giorgia imbriani cronache da un matrimonio fileVista la temperatura non proprio estiva ci siamo...

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giorgia imbriani cronache da un matrimonio dirimpa.wordpress.com

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giorgia imbriani

cronache da un matrimonio

dirimpa.wordpress.com

Ci sono cose che finché non ti ci trovi dentro fino al collo non ci credi.

Una di queste è il matrimonio.

No, non il matrimonio come progetto di vita.

Il giorno del tuo matrimonio.

Innanzi tutto, gli invitati. La fatica più grande è stata convincerli che

non era uno scherzo. E una volta convinti, inizia lo stupore. Ma come? Ti

sposi fra un mese? E quando l’hai deciso? IERI?! Ma che è, sei incinta?!?

No? E scusa allora perché tutta questa fretta? Non ce la farai mai!

La mia teoria è che è possibile organizzare un matrimonio in grande

stile in meno di un paio di mesi, nonostante quello che si sente dire in

giro. Ovviamente, la reazione generale è stata: “impossibile!”, il che

dimostra solo che c'è chi non mi conosce abbastanza bene.

E poi, i preparativi.

La cosa più affascinante, fateci caso, è il potere magico della parola

“nozze”. Provate ad inserirla a caso in un discorso con un ristorante, un

parrucchiere, un estetista, una sarta. Magicamente, tutto diventa (con

effetto immediato) più difficile, più lungo, più maestoso, e ovviamente

più caro. L’unico antidoto che ho trovato all’orticaria derivante dai fiori

recisi, dal colore bianco, dai pranzi di nozze e dal trucco pesante è stato

evitare tassativamente di sottolineare il fatto che il matrimonio a cui

dovrò partecipare è il mio. L’unica difficoltà è stata convincere la sarta

che il corpetto bianco ci sta, anche se siamo in autunno.

E così è nato questo mini vademecum in dieci punti, ad uso e consumo

delle future spose, che potranno usarlo come ariete per sfondare le

resistenze di mamme e suocere in assetto da guerra fin dal primo

appuntamento con il papabile pretendente.

E soprattutto ad uso e consumo mio, per quando comincerò ad

invecchiare e a dimenticare.

Punto uno. La “location”.

Un Comune dotato di una sala abbastanza capiente da accogliere un

centinaio di persone. Tra l’altro, pare che in quel di Bobbio non si sia

mai vista una tal concentrazione di pubblico per un matrimonio civile –

e a dimostrazione di ciò nella maggior parte delle foto si vedono gli

assessori curiosi affacciati alla porta della sala.

Punto due. Gli invitati.

I parenti stretti (e no: la zia dell’ex marito della vicina di casa della

fioraia che ha fatto il bouquet di nozze della cugina della cognata di

mamma non è parente stretta) e uno stuolo di amici da ogni parte del

mondo. Compresi tre dall’altra sponda dell’Atlantico, che son pur

sempre soddisfazioni.

Punto tre. Il dress code.

Vista la temperatura non proprio estiva ci siamo limitati ad informare i

gentili ospiti che non avremmo tollerato sguardi stanchi causa mal di

piedi o febbri da cavallo causa sandaletti di strass. E quindi jeans e

maglietta per tutti. Il padre della sposa a dire il vero aveva la cravatta.

Per le foto, credo.

Lo sposo, per dare l’esempio, si è presentato in jeans, scarpe da

ginnastica e giacca sportiva sopra a un maglioncino con cappuccio.

Credo che compreso nel prezzo ci fosse il mezzo infarto della nonna, che

non ha avuto nemmeno la soddisfazione di vedere il nipote vestito

“come si deve”.

La sposa si è fatta cucire un paio di pantaloni grigi e un top bianco, sul

modello della famosa stilista emergente della maison ”Coccinella Haute

Couture“. Il padre della sposa ha poi prevenuto il rischio polmonite con

un mini poncho grigio intonato alle scarpe, che nemmeno a farlo

apposta.

(il bozzetto del vestito)

Punto quattro. Trucco e parrucco.

Ovvero, come sopravvivere indenni alla malsana idea di andare a

parlare con un’estetista riguardo la possibilità di prendere

appuntamento un sabato mattina, verso le 11, per il trucco. “Sa... mi

sposo qui dietro a mezzogiorno e pensavo che andando in là potevo

passare per un ritocchino”.

Apriti cielo.

“Stai scherzando?! E le prove?!”

E io, ingenua: “Prove?”

“Le prove del trucco”

“Ma io volevo una cosa neutra, naturale, giusto coprire i punti neri…”

“Non se ne parla proprio: due prove trucco, e la mattina delle nozze

vengo io a casa tua a prepararti. Dunque, mi fai vedere la foto

dell’abito?”

“Non ce l’ho ancora, vado oggi a parlare con la sarta, ma perché…?”

“Beh, i colori devono abbinarsi”

“Ma io non volevo molti colori, voglio dire: giusto il mascara e una

matita nera – il mio problema sono i punti neri…”

“E il bouquet?”

“Cosa?”

“Il bouquet com’è?”

“Ah non lo so, lo saprò la mattina delle nozze, sai non l’ho scelto io, è

una cosa un po’ particolare…”

“E se non si abbina con l’abito???”

“… o.O …”

“Vabbè, fatti tuoi. Comunque, quando hai un bozzetto dell’abito a colori

vieni che facciamo la prima prova. Fammi vedere le unghie.”

(facciamo vedere le unghie…)

“Mmmm… sono corte.”

“Beh sì…”

“Comincia a farle crescere subito se no non arriviamo in tempo per le

prove”

(e due…) “Prove?”

“Ma sì, per decidere il taglio, e lo smalto”.

Che poi, non so voi, ma io non sento tutta questa esigenza di una prova

per decidere tra il bianco perlato scuro e il grigio perlato chiaro…

E per quanto riguarda il parrucco, per fortuna esistono ancora

parrucchiere ragionevoli: venerdì pomeriggio taglio e colore, sabato

mattina ritocco e lacca a profusione, tanto per dare una mano

all’ambiente. Ovviamente da lei, mica in casa che c’è già fin troppa

confusione.

Punto cinque. Il bouquet (e, per associazione di idee, le fedi).

Questa è la parte che mi piace di più.

Non amando particolarmente i fiori recisi, ho chiesto alle mie amiche

più care di portare ciascuna una rosa rossa finta – nemmeno a farlo

apposta, tutte diverse: una di perline, una di seta, una di raso, una di

carta… E mentre io mi vestivo e truccavo, hanno composto il più bel

bouquet mai visto.

(il bouquet)

Per la cronaca - il bouquet non è stato lanciato, come vorrebbe la

tradizione, alle urlanti amiche in età da marito. Ora è in pensione e si è

dedicato all'attività di soprammobile, vive in un vaso che in realtà è una

bottiglia di sugo di pomodoro, e tutto sommato è contento così.

Per quanto riguarda il lancio, ha sopperito alla

mancanza il neo marito, che ha lanciato agli

invitati la scatolina delle fedi in oro etico.

Le fedi, in oro etico, ovviamente. Bianco.

E diverse l'una dall'altra, tanto per mandare

in crisi il gioielliere. La scatolina, invece, era di

cartone. Con una coccinella di legno incollata sopra.

Punto sei. Fiori e addobbi.

Sul tavolo degli sposi, un centrotavola di rose rosse, regalo di papà.

Ecco, questo è quanto.

Punto sette. Banchetti e libagioni.

La sera prima del matrimonio, appuntamento per un “aperitivo coi

nubendi”, gentilmente offerto dalle consuocere e dai consuoceri che

hanno spadellato tutto il giorno (bisogna pur tenerli impegnati).

Dopo la cerimonia, tutti in trattoria: cucina tradizionale piacentina per

far assaggiare agli ospiti (12 nazioni rappresentate, secondo le stime più

recenti) la cucina della Val Trebbia, e per finire una splendida torta,

tutta ricoperta di scaglie di cioccolato bianco e, in un angolo, un paio di

boccioli di rosa rossi (tanto per rimanere in tema).

Niente tovaglia bianca, niente orpelli, niente forchette di dubbia

provenienza e sconosciuto utilizzo, e, soprattutto, niente risotto

all’astice, per favore. Niente posti assegnati, per favorire nuove amicizie

e soprattutto per evitare a noi l’inutile fatica di scegliere improbabili

abbinamenti.

Punto otto. La bomboniera.

Dovete sapere che nella provincia di Piacenza è tradizione bere il vino

rosso in uno scodellino di ceramica. Ma visto che l’osteria non ne aveva

abbastanza per tutti, abbiamo deciso di regalarlo noi, debitamente

personalizzato con frase ad effetto. Lo usi durante il pranzo, e poi te lo

intaschi. Soddisfazione tra i cleptomani.

(la bomboniera)

Che poi, chi altro può vantare una bomboniera con istruzioni per l'uso (a

proposito, un sentito grazie al fratello della sposa, per l'occasione

fotografo, grafico e traduttore)?! Il classico sacchetto dei confetti è stato

rimpiazzato da un tovagliolo di carta annodato in casa con della rafia

(lunghi pomeriggi di passione, lo so), e riempito di zuccherini colorati e

caramelle alla menta, di quelle che i nonni ci regalavano da bambini.

Il bigliettino, infine. Mini biglietti con una foto degli sposi insieme a

bimba Rucola. Ordinato su internet e spedito direttamente a casa, in

tempo per essere forato e legato al sacchetto (sempre nei soliti lunghi

pomeriggi di passione).

Punto nove. Le fotografie.

Fotografo non pervenuto. Perché non invitato, c’è da dire a sua discolpa.

Ma agli invitati è stato chiesto di fare quante più fotografie possibile. Alla

fine ne sono venute fuori alcune meravigliose, altre buffissime, altre

inaspettate. A gratis.

(la foto più bella)

Punto dieci. Le partecipazioni.

Ovviamente fatte a mano, al computer. E mandate via mail.

Condite da istruzioni per l’uso e mappa per non perdersi.

Per i parenti, causa scarsa propensione all’uso della mail, è stata fatta

un’eccezione: stampate e ripiegate per bene. Indirizzo scritto a mano da

coccinella-amanuense su delle simpatiche buste anticate (nel senso di

vecchie) trovate in un angolo di una tabaccheria d’anteguerra che

svendeva tutto causa chiusura imminente.

(le partecipazioni)

(la mappa per non perdersi)