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MOVIMENTI ALLEATI LA RISPOSTA DELL’OCCIDENTE ALLE MINACCE GLOBALI Mariangela Zappia/ Jean-Pierre Darnis/ Alessandro Cornacchini Mirco Zuliani/ Lorenzo Benigni/ Ferdinando Sanfelice di Monteforte giugno 2015 57 airpress MENSILE SULLE POLITICHE PER L’AEROSPAZIO E LA DIFESA CYBER Il fattore C nelle operazioni militari GIANDOMENICO TARICCO GRANDE GUERRA Dopo cento anni, il primato perduto della storia GREGORY ALEGI AVIAZIONE Pmi italiane al salone Le Bourget 2015 MICHELA DELLA MAGGESA

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MOVIMENTI ALLEATI

LA RISPOSTA DELL’OCCIDENTE ALLE MINACCE GLOBALI

Mariangela Zappia/ Jean-Pierre Darnis/ Alessandro CornacchiniMirco Zuliani/ Lorenzo Benigni/ Ferdinando Sanfelice di Monteforte

giugno 2015 57airpress MENSILE SULLE POLITICHE PER L’AEROSPAZIO E LA DIFESA

CYBER Il fattore C nelle operazioni militari— GIANDOMENICO TARICCO

GRANDE GUERRA

Dopo cento anni, il primato perduto della storia— GREGORY ALEGI

AVIAZIONE

Pmi italiane al salone Le Bourget 2015— MICHELA DELLA MAGGESA

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editoriale

I principali teatri critici internazionali, dal Nord Africa al Medio Oriente, all’Ucraina, pre-

mono sui confini europei, ricordando all’occidente che gli scenari geopolitici sono repen-

tinamente mutati e richiedono risposte rapide per garantire sicurezza e difesa a partire

proprio dal vecchio Continente. La crescente aggressività di una Russia pur indebolita e gli

investimenti in armamenti (tradizionali e cyber) della Cina sembrano riportare le lancette

dell’orologio a un contesto da nuova Guerra fredda. Ne sono una prova il recente annuncio

che l’esercito russo aggiungerà oltre 40 missili nucleari intercontinentali al confine occi-

dentale e la massiccia campagna di disinformazione del Cremlino in Europa, con l’Italia e

i suoi media a giocare il ruolo di “ventre molle”. Prima ancora di incolpare gli Stati Uniti,

salvo chiederne sempre l’aiuto, è l’Europa che non può sottovalutare questa situazione. Il

Consiglio europeo in programma a Strasburgo nei prossimi giorni aveva all’ordine del gior-

no anche il tema della difesa e le funzioni dell’Eda, ma le incomprensioni dei principali

Paesi sulla linea da adottare riguardo all’immigrazione, rischiano di mettere in secondo

piano il tema, peraltro già rimandato dal dicembre 2013. Inoltre, il vertice interviene in un

periodo difficile per le politiche comuni: i venti nazionalisti ed euroscettici stanno condi-

zionando la politica estera delle potenze europee, facendo compiere vistosi passi indietro

al progetto comune. Il caso della Grecia è solo la punta dell’iceberg. La percezione di una

minaccia crescente ha portato il presidente Hollande a invertire il trend degli investimenti

nel budget destinato alla difesa. La legge pluriennale di spesa francese ha previsto alcuni mi-

liardi aggiuntivi da destinare alla sicurezza. Anche l’Italia ha da poco messo a punto la sua

legge pluriennale (il Dpp) che, pur confermando i programmi-chiave, non ha però invertito

la rotta del calo di spesa strategica nella difesa. L’alibi di voler condividere sistemi d’arma

e forze armate in ambito europeo è ormai svanito, non regge più. Se non c’è la minima soli-

darietà su temi come l’immigrazione o il default finanziario, come ostinarsi a pensare a una

difesa comune? L’unico orizzonte credibile ed efficace è quello della Nato. Il resto, sempli-

cemente, non esiste. E mentre i francesi fanno risuonare le note della Marsigliese, il nostro

presidente del Consiglio viene accolto in Germania per il G7 con le note di “Azzurro”. Ci can-

zonano e ancora non capiamo. Flavia Giacobbe

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2 giugno 2015

sommario

1 editoriale3 contributors4 Mariangela Zappia

L’IMPEGNO DELL’ITALIA NELLA DIFESA COLLETTIVA

6 Passepartout

IL VERTICE E L’EUROPA NEMICA DI SE STESSA

8 Jean-Pierre Darnis

RIARMO FRANCESE? UNA SPIA DA NON SOTTOVALUTARE

10 Alessandro Cornacchini

RIFLESSIONI SUI RAID IN SIRIA E IRAQ

14 Diego Scarabelli

Intervista a Mirco ZulianiLA NATO VISTA DA NORFOLK

16 Valeria Serpentini

UN GLOBAL HAWK MODIFICATOPER L’ALLEANZA

24 Lorenzo Benigni

L’IMPULSO DI FORZA NEC ALLA GUERRA ELETTRONICA

26 Michele Pierri

UN DOCUMENTO PER LA SICUREZZA DELL’ITALIA

28 Ferdinando Sanfelice di Monteforte

Paper

LIBRO BIANCO, MODELLO DI DIFESA O ENNESIMO RINVIO?

32 Alessandra Micelli

LA NUOVA ARTE DELLA GUERRA CINESE

34 Gregory Alegi

IL PRIMATO (PERDUTO) DELLA STORIA

36 Andrea Ungari

LE RAGIONI DELL’ITALIA

38 Alessandro Cornacchini

IL CONFLITTO SOTTO IL SEGNO DELL’AVIAZIONE

46 Michela Della Maggesa

GLI ORDINI DI LE BOURGET 2015

48 Leonardo Tricarico

RIFLESSIONI SUI SALONI AERONAUTICI

50 Michela Della Maggesa

IN ITALIA IL TRAFFICO TORNA A CRESCERE

51 Pierluigi Di Palma

Per un Enac 2.0

54 Marcello Spagnulo

EUROPA, USA, RUSSIA E CINA ALLA PROVA DEI LANCIATORI

58 Massimo Claudio Comparini

DESIRE II DECOLLA CON L’IMPRONTA MADE IN ITALY

62 Giandomenico Taricco

IL FATTORE CYBER NELLE OPERAZIONI MILITARI

RUBRICHE

13 Alessandro Politi

IL BARONE ROSSO

20 Tommaso De Zan

e Roberta Maldacea

CASA DI VETRO

22 Andrea Margelletti

STRATEGICAMENTE

40 Bussola del mese — Local

45 Bussola del mese — Global

48 Chiara Rossi

IL PERSONAGGIO

52 Gregory Alegi

FOOD FOR FLIGHT

57 Roberto Vittori

PENSIERI SPAZIALI

60 Ezio Bussoletti

IL DITO E LA LUNA

61 Luigi Martino

CYBERNETICS

64 Save the date

Airpress

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contributors

JEAN PIERRE DARNIS Vicedirettore del programma Sicu-rezza e difesa dello Iai, dove da più di dieci anni coordina i progetti di ricerca sulla sicurezza e le politiche spaziali. Direttore e docente del Ma-ster in Relazioni franco-italiane presso l’Università di Nizza Sophia-Antipolis, Francia

FERDINANDO SAN FELICE DI MONTEFORTEAmmiraglio di squadra, è entrato in Accademia navale nell’ottobre 1962. Sciabola d’onore 1965, è stato rappre-sentante militare italiano alla Nato e all’Unione europea dal 2005 al 2008. Insegna Studi strategici al Sid di Go-rizia. Autore di Strategy and peace, I Savoia e il mare, La strategia e Le stra-tegie declaratorie della Nato e dell’Ue

GIANDOMENICO TARICCOGenerale di brigata aerea. È co-mandante del Centro Intelligence interforze del 2° Reparto dello stato maggiore della Difesa. Ha prestato servizio presso il 23° Gruppo Caccia, il 60° Stormo di Amendola e il 155° Gruppo Caccia Bombardieri, dove fu tra i primi a conseguire la prontezza al combattimento nel nuovo ruolo Elec-tronic warfare tactical suppression (Ets). Ha comandato il 51° Stormo. Ha prestato servizio presso il 3° Reparto dello stato maggiore Aeronautica, oc-cupandosi di rapporti internazionali e pianificazione C4Istar

MARIANGELA ZAPPIARappresentante permanente italiano presso la Nato dal 2014, è stata amba-sciatore dell’Unione europea presso le Nazioni Unite a Ginevra dal 2011 al set-tembre 2014. Ministro plenipotenziario dal 2010, è stata in servizio alla Rappre-sentanza italiana presso l’Onu a partire dal 2007. Al ministero ha guidato l’uf-

ficio della cooperazione allo sviluppo dell’area Mediterraneo, Medio Oriente e Balcani e, in precedenza, l’ufficio del servizio stampa e informazione che co-ordina i rapporti con la stampa italiana. Tra gli altri incarichi ricoperti, dal 1997 al 2000 con funzioni di consigliere a Bru-xelles, è stata distaccata presso la task force informazione della Nato durante il conflitto in Kosovo

MIRCO ZULIANIVice comandante del Comando alleato per la trasformazione (Act) di Norfolk. Pilota di F-104. Già addetto italiano alla Difesa negli Stati Uniti (2006-2009) e comandante italiano del Caoc di Poggio Renatico, ente responsabile della Air policing del sud Europa. Dal 7 giugno 2011 ha assunto l’incarico di comandante del Centro sperimentale volo di Pratica di Mare. Insignito della medaglia militare aeronautica d’oro di lunga navigazione, delle medaglie Nato per le operazioni connesse alle crisi nell’ex Jugoslavia e in Kosovo

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4 giugno 2015

L’IMPEGNO DELL’ITALIA NELLA DIFESA COLLETTIVA

L’elemento centrale dell’adattamento della postu-ra dell’Alleanza al diversificato quadro strategico emerso più recentemente, per effetto della crisi ucraina e delle minacce provenienti dal Nord Afri-ca e dal Medio Oriente, è rappresentato dal Readi-ness action plan (Rap), concordato in occasione del summit del Galles nel 2014, che costituisce l’e-spressione più evidente del principio della difesa collettiva dalla fine della Guerra fredda. Il Rap è un importante meccanismo di risposta rapida dell’Alleanza che le consentirà di affronta-re in modo sistematico e globale le minacce per la sicurezza provenienti da qualsiasi direzione, da est come da sud, anche attraverso una pur li-mitata presenza della Nato nei Paesi più esposti, l’intensificazione delle attività addestrative e la predisposizione di una forza mobile di interven-to, pronta a rischierarsi con brevissimo preavviso.Tra le misure adottate, cosiddette di “rassicura-zione”, un ruolo essenziale è stato assunto dal-le attività di sorveglianza dello spazio aereo che l’Alleanza ha predisposto per la sicurezza di Paesi

Baltici, Bulgaria, Polonia e Romania, rafforzando al contempo l’attività di sorveglianza della flotta Nato Airborne early warning and control. In tale contesto, il nostro Paese gioca un ruolo di primo piano, a dimostrazione del convinto im-pegno dell’Italia a favore della sicurezza e difesa collettiva e della solidarietà interalleata che si so-stanzia nel principio “28 per 28”. Dal 1 gennaio al 1 maggio 2015, l’Italia ha detenuto la leadership delle operazioni di controllo e sorveglianza dello spazio aereo dei tre Paesi Baltici tramite una task force air composta da quattro caccia Eurofighter Typhoon, con 90 tra ufficiali e sottufficiali dell’A-eronautica militare. L’operazione, denominata “Frontiera baltica 2015” ha garantito un servizio di allarme attivo in permanenza, totalizzando più di 400 ore di volo e 30 interventi di intercettazio-ne. Rispondendo a un forte auspicio delle autori-tà locali, lo schieramento italiano delle Forze si estenderà fino alla fine del mese di agosto, a fian-co della Norvegia, subentrata come Paese leader della Baltic air policing.

Difesa

MARIANGELA ZAPPIA rappresentante permanente dell’Italia presso la Nato

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L’Italia partecipa a tutte e quattro le attività di In-terim air policing della Nato, operando con con-tinuità anche sui cieli dell’Albania, della Slovenia e dell’Islanda, a testimonianza della solidità del nostro impegno in seno all’Alleanza e del rispetto degli obblighi di mutuo sostegno nella risposta alle minacce esterne che rappresentano i valori fondanti del Trattato di Washington. Accanto a tali attività, molto importante è, nell’attuale con-giuntura, anche la rinnovata attenzione posta dal-la Nato all’attività addestrativa, settore che diven-terà ancora più centrale nell’immediato futuro, sia a scopo di deterrenza sia per il mantenimento del patrimonio di interoperabilità tra le Forze armate alleate e dei partner, raggiunto con la pluriennale esperienza delle operazione Isaf in Afghanistan e Kfor in Kosovo.In autunno, l’Italia parteciperà alla più impor-tante esercitazione organizzata dall’Alleanza de-gli ultimi anni, la Trident juncture 2015. Teatro dell’esercitazione sarà lo scenario Mediterraneo, con lo scopo di dimostrare e rendere visibile la

capacità dell’Alleanza di rischierare le proprie forze anche sul fianco sud, cruciale arco di crisi che vede il nostro Paese impegnato in prima linea sia sui fronti multilaterali, Ue, Nato e Onu, sia in via bilaterale. L’evento prevede la partecipazio-ne di circa 26mila unità appartenenti a 30 Paesi, inclusi partner come la Finlandia, la Georgia, la Svezia e l’Ucraina. Il nostro Paese sarà, in partico-lare, il teatro dove si svolgeranno gli scenari aerei dell’esercitazione e significativo è lo sforzo opera-tivo e logistico per assicurare la migliore riuscita dell’evento, dall’impiego di un cospicuo numero di assetti aerei, Typhoon e Predator, alla messa a disposizione di importanti basi aeree, poligoni e aree addestrative per simulare una campagna ae-rea che sarà gestita centralmente da un comando della Nato e condotta da un comando di compo-nente aerea in Italia. L’Italia si conferma dunque alleato fondamenta-le in seno a un’Alleanza in rapido adattamento, pronta ad affrontare a 360 gradi le sfide della si-curezza transatlantica e globale.

Cresce la tensione nel mar Baltico. Dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia, è stata una continua escalation di misure e contromisure che hanno raffred-dato sempre di più le relazioni tra Putin e l’occidente. Non è solo una questione di sanzioni, confermate comunque dal G7. Il Pentagono ha annunciato anche la volontà di schierare 5mila soldati e carri armati nell’est europeo per rispon-dere alle preoccupazioni degli alleati baltici. Putin ha invece reso noto che nel corso dell’anno l’e-sercito russo aggiungerà più di 40 missili nucleari intercontinentali al confine occidentale, una mossa che il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha con-siderato “un tintinnio di sciabole ingiustificato, destabilizzante e pericoloso”.

Alta tensione tra Nato e Russia

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6 giugno 2015

IL VERTICE E L’EUROPA NEMICA DI SE STESSA

Il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo di fine giugno affronterà anche il tema della dife-sa europea, come stabilito nel vertice del dicem-bre 2013. L’obiettivo indicato era quello di fare il punto sull’attuazione delle iniziative assegnate alla Commissione europea e all’Eda. Ma, sullo sfondo, vi era anche la volontà di rinviare alcune decisioni e, comunque, di aspettare il rinnovo di Parlamento e Commissione con le elezioni della primavera 2014.La situazione odierna è, però, decisamente peg-giorata e questo peserà sui risultati dell’incontro.Sul piano interno, complice la crisi economica e finanziaria e la scarsa capacità di gestirla di-mostrata dalla classe politica europea (istituzio-ni e Stati membri), nel Parlamento europeo vi è un’ampia presenza nazionalista e anti-europea e nella Commissione si registra l’assenza di figure carismatiche che sappiano richiamare l’atten-zione sulla problematica della sicurezza e difesa europea. La sostituzione del trio Barroso-Tajani-Barnier non è compensata dalla presenza della Mogherini come Alto rappresentante (nonostan-te il salto di qualità rispetto alla non rimpianta

Ashton), perché praticamente tutte le aspettative europeiste finiscono col ricadere sulle spalle di un politico obiettivamente giovane sul piano in-ternazionale, anche se si sta muovendo con gran-de capacità. Sempre sul piano interno, complice l’impotenza europea sullo scenario internazionale, si è as-sistito a una preoccupante rinazionalizzazione della politica estera e della sicurezza dei princi-pali Stati membri (Regno Unito e Francia, in par-ticolare) che, anzi, cercano di risolvere sul piano bilaterale le difficoltà che inevitabilmente incon-trano, avendo anche loro limitate risorse a di-sposizione a livello nazionale. In questo quadro, infine, è evidente a tutti il preponderante ruolo assunto dalla Germania, non più sul solo piano economico e finanziario, ma anche su quello della politica internazionale e di sicurezza (come dimostrano le vicende di Ucraina e Iran e, soprat-tutto, i rapporti con la Russia). Sul piano internazionale, l’arco della crisi tocca ormai in più punti i confini europei. La prolun-gata crisi ucraina e la guerra in Siria, Iraq e Libia stanno agitando le acque del Mediterraneo, con

Difesa

PASSEPARTOUT

Il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo di fine giugno affronterà il tema della difesa europea. Ci si dovrebbe aspettare uno scatto di reni da parte dell’Unione per contrastare il rischio di marginalizzazione sullo scenario strategico globale. Invece, emergono già divisioni interne e incapacità di fare scelte condivise, o bizantinismi politici come per la gestione dell’emergenza profughi nel Mediterraneo

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l’aggravante dell’incontrollato flusso di profughi e migranti legato al dissolvimento dei controlli statali in questi Paesi. Continuano, inoltre, a per-manere altre aree di crisi e instabilità in Asia e in Medio Oriente. Nel frattempo cresce il divario di capacità operative, tecnologiche e industriali nel campo della difesa con gli Stati Uniti, in alcuni importanti settori: velivoli da attacco al suolo e quelli a pilotaggio remoto (da osservazione e ar-mati) e la dimensione cyber. La Russia ha avvia-to un significativo programma di ammoderna-mento delle Forze armate e sta “punzecchiando” Europa e Nato sul confine terrestre e marittimo. Crescono anche le nuove potenze regionali (in primo luogo la Cina), ma anche il Giappone si sta preparando a farsi sentire come potenza mi-litare.Di fronte a questo quadro, ci si dovrebbe aspet-tare uno scatto di reni da parte dell’Unione euro-pea per contrastare il rischio di marginalizzazio-ne sullo scenario strategico globale.Invece, mai come in questo momento emergo-no le sue divisioni interne e l’incapacità di fare scelte condivise. La logica del compromesso in

chiave riduttiva sta penalizzando lo stesso ruolo dell’Unione europea di fronte agli interlocutori esterni, ma anche nell’opinione pubblica inter-na che non può comprendere, né accettare i bi-zantinismi politici come, ad esempio, quelli re-lativi alla gestione dell’emergenza profughi nel Mediterraneo. Questa migrazione biblica (in cui l’Italia è par-ticolarmente coinvolta), rischia, oltretutto, di assorbire gran parte del Vertice europeo di fine mese, finendo col sospingere in secondo piano il tema della difesa europea, esattamente come è avvenuto nel dicembre 2013 con le difficoltà fi-nanziarie e monetarie.Di qui l’auspicio che da questo Consiglio esca-no, invece, alcuni segnali a sostegno di un raf-forzamento delle capacità di difesa e sicurezza europee. Pochi obiettivi chiari ed efficaci: facili-tazioni fiscali e finanziarie per nuovi programmi comuni; massimo utilizzo dei fondi di Horizon 2020 per supportare la ricerca nel campo duale; rapida riduzione delle barriere che ancora oggi impediscono un’effettiva integrazione del mer-cato europeo della difesa e della sicurezza.

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8 giugno 2015

RIARMO FRANCESE? UNA SPIA DA NON SOTTOVALUTARE

In Francia, il recente voto della legge pluriennale di spesa per la difesa, la legge di programmazione militare (Lpm) 2015-2019, ha visto un’importante novità: per la prima volta da 25 anni il budget del-la difesa è aumentato, con 3,8 miliardi di euro di risorse supplementari per il periodo 2016-2018. Si tratta di un’inversione di trend notevole che va a contrastare la decrescita continua di budget contratto del 20% dal 1990, con tagli nell’organi-co di 80mila unità negli ultimi 12 anni. Durante questo periodo, il budget della difesa è spesso ap-parso come una variabile di aggiustamento, ovve-ro una spesa non necessaria che poteva essere ta-gliata per far quadrare i conti. È ovvio che questa percezione della difesa era maturata nel contesto di un mondo che sembrava aver allontanato i pe-ricoli di guerra. La Francia non ha mai veramente disarmato, mantenendo tra l’altro intatte sia la dottrina sia le capacità di dissuasione nucleare, ma la difesa non sembrava prioritaria. Gli atten-tati di gennaio scorso hanno provocato un brusco risveglio, diffondendo l’idea di un Paese in guerra contro il terrorismo di matrice islamica radicale, una specie di “11 settembre” francese. La percezione di un pericolo crescente era co-munque matura: fra il rinnovo della minaccia

russa con l’annessione della Crimea e il molti-plicarsi dei focolai di destabilizzazione in Africa, in particolare nella zona sahariana e subsaharia-na. L’ondata popolare suscitata dagli attentati di gennaio rappresenta il fattore di congiuntura che cristallizza la consapevolezza più profonda della crescita dei pericoli e della necessità di un uso maggiore dello strumento-difesa. Esiste an-che un parametro importante, quello della perso-nificazione del potere in Francia nella figura del presidente della Repubblica. François Hollande, come molti dei suoi predecessori, incarna un vero e proprio “chef des armées”, ossia la mas-sima autorità che può decidere in modo quasi autonomo dell’impiego delle Forze e ha l’ultima parola in termini di scelte budgetarie. Inoltre, la presenza del fedelissimo Jean-Yves Le Drian al dicastero della Difesa contribuisce a rinforzare questo “fortino presidenziale” intorno alla dife-sa, che si oppone ad esempio alle logiche pruden-ti del ministero dell’Economia e delle finanze. Il budget della difesa francese per il 2015 è di 31,4 miliardi di euro. Le risorse aggiuntive andranno essenzialmente al personale (2,8), il rimanente verrà speso per gli equipaggiamenti. In modo concreto significa che il presidente della Repub-

Difesa

JEAN-PIERRE DARNIS vice direttore del programma Sicurezza e difesa Iai

Per la prima volta da 25 anni il budget della difesa francese è aumentato con 3,8 miliardi di euro di risorse supplementari per il periodo 2016-2018. In qualche modo Parigi corre al riparo per adeguare le risorse all’uso della forza militare che appare ormai all’Eliseo come una necessità. Si tratta di un forte simbolo, ma che rimane fragile quando le capacità militari sono sollecitate al di là dell’uso programmato. Certamente deve far riflettere i vari partner europei che hanno a lungo condiviso l’analisi comoda di un mondo senza pericoli

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blica ha deciso di rendere perenne il dispositivo di 7mila uomini dispiegati sul territorio per com-piti di rinforzamento delle forze di polizia e di gendarmerie, un numero che può crescere fino a 10mila uomini nei momenti di crisi. Nel 2014 era previsto un taglio di 33mila uomini nell’organico della difesa, ridotto poi a 15mila. Nel contempo, si programma una crescita delle forze operazio-nali (combat ready) da 66mila uomini a 77mila. La presidenza della Repubblica ha deciso di non scommettere sulle cosiddette risorse extra-bud-getarie (ad esempio la vendita di frequenze in di-suso o la vendita di beni immobiliari, operazioni con esiti poco sicuri) e quindi mette a bilancio una spesa netta di 6,2 miliardi per il 2015-2019. Queste disposizioni scaturiscono da un netto au-mento dei bisogni. La vecchia legge pluriennale prevedeva 7mila uomini in operazioni con circa 12 aerei. Oggi la Francia proietta 9mila uomini su teatri esterni con più di 25 aerei, senza poi contare la novità dei presidi militari per bersagli interni. Bisogna quindi correre ai ripari con uo-mini e strumenti che possano essere utilizzati nel teatro africano-sahariano: ulteriori ordini di elicotteri (tra cui i C-130); bisogno di aerei di tra-sporto e di rifornimento; bisogni crescenti di in-

telligence con droni equipaggiati di sensori Elint; dotazione del terzo satellite Musis (realizzato in collaborazione con la Germania); reclutamento di addetti sia per l’intelligence (650 assunzioni) sia per la cyber-security (520 assunzioni). Se que-sta rinnovata situazione strategica è frutto delle necessità, possiamo osservare come l’impegno militare francese rinforzi anche la sua capacità esportatrice: cresciuta del 18% nella vendita di armi nel 2014 (8,2 miliardi), mentre per il 2015 si prospetta un picco di 15 miliardi di export gra-zie ai contratti di vendita dei Rafale. Tra l’altro, questa vendita alleggerisce anche il budget di una difesa francese non più obbligata ad acquisire subito quei 40 velivoli che servivano a mantenere in funzione la catena di produzione. In qualche modo i francesi corrono al riparo per adeguare le risorse all’uso della forza militare che appare ormai a Parigi come una necessità. Si tratta di un forte simbolo, ma che rimane fragile quando le capacità militari sono sollecitate al di là dell’uso programmato. Certamente deve fare riflettere i vari partner europei che hanno a lungo condiviso l’analisi comoda di un mondo senza pericoli. Da questo punto di vista il caso francese rappresenta una spia di allarme da tenere in considerazione.

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10 giugno 2015

RIFLESSIONI SUI RAID IN SIRIA E IRAQ

A margine del summit dei Paesi com-ponenti la coalizione anti-Isis che si è tenuto a Parigi il 2 giugno scorso, sono stati pubblicati sulla stampa italiana numerosi articoli che hanno sottolineato, con commenti genero-si nel loro numero e molto vari nelle argomentazioni (spaziando dall’am-bito politico a quello strettamente tecnico-militare), l’inefficacia delle azioni intraprese per debellare que-sto male dell’umanità. Ci ha colpito quello che ci riguarda più da vicino: riportando i dati relativi all’elevato rateo di fallimento dei raid aerei, i nostri commentatori concludevano che il potere aereo fosse del tutto inadeguato a fronteggiare questo tipo di minaccia. Sia chiaro, proba-bilmente è vero, come sono inade-guate le altre forme in cui si esprime la forza militare, almeno per rag-giungere una vittoria militare intesa in senso canonico. Ma il dubbio è questo: l’attività aerea svolta in Siria e Iraq può essere identificata come espressione del potere aereo?In Italia, è risaputo, uno degli sport

preferiti è “parlare di quello che non si sa” e, più la materia è complessa e tecnica, meglio ci si avventura in considerazioni che hanno il peso di dogmi basati chissà su cosa, sulla competenza di sicuro no. Per non rischiare di cadere quindi in un er-rore comune, abbiamo disturbato, per un parere autorevole sulla que-stione, chi di operazioni militari e campagne aeree in particolare se ne intende, eccome, il generale di squadra aerea Leandro De Vincen-ti, fino all’aprile 2013 capo di stato maggiore del Nato Allied joint for-ce command di Napoli, già coman-dante del Comando operativo della forza aerea (Cofa) dell’Aeronautica militare e del Caoc 5 della Nato. Il generale De Vincenti, che ha avuto un ruolo centrale nella campagna li-bica del 2011 sia come Cos sia come Italian Snr-Red card holder, assi-cura che “è un errore che fanno in molti confondere il concetto con lo strumento. Il potere aereo – ci spie-ga – è una filosofia che non s’iden-tifica esclusivamente con il mezzo

Difesa

ALESSANDRO CORNACCHINI

COSA SI STA FACENDO IN IRAQ E IN SIRIA?Stiamo esercitando il po-tere aereo nell’ambito di una canonica campagna aerea? Secondo il parere del generale De Vincenti in quell’area non ci sono le condizioni ambientali per lanciare una qualun-que operazione militare sostenibile e che abbia possibilità di conseguire l’obiettivo di annientare l’Isis

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aereo; il velivolo da combattimento è uno degli strumenti a disposizio-ne, sicuramente il più importante, e anche particolarmente efficace se ben utilizzato, ma non è l’unico mezzo nell’arsenale di chi pensa una campagna aerea”. Considerare racchiusa nell’impiego del singolo aeroplano, o formazione di aero-plani, la capacità d’interpretare o applicare questa dottrina non solo è riduttivo, secondo De Vincenti, ma è sbagliato, perché non si compren-de il nocciolo della questione: tutto deve essere ricondotto a un disegno, a una campagna aerea, appunto, che si ponga il conseguimento di fi-nalità strategiche stabilite a livello decisionale alto, perseguite attraver-so la collazione di più forze e risor-se, sicuramente anche aeree – ma non solo – e quindi attraverso il loro impiego mirato al raggiungimento dell’End State. “In proposito – con-tinua il generale – mi viene in men-te il segmento C4Istar (Command, control, communications, consul-tation, information/intelligence,

target aquisition and reconnaissan-ce) che è da considerarsi il pilastro delle operazioni moderne, nocciolo anche del potere aereo sebbene in quest’acronimo non tutto sia espli-cato attraverso dei soli mezzi in volo ma anche da componenti sul terre-no”. Detto questo, torniamo alla do-manda: cosa si sta facendo in Iraq e in Siria? Davvero stiamo esercitando il potere aereo nell’ambito di una ca-nonica campagna aerea? “Ma vi dico di no, perché in quell’area non ci sono le condizioni ambientali, inte-se nel senso più ampio, per lanciare una qualunque operazione militare sostenibile e che abbia una qualche possibilità di conseguire l’obiettivo strategico di annientare l’Isis, al-meno per il momento” conferma il generale. Mancano i due fattori ele-mentari intorno ai quali disegnare una campagna aerea: la connotazio-ne della forza opponente e i precisi confini in cui essa opera. Tutti e due gli elementi sono estremamente evanescenti e mutevoli, tali da non consentire la stesura di un piano

L’UNIONE DI PIÙ FORZEConsiderare racchiusa nell’impiego del singolo aeroplano, o formazione di aeroplani, la capacità d’interpretare o applicare questa dottrina non solo è riduttivo, secondo De Vincenti, ma è sbagliato, perché non si compren-de il nocciolo della que-stione: tutto deve essere ricondotto a un disegno, a una campagna aerea, appunto, che si ponga il conseguimento di fina-lità strategiche stabilite a livello decisionale alto, perseguite attraverso la collazione di più forze e risorse, sicuramente anche aeree – ma non solo – e quindi attraverso il loro impiego mirato al raggiungimento dell’end State

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12 giugno 2015

appropriato. Insomma la soluzione del problema Isis non si può trova-re nella sola opzione militare senza ricercarla anche altrove, in un am-bito diverso, in un ambito politico, religioso, culturale e prima di tutto all’interno dello stesso Islam dove si stanno consumando i contrasti più drammatici con il califfato. In que-sto grande magma infuocato, alla forza militare, quella che ragione-volmente si può mettere in campo, si può chiedere di conseguire alcuni risultati limitati, obiettivi puntuali, anche ad alto rischio di fallimento per il tipo di operazioni che richie-dono. Operazioni inevitabilmente aeree, ma non significa che così facendo si eserciti il potere aereo, che – ram-mento – ha un respiro strategico, bensì alcuni suoi meccanismi, al-cune specifiche attività per finali-tà limitate e circoscritte. È questo che sta accadendo nell’area in que-stione: si sta applicando una cura tampone a un malato affetto da un virus particolarmente aggressivo. È come dare l’antibiotico a chi ha

un’infezione virale, si sa già che il medicinale non serve a debellare la malattia, ma evita complicanze di altro genere. “Quindi – aggiunge De Vincenti – quando si legge che i raid aerei falliscono tre volte su quattro, io non mi meraviglio, perché cono-sco i tipi di missioni messe in essere contro un nemico non chiaramente identificabile, estremamente mo-bile e mutevole”. Sebbene sia stato molto accorciato il ciclo decisiona-le che dall’individuazione dell’o-biettivo porta alla sua soppressione (sensor to shooter) – anche l’impie-go degli Apr armati è stato un forte ausilio in questo senso – la rapidità con cui muta lo scenario sul terreno porta spesso a trovare, nel momen-to in cui si preme il “grilletto”, una situazione significativamente diver-sa da quella osservata inizialmente. “È anche vero – secondo il generale – che chi decide determinate azio-ni è perfettamente consapevole dei rischi che esse comportano pur se affrontabili solo con la componente aerea”. Crediamo che non ci sia al-tro da aggiungere. Più chiaro di così.

I FATTORI MANCANTIMancano i due fattori elementari intorno ai quali disegnare una cam-pagna aerea: la connota-zione della forza oppo-nente e i precisi confini in cui essa opera. Tutti e due gli elementi sono estremamente evane-scenti e mutevoli, tali da non consentire la stesura di un piano appropriato

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Esiste un Paese dove apparentemente le politiche forti predicate da xenofobi, razzi-sti e illusi funzionano. Benvenuti nell’iso-la di Manus, un ridente luogo nella Papua Nuova Guinea dove è stato allestito uno dei numerosi off-shore detention centres, volu-ti dal governo laburista di Kevin Rudd nel 2013 in Australia. L’idea di fondo di queste prigioni all’e-stero (questa in particolare è chiamata la Guantanamo del Pacifico) è che bisogna spaventare i disperati che emigrano verso l’Australia facendo vedere loro che finiran-no in un carcere a tempo indeterminato e che, se faranno i bravi, potranno stabilirsi nella citata isoletta. Come nei migliori uni-versi concentrazionari, non importa se si è medici, ingegneri, insegnanti o tessitori, si è un oggetto umano semovente ridotto al minimo denominatore comune. Naturalmente il Paese ospitante ha avuto una sostanziosa mancia in termini di aiu-ti economici (ben 400 milioni di dollari australiani) che però hanno avuto ricadu-te modeste sulla popolazione locale. Non ci vuole molto da italiani a capire che il grosso dei contratti va a ditte australiane di security e un po’ di briciole alle guardie indigene. Circolarità che si vede nella coo-

perazione allo sviluppo e non nella migra-zione. Ha funzionato? Per ora sì, ma le cifre australiane sono irrisorie rispetto a quelle europee e adesso, a quanto pare, il governo di Canberra paga direttamente i trafficanti di carne umana per non fare i viaggi della disperazione. Funziona anche con gli immigrati africa-ni che sperano di trovare in Israele la terra promessa e finiscono nei cubi di cemento del centro di detenzione di Holot o, se non accettano di sloggiare in Paesi terzi con 3.500 dollari di bakshish (una sorta di man-cia), nella prigione di Saharonim. Sempre che superino la bande di predoni tortu-ratori nel Sinai e la costosa barriera anti-“infiltratori” (pardon migranti) costruita al prezzo di 350 milioni di dollari. C’erano stati 10mila arrivi nel 2012, ora quasi nes-suno (fonte Washington Post). Funziona forse lì, certo non qui, nemmeno ai tempi del limes romano. La verità è che l’Europa è in deficit demografico, che in Italia faccia-mo troppo pochi figli, sprezzando nei fatti le famiglie (gabbate dai Family day) e che entro il 2060 il 27% degli abitanti in Italia non sarà White latin catholic (Wlac). Il re-sto sono truffe elettorali ai danni degli elet-tori e dei più deboli. Se questo è un uomo.

Immigrazione: soluzione finale?

ILbaroneROSSOAlessandro Politi

direttore Nato defense college foundation

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14 giugno 2015

Il quartier generale di Allied command transformation (Hq-Act), con sede a Norfolk, in Vir-ginia, è l’unico comando strate-gico della Nato presente su suo-lo nordamericano. Il Comando alleato per la strasformazione (Act) ha il compito di guidare la trasformazione dell’Alleanza, per renderla costantemente ag-giornata. Opera principalmente perseguendo lo sviluppo di tre li-nee di azione in sinergia tra loro: processo di pianificazione della difesa della Nato, adattamento della dottrina d’impiego delle Forze e sviluppo della loro inte-roperabilità attraverso soluzioni innovative.

< Generale Zuliani, l’ultimo Nato summit in Galles ha approvato il Readiness action plan. Quali sono le implicazioni per le Forze italiane?> Il nostro Paese intende parte-cipare alla Very high readness joint task force (Vjtf) quale fra-mework nation, al pari di altre nazioni europee come Gran Bre-tagna, Germania, Spagna, Fran-

cia e Polonia. Le esperienze fatte dalle nostre Forze con le Nato response forces e in Afghanistan saranno di ulteriore impulso nell’implementazione della Vjtf, permettendo un ritorno adde-strativo e di interoperabilità di indubbia portata.

< Molti Paesi sono coinvolti nel programma Joint intelligence, surveillance and reconnaissance (Jisr), tra cui l’Italia con la base di Sigonella. Quali sono i benefici che l’Alleanza può aspettarsi dal Jisr?> I benefici sono principalmente due. Il primo è l’interoperabilità. È un requisito fondamentale poi-ché nei conflitti moderni sono necessari sistemi che possano scambiarsi informazioni in me-rito ai dati raccolti. Il secondo è che questa iniziativa rappresenta un modello di solidarietà all’in-terno dell’Alleanza e un esempio pratico di difesa efficace ed effi-ciente. In particolare poi, a livello europeo, emerge una progressiva consapevolezza nella necessità di colmare il ritardo in un settore

(quello degli Uav) che ha anche una notevole potenzialità di mer-cato. La creazione di un drone comune porterebbe le aziende europee a penetrare in un mer-cato in forte ascesa, tanto più che l’odierna dipendenza dagli Stati Uniti sta cominciando a essere percepita come una limitazione alle esigenze operative attuali e futuribili. L’Italia in questo set-tore è in prima linea. Grazie alla grande esperienza operativa sin qui acquisita nei vari teatri ope-rativi e, inoltre, in considera-zione che entro il 2017 la base di Sigonella ospiterà il sistema d’arma Alliance ground surveil-lance (Ags), programma di smart defence della Nato, che fornirà ai Paesi le capacità di intelligence, sorveglianza e ricognizione a sup-porto delle operazioni dell’Alle-anza. Da qui hanno già operato i droni impiegati a pattugliamento di Mare nostrum e quelli usati ad esempio per monitorare l’attività dell’Etna. < Durante le ultime missioni condotte dalla Nato è stata

La Nato vista da Norfolk

MIRCO ZULIANIvice comandante del Comando alleato per la trasformazione (Act) di Norfolk

Intervista

DIEGO SCARABELLI

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rilevata la necessità di ulteriori acquisizioni di velivoli per il trasporto di personale, mezzi e rifornimenti nei teatri operativi. Si procederà alla creazione di un progetto Nato condiviso, oppure i diversi Paesi acquisiranno i nuovi assetti per conto proprio? > Siamo orientati a uno stru-mento capace di condurre ope-razioni interforze e multinazio-nali, con una struttura agile, pro-iettabile e ready to use. In questo contesto si inserisce la necessità di mettere a sistema velivoli per il trasporto nei teatri operativi, anche alla luce dell’implemen-tazione delle nuove Forze Nato ad altissima prontezza quali la Vjtf. Un esempio di questo tipo è dato dal Comando europeo di trasporto aereo. La missione di tale Comando è quella di aumen-tare le capacità operative delle nazioni partecipanti e di miglio-rare l’efficienza e l’efficacia nella conduzione del trasporto aereo, air-to-air di rifornimento e le missioni di evacuazione. Abbia-mo bisogno di risorse messe a fattor comune, soprattutto in un

clima di spending review che, di fatto, si deve considerare ormai cronicizzato. Infatti, sia la smart defense sia il pooling&sharing en-fatizzano sinergie e solidarie-tà tra gli alleati che, definendo congiuntamente le priorità e gli obiettivi, dovrebbero giungere a una convergenza d’interessi. Il tutto in un sistema strutturato di cooperazione. Con ciò le poten-zialità dell’Alleanza risulteranno sicuramente superiori rispetto alla mera sommatoria di quelle dei singoli Paesi.

< La Nato ha sviluppato numerosi accordi di partnership con Paesi dell’area euroatlantica, del Mediterraneo e del Golfo Persico. Pensa che siano sufficienti ad allontanare le minacce dai confini dell’Alleanza?> Programmi quali Partner-ship for peace, Mediterranean dialogue, Istanbul Cooperation initiative hanno l’obiettivo di aumentare la stabilità interna-zionale e rafforzare i legami tra gli Stati partner e l’Alleanza e si

basa su una serie di attività in-dividuate congiuntamente dalle due parti. Negli anni, la Nato è gradualmente passata dall’es-sere un’organizzazione princi-palmente dedita alla difesa col-lettiva a una concentrata sulla sicurezza cooperativa. Quest’ul-tima presuppone una più ampia concezione della sicurezza e pro-muove quindi il raggiungimen-to di obiettivi sia militari sia di altro genere; è basata sulla co-operazione piuttosto che sulla deterrenza, riconoscendo il va-lore di accordi multilaterali per il mantenimento della sicurez-za regionale. Lo stesso allarga-mento dell’Alleanza atlantica ha poi costituito un importante ele-mento di stabilità. Questo pro-cesso ha consentito di spingere le riforme in senso democratico nei Paesi del fianco est e di an-corarli saldamente all’occiden-te, diminuendo le possibilità di involuzione ed il sorgere di con-flitti. Pertanto, un allargamento dell’Alleanza sarà in futuro il ri-sultato di questo insieme di inte-razione con i vari Stati.

“La Nato negli anni è passata dall’essere un’organizzazione principalmente dedita alla difesa collettiva a una concentrata sulla sicurezza cooperativa. Quest’ultima presuppone una più ampia concezione della sicurezza e promuove il raggiungimento di obiettivi sia militari sia di altro genere”

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16 giugno 2015

UN GLOBAL HAWK MODIFICATO PER L’ALLEANZA

La tecnologia fa passi da gigante. E con essa nuo-vi strumenti permettono all’uomo di avere un controllo sempre più preciso e costante sulle evo-luzioni in corso, siano esse di ordine geopolitico, ambientale o sociale. Sulla scena oggi si presen-ta una versione modificata del Global hawk RQ-Block 40, che entrerà a far parte della strumenta-zione Nato per la sorveglianza aerea di tipo High-altitude long-endurance (Hale). Si tratta di droni in grado di volare molto più in alto dei normali aerei a comando remoto, a circa 18 km di altez-za, riuscendo ad avere una visuale molto ampia. Grazie all’avanzata tecnologia di cui dispongono, sono in grado di rimanere in volo per 30 ore, an-dando così a rappresentare un affidabile suppor-to per il reperimento di dati e la sorveglianza del territorio che garantisce una migliore prevenzio-ne e tempestiva risoluzione di situazioni critiche. Risale al 28 febbraio 1998 il volo del primo Glo-bal hawk, aereo che ha permesso alle missioni Usa di ottenere nel tempo performance di sempre maggiore successo. Sono numerose le operazioni che oggi vedono coinvolti i Global hawk: ad esem-pio, due mesi dopo l’attentato terroristico di New York del 2001, un Global hawk è stato dispiega-to sull’area del Golfo Persico e nel 2011 ha sup-

portato le operazioni di terra in Libia. Sono state sviluppate nuove e potenziate versioni del drone. Si è passati dal Block 10 al Block 20, 30 e 40, ol-tre a una versione pensata specificatamente per la sorveglianza marittima: il Global hawk triton. È cresciuto anche il numero degli acquirenti che hanno deciso di dotarsi di questo strumento stra-tegico, non da ultime la Corea e l’Australia. Anche l’Europa ha il suo Global hawk; nel 2011 è stato infatti consegnato a Manching in Germania l’Eu-ro hawk, basato sul modello Block 20. Differente-mente da quel che si potrebbe pensare, il Global hawk non è utilizzato solo a supporto di missioni militari. Nell’aprile 2010 la Nasa ne ha fatto uso per potenziare la ricerca scientifica sul Pacifico e sull’Artico; tra i suoi obiettivi rientra l’analisi degli uragani per capirne la formazione e preve-nirla. Anche le missioni umanitarie e le attività di salvataggio in caso di disastri naturali trovano nel Global hawk un efficace mezzo per rendere le operazioni sempre più rapide e sicure. A titolo di esempio, a seguito del terremoto-tsunami che ha colpito il Giappone nel 2011, l’aereo ha per-messo di localizzare rapidamente la posizione dei superstiti e indicare agli operatori medici e ai soccorsi di terra la via libera più breve per agire in

Difesa

VALERIA SERPENTINI

La versione modificata del Global hawk RQ-Block 40 entrerà a far parte della strumentazione Nato per la sorveglianza aerea di tipo High-altitude long-endurance (Hale). A capo del team industriale di produzione del sistema c’è la statunitense Northrop Grumman, supportata dalle aziende del settore della difesa dei Paesi che stanno finanziando il programma. Tra queste spiccano Airbus Defence and Space della Germania, Kongserg della Norvegia e Finmeccanica con Selex Es dell’Italia

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assenza di rischi e salvare quante più vite possibi-le. Parlando di droni, è necessario fare cenno an-che alle questioni legate alla sicurezza. I Global hawk sono gli unici velivoli a comando remoto ad aver ricevuto la certificazione di volo militare della Nasa. Non deve quindi spaventare il fatto che questi aerei volino “da soli”. Il Global Hawk presentato il 4 giugno a Palmdale rientra nel più ampio sistema Alliance ground surveillance (Ags) che si sviluppa nel framework della struttura Joint intelligence, surveillance and reconnaissance (Jisr) della Nato. Il finanziamento dello sviluppo del sistema Ags ammonta a 1,7 miliardi di dolla-ri, comprensivi delle attività di design, sviluppo, dimostrazione e produzione. Nonostante siano 15 i Paesi dell’Alleanza che partecipano finanzia-riamente al programma, a usufruire delle nuo-ve tecnologie in arrivo e a permetterne l’utilizzo saranno tutti e 28 i membri. Tra gli elementi in dotazione del sistema rientrano cinque Global hawk RQ-4 Block 40, stazioni mobili per la rice-zione ed elaborazione dei dati e una base centra-le operativa situata a Sigonella, che funzionerà anche come centro di utilizzo dei dati e centro di addestramento, con un personale che si aggirerà intorno alle 600 unità. A capo del team industria-

le di produzione del sistema c’è la statunitense Northrop Grumman, supportata dalle del settore della difesa dei Paesi che stanno finanziando il programma. Tra queste spiccano Airbus Defence and Space della Germania, Kongserg della Norve-gia e Finmeccanica con Selex Es dell’Italia. Dal punto di vista industriale, il livello di parte-cipazione del nostro Paese è particolarmente rilevante. La collaborazione tra ministero della Difesa e aziende del settore ha infatti permesso di sviluppare un sistema-Paese che ha portato le eccellenze italiane a emergere a livello interna-zionale. All’interno del programma Ags, Selex Es fornisce una serie di elementi, attestandosi di fat-to tra i partner privilegiati della Northrop Grum-man. Nello specifico, oltre alla produzione delle due stazioni di terra trasportabili (Transportable general ground stations – Tggs), l’azienda italia-na è responsabile del Mission operation support (Mos), in base al quale verranno gestite tutte le tec-nologie di terra del sistema Ags, garantendo atti-vità di pianificazione, connessione, elaborazione dati e sfruttamento delle potenzialità. Il Mos verrà gestito da Sigonella attraverso due aree principa-li. La presenza italiana si fa sentire, quindi, anche nella trasmissione dati tra i componenti di terra

CARATTERISTICHE TECNICHE DEL GLOBAL HAWK RQ-4 BLOCK 40

APERTURA ALARE 39,9M

LUNGHEZZA 14,5M

ALTEZZA 4,7M

PESO LORDO AL DECOLLO

14.628 KG

ALTITUDINE MASSIMA 18,3 KM

CARICO 1.360 KG

VELOCITÀ DI CROCIERA

310 NODI

RESISTENZA MASSIMA IN VOLO

30 ORE

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18 giugno 2015

e i Global hawk, di fatto resa possibile grazie alla fornitura del Wide band data link (Wbdl), siste-ma di comunicazione a banda larga che permette di stabilire un contatto bidirezionale costante in tempo reale punto a punto fino a 45 Mbps. Selex Es coordina anche le attività delle aziende bulga-re (Bianor Services Limited, Technologica e Za-vod Telefonna Aparatura) e rumene (Uti Systems ed Elettra Communication) che partecipano al programma. I componenti mobili delle Tggs (Mobile ground comms components – Mgcc) e le altre stazioni mobili (Mobile general ground sta-tions – Mggs) sono prodotti dalla Airbus Defence and Space. Si tratta di stazioni ideate per i bisogni operativi e tattici, che rappresentano dei veri e propri quartieri generali interforze. Per la raccol-ta dei dati il Global Hawk della Nato è dotato del Multi-platform radar technology insertion pro-gram (Mp-Rtip). Grazie ai sensori Electronic sup-port measures (Esm) e Identification friend or foe (Iff) e alle informazioni Full motion video (Fmv), il sistema Ags è in grado di individuare e trarre in-formazioni da oggetti statici e in movimento, for-nendo dati in modo continuo e in tempo reale. In termini pratici il Global hawk è capace di fornire una serie di mappe dettagliate, accompagnate da informazioni specifiche relative agli elementi che

vengono osservati. Questi dati vengono poi asso-ciati alle rilevazioni di terra e degli altri velivoli Medium-altitude long-endurance (Male) even-tualmente presenti nell’area, in modo da fornire agli operatori di terra un quadro completo della situazione e assicurare il compimento di attività di difesa e gestione delle situazioni critiche, evi-tando il più possibile la perdita di vite umane e garantendo la sicurezza di chi opera a terra e in mare. Conclusa la cerimonia di Palmdale, i pros-simi appuntamenti riguardano: l’inaugurazione del primo volo prevista per la fine dell’estate, la consegna nel 2016 del primo aereo a Sigonella e l’avvio dell’operatività del sistema Ags a fine 2017. La capacità operativa completa sarà possi-bile a partire dal 2018. Intanto la Nato si prepara a utilizzare il suo nuovo aereo per la grande eser-citazione conosciuta come Triden Juncture 2015, che si dispiegherà a ottobre con la collaborazione di Spagna, Portogallo e Italia. Infatti, con molta probabilità, le oltre 25mila truppe coinvolte nella più grande esercitazione Nato del periodo suc-cessivo alla Guerra fredda, saranno supportate da un Global hawk messo a disposizione dall’Air Force degli Stati Uniti, dotato dello stesso radar del sistema Ags della Nato.

I DIVERSI MODELLISono state sviluppa-te nuove e potenziate versioni del drone. Si è passati dal Block 10 al Block 20, 30 e 40, oltre a una versione pensata specificatamente per la sorveglianza marittima: il Global hawk triton

ANCHE L’EUROPA LO HA SCELTOÈ cresciuto anche il nu-mero degli acquirenti che hanno deciso di dotarsi

di questo strumento stra-tegico, non da ultime la Corea e l’Australia. Anche l’Europa ha il suo Global hawk; nel 2011 è stato infatti consegnato a Man-ching in Germania l’Euro hawk, basato sul modello Block 20

USO DUALEDifferentemente da quel che si potrebbe pensare, il Global hawk non è uti-lizzato solo a supporto di missioni militari. Nell’a-

prile 2010 la Nasa ne ha fatto uso per potenziare la ricerca scientifica sul Pacifico e sull’Artico; tra i suoi obiettivi rientra l’analisi degli uragani per capirne la formazione e prevenirla. Anche le missioni umanitarie e le attività di salvataggio in caso di disastri naturali trovano nel Global hawk un efficace mezzo per rendere le operazioni sempre più rapide e si-cure

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20 giugno 2015

CASAdiVETROTommaso De Zan e Roberta Maldacea

programma Sicurezza e difesa, Iai

D1 pagina 21

Difesa e sicurezza Ue

- Ue lancia operazione navale per contrastare i trafficanti nel Mediterraneo

- Due nuovi rapporti chiedono maggiore ambizione per la politica di sicurezza e difesa Ue

- Eucap Sahel Niger

rafforzata per arginare

l’immigrazione irregolare- Aumenta il supporto

dell’Ue alla Repubblica centrafricana

- Siria: Ue estende le sanzioni contro il regime e i suoi sostenitori

- Fondo fiduciario Ue: 40 milioni per i rifugiati siriani

D2 pagina 22

Difesa Nato

- Parte Nato Dynamic mongoose, l’esercitazione dell’Alleanza nelle acque norvegesi

- La Nato manterrà una presenza in Afghanistan

- La Polonia ospita l’esercitazione Puma 2015

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D1Difesa e sicurezza Ue

Operazione navale Ue contro i trafficanti nel MediterraneoIl Consiglio ha istituito Eunavfor med, un’operazione militare per contrastare il traffico illegale di esseri umani nel Medi-terraneo. La missione comincerà con una prima fase di sorveglianza delle tratte nel Mediterraneo centro-meridionale. La seconda e la terza fase si concentreran-no invece sulla ricerca, il sequestro e la distruzione dei mezzi a disposizione dei trafficanti, in collaborazione anche con le autorità libiche. Il comando dell’opera-zione, affidato all’ammiraglio Enrico Cre-dendino, avrà come sede operativa Roma. Eunavfor med ha un costo stimato di circa 11,82 milioni di euro. Il lancio dell’opera-zione navale sarà all’ordine del giorno del Consiglio Affari esteri nel mese di giugno.

Più ambizione per la politica di sicurezza e difesa UeLa Commissione e l’Alto rappresentante hanno dato nuovo impeto alla politica di sicurezza e di difesa europea. I due rappor-ti, inviati al presidente del Consiglio euro-peo Donald Tusk, riassumono i progressi compiuti nei settori-chiave della sicurezza e difesa comune, evidenziando il ruolo di facilitatore assunto dall’Ue nella coopera-zione in materia di difesa, proponendo allo stesso tempo una serie di iniziative per ali-mentare il dibattito in vista del Consiglio europeo del 25 giugno.

Eucap Sahel Niger rafforzata per arginare l’immigrazione irregolareIl Consiglio ha deciso di rafforzare la mis-sione civile Eucap Sahel Niger, fornendo consulenza e attività di formazione alle au-torità di sicurezza nigeriane per prevenire l’immigrazione irregolare. In particolare, la missione già promuove l’interoperabili-tà delle forze nazionali di sicurezza, lo svi-luppo delle capacità d’indagine penale e il coordinamento nella lotta contro il terrori-smo e la criminalità organizzata. Il Niger si trova in una posizione geografica cruciale per i flussi migratori verso l’Europa: il 90% dei migranti provenienti dall’Africa occi-dentale viaggia infatti attraverso il Niger prima di raggiungere la Libia.

Aumenta il supporto dell’Ue alla Repubblica centrafricanaL’Europa ha incrementato il proprio soste-gno finanziario alla Repubblica centrafri-cana, Paese che si sta ancora riprendendo dal recente conflitto. La Commissione europea ha stanziato ulteriori 72 milioni di euro, concentrati in aiuti umanitari (10 milioni), sostegno al bilancio (40 milioni) e un nuovo contributo al fondo fiduciario dell’Ue per la Repubblica centrafricana (22 milioni).

Siria: Ue estende le sanzioni contro il regime e i suoi sostenitoriIl Consiglio ha esteso le misure restrittive contro il regime siriano per un altro anno. Alla lista è stato aggiunto un alto ufficiale militare ritenuto responsabile di atti di re-pressione e violenza contro la popolazione civile di Damasco. Attualmente le sanzioni sono indirizzate a più di 200 individui e 70 entità. Il Consiglio ha inoltre prolungato ulteriormente le misure già esistenti, tra cui l’embargo petrolifero e le restrizioni su alcuni investimenti, fino al 1 giugno 2016.

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22 giugno 2015

Fondo fiduciario Ue: 40 milioni per i rifugiati sirianiIl nuovo fondo fiduciario regionale dell’Ue ha finanziato i primi programmi europei in risposta alla crisi siriana per un totale di 40 milioni di euro. Il fondo fornirà aiuti a 400mila rifugiati siriani e alle comunità degli Stati ospitanti: Libano, Turchia, Gior-dania e Iraq. Le risorse saranno destinate soprattutto a istruzione, mezzi di sussi-stenza e sicurezza alimentare, con una particolare attenzione rivolta verso giova-ni e bambini. I fondi arrivano dal bilancio europeo e dall’Italia, mentre la Germania ha promesso altri 5 milioni, comunque an-cora in attesa di approvazione da parte del Parlamento tedesco. Ulteriori contributi sono attesi entro la fine dell’anno.

D2Difesa Nato

Nelle acque norvegesi parte Nato Dynamic mongoose La Nato ha iniziato l’esercitazione annuale per testare le proprie capacità di guerra an-ti-sommergibile nel mare del Nord. A essa ha partecipato per la prima volta anche la Svezia. Dynamic mongoose consentirà alle navi dell’Alleanza di esercitarsi in un ambiente complesso e impegnativo. Pren-dono parte a Dyanamic mongoose quattro sottomarini, tedeschi, norvegesi, svedesi e statunitensi, a cui si sono aggiunte 13 navi di superficie e due navi da ricerca, oltre ai velivoli da pattugliamento forniti da Ger-mania e Francia.

La Nato manterrà una presenza in AfghanistanI ministri degli Esteri dei Paesi Nato hanno deciso che l’Alleanza manterrà una presen-za in Afghanistan anche dopo la fine della missione Resolute support. La nuova mis-sione sarà di natura civile, anche se man-terrà una componente militare. Le autori-tà Nato svilupperanno entro l’autunno un piano per il mantenimento di questa pre-senza, il cui principale obiettivo sarà quel-lo di addestrare le istituzioni di sicurezza afgane e di renderle pienamente autosuffi-cienti.

La Polonia ospita l’esercitazione Puma 2015L’esercitazione Puma, che si è tenuta in Polonia occidentale, ha impegnato le forze polacche, americane e francesi, con l’obiet-tivo di mettere alla prova la reattività e l’in-teroperabilità delle Forze armate dell’Al-leanza. L’esercitazione ha visto in campo mezzi corazzati di piccole e medie dimen-sioni, in particolare i carri armati ameri-cani M1A2 Abrams e i carri armati france-si AMX-56 Leclerc. Puma 2015 ha incluso manovre avanzate in scenari realistici ed esercitazioni di tiro, che hanno coinvolto elicotteri, aerei, carri armati e artiglieria.

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Lo scorso 29 maggio si è aperta a Singapore la quattordicesima edizione dello Shangri-La dialogue (conosciuto anche come Asia security summit), il vertice che riunisce an-nualmente ministri della Difesa e alti dele-gati, governativi e militari, impegnati nel settore per discutere delle principali sfide alla stabilità dell’area-Pacifico. L’assertivi-tà della condotta cinese nell’ambito delle storiche dispute marittime nel mar Cine-se orientale e meridionale, da un lato, e la conseguente corsa agli armamenti e alle più svariate forme di cooperazione milita-re da parte degli Stati rivieraschi, dall’al-tro, stanno logorando i rapporti all’interno della regione. Il forum è stato l’occasione per ribadire la necessità di creare un’ar-chitettura regionale, in grado di elaborare una soluzione politica alle attuali tensioni e di farsi garante della sicurezza dell’area. La necessità di lanciare una simile inizia-tiva, fino a ora inesistente all’interno del continente asiatico, potrebbe aprire nuove e importanti finestre di dialogo non solo per Paesi, come gli Stati Uniti, che ormai hanno fatto del cosiddetto pivot to Asia la punta di diamante della propria strategia di lungo periodo. Tali spazi, infatti, potreb-bero rappresentare incoraggianti opportu-nità di cooperazione anche per l’Europa, al momento cauta spettatrice di una partita giudicata troppo rischiosa o troppo poco

importante per poter essere giocata da protagonista. La pluriennale esperienza dell’Unione europea nel dar forma e, so-prattutto, nel cercare di ponderare i diversi interessi nazionali per creare una comuni-tà politica – prima che economica – potreb-be rivelarsi un’importante carta da giocare per rilanciare la relazione con i propri part-ner asiatici. Un maggior impegno dell’Ue nella regio-ne e, conseguentemente, un rilancio della qualità della partnership in Asia consenti-rebbero a Bruxelles di uscire dall’ombra dell’alleato statunitense per perseguire una politica più autonoma e proattiva, che permetterebbe all’Europa di fare il passo decisivo per trasformarsi da perfetto mag-giordomo in vero e proprio padrone di casa. La presenza dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue Federica Mogherini, intervenuta a chiusu-ra del summit, sembrerebbe testimoniare che qualcosa in questa direzione stia cam-biando: il Vecchio continente pare comin-ciare a essere, se non pronto, per lo meno più consapevole che nei prossimi anni sarà sempre più necessario imparare a espri-mere una voce univoca nel Pacifico, per po-ter assumere un ruolo attivo nella gestione di minacce che, per quanto distanti, hanno inevitabilmente ripercussioni sugli inte-ressi internazionali.

STRATEGICAmenteAndrea Margelletti — presidente del CeSI

Una mossa europea nello scacchiere del Pacifico?

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24 giugno 2015

L’IMPULSO DI FORZA NEC ALLA ELETTRONIC WARFARE Con l’acronimo Nec, la Nato esprimeva l’idea di abilitare la capacità di combinare in un’unica rete di elementi tra loro eterogenei in modo da ottenere la loro interazione per raggiungere e mantenere una desiderata superiorità strategica

La struttura e l’utilizzo dello strumento militare, in un contesto strategico attuale di rapida evolu-zione su scala globale, sembra essere influenzato da alcuni elementi, tra cui: la rapida mutevolezza degli scenari, che richiede forze efficaci – in ter-mini qualitativi e quantitativi –, flessibili, mobili, modulari e proiettabili, capaci di reagire alle cri-si; la connotazione sempre più interforze e multi-nazionale delle operazioni all’estero, che neces-sita di elevati standard di interoperabilità con un ampio spettro di partner; i vincoli economici che, limitando significativamente i bilanci della dife-sa, rendono necessarie scelte sempre più basate su una analisi costi-benefici; infine, il progresso tecnologico particolarmente rapido soprattutto nel settore della Information technology (It) e della protezione delle forze, che determina la ra-pida obsolescenza dei sistemi e impone un pro-cesso di continuo aggiornamento. In particolare l’It ha introdotto, prima nel settore civile, una serie di nuove potenzialità quali la ra-pidità e ubiquità delle comunicazioni, la facilità di diffusione, di scambio e di condivisione delle informazioni in vari formati e una sempre mag-giore economicità nel realizzare questo tipo di azioni. Ciò rappresenta una vera rivoluzione, ri-sultata decisiva per molti settori della vita dell’uo-mo e non poteva, dunque, non avere ricadute an-che sul settore della difesa, con la conseguenza di

una vera e propria corsa alla digitalizzazione degli eserciti in numerosi Paesi ormai da diversi anni. Come accade di frequente nel campo della tecno-logia militare, l’impulso iniziale si è sviluppato negli Stati Uniti alla fine degli anni 90, quando venne introdotta la dottrina del Net centric war-fare (Ncw), mentre Regno Unito e Francia hanno iniziato un percorso analogo negli ultimi anni. A livello Nato, nel 2002 nell’ambito del summit di Praga, vennero concordate alcune importanti ini-ziative per acquisire, in tempi ristretti, un novero di capacità giudicate irrinunciabili; tra queste, la cosiddetta Network enabled capability (Nec) per l’implementazione del processo di trasformazio-ne. Con l’acronimo Nec, la Nato esprimeva l’idea di abilitare la capacità (enable capability) di com-binare in un’unica rete (network) di elementi tra loro eterogenei – dottrinali, procedurali, tecnici, organizzativi e umani – appartenenti a organiz-zazioni e livelli gerarchici diversi, in modo da ot-tenere la loro interazione per raggiungere e man-tenere una desiderata superiorità strategica. Nei fatti, il concetto Nec rappresenta una scelta meno radicale rispetto a quella del Dod statunitense, ma altrettanto efficace, preferita dalla Nato e da molti altri Paesi compresa l’Italia. Tra l’altro, proprio in questi ultimi anni anche gli Usa hanno dovuto abbandonare, almeno in parte, l’approccio iniziale di fronte all’inaccet-

LORENZO BENIGNI deputy Evp corporate marketing & strategy, Elettronica

Difesa

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tabile aumento dei costi del loro ambizioso pro-gramma. Il fulcro della teoria net-centrica risiede nell’interconnessione in rete (sia essa cablata o wireless) di sensori, cioè elementi tecnici o uma-ni che percepiscono e rilevano attività naturali e umane, decisori, cioè elementi che, sulla base delle informazioni disponibili, assumono una decisione, e attuatori, cioè elementi che mettono in pratica la decisione. Tutti questi componenti sono integrati in un’unica struttura, per sfruttare sinergicamente informazioni e capacità operati-ve, allo scopo di conseguire effetti coerenti con gli obiettivi desiderati. Solo tramite il collega-mento in rete e mediante la conseguente possibi-lità di accesso e condivisione delle informazioni si ottiene la conoscenza condivisa della situazio-ne (situational awareness), rappresentante il vero moltiplicatore di forza. Una forza net-centrica è pertanto in grado di ope-rare in un’area geografica più ampia, con risorse quantitativamente inferiori e “disperse” nello spazio, con maggiore precisione, portata e capa-cità di sopravvivenza, in modo sincronizzato e con un ciclo decisionale estremamente ridotto ri-spetto a una forza tradizionale, accrescendo pro-porzionalmente l’efficienza della propria azione e le probabilità di successo. Il paradigma Nec fornisce un effetto moltiplica-tore anche sul pacchetto di capacità Ew costituito

da sensori, decisori e attuatori tipici dello strato di guerra elettronica, in cui i sensori sono rappre-sentati da sistemi Electronic support measures (Esm) operanti su segnali radar e comunicazioni, i decisori sono le piattaforme di Comando e con-trollo di guerra elettronica (Ew-C2) e gli attuato-ri sono le contromisure elettroniche (Electronic counter measures – Ecm) che vengono attivate, in maniera più precisa e sincronizzata, a valle del processo di situational assessment e decisione effettuato presso i sistemi C2. In questo modo si beneficia dell’interconnessione in rete di tutti gli assetti Ew, così come delle informazioni che af-feriscono da altri nodi di altre capacità intercon-nesse dalla rete, che contribuiscono ad arricchire la Tactical picture coerentemente con gli sviluppi delle operazioni. Il programma Forza Nec è finalizzato alla costitu-zione, inizialmente, di una forza di livello divisio-nale idonea a essere proiettata e a operare in uno spazio di manovra digitalizzato, assicurando l’in-teroperabilità a livello interforze e multinaziona-le. Elettronica Spa, fin dalla fase iniziale di Risk reduction (2007), ha assunto il ruolo di Design au-thority della capacità “guerra elettronica”, svilup-pando le architetture funzionali e i sistemi che si andranno via via ad integrare agli altri sistemi d’arma e piattaforme componenti la Forza Nec.

IL RUOLO DI ELETTRONICA SPAIl programma Forza Nec è finalizzato alla costituzione, inizialmente, di una forza di livello divisionale, idonea a essere proiettata e a opera-re in uno spazio di manovra digitalizzato, assicurando l’interoperabilità a livello interforze e multinazionale. Elettronica Spa, fin dalla fase iniziale di Risk reduc-tion (2007), ha assunto il ruolo di Design authority della capacità “guerra elet-tronica”, sviluppando le architetture funzionali e i sistemi che si andranno via via ad integrare agli altri si-stemi d’arma e piattaforme componenti la Forza Nec

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26 giugno 2015

UN DOCUMENTO PER LA SICUREZZA DELL’ITALIA

Il calo di investimenti nella Difesa preoccupa Via xx settembre. L’allarme è posto, nero su bian-co, nel nuovo Documento di programmazione pluriennale (Dpp), messo a punto dal dicastero guidato da Roberta Pinotti e che rappresenta una cerniera concettuale con i provvedimenti definiti nel Libro bianco.Secondo i dati riportati, tra il 2010 e il 2017 la Di-fesa ha visto diminuire le consistenze iniziali del bilancio dei settori investimento ed esercizio di 1.858,9 milioni di euro. Tagli avvenuti in un qua-dro dei rischi per la sicurezza euro-mediterranea molto complesso che, spiega il testo, richiede-rebbe invece “risorse finanziarie stabili per poter assicurare sviluppo e sostegno a progetti di lun-go termine”, come avviene altrove. In Francia, ad esempio, dove il 29 aprile è stato annunciato lo stanziamento di 3,8 miliardi di euro in più da de-stinare a spese militari.D’altro canto il documento conferma il prose-guimento di programmi-chiave, che vedono pro-tagonista Finmeccanica. Per la società guidata dall’ad Mauro Moretti, uno di questi è il caccia di quinta generazione di Lockheed Martin. Nel-lo specifico, il testo illustra due scelte strategi-

che prese dal governo in relazione al velivolo. La prima, di breve-medio periodo, limiterà fino al 2020 le acquisizioni di velivoli Joint strike fighter, “oggi ipotizzato fino a un massimo di 38 velivoli”, in “riduzione sia rispetto ai 101 originariamente previsti per questo lasso di tempo, sia alle diverse ipotesi che erano state fatte nel corso degli ulti-mi anni”. La seconda, di medio-lungo termine, “prevede una rimodulazione della pianificazione dell’intero programma per generare, fino al 2026, un ulteriore efficientamento della spesa”.Buona parte della partecipazione industriale al programma F-35 – si legge – è centrata sull’im-pianto di Final assembly & check out (Faco) di Ca-meri, realizzato dalla Difesa e affidato ad Alenia Aermacchi per l’assemblaggio dei velivoli e per la produzione dell’assieme alare del velivolo (le due ali e la parte centrale della fusoliera).Per ciò che riguarda invece l’acquisizione di 15 ve-livoli (+ 3 opzionali) per l’addestramento avanzato Aermacchi M-346 e del relativo supporto logistico, gli oneri complessivi saranno di circa 660 milioni di euro. Il programma è sostenuto con risorse del ministero dello Sviluppo economico, con un in-vestimento nel 2016 e 2017 di 116,5 e 105 milioni

Difesa

MICHELE PIERRI

Il Documento di programmazione pluriennale messo a punto dal dicastero guidato da Roberta Pinotti rappresenta una cerniera concettuale con i provvedimenti definiti nel Libro bianco. Nei dati riportati, tra il 2010 e il 2017 la Difesa ha visto diminuire le consistenze iniziali del bilancio dei settori investimento ed esercizio

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di euro. Il suo termine è nel 2020. Sempre per ciò che riguarda Alenia, viene confermato nel Dpp il programma destinato ad assicurare il manteni-mento delle capacità operative della flotta di veli-voli da trasporto C- 27J Spartan (20 e 19,8 i milioni di euro stanziati nel 2016 e 2017).Confermato anche il finanziamento del program-ma italo-francese Fremm, relativo all’acquisi-zione di dieci fregate europee multimissione in sostituzione delle fregate Lupo e Maestrale. Al programma, dagli oneri globali pari a circa 5.680 milioni di euro, partecipa Orizzonte sistemi nava-li, joint venture tra Fincantieri (51%) e Finmecca-nica (49%). Piazza Monte grappa partecipa al pro-gramma Fremm attraverso Selex Es, Oto Melara, Wass e Mbda.Anche questa iniziativa è sostenuta con risorse del Mise, mediante finanziamenti che prevedono stanziamenti diretti per 516 milioni di euro nel 2015, 332 nel 2016 e 299 nel 2017.La Difesa continuerà a puntare anche su Forza Nec, il programma di modernizzazione delle For-ze armate e per la digitalizzazione della compo-nente terrestre, al quale Finmeccanica partecipa con Selex Es. A fronte di oneri globali pari a circa

940 milioni di euro, il suo completamento è pre-visto nel 2021. Per il 2016 e 2017 la contribuzione del Mise sarà di 112 e 114 milioni di euro.Spazio anche ad Alliance ground surveillance, il programma promosso in ambito Nato per svilup-pare un sistema aereo di sorveglianza terrestre e marittima composto da droni, come il Global Hawk RQ-4 Block 40, presentato la prima set-timana di giugno a Palmdale, California, e che vede coinvolta Finmeccanica-Selex Es sul piano industriale e la base di Sigonella dal punto di vi-sta operativo. In questo caso, l’impegno del no-stro Paese si attesta a 27,1 milioni di euro per il 2016 e 9,7 milioni per il 2017.Grande enfasi, infine, è destinata nel Dpp ai temi dell’elettronica per la Difesa e dell’intelligence. In questi campi spiccano le collaborazioni con Ibm, Microsoft e Oracle, ma anche lo sviluppo di capa-cità C4-Istar, il sistema di controllo basato sulla centralizzazione e lo scambio delle informazioni. Queste dimensioni sono ormai strategiche e cre-sce l’esigenza d’investire su progetti innovativi. Come quelli della stessa Selex Es o di Elettronica, che assieme a Expert System ha dato vita a una newco (CY4 Gate) dedicata proprio ai temi cyber.

I PROGRAMMI-CHIAVE CONTENUTI NEL DPPIl documento confer-ma il proseguimento di programmi-chiave che vedono protagoni-sta Finmeccanica. Uno di questi è il caccia di quinta generazione di Lockheed Martin. Vie-ne confermato anche il programma destinato ad assicurare il mante-nimento delle capacità operative della flotta di velivoli da trasporto C- 27J Spartan (20 e 19,8 i

milioni di euro stanziati nel 2016 e 2017). Confer-mato anche il finanzia-mento del programma italo-francese Fremm, relativo all’acquisizione di dieci fregate europee multimissione in sostitu-zione delle fregate Lupo e Maestrale. La Difesa continuerà a puntare an-che su Forza Nec e per la digitalizzazione della componente terrestre, al quale Finmeccanica par-tecipa con Selex Es

ATTENZIONE AL CYBERPer la parte cibernetica, il Dpp conferma le colla-borazioni con Ibm, Micro-soft e Oracle, e prevede lo sviluppo di capacità C4-Istar. Cresce l’esigen-za d’investire su progetti innovativi. Come quelli della stessa Selex o di Elettronica, che assieme a Expert System ha dato vita a una newco (CY4 Gate) dedicata proprio ai temi cyber

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28 giugno 2015

Bisogna riconoscere che il linguag-gio adoperato nel Libro bianco della Difesa è quello tipico degli addetti ai lavori, il che lo rende poco adatto al grande pubblico. Non si tratta quindi di un documento di public diplomacy, ma di un testo che costi-tuisce un riferimento per chi dovrà portare avanti un processo i cui det-tagli sono ancora da definire.Infatti, basta una rapida lettura per capire che il Libro bianco persegue due obiettivi. Anzitutto si intende spiegare la metodologia che dovrà essere seguita nel corso di una futu-ra serie di studi, destinati a definire un nuovo modello di strumento militare. Il richiamo a una futura “re-visione strategica della difesa che terminerà con la definizione di una nuova pianificazione generale con prospettiva quindicennale” ne è la conferma. Ma il Libro bianco annuncia pure che, per motivi d’urgenza, qualche provvedimento dovrà essere preso a breve termine. Particolarmente chia-ra, a tal proposito, è l’affermazione

secondo cui gli “aggiustamenti nei livelli di preparazione delle forze possono essere ottenuti più velo-cemente rispetto a modifiche della struttura e composizione delle uni-tà”. Il secondo obiettivo è quello di annunciare, sia pure a grandi linee, una serie di riforme organizzative, che – nell’intenzione dei compilatori – dovrebbe migliorare la gestione dello strumento e renderla più tra-sparente di fronte al governo e al Parlamento. Malgrado la prudenza e l’involu-zione del linguaggio, non alieno da pochi, seppur significativi, errori (si veda, ad esempio, il riferimento a strutture “composte prevalen-temente da personale di leva”), alcune delle linee direttrici che si intende seguire in questa ristruttu-razione trapelano in modo abba-stanza evidente. La prima novità è la decisione di procedere con un nuovo sistema di gestione dei livelli di prontezza e di preparazione del-le Forze. Si tratta, in sostanza, di determinare quali Forze debbano

essere pronte all’azione in tempi brevi – concentrando su di esse gli sforzi economici per assicurarne l’efficacia – e quali invece debbano rimanere a livelli di prontezza infe-riori. Si tratta di una scelta dolorosa e difficile, dato che questo porta a uno strumento “a due velocità”, con interi reparti destinati a rimanere a ranghi incompleti e dotati di mezzi antiquati, oppure basati su riservisti e, quindi, utilizzabili in compiti di minor impegno, previo un notevole preavviso.In merito, una prima indicazione di quali scelte si intenda effettuare è rilevabile dall’intendimento a “pre-servare e rafforzare quelle capacità che rappresentano, per tradizione, un livello di capacità raggiunto, vere e proprie aree di eccellenza”, oltre che a “mantenere una significativa capacità di deterrenza costituita da una forza integrata di combattimen-to che sia moderna e impiegabile, per un periodo limitato, negli scena-ri a più alta intensità”.Se si pensa che in questi ultimi de-

LIBRO BIANCO, MODELLO DI DIFESA O ENNESIMO RINVIO?FERDINANDO SANFELICE DI MONTEFORTE ammiraglio di squadra

Il Libro bianco non è un documento di public diplomacy, ma un testo

che costituisce un riferimento per chi dovrà portare avanti un pro-

cesso i cui dettagli sono ancora da definire. Il documento persegue

due obiettivi: innanzitutto, si intende spiegare la metodologia che

dovrà essere seguita nel corso di una futura serie di studi, destinati a

Paper

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cenni abbiamo tradizionalmente fornito contributi alle operazioni internazionali, basati su contingenti prevalentemente terrestri, numerosi ma poco armati, e quindi con fun-zioni prevalentemente sussidiarie di controllo del territorio, si può vedere quanto queste due affermazioni sia-no in contrasto tra loro. Se, infatti, prevarrà l’intendimento di sviluppare questo tipo di settori tradizionali, si continuerà a posse-dere uno strumento supplementare, e quindi subalterno a quelli altrui, anziché averne uno complementare, con pari dignità decisionale rispetto ai nostri partner. Se questo, in ambito Nato, è sem-pre stato inevitabile, non si può dire che sia prudente accettare la nostra supplementarietà in ambito europeo, dove le divergenze di interessi e di approcci tra nazioni sono sempre state notevoli, e la questione del-la Libia, nel 2011, lo ha dimostrato. L’intenzione però di produrre alcuni “pacchetti di capacità”, ovvero delle forze integrate e multi-dimensionali

in grado di svolgere un compito significativo, lascia adito a qualche speranza, a condizione che questi pacchetti vengano scelti bene. La seconda novità consiste nello svi-luppare le forze di riserva. Finora, queste sono state utilizzate per disporre di alte professionalità tipi-che del mondo civile, e con buoni risultati. Ampliare il settore aggiun-gendovi altri contenuti professionali o, peggio, di “capacità a più basso contenuto di professionalità speci-fica” significa sostenere uno sforzo finanziario significativo per adde-strare periodicamente questa massa di riservisti.L’esperienza dimostra infatti che i risultati ottenuti nel passato sono stati quantomeno dubbi e ciò fa temere che la spesa fatta andrà a detrimento delle risorse disponibili per lo strumento principale, senza migliorare la postura del complesso di forze. Dato che i riservisti a basso contenuto di professionalità sono solo in grado di costituire reparti di seconda linea, da attivare “su

chiamata”, ciò sembra confermare l’intenzione di passare allo stato di reparto quadro alcune unità esi-stenti, come accennato prima. La terza novità è costituita dall’inten-zione di condurre “una profonda revisione concettuale della struttura di supporto alla direzione politica del dicastero” in modo da renderla più snella ed efficace, sia nell’ambi-to tecnico-operativo, sia in quello tecnico-amministrativo. Indubbiamente, l’ammissione che l’attuale struttura sia ancora dimen-sionata per “gestire Forze armate di dimensioni più ampie di quelle attuali” è indicativa del fatto che “la testa” delle Forze armate sia oggi ben più massiccia del loro “corpo” e che sia necessario semplificarla, dedicando così maggiori risorse umane non solo alla componente operativa, ma anche e, soprattutto, alle strutture multinazionali le cui esigenze sono in continua crescita.Si tratta di un’opera meritoria già tentata in passato, ma che è fallita prevalentemente per ragioni inter-

definire un nuovo modello di strumento militare; il secondo obiettivo

è quello di annunciare, sia pure a grandi linee, una serie di riforme or-

ganizzative che – nell’intenzione dei compilatori – dovrebbe miglio-

rare la gestione dello strumento e renderla più trasparente di fronte

al governo e al Parlamento

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30 giugno 2015

ne: in particolare, l’espansione negli ultimi decenni di strutture interforze – lo stato maggiore Difesa in primis – senza che fossero modificate le attribuzioni per legge di quelle pre-esistenti, ha creato una situazione in cui le decisioni non sono prese da chi ne è responsabile.Altre nazioni occidentali hanno condotto a soluzioni efficaci in tal senso. Bisogna vedere se sarà pos-sibile seguirle su questa strada, o se si creerà un moloch ancora più impacciato e inefficace di chi lo ha preceduto. In questo ambito, viene infatti di-chiarato l’intendimento di affidare al capo di stato maggiore della Difesa ulteriori competenze, e precisamen-te quella logistica, della formazione e della “generazione e preparazione delle Forze”. Troppe funzioni affi-date a una sola figura di vertice ne provocano la saturazione, per la molteplicità dei suoi impegni, con conseguente perdita di attenzione e di efficacia nell’opera di alta dire-zione.Già nel 1910, quando in Francia furo-no centralizzate molte funzioni nella

loro Marina, si notò che i vertici del ministero avevano perso la capacità di controllare molte tra le attività che erano state tolte alla perife-ria. Uno studioso dell’epoca, René Daveluy, osservava: “I dossier si spandono nelle direzioni degli uffici competenti; e spesso è un oscuro burocrate (plumitif=pennaiuolo) che trova la soluzione a una questione sottoposta all’approvazione del ministro da un ammiraglio coman-dante in capo”. Questa è una realtà per tutti gli organi centralizzati che svolgono un numero troppo ele-vato di funzioni. Bisogna dire che l’agilità decisionale è un processo che dipende più dalla sinergia e dalla concordia dei vari attori, che devono essere in grado di coordi-narsi orizzontalmente, piuttosto che da modifiche strutturali. Le accese divergenze di questi ultimi decen-ni, con le connesse resistenze al cambiamento del nostro strumento militare, dall’attuale postura aero-terrestre da Guerra fredda a uno più bilanciato, non lasciano molti margi-ni di ottimismo.Non a caso, tali dubbi sembrano

avvalorati dal documento, che con-ferma il livello di “consistenza nu-merica di 150mila unità” da tempo considerato eccessivamente ambi-zioso, in rapporto alle risorse. Chi ricorda la vana battaglia per liberare risorse, allo scopo di ammodernare il nostro strumento militare, con-dotta dal ministro Di Paola – fu sua la definizione del nostro strumento come uno “stipendificio”, il che por-tò a numerose proteste – non può esimersi dal vedere questo attacca-mento a consistenze numeriche ele-vate come l’intenzione di mantenere uno strumento numeroso ma di bassa qualità, vista la realtà finan-ziaria del nostro Paese. Non si può infatti avere una forza numerosa e allo stesso tempo moderna, effica-ce e adeguata alle sfide del futuro, senza aumentare di gran lunga le spese militari, cosa assolutamente non realizzabile nella nostra situa-zione economica.Peraltro, uno strumento numeroso, anche se di bassa qualità, è stato visto, nei centocinquant’anni di vita nazionale, come una necessità mo-tivata essenzialmente da ragioni di

DUBBI SUL POTENZIAMENTO COMPETENZE CAPO SMDNel documento viene dichiara-to l’intendimento di affidare al capo di stato maggiore della Difesa ulteriori competenze, e precisamente quella logistica, della formazione e della “ge-nerazione e preparazione delle Forze”. Troppe funzioni affidate a una sola figura di vertice ne provocano la saturazione, per la molteplicità dei suoi impegni, con conseguente perdita di at-tenzione e di efficacia nell’ope-ra di alta direzione

TRA FORZE E SFORZI ECONOMICILa prima novità è la decisione di procedere con un nuovo sistema di gestione dei livelli di prontezza e di prepa-razione delle Forze. Si tratta di determinare quali Forze debbano essere pronte all’azione in tempi brevi – con-centrando su di esse gli sforzi economici per assicurarne l’efficacia – e quali invece debba-

no rimanere a livelli di prontezza inferiori. Si tratta di una scelta do-lorosa e difficile, dato che questo porta a uno strumento “a due velo-cità”, con interi reparti destinati a rimanere a ranghi incompleti e do-tati di mezzi antiquati, oppure basati su riservi-sti e, quindi, utilizzabili in compiti di minor im-pegno, previo un note-vole preavviso

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“concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni in caso di necessità e urgenza”. Va detto che tale ruolo, sebbene poco pubblicizzato, ha ri-chiesto più volte impegni consisten-ti di ordine pubblico ai nostri milita-ri, anche negli ultimi decenni.Non tutti ricordano le operazioni Campania e Vespri siciliani, e pochi prestano attenzione all’attuale ope-razione Strade sicure, che impegna il nostro esercito con migliaia di militari. Questo avviene malgrado la notevole crescita in cinquant’anni della consistenza numerica delle nostre forze dell’ordine, ora arrivate a quasi 400mila uomini e donne, se si considerano anche le polizie locali. Siamo infatti, da sempre, un Paese intrinsecamente instabile, nel quale le tensioni sono notevoli e l’illegalità è fin troppo diffusa, tanto da com-portare l’esistenza di organizzazioni che in altri Paesi sarebbero definite “bande armate”. Non parliamo poi dei nostri disastri naturali, in parte dovuti alla nostra scarsa preveg-genza nel gestire l’ambiente, ma il più delle volte legati alla notevole

sismicità del nostro territorio. A questo punto, appare chiaro qua-le sia la preoccupazione prevalente dei nostri leader politici e militari: anche di fronte a un quadro inter-nazionale che mette in pericolo la nostra precaria esistenza econo-mica e alimentare – si ricordi che la tragedia del Norman Atlantic ha contribuito alla improvvisa crescita del prezzo dell’olio d’oliva – i nostri problemi interni sono considerati ancora più preoccupanti.Questo spiega perché sia stato de-ciso di rinviare la definizione del no-stro strumento militare in funzione delle minacce esterne, affidandola a un’opera di revisione strategica, i cui contenuti “rappresenteranno i riferimenti per la formulazione della legge pluriennale sugli investimenti per la Difesa che il governo presen-terà al Parlamento per la sua valu-tazione e approvazione”, insieme alla prevedibile richiesta di stanziare fondi extra bilancio ordinario, come si è fatto finora per le missioni all’e-stero.Sarà da vedere se questa linea d’a-zione sarà vincente, come peraltro è

avvenuto in tutto l’arco della nostra vita nazionale. Leggi promozionali sono state approvate periodica-mente, in questo modo, fin dal 1877 e sono state l’unico modo per ammodernare il nostro strumento militare. Questo spiega perché il Libro bian-co ponga l’enfasi sulle riforme di ca-rattere organizzativo, un’ammissio-ne indiretta che il bilancio ordinario della Difesa non ha in sé i margini necessari per consentirci di fronteg-giare, con mezzi adeguati, il mondo sempre più ostile che ci circonda.Ma il problema di fondo è che i no-stri decisori, preoccupati come sono dalle nostre fragilità interne, da una parte dichiarano di voler limitare gli impegni oltremare e dall’altra decidono comunque di mandare reparti piccoli e grandi a migliaia di chilometri di distanza, ben al di là di quanto da loro stabilito, senza protezione – come è avvenuto per i nostri Marò – non potendo disloca-re, nelle zone di massimo pericolo, le forze che dovrebbero sostenerli, perché non ve ne sono a sufficienza.

TRA UNITÀ E QUALITÀIl Libro bianco conferma il livello di “consisten-za numerica di 150mila unità” da tempo consi-derato eccessivamente ambizioso, in rapporto alle risorse. Chi ricorda la vana battaglia per liberare risorse, allo scopo di ammoderna-re il nostro strumento militare, condotta dal ministro Di Paola, non può esimersi dal vedere questo attaccamento a consistenze numeriche

elevate come l’inten-zione di mantenere uno strumento numeroso ma di bassa qualità, vista la realtà finanziaria del no-stro Paese. Non si può infatti avere una forza numerosa e allo stesso tempo moderna, effica-ce e adeguata alle sfide del futuro, senza aumen-tare di gran lunga le spe-se militari, cosa assolu-tamente non realizzabile nella nostra situazione economica

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32 giugno 201532

LA NUOVA ARTE DELLA GUERRA CINESE

“Il futuro della Cina è strettamente legato al resto del mondo”. Esordisce così il Libro bianco cine-se, mettendo le mani avanti e garantendo ai vicini – non solo geografici – che la Repubblica Popola-re Cinese non ha mire belliche o espansionisti-che. “Le Forze armate cinesi resteranno devote al mantenimento della pace” si legge nella prefazio-ne de La strategia militare della Cina. Fulcro del documento sono sicuramente il rafforzamento dell’alleanza con la Russia, in funzione inevita-bilmente anti-americana, e il cyber-spazio, terre-no di battaglia delle guerre di domani. Molto più breve del recente Libro bianco italiano, il testo cinese è suddiviso in sei capitoli: situazione della sicurezza nazionale; missioni e attività strategi-che delle Forze armate cinesi; linee-guida strate-giche di difesa attiva; costituzione e sviluppo del-le Forze armate cinesi; preparazione ai conflitti militari; cooperazione militare e di sicurezza. In un concettuale ma altrettanto puntuale di-scorso sui mutamenti geopolitici, il primo capi-tolo ha un retrogusto che sa di deterrenza. Pur riaffermando l’insussistenza di fini imperialisti, il Partito comunista non rinuncia a delineare la condicio sine qua non affinché l’equilibrio riman-ga imperturbato, ovvero una politica statuniten-se non belligerante e, soprattutto, non invadente.

Sebbene una terza guerra mondiale appaia oggi improbabile, vi sono altri pericoli che vanno te-nuti sotto controllo. L’impero celeste fa parti-colare riferimento alla tensione nel Mar cinese orientale e meridionale, oggetto di disputa fra Giappone, Vietnam, Filippine, Malesia, Taiwan e la stessa Cina: “Alcuni dei vicini – si legge testual-mente nel documento – hanno provocato la Cina rafforzando illegalmente la presenza militare sulle coste e sulle isole” e “alcuni Paesi esteri si stanno intromettendo negli affari del Mar cine-se meridionale, mantenendo una costante sor-veglianza aerea e marittima sulla Cina” motivo per cui il Paese si sente obbligato a perseguire il duro compito di salvaguardare gli interessi cinesi da eventuali – non del tutto infondate – minacce. Per quanto riguarda la questione Taiwan, invece, il documento spiega come, nonostante i tentativi di insurrezione delle forze separatiste, ci si diri-ga verso una serena condivisione delle risorse, auspicio supportato dai pacifici rapporti portati avanti negli ultimi anni. Lo Stato a partito unico, inoltre, non trascura la corsa verso nuovi tipi di armamenti, garantendo la resilienza della Cina che dovrà – ma si legge saprà – affrontare le nuove e “severe sfide alla sicurezza militare”. Il secondo capitolo, dedicato alle missioni e alle attività stra-

Difesa

ALESSANDRA MICELLI

Molto più breve di quello italiano, il Libro bianco della Difesa reso noto dalla Repubblica Popolare Cinese (dal titolo La strategia militare della Cina) è diviso in sei capitoli. Fulcro del documento sono il rafforzamento dell’alleanza con la Russia, in funzione inevitabilmente anti-americana, e il cyber-spazio, terreno di battaglia delle guerre di domani

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tegiche, tratta i fini peculiari della nazione. “L’o-biettivo strategico nazionale cinese – esordisce la sezione – è la realizzazione di una società pro-spera entro il 2021, quando il Communist party of China (Cpc) compirà il suo centenario e di un moderno Paese socialista che sia fiorente, forte, democratico, culturalmente avanzato e armonio-so entro il 2049, in occasione del centenario della Repubblica Popolare Cinese”. Nel terzo capito-lo, vengono delineati i principi per l’implemen-tazione delle linee-guida della strategia militare cinese, che riconducono inequivocabilmente alla citazione del primo paragrafo: “Noi non attacche-remo finché non verremo attaccati, ma se attac-cati contrattaccheremo senza dubbio”. Il quarto capitolo, invece, si concentra sulla riforma e sullo svecchiamento dell’esercito, affinché sia in grado di proteggere lo Stato anche nel marasma delle innovazioni belliche. Tale revisione riguarda tutti i settori delle Forze armate, quelle di terra (Plaa), quelle marine (Plan), quelle aeree (Plaaf) e finan-che la Seconda forza d’artiglieria (Plasaf), orien-tandole verso un perfezionamento strategico e un’importante focalizzazione sulle competenze informatiche e digitali. Nel capitolo vi è anche un intero paragrafo dedicato al cyber-spazio che “è diventato un nuovo pilastro dello sviluppo eco-

nomico e sociale. Non pochi Paesi – si legge nel testo – stanno sviluppando le proprie forze mili-tari informatiche; ed essendo la Cina una delle principali vittime di attacchi hacker accelererà lo sviluppo della propria” perché sia per tempo specializzata e competitiva. Non è un caso che il governo cinese dedichi particolare attenzione al cyber-spazio: poche settimane fa, gli Stati Uniti hanno divulgato la nuova Cyber strategy facen-do riferimento, peraltro, proprio alla Cina come plausibile minaccia. Il quinto capitolo si concen-tra sulla prontezza al combattimento e sull’adde-stramento militare. La Cina deve essere pronta a “combattere e vincere”, se attaccata, “mantenen-do alta la vigilanza anche in tempo di pace”. L’ad-destramento deve essere “realistico”, temprando e preparando fattivamente le truppe a eventuali conflitti. Verrà dunque intensificata la formazio-ne militare in condizioni geografiche, meteorolo-giche ed elettromagnetiche estreme. Il capitolo conclusivo, tratta l’alleanza con la Russia, con cui proseguiranno gli scambi e la cooperazione, raf-forzando l’asse di potere fra due dei soggetti che inevitabilmente rimandano alla Guerra fredda.

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34 giugno 2015

IL PRIMATO (PERDUTO) DELLA STORIA

Speciale Grande guerra

Le tante iniziative per il centenario della Prima guerra mondiale potrebbero indurre a credere a un momento felice per gli studi storici. In realtà la scena culturale è dominata da discipline di matrice ideologica, molto più influenti di quelle empirico-fattuali. Eppure, contrariamente a quanto scriveva Fukuyama 25 anni fa, la storia non è finita. Anzi, sarebbe bene studiarla

Riflettendo sul crollo del muro di Berlino, nel 1992 Francis Fukuyama introdusse nel dibattito pubblico l’idea di una “fine della Storia” coinci-dente con la vittoria del sistema liberal-capitali-stico. Il ventennio successivo ha sconfessato la sua analisi: il mondo presunto “unipolare” si è dimostrato molto più dinamico del precedente quarantennio bipolare. Se nel mondo la realtà ha prevalso sulla filosofia (e quindi la storia sull’eco-nomia e sulla politologia), nella cultura è succes-so il contrario. La storia come disciplina e come professione accademica è in regresso.Può sembrare strano parlare di crisi della storia quando fioriscono iniziative sulla Prima guerra mondiale. In realtà la storia non è fatta di anni-versari, che nella migliore delle ipotesi sono stru-menti per promuovere iniziative che avrebbero avuto luogo comunque. Un rapido sguardo mo-stra che di rado gli studi significativi sono legati alle ricorrenze. Classici quali Storia politica della grande guerra di Piero Melograni (1972) o La gran-de guerra e la memoria moderna di Paul Fussell (1975) prescindevano dagli anniversari e forse

sono sopravvissuti per questo. Una parte del pro-blema è la riluttanza degli editori a investire in vere novità, cosa che comporterebbe l’assumersi un rischio d’impresa, ma darebbe anche l’oppor-tunità di costruirsi un patrimonio di proprietà intellettuale traducibile, ristampabile e rivendi-bile. Purtroppo gli anniversari, si fronteggiano con logiche commerciali, riconfezionando alla bell’e meglio contenuti, purtroppo, datati. Né si fa storia con le moderne tecnologie informatiche che ricolorano immagini o creano realtà virtuali. Anche quando non si tratti di videogiochi ma-scherati, il risultato è una pericolosa confusio-ne tra realtà e finzione, puntualmente riversata in rievocazioni storiche più o meno accurate o nell’incapacità di distinguere tra la “docufiction” di Gandhi e la fantasia di Amadeus.Anche gli storici hanno le proprie colpe. L’abban-dono dell’impostazione tradizionale della storia (quella basata su re, guerre, ministri ed eroi che gli annalisti francesi disprezzavano come histoi-re evenementielle) ha portato a sostituire la storia con le storie (o le “microstorie”). Alla ricostruzio-

GREGORY ALEGI giornalista e storico

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ne delle cose “come sono avvenute” cara a Ranke si sono sovrapposte narrazioni che, parafrasando il detto dei traduttori, potrebbero definirsi “come le donne: più sono belle, meno sono fedeli”. Sto-rie fatte per essere lette (meglio: consumate) o per stupire (magari attraverso il linguaggio sug-gestivo), che privilegiano categorie interpretative deboli (l’immagine), fallaci (la memoria condivi-sa) o comunque non generalizzabili. A lungo andare, il rinnovamento della storia ha messo in crisi il rapporto tra i soggetti studiati e la loro rilevanza per la comprensione genera-le del passato, scivolando verso la negazione del “fatto”. Ma poiché è impossibile battere gli ide-ologi al proprio gioco, la storia è oggi in secondo piano rispetto a scienza politica, diritto, econo-mia. La crisi d’identità si appalesa (per esempio) nei programmi ministeriali dei licei italiani che accorpano storia e geografia nell’ircocervo della “geostoria”. Esito ultimo del depotenziamento dei fatti rispetto alle interpretazioni è la trasfor-mazione della storia in strumento ancillare delle discipline il cui fondamento empirico-fattuale è

da sempre minore rispetto all’impostazione filo-sofico-ideologica. Le conseguenze sono evidenti. La discussione (ma soprattutto la sorpresa) sul “rinascere” dei nazionalismi è basata sull’incom-prensione (o negazione) della loro dimensione storica, del legame con il principio dell’autode-terminazione dei popoli e della contraddizione tra questa e la stabilità. Tutte lezioni connesse allo studio della Prima guerra mondiale.Anche in tante altre crisi del xxi secolo è facile rintracciare la perdita di prestigio (e di potere) della storia a favore dell’ideologia. Basti pensare all’ambizioso e fallimentare esperimento di crea-re dal nulla Stati e organizzazioni statali sganciati dalla maturazione economico-culturale delle so-cietà. O allo scontro con Putin, frutto dell’igno-ranza delle costanti della storia russa, dal timore dell’accerchiamento al latente senso di inferiori-tà rispetto all’occidente. E ora chi spiega all’economista e scienziato poli-tico Fukuyama che la storia non è finita?

LE DATE ITALIANE

28 GIUGNO 1914L’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este, erede al trono d’Austria-Ungheria, viene ucciso a Sarajevo dal nazionalista serbo Gavrilo Princip

24 MAGGIO 1915L’Italia entra in guerra contro l’Austria-Ungheria

28 AGOSTO 1916L’Italia dichiara guerra alla Germania

24 OTTOBRE 1917Battaglia di Caporetto, la più grande disfatta per l’esercito italiano

15-22 GIUGNO 1918Battaglia del Solstizio, i soldati italiani bloccano l’avanzata austro-ungarica

3 NOVEMBRE 1918Italia e Austro-Ungheria firma-no l’armistizio a Villa Giusti

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giugno 201536

LE RAGIONI DELL’ITALIA

Come ci è stato ricordato nelle scorse settimane, l’Italia entrò in guerra il 24 maggio del 1915, dieci mesi dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale avvenuto nell’agosto del 1914. Quali furono i moti-vi di questo ritardo? Perché l’Italia alleata per più di trent’anni della Germania e dell’Austria-Unghe-ria, non entrò al fianco dei suoi alleati? Per rispon-dere a queste domande bisogna ritornare al 20 maggio 1882, quando l’Italia firmò il trattato della Triplice alleanza che la legava ai cosiddetti Imperi centrali. Questa alleanza, che aveva natura pretta-mente difensiva e non offensiva, durante il perio-do crispino fu rafforzata dall’ammirazione che sia il presidente del Consiglio, Francesco Crispi, sia il re, Umberto i, sia l’opinione pubblica italiana avevano nei confronti della cultura tedesca. E per cultura si intende non solo stima e considerazione per la filosofia, la scienza, l’arte, ecc., ma ammira-zione per la potenza industriale della Germania, ti-more per la sua forza militare, apprezzamento per il modello politico tedesco che annoverava molti sostenitori anche in Italia. Questa situazione co-minciò a mutare a partire dalla fine del periodo crispino (1896) e, soprattutto, con il nuovo secolo, quando il giovane Vittorio Emanuele iii, succedu-to al padre dopo il regicidio di Monza, diede una direzione nuova alla politica estera italiana. Il so-vrano, infatti, non solo coltivava una passione irre-dentista che lo spingeva ad accogliere le istanze di coloro che rivendicavano le terre italiane soggette

all’Austria-Ungheria, ma, anche per il matrimo-nio contratto con la regina del Montenegro Elena Petrovic-Njegos, pensava che una delle direttive di espansione geopolitica italiana fosse rappresen-tata dai Balcani; prospettiva che, inevitabilmente, metteva l’Italia in contrasto con la duplice monar-chia. In tal modo, il sovrano cercò di riequilibrare la politica estera italiana, dapprima siglando un trattato di amicizia con la Francia (1902) e, succes-sivamente, con la Russia (1909). Il che non vuol dire che l’Italia rinunciasse alla Triplice alleanza: solo che questa perse progressivamente la propria va-lidità sostanziale, anche per l’atteggiamento pro-gressivamente ostile dell’Austria-Ungheria che, dapprima, negò l’Università italiana a Innsbruck, poi coltivò l’idea di un attacco preventivo all’Italia in occasione del maremoto che distrusse Messina (1908) e, infine, annettendosi la Bosnia-Erzegovi-na (1908), senza prevedere compensi per l’Italia, come invece era previsto dall’art. 7 dell’Alleanza. Tutti questi atteggiamenti fecero sì che, malgrado il rinnovo dell’Alleanza nel 1912, la qualità dei rap-porti tra le nazioni coinvolte, soprattutto tra Italia e Austria-Ungheria, fosse ormai molto deteriorata. La Germania, poi, rinunciando a fare da interme-diario, assecondò in tutto e per tutto il proprio al-leato danubiano. Così, al momento dell’attentato di Sarajevo, l’Italia non solo venne tenuta all’oscu-ro delle principali decisioni dei suoi alleati, ma le venne rigettato qualsiasi tentativo di accordo ba-

Speciale Grande guerra

ANDREA UNGARI professore associato di Storia contemporanea presso l’Università Guglielmo Marconi

L’Italia entrò in guerra il 24 maggio del 1915, dieci mesi dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale avvenuto nell’agosto del 1914. Il governo guidato da Salandra avviò le operazioni militari contro l’Austria-Ungheria, partecipando a un conflitto che avrebbe mutato il volto dell’Italia e quello dell’Europa

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sato sul principio delle compensazioni che, per l’Italia, non poteva che riguardare il Trentino. La proclamazione della neutralità italiana avvenuta il 3 agosto 1914 non deve, dunque, sorprendere. A determinarla contribuirono l’impreparazione mi-litare italiana, aggravatasi dopo la Guerra di Libia e accentuata dalla politica di tagli voluta da Giolitti e dal ministro della Guerra Spingardi, e un atteggia-mento generale dell’opinione pubblica politica-mente attiva che era fortemente ostile all’Austria-Ungheria e che chiedeva l’intervento a fianco delle potenze democratiche. Si aprì, così, un lungo di-battito all’interno del Paese tra coloro che voleva-no mantenere la neutralità (cattolici, liberali gio-littiani e socialisti) e quanti invocavano l’entrata in guerra (i liberali legati al presidente del Consiglio Salandra, i radicali, i repubblicani, i nazionalisti e i socialrivoluzionari). Questo dibattito, che pure fu acceso e, a tratti, violento, non impedì al governo di portare avanti le trattative diplomatiche. Dap-prima con l’Austria-Ungheria: constatata l’impos-sibilità di ottenere quei territori (Trento e Trieste) che l’Italia chiedeva e che le avrebbero consentito di completare il Risorgimento nazionale, i vertici politici e istituzionali italiani si rivolsero alla Tri-plice intesa (Francia, Inghilterra e Russia), siglan-do il 26 aprile 1915 il patto di Londra, con il quale l’Italia avrebbe ottenuto, in caso di vittoria, Tren-to, Trieste e gran parte della Dalmazia, soprattutto lungo la fascia costiera. Siglato il patto, il governo

italiano denunciò il trattato della Triplice allean-za per quanto riguardava l’Austria-Ungheria. Pro-prio a partire da questo avvenimento, si assistette all’ultimo tentativo neutralista esperito da Giolitti e dalla diplomazia segreta germanica. In quello che fu definito il “radioso maggio”, si svolse un duro scontro politico tra neutralisti e interventisti, infiammati dall’oratoria del poeta Gabriele d’An-nunzio. Tornato Giolitti a Roma, egli ebbe subito il consenso della maggioranza dei parlamentari liberali alla sua opzione neutralista, costringendo Salandra a dare le dimissioni. A quel punto, il re – che nell’ombra aveva sostenuto l’azione di Salan-dra e del ministro degli Esteri Sonnino e aveva or-mai deciso di cogliere l’occasione storica per com-pletare il Risorgimento nazionale – chiese a Giolit-ti di assumere la carica di presidente del Consiglio precisando, però, che la sigla del patto di Londra lo impegnava personalmente e che, quindi, avreb-be abdicato in caso di denuncia del patto stesso. Di fronte al timore del vuoto istituzionale che si sarebbe crea-to, Giolitti rifiutò l’incarico, come lo rifiutarono gli altri parlamentari consultati dal re. Alla fine, il sovrano ridiede l’incarico a Salandra che, presentatosi alla Camera, ottenne un successo inaspettato fino a pochi giorni prima. Rafforzato da tale voto di fiducia, il governo si accinse, dunque, a iniziare le operazioni militari contro l’Austria-Un-gheria e a entrare in una guerra che avrebbe mutato il volto dell’Italia e quello dell’Europa.

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38 giugno 2015

IL CONFLITTO SOTTO IL SEGNO DELL’AVIAZIONE

Speciale Grande guerra

L’aviazione non si presentava alla grande prova della Prima guerra mondiale in modo così sprovveduto come spesso si è voluto far credere. Sebbene in ritardo soprattutto nella produzione di velivoli competitivi, ha saputo ottimizzare un dispositivo all’altezza degli avversari. Con il velivolo Caproni Ca.3, ha espresso il primo bombardiere strategico della storia dell’aviazione

Ventotto giugno 1914, è una domenica matti-na quando l’arciduca Ferdinando e sua moglie, Sofia Chotek, arrivano alla stazione di Sarajevo. L’Europa è in uno stato, almeno apparente, di prosperità e di pace e nulla fa presagire che 37 giorni più tardi inizierà una delle più terribili tra-gedie che l’umanità ricordi. Il conflitto, che inizia in quell’estate del ‘14, avrebbe causato la mobili-tazione di 65 milioni di soldati, decretato la fine di tre imperi, provocato la morte di 20 milioni di persone, tra militari e civili, e 21 milioni di feriti. Una catastrofe dalla portata biblica intercalata da orrori di ogni genere e ritenuta la causa scatenan-te delle sciagure che si sono succedute nel xx se-colo. Si ritiene che sia stata la prima calamità del cosiddetto secolo breve da cui sono discese tutte le altre; questo è uno dei punti verso cui miglia-ia di studiosi di diverse estrazioni e nazionalità convergono. I più prestigiosi analisti delle rela-zioni internazionali, d’altra parte, classificano i fatti e gli eventi del 1914 come la crisi politica per eccellenza, tanto ingarbugliata da rendere con-vincente qualsiasi ipotesi interpretativa. Quello che colpisce l’osservatore di oggi, in realtà, è la

sostanziale modernità della crisi del 1914 che la rende più comprensibile all’uomo contempora-neo rispetto a quello appartenente a un passato anche recente. D’altra parte, la dinamica dei fatti scatenanti e le relazioni che a essi sottendono è di sorprendente attualità: dietro l’attentato di Sara-jevo si nascondeva un’organizzazione terroristica che coltivava il culto del sacrificio e della vendet-ta che esprimeva gruppo di fuoco di dinamitardi suicidi. Questa organizzazione aveva una caratte-ristica extraterritoriale: non era collocata geogra-ficamente, era costituita in cellule e aveva relazio-ni con i governi ufficiali a dir poco non ortodossi. Le affinità con il mondo moderno sono fin troppo semplici. Ecco, questo è sinteticamente il quadro generale che racchiude l’immane tragedia della Grande guerra. Ma dalle parti nostre cosa accade-va? Come si giunse a quel 24 maggio 1915, data dell’entrata in guerra dell’Italia contro l’impero Austro-Ungarico? Quale il ruolo dell’aviazione? Questo centenario è, come spesso accade negli anniversari importanti, anche l’occasione per una rilettura degli eventi salienti di quel passag-gio epocale del 1915, compreso lo scardinamento

ALESSANDRO CORNACCHINI

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di alcuni luoghi comuni fortemente radicati nel-la lettura della nostra partecipazione alla Prima guerra mondiale. Primo fra tutti la “leggenda nera” del tradimento italiano, cara a una certa storiografia “continentale”, ma anche un’inter-pretazione della Grande guerra in chiave total-mente negativa, come per anni è stata dispensata a generazioni di alunni sui banchi di scuola. Una guerra spesso rappresentata come non si deve, svincolata da una seria prospettiva storica, de-contestualizzata, con modalità che la rendono del tutto incomprensibile o semplicisticamente come il frutto della convergenza di più follie o di biechi interessi. In quest’ambito ci si deve anche interrogare se il ruolo dell’aviazione così, come per decenni rap-presentato, sia effettivamente rispondente alla realtà. Crediamo sia opportuno anche in questo campo, a distanza di un secolo dai fatti, anda-re oltre i miti e le suggestioni più comuni come quello di una guerra aerea fatta essenzialmente dagli assi della caccia, proposti come eroi “cappa e spada” che agivano come avessero una questio-ne personale con il nemico, in una sfida continua

e macabra con la morte. Che agissero, insomma, non in aderenza di quei concetti basilari della dottrina aerea che proprio nella Grande guerra, invece, poneva le basi dei principi universali del potere aereo e introduceva quella definizione di competenza ambientale che è oggi la ragion d’es-sere dell’Aeronautica militare. Un’aviazione, quindi, che non si presentava alla grande prova in modo così sprovveduto – come spesso si è voluto far credere – ma che, sebbene in ritardo soprattutto nella produzione di velivo-li competitivi e, in parte, nell’organizzazione sul campo di battaglia, ha saputo, con un’azione effi-cace, risalire la china e ottimizzare un dispositivo all’altezza degli avversari, moderno ed efficiente. Un’aviazione, intesa in senso lato, che ha sapu-to esprimere, tra l’altro, con il velivolo Caproni Ca.3, il primo bombardiere strategico della storia dell’aviazione; indicato come la sintesi dei con-cetti fondamentali del potere aereo, resi vitali in una favorevole sinergia e congiunzione intellet-tuale tra il pensatore Giulio Douhet, l’industriale Caproni e il più grande “testimonial” dell’epoca, Gabriele D’annunzio.

In alto, a sinistra: Gabriele D’Annunzio.In alto, a destra: Francesco Baracca.In basso: i relatori, la 91a squadriglia, nota come Squadriglia degli Assi

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40 giugno 2015

NUOVO VOLO DA PISA A RIGA CON AIR BALTIC

Air Baltic, compagnia di bandiera lettone, ha presentato il nuovo colle-gamento settimanale Pisa-Riga, primo collegamento non-stop tra la Toscana e i Paesi Baltici. Air Baltic vola da Pisa a Riga una volta alla settimana, con un Boeing 737. “Siamo felici di aprire la sesta delle rotte che collegano diverse città italiane con Riga”. Ha detto Chri-stophe Viatte, direttore commerciale di Air Baltic. “Una bella opportunità per la Toscana che si apre a flussi di turismo del tutto nuovi”, ha detto Gina Giani, amministratore delegato e di-rettore generale Sat.

IL T-346A A GROSSETO CON L’EFA

A maggio, uno dei T-346A in dotazio-ne al 61° Stormo di Lecce è stato ri-schierato a Grosseto, sede del 4° Stor-mo. L’attività si è inquadrata nell’am-bito delle azioni finalizzate a standar-dizzare e ad armonizzare i syllabi, i manuali di volo, le procedure e la fra-seologia tra i corsi Lead in to fighter training svolti sul 212° Gruppo volo di Galatina e i corsi di Conversione ope-rativa svolti sul 20° Gruppo Ocu del 4° Stormo. L’obiettivo è la messa a punto dei profili di missione della fase finale del primo corso Istruttori tiri e tattiche della linea Eurofighter, che si svolgerà a Grosseto questo mese.

FINMECCANICA AL ROMA DRONE CON IL FALCO DI SELEX ES

Il velivolo tattico senza pilota Falco, realizzato da Finmeccanica-Selex Es e impiegato per attività di sorveglian-za, è stato in mostra al Roma Drone 2015. La società ha partecipato alla manifestazione anche attraverso una presentazione delle capacità relative ai velivoli a pilotaggio remoto prodotti dall’azienda. Dai micro ai mini Uav fino al Falco e alla sua evoluzione Falco Evo, Selex Es offre una gamma di ve-livoli anche nel campo della sicurezza civile.

CHINA EASTERN: NUOVO VOLO DA FIUMICINO

La compagnia aerea China Eastern ha attivato un nuovo collegamento diretto fra Ningbo, nell’est della Cina, e Roma-Fiumicino. I voli, primo servi-zio diretto dalla città all’Europa, sono cominciati il 28 maggio scorso con charter. Se la richiesta sarà adeguata, in futuro la tratta potrà essere trasfor-mata in servizio di linea. “La capitale d’Italia è una porta d’accesso naturale al Paese e noi operiamo già con suc-cesso un volo giornaliero da Shang-hai”, ha fatto sapere China Eastern.

ALITALIA: RIPRESO VOLO DIRETTO PISA-MOSCA

Alitalia ha ripreso i voli fra Pisa e Mosca che saranno effettuati con frequenza trisettimanale fino al 13 settembre. Questo servirà al vettore a consolidare la propria presenza sull’aeroporto Galileo Galilei dal quale, questa estate, servirà sette destina-zioni nazionali e internazionali: Roma-Fiumicino, Catania, Olbia, Praga, Ber-lino, Tirana e Mosca, con 53 frequenze settimanali. I collegamenti stagionali si associano ai voli attivi tutto l’anno da Pisa verso Fiumicino, Catania, Tirana, Praga e Berlino. Il volo per Mosca è l’unico collegamento diretto da e per la Toscana.

ENAV APPROVA IL BILANCIO 2014

Il cda di Enav ha approvato il proget-to di Bilancio d’esercizio 2014, che chiude con un utile netto di 40 milioni e un’Ebitda di 224 milioni. Il bilancio 2014 è il migliore di sempre, conside-rato l’effetto negativo dell’inflazione. Il risultato è stato raggiunto grazie a “un’ottima gestione, economico-finanziaria e operativa, e al rafforza-mento della qualità del servizio, ad una più efficiente gestione dei costi e all’espansione dell’attività commercia-le anche nei mercati internazionali”. L’attività commerciale è cresciuta del 44% e nei mercati internazionali del 21% rispetto al 2013.

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IL VULCAN DI OTO MELARA PER I C-27J DELL’AM

Il sistema d’arma a canne rotanti M-61A1 Vulcan di Oto Melara, sviluppato per la trasformazione dei velivoli da trasporto tattico C-27J in cannonie-ra volante, equipaggerà gli Spartan dell’Aeronautica. Montato su pallet Nato, il cannone da 20 mm con siste-mi elettro-ottici all’infrarosso, realizza-ti da Selex Es è installabile sul C-27J in pochi minuti e può rimanere invisi-bile fino all’apertura del portellone di lancio. Messo a punto con fondi della Difesa, il sistema, già certificato sullo Spartan, verrà prodotto in sei esem-plari per le esigenze dell’Am, il cui ordine è previsto per il 2016.

ACCORDO TRA AM E TAS PER TESTARE RADAR EXOMARS

Il Centro sperimentale volo dell’Aero-nautica ha firmato un accordo tecnico operativo con Thales Alenia Space Ita-lia per lo svolgimento di prove a terra e in volo per la caratterizzazione delle prestazioni del radar di guida del mo-dulo di discesa su Marte, nell’ambito del programma ExoMars dell’Agenzia spaziale europea. Per le prove il radar altimetro doppler di Tas sarà installato tramite un’apposita interfaccia mec-canica e strumentazione sperimentale su un elicottero HH212. Il lancio della prima missione è previsto nel 2016.

SELEX ES E IBM INSIEME SULLA CYBER SECURITY

Finmeccanica-Selex Es e Ibm daran-no vita a un “centro di competenza virtuale” per la cyber-security. Il progetto prevede l’offerta integrata delle migliori capacità dei due gruppi nella lotta alla criminalità informatica. Il centro proporrà a organizzazioni pubbliche e private soluzioni per la difesa delle infrastrutture informati-che e dell’intellectual property. Ibm porterà l’esperienza fatta su X-Force exchange, la piattaforma aperta che mette a disposizione informazioni relative alle minacce, mentre Selex Es le competenze sviluppate su scala in-ternazionale.

AMOROSO NUOVO CEO DI THALES ALENIA SPACE ITALIA

Donato Amoroso è il nuovo ammi-nistratore delegato di Thales Alenia Space Italia. Ha preso il posto di Elisio Giacomo Prette, alla guida della so-cietà dal 2013. Quest’ultimo rimarrà come presidente e come senior vice president risorse umane. Nell’ambito della joint venture internazionale tra Finmeccanica e Thales, Amoroso, che arriva da Alenia Aermacchi, sarà inve-ce deputy del ceo Jean-Loic Galle e avrà responsabilità diretta della linea di business osservazione, esplorazione e navigazione.

PHILAE SI È RISVEGLIATO

Il lander Philae è uscito dallo stato di ibernazione in cui era entrato il 15 no-vembre scorso: il suo primo contatto dopo sette mesi di silenzio – e ripe-tuti tentativi di comunicare da parte dell’Orbiter Rosetta a partire dal 12 marzo – è durato 85 secondi. “Possia-mo confermare che l’avventura di Phi-lae continua” ha dichiarato l’Asi. Philae ha inviato a Rosetta, e quindi a Terra, oltre 300 pacchetti di dati, che ver-ranno processati e analizzati dal team internazionale che segue la missione. I pacchetti di dati attesi adesso dal team internazionale sono più di 8mila.

SELEX CONSEGNA AL VIETNAM SISTEMA GESTIONE TRAFFICO AEREO

Finmeccanica-Selex Es ha consegna-to un sistema di gestione del traffico aereo al Vietnam Air Traffic Mana-gement per il centro di controllo di Hanoi. Il sistema è diventato operativo dopo soli 22 mesi dalla data di firma del contratto. La fornitura include un sistema di gestione del traffico aereo automatizzato con 24 postazioni per i controllori del traffico aereo. In caso di necessità, quattro suite operatore potranno essere riallocate come siste-ma di backup. Consegnato anche un simulatore con funzionalità avanzate per la formazione dei controllori.

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42 giugno 2015

CONTRATTO TRA AVIOE DISTRETTO SARDO

Avio e il Distretto aerospaziale della Sardegna hanno firmato un contratto per realizzare inserti con materiali speciali per il lanciatore Vega. Per il Distretto si tratta della prima com-messa dalla sua fondazione avvenuta nel 2013. L’attività commissionata da Avio consiste nella realizzazione, con materiali speciali, Ultra high tempera-ture ceramics, di inserti per gli ugelli che saranno impiegati per i motori a propellente solido e liquido del lan-ciatore. I soci coinvolti in questo pro-getto saranno l’Università di Cagliari, il CRS4 e lo spin off dell’ateneo cagliari-tano Innovative materials.

ALITALIA: MOU CON IL MESSICOPER VOLO DIRETTO DA ROMA

Alitalia ha firmato un memorandum of understanding con il Messico finaliz-zato all’apertura di un nuovo collega-mento diretto Roma-Città del Messico. L’intesa prevede lo sviluppo dei flussi turistici tra i due Paesi, anche per aumentare l’interscambio commercia-le. L’apertura di questa nuova tratta intercontinentale è resa possibile dal piano di investimenti che Alitalia sta sostenendo per lo sviluppo e il rinno-vamento della flotta di lungo raggio, dando vita così a un piano di rilancio del vettore.

ACCORDO PER TRACCIAREI DETRITI SPAZIALI

Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito hanno deciso di formare un consorzio per il programma So-stegno di sorveglianza dello spazio e di tracciamento (Sst). L’obiettivo è di contribuire ad assicurare la disponibi-lità a lungo termine di infrastrutture, mezzi e servizi spaziali essenziali per la sicurezza della società in Europa. Il consorzio stabilirà, attraverso lo sfrut-tamento delle infrastrutture e dei sen-sori nazioni esistenti, un servizio per monitorare e tracciare gli oggetti e i detriti spaziali. All’interno di ciascuno Stato, le agenzie spaziali collaboreran-no con i ministeri della Difesa.

ENAV, VERSO ELISOCCORSO H24

Enav, su commissione della Regione Piemonte, ha realizzato le prime pro-cedure satellitari che consentiranno agli elicotteri del 118, impegnati in operazioni di emergenza, di atterrare e decollare anche di notte e in condi-zioni di bassa visibilità - fino a oggi, gli elicotteri hanno sempre volato con procedure a vista - creando i presup-posti per un servizio operativo h24. Il progetto prevede un network di rotte satellitari e relative procedure che permetteranno il collegamento capil-lare tra varie elisuperfici del Piemonte.

PIAGGIO VENDE IL SECONDOAVANTI EVO IN MALESIA

Piaggio Aerospace ha annunciato la firma di un contratto per un Avanti Evo acquistato da un cliente malese, che sarà destinato ad operazioni char-ter. Si tratta del secondo Evo venduto in sei mesi in Malesia. Questo velivolo business, la cui consegna è prevista entro fine anno, è in configurazione Extended Range e Full Optional. A bordo anche sistemi Cvfdr (Cockpit Voice & Flight Data Recorder), Tcas II (Traffic Collision Avoidance System) e Flight Entertainment System.

NUOVO VOLO CARGO DA MALPENSA

Cargolux Italia ha avviato un volo settimanale da Milano-Malpensa a Zhengzhou, hub cinese di Cargolux Airlines, con un Boeing 747. Il volo è previsto ogni sabato sulla rotta Malpensa-Novosibirsk-Zhengzhou- Novosibirsk-Malpensa. Per la prima volta Cargolux introduce uno stop commerciale in Russia. “Il volo rap-presenta una novità per Malpensa in quanto si tratta di due destinazioni mai collegate prima”, ha detto Andrea Tucci, direttore aviation business de-velopment di Sea.

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VOLA L’S97 RAIDER DI SIKORSKY

Sikorsky ha completato con successo il primo volo dell’elicottero S97 Raider. Il prototipo, uno dei due che saranno utilizzati per le prove, rappresenta “il futuro dell’ala rotante”, fa sapere il costruttore. Pensato per missioni di ricognizione, attacco e per le forze speciali, l’elicottero a rotori coassiali, derivato del dimostratore X2, è stato lanciato nel 2010 per competere nel Future vertical lift (Fvl) dell’esercito Usa. Grazie ai nuovi rotori e al sistema di propulsione posteriore, l’S97 potrà raggiungere i 240 nodi.

IL MODULO PMM TRASLOCA DAL NODO 1 AL 3 DELLA ISS

Il Modulo multifunzionale permanente, elemento dell’Agenzia spaziale italia-na, derivato dalla flotta Multi purpose logistics module per la Nasa, e realiz-zato da Thales Alenia Space è stato ricollocato a bordo della Stazione spaziale dal Nodo 1 al 3, anche questo sviluppato da Thales Alenia Space. La ricollocazione è solo uno dei passaggi previsti per la riconfigurazione della Iss: il Nodo 2 è destinato a diventare l’elemento dedicato all’attracco dei veicoli di nuova generazione, mentre il Nodo 3 l’elemento per la gestione delle risorse alla cupola e ai nuovi elementi per l’esplorazione umana dello spazio.

AUSTRIAN RINNOVALA FLOTTA DI MEDIO RAGGIO

Austrian Airlines ha dato il via al rin-novo della flotta di medio raggio, che prevede la sostituzione dei Fokker attualmente in servizio. Il piano di rin-novamento si concluderà entro il 2017 e vedrà il progressivo ingresso di 17 Embraer 195. Questi permetteranno al vettore di aumentare la capacità per aeromobile sulle tratte di feederaggio verso Vienna. Gli Embraer 195 hanno una capacità di 120 posti rispetto agli 80-100 dei Fokker e assicurano il 18% di consumo di carburante in meno per posto a sedere.

BOEING: PRIMA MISSIONE UMANACOMMERCIALE NELLO SPAZIO

La Nasa ha assegnato un ordine, parte del contratto da 4,2 miliardi di dol-lari Commercial crew transportation capability di Boeing, per includere il primo volo mai effettuato verso la Stazione spaziale internazionale. L’as-segnazione segna la prima volta nella storia del volo spaziale umano in cui la Nasa abbia stipulato un contratto con un’azienda commerciale per una mis-sione spaziale umana. Boeing è stata selezionata nel 2014 per costruire e far volare la prossima navicella spazia-le passeggeri Usa, la Crew space tran-sportation Cst-100. Il primo volo della capsula, capace di sette passeggeri, è programmato nel 2017.

ALLA MARINA BRASILIANA IL PRIMO AF-1B

Embraer ha consegnato il primo AF-1B alla Marina militare brasiliana. La ceri-monia si è svolta il 27 maggio scorso nello stabilimento del costruttore di Gaviao Peixoto, vicino San Paolo, alla presenza del comandante della Mari-na, ammiraglio Eduardo Bacellar Leal Ferreira. L’aereo da combattimento fa parte di un programma per l’ammo-dernamento della flotta, che prevede in tutto 12 caccia: nove AF-1 mono-posto e tre AF-1A biposto. I velivoli saranno imbarcati sulla portaerei Sao Paulo.

DASSAULT PRESENTA IL FALCON 5X

Dassault ha presentato il Falcon 5X, che – fa sapere il costruttore – “stabi-lirà un nuovo standard nel segmento dei velivoli corporate”, grazie alla sua ampia cabina, la più grande sul mercato, e al lungo raggio d’azione. Il bireattore, 9.630 km di autonomia, sarà il più ecocompatibile della sua categoria e avrà una velocità di av-vicinamento di soli 105 nodi, simile a quella di un turboprop, e sarà dunque capace di volare su un gran numero di aeroporti. Il Falcon 5X è equipaggiato di una nuova ala, di un nuovo motore e di un sistema numerico di controllo di volo derivato dal Rafale.

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44 giugno 2015

PRENDE FORMA L’A350 DI TAM

Procede l’assemblaggio dell’A350-900 destinato a Tam Airlines all’interno della Fal (la linea di assemblaggio fi-nale di Tolosa), con l’aggiunta delle ali, del piano di coda orizzontale e verti-cale del carrello di atterraggio princi-pale, e del cono di coda alla fusoliera. L’A350 xwb è costituto al 70% da ma-teriali avanzati, di cui il 53% compositi, e racchiude le più recenti innovazioni, in grado di garantire una maggiore efficienza a beneficio dei vettori. A fine aprile 2015, il programma A350 xwb contava 780 ordini da parte di 40 clienti nel mondo.

AVVIATO L’ASSEMBLAGGIO DEL B737 MAX

Boeing ha avviato a Renton la costru-zione delle ali del B737 Max, il cui de-butto è previsto per il 2017. “Il nostro team responsabile della costruzione del nuovo 737 può contare sui migliori dipendenti del mondo”, ha detto Keith Leverkuhn, vice presidente e general manager del 737 Max. L’assemblag-gio delle ali è un passo fondamentale per Boeing, dal momento che, finita la fase di realizzazione del gruppo alare, il B737 inizierà già entro la fine di quest’anno a prendere forma sulla Final assembly line di Renton.

DODICI A321 PER FRONTIER

Frontier Airlines, vettore con sede a Denver, ha siglato un ordine fermo per dieci aeromobili A321 e due A320. I dodici aeromobili sono tutti del tipo Current engine option (Ceo). Si tratta del secondo ordine per degli A321 effettuato dal vettore in meno di un anno. Il contratto, siglato il 1 giugno, porta a 101 il totale degli ordini di Frontier Airlines per gli aeromobili a corridoio singolo di Airbus. Gli aerei oggetto di questo ordine saranno dotati di Sharklet. “L’ordine – ha detto Frontier – è parte integrante della no-stra strategia basata su crescita, mo-dernizzazione e rinnovo della flotta”.

CONSEGNATO A DELTA IL PRIMOA330-300 DA 242 TONNELLATE

La prima variante da 242 tonnellate di peso massimo al decollo (Mtow) dell’A330-300 è stata consegnata da Airbus a fine maggio a Delta Airlines. Il vettore con base ad Atlanta, in Geor-gia, è stato il primo a ricevere questo tipo di aeromobile fra gli undici opera-tori nel mondo che hanno scelto que-sta opzione. Per il nuovo A330-300, Delta ha selezionato la motorizzazio-ne GE CF6-80E1. Questo aeromobile consente voli più lunghi a costi meno elevati.

LION GROUP RICEVE IL 50ESIMO ATR

Lion Group ha preso in consegna il 50esimo Atr 72-600, parte di una commessa per 100 velivoli. L’aereo sarà utilizzato dalla sussidiaria regio-nale Wings Air, che già utilizza una flotta di 40 Atr in Indonesia. I restanti 50 Atr 72-600 saranno consegnati al vettore tra il 2015 e il 2019. A novem-bre 2014 Lion Group aveva firmato un accordo con il costruttore, valutato circa 1 miliardo di dollari, per ulteriori 40 aeromobili regionali. I velivoli ser-viranno a rispondere alla crescente domanda nella regione del sud-est asiatico.

IN LUSSEMBURGO UN CENTROCONTRO RISCHI INDUSTRIALI

Telespazio France (controllata Tele-spazio), e-Geos (Asi-Telespazio), Post Luxembourg e Sme Hitec Luxembourg hanno creato – nell’ambito del pro-gramma EarthLab – una joint venture per la costituzione di EarthLab Luxem-bourg, primo centro europeo per il monitoraggio ambientale, dedicato ai rischi industriali e ambientali. La nuo-va joint venture si avvale del supporto del governo del Lussemburgo, con l’intento di sviluppare applicazioni e servizi a valore aggiunto, facendo affi-damento su infrastrutture satellitari.

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VUELING ENTRA NELLA IATA

La compagnia low cost Vueling entra nella Iata, l’associazione internazionale del trasporto aereo. Ad annunciarlo il vettore spagnolo, parte del gruppo Iag, durante il 71esimo Annual general meeting dell’associazione mondia-le. L’ingresso “consolida il ruolo di Vueling come compagnia low cost di alto livello e permette di migliorare le opportunità di collaborazione con gli altri partner Iata, e di ridurre i costi interni”, fa sapere Vueling. Iata rag-gruppa circa 260 compagnie aeree in più di 115 Paesi.

TAP PORTUGAL VERSO LA PRIVATIZZAZIONE

Il governo portoghese cederà il 61% della compagnia Tap Portugal al con-sorzio Gateway, guidato da David Ne-eleman, fondatore di Azul. Per questa transazione l’imprenditore americano ha creato una partnership con la so-cietà portoghese Barraqueiro Group. La vendita potrebbe fruttare tra i 354 e i 488 milioni di euro. Il consorzio Gateway avrebbe intenzione di pro-cedere a una ricapitalizzazione della compagnia, di aggiungere 53 nuovi aerei alla flotta del vettore e di svi-luppare un’alleanza con la compagnia brasiliana Azul. L’acquisizione dovrà essere sottoposta alla Commissione europea.

ADOTTA L’A330-300 REGIONAL

Saudi Arabian Airlines, il vettore di bandiera dell’Arabia Saudita, diven-terà la prima compagnia al mondo a operare il nuovo Airbus A330-300 Re-gional. Venti A330-300 Regional rag-giungeranno la flotta assieme a trenta A320ceo. La domanda in termini di posti passeggeri in Arabia Saudita è in fase di crescita. La nuova variante Regional dell’A330 è la soluzione di Airbus per i mercati con una popola-zione elevata e in crescita e per i flussi di traffico concentrati. L’A330-300 Regional incrementerà la capacità sul-le tratte più richieste di Saudi Arabian.

SELEX ES: CONTRATTODALL’INDONESIA PER IL SAGE

Finmeccanica-Selex Es ha siglato un contratto con Integrated Surveillance and Defense Inc. per fornire il Sage 600, un sistema digitale di autopro-tezione, all’Aeronautica militare indo-nesiana. Il sistema sarà consegnato a settembre e verrà integrato in un ve-livolo Airbus CN-235 per il pattuglia-mento marittimo. Sage è una misura elettronica di supporto (Electronic support measure) passiva in radio frequenza per missioni di intelligence, sorveglianza e riconoscimento. È la prima volta che il sistema viene scelto per un requisito di pattugliamento marittimo ad ala fissa.

OLTRE 32MILA AEREINEI PROSSIMI VENT’ANNI

Secondo l’Airbus Global Market Fo-recast, nei prossimi vent’anni (2015-2034) il traffico passeggeri mondiale crescerà al tasso annuale del 4,6%, rendendo necessari circa 32.600 nuo-vi aeromobili da 100 posti per un con-trovalore di 4,9 trilioni di dollari. Entro il 2034 le flotte passeggeri e merci raggiungeranno i 38.500 aeromobili, il doppio rispetto agli attuali 19mila. Le economie emergenti saranno i motori di questa crescita. Entro il 2034 l’Asia Pacifico sarà l’area più importante per traffico, mentre entro i prossimi dieci anni la Cina diventerà il mercato più importante a livello mondiale.

NUOVO ELICOTTERO PESANTEPER AIRBUS HELICOPTERS

Partita la fase di concept del nuovo elicottero europeo pesante X6 diAirbus Helicopters per il mercato civi-le. Inizialmente pensato solo per missio-ni oil and gas, il bimotore potrà trovare impiego anche per ricerca e soccorso e trasporto Vip. “Questo elicottero – ha dichiarato Guillaume Faury, numero uno di Airbus Helicopters – stabilirà nuovi standard industriali, non solo per il design, ma anche per la sua strategia di produzione, incentrata sulle capa-cità industriali dei nostri Paesi core, Polonia inclusa”. L’entrata in servizio è prevista per il 2020.

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46 giugno 2015

Le Pmi italiane a ParigiIl salone di Le Bourget 2015 ha visto la pre-senza di 120 aziende italiane. “Non ci sono mai state così tante aziende italiane, con una forte presenza dei distretti e delle Pic-cole e medie imprese” ha detto il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, durante la sua visita al salone aerospaziale, nonostan-te il forte ridimensionamento della pre-senza di Finmeccanica rispetto alle passa-te edizioni. Il principale player italiano del settore, contrariamente ad altri importanti gruppi occidentali che hanno scelto di non essere a Le Bourget – come Bae Systems, Northrop Grumman o Saab – ha deciso in-fatti di essere comunque presente a Parigi, ancorché unitamente alle altre imprese e senza esibire in statica i propri prodotti di punta. Uniche eccezioni Atr e SuperJet International, ma si tratta di joint venture. Fugace apparizione anche per Eurofighter nell’area statica di Airbus Defence and Space. Tra le novità di quest’anno, la prima volta di Avio con un proprio stand e un nuo-vo logo. Presente a Parigi, per la prima volta dal nuovo assetto, anche Piaggio Aerospace che ha annunciato la firma dei contratti per due business jet Avanti Evo e portato un modello full scale del P.1HH con la livrea dell’Aeronautica militare italiana.

GLI ORDINI DI LE BOURGET 2015MICHELA DELLA MAGGESA

Aviazione

Airbus: accordi per 57 miliardidi dollariDurante il Paris air show, Airbus si è aggiudi-cata contratti per 57 miliardi di dollari, grazie ad accordi per 421 aeromobili. Tra questi fi-gurano 124 ordini fermi, pari a 16,3 miliardi e impegni per 297 velivoli, valutati 40,7 mi-liardi di dollari. In particolare, nel segmen-to widebody, il costruttore ha annunciato il primo operatore per il nuovo A330 Regional. Si tratta di Saudi Arabian Airlines, che ha pre-so in leasing da Iafc 20 aeromobili di questo tipo. Bene anche per l’A350 Xwb, che ha rice-vuto impegni per 31 unità in versione -900. Accanto a questi, Airbus ha raggiunto accor-di per quattro A330-300. Nel settore a corri-doio singolo, la famiglia A320 ha totalizzato ben 103 ordini fermi e 263 impegni d’acqui-sto, per un totale di 41,4 miliardi di dollari. Di questi, 323 sono neo e portano a oltre 4mila gli accordi per la famiglia A320neo, lanciata nel 2010. Per l’A320 il costruttore ha annun-ciato, in collaborazione con Efw e St Aerospa-ce, il nuovo programma di conversione car-go. “Nei prossimi vent’anni – ha detto John Leahy, coo Airbus – stimiamo una domanda per 32.600 velivoli e gli accordi ricevuti di-mostrano tre cose: che l’Asia sta guidando la crescita, che siamo leader nel segmento a corridoio singolo e doppio e che nel mezzo c’è l’A321neo (240 posti)”.

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Ancora conferme per Atr Anche quest’anno Atr ha riscosso un grande successo al salone di Le Bourget. La joint ven-ture paritetica tra Finmeccanica-Alenia Aer-macchi e Airbus Group ha annunciato ordini per 46 velivoli fermi e 35 opzioni, per un valore complessivo di circa 1,98 miliardi di dollari. In particolare, il contratto con il vettore Japan Airlines per otto Atr 42-600, a cui si aggiungo-no 15 opzioni, il primo con una compagnia del Giappone, ha rappresentato il 1.500esimo ordine fermo dall’inizio del programma. Altri ordini sono arrivati da Cebu Pacific (16 ordi-ni fermi e dieci opzioni), Binter Canarias (sei ordini fermi), Braathens Aviation (cinque or-dini fermi e 10 opzioni), Bahamas Air (cinque ordini fermi), Air Madagascar (tre ordini fer-mi) e da Air New Zealand per un Atr 72-600. Il costruttore ha anche annunciato importanti innovazioni destinate alla serie-600. In parti-colare, sarà migliorata l’avionica, grazie a un accordo con Thales. Oltre a questo, per i ve-livoli turboprop ci sarà nel 2016 una versione più grande della cabina Armonia e una con più capacità cargo. Attento da tempo a un ap-proccio green, il costruttore ha altresì fatto vo-lare – nell’ambito del progetto europeo Clean Sky – un prototipo di Atr 72-600 più leggero, grazie ai materiali compositi, ed equipaggiato con particolari sensori per lavorare alla ridu-zione delle emissioni.

Ordini e novità per BoeingTra le commesse registrate da Boeing al salo-ne di Le Bourget, spicca quella del lessor ame-ricano AerCap, che assieme al costruttore ha annunciato un ordine per cento 737 MAX 8, valutato a prezzi di listino 10,7 miliardi di dol-lari. Il nuovo Max è stato oggetto di un accordo anche con Korean Air, che ha annunciato un intento per trenta 737 Max e due 777-300Er, con opzioni per altri 20 Max. L’accordo è stato valutato 3,9 miliardi di dollari. Qatar Airways ha invece annunciato un ordine per dieci 777-8X e quattro 777 Freighter, per un valore di 4,8 miliardi di dollari a prezzi di listino. “Con questa firma – ha detto il ceo di Qatar Akbar Al Baker – confermiamo il grande successo del B777”. Boeing ha poi firmato un Mou per 7,4 miliardi di dollari con il gruppo Volga-Dnepr per altri 747-8 Freighter. Conferme anche per il programma Dreamliner, che ha ricevuto un ordine per sei 787-8 da parte di Ethiopian Ai-rlines. Gli aerei si andranno ad aggiungere ai tredici 787 già presenti nella flotta del vetto-re. A Parigi, Boeing ha firmato con il governo del Qatar per altri quattro C-17 Globemaster e venduto a un cliente europeo il suo primo Max 9 in versione Bbj. Il costruttore ha con-fermato al salone che il Max volerà nel 2016 che nel 2015 si raggiungerà la configurazione finale del 777X e che il primo 787-10 sarà con-segnato nel 2018.

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48 giugno 2015

Mentre rimbomba l’allarme aereo degli al-leati che mitragliano dal cielo le colonne tedesche in ritirata verso la Germania, tutti corrono a nascondersi nei rifugi-cantina, tutti tranne un bambino di cinque anni che a quelle squadriglie va incontro. Per Gian-carlo Zanardo, classe 1939, sfollato con la famiglia a Colle Umberto, il rombo degli Spitfire lungo la strada fra Conegliano e Vit-torio Veneto è musica per le orecchie. Inizia così un connubio che durerà tutta una vita quello tra Giancarlo e il volo. Ma l’episodio che più d’ogni altro ha segnato la sua vita ac-cade a guerra finita: durante una gita in se-conda elementare a Nervesa della Battaglia, scopre il sacello in ricordo di Francesco Ba-racca, abbattuto dagli austriaci il 19 giugno 1918 mentre colpiva i ponti di barche sul Piave per impedire l’avanzata dell’esercito austroungarico. Davanti all’incisione “Qui cadde il maggiore Francesco Baracca, asso degli assi” promette a se stesso che un gior-no avrebbe volato con un aeroplano uguale al suo. Esonerato dal servizio militare perché a vent’anni era già sposato e con figli, ottiene comunque il brevetto di pilota nel 1966 e a sessant’anni dalla promessa fatta nel luogo in cui fu combattuta la battaglia del solstizio, Zanardo ha sorvolato il sacello alla cloche di uno Spad xiii, un caccia monoposto biplano identico a quello del Baracca, costruito inte-ramente da solo. Ha realizzato, sempre da solo, altri velivoli storici famosi, dando poi

vita alla Fondazione Jonathan Collection, così da rendere pubblica la sua collezione di aerei d’epoca. Nemmeno un incidente nel 1970 lo ha trattenuto a terra: mentre stava caricando l’autogiro in auto dopo una gior-nata di volo a Bibione, un cavo d’acciaio si è spezzato e gli è caduto addosso insieme al paranco. Scatola cranica fratturata, labirinto schiacciato, sordità, mesi di ospedale e due anni di esaurimento nervoso non sono riu-sciti a spegnere in lui il desiderio di volare. Con la sua riproduzione del Fokker Dr1 – lo stesso di Manfred Von Richthofen, il Baro-ne rosso, leggenda dell’aviazione tedesca, morto a soli 25 anni sul fronte francese dopo aver totalizzato 80 abbattimenti – il 9 agosto 1988, nel 70esimo anniversario del volo su Vienna di Gabriele D’Annunzio, Zanardo re-plica l’impresa lanciando spartiti di Strauss al posto dei proclami gettati dal poeta. Omaggiare i grandi pionieri con gli aerei ori-ginali, modificati solo nei motori e nei freni per volare in sicurezza, è il segreto di queste imprese che hanno attirato l’ammirazione di tanti: dagli appassionati di volo ai direttori di musei aeronautici. Erano presenti perfino due ingegneri della Nasa a Guidonia durante la commemorazione del centenario del pri-mo volo della storia con il Flyer 1-1903 dei fratelli Wright, unica celebrazione al mondo effettuata con successo con una replica del-lo stesso modello. Costruita dall’aviatore del Piave ovviamente.

ilPERSONAGGIOChiara Rossi

Giancarlo Zanardopilota per passione, all’attivo oltre 2.500 ore di volo

Storia di un aviatore fai-da-te

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RIFLESSIONI SUI SALONI AERONAUTICI

Aviazione

Non so chi abbia visitato il salone di Le Bourget quest’anno in rappresentanza del governo né la questione interessa più di tanto. L’industria del settore invece – Finmeccanica – si è segnalata per una presenza minimale, uno stand di poche decine di metri quadri, due soli velivoli a terra. Una nota comune unisce i due comportamenti, quello del governo e quello dell’industria del set-tore: l’incapacità di mettere a fuoco il significato dei saloni aeronautici più prestigiosi e i conse-guenti livelli di partecipazione. Non sono lonta-ni i puntuali fasti della presenza industriale na-zionale, con stand da guerre stellari, esibizioni in volo a ripetizione di prototipi e non, coreografie conviviali nei più prestigiosi castelli britannici o francesi, a turno. Più regolare nella sua inade-guatezza il ruolo del governo, lo specchio della inconsapevolezza di ciò che accade nel mondo della difesa, dell’industria associata e delle tec-nologie che la accompagnano, che proprio per-ché di punta, andrebbero protette, pubblicizza-te, sostenute nei palcoscenici internazionali di maggiore prestigio, Le Bourget e Farnborough ad anni alterni. Invece, salvo qualche, (forse una sola) sporadica eccezione, un palpabile disinte-resse ha segnato il comportamento del mondo politico governativo, ministri distratti, poco con-sapevoli del contesto che li circondava nelle loro fugaci apparizioni.Vero è che ai saloni non si fanno affari, si an-nunciano solamente, le negoziazioni avvengo-no altrove e tuttavia tutto un certo mondo è lì, è

come alle grandi cerimonie ufficiali: devi esserci o mandare qualcuno in tua rappresentanza.Per una fortunata e bizzarra circostanza ho avu-to qualche anno fa la sorte di essere al seguito di un capo di governo europeo al salone di Du-bai, meno prestigioso degli europei ma più suc-culento nelle aspettative degli operatori: prima colazione e briefing al mattino all’ultimo piano dell’hotel Palace con un’inflessibile assistente che ha ripetuto come in una sceneggiatura la schedula del giorno. Il capo di governo in que-stione nelle ore successive ha interpretato fedel-mente la sequenza degli appuntamenti stringen-do mani di connazionali e di stranieri, facendosi fotografare negli stand del suo Paese, non sottra-endosi ad alcuna seppur minima opportunità da cui l’industria nazionale avesse potuto trarre vantaggio. Innumerevoli sarebbero gli esempi di come un governo dovrebbe sostenere la propria industria, sia nelle occasioni più “evidenti” come quelle di un Salone aerospaziale, sia in altre più lontane dalla luce dei riflettori. Certo è che c’è bi-sogno di una strategia nazionale anche in questo ambito. In proposito Renzi non dimentichi che all’interno della presidenza del Consiglio esiste un gruppo di lavoro interministeriale, probabil-mente dormiente, che si dovrebbe occupare di tutelare e promuovere gli interessi dell’industria della difesa. Ecco, sarebbe il caso che il nostro presidente del Consiglio si facesse un “selfie” con i componenti di questo gruppo e li mettesse al lavoro.

LEONARDO TRICARICO presidente Fondazione Icsa

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50 giugno 2015

IN ITALIA IL TRAFFICO TORNA A CRESCERE

Crescita del traffico, consolidamento dei dati relativi alla sicurezza e boom del numero dei si-stemi a pilotaggio remoto. Questi i principali dati emersi dal Rapporto e bilancio sociale Enac 2014, presentato in Senato alla presenza, tra gli altri, del presidente Pietro Grasso e del ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Graziano Del-rio. Invertendo la tendenza degli anni preceden-ti, nel 2014 il settore aeroportuale fotografato dall’Ente ha gradualmente ripreso a crescere. In Italia i passeggeri sono aumentati del 4,7% ri-spetto al 2013. “Questa ripresa è un buon segna-le”, ha detto il ministro, spiegando come l’Italia a questo punto debba aumentare l’efficienza e lavorare per integrare il trasporto aereo con l’alta velocità. “Non dobbiamo più pensare in maniera settoriale – ha aggiunto – perché la competitività dipenderà anche dal collegare in tempi rapidi gli hub con le reti ferroviarie”. I passeggeri transitati

sugli scali italiani sono stati oltre 150,2 milioni e, nei primi tre mesi del 2015, ha detto Alessio Quaranta, direttore generale di Enac, il traffico ha registrato un incremento del 5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. “Dopo l’incre-mento del 2014, questo dato ci fa ben sperare per l’anno in corso, tenendo conto del fatto che i primi tre mesi dell’anno sono il periodo di bassa stagione del settore e delle difficoltà che potreb-bero arrivare da Fiumicino”. Per quanto riguarda invece la sicurezza, a livello mondiale il 2014 è stato un anno di stabilità, che ha visto consoli-dare gli ottimi risultati dell’anno precedente e, in particolare, il dato di incidentalità in Europa (0,15 incidenti per milione di voli) è rimasto co-stante rispetto al 2013, anno che, come ha ricor-dato il presidente Vito Riggio, è stato “il migliore di sempre nella storia del settore”. “L’incidente al volo di Germanwings – ha poi spiegato il pre-

MICHELA DELLA MAGGESA

I passeggeri transitati sugli scali italiani sono stati oltre 150,2 milioni nel 2014 e, nei primi tre mesi del 2015, il traffico ha registrato un incremento del 5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Lo rileva il Rapporto 2014 dell’Enac. Per l’Ente è stato anche l’anno dei droni, visto che a breve uscirà la seconda edizione del regolamento che disciplinerà l’acquisizione delle competenze per il pilotaggio e ne semplificherà l’impiego, in attesa della normativa europea dell’Easa

Aviazione

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Da alcuni anni la comunità del trasporto aereo ha aperto un di-battito sul riassetto istituzionale della governance del settore che favorisca un intervento normativo per chiarire competenze, respon-sabilità e poteri dei soggetti che compongono la complessa filiera aeroportuale, anche in considera-zione dei compiti affidati all’Auto-rità dei trasporti (Art), superando così pericolose zone grigie e consentendo l’efficientamento e il miglioramento degli standard qualitativi del servizio pubblico, per il corretto presidio degli inte-ressi dei passeggeri e della loro sicurezza.In tale contesto, l’implementa-zione nell’ordinamento nazionale delle previsioni del Reg. Ue n. 139/2014, che ha stabilito i requi-siti tecnici e le procedure ammini-strative per la certificazione degli aeroporti, riconoscendo al gestore

un ruolo di coordinamento dell’at-tività aeroportuale oggi, per la parte pubblica, ancora di perti-nenza dell’Enac, rappresenta l’oc-casione per operare la necessaria riorganizzazione, ricollocando sul gestore aeroportuale la piena ed effettiva responsabilità operativa nella gestione dello scalo e con-solidando in capo all’Ente poteri di indirizzo, ispettivi e di vigilanza attiva, così superando la supposta dualità di responsabilità che, evi-dentemente, genera una dannosa incertezza di carattere giuridico. Tale percorso di rinnovamento può permettere all’Enac di proiet-tarsi nel futuro, investendo in nuo-vi progetti, nonostante la critica riduzione delle risorse professio-nali a disposizione. Così possiamo immaginare un Enac 2.0 che, eser-citando le proprie competenze e sfruttando al meglio il proprio know how, potrà affermarsi in un

settore ricco di grandi potenzialità come quello degli aeromobili a pi-lotaggio remoto (Apr), la cui spe-rimentazione e regolamentazione vede il nostro Paese all’avanguar-dia nel panorama europeo, aven-do già individuato nell’aeroporto di Grottaglie l’infrastruttura a ciò specificatamente dedicata. Ri-spetto a tali obiettivi, è evidente che l’attuazione del Reg. Ue n. 139/2014, e le correlate modifiche codicistiche, rappresentano un’op-portunità per completare, in tempi brevi, il riassetto istituzionale di cui il nostro ordinamento ha biso-gno, un cambiamento necessario per continuare a riconoscere all’E-nac il ruolo di amministrazione all’avanguardia che sin dalla sua istituzione, nel 1997, ha distinto l’Autorità dell’aviazione civile nel sistema delle Pa.

Per un Enac 2.0

PIERLUIGI DI PALMA presidente Centro studi Demetra

sidente – ha gettato su questi dati un’ombra, che ha aperto una riflessione sul fattore umano, che va condotta nell’interesse dei passeggeri, la cifra dei quali cresce continuamente”. Il 2014 è stato l’anno dei droni, settore dove Enac ha dato attuazione al regolamento Mezzi aerei a pilotaggio remoto, per rispondere alle esigenze di regolazione di questa innovativa categoria di mezzi aerei, nonché alla disciplina del loro uti-lizzo sia a livello amatoriale sia a livello profes-sionale. A breve uscirà, poi, la seconda edizione del regolamento che disciplinerà l’acquisizione delle competenze per il pilotaggio di questi siste-mi e che semplificherà l’impiego di quelli a mi-nore fattore di rischio, in attesa di una normativa europea che si sta mettendo a punto in ambito Easa. “Nel 2014 – spiega il vicedirettore Enac, Be-nedetto Marasà – sono state valutate 177 dichia-razioni di operatori Sapr per attività sperimenta-

le, 102 dichiarazioni di operatori per operazioni specializzate non critiche e sono state emesse otto autorizzazioni per operazioni specializzate critiche”. Inoltre, fa sapere Enac, sono state ri-conosciute 69 organizzazioni di addestramento per Sapr parte teorica e/o pratica ed emessi otto permessi di volo. Nel Rapporto si parla anche di volo suborbitale. Nel 2014 Enac ha infatti firmato un Memoran-dum con la Federal aviation administration per gettare le basi del trasporto commerciale spa-ziale. Con questo documento, l’Ente è la prima autorità dell’aviazione civile al mondo a stabilire una collaborazione con l’omologa statunitense in questo settore avveniristico, con l’obiettivo di sviluppare progetti regolamentari e di sperimen-tazione per i voli commerciali in Italia.

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52 giugno 2015

“Comandante, l’uovo non è fresco”, disse il primo ufficiale. “Sembra anche a me”, aggiunse il motorista, raccogliendo l’invi-to lanciatogli dal comandante con gli oc-chi. “D’accordo”, sospirò il comandante, “all’atterraggio lo segnaliamo al caposca-lo. Chissà che questa volta non ci ascolti-no”. L’uovo, insieme a prosciutto crudo (70 grammi di san Daniele, oppure di cotto, o ancora di bresaola), tonno, mozzarella (op-pure formaggino), barretta di cioccolata, frutta fresca e persino una bustina di vita-mina C faceva parte del menu sviluppato per gli equipaggi dal professor Giuseppe Dal Fabbro, il medico aerospaziale dell’u-niversità di Roma assunto da Alitalia negli anni Sessanta con qualifica dirigenziale quale direttore del servizio Med. Da questa esperienza Dal Fabbro trasse il libro La me-dicina d’aviazione di linea (Torino, Minerva medica, 1973). La novità del pasto confe-zionato studiato per una dieta equilibrata fu accompagnata da un certo scetticismo. Il vassoietto fu presto indicato con sopran-nomi che andavano dal “vassoio Dal Fab-bro” al “vassoio dell’astronauta”. Ai vari membri dell’equipaggio toccavano pro-dotti diversi tra loro o inscatolati all’origi-ne, evitando così il rischio di simultanea intossicazione e incapacitazione dei piloti.

L’uovo sodo sostituiva obbli-gatoriamente il prosciutto sui voli destinati in Medio Orien-te o in Paesi islamici. Benché non fosse possibile dimostra-re la deposizione delle varie uova da parte di galline diver-se, ai fini della salute valeva il criterio del confezionamento diverso – cioè il guscio – tra una porzione e l’altra. Nep-pure questo costituiva però una garanzia assoluta. Le ri-petute segnalazioni di appa-rente scarsa freschezza delle uova furono raccolte dall’Anpac. L’allora potente associazione professionale dei piloti commerciali ottenne che la compa-gnia riportasse sul guscio dell’uovo la data di confezionamento. Controllarla prima di mangiare divenne così un’abitudine re-golare. Finché un giorno: “Comandante, l’uovo ...”, “È scaduto anche questa volta?”, “No, al contrario! È il più fresco che abbia mai mangiato. Pensa tu che è stato confe-zionato domani ...”.

Si ringraziano Giancarlo Biranti, Franco Di Antonio, Agostino Ferrari, Carlo Galliotto, Walter Gori, Adalberto Pellegrino

INGREDIENTIUova fresche (attenzione alla data di scadenza!)

PREPARAZIONELavare bene le uova e metterle in un pentolino.Riempire il pentolino con acqua fredda, fino a coprire le uova.Portare l’acqua a ebollizione e far bollire per 8-10 minuti, in base alla grandezza delle uova.Scolare le uova e raffred-darle sciacquandole con altra acqua corrente fredda.Sgusciare e salare a piacere.

FOODforFLIGHTGregory Alegi

L’uovo del giorno dopo

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54 giugno 2015

EUROPA, USA, RUSSIA E CINA ALLA PROVA DEI LANCIATORI

Tempo fa, un lanciatore russo Pro-ton, uno tra i veicoli di lancio più potenti al mondo, è decollato dalla mitica base di Baikonour nel Ka-zahstan, per portare in orbita geo-stazionaria un satellite messicano per telecomunicazioni commercia-li. I motori del Proton (sei sul primo stadio, tre sul secondo, e poi uno sul terzo e quarto) sono così potenti che il lanciatore può inserire un satellite da 3 tonnellate direttamente nell’or-bita geostazionaria a 36mila km di altezza. Non ha rivali in questo. Però lo scorso maggio dopo circa otto mi-nuti dal lancio la turbopompa del ter-zo stadio si è arrestata e il lanciatore col satellite da 300 milioni di dollari è precipitato nella steppa, non senza qualche apprensione per il rilascio di propellente altamente tossico. Il set-timo insuccesso di un Proton in quat-tro anni e mezzo: una battuta d’arre-sto decisamente preoccupante e che segue di un mese il fallimento di una altro mitico razzo russo, la Soyuz, che doveva portare un cargo Progress sul-la Stazione spaziale internazionale.

L’astronave ha avuto un problema al momento del rilascio dalla Soyuz, è rimasta bloccata in orbita bassa e poi ricaduta sulla Terra, fortunatamente sul Pacifico, ma privando l’equipag-gio della Stazione spaziale interna-zionale, tra cui la nostra Cristoforetti, dei necessari rifornimenti. Un pessi-mo momento per i veicoli di lancio russi. Nello stesso momento in cui esplodeva sul Kazahstan il Proton, dall’altra parte dell’Atlantico a Wa-shington il Pentagono annunciava che il Falcon aveva messo i “gradi”. La società SpaceX del miliardario Elon Musk (si veda Airpress 53 di febbra-io 2015) ha ottenuto l’approvazione, lungamente attesa, della US Air for-ce per lanciare i satelliti militari con il suo Falcon 9, aprendosi quindi la strada del lucroso mercato governa-tivo che dagli anni 90 è stato mono-polio della joint venture Ula di Boeing e di Lockheed Martin. E sempre nello stesso momento, in Europa, la socie-tà francese Airbus-Safran Launchers, Asl, (si veda Airpress 47 di luglio 2014) ha presentato la sua offerta formale,

MARCELLO SPAGNULO ingegnere aeronautico ed esperto aerospaziale

GEOPOLITICA DEI LANCIAriane e Falcon stanno dispiegando le loro ali in una serrata competizione commerciale che li vede, già oggi che il russo Pro-ton ha gravi problemi, in lotta per il mercato dei 25-30 satelliti di teleco-municazione lanciati ogni anno nello spazio. La Sa-tellite industry association ha calcolato in 5,9 miliardi di dollari il turn over dei lanci spaziali nel 2014, in crescita del 9% rispetto al 2013, ed è interessante notare che la quota parte di questo mercato che gli Usa si sono aggiudicati è stata leggermente in-feriore a quella dell’anno precedente, il 41% rispet-to al 45% del 2013. Su 22 lanci ordinati nel 2014, ben 11 sono andati negli Stati Uniti, cioè al Falcon, e dieci all’europeo Ariane 5, solo uno in Russia al Proton

Spazio

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circa 3,2 miliardi di euro, all’Agenzia spaziale europea per il lanciatore di nuova generazione Ariane 6 da lan-ciarsi nel 2020. A giugno di quest’an-no poi la Asl ha acquisito il 75% della società commerciale Arianespace che è ormai una società privata sen-za più quote del governo francese. Ariane e Falcon stanno quindi dispie-gando le loro ali in una serrata com-petizione commerciale che li vede, già oggi che il russo Proton ha gravi problemi, in lotta per il mercato dei 25-30 satelliti di telecomunicazione lanciati ogni anno nello spazio. Un mercato importante: la Satellite in-dustry association ha calcolato in 5,9 miliardi di dollari il turn over dei lan-ci spaziali nel 2014, in crescita del 9% rispetto al 2013, ed è interessante no-tare che la quota parte di questo mer-cato che gli Usa si sono aggiudicati è stata leggermente inferiore a quella dell’anno precedente, il 41% rispetto al 45% del 2013. Su 22 lanci ordina-ti nel 2014, ben 11 sono andati ne-gli Stati Uniti, cioè al Falcon, e dieci all’europeo Ariane 5, solo uno in Rus-

sia al Proton. Un trend che dal 2011 rispecchia l’evoluzione industriale del settore dei lanciatori, con l’arrivo dell’outsider Falcon che ha spezza-to il monopolio russo-europeo degli anni 2000. Uno scenario però desti-nato a mutare ancora. Due colossi industriali come Boeing e Lockheed Martin difficilmente potevano resta-re inerti di fronte all’aggressività in-novativa di un competitor come Spa-ceX. La loro joint venture Ula dispone di due lanciatori formidabili, l’Atlas v e il Delta iv, ma costosissimi. Un lancio del Delta può costare oltre 300 milioni di dollari rispetto agli 80-100 di un Falcon 9 Heavy della SpaceX. Inoltre le recenti tensioni geopoli-tiche tra Russia e Usa hanno messo in seria difficoltà la fornitura com-merciale alla Lockheed Martin dei motori RD-180 prodotti dalla russa Npo-Energomash (si veda Airpress 50 di novembre 2014) che equipaggiano il primo stadio dell’Atlas v. Tutto que-sto ha portato i due giganti industria-li statunitensi a unire le loro forze e progettare un solo lanciatore made

L’EUROPA PUNTA SU ARIANE 6In Europa, la società fran-cese Airbus-Safran Laun-chers (Asl) ha presentato la sua offerta formale, circa 3,2 miliardi di euro, all’Agenzia spaziale eu-ropea per il lanciatore di nuova generazione Ariane 6 da lanciarsi nel 2020. A giugno di quest’anno poi la Asl ha acquisito il 75% della società commerciale Arianespace che è ormai una società privata senza più quote del governo francese

VULCANO SFIDA ELON MUSKI due giganti Boeing e Lockheed Martin hanno unito le loro forze e pro-gettato un solo lanciatore made in Usa che racchiu-de il meglio del Delta e dell’Atlas. E per sfidare Elon Musk, Vulcano sarà nel 2020 un lanciatore molto competitivo per Falcon e per Ariane. Il primo stadio, derivato dal serbatoio criogeni-co dell’attuale Delta IV, utilizzerà due motori BE-4 della Blue Origin di nuovissima concezione a ossigeno e metano, e sarà potenziato da una serie di propulsori laterali a solido uguali a quelli oggi usati sull’Atlas V. I motori BE-4 forniranno una spinta di 4.900 Kn in luogo dei 4.150 Kn del RD-180

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56 giugno 2015

in Usa che racchiuda il meglio del Delta e dell’At-las. E per sfidare Elon Musk, genio informatico del web, hanno chiamato a raccolta gli appassionati americani a votare su Internet il loro nome prefe-rito per il nuovo lanciatore a stelle e strisce. Più di un milione di persone si è pronunciata via web e il nome Vulcano è risultato il più cliccato rispet-to a Eagle, Freedom o Zeus. Vulcano è sì il nome del Dio greco del fuoco, ma è anche più prosaica-mente il pianeta natale del noto Mr Spock, il vulca-niano dalle orecchie a punta della serie televisiva Star Trek, e che fu interpretato dall’attore Leonard Nimoy, scomparso di recente. È indubbio che la partecipazione emotiva al lutto dei votanti del web abbia plebiscitato il nome Vulcano rispetto agli altri. In ogni modo Vulcano sarà nel 2020 un lan-ciatore molto competitivo per Falcon e per Ariane. Il primo stadio, derivato dal serbatoio criogenico dell’attuale Delta iv, utilizzerà due motori BE-4 della Blue Origin di nuovissima concezione a os-sigeno e metano, e sarà potenziato da una serie di propulsori laterali a solido uguali a quelli oggi usa-ti sull’Atlas v. I motori BE-4 forniranno una spin-ta di 4.900 Kn in luogo dei 4.150 Kn del RD-180, quindi la potenza al decollo sarà ben maggiore di quella oggi disponibile sull’Atlas v. Il secondo sta-dio sarà l’affidabile Centaur in uso dagli anni 60, e la grande ogiva che alloggerà i satelliti sarà fabbri-cata dalla svizzera Ruag, che realizza anche quelle

di Ariane, in due dimensioni: 4 metri e 5,4 metri. Davvero un bel competitor per Ariane e Falcon. E poi non poteva mancare il Dragone cinese. Al cal-do tropicale dell’isola di Hainan, i cinesi stanno as-semblando il loro più grande lanciatore, il Lunga marcia 5, per un lancio inaugurale nel 2016. Alto 62 metri e con un peso al decollo di 800 tonnellate, trasporterà 25 tonnellate di carico utile in orbita terrestre, o un’astronave da 14 tonnellate per Mar-te o la Luna; sotto la sua ogiva da oltre 5 metri di diametro potrà alloggiare grandi satelliti spia, lo spazioplano Shenlong (si veda Airpress 50 di Apri-le 2015), le capsule Shenzhou con equipaggio, e i moduli per la nuova stazione orbitante Tiangong 2. Al momento i responsabili cinesi non si pro-nunciano sul suo utilizzo nel mercato commer-ciale, ma qualora dovessero farlo si tratterebbe di un altro temibilissimo competitor per Ariane e Fal-con. Senza contare che già negli anni 90 il Lunga marcia 4 stava raccogliendo discreti successi nel business commerciale, ma una serie di fallimenti e soprattutto il divieto Itar-Usa di esportare satel-liti con componenti americani in Cina ne avevano minato il percorso. Oggi però il Lunga marcia 3A e le sue versioni potenziate CZ-3B e CZ-3C hanno un track-record di successi di tutto rispetto e presto saranno dei seri competitor a livello commerciale. Per Ariane e il Falcon la Lunga marcia per le stelle è cosparsa di fuoco vulcaniano.

IL DRAGONE VERSO IL LUNGA MARCIAI cinesi stanno assemblando il loro più grande lanciatore, il Lunga marcia 5, per un lancio inaugurale nel 2016. Alto 62 metri e con un peso al decollo di 800 tonnellate, trasporterà 25 tonnel-late di carico utile in orbita terrestre, o un’astronave da 14 tonnellate per Marte o la Luna; sotto la sua ogiva da oltre 5 metri di diametro potrà alloggiare grandi satelliti spia, lo spazioplano Shenlong, le capsule Shenzhou con equipaggio, e i moduli per la nuova stazione orbitante Tiangong 2. Il suo utilizzo nel mercato commerciale non è ancora certo, ma qualora dovesse av-venire si tratterebbe di un altro temibi-lissimo competitor per Ariane e Falcon

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Lo scorso 16 maggio, 490 secondi dal lan-cio avvenuto dal cosmodromo di Baikonur, il razzo Proton M ha subìto un catastrofi-co malfunzionamento del terzo stadio del razzo vettore portando alla perdita del cari-co, il satellite di comunicazione “Centena-rio” commissionato dal Messico.Il sistema propulsivo del Proton M include un primo stadio con sei motori RD-276 che sviluppano circa 2.500 lbf, un secondo sta-dio con tre RD-0210 e un RD-0211 per un totale di circa 540mila lbf; il terzo stadio con motore RD-0212 in grado di sviluppare 131mila lbf di spinta.Nonostante le indagini siano appena ini-ziate, sembra consolidata l’idea che il pro-blema sia localizzato nel sistema propulsi-vo, in particolare al terzo stadio.Solo poche settimane prima avevamo as-sistito alla perdita della Progress M-27M, partita il 28 aprile sempre da Baikonur per portare rifornimenti e logistica alla Stazio-ne spaziale internazionale. Anche in que-sto caso, le prime indicazioni sembrano convergere su un malfunzionamento del

sistema propulsivo e in particolare del ter-zo stadio del razzo vettore Soyuz.Il 28 ottobre dello scorso anno, presso la base di lancio di Wallops Island, è esploso il razzo Antares: evento apparentemente scollegato dagli altri due, a parte il fatto che Antares utilizza motori di fabbricazio-ne russa. Senz’altro si tratta di un momento non po-sitivo dei sistemi propulsivi e in particolare di quelli russi ma, in un’ottica più ad am-pio raggio, vale meditare sull’effettiva op-portunità di continuare con il monopolio dei sistemi di lancio verticale multistadio.L’alternativa potrebbe essere sviluppare sistemi single stage to orbit, per esempio quelli muniti di capacità horizontal takeoff-horizontal landing. Ricordiamo, in questo senso, sia il proget-to inglese Skylon e il relativo sistema pro-pulsivo Sabre, sia i dimostratori come Ixv dell’Agenzia spaziale europea, anche se per i futuri programmi dovremo concentrarci a migliorarne le capacità per consentire l’at-terraggio in pista.

PENSIERIspazialiRoberto Vittori — astronauta

Sbagliando s’impara!

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58 giugno 2015

DESIRE II DECOLLA CON L’IMPRONTA MADE IN ITALY

Decolla Desire ii, il progetto di connettività satel-litare per sistemi a pilotaggio remoto, di cui si era discusso durante l’incontro sul tema presso l’E-sa. L’importanza del settore dei Remotely piloted aircraft systems è resa evidente dalla crescente at-tenzione su tali piattaforme, per una pluralità di applicazioni in campo istituzionale e governativo e in prospettiva nel campo commerciale. Lo svi-luppo di tali macchine ha avuto un rapida acce-lerazione nell’ultima decade, partendo dalle ap-plicazioni in campo militare, ma aprendosi oggi a una vasta pluralità di applicazioni in campo ci-vile e commerciale, e rappresentando un poten-ziale di sviluppo economico particolarmente si-gnificativo, non solo per il settore manifatturiero aerospaziale, trasversale a molti settori produtti-vi e pienamente integrato nell’evoluzione dell’In-ternet of things. Come descritto nella dichiara-zione di Riga di poche settimane fa, Framing the future of aviation, siamo di fronte a una transfor-mational technology. L’importanza del settore è

testimoniata anche dall’attenzione delle istitu-zioni europee e della Commissione che ha ideato una prima strategia per supportare il progressivo sviluppo del settore civile, indirizzando aspetti quali la pubblica accettazione delle piattaforme a pilotaggio remoto, la sicurezza, la privacy solo per citare alcuni aspetti particolarmente rilevanti assieme agli elementi regolatori e naturalmen-te a quelli tecnologici (sense & avoid, comment & control communication link). Il quinto Rpas user-stakeholder workshop, tenutosi a Noordwjik lo scorso 21 maggio, ha visto il contributo di Esa, Eda, rappresentanze delle istituzioni e authority europee, di attori del mondo della ricerca e na-turalmente del mondo industriale. È emerso un ruolo particolarmente rilevante dell’Italia, con la presentazione del progetto Esa-Eda di Desire ii guidato da Telespazio in team con Piaggio Aero-space, fornitrice del velivolo demo P.1HH Ham-merHead come testbed di volo, e Selex Es.Il consigliere militare del presidente del Consi-

Spazio

MASSIMO CLAUDIO COMPARINI chief technical officer, Telespazio

Il progetto Desire ii, partito lo scorso aprile con durata di 18 mesi e budget di circa 2,6 milioni di euro, mira a fornire connettività satellitare per sistemi a pilotaggio remoto. Infatti, per consentire un’integrazione sicura nei cieli europei, le tecnologie satellitari giocano un ruolo-chiave. Così come la navigazione satellitare è essenziale al fine di rendere possibile un alto livello di autonomia in tutte le fasi di volo

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glio, Carlo Magrassi, ha testimoniato l’attenzione dell’Italia sul tema, garantendo la centralità del-la connettività e delle tecnologie di navigazione satellitare nel percorso di sviluppo dei prossimi anni, evidenziando l’efficace collaborazione tra autorità militari e civili (Enac e Enav) per la spe-rimentazione e l’utilizzo di tali velivoli, la presen-za in Italia di qualificati attori nel mondo delle ricerca scientifica e industriale e la possibilità di sperimentazione in corridoi dedicati non presen-te allo stesso livello in altri Paesi. Per consentire un’integrazione sicura nei cieli europei, le tecno-logie satellitari giocano un ruolo chiave nel ren-dere possibile comunicazioni Beyond radio line of sight (Brlos) a elevata data rate per i payload di bordo ovvero per le funzioni di Comando e con-trollo (C2), Detect & avoid (D&a) e per servizi di Air traffic (Ats). Inoltre, la navigazione satellitare è essenziale al fine di rendere possibile un alto li-vello di autonomia in tutte le fasi di volo.Il progetto Desire ii, partito lo scorso aprile con

durata di 18 mesi e budget di circa 2,6 milioni di euro, è stato oggetto di una specifica presentazio-ne a testimonianza della sua importanza. Esa ed Eda hanno concepito un progetto con lo scopo di dimostrare, nell’ambito della European demon-stration roadmap, servizi basati su Rpa in Beyond radio line of sight (Brlos) utilizzanti sia SatCom sia SatNav in spazi non segregati e di supporta-re il processo regolatorio nel contesto europeo. Esempi di servizi in ambito istituzionale civile sono: Maritime surveillance and border control, environmental surveillance e Law enforcement.Nel progetto sono previste tre campagne com-plementari di validazione: una simulazione allo scopo di validare l’Air traffic injection e i requisiti utente; una emulazione essenzialmente mirata alla caratterizzazione dei collegamenti satellitari nelle diverse bande (L, Ka); un test nell’ambiente operativo reale, con dimostrazione di volo con-dotta sotto la guida del controllo del traffico ae-reo civile al fine di validare l’intera architettura.

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60 giugno 2015

Dopo sette anni e mezzo e percorsi quasi 5 miliardi di km, nella prima settimana di giugno la sonda della Nasa Down è entra-ta in orbita intorno a Cerere, un pianeta nano nella fascia degli asteroidi tra Marte e Giove. Per gli scienziati rappresenta un appuntamento storico per molte ragioni: è il più grande tra gli asteroidi e il più antico, praticamente sferico, ha un diametro di circa 950 km ed è simile ai satelliti Europa di Giove ed Encelado di Saturno, il che si-gnifica che potrebbe avere caratteristiche astrobiologiche che aiutino a comprende-re le fasi evolutive della formazione del si-stema solare.Cerere è un ottimo campione, rimasto intatto, dei “mattoni planetari” – i proto-pianeti – che durante la prima fase della formazione del sistema solare hanno for-mato Venere, Terra e Marte. Fu scoperto nel 1801 dall’astronomo italiano Giuseppe Piazzi e promosso da semplice asteroide a pianeta nano nel 2006 dall’Unione astrofi-sica internazionale. Dalle poche immagini sin qui registrate, il suolo appare martoriato al pari di quello lunare e le ipotesi sulle cause sono varie: i crateri possono essere il risultato di una pioggia di sciami di meteoriti generati dal-la frammentazione di un asteroide vicino o

il prodotto di un impatto sulla superficie di materiale autoctono causato dall’urto con un corpo minore.Un altro aspetto importante è che, grazie anche ai due strumenti italiani sulla son-da, sarà possibile verificare se il sottosuolo nasconda un oceano liquido, forse l’acqua. Questa ipotesi è avvalorata dalle osserva-zioni dello scorso anno del telescopio Her-schel della Nasa che mostravano la presen-za di enormi geyser, segno di una attività geologica rilevante.A bordo di Down sono montati tre stru-menti: una camera che opera nel visibile, uno spettrometro che opera sia nel visibi-le sia nell’infrarosso e uno spettrometro a raggi gamma. La combinazione delle tre osservazioni eseguite in parallelo permet-terà un’analisi completa delle caratteristi-che fisico-chimiche del suolo del pianeta. Se le osservazioni confermeranno le prime stime degli scienziati, Cerere si mostrerà composta per il 25% d’acqua, una quanti-tà maggiore di tutta l’acqua presente sulla Terra. La sonda ruoterà intorno al pianeta sino a quando, consumato tutto il combu-stibile del suo motore a ioni di Xeno, co-mincerà a fluttuargli intorno diventando una sua luna artificiale.

ilDITOe laLUNAEzio Bussoletti

docente di Fisica e Tecnologie spaziali presso l’Università Parthenope

Un pianeta nano visto da Down

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L’ennesimo colpo grosso da parte di hacker non ancora identificati, ma indirettamen-te collegati al governo russo, ha colpito e messo fuori uso il sito web istituzionale dell’US Army. Obama (in trasferta per il G7) ha reagito chiedendo al Congresso ameri-cano di inasprire le pene per chi compie attacchi informatici prevedendo anche il congelamento dei beni economici e finan-ziari. Tuttavia, per stessa ammissione del presidente americano, sono ancora molte le debolezze presenti nei sistemi informa-tici pubblici e privati che potrebbero met-tere a repentaglio la sicurezza e il benesse-re degli Stati Uniti. Anche per questi ultimi eventi, la Casa Bianca ha deciso di inserire nel prossimo budget federale (il Fy 2016) una spesa per la cyber-security incrementa-ta del 10% rispetto all’anno in corso. In par-ticolare, secondo le stime fatte dall’analisi del prossimo budget che dovrà essere ap-provato dal Congresso, il bilancio federale del 2016 prevede lo stanziamento di circa

15 miliardi di dollari per la cyber-security. Inoltre, complessivamente la spesa previ-sta per il 2015 per il solo dipartimento del-la Difesa (Dod) in materia cyber si assesta a circa 5,5 miliardi di dollari. Il solo Cyber command prevede un incremento del 7% della spesa relativa alla messa in sicurezza della rete informatica del Dod. Infine, per il 2016 l’obiettivo principale rimane l’ar-ruolamento di 6mila esperti informatici in dotazione al Pentagono per condurre le cyber-ops, ovvero le operazioni militari nel dominio cibernetico. Tutti questi numeri devono essere som-mati e integrati alla recente Cyber-strategy (pubblicata lo scorso aprile dal diparti-mento della Difesa statunitense) la qua-le, tra gli obiettivi strategici, mira anche a mettere a regime la Cyber mission force che sarà composta proprio da 6.200 operatori divisi in 113 unità.

CYBERneticsLuigi Martino

teaching and research assistant in Ict policies presso l'Università di Firenze

Verso la Cyber mission force

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62 giugno 2015

IL FATTORE CYBER NELLE OPERAZIONI MILITARI

La possibilità di utilizzare un siste-ma informatico è un’esigenza impre-scindibile per svolgere tutte le princi-pali attività della vita di ogni giorno: dall’accesso a un servizio pubblico, all’acquisto di un bene, dallo svolgi-mento del lavoro quotidiano ai modi per trascorrere il tempo libero. La familiarità e la dipendenza da uno strumento informatico è tanto più elevata quanto più è giovane il suo utilizzatore, tanto è vero che i ragazzi al di sotto dei vent’anni (i nativi digi-tali) sono ormai incapaci di immagi-nare la loro vita senza averne sempre uno in tasca o a portata di mano.La medesima priorità e rilevanza non poteva non estendersi all’organizza-zione delle Forze armate, per cui lo stesso livello di dipendenza da un si-stema informatico pervade il mondo militare e gli strumenti a disposizio-ne per lo svolgimento dei compiti as-segnati. È naturale che tale rilevanza e impatto avessero come contraltare il fatto che i “cattivi” di tutte le orga-nizzazioni, da quelle statuali a quelle criminali, decidessero di perseguire i propri fini illeciti o distruttivi con gli stessi mezzi informatici per il

vantaggio che facilmente è possibile ottenere: in estrema sintesi un com-puter è diventato anche un’arma con la quale combattere, per cui esiste una precisa minaccia che cerca con-tinuamente vantaggi a danno di Stati o individui. È già in corso ogni giorno una vera e propria guerra che per ora è quasi invisibile e solo economica, ma che potrebbe includere anche ef-fetti cinetici. Gli Stati Uniti sono in-dubbiamente il Paese nel quale sono nate e si sono sviluppate tali capacità e continuano a essere i promotori di gran parte delle nuove iniziative. La sensibilità e la consapevolezza del governo Usa del livello di minaccia sono altissime, tanto da definire e presentare una nuova strategia che indirizza tutte le attività e gli investi-menti del Department of defense (Dod) nel settore nei prossimi cinque anni. Alla cosiddetta dimensione cyber o cibernetica, per usare un’espressio-ne autarchica, non solo viene ormai riconosciuto il rango di dominio, paritetico a quelli più tradizionali (terrestre, marittimo o aerospaziale) ma è anche a loro trasversale. Al Dod viene richiesto di intraprendere tut-

Cyber

GIANDOMENICO TARICCO comandante del Centro Intelligence interforze del 2° Reparto dello stato maggiore della Difesa

UNA CULTURA DA COLTIVARESolo con un costante investimento su una “corretta cultura cyber” si disporrà di un sistema idoneo ed adeguato a condurre operazioni ci-bernetiche. La sensibilità e la consapevolezza del governo Usa del livello di minaccia sono altissime, mentre la Cina nel suo Libro bianco attribui-sce la massima priorità alla realizzazione di una capacità cibernetica so-stanziale e complemen-tare alle altre capacità militari

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te le azioni necessarie per costituire una vera e propria forza cibernetica a cui sono affidate tre missioni: difen-dere le sue reti, i suoi sistemi e le sue informazioni; tutelare gli Stati Uniti e i suoi interessi contro gli attacchi cibernetici di livello significativo; for-nire capacità cibernetiche integrate per supportare operazioni militari e piani di contingenza. Pur essendo il sistema delle reti e dei sistemi della Difesa Usa il più complesso e sofisti-cato al mondo, non viene ritenuto autosufficiente, per cui è riconosciu-ta l’assoluta priorità di stabilire un rapporto continuo e costante con il mondo privato, grazie al quale è pos-sibile far convergere le migliori risor-se ed energie per il conseguimento degli obiettivi comuni. Medesima sinergia deve essere perseguita con i Paesi partner ed alleati, per costruire anche in questo dominio un sistema di difesa interoperabile ed efficace.È di poco tempo fa la pubblicazione del primo Libro bianco della Dife-sa cinese. Per la prima volta con un approccio occidentale, anche il go-verno cinese presenta i propri piani futuri. Nella definizione del nuovo

e complesso sistema, viene attribu-ita la massima priorità alla realiz-zazione di una capacità cibernetica sostanziale e complementare alle al-tre capacità militari. In Italia grandi passi sono stati fatti per creare una corretta sensibilità sulla materia, un processo che, attraverso inizia-tive di vario genere, dai dibattiti nei think tank e nel mondo accademico a esperimenti ed esercitazioni, ha cre-ato le condizioni per l’adozione di un provvedimento legislativo, il Dpcm del 24 gennaio 2013, con il quale si sono definite una struttura organiz-zativa e una governance per il settore. La Difesa italiana sta riconoscendo la prioritaria importanza di inserire le operazioni cibernetiche nello spettro di capacità da sviluppare per un’effi-cace sistema di sicurezza. Tuttavia è essenziale evidenziare che l’elemen-to più critico e più importante di qua-lunque sistema informatico rimane comunque quello umano: infatti, solo con un costante investimento su una “corretta cultura cyber” si dispor-rà di un sistema idoneo e adeguato a condurre operazioni cibernetiche.

I PASSI IN AVANTI DELL’ITALIAIn Italia grandi passi sono stati fatti per creare una corretta sensibilità sulla materia, un processo che, attraverso iniziati-ve di vario genere, dai dibattiti nei think tank e nel mondo accademico a esperimenti ed eser-citazioni, ha creato le condizioni per l’adozione di un provvedimento le-gislativo, il Dpcm del 24 gennaio 2013, con il qua-le si sono definite una struttura organizzativa e una governance per il settore. La Difesa italia-na sta riconoscendo la prioritaria importanza di inserire le operazioni ci-bernetiche nello spettro di capacità da sviluppare per un’efficace sistema di sicurezza

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64 giugno 2015

SAVEtheDATE

1 LUGLIO

Avio Aero e Iai discutono di aerospazio“Sviluppo e innovazione nei settori strategici a elevata tec-nologia” è il titolo del convegno organizzato da Avio Aero e Iai il 1 luglio alle ore 15 presso Palazzo Rospigliosi a Roma. Interverran-no, tra gli altri, il commissario europeo per il mercato interno, l’industria, l’imprenditoria e le piccole e medie imprese Elzbieta Biezkowska, il vice presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani e il consigliere militare del presidente del Consiglio il gene-rale Carlo Magrassi.

8 LUGLIO

A Singapore per parlare di cyber-security Si terrà il prossimo 8 luglio l’“Asia-Pacific airline cyber-security wor-kshop” organizzato dalla Iata, con il sostegno del ministero dei Tra-sporti di Singapore e la Singapore aviation academy. L’obiettivo è aumentare la consapevolezza della gamma di minacce informa-tiche che minano il settore aero-nautico, sia a livello globale sia nella regione.

9 LUGLIO

Enac-Demetra, nuove pro-spettive per il trasporto aereoIl Centro studi Demetra e la Fon-dazione 8 ottobre, in collabora-zione con Enac e Assaeroporti, organizzano il convegno “Enac 2.0: le Authorities aeroportuali ai sensi del Reg. Ue n. 139/2014”. L’evento è articolato in due ses-sioni, la prima dal carattere istitu-zionale, intitolata “Enac 2.0: rias-setto istituzionale del trasporto aereo” e la seconda, di carattere tecnico, su “Certificazione aeroportuale – regolamentazione tecnica”.

9 LUGLIO

Airpress discute di cyber-securityLe riviste Formiche e Airpress organizzano una conferenza dal titolo “The challanges of Cyber-security – Perspectives from Italy&Us” il prossimo 9 luglio a Roma. Interverranno, tra gli altri: il presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea par-lamentare Nato Andrea Manciulli, l’ambasciatrice Mariangela Zap-pia, rappresentante permanente dell’Italia alla Nato, Denise Zheng, senior fellow and deputy direc-

tor of the Strategic technologies program del Csis di Washington e Sondra Barbour, executive vice president of Is&Gs presso Lockheed Martin. Introdurrà i la-vori il ministro della Difesa Rober-ta Pinotti.

13 LUGLIO

Il ministro Pinotti al Casd“Il sistema industriale della difesa per il sistema-Paese” è il titolo del convegno organizzato dalla Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurez-za presso il Centro alti studi per la difesa alle ore 16. Interverran-no, tra gli altri, il presidente della commissione Industria della Ca-mera dei deputati Guglielmo Epi-fani, il segretario generale della Difesa Enzo Stefanini e conclude-rà il ministro della Difesa Roberta Pinotti.

17-19 LUGLIO

Torna il Royal international air tattooÈ tutto pronto per il Royal inter-national air tattoo, una delle più grandi manifestazioni aeree del mondo. Come ogni anno l’appun-tamento è presso la base Raf di Fairford nel Regno Unito.

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B U I L T F O R E N A B L E D M I N D S T O T H I N K H I G H E R

CY4GATE was created by ELETTRONICA and Expert System by combining resources, competences and expertise to realize a 360° Project.

cy4gate.com

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Piaggio Aerospace.Innovation to perform.

I nostri aerei hanno un design unico, inconfondibile e innovativo.

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