Giardino paesaggistico in Veneto e in Friuli. · monografia sull’argomento “Giardini del Friuli...

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[20 giugno 2012] Giardino paesaggistico in Veneto e in Friuli. Diffusione e fortuna di un modello nei secoli XIX e XX. Amici in Giardino

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[20 giugno 2012]

Giardino paesaggistico in Veneto e in Friuli. Diffusione e fortuna di un modello nei secoli XIX e XX.

Amici in Giardino

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Amici in Giardino

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Giardino paesaggistico in Veneto e in

Friuli.

Diffusione e fortuna di un modello nei secoli XIX e XX.

Il tradizionale incontro mensile, trentottesimo della serie, si è svolto all’auditorio del Meeting

Point di Palmanova con una rilevante partecipazione di soci convenuti il 20 giugno del 2012 per

assistere alla conferenza tenuta dalla professoressa Francesca Venuto.

Il socio Alberto, ringraziando la relatrice per il suo intervento, ha letto un breve curriculum di

presentazione:

La professoressa Venuto è storica dell’arte e insegna questa disciplina al Liceo Classico “J.Stellini”

di Udine. Ha studiato in particolar modo i giardini friulani di cui è autrice della prima

monografia sull’argomento “Giardini del Friuli Venezia Giulia. Arte e storia, Pordenone 1991”.

Ha partecipato a convegni e seminari sulla storia e tutela dei giardini e del paesaggio e

pubblicato studi in tale ambito, oltre che su alcuni aspetti dell’architettura friulana, giuliana e

veneta, con attenzione particolare al rapporto tra committenti, opere promosse e territorio (La

villa di Passariano. Dimora e destino dei nobili Manin, Passariano, 2001; Agricoltura e villa nelle

campagne friulane. Possidenti, operatori e sperimentazioni colturali dall’età veneta

all’annessione al Regno d’Italia, Torino 2004).

E’ stata docente di Storia dei giardini e Architettura del Paesaggio presso le Università di Venezia

Ca’ Foscari, Trieste e Udine. Dal 2002 collabora all’Atlante del Barocco in Italia, diretto da

Marcello Fagiolo, promosso dall’Accademia dei Lincei.

Ha redatto la sezione del Friuli-Venezia Giulia per l’Atlante del Giardino italiano 1750-1940, a

cura di Vincenzo Cazzato, promosso dall’Ufficio Studi del Ministero per i beni e le attività

culturali, edito dal Poligrafico dello Stato (2009).

Dal gennaio 2010 è Presidente dell’Associazione Udinese Amici dei Musei e dell’Arte.

Premessa.

La relatrice informa che di norma lei si occupa di più di storia e d’arte, ma nell’ambito di questo

incontro ha pensato al tema del giardino paesaggistico perché è uno dei modelli più amati e anche più ripresi

e imitati nella creazione di nuovi giardini, magari perché sembra un modello più facile da applicare rispetto a

quello formale dei giardini storici o di una certa tradizione.

In realtà i due modelli convivono e sono complementari nel corso della storia. Infatti, le radici del giardino

paesaggistico sono molto distanti nel tempo; persino nelle civiltà più antiche si trovano confronti fra i due

modelli.

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Se nel mondo egizio trionfava il giardino regolare e geometrico, nel mondo della Persia o in Mesopotamia

prevaleva il parco di tipo naturalistico, dove tra le piante erano inseriti serragli di animali.

Anche a Roma erano diffusi modelli di giardini di diversa ispirazione se nelle ville imperiali, come i giardini

perduti della Domus Aurea di Nerone, l’elemento formale e regolare prevaleva accanto alla residenza più in là

gli elementi naturali subito si allargavano in grandi distese, molto varie e complesse, per occupare colli con

altimetrie disuguali rappresentavano null’altro che i prodromi del giardino paesaggistico che continuò a

evolversi e trionfare nel contorno verde di villa Adriana a Tivoli.

Già quindi nell’antichità si rincorrono e si ripetono riferimenti strutturali discordi per il giardino che per il

momento tralasciamo per soffermarci a esaminare l’origine della concezione attuale del giardino

paesaggistico denominato all’inglese.

Per capire la nascita di questo fenomeno ci avvaliamo di una panca dipinta del settecento esistente in un

palazzo di Udine. La panca è riccamente decorata con un’impostazione formale di disegni rococò secondo la

moda del tempo con incorniciature di roccaglie e conchiglie tutt’attorno, mentre nella parte centrale è

rappresentata, con gusto spontaneo e naturalistico, una specie di fontana con alti spruzzi d’acqua. Questo

particolare del disegno mostra tutta la sua valenza paesaggistica che si discosta dal gusto tradizionale

artefatto e rigido del giardino rinascimentale segnato da linee orizzontali regolari e formato da assi ben

precisi che però tuttavia sempre quella tradizione non rinuncia di inserire una zona del “salvatico” quale

alternativa alla regolarità; il piacere si doveva alternare e abbinare attorno all’ordine e alla razionalità, tanto

caro ai canoni della cultura rinascimentale, ma anche capaci di dare spazio a un viaggio apparentemente più

spontaneo e più naturale.

Landscape garden.

L’inizio - XVIII secolo. La nascita vera e propria del giardino paesaggistico avviene in Inghilterra e si attribuisce alla

costruzione della Chiswik House sulle sponde del Tamigi che era la residenza di Lord Burlington, un

famoso aristocratico inglese che ebbe la fortuna di viaggiare molto in Italia e di vedere le belle dimore

italiane, apprezzando in particolar modo le ville palladiane e che cercò di ricreare nel suo paese quel rapporto

tra paesaggio e natura che tanto aveva ammirato in Italia. E’ l’idea della residenza immersa in un giardino

che diventa pian piano paesaggio spontaneo. Ci vorrà naturalmente molto tempo e una lunga evoluzione per

arrivare a questo effetto ma il principio era iniziato per trovarsi immersi in una natura non tutta regolata e in

controtendenza ai modelli allora vigenti. All’epoca in Europa trionfava il modello della Francia del Re Sole e

quindi i giardini di Versailles erano tutto ordine, regolarità, simmetria, compartimenti regolamentati.

Il giardino inglese nasceva proprio come replica a questi modelli, reazioni che trovavano origine dalla politica

per rimuovere anche nel giardino questa impronta assolutistica che si desiderava scalzare. In questo giardino

la natura è trattata in maniera tale da creare gradualmente una progressiva immersione della villa. Tuttavia

da questi modelli si ricava l’impressione che essi derivino, come in effetti, da memorie, riferimenti e dipinti

perché è molto importante ispirarsi anche ad altre forme d’arte che non sono solo quello del trattamento

della natura, ma derivati dalla pittura, dai paesaggisti francesi del seicento persino dalla letteratura quindi le

varianti convergono in questa specie di opera d’arte totale che diventerà nel tempo il giardino stesso.

Nella costruzione sono palesi le ascendenze palladiane e scamozziane e accanto a quest’oggetto perfetto

dell’architettura c’è una natura che da formale vicino alla residenza si trasforma in una disposizione sempre

più casuale disegnata dall’architetto scenografo William Kent che è il primo progettista di questo tipo di

giardini.

Kent era stato in Italia con Lord Burlington condividendone gli interessi e le ispirazioni e insieme diventano i

promotori e gli apripista di queste nuove tecniche.

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Negli scorci interessanti del giardino di Chiswik si può notare un

minuscolo tempietto, una specie di modellino inserito nell’ambiente un po’

come facevano i pittori che richiamavano i paesaggi classici nelle tele

seicentesche. Davanti al tempietto una sorta di peschiera con al centro un

obelisco che s’innalza creando un’impressione di ordine e di regolarità; la

linearità della costruzione progettata dall’uomo in contrasto con la natura

apparentemente libera e spontanea.

La planimetria dei giardini si modifica lentamente, le linee rette sono sostituite con sentieri a serpentina, la

linea sinuosa, detta della bellezza, sostituisce le crociate creando percorsi più variati che provocavano

sorprese o facevano notare scorci piacevoli insospettabili.

Così questo discorso si amplia nelle dimensioni, nella scala, nelle architetture che erano introdotte

arricchendo il giardino inglese di tempietti che si specchiavano nelle acque di laghetti artificiali, nei ponti di

matrice palladiana e delle altre costruzioni derivate dal grande amore per il Palladio che proprio in questa

epoca piaceva soprattutto a una parte dell’ aristocrazia, quella dei Whigs, che in alternativa ai Tories volevano

supportare la monarchia parlamentare inglese e che si opponevano ai conservatori vecchia maniera

dell’Ancien Régime precedente.

Il giardino paesaggistico maturo. Negli anni di partenza del movimento attorno al 1730 i giardini erano inizialmente piccoli e tali

rimasero fino alla metà del secolo, ma subito dopo la moda prosegue per affermare un giardino che non più

definito di tipo arcadico come quello iniziale, viene ad avere un più ampio respiro a scala territoriale, come

rileva il nome stesso Landscape Garden. Un giardino quindi ampio da percorrersi e visitare girando per i

sentieri sinuosi attorno ai bordi dei laghetti, con prati e boschetti che non permettevano di far vedere il

giardino nel suo complesso ma percorrerlo cogliendo l’effetto di varietà, che era l’elemento importante della

visione del giardino stesso fatto a scene quasi pittoriche. La natura diventa sempre più ampia e meno

ordinata. Gli alberi sono radunati a gruppi e non più secondo precise direttive assiali; si scelgono gli alberi

autoctoni piuttosto che quelli della tradizione sempre verdi.

Ogni particolare del giardino è studiato come una gigantesca scenografia e bene ne rappresenta questo effetto

il famoso Giardino di Stowe che ebbe una fortuna immensa fin dall’origine per le vedute contenenti

elementi architettonici con rappresentazioni ricche di

contenuti simbolici come il Memorial delle glorie

britanniche che, entro le nicchie, celebrava i busti di

personaggi illustri, esponenti del pensiero libertario inglese

personaggi che costituivano dei punti di riferimento etici e

politici per questi proprietari.

Il punto importante di tutti questi giardini, di tutta questa

parte decorativa è che non nasce solo dal gusto estetico

svincolato dal significato, ma sorge da un concetto molto

profondo e spesso rileva le scelte politiche ed etiche del

singolo committente.

Questo giardino di Stowe è senz’altro un passo avanti, perché è molto articolato ed esteso, gli elementi sono

distribuiti con grande varietà e da subito divenne meta di visitatori che ne apprezzavano gli effetti

spettacolari e fantastici che facevano riferimento alla classicità con un impressionante suggestione

d’inserimento della storia nella natura.

Accanto agli elementi classici e palladiani verso la fine del settecento iniziarono ad apparire altri elementi di

gusto neogotico, contribuendo a formare la base di quell’ecclettismo che tanto trionferà alla fine del

settecento e per tutto l’ottocento.

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Con le immagini grandiose anche a livello di dimensioni spettacolari nasce il vero e proprio giardino

paesaggio che si sviluppa nel settecento maturo insieme a questa maturazione e rivoluzione verde che

coinvolge da prima degli aristocratici in numero limitato di persone poi, con l’estensione di questo gusto,

finirà col coinvolgere altre classi sociali e soprattutto la borghesia.

Un artefice di questa rivoluzione verde è stato Lancelot Brown considerato il primo autore a dare una

struttura compositiva al paesaggio nel senso che egli interviene sulla natura non aggiustandola come faceva

Kent, ma progettandola, sfruttando le potenzialità (capabilities) delle proprietà dei suoi clienti, al punto da

guadagnarsi il nomignolo di Capability Brown. Un esempio del suo metodo di lavoro consiste, ad esempio,

nel indicare come modificare un fiume per renderlo più interessante realizzando una lingua di vegetazione,

magari costruendo un’isoletta, attuando le radure e gli spazi aperti. Tutta l’Inghilterra viene ripensata di

nuovo e ridisegnata. E’ infatti, una delle poche nazioni che può vantare il giardino come paesaggio.

Appartiene a Bridgeman un noto elemento del paesaggio chiamato

Ha-ha. Nome onomatopeico che deriva dal suono di stupore che i

viaggiatori emettevano alla vista di tali fossati. Gli Ha-ha sono

appunto fossati che suddividono paesaggi differenti tra loro come ad

esempio una villa da un prato per pascolo e che impedisce agli animali

di avvicinarsi sotto casa, ma nello stesso tempo non sono un ostacolo

visivo al paesaggio.

Humphrey Repton ci ha lasciato opere e scritti raccolti nei Red Books in cui esponeva i suoi progetti e le

fasi di lavoro allegando i famosi schizzi acquerellati con le fasi del prima e dopo progetto. Una specie ante

litteram degli effetti speciali realizzati inserendo una velina fra lo stato in essere prima dei lavori e il risultato

finale dopo l’esecuzione degli stessi. Altre rappresentazioni d’effetto erano disegni tridimensionali che con

ritagli e piegature del foglio facevano emergere un elemento del disegno creando un effetto spaziale.

Fase prima del progetto. Fase dopo del progetto.

Pensando al giardino inglese si ha la sensazione che questa moda si sia sviluppata in maniera rapida e totale,

invece tutto si è svolto un po’ per gradi, spesso risentendo delle mode del tempo o restando influenzati dalle

culture orientali con le quali l’espansionismo imperiale di questi secoli viene a contatto, portando assieme

alle enormi ricchezze nuove conoscenze di prodotti e di piante. Così si fa largo nel diciottesimo secolo una

moda esotica che introduce nei giardini riferimenti cinesi inserendo pagode, torri orientali e ponticelli di

legno contribuendo all’ecclettismo dei giardini.

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Il giardino inglese in Europa. Il giardino inglese ha affascinato l’Europa intera conquistando la Francia e i diversi stati della

Germania.

Un esempio in Francia lo vediamo nella realizzazione del parco del marchese René-Louis de Girardin a

Ermenonville nella campagna a nord di Parigi che ospitò il filosofo Jean-Jacques Rousseau e che qui fu

addirittura seppellito nell'isola dei Pioppi in mezzo allo stagno del parco, diventando meta di tanti suoi

seguaci. Un altro elemento di questo tipo di giardino è il rimando alla memoria, alla fine dell’esistenza, il

richiamo a personaggi del passato e quindi luogo di posa per tombe, cippi, obelischi come riferimento

all’antico e i temi legati alla morte sono frequenti soprattutto nel continente.

Anche in Italia si fa sentire l’influenza di questi giardini. Il primo esempio ci viene dalla Reggia di Caserta,

dove a fianco del preesistente giardino tradizionale, è commissionato dai Borboni a John Andrea Graefer

un nuovo giardino all’inglese di gusto paesaggistico. Come si vede dal dipinto di Jakob Philipp Hackert,

che riprende alcuni scorci di questo giardino con la sua parte

di sfondo effettiva e cioè il Vesuvio che diventa così in

qualche modo parte della composizione del giardino.

Ecco il giardino teatro con le fontane, i giochi d’acqua, gli

antri; giardino paesaggio con le finte rovine per richiamare la

storia, il declino.

Influenze nel Veneto. Ci vuole molto tempo per arrivare alla diffusione del giardino come paesaggio nel Veneto, nonostante

i contribuiti decisivi in termini culturali e artistici dati da questa regione all’Inghilterra, questi stessi

tardarono a tornare indietro.

Nel Veneto si era ancora legati alla tradizione di tipo formale e i giardini che adornavano le ville palladiane, le

residenze erano piuttosto regolari per tutto il settecento. Un esempio è quello della villa Farsetti a Santa

Maria di Sala nel padovano.

La villa esiste tuttora ma oggi rimane solo la parte nord dell’impianto originale, mentre il grande parco con i

numerosi giardini all’italiana, il labirinto e l’orto botanico sono andati perduti.

Si parlò molto di questo giardino perché aveva molti resti e riferimenti alla cultura antica romana e classica,

diventando un prototipo del giardino museo, che cominciava a farsi strada in questo periodo, trovava qui una

delle prime applicazioni realizzate in maniera intermedia e soprattutto fatte da un punto di vista culturale.

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Un altro nobile veneziano Angelo Querini aveva realizzato una villa con giardini ad Altichiero; nulla più

resta dei giardini e della villa che sorgevano su un'ansa del Brenta, pochi chilometri a nord di Padova.

Era un complesso che alternava le parti regolari con altre un po’ variate da linee sinuose e tutto sempre

ornate da cippi, busti e da rovine che erano una parte essenziale per la composizione del giardino associato

all’idea dell’antico.

Sempre facendo riferimento a queste esperienze, merita ricordare le realizzazioni del nobile veneziano

Alvise Mocenigo. Esponente di spicco sotto la Repubblica di Venezia, dopo varie traversie particolari e

politiche, sotto la dominazione francese acquisì un importante ruolo.

Aveva ricevuto dalla famiglia un grande possesso denominato “La Molinat” presso Fossalta di Portogruaro e

qui creò la sua città ideale cui assegnò il nome Alvisopoli.

Era una città autosufficiente costruita secondo la tradizione veneta di villa-azienda con edifici a uso

residenziale e industriale (barchesse, risiera, fornace, mulino) cui aggiunse edifici per le attività culturali con

la celebre tipografia. Dietro la residenza allestì un grande parco, uno dei primi all’inglese, realizzato secondo i

nuovi schemi e in ciò supportato anche dalla moglie Lucia Memmo, figlia di Andrea Memmo, altro grande

provveditore di Padova, promotore del celebre Prato della Valle.

Il giardino ha subito molte trasformazioni e oggi è stato salvato come oasi naturalistica gestita dal WWF

perdendo quelle caratteristiche che lo contraddistinguevano. L’idea iniziale era quella di una trasformazione

di una porzione del paesaggio e l’introduzione di specie esotiche con lo scavo di canali, la creazione di una

serie di movimenti d’acqua e la realizzazione di un laghetto centrale, mentre con il materiale di riporto si

sono realizzate tre aree sopraelevate. Oggi rimangono pochi relitti di quelle che erano le antiche piante volute

dai Mocenigo che andavano ad acquistarle anche a Milano o frequentando giardini naturalistici come quelli

dei nobili Cusani, e collezionarono rarità botaniche di grande interesse come testimonia la superstite Rosa di

Mocenigo.

Questo gusto d’immersione nella natura era presente fin dal settecento nell’area soprattutto con riferimento

alla zona del pordenonese fino alla provincia di Venezia e al Veneto orientale, come possiamo vedere nella

villa di Gasparo Gozzi a Visinale di Pasiano in provincia di Pordenone che anticipa questo gusto

naturalistico.

Per trovare un altro giardino d’autore bisogna spostarsi seguendo sempre questo percorso cronologico,

quindi primi dell’ottocento, a Villa Vicentina con la Villa Elisa dove dimorò per pochi anni Elisa Bonaparte

Baciocchi, sorella di Napoleone, che a Charles Sambucy, oltre al restauro della sua residenza estiva,

commissionò anche lo splendido parco punteggiato di reperti lapidei romani, secondo la moda del tempo,

prelevati e trasportati da Aquileia.

Sempre del periodo napoleonico, il marchese Cintio Frangipane, che nella sua residenza di Castel

Porpetto, dopo il ritiro dalle incombenze pubbliche che aveva svolto presso il viceré Eugenio a Milano,

Monza, fa costruire un complesso detto “La quiete”, che rivoluziona il comprensorio e crea delle tipiche

dimore dette all’epoca “ fattorie ornate” ovvero dimore con un contorno paesaggistico, anche se erano

abbastanza semplificate rispetto alla ricercatezza dei parchi inglesi.

Questo personaggio si era ispirato alla villa reale di Monza con il suo parco all’inglese e ai primi testi che

furono pubblicati sull’argomento, in particolare il primo trattato di Ercole Silva “Dell’arte dei giardini

inglesi”.

Il gusto paesaggistico cominciò a diffondersi da prima nei dibattiti a carattere letterario, come il cenacolo di

Lavinia Florio Dragoni e le intense corrispondenze di questa donna con l’abbate Melchiorre Cesarotti,

padovano che aveva realizzato un giardino all’inglese. Un altro trattato del medesimo argomento, che fu un

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importante cimelio del neoclasssicismo di Udine, fu “Teoria del giardino pittoresco” del 1830 di Quirico

Viviani, pubblicato in una famosa edizione del Vitruvio udinese.

Nell’ottocento avanzato s’impone un personaggio molto singolare sulla scena veneta Giuseppe Jappelli. Fu

un grande inventore e promotore di

Giardini. Sua è la Torre Giacomini-

Romiti in un giardino a Padova.

Ricordiamo un’altra opera molto

celebrata all’epoca a Saonara,

cittadella di Vigodarzere, fece

realizzare diversi elementi fra cui la

cosiddetta Grotta dei Templari con

l’interno arricchito da statue

gigantesche come quella del gigante

Bafometto e da stalattiti. Fu chiamato

il romanziere dei giardini per il suo spirito inventivo; fu persino richiesto a

Roma per il giardino Torlonia, dove eseguì tantissimi allestimenti.

Suo è il progetto del giardino della famiglia Treves de’ Bonfili; il parco s’ispira al modello di giardino

romantico all’inglese, caratterizzato da un intreccio di vialetti e percorsi sinuosi. Jappelli realizzò una

struttura irregolare nella quale accostò elementi di diverso gusto: un tempietto greco, una tribunetta in pietra

di Nanto e una pagoda cinese tenendo sempre dei riferimenti propri esistenti nel luogo come le cupole del

Santo, il campanile per farli diventare parte della composizione.

Questa inserzione di modelli neogotici viene a popolare tanti giardini da

questo momento in poi in tutto il Veneto appunto seguendo gli schemi

jappelliani.

Il giardino di Villa Belvedere a Mirano si distingue proprio per la

presenza della torre. Non poteva quindi mancare in un giardino romantico un

elemento che si riferisse al gusto gotico.

Qualcosa di simile Jappelli aveva realizzato anche nella Bassa Friulana

a Precenicco. Purtroppo questo giardino è stato trascurato tanto che oggi si

sono perse le tracce di questa conformazione, restando solo il

ricordo di antiche stampe e litografie dell’epoca dove sullo sfondo delle

alberature si scorgono le anse del fiume Stella. I resti della torre, distrutta

nella prima guerra mondiale, sono l’unico segno rimasto nel territorio.

I giardini paesaggistici e romantici in Friuli.

La scuola jappelliana però non è andata dispersa in Friuli e oggi può essere ancora ammirata nel

Parco di Fraforeano. Il parco è annesso alla settecentesca Villa de Kechler de Asarta e rappresenta

uno splendido esempio di stile romanico, tipico nei giardini dell’ottocento, dove il dialogo fra le specie

vegetali e gli inserti dell’acqua è certamente d’influenza jappelliana.

Un altro giardino rivolto a questo nuovo gusto è creato attorno 1830 dietro la Villa Piccoli-Brazzà a

Martinengo in Soleschiano. Il parco è progettato secondo i dettami estetici diffusi alla fine del XVIII secolo da

Ascanio Savorgnan di Brazzà figlio di Giulia Piccoli, contessa veneta, sposata al Conte di Brazzà. Ascanio

vissuto a Roma fu allievo del Canova e fu un progettista e scultore; suoi sono alcuni lacerti su basamenti

romani visibili nel parco.

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Molti reperti romani provenienti da Aquileia ornavano il parco archeologico-botanico di Villa di Toppo-

Florio a Buttrio.

Fu un vezzo che molti nobili nel passato avevano di abbellire le proprie residenze con reperti archeologici di

epoca romana e medievali. Così il parco e i cortili furono abbelliti con iscrizioni, fregi, bassorilievi, urne della

vicina Aquileia.

Oggi il parco, divenuto di proprietà pubblica, è stato molto trasformato ed è utilizzato per manifestazioni e

mostre d’arte moderna.

Un personaggio di svolta della metà ottocento è stato il conte

Gherardo Freschi di antica e nobile famiglia, si trasferì nei

possedimenti familiari di Ramuscello nei pressi di San Vito al

Tagliamento. Si prodigò costantemente verso una solidarietà

sociale e sollecitò anche la nobiltà a un diretto coinvolgimento nel

mondo rurale e nella natura, impegnandosi in opere di assistenza

sociale e in iniziative culturali e educative, tutte improntate a

un'entusiastica fiducia nelle virtù liberatorie del progresso

scientifico. Divenne un fautore dell’educazione del mondo rurale e

attraverso una delle principali pubblicazioni italiane “L'Amico del

contadino” contribuì alla divulgazione delle moderne pratiche

agronomiche e all'elevazione delle condizioni morali e materiali dei

coltivatori attraverso l'istruzione e la scienza applicata.

Era attivo in tutti i campi; patriota risorgimentale dopo i moti del

quarantotto fu costretto a emigrare in Francia. Dopo l’amnistia

tornò, ricuperati i beni che gli erano stati confiscati, riprese

l’interesse per l’agricoltura. Lancia una crociata di valorizzazione

delle campagne creando un’azienda modello a Ramuscello, dove si

educavano i contadini a nuovi metodi di produzione motivato da

una fede nelle scienze positivistiche dell’ottocento.

Queste sue realizzazioni furono mutuate dai suoi parenti a Cordovado. Qui nella Villa

Castello il fratello Sigismondo, agli inizi del 1800, rimaneggiando gli antichi fondi,

reinterpreta in chiave paesaggistica il territorio ricavando Il parco ottocentesco che

circonda la villa in cui si conservano ancora piante originali dell’epoca. In primavera

si tengo numerose manifestazioni di cui recentemente ricordiamo quella dedicata alla

Rosa Gallica.

Queste esperienze positiviste continuano a Scodovacca a Villa Chiozza con il famoso chimico triestino

Luigi Chiozza, che si trasferisce nella grande tenuta e compie i suoi esperimenti in questo parco-

laboratorio scientifico molto importante di cui fu ospite e collaboratore Louis Pasteur.

Arriviamo a un giardinista che ebbe un ruolo molto importante assieme al già citato Freschi, Pietro

Quaglia ingegnere di Polcenigo. Svolse mansioni di agente fiduciario anche per il conte di Brazzà, ma poi

divenne progettista in proprio. Suo il progetto del giardino dei nobili Antonini che si estende sul retro del

Palazzo Palladiano di Udine. Del giardino originale rimane poco, tuttavia è un esempio di come il nuovo

gusto si adatta a soluzioni anche urbane con lo spazio più esiguo e ristretto. Le piante, se raccolte in gruppo,

creano ugualmente effetti scenografici. Il giardino risale al 1860, un po’ prima dell’annessione del Friuli

all’Italia. Come il suo amico Freschi era anche lui un patriota e quindi nelle realizzazioni cercava di abbinare

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gli aspetti nostrani e locali con la cultura esotica, infatti, fece arrivare delle sofore e anche le famose sequoie

che sono fra le più antiche piante di questa specie che il ns. territorio possa vantare.

Un altro giardino lo fece realizzare nei suoi territori e precisamente a Castel d’Aviano sorge Villa

Policreti, che prende il nome dalla famiglia che l’ha fatta costruire nel XVI secolo. Rimaneggiata in tempi

successivi, essa trova il motivo di maggior vanto nell’incantevole parco che la circonda, opera del 1845

dell’architetto Pietro Quaglia, che vi ha posto laghetti e cascatelle, grotte e soprattutto alberi di grande pregio

come sequoie, pioppi giganteschi. La Villa è oggi destinazione di un club di golf.

Altra opera del Quaglia è la trasformazione del parco di Villa Manin che da giardino formale l’ha

rivoluzionato introducendo laghetti, montagnole, grotte secondo il gusto nuovo. Curiosamente la pianta del

Quaglia, poi molto rimaneggiata per gli scavi del parco, riproduceva la sagoma dello stivale d’Italia. Di ciò

non ci si stupisce conoscendo il suo impegno come patriota risorgimentale. Infatti, non era raro a quei tempi

fare questi riferimenti con decorazioni o cimeli di figure risorgimentali per testimoniare le tendenze, le idee

dei proprietari o dei progettisti. Spesso nella storia del giardino le idee si riversano e illustrano sentimenti,

predilezioni, scelte politiche e ideologiche del proprietario proprio perché il giardino è realizzazione quanto

mai personale e privata.

Un altro personaggio che merita menzione a Udine è un grande progettista di giardini che si interessa di

molte altre cose, fra cui anche di teatro, è stato l’architetto Andrea Scala. Aveva scritto un trattato sui

giardini per distinguere quelli di città da quelli di campagna, ponendo l’accento sul fatto che in uno spazio

esiguo era necessario radunare tanti elementi per dare al proprietario un’idea di varietà al fine di ricreare

una natura confortevole.

Villa Giacomelli a Pradamano di Andrea Scala è una delle più belle ville di estrazione veneta in Friuli.

Ancora oggi molto visitata e sede di ricevimenti conviviali.

Suo il giardino Pecile in città di Udine che è andato perduto. Oggi sopravvive solo l’aiuola di Largo Pecile. In

realtà era un giardino ben più ampio che conteneva una torre e un palazzo distrutti nella prima guerra

mondiale, mentre il giardino fu definitivamente smantellato negli anni cinquanta.

Era frequente nei giardini ottocenteschi inserire torrette, rovine, castelletti da architetti scenografi come il

veneziano Francesco Bagnara, scenografo ufficiale della Fenice di Venezia, che ebbe molta notorietà per

l'ideazione di giardini all'inglese.

Il castello nel giardino e nel paesaggio è una specie di topos ricorrente che si trova anche in altre parti della

ns. regione come a Trieste Villa Bottacin e lo stesso Castello di Miramare con il suo splendido parco.

Anche Andrea Scala sviluppa questi elementi architettonici ritornando nel comprensorio del cividalese come

a Villa Rubini a Spessa. Altra realizzazione Villa Caratti con il suo parco a Paradiso di Pocenia, sono

luoghi restaurati che conservano le serre di vetro e ghisa con motivi che richiamano il gusto neogotico simile

a quelle che si affacciano sul giardino di Villa Revoltella a Trieste.

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Il giardino paesaggistico non aveva avuto ancora applicazioni nei giardini pubblici. Con l’annessione del

Friuli al Regno d’Italia si realizza a Udine uno dei primi giardini comunali di impianto informale, si tratta del

Giardino Pubblico Ricasoli.

Infatti, mentre il giardino privato seguiva delle correnti autonome, i giardini destinati al pubblico

continuarono ad avere delle direttrici assiali sul tipo del Prato della Valle o rettilinei viali sempre con

un’impostazione molto schematica. Invece con la seconda metà dell’ottocento i nuovi modelli ha un riscontro

anche nell’area pubblica per opera del milanese Giuseppe Balzaretto, che operò in varie parti dell’Italia

settentrionale, mentre per il Friuli furono sostenuti dallo storico dell’arte Giuseppe Uberto Valentinis.

La fioritura di tutti questi fermenti ottocenteschi portò effetti positivi in campo produttivo e pratico

coinvolgendo l’aspetto economico. Il motore di queste trasformazioni lo troviamo nell’“Associazione

Agraria Friulana” che dal 1846 pubblica bollettini e cataloghi stampati in proprio nel suo stabilimento

agronomico in borgo Pracchiuso a Udine. Qui si sperimentava, si produceva e si mandava anche all’estero

molte di queste piante che erano coltivate. Fu una sorta di vivaio in senso ampio in cui si

formavano giovani giardinieri e la nomea di certe realizzazioni o di certe piante come la Viola

di Udine valicò i confini nazionali. Proprio dal tecnico capo di questo stabilimento il milanese

Giuseppe Rho si ebbe la realizzazione di uno dei parchi più pregevoli nella Villa De

Brandis a San Giovanni al Natisone.

Altri personaggi illustri arricchiscono la nostra storia del giardino come la celeberrima Cora Slocomb,

americana, moglie di Deltamo Brazzà, il fratello maggiore di Pietro. Si trasferì al Castello di Brazzà e il suo

gusto per il giardino paesaggistico produsse degli effetti interessanti per la realizzazione del parco sul retro

del complesso.

Una bella realizzazione che si spera la regione FVG ricuperi è la Villa

Ottelio nel borgo di Arriis di Rivignano. Deriva da un antico castello il cui

giardino si affaccia su un’ansa del fiume Stella in un ambiente ricco di

storia e di magiche atmosfere legate alla storia tutta friulana di Luigi Da

Porto e Lucina Savorgnan alias shakespeariani Romeo e Giulietta.

C’è spesso stata un’interazione fra progettisti veneti e l’ambito friulano, sentendosi in qualche modo parte di

una storia comune; e il caso del vicentino Caregaro Negrin che realizza il Parco Rota a San Vito al

Tagliamento.

Un altro legame fra Veneto e Friuli è rappresentato dalla Villa Varda a San Cassiano di Brugnera. Il parco,

che lambisce il corso del Livenza, assunse l’attuale configurazione nella seconda metà dell’Ottocento, quando

Carlo Marco Morpurgo, appartenente ad una facoltosa famiglia ebrea di Trieste, acquistò la tenuta ed

avviò gli interventi di ristrutturazione degli edifici e di sistemazione paesaggistica secondo gli stili del parco

all’inglese. Così sistemato e come si presenta oggi, il parco era ed è considerato uno dei migliori esempi del

Page 12: Giardino paesaggistico in Veneto e in Friuli. · monografia sull’argomento “Giardini del Friuli Venezia Giulia. Arte e storia, Pordenone 1991”. Ha partecipato a convegni e seminari

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gusto dell’epoca, tanto che in un’esposizione dei giardini italiani tenutisi a palazzo Vecchio di Firenze nel

1931, quello di Villa Varda è presente con alcuni pannelli.

Fra Veneto e Friuli, vicino a noi nel tempo, c’è un rinomato giardino inglese progettato da Russell Page per

Villa Brandolini d’Adda a Vistorta di Sacile.

Ricordiamo ancora un luogo facilmente visitabile con un bel parco a Rivignano: Castel di Flambruzzo del

conte Badoglio, un giardino all’inglese che sfrutta le caratteristiche del territorio ovvero la ricchezza d’acqua

dello Stella.

Abbiamo visto come questo modello importato dall’Inghilterra sia stato adattato e ricreato secondo le

circostanze, esigenze e gusti dalla committenza locale che imprimendo una caratteristica del tutto veneta-

friulana ha realizzato le opere con uno stretto rapporto tra villa e azienda agricola ma comunque le soluzioni

sono di grande interesse e originano delle forme d’arte davvero uniche nel loro genere e sono una risorsa del

ns. territorio da valorizzare sempre più.

Alla conclusione della relazione sono seguiti alcuni interventi del pubblico e un ringraziamento

per l’ampia e approfondita esposizione dell’argomento, trattato con una ricca documentazione

fotografica, che ha suscitato in tutti il desiderio per una maggiore conoscenza delle tradizioni

della ns. regione e in ultimo un meritato e caloroso applauso di gratitudine e di simpatia ha

salutato la professoressa.

Compilato da

Gianfranco