delle invalidità dello statuto divenga quellodettato espressamente per le deliberazioni assembleari.Con l'ulteriore conseguenza - in materia di società a responsabilità limitata - che lanullità non potrebbe essere rilevata d'ufficio da parte del giudice.Ci fermiamo qui: è, questo, nient'altro più che uno spunto problematico, il cuiapprofondimento esula dall'economia del presente lavoro ma che - forse - meritaattenzione.

12. Un quadro di sintesi.

Prima di passare ad altro argomento, pare opportuno farsi carico di una ultima possibileobiezione alla ricostruzione proposta.Essa dà per scontata l'applicabilità - alla nostra materia - delle norme generali suicontratti, in quanto compatibili e non espressamente derogate. Peraltro, mentre ilvecchio testo dell'art.2379 c.c. richiamava espressamente gli artt.1421, 1422, 1423 c.c.,il testo attuale non contiene più alcun rinvio a dette norme. Si può ritenere che taleomissione abbia il preciso significato di un voluto "abbandono" del diritto comune perquanto concerne le conseguenze della nullità? Ci pare che la risposta debba esserenegativa (175). Infatti:In primo luogo, già prima della riforma, il mancato richiamo di qualche punto delladisciplina del diritto comune non impediva che ne venisse affermata l'applicabilità alledelibere assembleari: si pensi per esempio alla nullità parziale (art.1419 c.c.) (176).In secondo luogo, è logico affermare che il legislatore si sia preoccupato di disciplinareespressamente gli aspetti derogatori rispetto al diritto comune (e quindi, per esempio, di

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prevedere un termine di decadenza per l'impugnazione, in deroga al principio diimprescrittibilità; oppure di introdurre casi di sanatoria), tralasciando altri aspetti, sulpresupposto - proprio - della applicabilità delle norme generali non derogate. In terzo luogo, e soprattutto, riteniamo che il legislatore abbia prudentemente rimessoagli interpreti il lavoro di "elaborazione sistematica" di una disciplina che già - come siè visto - si presenta complessa e non del tutto lineare dal punto di vista dogmatico(soprattutto per quanto riguarda la s.r.l.) e che la presenza di richiami espressi al dirittocomune avrebbe rischiato di ulteriormente "appesantire" o complicare. In altre parole,riteniamo che il legislatore abbia correttamente preso atto che il compito di procedere alcoordinamento con il diritto comune delle due discipline dell'invalidità delledeliberazioni nella società per azioni e nella società a responsabilità limitata spetti alladottrina assai più che al legislatore stesso (177) (178). D'altra parte, che il legislatore delle riforma ritenga implicito il rinvio alle norme suicontratti, sembrerebbe confermato, anche, dalla modifica apportata alla formulazionedel n.4 (ora n.2) dell'art.2332 c.c.: fra le cause di nullità della società era prevista, comeè noto, la "illiceità o contrarietà all'ordine pubblico dell'oggetto sociale", ora sostituita,più semplicemente, dalla "illiceità dell'oggetto sociale". Tale modifica va letta, come cipare evidente, non nel senso che la "contrarietà all'ordine pubblico" dell'oggetto non siapiù ritenuta causa di nullità della società, ma semplicemente nel senso che il legislatoreabbia ritenuto superflua - o forse addirittura fuorviante - tale indicazione accanto allailliceità, quando, in base al diritto comune, la "contrarietà all'ordine pubblico" è unodegli aspetti della illiceità (179); la soppressione sembra quindi presupporre che sidebba fare riferimento, per il concetto di illiceità, ai principi in materia di contratti(180), ed in particolare all'art.1343 c.c., che la definisce come contrarietà a normeimperative, all'ordine pubblico ed al buon costume.

A questo punto ci sembra utile, pur con ogni prudenza, tentare un quadro di sintesi delregime delle invalidità nella nostra materia. Le riflessioni finali si articolano nei seguenti punti:a) Il legislatore della riforma si ispira al diritto comune per delineare le duefondamentali figure di invalidità - nullità e annullabilità - ad esempio per quantoconcerne l'assolutezza della prima e la relatività della seconda. Diciamo che le categoriedel diritto comune costituiscono solo lo sfondo, perché sono, poi, ampiamente derogate(basti pensare al principio della imprescrittibilità della nullità).b) D'altro canto il legislatore configura un insieme di conseguenze dei vizi che non solosono disformi dal diritto comune, ma appaiono suggerite da grande empirismo. Anzi,questa ci sembra l'osservazione più importante: il legislatore traccia una disciplina cheben poco ha di astratto e generale, ma si atteggia come una composizione moltoparticolare e pragmatica dei vari interessi in gioco (dei soci singoli, dei soci nel lorocomplesso, dei creditori, dei terzi), con soluzioni ispirate a criteri di "opportunità". c) Valgono comunque sempre i principi generali in quanto non espressamente derogati(ad esempio abbiamo ammesso la configurabilità di una nullità parziale, e lasostituzione automatica di clausole) o incompatibili con la materia (181).d) In ragione della singolarità delle "rationes" sottostanti alle invalidità e alle lorocaratteristiche, riesce difficile l'applicazione dello strumento analogico o dell'argomento"a contrario"; più facile l'interpretazione estensiva.Alla luce di quanto sopra - e cercando di sottolineare solo gli aspetti di maggiorimportanza e peculiari - la disciplina delle invalidità può essere così riassunta:

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1) In tema di società per azioni:In conformità ai principi generali, il legislatore profila come relativa l'azione diannullamento. Distingue fra l'effetto dell'annullamento giudiziale, che fa salvi i dirittidei terzi di buona fede (solo i diritti, però, acquistati in base ad atti compiuti "inesecuzione" della delibera invalida) e l'effetto della "sostituzione" della delibera, che fasalvi, sempre, i diritti acquisiti dai terzi sulla base della deliberazione sostituita. Questadiversità di effetti verso i terzi rispecchia sostanzialmente il diritto comune, soprattuttoper quanto concerne gli effetti della convalida (182); ancora vi è coincidenza per quantoriguarda la possibilità di addivenire a sostituzione della delibera anche quando già siastata proposta l'impugnazione (che corrisponde, in campo negoziale, alla possibilità,comunemente riconosciuta - almeno secondo l'interpretazione più diffusa (183) - diconvalida anche nel corso del giudizio di annullamento).L'azione di nullità spetta a chiunque vi abbia interesse, ma è soggetta a termine didecadenza, salvo i casi molto rari di imprescrittibilità delineati dall'art. 2379, primocomma, ultimo periodo, c.c. (184). La delibera nulla è sostituibile e, sia in caso di pronuncia giudiziale di nullità che disostituzione, pare si possa ritenere che siano salvi i diritti acquistati in buona fede daiterzi in base ad atti compiuti "in esecuzione" della delibera nulla (185). In forza delrichiamo operato al settimo comma dell'art.2377 c.c., si può affermare che lasostituzione - con effetto preclusivo della declaratoria di nullità - possa avvenire anchequando già sia stata esperita l'impugnazione e quindi nel corso del giudizio, così come,nel diritto comune, si ritiene che l'effetto convalidante - là dove ammesso dalla legge -sia precluso solo dalla sentenza dichiarativa della nullità (185-bis).Speciale è la disciplina della nullità da mancanza di verbale, delineata dagli articoli2379 e 2379 bis c.c. Come è noto, la verbalizzazione può non essere contestuale allo svolgimentodell'assemblea, ma deve essere effettuata "senza ritardo, nei tempi necessari per latempestiva esecuzione degli obblighi di deposito o di pubblicazione" (così l'ultimocomma dell'art.2375 c.c.).Si può quindi ritenere: che la deliberazione "assunta", ma non ancora verbalizzata, sia -nel periodo di cui al predetto art.2375 - valida ed efficace per tutti i terzi, salvo,estensivamente, i terzi di cui all'art.2379 bis, secondo comma, c.c. (cioè coloro che inbuona fede la ignorano); che, decorso tale periodo (la cui durata dovrà essere accertatacaso per caso, in relazione anche alla complessità della deliberazione e quindi delrelativo verbale, ma il cui termine massimo è da individuare, evidentemente, nel terminestabilito per il deposito o l'iscrizione nel registro delle imprese) la deliberazione siaviziata da nullità per mancanza del verbale; che, in caso di verbalizzazione tardiva, maeffettuata nei tempi ammessi dalla norma per il riconoscimento di un effetto sanantedell'invalidità (cioè prima dell'assemblea successiva), l'efficacia della deliberazione siapiena "ab origine", salvo verso quella categoria particolare di terzi che in buona fede la"ignoravano". Qui la comparazione con il diritto comune riesce particolarmente difficile in ragionedella radicale diversità di questa ipotesi rispetto ai casi di conferma del negozio nullo(cfr. artt. 590, 799 c.c.; per certi aspetti più vicina la speciale conferma previstadall'art.40 Legge n.47/1985); perplessità si possono nutrire, anche, in relazione allaquestione se la particolare sanatoria possa operare quando già sia stata propostadomanda giudiziale per l'accertamento della nullità: forse si potrebbe sostenere unasorta di parallelismo con la soluzione prospettata in tema di sostituzione della delibera

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(186), anche se - d'altra parte - si potrebbe obiettare che altro è permettere lasostituzione, che mira ad eliminare volontariamente un vizio proprio della delibera, altroè ammettere che possa ancora essere compiuta quella "operazione" (la redazione delverbale) all'accertamento della cui omissione (dalla quale potranno discendere leconseguenti responsabilità) era rivolta la domanda giudiziale. Se poi il verbale viene redatto oltre i termini ammessi dall'art.2379-bis c.c., non potràpiù sortire alcun effetto sanante e la pronuncia di nullità travolgerà gli eventuali effettiderivati dall'esecuzione della delibera, salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi.2) In tema di società a responsabilità limitata:Le decisioni dei soci sono soggette a diverso termine di impugnazione (sino a un rarocaso di imprescrittibilità, analogo a quello indicato per la s.p.a.), a seconda della"gravità" del vizio.Tale circostanza, unitamente alla assolutezza dell'azione per i casi più gravi (a frontedella relatività per quelli meno gravi) ed alla circostanza che tale diversa gravità delvizio pare rilevante sia ai fini del controllo notarile sia dei diversi obblighi dicomportamento degli amministratori, convince che "ontologicamente" permangano inqualche modo le due diverse categorie della nullità e della annullabilità, seppure conpeso ed effetti più limitati. Infatti, come prima scritto, se l'impugnazione delle decisioninon travolgerà, in caso di esito positivo, i diritti dei terzi che in buona fede abbianoacquistato diritti in forza di atti "in esecuzione" della delibera, la decisione insostituzione salvaguarderà i diritti comunque acquisiti dai terzi "sulla base" delladeliberazione sostituita, quale che sia la gravità del vizio (187).Pare, anche qui, che la sostituzione della delibera/decisione extra assembleare possaavvenire pur nel corso del giudizio.La mancanza del verbale (o della forma scritta per la decisione extra assembleare)importa gli effetti sopra descritti per la società per azioni.Ma, ove il verbale tardivo non possa più sortire alcun effetto sanante, l'eventuale"sostituzione" della delibera potrà far salvi - in forza del richiamo all'ottavo commadell'art.2377 c.c. operato dall'art.2479-ter c.c. - i diritti acquistati dai terzi in base alladeliberazione sostituita.

13. Risarcimento e invalidità.

L'argomento del rapporto fra invalidità delle delibere e rimedio risarcitorio è moltodelicato.In sé e per sé la rilevanza del profilo dell'organizzazione sembrerebbe escludere ogniipotesi di risarcimento: ponendosi le regole organizzative della società come "regole diazione", la violazione di tali regole "non comporta di per sé l'inadempimento di unobbligo o la lesione di un diritto, bensì l'illegittimo esercizio di un potere: non quindi(...) il sorgere di un problema risarcitorio, ma riguardante la validità (e/o l'efficacia)degli atti compiuti". Così si esprimeva, prendendo le mosse dal secondo commadell'art.2377 c.c. nel testo anteriore alla riforma, autorevole dottrina (188), la qualesottolineava anche il diverso significato giuspolitico dei due strumenti di tutela, inquanto l'impugnativa conduce ad esiti che rilevano necessariamente sul piano collettivo(per la società e per tutti i soci) mentre il rimedio risarcitorio mira alla tutela delleeconomie individuali dei soci e non necessariamente anche degli interessi socialieventualmente lesi.

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In realtà, come è stato notato dalla stessa dottrina (189), il problema è di stretto dirittopositivo e, da questo angolo visuale, è perfettamente possibile che l'ordinamento valuti ifenomeni societari a volte in termini organizzativi e a volte in termini di posizioniintersoggettive, suscettive di violazioni e quindi di ristoro di danni. Del resto, già primadella riforma si era manifestata la tendenza a proporre in alternativa o in surrogazionedell'impugnazione il rimedio risarcitorio (190); questa linea di tendenza è netta nelD.Lgs. 17 gennaio 2003, n.6.Il legislatore della riforma ha infatti decisamente ampliato il campo della c.d. "tutelaobbligatoria" dei soci, tutela concepita come sostitutiva e in subordine (non cumulativané alternativa) rispetto a quella "reale" volta alla eliminazione della deliberazioneviziata e al ripristino della situazione precedente (191): il diritto al risarcimento deldanno arrecatogli dalla "non conformità" della delibera è riconosciuto al socio in tantoin quanto egli non sia legittimato a chiedere l'annullamento della deliberazione(art.2377, terzo comma, c.c.), vuoi perché privo del diritto di voto, vuoi perché nontitolare della quota minima di capitale. Non pare, invece, che il socio legittimato all'impugnativa possa - a sua discrezione -chiedere, in alternativa, il risarcimento del danno. Il rimedio risarcitorio è, quindi, normalmente subordinato all'inesistenza, nel casoconcreto, di un diritto di impugnativa (192).Proprio perché "sostitutivo" (e non alternativo) rispetto al diritto di impugnazione, ilrimedio risarcitorio non è previsto, in via generale, avverso le decisioni viziate dei socinella società a responsabilità limitata (l'art.2479-ter non richiama, infatti, il terzo commadell'art.2377 c.c.): dato che la legittimazione all'impugnativa spetta ad ogni socio -indipendentemente da una soglia minima di partecipazione sociale - il legislatore hacoerentemente escluso tale diversa azione (193).Il rimedio risarcitorio riacquista spazio, invece, ove l'annullamento non possa esserepronunciato e gli effetti della deliberazione viziata vengano stabilizzati a seguito di unadelibera "sostitutiva" (art.2377 comma 7, richiamato per le delibere nulle dall'art. 2379e, nella s.r.l., dall'art. 2479-ter c.c.).Il risarcimento del danno è altresì previsto a fronte della "sanatoria" di delibere ad altorilievo organizzativo, i cui effetti si riverberano sui terzi, coinvolgendo gli interessi diun pubblico potenzialmente vasto (e caratterizzate perciò da un breve termine diimpugnazione: art. 2379-ter, parzialmente applicabile anche alla s.r.l. (194).Il diritto al risarcimento è, infine, contemplato in ipotesi procedimentali in cui siprivilegia la "stabilità" del risultato strutturale, ma nel contempo si vuole assicurare ilristoro dei danni ai soci e ai terzi, se lesi in un interesse economico (così, procedendonella direzione già prescelta in tema di fusione con l'art.2504 quater c.c. - il cui testoviene confermato - ora anche l'art.2500 bis c.c. in materia di trasformazione).In quanto sostitutiva dell'impugnazione, la domanda di risarcimento danni di cuiall'art.2377, terzo comma, è sottoposta dal quinto comma del medesimo articolo 2377c.c. allo stesso brevissimo termine di decadenza, termine che rischia però di frustrare latutela del socio, dal momento che, presupponendo il risarcimento la "realtà" del danno,questo potrebbe prodursi solo con l'esecuzione della delibera e quindi, magari, quandogià sia maturata la decadenza (195).E' dubbio se analogo breve termine di decadenza debba valere - ove il vizio sia fraquelli contemplati dall'art.2377 c.c. - anche nelle ipotesi di "sanatoria" previste dalsecondo comma dell'art.2379-ter (196), mentre pare pacifico che, ove il vizio sia causadi nullità della deliberazione, così come nelle ipotesi di cui agli articoli 2504 quater e

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2500 bis c.c., l'azione risarcitoria sia proponibile entro l'ordinario termineprescrizionale.Sulla base di quanto sopra ci sembra di dover concludere nel senso che il rimediorisarcitorio sia eventuale, subordinato, e debba essere previsto esplicitamente, anche inragione della circostanza che lo stesso è legato al termine prescrizionale quinquennaleche certo non può dirsi consono alle esigenze del corretto funzionamentodell'organizzazione societaria (197).Non contraddice con la conclusione di cui sopra il fatto che venga prospettata l'azione didanni (non in alternativa, si badi, ma in cumulo) per l'ipotesi di "abusi di maggioranza",a fronte, cioè, di deliberazioni assunte in patente violazione degli obblighi di correttezzae buona fede (198).L'ipotesi, che incontra peraltro forti contrasti in autorevole dottrina (199), troverebbe lapropria giustificazione nell'essere la deliberazione - assunta con il voto determinante disoci che hanno violato gli artt. 1175 e 1375 c.c. - contraria a norme di legge e quindiannullabile ai sensi dell'art.2377 c.c. (art. 2479-ter c.c. per le s.r.l.) e nel contempolesiva di quegli aspetti contrattuali che permangono pur dopo la costituzione dellasocietà: la perdurante rilevanza di rapporti intersoggettivi fra i soci e fra questi e lasocietà rappresenterebbe il fondamento di un obbligo di risarcimento ai soci danneggiatidalla deliberazione, "poiché è questa la sanzione propria - secondo i principii generalidel diritto delle obbligazioni - della violazione di quelle specifiche norme" (200) (201). A nostro parere è profondamente vero che il legislatore moderno tende a utilizzare latutela risarcitoria, o per inadempimento di vincolo o per invalidità, con una tecnicamolto più attenta alla tutela degli interessi concreti che al rigore dogmatico (202), ma inlinea generale seguendo il criterio dell'alternatività, non del cumulo (203).Pertanto la "cumulatività", nei casi di cui sopra, potrebbe giustificarsi, e non senzasforzo, in una di queste due diverse maniere:* ritenendo che l'azione di danni (per responsabilità contrattuale) sia intentabile non neiconfronti della società ma della maggioranza deliberante (204);* ritenendo aquiliana la responsabilità (e facente capo indifferentemente alla società ealla maggioranza); potrebbe, cioè, dirsi che il comportamento doloso integri "di per sé"un fatto ingiusto ai sensi dell'art.2043 c.c. (205) o che esista un comportamento "noniure" dei soci (o della società) sorretto da dolo e come tale sussumibile nell'ambitodell'art.2043 c.c. (206). In questi termini, forse, anche chi (207) insiste sul valoreeminentemente organizzativo della deliberazione, sminuendo gli aspetti contrattuali,potrebbe ammettere una pretesa risarcitoria; infatti potrebbe "dirsi in definitiva (...) chedi un vero e proprio diritto soggettivo è possibile parlare esclusivamente quando dellaposizione giuridica e della sua tutela si considera il rilievo esterno al procedimentoassembleare, su un piano quindi diverso rispetto a quello suo proprio tipico" (208). Questi rilievi, comunque, mettono in chiaro, a nostro parere, che esiste una diversitàfondamentale fra l'azione risarcitoria così come concepita dal legislatore nell'art.2377 (eprospettata all'inizio di questo paragrafo) e l'azione risarcitoria collegata alla violazionedegli obblighi di correttezza e buona fede; infatti in quest'ultimo caso il ristoro deldanno viene conteggiato secondo criteri puramente individualistici che riguardano l'areapatrimoniale del socio in proprio, mentre nel primo caso si tratta di un danno che ilsocio "condivide con gli altri soci e che in definitiva corrisponde alla frazione di suapertinenza del danno provocato dalla delibera illegittima a carico dell'intera collettività"(209).

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14. Atti collegiali dei soci. Decisioni dei soci a. Aspetti generali. Requisiti minimi di esistenza di una decisione dei soci.Distinzione fra deliberazione assembleare, decisione extra assembleare e pattoparasociale.

Il legislatore della riforma all'art.2479 c.c., in armonia con la struttura meno complessae più ricca di aspetti personalistici della società a responsabilità limitata, ha stabilito chele decisioni dei soci non debbano necessariamente passare per la forma assembleare; haprevisto in alternativa, sulla scia anche di esperienze straniere, che il procedimentoassembleare possa, seppure non in tutti i casi, essere sostituito (se statutariamenteprevisto), dall'assunzione di decisioni "mediante consultazione scritta o sulla base delconsenso espresso per iscritto".In senso stretto gli atti collegiali comprendono le sole delibere assembleari, in quanto ilmetodo collegiale suppone una "unitarietà spazio-temporale della formazione delconsenso" (210) . In senso lato si possono indicare metodi alternativi, privi di detto requisito, con cui ungruppo organizzato, secondo un proprio codice corporativo, imputa a sé certe decisioni.In dottrina tali metodi alternativi vengono raggruppati sotto la voce "referendum". Siscrive: "Con l'espressione referendum si indica, invece, la tecnica che consente unaraccolta del consenso fra tutti i legittimati al voto senza il rispetto dell'unitarietàtemporale tipica del metodo assembleare. Appartengono a tale ipotesi le fattispecie delvoto per corrispondenza, della consultazione per iscritto (tramite la consegna delledichiarazioni di voto nelle mani degli amministratori o di altri soggetti preventivamenteindividuati, ovvero attraverso la sottoscrizione non contestuale di un documentocomune) e di quella per via telefonica" (211); si aggiunge che, seppur in manieraapprossimativa, si può incasellare nell'ambito del referendum il sistema di votazione perassemblee separate (212). Esattamente si escludono dalla categoria i metodi di raccoltadelle adesioni frutto dell'iniziativa di più soci miranti a raggiungere solo una certamaggioranza, ma senza avvisare o richiedere il consenso della totalità dei soci (213).Tale ultimo procedimento è giudicato dalla dottrina e giurisprudenza dominanti tipicodelle società personali (214), pur dando atto di recenti ripensamenti critici da parte delladottrina. Le novità introdotte dal legislatore della riforma suscitano una serie di interrogativi eimpongono delle precisazioni piuttosto importanti.Cominciamo con il chiarire che l'art.2479 c.c. limita l'alternatività rispetto al metodoassembleare solo alla manifestazione di volontà espressa per iscritto (e la Relazione -par.11 - sottolinea "l'esigenza, insopprimibile per ragioni di certezza, che siffattedecisioni risultino da atto scritto"; il procedimento potrebbe avvenire o tramite lacomunicazione di proposta specifica (scritta) ai soci, destinata a raccogliere il consenso(scritto) degli stessi secondo una certa maggioranza, o in una forma ancora più semplicecon una specie di consultazione "circolare" ove i singoli soci si "passano" il testo(scritto) da approvare o respingere (215).E' evidente che lo statuto può prevedere l'adozione di entrambi i metodi, di uno solo,discriminarli a seconda delle decisioni (216). E', ancora, evidente che lo statuto potrà(anzi dovrà) enucleare gli snodi procedimentali, in particolare i soggetti legittimati

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all'iniziativa (217), come vedremo infra, con importanti conseguenze in ordine alrispetto della disciplina convenzionale. Ma è certo che il meccanismo decisionale "normale", anche per la società aresponsabilità limitata, è la deliberazione assembleare; le decisioni extrassembleari, purnon potendosi definire eccezionali, sono frutto di una deroga legislativa prudente cheesclude la loro valenza per certi argomenti particolarmente importanti (218) e questoperché esse non garantiscono lo scambio di opinioni né la contestualità di tale scambio. Ciò significa che l'assemblea non ammette ipotesi similari, mentre vale il contrario perle decisioni referendarie.Quindi, ad esempio, il metodo assembleare non può essere rimpiazzato dal metododelle assemblee separate (219). Forse uno dei problemi più delicati riguarda l'ipotesi in cui si debba distinguere se inconcreto vi sia stata assemblea o decisione referendaria o patto parasociale, qualora la"materia" sia intrinsecamente organizzativa e non solo interindividuale (220). Il problema, per certi aspetti, è connesso con quello della (residua) configurabilità - inparticolare in materia di società a responsabilità limitata - di deliberazioni assembleariinesistenti.Vediamo.Tizio e Caio e Sempronio sono i soci di una società a responsabilità limitata. Tizio eCaio si trovano, senza alcuna convocazione, e genericamente decidono su un argomentoriservato all'assemblea, per esempio ex art.2479, secondo comma, n.5, cod. civ.;"genericamente decidono", nel senso che loro stessi non sanno bene se si tratti di un"progetto di decisione" o di una vera delibera senza convocazione. Sempronio, saputodell'incontro dei due soci, dichiara di prendere atto che si è svolta una riunioneassembleare, alla quale egli "aderisce" ex art.2379 bis, primo comma; oppure Tizio eCaio prima "volevano" una "predecisione", ma ricevuta la comunicazione di Sempronioconvertono la loro volontà di predecidere in decisione assembleare.Come qualificare tali ipotesi?Ricollegandoci ad argomenti già trattati e riprendendo spunti accennati nel corso delpresente lavoro, a noi sembra che il discorso possa essere così sviluppato:L'art.2479-ter, terzo comma, c.c. qualifica in termini di invalidità una delibera di s.r.l.assunta in "mancanza assoluta di informazione". La dizione potrebbe far pensare più adun ordine del giorno assolutamente carente che all'ipotesi di mancata convocazione(221); a quest'ultimo caso, però, si riferisce, sicuramente, l'art.2379-bis, primo comma,c.c. richiamato dall'ultimo comma dell'art.2479-ter (che quindi richiama anche, in viamediata, l'art.2379 c.c.). Quindi, quale che sia l'interpretazione del terzo commadell'art.2479-ter, sicuramente anche per le s.r.l. (e d'altra parte non si capirebbe laragione di una diversa disciplina) la mancata convocazione assembleare (che lagiurisprudenza e parte della dottrina collegavano, prima della riforma, all'inesistenza) èprevista come causa di invalidità. Tuttavia il caso della riunione informale e non totalitaria dei soci rimane ancoraproblematico; presenta problemi perché, abbandonando il meccanismo procedurale diconvocazione individuante la categoria "assemblea" (e la fattispecie, anch'essarigorosamente procedurale, dell'assemblea totalitaria) manca ogni criterio per catalogarecome vera (o non vera) assemblea la riunione informale (222). Ora, una disamina dell'art.2379-bis c.c. (pur richiamato per le s.r.l.) permette diindividuare i seguenti punti:

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- può esistere (pur se invalida) una delibera assunta fuori da ogni collegamento con laparte iniziale (convocazione) del procedimento deliberativo;- esiste una delibera pur se difetti il verbale;- quindi, una deliberazione non verbalizzata e assunta da un'assemblea non convocata è(doppiamente!) nulla, ma esistente (223). Rimane da chiarire, però, in che termini e in base a quali elementi possa dirsi formatauna (invalida) delibera e non un qualsiasi progetto di delibera o un patto parasociale.Ora a noi sembra che debbano considerarsi unitariamente i seguenti aspetti: lo scarsorilievo - ancora accentuato dalla riforma - degli elementi soggettivi-volitivi, a livello didecisioni collettive; la necessità di certezza e stabilità degli effetti delle decisionisocietarie; l'ampia possibilità prevista dalla riforma di assumere patti parasociali (siconsideri l'art.1, primo comma, lett.c D.Lgs. 17 gennaio 2003, n.5, che ne amplia adismisura l'orizzonte). Se così è, ci sembra che l'ipotesi più ragionevole sia quella:- di confermare l'irrilevanza, ai fini della qualificazione del fatto posto in essere come"delibera assembleare", di qualsiasi concetto metagiuridico (o pregiuridico) di"deliberazione" diffuso nella realtà sociale (224); - di non tenere conto di quella che può essere stata la volontà individuale di alcuni, diquasi tutti, o della totalità dei presenti, al fine di riconoscere o meno nella decisione unfatto societario (225). Il punto di riferimento non può essere una qualsiasi volontànegoziale dei partecipanti ma esclusivamente il suo collegamento con l'organizzazionesociale.Riteniamo di condividere, in proposito, - ed ora più che in passato - il punto di vista dichi (226) già con riferimento al sistema previgente assegnava un ruolo fondamentale almomento della proclamazione (227): sarà il rispetto e l'attuazione di questa fase di unprocedimento assembleare per altri versi "monco" che permetterà di riconoscerel'esistenza di una delibera. Oggi più che in passato, abbiamo detto, perché ci pare chenel sistema della riforma alla proclamazione si connetta un valore "fondante", bensuperiore che nel sistema previgente (228): si è già visto come un errato conteggio deivoti o una loro invalidità, una volta proclamati i risultati, normalmente non rilevi(svalutazione degli aspetti soggettivi del voto, anche se collegati ad una volontà viziata),salvo che detti voti siano stati determinanti ai fini della maggioranza; in tale ultimo casola delibera è impugnabile ex art.2377, quarto comma, numero 2, c.c., senza che si possa,però, accertare giudizialmente il risultato esatto, opposto a quello "proclamato" (229). Un altro aspetto importante per affermare che ci troviamo di fronte ad una deliberanulla, anziché ad una "non delibera", ci pare la presenza e l'operatività di un soggettoche funga da segretario, con il compito cioè di fissare la "memoria" - se pur non ancoratrasfusa in vero "verbale" - dei fatti e delle volontà manifestate (la persona del"segretario", intendendo per tale chi sia incaricato di raccogliere la documentazionescritta da elaborare, conservare e trascrivere nel libro delle decisioni, ci sembra, poi,particolarmente rilevante in caso di metodo extra assembleare: ma su ciò infra).Ricordiamo, infatti, che con la riforma i compiti organizzativi di chi funge da segretariosono in realtà aumentati e quindi questa figura assume un rilievo ancora maggiore (230)(231). Rimane il non facile problema di adattare la soluzione di cui sopra alle decisioniextrassembleari, caratterizzate da un procedimento certamente semplificato rispettoall'assemblea: quando uno scambio di opinioni scritte o la raccolta di adesioni su unprogetto, se limitati ad alcuni soci, escono dal "limbo" dei sondaggi o degli accordi

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preventivi ed assurgono al rango di decisione (invalida, ma pur sempre decisione) presain "assenza assoluta di informazione", cioè all'insaputa di altri soci?Una prima (facile) soluzione consiste nell'esaminare gli statuti in concreto: anche quil'esistenza di un tracciato procedimentale indicato in statuto, e parzialmente rispettato,seppur monco, sarà decisivo. Ma quid iuris se lo statuto tacesse? A noi sembra che sidebba adottare un atteggiamento di cautela per poter riferire alla società atti "di fatto"equivoci, nel senso di pretendere almeno quel minimo di "procedimentalizzazione" chepermetta di riconoscere l'avvio di una consultazione alternativa al metodo assembleare,e ciò anche in ragione della circostanza che le decisioni extra assembleari sono pursempre un sistema decisorio "in deroga". Ebbene: se si tratta di decisione referendaria,un minimo di riconoscibilità è intrinseca al meccanismo (infatti deve esistere unaproposta di decisione predefinita che viene sottoposta all'approvazione dei soci); se sitratta di consenso espresso per iscritto, riteniamo che la medesima "chiarezza" impostadal legislatore con riguardo al contenuto della decisione (terzo comma dell'art.2479 c.c.)debba indurre a pretendere l'emergere di un qualche elemento di procedimentalità (adesempio – e si tratta sempre di funzioni "lato sensu" segretariali - l'incarico a qualcuno odi qualcuno di raccogliere il materiale documentale relativo alla formazione delladecisione, di coordinare il luogo degli invii (se la decisione ha una formazione spazio-temporale diversa), di definire il momento in cui la maggioranza si è formata, diprocedere alla successiva trascrizione nel relativo libro della documentazione:documentazione, fra l'altro, che a norma dell'art.2478 n.2 c.c., deve essere conservatadalla società).

Abbiamo visto in base a quali elementi si possa arrivare, nei casi estremi, a individuarel'esistenza di una delibera o di una decisione extrassembleare. Si tratta ora di accertare, nei casi di confine naturalmente, quando si abbia deliberaassembleare o decisione extrassembleare o patto parasociale.La valenza assembleare di una decisione suppone che vi sia contestualità: questo èl'aspetto reputato intrinseco al concetto di assemblea, in quanto solo la contestualità ègaranzia di confronto di opinioni (232). In questa ottica neppure l'unanimità, non espressa in sede assembleare, garantisce taleobiettivo, perché potrebbe qualificarsi l'unanimità come "casuale" e non nascente,appunto, da una ponderazione generata dal confronto di idee (233). Quest'ultimaopinione in diritto amministrativo è quella decisamente prevalente ed è alla base delladistinzione fra collegi perfetti - in cui la possibilità della discussione è d'obbligo - eimperfetti - per i quali non vale tale principio (234). In primo luogo ci sembra doversi escludere che vi possa essere un fenomeno diconversione, nel caso di delibera invalida, in decisione extrassembleare (ammesso chel'oggetto sia compatibile con tale ultimo metodo e lo statuto preveda il metodoreferendario); si è più sopra scritto che nell'ambito dell'organizzazione sociale è daescludersi che operi un rimedio negoziale che creerebbe intrinseche incertezze per iterzi. Ma è anche da escludersi la conversione di una delle due forme di "decisionesociale" in patto parasociale (235), esattamente si è rilevato che l'inserimento delladecisione nel meccanismo della pubblicità del registro delle imprese esclude ogni altravalenza che non sia sociale (236). Così è da escludere detta conversione (in pattoparasociale, cioè) per la decisione sociale (invalida) di nomina di un amministratore, odi inserimento/soppressione/modifica di una clausola di prelazione o di una clausolaarbitrale (clausole tutte, a nostro parere, che possono medesimamente qualificarsi in

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termini “organizzativi” o in termini interindividuali) (237).Tornando al nostroargomento, noi crediamo che il criterio discretivo fondamentale sia dato dall’uso delleforme procedimentali tipiche dell’uno o dell’altro meccanismo, per quanto concerne ladistinzione fra delibera e decisione extra assembleare (238),con esclusione sicura, comegià detto, di ogni ricerca della "volontà degli effetti", tipica di una materia negoziale maestranea al modello "organizzativo" (239).E per quanto riguarda la distinzione fra sociale e parasociale?Il problema, è evidente sulla base dei rilievi di cui sopra, concerne i casi in cui si tratti diclausole “necessariamente” di tipo organizzativo (240) o clausole con doppia valenza,come sopra scritto. Negli altri casi, e cioè di clausole tipicamente a rilievo individuale,non esiste problema perché, pur se inserite nello statuto sociale, saranno pur semprepattuizioni parasociali (241). Ora, negato ogni fenomeno di “conversione” per le ragioni sopra dette, a noi sembra chesi debba arrivare all’individuazione di una natura parasociale “per eliminazione”.Escluso, sulla base della mancanza di quel minimo di formalità procedimentali cuiabbiamo accennato, che si tratti di “decisioni” dei soci, dovrà concludersi che ci simuove nell’ambito del parasociale, con l’avvertenza finale, però, che un patto del tipo dicui sopra (ontologicamente anche “corporativo”), inserito nel meccanismodell’organizzazione sociale, perché trascritto nel libro delle decisioni, assumerànecessariamente “rilevanza reale” e cioè sociale (242), indipendentemente da ogni“volontà degli effetti” (243).

b. Decisioni extra-assembleari

L'argomento qui non viene approfondito perché materia di altro lavoro. Ci limitiamo afissare alcuni punti particolarmente importanti per il nostro argomento.Il meccanismo del referendum, nelle sue diverse forme sopra esposte, suppone sempreuna informativa a tutti i soci, come risulta dall'art.2479-ter terzo comma. Questo èl'aspetto che rivela la fondamentale diversità rispetto alle "decisioni" nell'ambito dellesocietà personali per le quali, almeno secondo la dottrina e la giurisprudenza dimaggioranza, tale informativa non è necessaria (244). I problemi che ci sembrano di maggior rilievo sono i seguenti: chi è legittimato adiniziare la procedura referendaria? Il metodo extra assembleare costituisce l'eccezionerispetto alla regola del metodo assembleare? Quando la decisione si deve intendereperfezionata? Se e in che limiti il consenso di un socio può essere revocato? Si deve daratto dell'astensione? E' chiaro che la materia del referendum è una di quelle in cui sarà indispensabile chel'autonomia statutaria si esprima; alcune delle domande di cui sopra possono quindiessere superate dalla volontà delle parti, ma rimane aperto il problema nell'ipotesi disilenzio dello statuto (o di contrasto della norma statutaria con principi strutturali o connorma imperativa).Ci sembra, allora, in primo luogo, che l'iniziativa debba partire dal soggetto indicatostatutariamente: pare difficile immaginare uno statuto che non preveda il soggettolegittimato alla convocazione o a dare impulso alla consultazione; se però cosìaccadesse, riteniamo che nelle società a responsabilità limitata a profilo capitalisticodebba essere l'organo amministrativo, mentre in quelle a profilo personalistico possa

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essere qualunque socio (245), come dovrebbe dirsi nelle società personali cheprevedano un'assemblea, in mancanza di ulteriore disciplina nei patti sociali (246). Riteniamo, poi, che il metodo extra assembleare sia subalterno al metodo assembleare,per le ragioni sopra scritte (fra l'altro, deve essere statutariamente previsto). Ci sembra,però, che la sua previsione statutaria non debba essere necessariamente collegata a"specifiche" decisioni e che laddove la norma statutaria taccia (nel senso che nonimponga tassativamente il metodo assembleare) possano essere indifferentemente usati idue metodi (247). Per quanto concerne il momento finale in cui può dirsi chiusa la procedura di decisione"per consultazione" o "per consenso scritto", riteniamo che, in assenza di regole previstestatutariamente, esistano oggettive difficoltà non facilmente superabili. La mancanza diun ragionevole appiglio cui agganciare il termine finale (248) porta inesorabilmente aritenere che ci si debba ancorare alla "congruità" di un certo lasso di tempo (249), ma ilconcetto è piuttosto labile. Il problema si aggrava ove si ammetta che la decisione delsingolo sia revocabile (250) sino all'esaurimento della procedura, per la difficoltà quasiinsuperabile di rendere edotti del fatto, a tutti gli effetti, gli altri soci. Ulterioriincertezze si creano se non si ritiene esaurita la procedura nel momento in cui siaraggiunta l'occorrente maggioranza (251), ma soltanto una volta scaduto il terminefinale, che, come detto, se non espressamente indicato potrebbe essere collegato allasola congruità. Chi sostiene questa tesi ritiene anche che l'opinione espressa possaessere modificata per contatti successivi fra i soci e che quindi il rispetto del terminefinale sia imposto da questa necessità intrinseca (252). Il fatto è che, contrariamente aquanto ritenuto da alcuni autori (253), le decisioni extra assembleari non paiono fondatesul confronto di opinioni (o sullo scambio di opinioni) tipici del procedimentoassembleare (254). Tirando le fila del discorso, riteniamo che, in assenza di previsioni statutarie, leconsultazioni extra-assembleari possano (anzi, debbano) avvenire con l'indicazione, daparte di chi avvia la procedura, del termine finale entro cui la procedura stessa dovràintendersi conclusa, che il convincimento espresso da ogni socio sia irrevocabile e chela decisione si formi a maggioranza raggiunta; questa conclusione, se si riflette al piùvolte invocato principio della certezza e stabilità delle decisioni, ci sembra quasinecessitata (255). Ci sembra infine perfettamente ammissibile che nel procedimento referendario si debbadar spazio all'astensione: i soci "che non hanno consentito" ai sensi dell'art.2479 ter c.c.sono sicuramente anche quelli che vogliono astenersi.

c. L'invalidità delle decisioni extra assembleari

In linea di massima i vizi, per le decisioni non assembleari, sono gli stessi che dannoluogo ad annullabilità o a nullità delle delibere assembleari (abbiamo già prima scrittoche la generica "invalidità" declamata dal legislatore in qualche maniera "nasconde" pursempre due categorie di invalidità, una più grave e una men grave, che riteniamoopportuno continuare a indicare secondo le categorie del diritto comune).In linea di massima, abbiamo detto, perché non si può negare che esistano casi peculiari,relativi al meccanismo procedurale di decisione.

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In primo luogo, è evidente che non sono ipotizzabili, qui, la mancanza di convocazione(sostituita dalla carenza assoluta di informazione, di cui già si è detto) né la mancanzadel verbale.Ma la mancanza di forma scritta, che tipo di invalidità comporta?Già si è visto che - sebbene l'art.2479-ter non richiami l'art.2379 in tema di nullità delladelibera per mancanza di verbale - dal richiamo effettuato, comunque, all'art.2379-bisc.c. in tema di sanatoria la dottrina prevalente tragga la conclusione (assolutamentecondivisibile) che anche nelle società a responsabilità limitata la mancanza di verbaledia luogo a nullità (256). Ma lo stesso deve dirsi per la decisione extra-assembleare non assunta in forma scritta.Si tratta di interpretazione estensiva e militano in questo senso poderose ragioniconnesse all'organizzazione e alla tutela dei terzi (si pensi ad una decisione extra-assembleare di nomina degli amministratori).Non ci pare, infatti, di poter condividere l'opinione (257) secondo cui per le "decisioni"extra-assembleari dei soci la mancanza della forma scritta avrebbe conseguenze soltantosul piano dell'annullabilità, in quanto patologia del consenso espresso dai singoli soci,rilevante esclusivamente nei limiti stabiliti dall'art.2377, quarto comma, n.2, c.c.,discostandosi dalla regola di diritto comune di cui all'art.1325 c.c.E' vero che la nullità è prevista dall'art.2479-ter c.c. soltanto - e fra l'altro indirettamente- per la mancanza di verbale; ma a noi pare che il rispetto dei principi fondamentali intema di procedimento assembleare debba valere anche per le decisioni assunte conmetodo diverso. Il senso dell'art.2479, terzo comma, c.c. è proprio quello di imporreregole "serie" per tali casi, con la conseguenza di equiparare estensivamente lamancanza di documentazione scritta extra assembleare alla mancanza di verbale (258). Pertanto ci pare che la mancanza di una dichiarazione scritta del socio - ovedeterminante per il raggiungimento del quorum - non rilevi soltanto sul piano dellainvalidità del consenso espresso da quel socio, ma come assoluta carenza documentaledella decisione.Tra l'altro il non ritenere sanzionate da nullità simili ipotesi potrebbe indurre a ricorrerenuovamente al "vituperato" concetto di inesistenza: se la figura alternativa alladeliberazione assembleare è la "decisione adottata mediante consultazione scritta o sullabase del consenso espresso per iscritto", e lo scritto non c'è, si potrebbe sostenere che laconseguenza non è un vizio della decisione, ma la mancanza - proprio - della fattispecie"decisione", così come delineata dal legislatore.Altra peculiarità, connessa alla particolare procedura di formazione delle decisioni, puòessere la seguente.Si consideri una decisione con metodo extra assembleare, sollecitata senza indicazionedel termine ultimo per la raccolta dei consensi: essa potrebbe dirsi viziata daannullabilità per non conformità all'atto costitutivo, ove esistesse una clausola statutariache, nel disciplinare la procedura, avesse stabilito la necessità di predeterminare untermine finale (il socio contrario potrebbe infatti sostenere che la mancata indicazione diun termine finale ha permesso di continuare a raccogliere adesioni, arrivando così araggiungere una maggioranza che forse sarebbe mancata); in assenza di tale clausola sipotrebbe forse ritenere che, fino al raggiungimento di una maggioranza, la fattispecie siain formazione: così prospettando, piuttosto, questioni di inefficacia.

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15. Decisioni collettive del consiglio e invalidità (nella società a responsabilitàlimitata).

Questo paragrafo deve dar conto di una disciplina fortemente innovativa rispetto alpassato. L'innovazione non è tanto da collegarsi alle modalità con cui il consiglio esprime le suedecisioni (le possibili alternative al "metodo collegiale perfetto" ricalcano i modelli giàesaminati per le decisioni dei soci, pur essendo la scelta in concreto, come vedremo,assai meno rilevante), ma al porsi stesso del problema dell'invalidità.Il legislatore si è orientato - per le società a responsabilità limitata - verso uno schema didisciplina già proposto in via interpretativa, prima della riforma, per le società dicapitali in genere: un sistema per il quale alle carenze ed ai vizi delle decisioni delconsiglio di amministrazione si collega normalmente la responsabilità degliamministratori ed eccezionalmente - cioè per il solo caso di conflitto di interessi -l'invalidità (259). In questo settore probabilmente viene in rilievo l'aspettopersonalistico di fondo che caratterizza la nuova società a responsabilità limitata. Si èsostenuto, nel corso di questo lavoro, che per la società a responsabilità limitata illegislatore propone all'autonomia privata, in alternativa, un modello capitalistico e unmodello personalistico: è vero, ma la struttura della nuova società riposa comunque suun ineludibile fondamento personalistico (260). Per rendersi conto di ciò basta ricordare la disciplina di cui agli artt. 2476 c.c. e 2475 terc.c. La prima norma (relativa ai poteri di controllo sull'amministrazione e di eserciziodell'azione di responsabilità da parte del singolo socio) evidenzia in maniera nettissimalo sfondo personalistico della s.r.l. (261); la seconda, soprattutto se raffrontata conquella di cui all'art.2391 c.c., indica che nella società a responsabilità limitata il conflittodi interessi opera come causa di invalidità per motivi sostanziali, mentre nelle societàper azioni solo in caso di violazione di prescrizioni formali. Più che mai per la s.r.l. ilvizio di conflitto di interessi risulta essere una applicazione del principioindividualistico di cui all'art.1394 c.c. (262). A questo proposito risulta pienamenteconvincente l'osservazione di chi (263) divarica radicalmente la figuradell'amministratore di s.r.l. rispetto a quello di s.p.a.: vicino al mandatario il primo, almanager professionale il secondo. Ma pure significativi nel senso di dar conto del carattere ineliminabilmentepersonalistico della s.r.l. sono il settimo comma dell'art. 2476 c.c. (che, nel prevedere laresponsabilità dei soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimentodi atti dannosi, riconosce il loro potere diretto di influire sulla gestione) e l'art.2481 bisc.c. (ove l'interesse del singolo socio sul controllo della compagine sociale prevale suquello imprenditoriale all'acquisizione di conferimenti in natura) (264). Sviluppiamo i rilievi di cui sopra.E' singolare che in tema di società a responsabilità limitata il testo della riforma abbiaabbandonato ogni riferimento all'invalidità per quanto concerne in genere le decisionidel consiglio, e ciò a differenza di quanto stabilito per la società per azioni dal nuovotesto dell'art.2388 c.c.; non appare più - neppure in rubrica - un qualche accenno arequisiti di validità della deliberazione e correlativamente il legislatore tace su tutte leprescrizioni di cui al precedente art.2388 c.c., che veniva richiamato dall'art.2487 c.c.vecchio testo. Questa assenza di valutazione in termini di validità/invalidità non può,anche in ragione della ben diversa disciplina dettata per le società per azioni, non avereun profondo significato.

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Infatti quello stesso legislatore che, in materia di società per azioni, oltre a disciplinarein modo più ampio ed articolato il caso dell'amministratore "interessato" in operazionidella società (art.2391 c.c.), sente la necessità di aggiungere all'art.2388 un quarto ed unquinto comma per prevedere espressamente l'impugnazione - in generale - delledeliberazioni prese non "in conformità della legge o dello statuto" o "lesive dei dirittidei soci" e per stabilire gli effetti dell'annullamento nei confronti dei terzi, quando arrivaad affrontare il problema nella società a responsabilità limitata, sceglie di eliminare ilrinvio (preesistente) all'art.2388 ed all'art. 2391 c.c. per dettare una normativa specifica,relativa al solo caso del conflitto di interessi: a fronte di tale atteggiamento legislativo,ci pare che l'argomento "a contrario" sia molto forte. Sulla scorta di quest'ultimo rilievo e di quanto sopra osservato a proposito del caratterepersonalistico della nuova s.r.l., è persuasivo ritenere che in questa società l'agirecollettivo degli amministratori si modelli sulla falsariga dello schema delle società dipersone a struttura corporativa (265).Pare quindi di poter concludere che, salvo il caso del conflitto di interessi e salvo quantosi dirà in seguito in tema di delibere "delegate" del consiglio, il legislatore della riformaabbia sostituito al regime delle invalidità delle decisioni del consiglio diamministrazione il regime della "irregolarità" delle stesse, cui consegue l'eventualeazione di responsabilità nei confronti degli amministratori, anche in ragione di quantoprevisto dall'art.2476 primo comma c.c.: con una rilevanza, quindi, soltanto "interna"all'organizzazione societaria (266).Con l'ulteriore conseguenza, in perfetta armonia con l'impostazione personalistica, che,nel dare attuazione alle decisioni del consiglio di amministrazione, spetti agliamministratori di valutare, ex art.1711 c.c., quanto ci si possa da queste discostare eaddirittura quando sia il caso di superarle. Il tutto con evidenti vantaggi per i terzi e - forse - per il notaio, potendo essi prescindereda problemi di validità delle decisioni del consiglio (fatto salvo il caso, da approfondire,di eventuale responsabilità del notaio verso la società per il caso di macroscopicheirregolarità non rilevate) (267).La conclusione di cui sopra comporta una ulteriore rilevante conseguenza: la distinzionefra deliberazione di consiglio e decisione in forma scritta riveste una importanza assaiminore che non in tema di decisioni dei soci. Ciò non solo per la perfetta alternatività(nel senso di reciproca sostituibilità, salvo quanto in seguito precisato) delle diversemodalità procedurali (se prevista dallo statuto), ma perché tutte paiono accomunatedalla conseguenza della mera irregolarità, in ipotesi di vizi o difetti (268). Per il resto, ovviamente, il discorso sopra fatto in tema di convocazione dell'assemblea,di formazione delle decisioni extrassembleari e altro ancora varrà, "mutatis mutandis",per il nostro tema. Alle conclusioni di cui sopra si sottraggono, come prima accennato, oltre al caso diconflitto di interessi (per il quale varrà la disciplina specifica prevista dall'art.2475 ter,secondo comma, c.c.), le delibere "delegate" al consiglio ex art.2481 c.c.. In tale ipotesi sembra doversi concludere che la decisione "delegata" assumerà le stesseconnotazioni di invalidità (con applicazione dei relativi rimedi, anche in ordine allalegittimazione individuale dei soggetti legittimati all'impugnativa: cfr. art.2479-ter c.c.)che sarebbero proprie della decisione dell'organo delegante; sarebbe irragionevole ognialtra conclusione (269).Una osservazione finale: l'avere riconosciuto (salvo le predette eccezioni) alla decisionedel consiglio di amministrazione un rilievo meramente interno - donde l'assoluta

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irrilevanza per i terzi di eventuali vizi della stessa - potrebbe avere un'ulterioreripercussione in ordine alla vexata quaestio delle conseguenze della scissione fra poteregestorio e potere di rappresentanza.Come è noto, nel sistema anteriore alla riforma l'orientamento dottrinale prevalente e lastessa giurisprudenza equiparavano - con varie argomentazioni - tale dissociazione deipoteri ai limiti statutari al potere di rappresentanza, espressamente disciplinatidall'art.2384 c.c. (applicabile anche alle società a responsabilità limitata in forza delrichiamo operato dall'art.2487 c.c.) (270). Dall'attuale sistema sembrerebbe emergere, invece, una totale indifferenza del terzo allescelte organizzative interne effettuate per l'adozione di decisioni inerenti alla gestione eal risultato delle relative procedure: il potere di rappresentanza è generale (cfr. art.2475-bis, primo comma) e su di esso non sembrerebbero influire né il vizio né la mancanzadell'atto deliberativo interno, nemmeno nei ristretti limiti delineati dal secondo commadell'art. 2475-bis c.c. (271). In altre parole, la dissociazione del potere gestorio da quello rappresentativo nonsembrerebbe più riconducibile (oggi, cioè, ancor meno che in passato) ad un limite - nélegale né statutario - di quest'ultimo.

16. Le decisioni dei soci a carattere gestorio e rilevanza esterna della invalidità.

La riforma ha previsto la possibilità che la gestione sociale sia affidata in tutto o in partealle decisioni dei soci? In caso positivo varranno le regole di invalidità di cuiall'art.2479-ter c.c.? Può capitare quindi che il criterio sopra esposto di mera irregolaritàdella deliberazione gestionale interna sia sostituito dal regime di validità/invaliditàdettato per le decisioni dei soci, con possibile riflesso all'esterno (per i terzi e per ilnotaio)?Premettiamo che, certo, esistono almeno due casi (272) di competenza gestoria"necessaria" dei soci: ci riferiamo alla decisione "di compiere operazioni checomportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale..." (art.2479, secondocomma, n.5, c.c.) (273),e all'ipotesi cui rinvia il terzo comma dell'art.2475, cioè alladecisione sul "veto" posto da un amministratore quando sia stata adottatal'amministrazione disgiuntiva (274). Ciò premesso, ai fini di una miglior risposta al primo interrogativo, riportiamo qui diseguito gli articoli della riforma che interessano. - Art.2479 c.c. primo comma: i soci decidono sulle materie riservate alla lorocompetenza dall'atto costitutivo. Il testo è invocato per inferirne tale possibilità (v. delresto l'art.2476, penultimo comma, c.c.), senza limiti (275) o con il solo limite derivantedall'ultimo comma dell'art.2475 c.c. (276).A nostro parere l'articolo in questione, in sé e per sé, può significare il massimo o ilminimo della competenza gestoria dei soci. La risposta deve quindi essere ricavata allaluce delle altre regole della riforma e dal sistema.- Art.2479, secondo comma, n.2, c.c.: riserva alla competenza dei soci "la nomina, seprevista nell'atto costitutivo, degli amministratori". Tale dizione non significa che puònon esserci l'organo amministrativo, ma solo che una nomina rimessa alla decisione deisoci può mancare perché potrebbe essere riservata soltanto ad alcuni soci, a normadell'art.2468, terzo comma (277),oppure che l'atto costitutivo può affidare direttamente

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l'amministrazione a determinate persone, escludendo cariche sociali e rinnovi dellestesse (278). - Art.2475 c.c., primo comma, recita: "salvo diversa disposizione dell'atto costitutivol'amministrazione della società è affidata a uno o più soci". I primi commentatori (279)hanno voluto ravvisare in tale affermazione un significato profondo nel senso chel'amministrazione possa spettare collettivamente ai soci. L'interpretazione stupisceperché a noi pare che, molto più modestamente, il comma rispecchi il testo del vecchioart.2487 primo comma c.c. il quale, notoriamente, introduceva il principio del possibilescarto fra la qualità di amministratore e la qualità di socio.- Art.2475, ult. comma, c.c.: pare voler affermare che la competenza inderogabile degliamministratori sia quella ivi indicata; "a contrario" sembrerebbe che tutte le altrecompetenze gestorie possano essere riservate ai soci (280). In realtà la portata della norma, la cui lettura deve essere fatta in relazione al terzocomma dello stesso articolo, è semplicemente nel senso che certe materie sono dicompetenza dell'organo amministrativo "al completo" (e quindi sottratte al regimedisgiuntivo) (281).Nessuno degli articoli esaminatiè quindi decisivo per affermare o per escludere la"rimettibilità" ai soci dell'intera gestione sociale. Ora a noi sembra che sull'attribuzione, ai soci, della totalità delle competenze in materiadi amministrazione si possano nutrire seri dubbi per una serie di ragioni che sicompendiano: nell'eliminazione della figura della piccola società cooperativa - cheappunto prevedeva tale competenza gestoria assembleare - (art.111 septies normed'attuazione) (282) e soprattutto nella circostanza che mal si concilierebbe tale assuntocon il disposto del primo comma dell'art.2476 c.c. che, collegando la responsabilitàdegli amministratori all'"inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge...",lascerebbe intendere che non è possibile una "espropriazione" di poteri gestori da partedella collettività dei soci cui seguirebbe comunque...la responsabilità degliamministratori, pur se accompagnata dalla responsabilità dei soci ex 2476, settimocomma, c.c. (283).Con queste precisazioni, è peraltro sicuramente possibile che - per clausola dell'attocostitutivo o per iniziativa degli amministratori o su richiesta di tanti soci cherappresentino almeno un terzo del capitale sociale (cfr. art.2479, primo comma, c.c.) -una materia attinente alla gestione della società sia rimessa alla decisione (assembleareo extra assembleare) dei soci.In tale caso, l'eventuale vizio della decisione ex art. 2479-ter c.c. (e salvo, logicamente,che si traduca in autonoma illiceità dell'atto negoziale attuativo: cfr. supra, par.11),quale ripercussioni avrà "sull'esterno"? In altre parole: si dovrà negare ogni rilevanza del vizio della decisione dei soci inmateria gestoria, per coerenza sistematica con la soluzione adottata nei confronti delledecisioni del consiglio, e stante il potere generale di rappresentanza degliamministratori? Non ci pare sostenibile una simile soluzione, che si tradurrebbe in una totale "deroga" alsistema delle impugnazioni disciplinato dall'art.2479-ter c.c.: anzi, la sceltadell'autonomia privata di sottrarre determinate decisioni agli amministratori perrimetterle ai soci acquista un significato assai più pregnante ove si giustifichi nonsoltanto con l'intento di riservare la decisione a soggetti (eventualmente) diversi,secondo norme procedurali (eventualmente) differenti, ma soprattutto con la volontà di

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attribuire (eccezionalmente) al momento deliberativo interno quella rilevanza neiconfronti dei terzi che non è propria delle decisioni del consiglio di amministrazione.Nemmeno riteniamo, però, che - in caso di pronuncia giudiziale che accolgal'impugnazione - debba farsi applicazione dell'art.2377 sesto comma, e quindi affermareche sono salvi soltanto i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiutiin esecuzione della deliberazione. Per la verità questa soluzione sembrerebbe coerentesia con l'art.2479-ter, sia con l'impostazione seguita dal legislatore tutte le volte in cuiha disciplinato la rilevanza esterna dell'annullamento di un atto deliberativo interno:così, in materia di s.p.a., anche gli artt. 2388 e 2391 (relativi all'impugnazione delledeliberazioni del consiglio di amministrazione) e, per la stessa s.r.l., l'art.2475-ter(relativo alla decisione viziata da conflitto di interessi). Ci pare, tuttavia, che la devoluzione ai soci di competenze gestorie integri - chiaramente- un limite ai poteri degli amministratori, e che quindi la soluzione debba esserearmonizzata anche con la regola dettata dall'art.2475-bis: norma che, tra l'altro, nonriguarda più, come il vecchio testo dell'art.2384 c.c., le limitazioni "al potere dirappresentanza", ma "le limitazioni ai poteri" degli amministratori, ivi compresa, quindi,la sottrazione "statutaria" di competenze all'organo amministrativo per riservarle ai soci.

Pertanto a nostro avviso l'invalidità della deliberazione assembleare (o della decisioneextra assembleare) in materia gestoria sarà opponibile ai terzi soltanto nei limiti in cuisono a loro opponibili le limitazioni ai poteri degli amministratori (284), e cioèprovando che i terzi "abbiano intenzionalmente agito a danno della società".Diversa sembra, invece, la risposta, allorché la riserva di competenza a favore dei sociderivi non da una scelta dell'autonomia privata, ma da una norma di legge (per es.,l'art.2479, secondo comma, n.5, c.c.): trattandosi, in tal caso, di "limiti legali" al poteredegli amministratori, pare potersi affermare sia l'inefficacia dell'atto compiuto incarenza - a monte - di deliberazione assembleare (285), sia la rilevanza esternadell'invalidità della decisione, ai sensi dell'art. 2377, sesto comma, c.c.

17. Conclusioni

In sintesi, la riforma ha sicuramente mirato ad incrementare la stabilitàdell'organizzazione, intesa come valore in sé o come espressione dell'interesse sociale"contrattuale".Uno degli aspetti più evidenti di tale obiettivo - che trova riscontro anche nella ulterioreriduzione delle cause di nullità della società di cui all'art.2332 c.c. - è il regimedell'invalidità delle deliberazioni: un settore ove, alla riduzione delle cause di nullità, aibrevi termini di impugnativa, alla "irrilevanza" - in taluni casi - dei vizi, siaccompagnano una particolare tutela degli affidamenti dei terzi e significative devianzerispetto al diritto comune, mentre esiste una parallela, subordinata tutela degli interessiintersoggettivi affidata al rimedio risarcitorio.Abbiamo cercato di porre in evidenza, peraltro, come il ristretto catalogo delleinvalidità, la tassatività (pienamente conforme del resto al diritto comunitario) dellenullità, il breve termine per l'impugnativa ed i dubbi sulla portata dichiarativa ocostitutiva della pronuncia di nullità destino non pochi problemi interpretativi edapplicativi.

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A nostro parere non è difficile prevedere che il senso più o meno radicale della riformain questo settore si giocherà sulle risposte che, in via interpretativa, verranno date:* al riconoscimento di un'efficacia provvisoria della delibera nulla e, in caso di rispostaaffermativa, alle conseguenze da ricondurre ad essa;* alla portata - sul piano sostanziale - della "sanatoria" delle deliberazioni nulle perilliceità (e, in particolare, delle deliberazioni modificative dello statuto); * all'estensione delle categorie della inesistenza e dell'inefficacia.Si ha infatti la sensazione, tipica dei sistemi in cui il legislatore intende "bloccare" per ipiù vari motivi le invalidità, che - a fronte di certe conseguenze pratiche - l'interpretepotrà essere indotto a cercare di battere vie alternative (286). Un esempio per tutti: l'art.2500 bis c.c. accompagna all'iscrizione nel registro delleimprese l'esito della sanatoria delle invalidità; ma ciò anche nel caso di trasformazioneregressiva (da s.r.l. a s.a.s. ad esempio), pur in mancanza di consenso ex art.2500-sexiesc.c. del socio destinato a diventare illimitatamente responsabile? Il problema non può essere sviluppato in questa sede ma certo dà conto delle difficoltàcollegate alla rigidità delle scelte legislative in tema di regime delle invalidità.

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N O T E

(1) V. gli articoli rispettivamente di ROSSI e STABILINI, D'ALESSANDRO, ZANARONE, in Riv.soc., 2003, fascicolo I°.

(2) V. ampie citazioni di letteratura giuridica di common law in ROSSI-STABILINI, Virtù delmercato e scetticismo delle regole: appunti a margine della riforma del diritto societario, inRiv.soc., 2003, pag. 11 in nota. Esattamente si osserva che "vitali centrali nomopoietiche (ossiaproduttive di regole giuridiche puntualmente osservate dai privati)" sono ormai "grossi studiprofessionali, ... gruppi imprenditoriali" (GROSSI, Mitologie giuridiche della modernità, Milano,2001, pp.81-82) e, da altri, che "nel volgere di un decennio si è capovolta la prospettiva nellaquale si erano definiti i rapporti fra diritto ed economia": nel solco di tale osservazione, e quindisui rapporti fra diritto e mercato, v. con amplissima documentazione e informazione ALPA,Trattato di diritto civile, I, Torino, 2000, p.463 e ss.

(3) BENAZZO, Autonomia statutaria e quozienti assembleari nelle società di capitali, Padova,1999, p.404.

(4) V. citazioni in ROSSI-STABILINI, op. cit., p.9, anche se, per diverse ragioni, in tali aree si staattualmente assistendo all'applicazione di una normativa più severa a tutela del risparmio.

(5) V. bene ANGELICI, in G.B. FERRI e ANGELICI, Studi sull'autonomia dei privati, Torino,1997, p.310.

(6) V. BENAZZO, Autonomia statutaria e quozienti assembleari cit., p.346 e ss.

(7) Già prima della riforma ZANARONE, Srl contro spa nella legislazione recente, in Studi inonore di Gastone Cottino, II, Padova, 1997, pp.1074-1075.

(8) Osservazione comune e ricorrente: v. per tutti ZANARONE, Introduzione alla nuova societàa responsabilità limitata, in Riv. soc., 2003, p.84 e ss.; v pure, prima della riforma, coninteressanti conseguenze connaturate al taglio personalistico, STELLA RICHTER jr., "Trasferimento del controllo" e rapporti fra i soci, Milano, 1996, p.311 e ss.

(9) Il problema delle asimmetrie informative che fa dubitare della bontà dell'efficientismo delmercato è, evidentemente, molto meno rilevante in questi tipi di società. Sul punto v.DENOZZA, A che serve il capitale?, in Giur. comm., 2002, I, p.589, nonché DENOZZA, Normeefficienti, Milano, 2002, p.118; abbastanza scettico, invece, su tale conclusione ZANARONE,Introduzione cit., pp.108-109.

(10) Come è noto, l'abbondanza di norme dispositive è buona regola in un mercato efficiente alfine di ridurre i costi di transazione: v.per tutti C. MARCHETTI, La "nexus of contracts" theory,Milano, 2000, p.42 e ss.

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(11) Cfr. STELLA RICHTER jr., in AA.VV., Diritto delle società di capitali, Manuale breve,Milano, 2003, p.188.

(12) V. infatti CAGNASSO, I "volti" della "nuova" società a responsabilità limitata, in AA.VV., Lariforma delle società, profili della nuova disciplina (a cura di S. Ambrosini), Torino, 2003, p.28;ZANARONE, Introduzione cit., p.100; M. RESCIGNO, Osservazioni sul progetto di riforma deldiritto societario in tema di società a responsabilità limitata, in AA.VV., Il nuovo diritto societariofra società aperte e società private, Milano, 2003, p.58 e ss.Nel senso che la s.r.l. costituisca l'organizzazione corporativa attenuata e quindi il regimeresiduale dell'iniziativa societaria a rischio limitato (con conseguente applicazione delladisciplina della s.p.a. in caso di lacune) SPADA, Classi e tipi di società dopo la riforma organica(guardando alla "nuova società a responsabilità limitata"), manoscritto destinato allapubblicazione, gentilmente fornito dall'Autore.

(13) Abbiamo introdotto il concetto di principi propri della materia, adottando una terminologiatipica del diritto pubblico; come è noto il riferimento ai principi fondamentali della materia è oggiriportato nel testo dell'art.117 della Carta fondamentale, ma è concetto risalente e si ritrovaanche nella legislazione passata: v. con ampi riferimenti PALADIN, Diritto costituzionale,Padova, 1998, p.219.

(14) Una stimolante prospettazione degli aspetti istituzionalistici desumibili dalla disciplinaanteriore alla riforma - in gran parte ancora valevole per oggi - in COTTINO, Dirittocommerciale. Le società , Padova, 1999, 1, II, pp. 359-361. Per una panoramica dei vari tipi diistituzionalismo cfr. WEIGMANN, Responsabilità e potere legittimo degli amministratori, Torino,1974, p.303 ss.; l'esposizione di Weigmann è in chiave "tecnocratica", ma il concetto diistituzione ha matrice idealista (cfr. CESARINI SFORZA, Vecchie e nuove pagine di filosofia,storia e diritto, Milano, 1967, II, p.305).

(15) D'ALESSANDRO, "La provincia del diritto societario inderogabile (ri)determinata". Ovveroesiste ancora il diritto societario?, Riv.soc., 2003, p.42.

(16) Così, invece, Cass., 20 giugno 1958, n.2148.

(17) ANGELICI, La società nulla, Milano, 1975, p.264 ss.; Id., Le disposizioni generali sullasocietà per azioni, in Trattato di diritto privato diretto da P. Rescigno, 16, Torino, 1985, p.199;MARASA', Le "società" senza scopo di lucro, Milano, 1984, p.471 ss.

(18) Ad esempio perché contenente l'affermazione della responsabilità illimitata dei soci o unaclausola di destinazione degli utili a terzi (la difformità può correlarsi infatti al tipo sociale oaddirittura al contratto di società: v. amplius ZANARONE, L'invalidità delle deliberazioniassembleari, in Trattato delle società per azioni diretto da Colombo e Portale, 3, II, Torino,1993, pp. 435-437).

(19) In questo senso, invece, GALGANO, Diritto commerciale, Le società, Bologna, 1999, p.2.

(20) Cfr., con riferimento al regime anteriore alla riforma, SCIUTO e SPADA, Il tipo delle societàper azioni, prime bozze di stampa, gentilmente fornite dagli Autori e destinate al Trattato delle

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società per azioni diretto da Colombo e Portale, p.48; dopo la riforma cautamente in questosenso SPADA, C'era una volta la società......, sommario della lezione dell'11 ottobre 2003,presso la Scuola di specializzazione in professioni legali presso l'università "La Sapienza" diRoma (manoscritto avuto per gentile concessione dell'Autore).

(21) V. per tutti D'ALESSANDRO, "La provincia del diritto societario inderogabile cit., p.40.

(22) ZANARONE, Introduzione cit., p.88; cfr. anche STELLA RICHTER jr., in AA.VV., Dirittodelle società di capitali cit., p.192.

(23) Una rassegna in BENAZZO, Autonomia statutaria e quozienti assembleari cit., p.454 e ss.

(24) V. del resto la relazione ministeriale anche in tema di assemblea di s.p.a.

(25) Ma v. già prima, a commento dell'art. 126 T.U.F., ABBADESSA, Nuove regole in tema diprocedimento assembleare e tutela delle minoranze, in Riv.soc., 2002, pp.178-179.

(26) Conforme ABRIANI, in AA.VV., Diritto delle società di capitali, Manuale breve cit., pp.205 e208; contra parrebbe GALGANO, Il nuovo diritto societario, in Trattato di diritto commerciale e didiritto pubblico dell'economia diretto da Galgano, XXIX, Padova, 2003, p.476; agnostici BASSI-BUONOCORE-PESCATORE, La riforma del diritto societario a cura di V. Buonocore, Torino,2003, p.160.

(27) Cfr. ABRIANI, in AA.VV., Diritto delle società di capitali cit., pp.208-209; CAGNASSO, I"volti" della "nuova" società a responsabilità limitata cit., p.32; già prima ZANARONE, Srl controspa cit., p.1060, con ampi riferimenti.

(28) V. MIRONE, Il procedimento deliberativo nelle società di persone, Torino, 1998, cit., p.101.

(29) V. ANGELICI, in Studi cit., p.323-328; v. pure SERRA, Unanimità e maggioranza nellesocietà di persone, Milano, 1980, p.108.

(30) V. amplius sul punto PISANI, Società di persone "a struttura corporativa", Torino, 2000,pp.122-127.

(31) V. ZANARONE, Introduzione cit., p.105, v. pure, in maniera meno perspicua, BENAZZO,Autonomia cit. p.424.

(32) ANGELICI, in Studi cit., p.313.

(33) ANGELICI, La riforma delle società di capitali, manoscritto non pubblicato gentilmentefornito dall'Autore, pp.14-15.

(34) V. RICCARDELLI, Autonomia statutaria e sanzioni private, in AA.VV., Autonomia negozialetra libertà e controllo, Napoli, 2002, p.235 e ss.

(35) V. ZANARONE, Introduzione cit., p.85.

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(36) V. MIRONE, Il procedimento deliberativo cit., p.101. E' importante comunque segnalareche il declino della visione istituzionalistica relativamente alle persone giuridiche o allecollettività organizzate è ormai una costante del pensiero giuridico contemporaneo; persino perquanto concerne i diritti della personalità si tende ad accordare la protezione non al soggetto "insé", quanto piuttosto agli aspetti organizzativi e funzionali dell'ente (v. bene ZOPPINI, I dirittidella personalità delle persone giuridiche - e dei gruppi organizzati - in Riv.dir.civ., 2002, I,p.851 ss., in particolare pp.875, 880-881, 882-883.

(37) v. FERRARESE, Diritto e mercato, Torino, 1992, pp.330-331.

(38) E' quindi criticabile l'atteggiamento di chi irrigidisce i connotati organizzativi della personagiuridica o li enfatizza (v. gli esatti rilievi di ZANARONE, Introduzione cit., p. 65, avverso unalunga serie di provvedimenti giurisdizionali in tal senso), ma è senz'altro accettabile, invece,l'atteggiamento di chi nega, sulla base del disegno tracciato dal legislatore, l'eccesso di libertàorganizzativa. E' il caso, si vedrà oltre, dei limiti alla attribuibilità del potere gestorioall'assemblea dei soci (v. SCIUTO e SPADA, Il tipo della società per azioni cit., p.36 in nota). GliAA. citati criticano tale ipotesi sulla base di considerazioni di diritto positivo ancora valide purdopo la riforma; ma soprattutto ci pare che l'opposta opinione sia contraria alla razionalitàeconomica dell'organizzazione societaria, sì che può essere ammessa solo in presenza di unaespressa previsione legislativa (cfr. ancora SCIUTO e SPADA, op.loc.ultt.citt.).

(39) Ma per una possibile estensione, v. SPADA, C'era una volta la società.... cit.

(40) V. per tutti ZANARONE, Introduzione cit., p.79.

(41) Per il quale, già, in materia societaria si sovvertiva il principio di diritto comune secondo cuil'annullabilità costituiva l'eccezione e la nullità la regola; v. molto bene su questo percorso MEO,Gli effetti dell'invalidità delle deliberazioni assembleari, Milano, 1998 , p.2 e ss.

(42) V. SPADA, C'era una volta la società...(manoscritto), cit.

(43) La cui matrice e composizione tipicamente gierkiana è ottimamente descritta da SCIUTO eSPADA, Il tipo della società per azioni cit., p.32 e ss.

(44) ANGELICI, in Studi cit., p.354; ZANARONE, Introduzione cit., p.83; per una soluzioneanaloga, nell'ipotesi di silenzio dello statuto, con riguardo a quelle figure atipiche chepresentano i caratteri di due istituti diversi (nella specie, un consorzio di urbanizzazionecaratterizzato, accanto al connotato associativo, anche da un forte profilo di realità) v. Cass.,21.3.2003, n.4125.Per la disciplina applicabile in caso di lacune, prima della riforma, v. con ampia informazioneARMANNO, La società a responsabilità limitata tra società di capitali e società di persone,Padova, 1990, p.32 ss. (45) V. per tutti RIZZI, Interpretazione del contratto e dello statuto societario, Milano, 2002,p.547 e ss.

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(46) v. ABBADESSA, L'assemblea amministratrice nelle piccole cooperative. Prime impressioni,in Riv.soc., 1999, p.201; sembra invece favorevole alla possibilità di un governo "assembleare"CAGNASSO, I "volti" della "nuova" società a responsabilità limitata cit., p.31 e già primaZANARONE, Srl contro spa cit., p.1063, che collega questa soluzione al venir menodell'equazione potere d'impresa/rischio a seguito della modifica della disciplina relativa allaresponsabilità dell'unico socio.Come si è già scritto e come si avrà occasione di riaffermare in seguito, riteniamo che solo unaspecifica ed univoca norma possa prevedere una amministrazione assembleare (così, per es.,faceva l'art.21 della legge 266/1997 in tema di piccola società cooperativa). In difetto costituisceun aspetto fondamentale dell'organizzazione corporativa (ineliminabile anche nella nuova s.r.l.)il principio per cui "l'assemblea può sostituire gli amministratori...ma non sostituirsi ad essi"(CABRAS, La forma d'impresa, Torino, s.d. ma 1995, p.74).

(47) V. con ampi riferimenti SERRA, Unanimità cit., pp.104-107, ma v. soprattutto bene SCIUTOe SPADA, Il tipo della società per azioni cit., p.35 e ss.

(48) V. amplius sul punto MIRONE, Il procedimento deliberativo cit., pp.184-185.

(49) Il silenzio sulla rilevabilità d'ufficio, nella s.r.l., a fronte della previsione espressa per las.p.a., conduce, ragionevolmente, a tale conclusione: non sembrerebbe, cioè, trattarsi di unamera lacuna, ma piuttosto di un caso in cui appare legittima l'interpretazione "a contrario".

(50) o assunte con la partecipazione determinante di soci in conflitto di interessi: cfr. art.2479-ter, secondo comma, in parallelo con l'art.2373 c.c.

(51) In caso di metodo extra assembleare, non si pone logicamente la necessità dellaconvocazione, ma è comunque indispensabile che il socio non sia tenuto all'oscuro del fatto chesi intende "decidere" su un determinato argomento e sia così messo in grado di esprimere (sevuole) la propria opinione. Intesa in questo senso - cioè non come informazione sugli argomentioggetto di decisione (finalizzata alla possibilità di esprimere un consenso "consapevole") macome informazione sul fatto che si sia chiamati a prendere una decisione (finalizzata apermettere la partecipazione alla decisione) - si potrebbe sostenere che l'assenza assoluta diinformazione sia formula ampia, idonea a ricomprendere anche - in caso di metodoassembleare - la mancanza di convocazione. Ma quand'anche si ritenesse, invece, che lacarenza assoluta di informazione abbia un significato diverso, e più ristretto, al quale non siapossibile ricondurre l'omessa convocazione, non per questo si dovrebbe concludere che lamancanza di convocazione (così come la mancanza del verbale, anch'essa non espressamentecontemplata) rilevi su un piano diverso da quello dell'invalidità (e cioè sul piano dell'inesistenza):infatti viene espressamente richiamata e dichiarata applicabile dall'art.2479-ter c.c. ladisposizione dell'art.2379-bis che prevede casi specifici di sanatoria delle nullità per mancanzadi convocazione o di verbale. Ed è evidente che in tanto possono applicarsi le ipotesi disanatoria, in quanto valgano le cause di invalidità.

(52) Da tutti i terzi, non solo quelli di buona fede; su tale argomento v. infra, par.8.

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(53) Se non andiamo errati, l'unico superstite richiamo alla nullità è, attraverso il rinvioall'art.2332 c.c., alla "nullità" della società: ad un'ipotesi, cioè, che non è disciplinata comenullità!

(54) non al revisore: su ciò v. le critiche di ROSAPEPE, in La riforma delle società, a cura diSandulli e Santoro, 3, Torino, 2003, sub art.2479-ter, p.177.

(55) e v. ABRIANI, in AA.VV., Diritto delle società di capitali cit., p.211; per ulteriori osservazionicritiche, in ordine alla mancanza di certezza della data in cui avvenga la trascrizione nel librodelle decisioni, v. ROSAPEPE, op.cit., p.177.

(56) Questa scelta in ordine alla data di decorrenza dei termini per impugnare rende inoltreproblematico il raccordo con la disciplina dell'art.2379-ter, pur oggetto di esplicito richiamo. Laparticolare sanatoria delle nullità prevista da tale norma per le delibere aventi per oggettol'aumento del capitale, la riduzione del medesimo non per perdite e l'emissione di obbligazioni(ipotesi, questa, che ROSAPEPE, op.cit., p.179, propone di intendere, nella società aresponsabilità limitata, come emissione dei titoli di debito previsti dall'art.2483; ci sembrapreferibile, invece, ritenere non applicabile alla s.r.l. detta ultima ipotesi di sanatoria) è ancorataal decorso di un certo termine dall'iscrizione della delibera nel registro delle imprese. Alla lucedella dichiarata "irrilevanza", nella disciplina dell'impugnabilità delle decisioni dei soci di societàa responsabilità limitata, del momento dell'avvenuta iscrizione nel registro imprese, tra i primicommentatori vi è stato chi (ROSAPEPE, op.loc.citt.) ha ritenuto che la norma debba essere"adattata" al diverso sistema proprio della società a responsabilità limitata e che il termine dicentottanta giorni decorra quindi non dall'iscrizione nel registro imprese ma dalla trascrizionedella decisione nell'apposito libro. Non ci sentiamo di condividere tale lettura, sia perché lanorma che stabilisce un termine di decadenza per l'impugnativa (perché tale è la "sanatoria"prevista dall'art.2379-ter) ci pare debba essere di stretta interpretazione e sia perché il principioaffermato è proprio quello della rilevanza (sanante) della pubblicità per quelle operazioni chepiù si riflettono sull'esterno, che maggiormente coinvolgono i terzi: esigenze queste chesembrano sussistere anche per la società a responsabilità limitata (e pur se la partecipazionedel socio non è incorporata in un titolo di credito destinato alla circolazione): la norma nonintende semplicemente "abbreviare" i termini per l'impugnativa, li vuole abbreviare a decorreredal momento in cui la decisione è divenuta efficace (a norma del quinto comma dell'art.2436) epotenzialmente nota a tutti.

(57) Peraltro anche l'aumento delle ipotesi di nullità mira, in realtà, a limitarne tassativamente ilnumero a quelle espressamente previste, come sottolineato dalla stessa Relazione, par.5.

(58) Esigenza già da più parti segnalata: v., per tutti, le citazioni in PISANI, Società di personecit., p.76 nota 85.

(59) V. per tutti Cass., 7.2.1979, n.818, in motivazione.

(60) Sull'inesistenza in genere v. per tutti BELVEDERE, L'inesistenza negoziale fra dogmatica esemantica, in Diritto privato 1999-2000, V-VI, Padova, 2001, p.5 e ss.; FILANTI, Inesistenza enullità del negozio giuridico, Napoli,1983, p.66 e ss.; con riguardo alle deliberazioni assembleariin particolare v. QUINTARELLI, Le deliberazioni assembleari inesistenti di società per azioni, in

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Giur. comm., 1984, I, p. 1163 ss.; ZANARONE, L'invalidità cit., p.187 e ss.; JAEGER -DENOZZA, Appunti di diritto commerciale, Milano, 2000, p.309.

(61) L'equivoco comincia ad apparire nella letteratura filosofica medioevale con il saggio diFredegiso di Tours (Il nulla e le tenebre, Genova, 1998, con approfondita e complessaintroduzione di F. D'Agostino) che ritiene il nulla, invece, una categoria in positivo.

(62) v. RESCIO, in AA.VV., Diritto delle società di capitali, cit., p.114; v. anche ROSAPEPE,op.cit. p.177.

(63) Così invece ASSOCIAZIONE DISIANO PREITE, Il nuovo diritto delle società, Bologna,2003, p.132: "Alla luce della nuova disciplina dell'invalidità non sembra che vi siano più marginiper ipotizzare ulteriori forme di inesistenza, al di là delle ipotesi in cui sia mancata di fatto ogniattività deliberativa e manchi perciò un qualsiasi atto proveniente dall'assemblea (inesistenza difatto)".

(64) Cfr. COTTINO, Diritto commerciale. Le società cit., p.381.

(65) Sul punto ci pare che non siano del tutto superate dalla nuova disciplina le penetrantiosservazioni di ZANARONE, L'invalidità, cit., p.202 ss., in ordine alla mancanza assoluta divotazione ed alla provenienza della decisione esclusivamente da soggetti privi del diritto di voto.

(66) Quelli, cioè, sui quali maggiore era il consenso.

(67) cfr. COTTINO, Diritto commerciale. Le società, cit., p.379 ss.

(68) App. Firenze, 5 giugno 1956, in Giur. tosc., 1956, p.425 citato in senso critico da IRRERA,Le deliberazioni del consiglio di amministrazione, Milano, 2000, p.70, secondo il quale l'ipotesiconfigurerebbe, più propriamente, una nullità per illiceità dell'oggetto.

(69) V.per tutti SCALISI, Il negozio giuridico fra scienza e diritto positivo, Milano, 1998, p.351 ess.

(70) V. ZANARONE, L'invalidità, cit., p.488.

(71) V. CASELLA, voce "Gestione di affari", in Enc. Giur. Treccani, Roma, p.8.

(72) CASELLA, op.loc.citt.; Cass. 18 marzo 1957, n.931.

(73) L'opinione, su cui già prima della riforma si registravano larghi consensi (v. per tuttiCALANDRA BUONAURA, Gestione dell'impresa e competenze dell'assemblea nella società perazioni, Milano, 1985, p.118 e p. 241 nota 223; ulteriori citazioni, anche giurisprudenziali, inZANARONE, L'invalidità cit., p. 472; contra ABBADESSA, La gestione dell'impresa nella societàper azioni, Milano, 1975, p.70 ss., sulla base del riconoscimento di un potere di istruzionedell'assemblea, in forza dell'estensione della disciplina del mandato) non può che essereconfermata nel nuovo sistema, ove la riserva di competenza a favore dell'organo amministrativoè ancora più netta: e v. infatti GALGANO, Il nuovo diritto societario cit., p.200.

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(74) E v. ZANARONE, Introduzione alla nuova società a responsabilità limitata cit., p.58 ss., ivia p.76; BENAZZO, L'organizzazione nella nuova s.r.l. fra modelli legali e statutari, in Le Società,2003, p.1068; RORDORF, I sistemi di amministrazione e di controllo nella nuova s.r.l., in LeSocietà on line (www.ipsoa.it/lsonline).

(75) ZANARONE, L'invalidità, cit., p.476 ss.

(76) Sulla quale, oltre al più volte citato lavoro di ZANARONE, si vedano MARASA', Modifichedel contratto sociale e modifiche dell'atto costitutivo, in Trattato delle società per azioni direttoda Colombo e Portale, 6, I, Torino, 1993, p.103 ss.; BELVISO, Le modificazioni dell'attocostitutivo nelle società per azioni, in Trattato di diritto privato diretto da Rescigno, 17, Torino,1985, p.65 ss.

(77) E v. ANGELICI, La circolazione della partecipazione azionaria, in Trattato delle società perazioni diretto da Colombo e Portale, 2, I, Torino, 1991, p.203 ss.

(78) Rimangono, naturalmente, ricostruite in termini di inefficacia le ipotesi già noteall'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, quali le deliberazioni assembleari pregiudizievolidei diritti di una categoria di azioni, le quali necessitano dell'approvazione dell'assembleaspeciale.

(78-bis) Anche se potrebbe apparire criticabile, in quanto fonte di incertezze, far discendereconseguenze particolarmente rilevanti - quali l'invalidità o l'inefficacia - non da una "regolaastratta" ma da una scelta fattuale (seppur espressione di quell'autonomia privata cui il sistemanormativo ha inteso lasciare ampio spazio); per l'avvertimento che "modulare l'interpretazione infunzione del tipo reale è atteggiamento legittimo nella misura nella quale ci si avvalga di tipireali ricavati dal diritto scritto" cfr. SCIUTO e SPADA, Il tipo della società per azioni cit., pp.50-53 (ivi nota 147), ove anche il richiamo all'esigenza di privilegiare, nell'interpretazione, lacertezza rispetto alla congruità della regola.

(79) Riprendendo, così, le teorie già sviluppate, in passato, da ASCARELLI (Sui poteri dellamaggioranza nelle società per azioni ed alcuni loro limiti, in Studi in tema di società, Milano,1952, p.99 ss.; Id., L'interesse sociale dell'art.2441 cod.civ., la teoria dei diritti individuali e ilsistema dei vizi delle deliberazioni assembleari, in Problemi giuridici, II, Milano, 1959, p.521ss.); nel senso dell'annullabilità v. LENER, in AA.VV., Le società di capitali, in Tratt. di dir. priv.diretto da Bessone, Torino, 2000, XVII, p.213; contra, nel senso della nullità (affermandoproprio la sottrazione della materia de qua al procedimento assembleare e la sottoposizionedella medesima alle regole dei contratti) MARASA', Modifiche del contratto sociale, cit., p.119ss. (ove ulteriori citazioni); per l'inefficacia FERRO-LUZZI, La conformità delle deliberazioniassembleari alla legge ed all'atto costitutivo, Milano, 1993 (ristampa inalterata), p.138;FERRARA-CORSI, Gli imprenditori e le società, Milano, 1999, p.545; COTTINO, Dirittocommerciale. Le società cit., 385 ss.; BUONOCORE, Le situazioni soggettive dell'azionista,Napoli, 1960, p.52 ss.; tale A., con riguardo al nuovo art.2468, quarto comma, rimprovera allegislatore (in BASSI-BUONOCORE-PESCATORE, La riforma cit., p.170) di aver dimenticato,"eccedendo nella prorompente deriva autonomistica,... l'esistenza di un principio generaledell'ordinamento in virtù del quale è solo il titolare del diritto che può consentire che si disponga

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del suo diritto"; così anche ROSAPEPE, op. cit., sub art. 2479-bis, p.172: la conseguenzasembrerebbe allora quella della inefficacia, anche in presenza di una regola maggioritariaintrodotta dallo statuto, ove manchi il consenso del socio direttamente pregiudicato.

(80) La soluzione ricorda quella prospettata in dottrina e in giurisprudenza (per tutti v.COTTINO, Diritto commerciale. Le società cit., p.271 s., ove citazioni) in relazioneall'introduzione di azioni con prestazioni accessorie o alla modifica del relativo regime (ipotesiper le quali l'art.2345 c.c. richiedeva - e richiede - "se non è diversamente disposto dall'attocostitutivo", il consenso di tutti i soci).

(81) Ovviamente la dizione suppone che non vi sia ambivalenza di significato, giacché in talcaso, come è noto, soccorrono criteri di supporto; ma anche su tali criteri vi è divergenza diopinioni: v. per tutti SICCHIERO, Studi preliminari sulla clausola del contratto, in Contratto eimpresa, 1999, pp.1227-1228.

(82) Sul punto v. per tutti e con ampi richiami FEDELE, La invalidità del negozio giuridico didiritto privato, Torino, 1983, pp.139-146.

(83) E si noti che la dizione degli articoli in questione appare più perentoria di quella degliartt.2665 e 2841 c.c., per i quali dà luogo a invalidità (nullità) della trascrizione o iscrizione lasemplice problematicità del contenuto della nota destinata alla pubblicità (v. per quantoconcerne l'art. 2841 c.c. BOERO, Le ipoteche, in Giur.sist.dir.civ. e comm. fondata da Bigiavi,Torino, 1999, pp.665-666), problematicità che pur potrebbe portare forse a qualche effetto,magari con un certo sforzo interpretativo. D'altra parte una interpretazione che collegasse lasemplice incertezza all'annullabilità sarebbe probabilmente dirompente. La dizione degli articoliè assai più vicina a quella dell'art.164 c.p.c., ma la sanzione qui, appunto, è la nullità e ilriferimento riesce particolarmente adeguato se si hanno presenti le somiglianze, pur dando attodella diversità fra i due rami di diritto, fra sanatorie, effetti, e tentativi del giudice per riparare airispettivi difetti.

(84) V. per tutti GALGANO, Società per azioni, in Tratt. di dir. comm. e di dir. pubblicodell'economia, diretto da Galgano, VII, Padova, 1988, p.237.

(85) ZANARONE, L'invalidità, cit., pp.220 ss., 256 s., 452 ss., 493 s. (86) v. bene questo percorso in IRRERA, Le delibere, cit., p.59-88.

(87) RICOLFI - MONTALENTI, La proposta modificata di quinta direttiva comunitaria sullesocietà per azioni, in Giur. comm., 1985, I, pp.261-262.

(88) PISANI MASSAMORMILE, Statuti speciali di nullità ed "illegalità" delle delibereassembleari di s.p.a., in Giur.it., 2003, p.400 e ss.

(89) ANGELICI, La riforma (manoscritto) cit., pp.78-79.

(90) Così pure SANTOSUOSSO, La riforma del diritto societario, Milano, 2003, p.127.

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(91) ANGELICI, La riforma (manoscritto) cit. p.78; e v. già ANGELICI, voce "Società per azioni",in Enc. dir., Milano, XLII, 1990, pp.988-989.

(92) Analoga conclusione per PIAZZA, L'impugnativa delle delibere nel nuovo diritto societario:prime riflessioni di un civilista, in Corriere giuridico, 2003, p.969.

(93) V. C. MARCHETTI, La "nexus of contracts theory" cit., pp.111-158.

(94) V. RICCI, Il nuovo arbitrato societario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003, p.521.

(95) V. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 1999, p.506-508.

(96) V. per tutti GENTILI, in I contratti in generale a cura di Gabrielli, II, Torino, 1999, p.1368 ess.; COSTANZA, Gli effetti di rapporti giuridici nulli, in Diritto privato 1999-2000, V-VI, Padova,2001, p.93-95.

(97) V. già IUDICA, Impugnative contrattuali e pluralità di interessati, Padova, 1973, p.79 e ss.

(98) Questo era già il leit-motiv, pienamente condivisibile, di un lavoro d'avanguardia comequello di ANGELICI, La società nulla, Milano, 1975.

(99) V. per tutti GALGANO, Il nuovo diritto societario cit., p.85; ma v. già la risalente opinione diSANTINI, Società a responsabilità limitata - Art. 2472-2497, in Comm. cod. civ. a cura diScialoja e Branca, Bologna-Roma, 1964, pp.45-46 e v. ancora soprattutto ANGELICI, in Studicit., p.342; in giurisprudenza cfr. Cass., 10.12.1996, n.10970; si vedano inoltre gli importantiriferimenti contenuti in RIZZI, Interpretazione del contratto e dello statuto sociale, Milano, 2002,pp.3-4.

(100) ANGELICI, La riforma (manoscritto) cit., p.74 ss.

(101) ANGELICI, La riforma (manoscritto) cit., p.76; a questa conclusione, peraltro, giàperveniva l'elaborazione dottrinale anteriore alla riforma: cfr. BUONOCORE-CASTELLANO-COSTI, Casi e materiali di diritto commerciale, Società per azioni, 1, Milano, 1974, p.397.

(102) Così già FERRO-LUZZI, op.cit., p.123.

(103) Diversamente, prima della riforma: Cass. 12.11.1987, n.8337; Cass. 4.3.1963, n.511;ZANARONE, L'invalidità cit. p. 468 s.; v. amplius DIMUNDO, L'invalidità delle deliberazioniassembleari, in AA.VV., Le società di capitali a cura di Schiano di Pepe, Milano, 1999, p.357 ess.

(104) così ANGELICI, op. loc. ultt. citt.; prima della riforma già nello stesso senso, salvoimmaginare il caso limite di un irregolare funzionamento dell'assemblea per minacce, G. FERRI,Le società, in Tratt.dir.civ.it. sotto la direzione di F. Vassalli, X, 3, Torino, 1971, p.458 s. e p.474,ma in posizione decisamente minoritaria; contra SACCHI, L'intervento e il voto nell'assembleadella s.p.a. - profili procedimentali, in Trattato delle società per azioni diretto da Colombo-

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Portale, Torino, 1994, 3, I, p.449 e ss., ove un'ampia panoramica sull'orientamento dottrinaleprevalente.

(105) cfr. già FERRO-LUZZI, op.cit., p.54 ss., p.62 nota 164.

(106) V. Cass.10.12.1996, n.10970; contra ZANARONE, L'invalidità cit., p.464.

(107) ANGELICI, in Studi cit., p.350.

(108) BIGLIAZZI-GERI, voce "Conversione dell'atto giuridico", in Enc.Dir., X, Milano, 1962,p.536.

(109) Contra PISANI MASSAMORMILE, op.cit., p. 402, basandosi sulla inscindibilità deldeliberato, il che è vero in certi casi ma non sempre: v. infatti infra, nel testo.

(110) Per tutti FERRO-LUZZI, La conformità cit., p.181.

(111) V. GRASSETTI, voce "Conservazione (principio di)", in Enc.Dir., IX, Milano, 1961, pp.173-174, ma il concetto è ben chiaro anche nella manualistica: v. TRABUCCHI, Istituzioni didiritto civile, Padova, 1991, p.179. La conclusione è indiretta: il principio di conservazione è unprincipio generale di ordinamenti giuridici attuali e storici; la conservazione dell'atto o delnegozio a volte impone che una sua singola parte venga caducata.

(112) FERRO-LUZZI, op.cit., p.180.

(113) v. TOMMASINI, voce "Nullità (diritto privato)", in Enc.Dir., XXVIII, Milano, 1978, p.904.

(114) ZANARONE, L'invalidità cit., p.349 ss.; Cass., 14.02.1974, n.420; Cass., 14.05.1992,n.5735; Trib. Roma, 9.12.1987, in Le società, 1988, p.491.

(115) Trib. Biella, 19.11.1996, in Giur. merito, 1998, 1, p.39; Trib. Spoleto, 12.12.1996, in Rass.Giur. Umbra, 1997, p.73; Trib. Biella, 5.5.1997, in Giur.it., 1998, p.969.

(116) V. SCIUTO, La "mancanza dell'atto costitutivo" di società per azioni, Padova, 2000,pp.162-163.

(117) V. per tutti, con abbondantissimi riferimenti anche giurisprudenziali, PASSAGNOLI, Nullitàspeciali, Milano, 1995, p.219; da ultimo in giurisprudenza cfr. Cass., 21 agosto 1997 n.7822.

(118) G.B. FERRI, Ordine pubblico, buon costume e la teoria del contratto, Milano, 1970, p.167;così pure - ma in maniera più sfumata - BIANCA, Diritto civile. Il contratto, Milano, 2000, p.514in nota.

(119) In senso contrario v. SCIUTO, La "mancanza dell'atto costitutivo cit., pp.157-162.

(120) Non si comprende bene il significato dell'affermazione, contenuta in motivazione, diCass., 17 novembre 2000, n.14.899, in Vita notar., 2001, p.103 (con nota di PUTTI), e in

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Giust.civ., 2000, p.3103 (con nota critica di DI MARZIO), secondo cui "l'ampia dizione degliartt.1339 e 1419, comma 2, c.c. consente non solo la sostituzione automatica di clausole conaltre volute dall'ordinamento, ma anche la semplice eliminazione di clausole nulle senza alcunasostituzione". La semplice eliminazione di clausole nulle è, infatti, prevista dall'art.1419, comma1: se non andiamo errati, allora, la portata del principio affermato sembrerebbe quella diescludere la rilevanza della diversa volontà negoziale fatta salva dal primo comma dell'art.1419.

(121) V. per tutti IRRERA, Le delibere cit., p.60 e ss.

(122) IRRERA, Le delibere cit., p.77 e ss.

(123) Contra per queste ultime, ad esempio, Cass. 21.10.1987, n.7754, obiter.

(124) In senso contrario a questa ipotesi v. RESCIO, in AA.VV., Diritto delle società di capitalicit., p.118.

(125) PIAZZA, op.cit., p.969.

(126) Si ricordi, infatti, che secondo l'orientamento della giurisprudenza l'efficacia immediatacomporta obbligo di esecuzione: v. citazioni in ZANARONE, L'invalidità cit., p.324 nota 4.

(127) Norma che, come si dirà al par.13, conferma a nostro avviso l'alternatività subordinata,nell'ottica del legislatore della riforma, del rimedio risarcitorio rispetto alla tutela "reale".

(128) Sulla nozione di "terzi" si vedano, sul punto, ZANARONE, L'invalidità cit., pp.358-359 eREVIGLIONO, La "sostituzione" delle deliberazioni invalide dell'assemblea di società per azioni,Milano, 1995, p.70 nota 59.

(129) Secondo l'orientamento sostenuto, in passato, da ROMANO-PAVONI, Le deliberazionidelle assemblee della società, Milano, 1951, p.394 s.; per una critica v. REVIGLIONO, La"sostituzione" cit., p.71 ss.

(130) FERRO-LUZZI, La conformità cit., p.105 ss., ivi a p.115.

(131) Attinente al momento decisionale del compimento di una determinata attività giuridica neiconfronti dell'esterno: deliberazione che, stante la propria inidoneità a realizzare i valori propri etipici degli atti individuali, necessita, per produrre i propri effetti, di essere "seguita" da un altroatto, dotato di una propria autonoma rilevanza, il quale costituisce "la fattispecie, l'elementomateriale del particolare valore che la deliberazione tende a realizzare".

(132) Volta a realizzare "valori propri e caratteristici del fenomeno societario": deliberazione chesi pone, appunto, come fattispecie del particolare valore che tende a realizzare ed alla qualesono quindi direttamente riconducibili gli effetti, anche ove occorrano successivi atti di meraesecuzione.

(133) Sulla cui disciplina, in assenza di una espressa previsione, proponeva di ritagliarlaREVIGLIONO, La "sostituzione" cit., p.67 ss., il quale - riconoscendo una sorta di parallelismo

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dei due fenomeni sotto il profilo funzionale - ne affermava anche la "pari idoneità ad incidere suposizioni giuridiche già perfezionate". Sulle condizioni per la salvezza dei diritti acquistati daiterzi in caso di annullamento della delibera v. ZANARONE, L'invalidità cit., p.360 ss., inpart.p.363 ss.

(134) Nel senso della natura costitutiva della pronuncia di nullità cfr. anche SPENA, in AA.VV.,La riforma delle società cit., 3, sub. art.2379, p.375.

(135) E v. ZANARONE, op.loc.ultt.citt.

(136) E del resto il dibattito circa l'estensibilità alle delibere nulle del principio di salvezza deidiritti acquistati in buona fede dai terzi era già esistente in dottrina sotto il vigore dellaprecedente disciplina: v. IRRERA, Le delibere cit., pp.74-75.

(137) Per un quadro REVIGLIONO, op.cit., p.132 ss.

(138) L'art.2379 richiama le norme suindicate "in quanto compatibili". E' evidente che talecompatibilità non sussiste nei confronti di quelle delibere che modificano l'oggetto socialeintroducendovi attività impossibili o illecite: di quelle delibere cioè che ancora oggi il legislatoresanziona con una nullità insanabile e rilevabile senza limiti di tempo (e si vedano, per il passato,le convincenti osservazioni di REVIGLIONO, op.cit., pp.135-136).Si può prospettare il dubbio, invece, che sia configurabile la sostituzione nei confronti delledeliberazioni aventi oggetto impossibile o illecito (naturalmente ove si ritenga, come a noi pare,che non solo i vizi del procedimento in senso stretto ma anche quelli che attengono alcontenuto della delibera siano suscettibili di essere sanati mediante sostituzione: così, conriguardo alle deliberazioni annullabili, già REVIGLIONO, op. cit., p.51 ss., criticandol'orientamento opposto di ZANARONE, L'invalidità cit., p.371): la tesi contraria, affermata afronte del vecchio testo dell'art.2379 c.c. (v. anche ANGELICI, in Studi cit., p.390; Cass., 10marzo 1983, n.1794, in Giust.civ., 1983, I, 2371; Cass., 14 marzo 1992, n.3132, in Giur.it.,1993, I, 1, 108) è forse meno sostenibile oggi, in un quadro normativo che di tale deliberazioneafferma in via generale la sanabilità e quindi la producibilità di effetti (entro i limiti checercheremo di delineare) a seguito del decorso del termine triennale concesso perl'impugnazione. E' interessante notare, su questo punto specifico, come a distanza di oltresessant'anni ci si torni ad interrogare sulla questione che il Progetto Asquini aveva intesorisolvere, dettando quella norma (art.233, penultimo comma) da cui sarebbe poi derivatol'art.2379 del codice del 1942: "salvo i casi di nullità della deliberazione, per illiceità oimpossibilità dell'oggetto, l'assemblea può rinnovare la deliberazione annullata con effettoretroattivo".

(139) Cfr. REVIGLIONO, op. cit., p.66 ss.; GRIPPO, L'assemblea nella società per azioni, inTrattato di diritto privato diretto da P. Rescigno, 16, Torino, 1985, pp.422-423; con riferimentogià alla riforma, RESCIO, op.ult.cit., p.118, sostiene che la sostituzione abbia il solo effetto diprivare chiunque dell'interesse all'azione di nullità, "ogni altro effetto e diritto ricollegandosi allaseconda deliberazione"; nel senso, invece, della possibilità di sostituire la delibera con effettosanante retroattivo, proprio argomentando dal mancato richiamo dell'ultimo commadell'art.2377, v. SPENA, in AA.VV., La riforma cit., sub art. 2379, p.374 e sub art. 2379-bis,p.380.

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(140) E' interessante notare, infine, che soltanto per la società a responsabilità limitata, la cuidisciplina è tutta improntata alla valorizzazione della dialettica e della contrattazione fra i soci,l'adozione della delibera sostitutiva può essere - tramite il tribunale avanti al quale è stataproposta l'impugnazione - sollecitata dallo stesso impugnante, oltre che proposta dalla società:in entrambi i casi, spetta al tribunale valutare l'opportunità di concedere alla società un termine(non superiore a centoottanta giorni) per l'adozione della nuova decisione.

(141) E v. SACCO, Il contratto, in Trattato di dir. civ. it. diretto da F. Vassalli, VI, 2, Torino, 1975,p.875.

(142) Diversi sono gli effetti dell'atto esecutivo, in parte fatti salvi: cfr. paragrafo 8.

(143) Per un ampio quadro ZANARONE, L'invalidità cit., p.323 ss.

(144) Così ZANARONE, L'invalidità cit., p.328 testo e nota 18.

(145) In questo senso anche SALAFIA, L'invalidità delle deliberazioni assembleari nella riformasocietaria, in Le società, 2003, p.1180

(146) E il problema veniva infatti già affrontato in relazione alla precedente normativa: v.ZANARONE, L'invalidità cit., p.455 e p.488 nota 100.

(147) V. SPENA, op.loc. ultt. citt.

(148) Si badi che la particolare importanza di questo concetto è dovuta al fatto che esso èstrutturato sulla base di un ordinato catalogo di conseguenze intrinsecamente (abbastanza)coerenti, collegate al giudizio di qualificazione negativa della fattispecie (v. per tutti FILANTI,Inesistenza e nullità del negozio giuridico, Napoli, 1983, p.130). Si tenga presente che per uncerto verso (e ciò non è affatto una stranezza ma il senso della mutevolezza dei concetticorrelata alla diversità delle esigenze sociali che possono anche ripetersi), la situazionepresenta aspetti comuni con le valutazioni esistenti al tempo della codificazione del 1865: siriteneva infatti che il negozio nullo (nullità per contrarietà all'ordine pubblico, si badi) fossesuscettivo di virtuale efficacia perché sanabile e la relativa azione prescrittibile (v. per tuttiFILANTI, op.cit., p.132). Ma, ad un esame più attento, la comparazione non regge, perché altroè la consolidazione di un negozio che o esaurisce subito i suoi effetti o li protrae nel tempo, macoinvolge solo le parti, ed altro è la stabilizzazione di una clausola nulla per illiceità, in unaorganizzazione che continua nel tempo e coinvolge i terzi.

(149) Peraltro incoerente con la categoria "nullità" è già il termine decadenziale di tre anni perimpugnare, poiché per definizione l'azione relativa è di accertamento proprio in quanto èimprescrittibile l'azione volta a constatare la mancanza "ab origine" di effetti (la giurisprudenza èferma su tale collegamento: v. per tutti Cass., 10.3.1980, n.1587, in Giust.civ., 1980, I, p.762,con ampi richiami giurisprudenziali in motivazione).

(150) Critico sul punto ROSAPEPE, in AA.VV., La riforma delle società cit., p.180; sul significato"importante" di tale rilevabilità, v. PASSAGNOLI, Nullità speciali, Milano, 1995, p.97.

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(151) Sulle quali ci siamo già soffermati nel paragrafo 2.b).

(152) Per le deliberazioni che modificano l'oggetto sociale introducendovi attività impossibili oillecite dovrebbe addirittura escludersi, a nostro avviso, che valgano quelle regole di salvezzadei diritti acquisiti dai terzi dettate dal sesto e dall'ottavo comma dell'art.2377 e richiamatedall'art.2479-ter "in quanto compatibili": non ci pare infatti che la compatibilità sussista. Unadiversa soluzione susciterebbe forti perplessità sotto il profilo della legittimità costituzionale.

(153) Si consideri, per esempio, l'introduzione di una clausola statutaria che elimini, in una s.r.l.di durata indeterminata, il diritto di recesso dei soci.

(154) Applicabili anche alle deliberazioni/decisioni dei soci: cfr. supra, paragrafo 6.

(155) Sul punto v. infra, nota 167.

(156) Non si tratta di scatenare, anche in questo campo, quella che con espressione suggestivae finemente ironica SACCO (Il contratto cit., p.882 nota 6) ha definito "la guerra dei nomi":sicuramente quella che il legislatore ha delineato è, per certi aspetti, una invalidità atipica. Ciòche preme sottolineare - o meglio ribadire - è che non è chi non veda le differenze fra i vari vizicontemplati dall'art.2479-ter, differenze alle quali non può corrispondere soltanto il minore omaggiore (o illimitato) periodo concesso per l'impugnazione e la diversa ampiezza del noverodei soggetti ad essa legittimati: ricostruire il fenomeno in questi termini ci pare riduttivo, per nondire fuorviante.

(157) Solitamente è proprio il carattere costitutivo della sentenza l'aspetto ritenuto fondamentaleper la qualificazione in termini di annullamento: v. per tutti IRTI, Norme e fatti, Milano, 1984,p.282; peraltro già sono note alla nostra esperienza giuridica ipotesi particolari, nelle quali lasentenza che pronuncia la nullità ha effetti costitutivi: v. per tutti ZANARONE, L'invalidità cit., p.458 s., ove ulteriori citazioni.

(158) Si adattano bene alla nostra materia le parole di quella importante dottrina che da tempoha evidenziato ipotesi dove i confini fra le due invalidità sono assai labili (ci riferiamo alfondamentale lavoro di SACCO, Il contratto cit., p.870 e ss.): "Quando emergano figure menolineari, di invalidità rilevabili d'ufficio ma sanabili, di invalidità insanabili ma non rilevabili d'ufficio,e così via, la contrapposizione fra nullità e annullabilità viene fatalmente messa in crisi." (ivi,p.874).

(159) Il discorso ci pare che possa valere anche per le deliberazioni di aumento del capitale (eanalogo sarebbe – se non si fosse in materia di s.r.l. – per le emissioni di obbligazioni): in talicasi, infatti, gli effetti nei confronti dei terzi , pur derivando dalla delibera, si producono soltantocon la sua esecuzione. Per l'affermazione della inapplicabilità, peraltro, a tali deliberazioni "diorganizzazione" della tutela ex art.2377 (allora terzo comma, ora) sesto comma c.c. - cui fariferimento l'attuale art.2479-ter c.c. - non essendo concepibile che gli effetti di unadeliberazione invalida di aumento del capitale vengano fatti parzialmente salvi, a seconda dellabuona o mala fede del terzo sottoscrittore, cfr. FERRO-LUZZI, La conformità cit., p.114, in nota.

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L'esame dei diversi valori delle deliberazioni dei soci e dei relativi riflessi sui terzi esula dai limitidel presente lavoro; per un'ampia casistica si rinvia ancora a FERRO-LUZZI, La conformità cit.,p.84 ss.

(160) A titolo di esempio: una deliberazione che, nell'approvare il bilancio, destini utiliinesistenti, a scopo di beneficenza (e senza che sia all'uopo necessaria la forma solenne), adun soggetto estraneo alla società. (161) Per un quadro v. DE GIORGI, Profili di responsabilità dei consiglieri di amministrazione:atti dell'a.d. e autorizzazione assembleare, in Le società, 2002, p.62; CAMPANA, Laresponsabilità civile degli amministratori delle società di capitali, in N.G.C.C., II, 2000, pp.247-248; ABBADESSA, La gestione dell'impresa cit., pp.62-63; PREITE, Abuso di maggioranza econflitto di interessi del socio nelle società per azioni, in Trattato delle società per azioni direttoda Colombo e Portale, Torino, 1993, 3, II, pp.89-92; REVIGLIONO, La "sostituzione" cit. p.149ss.

(162) Ci pare doveroso sottolineare il ruolo di estrema importanza che può giocare, in questonuovo sistema, il controllo notarile sulle deliberazioni soggette ad iscrizione nel registro delleimprese. Infatti la norma che per decorso del termine triennale rende non più impugnabile ladeliberazione nulla trova un notevole contrappeso nell'affermazione (art.2436 c.c.) che "ladeliberazione non produce effetti se non dopo l'iscrizione" (quinto comma) e che, decorso iltermine di trenta giorni da quando il notaio ha comunicato agli amministratori di non ritenereadempiute le condizioni stabilite dalla legge per l'iscrizione, senza che gli amministratoriabbiano convocato l'assemblea per gli opportuni provvedimenti ovvero si siano rivolti altribunale per ottenere da questo il decreto di omologazione, la delibera "è definitivamenteinefficace" (terzo comma). E' evidente, allora, come lo sbarramento preventivo ad opera del notaio possa bloccare sulnascere gran parte delle possibili storture, contribuendo a rendere inoperanti le deliberazioniaffette da nullità: ci pare che proprio l'introduzione di "sanatorie" e di brevi termini di decadenzaaccentui la necessità di un attento e rigoroso controllo notarile, nel momento in cui l'iscrizionenel registro delle imprese acquista un rilievo che va ben al di là della pubblicità dichiarativa,ponendosi come momento iniziale (e fondamentale) sulla via di una possibile "stabilizzazione"di effetti della deliberazione.

(163) Cfr. le osservazioni di P. MARCHETTI, Sul controllo degli atti costitutivi e delledeliberazioni modificative, in Riv. not., 2002, p.268 e di LAURINI Sul controllo di legalità delledelibere assembleari, in Riv. not., 2002, p.287.Sull'ampiezza e sui limiti del controllo notarile, che secondo l'opinione più diffusa - e preferibile -coincidono con quelli del controllo omologatorio giudiziale, cfr. AA.VV.(a cura di PACIELLO), Ilcontrollo notarile sugli atti societari, Milano, 2001; REVIGLIONO, Il contenuto del controllonotarile di iscrivibilità degli atti d'impresa dopo la legge 340 del 2000, in Riv. not., 2001, I, p.303;con riguardo al sistema previgente cfr. MORERA, L'omologazione degli statuti di società,Milano, 1988; ANGELICI, Modificazioni dell'atto costitutivo e omologazione, in Giur. comm.,1994, I, p.621.

(164) Donde, forse, un generale dovere degli amministratori di invitare l'assemblea a ritornare(anche dopo la scadenza dei termini per l'impugnativa) su una decisione affetta da un vizio così

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grave (già OPPO, Amministratori e sindaci di fronte alle deliberazioni assembleari invalide, inRiv.dir.comm., 1957, I, p.238, prospettava la necessità per gli amministratori di chiedere larevoca della deliberazione all'assemblea; sul punto v. anche ABBADESSA, La gestionedell'impresa cit., p.61 ss.; ID., L'assemblea: competenza, in Trattato delle società per azionidiretto da Colombo e Portale, 3, I, Torino, 1994, p.37 ss.; ZANARONE, L'invalidità cit., p. 325ss.).

(165) Ma anche quelle che stabiliscono una norma programmatica illecita (ad esempio ladeliberazione che, nel nominare gli amministratori, li esoneri da ogni responsabilità verso lasocietà per tutto il periodo del mandato).

(166) Sul problema v. SERRA, L'assemblea: procedimento, in Trattato delle società per azionidiretto da Colombo e Portale, 3, I, Torino, 1994, p.181 s.; ci limitiamo ad osservare chel'illegittimità di tale metodo di votazione risulta oggi confermata dalla necessità che dal verbalerisulti l'identificazione dei soci favorevoli, astenuti o dissenzienti (art.2375 c.c.). Riteneva, primadella riforma, iscrivibile tale clausola, affermandone il contrasto con norme poste a tutela non diinteressi di carattere generale, ma di interessi facenti capo ai soci, REVIGLIONO, Il contenutodel controllo notarile cit., p.312. Sul punto ci permettiamo di rinviare a quanto infra sostenutosulla distinzione fra "deroga" e "violazione" di norma imperativa.

(167) Sul punto v. le opinioni discordanti riportate in FIMMANO', Voto occulto e dissensopalese, in Riv. not., 1994, p.160. E chiaramente, per chi ritenga che la deliberazione, se pur nulla, sia dotata di efficacia precaria,il problema si porrà non soltanto dopo il decorso dei termini per l'impugnazione, maimmediatamente.Si noti, fra l'altro, che l'affermazione dell'efficacia precaria di una decisione nulla per illiceità oimpossibilità giuridica sembrerebbe dover condurre alla conclusione dell'impraticabilità di unasostituzione automatica ex art.1419, secondo comma, cod. civ. Si potrebbe sostenere, infatti,che se la decisione è immediatamente efficace - e tale efficacia diventa incontestabile per lamancata impugnazione in termini - non ha senso (o almeno ha scarso senso) la suasostituzione, rimedio che ben più si giustifica a fronte di una decisione priva di effetti ab initio eper sempre; questa è infatti la ragione per cui il negozio annullabile non è suscettivo diapplicazione della sostituzione ex art.1419 secondo comma nonché, a nostro parere, anche diconversione (v. bene LUCARELLI, Lesione di interesse e annullamento del contratto, Milano,1964, pp.283-284). Ma d'altra parte pare veramente poco persuasivo ritenere che una decisioneviziata da illiceità non sia sostituita, se ne esistono i presupposti, da una disposizioneimperativa.Questa riflessione ci porta a ritenere che, anche ove si addivenga a riconoscere una efficaciaprecaria delle decisioni (da qualsiasi vizio siano affette) dei soci nella società a responsabilitàlimitata, questa soluzione debba essere "mitigata" dalla coesistenza di altri principi di dirittocomune (quale, appunto, la sostituzione automatica di clausole ex art. 1419, secondo comma)che riteniamo comunque applicabili.

(168) V. FIMMANO', Voto occulto cit., loc. cit.

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(169) Sulla quale v. ZANARONE, (L'invalidità cit. p.423 ss.), sviluppando osservazioni effettuatea livello di teoria generale (MOSCHELLA, Il contratto contrario a norme imperative, inLegislazione economica. Studi a cura di F. Vassalli e G. Visentini, Milano, 1981, p.285 e ss.).

(170) Quest'ultima distinzione, ripresa anch'essa da ZANARONE, op.loc.ultt.citt., è ormaicostante nella giurisprudenza di legittimità, sin da Cass., 20 aprile 1961, n.883, in Dir.fall., 1961,II, p.783: cfr. da ultimo Cass., 22 luglio 1994, n.6824, in Mass.Giur.It., 1994.

(171) Non riteniamo di condividere, invece, l'opinione di chi sostiene (SALAFIA, L'invalidità cit.,p.1181 s.) che la nullità della deliberazione - non più azionabile in giudizio per il decorso deitermini - possa comunque essere sempre eccepita ai sensi dell'art.1442 c.c. da chi (società osoci) venisse richiesto di dare esecuzione al deliberato nullo. Infatti il principio "temporalia adagendum perpetua ad excipiendum" non è invocabile nei confronti di un termine di decadenza(v. per tutti ROSELLI, voce "Decadenza", in Enc.Giur.Treccani, Roma, p.4, ove numerosecitazioni), e tale pare essere anche quello triennale di cui agli artt.2379 e 2479-ter c.c.:depongono in tal senso la brevità stessa del termine (soprattutto se rapportata al regimenormale dell'azione di nullità), lo scopo della certezza dei rapporti sociali, la coerenzasistematica con gli altri termini previsti dal primo comma dell'art. 2379-ter; e in tal sensosembrano per lo più orientati i commentatori (cfr. ABRIANI, op.cit. p.211; SPENA, op.cit.,p.376); definisce invece di prescrizione il termine triennale e di decadenza quelli dettati dalprimo comma dell'art. 2379-ter GALGANO, Il nuovo diritto societario cit., pp.226-227; su questiultimi prende espressamente posizione, nel senso della decadenza, la relazioneaccompagnatoria, par.5.

(172) E' noto che la Corte Costituzionale fa ormai ampiamente ricorso al criterio della"ragionevolezza" (ancorato all'art.3) variamente inteso: per una panoramica cfr. le citazioni inBARALIS, Condizione di reciprocità, in AA.VV., Riforma del diritto internazionale privato,Milano, 2001, p.65; cfr. anche BIN-PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, Torino, 2002, p.448(ove l'accento viene posto sull'incoerenza della norma) e, soprattutto, RUGGERI-SPADARO,Lineamenti di giustizia costituzionale, Torino, 2001, pp.154-175, che si distingue sia perl'accurata ricostruzione dello sviluppo storico delle argomentazioni in merito della Corte, sia perl'intento di dare un inquadramento scientifico al concetto di ragionevolezza, connotandolorispetto all'incoerenza e all'ingiustizia (criterio, quest'ultimo, metagiuridico).In altre parole: sembra del tutto sproporzionato (come adeguamento dei mezzi ai fini e comecoerenza), per tutelare la stabilità delle decisioni societarie, ricorrere ad un mezzo impropriocome quello della sanatoria della nullità delle deliberazioni assembleari per illiceità, che creaprofonde alterazioni rispetto ai principi generali ed una ingiustificata disparità di trattamento disituazioni di pari gravità.D'altra parte, dubbi potrebbero nutrirsi anche sulla corrispondenza della scelta del legislatoredelegato rispetto alle indicazioni della Legge delega, la quale prevedeva che la riforma dovesseessere diretta a "disciplinare i vizi delle deliberazioni in modo da contemperare le esigenze ditutela dei soci e quelle di funzionalità e certezza dell'attività sociale": ora, a fronte dellasanabilità per decorrenza del termine triennale delle deliberazioni nulle per illiceità, è almenolegittimo domandarsi se effettivamente si possa parlare di "contemperamento" delle esigenze.Al tempo stesso, le molte questioni che la "stabilizzazione" di una delibera nulla per illiceitàpotrebbe andare a creare in ordine alla sorte di atti negoziali o di successive deliberazioni chesulla prima si basino, o in ordine alla lettura ed alla applicazione di clausole statutarie da questa

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introdotte, inducono a dubitare che effettivamente l'obiettivo di assicurare "la certezza"dell'attività sociale sia stato raggiunto.

(173) Cass., 14 maggio 1992, n.5735, in Giur. comm., 1993, II, p.461; COTTINO, Dirittocommerciale. Le società cit., p. 242, ove ulteriori citazioni; v. anche ANGELICI, La costituzionedella società per azioni, in Trattato di diritto privato diretto da P. Rescigno, 16, Torino, 1985,p.274 nota 8.

(174) Al problema non abbiamo, inspiegabilmente, trovato alcun accenno nei primi commentisulla legge di riforma: così, GALGANO, Il nuovo diritto societario cit., p.93 nota 60, si limitaall'affermazione tralaticia per cui "La norma non impedisce, ovviamente, che possa esseresuccessivamente pronunciata la nullità di singole clausole dell'atto costitutivo"; nello stessosenso CALVOSA, in AA.VV., Diritto delle società di capitali (Manuale breve) cit., p. 283.

(175) Pare opportuno esaminare brevemente, ai fini di un più completo e meditato consensoalla soluzione esposta, le fattispecie disciplinate rispettivamente dall'art.23 c.c. e dagli artt.1137-1138 c.c.Per quanto concerne la prima (invalidità delle deliberazioni assembleari nelle associazioni) èautorevolmente sostenuta la tesi per la quale la norma comprende nel concetto di"annullamento" sia vizi di annullabilità sia cause che secondo i principi generali sono di nullità,quali il contrasto con norme imperative e con l'ordine pubblico (v., con ampie citazioni, VITA DEGIORGI, voce "Associazione", II, in Enc.Giur.Treccani, Roma, 1988, p.7 ; BIGLIAZZI GERI,BRECCIA, BUSNELLI, NATOLI, Diritto civile, I, Torino, 1987, p.239; TAMBURRINO, Personegiuridiche e associazioni non riconosciute. Comitati, in Giur. sist. dir. civ. e comm. fondata da W.Bigiavi, Torino, 1980, p.254 ss.; GALGANO, Delle persone giuridiche, in Comm. del cod. civ. acura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma, 1972, p.293 s.). La tesi, però, non è pacifica (v.in dottrina BIANCA, Diritto civile. La norma giuridica. I soggetti, I, Milano, 1981, p.338; di"radicale nullità" ai sensi dell'art.1418 c.c. parla, in giurisprudenza, Cass., 4.2.1993, n.1408) ead essa la giurisprudenza ha comunque "reagito" riconoscendo ampio spazio alla categoriadella inesistenza (ampie citazioni in TAMBURRINO, Persone giuridiche cit., pp.256-257). Inogni caso, la norma prevede, come contrappeso, anche l'impugnabilità da parte del pubblicoministero (e sulla identità di funzione, a tutela dell'interesse pubblico, fra nullità rilevabiled'ufficio ex art.1421 e annullabilità su impugnazione del p.m. cfr. GALGANO, op.loc.ultt.citt.; v.anche SPADA, Problemi della nullità del brevetto d'invenzione, in Riv.dir.civ., 1982, I, p.232 s.)e, per le deliberazioni contrarie all'ordine pubblico o al buon costume, la facoltà di sospensionedell'esecuzione da parte dell'autorità governativa (art.16, quarto comma, c.c. e art.9 disp.att.c.c.); a ciò si aggiunga che, nell'originario impianto codicistico, le delibere di modifica dellostatuto erano soggette alla regola, fortemente limitativa, della necessità dell'approvazione daparte dell'autorità governativa (art.16, quarto comma, c.c.): erano quindi previste altre specificheforme di tutela, accanto all'impugnazione per invalidità.L'art.1137 c.c. profila, apparentemente, in materia condominiale, un'unica azione diinvalidazione, che pare risolvere in termini di annullabilità tutti i vizi dai quali può essere affettala deliberazione dell'assemblea dei condomini; ma - secondo l'opinione assolutamenteprevalente (cfr. BRANCA, Comunione. Condominio negli edifici, in Comm. del cod. civ. a cura diA. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma, 1982, p.651 ss.) - la norma si riferisce soltanto alledelibere propriamente annullabili e la giurisprudenza è compatta nell'individuare ipotesi dinullità, in base alle regole del diritto comune (cfr., per il regolamento condominiale e le relative

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deliberazioni assembleari, Cass., 5.8.1988, n.4851; Cass., 16.11.1992 n.12.281; Trib. Bologna,14.01.1998, in Arch. Locazioni, 1998, p.883; un ampio quadro in NICOLETTI-REDIVO, Ilregolamento e l'assemblea nel condominio degli edifici, Padova, 1994, p.200 ss.).

(176) V. per tutti ZANARONE, L'invalidità cit., p.464. E, a ben vedere, la precedenteformulazione - che rinviava soltanto ad alcuni articoli in materia di nullità dei contratti - avrebbemaggiormente giustificato una interpretazione a contrario, volta ad affermare l'inapplicabilitàdelle norme non espressamente richiamate: in tal senso v. FERRO-LUZZI, La conformità cit., p.180 ss. e nota 150; PISANI MASSAMORMILE, Statuti speciali di nullità cit., p.402.

(177) Sempre fondamentale, sul punto, BARBERO, Empirismo e dogmatica nel diritto, in Riv.trim. dir. proc. civ., 1949, p.310 ss.

(178) Del resto sarebbe ben strano che il legislatore recente, allorché è intervenuto adapportare modifiche codicistiche, sia stato preciso ed esauriente nell'indicare i contorni e leconseguenze del vizio in relazione ad una patologia diversa dall'invalidità (pensiamo all'art.1469quinquies c.c. in tema di inefficacia) ed invece approssimativo e lacunoso in tema di aspetticollegati alla nullità delle deliberazioni assembleari: salvo ritenere - come riteniamo - che vi siapur sempre un implicito riferimento al diritto comune, in quanto compatibile.

(179) Per una convinta ricusazione della tesi della inutilità, in diritto comune, del concetto diordine pubblico come parametro ulteriore, per l'illiceità, rispetto alla contrarietà a normeimperative, cfr. LONARDO, Ordine pubblico e illiceità del contratto, Napoli, 1993, p.290; nelsenso che le regole di ordine pubblico e quelle imperative non coprono, nell'ordinamentogiuridico, uno spazio identico, v. anche FERRI, Ordine pubblico cit., p.156 ss. e DE NOVA, Ilcontratto contrario a norme imperative, in Riv. crit. dir. priv., 1985, p.436 ss.

(180) Cfr. anche BARBA, in AA.VV., La riforma delle società cit., 2/I, sub art. 2332, p.71 s.

(181) Ad esempio non riteniamo configurabile, per i motivi sopra esposti nel testo, laconversione ex art.1424 c.c.; ancora, non è concepibile una convalida tacita, medianteesecuzione, della delibera invalida. Tale convalida suppone l'esistenza di un impegno invalido,ma provvisoriamente efficace, mentre nel caso nostro la delibera può essere solo prodromicaall'impegno. Sul diverso - ma per certi aspetti connesso - problema della sostituzione implicitadella deliberazione invalida cfr. REVIGLIONO, La "sostituzione" cit., p. 107 ss.

(182) V. per tutti SACCO e DE NOVA, Il contratto, in Trattato di dir. civ. diretto da Sacco,Torino, II, 1993, p. 553. L'affermazione contenuta nel testo non implica, peraltro, adesione allatesi che ricostruisce la "sostituzione" in termini di convalida (sulla quale v., in senso critico, leargomentazioni riportate da REVIGLIONO, La "sostituzione" cit., p.10 ss.).

(183) v. GIACOBBE, voce "Convalida (diritto privato)", in Enc.Dir., X, Milano, 1962, p.500;PASCA, in AA.VV., Codice civile annotato a cura di P. Perlingieri, Torino, 1980, IV, sub art.1444, p.600; contra, autorevolmente, su un piano di teoria generale, nel senso che iniziato ilgiudizio di annullamento, l'attore non possa sanare, perché sarebbe un "venire contra factumproprium", CONSO, Il concetto e le specie di invalidità, Milano, 1955, p.49 in nota.

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(184) Il che ha indotto qualche Autore a porne in evidenza la prossimità, piuttosto, allaannullabilità assoluta (cfr. OLIVERO, L'autonomia statutaria nella nuova disciplinadell'assemblea delle società per azioni, in Riv.not., 2003, p.885).

(185) Sottolinea OLIVERO, L'autonomia statutaria cit., p.887, come la lettera della leggesembri, invece, legittimare l'interpretazione che la delibera sostitutiva pregiudichi i diritti dei terzi;come già esposto (v. supra, par.8), riteniamo che la stessa disciplina stabilita per la pronunciagiudiziale di annullamento si applichi alla sostituzione, estensivamente (sulle motivazioni di taleinterpretazione estensiva cfr. già REVIGLIONO, op.ult.cit., p.68), senza che vi siainterpretazione "a contrario". Infatti l'argomentazione "a contrario" non può valere da sé sola (v.gli esatti rilievi di RUSSO, L'interpretazione delle leggi civili, Torino, 2000, p.485): l'"argumentuma simili" e l"'argumentum a contrario" si confrontano su un piede di parità (v. per tutti BOBBIO,Contributi ad un dizionario giuridico, Torino, 1994, pp.8-9) e l'applicazione dell'uno o dell'altro ècollegata al criterio di (maggior) ragionevolezza della soluzione (fondamentale ALEXY, Teoriadell'argomentazione giuridica, Milano, 1998, pp.209, 266; v. pure VIOLA - ZACCARIA, Diritto einterpretazione, Bari, 2001, pp.360-361). E ragionevole pare, nel caso di specie, solo il risultatodell'interpretazione estensiva.L'interpretazione "a contrario" cui talora si fa ricorso nell'ambito del presente lavoro (perescludere la rilevabilità d'ufficio della nullità nella s.r.l.: cfr. la nota 49; oppure in tema di vizidelle deliberazioni consiliari nella s.r.l.: cfr. infra, par. 15), ci pare si legittimi, per esempio,proprio in forza delle specificità tipologiche della società a responsabilità limitata rispetto allasocietà per azioni, delle quali si è parlato nella parte introduttiva.

(185-bis) Così GIACOBBE, op.loc.citt.

(186) e salvo il dubbio che, qualora siano stati gli amministratori ad agire per la dichiarazionegiudiziale di nullità, l'effetto sanante connesso alla verbalizzazione tardiva possa ritenersiprecluso dal noto principio del divieto di "venire contra factum proprium".

(187) Cfr., però, quanto osservato alla nota 138, in relazione alla nullità per illiceità/impossibilitàdell'oggetto sociale.

(188) ANGELICI, in Studi cit., p.314: "si comprende così perché, qualora si vogliano tradurre intermini soggettivi le regole organizzative, siano ad esse estranee le figure del diritto soggettivoe dell'obbligo, dovendosi se mai ricorrere a quelle del potere e dell'onere"; sulla stessa sciaFERRO-LUZZI, La conformità cit., pp.146-147.

(189) ANGELICI, La società nulla cit., pp.81, 101, 103.

(190) D'ALESSANDRO, Il diritto delle società da i "battelli del Reno" alle "navi vichinghe", inForo it., 1988, V, 48 e ss.

(191) Su tale scelta v. le osservazioni critiche - in gran parte ancora attuali, sebbene formulatenei confronti del Progetto di decreto legislativo elaborato dalla Commissione Vietti e approvatodal Consiglio dei Ministri in data 29-30 settembre 2002, e quindi di un testo parzialmentediverso da quello definitivo di riforma - di SACCHI, La tutela obbligatoria degli azionisti nelnuovo art.2377 c.c., p.155 ss. e di WEIGMANN, Dalla società per azioni alla società per carati,

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p. 169 ss. (ivi a p. 173 ss.), entrambi in AA.VV., Il nuovo diritto societario fra società aperte esocietà private, Milano, 2003.

(192) Reputiamo la responsabilità di tipo contrattuale, con tutte le conseguenze a ciò collegate;nel senso di responsabilità per "atto dannoso lecito" v. invece PIAZZA, L'impugnativa cit., p.968.Afferma che "la causa di invalidità si converte, per i soci non legittimati ad impugnare, in fattoillecito generatore di responsabilità della società" GALGANO, Il nuovo diritto societario cit.,p.220, ma non è chiaro se l'espressione sottintenda una valutazione in termini di responsabilitàextracontrattuale.

(193) Sembra non cogliere questa ragione ROSAPEPE, op. cit., p.178.

(194) Per l'inapplicabilità del rinvio, invece, BUONOCORE, op.ult.cit., p.162.

(195) cfr. WEIGMANN, op. loc. citt. e MONTALENTI, La riforma del diritto societario: profiligenerali, in AA.VV., La riforma delle società - Profili della nuova disciplina (a cura di S.Ambrosini) cit., p.8; v. anche le osservazioni critiche di SPAGNUOLO, in AA.VV., La riforma cit.,2/I, sub art.2377, p. 353, ove un tentativo di ampliamento della tutela risarcitoria.

(196) Così SPAGNUOLO, op.cit., p.386.

(197) L'esigenza di creare rimedi uniformi dal punto di vista dei limiti temporali è una costante,potrebbe dirsi, del diritto comune: si pensi ad esempio alla fattispecie di cui all'art.1494 c.c. perla quale, secondo opinione diffusa, l'azione è soggetta agli stessi limiti temporali di cui agliartt.1495 e 1497 c.c. (v. per tutti LUMINOSO, La compravendita, Torino, 2003, p.277;Cass.18.3.1965, n.414).

(198) V. per tutti con ampi riferimenti PREITE, Abuso di maggioranza cit., pp.74-81; ingiurisprudenza Cass. 26.10.1995, n.11151, in Giust.civ., 1996, I, p.381 con ampia nota diSCHERMI; per l'ipotesi di abusi della minoranza v. BENAZZO, Autonomia cit., p.451.

(199) v.citazioni in PREITE, op.cit., p.77.

(200) PREITE, op.cit., p.76.

(201) Si tenga presente, fra l'altro, che gli sviluppi legislativi più recenti, in un'ottica anche didiritto comparato, tendono a intrecciare, cosa impensabile sino a trent'anni fa, le regole diresponsabilità con le regole di validità: v. un'ampia esemplificazione e un buon approfondimentoin VETTORI, Le asimmetrie informative fra regole di validità e regole di responsabilità, inRiv.dir.priv., 2003, p.241 e ss.

(202) V. per tutti ROPPO, Il contratto del duemila, Torino, 2002, pp.69-73.

(203) Tra l'altro ci si potrebbe chiedere se l'impostazione dell'A. non debba essere rivista allaluce della riforma. Infatti, sostiene PREITE (op.cit., p.80) che per escludere l'obbligo dirisarcimento - che l'A. prospetta, in aggiunta all'azione di annullamento, a carico sia dellasocietà sia della maggioranza - "non rimarrebbe (...) che il ricorso ad argomenti esegetici e

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sistematici ricavabili da particolari norme di diritto societario o da un esame degli interessi evalori che ne risulterebbero tutelati e realizzati": per l'appunto, è legittimo il dubbio se taliargomenti non siano oggi ricavabili dal nuovo sistema delineato dagli artt. 2377, 2378, 2379,2379 bis e 2379 ter.

(204) Ritiene invece, come si è detto, che l'azione di danni sia attivabile sia nei confronti dellasocietà che della maggioranza, PREITE, op.cit., p.81.

(205) V. GALLO, in AA.VV., I contratti in generale, Trattato dei contratti diretto da Rescigno, I,Torino, 1999, p.470.

(206) V. per la dilatazione degli interessi lesi la fondamentale Cass. SS.UU., 22.7.1999, n.500.

(207) Come ANGELICI, in Studi cit. p.313 ss.

(208) ANGELICI, voce "Società per azioni" cit., p.985.

(209) ANGELICI, La riforma (manoscritto) cit., p.82.

(210) MIRONE, Il procedimento deliberativo cit., p.11.

(211) MIRONE, Il procedimento deliberativo cit., p.17.

(212) MIRONE, op.loc.citt.

(213) MIRONE, op.cit., p.18.

(214) V., con abbondanti citazioni, ancora MIRONE, op.cit., pp.2-3.

(215) V. MIRONE, op.cit., p.200 e ss.; sostanzialmente ripete questa alternativa ABRIANI, inAA.VV., Diritto delle società di capitali cit., p.205; secondo RESCIO, L'assemblea nel progetto diriforma delle società di capitali, par.19 (relazione al Convegno di Firenze, 16 novembre 2002,dal titolo "Verso il nuovo diritto societario. Dubbi ed attese") il consenso espresso per iscritto"indica qualsiasi ipotesi di volontà decisionale extra assembleare non manifestata in seguito aduna previa consultazione dei soci e in adesione ad una predefinita proposta" e può esseresoltanto "dato o non dato", mentre nella consultazione - cioè rispetto ad una proposta - èpossibile anche l'astensione; RESTAINO, in AA.VV., La riforma delle società cit., 3, subart.2479, p.159, identifica il consenso espresso per iscritto con "il metodo negoziale puroattualmente in uso nelle società di persone".

(216) v. RESTAINO, op.cit., pp.158-160.

(217) v. MIRONE, Il procedimento cit., p.200.

(218) Sull'esistenza di gradi diversi di derogabilità v. bene PERLINGIERI, Manuale di dirittocivile, Napoli, 2000, p.12.

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(219) Come è noto, il sistema delle assemblee separate esclude la contestualità ed escludeanche lo scambio "generale" dei punti di vista qualora lo si ritenga imperniato sul meccanismodei mandati imperativi (v. amplius sul punto TRAPANI - RUOTOLO, Assemblee separate exart.2533 c.c., in Consiglio nazionale del notariato, Studi e materiali, 1998-2000, 6, 2, Milano,2001, p.1243 e ss.).

(220) Sui caratteri anche intrinseci che distinguono il sociale dal parasociale v. ANGELICI, inStudi cit., p.335.

(221) V. però quanto osservato nel par.3.

(222) Sui criteri di individuazione delle regole organizzative societarie e sui rapporti, in generale,tra organizzazione e forma, cfr. ANGELICI, in Studi cit., p.318 ss.

(223) Prima della riforma esisteva in materia, come è noto, un ampio ventaglio di opinioni, ivicompresa la tesi dell’inesistenza (v. per tutti DE CASTELLO, La trascrizione del verbale sul librodelle adunanze e delle deliberazioni assembleari, in Riv.not., 1990, pp.1388-1390).

(224) Per un'ampia critica dell'opinione che ritiene di dover fare riferimento al concetto didelibera corrente nell'ambiente sociale cfr. ZANARONE, L'invalidità cit., p.194 e ss.

(225) Contra, prima della riforma, ZANARONE, L'invalidità cit., p.201 testo e nota 40, ovecitazioni.

(226) ANGELICI, in Studi cit., pp.392-393.

(227) "...il momento, in effetti con il quale, per così dire, si manifesta la "pretesa" di vederrealizzato quel valore organizzativo in cui consiste la delibera e si pone quindi il problema dellasua coerenza con l'ordinamento...E ne può risultare che, attuatosi tale momento, le anomalie ela mancanza stessa delle altre fasi del procedimento assembleare non pongono in quanto taliun problema di riferibilità di quel valore all'organizzazione societaria, bensì di sua "formazione":sulla base quindi dell'alternativa validità-invalidità e non di quella "esistenza"-"inesistenza"(ANGELICI, op.loc.citt.).

(228) In relazione al quale v. infatti, in senso svalutativo, COTTINO, Diritto commerciale. Lesocietà cit., p. 382, osservando che la proclamazione "determina l'apparenza di unadeliberazione, non la sua realtà" e già, tendenzialmente, MIGNOLI-NOBILI, voce "Assemblea disocietà", in Enc.Dir., III, Milano, 1958, p.387.

(229) ANGELICI, La riforma (manoscritto) cit., p.76.

(230) Il nuovo testo dell’art.2375, ult.comma, c.c. (di sicuro applicabile anche alle delibere dis.r.l.) legittima una prassi certamente razionale ma che impone, più che mai, una ordinataconservazione di documenti, una diligente formazione di appunti, per non dire di un modo piùcomplesso di redazione del verbale (luogo e data di delibera distinti da luogo e data diredazione: tecnica di verbalizzazione che una attenta dottrina - ZANELLI, Stipulazione e

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vicende del contratto di società, in Le società, Trattato diretto da F. Galgano, Torino, 2002,p.203 - propugnava già prima della riforma ma che ora ci sembra più che mai da seguire).

(231) Affermata l'esistenza della delibera, si pongono ulteriori problemi. In che termini saràpossibile impugnare per invalidità? Come può avere efficacia precaria una delibera, invalida,che - sopratutto per il caso di mancanza di verbale - non può essere esattamente conosciuta? Il legislatore della riforma ha risolto i problemi connessi al vecchio testo degli artt.2377 e 2379,affermando che il termine per impugnare decorre dalla trascrizione della delibera nel libroapposito delle decisioni dei soci, trascrizione che rientra nei compiti degli amministratori e chedeve essere effettuata "senza indugio" a norma dell'art.2478 c.c.: ciò non impedisce,naturalmente, che la deliberazione possa essere impugnata anche prima della sua trascrizione,ma mette al riparo il soggetto impugnante dal rischio di scadenza di termini di decadenza primaancora che il testo della decisione sia stato "ufficializzato". Con il che non tutti i problemi sonorisolti: cfr. le osservazioni di ROSAPEPE, op.cit., p.177, già richiamate alla nota 55.Quanto all'efficacia precaria riteniamo, ragionevolmente, non eseguibile una delibera che nonsia correttamente conoscibile nella sua portata secondo le regole della organizzazionesocietaria; tant'è vero che il secondo comma dell'art.2379 bis, nell'affermare - in ipotesi disanatoria mediante verbalizzazione tardiva - che la deliberazione ha effetto dalla data in cui èstata presa, fa salvi i diritti dei terzi che in buona fede la ignoravano.

(232) V. per tutti GRIPPO, Deliberazione e collegialità nelle società per azioni, Milano, 1979,p.9; SERRA, Unanimità e maggioranza cit., p.110; GHIDINI, Il sistema della collegialità nellesocietà di persone. in Impresa e società. Scritti in memoria di Alessandro Graziani, II, Napoli,1968, p.800.Non inficia questo principio l'art.2370 che ora estende anche alle s.p.a. in genere la possibilitàdel voto per corrispondenza: è vero, infatti, che in tal caso il voto è "preformato" rispettoall'assemblea [e indipendentemente da qualsiasi partecipazione alla fase di discussione (e v.WEIGMANN, voce "Società per azioni", in Digesto discipline privatistiche - Sezionecommerciale, Torino, 1997, pp.383-384)] ma è anche vero che il socio, se vuole, può (e si trattadi un diritto insopprimibile, onde l'invalidità di una clausola statutaria che rendesse obbligatorio,su certe materie, il voto per corrispondenza) intervenire e partecipare alla riunione (esattamenteRESCIO, in AA.VV., Diritto delle società di capitali, cit. pp.107-108, individua nella semplicepotenzialità di un'adunanza il "nucleo insopprimibile" del fenomeno assembleare).

(233) Contra MIRONE, Il procedimento cit., pp.64-65 e 102-103, cui si rinvia per ulterioricitazioni, nonché ABBADESSA, Deliberazioni senza assemblea nelle società di capitali, inRiv.dir.comm., 1968, I, p.300; v., invece, esattamente, SCIUTO - SPADA, Il tipo della societàper azioni cit., p.40, e S.ROSSI, Il voto extrassembleare nelle società di capitali, Milano, 1997,pp.109-110.

(234) V. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1973, p.150; VIRGA, Dirittoamministrativo. I principi, I, Milano, 1983, p.53.

(235) Contra RESCIO, La distinzione del sociale dal parasociale (sulle c.d. clausole statutarieparasociali), in Riv.Soc., 1991, p.596 ss., ivi p.653 ss.

(236) ANGELICI, in Studi cit., pp.333-334.

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(237) V. così, anche in senso problematico, ANGELICI, in Studi cit., pp.335-336.

(238) In questo senso ANGELICI, in Studi cit., p.323 e ss., per la ragione di fondo chel'esecuzione di norme procedimentali è momento centrale dell'organizzazione e quindi indice diriconoscimento del tipo di decisione (ivi, p.319).

(239) Contra MIRONE, Il procedimento cit.,p.37-38; RESCIO, I sindacati di voto, in Trattatodelle società per azioni diretto da Colombo e Portale, Torino, 1994, 3, I, p.503 e già Id., Ladistinzione del sociale dal parasociale cit., p.640. In diritto comune, invece, la "volontà degli effetti" ha perlopiù forza decisiva; si pensi al caso incui il mandatario acquisti un bene e l'acquisto potrebbe essere alternativamente o fatto per sé oper il mandante: v. sul punto DI MARCO, Destinazione al mandante degli acquisti delmandatario, in Giur.it., 1974, I, 1, c.1245 e ss., in nota a Cass.3.10.1972, n.2843. Il criterio,però, anche in diritto comune non può dirsi esaustivo: v. DI MAIO-FRANCARIO, Proprietà eAutonomia contrattuale, Milano, 1990, p.80.

(240) ANGELICI, in Studi cit., p.331.

(241) Ancora ANGELICI, in Studi cit., p.327.

(242) Id., in Studi cit., p.331.

(243) Si noti che questo fenomeno non è del tutto sconosciuto nell’ambito del sistema;pensiamo – almeno questa è la linea giurisprudenziale – alla trascrizione di un regolamentocondominiale nei registri immobiliari, che “trasforma” semplici obbligazioni in oneri reali (v. pertutti Cass., 11.11.1974, n.3525; Cass., 18.4.2002, n.5626).

(244) Riferimenti in BUONOCORE-CASTELLANO-COSTI, Casi e materiali di dirittocommerciale, Società di persone, I, Milano, 1978, p.500 ss.; per un quadro (critico) v. SERRA,Unanimità cit., p.99 ss..

(245) Sembra invece ritenere che la consultazione referendaria debba provenire dall'organoamministrativo, mentre per il consenso scritto l'iniziativa potrebbe partire da qualunque socio,BUSANI, ne Il Sole - 24 ore, 22.10.2002, p.29.

(246) MIRONE, Il procedimento cit., p.200; PISANI, Società di persone cit., p.54; contra, per lacompetenza dell'organo amministrativo in ogni caso, ROSAPEPE, op. cit., p.170. Per la verità potrebbe anche ritenersi applicabile analogicamente il disposto dell’art.2479, primocomma, c.c., anche se, in questa ipotesi, l’iniziativa da parte di un terzo dei soci è diretta allasottoposizione di un determinato argomento al giudizio dei soci e non alla loro convocazione.

(247) Per quanto concerne, poi, il rapporto fra soci e organo amministrativo, riteniamo che lacompetenza residuale organizzativa in senso lato competa ai soci, i quali "decidono" nelle formedi legge (già prima della riforma v., bene, ABBADESSA, L'assemblea: competenza cit., pp.15-18). Ci riferiamo, ad esempio, all'esclusione di cui all'art.2473 bis c.c. che, salvo diversaprevisione statutaria, può essere "decisa" dai soci sia con metodo assembleare che con metodo

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extra assembleare (se genericamente ammesso dallo statuto); non però dall'organoamministrativo, come si vorrebbe estrapolare dall'art.2466 c.c. (CAGNASSO, Ambiti e limitidell'autonomia concessa ai soci della "nuova"società a responsabilità limitata, in Le società,2003, p.370) o dall'art.2533 in tema di cooperative (MALTONI, Il recesso e l'esclusione nellanuova società a responsabilità limitata, in Notariato, 2003, p.316). Non si tiene conto, a nostroavviso, che:- sarebbe anomalo che l'esclusione venisse deliberata da un organo (l'organo amministrativo)nei cui confronti il socio ha solo una tutela risarcitoria, ben meno appagante di quellaripristinatoria espressamente prevista, per le società personali, dall'art.2287 c.c.: a fronte di unadecisione dei soci, invece, il socio escluso che lamenti la mancanza dei presupposti chelegittimano l'esclusione avrà il potere di impugnativa ex art. 2479-ter c.c.; - l'opinione contrasta in maniera netta con il principio di cui all'art.2479, secondo comma n.5,c.c. Quindi, a nostro parere, una delibera amministrativa che "escluda" un socio sarà radicalmenteinefficace.Un rilievo finale: si è scritto all’inizio del lavoro che tendenzialmente il legislatore della riforma, inaderenza ai principi della Law and economics, tende a dotare il sistema delle società di capitalidi regole a basso tasso di imperatività. Ribadiamo il principio, ma nel contempo sottolineiamoche l’affermazione va assunta in maniera ragionevole e misurata. Del resto nel sistema nonmancano esempi di norme declamatorie di piena libertà dell’autonomia privata, smentite poi insede di commento dottrinale e di applicazione giurisprudenziale; ci riferiamo, per esempio, allamateria di cui all’art.1100 c.c., su cui v.bene per tutti BRANCA, Della proprietà, in Commentariodel codice civile a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1960, p.37.

(248) V. invece per il rendiconto degli amministratori nelle società personali, GHIDINI, Societàpersonali, Padova, 1972, p.461.

(249) In questo senso parrebbe MIRONE, Il procedimento cit., p.205.

(250) Così MIRONE, Il procedimento cit., p.205.

(251) Cfr. MIRONE,op.cit., p.204, ma v. ivi l'opposta opinione di VERCELLONE, Questioni intema di deliberazioni di società personali, in Riv dir.comm., 1957, II, p.23.

(252) Così anche RESTAINO, op.cit., p.159 s.

(253) MIRONE, op.cit., pp.204-209; RESTAINO, op.loc.citt.

(254) V. supra, par.14.a, ed ivi la distinzione, tipica del diritto amministrativo ma certamenteapplicabile per certi aspetti alla nostra materia, fra collegi perfetti e imperfetti. Del resto che,nello stesso ambito assembleare della società per azioni, la valenza correlata al confronto diopinioni abbia subito un certo ridimensionamento è dimostrato argomentando dalla ormairiconosciuta cittadinanza dei patti parasociali e dai disposti dell'art. 2370, ultimo comma, edell'art.2372 c.c..

(255) Per l'irrevocabilità, su un piano di valutazione generale riguardante il negozio plurilaterale,v. RUBINO, La fattispecie e gli effetti giuridici preliminari, Milano, 1939, p.233, ma contra

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MIGNOLI-NOBILI, voce "Assemblea di società" cit., p.386; nel senso che il negozio plurilateralesi perfezioni con la maggioranza dei consensi e senza che sia necessario che tale notiziadebba pervenire a tutti i manifestanti la volontà, se non vi è un concreto interesse in questosenso - come nel nostro caso - v. MIRABELLI, Dei contratti in generale, in Commentario delcodice civile, Libro IV, II, Torino, 1980, p.60. Si noti che il "regime" del negozio plurilateraledovrebbe essere più severo che non per l'atto collegiale in ragione delle conseguenzenormalmente più gravi.

(256) ROSAPEPE, op. cit., p.179; contra, per l'annullabilità, SANTOSUOSSO, La riforma cit.,p.229.

(257) ANGELICI, La riforma (manoscritto) cit., p.87.

(258) Questa tendenza a sminuire le decisioni non assembleari ha esiti a volte veramentepericolosi, a nostro parere; così DOLMETTA, Pareri dei componenti dei collegi dei docenti deldottorato di ricerca presso l'Università cattolica di Milano, in Riv.soc., 2002, p.1489, ritieneimpercorribile per esse un serio sistema di avviso per i soci; a noi sembra che la mancanza diavvisi formali non escluda la possibilità di ricorrere a mezzi idonei - di qualunque tipo purchèdimostrabili - per l'informazione.

(259) DI SABATO, Manuale delle società, Torino, 1984, p.399 e p.405; CAMPOBASSO, Dirittocommerciale, 2, Diritto delle società, Torino, 1992, p.338 s.; CALANDRA BUONAURA, Poteredi gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, in Trattato delle società per azionidiretto da Colombo e Portale, 4, Torino, 1991, p.165 ss.; COLOMBO, Documentazione e vitadell'impresa, in AA.VV., Impresa e tecniche di documentazione giuridica, IV, Milano, 1991, p.44s.; in giurisprudenza Cass., 30 maggio 2000, n.7180, in Mass. Giur.It., 2000. Si riteneva,peraltro, che all'atto compiuto dal legale rappresentante in esecuzione di una deliberazioneinvalida fosse applicabile la regola stabilita dal secondo comma dell'art.2384 c.c.: il che cisembrerebbe significare che, se pur soltanto nei limiti della exceptio doli, all'invalidità delladeliberazione venisse riconosciuta una rilevanza "esterna".Diversa - e minoritaria - la posizione di quell'A. (GALGANO, Diritto commerciale. Le società cit.,pp.272-273 e pp. 280-281) che da un lato parlava di "immunità" delle delibere consiliari, ritenuteinimpugnabili al di fuori della specifica ipotesi del conflitto di interessi (con una impostazione,quindi, analoga a quella oggi, a nostro avviso, fatta propria dal legislatore per la s.r.l.) e dall'altroaffrontava il problema (diverso, ma non così dissimile) della mancanza di deliberazionesostenendo che la soluzione dovesse essere ricercata non nell'art.2384 c.c. ma negli artt. 2377e 2391, per ricavarne due regole: a) l'atto compiuto dal legale rappresentante in esecuzione dideliberazione (assembleare o consiliare) invalida - o senza previa deliberazione - è invalida; b)l'invalidità non è opponibile ai terzi di buona fede. Per una critica su questo ultimo punto cfr.COLOMBO, op.cit., p. 45.

(260) E' questa opinione, ad oggi, molto diffusa; la nuova s.r.l. sembra concepita, cioè, comeuna società di persone a responsabilità limitata (in tal senso la stessa Relazione illustrativa): v.P.MARCHETTI, in AA.VV., La corporate governance nelle società non quotate, a cura di S.Rossi e G.M. Zamperetti, Milano, 2001, p.123; MONTALENTI, La riforma del diritto societario:profili generali, in AA.VV., La riforma delle società (a cura di S. Ambrosini) cit., p.3; PARRELLA,in AA.VV., La riforma delle società cit., 3, sub art.2475, p.100. Contra, autorevolmente, SPADA,

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Classi e tipi di società cit., il quale privilegia comunque l'aspetto capitalistico; ancheZANARONE, Introduzione alla nuova società a responsabilità limitata cit., p.58 ss., preferisceparlare di "modello capitalistico attenuato", sottolineando come "l'insistito riferimento dellaRelazione Vietti alla nostra figura come società di persone a responsabilità limitata attiene allepotenzialità di questo tipo societario, cioè al risultato di sue possibili manipolazioni statutarie,ma non alla sua attualità, cioè non al modello legale (ivi, pp.107-108). Di "carattere ibrido" delmodello parla CAGNASSO, I "volti" della "nuova" società a responsabilità limitata cit., p.24.

(261) Il secondo comma dell'art.2476 c.c. è speculare all'art.2261 c.c., mentre il terzo comma ditale norma evoca la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 2259 c.c., in base alla quale nellesocietà di persone ogni socio può agire giudizialmente per la revoca per giusta causadell'amministratore (in realtà nella s.r.l. la legittimazione del socio è a richiedere "provvedimentocautelare" di revoca degli amministratori, in caso di gravi irregolarità nella gestione, ma da taleespressa previsione sembra potersi argomentare la "facoltà dei singoli soci di richiedere larevoca, in via giudiziaria, degli amministratori" (così CAGNASSO, op.cit., p.28; v. anchePARRELLA, op. cit., p.103 s.).

(262) Cfr. ANGELICI, La riforma (manoscritto) cit., p.97.

(263) Ancora ANGELICI, op. ult. cit., pp.94-96.

(264) Così ANGELICI, La riforma (manoscritto) cit., p.61: infatti manca l'esplicita previsionedella esclusione ex lege del diritto di opzione per l'aumento di capitale mediante conferimenti innatura, onde la possibilità di realizzare tale aumento presuppone il consenso, nel casoconcreto, dei soci.

(265) In queste, infatti, in caso di istituzione "pattizia" di un organo amministrativo collegiale, laviolazione di regole procedurali nella formazione della decisione non ha (non può avere) laconseguenza della invalidità, ma comporta solo azione di danni: v. PISANI, Società di persone"a struttura corporativa" cit., p.104. Ancora più evidente questa conclusione per le formeembrionali di organizzazioni personali, quale quella disciplinata dall' art.230 bis c.c. o dall'art.L.232/1982 (impresa familiare in agricoltura), ove le decisioni dei partecipi, secondo l'opinionedominante, hanno un valore puramente interno, scollegato da criteri di validità/invalidità. Del resto il percorso del legislatore della riforma, sul punto, sembra molto chiaro: al regimeridotto delle invalidità in materia di decisioni assembleari corrisponde un regime improntatoanch'esso alla tassatività, ma ancor più rigido, delle cause di invalidità delle decisioni delconsiglio di amministrazione; questa conclusione per le società a responsabilità limitata èdecisamente più netta, in ragione dell'ineludibile base personalistica delle prime.

(266) Contra Associazione DISIANO PREITE, Il nuovo diritto societario cit., p.258, oveaddirittura sembra essere configurata l'invalidità come sanzione rimessa, per la sua disciplina,all'autonomia privata (ipotesi questa, ci sembra, assolutamente da escludere: v. in motivazioneCorte cost. 5.2.1992, n. 35, in Vita not., 1993, p.310); di "lacuna" parla BENAZZO,L'organizzazione nella nuova s.r.l. cit., pp.1073-1074 ritenendo applicabile, per analogia, ladisciplina del modello azionario. Così anche SANTOSUOSSO, La riforma cit., p.216. Sullaprofonda diversità fra s.p.a. e s.r.l., che rende a nostro avviso impraticabile, in materia, il ricorsoall'analogia, v. le osservazioni contenute nel testo, paragrafo 6 lettera f); anche ABRIANI, in

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AA.VV., Diritto delle società di capitali cit., p.221, riconosce che la restrittiva disciplina dell'art.2475-ter sembra riflettere "una precisa opzione legislativa" nel senso della non impugnabilità.

(267) Del resto il sistema non può dirsi esclusivo degli amministratori della società aresponsabilità limitata: mutatis mutandis, quanto sopra vale anche per le decisioni collegiali deiliquidatori ex art. 2487, primo comma lett.a) c.c.

(268) Con l'ulteriore conseguenza che molte decisioni assunte irregolarmente potranno essereimpropriamente "sanate" in maniera informale: in altre parole, ai fini della legittimità delcomportamento di chi ha dato esecuzione alla decisione, non rileverà la regolarità formale delprocedimento decisionale, ma l'esistenza, dal punto di vista sostanziale, della decisione.

(269) Ci pare, inoltre, che in tal caso la "deliberazione" del consiglio (intesa nel senso dellanecessaria unitarietà spazio-temporale) non possa essere sostituita dalla decisione adottatamediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto, e ciò sia perchétale modalità più rigorosa è imposta agli stessi soci dall'art.2479, quarto comma, c.c., sia per lanecessità (ex art.2481, primo comma, c.c.) che della decisione venga redatto verbale notarile.

(270) La conseguenza veniva ricavata da una interpretazione estensiva del secondo commadell'art.2384 c.c.: oltre agli AA. citati alla nota 252, v. JAEGER-DENOZZA, Appunti di dirittocommerciale, Milano, 2000, p.355; BRAVO, in AA.VV., Le società di capitali, in Trattato teoricopratico delle società a cura di Schiano di Pepe, Milano, 1999, pp.537-540; in giurisprudenza v.(in motivazione) Cass., 7.2.2000, n.1325 , in Le Società, 2000, p.1337, con nota di commento diMANZINI. E' da sottolineare la diversa tesi di chi ritiene, invece, che la mancanza della decisioneamministrativa (ma non i vizi della stessa, per i quali varrebbe il principio, desumibiledall'art.2391 c.c., dell'irrilevanza nei confronti dei terzi di buona fede) non possa non riflettersisui poteri del rappresentante, il cui atto non sarà quindi vincolante per la società: ciò perché "ilmomento decisionale, in quanto procedimentalmente isolato da quello dichiarativo (come incaso di amministrazione pluripersonale), condiziona quest'ultimo, non già in forza di una sceltaeventuale dell'autonomia statutaria, ma di una sequenza essenziale all'organizzazionecorporativa, così fungendo da limite legale al potere di rappresentanza" (SCIUTO e SPADA, Iltipo della società per azioni cit., pp.34 nota 82). Malgrado l'autorevolezza del punto di vista,riteniamo che non esistano aspetti "intrinseci" dell'organizzazione corporativa, ma strutture conun disegno e una funzione di stretto diritto positivo (v. per tutti MINERVINI, Alcune riflessionisulla teoria degli organi delle persone giuridiche private, in Società associazioni gruppiorganizzati, Napoli, 1973, p.142 s.Altro è il problema degli eventuali limiti alla modificabilità dell'organizzazione corporativa daparte dell'autonomia privata (v. supra, note 38 e 46).

(271) I primi commentatori sembrano invece orientati a continuare a ritenere che il caso didissociazione fra potere gestorio e potere di rappresentanza sia disciplinato dall'art.2475 bissecondo comma c.c.: cfr. ABRIANI, op.cit., p.217; PARRELLA, op.cit., p.113.

(272) Ai quali si può aggiungere, in mancanza di diversa disposizione nell'atto costitutivo, ladecisione relativa agli "acquisti pericolosi", ex art. 2465, secondo comma, c.c.

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(273) che deve essere anzi adottata con la procedura assembleare (cfr. il quarto comma delcitato art.2479 c.c.).

(274) Sull'applicabilità o meno, per la decisione, delle regole sulla maggioranza per quote v.SPADA, Classi e tipi di società dopo la riforma organica, cit.Nel senso che comunque, in tale ipotesi, la decisione dei soci non sarebbe sull'operazione insé, quanto soltanto sull'opposizione, fermo restando che la decisione finale sul compimentodell'operazione autorizzata tornerebbe nelle mani degli amministratori, cfr. BENAZZO,L'organizzazione cit., p.1073.

(275) PARRELLA, op. cit., p.105 ss.; BENAZZO, L'organizzazione cit., p.1072.

(276) Così, sembrerebbe, ABRIANI, op.cit., p.202.

(277) V. PARRELLA, op. cit., p.101.

(278) Cfr. SPADA, Classi e tipi di società cit..

(279) PARRELLA, op. loc. citt..

(280) In tal senso, se pur dubitativamente, CAGNASSO, op.ult. cit., p.31.

(281) E v. SPADA, Classi e tipi cit.,il quale peraltro nega che da tale norma possa desumersianche la necessità di un organo amministrativo distinto dalla compagine sociale, "cosìescludendo, per esempio, che l'atto costitutivo possa prevedere che la società sia amministratada tutti i soci (congiuntamente o collegialmente)". Manifesta "perplessità" circa il totale potereassembleare in materia gestoria ALPA, La riforma del diritto societario. Percorsi di lettura, inRiv.dir.priv., 2003, p.235 nota 46.

(282) Né ci pare determinante, in contrario, il secondo comma dell'art.2522 c.c..

(283) Su questo problema, e in particolare sull'art.37 D.Lgs.5/2003, v.anche SPADA, Classi etipi cit. E' opportuno, inoltre, sottolineare che la responsabilità degli amministratori in caso diamplissima competenza gestoria dei soci potrebbe, in qualche modo, riproporre i problemi cheattualmente vengono prospettati in ordine alla responsabilità dell'amministratore privo di delegarispetto all'agire di quello delegato (v. per tutti M. CAMPOBASSO, L'imputazione di conoscenzanelle società, Milano, 2002, pp.400-401).

(284) Così esattamente, già prima della riforma, CALANDRA BUONAURA, Potere di gestionecit., pp.164-145.

(285) Cfr. SPADA, op.loc.ullt.citt.; ABRIANI, op. cit. p.218; CAMPOBASSO, La riforma dellesocietà di capitali e delle cooperative. Aggiornamento della quinta edizione del Dirittocommerciale, Torino, 2003, p.121.

(286) V. SACCO e DE NOVA, Il contratto, cit., pp.486-487.

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