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  • 8/3/2019 Giacomo Poretti

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    Cronache

    Questo il testo dellinter-vento di Giacomo Poretti, deltrio Aldo Giovanni e Giacomo,sabato al convegno promossodalla Fondazione Italcementi

    GIACOMO PORETTI

    ono nato nello stessopaese, Villa Cortese,dove nato un certoFranco Tosi. Lui ve-

    nuto al mondo nel 1850, io un se-colo dopo. Lui ha fondato una-zienda pionieristica che negli an-ni 70, periodo di maggiore svi-luppo, impiegava 6.000 lavorato-

    ri. Mio nonno, mio pap, il fratel-lo di mio pap ed io abbiamo tan-to desiderato di essere assunti al-la Franco Tosi negli stabilimentidi Legnano, a 15 minuti di bici-cletta dal nostro cortile.

    Perch se venivi assunto allaTosi la tua vita prendeva la stra-da della sicurezza: 13 mensilitassicurate per te e per la tua fami-glia, due tute blu allanno e la co-lonia marina sullAdriatico per ifigli. A Legnano c stato un perio-do che il curato fungeva da uffi-cio di collocamento, e se proprionon gli eri antipatico, al curato,un posto alla Tosi saltava fuori.Bench mio padre cantasse nelcoro della parrocchia, lo zio puree il nonno non avesse mai man-cato una messa domenicale del-le 11, nessuno della mia famiglia mai stato assunto alla Franco

    Tosi. Niente di personale, puracasualit; mio nonno ha poi fattolo stradino, teneva pulite le stra-de e le aiuole del paese, mio pape mio zio sono stati assunti inunaltra fabbrica che faceva mac-chine da cucire per lindustria: laRimoldi, poi Rockwell, 1.100 di-pendenti a 18 minuti di biciclet-ta, 13 mensilit, 2 tute blu allan-no e colonia marina in Liguria ein valle Imagna. Ho odiato en-trambi i posti, le colonie intendo,in particolare quella di Pietra Li-gure. Ma se non era per gente co-me i Tosi e i Rimoldi, milioni dibambini in quegli anni nonavrebbero mai visto il mare.

    C stato un periodo che Le-gnano era solo unenorme esten-sione di fabbriche: meccaniche ,tessili, elettromeccaniche. Tu na-

    scevi e quando ti battezzavano ilprete era in grado di indicarti iltuo destino: Cotonificio Cantoni,officine Pensotti, De AngeliFrua... il prete mi guard , poiguard mia madre e disse: suo fi-glio ha la faccia da terziario, mipiace poco...

    La prima volta che ho cono-sciuto la fabbrica stato intornoai 4 anni. Mamma e pap di me-stiere facevano gli operai. Lamamma lavorava alla Giulini &Ratti, una tessitura, tra i telai,gliene avevano affidati 25, tra ilprimo e il venticinquesimo cera-no quasi 60 metri di distanza eper poterli governare le avevanodato una bicicletta. La mammami diceva che la cosa brutta dellatessitura non era la fatica, ma ilrumore assordante e continuo.

    La mamma dopo quasi 30 anni dirumore non ci sentiva tanto be-ne, andata da diversi dottori eadesso ogni 2 mesi riceve 280 eu-ro, si chiama pensione parziale diinvalidit. Il pap invece faceva

    loperaio metalmeccanico. Era unfresatore e per 8 ore al giorno da-va forma ad un pezzetto di ferro,lo ha fatto per 35 anni, sempre lastessa forma. Lui diceva che inquella fabbrica si stava bene, noncera rumore ma in compenso inmensa si mangiava male. Quan-do mamma e pap dovevano fa-re il turno del mattino, dalle 6 fi-no alle 14, allora ci svegliavano ame e a mia sorella, ci vestivano, epoi mia sorella veniva sistematanel seggiolino ancorato al manu-brio della bicicletta della mam-ma, io invece mi sedevo sul selli-

    no sistemato sopra la ruota po-steriore: abbracciavo i fianchi del-la mamma e appoggiavo la guan-cia sulla sua schiena cos riuscivoa dormire ancora un pochinomentre la mamma pedalava finoalla casa di una delle nonne e lstavamo fino a che non veniva aprenderci il pap a fine turno.Quando io e mia sorella eravamopiccoli non cerano le tate e le ba-danti, quindi i bambini quando igenitori andavano in fabbrica sta-vano con i nonni. Per cinque gior-ni della settimana io chiedevosempre alla mamma perch ci sisvegliava cos presto, lei diceva:Perch dobbiamo andare in fab-brica, Anchio mamma ci devoandare?, No... tu non andraimai in fabbrica, tu devi andare inbanca!, Adesso mamma ci de-vo andare in banca? Ma io ho

    sonno, Non adesso, andrai inbanca quando sarai cresciuto!.Mi sono sempre chiesto se nonsono cresciuto per paura di fini-re in banca, o perch mi sveglia-vo troppo presto al mattino.

    La seconda volta che ho cono-sciuto la fabbrica avevo 13 anni,da poco finita la terza media,sono andato a lavorare in uncapannone dove facevanodelle cancellate in ferropesantissime. I miei ge-nitori per un mese nonmi hanno rivolto la pa-rola: il preside avevadetto che ero un allievodotato e che sarei statoun bravo avvocato. Iosemplicemente mi vergognavo: nessunonella mia discendenza era

    andato oltre la quinta elemen-tare, qualcuno ci era arrivatocon fatica, qualcunaltro si era fer-mato in terza, ed io che dovevo fa-re? Istituto per geometri o ra-gionieri? S imploravano gliocchi della mamma,neanche per sogno dis-si io, fabbrica e al mas-simo scuole serali!

    C stato un perio-do in cui indossarequella tuta blu sporcadi olio e di grasso, tor-narsene a casa allasera esausto e cerca-re di lavarsi le maniche non venivanomai pulite per dav-vero, avere quellemani ancorasporche di nero

    anche il sabato ela domenica, eraun segno di-stintivo e diorgoglio, unorgoglio

    che nasceva dalla povert, dalli-gnoranza e che chiedeva dignit,chiedeva risarcimento. Quellor-goglio di indossare la tuta bluchiedeva alla vita di essere risar-citi per averci fatti partire unquarto dora dopo il via. Dopo duesettimane che lavoravo in quellafabbrichetta (tre padroni e quat-tro operai di cui 2 apprendisti),mi ero gi pentito: non si potevaparlare, se smettevo un attimo dibattere il martello sulla lamierail principale premuroso mi chie-deva se ero stato colto da una pa-ralisi, io in silenzio lo mandavo a

    quel paese e mi dicevo che primao poi sarei andato a lavorare inuna fabbrica seria. A volte la vitain fabbrica era dura, tornavo a ca-sa alla sera e mi dicevo che dove-vo inventarmi qualche cosa perrendermi autonomo, dovevo vi-vere del mio lavoro, avere unideache poi avrei scambiato con il vi-cino, una sorta di baratto. Unavolta ho pensato di fare il calzo-laio: io avrei risuolato le scarpe alvicino, in cambio della riparazio-ne del carburatore del mio moto-rino visto che lui faceva il mecca-nico. Poi sarei andato a compra-re, anzi a scambiare, una cotolet-ta dal macellaio in cambio dellasostituzione dei tacchi delle scar-pe della moglie. Ma poi iniziava-no i problemi: se mi viene vogliadi mangiare un gelato al pistac-chio e il gelataio non ha scarpe da

    risuolare? Quanti tacchi devocambiare per avere in cambio untelevisore lcd da 42 pollici? E so-prattutto non posso, se facessi ilmacellaio, scambiare la carne conun idraulico vegetariano. E cosche nasce laccumulo, la necessit

    di inventare i crediti, i debiti e lamoneta, e quella la fine. Per al-meno 2 o 3 anni ho aspettato chearrivasse una lettera dalla Tosi,ma niente, anzi cominciavano anon assumere pi nessuno e aproporre i prepensionamenti,non solo alla Tosi ma in tutte lefabbriche del legnanese. E preci-samente in quel momento co-me se fosse iniziata una nuova fa-se in cui il lavoro manuale davafastidio, era meglio farlo fare al-lestero, in quei Paesi sfigati dovecostava tutto meno, noi eravamostanchi di fare i soliti lavori e fi-

    nalmente liberandoci della fati-ca della fabbrica, dello sporco del-la fabbrica, avremmo vissuto dialto valore aggiunto nei servizi,avremmo tutti fatto dei lavori fi-ghissimi: dallaccount al cheefmanager, allexecutive assistantto president, fino allexecutive as-sistant to drink to president, pas-sando dal make up artist to wifeof president, al vice boy lift to pre-sident, allassistant buyer e tra unhappy hour un lunch un brunche un punch qualcuno sarebbe an-che diventato un Suprime Supe-rior Super President.

    Consentitemi una banalit:non ci sono pi le fabbriche diuna volta, cos come non ci sonopi i comandanti di navi di unavolta; una volta cerano le fabbri-che che facevano gli oggetti, oraci sono quelle che fanno la finan-

    za; una volta prendevi una naveper andare in America, adessoprenoti una nave lunga 200 me-tri e ti portano a vedere la lunasugli scogli. Una volta la classeoperaia pensava al suo orgoglio ea come riscattarsi e gli imprendi-tori con i loro capitali e la lorocreativit avevano come compi-to di dare ad ogni famiglia il frigo-rifero, la tiv, la lavatrice, e il be-nessere a tutto il Paese. Ora cheloperaio ha gli stessi iPhone delsuo datore di lavoro come la met-tiamo? Adesso abbiamo losses-sione del Pil, dei consumi chenon possono diminuire altri-menti il Paese va a rotoli. Nel2002 siamo andati a New Yorkper girare un film e sui taxi a

    Manhattan il sindaco Bloom-berg aveva fatto affiggere

    una targhetta me-tallica che

    di-

    ceva: Spendete i vostri soldi, ilPaese in recessione. Mio padreavrebbe detto: Risparmia i tuoisoldi, domani potresti averne bi-sogno. Chi ha ragione: il sinda-co di New York o mio padre? Nonlo so per ormai il consumo lanostra dittatura quotidiana e poiuna certa visione del liberismo si imposta.

    Mi spiego: per liberismo, se-condo me che non ho fatto studiin economia e potrei anche sba-gliarmi, da intendersi quellaparticolare visione del mondoper cui il mercato, anzi il Merca-to, deve essere libero di agire, nondeve avere eccessivi vincoli, anzinessun vincolo. La libert di im-presa, anzi la Libert dimpresa,deve essere appunto libera dicreare. Anche se, per caso, le ve-nisse voglia di elargire dei mutuia centinaia di migliaia di persone,che hanno scarsissime probabi-lit di rimborsare il debito, anzinessuna possibilit di rimborsa-re il debito, in molti casi uguale al102% del valore della loro casa. S,perch le banche del Liberismosono generose ed oltre alla casasanno che avrai bisogno delle

    tende a pacchetto e del parquetin rovere naturale e loro, le ban-che generose, ti finanziano anchequello perch ti vogliono felicenella casa che hai appena compe-rato, non vogliono che tu ti intri-stisca a pensare alle rate del tuomutuo; se alle banche viene vo-glia di dare una bella casa a tuttigli americani, anzi ad alcuni unabellissima casa con piscina e allamaggior parte una casa con lipo-teca, ecco le banche devono po-terlo fare. Se poi a quelle banchevenisse voglia di girare ad altrebanche quei mutui sotto forma diobbligazioni, anzi fior fiore di ob-bligazioni, e venderle ai propriclienti garantendo che sono inve-stimenti redditizi e sicuri, anzitalmente sicuri da avere la triplaA, se questo il desiderio dellebanche devono poterlo fare, per-

    ch, giova ricordarlo, al Liberi-smo sta a cuore come dice la pa-rola stessa, la Libert.

    Se poi, per ragioni oscure esconosciute ai guru di Wall Streete ai Cheef Manager ma logicissi-me ai bambini di 3 anni e alle lo-ro nonne di 82, i proprietari del-le case nel Missouri o del Tennes-se, i famosi intestatari dei mutuial 102%, scoprono non solo dinon possedere denaro sufficien-te per pagare la tinteggiatura del-le pareti, ma nemmeno la metdel necessario per coprire la pri-ma rata di interessi, alcuni pro-prietari di mutui, anzi tutti i pro-prietari di mutui, vanno in bancae dicono di non poter pagare, chesuccede? Dont worry be happy:limpiegato di banca ritira il mu-tuo e consegna allinsolvente un

    kit di sopravvivenza che com-posto da: tenda ad igloo per 2 per-sone color verde speranza e unsandwich vegetariano, perch lebanche si preoccupano della sa-

    lute dei propri clienti. Poi lim-piegato, dopo essersi licenzia-

    to da solo, telefona al Diret-tore ma trovando la segre-teria telefonica lascia que-sto messaggio: Ve lo ave-vo detto che questi mu-tui erano una pirlata....

    Ora che un sacco dipersone vivono in ten-de color verde speran-za, che molti impiega-ti di banca si sono li-cenziati, e che moltiDirettori, anzi qua-

    si nessuno, ha per-so il posto, possia-

    mo tirare la mo-rale: il Mercatodeve essere libe-ro, anche di sba-gliare. E

    quandanche sba-

    gliasse e molte banche in giro peril mondo (s, perch i mutui delTennesse e del Kansas sono fini-ti in tutto il pianeta), fallissero inragione della libert e della crea-tivit dimpresa, le stesse banchefallite devono avere la Libert dichiedere allo Stato, anzi allo sta-to, di rifinanziare il loro disastro.E lo Stato non pu rifiutarsi per-

    ch la prerogativa dello Stato non la libert ma il servizio e il soc-corso dei suoi cittadini, anzi di al-cuni cittadini.

    Pemettetemi una seconda ba-nalit: lidea del consumo a tuttii costi ci porta alla follia... Recen-temente lUnione commerciantidella citt di Milano ha fatto pro-prio uno degli ultimi ed innova-tivi studi sulla psicologia del com-pratore: i negozi dovranno averesempre la porta aperta, anche ininverno, perch altrimenti, laporta chiusa verrebbe vissuta co-me un ostacolo al legittimo desi-derio dellacquisto.

    Di questo passo tra un po las-sociazione dentisti si far pro-mulgare una legge che consentiral dentista di poter passare unavolta ogni sei mesi casa per casa

    per effettuare la pulizia dentalealtrimenti nessun uomo dotatodi senno e di tartaro lo far mai disua spontanea volont; o che iltappezziere dovr rinnovarti lacarta da parati di sua iniziativauna volta allanno perch altri-menti se dipendesse dal proprie-tario di casa il Paese piombereb-be in recessione. Obiettivamen-te un momento difficile: se unonon cambia il parco scarpe duevolte allanno rischia di essereconsiderato nemico della patria.

    Mi vengono in mente le paro-le di Robert Kennedy, non pro-prio un nemico del mercato, nelfamoso discorso sul Pil, 1968: IlPil non tiene conto della salutedelle nostre famiglie, della qua-lit della loro educazione o dellagioia dei loro momenti di svago.Non comprende la bellezza della

    nostra poesia o la solidit dei va-lori familiari, lintelligenza delnostro dibattere o lonest dei no-stri pubblici dipendenti. Non tie-ne conto n della giustizia nei no-stri tribunali, n dellequit neirapporti fra di noi. Il Pil non mi-sura n la nostra arguzia n il no-stro coraggio, n la nostra saggez-za n la nostra conoscenza, n lanostra compassione n la devo-zione al nostro Paese. Misura tut-to, in breve, eccetto ci che rendela vita veramente degna di esse-re vissuta. Pu dirci tutto sullA-merica, ma non se possiamo es-sere orgogliosi di essere america-ni. Finisco con lultima banalit:che nostalgia la Franco Tosi checostruiva le case, le scuole e gliasili per le famiglie degli operai;mi mancano da morire persino le

    colonie di Pietra Ligure. Certonon tutta, ma quella classe im-prenditoriale sentiva dentrosensibilit particolari, la finalitdella loro avventura imprendi-toriale non si esauriva al profit-to personale ma si estendeva si-no ad assumersi responsabilitsociali.

    Ho conosciuto qualche annofa un imprenditore della grappa,vive a Percoto a 20 km da Udine,un giorno mi disse che un uomonella vita deve costruirsi una ca-sa, fare i soldi con il proprio lavo-ro e quando i soldi sono arrivatibisogna aiutare gli altri. Gente eimprenditori in via destinzione.Non so come aiutino gli altri, disicuro aiutano la cultura da 30anni assegnando un premio a let-terati e poeti nel mondo che si so-

    no distinti con le loro opere. Que-stanno premieranno un teologo,un poeta cinese, ed uno storicobritannico. Gente che fa la grap-pa, una delle innumerevoli eccel-lenze italiane.

    a

    Quando il curato mi disse:hai una faccia da terziarioLintervento di Giacomo Poretti al convegno dellItalcementiCera una volta lorgoglio operaio, adesso c lossessione del Pil

    S

    LECO DI BERGAMO

    LUNED 23 GENNAIO 2012 11