Gioco-applicazione ibrida per lo sviluppo delle capacità ... · Il design thinking Metodo Bruno...

214
Scuola del Design Corso di Laurea Magistrale in Design del Prodotto per l’Innovazione Gioco-applicazione ibrida per lo sviluppo delle capacità narrative dei bambini. Relatore Prof.ssa Vitale Giovanna Tesi di Laurea Magistrale di Giulia Fagiani Matricola 818491 Anno Accademico 2014/2015

Transcript of Gioco-applicazione ibrida per lo sviluppo delle capacità ... · Il design thinking Metodo Bruno...

Scuola del DesignCorso di Laurea Magistrale in Design del Prodotto per l’Innovazione

Gioco-applicazione ibrida per lo sviluppo delle capacità narrative dei bambini.

RelatoreProf.ssa Vitale Giovanna

Tesi di Laurea Magistrale diGiulia Fagiani

Matricola818491

Anno Accademico2014/2015

2

INDICE

DESIGN COME METODO PEDAGOGICO

L'ESSERE UMANO COME NARRATORE DI STORIE

LE TEORIE PEDAGOGICHE MODERNE

Il design thinkingMetodo Bruno Munari®

Enzo MariCharles and Ray EamesMarti Guixé

AbstractIntroduzione

La narrazioneIl bambino narratoreLa creatività infantileGiochi di narrazioneLe favole di Milimbo

Story Cubes

La mia piccola officina delle storie

Paricard

Gianni RodariIl binomio fantasticoStorie aperte

Le scuole di pensieroJean PiagetIl metodo MontessoriLa scuola steinerianaReggio Emilia Approach

11.11.21.31.4

33.13.23.3

3.43.4.13.4.2

22.12.22.32.4

1115253137

57

4345495761

6973767980

82

84

86

899294

3

I PROGETTI PER BAMBINI DEI GRANDI MAESTRI

CONCLUSIONI

GIOCO IBRIDO ED EDUCATIVO PER BAMBINI

NUOVI GIOCHI PER NUOVI GIOCATORI

Giochi testatiPiù e meno - MunariABC con fantasia - MunariCarte da disegno - MariBlank book - Guixé

Conclusioni

BibliografiaIndice delle immagini

La pianta delle pantofoleNamingIl sistema prodotto/servizio/comunicazioneA chi è rivolto il gioco?Funzionamento del giocoLe carteL’appLe storieIl packagingIl sitoUser TestScenari futuri

Il gioco tecnologicoI mobile bornMobile born: USAMobile born: EuropaIl gioco onlineIl mostro Pino

Lego duplo

Talking Carl

Il phygital I giochi ibridiDisney infinity

Skylanders

Amiibo

Osmo

Colorbook 3D

Wonderblox

55.15.25.35.4

7

66.16.2

6.36.46.4.16.4.26.4.36.4.46.4.56.56.6

44.14.1.14.1.24.2

4.34.4

139140143146149

201

205212

155159161

164166170179183185189192196

99103106109112114

116

118

120122124

126

128

130

132

134

5

Abstract

La presente tesi è collocabile nell’attuale contesto sociale, dove la tecnologia riveste un ruolo sempre più centrale. Il rapido sviluppo delle tecnologie sta creando un divario sempre più ampio tra le varie generazioni. Questa crescente informatizzazione, potrebbe però avere dei risvolti negativi, soprattutto nei più piccoli. Infatti, questi nuovi sistemi di interazione possono favorire un calo della fantasia. L’obiettivo primario de “La pianta delle pantofole” è quello di aiutarli a sviluppare la loro creatività, soprattutto nell’ambito della narrazione, e tentare di colmare il gap tecnologico-generazionale tipico della società moderna.

Il percorso progettuale è iniziato dallo studio di designer e pedagogisti che durante la loro carriera si sono occupati di bambini, raccogliendo dati e casi studio riguardanti il mondo dei più piccoli. Queste nozioni sono diventate il punto di partenza del progetto, che si propone di creare un nuovo sistema prodotto/servizio/

comunicazione, sfruttando le potenzialità del phygital, ovvero l’interazione tra il mondo fisico-analogico e quello digitale. Delle varie figure studiate, si è preso spunto dallo scrittore Gianni Rodari e in particolare da due tipologie di narrazione da lui ideate. Il kit da gioco si compone di una parte fisica e una parte digitale. Quest’ultima è completata da un sito internet dedicato, che permette agli utenti di condividere le proprie creazioni e idee.

La realizzazione di un prototipo del gioco, che comprende la creazione sia delle componenti fisiche sia del design dell’interfaccia, lascia spazio a possibili espansioni successive. Il progetto ha lo scopo di far scoprire ai bambini l’arte del raccontare storie, nonché favorire lo sviluppo della loro fantasia e del linguaggio. Ha inoltre l’obiettivo di poter sfruttare le potenzialità offerte dalla tecnologia e di far interagire tramite il gioco sia bambini che adulti.

7

Introduzione

I bambini di oggi sono i cosiddetti “mobil born” perché entrano in contatto sempre più precocemente con la tecnologia, nella quale vivono immersi. A causa dell’invasione di questi innovativi devices, i bambini sono inondati da nuovi mondi virtuali e da internet ed è quindi notevolmente cambiato il modo in cui crescono, imparano e si relazionano con il mondo e con le altre persone. Questo bombardamento può portare a un calo della fantasia e della voglia di scoprire. Il metodo più efficace per stimolare la loro mente e quindi “coltivare” la loro fantasia è il gioco, usato come strumento per scoprire e apprendere. Spesso però i giocattoli risultano troppo banali e ridondanti per questo pubblico così esigente. Bisogna quindi studiare differenti tipologie di esperienze che risultino più accattivanti e coinvolgenti.

Ancora oggi, le nuove generazioni risultano però affascinate dai cosiddetti “giochi non finiti”, ovvero giocattoli dove il bambino diventando il protagonista ha la possibilità di creare infinite combinazioni. Molti

designer famosi hanno approfondito questa tematica nel corso della loro carriera, come a esempio Bruno Munari e Enzo Mari. La tendenza adesso è quella di inglobare in questa tipologia di gioco quella componente tecnologica che permetta ai bambini di creare un legame tra il mondo fisico e quello virtuale. In modo da fargli riscoprire il potere della parola e della narrazione e riuscire a sfruttare appieno le capacità dei nuovi devices, trasformandoli da oggetti per il puro divertimento e intrattenimento a attrezzi di “sapere”.

Questo è l'obiettivo del gioco "La pianta delle pantofole". Infatti, si tratta di un kit composto da delle carte che raffigurano degli oggetti e elementi di uso comune, un libretto delle istruzioni, dei ricordini e una tessera NFC, da cui si può scaricare l’app collegata. Il tutto è caratterizzato da una grafica chiara che usa un linguaggio visivo adatto a comunicare con l’età di riferimento. Il servizio inoltre offre un sito internet dedicato che permette agli utenti di condividere le proprie creazioni e idee.

9

DESIGN come metodo PEDAGOGICO

11

1Il design thinking

Il design thinking1 è un metodo di progettazione pratico, in cui la creatività riveste un ruolo fondamentale nel determinare il risultato. Esso è di fatto un “metodo di azione creativa” che fonde la creatività e la progettazione per rispondere a un’esigenza di innovazione e risultato economico. Infatti in questo metodo si estende lo sguardo anche alla funzione tecnologica in modo da poter realizzare concretamente la soluzione individuata. A questo proposito si tratta di una forma di soluzioni basate o focalizzate sul pensiero. Questo approccio differisce dal metodo analitico-scientifico, che inizia con la definizione accurata di tutti i parametri del problema per trovare una soluzione. Il Design thinking invece indaga e identifica tutti gli aspetti noti e ambigui della situazione attuale al fine di scoprire i parametri nascosti e i percorsi alternativi che possono portare a un risultato migliore. Esso è quindi un percorso iterativo, in cui le soluzioni intermedie possono essere dei punti

di partenza per percorsi alternativi. Questo processo comprende perciò la costruzione di idee senza limiti di ampiezza nel corso della fase di “Brainstorming”2. Bisogna quindi “pensare fuori dagli schemi” per poter scoprire elementi e ambiguità nascoste e scoprire le ipotesi potenzialmente difettose.

LE FASI DEL DESIGN THINKINGIl processo, applicato in maniera diversa da diversi progettisti e attori, fa riferimento a cinque fasi principali, che vanno considerate fasi iterative:

• Empatia, una fase di osservazione,ascolto e ricerca che porta a definire il problema da affrontare.

• Definizione, in cui si costruisce un punto di vista che si basa sui bisogni e desideri degli utenti.

• Ideazione, in cui si punta a far proliferare idee diverse e immaginare soluzioni alternative allo stesso problema.

1 Design thinking è un termine reso popolare da Tim Brown, CEO di IDEO.2 Il brainstorming è una tecnica creativa di gruppo per far emergere idee volte alla risoluzione di un problema.

12

• Prototipazione, fase in cui si costruisce una rappresentazione di una o più idee da essere mostrate agli altri

• Test, tornare agli utenti iniziali per testare i propri prototipi e ricevere feedback e idee per continuare nella propria ricerca

Ogni momento del processo diventa cosi un momento conoscitivo, snodo di tantissime potenziali evoluzioni. Il design thinking non è un processo creativo applicabile solamente al mondo del design, della grafica o dell’arte ma in qualsiasi ambito, dal marketing all’economia, dall’ingegneria alla vita di tutti i giorni, perché è in

Fig 1.1 - Grafico delle fasi del design thinking - Stanford Center of Longevity, www.ongevity3.stanford.edu/

13

grado di sprigionare la creatività e portare a soluzioni impensabili a inizio percorso.

BACKGROUND IN EUROPA. IL ‘900Molti designer in Italia, già dagli anni ‘50 e ‘60, hanno quindi lavorato sul design thinking, in maniera più o meno consapevole. Il lavoro del tedesco Friedrich Fröbel3, che consigliava di donare al bambino, una sfera e un cubo, per stimolare il suo livello iniziale di conoscenza, e quello delle sorelle Agazzi4, che al contrario proponevano di “frugare le tasche dei bambini” per trovarvi gli strumenti poveri e ingenui di un’autodidattica spontanea, racchiusa nel gioco, si pongono come precursori ai laboratori di Bruno Munari. La filosofia che egli pone come base dei suoi lavori infatti, è quella di pensare il gioco come atto creativo e didattico e il bambino come una metafora dell’uomo creativo, dell’artista. Munari, pur essendosi sempre sentito affine alle teorie di Maria Montessori, non ha mai condiviso totalmente i suoi metodi educativi, in cui la creatività dei fanciulli viene posta all’interno di un sistema costruito e finalizzato a una precisa azione pedagogica. Rimanda invece completamente al “razionalismo scientifico” montessoriano il lavoro di

3 Friedrich Wilhelm August Fröbel (1782-1852) è stato un pedagogista tedesco noto per aver creato e messo in pratica il concetto di Kindergarten.4 Rosa Agazzi (1866-1951) e Carolina Agazzi (1870-1945) sono state pedagogiste ed educatrici sperimentali. Il loro metodo educativo, assieme al metodo montessoriano, inaugura l’era dell’attivismo italiano.

Enzo Mari. Il bambino è come un “adulto” e lui come maestro lo conduce a operare scelte ben precise e lo spinge a ricavare da se stesso gli archetipi del proprio sapere.

Un altro esempio di pedagogia attiva italiana lo si trova nell’asilo Diana di Reggio Emilia, dove negli anni ‘70 e ‘80, Loris Malaguzzi è diventato famoso per le esperienze pedagogiche che promuoveva. Egli ha basato la sua pedagogia su processi autoformativi del bambino, senza seguire un “modello umano” di riferimento ma puntando alla creazione di una personalità originale e autonoma. Questo modello ha influenzato largamente il rinnovamento del modo di insegnare il design, superando l’idea che possano esistere metodologie scientifiche per apprendere i meccanismi interni del progetto e puntando a spostare sul designer la centralità del processo formativo. Queste differenti teorie riguardante l’educazione dei più piccoli hanno consentito negli anni la nascita di progetti e di metodi educativi, pragmatici in cui il gioco è un elemento imprescindibile.

14

«SE ASCOLTO DIMENTICOSE VEDO RICORDO

SE FACCIO CAPISCO»

B. MUNARI

15

1.1 Metodo Bruno Munari®

«Inventore, artista, scrittore, designer, architetto, grafico, gioca con i bambini». Così Bruno Munari (1907-1998) si presenta durante una sua mostra a Cantù nel 1995. Egli è stato uno dei più grandi professionisti nel campo dell’arte, del design e della comunicazione visiva del XX secolo. “Giocare con l’arte” è stato il motto e il filo conduttore di tutta la sua carriera; da

5 Giuseppe Pontiggia (1934-2003) è stato uno scrittore, aforista e critico letterario italiano.

questo suo leitmotiv è nata in seguito una collana di libri/quaderni per l’educazione alla comunicazione visiva, di cui Munari stesso è stato direttore e a volte autore. Lo scrittore Giuseppe Pontiggia5 ha detto di lui «la sua arte è il punto di intersezione delle diverse arti, tra cui quella di vivere, di pensare e di giocare».

MUNARI E I BAMBINIEgli ha dedicato particolare attenzione al mondo dei bambini, soprattutto dopo la nascita del figlio Alberto nel 1940. L’interesse rivolto ai più piccoli è sfociato, da una parte, con l’ideazione e la creazione di libri per bambini e, dall’altra, con la progettazione di giochi e laboratori creativi. Da questi ultimi è nato il famoso “Metodo Bruno Munari®”. Questo sistema educativo mira allo sviluppo della creatività artistica del bambino partendo dal “come fare” e non dal “cosa fare”. Utilizzando i cinque sensi e l’attività pratica senza alcuna interferenza degli adulti, i bambini diventano indipendenti e imparano a risolvere i problemi in modo autonomo. Bisogna quindi creare esercizi per spostare e allenare la capacità di descrizione attraverso l’uso

Fig 1.2 - Bruno Munari nel suo studio, Milano, 1988 - www.artribune.com

16

di forme, colori, materiali, immagini e così via per preparare i bambini a esistere nella società come “persone attive e consapevoli”, istruiti nelle arti e nella creatività. “Aiutami a fare da me” è anche il motto di Maria Montessori. Bruno Munari infatti ha sempre affermato di sentirsi vicino al “metodo attivo-scientifico” (così lo definiva lui) di questa pedagogista.

Munari ha cambiato per sempre il modo di pensare il gioco e l’insegnamento, perché il compito dell’adulto che gioca è quello di «dare ai bambini tutte le informazioni di tipo tecnico, sul come si fa a fare, senza dar loro temi predisposti dagli adulti. Non dar loro idee già fatte, ma dar loro un metodo perché ognuno si costruisca il suo modo di fare, di produrre immagini, di costruire oggetti, di come osservare e capire...Per poter poi progettare qualcosa che comunichi a qualcuno ciò che si voleva comunicare»6. Il suo sistema d’insegnamento ha permesso a tutti, bambini e adulti, di giocare e sperimentare liberamente, senza paura. Con lui si trasforma la figura del genitore o dell’operatore, diventando semplicemente un aiuto tecnico e mai “artistico”.

L’IMPORTANZA DEL TATTOEgli sostiene l’importanza del tatto e della manipolazione come strumenti di conoscenza, perché per un infante la cognizione del mondo è di tipo plurisensoriale. Infatti la prima forma di comunicazione del bambino è il linguaggio tattile, questo inizialmente è quasi l’unico senso che ci permette di entrare in “con-tatto” con il mondo. Prendendo spunto dal “Tattilismo” lanciato da F. T. Marinetti nel 1921 e dalle sue tavole tattili, in “I laboratori tattili”7, Munari scrive che il tatto è il senso maggiormente usato perché completa la sensazione visiva e uditiva delle cose. Anche Maria Montessori, nelle sue “Case dei Bambini” ha introdotto l’educazione dei sensi soprattutto di quello tattile, attraverso l’uso di tavole per conoscere le qualità dei materiali come quella del liscio-ruvido. Bisogna quindi riuscire a riappropriarsi di questo meccanismo di conoscenza diretta di cui siamo dotati. Il materiale migliore per fare tutto ciò è la carta; essa può infatti avere molti aspetti tattili: liscia, ruvida, arrotolata, bucata, bagnata etc. Munari parte proprio da questo elemento per cercare di riaffermare l’importanza del tatto rispetto alla vista e all’udito. Egli inizia quindi a sperimentare nuovi metodi di comunicazione come

6 Beba Restelli, “Giocare con il tatto. Per una educazione plurisensoriale secondo il Metodo Bruno Munari”, Le comete, Milano Angeli, 2002, p 36.7 Bruno Munari, Zanichelli, 1988.

17

i libri senza testo e immagini, ma realizzati solo attraverso le componenti fisiche primarie. Nascono i Libri illeggibili, nei quali le storie sono create attraverso l’uso di pagine di varie forme e colori. Sperimentando tutte le tecniche della tipografia, cartotecnica, legatoria per creare stimoli visivi, tattili, sonori, termici e materici si vuole così perseguire lo scopo di sorprendere i lettori. Questi libri sono stati un punto di partenza per un’altra sperimentazione di Munari nel campo dell’editoria per bambini, i Prelibri. “Libri-oggetto” progettati per bambini molto piccoli che non sanno ancora leggere, per poter ribaltare l’idea sbagliata che molti adulti hanno sui libri, ovvero che siano qualcosa di noioso e non divertente. Seguendo le idee di Piaget, secondo il quale quello che i bambini imparano nei primi anni di vita è difficile da modificare in seguito, Munari lavora su quelli che saranno gli adulti del futuro, ovvero gli infanti. Lo scopo è quello di creare un “campionario di sensazioni”, attraverso la creazione di dodici Prelibri (10x10 cm), ciascuno realizzato con materiale diverso: carta, cartoncino, panno, plastica e spugna di vari tipi e rifinito con legature differenti. Egli non interviene solo sulle componenti visive e verbali dell’oggetto ma va a agire in maniera profonda sul materiale principale, Fig 1.3 - I Prelibri di Bruno Munari, Danese 1980 - www.corraini.com/

18

la carta, declinandolo in modo fantasioso. In questo modo riesce nel suo intento, creare un libro che sia una sorpresa continua di sensazioni e stimoli per i suoi lettori e che insegni al bambino a apprendere attraverso tutti i sensi.

FANTASIA - INVENZIONE - CREATIVITÀUn altro tema caro a Munari e che affronta in molti suoi libri è quello legato alla fantasia, all’invenzione e alla creatività. «La fantasia è la facoltà più libera delle altre, essa infatti può anche non tener conto della realizzabilità o del funzionamento di ciò che ha pensato. È libera di pensare qualunque cosa, anche la più assurda, incredibile, impossibile»8. L’invenzione invece, parte dallo stesso principio della fantasia ma si finalizza a un uso pratico e non immaginario. La fantasia e l’invenzione, fondendosi, portano alla creatività; quest’ultima è di fatto libera come la prima ed esatta come la seconda. Ma si interessa inoltre dell’aspetto sociale, economico e umano. Molte persone adulte hanno però soffocato queste loro capacità e si sono limitate a avere molte conoscenze, bloccando la loro capacità di immaginazione. «Non potendo cambiare gli adulti, ho scelto di lavorare sui bambini perché ne

8 Bruno Munari, “Fantasia”, Laterza, 2009, p 9 21.9 Bruno Munari alla presentazione di una sua mostra a Cantù nel 1995.

crescano di migliori. È una strategia rivoluzionaria quella di lavorare sui e con i bambini come futuri uomini»9. Per avere quindi degli adulti “migliori” in futuro, bisogna aiutare il bambino a diventare una persona creativa con una fantasia sviluppata. La conoscenza è formata da un reticolo di relazioni continuamente modificabili e non è una struttura verticale. Bisogna quindi aiutare i giovani a memorizzare più dati possibili per permettergli di generare un maggior numero di relazioni tra gli elementi a loro disposizione. Perciò, il problema principale per lo sviluppo della fantasia, secondo Munari, è l’aumento della conoscenza, ma non la conoscenza mnemonica delle nozioni, perché così facendo si ha solo un bagaglio enorme di informazioni non è che però sfruttabile. Bisogna quindi iniziare nell’età infantile a formare questa conoscenza, attraverso il gioco. Per questo motivo Munari, durante la sua carriera, si concentra anche sulla progettazione di giocattoli e oggetti dedicati ai più piccoli, ai quali egli riconosce infatti un’importanza e un ruolo essenziale nella società.

I GIOCHI DI MUNARIMunari inizia a progettare giochi, con lo scopo di stimolare la creatività, collaborando per alcuni di

19

essi con Giovanni Belgrano10. Giochi semplici, in cui i bambini possano imparare cose nuove, far loro nuove tecniche e soprattutto apprendere le regole del linguaggio visivo. Sono oggetti “non finiti” per fare in modo che siano completati dai bambini, lasciando loro la libertà di giocare e creare. Vengono da lui definiti come “giochi-azione”, perché il fruitore non è passivo, ma risulta essere attivo e partecipe. I lavori più famosi sono “scatola di architettura”, “Meo Romeo”, “Zizi”, “ABC con fantasia”, “Più e meno” e “giocare con l’arte”; alcuni di questi verranno spiegati successivamente nel capitolo dei casi studio11. Come per l’ambito editoriale anche in questo campo egli sperimenta vari tipi di materiali. Nel 1950 la Pirelli gli chiede di pensare a un nuovo utilizzo per la gommapiuma, per promuovere questa loro nuova scoperta. Da questa proposta Munari inventa il gatto “Meo Romeo” e successivamente la scimmietta “Zizi”, animali realizzati con un’anima di ferro ricoperta da gommapiuma. Nessuno avrebbe mai pensato a utilizzare un materiale industriale per creare un giocattolo per bambini, ma egli, studiandolo, ne ha colto immediatamente le potenzialità e le ha espresse al massimo in questi due progetti. Fig 1.4 - Scimmietta Zizì, 1952 - www.zizitrips.wordpress.com/

10 Giovanni Belgrano (1931-1995) pedagogista e direttore didattico italiano.11 L’analisi dei casi studio in questione si trova a p137

20

21

I LABORATORI MUNARIANITutte queste sue esperienza hanno portato alla creazione dei suoi primi laboratori, che vengono tuttora riproposti dall’Associazione Bruno Munari. Essi si prefiggevano di stimolare creatività e pensiero progettuale nei bambini facendo conoscere nel modo più semplice e diretto le regole e le tecniche delle arti visive. Il primo laboratorio si è svolto alla pinacoteca di Brera, a Milano nel 1977. Venne stabilito che vi parteciperanno bambini delle scuole elementari, considerando questa età come parte centrale dell’infanzia dalla quale poi poter allargare sia alle scuole materne che medie. Dopo questo esperimento, il metodo, inizialmente chiamato “Giocare con l’arte”, ma che poi prenderà il nome di “Metodo Bruno Munari®”, viene esportato in tutta Italia e all’estero. Le esplorazioni di questi corsi, poi aperti anche a genitori e insegnati, si basano sulla ricerca formale delle possibilità espressive di diversi strumenti e tecniche della comunicazione visiva. Il tutto indipendentemente dal significato veicolato, perché esso arriva dopo che si è effettuata la ricerca. Vengono quindi progettati il “che cosa” dovranno trovare i bambini nella stanza, il “come” le informazioni vengono comunicate e il “con

che cosa” i piccoli fruitori possono assimilare le nozioni sperimentando in modo completamente autonomo. I laboratori sono quindi dei luoghi di creatività, conoscenza, sperimentazione e autoapprendimento attraverso il gioco. Sono palestre per una “ginnastica mentale” dove è possibile costruire il sapere. Sono luoghi educativi, di formazione e collaborazione dove i bambini sviluppano la capacità di osservare con gli occhi e le mani utilizzando tutti i sensi. Il tutto, con lo scopo di aiutare i fruitori a acquisire una mente elastica e non ripetitiva. Il laboratorio si avvale della “strategia della scoperta”, i bambini, mediante la manipolazione dei materiali e degli strumenti, trovano le infinite potenzialità che gli consentono di liberare la loro creatività. Tutte le attività svolte non vengono spiegate a parole, ma mostrate da un operatore, o da Munari stesso, con un semplice esempio pratico, lasciando così una libera interpretazione. Una spiegazione visiva e non verbale, aiutata anche dall’uso di pannelli verticali. L’adulto poi rimane presente come assistente tecnico, senza mai imporsi. Come dice Piaget infatti «Ogni volta che si spiega qualcosa a qualcuno, gli si impedisce di scoprirla da solo». Il fanciullo quindi, autonomamente, vive l’esperienza, misurandosi con i

Fig 1. - Nella pagina affianco: Laboratorio munariano - Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, www.beniculturali.it/

22

propri limiti e superandoli, imparando e conoscendo. Le regole di gioco e i vincoli diventano possibilità: quella che sembra una limitazione è in realtà una condizione per esplorare tutte le variabili possibili, perché non importa il risultato finale, ma il percorso fatto per arrivarci. L’allestimento dell’ambiente è fondamentale e viene studiato e progettato in base alle esigenze. Deve a sua volta stupire e suscitare interesse, ma allo stesso tempo essere funzionale, in modo che i bambini possano facilmente trovare gli strumenti da adoperare e alcuni esempi su come utilizzarli. Dopo la prima esperienza di Brera sono stati così allestiti laboratori di comunicazione visiva, di ceramica, tattili, di design, di stampa, di tessitura, dei suoni, del legno, del libro e delle materie plastiche. Lo scopo della costante ricerca pratica di Munari in questi laboratori non è stata capire che cosa insegnare ai bambini, ma il “come insegnare”. Questa ricerca ha cambiato il modo di pensare all’istruzione e ha influenzato molti designer, pedagogisti e insegnati che hanno ribaltato il loro modo di pensare: dalle troppe parole e teorie al “fare insieme per capire”.

23

Fig 1.6 - Presentazione dei laboratori munariani di Beba Restelli - www.laboratoriobebarestelli.it

24

«IL PENSIERO CREATIVO E ILPROCESSO LOGICO SONO LE

PREMESSE PER LA CREAZIONE DI OPERE D’ARTE»

E. MARI

25

1.2 Enzo Mari

Enzo Mari (1932) è un designer e ricercatore visivo che ha dedicato parte della sua carriera al design per l’infanzia. Negli anni ‘50 entra a far parte del gruppo Arte Cinetica12 e conosce Bruno Munari. Questo incontro influenzerà la sua vita progettuale e molti suoi lavori futuri. In una recente intervista ha infatti dichiarato: «In lui (Bruno Munari) avevo individuato la

12 L’Arte Cinetica è una corrente artistica nata negli anni venti che si propone di introdurre il movimento nell’opera artistica.13 Intervista di Antonio Gnoli pubblicata su repubblica.it il 07 Settembre 2015.

persona più vicina al mio modo di concepire l’arte.»13

Con queste parole, Mari afferma la sua vicinanza e la sua stima a Munari.

LA SUA FILOSOFIALa psicologia infantile è un tema a cui si interesserà con curiosità nel corso della sua carriera. Ciò che caratterizza il suo stile sono le immagini chiare, le forme elementari, il messaggio non complicato, elementi che vengono accolti in maniera naturale dai piccoli. Egli rivoluziona il concetto di design, progettando e disegnando oggetti belli e utili per la gente comune, creando così prodotti liberi dalle mode e che non sentono l’usura del tempo. Lo scoprire e inventare nuove regole è una delle caratteristiche dell’attività di Mari. Egli progetta le regole insieme agli strumenti, in modo da vincolare il comportamento del bambino durante il gioco. Comunicare le operazioni e le attività da svolgere attraverso l’oggetto stesso, facendo in modo che il prodotto espliciti direttamente il suo significato; questo è il suo metodo di lavoro. Infatti, egli osserva e studia con attenzione i processi di autoapprendimento

Fig 1.7 - Enzo Mari nello showroom Driade, Milano - www.domusweb.it

26

dei bambini, soprattutto di quelli che non sono ancora in grado di parlare. In questi casi è quasi impossibile insegnare loro nozioni attraverso l’uso della voce. Essi apprendono infatti grazie al processo prassi-teoria, ovvero un metodo di acquisizione della conoscenza basato sulla formulazione di teorie che poi si evolvono grazie all’esperienza diretta. Secondo Mari, solo gli scienziati e gli artisti sono persone che sono riuscite a mantenere questo processo di apprendimento.

I GIOCHI DI MARIAnche per lui, come per il suo “mentore”, i giochi devono essere in grado di sviluppare le capacità di ogni infante, di produrre intelligenza, da soli. Infatti, egli sostiene che il gioco non serve per passare il tempo, ma per poter capire e comprendere il mondo. Per far ciò, bisogna trasformare i bambini in fruitori attivi, progettando giochi da fare e rifare. Mutarli da semplici attori a registi delle loro storie, cercando quindi di ottenere il massimo sviluppo possibile del bambino con il minimo intervento dell’adulto, in modo che, grazie al loro spirito curioso e concreto, imparino a sperimentare e muoversi nel mondo, acquisendo conoscenza. Anche in questo caso, il motto montessoriano “aiutami a fare

da me” si può considerare azzeccato; infatti, rifacendosi anche lui alla psicologia attiva, sono molti gli elementi in comune sia con Munari che con la Montessori. La grande dedizione che Mari rivolge al mondo dei più piccoli, lo ha portato alla progettazione e realizzazione di molti giochi per bambini. Giochi facili ed elementari, ma che racchiudono un importante significato. I suoi lavori non sono mai solo oggetti, ma risultano “opere aperte” grazie alle loro caratteristiche evocative e visuali. Prodotti in bilico tra l’oggetto d’arte e il gioco per bambini. Proprio per questo, Mari ha ottenuto una lunga serie di riconoscimenti artistici per alcuni dei suoi lavori, trasformandoli così in veri e propri pezzi da esposizione.

16 ANIMALI E 16 PESCIIl suo gioco più famoso è “16 animali”,che è nato da una sua folle idea di realizzare un puzzle per infanti. Questo è considerato uno degli esempi di design applicato ai giochi per bambini più riuscito della storia. Egli, partendo da una lastra di legno intera, ha disegnato le sagome di sedici animali facilmente riconoscibili (elefante, ippopotamo,serpente etc), in modo che si incastrino perfettamente l’uno con l’altro. Grazie allo spessore di 3 centimetri, gli animali possono

27

Fig 1.8 - 16 animali di Enzo Mari, Danese 1957 - www.klatmagazine.com

28

14 L’analisi dei casi studio in questione si trova a p137.15 Iela Mari, pseudonimo di Gabriela Ferrario (1931-2014), è stata una disegnatrice italiana e moglie di Enzo Mari.

stare in piedi ed essere disposti in modi divertenti e inaspettati, diventando gli attori delle storie inventate dai bambini. Questo gioco non ha regole prestabilite in quanto è esso stesso che suggerisce al bambino come utilizzarlo in relazione al suo momento di sviluppo evolutivo. Infatti, le varie possibilità di gioco permettono al bambino di poter sviluppare la sua capacità creativa nel definire lui stesso le regole. Quasi una ventina di anni dopo, Mari ripropone il medesimo gioco trasformando però i soggetti; nasce quindi “16 pesci”, un puzzle composto da 3 mammiferi, 1 mollusco e 12 pesci. Anni dopo questi progetti, mentre stava lavorando a un oggetto per lo sviluppo del tatto, Mari è arrivato alla conclusione che spendere tempo e denaro per la creazione di giochi per bambini è uno spreco di tempo. Per questo ha deciso che era meglio produrre oggetti in grado di educare gli adulti, e di conseguenza anche i genitori. In modo che un adulto intelligente si può porre in un rapporto corretto con i propri figli e con i propri simili. Durante la sua carriera ha comunque realizzato molti giochi e materiali per bambini. Alcuni suoi lavori famosi, oltre ai già citati “16 animali” e “16 pesci”, sono “il posto dei giochi”, “il gioco delle favole”, “Ziggurat”, “Aleppo”, il gioco dei “4 cantoni” e la serie di cinque

libretti chiamata “Carte da disegno”; quest’ultima verrà spiegata nel capitolo dei casi studio14.

I WORDLESS BOOKOltre a veri e propri oggetti, Mari si è occupato per un breve periodo anche di libri per bambini, collaborando con la moglie Iela Mari15 alla loro progettazione e illustrazione. Si tratta di “picture book” o “wordless book” ovvero libri senza parole, dove il potere narrativo è affidato interamente alle immagini. Questo li rende universali, perché non servono traduzioni, ma chiunque è in grado di leggerne le figure. La centralità del linguaggio visuale e la forza della comunicazione non verbale accomunano questi libri alle contemporanee opere di Bruno Munari, come a esempio “Nella nebbia di Milano”. Successivamente, Iela ha continuato autonomamente a pubblicare questa tipologia di libri, senza più l’aiuto del marito, fino al 1988, quando ha pubblicato il suo ultimo lavoro “Il paesaggio infinito”. Un gioco di 16 carte, dedicato alla savana e ai suoi ospiti, che grazie a una fascia di colore, alla stessa altezza e su tutte le tessere, permetteva di attaccarle una all’altra in modo che ognuno potesse creare la propria storia a piacimento.

29

Fig 1.9 - Iela ed Enzo Mari, “L’uovo e la gallina”, Babalibri, Milano, 2004 - www.babalibri.it

30

«TAKE YOUR PLEASURE SERIOUSLY»

C. & R. EAMES

31

1.3 Charles and Ray Eames

Charles Ormond Eames Jr (1907–1978) e Bernice Alexandra “Ray” (nata Kaiser) Eames (1912–1988) sono stati marito e moglie e sono noti per il loro contributo innovativo in architettura, design di mobili, industriale e manifatturiero, grafica, arte e cinema. La loro evoluzione ha ricevuto incrementi sostanziali da tutte le altre presenze artistiche che si sono susseguite nella

16 Gloria Koenig, “Charles & Ray Eames”, Taschen, 2013, p 7.

loro casa-studio di Venice (California, USA). Essi hanno infatti portato avanti positivamente l’idea di team-work, instaurata dai primi architetti tedeschi immigrati come Walter Gropius. Questo modo di operare li ha portati a interpretare senza sosta ruoli diversi nell’arco della loro vita: architetti, scienziati, inventori, designer, artigiani, artisti, registi, ricercatori e insegnati. Questo perché la loro attività principale, consisteva nel dar libero sfogo alla creatività e alla curiosità. Il loro lavoro, è stato la manifestazione di un ampio e chiaro obiettivo: influenzare positivamente la vita e gli ambienti delle persone. Sia offrendo una comoda sedia o gli strumenti per ottenere la conoscenza, hanno cercato di arrivare a pensare in modo più analitico e aperto a come le cose potrebbero essere diverse nella vita. «Portare il massimo del meglio al maggior numero di persone e al minimo costo»16 con queste parole, Charles ha spiegato il loro processo operativo. È grazie a questo metodo di lavoro se essi hanno lasciato in eredità il marchio indelebile del loro inconfondibile design. Il loro successo appunto, consiste nel comune talento di considerare ogni problema in profondità, fino a essere

Fig 1.10 - Ray e Charles Eames IN studio - “Charles & Ray Eames”, Taschen

32

capaci di estrapolarne il concetto fondamentale. Gli Eames avevano un’etica del lavoro giocosa ma molto rigorosa e credevano nella filosofia del “learning by doing”17 cioè apprendere attraverso il fare, l’operare. Partendo quindi da un’idea, la filtravano e la lavoravano; ma non si occupavano soltanto dell’essenza funzionale di un nuovo oggetto, ma anche della sua coesistente rappresentazione grafica o fotografica.

I GIOCHI DEGLI EAMESAnche loro hanno affrontato, durante la loro carriera, il tema dei bambini e dei giocattoli. La frase «dobbiamo prendere con serietà il piacere»18, , attribuita a Charles Eames, è una forte testimonianza del legame profondo che ha legato il loro lavoro e il mondo dei giochi. I giocattoli hanno di fatto pervaso la loro esistenza e la loro carriera. L’Eames office ha inventato giochi, mobili e film per suscitare, e mai limitare, l’immaginazione dei bambini e degli adulti. I loro progetti tendevano a sottolineare la composizione, la struttura e la costruzione per dare ai bambini gli strumenti dei loro futuri mestieri in miniatura. Molti dei loro lavori si rifanno all’idea che la scatola in cui l’oggetto è inserito è spesso più eccitante del contenuto stesso, soprattutto

se si tratta di un prodotto molto grande. Per questo gli Eames lavorano sulle scatole di cartone; perché esse offrano al bambino la prima occasione di avere dello spazio per se stesso. Il cartone, rinforzato con scanalature di legno, doveva solo essere nuovamente inchiodato per essere trasformato in un teatro per ragazzi. In un opuscolo separato, vi erano quindi le istruzioni per costruire il proprio “Playhouse”. In un solo colpo, i due designer erano riusciti a coniugare il divertimento per bambini e adulti, a evitare gli sprechi e a aggiungere eccitazione al processo di consegna. Ray e Charles, durante la loro carriera, presero le scatole di cartone come spunto per la progettazione di altri giochi. Un esempio è “The Toy”, con cui offrivano a adulti, teenager e bambini la possibilità di utilizzare un set per costruire un teatrino, per decorare una stanza o come creare scenografie per altri giocattoli. Composto da sottili tasselli di legno con le estremità forate, scovolini da usare come connettori e una serie di pannelli quadrati e triangolari in vari colori. La prima versione di “The Toy” era abbastanza grande per i bambini, per questo l’anno successivo uscì “The Little Toy”, una versione scalata che permetteva ai piccoli di reinterpretare le case delle bambole.

17 Teoria pedagogica di cui John Dewey (1859-1952) fu uno dei massimi esponenti. 18 Gloria Koenig, “Charles & Ray Eames”, Taschen, 2013, p 63.

33

HOUSE OF CARDSDa questo prodotto gli Eames presero spunto per un altro gioco: dall’idea di rendere la costruzione di uno spazio il più semplice possibile è nato infatti “House of Cards”. Questo gioco, distribuito nel 1952, è stata una delle invenzioni più innovative e uno dei prodotti di maggior successo commerciale dei due designer. Inizialmente composto da due mazzi di 54 carte, con due fessure su ogni lato e uno alle estremità, realizzate con un assortimento di fotografie da un lato e un asterisco dall’altro. Queste tessere possono essere assemblate per formare strutture fantastiche di qualsiasi dimensione, permettendo ai bambini di creare infinite variazioni spaziali. Inizialmente è stato creato il mazzo “pattern”, decorato con schemi grafici, carte lavorate, modelli di tessuti, fiori, piume o sagome di animali. La scelta delle immagini, compiuta da Ray e da altri collaboratori, si ispirava alle “cose buone” tratte dalla natura. Successivamente è stata pubblicata un’altra versione chiamata “Picture”. In queste carte sono stati messi insieme gli oggetti più disparati, come oggetti domestici, giocattoli, oggetti di moda o animali. Le carte “montate” insieme tridimensionalmente, creano un effetto caleidoscopio, Fig 1.11 - The Toy di Charles and Ray Eames, Sears 1951 -

www.it.pinterest.com

34

35

cambiando continuamente il colore. Visto il successo, questo gioco è poi stato riprodotto in vari formati e con varie temi fotografici come la “Giant House of Cards” o la “Computer House of Cards”. Decenni dopo, l’Eames office, ha iniziato a produrre “Create-It-All”, ovvero delle carte con una superficie vuota che può essere decorata a proprio piacimento.

Oltre a questi prodotti, i due designer inventarono altri giochi per bambini, come a esempio il “Revell Toy House” (un kit di una casa in miniatura completamente ammobiliata con le miniature dei loro mobili), il “Solar Do-Nothing Machine” (una macchina che produceva elettricità dal sole), le “Toy Masks” (delle grandi maschere per bambini) che portarono alla creazione di “The Coloring Toy” (stock di carte, pastelli e butterfly clip). Oltre ai giocattoli, gli Eames hanno anche progettato degli arredamenti per i piccoli. Il più famoso, “The Plastic Elephant” è una seduta a forma di elefante che è ancora oggi in produzione. Per celebrare questa seduta, è stato pensato e realizzato nel 2007 l’”Eames Paper Elephant”, un modello di carta da ritagliare per decorare e montare il proprio elefante.

Fig 1.12 - Nella pagina affianco: House of card di Charles and Ray Eames, Herman Miller 1952Fig 1.13 - In questa pagina: Plywood Elephant di Charles and Ray Eames, Vita 1945

36

«I AM A PRODUCT DESIGNER, AND I HATE OBJECTS»

M. GUIXÉ

37

1.4 Martí Guixé

L’attività di Martí Guixé (1964) spazia dalle creazioni di interior design, alla grafica, al food design, fino a arrivare a progetti rivolti all’infanzia. Egli si definisce “ex-designer”, criticando il raggio d’azione limitato del designer tradizionale. Guixé opera infatti fuori dai normali sentieri e formati coinvolgendo nel suo lavoro molte discipline, tra cui l’antropologia, l’umorismo, la

gastronomia, la tipografia, le scienze umane, le “scienze esatte”, le performance e infine il design. Egli di fatto preferisce focalizzarsi sulle idee, sulle funzioni e sui sistemi piuttosto che sulle cose. Ha sempre criticato i suoi colleghi definendo i loro lavori come totalmente inutili e annunciando clamorosamente la sua ripugnanza rispetto gli artefatti fisici.

LA SUA FILOSOFIAGuixé vuole modificare il modo di vedere e pensare gli oggetti in modo da coinvolgere attivamente il consumatore, reinventandone il ruolo. Per far ciò analizza le situazioni esistenti, i rituali e i gesti in modo che le soluzioni poi proposte siano veramente radicali ed efficienti. Egli si promuove perciò come un creatore di idee, piuttosto che come inventore di prodotti. «In the end, objects are material, so they’re difficult to carry. Objects weigh you down. They fix you in a place. Ideas are by far the most valuable commodity on the market. I’m in the business of creating something that has value - but that is completely intangible»19. A causa di questo suo atteggiamento critico e provocatorio, il suo lavoro a

19 Articolo su Martí Guixé pubblicato su www.treehugger.com il 22 Aprile 2005.

Fig 1.14 - Martí Guixé - www.plateselector.com

38

volte è stato associato al design critico, ma reinterpretato con un linguaggio più giocoso e meno moralistico. Le sue idee visionarie però continuano a essere accolte da piccole e grandi aziende che scommettono su di lui.

Il suo approccio non-obiettivo si riflette nell’uso frequente di materiali monouso o economici e dal carattere effimero di gran parte del suo lavoro. Il progetto finale spesso infatti sembra solo il risultato di innumerevoli possibilità. Il suo fine è quello di leggere il presente e cercare di interpretarlo nel miglior modo possibile. Questo lo porta a produrre cose di cui c’è un estremo bisogno anche se le persone non se ne rendono conto Egli progetta funzioni e non forme: il valore non risiede più nell’oggetto stesso, ma in quello che rappresenta e in quello che il suo autore vuol dire. I suoi lavori non sono di lettura immediata né universale, ma si tratta di progetti stratificati, dai vari livelli di comprensione e con significati sovrapposti.

LA MANDORLAGuixé, sul suo sito internet, ha inserito l’esempio della formula da lui inventata, che quando applicata in modo corretto, garantisce la “Mandorla”20, ovvero quella

20 La mandorla è un simbolo di forma ogivale ottenuto da due cerchi dello stesso raggio, intersecantisi in modo tale che il centro di ogni cerchio si trova sulla circonferenza dell’altro.

aureola intorno al corpo che deriva dalla iconografica cristiana. Essa provoca grande splendore e beneficio fisico e mentale e per questo l’artista ama vederla come un ultima forma di lusso. La formula che egli identifica per la creazione della “Mandorla” è la seguente:

G/L ( Magik ( fun X ikonP

+ Funktion )) = Mandorla

3

Egli applica questa formula in tutti i suoi lavori, dagli allestimenti, ai progetti sul cibo, ai giocattoli e infine ai libri. Anche il caso è un elemento fondamentale in molti suoi progetti.

GUIXÉ E I BAMBINIL’interesse per il mondo dei più piccoli è molto forte in Guixé. Egli infatti progetta molti oggetti pensati apposta per loro dove però il bambino non viene bloccato nei soliti schemi preconfezionati. Alcuni dei suoi lavori più famosi sono Spam Tool Kit (una cucina con utensili di legno che incoraggia il gioco sicuro e creativo), Plant Me Pet (un piccolo giocattolo che ha semi di piante al posto degli occhi) e una serie ti nastri adesivi come a esempio Football Tape (scotch con il pattern dei palloni da calcio per creare la propria palla avvolgendo della

39

carta con il nastro adesivo). Oltre che la creazione di giochi anche quella di libri per piccoli lettori è molto florida. Infatti molto famosa è la sua collana dei suoi “Blank Book”. In questi album è il bambino stesso a diventare il regista della storia, disegnando o inserendo parole chiave e oggetti che compongono il racconto. Guixé difatti crea delle pagine base realizzate con semplici disegni e scritte in cui il piccolo è invitato a inserire a proprio piacimento il contenuto. Tutto questo per cambiare l’idea del libro come oggetto da leggere e trasformarla nel libro come qualcosa da vivere e modificare a proprio piacimento. In questo modo ogni bambino ha la possibilità di possedere il proprio album personalizzato che risulta sempre differente da quello degli altri. Alcuni dei titoli principali che compongono questa collezione sono: “Food Book”, “Tattoo Book”, “Face to Face Book”, “R&D Book”, “Bicycle Book” e “Blank Book”. Questo progetto verrà spiegato nelle schede dei casi studio21.

21 L’analisi dei casi studio in questione si trova a p137.

Fig 1.15 - Face to Face Book Martí Guixé, Corraini Edizioni 2014 -www.designboom.com

41

Le teorie PEDAGOGICHE moderne

43

2Le scuole di pensiero

Come detto in precedenza, esistono molte teorie pedagogiche che sottolineano il ruolo attivo dei più piccoli. Queste correnti di pensiero evidenziano l’importanza del bambino come centro focale nell’individuazione e nella creazione del proprio io. Da queste teorie sono poi nati nuovi metodi educativi pragmatici e nuove scuole, in cui l’azione, soprattutto quella del giocare, ha assunto un ruolo imprescindibile. Il bimbo viene quindi considerato una persona a tutti gli effetti, in grado di pensare, confrontare, interagire e imparare. Infatti, la loro velocità di apprendimento, la loro curiosità e l’entusiasmo, li rendono delle spugne in grado di assimilare e rielaborare la realtà che li circonda. Questa loro capacità di esplorare e scoprire il mondo che li circonda va a creare un bagaglio culturale che sarà poi di supporto all’adulto che va via via sviluppandosi. Tutto quello che i bambini imparano e sperimentano lo portano con sé, e contribuisce alla loro crescita e formazione. Proporgli quindi delle

esperienze e degli stimoli di qualità, insegnando loro a gestirli in modo corretto, aiuta a costruire il futuro della società, poiché proprio loro rappresentano la società di domani.

In questi capitoli vengono quindi presentate le principali teorie pedagogiche che hanno contrassegnato l’evoluzione delle scuole materne e che tutt’ora continuano a ispirare i metodi di insegnamento per l’infanzia. Ognuna di esse ha infatti forti relazioni con l’ambiente scolastico e tutto ciò è dimostrato dal fatto che ognuna di queste teorie ha prodotto la propria scuola corrispondente, come a esempio la Casa dei bambini montessoriana, la scuola Waldorf di Rudolf Steiner o il Reggio Emilia Approach di Malaguzzi. Questi insegnamenti sono tutt’ora metodi alternativi di didattica, che hanno come punto focale il gioco e l’esperienza libera del bambino che viene però sviluppata in maniera diversa nei tre approcci.

44

«PLAY IS THE SERIOUS BUSINESS OF CHILDREN»

J. PIAGET

45

2.1 Jean Piaget

Uno dei massimi studiosi della psicologia dello sviluppo e della psicologia dell’età evolutiva è stato lo psicologo e pedagogista svizzero Jean Piaget (1896 – 1980). Egli è stato infatti il padre dell’epistemologia genetica, ovvero la disciplina il cui obiettivo consiste nello spiegare come si sviluppano i processi cognitivi negli individui, dall’infanzia all’età adulta. Egli ha

principalmente rivolto il suo interesse nello studiare e comprendere il processo di conoscenza dei più piccoli, affermando l’importanza del gioco come strumento primario per lo studio dei processi cognitivi del bambino e applicando i principi fondamentali della pedagogia attiva. Secondo Piaget, vi è una correlazione tra lo sviluppo mentale e quello dei giochi. Il suo pensiero, nonostante le numerose critiche, continua a rimanere un punto fermo per la comprensione dello sviluppo mentale del bambino.

GLI STADI DELLO SVILUPPO DEI BAMBINILa sua analisi parte dal principio di base che i bambini sono profondamente egocentrici, ovvero concentrati sul proprio punto di vista e incapaci di comprendere quello delle altre persone. La sua teoria si basa sulla concezione che durante l’infanzia, il bambino attribuisca grande importanza alla soggettività. Il piccolo infatti inizia a analizzare se stesso in interazione con la società e l’ambiente che lo circonda, sviluppando la sua conoscenza. Questo processo passa attraverso una serie di stadi, che hanno una

Fig 2.1 - Jean Piaget - www.edsonurubatan.com.br

46

durata determinata e sono caratterizzati da una tipica struttura mentale che si riflette nel pensiero e nel comportamento del bambino. Piaget identifica la presenza di quattro stadi di sviluppo dell’intelligenza: il primo (0-2 anni) è caratterizzato dalle azioni senso-motorie, le quali permettono di costruire gli schemi basilari di trasformazione e di rappresentazione. Nel secondo stadio, quello della funzione semiotica o del pensiero pre-operazionale (2-7 anni), il bambino inizia a interiorizzare le azioni per mezzo dei simboli del linguaggio. Il terzo stadio (7-12 anni) è caratterizzato dalle operazioni concrete, rese possibili dal decrescere dell’egocentrismo. Lo stadio finale (dai 12 anni in su) è rappresentato da quello che Piaget definisce il pensiero logico-operativo o formale: il soggetto diventa capace di formulare ipotesi e di giungere alla sintesi.

L’ASSIMILAZIONE E L’ACCOMODAMENTOL’apporto fondamentale della ricerca di Piaget è stato quello di teorizzare le profonde differenze circa i modi di pensare, agire, fare, parlare degli infanti rispetto a quelli di un adulto, dimostrando che la differenza che c’è tra il pensiero di un uomo e quello di un infante è di tipo “qualitativo”. Infatti, il bambino attraversa una

serie di fasi evolutive e ogni fase ha una struttura che la rende qualitativamente e quantitativamente diversa dalle precedenti. Perciò, l’intelligenza del bambino non si accresce soltanto quantitativamente, ma si trasforma qualitativamente, e la conoscenza che egli ha del mondo cambia radicalmente. Questa crescita passa quindi attraverso due stadi: l’assimilazione e l’accomodamento. L’assimilazione è un processo per cui una nozione che viene dall’esterno va a aggiungersi a schemi mentali preesistenti, senza che essi vengano mutati. Al contrario, nell’accomodamento, gli elementi esterni vanno a modificare gli schemi già posseduti. Questi due processi si alternano alla costante ricerca di un equilibrio che permetta una forma di controllo del mondo esterno. Quando una nuova informazione non risulta immediatamente interpretabile in base agli schemi esistenti, il soggetto entra in uno stato di disequilibrio e cerca di trovare un nuovo equilibrio modificando i suoi schemi cognitivi, incorporandovi le nuove conoscenze acquisite. Tutto ciò spinge Piaget a teorizzare che il passaggio dall’egocentrismo alla socialità e dal concreto all’astratto, si realizzi principalmente attraverso diverse tipologie di gioco, che egli riassume in quattro tipi: gioco funzionale

47

o d’esercizio (0-2 anni), gioco simbolico (2-7 anni), gioco realistico (7-12 anni) e gioco con regole (dai 12 anni). Nella prima fascia si trovano giochi che aiutano a apprendere e perfezionare gesti, movimenti, schemi motori o altri tipi di conoscenze relative all’ambiente. Grazie all’impulso creativo compaiono successivamente i “giochi simbolici” che portano i bambini a un continuo alternarsi di vincoli reali e libertà di immaginazione. In questi giochi si riconosce e si fortifica la consapevolezza della realtà attraverso la sua “trasgressione”. Nella fase successiva invece, si punta a sviluppare le capacità sociali e la percezione di sé stessi in relazione con le altre persone. Piaget rileva quindi come il gioco svolga due funzioni fondamentali nello sviluppo psicologico: da un lato consolida le abilità già in proprio possesso e dall’altro rafforza l’idea che si possa agire sulla realtà.

Fig 2.2 - Jean Piaget osserva una classe - www.gettyimages.it

48

«I BAMBINI CI RIVELANO IL BISOGNO PIÙ VITALE DEL LORO CRESCERE DICENDO: AIUTAMI A

FARE DA SOLO!»

M. MONTESSORI

49

2.2 Il metodo Montessori

Il Metodo Montessori è un approccio educativo per bambini basato sulle ricerche della pedagogista Maria Montessori (1870-1952). Inizialmente pensato per i bambini con problemi di handicap o affetti da deficienza, è stato poi ampliato a qualsiasi infante. L’aspetto più innovativo e rilevante di questo tipo di insegnamento è l’importanza data alla

libertà, all’auto-costruzione e all’attività spontanea dei fanciulli, ottenuta attraverso l’educazione all’indipendenza. Infatti per lei non era possibile racchiudere l’insegnamento in uno schema rigido e seriale, uguale per tutti perché ogni bambino è dotato di potenzialità differenti. Quindi l’apprendimento doveva essere esperienziale e gestito dallo studente stesso in modo che egli potesse accrescere il suo interesse e la sua conoscenza in modo spontaneo. Attorno a questo principio, la Montessori sviluppa una nuova figura di insegnante e un nuovo modo di concepire lo spazio delle scuole d’infanzia. Tutt’ora questo metodo è applicato nelle scuole di tutto il mondo per l’educazione dei bambini di diverse fasce d’età.

LA CASA DEI BAMBINIEssa ideò la “Casa dei bambini”22: un nuovo tipo di scuola materna che conteneva materiali che stimolano le attività di apprendimento autonomo. Non più asili ma case dove i bambini potevano vivere pienamente. La scuola Montessori ripone infatti fiducia nelle

22 La prima “Casa dei bambini” nasce nel quartiere di San Lorenzo a Roma nel 1907.

Fig 2.3 - Maria Montessori circondata da bambini - www.ilpost.it

50

capacità che il bambino ha di apprendere da solo, se opportunamente stimolato dall’ambiente, in modo da rivelare sé stesso; la funzione dell’adulto è facilitare la creazione di percorsi di apprendimento spontanei attraverso un ambiente stimolante e aiutando il bambino a superare eventuali ostacoli ed errori. Il direttore, così la pedagogista chiamava questa nuova figura del maestro, diventa quindi colui che osserva e asseconda le libere inclinazioni naturali dei bambini. Il suo compito è quello di aiutare e dirigere i piccoli allievi e di fare un passo indietro rispetto al suo vecchio ruolo, restando comunque presente.

LO STUDIO DEGLI SPAZI E DEGLI ARREDIQuesta trasformazione dell’insegnamento non modifica solo le figure dei maestri, ma trasforma anche l’ambiente scolastico. Le scuole nel loro complesso devono quindi incentivare l’espressione delle potenzialità dei bambini anche attraverso l’arredo e il materiale formativo. La Montessori fa costruire nuovi mobili che permettano ai bambini di esprimere il loro bisogno di agire intelligentemente in modo che ognuno possa conquistare la sua libertà. L’ambiente e l’arredo acquistano quindi una rilevanza di primo

piano nell’educazione montessoriana. Vengono perciò individuate alcune caratteristiche fondamentali: la leggerezza degli arredi, la loro semplicità ed economicità e la loro varietà, l’introduzione al bello e all’artistico, gli spazi proporzionali alle misure del corpo infantile, ordinati e non sovraffollati di stimoli, la presenza di una grande varietà di oggetti e materiali naturali e animali, la presenza di riferimenti all’ambiente sociale e culturale. In queste aule i bambini devono essere liberi di muoversi, parlare e giocare; per far ciò la metà dello spazio deve essere tenuta libera. Tutto deve quindi essere alla loro portata, in modo da renderli indipendenti dagli adulti, sia nel fare le cose sie nel prendere le proprie scelte e decisioni. L’ambiente deve essere educativo, progettato su misure per le diverse caratteristiche dei bambini di ogni età e proporzionato rispetto ai loro bisogno reali.

I MATERIALI DIDATTICIOltre all’ambiente Maria Montessori progetta il materiale didattico necessario all’educazione dei bambini nelle sue scuole; crea quindi strumenti di sviluppo cognitivo multi sensoriali e autocorrettivi. Ogni attività a cui essi sono predisposti veicola

51

Fig 2.4 - Interno di una “Casa dei Bambini” negli anni ‘70 - www.uppa.it

52

informazioni immediate e ha uno scopo preciso, ma è anche preposta a preparare la mente del bambino a esercizi di maggior complessità. Questi compiti servono a costruire le basi della conoscenza dei bambini che si svilupperà nelle fasi successive della loro vita. Il materiale didattico studiato dalla Montessori consente ai piccoli di intraprendere un’attività in modo autonomo. Deve perciò essere bello, educativo ed esposto in modo ordinato e accessibile cosicché venga facilitato l’interesse nel bambino e che esso rimanga vivo fino al completamento del gioco. Infatti il piccolo studente, tramite il gioco, riesce a avvicinarsi alle nozioni base della scrittura, della lettura, della matematica ma anche delle capacità motorie e sensoriali. Questo materiale è pensato per facilitare e velocizzare lo sviluppo delle conoscenze già nei più piccoli. Gli strumenti devono quindi aiutarli nel progresso della grammatica (come a esempio, l’impiego di differenti colorazioni per le diverse parti del discorso in modo da facilitarne il riconoscimento), della matematica (ad esempio dei pallottolieri che permettono l’assimilazione degli ordini di grandezza e del loro calcolo) e della musica (ad esempio l’utilizzo di campanelli differenti con differenti suoni). Gli oggetti

quindi creati sono dotati di un eccezionale rapporto tra forma e funzione; non si tratta di soli “giocattoli” ma di strumenti di apprendimento scientifico. Progettati per congiungere la vista, la parola e l’azione in modo che le informazioni passino sempre attraverso il rapporto mano-occhio. Essi vengono presentati dalle direttrici agli alunni che però sono invitati a usarli in completa autonomia, lasciando la possibilità al bambino di auto correggersi liberamente.

I materiali didattici del metodo montessoriano si dividono in: materiale per il linguaggio (ad esempio “l’analisi della lettura”, le varie fasi), sensoriali (come i vari cubi del binomio, trinomio e via dicendo o la torre rosa), per la matematica (ad esempio la “scacchiera dei numeri decimali” o le ”aste numeriche”), per la geometrica (come le scatole dei solidi geometrici), per la botanica, per la geografia, per la musica ma anche per la vita pratica di tutti i giorni (ad esempio per imparare a allacciare, a tagliare o a pulire).

IL GIOCO DELLA SCACCHIERAUno dei Materiali progettati da Maria Montessori più interessante è il “Gioco della scacchiera”, che

Fig 2.5 - Nella pagina affianco: Alcuni esempi dei Materiali didattici creati da Maria Montessori - www.lemamme.it

53

54

Fig 2.6 - Bambino che usa il “Gioco della scacchiera” montessoriano - www.montessorischoolathome.blogspot.it

55

costituisce un’applicazione del meccanismo di moltiplicazione. Questo strumento riprende il metodo chiamato “a gelosia” o “a reticolo”. La scacchiera ha una forma rettangolare e ha i lati formati da 7 per 4 quadrati, colorati con tre colori che si susseguono secondo uno schema diagonale. Oltre alla tavola sono presenti dei cartellini con i numeri da 1 a 9 stampati su fondo bianco (per il moltiplicando) e su fondo grigio (per il moltiplicatore). In più vi è una scatola con molti bastoncini composti da 1 a 9 perle colorate che rappresentano i prodotti. Le tessere con le cifre che compongono il moltiplicando vengono poste orizzontalmente sulla tavola mentre quelle del moltiplicatore verticalmente. Quindi cominciando per le unità si ripete ciascuna cifra del moltiplicando per ciascuna del moltiplicatore e si inseriscono i bastoncini colorati nelle apposite caselle. Per raggiungere il prodotto finale, bisogna però raggruppare i bastoncini di egual valore relativo, facendoli scorrere in diagonale, seguendo le caselle del medesimo colore, fino alla riga di quadrati posta sul fondo. A questo punto si conteggiano le perle dei bastoncini presenti nelle varie caselle; se si raggiunge la somma a esempio di dieci, le perle vengono rimosse e ne viene messa

solo una nel quadrato adiacente a sinistra. Si trova così il valore finale della moltiplicazione o il “vincitore del gioco”. Questa disposizione geometrica insegna ai bambini che nelle moltiplicazioni i valori si dispongono diagonalmente e che esistono varie unità di misura. In questo modo si fondano le basi per le operazione via via più complesse in cui l’allievo va incontro durante la sua vita scolastica.

AIUTAMI A FARE DA SOLOIl motto principale della Montessori è stato “Aiutami a fare da solo”. Questo aforisma racchiude in se tutto il metodo montessoriano. Infatti “Aiutami” significa ho bisogno di te perché non si può vivere e crescere da soli. “A fare” perché se si fa si capisce e nessuno può apprendere al posto di un altro; come già visto anche Munari riprenderà questa idea nel suo lavoro. “Da solo” perché il fine ultimo è il bambino stesso e l’adulto deve essere solo una guida.

56

«FOR EVEN THE WISEST CAN LEARN INCALCULABLY MUCH

FROM CHILDREN»

R. STEINER

57

2.3 La scuola steineriana

Il metodo steineriano è nato nel 1919, quando il filosofo e scienziato Rudolf Steiner (1861-1925) divenne direttore della scuola fondata da Emil Molt23 per i figli dei suoi dipendenti a Stoccarda. Egli decise quindi di utilizzare un metodo didattico differente da quello delle scuole classiche, costruito sullo sviluppo dell’individualità dei bambini.

23 E ‘stato il direttore della fabbrica di sigarette Waldorf Astoria, e con Steiner ha co-fondato la prima scuola Waldorf.24 Percorso di studio spirituale che postula l’esistenza di un mondo spirituale, intellettualmente comprensibile e accessibile a una esperienza diretta per mezzo di crescita e sviluppo interiore.

LA FILOSOFIA STEINERIANAIl pilastro portante di questo metodo è l’antroposofia24, cioè delle osservazioni antropologiche che riguardano principalmente la tripartizione dell’uomo in corpo, anima e spirito (volontà, sentimento e pensiero). Per questo secondo Steiner l’insegnamento e la pedagogia devono basarsi sulle esperienze di vita. La chiave diventa quindi l’antropologia evolutiva: tutto nella vita è ritmo e ogni individuo deve affrontare le difficoltà di far fronte alle necessità materiali e morali mantenendo i propri ritmi e la propria individualità e non seguendo obiettivi quali la qualificazione professionale e la produttività economica. Da questa concezione deriva la necessità di educare in maniera armonica le capacità cognitivo-intellettuale, creativo-artistiche e pratico-artigianali. Infatti le sfere intellettiva, pratica e artistica, secondo Steiner, hanno lo stesso peso e sono inscindibilmente legate nel concorrere allo sviluppo dei bambini e dei giovani. Bisogna quindi tener conto sia dei propri tempi che dei ritmi naturali del mondo, considerando i momenti di passaggio della natura e gli inevitabili cambiamenti.

Fig 2.7 - Rudolf Steiner - Universitetet I Bergen, www.uib.no/

58

GLI INSEGNATILa formazione degli insegnanti è un punto cruciale per Steiner; essi devono essere in grado di tener conto dell’individualità di ogni alunno ma anche di proporre iniziative che stimolino l’intera classe con lo scopo di affinare l’intelligenza attraverso l’esperienza e la socializzazione. Il bambino non viene perciò considerato come un substrato passivo sul quale imprimere le informazioni e le nozioni, ma come una persona ricca di capacità e talenti, che possiede un’individualità unica e irripetibile. Il maestro osserva quindi i suoi alunni con rispetto accompagnandoli nelle varie trasformazioni provocate dalla crescita in modo da consentire uno sviluppo armonico di tutte le loro facoltà nelle diverse fasi. L’obiettivo educativo è quindi quello di organizzare un’attività didattica in grado di scoprire e incanalare le potenzialità dei bambini senza condizionamenti. Bisogna quindi insegnargli a essere loro stessi, in modo che siano in grado di raggiungere i loro traguardi, liberi dai pregiudizi degli altri e del mondo circostante. In questo metodo viene quindi promossa un’educazione alla libertà.

Fig 2.8 - Scuola steineriana in Nuova Zelanda - www.tera.school.nz

59

LE TAPPE EVOLUTIVE DEL BAMBINOSteiner studia e progetta un piano di studi scandito sulle tappe evolutive del bambino, in grado di accompagnarlo nella sua crescita con temi e immagini che corrispondano al momento evolutivo che sta attraversando. Vengono quindi identificati principalmente tre cicli che durano sette anni l’uno. Il primo dai 0-7 anni è caratterizzato dalla tendenza all’imitazione del mondo. I bambini assimilano e imparano le azioni fondamentali e per questo motivo devono essere “protetti”. In questo periodo essi conquistano le tre facoltà principali che gli saranno utili per tutta la vita: la posizione eretta e la capacità di camminare, l’uso della parola e la formazione della sua corporeità. L’ambiente scolastico deve quindi essere accogliente e a misura di bimbo, in modo che esso possa esprimere la sua creatività e la sua fantasia. L’insegnante quindi promuove molteplici attività che consentano ai piccoli di conoscere il mondo attraverso la simulazione e il movimento anche grazie all’ausilio di materiali semplici e naturali. Nel secondo ciclo, che copre il periodo 7-14 anni, i bambini sviluppano principalmente la loro dimensione emotiva. Essi hanno lo stesso maestro come punto di riferimento, che viene

aiutato da delle assistenti. Le lezioni si suddividono nell’insegnamento delle materie classiche come matematica, storia, italiano affiancate però da ore dedicate alle attività manuali o artistiche. Vi è quindi un equilibrio tra lo sviluppo della mente, del cuore e delle mani in modo da formare persone capaci sia di iniziativa autonoma che di sensibilità sociale. Il terzo e ultimo ciclo è quello delle scuole superiori. Qui, gli ormai ragazzi, sviluppano un pensiero sempre più astratto e maturano le loro capacità di giudizio. Diventa quindi essenziale lo sviluppo del pensiero logico-razionale e dell’osservazione diretta. In questa fase non vi è più un’unica figura di riferimento ma sono presenti un team di professori. Resta comunque la metodologia di affiancare le materie scientifiche e umanistiche con le attività manuali, artistiche e motorie.

60

«PIÙ AMPIA È LA GAMMA DI POSSIBILITÀ CHE OFFRIAMO AI

BAMBINI, PIÙ INTENSE SARANNO LE LORO MOTIVAZIONI E LE LORO

ESPERIENZE PIÙ RICCHE»

L. MALAGUZZI

61

2.4 Reggio Emilia Approach

Il Reggio Emilia Approach è una tipologia di scuola, nata in Italia nel secondo dopoguerra, basata sugli studi e sull’attività del maestro e pedagogista Loris Malaguzzi (1920-1994). Secondo Malaguzzi il processo di apprendimento avviene in modo autonomo e auto-costruttivo, all’interno di una rete di relazioni sociali tra i bambini, gli insegnanti e la famiglia. Egli vede la scuola

e la crescita come il frutto della partecipazione di tutti, e per questo afferma che è necessario che tutte le persone coinvolte stiano bene nelle scuole e le amino. L’attivismo e la condizione di benessere diffuso sono infatti una delle caratteristiche principali dell’atmosfera delle scuole reggiane. Da queste sue teorie, è nato nel 1994 il centro Reggio Children, ovvero un luogo internazionale che lotta per la difesa e la promozione dei diritti e delle potenzialità dei minori.

IL REGGIO EMILIA APPROACHQuesto approccio si basa su dei principi fondamentali, sviluppati e studiati dal pedagogista durante la sua esperienza. Per prima cosa bisogna tener conto che i bambini sono costruttori attivi del loro sapere e sono guidati dai loro interessi. La conoscenza del mondo e di sé stesso avviene attraverso la socialità e la relazione con gli altri. Tutto ciò si verifica grazie alla grande capacità comunicativa che è insita nei piccoli. Risulta perciò molto importante la relazione che si instaura tra il bambino, i suoi compagni, la famiglia e gli insegnanti. Questi ultimi devono però essere solo

Fig 2.9 - Loris Malaguzzi in classe - www.lorismalaguzzi.com

62

Fig 2.10 - Alunne di una scuola concepita con il Reggio Emilia Approach - Partnership for 21st century learning, www.p21.org

63

guide e aiutanti in questo processo di apprendimento. Gli adulti devono quindi favorire l’interazione e incoraggiare il confronto sui problemi che si incontrano nella vita quotidiana invitando i bimbi a compiere scelte organizzative e “affettive” Bisogna quindi insegnargli a far collaborare mani, pensiero ed emozioni, cercando di valorizzare l’espressività e la creatività di ciascun bambino sia singolarmente che in gruppo.

I CENTO LINGUAGGISecondo Malaguzzi l’essere umano è infatti dotato della capacità dei “cento linguaggi”25 e grazie a questa dote i bambini hanno la possibilità di relazionarsi con più materiali, più linguaggi, più punti di vista. Il termine “cento linguaggi” è una metafora che indica le infinite possibilità di risposta che hanno i bambini, le loro molteplici esperienze, le loro interpretazioni. Questa è una visione alternativa della multidisciplinarietà, che in questo caso è gestita però in modo autonomo dal piccolo. La difficoltà maggiore di cui la scuola deve farsi carico è quindi quella di permettere ai piccoli studenti di usare tutti i loro linguaggi, di non limitarli e sacrificarli in nessun modo.

GLI INSEGNANTIIl bambino è quindi portatore e creatore di conoscenza ed è protagonista attivo del proprio percorso di apprendimento. Deve essere quindi lasciato libero di interagire con l’ambiente circostante, ascoltando le sue riflessioni e stimolando i suoi interessi. Egli è un elemento dinamico e in trasformazione perenne, capace di smuovere e cambiare le cose se messo nelle giuste condizioni. È quindi questo il compito dell’educatore, cioè accompagnare lo studente nei suoi processi di scoperta e apprendimento. Egli deve perciò imparare a non insegnare ai bambini di più di quello che riescono a apprendere da soli e di non esprimere giudizi affrettati. L’insegnante deve quindi essere capace di affiancare il bambino all’interno della situazione di apprendimento e di osservarlo, porgli domande e guidarlo in questo percorso. Si tratta di una vera e propria educazione “partecipata” dove un atteggiamento attivo di ascolto tra adulti, bambini e ambiente è la premessa. L’ascolto è una condizione indispensabile per il dialogo e il cambiamento perché alimenta riflessione, accoglienza e apertura verso di sé e verso l’altro. Stare a sentire alza la soglia di attenzione e sensibilità verso gli scenari culturali, valoriali e politici della contemporaneità.

25 Con il termine “cento linguaggi” Malaguzzi intende le infinite potenzialità comunicative, visive, tattili etc. che sono insite nel genere umano.

64

GLI SPAZI SCOLASTICIL’ambiente e la struttura degli edifici riflettono i principi definiti da Malaguzzi. Infatti progettare lo spazio vuol dire dar forma all’azione didattica rispettando i processi di apprendimento. La scuola è concepita per ospitare il bambino durante l’intera giornata e quindi deve risultare ospitale e stimolante. Gli interni e gli esterni sono pensati e organizzati in modo che siano interconnessi e favoriscano le interazioni, le autonomie, le esplorazioni, la curiosità e la comunicazione. Diventano quindi dei luoghi di convivenza e ricerca per gli studenti e gli insegnanti. Il fulcro della scuola diventa quindi la “piazza” dove avvengono le attività principali di gioco, scambio e relazione. Da qui si diramano la sala da pranzo, le aule e l’atelier. Quest’ultimo è un laboratorio sperimentale dove si può interagire con i più svariati materiali e mettere alla prova tutti i sensi. Anche gli arredi e gli oggetti sono curati nei dettagli in modo che siano in grado di generare benessere psicologico, senso di familiarità e appartenenza, soddisfazione del gusto estetico e che quindi soddisfano la condizione primaria di sicurezza nei bambini.

Fig 2.11 - Nella pagina affianco: Esempio dell’arredamento di una classe concepita con il Reggio Emilia Approach - www.pinterest.com

65

L’essere umano come NARRATORE di STORIE

69

3La narrazione

La narrazione è da sempre la forma di comunicazione più comune e comprensibile a tutti gli esseri umani. Essa serve per veicolare informazioni e conoscenze liberamente, senza imprigionarle in rigidi schemi.

La narratologia è quindi lo strumento attraverso cui si promuove l’allenamento creativo. Questa forma espressiva era usata nell’antichità per diffondere insegnamenti in modo univoco così da creare un’eredità che fosse in grado di essere trasmessa nel tempo. Inizialmente erano quindi basate sul ricordo; erano infatti il racconto di tradizioni, difatti e saperi che le persone riportavano per mantenere la propria memoria e le proprie tradizioni, andando così a creare una memoria storica. Le prime vere narrazioni rimangono quelle delle fiabe. Infatti esse sono sempre state il metodo migliore per istruire, indicare e consigliare le persone. Esse hanno sempre avuto una finalità educativa e per questo fin dall’antichità è sempre stata una pratica diffusa quella di narrare le fiabe ai più piccoli fin dalla tenera età.

EMITTENTE E RICEVENTELa narrazione è una forma di comunicazione, quindi è necessaria la presenza di vari protagonisti come

Fig 3.1 - “The grandfather tells a story”, A. Anker, ca. 1884

70

l’emittente e il ricevente, che si scambiano informazioni. L’emittente, ovvero colui che racconta la storia, però può essere di vari tipi: l’autore reale, l’autore implicito o il narratore. Anche chi ascolta può essere indicato in modi differenti come: il pubblico reale, quello implicito o il narratario. A loro volta esistono tre macro categorie di narratori, suddivisi in base al loro grado di conoscenza della storia; vi è l’onnisciente che conosce tutto e racconta la vicenda dall’alto, il non onnisciente che può avere una focalizzazione interna o esterna e infine il transfert, che consiste nel delegare, per alcune parti, la narrazione a un personaggio. Questa differenziazione dipende soprattutto dalla distanza prospettica da cui l’autore decide di raccontare la storia. Si va quindi a creare un rapporto tra narratore e storia che può essere eterodiegetico, se è chi racconta è esterno, omodiegetico, se invece è all’interno della storia, o allodiegetico, se p invece solo un testimone.

NARRARE VS RACCONTAREIl termine “narrare”, in tutte le sue possibili declinazioni, viene adesso utilizzato in modo errato come sinonimo di raccontare. Il racconto è la presentazione di esperienze passate presentate cronologicamente da cui viene

escluso però l’aspetto conflittuale e dinamico che li ha fatti scaturire ed evolvere26. La narrazione invece gira attorno a questo conflitto, che viene descritto e dai cui si diramano le conseguenze e gli effetti subiti dai partecipanti. La storia che si viene a comporre quindi crea un nuovo mondo che potrà essere visitato, studiato, esplorato, modificato e con cui si potrà interagire. Il gesto del narrare, per riguadagnarsi consistenza, deve riuscire a adempire a una triade di caratteristiche definite con gli aggettivi solido-utile-irripetibile. Il primo descrive l’unione delle parti della narrazione come unica entità, il secondo determina l’obiettivo, che è quello di portare dei consigli, e infine il terzo mette l’accento sulle caratteristiche che rendono l’anima memorabile.

LA NARRAZIONE MULTIMEDIALENonostante oggi la narrazione sia cambiata, e non esiste più quella “artigianale”, sta nascendo un nuovo tipo di narrazione che riprende i modi e le funzioni di quella originaria. Infatti sul web, sui forum, sui blog e sui social network sta rinascendo una narrazione multimediale, che da la possibilità a tutti gli utenti di esprimersi e di narrare le proprie storie, garantendo

26 E. Becchi, “Manuale della scuola del bambino dai tre ai sei anni”, FrancoAngeli, Milano, 2004

71

un’anonima oralità e costruendo dei racconti collettivi. Questa nuova narrazione porta quindi alla produzione di una nuova coscienza di massa, pluralistica e multiforme. Le possibilità offerte da internet sono però

Fig 3.2 - I social network sono diventati i nuovi sistemi di narrazione

un arma a doppio taglio, perché potrebbero portare a un escalation di informazioni e all’offuscamento di ciò che è di qualità.

72

73

3.1 Il bambino narratoreLa competenza narrativa è una capacità che non si consegue improvvisamente. Essa ha un proprio percorso di nascita ed evoluzione. Si sviluppa quindi in rapporto con l’età e con la possibilità di utilizzare strutture casuali e temporali. I bambini creano le loro prime produzioni narrative successivamente i due anni, perché per far ciò occorre che siano sviluppate alcune conoscenze e capacità specifiche. J. Piaget, di cui si è parlato precedentemente, ha proposto infatti un modello teorico dello sviluppo psicologico degli infanti tenendo conto anche della loro competenza narrativa.

LA FUNZIONA SEMIOTICA DEL BAMBINOIn quello che lo psicologo identificata come secondo periodo, ovvero quello dell’intelligenza pre-concettuale (2-7 anni), inizia a nascere la funzione semiotica. Essa è la capacità di rappresentazione di oggetti ed eventi con simboli e segni. La rappresentazione è intesa come l’evocazione di oggetti che sono assenti nel campo percettivo attuale. Questa abilità non è però presente nei primi due anni di vita perché il bambino non è in grado di capire la differenza tra significante e

significato. Il significante è quel simbolo che serve per evocare un certo significato anche quando non vi è presente l’oggetto al quale è associato. Grazie al gioco e all’imitazione, pratiche molto presenti nei primissimi anni di vita, i bimbi allenano la funzione simbolica che implica la capacità di costruire dei simboli. I simboli sono però puramente individuali, mentre il linguaggio e i suoi segni sono arbitrari e convenzionali. Per la loro costruzione è quindi necessario un rapporto sociale perché essi si formano grazie a uno scambio e una collaborazione collettiva.

NARRAZIONE COME GIOCO DI FINZIONEIntorno ai due anni il bambino inizia quindi a usare la parola come segno, ed è qui che nasce l’abilità di raccontare (lo storytelling). Questa capacità si sviluppa attraverso il dialogo e il gioco di finzione. Le storie emergono come un resoconto in cui il bambino tenta di evocare situazioni passate per condividerle e riviverle. Senza l’aiuto di un adulto, che è il destinatario di questi racconti e che assume il ruolo di feed-back, il bimbo non impara l’arte di raccontare una storia. Colui che

Fig 3.3 - Nella pagina affianco: Bambino che cerca di raccontare un aneddoto che gli è accaduto al suo papà - www.shutterstock.com

74

ascolta può anche fungere da sostegno e interazione verbale al fine di rafforzare la nascente funzione narrativa. Il gioco di finzione è anche lui un contesto idoneo per la crescita di questa dote. Infatti inizialmente il bambino utilizza un solo oggetto per rappresentare qualcos’altro ma successivamente inizia a usarne diversi mettendoli in relazione tra loro e organizzando vere e proprie sequenza di azioni. A questo punto il piccolo sente il bisogno di esplicitare verbalmente le sue azione così da far emergere semplici intrecci.

IDENTIFICAZIONE DEI RUOLIPrima di apprendere totalmente le competenze di storytelling, il bambino deve distinguere la differenza tra chi racconta e chi ascolta. Inizialmente infatti egli non è in grado di effettuare vere e proprie conversazioni ma produce principalmente dei monologhi. Un altro elemento imprescindibile è la capacità di diventare il narratore della storia e non l’attore e quindi di comprendere la differenza tra il tempo del racconto e quello delle vicende. Prima dei due anni non è presente l’elaborazione del ruolo; solo verso i tre il bambino riesce a organizzare delle semplici trame raccontando gli eventi dal di fuori. Un altro aspetto è la consapevolezza

che le vicende narrate esistano in un mondo inventato che è differente da quello reale. Nei primi anni di vita questa capacità non è presente e quindi risulta difficile concedere alle storie la loro autonomia. Solo intorno ai cinque anni i due mondi diventano totalmente distinti portando a un’emancipazione delle azioni e degli eventi.

L’INFLUENZA DEL CONTESTONon esiste però una capacità narrativa universale e innata, ma le varie culture hanno diversi modelli di narrazione che prendono spunto dai vari contesti di vita. Infatti il bambino occidentale si adegua al modello di finzione narrativa occidentale che consiste in una sequenza logica nella quale la figura centrale dell’eroe dopo una serie di peripezie e disavventure consegue la vittoria. Invece altri modelli, come quello africano o del nord America, non presentano la figura dell’eroe. Queste differenziazioni confermano il ruolo peculiare dell’adulto che risulta come stimolo e sostegno all’interno del processo di nascita e sviluppo della competenza narrativa, indirizzando il bambino verso il proprio modello di riferimento.

75

Fig 3.4 - I giochi del dottore, del veterinario o della casalinga sono tra i più comuni giochi di finzione nei bambini - www.playdoughtoplato.com/

76

3.2 La creatività infantilePer aiutare i bambini a raccontare e creare storie è necessario che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione e che quindi si abbia fiducia nella creatività infantile. Secondo Rodari, nel suo libro “Grammatica della fantasia27”, bisogna usare la fantasia per arricchire di stimoli l’ambiente in cui il bambino cresce. Perché la mente è una sola e quindi la creatività deve essere coltivata in tutte le direzioni. L’immaginazione del bambino applicherà i suoi strumenti su tutti i tratti dell’esperienza che sfideranno il suo intervento creativo.

LA FANTASTICAIl primo a parlare dell’importanza della fantasia fu Novalis28, che nei suoi scritti e saggi parla della “Fantastica” ovvero dell’immaginazione creatrice, la capacità che ha l’immaginazione di forza plastica. A essa lo scrittore tedesco contrappone la logica dell’intelletto, che considera arida e razionalistica. Partendo da questa teoria, anni dopo J. P. Guilford29 evidenziò le contraddizioni e l’inesattezza di un concetto ristretto di intelligenza dove veniva

considerato solamente il “pensiero convergente” per spiegare i fenomeni e fornire soluzioni. Egli sosteneva di fatto l’importanza di un “pensiero divergente”, ciò che si muove in più direzioni portando a molteplici soluzioni. L’uso di questa tipologia di pensiero porta quindi alla possibilità di generare idee nuove e originali. Molti studiosi hanno successivamente approfondito il legame che unisce il pensiero divergente alla creatività umana. Infatti l’uso di questo tipo di pensiero può agevolare le persone, e soprattutto i bambini, a ampliare la propria creatività.

I QUADERNI DI RODARIRodari riprenderà questi studi nel suo lavoro di scrittore. In alcuni suoi libri, appunto, egli racconta del suo Quaderno di Fantastica, prendendone il nome dal termine coniato da Novalis. In questa sua agenda Rodati prendeva nota non delle storie che raccontava, ma di come esse nascevano e dei trucchi che scopriva per mettere in movimento parole e immagini. Prendendo spunto dal suo lavoro di insegnante ed essendo sempre a contatto con i bambini egli poteva

27 Gianni Rodari, “Grammatica della fantasia”, Piccola Biblioteca Einaudi n° 221, 1973.28 Novalis fu uno scrittore e poeta tedesco (1772 - 1801), famosi i suoi Frammenti ovvero raccolte di appunti e annotazioni.29 J. P. Guilford fu uno psicologo americano (1897 - 1987) che ha studiato l’intelligenza umana.

77

«SE AVESSIMO ANCHE UNA FANTASTICA, COME UNA LOGICA,

SAREBBE SCOPERTA L’ARTE DI INVENTARE»

NOVALIS

78

difatti scoprire nuovi metodi e testarli con i suoi alunni. Nella Grammatica della fantasia Rodari espone quindi varie metodologie per aiutare i bambini a creare delle storie sia da soli che in gruppo. Sono quindi tre i sistemi base che lo scrittore spiega nel suo libro: il binomio fantastico, il limerick e le carte di Propp. Il primo citato è molto importante al fine del progetto e verrà spiegato successivamente in un capitolo dedicato.

Fig 3.5 - Rodari con alcuni dei suoi libri - www.giannirodari.it

79

3.3 Giochi di narrazioneNumerosi autori, tra coi anche il già citato J. Piaget, evidenziano l’importanza del gioco nel promuovere lo sviluppo della creatività nei bambini. J. S. Bruner30, in particolar modo, indica come i giocattoli forniscano ai più piccoli la possibilità di rinunciare spesso alla logica rigorosa e precisa per prendere in esame il fantastico e l’improbabile. Il gioco permette infatti una maggiore flessibilità non legandosi necessariamente a nessi causali, agli intervalli temporali o agli atteggiamenti stereotipati. Molte blocchi sociale e affettivi possono ostacolare il pensiero creativo nel bambino come a esempio la spinta verso il successo, le reazioni degli adulti, il giudizio degli altri o la pressione conformista. Nelle situazioni ludiche, il bambino si sente di fatto liberato da questi obblighi sociali e può quindi mostrare i propri conflitti emozionali. Il gioco diventa quindi il momento in cui l’infante, già dalla più tenera età, elabora le proprie tensioni e le proprie angosce. Esso è considerato quindi il mezzo privilegiato per la promozione della creatività, soprattutto quando si tratta di giochi di finzione o imitazione.

30 Jerome Seymour Bruner (1915) è uno psicologo americano che ha contribuito allo sviluppo della psicologia cognitiva e culturale nel campo della psicologia dell’educazione.

Esistono perciò molti libro/giochi che aiutano i bambini a aumentare la loro capacità di storytelling. Da semplici giocattoli da utilizzare fin da piccoli in modo autonomo a altri più complessi con cui serve l’interazione con un adulto. Anche delle semplici marionette sono in realtà dei mezzi per insegnare a ascoltare e raccontare a loro volta delle brevi narrazioni attraverso l’uso del racconto visuale delle mani. Nelle pagine successive saranno elencati alcuni esempi di giochi di narrazione.

80

Milimbo

Dal 2006

Valencia, Spagna

Anni 0-99

Milimbo è uno studio grafico che ama raccontare storie attraverso le immagini. Il loro punto focale è la narrazione visiva con cui si possono osservare ed esplorare quelle cose che non possono essere raccontate a parole. Le loro letture sono quindi dei veri e propri giochi che stimolano la fantasia. Usano le illustrazioni al posto delle parole, utilizzando uno stile grafico simbolico e narrativo. I progetti di questo studio sono quindi grafiche, illustrazioni, manifesti, oggetti di cartone etc. Loro si occupano anche dell’editoria, realizzando e vendendo libri per bambini e per grandi.

Nei loro lavoro riprendono principalmente le fiabe classiche, quelle realizzate da Walt Disney, dandogli una seconda occasione per rifarsi una vita e tornare a risplendere; le trasformano facendogli un “cambio di guardaroba”. La loro particolarità è infatti il modo in cui le storie vengono raccontate, per immagini o attraverso il gioco. Milimbo infatti lavora sulle diverse modalità del raccontare, non solo con le parole perché anche il gioco può essere un modo di agire e una maniera di conoscere. Un esempio è la storia di Cappuccetto Rosso che diventa sia gioco che libro muto. La scatola contiene la storia, una mappa del percorso attraverso

Le favole di Milimbo

81

il bosco e i personaggi realizzati come sagome di cartone. Un altro esempio è il libro Cenerentola dove la storia viene raccontata unicamente dalla potenza evocativa delle immagini, senza parole. O Hansel e Gretel dove la scatola del gioco contiene tutti gli elementi principali della storia (persino una bacchetta di caramella), oltre a un libro muto dove la storia è raccontata solo per illustrazioni.

Oltre alle favole classiche, essi producono anche storie e giochi completamente progettati da loro. Anche in questi casi lo scopo è il medesimo: stimolare la fantasia dei bambini raccontando storie visive. I piccoli si creano quindi una storia propria che sarà sempre diversa da quella degli altri. Questi libri/giochi sono quindi dei mezzi molto efficienti per insegnare agli infanti l’arte del raccontare e dell’inventare favole.

Fig 3.6 - Rivisitazione della favola di Cappuccetto Rosso di Milimbo - www.milimbo.com

82

The Creativity Hub

Dal 2009

Belfast, Irlanda

Anni 3+

Gli Story Cubes sono dei generatori di storie portatili. Esistono vari set, composti da 9 dadi per un totale di 54 immagini, con cui si possono formare fino a 10 milioni di combinazioni. Tirando i dadi si generano 9 immagini casuali che saranno poi usate per inventare una storia. Esistono diversi set disponibili, i principali sono: il set classico, contiene tutti i personaggi e le situazioni per creare una storia, il set actions, con elementi di azione, e il set voyages, per dare spazio alla fantasia e a avventure fantastiche. Oltre a questi sono nati dei piccoli set composti da 3 dadi l’uno per aggiungere elementi alle collezioni originali. I set mix attualmente disponibili sono: indizi, fiabe, preistoria, intergalattica, medicina, competizione, paura, animali, miti e batman. In questi casi vengono quindi sostituiti 3 dadi dal set di partenza con quelli presenti nel mix. I set possono essere infatti sia usati da soli che combinati insieme. Esistono inoltre i set MAX, con dadi di formato più grande, realizzati per essere usati in classe, negli asili o comunque in gruppo. Oltre a essere un gioco divertente è anche educativo, infatti stimola l’immaginazione e la fantasia e aiuta i bambini a capire la logica dei racconti e a creare situazioni di causa ed effetto.

Story Cubes

83

Fig 3.7 - Story Cubes Voyages, The Creativity Hub - www.storycubes.com

84

Bruno Gibert

2008

Torino, Italia

Anni 6+

“Ma petite fabrique à histoires”, in italiano tradotto in “La mia piccola officina delle storie”, è un libro realizzato dall’illustratore francese Bruno Gilbert, e pubblicato da EDT. Composto con 4 alette orizzontali di diversi colori che compongono una serie di brevi storie preconfezionate dello stesso colore. Sulla prima eletta c’è un luogo, sulla seconda un soggetto, sulla terza un’azione e sull’ultima il complemento oggetto. Girandole si creano frasi divertenti, creative o assurde; basta cambiarne una e il senso della frase viene stravolto. 21 pagine in totale, con cui è possibile creare 19.481 storie. L’ultima pagina è stata lasciata bianca in modo da consentire al lettore di scrivere la propria storia. Ispirato a “Cento mille miliardi di poemi” di Raymond Queneau, lo scopo del libro è quello di insegnare il potere della parola e a familiarizzare con i concetti di soggetto, verbo e predicato, oltre che stimolare la fantasia, il senso dello humor e rafforzare la capacità di lettura, grazie all’uso di semplici scritte in stampatello maiuscolo di grandi dimensioni. I bambini riescono quindi a superare i rigidi schemi dei grandi, immaginando delle situazione fantastiche grazie a questo libro “magico e sempre nuovo”, tutto da vivere ed esplorare.

La mia piccola officina delle storie

85

Fig 3.8 - Versione originale del libro “Ma petite fabrique à histoires” di Bruno Gilbert - www.samuserensemble.canalblog.com

86

Nel 2013 con un crowdfunding su ulele, sostenuto da 250 persone, è nata Cuntala che poi è diventata Pariqual. Questo progetto di Barbara Imbergamo è composto da 44 carte che raccontano la parità e lo fanno con naturalezza offrendo a bambine e bambini immagini e parole che siano da spunto per inventare storie per lo più assurde e divertentissime. La loro particolarità sono i personaggi che aprono sguardi sulle tante sfaccettature del mondo proponendo figure inclusive e positive. Infatti non ci sono principi e principesse, ma bambine e bambini differenti per aspetto e colori, donne e uomini che svolgono i più disparati mestieri, sindache e sindaci, esploratrici ed esploratori, ruspisti e ruspiste, coppie omosessuali, famiglie multiculturali, e tanto di più. E, insieme a loro, frigoriferi, frullini, giraffe, elefanti; un universo di oggetti e personaggi per guardare al mondo fuori dalle cornici stereotipate, per imparare a riconoscere e a costruire una società più equa e basata sulle pari opportunità di tutte e tutti. Le regole sono semplici e permettono ai bambini e ai grandi di immaginare mondi, comprendere i molteplice aspetti della realtà e raccontare storie divertenti e fuori dal comune. Le carte sono divise in quattro gruppi, ciascuno di

Paricard

Pariqual

Dal 2013

Firenze, Italia

Anni 6+

87

un colore predefinito: personaggi (celeste), oggetti (verde), azioni (arancio), caratteristiche (lilla). Il tutto è contenuto in una scatola piccola, facile da portare in giro per poter giocare ovunque si voglia con i propri amici. Oltre alle carte normali esistono delle carte jolly, una per ogni gruppo, ovvero una carta libera con un punto interrogativo con la quale è il bambino stesso che può inventare il personaggio, oggetto desiderato. Le carte sono scritte in più lingue (Italiano, Inglese, Francese, Spagnolo e Tedesco) per insegnare lingue diverse ai bambini facendoli divertire Il progetto è stato realizzato per insegnare ai più piccoli: la diversità (le carte superano stereotipi di genere e culturali), la collaborazione (mettendo in fila le carte, si creano storie ricche e variegate), l’immaginazione (due carte possono essere unite da mille possibili intrecci), la condivisione (la storia è l’elaborazione di un’attività di gruppo), il racconto di sé e del mondo (ogni carta è un piccolo universo di significato). Oltre a questo gioco, la Imbergamo ha progettato altri giochi su questo importante tema: Wonderful families (un memory a punti con nove famiglie tutte da scoprire) e Paridù (un gioco di ritagli e calamite con due scenari di gioco: un cantiere e una cucina) . Fig 3.9 - Carte Paricard di B. Imbergato, Pariqual 2013 - www.pariqual.com

88

«LA MENTE È UNA SOLA. LA SUA CREATIVITÀ VA COLTIVATA IN

TUTTE LE DIREZIONI»

GIANNI RODARI

89

Giovanni Rodari, in arte Gianni (1920 – 1980), è stato uno scrittore, pedagogista, giornalista e poeta italiano, famoso per la sua fantasia e originalità, attraverso racconti, filastrocche e poesie, divenute in molti casi classici per ragazzi, ha contribuito a rinnovare profondamente la letteratura per ragazzi. Nei suoi lavori, ha sempre affermato, una particolare attenzione

alla formazione del pensiero del bambino, in tutti i suoi aspetti logici, fantastici e immaginativi. Egli è difatti stato un attento osservatore dei processi formativi e un suggeritore di metodologie didattiche, che puntino a salvaguardare e favorire l’immaginazione. Tutt’ora i critici riconoscono il suo contributo di “educatore”, che rinvia a sofisticate analisi sul linguaggio e sulle tecniche per stimolare la creatività dei bambini.

RODARI E I BAMBINIPer capire l’originalità e l’evoluzione dell’opera letteraria di Rodari, va considerato come egli si sia rapportato all’infanzia e abbia interpretato i suoi bisogni e i suoi problemi. Nelle sue opere si intrecciano perciò temi diversi che risultano sempre al servizio del bambino, dei suoi diritti, della sua autonomia e della sua capacità creativa; alcuni di questi temi sono la violenza, la scuola e la famiglia, i libri e gli altri strumenti di conoscenza, la televisione e i fumetti, il gioco e i giocattoli, la socialità. La sua attenzione è sempre stata rivolta all’esperienza sociale e al tempo libero, essendo lui infatti molto sensibile all’aggregazione spontanea che si riscontra

Fig 3.10 - Giovanni Rodari in classe - www.lettera43.it

3.4 Gianni Rodari

90

nei bambini. Egli chiama questa forza il “sentimento dell’infanzia”, ovvero quella linea di principio per cui non vi sono differenze di razze, di lingue, di culture, di status, di genere, quando due bambini si incontrano. Rodari opera attraverso un “sorriso pedagogico”31 che agisce come molla, motivazione. Esso scaturisce, tramite la poesia, proprio perché basato su una “complice innocenza”. Ogni filastrocca, ogni poesia, ogni fiaba, è una sorpresa, una “sbanalizzazione dell’ovvio”, operata attraverso i meccanismi dello straniamento, del rovesciamento, dell’ironia.

L’EDUCAZIONE LINGUISTICAPer Rodari la scuola deve essere in grado di sviluppare non solo la capacità di ascoltare e di ripetere, di imparare a leggere, di scrivere e far di conto, ma anche la capacità di pensare, progettare, verificare, di sbagliare e di correggere l’errore. Queste cose, il bambino le inizia a imparare nel gioco, per capire il mondo vicino, per conquistarsi un lessico e un minimo di strutture linguistiche, per inventare il linguaggio grafico-figurativo col quale rappresenta momenti della sua vita, per raccogliere una grande quantità di dati scientifici e di leggi fisiche, e per diventare altro

da sé nel gioco della finzione. Rodari contribuisce così al rinnovamento dell’educazione linguistica. Egli considera la lingua non una materia tra le altre, ma ne riconosce la forte interdisciplinarità e il potenziale di coinvolgimento del bambino nella sua complessità. Attraverso il linguaggio il bambino entra in relazione con la realtà, agisce su di essa, costruisce e modifica i propri schemi mentali.

L’IMMAGINAZIONENello sviluppo della personalità, ha quindi una particolare funzione l’immaginazione. A fronte di una didattica prescrittiva, egli valorizza il ruolo della creatività linguistica. L’uso del linguaggio quindi come uno strumento flessibile che offre molteplici possibilità combinatorie. Per costruire efficacemente il linguaggio nel bambino bisogna perciò essere in grado di legare le operazioni di verbalizzazione all’esperienza dei significati, sfruttando le tecniche che scaturiscono dalle leggi di funzionamento del linguaggio, che sono a loro volta legate alle leggi di funzionamento del pensiero. Inoltre bisogna essere capaci di guardare le parole non isolandole ma mettendole in relazione le une alle altre, in modo da far rinascere il senso del rapporto

31 Zanzotto, “Se la fantasia cavalca con la ragione”, atti del convegno di Reggio Emilia, Juvenilia, 1979.

91

profondo che dalle parole rinvia alle cose, e viceversa. E non basta: se interroghiamo con le parole le cose, queste non solo ci raccontano segreti preziosi, ma ci fanno avvertire che parole e cose contano in quanto sono in relazione con noi. Le parole difatti stanno dentro di noi, nella nostra memoria, nella memoria delle nostre esperienze vitali. Ogni parola diventa viva davvero solo se la si sente come un nodo di relazioni con altre innumerevoli parole possibili, con le cose del vasto mondo, con la propria intera personalità.

LE FIABE RODARIANEPer Rodari la fiaba appare quindi la forma più adeguata per l’infanzia per sviluppare la creatività, per la differenza dei suoi soggetti e per gli interventi fantastici in essa permessi. Fra le tecniche che egli propone le principali sono: l’insalata di favole, le favole a rovescio, le favole a ricalco, le ‘carte di Propp’, il ‘che cosa successe dopo’, la trasformazione degli elementi e dei materiali costitutivi di personaggi ,contesti, miti, la trasgressione delle leggi della fisica e della matematica, e il “binomio fantastico”. Tutte queste tecniche sono state inserite nel libro “La Grammatica della fantasia. Un’introduzione all’arte di inventare storie”. Questo è

l’unico volume dello scrittore che non è di narrativa ma che ha un contenuto teorico. In questo volume Rodari riprendere dei suoi appunti, scritti intorno agli anni ‘40, che facevano parte della raccolta del “Quaderno della fantasia”.

92

3.4.1 Le storie aperteCome visto in precedenza, a Rodari non piacevano le regole date senza motivo, ma preferiva prima testare la loro efficacia e utilità per capire se erano regole buone o no. Una delle norme con cui era più in conflitto è l’obbligo del finale in ogni narrazione. Difatti egli sosteneva l’importanza di lasciare un finale aperto in modo da lasciare libera la possibilità di immaginare e sviluppare la propria storia al lettore. Questo era per Rodari un altro metodo per allenare la fantasia e le capacità narrative nei lettori.

I TRE FINALI DI RODARIDurante la sua carriera, Rodari ha utilizzato spesso la tecnica del finale aperto. Egli infatti in alcuni suoi lavori, suggerisce tre finali per ogni storia, invitando i bambini a scegliere quello che preferiscono e facendogli motivare il perché, oppure facendogli scrivere un nuovo finale inventato da loro. Questi espedienti portano quindi alla creazione di racconti bizzarri, a volte fiabeschi, dal finale aperto, ma che hanno la capacità di far divertire i piccoli lettori e di farli ragionare. Per lo scrittore questo era un metodo per

ampliare il piacere della lettura e il senso del “costruirsi” la propria narrazione con componenti e possibilità personalizzate. Rodari raccoglie tutte questi racconti in “Tante storie per giocare”32, un libro-gioco che non ha una vera e propria componente ludica (nessuno vince o perde), ma dà la possibilità al fruitore di compiere delle scelte. Alla fine del libro, Rodari stesso commenta i vari epiloghi delle varie storie, senza però indicarne uno giusto o sbagliato. Questa raccolta ha posto le basi per la creazione dei racconti interattivi, divenuti famosi negli anni successivi.

GIOCO E RACCONTOCon i finali aperti Rodari inserisce un elemento di incertezza nelle sue storie. Questi suoi non-finali aderiscono perfettamente alla sua intenzione esplicita di coinvolgere il lettore, di farlo partecipe al gioco. Vi è quindi un’affinità tra il gioco e la narrazione senza una conclusione vera e propria perché questa mancanza porta il lettore in uno stato di tensione positiva. Questa sensazione viene provata quando, a causa dell’incertezza non si sa come il gioco o la storia

32 G. Rodari, “Tante storie per giocare”, Einaudi, Torino, 2010

93

andrà a finire. Il fruitore si trova quindi in uno stato di insicurezza, in cui viene spinto a trovare delle possibili soluzioni o risposte in maniera autonoma e quindi a sfruttare tutte le sue capacità. Leggendo le favole aperte di Rodari si entra in questa condizione proprio a causa dell’incertezza del finale che fa cadere i punti fermi del lettore tradizionale.

Fig 3.11 - “Tante storie per giocare”, G. Rodari - www.edizioniel.com

94

3.4.2 Il binomio fantasticoSecondo Rodari, giocare con le parole genera straniamento, che è la condizione per suscitare meraviglia, sorpresa, stupore, incanto, fondamentali per l’invenzione di storie. Una delle tecniche che lo scrittore ritiene quindi migliore è quella dei binomi fantastici. Essi sono alla base delle varie metodologie suggerite dall’autore “per mettere in movimento parole e immagini”.

I DUE POLIUnendo quindi due termini che non appartengono alla stessa categoria viene generato il racconto creativo: non basta, difatti, un solo polo elettrico a suscitare una scintilla, ma ce ne vogliono due perché una parola singola agisce solo quando ne incontra una seconda che la provoca, la costringe a uscire dai binari dell’abitudine e scoprire nuove capacità di significato. Una storia può quindi nascere da un “binomio fantastico”, ma per funzionare occorre una certa distanza tra le due parole, occorre che l’una sia sufficientemente estranea all’altra, e il loro accostamento risulti insolito, perché l’immaginazione

sia costretta a mettersi in moto per istituire tra loro una parentela. Le parole non sono quindi prese nel loro significato quotidiano, ma liberate dalle catene verbali di cui fanno parte quotidianamente. Devono essere estraniate e spaesate in modo che si trovino nella condizione migliore per generare una storia.

VARIE TIPOLOGIE DI BINOMIOIl procedimento più semplice per creare tra di loro un rapporto è quello di collegarle con una preposizione articolata, ottenendo così varie figure, ognuna del quale offre lo schema di una situazione fantastica. Nel caso generale questi binomi vengono costruiti attraverso l’opposizione di due nomi, ma nell’ipotesi fantastica (Cosa accadrebbe se...) si uniscono invece un nome e un verbo, un soggetto e un predicato o anche un soggetto o un attributo. Esiste anche il “prefisso fantastico” ma anche esso è un caso particolare di “binomio fantastico”, nel quale i due termini sono rappresentati dal prefisso scelto per originare nuove immagini e dalla parola usuale scelta per essere nobilitata dalla deformazione. Anche l’errore creativo,

95

ovvero un errore che, se ben considerato, può dar luogo a ogni sorta di storie comiche e istruttive, non è altro che un “binomio fantastico”. La parola sbagliata esiste solo in opposizione con quella giusta; il primo termine del binomio, infatti, dà esso stessa vita al secondo rimanendo parenti strettissime. Il significato della seconda parola può soltanto essere dedotto dal significato della prima.

Fig 3.12 - R. Olmos, “En la Pecera”. illustrazione di un binomio fantastico - www.libri.it/roger-olmos-portfolio

97

Nuovi GIOCHI per nuovi GIOCATORI

99

4Il gioco tecnologico

Ci troviamo in un periodo in cui abbiamo a disposizione più forme, più piattaforme e più generi di gioco di quanti ne siano mai esistiti. Si può giocare da soli o in compagnia; sul computer, su una console, su un dispositivo portatile o sul cellulare ma anche all’aria aperta su campi o per strada. Ci sono giochi in cui serve sfruttare la propria destrezza, forza, abilità, intelligenza o fortuna. Tuttavia, nonostante tutte queste variabili, tutti i giochi hanno in comune quattro tratti definitori: un obiettivo, delle regole, un sistema di feedback e l’atteggiamento ludico.

OBIETTIVO, REGOLE, FEEDBACK, ATTEGGIAMENTOPer obiettivo si intende lo scopo da raggiungere, l’esito verso cui tende l’attività dei giocatori, quello che gli dà un senso di finalità. Le regole impongono dei vincoli al modo in cui i giocatori possono raggiungere l’obiettivo; definiscono quello che si può o non può fare. Spingono i giocatori a esplorare possibilità

inesplorate, liberano la loro creatività e favoriscono il pensiero strategico. Descrivono quindi l’unico modo legale e consentito per arrivare alla vittoria. Il sistema di feedback rende i giocatori consapevoli di quanto siano vicini al raggiungimento dell’obiettivo. Le reazioni del sistema in tempo reale alle azione e alle scelte effettuate, forniscono la motivazione per continuare a giocare perché dimostrano che l’obiettivo può essere realmente raggiunto. L’atteggiamento ludico rende possibile la doppia chiave di lettura reale-ludica. Le azioni e le fasi di gioco sono reali ma il loro significato è un significato altro, generato dal gioco. Questa volontà di impegnarsi fa in modo che i giocatori si immergano volontariamente nello stato d’animo di chi gioca. Essi conoscono e accettano l’obiettivo, le regole e il feedback in modo da consentire l’attività del giocare. Il gioco non può essere un atto di forza perché altrimenti si starebbe solo agendo e non giocando.

100

Esistono altre caratteristiche, che Jane McGonigal32 definisce definitorie, come l’interattività, la grafica o la narrazione ma queste servono come rafforzativo o migliorativo dei quattro elementi centrali. Sono quindi degli espedienti per rendere il gioco più immersivo, accattivante e motivante. Per aumentare l’esperienza del giocatore.

IL FLUSSOPartendo da questi elementi Bernard Suits33 elabora una definizione che è considerata una delle più convincenti che sia mai stata avanzata: “Giocare a un gioco è lo sforzo volontario di superare ostacoli non necessari.”34 Questa definizione porta a una considerazione sulla realtà. Rispetto ai giochi, la vita reale è facile, per questo giocando ci confrontiamo con ostacoli volontari che ci aiutano a mettere a frutto i nostri personali punti di forza. Questo perché quando si operare ai limiti delle proprie abilità, si entra in un atteggiamento che gli esperti chiamano “flusso”35: uno stato interiore, intenso, piacevole e inebriante che ci rapisce dal mondo reale. In questa condizione non si può arrivare solo giocando, ma il gioco è una delle attività che ne facilitano l’ingresso. Quando si è

in questa fase, ci si vuole rimanere: sia smettere sia vincere sono esiti altrettanto insoddisfacenti perché in questo modo il gioco finisce.

ATTIVITÀ AUTOTELICAL’attività ludica è quindi autotelica, ovvero porta significato e genera benessere. Questo perché, come detto in precedenza, possiede un sistema di motivazioni e ricompense che consente alle persone di autoprodursi le proprie fonti di benessere, senza dover ricorrere a altri piaceri. Risulta perciò un esercizio molto importante per gli essere umani. Giocando si allena la mente (e a volte il corpo) a prendere decisioni e risolvere i problemi; non è quindi utile solo a bambini ma anche alle persone adulte. Ha inoltre una funzione di metacomunicazione perché porta con se messaggi relativi alle relazioni della società e del contesto dei diversi soggetti. Ogni cultura esprime le proprie particolarità nel gioco come le credenze, i valori e le tradizioni. Vi è quindi un’importante relazione tra l’aspetto ludico e la società.

32 Jane McGonigal (1977) è una game designer e autrice americana che sostiene l’uso della tecnologia mobile e digitale per incanalare l’atteggiamento e la collaborazione positiva nel mondo reale.33 Bernard Herbert Suits (1925-2007) è stato un filosofo e professore che ha indagato la psicologia del gioco e dei giocatori.34 Maresa Bertolo, Ilaria Mariani, “Game design. Gioco e giocare tra teoria e progetto”, Pearson, 2014, p 16.35 Ivi, p 20.

101

GIOCO E SOCIETÀQuesto rapporto ha subito un rilevante cambiamento dall’inizio del nuovo secolo. Infatti la relazione tra il gioco e la società si sta velocemente trasformando soprattutto grazie al diffondersi e all’affermarsi dei moderni sistemi di comunicazione interpersonali che hanno portato a una maggior compenetrazione tra gioco e quotidiano. L’introduzione dei devices mobili ha mutato le abitudini quotidiane degli individui, tra le quali il nostro modo di comunicare, e ha influito su come le persone si interfacciano con i giochi. Questa evoluzione prima tecnologica e poi sociale ha fatto in modo che il gioco uscisse dalle case per entrare a far parte delle giornate delle persone. Il gioco non è più visto in contrapposizione alle cose “serie e utili” come il lavorare e studiare ma è entrato a pieno titolo nella vita quotidiana delle persone. Dalle analisi effettuate da Newzoo36 sulle previsioni di mercato ludico riguardanti i diversi devices è stato infatti riscontrato un incremento del 47.6% per i tablet e il 18.8% per gli smartphone. In controtendenza invece il mercato del gioco su pc e su console tascabili.

36 https://newzoo.com/.

Fig 4.1 - Esempio di gioco per smartphone - www.androidiani.com

102

Fig 4.2 - Generazioni digitali a confronto: immigrati digitali, nativi digitali e mobile born - www.webhouseit.com

103

4.1 I mobile born“Nativi digitali37” e “mobile born38” sono due vocaboli ideati per definire le nuove generazioni di giovani e giovanissimi, che sono stati dati alla luce e sono cresciuti circondati dalle ultime novità tecnologiche: smartphone, computer, tablet etc. Questi ragazzi sono quindi nati nel mondo di oggi, dove la tecnologia e il digitale sono ormai una parte integrante della quotidianità. I loro elementi costitutivi sono gli smartphone, i tablet, i servizi on-line e internet. Quest’ultimo è il loro strumento di comunicazione principale, grazie al quale possono tenersi in costante connessione e condividere informazioni. Il virtuale diventa quindi una sorta di estensione della sfera sociale. Secondo Ferri39 difatti i nativi digitali e i mobile born hanno un approccio “open-source” e multitasking. Molti sono però gli oppositori a questa teoria di approccio condiviso perché la ritengono nemica dell’attenzione selettiva e della memoria associativa, ma Ferri sostiene che se usate in modo corretto queste modalità possono essere complementari. Per questi giovani non c’è una vera e propria differenza tra reale e virtuale: loro non utilizzano i media digitali solo

37 Termine coniato da Marc Prensky nel suo articolo “Digital Natives, Digital Immigrants”, pubblicato nel 2001.38 Termine coniato da Jeroen Lemaire durante la sua conferenza al Mobile Convention di Brussels nel 2014.39 Paolo Maria Ferri è un docente presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi Milano Bicocca.

come strumento di produttività o svago ma vivono in “simbiosi” con esso. Quindi la vita reale e quella virtuale sono un’unica cosa; ciò che fanno nell’una avrà quindi riscontri nell’altra e viceversa.

NATIVI DIGITALII “nativi digitali” sono quelle generazioni di chi è nato e cresciuto in corrispondenza con la diffusione delle nuove tecnologie informatiche. Questo termine viene dal suo corrispondente inglese “digital native”, in cui sono accostati due elementi: digital che significa relativo ai mezzi informatici, e native che significa nativo, indigeno. Negli USA viene indicata come data di partenza il 1985 ovvero l’anno di diffusione di massa del personal computer e dei primi sistemi operativi Windows. Secondo Ferri, però in Italia si inizia a parlare di nativi digitali solo alla fine degli anni novanta, quando i pc e internet sono entrati prepotentemente nella vita quotidiana. I bambini nati successivamente a questa data sono di fatto cresciuti con le nuove tecnologie digitali come i computer, internet, i cellulari, i tablet e gli MP3. Essi sono cresciuti quindi in una società

104

40 Gli immigrati digitali sono coloro che hanno imparato a utilizzare le tecnologie digitali in età adulta.

multischermo che considera le tecnologie come un elemento naturale. Questa generazione non ha dovuto perciò adattarsi a qualcosa di nuovo ma è nata perfettamente sintonizzata sugli strumenti digitali.

MOBILE BORNMa ormai i nativi digitali si sono ulteriormente evoluti e sono nati i “mobile born”, ovvero dei bambini che ancora prima di camminare e parlare, imparano a usare smartphone e tablet. Loro appartengono alla cosiddetta terza generazione digitale: quella nata tra smartphone e tablet, ADSL e internet mobile, touchscreen e app. Essi sono quindi dei nuovi nativi digitali che crescono in un contesto dove i dispositivi mobili sono sempre più utilizzati e perciò rappresentano per loro una fortissima attrazione. Questa familiarità nell’utilizzo di “schermi interattivi” ha cambiato il loro modo di apprendere, conoscere e comunicare, ma soprattutto ha modificato il loro approccio alla realtà. Infatti queste nuove generazioni imparano e ragionano usando approcci completamente diversi rispetto agli immigrati digitali40. Succede così che i piccoli imparano prima a usare i tablet e le app, piuttosto che a fare quelle azioni “normali”, come allacciarsi le scarpe o andare in

bici. Difatti una ricerca di AVG ha dimostrato che oltre il 50% dei bambini tra i 2 a i 5 anni di età sa già come giocare con un gioco per tablet di livello base, mentre solo l’11% di loro sa allacciarsi le scarpe in modo autonomo. Come dimostra questa ricerca i mobile born si avvicinano alle nuove tecnologie e a internet principalmente giocando, soprattutto con le app e i tablet. Infatti, a differenza degli smartphone, questi device hanno una schermo più grande e luminoso che riesce a attirare l’attenzione dei più piccoli e gli permette di giocare senza affaticarli eccessivamente. D’altro canto è anche molto più semplice e intuitivo rispetto a un pc, appunto già dai 18 mesi i piccoli sono in grado di capirne il funzionamento e iniziare a utilizzarli con l’aiuto di un genitore.

105

«QUESTO È IL VERO SEGNALE CHE INDICA L’ARRIVO DELLA NUOVA

GENERAZIONE DIGITALE»

JIM STEYER

106

4.1.1 Mobile born: USAOrmai nella vita di tutti i giorni sempre più persone utilizzano i servizi internet soprattutto grazie ai nuovi device che permettono di entrare in contatto ovunque ai contenuti in rete. Come già detto questo fenomeno non riguarda solo i giovani e gli adulti, bensì anche gli utenti più piccoli. Chiunque sia a contatto con i bambini, insegnanti, genitori, esperti dello sviluppo infantile è d’accordo sul fatto che i media possono avere un profondo impatto (sia positivo che negativo) sui piccoli in ambito dello sviluppo sociale, del comportamento e dell’apprendimento. L’istituto di ricerca Common Sense Media41 ha effettuato dei sondaggi rappresentativi a livello nazionale (USA) per verificare come sono ampi questi cambiamenti.

USO MEDIA MOBILI NEI BAMBINIL’indagine iniziale è stata condotta nel 2011 ma nel 2013 è stata replicata. In due anni l’accesso dei bambini ai dispositivi multimediali mobili ha avuto un incremento esponenziale; tra le famiglie con bambini di età al di sotto degli 8 anni, sono aumentate di cinque volte quelle che posseggono un tablet, dall’8% nel

2011 al 40% nel 2013. La percentuale dei bambini con accesso ai dispositivi mobili in casa è passata dal 52% al 75% in soli due anni.

La Common Sense Media ha anche rivelato che la percentuale di bambini che utilizzano questi dispositivi mobili quotidianamente è più che raddoppiata (dall’8%

41 Organizzazione no-profit americana che promuove l’istruzione e la difesa della tecnologia sicura per i bambini.

Smartphone

2013

75%52%

Uso dei media mobili tra i bambini 0-8 anni

2011

Tablet

Ipod

Any mobile device

63%41%

27%21%

40%8%

107

al 17%) e che la quantità di tempo trascorsa con essi è passata da 43 minuti nel 2011 a 1 ora e 07 minuti nel 2013. Secondo gli studiosi questo è dovuto

soprattutto all’espansivo accesso che i bambini hanno di questi nuovi prodotti. Ci sono però delle differenze rispetto alle varie fasce d’età; infatti più di un terzo (38%) di tutti i bambini sotto i 2 anni utilizza i device rispetto al 10% di due

anni fa. Tra i 2 e i 4 anni il tasso è passato dal 39% all’80% mentre quelli tra i 5 e gli 8 anni sono passati dal 52% all’83%. Principalmente in questa fascia d’età, questi dispositivi vengono utilizzato con lo scopo di giocare (63% contro il 33% del 2011), infatti la metà di loro (50%) ha già usato app mobili come giochi educativi (43%), giochi solo per il divertimento (42%) e altre app creative, come quelle per il disegno, per la musica o per modificare le foto (38%). Anche la lettura sui device mobili è aumentata dal 4% dei bambini nel 2011 al 30% nel 2013. Tuttavia, la lettura continua a essere l’attività meno comune, molto meno comune di giocare o guardare video.

MEDIA TRADIZIONALI VS NUOVI MEDIANel complesso però l’istituto ha riscontrato che i bambini sotto gli 8 anni spendono una media di 1 ora e 55 minuti al giorno utilizzato tutti i media (TV, PC, videogame e device mobili), 21 minuti in meno rispetto alla media riscontrata nel 2011. Il cambiamento tra il 2011 e il 2013 è il risultato dell’uso minore dei media tradizionali come guardare la TV (12 minuti in meno), e i DVD (9 minuti in meno), con il computer (6 minuti in meno) e con i videogames (4 minuti in meno).

Ever used

Bambini 0-8 anni che hanno usato un device

Never used

2011 2013

38%28%

62%72%

108

D’altra parte i bambini usano in media per più tempo i dispositivi mobili con smartphone e tablet ma non abbastanza da compensare la media più bassa di tempo trascorso utilizzando i “media dello schermo”. Nonostante queste tendenze, la televisione continua però a dominare il tempo d’uso per i bambini nel 2013; essa è in assoluto il mezzo con cui trascorrono la maggior parte del loro tempo.

Fig 4.3 - Bambina che gioca con un tablet - www.washingtonpost.com

109

4.1.2 Mobile born: EuropaAnche in Europa, come in America, molti ricercatori si stanno concentrando sullo studio dei vantaggi e dei rischi dell’utilizzo di internet da parte dei bambini. Ci sono però pochi studi che mappano l’aumento costante di bambini che usano Internet in Europa. Un sondaggio della commissione europea del 2006 indica come il 34% dei bambini di 6-7 anni utilizzi internet mentre l’equivalente sondaggio del 2008 dimostra che la percentuale era salita al 52%. Indagini più recenti provengono da singoli paesi dell’UE e mostrano le varie differenze tra stato e stato. Eu Kids Online42 si è occupata di raccogliere queste informazioni e creare un rapporto che potesse riunire le varie tendenze dei paesi dell’Unione Europea per avere una visione completa dei comportamento connessi a internet nei bambini europei tra gli 0-8 anni. Negli ultimi 5-6 anni anche in Europa c’è stato un notevole aumento dell’utilizzo di internet da parte dei minori sotto gli 8 anni. Questo aumento non è uniforme in tutti i paesi, ma sembra seguire gli schemi di utilizzo dei collettivi di età più avanzata; nello studio si è riscontrato che dove i bambini sono più presenti su internet, essi

sono online anche in età più giovane. Vi è quindi una tendenza emergente per i bambini molto piccoli (pre-scolari) cioè quella dell’impiego di dispositivi connessi a internet, specialmente tablet e smartphone; ciò provoca l’aumento dell’esposizione ai rischi connessi all’uso del web.

I BAMBINI E INTERNETVediamo quindi cosa i vari studi hanno riscontrato nei vari stati:

• UK: Un terzo di bambini di 3-4 anni usano un PC per andare su internet, il 6% usa un tablet e il 3% un telefono cellulare. L’87% di bambini di 5-7 anni sono noti per usare internet - un aumento dal 68% nel 2007 (Ofcom, 2012).

• Belgio: il 70% dei fiamminghi prescolare sono on-line, di solito dall’età di 3 a 4 in poi, e per lo più su base regolare di almeno diverse volte al mese (Tuewen et al, 2012, p, 1).

• Svezia: 70% da 3 a 4 anni di età si collega almeno

42 Rete di ricerca multinazionale finanziata dalla CE per il programma “Better Internet for Kids”.

110

111

qualche volta (Findahl, 2013).

• Paesi Bassi: il 78% dei bambini olandesi in età pre-scolare sono già on-line e il 5% dei bambini sotto 1 si rivolgono a Internet (Brouwer et al, 2011).

• Austria: Quasi la metà di bambini di 3-6 anni usa internet regolarmente (Jungwirth, 2013).

• Norvegia: 58% da 0-6 anni di età utilizza internet (Guðmundsdóttir e Hardersen, 2012).

USO MEDIA MOBILI NEI BAMBINIQuesti aumenti riflettono una tendenza mondiale, soprattutto nei paesi sviluppati. E sono supportati dai dati d’uso dei dispositivi touchscreen nei bambini prescolari e scolari. Infatti ormai esistono migliaia di app disponibili negli store che mirano direttamente al mercato dell’infanzia. Questa tendenza è particolarmente evidente nei paesi dove vi è un’ “alto uso” di questi device:

• Svezia: il 50% dei bambini tra i 3 e 4 anni utilizza tablet e il 25% gli smartphone (Findahl, 2013).

• Norvegia: il 23% dei bambini 0-6 anni hanno accesso a un touchscreen in casa, il 32% di

essi utilizza queste tecnologie prima dei 3 anni (Guðmundsdóttir & Hardersen, 2102).

• Germania: il 17% delle famiglie con bimbi di età compresa tra 3-7 anni e il 18% di quelle con bimbi tra i 6-11 anni hanno tablet touchscreen (Medienpädagogischer Forschungsverbund, 2012).

• UK: tra il 2011 e il 2012, l’utilizzo di un tablet è aumentato per i giovani tra i 5-7 anni (dal 2% al 11%) e per quelli tra a 8-11 anni (dal 6% al 13%) (UFCOM 2012, pag. 4).

• Paesi Bassi: un sondaggio di 575 genitori ha scoperto che i touchscreen sono molto popolari tra i bambini di 3-6 anni e che questi bambini sono in grado di gestirli da soli. (Brouwer et al, 2011).

Il risultato che si riscontra da queste ricerca (americana e europea) è che molti bambini piccoli stanno crescendo a proprio agio con i dispositivi digitali e che essi stanno diventando rapidamente gli strumenti della cultura a casa, a scuola e nella comunità.

Fig 4.4 - Neonato alle prese con un tablet - www.ipaditalia.com

112

4.2 Il gioco onlineL’utilizzo di questi nuovi dispositivi da parte di un pubblico molto giovane può avere i suoi pro e contro. Il problema è che se da un lato i device mobili possono essere utilizzati come strumenti educativi, dall’altro potrebbero causare gravi danni allo sviluppo. Quali sono quindi i vantaggi nell’avere accesso a internet in tenera età? I bambini in questa fascia di anni utilizzano internet principalmente come fonte di intrattenimento. Quelli che hanno meno di 3-4 anno lo utilizzano principalmente per guardare video clip; quando raggiungono i 3-4 anni diventano interessati anche all’uso dei giochi online. Come questi giovani bambini diventano più grandi si allarga il loro uso della connessione internet e quindi iniziano a utilizzare il web per ricercare informazioni, completare i compiti a casa e socializzare. L’impiego dei tablet aiuta quindi i bambini a sviluppare la loro alfabetizzazione digitale. Giocare, imparare, interagire e mantenere i rapporti con altri bambini e membri della famiglia attraverso l’uso di email, mondi virtuali e video conferenze li aiuta a sostenere un’interazione sociale con le altre persone. Jackie Marsh44 ha trovato che i mondi virtuali dei

bambini, in particolare, offrono interazioni online che sono spesso “giocose di natura” e “strettamente legate al gioco offline”. Nelle sue ricerca ha notato che i giochi virtuali inclusi quelli di fantasia, socio-drammatici, con rituali siano una versione virtuale dei giochi fisici offline. Anche se le interazioni dei bambini all’interno di alcuni mondi virtuali possono essere rischiose e degne di ulteriori ricerche, Marsh suggerisce che il passo successivo sarebbe quello di esaminare più da vicino l’interazione dei bambini con il gioco al fine di individuare quello che guadagnano dal loro impiego “giocoso” in questi mondi.

43 Jim Steyer è il CEO di Common Sense Media.44 Jackie Marsh è una professoressa di Scienze dell’educazione all’University of Sheffield.

113

Fig 4.5 - Bambino alle prese con un tablet - www.queveo.cl

114

Il mostro Pino è un libro animato e interattivo da sfogliare con l’iPad per bambini dai 3-6 anni, con 30 pagine illustrate e circa 100 interazioni animate, fisiche e sonore. La storia è scritta in rima e racconta di un mostro spaventa-bambini che a causa del nome troppo banale, Pino appunto, non riesce a far paura a nessuno. Pino si rivolge al famoso cugino, mostro tra i più terribili, per farsi aiutare. Nonostante le sue buone intenzioni, tuttavia, quando il cugino gli consiglia di cambiare nome per risolvere il suo problema, Pino decide che forse è meglio cambiare direttamente mestiere e approfittare del fatto che più che nel far paura lui riesce meglio nel far ridere i bambini. Ci sono due modalità di lettura, con e senza voce narrante; quest’ultima risulta calda, coinvolgente e divertente. Compreso nell’app c’è il gioco Crea il tuo Mostro dove è possibile realizzare i proprio mostri “terribilissimi” e condividerli con i propri amici su Facebook o sulla Monster Gallery online sul sito. Oltre alla gallery, sul sito è presente una sezione top 100 dove vengono pubblicati i migliori mostri realizzati, scelti da un giuria di “esperti mostrologi”. Nel 2012, hanno della sua creazione, è stato scelto per entrare nella selezione “Itunes Best App del 2012”.

Il mostro Pino

Bruscolini - Prette

Dal 2012

Ipad

Anni 3-6

115

Fig 4.6 - Schermata dell’app “Il mostro Pino” - www.ilmostropino.com

116

Lego Duplo è una gamma di app, della omonima casa danese, composta da: Animals, Trains, Circus, Food e Ice Cream. Inizialmente il loro campionario era più ampio, ma alcune di esse sono state eliminate o sostituite come a esempio Zoo, Peekaboot e Jams. Sono giochi digitali gratuiti per tablet e smartphone (sono scaricabili infatti sia su Google play che su play store) progettati per bambini prescolari dai 2-5 anni, che possono quindi iniziare a imparare a costruire con l’immaginazione nel gioco, utilizzando i famosi mattoncini colorati. Il target infatti è proprio lo stesso della linea Duplo. L’obiettivo pedagogico è l’interazione e il riconoscimento delle figure. Le capacità logiche dei piccoli saranno stimolate dalla possibilità di costruire percorsi per evitare gli ostacoli e portare l’oggetto/il personaggio a destinazione. Anche i disegni sono calibrati per i più piccoli, con colori pastello accessi, figure ben definite e rassomiglianti in tutto e per tutto ai veri mattoncini Lego Duplo. L’app per piccini, adatta soprattutto sugli schermi grandi come i tablet, da godere e sperimentare insieme ai genitori o a qualche adulto, con la possibilità di affiancare al gioco virtuale, un set di mattoncini reali, per costruire dal vero, quello che si vede sullo schermo.

Lego Duplo

Lego

Dal 2011

Tablet - Smartphone

Anni 2-5

117

Fig 4.7 - Bambini che giocano su un tablet alla app “Lego Duplo: Ice Cream - www.lego.com/en-us/duplo/apps

118

Talking Carl è un’app con cui il bambino può parlare, cantare e suonare con Carl, un blob rosso vagamente antropoformo che abita in un paesaggio assolato. Questa è un app che funziona come causa-effetto che si attiva principalmente con il suono, quello della voce, ma anche con il touch, coi fischi e con altro. Infatti puoi fargli il solletico, punzecchiarlo, dargli da mangiare e ascoltare le sue divertenti risate, i suoi bizzarri lamenti e tanto altro. Nelle ultime versioni è stato aggiunto un pulsante sullo schermo in basso a sinistra sull’erba. Premendolo, viene visualizzata una barra del tempo che ti permette di registrare un messaggio di circa 6 secondi. Questo messaggio può essere ripetuto attraverso la funzione replay, inviato tramite email o postato su Facebook. Ideale per i bambini sopra i 4 anni, soprattutto per quelli tra i 6-8 anni. Per consentire l’uso anche ai più piccoli si può impostare la modalità bambino senza bottoni in modo che non ci siano problemi mentre si gioca. Questa app ha raggiunto la prima posizione in molte classifiche Itunes.La Tayasui ha successivamente sviluppato altre app per bambini come a esempio “Drawing Carl”, “playing carl”, “Talking Gugl”, “Smack That Gugl”, “Mr Goo”, “CataGugl”, “Tangram” e “Blocks”,.

Talking Carl

Tayasui

Dal 2010

Ipad - Iphone

Anni 6-8

119

Fig 4.8 - Bambini che giocano su un tablet alla app “Lego Duplo: Ice Cream - www.talkingcarl.com

120

4.3 Il phygital Il termine phygital nasce 14 Giugno 2007, quando Chris Well, il presidente e CEO della Momentum Worldwide45, lo coniò durante la conferenza sulle tecnologie digitali promossa dall’ American Association of Advertising Agencies. Fusione di physical e digital, con esso si intende l’’interazione tra il mondo fisico-analogico e quello digitale; grazie alla convergenza di questi due mondi nascono esperienze ibride completamente nuove, dai semplici QR Code ai più sofisticati Google Glass o alle stampanti 3D. Esso comprende altri famosi fenomeni come l’Internet of Things (ioT), l’object hyperlink, l’augmented reality.

INTERNET OF THINGSNegli ultimi anni la tecnologia si sta muovendo sempre più velocemente verso piattaforme, esperienze e soluzioni phygital. Basti pensare a un qualsiasi oggetto fisico di uso quotidiano in grado di condividere i dati o essere controllato in remoto, e vengono in mente una moltitudine di prodotti. Dalle piattaforme online di grandi marchi, Nike+ ne è un esempio, alle App per smartphone o tablet fino agli oggetti che da

anni sono entrati nelle nostre case ma che adesso diventano smart, come il termostato Nest o la Polaroid Socialmatic. Tutto questi oggetti hanno trasformato il modo di interagire con il mondo circostante passando dalle cose, dalle tecnologie all’esperienza, alla vita reale. Ma questa evoluzione non è solo dal fisico al digitale ma anche dal digitale al fisico; usare quindi un canale digitale per ottenere un effetto nel mondo fisico, come succede con il BikeMI con cui si può sapere in tempo reale la collocazione delle biciclette.

I CAMPI DEL PHYGITALGli approcci phygital rientrano principalmente in tre campi:

• “Entertainment Camp” ovvero il phygital come novità e attrazione, non fornisce utilità per il cliente ma è divertente da usare (Lego’s augmented reality box).

• “Data Camp” è il cablaggio dei negozi con la rete Wi-Fi e l’introduzione di app in grado di monitorare i movimenti degli acquirenti, di spingere annunci

45 Momentum Worldwide è un’agenzia di marketing globale americana.

121

basati sulla loro localizzazione o di offrire raccomandazioni o offerte basate sullo storico dei loro acquisti. Essenzialmente un Amazon personalizzato offline.

• “Utility Camp” cerca di dare strumenti phygital utili per l’acquirente. Può servire sia al cliente che al produttore in quanto si possono ottenere informazioni su come e in che modo il consumatore viene influenzato dalla consapevolezza sociale.

Fig 4.9 - I QR code sono un esempio di esperienza phygital - www.igpdecaux.it

122

4.4 I giochi ibridiUn gioco di realtà ibrida (o gioco di realtà mista) è un gioco che si svolge sia nella realtà, che nella realtà virtuale allo stesso tempo. Secondo de Souza e Silva e Sutko, la caratteristica di tali giochi è la loro mancanza di spazio di gioco primaria; questi giochi sono giocati contemporaneamente in spazi fisici, digitali o rappresentativi (come a esempio un tavolo da gioco). Non vi è equivalenza nelle definizioni relative alla loro esistenza in realtà mista. I giochi di realtà virtuale non sono però giochi di realtà miste, perché si svolgono solo in realtà virtuale . I giochi di realtà ibride sono un sottoinsieme dei giochi pervasivi. Infatti in questi giochi l’esperienza è estesa nel mondo reale o il mondo fittizio in cui si sta giocando si fonde con il mondo fisico.

ESEMPI DI GIOCHI IBRIDIL’evoluzione verso l’ibrido ha trovato ampio successo nel campo dei videogiochi e dei giocattoli. Infatti si stanno moltiplicando negli ultimi tempi i giochi ibridi, capaci di creare un ponte tra il giocattolo tradizionale e quello digitale, tra reale e virtuale. Si tratta di prodotti che spesso sposano, come le piattaforme

Disney Infinity e Skylanders, l’idea dei characters collezionabili con quella del videogioco e, dal punto di vista commerciale, la rete di distribuzione classica con quella digitale. Nascono quindi collezioni di minifigures reali che rappresentano personaggi di film, cartoni o fumetti e vengono importate nel gioco permettendo ai personaggi di interagire nell’avventura. Di fatto i grandi marchi del settore, come Disney e Activision stanno fondendo il loro reparto giocattoli con quello dei videogiochi per creare nuove esperienze emozionanti. Oltre a quelli sopracitati sono nati tanti altri giocattoli a realtà ibrida come il Lego Fusion, I-Wow o Imaginieer; in tutti essi vi è una correlazione tra oggetti fisici e oggetti digitali. Anche se l’interazione avviene in modi ogni volta completamente diversi vi è sempre un rimando tra lo schermo e il mondo che circonda i bambini.

Fig 4.10 - Nella pagina affianco: immagine pubblicitaria per sponsorizzare Igress, un gioco persuasivo a realtà mista - www.engadget.com

123

124

Disney Infinity è un gioco di azione e avventura composto da un videogioco (rilasciato per Xbox 360, PlayStation 3, Wii, Wii U, Nintendo 3DS, PC e piattaforma mobile) e da personaggi fisici, play set e altre caratteristiche che vengono introdotte nel gioco posizionando mini-figures e dischi (dotati di un chip NFC) sulla “Infinity Base” in dotazione. Ogni playset è un mondo autonomo con un proprio gameplay, basato su un film specifico o una serie con personaggi riconoscibili e storie. I personaggi da un mondo non possono entrare in un altro mondo, ma possono essere utilizzati contemporaneamente nella modalità “scatola dei giochi”. I play set e i personaggi attualmente disponibili sono quelli basati su: Monsters University, gli Incredibili, Pirati dei Caraibi, Cars, The lone ranger, Toy Story, Nightmare before Christmas, Rapunzel, Ralph Spaccatutto, Frozen, Fantasia e Phineas e Ferb. Nel 2014 è stato lanciato “Disney Infinity 2.0” con i supereroi Marvel come Iron Man, la Vedova Nera, Thor, Spider-Man e i Guardiani della galassia. Nell’anno successivo, il 2015, è stato lanciato il capitolo successivo ovvero “Disney Infinity 3.0” con i nuovi play set e personaggi tratti da: Star Wars, Inside Out, Disney Originals, Tron, Mulan, Zootopia e Peter Pan.

Disney Infinity

Disney Interactive Studios

Dal 2013

Game console - mobile

Anni 7+

125

Fig 4.11 - La “Infinity Base” con i personaggi e i dischi del set “The lone ranger” - www.gamestorm.it

126

Skylanders sono una serie di videogiochi nati come spin-off della serie Spyro the Dragon. Come nel caso precedente il gioco prevede l’utilizzo di mini figures che interagiscono con il videogame attraverso il Portale del Potere, un dispositivo che riconosce le statuine grazie al sistema di comunicazione NFC. Gli Skylanders sono suddivisi in 10 categorie: Terra, Aria, Fuoco, Magia, Acqua, Vita, Tecnica, Non morti, Sole e Luna. Ogni statuetta memorizza i progressi effettuati, le monete accumulate nel gioco, i potenziamenti delle proprie abilità così come la paternità dei singoli personaggi e gli eventuali soprannomi che possono essere loro assegnati. L’ultimo videogioco, lanciato anche per i tablet (prima era compatibile solo con le console Sony, Nintendo e Microsoft), comprende oltre al Portale del Potere anche un piccolo controller con cui è possibile giocare; entrambi sono connessi al tablet attraverso il Bluetooth 4.0. Il Portale stesso funge anche da stand per mantenere eretto il tablet, grazie a una fessura in cui è possibile riporre il dispositivo. Nel corso degli anni sono nati vari episodi della saga , ognuno dei quali comprendeva propri personaggi, ambienti e oggetti. I titoli più famosi sono: Spyro’s Adventure (il primo), Giants, Trap Team e SuperCharges.

Skylanders

Activision

Dal 2011

Game console - mobile

Anni 7+

127

Fig 4.12 - Ragazzino che gioca con gli Skylanders: Trap Team - www.tmag.it

128

Amiibo è una serie di giochi prodotti da Nintendo utili a interagire con determinate console (Wii U e Nintendo 3DS). Nintendo ha dovuto adattarsi ai suoi concorrenti per creare un gioco che potesse rubare una parte di clientela agli Skylaneders e a Disney Infinity. Gli amiibo sono carte e statuette interattive che puoi usare con specifici giochi. Toccando il sensore NFC con un amiibo quando si sta usando il software compatibile si sbloccano nuove sorprendenti funzionalità. Ogni amiibo infatti può avere effetti diversi a seconda del gioco: sarà possibile sbloccare nuove modalità, armi o personalizzazioni del personaggio e perfino aumentare le abilità per trasformarlo in un alleato perfetto o in un formidabile avversario. Inizialmente Nintendo vendeva il lettore NFC separatamente, ma nelle ultime sue game console l’ha integrato sotto il touchscreen come nel caso del New Nintendo 3DS e del New Nintendo 3DS XL. Anche in questo caso esistono vari personaggi che sono stati suddivisi in serie. Alcune delle principali sono: Super Smash Bros., Super Mario, Splatoon, 30 ° Anniversario Mario ™, Animal Crossing, Chibi-Robo, Woolly mondo di Yoshi, Sono state anche commercializzate delle carte amiibo con il gioco Animal Crossing: Happy Home Designer per 3DS.

Amiibo

Nintendo

Dal 2014

Game console

Anni 3+

129

Fig 4.13 - Bambino che gioco con Wii U e Amiibo Super Smash Bros - www.gamesradar.com

130

Osmo è un’applicazione che consente di connettere il tablet a cinque giochi: Newton, gioco di disegno a ostacoli, Words, gioco simil-scarabeo, Tangram, Masterpiece, gioco di disegno per piccoli artisti, e Numbers, gioco di matematica. Offre la possibilità di connettere dei giocattoli reali al proprio Ipad attraverso l’uso della fotocamera. Essa consente di visualizzare in tempo reale le foto degli oggetti presenti sulla scrivania, andando a riflettere le varie azioni all’interno dello schermo. Il tutto funziona grazie al “riconoscimento ottico” e, in modo particolare, a una sofistica “Reflective AI Technology” che calcola quello che accade. Lo scopo principale dei creatori è quello di riconnettere i bambini con i giocattoli reali senza però scollegare i loro interessi tecnologici creando nuovi modi di comunicare con gli oggetti fisici. Composto da uno specchio che reindirizza la fotocamera frontale verso la superficie di gioco e una base oltre che dagli elementi che vengono usati nei tre giochi. Si può quindi giocare sia singolarmente che in gruppo, soprattutto nel gameplay Words e Numbers dove lettere di colore diverso possono essere utilizzate da due squadre differenti. Osmo ha vinto molti premi tra cui il “Teachers’ Pick 2015” e l’ “Innovative Toy of the Year 2015”.

Osmo

Playosmo

Dal 2013

Ipad

Anni 5-13

131

Fig 4.14 - Bambina che disegna con il gioco Osmo Masterpiece - www.ourkidsmom.com

132

Disney Research sta lavorando a un libro da colorare interattivo che solo apparentemente è un album da disegno con illustrazioni e spazi da riempire: dopo aver colorato l’immagine proposta, l’applicazione darà vita all’immagine sfruttando la realtà aumentata. Infatti usando una app che cattura in tempo reale la mano del bambino all’opera, qualsiasi personaggio colorato prende vita immediatamente in tre dimensioni. Basterà inquadrare il proprio capolavoro con la fotocamera di iPad e iPhone per vedere sul display l’immagine colorata e sopra di essa l’immagine tridimensionale del disegno, con i colori scelti da voi, danzare, muoversi, girarsi su se stessa proprio come un cartone animato. Per ricreare l’esatta forma del personaggio da colorare, l’app sintetizza in tempo reale la texture del disegno e ne crea una mappatura (cioè ipotizza come sarebbe la terza dimensione, la profondità), renderizzandola in modo che ciò che accade staticamente sul foglio, venga ricreato dinamicamente sul tablet che inquadra la scena. Infatti l’app è in grado di riconoscere lo stile del disegnatore e creare le parti mancanti pixel dopo pixel, raggiungendo risultati sorprendenti. Per ora, Colorbook 3D di Disney Research, è soltanto un progetto in fase di studio e realizzazione.

Colorbook 3D

Disney Research

Prototipo

Ipad - Iphone

Anni 0-99

133

Fig 4.15 - Esempio del funzionamento del libro e applicazione Colorbook 3D della Disney Research - www.arnews.it

134

Wonderblox è un concept ideato da Stui e lanciato con una campagna su Kickstarter. Ispirato ai giochi di una volta, vengono reinterpretati i famosi blocchi ABC che usavano i bambini per giocare e imparare l’alfabeto e le parole. Molto simile al gioco “Osmo” descritto precedentemente anche esso utilizza una semplice applicazione digitale e una serie di blocchi di legno. Viene fornito un set di gioco che ha uno specchio integrato per dirigere la fotocamera frontale dell’ipad sull’area di gioco, permettendo ai bambini i di posizionare i blocchi sullo schermo dell’ipad stesso. Wonderblox rileva e localizza i pezzi in tempo reale grazie alla “Reflective AI Technology” consentendo un’esperienza divertente ed educativa al bambino. Esistono tre tipologie di gioco: Once Upon a Woods, gioco di spelling, Icy Penguins, gioco di abbinamento, e Cool Frog, gioco di impilamento. Anche in questo caso lo scopo degli ideatori è quello di unire un’esperienza digitale con veri giocattoli fisici per creare un’esperienza completamente nuova in grado di unire al meglio i due mondi. La campagna su Kickstarter non è riuscita però a arrivare alla cifra stabilità per poter realizzare e commercializzare il gioco, quindi per adesso Wonderblox è rimasto solo un prototipo.

Wonderblox

Stui

Prototipo

Ipad

Anni 3+

135

Fig 4.16 - Wonderblox: tablet con app + scatola playset + blocchi - www.toynews-online.biz

136

137

I PROGETTI per bambini dei GRANDI MAESTRI

139

Giochi testati5

«Ma avendo conosciuto che per farsi grande bisognava anche studiare sulle opere dei grandi maestri46». Per questo, prima di iniziare la fase di concept, ho deciso di testare alcuni giochi dei designer studiati durante la fase di ricerca. Ho quindi selezionato gli artefatti da analizzare in modo da avere un’ampia visuale sulle tematiche inerenti al mio progetto. Perciò ho deciso di testare due giochi di Bruno Munari (“Più e meno” e “ABC con fantasia”) uno di Enzo Mari (“Le carte da disegno”) e uno di Martì Guixé (Blank Book). Questi progetti hanno un fattore in comune, ovvero trasformano il bambino che li utilizza in un fruitore attivo partecipe nella creazione delle storie. Ognuno di essi ha delle caratteristiche interessanti, utili al fine della progettazione finale del concept.

• PIÙ E MENO è un gioco composto di 72 carte componibili con diverse immagini. Lo scopo è quello di sovrapporre i disegni per creare storie

sempre diverse che scaturiscono dall’associazione dei differenti elementi.

• ABC CON FANTASIA è un gioco costituito da 26 elementi lineari e circolari che possono essere usati per comporre qualsiasi lettera dell’alfabeto, ma anche, se si vuole, altre figure di fantasia. Un modo creativo per accostarsi alla lettura e alla scrittura.

• LE CARTE DA DISEGNO sono una serie di libri-gioco formati da lunghe strisce che accennano, con appunti visivi, a racconti, sequenze, sogni, volti, viaggi, paesaggi. Il bambino può far sua ogni storia, continuando o reinventando tutto attraverso i propri disegni.

• BLANK BOOK è un “libro vuoto”, che offre infinite soluzioni possibili per essere riempito; non è un libro da leggere, ma un libro “da fare” che si concentra sull’immaginazione e la partecipazione attiva di bambini e adulti.

46 G. Amati, “Ricerche storico-critico-scientifiche sulle origini, scoperte, invenzioni e perfezionamenti fatti nelle lettere, nelle arti e nelle scienze”, Pirotta, 1828.

140

5.1 Più e meno - Munari

FOTO DEL GIOCO: DETTAGLI E UTILIZZI

Fig 5.1 - Foto del gioco “Più e meno” di Munari.

141

DIAGRAMMA DEI CONCETTI

TRASPARENZA

Sfondi trasparenti:è possibile

guardare attraverso.

Aggiungendo esottraendo le cartesi creano immagini

e storie diverse.

Varie combinazionidi strati sovrapposti,creano combinazioni

sempre nuove.

Ogni carta ha formee colori diversi.

ADDIZIONE/SOTTRAZIONE LIVELLI

COLORI EFORME

Fig 5.2 - Schema dei concetti chiave del gioco “Più e meno” di Munari.

142

SKETCH “ALLA MANIERA DI MUNARI”

Fig 5.3 - Schizzi esplicativi del gioco “Più e meno” di Munari.

143

5.2 ABC con fantasia - Munari

FOTO DEL GIOCO: DETTAGLI E UTILIZZI

Fig 5.4 - Foto del gioco “ABC con fantasia” di Munari.

144

DIAGRAMMA DEI CONCETTI

Fig 5.5 - Schema dei concetti chiave del gioco “ABC con fantasia” di Munari.

MODULI

Le lettere sonocomposte da modulibase che si ripetono.

I vari moduli compongonotutte le letteredell’alfabeto.

Il materiale morbidofavorile sensazionitattili ai bambini.

Le forme geometrichecompongo i vari

moduli.

SCRITTURA TATTO FORME

145

SKETCH “ALLA MANIERA DI MUNARI”

Fig 5.6 - Schema dei concetti chiave del gioco “ABC con fantasia” di Munari.

146

5.3 Carte da disegno - Mari

FOTO DEL GIOCO: DETTAGLI E UTILIZZI

Fig 5.7 - Foto del gioco “Carte da disegno” di Mari.

147

DIAGRAMMA DEI CONCETTI

Fig 5.8 - Schema dei concetti chiave del gioco “Carte da disegno” di Mari.

RACCONTI

Ogni bambino disegnale schede a proprio

piacimento.

Mari inserisce degliappunti visivi per

stimolare la fantasiadei bambini.

I segni presenti suifogli stimolano la

creatività.

I disegni sonoaccennati e vanno

completati daibambini.

APPUNTIVISIVI CREATIVITÀ RIEMPIRE

148

SKETCH “ALLA MANIERA DI MUNARI”

Fig 5.9 - Schema dei concetti chiave del gioco “Carte da disegno” di Mari.

149

5.4 Blank book - Guixé

FOTO DEL GIOCO: DETTAGLI E UTILIZZI

Fig 5.10 - Foto del libro-gioco “Blank book” di Guixé.

150

DIAGRAMMA DEI CONCETTI

Fig 5.11 - Schema dei concetti chiave del libro-gioco “Blank book” di Munari.

RACCONTI

Ogni bambino creale proprie storiepersonalizzate.

I fumetti vuoti vannoriempiti con dialoghi

sempre diversi.

Il lettore diventaanche lo scrittoree il disegnatore.

I libro sonorealizzati attraverso

segni semplici.

RIEMPIRE LETTOREAPPUNTI

VISIVI

151

SKETCH “ALLA MANIERA DI MUNARI”

Fig 5.12 - Schema dei concetti chiave del libro-gioco “Blank book” di Guixé.

153

Gioco IBRIDO ed EDUCATIVO per bambini

155

La pianta delle pantofole6

Come anticipato in precedenza, “La pianta delle pantofole” è un gioco-applicazione ibrido, che ha lo scopo di insegnare l’arte di raccontare ai bambini, attraverso l’uso di carte e di storie a esse collegate. Questo gioco consente quindi di far comunicare degli oggetti fisici con un dispositivo mobile come il tablet. La problematica principale è però spesso la mancanza di interazione tra il mondo virtuale e la realtà. Durante la fase di ricerca e anche una volta conclusa, mi sono quindi chiesta quale fosse il modo migliore per poter unire questi due mondi. La tecnologia può di fatto offrire moltissime possibilità, ma si rischia di progettare giochi banali, poco coinvolgenti e limitati, che non permettono molte azioni. Ho cercato quindi di individuare le potenzialità dei vari progetti e attori analizzati nei precedenti capitoli, in modo da utilizzare gli elementi vincenti di ognuno di loro. Partendo quindi dal tema del laboratorio, il design delle opzioni, ho iniziato a indagare i punti chiave su cui il concept si

46 “Design delle opzioni - Francesco Zurlo”, Novembre 2104 in Workshop sull’impresa sociale 2014 - XII edizione.

basava, come il design thinking, le teorie pedagogiche, Rodari e le nuove realtà ibride, per poter arrivare a realizzare un progetto concreto e studiato.

DESIGN DELLE OPZIONILa filosofia dei progetti che rientrano in questo campo è quella della creazione di opere aperte, dove sia possibile intervenire attivamente e mettere qualcosa di proprio. Si deve quindi avere una libertà di scelta perché le persone che hanno opzioni hanno la possibilità di poter esprimere compiutamente la loro dimensione46. Anche nel gioco “La pianta delle pantofole” si trovano quindi questi potenziali set di scelte che consentono a ogni attore di esprimere i propri pensieri e interessi. Questa opera aperta crea perciò una narrazione, in cui ogni utente/lettore partecipa attivamente alla sua costruzione. Si generano perciò storie personalizzate che possono essere condivise con gli altri in tale da trasmettere e condividere informazioni e ricevere

156

ed elaborare feedback. Il tutto grazie alle nuove tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni, che rendono possibile la condivisione di contenuti in modo veloce ed efficace. Il gioco è quindi uno dei metodi migliori per insegnare ai bambini a costruirsi storie da sé, perché da possibilità infinite per poter cambiare le cose47. Difatti il progetto di un gioco è un sistema che abilità opzioni, creatività, interpretazione e storie. Questo progetto si presenta quindi come un contenitore di storie aperte, che dà dunque la possibilità al bambino di scegliere e scoprire le varie opzioni disponibili.

GLI SPUNTI PROGETTUALILa fase di ricerca e analisi svolta sui progetti esistenti e sugli attori che hanno lavorato coi bambini mi ha aiutato a definire il percorso da intraprendere e a districarmi nelle vari idee e ipotesi. Da ognuno di loro ho infatti cercato di prendere spunto per la creazione del mio progetto.

• MUNARI: vedeva il bambino come un piccolo designer che doveva essere lasciato libero di esplorare e imparare il mondo in modo autonomo, ma con la supervisione di un adulto.

46 “Design delle opzioni - Francesco Zurlo”, Novembre 2104 in Workshop sull’impresa sociale 2014 - XII edizione.

• MARI: la sua collaborazione con la moglie l’ha portato a progettare molti wordless book, ovvero libri come racconti visivi.

• EAMES: hanno sviluppato e trasformato vari progetti di carte da gioco, per adattarli ai vari fruitori e ai differenti contesti d’uso.

• GUIXÉ: la capacità di trasformare, nei suoi libri, il bambino nello scrittore stesso e non rilegarlo al solo compito di lettore. In questo modo vi è una massima personalizzazione nelle storie che saranno sempre differenti le une dalla altre.

• PIAGET: il suo studio sugli stadi che attraversano i piccoli. Di fatto con le sue ricerche, dimostra che fino ai primi anni di scuola elementare il bimbo è incapace di raccontare storie in modo chiaro e comprensibile.

• MONTESSORI: la sua filosofia del bambino attivo che deve essere in grado di sperimentare e imparare da solo, ma anche il suo progetto dei Materiali e soprattutto quello dei materiali sensoriali da lei usato per insegnare i concetti base di ruvido- morbido etc.

157

GIOCO IBRIDO EDUCATIVO per

BAMBINI

Partecipazione attiva

L’utente può scegliere Metodo di azione creativa

Interazione tra mondo fisico-analogioco e digitale

DESIGNdelle OPZIONI

Physical + DigitalDesign Thinking

PEDAGOGIAe DESIGN PHYGITAL

CASI STUDIO

Fig 6.1 - Mappa inquadramento.

158

• STEINER: come nel caso di Piaget, egli definisce delle tappe evolutive. Nella prima che va dagli 0 ai 7 anni, i piccoli imparano delle facoltà base, tra cui quella dell’uso della parola.

• MALAGUZZI: nelle sue scuole, gli studenti vengono considerati come costruttori attivi del proprio sapere. Viene quindi incentivato l’apprendimento autonomo e autocostruttivo che è guidato dai propri interessi e non dalle decisioni degli adulti.

• RODARI: le sue tecniche per poter inventare storie in modo semplice, così che anche per un bambino fosse possibile farlo autonomamente. Il binomio fantastico è uno dei pilastri che Rodari usava per la creazione di nuove storie e racconti, mentre le storie aperte sono state un espediente da lui utilizzato per rendere il lettore maggiormente coinvolto nei suoi libri.

159

6.1 NamingL’idea di chiamare questo progetto “La pianta delle pantofole”, è nata durante la fase di ricerca. Difatti, questo appellativo è il titolo di una famosa storia inventata dallo scrittore per bambini Gianni Rodari. Questo racconto, che è stato pubblicato per la prima volta nella rubrica “La domenica dei piccoli” dell’Unità di Milano il 22 Maggio del 194948, è uno dei più famosi casi in cui l’autore ha unito l’utilizzo della tecnica del binomio fantastico con quello delle storie aperte. Egli infatti è partito dal binomio pianta e pantofole per creare questa fiaba, ma ha preferito non concluderla lui stesso ma lasciare la possibilità ai suoi lettori di inventare ognuno il proprio finale. Rodari non ha mai scritto e pubblicato un suo epilogo, ma ha anzi utilizzato questa storia più volte per stimolare la creatività dei bambini nell’inventare la loro conclusione. Questo racconto è stato in seguito spesso usato per concorsi dedicati ai bambini e alla scrittura, da varie scuole e associazioni che dallo stesso Rodari. Esistono difatti infinite chiuse all’intro inventato dallo scrittore, che si possono facilmente trovare su internet. L’idea di non creare un vero e proprio finale, ha però

48 http://www.giannirodari.it/pagine/temaconcorso.htm49 Ibidem.

portato al successo di questa storia. La stessa viene infatti spesso riproposta come tecnica per sviluppare la fantasia e la creatività, in quanto non ci sarà mai un epilogo giusto o sbagliato, ma ognuno, sia grandi che bambini, potrà scrivere il proprio.

LA PIANTA DELLE PANTOFOLEDi seguito l’incipit del racconto creato dallo scrittore Gianni Rodari, nella sua prima versione comparsa su “La domenica dei piccoli”49.

Il contadino Pietro andò un mattino nel suo frutteto con l’intenzione di cogliere delle mele. La pianta delle mele era in mezzo a un prato e, mentre le si avvicinava, Pietro vide tra le foglie delle macchie di diversi colori: blu, giallo, rosa e viola.- Diavolo - pensò - non ho mai visto delle mele azzurre, cosa sarà?

Giunto vicino alla pianta, il mistero diventò chiaro d’un tratto: tra i rami e le foglie penzolavano in bell’ordine dondolando al fresco vento, centinaia di pantofole.

160

- A chi sarà venuto in mente di attaccare tante pantofole alla mia pianta? - si domandò Pietro.

Salì sulla pianta per esaminare bene la cosa, e si accorse che le pantofole erano attaccate ai rami per mezzo di un gambo sottile, insomma che le pantofole erano cresciute sulla pianta al posto delle mele. Pietro non credeva ai propri occhi. Si pizzicò forte una gamba per sentire se era ben sveglio. Non c’era dubbio, non stava sognando.

Pietro considerò a lungo quelle strane pantofole. Ce n’erano di tutti i tipi: con il fiocco, con la fibbia, con la doppia suola, con il pelo dentro e così via. Che fare?

Fig 6.2 - Disegno di una bimba della storia “La pianta delle pantofole” -www.flickr.com

161

6.2 Il sistema prodotto/servizio/comunicazionePer la progettazione di questo gioco ibrido non ho studiato solo la realizzazione del prodotto, ma anche il sistema di comunicazione e dei servizi a esso collegati. Ho quindi pensato a un sistema accessorio di strategie comunicative per la vendita e la fruizione del “La pianta della pantofole”. Il sistema prodotto/servizio/comunicazione è quindi composto da varie parti, tutte collegate tra loro, per poter offrire ai clienti e fruitori un’esperienza d’uso del gioco-applicazione.

IL PRODOTTOIl prodotto è composto da un kit iniziale per il gioco e un regolamento. In quest’ultimo sono inserite la spiegazione del gioco, i suoi obiettivi, il materiale necessario, il funzionamento e la spiegazione dei vari elementi. Il kit è formato da sei carte, suddivise in diverse tipologie di elementi, quattro ricordini, che spiegano le categorie degli oggetti raffigurati sulle carte e una tessera NFC che permette di scaricare l’app direttamente sul tablet. Il download dell’app è possibile solo su tablet, in quanto, grazie allo schermo di cui è dotato questo genere di dispositivo, è più semplice

da usare per i bambini e garantisce un’esperienza di gioco più immersiva rispetto a altri dispositivi mobili. Considerando il fatto che i clienti acquistano già la confezione e che senza le carte contenute nella stessa risulta impossibile il suo utilizzo, ho deciso di rendere gratuito il download dell’applicazione. In questo modo il bambino potrà utilizzare lo stesso kit anche in ambienti diversi e con tablet diversi, rendendo più agevole la partecipazione di figure differenti, come genitori, parenti, insegnanti o educatori.

IL SERVIZIOCome detto in precedenza, l’acquirente compra fisicamente la confezione da gioco. Il prodotto sarà disponibile sia nei classici negozi di giocattoli che in specifici reparti dei negozi di elettronica, così da poter raggiungere il maggior numero di persone interessate al suo acquisto. Inoltre, l’app sarà presente sia su Google Play che su App Store e sarà quindi possibile utilizzarla su tablet che supportano Android o iOS come sistema operativo. Non sarà invece disponibile per il momento nel catalogo del Windows Phone Store.

162

BUY IT! CARTE ISTRUZIONI

DOWNLOAD IT!

APP

+

Fig 6.3 - Il sistema prodotto/servizio de “La pianta delle pantofole”.

163

LA STRATEGIA DI COMUNICAZIONEIl primo passo per impostare una strategia di comunicazione è stato quello di trovare uno stile e un linguaggio comune da utilizzare per tutti gli elementi grafici. In quest’ottica si è realizzato il marchio, composto da un pittogramma e da un logotipo e con lo stesso approccio sono state sviluppate le grafiche per le carte e per il packaging. Il tutto per far in modo che il risultato fosse omogeneo e armonizzato. Si è quindi proseguito con lo sviluppo della grafica dell’app, cercando di adattare il linguaggio usato per gli elementi fisici alle schermate virtuali. Successivamente, si è progettato il funzionamento dell’app e le principali schermate di visualizzazione. Inoltre, si sono sviluppati dei prototipi di storie per mostrare quale sarà lo stile grafico che verrà usato nelle illustrazioni dei racconti. Da ultimo, è stata sviluppata la parte social del gioco; si è infatti pensato di associare allo stesso un sito internet e delle pagine sui social network principali (Facebook, Pinterest, Twitter). Il sito internet sarà utilizzato per due scopi principali: fungere da tramite con Google Play e con l’App Store e soprattutto rappresentare un sito di sharing delle proprie idee, infatti da regolamento, l’utente sarà rimandato al sito

internet, tramite il tag NFC, per il download dell’app. Vi sarà inoltre presente una sezione denominata “gallery” in cui i bambini potranno caricare le loro idee e i loro disegni per possibili sviluppi futuri.

Fig 6.4 - Logo de “La pianta delle pantofole”.

164

6.3 A chi è rivolto il gioco?L’uso della tecnologia nei bambini è fortemente in crescita solo nei paesi sviluppati come America, Europa, Australia e Corea del Sud (“Zero to eight”, Eukidsonline 2013)50. L’applicazione sarà quindi fruibile principalmente a casa, nelle famiglie di ceto medio-alto, dove vi è presente un tablet con cui il giovane utente può interagire. Il contesto d’uso può essere ampliato agli asili e alle scuole che hanno già a disposizione delle dotazioni tecnologiche adatte a supportare il gioco. Si tratta quindi di luoghi frequentati da una nuova generazione digitale, cioè di bambini nati in un mondo tecnologicamente avanzato e che quindi sono in grado di affacciarsi a questi nuovi dispositivi in modo naturale.

3 -8 ANNIGli attori principalmente coinvolti sono i bambini dai 3 ai 8 anni. Si tratta quindi del periodo che va dalla scuola materna ai primi anni di scuola elementare, fase in cui i bimbi iniziano a imparare le nozioni base della lettura e della scrittura e a affinare le proprie capacità di storytelling. I bambini più piccoli (3-5 anni) useranno

il gioco principalmente insieme a un genitore o comunque un adulto, che li aiuterà a seguire la storia, a riconoscere i personaggi principali e a utilizzare al meglio il tablet e le carte. Crescendo, gli utenti (5-8 anni) potranno iniziare a utilizzare autonomamente il gioco, seguendo le storie e inventandosene di nuove a partire dalle carte che già posseggono o da carte da loro inventate. Con l’aiuto di un parente più grande potranno poi inserire questi racconti e oggetti di loro creazione nella gallery presente sul sito dedicato.

50 D. Holloway, L. Green, S. Livingstone, “Zero to eight”, EU kids online, 2013.

165

Fig 6.5 - Bambina che gioca con “La pianta delle pantofole”.

166

6.4 Funzionamento del giocoCome abbiamo detto, “La pianta delle pantofole” è un servizio: ciò che mi sono proposta di fare con questo progetto è di creare un collegamento divertente, ma anche utile, tra l’utilizzo di un dispositivo elettronico e il giocattolo. Infatti, questo sistema necessita di due tipologie di oggetti per funzionare: le carte e l’app. Per permetterne il corretto funzionamento, entrambi gli elementi devono essere presenti e avere un ruolo attivo all’interno del processo. Per poter iniziare a interagire con il servizio bisogna innanzitutto comprare il set base che contiene le carte e il regolamento. Successivamente bisogna disporre di un tablet, dove poter scaricare l’applicazione. Dopo aver installato il gioco, il bambino, in modo autonomo o con l’aiuto di un adulto, può quindi iniziare a utilizzare il sistema “La pianta delle pantofole”. Come in molti giochi online/videogiochi per piccoli, anche in questo caso ci sono varie tipologie di utilizzo, che corrispondono a diverse tecniche, studiate da Rodari, per sviluppare la creatività e lo storytelling. Come si vede nello schema nella pagina a fianco, sono due i principali metodi di utilizzo del sistema, le Storie Aperte e il Binomio Fantastico,

a cui si aggiunge un possibile utilizzo delle carte al di fuori dell’applicazione. Inoltre, dopo aver capito la logica del gioco, sarà possibile creare proprie carte e storie a esse associate e caricarle sul sito internet del gioco in una gallery dedicata.

STORIE APERTELa prima funzione disponibile nell’app è quella delle Storie Aperte. Come già detto nel capitolo dedicato (3.4.1 Le storie aperte)51,questa tipologia di racconto non prevede un finale chiuso e preimpostato, ma l’utilizzo di diversi alternativi tra cui scegliere o una sua completa assenza. Questa sezione del gioco funziona quindi in modo simile. Il bambino inizia scegliendo una carta a piacimento tra quelle presenti nel kit e avvicinandola al tablet fa cominciare la storia. a un certo punto, la narrazione si interrompe e per continuare, il piccolo lettore deve scegliere un’altra carta e farla riconoscere al dispositivo; così facendo, sarà possibile continuare il gioco. Successivamente ci sarà un’altra interruzione della storia, in cui il bambino dovrà selezionare una terza carta per poter arrivare al

51 Questo capitolo si trova a pag.92.

167

STORIEAPERTE

BINOMIOFANTASTICO

APP

CARTE

STORIA

CARTA

STORIA

Fig 6.6 - Schema del funzionamento dell’App.

168

finale. In questo modo a tutti gli effetti il lettore il vero regista della storia, avendo la possibilità di scegliere gli oggetti da “inserire” al suo interno, modificherà il racconto a suo piacimento. In questa funzione saranno necessarie quindi complessivamente 3 carte per avere una completa fruizione del sistema. Non sarà utilizzabile la stessa carta due volte nella storia, sarà invece fondamentale l’ordine di apparizione degli elementi.

BINOMIO FANTASTICOLa seconda funzione disponibile è quella del Binomio Fantastico. Anche in questo caso vi è un capitolo dedicato (3.4.2 Il binomio fantastico)52, in cui viene spiegata la filosofia che sta alla base di questa tecnica. Questa funzionalità dell’app è basata su questo principio per la creazione delle storie. Per prima cosa, il bambino decide quali saranno le 2 carte che comporranno il suo binomio di partenza e una alla volta le avvicinerà al tablet per il riconoscimento. Il tablet comincerà quindi a narrare la storia a esse collegate, la quale si svilupperà senza interruzioni fino alla fine. Anche in questo caso, al bambino sembrerà di essere l’inventore della storia poiché sarà lui a scegliere i due elementi che saranno i protagonisti del

racconto. Questa funzione necessità dunque di sole 2 carte per avere una completa fruizione del sistema. Anche in questa funzione non è possibile utilizzare la stessa carta due volte, ma a differenza della funzione delle Storie Aperte, non sarà importante l’ordine della scelta delle carte. La storia collegata a due carte sarà infatti sempre una, indipendentemente dalla sequenza con cui esse vengono lette dal tablet.

CARTE E STORIE PERSONALIInfine, c’è una terza funzione disponibile, per la quale non è però necessario l’uso del sistema vero e proprio. Infatti, dopo che il bambino avrà capito il funzionamento e la logica delle due tecniche che stanno alla base de “La pianta delle pantofole”, sarà capace di utilizzarle in modo autonomo. Il bimbo potrà quindi creare delle proprie carte personalizzate con cui inventare storie nuove e fantastiche. Questo lo aiuterà a sviluppare l’immaginazione e la creatività, insegnandogli a sfruttare al meglio la propria fantasia. Inoltre, con l’aiuto dei propri genitori, i piccoli potranno caricare le loro creazioni nel sito del gioco in una sezione dedicata e le loro carte o storie potranno essere scelte come idee per la creazione di kit d’espansione futuri.

52 Questo capitolo si trova a pag.94.

169

Fig 6.7 - Storyboard del gioco/applicazione “La pianta delle pantofole”.

STORIE APERTE

BINOMIO FANTASTICO

Scegli una carta

Scegli due carte

Avvicinala al tablet per il riconoscimento

Avvicinala la prima al tablet per il riconoscimento

Ripeti l’operazione con la seconda carta

Ad un certo punto ti verrà richiesta un’altra carta

170

6.4.1 Le carteUno degli elementi principali di questo sistema sono quindi le carte. Queste vengono vendute nel kit iniziale insieme al regolamento e compongono quindi la parte fisica del gioco. L’approccio scelto, sin dall’inizio del progetto, è stato quello di realizzare un massimo di sei carte e di pensare in futuro a espansioni. Elaborato un veloce studio di fattibilità, ho quantificato il numero di storie da realizzare in correlazione alle possibili combinazioni che si genererebbero con il numero di carte utilizzate. Sei carte garantiscono la possibilità di creare quindici racconti per la funzione del Binomio Fantastico e ben centoventi per quella delle Storie Aperte, per un totale di centotrentacinque storie. Se si ipotizzasse di aumentare le tessere gioco fino a otto, sarebbe stato necessario realizzare ventotto racconti per il Binomio Fantastico e trecentotrentasei per le Storie Aperte, per un totale di trecentosessantaquattro storie. Al fine di non avere un eccessivo quantitativo di racconti da realizzare, rischiando di finire con il compromettere la completa fruibilità della piattaforma di gioco, ho quindi optato per un minor numero di carte. Superato un certo limite l’eccessiva abbondanza

di scelta può avere l’effetto opposto; come diceva Schwartz, «avere tantissima scelta vuol dire non averne nessuna»53.

CARATTERISTICHE DELLE CARTENel processo, tutt’altro che semplice, della scelta degli oggetti da raffigurare sulle tessere, sono state definite delle caratteristiche specifiche seguendo le indicazioni fornite da grandi maestri come la Montessori o Malaguzzi. Sulla base dei loro studi si è deciso di:

• Non inserire oggetti astratti, che risulterebbero di difficile comprensione per i più piccoli.

• Utilizzare oggetti di uso quotidiano, in modo tale che i bambini possano facilmente riconoscerli e sentirsi maggiormente coinvolti.

• Utilizzare solo nomi, senza azioni o aggettivi, per rendere più semplice la rappresentazione degli oggetti e quindi la loro comprensione.

Particolare attenzione è stata attribuita anche alle dimensioni delle carte. Prendendo spunto dalle parole

53 “TEDItalia - Il paradosso della scelta - Barry Schwartz”, https://www.youtube.com/watch?v=Vax0TF9U-_Q

171

BF

SA

TOT

CARATTERISTICHE ESEMPI• No oggetti astratti• Oggetti quotidiani

• Solo nomi, no azioni o aggettivi• No carta 2 volte

• BF= Proprietà commutativa• SA= no Proprietà commutativa

1. PALLA - non viventi/fatti dall’uomo2. LUNA - non viventi/naturali

3. PASTELLO - non viventi/fatti dall’uomo4. GALLO - viventi/ animali

5. APE - viventi/animali6. MELA - viventi/vegetali

15 storie 28 storie

(6x5x4)= 120 storie (8x7x6)= 336 storie

135 storie 364 storie

6 CARTE 8 CARTE

Fig 6.8 - Schema di studio delle carte.

172

VEGETALI ANIMALI UMANI NATURALI FATTIdall’UOMO

CARTA PATINATACOLORI FREDDI

CARTA USO MANOCOLORI CALDI

ESSERIVIVENTI

ESSERINON-VIVENTI

CARTE

Fig 6.9 - Schema di suddivisione delle carte e identificazione tramite materiale, colore e simbolo.

173

e dai progetti di Munari, si è deciso di utilizzare il formato 10x10 cm poiché, secondo l’artista, era la dimensione migliore per le mani dei bambini. Egli infatti ha utilizzato questo formato nella realizzazione dei suoi Libri Illeggibili e dei Prelibri, ovvero oggetti progettati appositamente per i lettori più piccoli. Questa misura è anche ottimale per l’uso dei tablet, infatti le carte rimangono completamente all’interno del raggio d’azione anche dei device più piccoli, come a esempio l’iPad mini 2 (200x134.7 mm) o il Samsung Galaxy Tab 3 (193.4x116.4 mm).

SUDDIVISIONE DELLE CARTESono state identificate due macrocategorie in cui suddividere le carte create sia per il kit iniziale che per le possibili successive edizioni. Una delle prime distinzioni che i bambini imparano è quella tra essere viventi e essere non-viventi. Di fatto questa è la classificazione che sta alla base di qualsiasi elemento presente sulla terra e nello spazio. Ho deciso quindi di rappresentare queste due tipologie di “attori” attraverso l’uso di differenti tipi di carta per il dorso delle tessere. Per gli essere viventi ho optato per l’utilizzo di una carta “uso mano” che fosse ruvida e vellutata

al tatto con lo scopo di trasmettere sensazioni tattili come la morbidezza e la rugosità; per gli essere non-viventi, ho invece scelto una carta patinata, in modo da trasmettere percezioni quali il freddo e la liscezza. Sotto queste macrocategorie sono state identificate delle sottocategorie, che vengono identificate dal bambino tramite l’uso del colore e dei simboli. I sottogruppi identificati negli essere viventi sono vegetali, animali e umani, mentre quelli degli esseri non-viventi sono naturali e fatti dall’uomo. Per aiutare i piccoli nell’identificazione visiva dei vari elementi, oltre all’uso di simboli è stato utilizzata anche la teoria dei colori54. Per le tessere degli esseri viventi sono stati usati i colori caldi mentre per le altre i colori freddi. Fatta questa principale distinzione, gli esseri vegetali sono stati identificati col colore giallo, gli animali con l’arancione, gli umani con il rosso, i naturali con il blu e quelli fatti dall’uomo con il verde. Ho pensato a questa ulteriore suddivisione con l’intento di aiutare il bambino nell’identificazione dei vari elementi in modo tale che le sensazioni tattili della carta siano supportate e integrate attraverso la percezione visiva del colore.

54 Studio teorizzato dall pittore e scrittore svizzero Johannes Itten nel suo libro “Arte del colore” del 1961.

174

IL PROTOTIPOSi è quindi proseguito con la scelta degli elementi da rappresentare nelle carte iniziali della confezione, cercando di far sì che coprissero la maggior parte delle categorie. Gli oggetti che ho deciso di raffigurare sono: la palla, la luna, il pastello, il gallo, la mela e l’ape. Al momento non ho utilizzato il sottogruppo degli umani in quanto, essendo una categoria che può essere compresa anche in quella degli animali, ho preferito non tenerla in considerazione almeno nel kit iniziale di gioco. Le carte si compongono di tre elementi principali: il titolo, il disegno e il simbolo. Per il disegno ho cercato di utilizzare uno stile semplice ma efficace, rendendo il più chiaro possibile al fruitore di quale elemento si stesse parlando. I bimbi più piccoli non essendo ancora in grado di leggere il titolo della carta, devono comunque essere in grado di utilizzare il gioco anche solo guardando le figure disegnate. Per i simboli, che come detto servono per rappresentare l’appartenenza alle varie categorie insieme al colore, ho utilizzato la stessa tecnica e lo stesso linguaggio. Ho realizzato dei primi prototipi di carte, così da poter studiare i materiali e i colori che meglio esprimessero le varie differenze tattili e visive necessarie per le

finalità del gioco. Ho quindi testato e valutato varie grammature di cartoncino per l’anima delle tessere, differenti tipologie di carte per il dorso e diverse tonalità di colori per il fronte. A seguito di questi primi test ho optato per quei materiali e colori che esprimessero al meglio le caratteristiche necessarie. Per il prototipo finale ho utilizzato un’anima di cartoncino di 2 mm, in modo tale che le tessere risultino resistenti e quindi possano durare maggiormente, visto considerato chesaranno principalmente maneggiate da bambini. Ho inoltre deciso di utilizzare una carta ruvida a alta grammatura per il retro degli essere viventi e una carta patinata da 200 grammi per gli esseri non-viventi. Da ultimo, ho scelto i colori per il fronte delle tessere, per far risaltare immediatamente chiara l’appartenenza alle varie categorie sin dal primo sguardo.

I TAG NFCAll’interno delle carte è presente un tag NFC55 che consente l’interazione con il tablet. Questi tag sono programmati per comunicare le informazioni inerenti al soggetto della tessera e quindi per attivare le storie a esse collegate. La loro particolarità è che non necessitano di fonti di alimentazione per funzionare

55 Near Field Communication (NFC) è una tecnologia che fornisce connettività wireless bidirezionale a corto raggio (fino a un massimo di 10 cm). È stata sviluppata congiuntamente da Philips, LG, Sony e Nokia.

175

GALLO

APE

LUNAPALLA

PASTELLO MELA

Fig 6.10 - La grafica utilizzata per le carte.

176

Fig 6.11 - In questa pagina: Realizzazione del prototipo delle carte.Fig 6.12 - Nella pagina affianco: Diverse tipologie di carte per il retro delle tessere.Fig 6.13 - Nella pagina affianco: Smussatura degli angoli per il prototipo finale.

(non hanno quindi una batteria), e offrono uno spazio minimo dove è possibile scrivere un comando specifico; con il tablet che supporta NFC basterà quindi avvicinare questi tag pre-programmati per eseguire un certo tipo di azione. La maggior parte degli smartphone e dei tablet di nuova generazione

è ormai già dotata di questo chip integrato al suo interno, anche Apple, inizialmente restia a inserirlo nei suoi dispositivi, ha preso la decisione di adottarlo, integrandolo nei nuovi Iphone 6 e negli Ipad Pro, Air2 e Mini3.

177

178

Fig 6.14 - Prototipo delle carte, fronte.

179

6.4.2 L’appL’altro elemento principiale è rappresentato dall’app per tablet, che insieme alla carte descritte nel precedente paragrafo permette il funzionamento del gioco. L’app ha un’interfaccia ben definita in termini di successione di schermate e di sistema di navigazione. Il metodo di interazione con l’utente deve essere chiaro e semplice in modo che il bambino sia in grado di utilizzarla in modo autonomo. Il tablet e le carte sono quindi indispensabili e vengono posti al centro del sistema, in quanto senza l’app le tessere sarebbero inutilizzabili e viceversa. L’applicazione consente perciò la fruizione delle storie e dei contenuti a disposizione.

LA STRUTTURA DELL’INTERFACCIAInnanzitutto ho progettato l’app per essere utilizzata in orizzontale, in modo da agevolare la visione delle storie, si stesse sfogliando un libro aperto vero e proprio. La struttura dell’interfaccia è composta da una barra di navigazione posta sulla parte superiore dello schermo come elemento costante in tutte le schermate (ad esclusione della homepage). Il pulsante sulla sinistra conduce alla homepage, mentre i

pulsanti sulla destra permettono la navigazione nelle varie schermate delle storie. I contenuti principali dell’interfaccia, che occupano la parte restante dello schermo, sono invece organizzati in modo tale da offrire diverse funzioni, concentrando i movimenti e le azioni in pochi semplici gesti all’interno della stessa schermata. L’impostazione dell’interfaccia principale è stata così studiata per agevolare la velocità delle operazioni e andare incontro alle necessità dei fruitori, che, essendo principalmente dei bambini, hanno bisogno di raggiungere rapidamente e con facilità gli obiettivi.

LE SCHERMATELa prima schermata che si incontra aprendo l’app è l’homepage. Da qui, è quindi possibile scegliere quale funzione del gioco si vuole utilizzare, le Storie Aperte o il Binomio Fantastico. Non è necessario iscriversi o registrarsi per poter usare “La pianta delle pantofole”, in quanto il sistema non necessita del riconoscimento dell’utente, consentendo l’utilizzo a chiunque sia in possesso degli strumenti necessari. Da questa

180

Fig 6.15 - La schermata di homepage dell’app “La pianta delle pantofole”.

181

schermata di avvio si accede quindi alle due schermate di partenza delle storie. Nel primo caso, quello delle Storie Aperte, l’utente si troverà di fronte una schermata che invita a scegliere una carta. Come già detto, per il riconoscimento di quest’ultima, basterà avvicinarla allo schermo, in modo che il sistema possa leggere il tag NFC. Con questo semplice gesto il gioco avvierà la storia associata all’oggetto prescelto e inizierà quindi la narrazione del racconto. Dopo un circa cinque scene la storia si interrompe e sarà necessario inserire un nuovo elemento per continuare facendo divenire il fruitore dell’app, il regista della trama. Comparirà quindi una schermata semitrasparente posta sopra l’ultima scena che inviterà a scegliere un’altra carta. Questo passaggio verrà visualizzato due volte, per un totale di tre carte usate. Nella seconda funzione invece, quella del Binomio Fantastico, l’utente avrà modo di interagire solamente all’avvio della storia. Il piccolo, dopo aver selezionato la funzione corretta, si ritroverà di fronte a una schermata che lo invita a scegliere due carte. Fatto ciò, sarà quindi avviata la storia associata, la quale proseguirà fino al suo termine. Grazie alla barra di navigazione è sempre possibile tornare alla homepage e navigare all’interno della storia.

Fig 6.16 - Le schermate iniziali Storie Aperte e il Binomio Fantastico.

182

Fig 6.17 - Le schermate delle due funzioni di gioco: le Storie Aperte e il Binomio Fantastico.

183

6.4.3 Le storieL’obiettivo finale non è solo quello di raccontare delle storie ai bambini, ma soprattutto quello di insegnare loro delle tecniche efficaci per imparare lo storytelling. Le storie sono perciò un altro elemento fondamentale del gioco/applicazione. Esse scaturiscono dall’interazione tra l’app e le carte, dando l’idea al piccolo fruitore di essere lui il regista che decide la trama del racconto. Le storie sono in realtà scritte in precedenza e vengono inserite in un archivio dal quale verranno ripescate quando la sequenza di carte a loro assegnata verrà selezionata. Si tratta comunque di racconti brevi, semplici ma efficaci, per consentire anche ai bimbi più piccoli di poter facilmente seguire la trama. Tutto ciò è reso possibile grazie all’uso di un linguaggio immediato, privo però di parole e scritte, ma composto unicamente da disegni e colori. In tutte le storie vi sarà difatti un forte uso del colore, per evidenziare degli elementi fondamentali della storia.

I WORDLESS BOOK56

L’output prodotto dal progetto sono dei wordless book digitali, ovvero libri visivi in cui la storia viene

“letta” solo attraverso la successione delle tavole e la comprensione dei disegni. Ciò fa sì che le storie possano essere raccontate al bambino, arricchendole di particolari, giocando sui tanti suggerimenti che le scene rappresentate generosamente forniscono. La possibilità di costruire delle trame sempre nuove riesce a coinvolgere il piccolo ascoltatore rendendolo co-narratore e invitandolo così all’esercizio della fantasia. Alternativamente, i racconti possono anche essere “sfogliati” in autonomia tramite schermate che il bimbo, nei suoi momenti solitari e indipendenti, può ripercorrere e che, grazie alla loro semplicità, possono essere comprese, interpretate e apprezzate senza la mediazione adulta. Queste storie si fanno quindi portatrici del potere sconfinato e grandioso dell’immaginazione, del gioco e della creazione infantile.

56 Http://www.slj.com

184

Fig 6.18 - Schermate di esempio delle storie.

185

6.4.4 Il packagingIl gioco viene venduto nei negozi di giocattoli e in appositi reparti negli store di elettronica. È stato quindi necessario pensare a un package che potesse essere sia accattivante che di facile trasporto. Pertanto ho deciso di realizzare una confezione dove le carte venivano riposte una sopra l’altra in modo da mantenere le dimensione del gioco stesso e avere comunque uno spessore minimo. La dimensioni di massima finale sono difatti 20.6x20.6x2.5 cm e il risultato è perciò una scatola facilmente trasportabile sia nella fase di vendita che in quella di utilizzo. In questo modo, il bambino può facilmente utilizzare “La pianta delle pantofole” anche quando non è in casa, senza avere un eccessivo ingombro nel portare con sé il gioco.

LA GRAFICA DEL PACKAGELa confezione è formata da due elementi, una scocca interna e una esterna. La parte interna è composta da un guscio di cartoncino rigido che serve da contenitore per le carte e il regolamento. Questo guscio è aperto nella parte frontale che ha due fessure sui lati per

facilitare il bambino nell’atto di togliere e riporre le tessere nella confezione. L’estrazione delle carte dalla scatola è così facilitata e non si rischia di rovinare inavvertitamente le tessere durante la preparazione e l’utilizzo del gioco. La scocca esterna è invece realizzata con un cartoncino meno rigido per far in modo che il fruitore possa estrarre senza difficoltà la parte interna. Quest’ultima ha quindi una delle parti laterali aperte, in modo tale che sia possibile la fuoriuscita della scocca interna. A differenza dell’anima interiore, ho progettato quest’ultima con colori sgargianti e con il logo del gioco in bella evidenza così da attirare l’attenzione del compratore. È evidente come la maggior parte dei giochi per bambini abbia confezioni molto colorate, appositamente realizzate per tentare di attrarre e conquistare l’attenzione dei più piccoli. Ho quindi optato per utilizzare i colori delle carte come elemento dominante della confezione, posizionando in primo piano il logo su sfondo bianco. Sul retro del package vi è invece una foto dell’allestimento, l’età consigliata e altre indicazioni generali.

186

Fig 6.19 - Prototipo del packaging.

187

IL REGOLAMENTOAll’interno della confezione oltre alle carte è presente un regolamento. Si tratta di un semplice libretto della stessa dimensione della scatola (20x20 cm). Al suo interno ho quindi inserito una breve descrizione del gioco e delle varie tipologie di utilizzo sia in forma verbale che attraverso un semplice storyboard fotografico. In questo modo, anche i fruitori più piccoli, che non sono ancora in grado di leggere le istruzioni possono capire il funzionamento di base de “La pianta delle pantofole”. Inoltre vi è spiegato l’obiettivo del gioco, i materiali necessari e una loro breve spiegazione.

I RICORDINI E LA TESSERA NFCOltre alle carte da gioco e al regolamento, nel package si trovano quattro ricordini e una tessera NFC. I ricordini, suddivisi come le carte, spiegano le diverse categorie che sono rappresentate. Sul loro fronte infatti è presente l’icona e il nome della classe di appartenenza. Mentre sul retro una breve spiegazione descrive la macro area di appartenenza (esseri viventi e non viventi) e le sottocategoria (vegetali, animali, naturali e fatti dall’uomo. Sulla tessera NFC ho invece

posizionato un tag che rimanda all’URL del sito da cui si può scaricare l’app per tablet. Al di sopra dello sticker, una scritta invita il fruitore a avvicinare il proprio device alla carta per attivare la comunicazione tra i due. Al di sotto invece, una nota di avvertenza avvisa che è necessario possedere un tablet con il lettore NFC incorporato per poter far partire il download e utilizzare il gioco.

188

Fig 6.20 - Prototipo del regolamento, dei ricordini e della tessera NFC

189

6.4.5 Il sito internetL’ultimo artefatto progettato è stato il sito dedicato. La struttura della pagina internet è molto semplice in quanto è composta da una homepage da cui si può accedere alla gallery e alla pagina di about. Il sito serve come punto d’appoggio per reindirizzare gli acquirenti alla pagina del download e come contenitore dove è possibile fare l’upload delle proprie carte e delle storie inventate dagli utilizzatori del sistema. In tutte le pagine del sito c’è quindi un header fisso con il logo e il nome del gioco oltre ai due link a Google Play Store e all’ App Store. Mettere in evidenza i link permette, anche navigando sul sito, di collegarsi immediatamente agli store online per facilitare il lancio dell’installazione dell’app. Il corpo delle pagine che compongono il sito varia invece in base alla sezione che si sta visitando. Nel caso dell’homepage vi sono, in primo piano, le più recenti carte e storie inserite dagli utenti che si possono votare o condividere tramite i social network o la mail. Nella sezione gallery si trovano invece tutte le idee caricate dalle persone sempre disposte in ordine cronologico dalla più recente alla più vecchia. Anche da questa pagina è possibile votare e condividere le

proprie creazioni o quelle delle altre persone. Infine vi è anche una parte dedicata al caricamento dei propri lavori in cui si possono inserire i propri disegni e le proprie storie. A differenza dell’app, per poter interagire con il sito, è necessaria l’autenticazione tramite email da parte di un adulto, in modo che il sito possa sapere chi sono gli autori delle varie proposte. Nell’ultima pagina, quella di about, è inserita una breve descrizione del gioco e dell’ideatore nonché l’indirizzo internet per il supporto tecnico e le necessarie informazioni.

190

Fig 6.21 - Le pagine del sito per PC.

191

Fig 6.22 - Le pagine del sito per device mobili.

192

6.5 User testFare dei prototipi è fondamentale per vagliare il design di quello che si sta progettando, soprattutto allo scopo di effettuare veloci prove di interazione durante il processo di prototipazione. La realizzazione del prototipo mi è stata utile principalmente per esplorare alcuni aspetti grafici e di interazione del gioco. Al fine di comprendere se avevo tratto delle conclusioni corrette durante la fase di ricerca e ideazione, ho dato inizio a una breve fase di user test. Il primo è stato svolto con due bambine (Alice e Elena) e la loro mamma (Silvia) mentre il secondo con una bambina (Camilla), sua mamma (Daniela) e sua cugina (Eleonora). I soggetti individuati per il test hanno tre, sei e otto anni e frequentano la scuola materna/elementare. Il test è stato svolto a casa degli utenti, così che le persone coinvolte si sentissero in un ambiente confortevole. Inoltre, la partecipazione di un familiare ha reso le bambine più sicure facendole sentire a proprio agio.

ALICE E ELENANella fase iniziale ho dato a Alice e Elena il set de “La pianta delle pantofole” e il tablet per poter entrare in

confidenza con i vari elementi presenti. Ho spiegato loro quali erano le funzioni possibili del gioco, cosa consentivano loro di fare, e come potevano interagire con le carte e con il prototipo dell’app. Terminata la presentazione del nuovo gioco, le bambine hanno iniziato a prendere in mano le carte e a studiarle. Sono infatti sembrate colpite dalle diverse tipologie di carte utilizzate e dalle differenti sensazioni tattili che provavano toccandole. Dopodiché hanno cominciato a dividere le tessere per tipologia di carta utilizzata sul dorso e successivamente per colore. Con il mio supporto, ho avviato il prototipo dell’applicazione chiedendo a Elena e Alice di provare a utilizzarlo senza che fornissi loro ulteriori spiegazioni. Inizialmente, si sono fatte aiutare dalla loro mamma, ma in breve tempo hanno intuito il funzionamento dell’app e hanno quindi preso in mano la situazione, in quasi completa autonomia. Sono in seguito intervenuta nuovamente per mostrare loro alcuni esempi di come sarebbero state realizzate le storie, con l’obiettivo di capire se la tipologia di racconto e illustrazione potesse essere stimolante e interessante. Le due bimbe si sono

193

Fig 6.23 - Momenti di user testing con Elena e Alice.

194

divertite a dare un seguito alle scene apparse sul dispositivo con storie inventare da loro, dimostrando di apprezzare le finalità del gioco e mostrando le potenzialità dello stesso nel far emergere le idee e la fantasia delle bambine.

CAMILLACamilla è la bambina più piccola che ha partecipato al test e fa parte della fascia d’età più bassa di possibili utilizzatori. Dopo aver spiegato, sia a lei che alla mamma come utilizzare il gioco, la piccola era inizialmente intimidita ed è quindi stata aiutata nelle prime fasi. Con il genitore ha studiato le carte e i vari disegni posti su di esse, ma successivamente la sua attenzione è stata completamente incanalata nel tablet. Ha perciò incominciato a cliccare i vari tasti che apparivano sullo schermo, sembrando incuriosita nello scoprire cosa poteva accadere. Finita questa fase di studio ha quindi iniziato a utilizzare anche con le carte, scegliendole e avvicinandole allo schermo per farle interagire con il tablet. In questa parte di gioco è stato fondamentale l’aiuto della mamma che l’ha supportata, aiutandola soprattutto a capire il funzionamento della tecnologia NFC. Essendo molto piccola Camilla non

è riuscita a sfruttare appieno le possibilità del gioco, perché in difficoltà sul concentrarsi su tutti gli elementi presenti. Tuttavia, è sembrata divertita e coinvolta nell’utilizzare “La pianta delle pantofole”.

OSSERVAZIONIAnche se con un numero ridotto di utenti, questo user test è stato molto proficuo e attendibile. Mi ha infatti permesso di raccogliere una serie di informazioni che potranno essere utili per eventuali modifiche e migliorie future. Uno dei principali problemi riscontrati durante questa fase è stata la difficoltà emersa dell’utilizzo dei tag NFC, tecnologia con cui sia grandi che piccoli non sono abitualmente a contatto, evidenziando la necessità di una iniziale, seppur temporanea, fase di rodaggio nel suo utilizzo. Per comprendere appieno se l’intero gioco sia realmente efficace per le finalità prefissate dal progetto, sarebbe ovviamente necessario svilupparlo in tutte le sue parti e in seguito svolgere dei test con un maggiore numero di bambini per cercare di coprire tutte le differenti fasce di età dei possibili utilizzatori, al fine di rilevare le diverse impressioni e reazioni dei soggetti coinvolti nel test.

195

Fig 6.24 - Momenti di user testing con Camilla.

196

6.6 Scenari futuriDedico queste ultime pagine all’illustrazione di un possibile scenario di vendita e concreta realizzazione del progetto nell’ambito commerciale. Il progetto “La pianta delle pantofole” si propone come uno strumento per il racconto di storie visive associato al gioco e alla creatività. In questo kit iniziale le carte disponibili sono sei da cui si possono ricavare un numero finito di storie. Durante l’elaborazione del progetto ho quindi immaginato che si potessero realizzare successivi kit d’espansione per poter ampliare sempre più le possibili combinazioni offerte dal gioco. Questi nuovi mazzi di carte devono essere sempre associabili con quelli precedenti e bisognerà quindi essere in grado di ampliare l’app ogni qualvolta esca un nuovo kit.

STIMA DEL PREZZOConsiderando i vari elementi che compongono le carte interattive, ho approssimato una stima del costo di produzione, in relazione ai costi dei singoli elementi. Per la realizzazione di un singolo prototipo, l’acquisto del materiale necessario è approssimabile alla somma di quindici euro. In particolare, la somma

totale è dovuta al costo dei tag NFC (ho acquistato dieci tag su Amazon57 per il costo approssimativo di sei euro), dei vari tipi di carta e cartoncino utilizzato (costo totale di circa nove euro, anche se di alcuni ne ho utilizzati meno della metà). Il prezzo che inciderebbe maggiormente sul prodotto finale sarebbe quello degli abbonamenti agli store online, infatti l’abbonamento annuale a Google Play costa all’incirca ventidue euro mentre quello all’App Store è di circa ottantanove euro.

CONSIDERAZIONIOvviamente questa stima non tiene conto dei costi dei materiali acquistati all’ingrosso, sicuramente diversi rispetto a agli stessi materiali acquistati al dettaglio. Inoltre, andrebbero aggiunti i costi dovuti alla manodopera e a altri fattori collaterali alla produzione come la quantità di beni prodotti, le ore macchina-uomo lavorate e così via. La valutazione espressa è quindi una sommaria stima dei costi, ma non può sostituirsi a più dettagliata analisi che dovrebbe essere effettuata nel caso di una concreta realizzazione del progetto.

57 Https://www.amazon.it/

CONCLUSIONI

201

CONCLUSIONI7

Quando si giunge al termine di un progetto, è possibile ottenere una visione d’insieme del lavoro che è stato generato. L’intero processo che ha condotto alla soluzione conclusiva può essere analizzato sotto tutti gli aspetti in modo da trarre delle considerazioni finali.

PERCORSO PROGETTUALEIl percorso progettuale de “La pianta delle pantofole” è stato articolato e complesso. Gli aspetti innovativi che si sono cercati di trattare hanno riguardato principalmente il phygital e le sue potenzialità. Attualmente questa interazione tra mondo fisico e analogico viene molto utilizzata in ambito commerciale ma sta prendendo piede anche nel campo ludico. Per far ciò si è deciso di avvalersi della tecnologia NFC che attualmente risulta uno dei sistemi più utilizzati per lo scambio di informazioni anche in ambito economico.

Il risultato di questa interazione è quindi uno strumento utile a migliorare le competenze narrative dei bambini. Si tratta di un gioco aperto, dove l'utente può intervenire attivamente creando una sua narrazione. Un

contenitore di storie, che offre la possibilità al bambino di scegliere e scoprire le varie opzioni disponibili. Non diventa quindi un progetto che si impone bensì che "abilità" e insegna ai più piccoli a costruire le proprie soluzioni. Quindi il piccolo, quotidianamente, può giocare e potenziare le sue capacità sia narrative che creative, senza esserne totalmente cosciente. Un altro punto di forza del progetto sono le due tipologie di funzione possibile che propongono dei metodi diversi, ma entrambi molto efficaci, per lo sviluppo della fantasia e dello storytelling. Questi metodi sono stati utilizzati sia da Rodari che da molti maestri e pedagogisti per insegnare l'arte del raccontare ai propri alunni.

Nonostante le difficoltà riscontrate, ritengo che “La pianta delle pantofole” possegga delle buone potenzialità sia progettuali, che funzionali per raggiungere lo scopo prefissato. In uno scenario futuro, in seguito a un’evoluzione a fianco di specialisti, credo che possa divenire un valido strumento per l’allenamento della fantasia e della narrazione.

203

RINGRAZIAMENTI

205

IL DESIGN THINKING

• E. Annink, I. Schwartz, Bright minds, beautiful ideas. Bruno Munari, Charles & Ray Eames, Martí Guixé, Jurgen Bey, BIS, Amsterdam, 2003

• A. Branzi, Introduzione al design italiano. Una modernità incompleta, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2008• S. Casciani, Arte industriale, Gioco oggetto pensiero, Danese e la sua produzione, Arcadia edizioni,

Lissone, 1988• F. Cavallin, Creatività, pensiero creativo e metodo, Libreriauniversitaria.it, Padova, 2015• A. D’Avossa, F. Picchi, Enzo Mari, il lavoro al centro, Electa, Milano, 1999• C. Fiell, P. Fiell, Il design dalla A alla Z, Taschen, Köln, 2011• C. Frigerio, A. Cerchi, Arte e gioco. Alfabeti munariani, Erga, Genova, 2000• G. Koenig, Charles & Ray Eames. 1907-1978,1912-1988. Pionieri del modernismo della metà del XX

secolo, Taschen, Köln, 2013• E. Mari, I. Mari, L’uovo e la gallina, Babalibri, Milano, 2004• E. Mari, Lezioni di disegno. Storie di risme di carta, draghi e struzzi in cattedra, Rizzoli, Milano, 2008• E. Mari, 25 modi per piantare un chiodo. Sessant’anni di idee e progetti per difendere un sogno, Rizzoli,

Milano, 2011 • M. Meneguzzo, Mostra collettiva di Bruno Munari: Munari, ovvero la regola del gioco, Edizioni Corraini,

Mantova, 1998• A. Munari, Nello studio con Munari, Edizioni Corraini, Mantova, 2007• B. Munari, Il laboratorio per bambini a Brera, Zanichelli, Bologna, 1984• B. Munari, Il laboratorio per bambini a Faenza, Zanichelli, Bologna, 1984• B. Munari, I laboratori tattili, Zanichelli, Bologna, 1988• B. Munari, Nella nebbia di Milano, Edizioni Corraini, Mantova, 1996• B. Munari, I prelibri, Edizioni Corraini, Mantova, 2002• B. Munari, Fantasia, Laterza, Bari, 2009

BIBLIOGRAFIA

206

• R. Pedio, Enzo Mari designer, Edizioni Dedalo, Bari, 1980• B. Restelli, Giocare con il tatto. Per una educazione plurisensoriale secondo il metodo Bruno Munari,

FrancoAngeli, Milano, 2002• L. Rubino, Ray & Charles Eames. Il collettivo della fantasia, Edizioni Kappa, Roma, 1981

ARTICOLI• B. Munari, Experimental project of a laboratory for children at the Brera Art Gallery in Milan, in Museum,

Vol XXXI, n° 3, 1979• R. Riccini, Culture per l’insegnamento del design, in AIS/Design Storia e Ricerche, n° 1, Marzo 2013

TESI DI LAUREA MAGISTRALE• M. Carcano, Cyloexpó. Espositore per MishiDesign CYLO, Tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano,

Corso di laurea in Design del prodotto, A.A. 2010-2011• E. Pasotti, Tutti a tavola. Allestire il museo della scienza e della tecnica Leonardo Da Vinci per expo 2015,

Tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, Corso di laurea in interior design, A.A. 2013-2014• G. Poli, AAAB. All around a book, Tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, Corso di laurea in Design

della comunicazione, A.A. 2013-2014• S. Stocco, Me la gioco. Il gioco tra tecnologia e sperimentazione per i bambini di oggi, Tesi di laurea

magistrale, Politecnico di Milano, Corso di laurea in design del prodotto per l’innovazione, A.A. 2013-2014

SITI• Http://www.brunomunari.it/index2.htm, consultazione 11 Gennaio 2016• A. Gnoli, Enzo Mari: “Non ho voluto seguire i sogni né mi sono mai sentito un artista”, http://www.

repubblica.it/cultura/2015/09/07/news/enzo_mari_non_ho_voluto_seguire_i_sogni_ne_mi_sono_mai_sentito_un_artista_-122375033/, pubblicazione 07 Settembre 2015, consultazione 12 Gennaio 2016

• Il metodo di Enzo Mari, http://www.domusweb.it/it/dall-archivio/2012/08/11/il-metodo-di-enzo-mari.html, revisione 11 gennaio 2012, pubblicazione in Domus 458 nel febbraio 1968, consultazione 12 Gennaio 2016

• G. Mirandola, Il linguaggio visuale di Iela Mari, http://www.doppiozero.com/materiali/babau/il-linguaggio-visuale-di-iela-mari, pubblicazione 07 Febbraio 2014 , consultazione 12 Gennaio 2016

• Http://www.eamesoffice.com/, consultazione 13 Gennaio 2016• P. Priolo, Martí Guixé. Interview. Back to the future #18, http://www.klatmagazine.com/design/marti-guixe-

interview-back-to-the-future-18/9065, pubblicazione 31 Maggio 2013, consultazione 18 Gennaio 2016 • ‘Brilliantly simple and curiously serious’: Martí Guixé©, http://www.treehugger.com/sustainable-product-

design/a-brilliantly-simple-and-curiously-seriousatm-marta-guixa.html, pubblicazione 18 Aprile 2005, consultazione 21 Gennaio 2016

VIDEO• B. Munari, Fantasia, 1992 alla università di Venezia, visionato 7 Gennaio 2016

207

TEORIE PEDAGOGICHE

• AA. VV., Io ero l’albero (tu il cavallo), Guardaldi Editore, Rimini, 1972• A. E. Berti, A. S. Bombi, Corso di psicologia dello sviluppo, Il Mulino, Bologna, 2008• F. Cambi, Storia della Pedagogia, Laterza, Bari, 1995• G. Ceppi, M. Zini, Bambini, spazi, relazioni. Metaprogetto di ambiente per l’infanzia, Reggio Children,

Reggio Emilia, 1998• G. Cives, Maria Montessori: pedagogista complessa, ETS, Pisa, 2001• L. D’Isa, Psicologia generale, evolutiva e sociale, Hoepli, 2009• H.G. Furth, Piaget per gli insegnanti, Giunti Barbera, Firenze, 1980• E. Gattico, Jean Piaget, Bruno Mondadori, Milano, 2001• B. Gleeson, N. Sipe, Creating child friendly cities: reinstating kids in the city, New York, Routledge, 2006• A. Klingborg, Educare alla libertà: la pedagogia di Rudolf Steiner nelle scuole Waldorf, Filadelfia, Milano,

2007• A. Mathisen, Come sviluppare tutti i talenti del bambino, Red, Como, 2003• M. Montessori, Educare alla libertà, Mondadori, Milano, 2008• J. Piaget, La nascita dell’intelligenza nel bambino, La nuova Italia, Scandicci, 2000• J. Piaget, La rappresentazione del mondo nel fanciullo, Bollati Boringhieri, Torino, 2013• C. Tornar, La pedagogia di Maria Montessori tra teoria e azione, FrancoAngeli, Milano, 2007

ARTICOLI• AA. VV., Maria Montessori. Un design per la pedagogia, in Progetto Grafico, n° 14/15, Giugno 2009• R. Steiner, L’arte dell’educazione sulla base di un vera conoscenza dell’uomo, in Opera Omnia, n.308,

1974

TESI DI LAUREA MAGISTRALE• E. Colombo, L’architettura nell’infanzia: studio dell’interazione tra modelli pedagogici e progettazione

degli spazi, Tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, Corso di laurea in architettura, A.A. 2012-2013• D. Galli, Ruoli in gioco. Il progettista riflessivo, il bambino come committente e la partecipazione, Tesi di

laurea magistrale, Politecnico di Milano, Corso di laurea in design di interni, A.A. 2010-2011

• Bruno Munari: Gioco e tecnica - parte prima. Lezioni di design, http://www.raiscuola.rai.it/articoli/bruno-munari-gioco-e-tecnica-parte-prima-lezioni-di-design/7097/default.aspx, visionato 11 Gennaio 2016

• D. Eames, La genialità del design di Charles + Ray Eames, http://www.ted.com/talks/the_design_genius_of_charles_and_ray_eames?language=it#t-679352 , febbraio 2007 a TED2007, visionato 19 Gennaio 2016

208

• A. Longhi, A. Lucca, G. Scaccabarozzi, Progetto per un museo del bambino e del giocattolo ai giardini della Guastalla, Tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, Corso di laurea in architettura, A.A. 2012-2013

• S. Stocco, Me la gioco. Il gioco tra tecnologia e sperimentazione per i bambini di oggi, Tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, Corso di laurea in design del prodotto per l’innovazione, A.A. 2013-2014

SITI• Http://www.montessoridesign.it/, consultazione 27 Gennaio 2016• Http://www.montessori-world.it/, consultazione 27 Gennaio 2016• Http://www.educazionewaldorf.it/home/, consultazione 28 Gennaio 2016• Http://www.rudolfsteiner.it/scuola/index.php, consultazione 29 Gennaio 2016• Http://www.reggiochildren.it/, consultazione 29 Gennaio 2016• Https://zerosei.comune.re.it/, consultazione 29 Gennaio 2016

VIDEO• “La Casa dei Bambini” di Maria Montessori, http://www.raiscuola.rai.it/articoli/la-casa-dei-bambini-di-

maria-montessori/3894/default.aspx, visionato il 28 Gennaio 2016

LA NARRAZIONE

• E. Becchi, Manuale della scuola del bambino dai tre ai sei anni, FrancoAngeli, Milano, 2004• A. Bondioli, D. Savio, Osservare il gioco di finzione, edizioni Junior, Bergamo, 1994• F. Cambi, Rodari pedagogista, Editori Riuniti, Roma, 1990• M. Fattori, Creatività ed educazione, Laterza, Bari, 1968• P. Macchione, Storia del giovane Rodari, Macchione, Varese, 2013• A. Pagnin, S. Vergine, Il pensiero creativo, La Nuova Italia, Firenze, 1980• G. Pizzi, L’arte fantastica di Gianni Rodari, Laurenziana, Napoli, 1984• G. Rodari, Grammatica della fantasia, Piccola Biblioteca Einaudi n° 221, Bologna, 1973• G. Rodari, I libri della fantasia, Einaudi, Torino, 2009• G. Rodari, Tante storie per giocare, Einaudi, Torino, 2010• G. Rodari, Il libro degli errori, RCS MediaGroup, Milano, 2015• L.S.Vygotsky, Pensiero e linguaggio, Laterza, Bari, 1990

TESI DI LAUREA MAGISTRALE• B. Ruggeri, Viaggio attraverso l’azione, la percezione e l’ideazione creativa, Tesi di laurea magistrale,

Politecnico di Milano, Corso di laurea specialistica in design degli interni, A.A. 2011-2012

209

IL GIOCO TECNOLOGICO

• M. Bertolo, I. Mariani, Game design. Gioco e giocare tra teoria e progetto, Pearson, Milano, 2014• A. de Souza e Silva, D. M. Sutko, Digital Cityscapes: Merging Digital and Urban Playspaces, Peter Lang

Publishing Inc, 2009• P. Ferri, Nativi Digitali, Mondadori, Milano, 2011• J. McGonigal, La realtà in gioco, Apogeo, Milano, 2011• M. Prensky, La mente aumentata: dai nativi digitali alla saggezza digitale, Erickson, Trento, 2013

ARTICOLI• AA. VV., Zero to eight, Common sense media, 2013• D. Holloway, L. Green, S. Livingstone, Zero to eight, EU kids online, 2013• G. Mascheroni, K. Olafsson, Net children go mobile,Initial findings report, 2014

TESI DI LAUREA MAGISTRALE• B. Liporace, Duty Free Play+. Sistema modulare per educare alle relazioni, Tesi di laurea magistrale,

Politecnico di Milano, Corso di laurea magistrale in prodotto industriale, A.A. 2010-2011

SITI• Promuovere la creatività infantile, http://www.pedagogia.it/index.php?p=articles&o=view&article_id=152,

pubblicazione Maggio 2015, consultazione 3 Febbraio 2016• E. Six, Giochi di narrazione, https://giochintavola.wordpress.com/2012/11/28/giochi-di-narrazione/,

pubblicazione 28 Novembre 2012, consultazione 4 Febbraio 2016• Http://www.kcfg.it/gioco.html, consultazione 4 Febbraio 2016• Http://www.milimbo.com/, consultazione 5 Febbraio 2016• Https://www.storycubes.com/, consultazione 5 Febbraio 2016• Http://www.oliphante.it/giochi/Rorys-Story-Cubes, consultazione 5 Febbraio 2016• Http://www.edt.it/libri/la-mia-piccola-officina-delle-storie/, consultazione 9 Febbraio 2016• Http://www.etoiles-editions.com/collection/ma-petite-fabrique-a-histoires, consultazione 9 Febbraio 2016• Https://it.ulule.com/cuntala/, consultazione 9 Febbraio 2016• Http://www.pariqual.com/giochi/paricard/, consultazione 9 Febbraio 2016• G. Cavinato, Il sorriso pedagogico di Gianni Rodari, http://www.comprensivofalconecopertino.it/reteveliero/

doc/2011/giancarlo%20cavinato.pdf, consultazione 11 Febbraio 2016

210

SITI• Http://marcprensky.com/, consultazione 16 Febbraio 2016• V. Mortara, Nativi digitali e mobile born: generazioni a confronto, http://www.undigital.it/nativi-digitali-mobile-

born/, pubblicazione 02 Luglio 2015, consultazione 16 Febbraio 2016• Http://www.mobileconventionbrussels.be/news/mobile-born-new-generation, consultazione 16 Febbraio 2016• Http://www.swebagency.it/mobile-born/, consultazione 16 Febbraio 2016• Https://www.commonsensemedia.org/, consultazione 18 Febbraio 2016• Http://www.lse.ac.uk/media@lse/Home.aspx, consultazione 18 Febbraio 2016• Http://netchildrengomobile.eu/, consultazione 18 Febbraio 2016• Http://www.ilmostropino.com/it/, consultazione 22 Febbraio 2016• Http://www.lego.com/it-it/duplo/apps, consultazione 22 Febbraio 2016• Http://tayasui.com/tayasui/talkingcarl.html, consultazione 22 Febbraio 2016• Http://tayasui.com/, consultazione 22 Febbraio 2016• G. Laurita, Phygital e retail, https://giulianalaurita.com/2013/12/03/phygital-e-retail-capitolo-1-introduzione/,

pubblicazione Dicembre 2013, consultazione 23 Febbraio 2016• R. Ellis, Let’s Get Phygital: How Content Can Help Blend Physical and Digital Worlds, http://www.

thismoment.com/content-marketing-blog/phygital-content/, pubblicazione Novembre 2014, consultazione 23 Febbraio 2016

• R. Ferrari, Vi presento il Phygital: sta cambiando tutto, anche i soldi, pubblicazione Ottobre 2013, consultazione 23 Febbraio 2016

• E. Tsekleves, The enduring appeal of analogue in a digital world, pubblicazione Gennaio 2015, consultazione 23 Febbraio 2016

• Https://en.wikipedia.org/wiki/Mixed_reality_game, consultazione 23 Febbraio 2016• Https://infinity.disney.com/it/, consultazione 23 Febbraio 2016• Https://www.skylanders.com/it, consultazione 23 Febbraio 2016• Https://www.nintendo.it/amiibo-/amiibo-892173.html, consultazione 23 Febbraio 2016• Https://www.playosmo.com/, consultazione 23 Febbraio 2016• L’album da colorare per creare personaggi 3D, http://www.wired.it/mobile/app/2015/10/07/album-disney-

personaggi-3d/, pubblicazione Ottobre 2015, consultazione 23 Febbraio 2016• Stui, Wonderblox: iPad Meets Toy Blocks, https://www.kickstarter.com/projects/1248351423/wonderblox-

ipad-meets-blocks, pubblicazione Giugno 2014, consultazione 23 Febbraio 2016

VIDEO• Mixed Reality Games, http://www.sciencechannel.com/tv-shows/pop-scis-future-of/videos/popscis-future-

of-mixed-reality-games/, visionato il 23 Febbraio 2016

211

GIOCHI TESTATI

• G. Amati, Ricerche storico-critico-scientifiche sulle origini, scoperte, invenzioni e perfezionamenti fatti nelle lettere, nelle arti e nelle scienze, Pirotta, 1828

• M. Guixè, Blank book, Edizioni Corraini, Mantova, 2007• E. Mari, Carte da disegno 4: sogni e altre cose, Edizioni Corraini, Mantova, 2001• B. Munari, ABC con fantasia, Edizioni Corraini, Mantova, 2011• B Munari, G. Belgrano, Più e meno, Edizioni Corraini, Mantova, 2015

SITI• Http://www.corraini.com/it/home, consultazione 27 Febbraio 2016

LA PIANTA DELLE PANTOFOLE

• E. Mari, Progetto e Passione, Bollati Boringhieri , Milano, 2001• M. A. Motetta, C, Gargano, Fiabe d’api, Edizioni Montaonda, San Godenzo, 2014• R. Verganti, Design Driven Innovation, Etas, Milano, 2009• G. Vitale, Design di sistema per le istituzioni culturali, Zanichelli, 2013• F. Zurlo, Le strategie del design. Disegnare il valore oltre il prodotto, Libraccio, Milano, 2012

ARTICOLI• D. B. Ford, Show But Don’t Tell: Must-Have Wordless Picture Books, http://www.slj.com/2015/01/collection

-development/jlg-booktalks/show-but-dont-tell-must-have-wordless-books/, pubblicazione Gennaio 2015, consultazione 20 Marzo 2015

SITI• Http://www.slideshare.net/IrisNetwork/design-delle-opzioni, consultazione 02 Marzo 2016• Http://www.chimerarevo.com/android/tag-nfc-cosa-sono-guida-189441/, consultazione 18 Marzo 2016

VIDEO• Il design delle opzioni - Francesco Zurlo, https://www.youtube.com/watch?v=NHRhbo5ylV4, Novembre

2104 in Workshop sull’impresa sociale 2014 - XII edizione, visionato il 02 Marzo 2016• TEDItalia - Il paradosso della scelta - Barry Schwartz, https://www.youtube.com/watch?v=Vax0TF9U-_Q,

Maggio 2012, visionato il 18 Marzo 2016

212

Grafico delle fasi del design thinking - Stanford Center of Longevity, www.ongevity3.stanford.edu/Bruno Munari nel suo studio, Milano, 1988 - www.artribune.comI Prelibri di Bruno Munari, Danese 1980 - www.corraini.com/Scimmietta Zizì, 1952 - www.zizitrips.wordpress.com/Laboratorio munariano - Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, www.beniculturali.itPresentazione dei laboratori munariani di Beba Restelli - www.laboratoriobebarestelli.itEnzo Mari nello showroom Driade, Milano - www.domusweb.it16 animali di Enzo Mari, Danese 1957 - www.klatmagazine.comIela ed Enzo Mari, “L’uovo e la gallina”, Babalibri, Milano, 2004 - www.babalibri.itRay e Charles Eames IN studio - “Charles & Ray Eames”, TaschenThe Toy di Charles and Ray Eames, Sears 1951 -www.it.pinterest.comHouse of card di Charles and Ray Eames, Herman Miller 1952Plywood Elephant di Charles and Ray Eames, Vita 1945Martí Guixé - www.plateselector.comFace to Face Book Martí Guixé, Corraini Edizioni 2014 - www.designboom.comJean Piaget - www.edsonurubatan.com.brJean Piaget osserva una classe - www.gettyimages.itMaria Montessori circondata da bambini - www.ilpost.itInterno di una “Casa dei Bambini” negli anni ‘70 - www.uppa.itAlcuni esempi dei Materiali didattici creati da Maria Montessori - www.lemamme.itBambino che usa il “Gioco della scacchiera” montessoriano - www.montessorischoolathome.blogspot.itRudolf Steiner - Universitetet I Bergen, www.uib.no/Scuola steineriana in Nuova Zelanda - www.tera.school.nzLoris Malaguzzi in classe - www.lorismalaguzzi.comAlunne di una scuola concepita con il Reggio Emilia Approach - Partnership for 21st century learning, www.p21.org

1.1

1.2

1.3

1.4

1.5

1.6

1.7

1.8

1.9

1.10

1.11

1.12

1.13

1.14

1.15

2.1

2.2

2.3

2.4

2.5

2.6

2.7

2.8

2.9

2.10

12

15

17

19

20

23

25

27

29

31

33

34

35

37

39

45

47

49

51

53

54

57

58

61

62

INDICE DELLE IMMAGINI

213

Esempio dell’arredamento di una classe concepita con il Reggio Emilia Approach - www.pinterest.com“The grandfather tells a story”, A. Anker, ca. 1884I social network sono diventati i nuovi sistemi di narrazioneBambino che cerca di raccontare un aneddoto che gli è accaduto al suo papà - www.shutterstock.comI giochi del dottore, del veterinario o della casalinga sono tra i più comuni giochi di finzione nei bambini - www.playdoughtoplato.com/Rodari con alcuni dei suoi libri - www.giannirodari.itRivisitazione della favola di Cappuccetto Rosso di Milimbo - www.milimbo.comStory Cubes Voyages, The Creativity Hub - www.storycubes.comVersione originale del libro “Ma petite fabrique à histoires” di Bruno Gilbert - www.samuserensemble.canalblog.comCarte Paricard di B. Imbergato, Pariqual 2013 - www.pariqual.comGiovanni Rodari in classe - www.lettera43.it“Tante storie per giocare”, G. Rodari - www.edizioniel.comR. Olmos, “En la Pecera”. illustrazione di un binomio fantastico - www.libri.it/roger-olmos-portfolioEsempio di gioco per smartphone - www.androidiani.comGenerazioni digitali a confronto: immigrati digitali, nativi digitali e mobile born - www.webhouseit.comBambina che gioca con un tablet - www.washingtonpost.comNeonato alle prese con un tablet - www.ipaditalia.comBambino alle prese con un tablet - www.queveo.clSchermata dell’app “Il mostro Pino” - www.ilmostropino.comBambini che giocano su un tablet alla app “Lego Duplo: Ice Cream - www.lego.com/en-us/duplo/appsBambini che giocano su un tablet alla app “Lego Duplo: Ice Cream - www.talkingcarl.comI QR code sono un esempio di esperienza phygital - www.igpdecaux.itImmagine pubblicitaria per sponsorizzare Igress, un gioco persuasivo a realtà mista - www.engadget.comLa “Infinity Base” con i personaggi e i dischi del set “The lone ranger” - www.gamestorm.itRagazzino che gioca con gli Skylanders: Trap Team - www.tmag.itBambino che gioco con Wii U e Amiibo Super Smash Bros - www.gamesradar.comBambina che disegna con il gioco Osmo Masterpiece - www.ourkidsmom.comFig 4.15 - Esempio del funzionamento del libro e applicazione Colorbook 3D della Disney Research - www.arnews.itWonderblox: tablet con app + scatola playset + blocchi - www.toynews-online.bizFoto del gioco “Più e meno” di MunariSchema dei concetti chiave del gioco “Più e meno” di MunariSchizzi esplicativi del gioco “Più e meno” di Munari

2.11

3.1

3.2

3.3

3.4

3.5

3.6

3.7

3.8

3.9

3.10

3.11

3.12

4.1

4.2

4.3

4.4

4.5

4.6

4.7

4.8

4.9

4.10

4.11

4.12

4.13

4.14

4.15

4.16

5.1

5.2

5.3

65

69

71

72

75

78

81

83

85

87

89

93

95

101

102

108

110

113

115

117

119

121

123

125

127

129

131

133

135

140

141

142

214

Foto del gioco “ABC con fantasia” di MunariSchema dei concetti chiave del gioco “ABC con fantasia” di MunariSchizzi esplicativi del gioco “ABC con fantasia” di MunariFoto del gioco “Carte da disegno” di MariSchema dei concetti chiave del gioco “Carte da disegno” di MariSchizzi esplicativi del gioco “Carte da disegno” di MariFoto del libro-gioco “Blank book” di GuixéSchema dei concetti chiave del libo-gioco “Blank book” di GuixèSchizzi esplicativi del libo-gioco “Blank book” di GuixéMappa inquadramentoDisegno di una bimba della storia “La pianta delle pantofole” - www.flickr.comIl sistema prodotto/servizio de “La pianta delle pantofole”Logo de “La pianta delle pantofole”Bambina che gioca con “La pianta delle pantofole”Schema del funzionamento dell’AppStoryboard del gioco/applicazione “La pianta delle pantofole”Schema di studio delle carteSchema di suddivisione delle carte e identificazione tramite materiale, colore e simboloLa grafica utilizzata per le carteRealizzazione del prototipo delle carteDiverse tipologie di carte per il retro delle tessereSmussatura degli angoli per il prototipo finalePrototipo delle carte, fronteLa schermata di homepage dell’app “La pianta delle pantofole”Le schermate iniziali Storie Aperte e il Binomio FantasticoLe schermate delle due funzioni di gioco: le Storie Aperte e il Binomio FantasticoSchermate di esempio delle storiePrototipo del packagingPrototipo del regolamento, dei ricordini e della tessera NFCLe pagine del sito per PCLe pagine del sito per device mobiliMomenti di user testing con Elena e AliceMomenti di user testing con Camilla

5.4

5.5

5.6

5.7

5.8

5.9

5.10

5.11

5.12

6.1

6.2

6.3

6.4

6.5

6.6

6.7

6.8

6.9

6.10

6.11

6.12

6.13

6.14

6.15

6.16

6.17

6.18

6.19

6.20

6.21

6.22

6.23

6.24

143

144

145

146

147

148

149

150

151

157

160

162

163

165

167

169

171

172

175

176

177

177

178

180

181

182

184

186

188

190

191

193

195