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3 Organo Ufficiale della Società Italiana di Colposcopia e Patologia Cervico Vaginale Affiliata alla International Federation for Cervical Pathology and Colposcopy ANNO XIX – N. 1 – DICEMBRE 2002 Società Italiana di Colposcopia e Patologia Cervico Vaginale Via dei Soldati, 25 – 00186 Roma – Tel 06 6875119 – Fax 06 6868142 GESTIONE DELLA PAZIENTE CON PAP TEST ANORMALE LINEE GUIDA Edizione 2002 a cura della Società italiana di Colposcopia e Patologia Cervico Vaginale Consiglio Direttivo 2000-2003 Presidente Antonio Perino Vice Presidenti Gaetano Garozzo - Daria Minucci - Aldo Vecchione Segretario Generale Tesoriere Fausto Boselli Segretario Aggiunto Stefano De Martis Consiglieri Maggiorino Barbero - Paolo Cristoforoni - Antonio Frega Giovanni Miniello - Giancarlo Mojana - Carlo Penna Revisori dei conti Melchiorre Fidelbo - Luigi Granato - Marco Palomba Alberto Agarossi - Francesco Sopracordevole Comitato Scientifico Permanente A. Ciavattini, B. Ghiringhello, G. Marello, G. Montanari, M. Origoni, S. Pala, R. Piccoli, M. Preti, G. Stellato, B. Suligoi, C. Villani, C. Zanardi

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Organo Ufficiale della Società Italiana di Colposcopia e Patologia Cervico Vaginale

Affiliata alla International Federation for Cervical Pathology and Colposcopy

ANNO XIX – N. 1 – DICEMBRE 2002

Società Italiana di Colposcopia e Patologia Cervico VaginaleVia dei Soldati, 25 – 00186 Roma – Tel 06 6875119 – Fax 06 6868142

GESTIONE DELLA PAZIENTE CON PAP TEST ANORMALE

LINEE GUIDAEdizione 2002

a cura della Società italiana di Colposcopia e Patologia Cervico Vaginale

Consiglio Direttivo 2000-2003

PresidenteAntonio Perino

Vice PresidentiGaetano Garozzo - Daria Minucci - Aldo Vecchione

Segretario Generale TesoriereFausto Boselli

Segretario AggiuntoStefano De Martis

ConsiglieriMaggiorino Barbero - Paolo Cristoforoni - Antonio Frega

Giovanni Miniello - Giancarlo Mojana - Carlo Penna

Revisori dei contiMelchiorre Fidelbo - Luigi Granato - Marco Palomba

Alberto Agarossi - Francesco Sopracordevole

Comitato Scientifico Permanente A. Ciavattini, B. Ghiringhello, G. Marello, G. Montanari,

M. Origoni, S. Pala, R. Piccoli, M. Preti, G. Stellato, B. Suligoi, C. Villani, C. Zanardi

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GESTIONE DELLA PAZIENTE CON PAP TEST ANORMALELinee Guida Edizione 2002a cura della Società italiana di Colposcopia e Patologia Cervico Vaginale

IndiceCapitolo I Referto citologico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 6

Capitolo II Metodiche aggiuntive al Pap test: HPV-DNA test . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 7

Capitolo III Esame colposcopico e bioptico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 8

Capitolo IV Trattamento della neoplasia cervicale intraepiteliale (CIN) . . . . . . . . Pag. 10

Capitolo V Valutazione del cono cervicale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 11

Capitolo VI Gestione della paziente con Pap test anormale . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 12

Capitolo VII Gestione della paziente gravida con Pap test anormale . . . . . . . . . . . Pag. 15

Capitolo VIII Gestione della paziente HIV positiva con Pap test anormale . . . . . . . Pag. 17

Capitolo IX Esame colposcopico, trattamento e consenso informato: aspetti medico-legali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 18

Capitolo X Controllo di qualità ed accreditamento in colposcopia . . . . . . . . . . . Pag. 20

Allegato 1 Bethesda System 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 22

Allegato 2 Classificazione Colposcopica Internazionale IFCPC 1990 . . . . . . . . . Pag. 23

Allegato 3 Classificazione Colposcopica Internazionale IFCPC 2002 . . . . . . . . . Pag. 23

Allegato 4 Scheda colposcopica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 24

Allegato 5 Scheda di consenso informato per l’esame colposcopico ed i trattamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 25

Tabella I Gestione della paziente con diagnosi citologica: ASC-US o ASC-H . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 12

Tabella II Gestione della paziente con diagnosi citologica: SIL di basso grado (L-SIL) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 13

Tabella III Gestione della paziente con diagnosi citologica:SIL di alto grado (H-SIL) o carcinoma squamocellulare . . . . . . . . . . . Pag. 14

Tabella IV Gestione della paziente con diagnosi citologica:cellule ghiandolari atipiche (AGC-AIS) o adenocarcinoma . . . . . . . . . Pag. 15

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 26

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PRESENTAZIONELa Società Italiana di Colposcopia e Patologia Cervico Vaginale , prima tra le Società Scientifiche affiliate alla

Società Italiana di Ginecologia ed Ostetricia, ha elaborato, nel 1997, la originaria stesura delle Linee Guida con-sigliate nella identificazione di percorsi diagnostici e terapeutici per il management di pazienti con Pap test anor-male nell’ ambito di programmi di screening organizzato e di screening spontaneo.

E tuttavia già nella primitiva presentazione e prefazione si puntualizzava che le Linee Guida sono da sottopor-re a periodica revisione ed aggiornamento “sia in base ad eventuali direttive istituzionali che ai dati della lette-ratura nazionale ed internazionale, sia alla validazione delle esperienze nazionali ed internazionali in corso”.

Tali Linee Guida si propongono, quindi, quale modello comportamentale, sia pure in un’ottica di utilizzo fles-sibile, nella erogazione di prestazioni cliniche di II livello da parte di Centri di Colposcopia e sono in sintoniacon il progetto del CNR sulle “Applicazioni cliniche della ricerca oncologica (1966)”. Esse ancora prevedono,anche nella stesura aggiornata, che l’indagine colposcopica venga erogata presso Centri qualificati, da parte dipersonale accreditato e sottoposto a periodico controllo di qualità; inoltre, al fine di raggiungere un elevato stan-dard qualitativo ed un’elevata efficienza dello screening, il personale medico coinvolto, sia esso di Centri pub-blici, convenzionati o privati, deve essere sottoposto ad un programma di formazione ad alto livello e deve avereun aggiornamento permanente.

È dunque in questa ottica e sulla scorta di quanto precedentemente elaborato che il Consiglio Direttivo dellanostra Società ha inteso realizzare non solamente la revisione delle Linee Guida ma anche la proposta di un pro-gramma di Accreditamento per gli operatori della Colposcopia; tale ultima iniziativa prevede infatti la possibili-tà, per quanti ne facciano specifica richiesta, di sottoporre a verifica le proprie conoscenze e competenze nel-l’ambito della fisiopatologia del tratto genitale distale divenendo in questo modo Operatore Accreditato dellaSICPCV.

Per tutto quanto esposto, devo formulare un doveroso ringraziamento al Segretario Generale della Società dott.Fausto Boselli ed al Consiglio Direttivo tutto il cui impegno, in sintonia con quello profuso dai membri delComitato Scientifico, ha reso possibile la revisione delle Linee Guida e, più in generale, una costante attività pro-positiva e di elaborazione che si è concretizzata, negli ultimi anni, in una capillare e fruttuosa presenza dellanostra Società in ambito nazionale.

Nella piena consapevolezza dell’importanza che tali iniziative devono rivestire non soltanto nell’ambito delleattività della nostra Società ma anche nello sviluppo di relazioni sempre più collaborative con le strutture istitu-zionali preposte alla tutela della salute e del benessere della collettività, ho il piacere di presentare le rinnovateLinee Guida della Società Italiana di Colposcopia e Patologia Cervico Vaginale.

ANTONIO PERINOPresidente SICPCV

PREFAZIONEPubblichiamo in questo numero de “La Colposcopia in Italia” l’Edizione 2002 delle Linee guida per la

Gestione della paziente con Pap test anormale. Questa Edizione è un aggiornamento della Edizione del 1997 (LaColposcopia in Italia Anno XV – N. 1 – Dicembre 1997) ed è stata presentata in anteprima, nel Simposio SICPCV,in occasione del Convegno Nazionale SIGO, tenutosi a Perugia il 9-13 Novembre 2002.

Questa Edizione è composta da dieci capitoli, cinque allegati e quattro tabelle. Le linee guida devono esseresemplici e chiare così che il lettore troverà tutte le indicazioni per gestire la paziente con Pap test anormale nelcapitolo VI. I capitoli precedenti contengono una indispensabile premessa al fine di approfondire i concetti delleterminologie citologica, colposcopica, istologica e del trattamento della CIN. I capitoli successivi, dal VII al X trat-tano gli aspetti particolari che il colposcopista incontrerà nella sua attività. I cinque allegati rappresentano un verostrumento di lavoro.

Con questa pubblicazione abbiamo pensato di realizzare un testo il più possibile esauriente, pratico e coeren-te alla realtà socio-sanitaria del nostro Paese. Lo specialista, leggendo attentamente quanto viene riportato, potràadeguarsi alla politica del controllo di qualità e dell’accreditamento professionale.

Quanto scritto è il risultato della collaborazione fra i componenti del Consiglio Direttivo e del ComitatoScientifico, con l’obiettivo di ottenere un manuale più che mai rappresentativo e rispondente alle esigenze lavo-rative di tutti i Soci.

FAUSTO BOSELLISegretario Generale SICPCV

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Capitolo IREFERTO CITOLOGICO

Per redigere le linee guida per la “Gestione dellapaziente con Pap test anormale” è indispensabileiniziare con la stesura e il commento della clas-

sificazione citologica attualmente adottata e cioè ilsistema Bethesda (TBS).Molte critiche sono state sollevate al TBS la cui primaversione è del 1988 1 e la seconda del 1991 2; tali criti-che sono riportate nel forum sul SIL di basso e SIL dialto grado del TBS 2001 3. La prima critica riguarda la collocazione della CIN 2(displasia moderata) nelle lesioni squamose di altogrado (H-SIL). Infatti, per alcuni clinici, il trattamentodi pazienti con diagnosi citologica di CIN 2 o displa-sia moderata dovrebbe essere diverso da quello a cuisottoporre le pazienti con CIN 3 (displasia grave, car-cinoma in situ). La seconda critica riguarda proprio lastoria naturale della CIN 2 che sarebbe più vicina aquella della CIN 1 che a quella della CIN 3. Infatti,secondo Mitchell 4, il 43% delle CIN 2 non trattateregredisce spontaneamente. La regressione riguardaanche il 57% delle CIN 1 non trattate e il 32% delleCIN 3 non trattate. La persistenza della CIN 2 non trat-tata è pari al 35%, che diventa il 32% per la CIN 1 nontrattata e il 56% per la CIN 3 non trattata. Ecco perchési ipotizza che il trattamento dovrebbe essere lo stessoper la CIN 1 e CIN 2 anziché per la CIN 2 e CIN 3; nelBethesda System, invece, la CIN 2 è sempre accorpa-to alla CIN 3. Tuttavia, l’uso di una terminologia bina-ria comporta un alto grado di riproducibilità della dia-gnosi citologica e la diagnosi di CIN 2 è poco riprodu-cibile 5,6.Lo scopo del TBS, dichiarato nell’introduzione di ogniversione della classificazione (1988-1991-2001), èpromuovere la comunicazione effettiva e chiara nelriportare i risultati patologici ai clinici, dando loro gliopportuni suggerimenti per decidere gli ulteriori prov-vedimenti di diagnosi e trattamento 7.Nel TBS 2001, viene ribadita l’intenzione, già manife-stata dal 1988, di instaurare un miglior rapporto traanatomo-patologo e clinico, confermando che il refer-

to citologico è un atto medico; tuttavia le raccomanda-zioni al clinico non sono obbligatorie come nei prece-denti TBS, ma opzionali, a discrezione del patologo.La realtà statunitense è molto legata a problemi medi-co-legali, per cui la scelta è spesso quella di esporsi ilmeno possibile, tendendo a non interferire con laresponsabilità del clinico. I suggerimenti al clinicodevono riguardare procedure terapeutiche utili a chia-rire un quadro citologico incerto, metodiche di prelie-vo che possano migliorarne la qualità, l’identificazio-ne delle pazienti che necessitino di ulteriori provvedi-menti, senza consigliarli esplicitamente. Ciò nonavviene nello Screening per cervico-carcinoma, nelquale è il Laboratorio di Citologia che decide se invia-re la donna al controllo standard triennale o al secon-do livello. Nel TBS 2001 viene inoltre data l’indicazio-ne di non interferire con il clinico nel rapporto con lapersona che si è sottoposta al Pap test. Nello Screeningper cervico-carcinoma questo non avviene perchéspesso è il Patologo, su richiesta della donna, che leconsegna e spiega il referto citologico, quando larisposta generica del Programma di Screening nonviene considerata esaustiva dall’interessata o dal suomedico. Nel TBS 2001, il Pap test viene definito, in un’otticacautelativa, test di “screening”, perché contribuisce aduna diagnosi e, quindi, non è considerato un test dia-gnostico vero e proprio. Diversamente, in uno scree-ning organizzato, il test di screening è per sua naturaun test dicotomico, che non fa diagnosi, ma invia omeno al II livello (nel nostro caso la colposcopia) 7.Nello screening la risposta è semplificata perlopiùpositiva o negativa ed il controllo è triennale.Altre variazioni del Bethesda 2001, che lo semplificanorispetto al precedente, sono invece utili per gli scree-ning organizzati: l’eliminazione della categoria “ade-guato ma limitato da…”, delle modificazioni cellularibenigne come categoria a sé stante, la nuova suddivi-sione delle anomalie squamose con eliminazione, pre-sente anche nell’AGUS, del “versus reattivo” 3.Concludendo, sono necessari e sono già iniziati incon-tri europei sul Bethesda System 2001, per adattarlo alleesperienze europee e alle esigenze degli screening per

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Gestione della paziente con Pap test anormaleLINEE GUIDAEdizione 2002

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cervico-carcinoma mediante Pap test.Nello specifico, riportiamo i punti salienti della nuovaclassificazione TBS 2001 (Allegato 1).

Valutazione dell’adeguatezzaÈ stata proposta l’eliminazione della categoria “adegua-to ma limitato da”. L’eliminazione della categoria “ade-guato ma limitato da” negli screening per cervico-car-cinoma permette la programmazione dicotomica deirichiami (adeguato a tre anni e inadeguato da ripetere).

ACR (MCR e BCC) Anomalie Cellulari Reattive edinfezioniLa categoria ACR (anomalie cellule reattive) viene abo-lita e i casi vanno riferiti come normali. Viene ribaditoche non si deve fare diagnosi di Chlamydia, solo cito-logica, col Pap test, in quanto la sua riproducibilità èestremamente bassa.

L-SIL e H-SIL (Lesione Squamosa Intraepiteliale diBasso e Alto Grado)Per ciò che riguarda tali categorie diagnostiche, si riba-disce che la presenza di effetti citopatici da virus HPVviene assimilata alla L-SIL. Quando si sospetta un’inva-sione in una diagnosi di SIL di alto grado, che non puòessere dimostrata con certezza, si usa “H-SIL-l’invasio-ne non può essere esclusa”.

ASCUS (Anomalie Squamose di Incerto Significato)Nel TBS 2001 la categoria viene mantenuta ma, rispet-to al TBS 1991, viene suddivisa in ASCUS-NOS eASCUS-H. Viene eliminato l’ASCUS-R, cioè l’ASCUSreattivo che viene assimilato al negativo ACR.L’ASCUS-H è l’ASCUS versus H-SIL e non deve supe-rare il 5-15% delle ASCUS, il suo valore predittivopositivo per le lesioni ≥CIN 2 deve essere del 40-67%.L’ASCUS-NOS è in realtà l’ASCUS versus L-SIL. Si riba-disce il concetto, già presente nel Bethesda 1991, chela percentuale di ASCUS nei laboratori deve esseresotto il 5% e il rapporto ASCUS/SIL deve essere di2 a 1. Tali precisazioni sono molto utili nello screeningper cervico-carcinoma così come è importante adotta-re le raccomandazioni del TBS 2001 per minimizzarela percentuale di diagnosi di ASCUS in un Laboratoriodi Citologia, cioè: monitorare la percentuale diASCUS, monitorare il rapporto ASCUS/SIL, compararela percentuale di ASCUS di ogni singolo lettore conquella del laboratorio, eseguire un follow-up cito-isto-logico e correlare con i risultati dell’eventuale testHPV ad alto rischio.

AGUS (Anomalie Ghiandolari di Incerto Significato)Viene eliminato l’AGUS-R cioè quello reattivo ma

viene introdotto l’AIS (adenocarcinoma in situ). Moltediagnosi di AGUS evidenziano nella biopsia lesionisquamose e non ghiandolari: in genere si tratta dell’in-teressamento da parte della lesione squamosa dellecripte ghiandolari cervicali.

Cellule Endometriali NormaliLa loro presenza va sempre riportata nel referto citolo-gico in donne in menopausa o in quelle di almeno 40anni, se non si conosce lo stato menopausale. Vienecomunque suggerito di aggiungere nel referto anche:negativo per cellule squamose maligne.

Capitolo IIMETODICHE AGGIUNTIVE AL PAP TEST:HPV-DNA test

La tipizzazione virale per l’HPV riconosce quattropossibili indirizzi di applicazione alla clinica:- screening primario in aggiunta al Pap test (consenti-

rebbe l’allungamento del tempo di intervallo delloscreening);

- dopo Pap test dubbio o di basso grado (per selezio-nare i soggetti da inviare al secondo livello);

- follow-up delle CIN 1-2 (per predirne la regressione,persistenza o progressione);

- follow-up di pazienti trattate per patologia cervicale.Esiste una chiara evidenza in letteratura che la tipizza-zione virale è un metodo capace di migliorare l’effica-cia dello screening primario 8,9,10,11.Tuttavia l’applicazione di un test di ricerca del DNAdell’HPV in un programma di screening, benché giàproposto 12, rimane attualmente di difficile attuazioneper problemi di costi.Più accettata è invece l’applicazione di test per la ricer-ca dell’HPV in donne che hanno avuto un esito anor-male al Pap test. A questo proposito numerosi studieffettuati su gruppi di donne con esito citologico diASCUS o L-SIL, evidenziano una ottima sensibilità euna discreta specificità nell’individuare i casi condisplasia di alto grado, da inviare subito alla colposco-pia 10,13.Il test molecolare per il DNA dell’HPV troverebbe unimportante ruolo proprio nella categoria di donne conPap test L-SIL o ASCUS per la capacità di selezionaregruppi di pazienti a più elevato rischio di presenza dilesioni gravi, oppure di confermare la scarsa rilevanzadella lesione che necessita di semplice follow-up 14.Il test virale potrebbe trovare un razionale di impiegoanche in un gruppo a rischio aumentato di malattia,come le donne in follow-up dopo trattamento cervi-cale.

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L’HPV DNA test può essere utile nei casi in cui un Paptest risulta positivo per lesioni dubbie o di basso grado,per la sua capacità di predire le lesioni cervicali di altogrado. Questa strategia incrementa la sensibilità delloscreening citologico, senza la necessità di inviare tuttele donne con anomalie citologiche minori all’esamecolposcopico.L’alto valore predittivo negativo dell’HPV DNA test è ingrado di escludere con buona attendibilità la presenzadi lesioni di grado superiore e pertanto offre allapaziente che risulta negativa il conforto psicologiconecessario per affrontare più tranquillamente il follow-up. Anche il clinico può più tranquillamente optareper il follow-up, confortato da un esito virale negativoe ciò consentirebbe di fare accedere alle procedure ditrattamento solo le pazienti con effettivo rischio dipatologia di grado superiore.L’impiego del test in Italia è attualmente limitato dalcosto eccessivo. Pertanto l’utilizzo che può essereauspicato per il futuro è quello relativo al follow-up dipazienti trattate per pregressa lesione di alto grado,considerando anche che il numero di questi casi èlimitato ed al contrario in questo gruppo è molto piùfrequente il cancro invasivo (per cui anche il rapportocosto-beneficio può essere considerato favorevole).Nuove prospettive si aprono con il sempre crescenteutilizzo della citologia su strato sottile in sostituzionedi quella convenzionale. Tale metodica, consentendodi effettuare l’HPV test in caso di citologia dubbia o dibasso grado senza che la paziente debba ripetere ilprelievo, permetterà di avere anche un più favorevolerapporto costo-beneficio, ampliandone così l’utilizzonella routine clinica. L’eliminazione delle sonde per itipi virali a basso rischio (che nulla aggiungono allasensibilità del test e al contrario ne diminuiscono laspecificità) già in corso di realizzazione, permetteràinoltre di snellire la procedura, di favorire un più ele-vato ricorso a questa metodica e conseguentemente diridurne il costo. Infine, in un prossimo futuro, il testpotrebbe venire ulteriormente valorizzato dal semprepiù probabile avvento di strategie vaccinali 15,16.

Capitolo IIIESAME COLPOSCOPICO E BIOPTICO

La colposcopia è l’esame di secondo livello nella dia-gnosi precoce della neoplasia cervicale, essendo ilPap test l’esame di primo livello; è la guida alle terapiecervicali che mirino a conferire caratteri di normalitàalla cervice uterina; viene altresì impiegata nell’accer-tamento diagnostico su pazienti sintomatiche e asinto-matiche quale utile complemento all’esame ginecolo-gico e nella diagnostica delle infezioni a trasmissionesessuale 17, 18. Per un adeguato esame, importante è lo strumentario.Sono stati prodotti diversi tipi di colposcopio; tutti sibasano sui principi dell’ingrandimento ottico, di solitovariabile tra le sei e le quaranta volte, coadiuvati daun’adeguata illuminazione allo scopo di visualizzarela cervice. Le moderne sorgenti luminose sono rappre-sentate di solito da lampade al tungsteno, alogene o daun cavo a fibre ottiche. Il colposcopio è abitualmentemontato su un sostegno completamente mobile, inalternativa può essere fissato ad un lato del lettino daesame oppure ad una parete o al soffitto della sala dicolposcopia. La distanza focale del colposcopio variain genere tra 200 e 250 mm. Lo strumento è dotato,inoltre, di un filtro verde interposto tra la sorgenteluminosa e la lente dell’obiettivo, che assorbe la lucerossa per cui i vasi appaiono molto più scuri rispettoalla mucosa. La tecnica colposcopica “classica o allargata” è quelladi più ampio impiego. Prevede: detersione della cervi-ce con soluzione fisiologica per consentire l’osserva-zione dei vasi e lo studio, nei minimi particolari, del-l’angioarchitettura subepiteliale; applicazione di acidoacetico al 3 o al 5%, lasciato in sede per circa 15secondi. Questo determina il rigonfiamento del tessu-to, in parte dell’epitelio colonnare, ma soprattutto diquello anormale, che apparirà biancastro, più o menoispessito (epitelio aceto bianco). Dopo l’impiego di acido acetico, si applica la soluzio-ne iodata (soluzione di Lugol) per l’esecuzione del testdi Schiller. Si rimanda, ovviamente, ai testi di colpo-scopia l’interpretazione dei quadri colposcopici.La colposcopia presenta delle limitazioni diagnosti-che: la principale è costituita dall’impossibiltà di valu-tare l’endocollo, sia quando la lesione esocervicalerisale nel canale cervicale, sia quando la lesione è insede esclusivamente endocervicale. Nelle donne in etàfertile e in premenopausa il problema non è in veritàmolto frequente in quanto la giunzione squamo-colon-nare (GSC) risulta visibile in colposcopia nell’85-90%dei casi, anche grazie all’aiuto di adeguate pinze comequella di Kogan. Dopo la menopausa, invece, dato che

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la giunzione squamocolonnare risale verso l’interno,la valutazione colposcopica può essere insoddisfacen-te. In queste pazienti pertanto ed in tutte le pazienticon Pap test anormale, ed in cui non sia visibile lagiunzione squamocolonnare, si rende necessaria l’in-tegrazione diagnostica con accurato studio del canalecervicale. Con il rapido sviluppo degli studi sulla patologia cer-vico-vaginale in questi ultimi decenni e con l’acquisi-zione di nuove conoscenze in campo epidemiologico,si è resa necessaria una riorganizzazione delle varieterminologie usate dalle diverse comunità scientificheinternazionali. Nel 1987 fu istituito, al 6° Congressomondiale della International Federation for CervicalPatology and Colposcopy (IFCPC) a San Paolo delBrasile, un comitato per la terminologia, con lo scopodi sviluppare una classificazione colposcopica chedescrivesse le osservazioni fatte durante l’esame col-poscopico, osservando la cervice, la vagina, prima edopo l’applicazione di acido acetico e della soluzioneiodo-iodurata. Al 7° Congresso mondiale di PatologiaCervicale e Colposcopia tenutosi a Roma nel 1990, ilcomitato per la nomenclatura dell’IFCPC, dopo treanni di studio, raggiunse un accordo su una classifica-zione che è stata poi approvata dal comitato esecutivodella IFCPC. Questa classificazione è quella accettatae usata da tutte le comunità scientifiche internazionali(Allegato 2). L’uso di questa terminologia ha permessoa operatori diversi di utilizzare una lingua universaleper la reciproca comprensione e quindi per il confron-to. La scheda colposcopica con la terminologia appro-vata dall’IFCPC può essere utilizzata direttamente perrefertare l’esame colposcopico e può essere inserita inun software per il personal computer, come ha fatto laSICPCV 19.Al Convegno internazionale della IFCPC diBarcellona (2002) si sono discusse alcune modificherispetto alla terminologia di Roma 1990, che riportia-mo nell’Allegato 3 20. Riteniamo, comunque, che inquesto momento di passaggio da una classificazioneall’altra, la cartella colposcopica riportata nell’allega-to 4 sia valida e possa supportare sia i vecchi che inuovi concetti. Nel refertare l’esame colposcopico si consiglia quindidi utilizzare la terminologia proposta e riconosciutadalle società scientifiche specifiche, evitando tutte leiniziative personali che potrebbero creare confusioneed errori di interpretazione dei quadri colposcopici.Per ottenere risultati omogenei e confrontabili, ènecessario lavorare secondo standard diagnostici eterapeutici tali da consentire l’effettuazione del con-trollo di qualità e cioè: adozione della stessa termino-logia; stessa scheda colposcopica; effettuazione di un

numero minimo di colposcopie per anno; soggiorno incentri di secondo livello; partecipazione a corsi di for-mazione con “slide seminar”. Inoltre è importante cheil colposcopista abbia conoscenze di istologia e cito-logia della cervice normale e anormale, e che possie-da una grande familiarità con la terminologia utilizza-ta dall’istopatologo.Va ricordato che la colposcopia, normalmente, nondeve essere considerata una tecnica di screening maun importante ausilio per la localizzazione e la delimi-tazione dei precursori della neoplasia cervicale indonne con esame citologico cervico-vaginale anorma-le. In presenza quindi di uno striscio anormale, primadi adottare una terapia, è necessario localizzare colpo-scopicamente il sito da cui provengono le cellule anor-mali, valutarne l’estensione e quindi ottenere la dia-gnosi istopatologica sulla base di biopsie mirate ese-guite, sotto guida colposcopica. Una biopsia cervicaleeffettuata senza guida colposcopica, comporta ilrischio di una diagnosi istologica falsamente negativain oltre il 20% dei casi. Il colposcopista dovrà, quan-do necessario, cercare altre localizzazioni di lesioninon visibili sull’esocervice e cioè a livello vaginale,endocervicale o endometriale. La colposcopia conferi-sce un’altissima accuratezza diagnostica alla biopsia.La sensibilità dell’esame colposcopico è di circa il90% e la sua specificità può arrivare all’85% 21,22,23,24,25. Per biopsia cervicale si deve intendere unicamente:“biopsia mirata sotto guida colposcopica” così comerecitato nel decreto ministeriale del 13 maggio 1997(cod. 67.19.1). Vi sono molti tipi di pinze per biopsia:nella scelta è importante la lunghezza, meglio tra 20 e30 cm, ed il tipo di morso.La profondità di un buon prelievo bioptico dovrebbecomprendere almeno 3-4 mm di chorion ed avereuna lunghezza di circa 5-6 mm 23. In alcuni casi puòessere necessario eseguire un esame bioptico, a finidiagnostici, impiegando l’ansa diatermica a radiofre-quenza. A tale scopo si possono utilizzare piccoleanse circolari o rettangolari di 5 mm di larghezza. Peril sondaggio del canale cervicale si può impiegare lastessa ansa diatermica o la curette. È importante, intutti i casi, l’impiego del brush endocervicale per unaccurato sondaggio dell’endocollo. Infine, va comun-que ricordato che, sia il brush sia la curette, sono gra-vati da una discreta percentuale di falsi negativi 26. Sipossono affiancare agli esami precedentementedescritti in base all’esperienza degli operatori di quelcentro, anche l’endocervicoscopia 27 o la microcolpo-isteroscopia 28,29.

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Capitolo IVTRATTAMENTO DELLA NEOPLASIACERVICALE INTRAEPITELIALE (CIN)

Il trattamento della CIN può essere distruttivo o escis-sionale, in ogni caso deve essere conservativo, quindi,senza altri validi motivi, non si giustifica l’isterectomianel trattamento della CIN di qualsiasi grado 22,30. Il trattamento della CIN 2/3 deve essere preferenzial-mente di tipo escissionale; solo in casi particolari, perpiccole lesioni osservabili completamente sull’esocol-lo e con GSC interamente visibile, è possibile adottareun trattamento distruttivo.Il trattamento distruttivo può essere impiegato nel casodi CIN 1 e/o condilomi. Anche in questo caso, la GSCdeve essere visibile e non ci deve essere discordanzacon l’esame citologico, al contrario, si deve preferireun trattamento escissionale.Nel caso di diagnosi citologica di CIN 1, consideran-do l’alta percentuale di remissione spontanea di que-ste lesioni, in assenza di altre controindicazioni, si puòdecidere di non trattare e rimandare ad un successivocontrollo 4. In questo caso è importante valutare ciòche esprime la paziente in termini di ansietà.Come raccomandazione generale non si consiglia latecnica del “see and treat”, quindi, il trattamento devegiungere dopo l’esame citologico, l’esame colposcopi-co e l’esame istologico.Può accadere, occasionalmente, che un prelievo biop-tico, in particolare se eseguito con ansa diatermica,risulti terapeutico.Obiettivo di un trattamento escissionale è l’asportazio-ne completa della lesione displastica e quindi ottene-re un pezzo con “margini in sano”. In ogni caso, anchese il cono risulta non in sano, la paziente viene invia-ta al controllo post trattamento. Se questo risulta nega-tivo, la paziente prosegue il normale follow up.Bisogna comunque distinguere se ad essere interessa-to è il margine endocervicale o quello esocervicale,essendo, il primo caso, molto più significativo.Inoltre, parlando di follow up post trattamento, si rac-comanda di impiegare tecniche chirurgiche che per-mettano un buon controllo colposcopico e citologico,ad esempio, l’escissione con ansa diatermica o conlaser CO2 sembrano fornire, in tal senso, maggiorivantaggi rispetto ad una conizzazione a lama fredda,con punti di sutura.Altro aspetto importante è il regime del trattamento,per cui, sono da raccomandare i trattamenti escissio-nali in anestesia locale, in regime ambulatoriale o inday surgery 23, con un costo contenuto e con una ele-vata compliance da parte della paziente, ed, in ognicaso, in strutture adeguate.

Considerando la giovane età delle pazienti da sotto-porre a trattamento, una particolare attenzione deveessere posta nel preservare la fertilità e la sessualità.Per lesioni che risultassero all’esame bioptico sospetteo francamente microinvasive, è importante il successi-vo esame istologico seriato sul cono.Nel caso di diagnosi sul cono di Stadio IA1 31, si deveritenere la conizzazione come trattamento definitivo.Nel caso di diagnosi sul cono di Stadio IA2 31, si devetrattare come una neoplasia francamente invasiva.Descriviamo brevemente le due metodiche di tratta-mento: distruttive, escissionali.

Metodi distruttiviSono metodi distruttivi: la diatermocoagulazione 23,32;la crioterapia 23; la termocoagulazione 33; la laser vapo-rizzazione 23.È fondamentale il concetto di differenziare la tradizio-nale diatermocoagulazione, con la quale l’effetto tera-peutico cercato è la distruzione del tessuto con un ele-vato danno termico e conseguente necrosi termica,dall’impiego della radiofrequenza che consente ladistruzione del tessuto attraverso l’effetto principale divaporizzazione 30,34. Questa affermazione è moltoimportante in quanto la tradizionale diatermocoagula-zione, che non è da considerarsi un metodo di elezio-ne, deve essere eseguita comunque sempre sotto guidacolposcopica ed alla necessaria profondità, al fine didistruggere localizzazioni di cellule displastiche even-tualmente presenti nel fondo delle cripte ghiandolari.È importante che la scelta del metodo distruttivoavvenga nei casi indicati come descritto in questelinee guida.

Metodi escissionaliIl metodo escissionale, chiamato anche frequentemen-te “conizzazione”, viene eseguito con lo scopo diasportare un frammento conico o semisferico di cervi-ce uterina, con fini diagnostici e terapeutici.Sono considerate tecniche chirurgiche escissionaliquelle eseguite con: ansa diatermica o ago a radiofre-quenza 23,34, con lama fredda 35, con laser CO2

23. Ognitecnica può essere valida, se rapportata all’esperienzadell’operatore.Normalmente i trattamenti con ansa diatermia e laserCO2 vengono eseguiti ambulatorialmente ed in ane-stesia locale. Il trattamento a lama fredda è più fre-quentemente eseguito con ricovero e in anestesiagenerale, anche se è possibile l’impiego di anestesialocale o loco regionale.Se si esegue l’escissione con laser CO2 o con ansa dia-termica, è importante asportare un frammento di tessu-to, con danni termici contenuti.

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Il trattamento con ansa diatermica sottintende l’impie-go di un particolare tipo di elettrodo attivo idoneo aescindere un frammento di cervice uterina.La sua origine non è recente, ma possiamo dire cherecentemente si è chiarito meglio quali possano esserei suoi corretti impieghi e quali le caratteristiche tecni-che delle apparecchiature.Si è così coniato il termine di Elettrochirurgia a radio-frequenza, in quanto, questa metodica chirurgica siavvale dell’impiego di una corrente elettrica ad alta fre-quenza, paragonabile a quella delle onde radio. Talefrequenza viene usata non solo con le anse diatermichema anche con elettrodi con forme particolari qualiaghi, palline di diverso diametro, lame.Con l’ansa diatermica asportiamo, attraverso un unicopassaggio, un frammento di tessuto cervicale; con l’agopossiamo tagliare, con la lama possiamo tagliare ecoagulare, con la pallina possiamo vaporizzare aree piùo meno ampie di tessuto vulvare, vaginale o cervicale.Le anse possono avere diverse conformazioni (circo-lare, rettangolare, quadrata) e diametro (0.5-1.0-1.5-2.0-2.5-3.0 cm). La sezione del filo deve essere sotti-le: circa 0.2 mm.Il trattamento deve essere eseguito utilizzando unospeculum con raccordo per la connessione all’aspira-tore di fumi. Si effettua l’anestesia locale, con vasoco-strittore. Il passaggio dell’ansa sulla cervice uterinaconsente l’asportazione di un frammento conico, omeglio semisferico, che potrà essere sottoposto adesame istologico seriato e su cui è possibile leggereadeguatamente i margini, in quanto, il danno termicoè irrilevante (300 micron): distingueremo un margineendocervicale, uno esocervicale ed un margine ditaglio profondo 36.Successivamente, il cratere cervicale può essere vapo-rizzato con un elettrodo a pallina, sia per completarel’intervento, sia per fornire una sicura emostasi.

Capitolo VVALUTAZIONE DEL CONO CERVICALE

La storia della diagnosi e della terapia delle lesionidella cervice uterina ha visto notevoli cambiamentipassando da interventi demolitori e mutilanti ad inter-venti sempre più limitati, eseguiti in regime ambulato-riale, volti all’escissione della lesione.La “conizzazione” rappresenta l’intervento attualmen-te più eseguito, al tempo stesso diagnostico e terapeu-tico, sia per le lesioni squamose sia per quelle ghian-dolari, anche se va ricordato che la lesione ghiandola-re comporta ancora oggi dei problemi perché troppopoco si sa della sua storia naturale e perché, diversa-

mente dalla lesione pavimentosa, è spesso caratteriz-zata dalla multifocalità.Il termine, impiegato in maniera generica, comprendevari tipi di escissione, in blocco unico o sottoforma diprelievi multipli, eseguiti con varie tecniche.Su tali reperti, compito del patologo è fornire leseguenti risposte 37:1 Tipo di escissione2 Dimensione del prelievo3 Diagnosi di lesione (intraepiteliale; invasiva; ghian-

dolare; squamosa)4 Sede della lesione5 Estensione lineare della lesione6 Interessamento delle cripte ghiandolari7 Volume tumorale8 Figure di embolizzazione9 Stato dei margini di resezione e distanza dalla

lesione10 Altre lesioni associate11 Codifica SNOMED, TNM.Di questi 11 punti le risposte dalla numero 1 allanumero 8 sono da ritenersi irrinunciabili, mentre lerestanti sono opzionali.Per raggiungere questi obiettivi il patologo deve esserein grado di gestire l’ampia variabilità della forma edelle dimensioni dei prelievi e l’inevitabile presenzadegli artefatti termici tessutali 38,39; deve seguire dei pro-tocolli nel campionamento e nella fase diagnostica,protocolli derivanti dalle richieste dei ginecologi, edeve impegnarsi a mantenere omogeneità e coerenzanella terminologia, non trascurando mai il colloquiocon il ginecologo. In breve, il patologo deve cercare diformulare sempre una diagnosi, evitando di considera-re il materiale non idoneo. I prelievi vengono sottopo-sti ad osservazione (nella maggior parte dei casi irrile-vante) e a misurazione: vengono forniti i due assi tra-sversali corrispondenti alla base del cono (diametriantero-posteriore e latero-laterale) e la lunghezza dal-l’orifizio uterino esterno (OUE) al margine di resezio-ne endocervicale. La conizzazione effettuata tradizionalmente con lamafredda rappresenta per il patologo l’optimum perchéegli dispone di prelievi di discrete dimensioni, facil-mente orientabili, maneggiabili con facilità e senzaalterazioni tessutali. A proposito della validità di unmetodo rispetto ad un altro sono stati condotti moltistudi di comparazione tra le varie tecniche chirurgicheed elettrochirurgiche e tutti concludono che sono mag-giori i vantaggi che portano a preferire le tecniche elet-trochirurgiche a fronte dell’unico svantaggio rappre-sentato dagli effetti termici sui tessuti 40,41,42,43,44.Un altro problema è rappresentato dalla valutazionedell’estensione della lesione displastica e dello stato

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dei margini di resezione. Questi parametri sono impor-tanti dal punto di vista prognostico in termini di proba-bilità di recidiva e di persistenza di lesione. Già suiprimi studi effettuati sulle conizzazioni chirurgichequesti parametri erano ritenuti fondamentali 45,46,47. Dalcontrollo della letteratura esistente dagli inizi degli anni’90 ad oggi, risulta che l’interessamento del margine diresezione endocervicale, associato al grado della lesio-ne displastica, rappresenta il fattore maggiormente pre-dittivo di persistenza o di recidiva della lesione; tra glialtri fattori sono presi in considerazione anche l’entitàdell’interessamento delle cripte ghiandolari e di piùquadranti, l’epoca della diagnosi, l’età della paziente ela sede della giunzione squamocolonnare 48,49,50,51. Moltilavori sono stati basati su follow up di pazienti sottopo-ste a conizzazione per periodi variabili da pochi mesifino ad un massimo di 30 anni. Le dimensioni del cononon sembrano avere alcun significato nella previsionedi persistenza o di recidiva della lesione 52. La sedeendocervicale della lesione displastica anche in pre-senza di microinvasione stromale ha certamente unsignificato statisticamente più importante nella previ-sione di positività del margine di resezione endocervi-cale e di conseguenza nella previsione di persistenza odi recidiva della lesione 53,54. Questo fattore si collegadirettamente ad un altro parametro che è l’età dellapaziente, infatti, in donne non più giovani la naturaletendenza della giunzione squamo-colonnare a spostar-si all’interno del canale cervicale determina una mag-giore probabilità di localizzazione alta della lesione e

di conseguenza una maggiore possibilità di osservarel’interessamento del margine apicale.Un discorso analogo non può essere fatto per le lesio-ni ghiandolari non invasive. Esistono in letteratura datidiscordanti: secondo alcuni autori non si dimostra per-sistenza di lesione residua su isterectomia postconiz-zazione, secondo altri il margine di resezione endo-cervicale indenne e il curettage postconizzazionenegativo non assicurano la radicalità dell’intervento enon esimono dal considerare l’opportunità di un inter-vento radicale 55,56,57. Una distanza del margine di rese-zione endocervicale dalla lesione ghiandolare supe-riore ai 10 mm pare che non dia evidenza di lesioneresidua su isterectomia post-conizzazione. Non vadimenticato in ogni modo che la lesione ghiandolarepuò “saltare” zone d’epitelio normale e che cripteghiandolari, situate più profondamente rispetto all’e-scissione coniforme, possono rappresentare la sede diuna lesione che rimane misconosciuta perché nondetermina desquamazione superficiale.

Capitolo VIGESTIONE DELLA PAZIENTE CON PAPTEST ANORMALE

Gestione della paziente con diagnosi citologica: ASC-US o ASC-HLe pazienti con diagnosi di ASC-US hanno una previ-sione di circa il 5÷17% di avere una diagnosi istologi-

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Esame colposcopico

carcinoma invasivo:protocollo oncologico

positivo:biopsia positiva

positivo:biopsia negativa

CIN 1 CIN 2/3

GSC non visibile:controllo a 6 mesi

o trattamentoescissionale

trattamentoGSC visibile:controlloa 6 mesi

o trattamento

controllo a 6 mesi

GSC visibile GSC non visibile(sondaggio

c.c. negativo)

negativo positivo

ritorno ascreening

trattamentoescissionalediagnostico

negativo

Tabella I – Gestione della paziente con diagnosi citologica: ASC-US o ASC-H

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ca di CIN 2, CIN 3 3,57. Quelle con ASC-H possonogiungere ad una diagnosi istologica di CIN 2, CIN 3nel 24-94% dei casi. Con la diagnosi di ASC la possi-bilità di avere una diagnosi istologica di carcinoma ècirca dello 0.2% 59,60.Fatte queste premesse, la raccomandazione per questepazienti è: inviare all’esame colposcopico (Tab. I). Sel’esame colposcopico conduce ad una biopsia miratacon diagnosi di CIN 1, si possono prevedere due per-corsi. Il primo è quello in cui la GSC è visibile: in que-sto caso possiamo rivedere la paziente dopo sei mesio, in alternativa, in accordo con la paziente, è possibi-le fare un trattamento. Se la GSC non è visibile è possibile non trattare lalesione e rinviare ad un controllo a sei mesi: se fosseancora positiva si consiglia un trattamento escissiona-le. In questo caso si raccomanda di modulare il proce-dimento escissionale che deve essere il più possibileconservativo, auspicando, quindi, l’impiego dell’ansadiatermica o del laser CO2. Se la diagnosi istologicafosse di CIN 2/3 si deve procedere al trattamento. Alcontrario se al primo controllo l’esame colposcopicofosse negativo, si raccomanda un attento studio delcanale cervicale e della vagina. Se la negatività è con-fermata si rimanda ad un controllo colposcopico ecitologico a sei mesi e se fosse ancora negativo lapaziente si rinvia a screening. Nelle donne in post-menopausa con ASC-US, senza controindicazioni,può essere utile un controllo dopo trattamento estroge-nico topico. In questi casi l’esame citologico va ese-

guito dopo una settimana dalla fine del trattamento.Per le pazienti che dopo un primo controllo colposco-pico negativo, risultassero dopo sei mesi ancora posi-tive all’esame citologico, in assenza di lesioni vagina-li, si consiglia un trattamento escissionale diagnostico.Quest’ultimo evento è ancor più raccomandabile se laGSC non è visibile e se la citologia è ASC-H.

Gestione della paziente con diagnosi citologica: SIL di basso grado (L-SIL) La diagnosi citologica di L-SIL è correlata, secondo idati della letteratura, con circa il 15-30% di diagnosiistologica finale di CIN 2-CIN 3 58,61,62.Con questa diagnosi al Pap test, la paziente deve esse-re inviata ad esame colposcopico 58 (Tab. II). Se la dia-gnosi definitiva istologica è di carcinoma invasivo sideve procedere secondo il protocollo oncologico ine-rente lo stadio di quella neoplasia. Nel caso la diagno-si istologica fosse quella di CIN 2/3 occorre eseguire iltrattamento. In caso di CIN 1 alla biopsia, si può atten-dere e rimandare ad un controllo a sei mesi oppure, inconsiderazione di quanto discusso con la paziente, sipuò considerare l’ipotesi del trattamento. Come perl’ASC, anche per il L-SIL se dopo il primo controllocolposcopico non si evidenziasse alcuna lesione, sirimanda ad un controllo colposcopico e citologico asei mesi e poi, se si conferma la negatività, la pazien-te ritorna a screening. Al contrario se al secondo con-trollo fosse positivo l’esame citologico, si procede adun trattamento escissionale diagnostico.

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Esame colposcopico

carcinoma invasivo:protocollo oncologico

positivo:biopsia positiva

positivo:biopsia negativa

CIN 1 CIN 2/3

GSC non visibile:controllo a 6 mesi

o trattamentoescissionale

trattamentoGSC visibile:controlloa 6 mesi

o trattamento

controllo a 6 mesi

GSC visibile GSC non visibile(sondaggio

c.c. negativo)

negativo positivo

ritorno ascreening

trattamentoescissionalediagnostico

negativo

Tabella II – Gestione della paziente con diagnosi citologica: SIL di basso grado (L-SIL)

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Gestione della paziente con diagnosi citologica: SIL di alto grado (H-SIL) o carcinoma squamocellulareSicuramente la paziente con SIL di alto grado, o posi-tività citologica per sospetto carcinoma, deve essereinviata ad esame colposcopico 58 (Tab. III). Se la dia-gnosi istologica conferma un carcinoma la gestionedeve essere quella del protocollo oncologico secondolo stadio. Invece, se la diagnosi istologica è CIN 2 oCIN 3 si procede al trattamento. In caso di CIN 1 all’i-stologia, si può rinviare la paziente ad un secondocontrollo dopo tre mesi, ma solo se la GSC è visibile.Se, al contrario, non è visibile, in considerazione dellainiziale diagnosi citologica di H-SIL, si raccomanda untrattamento escissionale. Infine, se al primo controllocolposcopico nessuna lesione è ritrovata si rimanda adun secondo controllo colposcopico e citologico a tremesi. Anche in questo caso viene raccomandato unaccurato studio del canale cervicale. Con GSC nonvisibile, colposcopia negativa, ma Pap test ancorapositivo, viene raccomandato un trattamento escissio-nale diagnostico.

Gestione della paziente con diagnosi citologica:AGC-AIS o adenocarcinomaLa paziente con AGC presenta un rischio di una dia-gnosi di CIN dal 9 al 54%; di un AIS dallo 0 all’8% edi carcinoma invasivo dall’1 al 9% 61,63,64,65.Per la paziente con questa diagnosi citologica si racco-manda l’esame colposcopico (Tabella IV). Ancor piùche per altre categorie, per questa è raccomandato un

accurato esame dell’endocollo.Un altro aspetto importante è l’età della paziente: inpost menopausa si deve porre maggiore attenzionealla patologia endometriale ed alla possibilità di unaneoplasia endometriale 66,67. Quindi, si deve, in alcunicasi, ricorrere all’isteroscopia, all’endocervicoscopiae/o all’esame ecografico.Se dopo il primo esame colposcopico non si eviden-ziano lesioni, si rimanda ad un secondo controllo, col-poscopico e citologico, a 6 mesi ed, infine, se anche ilterzo controllo fosse negativo, si rimanda la paziente ascreening.Se ad un controllo colpocopico negativo, l’esame cito-logico endocervicale si conferma positivo, si racco-manda un trattamento escissionale diagnostico.Se all’esame istologico risulta una diagnosi di carcino-ma squamoso o adenocarcinoma, si procede secondoi protocolli oncologici.Se la diagnosi istologica è di CIN 2-CIN 3 o AIS si pro-cede con un trattamento escissionale.Se la diagnosi istologica è di CIN 1, con GSC non visi-bile, si procede con un trattamento escissionale; se laGSC è visile, allorché risultassero dopo tre mesi anco-ra positivi, l’esame citologico e/o istologico, si consi-glia un trattamento escissionale diagnostico e/o tera-peutico.

Controllo post trattamentoIl controllo post trattamento deve essere inteso comecontrollo colposcopico e citologico.

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Esame colposcopico

carcinoma invasivo:protocollo oncologico

positivo:biopsia positiva

positivo:biopsia negativa

CIN 1 CIN 2/3

GSC non visibile:trattamentoescissionale

trattamentoGSC visibile:controlloa 3 mesi

o trattamento

controllo a 3 mesi

GSC visibile GSC non visibile(sondaggio

c.c. negativo)

negativo positivo

controllo a6 mesi

trattamentoescissionalediagnostico

negativo

Tabella III – Gestione della paziente con diagnosi citologica: SIL di alto grado (H-SIL) o carcinoma squamocellulare

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A cinque anni dalla prima edizione delle linee guidadella nostra Società 68, riteniamo ancora valida la rac-comandazione di eseguire un controllo ogni 6 mesiper 2 anni, dopo il trattamento distruttivo o escissiona-le. Trascorso questo periodo, normalmente viene con-sigliato il ritorno a screening e, quindi, ad un control-lo citologico ogni 3 anni. Il Centro di riferimento può,comunque, ritenere opportuno un controllo annualeper altri 5 anni, considerando che la paziente trattataper CIN ha, anche dopo il trattamento, un rischio mag-giore di sviluppare nuovamente una CIN o un carcino-ma invasivo 69. Sarà cura del Centro di riferimentoaccertarsi che le pazienti si sottopongano ai controlli.Infine, prima di 3 mesi dal trattamento, è sconsigliatoun prelievo citologico perchè risulterebbe falsato dagliesiti del trattamento stesso.

Capitolo VIIGESTIONE DELLA PAZIENTE GRAVIDA CON PAP TEST ANORMALE

In questi ultimi anni, l’età media della prima gravidan-za si è alzata, essendo compresa tra i 25 ed i 35 anni.Questa condizione ha determinato l’incremento ditutta una patologia della gravidanza fino a pochi annifa rara e, quindi, poco studiata. La patologia neoplasti-ca, fino ad alcuni decenni fa evento assolutamenteraro in gravidanza, è oggi una evenienza clinica che siosserva nello 0.03-1% dei casi con valori fino all’1.3%per la patologia preneoplastica della cervice uterina.Analogamente, la patologia infettiva del tratto genitaleinferiore si è arricchita, nel corso degli anni, di unaserie di situazioni nuove, di grande interesse per l’oste-

tricia moderna 70.Il riscontro della neoplasia intraepiteliale della cerviceuterina in gravidanza non è un evento raro; viene,infatti, stimata un’incidenza di 1.3 casi su 1000 gravi-danze.Sulla base di queste stime, tutte le donne in gravidan-za in assenza di un esame citologico recente dovreb-bero essere sottoposte ad una valutazione citologica discreening; la gravidanza verrebbe, pertanto, a costitui-re un momento di sensibilizzazione e di opportunitàallo screening per pazienti che per età ed elementianamnestici sono a rischio.In presenza di una citologia positiva, l’iter diagnosticoè analogo a quello messo in atto al di fuori della gra-vidanza, e prevede la valutazione colposcopica segui-ta dalla biopsia mirata. Le modificazioni che lo stato gravidico determina sullacervice uterina: eversione della giunzione squamoco-lonnare; ipertrofia dell’epitelio ghiandolare; metapla-sia squamosa, rendono a volte difficile il giudizio delcolposcopista; la frequenza di colposcopia non signi-ficativa, in presenza di atipie colpocitologiche permancata visualizzazione di aree a rischio, si attesta,infatti, attorno a percentuali variabili dall’1 al 13%.Tuttavia, l’esame colposcopico rimane un momentodeterminante nell’iter diagnostico, ed è segnalata unabuona correlazione tra la caratteristiche della lesionecolposcopica e la diagnosi istologica. Vi è una certariluttanza ad eseguire la biopsia cervicale in gravidan-za, per timore di sanguinamenti non controllabili inambito ambulatoriale. I dati della letteratura eviden-ziano come sia assolutamente ingiustificato tale timo-re. In una review della letteratura condotta da Hacker 71

su 1.064 casi riferiti in 9 serie, l’incidenza di compli-

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Esame colposcopico

carcinoma invasivo:protocollo oncologico

positivo:biopsia positiva

CIN 1 AIS - CIN 2/3

GSC non visibile:trattamentoescissionale

trattamentoescissionale

GSC visibile:controlloa 3 mesi

o trattamentoescissionale

negativo positivo

controllo a6 mesi

trattamentoescissionalediagnostico

negativo:valutazione endocervicale/endometriale

Tabella IV – Gestione della paziente con diagnosi citologica: AGC-AIS o adenocarcinoma

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cazioni è risultata dello 0.6% a fronte di una accura-tezza diagnostica dell’iter colposcopia e biopsia mira-ta pari al 99.5%. Una volta definita la diagnosi della lesione intraepite-liale cervicale, indipendentemente dal grado dellalesione, il trattamento, sia esso distruttivo o escissiona-le, viene, generalmente, posticipato a dopo 6-12 setti-mane dall’espletamento del parto; una condotta di atte-sa, con controlli seriati citologici e colposcopici è giu-stificata alla luce del fatto che la gravidanza non modi-fica in alcun modo la storia naturale della lesione. Lalesione displastica diagnosticata in gravidanza puòregredire spontaneamente dopo il parto. In una reviewdi 12 studi condotta da Marsh 72 comprendente 75pazienti con diagnosi bioptica di carcinoma in situ, lapersistenza della lesione è stata osservata nel 79% deicasi sottoposti a biopsia nel puerperio, mentre il restan-te 21% dei casi ha subito una regressione spontanea. In casi particolari, con una lesione che risale nel cana-le cervicale, è comunque possibile eseguire una coniz-zazione dopo il I trimestre sia a fini diagnostici, perescludere la presenza di una eventuale lesione infil-trante, che terapeutici. L’intervento va eseguito in regi-me ospedaliero mantenendo la sorveglianza ostetricaper almeno 24-48 ore 73.Vi è uniformità di opinioni in letteratura circa l’oppor-tunità di un trattamento di attesa nel carcinoma in situdurante la gravidanza; la condotta clinica prevedeperiodiche rivalutazioni nel corso della gestazione etrattamento definitivo solo dopo il parto, effettuato atermine e per via vaginale. La validità terapeutica dellaconizzazione in gravidanza sembra essere inferiore aquella normalmente descritta al di fuori della gravidan-za. Hacker 71, in una review di 7 casistiche consistentiin 376 casi totali di conizzazione per CIS in gravidan-za, ha segnalato una persistenza di CIS su coni od iste-rectomie dopo il parto nel 43.4% dei casi. La valuta-zione in puerperio quindi, sia che la paziente sia stataconizzata sia che il comportamento sia stato di attesaper l’epoca di gravidanza, è fondamentale per le scel-te terapeutiche definitive.I dati riferiti in letteratura sul trattamento del carcino-ma cervicale microinvasivo non sono pienamenteindicativi, in quanto i vari autori riferiscono esperien-ze su definizioni di microinvasione assolutamentediverse. In particolare la definizione non è uniforme,riferendosi a casistiche antecedenti l’attuale definizio-ne FIGO di stadio IA, perché non va considerata lainfiltrazione minima stromale e l’esclusione o meno dicasi con invasione degli spazi capillaro-simili 74.Le attuali definizioni di microcarcinoma secondo laSocietà di Ginecologia Oncologica e la FIGO richie-dono la conizzazione; pertanto, l’atteggiamento da

proporre è la conizzazione dopo il primo trimestre digravidanza con l’obiettivo di definire la diagnosi edescludere la presenza di una lesione invasiva. La gra-vidanza verrà portata avanti sino ad epoca di presuntamaturità fetale; seguirà l’induzione del travaglio diparto ed il parto vaginale, non essendoci l’indicazioneall’espletamento del parto per via cesarea. In puerpe-rio si deve procedere alla rivalutazione della pazienteper la definizione del trattamento. Rinviare la valuta-zione dell’eventuale trattamento definitivo dopo ilparto implica comunque un’adeguata informazionealla paziente, con un consenso tanto più informato suirischi quanto più precoce è il momento della gravidan-za in cui viene posta diagnosi.Il trattamento del carcinoma invasivo dipende da unamolteplicità di fattori che ne condizionano le scelte.Tra questi, i principali sono ovviamente lo stadio di dif-fusione della malattia e l’età gestazionale, i convinci-menti etici della coppia e dei terapisti.Come riportato in letteratura, possiamo affermare chel’isterectomia radicale con linfoadenectomia pelvica econservazione delle ovaie non trova significativiaumenti di rischio di complicazioni quando eseguitanel primo trimestre di gravidanza, rispetto all’interven-to su paziente non gravida. L’edema gestazionale e ipiù pronunciati piani di clivaggio possono addiritturafacilitare la dissezione.Pertanto, il trattamento di scelta nel cervicocarcinoma ingravidanza è quello chirurgico così come al di fuori dellagravidanza. La radioterapia non è mai un’alternativa altrattamento del cervicocarcinoma in gravidanza neglistadi iniziali. La chirurgia, infatti, è più prontamente riso-lutiva, gravata da una minore incidenza di complicazio-ni e offre un’alta percentuale di successi 75,76.Se la diagnosi di cervico carcinoma avviene dopo la 28asettimana, la letteratura è concorde nel suggerire unacondotta di attesa sino all’epoca di maturità fetale.L’isterectomia radicale è preceduta dal taglio cesareocon tecnica classica. Ovviamente tali casi vanno con-centrati in strutture che, oltre ad uno standard ottimale dioncologia ginecologica, possano offrire anche un quali-ficato livello di assistenza e rianimazione neonatale.L’isterectomia radicale con linfoadenectomia pelvicadopo parto cesareo o in primo puerperio espone alrischio di maggiori sanguinamenti 76,77, rispetto a quan-do eseguita in pazienti non gravide o nel primo trime-stre. Ma, oltre tale complicazione, non sono segnalatedifficoltà tecniche o morbilità aggiuntive.Problemi decisionali importanti nel consigliare unacondotta di attesa o di trattamento immediato nascononel periodo gestazionale compreso tra le 24 e le 28settimane gestazionali.Come abbiamo già detto, il caso va studiato in partico-

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lare non solo sulle caratteristiche della neoplasia (isto-tipo, grado istologico, tipo di crescita, stadio, linfoan-giotropismo…) ma anche in rapporto al tipo di pazien-te e di coppia (nullipara o pluripara, atteggiamento psi-cologico, ecc.). Ovviamente un limite accettabile èquello di poter raggiungere le 32 settimane gestaziona-li in un tempo non superiore alle 6 settimane, macomunque è difficile porre aprioristicamente dei limitirigorosi.

Capitolo VIIIGESTIONE DELLA PAZIENTE HIV POSI-TIVA CON PAP TEST ANORMALE

Mentre l’HIV continua a diffondersi in tutte le regionidel mondo, un numero sempre maggiore di donneinfette è in grado di vivere più a lungo e meglio, gra-zie alle nuove terapie antiretrovirali e ai trattamentidelle infezioni opportunistiche.L’infezione da HIV e la relativa immunodepressionesono associate ad una maggior persistenza e ad unaminore risoluzione spontanea della infezione daHPV 78,79. Proprio questa persistenza potrebbe spiegarel’aumentato rischio di SIL nelle donne HIV infette 80.La prevalenza dell’infezione da HPV è aumentata dialmeno 2 volte rispetto alle donne non infette, con ilpiù frequente riscontro di ceppi virali ad alto rischio,di infezioni multiple, di tipi virali rari o nuovi 79.In letteratura viene riportata: una prevalenza di SIL dal20 al 60% (vs 3-10% nelle donne HIV negative); unaincidenza di H-SIL fino a 4659/100.000/anno; unaminore regressione spontanea (27-31%), con persi-stenza fino al 46% e progressione dal 8 al 38% dellelesioni 81,82,83. È segnalato fino al 13% di interessamentoplurisettoriale del basso tratto genitale 83.Questi parametri si sono dimostrati correlati alla gravi-tà della malattia da HIV, come indicato dai livelli dilinfociti T CD4, viremia, stadio clinico.Nel 1993 il cervicocarcinoma è stato incluso nel siste-ma di classificazione dei CDC come patologia che defi-nisce lo stato di AIDS, tuttavia le evidenze di una suaaumentata incidenza come conseguenza della epide-mia da HIV non sono univoche (RR 1 ÷ 15.5) 84, 85, 86, 87,88.Il cervicocarcinoma nelle donne HIV infette si presen-ta mediamente ad una età più giovane, circa 10 anniprima; ad uno stadio clinico più avanzato e con unaprognosi peggiore per più frequenti recidive dopo leusuali terapie.La mancanza di un chiaro aumento dell’incidenza delcarcinoma cervicale nelle pazienti HIV infette puòdipendere dall’alta incidenza e mortalità per le altrepatologie AIDS-correlate. Il miglioramento dell’aspet-

tativa di vita, legato alla diffusione delle nuove terapieantiretrovirali di combinazione altamente attive(HAART), potrebbe portare in futuro ad un aumentosignficativo di tale patologia.Attualmente non esistono dati univoci sul possibileeffetto dell’HAART sulla patologia cervicale, in conse-guenza del recupero immunitario da questa prodotto:alcuni autori hanno riportato una minore progressioneed una maggiore regressione nelle donne che assumo-no tale terapia, al contrario di altri che non hannoosservato alcun effetto sulla patologia HPV-correla-ta 89,90,91.Tale discrepanza può essere dovuta alla persistenza diHIV nelle mucose genitali (compartimentalizzazione)con conseguente deficit dell’immunità locale anche indonne “responder” alla terapia antiretrovirale (20%) 92.Sulla base dei precedenti dati tutti gli autori concorda-no sulla necessità di un monitoraggio più frequente deltratto genitale inferiore nelle donne HIV positive, masulla strategia ottimale di screening non vi è ancoraconsenso unanime 92.Poichè la sensibilità e specificità della citologia cervi-cale sono sovrapponibili a quelle riscontrabili nellapopolazione generale, i CDC di Atlanta hanno racco-mandato per lo screening un Pap test annuale dopo 2citologie semestrali negative. Si deve però considerareche l’alta prevalenza di patologia cervicale in presen-za di infezione da HIV comporta un basso valore pre-dittivo negativo del Pap test con un numero significati-vo di SIL che possono sfuggire alla diagnosi.Per questo motivo, altri autori suggeriscono di esegui-re Pap test semestrali e molti altri concordano sull’usoestensivo della colposcopia dell’intero basso trattogenitale già al primo livello dello screening 93,94,95,96,97.L’esame colposcopico ed eventualmente bioptico ècomunque mandatario in ogni caso di citologia anor-male, anche per anomalie di lieve entità.Nonostante sia un grosso problema clinico l’alta per-centuale di recidive dopo terapia adeguata (fino adoltre il 60% dei casi nelle donne fortemente immuno-compromesse), l’unica limitazione al trattamento delleCIN, quando indicato, è rappresentata da una bassaaspettativa di vita (AIDS terminale) 93.Il tasso di recidive non sembra dipendere dalla moda-lità terapeutica utilizzata, tranne che per la crioterapiache ha dimostrato una minore efficacia.Ciò significa che molte pazienti possono essere sotto-poste a più interventi ablativi o escissionali e che, incasi selezionati, l’isterectomia può diventare la solu-zione “definitiva” quando ulteriori resezioni non sianopiù tecnicamente possibili.Il management di queste pazienti deve in definitivaessere modulato sulla situazione immunitaria, sulla

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viremia, sulle condizioni cliniche generali, sulla tera-pia antiretrovirale assunta dalla paziente e, non ulti-mo, sulla sua compliance al follow up.In attesa di dati definitivi sembra corretto suggerire:- controlli cito-colposcopici annuali nelle donne HIV

infette immunocompetenti, e semestrali, in quelleimmunodepresse.

- per CIN 1: nelle donne immunodepresse, trattamen-to delle lesioni estese o persistenti nel tempo; nelledonne immunocompetenti e disposte al follow up,l’osservazione può essere proposta per piccole lesio-ni.

- per CIN 2-3: trattamento preferibilmente escissiona-le, come nelle donne HIV negative.

- follow up dopo terapia: esame citologico e colpo-scopico semestrale.

Capitolo IXESAME COLPOSCOPICO, TRATTAMEN-TO E CONSENSO INFORMATO: ASPET-TI MEDICO-LEGALI

Attualmente la dottrina ha identificato la liceità dell’at-to medico nel consenso informato, che ha determina-to non solo una modifica nel tempo del codice dideontologia medica, ma soprattutto ha portato ad unmutamento del rapporto medico-paziente, che se daun lato ha ottenuto un rapporto paritetico cliente -curante, dall’altro ha prodotto una sorta di burocratiz-zazione della medicina con sottoscrizione di numero-si moduli, di per sé non sufficienti alla dimostrazionedell’ottenimento del consenso informato 99.È perciò ormai punto di riferimento, da tutti accettato,il principio costituzionalistico del consenso, qualelimite soggettivo della liceità all’atto medico, nella sal-vaguardia della vita e della salute del paziente.Limite soggettivo in quanto l’atto può divenire illecitoquando superi i limiti oggettivi della salvaguardia dellavita, della salute e della dignità umanaStoricamente Benjamin Rush ha propugnato l’informa-zione non ai fini dell’ottenimento di un consenso, masolo per ottenere una migliore adesione da parte delpaziente alle prescrizioni. Thomas Percival sostenne invece per primo il dirittodel paziente all’informazione anche se raccomandaval’inganno caritatevole per la salvaguardia della salutedel malato. Su queste basi nacque il primo codice di DeontologiaMedica dell’A.M.A., che si è andato modificando neltempo fino ad arrivare al concetto contemporaneo di“informed consent” 99.Santosuosso scrive autorevolmente “informazione e

comunicazione richiedono impegno, fatica, coinvolgi-mento emotivo; la non informazione, forse, solo inapparenza, rende più facile la relazione in quanto èspesso limitata a poche spiegazioni sul trattamento e ladistanza emotiva dal malato è più facile da gestire”.Un consenso lecito, infatti, non può che essere infor-mato.Il contenuto, la completezza e le modalità di informa-zione sono stati oggetto di numerosi scritti.Sono stati identificati numerosi modelli del rapportomedico-paziente che possono essere così sintetizzati:- paternalistico, teso ad assicurare al paziente le pre-

stazioni che meglio garantiscano la sua salute ed ilsuo benessere;

- informativo, teso a fornire tutte le informazioni indi-spensabili lasciando il paziente libero di scegliere leprestazioni;

- interpretativo, teso ad individuare i valori di riferi-mento del paziente ed aiutarlo a scegliere gli inter-venti in armonia;

- deliberativo, nel quale i valori non sono precostituitie fissi, ma aperti allo sviluppo ed alla revisione attra-verso la discussione.

È evidente che il modello di ispirazione, conforme-mente agli scritti del Comitato Nazionale per laBioetica è quello interpretativo, in quanto il medicodeve aiutare la propria paziente a crescere nella pro-pria autodeterminazione.L’obbligo della informazione deriva dal Codice dideontologia medica FNOMCeO, 3 ottobre 1998, alTITOLO III: Rapporti con il cittadino - Capo IVInformazione e consenso si legge all’art. 30 -Informazione al cittadino: “Il medico deve fornire alpaziente la più idonea informazione sulla diagnosi,sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alterna-tive diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conse-guenze delle scelte operate; il medico nell’informarlodovrà tenere conto delle sue capacità di comprensio-ne, al fine di promuoverne la massima adesione alleproposte diagnostico-terapeutiche. Ogni ulteriorerichiesta di informazione da parte del paziente deveessere soddisfatta.Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di infor-mazione del cittadino in tema di prevenzione. Leinformazioni riguardanti prognosi gravi o infauste otali da poter procurare preoccupazione e sofferenzaalla persona, devono essere fornite con prudenza,usando terminologie non traumatizzanti e senza esclu-dere elementi di speranza. La documentata volontàdella persona assistita di non essere informata o didelegare ad altro soggetto l’informazione deve essererispettata”.L’informazione non è diretta solo a colmare la differen-

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za di conoscenze tecniche tra medico e paziente e nondeve essere soltanto una trasmissione di dati e notizie,essa deve permettere al paziente di esercitare corretta-mente i suoi diritti e quindi di formarsi una volontà chesia effettivamente tale ponendo il paziente nelle con-dizioni di scegliere.L’informazione deve essere attenta, compiuta e perso-nalizzata ed è prodromica alla prestazione di un con-senso valido.Il soggetto attivo della informazione è lo specialista,cui il paziente si rivolge, nell’ambito del rapporto fidu-ciario insito nella scelta del professionista da parte delcliente.Nel colloquio il medico dovrà accertare l’effettivavolontà del paziente ad essere informato e fino a qualelivello, in quanto il sanitario non dovrà imporre unainformazione non richiesta addentrandosi in particola-ri eccessivi, che possono allarmare od impaurire lapaziente.L’informazione di norma dovrà vertere sui seguentiargomenti:- stato di salute;- diagnosi;- prognosi spontanea;- natura e rischio degli accertamenti diagnostici

necessari;- terapia farmacologica e/o chirurgica;- metodica chirurgica ed anestesiologica;- percentuale di successo dei vari tipi di terapia;- rischi ed effetti collaterali;- tempi di degenza;- decorso postoperatorio;- sui riflessi che gli esiti residuati potranno avere sulla

vita futura.L’operatore deve dare notizia delle complicanze edegli effetti collaterali non solo altamente probabili,ma anche di quelli che si verificano con probabilitàinferiore.In caso di informazione incompleta potrà verificarsi unvizio di consenso civilmente rilevante (Cassazione25/11/1994, n. 10014). Quando il medico abbia agitosenza richiedere il consenso del paziente, senza infor-marlo adeguatamente o contro la sua volontà (in altreparole abbia violato la regola del consenso informato)egli risponde dei danni conseguenti al trattamento, aprescindere dalla sussistenza di una colpa professiona-le (anche se abbia eseguito la sua prestazione in modocorretto).Il principio del consenso è richiamato in numerosenorme a partire dalla Legge 23 dicembre 1978 n. 833istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (Art. 33: Gliaccertamenti ed i trattamenti sanitari sono di normavolontari. …omissis).

Infine di grande rilevanza, in quanto viene a conclude-re il dibattito fin ad ora svolto, la legge 28 marzo 2001,n. 145: Ratifica ed esecuzione della Convenzione delConsiglio d’Europa per la protezione dei diritti dell’uo-mo e della dignità dell’essere umano riguardo all’ap-plicazione della biologia e della medicina.In questa si afferma infatti all’art. 5: “Un intervento nelcampo della salute non può essere effettuato se nondopo che la persona interessata abbia dato consensolibero e informato. Questa persona riceve innanzituttouna informazione adeguata sullo scopo e sulla naturadell’intervento e sulle sue conseguenze e suoi rischi.La persona interessata può, in qualsiasi momento, libe-ramente ritirare il proprio consenso”. All’art. 6 la stessa legge prevede le disposizioni relati-ve al minore: “Sotto riserva degli articoli 17 e 20, unintervento non può essere effettuato su una personache non ha capacità di dare consenso, se non perdiretto beneficio della stessa. Quando, secondo legge,un minore non ha la capacità di dare consenso a unintervento, questo non può essere effettuato senzal’autorizzazione del suo rappresentante, di un’autoritào di una persona o di un organo designato dalla legge.Il parere di un minore è preso in considerazione comeun fattore sempre più determinante, in funzione dellasua età e del suo grado di maturità. … omissis ...”. Relativamente al consenso si deve inoltre ricordareche questo può essere prestato dalla persona inabilita-ta, ma non dalla persona interdetta per la quale è pre-vista la figura di un tutore.Il consenso, espresso in forma scritta (Allegato 5) neicasi previsti dalla legge e nei casi in cui per la partico-larità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche oper le possibili conseguenze delle stesse sulla integritàfisica si renda opportuna una manifestazione inequivo-ca della volontà della persona, è integrativo e nonsostitutivo del processo informativo di cui all’art. 30.Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeu-tico che possano comportare grave rischio per l’inco-lumità della persona, devono essere intrapresi solo incaso di estrema necessità e previa informazione sullepossibili conseguenze, cui deve far seguito una oppor-tuna documentazione del consenso. In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di per-sona capace di intendere e di volere, il medico devedesistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi,non essendo consentito alcun trattamento medicocontro la volontà della persona, ove non ricorrano lecondizioni di cui al successivo art. 34”.Si può quindi conclusivamente affermare che lapaziente debba essere adeguatamente informata dalmedico esaminatore in colposcopia delle modalità,delle caratteristiche e delle finalità dell’esame colpo-

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scopico e degli eventuali prelievi bioptici, con partico-lare riguardo ai tempi ed ai disagi (Allegato 5).La paziente deve inoltre essere adeguatamente infor-mata nell’ipotesi di un sovratrattamento di lesioni chesi riveleranno poi di basso grado come anche di sotto-trattamento di lesioni eventualmente di alto grado.La paziente deve infine esprimere il consenso scrittoall’esecuzione della biopsia ed all’esecuzione dell’in-tervento terapeutico secondo la modulistica in uso neidiversi centri (Allegato 5).Anche se la informazione è fornita oralmente, potran-no essere adottate delle integrazioni scritte mediantemoduli preordinati, che dovranno essere sottoscrittidalla paziente e forniti in copia alla stessa.Il consenso espresso per scritto è solo l’ultimo attodella informazione, esso non deve però portare allaburocratizzazione del consenso, degradato ad unapura formalità, intesa come liberatoria da parte delmedico, ma in realtà non tale a fronte di eventualiresponsabilità scaturite da un successivo errore profes-sionale.Il rifiuto, ossia la negazione del consenso, non è unsemplice dissenso. Il rifiuto dovrà pertanto scaturiresolo dopo una completa informazione.Il rifiuto dovrà sempre essere documentato per scrittoe dovrà risultare la consapevolezza dei rischi connessialla mancata esecuzione della indagine diagnostica odella terapia.

Capitolo XCONTROLLO DI QUALITÀ ED ACCRE-DITAMENTO IN COLPOSCOPIA

La colposcopia è un’indagine diagnostica per le neo-plasie intraepiteliali e invasive della cervice uterina edè soggettiva, richiede quindi abilità e competenza,affinché le sue potenzialità possano essere realizzate.Per una diagnosi colposcopica ed un successivo tratta-mento, adeguati, sono necessari non solo una correttaformazione, ma anche la possibilità di attingere casi daun sufficiente bacino d’utenza, cioè lavorare o con-frontarsi in un ambiente clinico che preveda una casi-stica di casi sospetti e positivi per mantenere adeguatae accrescere, l’esperienza del colposcopista. È neces-sario inoltre adottare una classificazione uniforme(Allegato 2 e 3).La formazione deve avere una componente teorica eduna pratica 100, da eseguire sotto guida di un superviso-re, e deve comprendere nozioni sulla fisiologia e pato-logia cervicale, vaginale e vulvare e sui relativi quadricolposcopici , sull’esecuzione di una corretta biopsiae di un corretto trattamento.

Il colposcopista preparato deve anche saper documen-tare i quadri colposcopici evidenziati: nella accurataregistrazione dei reperti colposcopici devono essereincluse:- la visualizzazione o meno della giunzione squamo-

colonnare;- la presenza o meno di una lesione visibile;- il giudizio colposcopico finale e le eventuali indica-

zioni al trattamento.Il colposcopista inoltre deve saper comunicare con ladonna e partecipare ad esperienze di audit, almenocon il clinico ed il patologo.L’esame di II livello,cioè la colposcopia, deve, secon-do l’NHSCSP 101, mantenere i seguenti standard:1) Tutti i casi con due o più colpocitologie con lesioni

ASCUS / AGUS, L-SIL e con un’area di trasformazio-ne anormale dovrebbero avere un esame istologicosu campione bioptico (salvo non partecipino a studiclinici controllati).

2) Le pazienti inviate alla colposcopia per strisci inade-guati persistenti o in assenza di aree di trasformazio-ne anormale possono non aver bisogno di una biop-sia dopo colposcopia.

3) Più del 90% delle biopsie dovrebbe essere adegua-to ad una lettura istologica accurata. L’adeguatezzadelle biopsie dovrebbe essere sottoposta a verifica.

4) Tutti i casi di H-SIL dovrebbero avere un esame isto-logico su campione bioptico guidato dalla colpo-scopia (la gravidanza non può costituire un’eccezio-ne).

5) La percentuale di CIN all’esame istologico deveessere pari o maggiore all’85%.

6) L’accuratezza nel predire una lesione di alto gradodovrebbe essere almeno del 70%.

7) Il tempo d’attesa della colposcopia in donne conPap test di lesione di alto grado non deve superarele 4 settimane, e non deve superare le 8 settimaneper tutti gli altri invii in colposcopia.

Per ciò che riguarda il trattamento, gli standarddell’NHSCSP inglese riguardano i seguenti parametri:1. Gestione di almeno 100 nuovi casi / anno. Se

responsabile di formazione: supervisione direttadi almeno di 50 casi / anno.

2. Trattamenti ambulatoriali ≥ 80%.3. Controlli colpocitologici negativi dopo 6 mesi

≥ 90%.4. Percentuale di fallimenti del trattamento istologi-

camente comprovati ≤ 5%.5. Casi di tumore invasivo dopo trattamento per

displasia grave / ca in situ ≤ 3 x 1000.6. Durata del trattamento < 10 minuti ≥ 85%.7. Emorragia primaria ≤ 5%.8. Discomfort rilevante ≤ 5%.

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9. Riammissioni per emorragia ≤ 2%.10. Stenosi cervicali ≤ 2%.È anche da valutare il numero di colposcopisti per ognicentro di colposcopia, che non deve superare i cinque- sei, pena la perdita di un’omogeneità diagnostica chenasce dal confronto.Il tempo medio per un esame colposcopico di II livel-lo, globalmente comprensivo di anamnesi, consensoinformato, e delle opportune procedure bioptiche, puòessere valutato intorno ai 15-20 minuti per donna; suquesto dato si devono basare i carichi di lavoro.La SICPCV ha studiato la possibilità di fornire a tutti isuoi iscritti una procedura per l’Accreditamento pro-fessionale per gli operatori in colposcopia e fisiopato-logia del tratto genitale inferiore e a tale proposito haelaborato un manuale specifico 100.Questa iniziativa è diventata particolarmente impor-tante in questo momento nel quale la Società e tutti isoci vivono il periodo “post-attuazione delle LineeGuida” e in molte Regioni d’Italia vengono largamen-te praticati i programmi di screening organizzati per ilcervicocarcinoma.Infatti il primo passo per innalzare il livello qualitativodi una qualunque prestazione diagnostica o terapeuti-ca è stabilire dei percorsi e delle procedure specificheper ogni tipo di situazione patologica, poi seguono leprocedure di “Controllo di qualità” che sovente nel-l’ambito colposcopico sono interne alla procedurastessa (rapporto fra diagnosi colposcopica - citologica

- istologica) ma infine bisogna trovare un momento diconfronto e di verifica della propria preparazione edella propria cultura specifica. Questa verifica, deltutto volontaria e spontanea, trovanell’Accreditamento professionale la sua naturaleesplicazione. La necessità di ripetere periodicamentequesta esperienza servirà sicuramente da stimoloall’aggiornamento e al mantenimento di elevati livelliqualitativi nell’attività colposcopica.Il significato dell’Accreditamento professionale in col-poscopia e fisiopatologia del tratto genitale inferiorenon sta solo nel fatto di potersi distinguere, in manierapositiva, rispetto ad altri operatori che non hanno fattoquesta scelta, ma consente di ottenere una certificazio-ne di raggiungimento degli standard qualitativi definitidalle Linee Guida della Società, certificazione cheattualmente ha solo una valenza qualitativa ma in unprossimo non lontano futuro potrà costituire la base edil substrato su cui organizzare la propria attività lavo-rativa, sia in ambito privatistico, sia nel pubblico.

La SICPCV si è fortemente impegnata nella definizionedi un percorso per offrire al colposcopista che lo desi-deri la possibilità di ottenere l’accreditamento profes-sionale. A tal fine ha definito 100 le modalità per conse-guirlo. Il percorso prevede una prova d’esame median-te test e la verifica dell’attività svolta attraverso indica-tori valutati con l’impiego del software “SICPCVQuality” 19 o programma equivalente.

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ADEGUATEZZA DEL PREPARATO• Soddisfacente per la valutazione (segnalare la presenza/assenza di cellule cilindriche

endocervicali / di componenti della zona di trasformazione)• Insoddisfacente per la valutazione (specificare la ragione)• Rifiutato e non sottoposto a colorazione (specificare la ragione)• Insoddisfacente per la valutazione di anormalità delle cellule epiteliali a causa di…

(specificare la ragione)

CLASSIFICAZIONE GENERALE• Negativo per lesioni intraepiteliali o maligne• Anormalità delle cellule epiteliali• Altro

DIAGNOSI DESCRITTIVANEGATIVO PER LESIONI INTRAEPITELIALI O MALIGNE

Organismi• Trichomonas vaginalis• Microrganismi fungini morfologicamente suggestivi di specie di Candida• Presenza di flora suggestiva di “vaginosi batterica”• Batteri compatibili con Actinomiceti• Modificazioni cellulari compatibili con Herpes simplex virus

Modificazioni non neoplastiche• Modificazioni cellulari reattive associate a:• Infiammazione (compresa la riparazione tipica)• Radiazioni• Dispositivi intrauterini (IUD)• Presenza di cellule ghiandolari dopo isterectomia totale• Atrofia

ANORMALITÀ DELLE CELLULE EPITELIALICellule squamose• Cellule squamose atipiche (ASC) di incerto significato (ASC-US) non si può escludere l’H-SIL

(ASC-H)• Lesioni intraepiteliali squamose di basso grado (L-SIL) includenti:

HPV/displasia lieve/CIN 1• Lesioni intraepiteliali squamose di alto grado (H-SIL) includenti:

displasia moderata e grave /CIN 2 e CIN 3/CIS• Carcinoma squamocellulare

Cellule ghiandolari• Cellule ghiandolari atipiche (AGC) (specificare se endocervicali, endometriali o non

specificabili)• Cellule ghiandolari atipiche suggestive di neoplasia (specificare se endocervicali, endometriali

o non specificabili)• Adenocarcinoma endocervicale in situ (AIS)• Adenocarcinoma

Altro • Cellule endometriali in donne ≥ 40 anni di età

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Allegato 1. - Bethesda System 2001 3

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A) REPERTI COLPOSCOPICI NORMALI• Epitelio pavimentoso originario• Epitelio cilindrico• Zona di trasformazione normale

B) REPERTI COLPOSCOPICI ANORMALI1. Entro la zona di trasformazione

• Epitelio aceto-bianco*:- piatto- micropapillare o microconvoluto

• Puntato*• Mosaico*• Leucoplachia*• Area iodonegativa• Vasi atipici

2. Fuori dalla zona di trasformazione(esocervice, vagina)• Epitelio aceto-bianco*:

- piatto- micropapillare o microconvoluto

• Puntato*• Mosaico*• Leucoplachia*• Area iodonegativa• Vasi atipici

C) SOSPETTO CARCINOMA INVASIVO

D) COLPOSCOPIA INSODDISFACENTE• Giunzione squamo-colonnare

non visualizzata• Infiammazione grave o atrofia grave• Cervice non visibile

E) MISCELLANEA• Micropapille non acetoreattive• Condiloma esofitico• Infiammazione• Atrofia• Ulcerazione• Altri

* Specificare il grado:Grado 1 (modificazioni minori): epitelio aceto-bianco sottile, mosaicoregolare, puntato regolare, leucoplachia sottile.

Grado 2 (modificazioni maggiori): epitelio aceto-bianco ispessito,mosaico regolare, puntato irregolare, leucoplachia spessa, vasi atipici.

Allegato 2 - Classificazione Colposcopica Internazionale IFCPC 1990

I REPERTI COLPOSCOPICI NORMALI • Epitelio pavimentoso originario • Epitelio cilindrico • Zona di Trasformazione Normale

II REPERTI COLPOSCOPICI ANORMALI• Epitelio aceto-bianco piatto• Epitelio aceto-bianco ispessito*• Mosaico regolare• Mosaico irregolare*• Puntato regolare• Puntato irregolare*• Area parzialmente iodocaptante• Area iodonegativa*• Vasi atipici*

III QUADRO COLPOSCOPICO SUGGESTIVOPER CARCINOMA INVASIVO

IV COLPOSCOPIA INSODDISFACENTE• Giunzione squamo-colonnare

non visualizzata• Infiammazione grave, atrofia grave,

trauma• Cervice non visibile

V REPERTI MISCELLANEI• Condiloma esofitico• Cheratosi• Erosione• Infiammazione• Atrofia• Deciduosi• Polipi

* Modificazioni maggiori

Allegato 3. - Classificazione Colposcopica Internazionale IFCPC 2002 20

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CONCLUSIVO: giunzione squamocolonnare (GSC) visibile esocervicalevisibile endocervicale

INSODDISFACENTE PER: GSC non visibile flogosi intensacervice non completamente evidenziabile atrofia grave

QUADRO COLPOSCOPICO NORMALE

Epitelio originale: trofico Epitelio cilindrico: fino a 1/3atrofico fino a 2/3

superiore a 2/3

Zona di trasformazione normale (ZTN): incompleta sbocchi ghiandolaricompleta cisti di Naboth

QUADRO COLPOSCOPICO ANORMALE

dentro la zona di trasformazionefuori dalla zona di trasformazione

Trasformazione anormale Grado 1 (G 1): epitelio bianco sottile piattoepitelio bianco sottile micropapillare/microconvolutomosaico regolarepuntato regolare

Trasformazione anormale Grado 2 (G 2): epitelio bianco ispessito piattoepitelio bianco ispessito micropapillare/microconvolutomosaico irregolarepuntato irregolare

sbocchi ghiandolari ispessitivasi atipici

sospetta neoplasia invasiva

REPERTI MISCELLANEI

Sospetta condilomatosi: florida; leucoplasiforme; a punti bianchi; mosaiciforme; mista

Leucoplachia/Cheratosi Esiti di trattamento Erosione/ulceraColpite (…………………………………) Endometriosi Vescicole/bolleArea iodochiara, non acidofila Deciduosi Cupola vaginaleSuperficie micropapillare non acidofila Polipo Tessuto di granulazione

TEST DI SCHILLER

Captante ...............................................................Non captante ...............................................................Captazione disomogenea ...............................................................

...............................................................

...............................................................

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Allegato 4. - Scheda colposcopica

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Paziente .......................................................................................................................................................

Nata a ................................................................................................................ il .......... / .......... / ...........

Dichiaro liberatamente ed in piena consapevolezza di essere stata messa al corrente dal Dottore

.....................................................................................................................................................................

in merito al tipo ed alle caratteristiche degli esami strumentali, a ben determinare l’eventuale stato di malattia;in merito alla natura ed alle caratteristiche cliniche della malattia della quale sono affetta:

.....................................................................................................................................................................

.....................................................................................................................................................................

di essere stata informata sulle possibilità terapeutiche;di essere stata messa al corrente dei rischi e delle possibili sequele correlate con il trattamento;

CIÒ PREMESSO DICHIARO DI ACCETTARE:

a) di essere sottoposta a biopsia/e della lesione per l’accertamento istologico definitivo, dando il mioconsenso a documentazione fotografica della/e lesione/i come anche alla esecuzione di accertamentiqui specificati:

.....................................................................................................................................................................

*Firma della Paziente....................................................................................................................................

**Firma del Medico .....................................................................................................................................

b) di essere sottoposta all’intervento terapeutico propostomi di:

.....................................................................................................................................................................

*Firma della Paziente....................................................................................................................................

**Firma del Medico .....................................................................................................................................

Pur essendo stata informata esaurientemente del mio stato di salute e consapevole dei rischi connessi allamancata esecuzione dell’indagine diagnostica o della terapia

RIFIUTO IL MIO CONSENSO A TALI METODICHE

*Firma della Paziente....................................................................................................................................

**Firma del Medico .....................................................................................................................................

........................................................................................................................... li .......... / .......... / ...........

* Firma della paziente o della persona autorizzata ad acconsentire per la paziente se questa è minore o se portatrice di incapacità o limitazioni legalmente riconosciute** Firma del medico che raccoglie il consenso

Allegato 5. - Scheda di consenso informato per l’esame colposcopico ed i trattamenti

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