campodeifioriurbani.files.wordpress.com · Anche Giampiero pensa che, per trovare una via di uscita...
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I
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Pippo: …ho capito che lo dice Nietzsche: “Sono un nichilista radicale, ma non
dispero ancora di trovare una via d’uscita, un pertugio attraverso il quale si possa
arrivare a qualcosa”ii… però vi ricordo che, negli Eroici Furoriiii, anche Bruno
utilizza la metafora della fessura: noi possiamo solo spiare la verità, la completa
visione della verità e la completa visione dell’amore ci conducono alla morte;
Atteone vede a tutto tondo l’immagine di Diana, nuda, riflessa nell’acqua: per
questo viene trasformato in cervo, da cacciatore è trasformato in preda e viene
sbranato proprio dai suoi cani. In fondo, è morendo, o arrivando all’estremo
opposto della vita da mortale che si scopre di stare morendo e in questo sapere che
sfugge ai cani -come uno a cui, diagnosticata una malattia terminale, cambia la
vita- colgo il mio senso, mi si apre la visione del tutto infinito di cui mi scopro
parte. Alla fine scopro di desiderare ciò che sono e scopro ciò che sono solo a patto
di diventarlo e dunque rinascere… insomma, sbircio dalla serratura i miei genitori
per scoprire come vengono al mondo i bambini e lo capisco veramente solo quando
sarò parte di una coppia che mette al mondo dei figli. È questo Eros: un destino che
trasforma la visione o la teoria in prassi, continuamente. Per questo non possiamo
trovargli un significato univoco: perché l’amore è ciò che dà significato, non ciò
che ha significato! Anche Giampiero pensa che, per trovare una via di uscita dal
nichilismo, dovremmo ripartire dalla traccia di Bruno, dall’eroico furore…
Giampiero: …andiamo con calma: il fine ultimo degli ‘Eroici Furori’ di Bruno è
quello di riformare il metodo della conoscenza, di trovare una nuova strada per
raggiungerla ponendosi in polemica con i religiosi e i grammatici. Il nuovo sapere
dovrà essere nettamente distinto da quello attuale dei sapienti, poiché questo manca
di un fattore essenziale per il filosofo nolano: Eros, cioè quella tensione vissuta
nell’esperienza dei contrari che tormenta, diletta e muove la ricerca di quest’uomo
eroico che è il furioso. Mentre il sapiente vive nell’indifferenza, controlla le
emozioni poiché conosce le leggi della vicissitudine, del moto e delle mutazioni,
estraniandosi di fatto dal vincolo dell’Eros, il furioso vive dentro di sé tutte le
passioni impossibili da controllare. È proprio questo, per Bruno, che conduce
l’uomo alla ricerca di una sapienza autentica, una vera e propria caccia alla verità.
Il furioso riesce allo stesso tempo a problematizzare il presente e si protende verso
II
il futuro, ne deriva quindi un maggior dinamismo e una maggiore attività rispetto al
sapiente contemplativo.
Stefano: quindi, il furioso sarebbe un po’ come l’oltre-uomo di Nietzsche?
Giampiero: …non solo! Assodato che l’amore apra la strada verso la verità
assoluta, Bruno distingue due generi d’amore: quello eroico e quello brutale. Il
primo è di ispirazione divina, proteso all’infinito e al futuro, il secondo è più un
istinto animale chiaramente finalizzato al presente. Il furioso è colui che si eleva
sulla maggior parte degli uomini nello slancio del proprio intelletto animato da
amore-furore. Eppure, non credo che lo slancio verso la dimensione dell’eroe sia
un impulso irrazionale, tutt’altro… ascoltate: “è un’esperienza estrema di umanità
e una radicale riforma del concetto di ragione e razionalità in cui si fondono in
modi nuovi intelletto riformato e volontà sotto l’impulso vincolante dell’Amore”iv.
Proprio qui si colloca la figura dell’uomo eroe che si trova a metà strada tra l’uomo
e il divino, poiché unisce in sé sia l’elemento animale che quello intellettuale: un
po’ come nel sentimento tragico dei greci di cui parla Nietzschev. Il momento
ultimo della tensione, della ricerca, dell’eroe furioso è la contemplazione del
divino, il momento in cui di fronte agli occhi si mostra la nuda verità. Bruno per
descriverci questo passaggio si rifà al mito di Atteone: da questo punto di vista, ho
trovato l’interpretazione di Pippo molto efficace e suggestiva.
Stefano: Secondo me, ti ha colpito l’immagine del pensiero che si fa prassi,
dell’Eros che dà significato pur non avendone uno proprio. Allora è qui che
dobbiamo guardare: nelle vite dei due pensatori, proprio nel loro “eroismo”, nel
senso qui specifico del termine. Una caratteristica che accomuna fortemente le
biografie dei due filosofi è il sentirsi costantemente inattuali, o per dirla alla
maniera nicciana, “uomini che nascono postumi”. Giordano Bruno, così come
Socrate, non volle ritrattare le sue convinzioni, non scese a compromessi e preferì
portare avanti con determinazione il suo pensiero fino alla morte; tanto che, quando
l’8 febbraio del 1600 fu costretto ad ascoltare inginocchiato la sentenza di
condanna a morte per rogo, si alzò e indirizzò ai giudici la storica frase: «Maiori
forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam»vi… certo, Nietzsche
è al contrario critico nei confronti del filosofo greco, ritenuto l’iniziatore
dell’intellettualismo occidentale che mortifica la parte dionisiaca della vita,
sacrificando tutti gli impulsi dell’essere umano a scapito degli ideali astratti di virtù
III
e perfezione morale… però il filosofico furore protratto fino alla fine, a me sembra
avere molto in comune con la follia -la sola capace di scorgere la verità oltre la
volontà di verità- che Nietzsche ha cercato di maneggiare fino alla fine: pochi
uomini hanno combattuto più eroicamente contro la malattia e il dolore, cercando
di capire se stessi attraverso la sofferenzavii, anche se la follia infine avrà la
meglio… ecco, in un certo senso, come Nietzsche, anche Bruno spicca «un folle
volo» - ma verso la sapienza, non verso la follia; anzi, verso la sapienza attraverso
la follia, come si chiarirà negli Eroici Furori. E Nietzsche? Non è folle dire a
qualcuno che è malato e che la malattia (il “nichilismo”) costituisce
contemporaneamente anche la cura stessa? Per Nietzsche, solo dichiarando la
morte di Dio e di tutti i valori, l’uomo potrà dare avvio ad una rinascita di un nuovo
mondo, nel quale fondare nuovi valori. Un’analogia, se vogliamo, col Concilio
degli Dei convocato da Zeus nello “Spaccio della bestia trionfante” al fine di
rovesciare tutti i valori corrotti dalla “macchia del mondo” (cristianesimo) e
dall’angelo pernicioso (Lutero); mi sembra questo lo spunto più interessante
suggerito da Pippo: la caccia destinata all’inversione dei ruoli, proprio come la
malattia che è anche cura, il nichilismo!
Sara: …si, ma perchè la critica di Nietzsche al razionalismo socratico ti crea
problemi, Stefano? Bruno, certo, doveva ammirare Socrate per questa capacità di
non allontanare il calice della sua morte, di non tentennare, come nemmeno lui farà
sul rogo… e qui c’è il nesso con Nietzsche, nel giudizio su Cristo: “tristo mago”,
così Bruno lo definisce. Una figura che nella filosofia del Nolano viene
radicalmente svalutata; in Cristo, la chiesa cristiana sostiene si siano fuse insieme
due realtà, una divina, l’altra umana. Un Dio che si è fatto uomo, dunque, e che
allo stesso tempo, pur divenendo mortale, conserva la sua natura divina. Bruno
contrasta fermamente questo dogma cristiano, che sarà poi causa di una delle tante
accuse di eresia che lo condussero al rogo, poiché la sua filosofia prevede
l’impossibilità per qualunque ente finito di presentarsi come una rappresentazione
dell’infinito o addirittura una mediazione tra finito e infinito: solo l’universo, un
tutto infinito, può essere l’immagine dell’infinito divino. Così come l’uomo non
può farsi dio, passando da finito in infinito, anche dio non può farsi uomo:
un’unione -e dunque una mediazione- tra l’infinito e il finito, altrettanto mostruosa
e impossibile come quelle unioni tra natura umana e animale che sono i centauri
della mitologia classica. Egli nega dunque che Cristo sia realmente figlio di Dio e
lo accusa, inoltre, di non aver saputo morire, poiché in punto di morte ha invocato
IV
la misericordia del suo Dio-padre, a differenza invece dello stesso Bruno che,
quando sul rogo i suoi confortatori gli propongono l’immagine del Nazareno, gira
la faccia, per far capire che, con lui, Cristo non ha nulla in comune: perché
contrariamente a quanto egli fece in croce, Bruno sul punto di morire non ha
invocato né supplicato l’aiuto e la pietà di alcun dio, fiero e felice nel sacrificare la
sua vita in nome di qualcosa che trascende la sua singolarità, per cui vale
assolutamente la pena morire: la Verità. Non una verità astratta e intellettuale, ma
una verità che è vita, e la vita -qui c’è Socrate!- è tale solo se si fa verità, per sé e
per gli altri. Chi afferma questo, afferma la vita…
Guido: …chi afferma questo è l’oltre-uomo! Non c’entra l’eroe: il termine
eroico, in Bruno, sta ad indicare in modo esplicito l’eros; furore rimanda inoltre a
furioso, cioè colui che è abitato dalla pazzia, dalla follia. Ricordate il discorso di
Lisia nel Fedro di Platone: chi affiderebbe la propria vita ad un pazzo d’amore?
Socrate rovescia l’assunto in favore della divina maniaviii e così fa pure Nietzsche a
proposito della follia, in uno dei frammenti de La volontà di potenza: “Volontà,
ecco un’ ipotesi che non mi spiega più nulla; per chi conosce (il folle) non c’è
volere”ix. Però sono d’accordo con te, Stefano: il furioso e l’oltre-uomo conducono
a verità destabilizzanti, al caos. Nietzsche annuncia al mondo intero la fine di una
millenaria menzogna: Dio, il simbolo di quel “mondo vero”, con il quale l’uomo ha
posto il senso dell’essere al di là dell’essere stesso. Nemmeno più la scienza può
costituire un’ancora di salvezza, ora che anch’essa si è manifestata per quella che è:
una dottrina che illegittimamente pretende di dare interpretazioni oggettive di una
realtà caotica e senza senso, interpretazioni che in realtà si configurano come
appannaggio di bisogni tipicamente umani quali la tranquillità, l’armonia, le
certezzex. Eppure, nasce a questo punto la necessità per l’uomo di evolversi, di
superarsi: l’uomo è qualcosa che deve essere superato! Solo in questo modo si può
lasciar spazio all’avvento di un individuo superiore, capace di vivere a pieno
regime in un contesto esistenziale i cui pilastri portanti sono lo spirito dionisiaco,
che si esplica nella totale accettazione della vita e dell’eterno ritorno, e la
concezione “sdivinizzata” della realtà; insomma di un oltre–uomo capace davvero
di rendere divina la realtà. “Nel secolo da lui divinato”, non recita così l’iscrizione
a Campo de’ fiori? anche Bruno auspicava col suo progetto di “renovatio mundi” la
costruzione di un nuovo codice etico, lo stesso che avrebbe dovuto guidare
l’esistenza dell’uomo eroico, capace come Atteone di congiungersi e diventare
tutt’uno con la natura. Se per Bruno la natura e Dio sono realtà comunque date e
V
precostituite, è anche vero che l’uomo, dotato di intelletto e mano (riprendendo
Anassagora) - pur sottoposto, come tutti gli altri enti, al ciclo infinito della
vicissitudine - può tuttavia lasciare un segno della sua presenza nel mondoxi. È nel
creare, non nel desiderare, l’essenza del furioso che ama il ciclo infinito in cui
indiarsixii: in questo si concentra la vera superiorità, il lato divino di quest’essere
“extra-umano”. Non a caso Nietzsche in “Così parlò Zarathustra” fa coincidere la
nascita del superuomo con l’accettazione e quindi il dominio dell’infinita
circolarità temporale, simboleggiata nell’opera dal serpente nero che cerca di
soffocare il pastore, quando quest’ultimo trova il coraggio di staccargli la testa
diventando “Non più pastore, non più uomo, un trasformato, un circonfuso di luce,
che rideva! Mai prima al mondo aveva riso un uomo, come lui rise!”xiii.
Pippo: ma certo! è nella concezione del tempo la chiave interpretativa dei due:
alla “visione lineare del tempo” sostituiscono una “visione ciclica delle cose”.
Bruno ci parla di ruota del tempo e circolo universale e Nietzsche di eterno
ritorno, inteso come drastica riduzione del tempo lineare della storia al tempo
ciclico della natura: Nietzsche capisce che il senso lineare del tempo contiene un
passaggio che impedisce alla volontà di potenza di avere effettivamente il dominio
sull'intera realtà: il passato, così come è inteso in un concetto lineare del tempo, è
immutabile, il passato non può essere modificato e sottoposto all'azione della
volontà… per questo, il tempo non può avere una finalità! non può avere una
direzione: contraddirebbe la legge del caos… anche il tempo deve essere periodico,
ovvero ritornare sui suoi passi! Il superuomo deve volere “l'eterno ritorno
dell'eguale” perché il tempo non sfugga alla sua potenza ed egli non abbia
giustificazioni del tipo “questo non lo posso fare”xiv. C’è un passo poi, de “La cena
delle Ceneri” di Bruno, che sembra Zarathustra… “E noi medesimi e le cose nostre
andiamo e vegnamo, passiamo e ritorniamo, e non è cosa nostra che non si faccia
aliena e non è cosa aliena che non si faccia nostra.”xv…
Sara: Straordinaria somiglianza… Nulla e Infinito, Nietzsche e Bruno… separati
da 300 lunghi anni di storia, ma uniti dallo stesso progetto riformatore, davvero
profeti della filosofia, annunciatori della verità per troppo tempo sottomessa al
sapere dogmatico e alla religione, che costringono l’uomo al “capo chino” e lo
inducono a condurre una vita all’insegna dell’ozio e della passività. Notate come
entrambi si schierino radicalmente anche contro la riforma luterana e al grande
esempio cui Lutero si ispira, Paolo? Se Paolo esorta a seguire lo spirito, fonte di
VI
vita e di pace, abbandonando tutto ciò che risulta legato al corpo, le cui passioni
carnali condurrebbero l’uomo alla morte, fisica e interiore, allora capiamo perché
Nietzsche si schiera contro il cristianesimo che oppone i valori del cielo a quelli
della terra. Così, esso è la religione dei deboli, dei vinti: non certo la religione di
Nietzsche e Bruno, che invece invitano l’uomo a vivere la propria vita sulla Terra,
conducendo una vita attiva, operosa, segnata da un nuovo equilibrio di mente e
corpo! Una rivalutazione dell’uomo e della sua vita sulla terra, dunque, quella che
attuano i due filosofi che non va letta però in chiave prettamente umanistica,
anzi… entrambi si schierano fortemente contro antropo-geocentrismo e
antropomorfismo, entrambi contro quella caratteristica tipicamente umana di non
saper vivere senza certezze: nello spaventoso vuoto di senso che può essere il Nulla
come l’Infinito, si può preferire una fede angusta, prigionieri di pregiudizi umani,
troppo umani… come Copernico, che non osa andare oltre, abituato come noi a
vivere in città recintate, applica uno schema mentale antropomorfico, una coazione
a ripetere (gli idola…), continua a pensare l’universo chiuso e invece è un pluri-
verso infinito… Ma vi ricordate quella recita scolastica de La Cena delle Ceneri?
…sentite se quello che dice Zarathustra alla sua ombra, non sembra adatto proprio
a Copernico e a quelli come lui: “Agli irrequieti come te finisce per sembrare
dimora felice anche una prigione. Hai mai visto come dormono i delinquenti
incarcerati? Dormono tranquilli, godono della loro nuova sicurezza. Guardati dal
diventare alla fine prigioniero di una fede angusta! Ormai per te è una tentazione e
una seduzione tutto ciò che è ristretto e solido. Tu hai perso la meta: o, come potrai
consolarti e compensarti di questa perdita? Con essa tu hai perduto anche la strada!
Povero vagabondo, sognatore, stanca farfalla!” xvi… per questo, ciò che accomuna i
due sulla posizione antiluterana è il disprezzo per una dottrina, che predicando la
predestinazione e la salvezza per sola fede, proietta gli uomini verso una visione
oziosa e passiva della vita, fondata su un’illusoria speranza e una pecorosa
rassegnazione. Una religione dell’umiltà, della speranza e del pentimento, che tiene
gli uomini fermamente “ancorati al proprio passato”, come origine del peccato,
distogliendoli dalla possibilità di riscattarsi in un futuro sereno in cui non vi sia più
alcun ostacolo al libero pensiero e alla ricerca filosofica. E invece… sentite
Zarathustra: “Il futuro e ciò che sta in remota lontananza sia la causa del tuo oggi:
nel tuo amico devi amare il superuomo come causa di te. Amici, non l’amore del
prossimo vi consiglio: io vi consiglio l’amore del remoto”xvii. Se Cristo ci ha
insegnato ad amare il prossimo, la concezione del tempo dilatato in un eterno e
VII
remoto ruotare, può fondare, per noi giovani, se non una religione, un significato
nuovo per il futuro… Perché diciamocelo, oggi il futuro non è più quello di una volta…
Guido: ah ah, bella questa! Sai che è proprio quello che dice Galimberti nel libro
che sto leggendo? parla del rapporto dei giovani con il Nichilismo, definendolo un
ospite inquietante e spiega come il futuro non sia più percepito come promessa ma
come minaccia. Da ciò la crisi: la psiche è sana quando è aperta al futuro. “Il futuro
chiude le sue porte o si apre per presentarsi come incertezza, inquietudine,
precarietà, insicurezza; si spegne ogni iniziativa, scemano le energie vitali, si
svuotano le speranze, dominano la demotivazione e l’impotenza. La crisi attacca i
fondamenti stessi della nostra civiltà”xviii.
Stefano: ma io non lo sento proprio il bisogno di una nuova religione! Semmai,
l’amore del remoto dovrebbe fondare un’etica della responsabilità verso il futuro e
i giovani: noi siamo abbastanza “inguaiati” e molto lo dobbiamo alla generazione
precedente, ma la prima cosa da fondare è la relazione con chi ci succederà: non
voglio che dicano lo stesso di noi: voglio che pensino che li abbiamo amati e
rispettati… Non lo facciamo se non rimettiamo al centro il merito, come dice
Bruno, se non operiamo per la trasformazione e per ribaltare ciò che c’è di storto, i
valori rovesciati! come nello Spaccio o nella Genealogia… A cominciare dal
rapporto con la natura o, se volete, dalla possibilità di lasciare certamente un segno,
ma non un’impronta ecologica così pesante da sostenere in futuro: ci vuole un
modello di sviluppo diversamente sostenibile!
Guido: è proprio ciò a cui mi riferivo… una nuova etica. Sentite il rimprovero di
Zarathustra, prima del brano che Sara ci ha letto:“Tu sei la mia ombra... Il pericolo
che tu corri non è piccolo, spirito libero e pellegrino! Tu hai avuto una cattiva
giornata: guarda che non ti tocchi una sera ancora peggiore!”xix. L’ombra non ce la
fa ad andare oltre, ma noi sì!… all’etica del viandante commentata da Galimberti,
“l’andare che salva se stesso, cancellando la meta, inaugura una visione del mondo
radicalmente diversa da quella dischiusa dalla prospettiva della meta che cancella
l’andare. I giovani d’oggi, al pari del viandante, recalcitrano ad ogni schema di
progressione, dicono sì al mondo, e non a una sua rappresentazione
tranquillizzante. Si tratta della capacità di disertare le prospettive finalistiche per
abitare il mondo nella casualità della sua innocenza”xx…ma vi ricordate quando
Mary ci raccontò di aver preso di proposito un autobus che non sapeva dove
andava? …
VIII
Sara: ehm, posso ricucirti l’ombra, come fa Wendy con Peter Pan?
Guido: sfotti pure, intanto Peter Pan aveva capito tutto e cercava di rimanere
giovane, di diventare fanciulli come dice Nietzsche… eppoi Zarathustra divorzia
dall’ombra, le consiglia di trovare riparo nella sua caverna visto che ha bisogno di
una casa, di sicurezza… invece lui… leggi, Sara, appena prima del Meriggio…
Sara: “...ma adesso io voglio di nuovo fuggire. Già sento come un’ombra sopra
di me. Voglio correre solo, perché di nuovo si faccia luce intorno a me. Per me io
debbo ancora essere allegro e in gamba. Questa sera da me si ballerà!” Uhm…
questa credo sia l’ombra del passato consolidato, la tradizione, gli altri del passato,
per cui si richiede una capacità di stare da soli con sé stessi, che poi è la
condizione per comprendersi: guardarsi dentro crearsi un buio interiore, e trovare
noi la nostra prospettiva, un pertugio, una fessura, come dicevano Pippo e Giampiero
all’inizio…
Giampiero: …è il buio che circonda anche il poeta furioso Tansillo, cantore
dell’amore nelle poesie disperate presenti negli “Eroici furori ”…
Guido: …è la lanterna in frantumi de La gaia scienza: “Avete sentito di
quell’uomo folle che accese una lanterna alla chiara luce del mattino … (…).Cerco
dio! Cerco dio!…(…). A quel punto il folle uomo tacque, e gettò a terra la sua
lanterna che andò in frantumi e si spense”xxi. La follia di cui parlavamo io e
Stefano, simile all’eroico furore: permette di affrontare il buio, la sera, il
declinare… in altre parole, la crisi…
Stefano: quindi “stasera da me si ballerà”, vuol dire: “vai a cambiarti: stasera
discoteca!”
Guido: io penserei a qualcos’altro… andiamo a prepararci… bagagli leggeri e lo
stretto necessario: si parte!
Pippo: destinazione?
Guido: se ti dicessi che non lo so di preciso?
Sara: perfetto! Nowhere… per forza devo citarti l’isola che non c’è di Peter Pan!
Giampiero: beh, almeno la prima tappa la conosciamo…
IX
Guido: ???
Pippo: forse ho capito…
Giampiero: scommettiamo?
Pippo: che domande… prima tappa: Faenza!
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