Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la...

50
IPSAA “de Franceschi” Pistoia Opzione Gestione delle Risorse Forestali e Montane Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale Classe V Francesco Pettinà Albero del Cotone (Ceiba pentandra) Chi dice all’Albero che è arrivata la Primavera?Pablo Neruda Versione: luglio 2015

Transcript of Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la...

Page 1: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

IPSAA “de Franceschi” Pistoia

Opzione Gestione delle Risorse Forestali e Montane

Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale Classe V

Francesco Pettinà

Albero del Cotone (Ceiba pentandra)

“Chi dice all’Albero che è arrivata la Primavera?” Pablo Neruda

Versione: luglio 2015

Page 2: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

1

INDICE AUXOLOGIA ………….………..……………………………… pag 3

Auxometria ………….……………………………………….. 3 Auxonomia …………………………………………………… 3 L’incremento e le leggi dell’Auxonomia …………………………………………………… 5

ASSESTAMENTO FORESTALE …………………………………………………… 8

Introduzione …………………………………………………… 8 Elaborazione di un Piano di Assestamento ………………………………………………………… 9 Forestale Gli studi preliminari ………………………………………………………… 9

Caratteristiche fisiche ed amministrative …………………………………………………… 9 Caratteristiche ecologiche …………………………………………………… 9

Il Clima …………………………………………………… 9 Precipitazioni …………………………………………………… 10 Temperature ………………………………………………………… 11 Combinazione dei dati ………………………………………………………… 11 termopluviometrici La geologia e la pedologia ………………………………………………………… 12 La vegetazione …………………………………………………… 12

Storia della foresta …………………………………………………… 12 Viabilità …………………………………………………… 12 Fabbricati ………………………………………………………… 13 Incendi …………………………………………………… 13 Rilievi descrittivi …………………………………………………… 13 Le comprese ………………………………………………………… 16 Rilievi dendrometrici ………………………………………………………… 19 L’assestamento delle comprese ………………………………………………………… 23 Descrizione della compresa …………………………………………………… 23 Governo e trattamento, diradamenti ………………………………………………………… 24 La determinazione del turno ………………………………………………………… 25 Il calcolo della ripresa ………………………………………………………… 26

Assestamento dei cedui coetanei …………………………………………………… 27 Metodo planimetrico spartitivo …………………………………………………… 27 Metodo delle classi cronologiche …………………………………………………… 30 Assestamento delle fustaie coetanee ………………………………………………………… 31 Il piano dei tagli e degli interventi colturali …………………………………………………… 34

La cartografia …………………………………………………… 34 Piani di assestamento ed RFT …………………………………………………… 36 Contenuto dei piani di gestione e dei …………………………………………………… 36 Piani dei tagli Approvazione dei PdA …………………………………………………… 37

GLI INCENDI FORESTALI …………………………………………………… 38 Fattori determinanti la formazione …………………………………………………… 41 e la propagazione degli incendi La combustione e la propagazione del fuoco …………………………………………………… 41 Il controllo degli incendi boschivi ………………………………………………………… 43

Le azioni preventive …………………………………………………… 43 Interventi selvicolturali …………………………………………………… 43 Interventi normativi …………………………………………………… 43

Interventi di sensibilizzazione …………………………………………………… 43 L’estinzione degli incendi: competenze …………………………………………………… 44

Page 3: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

2

L’organizzazione AIB della Regione Toscana …………………………………………………… pag 44 Tecniche e mezzi per l’estinzione degli …………………………………………………… 45 Incendi forestali La sicurezza nello spegnimento degli incendi …………………………………………………… 48 forestali In caso di incendio …………………………………………………… 49

Page 4: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

3

Auxologia L' Auxologia (più precisamente la Dendroauxologia) è una branca della Dendrometria che studia l'accrescimento dei singoli alberi e dei boschi. Ogni anno l'attività del cambio produce in un albero uno strato di cellule legnose che dall'esterno verso l'interno ricoprono tutta la superficie del fusto e dei rami. Contemporaneamente i meristemi apicali determinano l'allungamento dei rami, e l’allargamento della chioma. Ad ogni stagione vegetativa l'albero si ricopre di un nuovo strato di materiale legnoso, che costituisce l'accrescimento legnoso annuo. L'accrescimento diametrico annuale è ben visibile su di una sezione trasversale di molte specie forestali, per la presenza di anelli più scuri, che corrispondono al legno prodotto nel periodo estivo, formato da vasi conduttori di diametro più piccolo rispetto a quelli che si formano in primavera, e che determinano la produzione di legno di colore più chiaro. In alcune specie di latifoglie (carpini, faggio, cerro) i cerchi annuali non sono ben delimitati in quanto il legno risulta meno differenziato. In questo caso per rendere visibili gli anelli si può piallare perfettamente la sezione oppure bagnarla con soluzioni colorate. In eccezionali condizioni climatiche o patologiche, l'accrescimento primaverile può cessare per riprendere dopo la fine di queste avversità; in questo caso sulla sezione potranno apparire due cerchi di accrescimento, in cui quello più interno prende il nome di falso anello. Spesso i falsi anelli non sono estesi a tutto il perimetro, ed hanno contorni sfumati, di modo che sono facilmente riconoscibili. Lo spessore degli anelli annuali dipende da diversi fattori:

La specie legnosa La fertilità della stazione Il clima ed il suo andamento stagionale La densità del popolamento (popolamenti più densi hanno incrementi diametrici minori) Malattie parassitarie ed i danni meteorici.

L’ Auxologia è ulteriormente suddivisa in due settori di studio: l’Auxometria e l'Auxonomia. Auxometria L’ Auxometria (Dendroauxometria) studia i metodi di misura dell'accrescimento. Analogamente a quanto visto per il volume, possono essere misurati o stimati gli accrescimenti di vario tipo (vedi paragrafo successivo), relativamente a:

Singoli alberi atterrati Singoli alberi in piedi Interi boschi

Le misure dell'accrescimento legnoso impiegano strumenti particolari, come ad esempio il martello incrementale, e trovano applicazione nell'ambito di ricerche sulle singole specie forestali, e nella costruzione delle tavole alsometriche, ambedue normalmente di competenza di istituti universitari di ricerca. Misure dell'accrescimento dei boschi si rendono necessarie anche per l'applicazione di alcuni metodi assestamentali, poco utilizzati nella realtà forestale italiana. Per queste ragioni, la trattazione delle tecniche di misurazione verrà qui omessa, rimandando chi fosse interessato a testi specialistici. Auxonomia L'Auxonomia (Dendroauxonomia) si occupa invece dello studio delle dinamiche di accrescimento del bosco, ovvero dell'evoluzione della massa legnosa con il variare dell'età, e delle leggi generali che regolano tali processi. In prima approssimazione, si può ritenere che il volume della massa di un bosco coetaneo aumenti con la sua età, e sia quindi una funzione crescente del tempo, esprimibile con una curva continua del tipo di quella riportata nella figura successiva (nella realtà, a causa del riposo vegetativo, l'accrescimento annuale procede a “salti”).

Page 5: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

4

anni

Figura 1. Accrescimento del volume di un bosco coetaneo in funzione dell’età In un bosco soggetto a diradamenti la curva di sviluppo del volume ha un caratteristico andamento a sega, presentandosi discontinua per effetto dei tagli intercalari.

Figura 2. Curva di accrescimento di un bosco sottoposto a periodico diradamento

(da Cantiani e Bernetti) Come evidenziato nella figura precedente, si possono distinguere due tipi di massa (in realtà ne esistono altre, che qui tralasceremo) :

La massa principale (nella figura 2 è rappresentata dalla curva continua in basso), che rappresenta il volume di quelle piante del popolamento presenti durante tutto il ciclo (escluse quindi quelle che vengono eliminate con i diradamenti). La relativa curva di accrescimento è costruita utilizzando come ordinate i volumi che rappresentano, alle età in cui sono eseguiti i diradamenti, i volumi delle bosco senza la massa asportata con il diradamento.

La massa totale (curva tratteggiata in alto), ottenuta dalla somma della massa principale con la

massa ricavata dai precedenti diradamenti, partendo dall’inizio del ciclo.

volume (m³)

flesso

Page 6: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

5

Sia la massa principale che quella totale crescono con il tempo secondo un ritmo particolare:

Nella parte iniziale del ciclo, (vedi figura 1), in cui la curva dell’accrescimento è concava verso l’alto, i volumi crescono in maniera più che proporzionale rispetto all’età, e questo fino ad una certa età, caratteristica per ogni specie, e legata anche alle condizioni stazionali, in cui si inverte la tendenza. Sulla curva dell’accrescimento, questa età corrisponde ad un punto di flesso.

Superato il punto di flesso, la curva dell’accrescimento è concava verso il basso, ed i volumi crescono in maniera meno che proporzionale rispetto all’età.

L’incremento e le leggi dell’auxonomia Quando l’accrescimento di un bosco, od anche di un singolo albero, è riferito all’unità di tempo, si parla di incremento. Esistono più tipi di incremento, ognuno con un suo andamento particolare nel tempo; dai loro rapporti hanno origine le tre fondamentali leggi dell’auxonomia:

Incremento corrente (Ic, misurato in m³/anno per ettaro). Anche se ciò non è esatto, da un punto di vista pratico si può considerare l’incremento corrente come l’accrescimento prodottosi in un anno, e si ottiene semplicemente sottraendo dal volume ad un qualsiasi anno n, il volume dell’anno n-1.

Incremento corrente = Volume anno n - Volume anno n-1

La curva che rappresenta le variazioni dell’Ic in funzione dell’età, è riportata nella Figura 3:

Figura 3. Variazioni dell’Ic con l’età del bosco Nella prima parte del ciclo, e fino all’età che segna il punto di flesso della curva dell’accrescimento, l’ incremento corrente risulta crescente (ovvero ogni anno il volume prodotto è superiore a quello dell’anno precedente). In corrispondenza dell’età del punto di flesso, l’ incremento corrente raggiunge il suo valore massimo (si dice che culmina, ed il relativo punto si chiama punto di culminazione). Nella seconda parte del ciclo, dopo il punto di flesso, l’incremento corrente risulta decrescente. Incremento periodico. E’ riferito ad un periodo di X anni, e si ottiene dividendo l’incremento che

si produce in X anni, per X. Non ha molta applicazione pratica.

Incremento periodico = Volume anno n - Volume anno n-x X Incremento medio (Im, stessa unità di misura di Ic). Rappresenta, ad una qualsiasi età X del

turno, il rapporto tra il volume e l’età X.

Incremento medio = Volume anno x X

Ic

Età

Volume

flesso

Ic max

Page 7: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

6

La curva che esprime le variazioni di Im in funzione dell’età, è simile a quella dell’ Ic (ma cambiano i valori e la curva relativa all’Im risulta traslata verso destra rispetto a quella dell’Ic. Interessante è la combinazione delle due curve, per le deduzioni che si possono trarre dai loro rapporti.

Figura 4. Variazioni dell’Ic e dell’Im con l’età del bosco

Dall’analisi della figura 4 si ha:

1. Nel periodo di tempo in cui l’incremento medio è crescente, il suo valore risulta sempre minore dell’incremento corrente.

2. Quando l’incremento medio culmina, il suo valore è uguale a quello dell' incremento corrente (Im = Ic).

3. Nella fase discendente dell’Im, il suo valore risulta sempre maggiore dell’incremento corrente.

Da queste proprietà, dimostrabili matematicamente, derivano le prime due leggi dell’auxonomia.

Prima legge dell’auxonomia:

L’incremento medio culmina sempre dopo la culminazione dell’incremento corrente.

Seconda legge dell’auxonomia:

Quando l’ incremento medio è crescente, si ha Ic > Im Quando l’incremento medio culmina, si ha Ic = Im Quando l’incremento medio decresce, si ha Ic < Im

Incremento percentuale (Pv, misurato in percentuale). L’incremento percentuale ad un

determinato anno del ciclo, corrisponde al rapporto tra l’incremento corrente ed il volume (totale o principale), moltiplicato 100.

100V

IcPv (1)

L’incremento percentuale di volume in un bosco coetaneo è sempre decrescente con il crescere

dell’età.

All’età S, in cui culmina Im, si ha, come abbiamo visto poco sopra, che Im = Ic.

Quindi, 100S

S anno VolumeIc (2)

Ic

Età

Im

Ic max Im max

Page 8: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

7

Sostituendo Ic della (1) con Ic ricavato dalla (2), si ha:

SannoVolume

1100

S

S anno VolumePv

Da cui si ha: S

Pv100

(3) , che ci introduce alla

Terza legge dell’auxonomia:

All’età in cui culmina l’incremento medio, l’incremento percentuale è uguale a 100 diviso l’età di

culminazione (formula n. 3).

Page 9: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

8

ASSESTAMENTO FORESTALE

Introduzione Compito dell'Assestamento Forestale, dato un determinato bosco o foresta, è quello di: individuare per ogni tipologia forestale presente le più opportune forme di governo e trattamento, e stabilire l'ordinamento dei tagli nel tempo e nello spazio

con la finalità di

ottenere un prodotto annuo che sia massimo e costante ,

assicurando contemporaneamente la rinnovazione e la perpetuazione del bosco La massimizzazione del prodotto è da riferirsi alle potenzialità produttive della stazione forestale in cui si opera. Giova sottolineare fin da ora che l’obbiettivo sopra indicato è difficilmente realizzabile nella pratica, e costituisce piuttosto un modello verso cui la gestione di una foresta dovrebbe indirizzarsi. Classicamente l’Assestamento Forestale si occupa dei prodotti legnosi ottenuti dai tagli, ma in una concezione più moderna si possono comprendere anche i prodotti non legnosi (ad esempio le castagne od i frutti del sottobosco), ed i servizi di natura protettiva ed estetico ricreativa forniti dal bosco, divenuti sempre più importanti e centrali, anche da un punto di vista economico. Spesso, anzi, in determinate porzioni di foresta è necessario subordinare la funzione produttiva a quella protettiva o ricreativa. Nello svolgimento del suo compito l'Assestamento Forestale utilizza le conoscenze di diverse discipline, tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si manifesta l'opera dell’ Assestamento è il Piano di Assestamento Forestale (PdA). Il Piano di Assestamento Forestale è un documento (un grosso libro!) che sulla base di un approfondito studio delle caratteristiche complessive di una determinata foresta e dei soprassuoli che la compongono, programma e definisce in maniera dettagliata la localizzazione e la tipologia degli interventi (tagli, diradamenti, rimboschimenti, e quant’altro) da effettuare in un determinato periodo di tempo (periodo di validità del PdA, in genere dai 10 ai 15 anni), ripartiti anno per anno. L'elaborazione di un piano di assestamento è un processo lungo e complesso, che richiede fasi di studio sia in campagna che in ufficio, e che comporta tutta una serie di rilievi da eseguirsi in bosco. Il piano può contenere anche prescrizioni in contraddizione con i regolamenti forestali, ma una volta approvato dalle autorità competenti, tali prescrizioni risultano valide a tutti gli effetti. Già la legge N. 3267 del 1923 (la legge fondamentale dell'ordinamento giuridico forestale italiano) prescriveva che i boschi appartenenti al demanio forestale dello Stato, ai Comuni ed agli altri Enti dovevano essere utilizzati in conformità di un Piano Economico 1. La Legge Forestale della Toscana mantiene lo stesso principio, prescrivendo che l’amministrazione dei singoli complessi agricolo forestali del demanio regionale, nonché di proprietà di Enti locali ed Enti pubblici, avvenga sulla base di un Piano di Gestione di durata almeno decennale, istituendo inoltre anche per le Aziende private con superficie boschiva accorpata superiore ai 100 ha, l’obbligo di dotarsi di un Piano dei Tagli della durata minima di 5 anni. Un PdA costituisce nella pratica uno strumento conoscitivo della foresta a cui si riferisce, e nello stesso tempo uno strumento di gestione basato su criteri razionali. I PdA in Toscana, un tempo elaborati dai docenti e dal personale dell’ Istituto di Assestamento dell’ Università di Firenze, sono oggi in buona parte prodotti da tecnici forestali laureati, regolarmente abilitati all'esercizio della professione. Il lavoro di assestatore è forse il più bello che possa svolgere un tecnico forestale, vuoi per il grado di complessità e varietà tipico di ogni Piano e di ogni Foresta, che per il tanto tempo che si trascorre a scorrazzare per il bosco (giungendo quasi sempre per primi all’inizio delle fungate…). Lavoro che il vostro amato profe ha svolto per quindici anni (e che rimpiange assai su questi aridi banchi di scuola).

1 Piano di Assestamento, Piano economico e Piano di Gestione possono considerarsi sinonimi, anche se teoricamente differiscono tra loro per sumature di tipo teorico.

Page 10: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

9

Elaborazione di un Piano di Assestamento Forestale. Come guida per lo studio dell'Assestamento, analizzeremo un piano di assestamento in tutte le sue fasi e componenti, seguendo gli argomenti per come vengono generalmente proposti nella relazione finale, ed affrontando le scelte di tipo tecnico proprie della materia, laddove si presentino. È bene precisare subito che si hanno sostanziali differenze operative tra l’elaborazione di un piano di assestamento ex novo, per una foresta mai sottoposta ad assestamento, ed una foresta già interessata da precedenti piani; nel corso dell'esposizione evidenzieremo tali differenze. Quando si debba assestare una foresta, e redigere il relativo piano di assestamento, è anzitutto opportuno procedere ad una ricognizione, per farsi una prima idea, seppur sommaria, dei luoghi e dei soprassuoli forestali che la compongono. Gli studi preliminari La prima fase di un piano di assestamento, che si svolge in ufficio, consiste nella predisposizione di una serie di studi preliminari che servono ad inquadrare l'ambiente generale della foresta, ed a fornire utili elementi per le scelte da effettuare nell’assestamento vero e proprio. Nel dettaglio, questi studi riguardano: Le caratteristiche fisiche ed amministrative. In questa parte dello studio viene localizzata geograficamente la Foresta, indicata la superficie totale, i Comuni e le Province di appartenenza, con relative superfici, il tipo di proprietà e le modalità di gestione, i collegamenti stradali e ferroviari presenti. Viene inoltre descritto l’ambiente fisico ovvero la morfologia generale, l’orografia e l’idrografia, l’andamento delle valli. In questo punto vengono segnalati anche eventuali altri elementi quali la presenza di servitù, di Riserve Naturali, di ZPS e SIC. Per la determinazione fisica della proprietà, necessaria ai fini dell'individuazione dei suoi confini e per il calcolo della superficie totale, è necessario ricorrere ad una indagine catastale procurandosi un estratto catastale relativo alla proprietà in oggetto. Nell'estratto catastale figurano gli estremi identificativi delle particelle catastali che interessano il territorio della foresta. Per tracciare i confini della proprietà su di una carta topografica, è necessario ricorrere ad una composizione delle numerose mappe catastali che rappresentano le particelle catastali interessate. Fortunatamente, la regione Toscana ha predisposto una carta tematica con il mosaico delle mappe catastali della regione, disponibile sia in formato cartaceo che in formato digitale. Nel caso non si tratti di primo piano tutto questo lavoro può essere ovviamente risparmiato, in quanto già eseguito all'atto del piano precedente: si tratterà al massimo di adeguare la superficie ed i confini alle eventuali compravendite intervenute nel periodo. L'estratto catastale della proprietà è uno dei documenti che accompagna, sotto forma di allegato, il piano di assestamento. Le caratteristiche ecologiche. Vengono studiate ed illustrate le caratteristiche climatiche, geologiche e pedologiche, e della vegetazione, elementi fondamentali per le successive scelte selvicolturali.

Il Clima Al fine di definire il clima di una foresta è necessario procurarsi i dati climatici di stazioni meteorologiche interne alla stessa, o situate a non troppa distanza, relativi ad un sufficiente numero di anni, e procedere alla loro elaborazione statistica. I dati di interesse sono quelli delle precipitazioni medie mensili ed annue, delle temperature medie, massime e minime mensili, oltre al numero di giorni con eventuale copertura nevosa e, laddove disponibili, informazioni sui venti dominanti ed altri eventi, quali incidenza di gelate tardive, di galaverna e quant'altro. Affinchè i dati medi prodotti abbiano validità statistica, è necessario che siano riferiti ad un periodo di tempo di almeno 30 anni. Dall’ analisi delle temperature e dalle precipitazioni si perviene anche alla definizione della zona fitoclimatica, o delle zone fitoclimatiche, in cui è situata la foresta. Lo studio dovrebbe evidenziare i fattori climatici limitanti per la vegetazione e lo sviluppo dei soprassuoli (aridità estiva, frequenza delle gelate tardive e di quelle precoci, incidenza di eventi meteorici eccezionali, ecc). Nel caso si disponga di piani precedenti si utilizzano i dati già disponibili,

Page 11: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

10

eventualmente aggiornandoli. I dati elaborati vengono presentati nella relazione sotto forma di tabelle e di grafici che ne rendono facile ed immediata la lettura, e di cui sono di seguito presentati alcuni esempi.

Precipitazioni

Stazione del Melo. Precipitazioni medie mensili del periodo 1951-1980

mese G F M A M G L A S O N D anno

mm 237 242 199 212 157 118 81 102 167 268 315 291 2.389

0

50

100

150

200

250

300

350

pre

cip

itaz

ion

i med

ie (

mm

)

Gen Mar Mag Lug Set Nov

mese

Grafico n°1-Stazione del Melo. Precipitazioni medie mensili del periodo 1951-1980

Grafico n°2-Stazione del Melo. Precipitazioni annuali nel periodo 1951-1980

3.150

2.700

1.650

2.000

2.400

1.700

2.000

2.500

2.750

3.700

2.350

2.100

2.700

2.500

3.100

2.800

2.050

2.950

2.2002.150

1.850

2.250

2.000

1.800

2.200

2.5002.400

2.200

2.800

2.300

1.500

2.000

2.500

3.000

3.500

4.000

1.9

51

1.9

52

19

53

19

54

19

55

19

56

19

57

19

58

19

59

19

60

19

61

19

62

19

63

19

64

19

65

19

66

19

67

19

68

19

69

19

70

19

71

19

72

19

73

19

74

19

75

19

76

19

77

19

78

19

79

19

80

anno

pre

cip

itaz

ion

i (m

m)

Le tre immagini anteriori si riferiscono alla Foresta demaniale regionale del Melo (Pistoia): la Tabella a inizio pagina indica le medie mensili delle precipitazioni, espresse in mm, ed il totale annuo. La distribuzione mensile è poi illustrata graficamente nel Grafico 1 a mezza pagina: il massimo delle precipitazioni si ha in novembre, ed il minimo in luglio. Il Grafico 2, evidenzia infine le precipitazioni annue registrate tra il 1951 ed il 1980.

Page 12: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

11

Temperature La successiva Tabella, riguardante la Foresta demaniale di Abetone (Pistoia), è un esempio di presentazione di dati relativi alle Temperature. Essa riassume i valori medi mensili dei più importanti dati termici: la media delle temperature giornaliere, la media delle temperature massime, e la media delle temperature minime. Talora si aggregano anche i valori massimi e minimi assoluti registrati durante il periodo a cui si riferiscono le osservazioni meteorologiche.

Stazione di Boscolungo. Temperature medie mensili (1951-1980)

mese G F M A M G L A S O N D anno

medie diurne°C -1,1 -0,5 1,8 4,9 9,2 12,9 15,8 15,6 12,5 8,0 3,5 0,2 6,9

medie max °C 1,9 2,7 5,6 9,0 13,7 17,6 20,9 20,6 16,9 11,6 6,4 2,9 10,8

medie min °C -4,0 -3,7 -1,9 0,9 4,6 8,3 10,7 10,6 8,1 4,5 0,7 -2,4 3,0

Combinazione dei dati termopluviometrici Spesso i dati termici e quelli pluviometrici di una determinata stazione vengono combinati insieme in forma grafica, per evidenziare ad esempio gli eventuali periodi di aridità, come nel grafico seguente:

Stazione di Maresca - Diagramma climatico di Bagnouls e Gaussen

0

50

100

150

200

250

300

gennai

o

febbra

io

mar

zo

april

e

mag

gio

giugno

luglio

agost

o

sette

mbre

ottobre

novem

bre

dicem

bre

P mm

0

20

40

60

80

100

120

140

T °CP( mm )

T (°C)

Il diagramma climatico di Bagnouls e Gaussen riporta nelle ordinate di sinistra le precipitazioni mensili in mm, e nell’ordinata di destra la temperatura media mensile in °C. Esso è costruito utilizzando per le temperature una scala grafica doppia rispetto alle precipitazioni ( ovvero 1 mm = 2 °C): i tratti in cui la curva delle precipitazioni si trova al di sotto di quella delle temperature, segnala periodi di potenziale deficit idrico per le piante. Nell’esempio di cui sopra, riferito alla Foresta demaniale di Maresca, non si evidenzia durante l’anno nessun periodo di aridità.

Page 13: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

12

La Geologia e la Pedologia. Lo studio geologico si concentra sulla determinazione delle formazioni rocciose e dei substrati pedogenetici del territorio della foresta, e sulla identificazione dei problemi di stabilità dei versanti. La pedologia affronta lo studio dei suoli, in particolare delle componenti generali di fertilità, evidenziando eventuali fattori edafici limitanti. Lo studio è eseguito da uno specialista, il pedologo, mediante lo scavo di una serie di profili in suoli scelti a proposito, ed alla analisi e descrizione delle caratteristiche rilevate. Nei lavori importanti, i rilievi confluiscono nella produzione di una carta dei suoli della foresta. Nei nuovi piani questa fase tende invece, per ragioni di costo, ad essere trascurata, limitando i rilievi e ricorrendo ad informazioni disponibili per situazioni analoghe, od a studi realizzati per scopi diversi. Il problema non si pone, al solito, se sono disponibili studi di piani precedenti.

La Vegetazione. Nello studio vegetazionale (che si baserà sulle osservazioni eseguite durante i rilievi di campagna) si elencano le specie arboree arbustive ed erbacee più rappresentate nella foresta, analizzando e descrivendo i principali rapporti intraspecifici, con un occhio di riguardo ai significati ecologici delle specie del sottobosco. Questa è anche la sede dove segnalare le eventuali emergenze presenti, quali endemismi, specie rare e/o a rischio di scomparsa, ed esemplari monumentali sparsi sulla superficie.

Storia della foresta. Si prendono in esame le vicende della proprietà, dalla sua costituzione agli eventuali trasferimenti ed acquisizioni, e la storia dei popolamenti forestali, relativamente alle forme di governo e di trattamento, ai prodotti ottenuti ed alla loro utilizzazione sul mercato locale od esterno. Nel caso esistano precedenti piani di assestamento, è molto importante analizzare le scelte selvicolturali e gli interventi previsti, le loro modificazioni nel corso del tempo, i risultati positivi e negativi ottenuti. Dove sia disponibile un registro degli interventi effettuati, è opportuno riepilogare questi dati in un'apposita tabella, distinti anno per anno per tipo di bosco, indicando le masse legnose ricavate. Viabilità. La viabilità è un elemento essenziale non solo ai fini delle utilizzazioni, ma anche per facilitare la sorveglianza della foresta e permetterne l'accesso ai turisti. Nella pratica lo sviluppo di questo studio si compie durante i rilievi di campagna. Le nuove strade vanno rilevate con rilievo topografico o mediante l'uso di GPS, e riportate sulla cartografia topografica di base. Le strade vengono suddivise a seconda della loro percorribilità ai mezzi in camionabili principali e secondarie, rotabili, piste trattorabili e sentieri. Viene quindi valutata la sufficienza o meno della rete viaria esistente, e proposta l'apertura di eventuali nuovi tracciati, in genere limitati al livello delle piste trattorabili, il tutto valutato anche alla luce degli interventi selvicolturali che si andranno a prevedere. Lo studio può essere completato da una tabella in cui, per ogni tipologia stradale, sono indicati lo sviluppo lineare (in kilometri) e la densità per ettaro (vedi come esempio la tabella successiva).

Tipologia Sviluppo lineare

(m)

Densità (m/ha)

Viabilità principale (camionabili principali)

9.820 13,2

Strade camionabili forestali secondarie 8.953 12,0

Strade carrozzabili forestali 19.309 26,0

Piste trattorabili 19.697 26,5

Totale 57.779 77,7

Sentieri censiti 4.682 6,1

Riepilogo della viabilità per tipologia. PdA della Tenuta comunale di Tombolo

Page 14: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

13

Fabbricati. I fabbricati che fanno parte della proprietà sono identificati sempre per mezzo dell'estratto catastale. Di ognuno di essi è opportuno fornire una serie di informazioni elementari, quali gli estremi identificativi e di localizzazione, la tipologia costruttiva, la destinazione d'uso, lo stato di manutenzione. Incendi. Nei complessi forestali dove gli incendi sono un fenomeno frequente, ne sono studiate le cause e raccolti i dati di superficie percorsa dal fuoco negli ultimi anni; si propongono quindi gli interventi necessari a limitarne l'incidenza (fasce verdi, costruzione di torri di avvistamento, impianto di specie poco combustibili nelle aree critiche, ecc.). Nel caso che nella foresta oggetto d'assestamento si rilevino elementi di criticità nel rapporto tra la fauna selvatica ed i popolamenti forestali, si procede ad un approfondimento della questione attraverso uno studio faunistico, elaborato da un esperto del settore. A questo punto, terminata la fase degli studi preliminari, siamo quasi pronti per andare in bosco ed iniziare i rilievi descrittivi. Rilievi descrittivi Con i rilievi descrittivi si procede ad una accurata descrizione qualitativa dei soprassuoli che compongono la foresta. L'unità di descrizione è costituita dalla Particella Forestale. Una particella forestale è una porzione continua di terreno, delimitata da confini possibilmente naturali o ben identificabili (fossi, crinali, strade e sentieri), caratterizzata dalla presenza di un soprassuolo omogeneo per composizione, forma di governo e trattamento, ed età. La superficie delle particelle forestali è in relazione alle caratteristiche del terreno ma anche al tipo di bosco che vi si trova: si va da 1 -2 ettari delle fustaie di conifere da trattare a raso, ai 20 ha dei boschi cedui. L'insieme delle particelle forestali di una foresta prende il nome di particellare. Prima di iniziare i rilievi, è ovviamente necessario provvedere alla determinazione del particellare, ed alla sua trasposizione grafica su una carta topografica di base che ci accompagnerà in bosco. Nel caso dell'esistenza di precedenti piani di assestamento, si prenderà come base di lavoro il particellare già elaborato e cartografato in quella sede. Nel corso dei successivi rilievi di campagna si faranno le modifiche necessarie per adeguarlo ai cambiamenti intervenuti: è bene mantenere la numerazione originale, per permettere confronti tra i diversi PdA; eventuali suddivisioni di vecchie particelle si identificheranno con il vecchio numero accompagnato da una lettera o da un numero distintivo. Quando si tratti invece di primo piano di assestamento, si appronta un particellare provvisorio, aiutandosi con fotografie aeree od immagini satellitari della zona, oggi facilmente disponibili anche su Internet. Le immagini dall’alto permettono di distinguere con grande facilità le aree nude (aree agricole od altro) da quelle boscate, ed al loro interno i boschi di conifere da quelli di latifoglie (per cui talvolta è anche riconoscibile la forma di governo a fustaia o a ceduo), oltre alle superfici recentemente tagliate, e le strade non presenti in cartografia. Questo particellare provvisorio sarà poi verificato in bosco, apportando tutte le modifiche necessarie. Per il rilievo dei confini particellari sul terreno si impiega il GPS. Il particellare definitivo viene poi numerato particella per particella, generalmente da sinistra a destra, e dall'alto verso il basso. Le particelle così identificate diventeranno anche l'unità di prescrizione degli interventi. I confini delle particelle sono spesso materializzati sul terreno per mezzo di piccoli rettangoli di colore vario (arancio minio in Toscana, ma in Trentino per esempio usano il colore blu), posti sugli alberi di confine, oppure su pietre; nei punti di accesso principale alla particella, sempre sul confine, viene scritto anche il numero della stessa, preferibilmente su un albero, oppure su un oggetto permanente (muretto, parapetto ecc.) .

Page 15: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

14

Estratto dal particellare del PdA 2002 - 2013 Europa Metalli (attuale Dynamo Camp)

La fase delle descrizioni particellari rappresenta il momento più importante ai fini della conoscenza dettagliata della foresta. E’ anche la fase che necessita di più tempo per la sua esecuzione. Ogni giorno si percorrono alcune particelle e si procede alla loro descrizione. Il rendimento giornaliero di un tecnico, in termini di superficie descritta, è molto variabile e dipende dal tipo di bosco in cui si opera e dalla sua percorribilità: si va da un minimo di 10 ha ad un massimo di 60/80 ha giornalieri. L'insieme delle descrizioni particellari integrate dai dati quantitativi sui volumi legnosi, risultato dei successivi rilievi dendrometrici, è collocato a fine piano, sotto forma di Allegato.

Page 16: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

15

Esempio di semplice descrizione particellare per proprietà private. PdA STAI 2004 – 2013.

Per l'assestamento dei suoi complessi forestali la regione Toscana utilizza una scheda di rilievo particellare standard, con molte voci da riempire utilizzando dei codici: le schede, una volta informatizzate (ovvero riportate su un computer) permettono la costruzione di un database per tutte le foreste regionali. Per boschi di proprietà privata, si può utilizzare qualunque schema di descrizione, curando di non inserire troppe voci, che spesso risultano superflue ed appesantiscono la descrizione. I principali elementi di una descrizione particellare riguardano:

Informazioni stazionali. Comprendono il numero della particella forestale, il nome della località ed il Comune in cui si trova, la sua superficie totale, la superficie improduttiva (quella occupata da fossi e strade, calcolata misurando gli sviluppi lineari, ed attribuendo loro una larghezza standard), la superficie netta, l'altitudine massima e minima, l'altitudine media (corrispondente alla curva di livello che divide la particella in due parti uguali; stimata approssimativamente).

Informazioni sul suolo. Riguardano il tipo di suolo, la profondità, la pendenza, la pietrosità e la

rocciosità, l'eventuale presenza di fenomeni erosivi o franosi in corso.

Informazioni sul soprassuolo. Sono qui identificate le specie che compongono il soprassuolo, la forma di governo e di trattamento, la densità, l'età e le condizioni vegetative e di sviluppo. Elemento fondamentale, ai fini delle successive elaborazioni, è l’individuazione del Tipo fisionomico. Il tipo fisionomico identifica forma di governo e composizione specifica del bosco,

Page 17: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

16

utilizzando denominazioni standard. Nello schema successivo, si da un esempio dei principali tipi fisionomici presenti normalmente nelle foreste pistoiesi.

Tipi fisionomici presenti nelle foreste pistoiesi

Fustaia di Faggio Ceduo matricinato di Faggio Pascolo Fustaia di Abete bianco Ceduo a sterzo di Faggio Terreno incolto Fustaia di Douglasia Ceduo matricinato di Castagno Terreno agricolo Fustaia di Pino nero Ceduo di latifoglie varie Arbusteto Fustaia mista di conifere e latifoglie Ceduo di…(specie) Fustaia di conifere varie Ceduo invecchiato di… (specie)2 Fustaia di latifoglie varie Fustaia transitoria di Faggio3 Fustaia irregolare di … (specie) Fustaia transitoria di Castagno Castagneto da frutto

Descrizione libera. È questo lo spazio destinato a segnalare tutto quanto appare di rilievo nell'ambito della particella forestale analizzata (origine del popolamento, sottobosco, presenza di specie sporadiche, presenza di rinnovazione, danni e malattie, alberi monumentali, ecc.)

Al momento di una descrizione, si annotano anche gli interventi colturali di cui necessiterebbe la particella, attribuendo loro un grado di urgenza. Durante la percorrenza della particella, va anche eseguita di tanto in tanto un'area relascopica, segnando a parte i valori di area basimetrica, che risulteranno utili in seguito ai fini della progettazione dell'inventario dendrometrico. Più aree relascopiche si fanno e meglio è; il numero perfetto sarebbe di 30 per particella forestale. Infine, è anche questo il momento di valutare la congruità della rete viaria, in quanto a facilità d'accesso e di percorribilità interna. Una volta radiografato ogni anfratto della nostra foresta, ed al fine di potere intraprendere i rilievi dendrometrici, è necessario tornare un attimino in ufficio, e procedere alla costituzione delle comprese. Le Comprese In assestamento forestale una Compresa (chiamata anche Classe Economica o Classe Colturale) è un insieme di particelle (tra loro anche distaccate) che presentano una o più caratteristiche comuni. Se la particella forestale è l’unità di gestione della foresta, la Compresa rappresenta l’unità di produzione: ogni classe viene infatti assestata a parte, ha proprie prescrizioni selvicolturali ed un proprio Piano dei tagli. Il numero e la denominazione delle singole classi economiche varia a seconda della foresta in cui ci troviamo ad operare (in una foresta composta di soli cedui di castagno, si avrebbe una sola compresa), con l’avvertenza di limitarne il numero a quelle essenziali (più sono, e più c’è da lavorare!). La scelta delle comprese è comunque lasciata alla discrezionalità dell’assestatore. Per prima cosa si procede a raggruppare le particelle con soprassuolo dello stesso tipo fisionomico, ed a sommare le loro superfici, dopo di che le comprese vengono istituite secondo i seguenti criteri:

Si raggruppano tutte le particelle il cui soprassuolo ha prevalente funzione protettiva, indipendentemente dal tipo fisionomico, nelle compresa “Boschi protettivi” (o “Boschi con prevalente funzione protettiva”, o diciture simili). In ogni complesso forestale è quasi sempre presente, almeno per la mia esperienza, una certa aliquota di boschi protettivi, talora anche con superfici rilevanti, e che sono quelli situati:

in prossimità dei crinali; su pendenze superiori all’ 80%; su terreni con affioramenti rocciosi o molto pietrosi; su terreni a rischio di movimenti franosi o soggetti ad elevata erosione; in prossimità di corsi di acqua e di eventuali invasi idrici.

2 Nel RFT della Toscana, è considerato invecchiato un ceduo di oltre 36 anni di età. 3 Sono quelle derivanti da taglio di avviamento all’alto fusto.

Page 18: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

17

Nella Compresa protettiva sono inserite anche quelle particelle con soprassuolo molto rado e generalmente anche le particelle non utilizzabili per mancanza di strade o per altri ragioni. (Quindi, venendo meno la funzione produttiva, è quella protettiva che diviene preminente).

Analogamente si individuano e si classificano in una propria classe economica gli eventuali

boschi che svolgono una prevalente funzione turistico-ricreativa. Non si riscontrano in ogni foresta, e la loro superficie è comunque limitata (tanto che spesso questa compresa viene omessa, e la funzione turistica di una particella viene evidenziata nella descrizioni particellare).

Le superfici non boscate (seminativi, pascoli, incolti, arbusteti ecc.) vengono classificate come

“Altre superfici”, che nella realtà non è una vera classe economica: generalmente il PdA non si occupa di queste aree, a meno che non sia previsto dai termini del contratto di affidamento del lavoro, limitandosi al rilievo della superficie ed alla descrizione particellare.

Le comprese relative ai boschi produttivi possono essere formate da uno o più tipi fisionomici, a

seconda della loro importanza, in termini di ampiezza della superficie e di produttività. Si può così avere la classe economica “Fustaie di Abete bianco”, oppure quella delle “Fustaie di conifere”, in cui sono inseriti più tipi fisionomici (ad esempio Fustaie di Abete bianco, Fustaie di Douglasia ecc.)

Di ogni classe economica si calcola la superficie totale, distinta per tipo fisionomico. In sede di cartografia, le comprese sono evidenziate con un colore differente, ed i vari tipi fisionomici che compongono la classe sono ulteriormente evidenziati con campiture o simboli vari. Ogni compresa andrà poi accuratamente descritta, ma ciò verrà fatto dopo l’esecuzione dei rilievi dendrometrici, per inserire nella descrizione anche i dati quantitativi. Se esiste un piano precedente, si cerca, per quanto possibile, di mantenere nel nuovo piano la suddivisione definita nel vecchio piano. A titolo di esempio, si riportano a seguire le ripartizioni reali in comprese di alcune complessi forestali del pistoiese o di aree limitrofe.

Classe economica Denominazione

Superficie (ha) %

I Faggete 512.14 24,1

II Fustaie di conifere 362,61 17,1

III Boschi misti di conifere e latifoglie 294,91 13,9

IV Cedui di faggio e di latifoglie varie 525,25 24,7

V Boschi protettivi 379,34 17,8

Altre superfici (aree non forestali o turistiche) 51,18 2,4

Totale superficie produttiva 2.125, 43 100

Superfici improduttive 95,32

Superficie totale 2.220,75

Comprese della Foresta Demaniale di Maresca. PdA 1986 - 1995

Le comprese possono essere definite anche in base ad altri parametri, quali ad esempio la funzione prevalente; si possono anche costituire sottocomprese all’interno di una compresa. Al proposito vedi i successivi esempi.

Page 19: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

18

N° Compresa Sottocompresa Superficie

ha %

sul totale

I Boschi produttivi Faggete 937,02 Fustaie di conifere e miste di conifere e

latifoglie 56,59

Totale compresa 993,61 49,6

II Boschi protettivi Faggete 720,97 Altri boschi 124,72 Totale compresa 845,69 42,2

III Altre superfici Totale compresa 163,40 8,2 Totale 2002,71 100,0

Grafico n°1. Superfici occupate dalle sottocomprese

Fustaie conifere e miste3%

Boschi protettivi di castagno2%

Altre superfici8%

Faggete protettive36%

Faggete produttive47%

Altri boschi protettivi4%

Comprese e sottocomprese della Foresta Demaniale del Casone di Profecchia (Lucca). PdA 2003-2017

Compresa

Superficie

%

ha Boschi a preminente funzione protettiva 172,47 23,2

Boschi a preminente funzione turistico ricreativa 222,41 29,9

Boschi a preminente funzione naturalistica 224,95 30,3

Riserva Naturale La Cornacchiaia 89,40 12,1

Altre superfici 33,76 4,5

Totale 742,99 100,0

Comprese della tenuta comunale di Tombolo (Pisa).

Page 20: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

19

Ancora, le classi colturali possono essere determinate sulla base della forma di governo, come nell’esempio seguente, relativo alla proprietà STAI, a Lizzano Pistoiese. N° Classe colturale Superficie (ha) % I Boschi d’alto fusto 217,78 20,0

II Boschi cedui 256,72 23,5

III Boschi protettivi 135,66 12,4

IV Altre superfici 481,56 44,1

Totale 1091,72 100,0

Rilievi dendrometrici La rilevazione dei dati dendrometrici utilizza i metodi e le tecniche studiati nel Corso di Dendrometria, integrati con elaborazioni di tipo statistico. I dati ricavati vengono impiegati a due livelli, in cui assumono una diversa finalità:

A livello di singola compresa. Per ogni classe economica, è sufficiente ricavare solamente un dato di massa totale che, espresso in m³, prende il nome di Provvigione reale della compresa. La provvigione reale trova applicazione nei vari metodi di assestamento che vedremo in seguito.

A livello di singola particella. In questo caso i dati dendrometrici presentati dovrebbero

comprendere, oltre al volume/ha ed al volume totale, anche la percentuale delle specie consociate (percentuale in volume), il diametro medio, l’area basimetrica, il numero di piante ad ha. Non sempre è possibile produrre questa serie di dati, in relazione al metodo di rilevamento adoperato. A questo livello i dati hanno una funzione conoscitiva, e di previsione delle quantità di legname ritraibile dai diradamenti e dai tagli di utilizzazione.

In passato i rilievi dendrometrici si basavano sul cavallettamento totale (e sul rilievo di un sufficiente numero di altezze): l’intera superficie occupata da fustaie veniva cavallettata, e per gli altri boschi si ricorreva al rilevamento di un elevato numero di aree di saggio. Il cavallettamento totale, come già sappiamo, è il metodo più preciso in assoluto e permette una definizione perfetta dei parametri dendrometrici delle singole particelle. Di contro, il suo costo è divenuto oggigiorno insostenibile (vedi rendimenti in Dendrometria), e di fatto è stato abbandonato, con l’eccezione di alcune fustaie alpine di elevato valore economico. Nella pratica assestamentale si ricorre quindi alla combinazione di una serie di metodi, basati sull’integrazione di aree di saggio convenzionali e di aree di saggio relascopiche 4. Nonostante vari tentativi effettuati delle Regioni e dagli Istituti universitari, non esiste di fatto una metodologia standard ed univoca, applicabile a tutte le foreste, di modo che la progettazione dei rilievi è in buona parte lasciata alla discrezionalità dell’assestatore. Nel caso siano disponibili dati dendrometrici del precedente PdA, si ricorre all’aggiornamento, aggiungendo ai vecchi volumi il valore dell’incremento periodico, stimato per mezzo di opportune tavole alsometriche. Un possibile schema di rilievo è il seguente: Nei boschi protettivi, e negli eventuali boschi a funzione turistica, si omette qualsiasi tipo di

rilievo dendrometrico, il che significa che vengono in pratica sottratti all’assestamento, e

4 Le aree relascopiche saranno in questo caso diametriche, ovvero con misurazione di tutti gli alberi che rientrano nel giro d’orizzonte del relascopio, e determinazione del popolamento virtuale (vedi Dendrometria).

Page 21: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

20

d’altronde sono boschi che richiedono solo interventi conservativi (i protettivi) o di miglioramento estetico (i turistici).

Nei boschi cedui ci si limita a poche aree di saggio distribuite casualmente sulla superficie. Per le fustaie di età inferiore ai 30 anni, il volume viene ricavato dalle Tavole alsometriche,

ammesso che ne esistano per quella specie e per la regione in cui si opera. 5 Per le fustaie di età superiore ai 30 anni (le più importanti in termini di massa e di interventi

previsti) si può agire come segue: 1. Si raggruppano le particelle in gruppi omogenei chiamati strati. La stratificazione più semplice

costituisce gli strati sulla base della composizione specifica (ad esempio: strato delle fustaie di Faggio, strato delle fustaie di Abete bianco, ecc.). Nel caso gli strati così definiti occupino superfici rilevanti, o si presentino molto disformi in termini di età e/o densità, si ricorre ad una ulteriore stratificazione sulla base dell’età (ad esempio strato delle fustaie di Faggio di età compresa tra 31 e 60 anni, strato delle fustaie di Faggio di età tra 61 e 90 anni, strato delle fustaie di Faggio di età superiore a 90 anni), o in base all’area basimetrica (ES: fustaie di Faggio con area basimetrica/ha inferiore a 20 m², con G/ha compresa tra 20 e 35 m², con G/ha superiore ai 36 m²)6, od ancora in base all’altezza dominante. Anche in questo caso bisogna fare attenzione a non creare un eccessivo numero di strati, al fine di non allungare esageratamente i tempi di rilievo. Costituito lo strato, si identificano le particelle che lo compongono e se ne calcola la superficie produttiva totale. Sempre a titolo di esempio, si propone la stratificazione adottata nel PdA del Casone di Profecchia, invero alquanto complicata (e che ha fatto versare allo scrivente lacrime amare e quintali di sudore!).

PdA Casone di Profecchia 2003 – 2017. Strati di rilevamento dei dati dendrometrici Sigla Sottoparticelle appartenenti Sup A.d.s. Volume Deviazione Coefficiente Errore Ripresa

allo strato produttiva rilevate medio standard variazione probabile mediaha n° m³/ha % % m³/ha

1 Fustaie di conifere FC 45/2 46/2 parte57/1 58/1 59/2 60/1 31,95 9 636 13760/2 60/4 78/1

2 Fustaie di douglasia FD 63/2 11,32 4 602 136

3 Fustaie transitorie FI 74/1 98/2 211/1 212/2 306/2 308/2 123,97 22 366 71,28 19,5 8,64 8irregolari di faggio 311/1 313/1

4 Fustaie transitorie di FT1 7/1 9/1 10/2 16/1 17/1 20/1 29/1 280,39 53 304 47,37 15,58 4,19 29 faggio con G < 35m² 30/1 39/1 47/1 50/1 51/1 56/1

parte 57/1 59/1 62/1 78/2 84/1 206/1206/1 207/1 209/1 222/1 225/1 309/1

5 Fustaie transitorie di FT2 22/1 34/1 35/2 42/1 81/1 86/1 156,43 38 339 35,6 10,5 3,34 86faggio con G > 35m² 91/1 92/1 96/1 97/2 99/2 203/2ed HD < 16 m

6 Fustaie transitorie di FT3 2/2 6/2 8/1 12/2 18/1 23/1 27/1 169,33 36 396 51,25 12,93 4,22 85faggio con G > 35m² 32/1 33/1 76/1 98/1 205/1 221/1e 16m <HD< 17,99 m 305/1

7 Fustaie transitorie di FT4 13/1 14/1 15/1 19/1 21/1 28/1 172,91 41 395 52,87 13,37 4,09 85faggio con G > 35m² 31/1 41/1 43/2 45/1 46/1 60/3ed HD > 18 m 85/3 90/1 208/1 210/1 302/2 306/1

Totale superficie (ha) 946,30

Strato

2. Si determina il numero di aree di saggio da rilevare in ogni strato. Il numero di aree da rilevare

può essere determinata in modo empirico (ad esempio 1 area ogni 5 ha per popolamenti non interessati da interventi nel periodo di validità del piano, ed 1 area ogni 3 ha per i popolamenti interessati da diradamenti o tagli di maturità). Il numero di AdS per compresa (e per tipo fisionomico) sarà anche in proporzione all’importanza relativa della classe o del tipo; comunque

5 I dati delle tavole possono essere opportunamente corrette per ogni particella, confrontando l’area basimetrica della tavola, con quella che deriva dalla media delle aree basimetriche relascopiche, rilevate durante le descrizioni particellari. 6 Le aree basimetriche delle singole particelle vengono determinate facendo la media dei dati relascopici rilevati in sede di descrizione particellare.

Page 22: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

21

sia ci si deve assicurare di eseguire almeno 1 AdS in ogni particella forestale. In questo caso, la stratificazione si può fermare al livello di compresa o di tipo fisionomico. In alternativa, ed in modo molto più preciso e corretto, si può ricorrere all’aiuto della statistica, operando nel modo seguente:

Si raggruppano le aree basimetriche rilevate durante i rilievi descrittivi; Si calcola l’area basimetrica media /ha (Gm); Si ricava la deviazione standard 7 del campione, utilizzando un foglio di calcolo tipo Microsoft

Excel (si inseriscono le varie aree basimetriche nelle celle, e si inserisce quindi la funzione statistica DEV.ST.POP).

Si calcola il coefficiente di variazione CV con la formula CV = 100Gmedia

stDeviazione

Si sceglie il valore di errore percentuale (E) che si ritiene accettabile (ad esempio 10%).

Attenzione: se vogliamo dimezzare l’errore, occorre quadruplicare il numero delle osservazioni.

Si determina finalmente il numero N di rilievi basimetrici (leggi aree di saggio), con la relazione:

2

4

E

CVN

Il significato di quanto sopra è che: con un numero N di rilevazioni, abbiamo una probabilità statistica del 95 % che la media reale dell’ area basimetrica per ettaro del popolamento sia compresa tra Gmedia – E, e Gmedia + E. Nella successiva tabella è riepilogato il procedimento, con utilizzo di dati immaginari (ed in numero insufficiente per una corretta elaborazione, dovendo essere i rilevamenti in numero di almeno 30).

Aree basimetriche relascopiche (m²)

28 29 G media (m²) 31,9 33 Deviazione standard 6,83 21 CV 21,42 38 Errore % 10 5 37 41 N AdS 18 72 35 37 G media del popolamento, al 95% di probabilità, 20 è compresa tra 28,7 m² e 35,1 m² (errore 10%) o tra 30,3 m² e 33,5 m² (errore 5%)

Esempio di determinazione statistica del numero di Aree di Saggio 2. Si definisce la localizzazione sulla superficie delle AdS. Le AdS possono essere distribuite in due

modi:

Soggettivamente, ovvero in maniera casuale, ma scelta dal rilevatore; Oggettivamente, sovrapponendo alla carta topografica una griglia e scegliendo sistematicamente

i punti di rilievo sui nodi della griglia, metodo statisticamente molto più corretto, ma che comporta l’esatta localizzazione del centro dell’AdS sul terreno mediante uso di GPS.

3. Si rilevano le aree di saggio. Nel corso del rilevamento, si misurano anche un certo numero di

altezze, e si segnano a parte le eventuali piante da diradare. Il rendimento giornaliero di una 7 Per alleggerire la trattazione, non viene qui spiegato il significato della deviazione standard, rimandando ai testi di statistica.

Page 23: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

22

squadra composta da due rilevatori dipende dal tipo di area, dal tipo di bosco, dalla pendenza e dalla percorribilità del terreno e, per le aree convenzionali, dal raggio dell’area. Per AdS convenzionali di 10 metri di raggio, si va dalle 8 alle 15 aree giornaliere; per le aree relascopiche diametriche dalle 30 alle 60 giornaliere.

4. Utilizzando i dati di tutte le AdS dello strato, si ricava la Gmedia ed il diametromedio dello strato. 5. Si costruisce la curva ipsometrica, una per ciascuno degli strati identificati. Per una buona curva

ipsometrica, occorre misurare almeno 30 altezze. 6. Si determina il coefficiente di forma relativo all’albero di diametro medio, o attraverso

l’abbattimento e la cubatura di alcuni alberi modello, oppure ricavandolo da tavole ad una o due entrate.

7. Si calcola il volume medio ad ettaro dello strato, con la nota formula:

Volume medio / ha = Gmedia/ha Hmedia Fmedio

9. Si calcola il volume totale dello strato: Volume totale = Volume medio/ha Sup. totale strato. Per ottenere i dati complessivi di ogni compresa, si combinanoquindi i dati degli strati che la compongono, con quelli eventualmente provenienti dalle tavole alsometriche (o dall’aggiornamento dati del precedente PdA). Per determinare infine i dati dendrometrici delle singole particelle, da allegare alle descrizioni particellari:

Se si sono eseguite delle AdS convenzionali, si riportano i dati elaborati. E’ buona norma che le particelle di cui si prevede il diradamento siano coperte da almeno un’ AdS.

Se si sono invece eseguite delle aree relascopiche, il metodo più rapido è quello di utilizzare il volume medio dello strato, opportunamente corretto:

Volume/ha particella X = Volume medio strato Gx / Gmedia strato

Con i rilievi dendrometrici, terminano le fasi di campagna, anche se quasi sempre è necessario tornare in bosco, per chiarire dubbi e correggere errori.

Page 24: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

23

L’Assestamento delle Comprese Inquadrato l’ambiente complessivo della foresta attraverso gli studi preliminari, ed approfondita la conoscenza delle caratteristiche qualitative e quantitative dei soprassuoli grazie ai rilievi descrittivi ed a quelli dendrometrici, si passa quindi alla fase finale del PdA, la più importante ai fini gestionali, in quanto vengono definiti l’ordinamento colturale della foresta e gli interventi da effettuarsi nel periodo di validità del Piano. Da un punto di vista teorico, un bosco (od una Compresa) è considerato assestato se è formato da particelle (o gruppi di particelle) di uguale superficie, in numero pari agli anni del Turno, e con età scalare da 1 anno fino all’età del Turno stesso. Prendendo ad esempio un ceduo di castagno di 240 ha di superficie, destinato alla produzione di paleria agricola minuta con un Turno di 12 anni, avremmo 12 particelle (o 12 gruppi di particelle) con superficie:

240 ha /12 = 20 ha, distribuite per età nel seguente modo:

Età (anni) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

Superficie (ha) 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20

Nel caso tutta la superficie avesse la stessa fertilità, ed il bosco presentasse densità regolare ed uniforme (densità definita normale in selvicoltura), si sarebbe raggiunto lo scopo prefissato di ottenere una produzione annua costante, costituita dalla massa legnosa presente sui 20 ettari che annualmente cadono al taglio. Anche la provvigione totale del bosco rimane costante di anno in anno, non variando la sua distribuzione per età. In Assestamento Forestale un bosco (od una Compresa) a densità normale, di fertilità uniforme, e strutturato in superfici uguali di età scalare da 1 anno fino agli anni del Turno, prende il nome di Bosco Normale (o Compresa Normale). Ad esso corrisponde una Provvigione normale (data dalla somma dei volumi legnosi di tutte le particelle della Compresa) costante nel tempo. Nei PdA del passato veniva data molta importanza alla determinazione, per le specie principali, del Bosco Normale e dei suoi parametri. Nella realtà della selvicoltura italiana il bosco normale rappresenta un modello ipotetico verso cui tendere ma pressoché impossibile da realizzare, fatta eccezione per le comprese di cedui a turno breve, e per le aziende pioppicole specializzate. Il discorso verrà ripreso a proposito del calcolo della ripresa (vedi pag. 26) Per ogni singola Compresa si procederà quindi:

alla descrizione della Compresa e dei Tipi fisionomici che la formano; alla definizione delle forme di governo e di trattamento, e del ciclo dei diradamenti; alla scelta del Turno; al calcolo della Ripresa; all’elaborazione del Piano dei Tagli.

Descrizione della Compresa In questa descrizione si metteranno in evidenza:

I caratteri qualitativi, riferiti ad ogni tipo fisionomico ricompreso nella classe: origine dei popolamenti, condizioni fitosanitarie, qualità dei soprassuoli, possibilità di ottenere la rinnovazione naturale nel caso di fustaie, rapporti tra specie nei soprassuoli misti, sottobosco e rapporti del sottobosco con la rinnovazione naturale, analisi delle forme di trattamento applicate nei precedenti PdA, e quant’altro emerga nel corso delle descrizioni particellari.

I caratteri quantitativi: la superficie della Compresa, la distribuzione della superficie per tipo fisionomico, la ripartizione della superficie in classi di età, la Provvigione totale della Compresa, e la distribuzione del volume totale per classi di età, se questo dato è stato rilevato nel corso dei rilievi dendrometrici.

Page 25: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

24

Governo e Trattamento, Diradamenti. Nella scelta delle forme di governo e di trattamento da applicare ad ogni singolo tipo fisionomico, non ci sono in pratica molte opzioni. Per quanto riguarda le fustaie, si manterrà comunque questa forma di governo, non fosse altro che per il fatto che la Legge Forestale della Toscana proibisce la trasformazione delle fustaie in cedui (ed anche dei cedui composti in cedui semplici). Fanno eccezione i castagneti da frutto abbandonati, ed i boschi colpiti da gravi attacchi parassitari, per i quali si può prendere in considerazione la loro trasformazione in cedui. Nei cedui, si pone l’alternativa tra il mantenimento del governo a ceduo e l’avviamento all’alto fusto. Fermo restando che l’avviamento può essere eseguito su qualunque specie nell’ambito di boschi che rivestono funzione turistico-ricreativa e/o paesaggistica, da un punto di vista economico è proponibile solo per i cedui di Faggio e per quelli di Castagno che presentino idonee caratteristiche. In quanto al trattamento, si applicherà la forma più opportuna alla specie ed alle condizioni ecologiche stazionali, secondo i principi della selvicoltura. Per i diradamenti, si prescriverà una cadenza che concili le esigenze colturali con quelle economiche. Alla definizione dei punti precedenti, si accompagnerà una descrizione delle modalità di esecuzione dei tagli di rinnovazione e di quelli intercalari, La determinazione del Turno In campo forestale il Turno (T) di un bosco coetaneo è

l’età in cui si procede all’utilizzazione finale del bosco 8 In pratica il Turno indica la durata del ciclo colturale di un determinato bosco. Nei cedui il ciclo colturale inizia con la riemissione dei polloni nella stagione vegetativa successiva al taglio, e termina con il taglio raso del ceduo maturo, oppure con il taglio dei polloni che hanno raggiunto la maturità nei cedui trattati a sterzo. Nelle fustaie coetanee il ciclo colturale inizia o con l’impianto del nuovo bosco (rinnovazione artificiale), o con l’inizio della nascita del novellame (rinnovazione naturale), e termina con il taglio raso dell’intero soprassuolo, nelle fustaie trattate a raso, oppure con il taglio di sementazione, nel caso di fustaie trattate a tagli successivi 9. Il Turno, chiamato anche Rotazione, è un parametro fondamentale ai fini della gestione di un bosco, in quanto da esso dipendono:

La quantità di materiale legnoso prodotto. Come visto in Auxologia, il volume di un bosco aumenta al crescere della sua età, dapprima in maniera più che proporzionale e poi, passata una certa età variabile con la specie e con la fertilità stazionale, in maniera meno che proporzionale (vedi pag. 4 e 5).

La qualità del legname. Soprattutto nelle fustaie, con il passare degli anni aumenta la qualità degli assortimenti ritraibili, sia per la minore presenza di nodi 10, che per l’aumento relativo del duramen rispetto all’alburno.

Il valore economico del legname. Anche questo è funzione crescente del tempo, sia per quanto indicato ai punti precedenti, che per l’aumento in percentuale degli assortimenti di maggior pregio e per la contemporanea diminuzione delle perdite di lavorazione.

8 Il Turno può essere anche considerato come il periodo di tempo, espresso in anni, tra una utilizzazione di maturità del bosco e la successiva. 9 Le Fustaie disetanee non vengono qui trattate poiché questa forma di trattamento, ancorché applicabile tecnicamente ad alcune specie, non trova applicazione in ambito appenninico. 10 I nodi, considerati un difetto tecnologico del legno, sono formati dai rami che restano inglobati nella crescita del fusto. Grazie all’autopotatura (o ad interventi di sramatura), con gli anni aumenta la porzione esterna di fusto che non contiene nodi.

Page 26: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

25

Il valore del capitale bosco ed il reddito fondiario dell’imprenditore-proprietario. Questi due importanti parametri economici variano con il turno adottato in maniera non lineare, secondo curve caratteristiche che presentano un massimo in corrispondenza di una determinata età.

L’evoluzione del suolo e dell’ecosistema. Ricordando che il taglio di tutte le piante di un bosco rappresenta il momento di massimo disturbo per il suolo e per l’ecosistema intero, all’allungarsi del turno diminuisce la frequenza degli eventi di disturbo.

Per quanto sopra puntualizzato, il Turno da adottare nella gestione delle singole Comprese costituisce una delle scelte più importanti in ambito assestamentale. Innanzitutto è opportuno ricordare che per ogni specie esiste un Turno minimo, stabilito nei vari Regolamenti Forestali Regionali, distinto per forma di governo. Nella Tabella seguente sono riepilogati i turni minimi prescritti dal Regolamento Forestale della Toscana.

Riepilogo dei turni minimi per specie e forma di governo secondo il Regolamento Forestale della Toscana

Forma di governo

Specie Fustaia

Ceduo

Conifere

Abete bianco 70

Abete rosso 70

Chamaecyparis lawsoniana 50

Cedro 70

Cipresso comune 80

Cipressi esotici 50

Douglasia 40

Pino d’Aleppo 40

Pino domestico 80

Pini esotici (strobo, insigne, excelsa) 40

Pino marittimo 40

Pino nero e laricio 40

Pino silvestre 70

Latifoglie

Aceri 60 18

Carpini 60 18

Castagno 50 8

Cerro 80 18

Faggio 90 24

Frassini 60 18

Nocciolo 8

Ontano 20 8

Pioppo 20 8

Querce (eccetto Cerro) 90 18

Robinia 8

Salice 20 8 In casi particolari, per motivi da giustificare dettagliatamente, si possono adottare anche turni minori, derogando dalle prescrizioni del Regolamento.

Page 27: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

26

Esistono diversi tipi di Turno che si possono applicare, a seconda delle esigenze:

Turno tecnico. Corrisponde all’età del bosco che permette di ricavare determinati assortimenti (quali toppi da trancia, doghe da botti, paleria, travi, ecc.) prescindendo da ogni altra considerazione. Prendendo come esempio i cedui di castagno, con turni di 8-12 anni si producono pali per agricoltura, con turni di 20-24 pali telefonici, con turni di 30-40 anni travi e legname da sega. Il tempo necessario a produrre un determinato assortimento diminuisce con il crescere della fertilità stazionale.

Turno della massima produzione legnosa (o Turno fisiocratico). In un bosco assestato coincide con l’età in cui l’incremento medio assume valore massimo (vedi pag. 6 e 7). L’età di culminazione dell’ Im dipende dalla specie legnosa (è minore per quelle a rapido accrescimento rispetto a quelle di crescita più lenta), dalla fertilità del suolo (a parità di specie, culmina dopo nelle stazioni meno fertili), dall’intensità e dalla frequenza dei diradamenti, dal tipo di trattamento. Laddove siano disponibili Tavole alsometriche, la determinazione di questo turno può essere fatta individuando la classe di fertilità del bosco, e leggendo nella corrispondente colonna della Tavola l’età in cui l’incremento medio è massimo. In mancanza di Tavole alsometriche, l’età di culminazione dell’ Im può essere stimata attraverso indagini auxometriche che rilevino per soprassuoli di età progressivamente crescenti, l’incremento corrente, ed i parametri atti a calcolare l’incremento medio. Ricordando le Leggi dell’Auxonomia (vedi pag. 6 e 7), si potrà determinare il Turno in corrispondenza di quell’età in cui l’incremento corrente e quello medio tendono ad equivalersi.

Turni basati su criteri economico - finanziari. Questi metodi, attraverso l’elaborazione dei relativi bilanci, determinano il Turno in corrispondenza dell’età che rende massimi alcuni parametri, quali il reddito fondiario, oppure il valore del bosco. Nella pratica hanno sempre avuto scarsa applicazione, a causa della lunghezza dei cicli forestali, che non permettono previsioni attendibili sul regime dei prezzi e dei tassi di interesse da utilizzare.

Turni basati sulle consuetudini locali. Nella pratica dell’Assestamento, il Turno viene determinato per comparazione con i turni utilizzati per analoghi soprassuoli della zona in cui ci si trova ad operare. Questi turni risultano quasi sempre ben calibrati sulla realtà produttiva locale, necessitando talora solo di adeguamenti ai mutamenti del mercato del legname. Per le foreste in cui si hanno precedenti PdA, si valuterà se i Turni proposti in quella sede hanno sortito gli effetti previsti e desiderati, e quindi l’opportunità di mantenerli o di variarli.

Il calcolo della Ripresa In Assestamento Forestale con il termine tecnico ripresa si indica la quantità in m³ di materiale legnoso asportato dal bosco con le utilizzazioni. Essa può essere riferita al periodo di tempo di un anno, e si parla quindi di Ripresa annua, oppure a tutto il periodo di validità del PdA, nel qual caso si parla di Ripresa periodica. Ancora, si ha una Ripresa principale, che è quella dovuta ai tagli di utilizzazione finale nei soprassuoli maturi, una Ripresa secondaria od intercalare, proveniente dai tagli di diradamento, ed una Ripresa totale, che è la somma della Ripresa principale e di quella secondaria. Oltre che in termini di volume, la Ripresa può essere convenientemente espressa in termini di superficie percorsa, annualmente o periodicamente, dai tagli di maturità. (Ripresa planimetrica). Ora in un bosco normale, e quindi assestato, la ripresa annua corrisponderebbe, come abbiamo visto a pag. 23, al materiale legnoso proveniente dal taglio di maturità di una superficie annualmente costante11, e dai diradamenti eseguiti in forma prefissata, in quanto ad età di esecuzione e di quantità di materiale asportato. Nella stragrande maggioranza dei casi, ci troviamo invece di fronte a boschi con strutture (distribuzione delle superfici in classi di età) assai irregolari e lontane dalla normalità. Un esempio assai diffuso sono gli estesi popolamenti maturi di conifere pressoché coetanei, poiché derivanti da massicce opere di rimboschimento che venivano eseguite nel corso di pochi anni su grandi superfici (anche diverse centinaia di ettari). Se è vero che molti boschi di proprietà privata non sono mai stati sottoposti ad assestamento, ma utilizzati periodicamente ed occasionalmente con criteri di utilità contingente, anche nelle Foreste demaniali, sottoposte oramai a diversi decenni di assestamento, le varie comprese si

11 In un bosco normale, la Ripresa annua costante prende il nome di Ripresa normale.

Page 28: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

27

dimostrano quasi sempre assai lontane dalla normalità. Per quanto riguarda le fustaie, dobbiamo ricordare che hanno un ciclo produttivo lunghissimo, talora vicino al secolo (ad esempio per il faggio), un periodo di tempo in cui avvengono normalmente notevoli mutamenti di carattere economico generale, di mercato dei prodotti forestali, del ruolo sociale delle foreste, e financo, negli ultimi anni, di tipo climatico e quindi ecologico. Tutti eventi impossibili da prevedere, al pari dell’effettivo andamento della rinnovazione naturale, laddove si adotti questo criterio di rinnovazione dei soprassuoli, e dell’incidenza di danni parassitari e climatici. Da questo quadro emerge la difficoltà di ottenere e mantenere l’assestamento, in particolare delle comprese di fustaie a turno lungo. Anche l’obiettivo di ottenere una produzione annua costante, risulta più ideale che reale. In quanto ai boschi cedui, la questione risulterebbe più semplice, data la minor lunghezza del turno, e l’immediatezza della rinnovazione agamica dopo l’esecuzione dei tagli di maturità. Nondimeno, il costo dell’assestamento è mal sostenuto dai proprietari privati, con effetti spesso negativi sulla qualità e sull’efficienza protettiva dei soprassuoli, tanto che l’RFT, come già ricordato, obbliga le proprietà private superiori ai 100 ha di superficie a dotarsi di un Piano dei Tagli, al fine di razionalizzare gli interventi di utilizzazione e quelli colturali. La regolarizzazione della struttura delle comprese attraverso la determinazione della ripresa per il periodo di validità di un PdA e l’elaborazione di piani orientativi di lungo termine di regolarizzazione dei soprassuoli, rappresentano il cuore dell’Assestamento Forestale. Nel corso del tempo, numerosi studiosi delle Scienze Forestali hanno proposto metodi per l’assestamento delle Comprese basati su criteri planimetrici (metodi che considerano solamente le superfici), oppure provvigionali (considerano anche le masse legnose presenti nelle diverse classi di età), od incrementali (fondati sull’accrescimento periodico del bosco), od ancora colturali (considerano solo le esigenze colturali dei boschi). Molti di questi metodi, seppure teoricamente razionali, non hanno mai trovato applicazione nella realtà forestale italiana. Rimandando ai testi specializzati per una esauriente trattazione dell’argomento, ci si limiterà di seguito ad illustrare metodi di facile applicazione pratica, rispettivamente per i boschi cedui e per le fustaie. Assestamento dei Cedui coetanei Per l’assestamento dei cedui coetanei si possono utilizzare due metodi di tipo planimetrico: il metodo planimetrico spartitivo, ed il metodo delle classi cronologiche (detto anche metodo spartitivo organico).

Metodo planimetrico spartitivo Consiste nel suddividere la superficie S del bosco o Compresa in tante particelle (o sezioni, composte da più particelle) quanti sono gli anni del Turno, di età scalare da 1 a T anni. Ogni particella o sezione avrà quindi una superficie s = S/T. La ripresa è di tipo planimetrico, e corrisponde alla superficie della particella matura tagliata ogni anno. Dato e non concesso che il bosco vegeti su suoli di uguale fertilità, e che abbia densità uniforme, si realizza così una produzione costante anche in termini quantitativi. Prendendo l’esempio di pagina 21, calcolata la ripresa planimetrica annua normale (Rn = 240 ha : 12 anni = 20 ha), si comincia confrontando la distribuzione normale della superficie per età che il bosco assestato dovrebbe avere, con la reale distribuzione che presenta il bosco in esame.

Età 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

Superficie normale (ha) 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20

Superficie reale (ha) 80 60 100

Se non ci sono limitazioni sull’età massima che può raggiungere il bosco, e se non ci sono periodi di attesa perché il bosco raggiunga l’età minima per il taglio, la normalizzazione si ottiene nel periodo di un Turno (12 anni), tagliando ogni anno una superficie di 20 ha. Questo periodo assume il significato di fase transitoria, in cui il turno normale può essere allungato. Le variazioni di distribuzione cronologica durante il periodo di normalizzazione sono evidenziate nel Piano d’assestamento orientativo a lungo termine, riportato nella pagina successiva.

Page 29: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

28

Metodo planimetrico spartitivo. Piano orientativo di lungo termine per un ceduo di castagno con T = 12 anni

Superficie compresa (S) = 240 ha Turno (T) = 12 anni Ripresa normale (Rn) = S/T = 20 ha

Ann0 Superficie all’ età di anni

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17

2015 80 - 60 - 100

2016 20 - - - - - 80 - 60 - 80

2017 20 20 - - - - - 80 - 60 - 60

2018 20 20 20 - - - - - 80 - 60 - 40

2019 20 20 20 20 - - - - - 80 - 60 - 20

2020 20 20 20 20 20 - - - - - 80 - 60

2021 20 20 20 20 20 20 - - - - - 80 - 40

2022 20 20 20 20 20 20 20 - - - - - 80 - 20

2023 20 20 20 20 20 20 20 20 - - - - - 80

2024 20 20 20 20 20 20 20 20 20 - - - - - 60

2025 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 - - - - - 40

2026 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 - - - - - 20

2027 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20

Se la Compresa comprendesse diversi tipi fisionomici, per poterli assestare insieme è necessario che abbiano lo stesso Turno 12, altrimenti occorre provvedere ad assestarli ognuno per conto proprio. Nel caso il bosco fosse caratterizzato da superfici di diversa potenzialità produttiva, per ottenere un prodotto annuo costante occorre dare alle tagliate annuali superfici inversamente proporzionali alla produttività. Ad esempio, se il ceduo di cui sopra fosse formato da due classi di fertilità, Classe I di 80 ha, con incremento medio a 12 anni di 10 m³/ha per anno, e Classe II di 160 ha, con Im di maturità pari a 6 m³/ha per anno, si opererebbe come segue:

Si calcola la media ponderata dell’ Im: Im ham /³3,7240

61601080

Si calcola la ripresa volumetrica di una singola tagliata ipotetica, relativa all’ Im sopra calcolato:

³752.112/³3,720 mannihamhaR

Si calcolano le superfici da dare alle particelle delle due classi in modo da ottenere una

produzione annua costante di 1.752 m³, con la formula: TI

Ripresas

, da cui

Superficie particelle Classe I haanniannom

m5,14

12/³10

³742.1

Superficie particelle Classe II haanniannom

m24

12/³6

³742.1

Si ottiene così la seguente sequenza dei tagli annuali:

Anno 1 2 3 4 5 6 6 bis 7 8 9 10 11 12

Superficie (ha) 14,5 14,5 14,5 14,5 14,5 7,5 16 24 24 24 24 24 24

Classe fertilità I I I I I I II II II II II II II

12 Considerare nella stessa Compresa tipi fisionomici che abbiano lo stesso Turno, diviene quindi uno dei principali criteri per l’istituzione delle Comprese.

Page 30: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

29

Da notare che un anno, in questa serie il 6°, comporta il taglio contemporaneo di una superficie di Classe I e di Classe II. Ovviamente la sequenza annuale delle tagliate può assumere qualunque successione diversa da quella sopra presentata. Nello stesso modo si opera se il bosco presenta classi di diversa densità, quantificando numericamente i valori della densità (ad esempio Classe I= densità 1; Classe II densità =0,7), e sostituendoli nelle formule precedenti al valore dell’Im. Se invece si dovesse rispettare un’età massima EM ed un’età minima em, per raggiungere la normalità occorrerà un periodo di tempo anche di 2 o più turni, con una fase transitoria in cui la ripresa reale sarà necessariamente diversa da quella normale. Utilizzando il solito esempio, fissata em in 8 anni e ED in 12 anni, il Piano orientativo a lungo termine si elabora come segue:

Si determina la durata (D) del periodo transitorio in cui tutta la compresa va rinnovata senza che superi l’età massima consentita, sottraendo da EM l’età minima dei soprassuoli della classe:

D = 12 – 6 = 6 anni

Si determina la Ripresa planimetrica annua (Rpa) del periodo transitorio:

Rpa = 240 ha : 6 anni = 40 ha/anno Terminata la prima fase di rinnovazione della compresa nel 2021, è necessario un anno di attesa

(il 2022) perché i soprassuoli della classe raggiungano em, dopodiché si può passare alla Ripresa normale e definitiva di 20 ha/anno.

Metodo planimetrico spartitivo. Piano orientativo di lungo termine per un ceduo di castagno

con T = 12 anni Superficie compresa (S) = 240 ha Turno (T) = 12 anni Ripresa normale (Rn) = S/T = 20 ha

EM = 12 anni em = 8 anni

Ann0 Superficie all’ età di anni

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13

2015 80 - 60 - 100

2016 40 - - - - - 80 - 60 - 60

2017 40 40 - - - - - 80 - 60 - 20

2018 40 40 40 - - - - - 80 - 40 -

2019 40 40 40 40 - - - - - 80 - -

2020 40 40 40 40 40 - - - - - 40 -

2021 40 40 40 40 40 40 - - - - - -

2022 - 40 40 40 40 40 40 - - - - -

2023 20 - 40 40 40 40 40 20 - - - -

2024 20 20 - 40 40 40 40 40 - - - -

2025 20 20 20 - 40 40 40 40 20

2026 20 20 20 20 - 40 40 40 40 - -

2027 20 20 20 20 20 - 40 40 4o 20

2028 20 20 20 20 20 20 - 40 40 40

2029 20 20 20 20 20 20 20 - 40 40 20

2030 20 20 20 20 20 20 20 20 - 40 40

2031 20 20 20 20 20 20 20 20 20 - 40 20

2032 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 - 40

2033 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 - 20

2034 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20

Il Piano proposto porta alla normalizzazione della compresa in 18 anni, ovvero 1,5 volte il turno.

Page 31: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

30

Il metodo planimetrico spartitivo presenta una forte rigidità di impiego, che impone la puntualità nei tagli annuali, cosa molto difficile da mantenere nella pratica. E’ adatto per assestare boschi di aziende che hanno bisogno di una produzione costante per approvvigionare filiere a ciclo continuo (cedui collegati all’industria della carta e della cellulosa, o a centrali a biomasse); è anche adottato per i cedui da combustibile di quelle proprietà comunali gravate da usi civici (ovvero dal diritto da parte dei residenti del Comune di utilizzare parte della produzione legnosa per uso personale). Il metodo è gravato anche dall’impossibilità pratica di fare coincidere la superficie annua al taglio con la superficie reale delle particelle, perlomeno per come si è soliti disegnarle, attestandole su confini naturali e non artificiali.

Metodo delle classi cronologiche Mantenere nel tempo una struttura della Compresa organizzata per età risulta alquanto difficile, per cui nell’assestamento dei cedui si preferisce ricorrere a metodi che consentano una maggiore elasticità nelle utilizzazioni, come il metodo delle classi cronologiche. In questo, le superfici delle particelle della Compresa vengono distribuite non più per età, ma per classi di età, e come tale assestate. Una classe di età (o classe cronologica) è costituita da un intervallo di anni (ampiezza della classe), ad esempio da 1 a 4 anni, da 5 a 8 anni, da 9 a 12 anni ecc. L’ampiezza è uguale per tutte le classi e varia, in proporzione alla lunghezza del turno, da 2 a 4 anni; anche il numero di classi è proporzionale al turno (ed anche all’età reale dei popolamenti). Secondo questo metodo, la distribuzione normale e reale delle classi cronologiche del ceduo di castagno utilizzato in precedenza come esempio, risulterebbe la seguente:

Ampiezza della classe cronologica = 3 anni Numero delle classi cronologiche = 12 anni : 3 anni = 4 Superficie normale della classe cronologica = 240 ha : 4 = 60 ha

Classe cronologica I II III IV

Età anni da 1 a 3 da 4 a 6 da 7 a 9 da 10 a 12

Superficie normale (ha) 60 60 60 60

Superficie reale (ha) - 80 60 100

Il ceduo si considera quindi assestato se:

nella I classe sono comprese particelle da 1 a 3 anni su un totale di 60 ha nella II classe sono comprese particelle da 4 a 6 anni su un totale di 60 ha nella III classe sono comprese particelle da 7 a 9 anni su un totale di 60 ha nella IV classe sono comprese particelle da 10 a 12 anni su un totale di 60 ha

Per l’applicazione del metodo, non è essenziale che nelle singole classi siano regolarmente rappresentate particelle di tutte le età dell’ampiezza della classe, basta che tutta la superficie appartenga ad una o più età del periodo (nell’esempio di cui sopra, le particelle della II classe potrebbero anche avere tutte 4 oppure 6 anni). Le particelle di una stessa classe possono essere distribuite sulla superficie in qualunque modo. Anche in questo caso, si perviene alla normalizzazione delle Compresa nell’arco della durata di un turno (12 anni), che rappresenta il periodo transitorio in cui il turno può essere allungato (prevalenza di classi più adulte) o diminuito (prevalenza di classi più giovani). L’allungamento o diminuzione del turno non dovrebbe comunque superare l’ampiezza di una classe (3 anni nel nostro caso, quindi da 9 a 15 anni). Nel caso si pongano vincoli circa l’età massima del turno, si opererà modificando le superfici al taglio, analogamente a quanto visto a proposito del metodo planimetrico spartitivo. I vincoli relativi all’età minima (per rispettare ad esempio il turno minimo di legge), comportano periodi di attesa che allungano la fase di normalizzazione.

Page 32: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

31

Nella seguente Tabella è illustrato il Piano orientativo a lungo termine, relativo all’assestamento del nostro ceduo con il metodo delle classi cronologiche.

Metodo delle classi cronologiche. Piano orientativo di lungo termine per un ceduo di castagno con T = 12 anni

Classe cronologica

I II III IV v

1 – 3 4 – 6 7 – 9 10 – 12 13 – 15 Superficie normale (ha) 60 60 60 60 -

Situazione anno ha ha ha ha ha

2015 - 80 60 100

2018 60 - 80 60 40

2021 60 60 - 80 40

2024 60 60 60 - 60

2027 60 60 60 60 - All’interno di ogni classe cronologica i tagli delle particelle che vi appartengono possono essere anticipati o posticipati a seconda delle esigenze gestionali; importante è che la superficie totale della classe venga tagliata nel corso degli anni di ampiezza della classe.

Assestamento delle Fustaie coetanee Per l’assestamento delle fustaie coetanee si utilizza un metodo del tutto analogo a quello delle classi cronologiche, visto a proposito dei cedui, e che prende il nome di “Metodo delle classi cronologiche mobili”. Data una Compresa di superficie S, e determinato il turno T, si procede come segue:

si stabilisce l’ampiezza in anni n di ogni classe cronologica (in genere 10, 20 o 30 anni), si stabilisce il numero c delle classi cronologiche,

c = T/n, si divide S per il numero delle classi, ottenendo la superficie s che competerebbe a ciascuna

classe cronologica in un bosco normale, s = S/c,

si distribuiscono le particelle nella classe cronologica di competenza, sommando le loro superfici, ottenendo la distribuzione effettiva per età della compresa,

si stabilisce, con criterio economico e selvicolturale, l’età massima EM fino a cui i soprassuoli possono essere mantenuti in piedi in buono stato vegetativo, e conservando la possibilità di rinnovarsi se a rinnovazione naturale. Parimenti si fissa un’età minima em, che può essere anche inferiore al turno di legge nel caso di presenza di grossi accorpamenti coetanei, questo per velocizzare la fase di assestamento,

per evitare che i soprassuoli superino EM, si definisce la durata D della rinnovazione, che corrisponde alla differenza tra EM e l’ età minima delle particelle che possono essere considerate al fine di assicurare la continuità della ripresa nella prima fase di assestamento (in una compresa assestata si ha D = T),

si procede all’assestamento della Compresa. Per esemplificare il procedimento, prendiamo una Compresa di 1.000 ha di superficie, formata da Fustaie di Faggio trattate a tagli successivi. Fissato il turno a 100 anni, il soprassuolo viene suddiviso in 5 classi cronologiche, di 20 anni di ampiezza (n = 100/5 = 20 anni). La superficie che corrisponderebbe a ciascuna classe in una situazione di normalità della faggeta è pari a 200 ha (s = 1000 ha/5 = 200 ha). Questo valore rappresenta anche la Ripresa planimetrica periodica normale (con una ripresa annua di 10 ha; Ra = 200 ha/20 anni = 10 ha/anno).

Page 33: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

32

La ripartizione reale dei soprassuoli comprende 400 ha in Classe I (da 1 a 20 anni), 350 ha in Classe V (da 81 a 100 anni) e 250 ha in Classe VI (da 101 a 120 anni, Classe provvisoria, che scompare ad assestamento avvenuto). L’età massima viene fissata in 120 anni, l’età minima in 80 anni. Nella Tabella successiva, è riportato il Piano dei Tagli orientativo a lungo termine per la Compresa descritta a pagina precedente.

Classe cronologica

I II III IV V VI 1 – 20 21 – 40 41 – 60 61 – 80 81 – 100 101 – 120

Superficie normale (ha) 200 200 200 200 200 -

Situazione anno ha ha ha ha ha ha

2015 400 - - - 350 250

2035 300 400 - - - 300

2055 300 300 400 - - -

2075 - 300 300 400 - -

2095 200 - 300 300 200 -

2115 200 200 - 300 300 -

2135 200 200 200 - 300 100

2155 200 200 200 200 - 200

2175 200 200 200 200 200 -

Per non oltrepassare la soglia dei 120 anni, sarà necessario che i soprassuoli della V e VI classe vengano posti in rinnovazione nel corso di 40 anni (D = 120 anni – 80 anni), quindi tra il 2015 ed il 2055.

La ripresa planimetrica annua reale di questa fase transitoria corrisponde a 15 ha, ovvero a 300 ha di Ripresa periodica (riferita a 20 anni) Rar = 600 ha /40 anni = 15 ha Rpr = 15 ha x 20 anni = 300 ha

Tra il 2055 ed il 2075, non avendosi soprassuoli che superino l’età minima di 80 anni, non si eseguirà alcun taglio di rinnovazione (fase di attesa).

Dal 2075 si potranno riprendere i tagli, transitando i soprassuoli dalla IV alla V Classe. La durata D della rinnovazione è in questo caso = 120 anni – 20 anni = 100 anni, che coincide con il turno è segna l’inizio della Ripresa periodica normale pari a 200 ha.

L’assestamento della Faggeta terminerebbe nel 2175 (!?!). Ora, a fronte di un periodo di 160 anni, è assolutamente impensabile che il Piano di cui sopra possa effettivamente essere portato a compimento. Da un punto di vista pratico l’importante è determinare la Ripresa per il periodo di validità del PdA, ovvero per 10 – 15 anni. Nel caso di PdA decennale (2016 – 2025), la Ripresa planimetrica periodica della Faggeta di cui sopra sarebbe di 150 ha, che corrisponde ad una Ripresa annua di 15 ha. Nel caso delle Fustaie, è necessario indicare la ripresa anche in termini volumetrici, e procedere infine ad una verifica di quanto proposto. A tal proposito occorre:

Determinare in via provvisoria le particelle da mettere in rinnovazione nel periodo di validità del PdA e distribuirle per anno. Nella scelta delle particelle da porre in rinnovazione il criterio principale è quello di non eseguire tagli di rinnovazione (in particolare se si tratta di tagli a raso) su particelle confinanti prima che sia trascorso un opportuno periodo di tempo (in genere 10 anni), in modo da limitare gli effetti negativi del taglio di vaste superfici sull’efficienza idrogeologica del bosco e sul paesaggio.13 In seconda battuta, si cercherà di mettere al taglio le particelle in ordine di età (partendo ovviamente da quelle con soprassuoli più vecchi). La fitosanitarie dei soprassuoli.

13 L’RFT prescrive un’ estensione massima di 3 ha per i tagli raso nelle fustaie, ed un intervallo di 5 anni prima del taglio di due superfici contigue. Per i cedui l’estensione massima dei tagli raso è di 20 ha. La contiguità delle tagliate è considerata interrotta dal rilasci di una fascia boscata di almeno 100 metri di larghezza.

Page 34: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

33

Calcolare il volume al taglio sulle singole particelle sopra determinate, utilizzando i dati dendrometrici rilevati nelle fasi di campagna.

Sommare i valori dei volumi da asportare nel periodo di validità del PdA, determinando così la

Ripresa principale del periodo.

Individuare le particelle da sottoporre a diradamento. A fronte della loro generalizzata omissione, ci si trova in molte situazioni nella necessità di prescrivere interventi su superfici assai estese: in questo caso le particelle da diradare vengono raggruppate a seconda del grado di urgenza dell’intervento, lasciando all’amministratore della foresta la scelta dell’anno di esecuzione, prescindendo da valutazioni di ripartizione delle superfici per anno.

Calcolare il volume asportato con i diradamenti sulle particelle sopra determinate, utilizzando i

dati dendrometrici rilevati nelle fasi di campagna.

Sommare i valori dei volumi da asportare con i diradamenti nel periodo di validità del PdA, determinando così la Ripresa intercalare del periodo.

Sommare infine Ripresa principale periodica e Ripresa intercalare periodica, ottenendo così la

Ripresa totale del periodo di validità del PdA. Come ultima cosa, occorre verificare l’entità della Ripresa, mettendola in relazione con il volume complessivo della Compresa (Provvigione totale), per assicurarsi di non avere previsto un volume di tagli troppo elevato. A tal fine:

Si calcola la Ripresa media annua: Ripresa media annua = Ripresa totale periodica/ anni di validità del PdA

Si calcola il Tasso di utilizzazione annua (Tua), come rapporto tra la Ripresa media annua e la

Provvigione totale della Compresa:

100Pt

RmaTua

Empiricamente, questo Tasso non dovrebbe superare valori compresi tra il 2 ed il 3,5 %, a seconda della produttività della Compresa e della sua distribuzione reale in Classi cronologiche. Nella Tabella che segue è riportato un esempio pratico di calcolo del Tasso di utilizzazione, relativamente alla Compresa “Fustaie di Conifere” della proprietà forestale “Europa Metalli” di Pt, tratta dal PdA per il decennio 2002 – 2011.

Tipo fisionomico

Sup

totale

ha

P totale

mc

Sup tagli definitivi

ha

Ripresa

principale

mc

Sup

diradamenti

ha

Ripresa

secondaria

mc

Ripresa

totale

mc

Ripresa media

mc/anno

Tasso annuo utilizzazione

F.Abete bianco 11,6 5.980 2,2 1.402 5,6 340 1.742 174,2 2,91 %

F. Pino nero 23,7 10.100 - - 23,7 3.350 3.350 335 3,30 %

F. miste 14 6.410 1,4 890 5,9 350 1.240 124 1,90 %

F. Douglasia 1,2 520 - - - - - -

Totale classe 50,5 23.110

3,6 2.292 35,2 4.040 6.332 633,2 2,74 %

Page 35: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

34

Il Piano dei Tagli e degli Interventi Colturali Determinata la Ripresa periodica, si procede alla sua distribuzione definitiva nel tempo e nello spazio, attraverso il Piano dei Tagli e degli Interventi Colturali della Compresa. Questo elaborato, in genere suddiviso in Tagli di rinnovazione ed in Interventi colturali (diradamenti, sfollamenti, sramature, tagli fitosanitari ecc.), dettaglia per ogni anno di validità del PdA:

Le particelle forestali su cui intervenire; Il tipo di intervento da eseguire (ad esempio taglio raso con rinnovazione artificiale, taglio di

sementazione, taglio raso del ceduo, diradamento, ecc.). Le modalità tecniche (in forma sintetica) di esecuzione degli interventi (ad esempio la massa ed

il numero di piante da asportare con il taglio di sementazione, oppure il tipo di diradamento (dall’alto, dal basso, misto), od ancora le specie da utilizzare nel caso di rinnovazione artificiale, le loro percentuali ed il sesto d’impianto, ecc.)

L’età del soprassuolo. La superficie totale della particella e la superficie interessata dall’intervento. La massa legnosa totale presente e la massa prelevata con l’intervento. I valori complessivi per anno, e per periodo, delle superfici interessate da intervento, e delle

masse legnose prelevate. Il Piano dei Tagli delle singole comprese costituisce la parte più importante di un PdA da un punto di vista operativo. Si può dire che tutti gli studi ed i rilievi di campagna descritti finora sono finalizzati all’elaborazione del Piano dei Tagli. A pagina seguente si riporta il Piano dei Tagli elaborato per il PdA 2003 – 2017 della foresta “Casone di Profecchia”. Detto Piano, per consentire una maggiore elasticità di applicazione, e suddiviso per trienni. Per ragioni di spazio il Piano dei tagli è limitato al primo triennio 2003/2005. La Cartografia Ad ogni PdA si accompagna un set di carte tematiche che permettono di visualizzare la distribuzione di alcuni elementi del Piano stesso. Come base topografica si utilizza la CTR (Carta Tecnica regionale); la scala va opportunamente scelta in modo da contenere possibilmente la superficie della foresta in un unico foglio, e che la stessa sia visibile con sufficiente dettaglio (in pratica 1:10.000 o 1:5.ooo, aumentabile anche a 1:2.000 nel caso di piccole proprietà, utilizzando la cartografia digitale). Durante i rilievi di campagna si rilevano, con strumenti topografici o con GPS, tutti gli eventuali elementi mancanti, quali strade, mulattiere, fabbricati rurali, sorgenti, acquedotti, alberi monumentali e quant’altro. Le principali carte tematiche presentate sono:

La carta del Particellare, che riporta i confini della Foresta e delle singole particelle forestali, contraddistinte dal numero.

La carta delle Comprese, in cui le particelle sono contraddistinte con un colore diverso (e talora con motivi grafici di fondo differenti), a seconda della Compresa di appartenenza.

La carta dei Tipi Fisionomici, in cui le particelle sono contraddistinte con un colore diverso, a seconda del Tipo Fisionomica di appartenenza.

La carta degli Interventi, in cui sono evidenziate le particelle interessate da interventi nel periodo di validità del PdA, distinte con colori e simboli diversi a seconda del tipo e dell’anno di intervento.

Con l’avvento della cartografia digitale e dei sistemi GIS ad ogni particella cartografata vengono associate sia la relativa descrizione, che i dati dendrometrici e gli interventi da realizzare. Nelle foreste di proprietà regionale ciò permette la creazione di archivi centralizzati interrogabili a fini statistici, conoscitivi, economici e gestionali.

Page 36: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

35

Sottoparticella

Tipo

fisionomico

Sup

Produttiva

ha

Sup

Intervento (A)

ha

Massa

totale A

mc

Massa da Asportare

mc

Massa

da asportare

%

2/2

FtransFaggio

6,41

6,41

2.686

686

25,5

Intervento: Diradamento di tipo selettivo

6/2 FtransFaggio 9,71 2,99 1.187 422 35,5 Intervento: Diradamento con carattere urgente fino a quota 1,570 mslm, asportando il

piano dominato ed agendo con moderazione nel piano dominante. Ridurre a circa la metà il numero delle piante.

12/2 FtransFaggio 7,03 7,03 3.269 830 25,4

Intervento: Diradamento che intervenga prevalentemente sulle piante di diametro intermedio.

23/1 FtransFaggio 13,12 13,12 5.497 1.351 24,6

Intervento: Diradamento di tipo selettivo.

27/1 FtransFaggio 29,02 5,08 1.849 467 25,3 Intervento: Estendere l’avviamento all’alto fusto in corso nell’anno 2002 fino a quota 1.600

mslm.

28/1 FtransFaggio 21,04 17,10 7.678 1.967 25,6 Intervento: Diradamento di tipo selettivo, estendendo a tutta la sottoparticella l’intervento

già in atto nel 2002. Non intervenire al margine con il macereto, ed usare moderazione in prossimità del crinale alto.

34/1 FtransFaggio 16,93 16,93 6.315 1.642 26

Intervento: Diradamento prevalentemente a carico dei soggetti dominati, asportando fino al 40% del numero delle piante nei tratti più densi. Intervenire con moderazione presso il crinale alto, rispettando la fascia a ceduo invecchiato. Avviare all’alto fusto la striscia di ceduo invecchiato lungo il fosso di confine con la particella n° 25.

58/1 Fconifere 0,89 0,89 598 95 15,8

Intervento: Diradamento e spalcatura con carattere di urgenza, asportando i soggetti dominati, deperienti e secchi.

59/2 Fconifere 0,95 0,95 655 198 30,2

Intervento: Diradamento che asporti i soggetti secchi e quelli in via di subordinazione sociale.

60/4 Fconifere 0,76 0,76 416 91 21,9

Intervento: Diradamento con carattere di urgenza

63/2 Fdouglasia 11.32 11,32 6.815 1.540 22,6 Intervento: Diradamento, prevalentemente a carico dei soggetti dominati.

98/1 FtransFaggio 5,41 4,18 1.843 435 23,6 Intervento: Diradamento di tipo selettivo, con esclusione della porzione di sottoparticella

separata dal corpo centrale, situata nel vertice inferiore.

99/2 FtransFaggio 4,21 4,21 1.335 345 25,9 Intervento Diradamento prevalentemente a carico dei soggetti dominati e/o delle classi

diametriche inferiori.

208/1 FtransFaggio 4,55 4,55 1.893 596 31,5 Intervento: Diradamento di tipo selettivo.

210/1 FtransFaggio 10,29 10,29 4.332 1.132 26,1 Intervento: Diradamento di tipo selettivo.

Totale triennio 105,81 11.795

Page 37: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

36

Piani di Assestamento e Regolamento Forestale della Toscana

Contenuto dei Piani di Gestione e dei Piani dei Tagli L’ RFT dettaglia al comma 5 dell’Articolo 44 gli elementi che devono essere contenuti in un Piano di Gestione (si riporta di seguito il testo integrale del comma). Art. 44 comma 5 RFT I piani di gestione devono contenere l’individuazione, su carta topografica della scala minima 1 a 10.000 e su carta catastale, di tutta la superficie boschiva aziendale e almeno:

a) la suddivisione planimetrica delle superfici boschive oggetto del piano, distinte, secondo la tipologia forestale della Regione Toscana, in particelle di caratteristiche omogenee per composizione, classi cronologiche e forma di governo dei boschi con eventuale ulteriore suddivisione in funzione delle caratteristiche stazionali. Per ciascuna particella o sottoparticella sono indicati i riferimenti catastali.

b) la descrizione generale e particellare relativa alle caratteristiche stazionali e delle superfici boscate oggetto del piano. Per i boschi cedui è sufficiente una descrizione relativa alla composizione, età, sviluppo, stato di conservazione e una stima della massa legnosa dei soprassuoli, mentre per i boschi di alto fusto destinati alla produzione legnosa devono essere indicati anche i dati relativi ai principali caratteri dendrometrici e delle masse legnose presenti, entrambi riferiti all’attualità ed all’anno di taglio, prima e dopo l’intervento;

c) le scelte gestionali per ciascuna particella o sottoparticella; d) il programma dei tagli da eseguire, con individuazione planimetrica delle aree interessate in

ogni anno silvano di validità del piano, determinazione della ripresa legnosa e descrizione delle modalità di taglio e di esbosco nonché quelle di rinnovazione;

e) il rilievo della viabilità presente e progettazione di massima degli eventuali interventi di manutenzione, ripristino e nuova realizzazione della viabilità e delle altre opere connesse ai tagli di cui alla sezione VI, in rapporto ai tagli previsti;

f) l’individuazione e la progettazione di massima degli ulteriori interventi finalizzati ad altre attività svolte nei soprassuoli forestali, quali fruizione turistica, allevamento faunistico, difesa dagli incendi e attività venatoria.

f bis) il riepilogo, con evidenziate le motivazioni selvicolturali e le valutazioni di natura idrogeologica e ambientale, in apposita tabella che elenchi le particelle interessate:

1) dagli interventi in deroga ai sensi del comma 7;

2) dai tagli boschivi per i quali il presente regolamento prevede l’autorizzazione quando effettuati in assenza di piano di gestione o di taglio;

3) dai tagli boschivi che prevedono la rinnovazione artificiale del soprassuolo. Al comma 6 dello stesso Articolo, sono dettagliati gli elementi che devono comporre il Piano dei Tagli: Art. 44 comma 6 RFT

I piani dei tagli devono contenere l’individuazione, su carta topografica alla scala minima di 1 a 25.ooo e su carta catastale, delle superfici boschive aziendali complessive ed oggetto del piano e, limitatamente alle superfici oggetto di taglio nel periodo di validità del piano:

a) la suddivisione planimetrica delle superfici boschive, distinte, secondo la tipologia forestale della

Regione Toscana, in particelle di caratteristiche omogenee per composizione, classi cronologiche e forma di governo dei boschi con eventuale ulteriore suddivisione in funzione delle caratteristiche stazionali. Per ciascuna particella o sottoparticella sono indicati i riferimenti catastali;

b) la descrizione generale e particellare relativa alle caratteristiche stazionali e delle superfici boscate oggetto del piano. Per i boschi cedui è sufficiente una descrizione relativa alla composizione,

Page 38: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

37

età, sviluppo, stato di conservazione e una stima della massa legnosa dei soprassuoli, mentre per i boschi di alto fusto devono essere indicati anche i dati relativi ai principali caratteri dendrometrici e delle masse legnose presenti, entrambi riferiti all’attualità ed all’anno di taglio, prima e dopo l’intervento;

c) il programma dei tagli da eseguire, con individuazione planimetrica delle aree interessate in ogni anno silvano di validità del piano, determinazione della ripresa legnosa e descrizione delle modalità di taglio e di esbosco nonché quelle di rinnovazione;

d) il rilievo della viabilità presente e progettazione di massima degli eventuali interventi di manutenzione, ripristino e nuova realizzazione della viabilità e delle altre opere connesse ai tagli di cui alla sezione VI, in rapporto ai tagli previsti;

d bis) il riepilogo, con evidenziate le motivazioni selvicolturali e le valutazioni di natura idrogeologica e ambientale, in apposita tabella che elenchi le particelle interessate:

1) dagli interventi in deroga ai sensi del comma 7;

2) dai tagli boschivi per i quali il presente regolamento prevede l’autorizzazione quando effettuati in assenza di piano di gestione o di taglio;

3) dai tagli boschivi che prevedono la rinnovazione artificiale del soprassuolo.

Approvazione dei PdA Per i Complessi agricolo-forestali del demanio regionale, i PdA vengono presentati da parte dell’Ente che amministra il Complesso alla Giunta Regionale. Nel caso che l’Ente amministratore sia diverso dalla Comunità Montana, una copia del PdA viene trasmessa anche alla Comunità Montana o Provincia competenti per territorio, i quali devono esprimere il proprio parere entro 60 giorni e comunicarlo alla Regione. Qualora il complesso ricada in tutto od in parte nell’ambito di un Parco nazionale, regionale o provinciale, o di una Riserva naturale, il PdA viene trasmesso anche all’Ente Parco od all’organismo di gestione, ai fini dell’ottenimento di un nulla osta. La Giunta Regionale approva (o non approva) il PdA, con le eventuali modifiche, entro 90 giorni dalla scadenza dei termini per la presentazione di pareri e nulla osta vari. Per i patrimoni silvo-pastorali degli Enti locali e di altri Enti pubblici, il PdA viene presentato da parte del Comune o di altro Ente proprietario alla Provincia o Comunità Montana territorialmente competenti, che lo approva entro 90 giorni dal ricevimento del Piano stesso. Anche in questo caso, qualora la foresta ricada in tutto od in parte nell’ambito di un Parco nazionale, regionale o provinciale, o di una Riserva naturale, l’approvazione del PdA è subordinata al conseguimento di un nulla osta da parte dell’Ente parco o dell’organismo di gestione. Lo stesso iter è previsto per l’approvazione dei Piani di Gestione e dei Piani dei Tagli Pluriennali (minimo 5, massimo 10 anni) presentati per proprietà forestali private. I PdA possono prevedere, per esigenze motivate, interventi in deroga alle disposizioni del RFT, fatta eccezione per le epoche di taglio, e per le estensioni massime delle tagliate). Una volta approvato il Piano, esso diviene strumento normativo a tutti gli effetti, e non occorrono autorizzazioni o dichiarazioni per l’esecuzione degli interventi previsti.

Page 39: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

Gli INCENDI FORESTALI

Figura 1. Incendio forestale 14

Gli incendi forestali sono un fenomeno disastroso che affligge la nostra penisola, come d’altronde i paesi affacciati sul Mediterraneo e sull’Oceano, in particolare durante la stagione estiva nelle aree contrassegnate da alte temperature e marcata siccità. Tra il 1970 ed il 2010 in Italia se ne sono andati letteralmente in fumo ogni anno una media di quasi 50.000 ha15 di superficie boscata, la metà della superficie totale interessata da incendi; le oscillazioni annuali delle superfici percorse da incendio (vedi Tabella a pagina successiva) sono notevoli, in relazione all’andamento climatico annuale, raggiungendo un picco di quasi 117.000 ha di boschi bruciati nel 2007. Negli ultimi 10 anni (2007 a parte) il trend appare positivo, con diminuzione delle superfici e del numero di eventi, ma il dato è forse imputabile alle estati più fresche e piovose che si sono registrate nel decennio. Le regioni più colpite sono le isole e quelle meridionali, per ragioni sia climatiche che vegetazionali. Neppure i Parchi Nazionali sono risparmiati da questa piaga, se è vero che nel periodo 1997 – 2006 si è avuta una media di oltre 600 incendi all’anno, con una superficie interessata di quasi 4.000 ha annui, pari allo 0,3 % della superficie totale protetta dai PN; nel 2007, in parallelo ai valori complessivi dell’anno, si sono superati i 25.000 ha di superficie percorsa dal fuoco. Gli incendi dovuti a cause naturali sono una percentuale esigua rispetto al totale: i boschi possono essere incendiati dai fulmini, e più raramente da fenomeni di autocombustione di materiale vegetale ammassato (meno frequente ancora, in quanto circoscritto geograficamente, dalle eruzioni vulcaniche). Le cause degli incendi sono quindi quasi sempre imputabili all’azione più o meno cosciente dell’uomo: azioni dolose, quando il fuoco è appiccato deliberatamente, e colpose, quando gli incendi si sviluppano a

14 Le Figure 1, 2, 3, 5, 6, 8 e 9 sono riprodotte per gentile concessione di DREAM Italia, che ringrazio. Le Figure 4 e 7, così come numerose informazioni, sono tratte dal manuale per la formazione di base dgli operatori AIB della Regione Toscana “La lotta attiva agli Incendi Boschivi” 15 Dati del Corpo Forestale dello Stato.

Page 40: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

39

causa di imprudenza e/o non osservanza delle norme di prevenzione (ad esempio l’abbruciamento di residui colturali agricoli in prossimità del bosco, una delle cause più frequenti di incendi forestali).

1970 – 2013. Italia. Dall’alto: numero degli incendi, superficie totale (in rosso)

e sup. boscata (in verde) percorsa da incendi, superficie media bruciata per evento. (Dati Corpo Forestale dello Stato)

Figura 2. Gli effetti del passaggio di un incendio forestale

Page 41: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

40

Figura 3. Cause di incendio a cui sono seguiti arresti o custodie cautelari nel periodo 2000 – 2007.

Statistiche ufficiali del Corpo Forestale dello Stato Gli effetti degli incendi hanno tutti valenza fortemente negativa: Rischi per l’incolumità e la salute delle persone coinvolte nell’incendio, siano esse residenti o turisti, oppure personale preposto allo spegnimento. Si va dall’intossicazione, alle bruciature, alle lesioni per cadute di materiale, fino alla morte, caso purtroppo tutt’altro che raro. Danni economici, dovuti non solo alla perdita parziale o totale dei soprassuoli coinvolti e dei manufatti umani inclusi nell’area incendiata, ma anche ai costi per lo spegnimento e la bonifica. Danni ambientali, in termini di perdita di biodiversità, ma anche di influenza sul clima locale. Per ogni ettaro di macchia mediterranea bruciata, è stimata la morte in media di 400 tra mammiferi, uccelli e rettili, oltre ad un numero imprecisato di insetti ed organismi del suolo. Il passaggio degli incendi comporta la perdita dell’ habitat per numerose specie animali e vegetali. Anche le successioni ecologiche in atto si interrompono, e regrediscono verso forme più o meno degradate, sicuramente meno produttive da un punto di vista forestale. Danni alla stabilità idrogeologica. Nei versanti in pendenza, il passaggio del fuoco espone i suoli ad intensi fenomeni erosivi, essendo venuta meno la protezione delle chiome, e/o delle specie del sottobosco, e/o dello strato superficiale di materia organica, a seconda della tipologia dell’incendio. Non tutti gli incendi conducono necessariamente ad un disboscamento permanente dell’area colpita, stante la capacità di diverse specie (chiamate pirofite) di rigenerarsi da seme (ad esempio i Pini e la Betulla) o da ceppaia (come il corbezzolo, le eriche, il Pioppo tremolo).

Page 42: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

41

Fattori determinanti la formazione e la propagazione degli incendi I fattori che influenzano il manifestarsi e l’estendersi degli incendi, così come il loro grado di pericolosità, sono sostanzialmente di tre tipi: fattori climatici, fattori vegetazionali, e fattori morfologici. I fattori climatici sono legati alle temperature, alle precipitazioni (con i suoi effetti sull’umidità atmosferica ed edafica), ai venti. Le alte temperature combinate con prolungati periodi di siccità facilitano l’insorgere degli incendi, ed è questa la ragione per cui il picco di incendi si registra nella stagione estiva, interessando principalmente le regioni meridionali e le aree a ridosso delle coste. Ma anche in inverno si possono registrare incendi in concomitanza dell’abbassamento dell’umidità atmosferica a causa del gelo, del soffiare di venti continentali, e della presenza di fogliame secco (p.e. delle graminacee). I venti, in particolare i caldi venti marini, risultano pericolosi sia per l’abbassamento dell’umidità atmosferica che per la capacità di accelerare e propagare velocemente gli incendi in corso. La direzione del vento dominante determina anche la direzione di avanzamento dell’incendio. I fattori vegetazionali comprendono la struttura dei boschi e la loro composizione specifica. Così le fustaie con sottobosco rado sono meno incendiabili, o perlomeno limitano gli incendi alti, rispetto a fustaie con denso sottobosco arbustivo. Anche le superfici a ceduo ed ovviamente quelle a macchia mediterranea risultano più suscettibili d’incendio. L’applicazione di regolari interventi selvicolturali, quali l’asportazione degli alberi secchi e la spalcatura dei rami bassi delle conifere, è un deterrente al propagarsi degli incendi. In quanto alla composizione, ci sono specie più facilmente infiammabili, come le resinose, in particolare i pini, e gli arbusti della macchia mediterranea, e specie che mostrano invece scarsa infiammabilità, tra cui la robinia, l’ontano napoletano, la sughera, il corbezzolo ed il leccio. Lo stato idrico della vegetazione, a sua volta dipendente dall’andamento climatico, è un altro fattore importante che influenza l’insorgere di incendi. La morfologia del terreno, e soprattutto la pendenza, influenza la propagazione degli incendi. Così in caso di incendio che sta salendo lungo un versante, la velocità di avanzamento aumenta con l’aumentare della pendenza; viceversa, se sta scendendo, la velocità tende a diminuire. Le vie di comunicazione principali, ed i corsi d’acqua, formano barriere quasi sempre insormontabili da parte del fuoco, e costituiscono linee dove attestarsi durante la lotta attiva. Considerato che le azioni dell’uomo sono la causa pressoché esclusiva degli incendi, l’accessibilità del bosco alle automobili, e la vicinanza di aree a destinazione agro-pastorale costituiscono fattori di rischio assai importanti. D’altronde la viabilità esplica anche una azione positiva, permettendo l’accesso ad uomini e mezzi durante le operazioni di estinzione.

La combustione e la propagazione del fuoco Perché un fuoco abbia origine, occorre la presenza di un combustibile, di ossigeno, e di una fonte di calore che inneschi la combustione (triangolo del fuoco). Quando la combustione interessa quantità elevate di combustibile distribuito nello spazio con continuità, la combustione non è controllabile, e si genera un incendio.

Il combustibile. Negli incendi forestali è costituito da tutta la sostanza organica presente nell’ecosistema, principalmente quella vegetale, ma anche quella del suolo. Il grado di infiammabilità è in relazione, come visto, al tenore di umidità, alla specie vegetale, alla presenza di resine od olii essenziali.

L’ossigeno (comburente). E’ naturalmente presente nell’atmosfera. Fattori esterni quali il vento sono in grado di aumentarne o diminuirne la quantità, favorendo o limitando la combustione.

Calore (energia termica). La fonte di energia che provoca l’innesco della reazione può essere naturale (fulmini), o di origine antropica.

Attenzione: Per lo spegnimento di un incendio, bisogna intervenire su almeno uno di questi tre elementi.

Page 43: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

42

Dal focolare iniziale, il calore prodotto si trasmette in tre modi al resto del soprassuolo:

Per Convezione. Dovuto all’aria calda che tende a salire verso l’alto, formando una corrente che riscalda il combustibile fino a che prende fuoco. E’ questo il modo in cui gli incendi si propagano dalla vegetazione del sottobosco fino alle chiome degli alberi.

Per Irraggiamento. L’aria calda emette raggi calorifici in tutte le direzioni, determinando il riscaldamento ed infine la combustione della vegetazione prossima a quella che sta bruciando.

Per Conduzione. E’ il trasferimento diretto di calore da una molecola all’altra. E’ il modo meno importante per i boschi, in quanto il legno è un cattivo conduttore di calore.

Dalla combustione si producono vari gas (monossido di carbonio, anidride carbonica, vapore acqueo), insieme a calore, cenere e particelle non combuste le quali, insieme al vapor d’acqua, determinano la formazione ed il colore delle dense colonne di fumo che accompagnano gli incendi. Così il fumo bianco indica in genere un incendio appena iniziato, mentre il colore grigio o nero è sinonimo di un incendio intenso e già avanzato (o può anche significare che sta bruciando materiale plastico). Un incendio si propaga dal focolaio iniziale in modo irregolare, e l’area bruciata tende ad assumere una forma vagamente ellittica. Ogni parte dell’incendio ha un suo nome convenzionale (vedi figura 4) molto utile da un punto di vista operativo, per la descrizione del fenomeno.

Figura 4. Le parti di un incendio

Esistono diverse tipologie di incendi:

Incendi bassi (o radenti, o di superficie). Si parla genericamente di incendio basso quando l’altezza della vegetazione interessata è inferiore ai 2 metri. Possono interessare la sostanza organica morta della lettiera (con bassa intensità e modesta velocità di avanzamento), oppure lo strato erbaceo (con intensità maggiori e notevole velocità di avanzamento), o quello arbustivo (intensità elevata, e velocità variabile), o l’insieme di tutti questi. L’incendio dello strato arbustivo è il più pericoloso poiché può trasmettersi alle chiome ed è la principale tipologia che interessa il territorio della Regione Toscana.

Incendi alti (o di chioma). Interessano la parte aerea degli alberi, sia di singoli individui che dell’intero popolamento. L’ origine è quasi sempre in un incendio radente, laddove quantità e tipo di combustibile, uniti alle condizioni ambientali, determinano il riscaldamento delle chiome fino alla loro combustione. Sono incendi caratterizzati da elevate intensità e velocità di avanzamento, anche per la maggiore azione del vento sul fuoco di chioma. Ne sono interessate con maggiore facilità le specie forestali con elevati contenuti di resina (conifere).

Incendi sotterranei. Poco frequenti nel nostro paese, si sviluppano all’interno della lettiera e dello strato humifero, spesso in assenza di fiamma visibile, e possono danneggiare in maniera anche grave gli apparati radicali delle piante.

Page 44: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

43

Il Controllo degli Incendi Boschivi Il controllo del fenomeno degli incendi boschivi si attua sia a livello preventivo, che attraverso la lotta attiva. Le azioni preventive sono di tipo selvicolturale, normativo e di sensibilizzazione della popolazione. La lotta attiva consiste negli interventi di spengimento degli incendi e di bonifica delle superfici bruciate. Le Azioni Preventive

Interventi selvicolturali Gli interventi selvicolturali nei boschi a rischio di incendio possono interessare interi popolamenti, oppure limitarsi alle fasce perimetrali degli stessi, od alle fasce limitrofe alle strade. Tra gli interventi andanti, che interessano l’intera superficie, i diradamenti svolgono una benefica azione in quanto riducono la biomassa presente ed asportano la biomassa morta, oltre a distanziare tra loro le chiome. Nelle fustaie di conifere la loro efficacia aumenta se si provvede anche alla sramatura dei primi metri dei fusti, interrompendo la continuità in senso verticale della vegetazione, cosa utile ad impedire lo sviluppo degli incendi di chioma. L’interruzione della continuità verticale di un popolamento forestale si ottiene anche con l’eliminazione o la riduzione del piano arbustivo, ma questo intervento è assai costoso, oltre a contrastare eventuali processi di rinaturalizzazione dei soprassuoli. Anche l’avviamento all’alto fusto dei boschi cedui aiuta a prevenire il propagarsi del fuoco, attraverso l’innalzamento delle chiome e l’eliminazione dei polloni dominati. A livello localizzato, si tratta di realizzare delle fasce verdi interrompi - fuoco, interne al bosco, profonde fino a 30 metri, lungo i confini con luoghi potenzialmente pericolosi, quali strade, oliveti e campi coltivati in genere. Sulle fasce si provvede ad una eliminazione costante della componente arbustiva ed al diradamento severo, od anche all’eliminazione totale, delle piante facilmente infiammabili (come i pini) e magari alla loro sostituzione con specie più difficilmente infiammabili, quali robinia ed ontano napoletano. Queste fasce in caso del propagarsi di incendi rallentano di molto, e riescono spesso a fermare, l’avanzata del fuoco. Il sistema sopra descritto tende oggigiorno ad essere preferito al vecchio sistema dei viali (o cesse) parafuoco. Queste sono delle larghe strisce continue, che corrono lungo i crinali, o che squadrano i soprassuoli, da cui viene eliminata tutta la vegetazione arborea ed arbustiva, con lo scopo di impedire il passaggio del fuoco tra le porzioni di bosco affacciate ai lati del viale. A questo sistema, oltre al negativo impatto sul paesaggio, sono riconosciuti alcuni difetti tra cui l’effetto camino, che aumenta l’afflusso di aria, e la difficoltà di mantenere la striscia spoglia di arbusti. Una tecnica molto efficace a livello preventivo è infine quella del fuoco controllato, che consiste nel bruciare deliberatamente il piano erbaceo – arbustivo dei boschi in condizioni di totale controllo e sicurezza. Il metodo viene applicato su larga scala negli Sati Uniti, ma anche in Spagna e Portogallo; in Italia esperienze significative si hanno solamente in Toscana e Sardegna.

Interventi normativi La Legge Forestale della Toscana ed il suo Regolamento contengono una serie di norme indirizzate alla prevenzione. Tra esse si ricordano:

Il divieto nelle aree percorse da incendio di costruire edifici per un periodo di 10 anni; il divieto di pascolo, sempre per 10 anni, e di cambio della destinazione d’uso per quindici anni.

Il divieto di bruciare residui vegetali in presenza di vento intenso, e l’obbligo di controllo del fuoco durante tutto il suo ciclo. Sono norme valide tutto l’anno.

Il divieto nel periodo a rischio (dal 1 luglio al 31 agosto) di bruciare residui vegetali a meno di 200 metri dal bosco, da arbusteti e da impianti di arboricoltura da legno. Oltre i 200 metri, gli abbruciamenti sono consentiti dall’alba alle 10 del mattino.

Interventi di sensibilizzazione

Sono destinati ad informare e sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema degli incendi e sui comportamenti umani che li possono provocare. E’ un’ azione particolarmente importante ed efficace nelle scuole. Sul territorio ci si avvale di cartelli, localizzati presso i confini delle foreste, in cui sono riportate le norme da osservare per prevenire l’insorgere del fuoco.

Page 45: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

44

L’estinzione degli incendi: competenze. L’intervento per lo spegnimento di incendi è di competenza:

Dell’Organizzazione regionale AIB (Anti Incendi Boschivi, vedi paragrafo successivo), per gli incendi boschivi16, di impianti di arboricoltura da legno, oppure che interessino incolti, coltivi e pascoli situati entro 50 metri da tali aree.

Dei Vigili del Fuoco per gli incendi di vegetazione e di sterpaglie oltre i 50 metri di distanza dal bosco. E’ competenza dei Vigili del fuoco l’intervento anche nelle aree boschive quando vi siano pericoli per le persone o minacce ad insediamenti civili e/o industriali ed alle infrastrutture.

Della Protezione Civile per gli eventi di gravità eccezionale.

Figura 5. In caso d’ incendio

L’Organizzazione AIB (Antincendi Boschivi) della Regione Toscana La prevenzione e la lotta agli incendi in Italia è materia di competenza regionale. La Regione Toscana attua questo servizio attraverso l’Organizzazione AIB, che coinvolge Province, Comuni, Comunità Montane, il Corpo Forestale dello Stato, i Vigili del Fuoco, la Protezione civile, associazioni di volontariato. L’Organizzazione AIB si occupa della:

Attività di previsione, ovvero dell’individuazione delle aree e dei periodi a rischio di incendi boschivi, nonché dei dispositivi atti a realizzare la lotta attiva;

Attività di prevenzione, attraverso il monitoraggio del territorio e gli interventi selvicolturali;

Lotta attiva, ovvero le attività di avvistamento, pattugliamento, segnalazione, spegnimento da terra o con supporto aereo, bonifica e controllo.

Per quanto riguarda la lotta attiva, essa è articolata in strutture di coordinamento, nella componente terrestre e nella componente aerea.

16 Si ricorda che, per la regione Toscana, è considerata bosco una superficie di almeno 2.000 m², larga più di 20 metri, con almeno il 20% di copertura arborea, od almeno il 40% di copertura arbustiva.

Page 46: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

45

Le strutture di coordinamento consistono:

nella Sala Operativa Unificata Permanente (SOUP), gestita dalla Regione Toscana, operativa 365 giorni l’anno 24 ore su 24, ed incaricata sia della gestione degli elicotteri, che della gestione diretta degli eventi nei momenti di chiusura delle strutture locali

(numero verde 800 425 425); nei Centri Operativi Provinciali, uno per provincia, incaricati della gestione degli eventi in

ambito provinciale, ed aperti dal 15 giugno al 15 settembre dalle 8 alle 20; nei Direttori delle Operazioni (DO AIB), le figure che dirigono e coordinano le attività sul luogo

degli incendi (previamente identificate in ogni area comunale). La componente terrestre della lotta attiva si occupa dell’avvistamento e dello spegnimento degli incendi. La sorveglianza del territorio nei periodi critici viene effettuata da vedette poste su torrette o su luoghi comunque di larga visibilità. All’avvistamento si accompagna, sempre nei periodi di criticità, una opera di pattugliamento e controllo, con finalità preventive. Il personale preposto allo spegnimento è organizzato in squadre formate da 2 – 5 persone, operai forestali dei vari Enti e personale volontario, opportunamente addestrate, dotate di un mezzo AIB e di idonei equipaggiamenti e DPI.

Figura 6. Organizzazione AIB Toscana

La componente aerea consta di una decina di elicotteri del tipo Ecureil AS – 350B3, capaci di caricare 1.000 litri (da sganciare in una sola volta), con una velocità di crociera di 210 km/h. Gli elicotteri utilizzano una serie di basi operative dislocate sul territorio regionale (ce n’è una anche alla Macchia Antonini, in provincia di Pistoia), ed il loro intervento è gestito dal SOUP. Per gli eventi di particolare gravità, viene richiesto alla Protezione Civile l’intervento di mezzi aerei con maggiore portata di acqua, quali Canadair ed altri. Tecniche e mezzi per l’estinzione degli incendi forestali Come già accennato, e schematizzato nella figura a pagina successiva, per estinguere un incendio occorre diminuire il combustibile o la quantità di ossigeno, oppure diminuire l’energia termica del sistema, o meglio ancora agire contemporaneamente su queste tre componenti.

Page 47: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

46

Figura 7. Interventi sul triangolo del fuoco

Lo spegnimento di un incendio si attua praticamente applicando strategie di attacco diretto e di attacco indiretto, oppure ricorrendo alla loro combinazione. L’attacco diretto consiste nell’intervento diretto sul fuoco, attuato sia da terra, utilizzando attrezzi manuali ed acqua trasportata da mezzi fuoristrada appositamente allestiti (pick up ed autobotti forniti di idranti), che dal cielo attraverso l’acqua scaricata sull’incendio da appositi velivoli, elicotteri e/o aerei. L’effetto dell’acqua come estinguente è duplice: da un lato raffredda il combustibile, dall’altro crea una patina che separa il combustibile dall’ossigeno. All’acqua possono essere miscelate varie sostanze che aumentano il potere estinguente: in Toscana non sono attualmente utilizzate. Un pick up con cisterna ne trasporta 300 – 500 litri, un’autobotte 4x4 leggera fino a 2.000 litri, un elicottero della flotta regionale Toscana 1.000 litri, un Canadair circa 7.500 litri. Nel caso di incendi bassi e di poca fiamma, le fiamme possono anche essere soffocate manualmente, sia coprendole di terra con una pala, sia battendole con appositi attrezzi (falbello battifiamma), e parimenti può essere tagliato ed allontanato il combustibile per mezzo di motoseghe, accette e roncole. All’attacco indiretto si ricorre in caso di incendi intensi, dal fronte poco raggiungibile, comunque non affrontabile con attacco diretto per motivi tecnici o di sicurezza del personale. Consiste nell’eliminare il combustibile su una fascia di controllo situata nella direzione verso cui avanza il fuoco e ad una opportuna distanza, mediante taglio ed asportazione del materiale vegetale. A questa azione si può utilmente accompagnare anche la bagnatura di queste strisce con acqua o ritardanti. Un effetto simile si ottiene provocando un controfuoco, ovvero di un fuoco controllato che acceso a partire da una linea di difesa, vada incontro al fronte dell’incendio, rallentandolo per mancanza di combustibile. Una volta spento l’incendio, è necessario procedere alla bonifica dell’area bruciata, che consiste nella messa in sicurezza della zona attraverso:

La realizzazione con attrezzature manuali o meccaniche di una fascia di sicurezza (staccata) lungo il perimetro dell’incendio, eliminando tutto il materiale vegetale presente, e fino a scoprire l’orizzonte minerale del suolo. La staccata andrebbe poi, se possibile, abbondantemente bagnata.

L’estinzione degli eventuali focolai residui. L’arieggiamento delle braci interne alle ceppaie, utilizzando attrezzi quali zappa, piccone, rastro

ecc. L’allontanamento ed il raffreddamento del combustibile presente ai margini dell’area bruciata

(da posizionare all’esterno dell’area)

Page 48: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

47

Figura 8. Ecureil AS – 350B3. Elicottero antincendio della flotta regionale della Toscana

Figura 9. Canadair della Protezione Civile

Page 49: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

48

La sicurezza nello spegnimento degli incendi forestali L’attività di estinzione degli incendi forestali espone gli operatori delle squadre AIB ad un complesso e pericoloso quadro di rischi, quali:

Bruciature ed ustioni, dovute sia al calore sprigionato dall’incendio, che alla manipolazione di materiale ad alta temperatura.

Ipertermia (o colpo di calore), che si manifesta a seguito di attività intensa e prolungata al cospetto del fuoco, in soggetti non adeguatamente protetti.

Danni da fumo, quali intossicazioni, irritazioni ed asfissia. Disidratazione dovuta alle elevate temperature. Contusioni, ferite, ecc., dovute sia alla repentina caduta di rami e parti di fusto, che al

camminamento su terreno ingombro di residui legnosi acuminati. Danni dovuti ad autoveicoli, macchine ed attrezzi. Danni causati da animali ed insetti, resi particolarmente pericolosi dalla loro reazione in

presenza del fuoco. Rischi dovuti alla presenza di linee elettriche. Rischi dovuti alla presenza eventuale in capanni, rimesse, ecc., ma anche abbandonati al suolo,

di bombole di gas e contenitori di liquidi infiammabili (vernici, insetticidi, ecc.) che oltre a poter esplodere, sprigionano con la combustione sostanze tossiche, come d’altronde fanno anche eventuali materiali plastici.

Lo spegnimento degli incendi impone quindi la necessità di curare particolarmente l’aspetto della sicurezza degli operatori antincendio, attraverso:

Una adeguata qualificazione degli operatori stessi, formati attraverso specifici corsi che insegnano sia le tecniche di spegnimento, che le norme di comportamento per evitare incidenti. Importante è anche l’accertamento periodico, attraverso visite mediche, dell’idoneità fisica alla mansione.

L’utilizzo di idonei DPI (Dispositivi di Protezione Individuale). Essi devono essere di III.

Categoria, ovvero idonei a tutelare l’operatore dal rischio di morte o di lesioni gravi, ed avere una colorazione vivace per rendere l’operatore facilmente visibile agli altri ed ai mezzi aerei (I DPI delle squadre AIB della Toscana sono di colore arancione). L’equipaggiamento è costituito da:

- Tuta

Normalmente intera, prodotta con tessuti ignifughi. Deve limitare il passaggio del calore verso l’interno e fare sì che questo passaggio sia graduale in modo da consentire all’ operatore di percepire il calore. Deve anche permettere il passaggio del calore corporeo all’esterno.

- Guanti In pelle, con parti in tessuto ignifugo, e con polsini lunghi per ricoprire la manica della tuta. Devono proteggere da materiale incandescente e da lesioni ed abrasioni.

- Casco Di materiale resistente alle alte temperature, protegge la testa dalla caduta materiali dall’alto. Per proteggere il viso si ricorre ad un passamontagna sottocasco in tessuto ignifugo. In assenza di vegetazione arborea, il casco può essere tolto.

- Occhiali Proteggono dal fumo, sono del tipo a maschera, e regolabili per aderire perfettamente al viso.

- Maschera o semimaschera antifumo E’ un dispositivo di emergenza, da indossare quando la presenza di fumo può determinare una situazione di grave rischio. I filtri utilizzati non sono in grado di difendere da sostanze combuste diverse da quelle vegetali; per questo è necessario allontanarsi in caso stia bruciando plastica, gomma o rifiuti.

- Stivali Devono proteggere piede e caviglia. Sono alti, resistenti al calore, con suola antiscivolo e punta antischiacciamento.

Page 50: Gestione di Parchi, Aree protette ed Assestamento Forestale · tra cui la Selvicoltura, la Dendrometria e gli Inventari Forestali, la Cartografia. Lo strumento operativo con cui si

49

- Cinturone In cuoio o tessuto ignifugo, utilizzato per il trasporto di occhiali, maschera antifumo, borraccia dell’acqua e torcia per le operazioni notturne.

Il Direttore delle Operazioni è contraddistinto da un gilet giallo con scritta nera “DO AIB DIRETTORE OPERAZIONI ANTINCENDI BOSCHIVI”, dalla tuta arancione con terzo superiore giallo, e dal casco di colore bianco. Il Responsabile di Gruppo AIB ha gilet blu, con scritta gialla “RESPONSABILE GRUPPO AIB”; tuta e casco sono di colore arancione, come per gli Operatori AIB.

In caso di incendio

Di seguito, i consigli della Forestale sui comportamenti da tenere per evitare di dare origine ad incendi boschivi e limitarne la propagazione e danni ulteriori a cose e persone

COME PREVENIRE GLI INCENDI BOSCHIVI

Non gettare mai mozziconi di sigaretta o fiammiferi ancora accesi. Non accendere mai fuochi nel bosco, se non in aree a ciò destinate. Non parcheggiare mai l’auto sopra erba o foglie secche. Non abbandonare mai rifiuti nel bosco e/o fuori dalle regolari discariche.

Non bruciare mai stoppie, paglia o altri residui agricoli vicino al bosco o ad altre aree incolte.

IN CASO DI AVVISTAMENTO DI UN INCENDIO

Avvisare subito il Corpo Forestale dello Stato, telefonando al numero 1515 o agli altri numeri di pronto intervento.

Segnalare il luogo dove si scorge il fumo o si vedono le fiamme, comunicando località e Comune. Non riagganciare fino a che l’operatore non abbia dato conferma.

Non avere timore a fornire il proprio nome, cognome e telefono; si tratta di informazioni riservate, che non saranno comunicate a estranei, necessarie a chiedervi ulteriori dettagli e a scoraggiare le chiamate di disturbo. Se possibile, fornire ulteriori informazioni: - entità e descrizione del fumo (colonna di fumo bianco leggero oppure colonna di fumo nero,

colonna di fumo isolata oppure più colonne allineate); - presenza di abitazioni, elettrodotti, strade e ferrovie; - tipo di vegetazione e bosco (incolti, pascoli, pinete, querceti, macchia mediterranea).

COMPORTAMENTI DA TENERE IN CASO DI INCENDIO

Assicurarsi una via di fuga considerando il percorso stradale in relazione alla direzione dell’incendio.

Non allontanarsi dal veicolo che garantisce una buona possibilità di sopravvivenza durante il passaggio del fuoco; fermare il veicolo in zone aperte e prive di vegetazione; mantenere le luci accese, chiudere i finestrini e le prese d’aria.

Non sostare in zone sovrastanti l’incendio o sottovento.

Non fermarsi a osservare l’incendio lungo la strada; se la strada è chiusa, non accodarsi ma tornare indietro.

Facilitare l’intervento dei mezzi di soccorso, non ingombrando la strada con l’autovettura. Non lasciare parti del corpo scoperte.

Non fuggire in preda al panico, cercare un punto in cui sia possibile attraversare il fuoco e portarsi senza esitazione né ripensamenti sulla zona già bruciata.

Seguire sempre le indicazioni date dal personale o dal Direttore delle Operazioni (DO AIB).