Gestione Aziendale 2.0

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PDF generato attraverso il toolkit opensource ''mwlib''. Per maggiori informazioni, vedi [[http://code.pediapress.com/ http://code.pediapress.com/]]. PDF generated at: Tue, 26 Aug 2014 15:39:22 UTC Gestione Aziendale Strumenti e nozioni indispensabili per la corretta gestione di un'attività imprenditoriale

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Le fonti di questo ebook sono state reperite su wikipedia. Ho voluto raccogliere tutti gli argomenti che ritengo importanti per le PMI . Nella New economy non è più concessa la navigazione a vista! Questo è il motivo per cui ho raccolto tutti gli argomenti che ritengo indispensabili per un imprenditore. Oggi il male che alimenta la crisi si chiama CATTIVA GESTIONE! Voglio condividere una mia riflessione sulla cattiva gestione. Mi rendo conto sempre più che la cattiva gestione è la causa di tutte le crisi. Il cancro della cattiva gestione se non curato uccide: famiglie, imprese, uomini, educazione ecc. Uccide le famiglie perché se non si gestisce il bilancio sentimentale dei bisogni e dei doveri il castello famiglia crolla. Uccide Le imprese perché se non si gestisce il bilancio delle entrate e delle uscite se non si conosce il piano dei conti e non si usa un GESTIONALE la sopravvivenza di una impresa non è lunga. UCCIDE le persone perché se non si controlla e gestisce lo stress l'alimentazione e le cattive abitudini le prospettive di vita si accorciano notevolmente. Uccide L'educazione perché se si accontenta sempre per facilitare le operazioni di crescita eliminando le difficoltà ed i relativi sacrifici per ottenere risultati all'educando , lo stesso crescerà seguendo un modello nocivo alla sua indipendenza.

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Gestione AziendaleStrumenti e nozioni indispensabili per lacorretta gestione di un'attivitàimprenditoriale

IndiceVoci

Azienda 1Startup (economia) 7Email marketing 10Gestione, amministrazione, esercizio 12Contabilità 13Economia aziendale 18Contabilità analitico-gestionale 21Controllo (economia aziendale) 23Pianificazione aziendale 25Business plan 27Organizzazione aziendale 32Funzioni del linguaggio 41Time management 45Divisione del lavoro 51Funzione aziendale 55Gruppo di lavoro 57Project management 60Risorse umane 70Strategia 73

Gestione strategica 75

Visione aziendale 75Missione aziendale 76Piano (strategia) 78Tattica 79Catena del valore 81Piramide di Anthony 83Analisi PEST 84Analisi SWOT 85Analisi dei flussi di cassa 90Scheda di valutazione bilanciata 91Diaman Ratio 93Strategia di uscita 95Quota di mercato 96

Matrice di Kraljic 97Make or buy 98Coopetizione 99Vantaggio competitivo 100Vantaggio di costo 102Integrazione verticale 105Competenza distintiva 106Curva di esperienza 109Costi di apprendimento 110Teatro d'impresa 110Valori d'impresa 117Integrazione orizzontale 117Teoria dei vincoli 118Modello delle cinque forze competitive di Porter 121Cost per mille 122

Strumenti indispensabili per la gestione Aziendale 124

Customer relationship management 124Enterprise resource planning 127Material Requirements Planning 130Manufacturing Execution System 132

Gestione della comunicazione 133

Comunicazione 133Teoria della comunicazione 139Scienze della comunicazione 144Tecnologie dell'informazione e della comunicazione 151

Marketing 155

Marketing 155Brand management 163Personal branding 166Modelli di branding 167Neuromarketing 171Marketing strategico 172Marketing urbano 173Return on investment 174

web marketing 176

World Wide Web 176Web marketing 183Motore di ricerca 186Posizionamento (motori di ricerca) 191Pay per click 193Web marketing management 194Landing page 197Search engine marketing 198Click-through rate 200

NoteFonti e autori delle voci 201Fonti, licenze e autori delle immagini 204

Licenze della voceLicenza 206

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AziendaUn'azienda, in economia aziendale, è un'organizzazione di persone e mezzi finalizzata alla soddisfazione di bisogniumani attraverso la produzione, la distribuzione o il consumo di beni economici e servizi verso clienti. Il soggettoche conduce l'attività economica è anche detto esercente.

Origine del termineLa parola italiana "azienda" è derivata dal termine spagnolo hazienda, poi divenuto hacienda, (dal latino facienda;"cosa da farsi, faccende").

ClassificazioneLe aziende possono essere classificate secondo vari criteri, come, ad esempio:•• in relazione all'attività economica;•• in relazione al fine;• in relazione al soggetto economico (imprenditore);• in relazione al soggetto giuridico (dipendente);•• in relazione alla dimensione.

Classificazione in relazione all'attività economicaEsistono tre categorie:• di erogazione: fanno parte di questa categoria tutte le aziende come la famiglia, le associazioni private e parte

della pubblica amministrazione, che erogano e consumano beni e servizi;• di produzione: comprende tutte le aziende che acquisiscono e producono beni e servizi (per definizione, si tratta

delle imprese)• composte pubbliche: raggruppa gli appartenenti alle precedenti due classi, come ad esempio lo Stato, la Regione,

la Provincia, il Comune, la Azienda sanitaria locale.

Classificazione in relazione al fineSe per fine si intende la creazione, l'accrescimento e la distribuzione di valore, allora è possibile delineare cinquediverse tipologie di azienda:1. familiare: persegue il suo scopo tramite valori non economici (come l'assistenza reciproca, i sentimenti, ecc.) ed

economici (consumi, investimenti e risparmio). Tipicamente è un'azienda di consumo in cui il risparmio è formatodalla differenza tra redditi di lavoro e capitale da una parte, e consumi e investimenti dall'altra; se le uscitesuperano gli introiti si accede al finanziamento di terzo. Non va confusa con l'impresa familiare, cioè l'istituzioneeconomica che impiega membri della stessa famiglia e che è volta a produrre reddito.Aiuto:Chiarezza

2. pubblica: si occupa in primo luogo di soddisfare i bisogni pubblici, inoltre crea, accresce e distribuisce valorenon solo in relazione alla collettività; ma coinvolgendo anche altri soggetti (stakeholders) quali fornitori, dirigenti,dipendenti pubblici, clienti, concorrenti, ecc. In Italia, recentemente, si è assistito alla privatizzazione di molteaziende pubbliche (tra le altre: Telecom Italia, INA Assitalia, Comit, Credito Italiano e Alitalia).

3. di produzione (o impresaAiuto:Chiarezza): ha come fine diretto (principale) la produzione e distribuzione di ricchezza e come fine indiretto (secondario) il soddisfacimento dei bisogni umani. Si chiamano imprese perché operano in un'economia di mercato e sono soggette al rischio del capitale investito. A seconda del settore in cui operano, possono essere ulteriormente classificate in: del primario (agricole, minerarie), del secondario (industriali, edili), del terziario (commerciali, mercantili, bancarie, assicurative, di servizi), del terziario avanzato

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(informatiche, di consulenza).4. no profit: si tratta di aziende che non hanno fini di lucro soggettivo, nel senso che, pur potendo realizzare dei

risultati economici e finanziari positivi, questi non vengono distribuiti al soggetto economico. È tuttavia lecito chesvolgano una qualche attività commerciale inerente all'oggetto sociale purché essa sia solo marginale o rientriall'interno di finalità di utilità sociale. Un discorso particolare vale per le ONLUS (Organizzazioni Non Lucrativedi Utilità Sociale). Si tratta di una qualifica ai fini delle imposte - ovvero che incide sulle modalità di pagamentodelle imposte - che possono assumere le aziende non profit che operano in uno dei seguenti settori: assistenzasociale e socio-sanitaria, assistenza sociale, assistenza sanitaria, beneficenza, istruzione, formazione, sportdilettantistico, tutela e promozione dei beni storici e artistici, tutela dell'ambiente, promozione culturale edartistica, tutela dei diritti civili, ricerca scientifica. Tali società devono essere iscritte all'anagrafe delle ONLUS,presso la Direzione Regionale delle Imprese per avere diritto a particolari vantaggi fiscali (non sono soggette atassazione).

5. mutualistiche: comprendono cooperative, società di mutua assicurazione e consorzi di cooperative. Lacooperative hanno uno scopo principalmente mutualistico che consiste nel fornire beni o servizi o lavorodirettamente ai soci, in modo più vantaggioso rispetto alle condizioni del mercato. Lo scopo mutualistico assicurala limitata distribuzione degli utili tra i soci e la devoluzione a scopi di utilità pubblica del patrimonio sociale, incaso dello scioglimento della società. Oltre ai soci ordinari è possibile che ci siano dei soci sovventori cheinvestono nella cooperativa al fine di ottenere un interesse sul capitale investito. Le attività che possono esseresvolte in forma cooperativistica comprendono: consumo, produzione, lavoro agricolo, edilizia, trasporti, pesca,economia sociale. Le società di mutua assicurazione sono cooperative che si occupano di attività assicurativa(ramo vita e ramo danni), sono a responsabilità limitata e il capitale sociale è costituito dai contributi versati daisoci, che servono anche come premi assicurativi.

Quale che sia la "veste" e il "fine" specifico di ogni categoria di azienda, qualora assuma contenuto imprenditoriale siritiene che comunque non possa prescindere dall'affrontare positivamente il tema della responsabilità socialed'impresa.

Classificazione in relazione al soggetto economicoIl soggetto economico è la persona o il gruppo di persone che di fatto ha o esercita il potere decisionale nell'azienda.La definizione di soggetto economico è stata estesa a tutti gli stakeholders.I principali stakeholders, presenti in maniera differente nelle diverse tipologie di azienda sono:•• azionisti o soci di maggioranza•• manager o dirigenti•• lavoratori dipendenti e autonomi•• fornitori•• finanziatori e istituti di credito• amministrazione finanziaria o Erario•• clienti•• concorrenti

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Classificazione in relazione al soggetto giuridicoSi distinguono due tipi di soggetti giuridici:•• l'imprenditore con la sua impresa individuale, in cui soggetto economico e soggetto giuridico coincidono;• le società in cui due o più persone svolgono un'attività economica (e i due soggetti sono distinti). Alla base della

società c'è sempre un contratto che sancisce:1. l'accordo tra due o più persone (fisiche o giuridiche) dette soci2. il conferimento di beni nella società da parte dei soci.A queste classi corrispondono diverse definizioni di società:1. si ha l'impresa individuale quando il soggetto giuridico è una persona fisica che risponde coi propri beni delle

eventuali mancanze aziendali. Tale impresa non gode quindi di autonomia patrimoniale: se viene dichiaratafallita, anche il suo imprenditore è fallito. Per quanto riguarda l'imposizione fiscale, il reddito dell'impresa èsoggetto a Irap (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) e IRPEF (Imposta sul Reddito delle PersoneFisiche). Esistono inoltre delle semplificazioni relative alla contabilità che l'Amministrazione Finanziariaconcede: la contabilità semplificata (che consiste nei soli libri IVA). Sono concettualmente simili all'impresaindividuale quella familiare (formata al 51% dal capofamiglia e al 49% dai suoi familiari) e quella coniugale(formata solo da marito e moglie).

2. la società di persone è caratterizzata da una autonomia patrimoniale imperfetta, in cui cioè il patrimonio dellasocietà non è perfettamente distinto da quello dei soci, per cui i creditori possono rivalersi (se il patrimoniosocietario è insufficiente) anche sui beni del socio (solitamente non vale il viceversa). Si può avere una societàsemplice nel caso in cui non sia necessario svolgere una attività commerciale, ma si abbia la necessità di gestireuna attività (agricola o professionale, come ad esempio uno studio associato); una società in nome collettivo in cuitutti i soci sono responsabili in egual parte e con tutto il loro patrimonio delle obbligazioni della società o unasocietà in accomandita semplice in cui i soci accomandatari rispondono, come nella Società in nome collettivo e isoci accomandanti rispondono invece limitatamente al capitale conferito. In tutti e tre i casi non si ha l'obbligo diversare un capitale sociale minimo, ma è necessario avere un atto costitutivo e redigere un bilancio d'esercizio(che può non essere depositato al Registro delle Imprese).

3. le società di capitali sono dei soggetti giuridici totalmente autonomi che godono di autonomia patrimonialeperfetta (il loro patrimonio è distinto da quello dei soci). Le forme riconosciute dal diritto italiano sono: società aresponsabilità limitata, società per azioni e società in accomandita per azioni. Nelle ultime, il socioaccomandatario (amministratore) risponde illimitatamente col suo patrimonio delle obbligazioni sociali se ilpatrimonio della società non è sufficiente. Le società di capitali hanno l'obbligo di versare un capitale socialeminimo e di approvare il bilancio annuale che va depositato presso il Registro delle Imprese.

4. tra le altre forme possibili si trovano le associazioni temporanee d'impresa, i consorzi e il GEIÈ' (GruppoEuropeo di Interesse Economico)

Classificazione in relazione alla dimensioneQuesto tipo di suddivisione necessita di un discorso particolare. Infatti, mentre è pressoché immediato stabilire qualipossono essere le classi, non è così semplice trovare un criterio uniforme di assegnazione.Le tre classi sono:•• piccola•• media•• grandeTra i molteplici criteri si può citare:• fatturato (che ha un senso solo confrontando società appartenenti allo stesso settore)•• numero di dipendenti

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•• valore aggiuntoCon il Regolamento CE n. 364/2004 del 25 febbraio 2004, la definizione per le Piccole e Medie Imprese (PMI) èstata aggiornata alle seguenti caratteristiche:microimpresa - a) meno di 10 occupati e, - b) un fatturato annuo (corrispondente alla voce A.1 del conto economicoredatto secondo la vigente norma del codice civile) oppure, un totale di bilancio annuo (corrispondente al totaledell'attivo patrimoniale) non superiore a 2 milioni di euro;piccola impresa - a) meno di 50 occupati e, - b) un fatturato annuo, oppure, un totale di bilancio annuo nonsuperiore a 10 milioni di euro;media impresa - a) meno di 250 occupati e, - b) un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure untotale bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro.

Rapporti giuridici dell'azienda cedutaOltre a essere un complesso di beni l'azienda è anche un fascio di rapporti giuridici, rappresentato dai rapporticontrattuali che il titolare costituisce per esigenze aziendali. Dalla gestione aziendale nascono crediti e debiti, chefanno parte anch'essi dell'azienda. Dobbiamo considerare tre casi:•• I contratti. L'acquirente subentra automaticamente in essi salvo che:

1. Le parti abbiano pattuito diversamente2. Il contratto abbia carattere personale

•• Crediti. Si trasferiscono all'imprenditore acquirente. Il trasferimento ha effetto sui terzi dal momentodell'iscrizione del trasferimento nel registro. È comunque liberato il debitore ceduto che paga in buona fede nellemani dell'alienante.

• Debiti. Passano all'acquirente mediante accollo. Si tratta, di regola, di accollo cumulativo e non liberatorio.L'alienante, debitore originario, continua a rimanere obbligato se il creditore ceduto non lo ha espressamenteliberato.

AvviamentoL'avviamento di un'azienda è la sua capacità di produrre utili in misura superiore all'ordinario.Dipende dal fatto che il complesso dei cespiti dell'azienda ha un valore superiore a quello della somma dei singolicespiti separati; non è né un bene né un diritto, ma una semplice qualità dell'azienda, non attribuibile ai singoli benima solo all'insieme degli stessi in quanto gestiti e organizzati unitariamente.La legge garantisce tutela all'avviamento attraverso il divieto di concorrenza, cioè impedendo al precedente titolaredi iniziare una nuova impresa che, per oggetto o altre circostanze, sia idonea a sviare i clienti dell'azienda ceduta nei5 anni successivi il trasferimento della prima.L'avviamento può essere positivo (goodwill) o negativo (badwill) e in bilancio viene indicato nello statopatrimoniale.

Trasferimento

NaturaIl trasferimento è disciplinato da specifiche disposizioni che in parte derogano il diritto comune per quanto riguarda la successione nei contratti, la cessione di crediti e debiti, in particolare per quel che riguarda il consenso del debitore, deroga all'art.1406 c.c. dato che il lavoratore non può opporsi. L'azienda può essere trasferita sia per atto "inter vivos" sia "mortis causa", ma può anche avvenire sia con accordo delle parti, sia in forma coattiva con provvedimento amministrativo o giudiziario. Si è recentemente considerata l'ipotesi che fusione e scissione possano

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operare un trasferimento d'azienda: se prima ciò non era considerato trasferimento d'azienda, con la consistenteriforma societaria degli anni 2000 la fusione, specialmente eterogenea, non è stata più vista come scomparsa ericostituzione dell'ente.Il trasferimento d'azienda è disciplinato dall'art.2112 c.c. che obbliga l'acquirente a mantenere i rapporti di lavoro elo impegna solidalmente dei crediti maturati dai lavoratori.L'azienda può essere trasferita dall'imprenditore ai propri discendenti tramite la stipulazione di un apposito atto intervivos, il patto di famiglia (contratto), istituto disciplinato dagli artt. 768-bis segg. del codice civile.

Oggetto del trasferimentoSi è discusso molto in dottrina su quale fosse l'oggetto del trasferimento. Due sono le interpretazioni principali:• Attività e azienda inscindibili: concezione giuslavoristica più antica e derivata anche dalle posizioni del diritto

commerciale, ritiene l'azienda, complesso di beni, perfettamente inscindibile con l'attività affinché possa esserciun'impresa, e pertanto non trasferibile isolatamente

• Attività e azienda scisse: concezione più moderna e più accolta dalle dottrine giuslavoriste, ritiene possa essereceduta anche l'"azienda inerte", partendo dalle considerazioni che l'azienda possa anche essere costituita anchesolo dalle competenze professionali ("know-how") dei lavoratori e che comunque l'attività è legata alla personadell'imprenditore che l'acquista a titolo originale. Tra l'altro con questa impostazione, la cerchia dei cessionariaumenta notevolmente perché non c'è il requisito dell'essere già imprenditori.

La legislazione comunitaria ha contribuito all'evoluzione del concetto di trasferimento d'azienda: se in particolare levarie direttive sembrano identificare l'azienda come complesso di beni organizzato per l'attività d'impresa, lagiurisprudenza comunitaria dà un indirizzo ben preciso nella sentenza Suzen[1] stabilendo che,•• non c'è trasferimento quando:

•• l'operazione non include beni significativi per l'esercizio dell'attività•• il trasferimento non include un'entità economica con propria identità

•• c'è trasferimento quando:•• esso abbia come oggetto un'entità economica stabile e adeguatamente strutturata e autonoma•• l'identità e la gestione dell'entità economica sia stata ripresa o proseguita

La sentenza pone pertanto come parametro il momento causale del trasferimento.Alla luce dell'attuale normativa viene considerato trasferimento d'azienda ogni processo che determina ilcambiamento di titolarità di un'attività economica organizzata: il 5º comma dell'art. 2112 parla di attività economicaorganizzata, che interpretata anche con la direttiva comunitaria da una definizione dell'oggetto del trasferimentoconcernente organizzazione e attività.

Trasferimento del ramo d'aziendaIl "ramo d'azienda" è trasferibile così come l'azienda intera, anche se non ha le stesse garanzie per i lavoratoridell'intero complesso aziendale: identificato come "articolazione funzionalmente autonoma"[2], dopo la riforma del2003 è liberamente identificabile dagli imprenditori che operano il trasferimento purché risponda al requisitodell'autonomia funzionale. Il lavoratore può solo presentare le dimissioni per giusta causa se le condizioni di lavorosubiscono una sostanziale modifica. C'è da sottolineare che il ramo d'azienda non viene menzionato dall'art.2112 c.c.e, essendo molto più flessibile rispetto all'intera azienda, spesso i lavoratori invocano l'art.1406 c.c. in modo chepossano bloccare un trasferimento per loro svantaggioso.

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Trasferimenti in outsourcing

Per approfondire, vedi outsourcing.

Altro problema suscitano i trasferimenti operanti in quei settori d'azienda identificati come outsourcing, fra tuttil'appalto. Il legislatore si è preoccupato nel 2003 di disciplinare questi fenomeni coordinandoli alla disciplinadell'art.2112. In particolare fissa la solidarietà dell'appaltante "fino alla concorrenza del debito che il committente haverso l'appaltatore nel tempo in cui i lavoratori propongono la domanda". Nell'appalto di servizi, il committente èobbligato in solido fino al termine di un anno dalla fine dell'appalto.

L'insegnaL'insegna è il segno distintivo dell'azienda, cioè dei locali dell'impresa. Essa, come gli altri segni distintivi, operacome collettore di clientela, ed è particolarmente importante per quelle imprese che ricevono i clienti nei proprilocali. Con la diffusione di internet e dei mezzi multimediali, numerose imprese vengono ora tuttavia identificateprincipalmente tramite il proprio sito web, come nel caso delle imprese virtuali.Il codice civile dedica un solo articolo all'insegna, il 2568, che impone di integrare o modificare l'insegna che,essendo uguale o simile a quella di un altro imprenditore, possa creare confusione per l'oggetto dell'impresa o per illuogo in cui essa è esercitata. Per tutte le questioni non disciplinate, è incerto se si debba far riferimento allanormativa sulla ditta o a quella sul marchio; spesso si preferisce fare riferimento a quest'ultima, in quanto piùarticolata.

Note[1] Corte di Giustizia Europea, Suzen contro Zehncker 11 marzo 1977[2][2] Formulazione per molti infelice dato funzionalmente autonomi sono anche articolazioni come mensa, pulizie o servizi che però non sono

inerenti al processo produttivo

Voci correlate•• Azienda (diritto)•• Article marketing•• Avviamento d'azienda (diritto italiano)•• Azienda pubblica•• Azienda privata•• Economia aziendale•• Impresa•• Controllo di gestione•• Cessione d'azienda•• Crisi aziendale•• Management•• Organizzazione aziendale•• Pianificazione aziendale•• Processo aziendale

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Collegamenti esterni• Azienda (http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ termine. php?id=1133) in Tesauro del Nuovo Soggettario (http:/ / thes.

bncf. firenze. sbn. it/ ), BNCF, marzo 2013.

Altri progetti• Wikizionario contiene il lemma di dizionario «azienda»

• Commons (http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Pagina_principale?uselang=it) contiene immagini o altrifile su azienda (http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:Companies?uselang=it)

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Startup (economia)Con il termine startup si identifica la fase iniziale per l'avvio di una nuova impresa, cioè quel periodo nel qualeun'organizzazione cerca di rendere profittevole un'idea attraverso processi ripetibili e scalabili. Inizialmente iltermine veniva usato unicamente per indicare la fase di avvio di aziende nel settore internet o tecnologiedell'informazione. Successivamente il termine è diventato sinonimo di ciò che in borsa viene chiamato matricola.Spesso queste società vengono gestite con un approccio di tipo Lean Startup.Il piano di startup è un prospetto che evidenzia determinati costi tipici dei primi dodici mesi di attività, ovvero delperiodo in cui si affrontano costi certi a fronte di ricavi incerti, nonché l'ammontare del capitale proprio che siintende investire nell'azienda.

Aspetti principaliLo startup comprende quindi tutte le spese relative alla costituzione della società e agli investimenti strutturali(arredamento degli uffici, impianti, macchinari, ecc.), gli stipendi, l'eventuale cauzione per l'affitto, le spese relativeal materiale di consumo e l'indicazione del capitale proprio. In questo modo l'imprenditore ha un quadro chiaro delloscenario finanziario relativo ai mesi successivi e dalla sua capacità di remunerare il capitale investito.Lo startup può anche essere collegato ad una offerta pubblica di vendita, ovvero a quell'operazione con la qualeun'impresa immette sul mercato titoli propri, come le azioni. Questa operazione può essere concomitante con lostartup, in quanto un'azienda può decidere di quotarsi alla borsa valori proprio per agevolare la raccolta di capitaleper avviare i propri processi produttivi.Le startup company, di solito imprese appena costituite, nelle quali vi sono ancora processi organizzativi in corso,essendo state appena avviate, utilizzano generalmente una limitata quantità di capitale, lavoro e terreni. Questo tipodi imprese, in caso di insuccesso, non sono particolarmente rischiose data la esigua quantità di capitali investiti.

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Strumenti valutativi

Preventivo finanziarioÈ importante valutare le immobilizzazioni (impianti, attrezzature, software,ecc.) richieste in fase di avvio e il capitalecircolante necessario per sostenere i costi di gestione iniziali. L'imprenditore deve valutare:•• quanto denaro serve per avviare l'attività (fabbisogno finanziario);•• se il capitale proprio è sufficiente e se è necessario ricorrere anche a capitali di terzi (banche, finanziarie,ecc.).

Preventivo delle venditePer determinare i ricavi della futura attività, prima è necessario procedere alla previsione delle vendite. Si stabilisceil livello di vendite atteso, si descrivono gli eventi che potrebbero assicurare il pieno raggiungimento del volume divendite ipotizzato e si individuano le minacce che potrebbero inficiare le previsioni.

Preventivo economicoÈ un prospetto simile al conto economico e serve a determinare la convenienza del progetto imprenditoriale; infatti,attraverso l'individuazione dei costi e dei ricavi si determina l'utile della futura attività.

Redditività del capitale investito e del capitale proprioPer misurare la redditività dell'impresa, si utilizzano due indicatori: ROI (return on investiment) e il ROE (return onequity).La redditività del capitale investito indica la capacità del progetto imprenditoriale di remunerare il capitale investito.Si calcola dividendo il reddito operativo (utile lordo) per il capitale investito.La redditività del capitale proprio impegnato nell'attività si calcola dividendo l'utile netto per il capitale proprio.

Quadro normativo in ItaliaIl decreto legge 18 ottobre 2012, definisce una startup nel modo seguente:

« Ai fini del presente decreto, l'impresa start-up innovativa, di seguito «start-up innovativa», è la società di capitali,costituita anche in forma cooperativa, di diritto italiano ovvero una Societas Europaea, residente in Italia ai sensidell'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le cui azioni o quote rappresentativedel capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, chepossiede i seguenti requisiti:

1.1. LETTERA SOPPRESSA DAL D.L. 28 GIUGNO 2013, N. 76, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 9AGOSTO 2013, N. 99;

2.2. è costituita e svolge attività d'impresa da non più di quarantotto mesi;3.3. ha la sede principale dei propri affari e interessi in Italia;4.4. a partire dal secondo anno di attività della start-up innovativa, il totale del valore della produzione annua, così come

risultante dall'ultimo bilancio approvato entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio, non è superiore a 5 milioni di euro;5.5. non distribuisce, e non ha distribuito, utili;6.6. ha, quale oggetto sociale esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o

servizi innovativi ad alto valore tecnologico;7.7. non è stata costituita da una fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda;8.8. possiede almeno uno dei seguenti ulteriori requisiti:

1. le spese in ricerca e sviluppo sono (uguali o superiori al 15 per cento) del maggiore valore fra costo e valore totale della produzione della start-up innovativa. Dal computo per le spese in ricerca e sviluppo sono escluse le spese per

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l'acquisto e la locazione di beni immobili. Ai fini di questo provvedimento, in aggiunta a quanto previsto dai principicontabili, sono altresì da annoverarsi tra le spese in ricerca e sviluppo: le spese relative allo sviluppo precompetitivoe competitivo, quali sperimentazione, prototipazione e sviluppo del business plan, le spese relative ai servizi diincubazione forniti da incubatori certificati, i costi lordi di personale interno e consulenti esterni impiegati nelleattività di ricerca e sviluppo, inclusi soci ed amministratori, le spese legali per la registrazione e protezione diproprietà intellettuale, termini e licenze d'uso. Le spese risultano dall'ultimo bilancio approvato e sono descritte innota integrativa. In assenza di bilancio nel primo anno di vita, la loro effettuazione è assunta tramite dichiarazionesottoscritta dal legale rappresentante della start-up innovativa;

2.2. impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore al terzo della forzalavoro complessiva, di personale in possesso di titolo di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato diricerca presso un'università italiana o straniera, oppure in possesso di laurea e che abbia svolto, da almeno tre anni,attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all'estero, ovvero, in percentualeuguale o superiore a due terzi della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di laurea magistrale ai sensidell'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre2004, n. 27;

3. sia titolare o depositaria o licenziataria di almeno una privativa industriale relativa a una invenzione industriale,biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale ovvero sia titolare deidiritti relativi ad un programma per elaboratore originario registrato presso il Registro pubblico speciale per iprogrammi per elaboratore, purché tali privative siano direttamente afferenti all'oggetto sociale e all'attività diimpresa. »

Acceleratori ed incubatoriPer acceleratore di startup si intende un programma per lo sviluppo di una azienda che ha la finalità di renderlaautonoma. Per incubatore di startup (detto anche Business Innovation Centre) si intende il luogo fisico nel quale lestartup risiedono. Secondo Forbes nel 2012 i migliori acceleratori ed incubatori erano Y Combinator, TechStars eDreamIt Ventures.

Attenzione mediaticaLe startup hanno attirato molta attenzione mediatica negli anni 2010. A conferma di ciò la visita del presidentestatunitense Barack Obama all'incubatore 1776 avvenuta il 3 luglio 2014[1] e quella del Presidente del Consiglio deiMinistri Matteo Renzi all'incubatore H-Farm avvenuta il 26 febbraio 2014[2]. A queste si aggiunge l'annuncio delPresidente della Repubblica Francese François Hollande di misure per le startup d'oltralpe[3] e quello del PrimoMinistro del Regno Unito David Cameron di un prestito di 82 milioni di sterline in tre anni per giovaniimprenditori[4]

CriticheNel 2006, Andrew Keen scrisse che le startup ed il Web 2.0 fossero un "grande movimento utopico" una specie di utopismo tecnologico, simile ad una "società comunista", nel modo in cui quest'ultima viene descritta dal filosofo ed economista Karl Marx. L'autore nota come il linguaggio degli imprenditori del settore informatico sia cambiato da termini come "cool" (figo), "eyeballs" (letteralmente bulbo oculare, significa fissare qualcosa dedicargli tutta la propria attenzione), e "burn-rate" (la quantità di denaro necessaria ad una startup per rimanere in piedi) vengono sostiuite da espressioni militanti ed assurde come Empowering citizen media (dare più potere ai mezzi di informazione gestiti dai cittadini), radically democratize (permettere una gestione molto più democratica di qualcosa), smash elitism (colpire i comportamenti che favoriscano le elite), content redistribution (redistribuzione dei contrnuti), authentic community (comunità autentica). L'autore vede il Web 2.0 come una ideologia, trasmessa degli imprenditori della Silicon Valley, che venera il creativo della domenica, come chi nel tempo libero fa filmati,

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canta canzoni o scrive libri. Viene suggerito da tale ideologia che chiunque, anche la persona più ignorante e menoalfabetizzata, possa e debba usare i mezzi digitali per esprimersi e realizzarsi.

Note[1] President Obama pays visit to start-up hub 1776 on day before the Fourth of July (http:/ / www. washingtonpost. com/ business/

capitalbusiness/ president-obama-pays-visit-to-start-up-hub-1776-on-day-before-the-fourth-of-july/ 2014/ 07/ 03/99d094e2-02c7-11e4-8fd0-3a663dfa68ac_story. html)

[2] Il senso di Renzi per le start-up (http:/ / www. ilfattoquotidiano. it/ 2014/ 02/ 27/ il-senso-di-renzi-per-le-start-up/ 896231/ )[3] Hollande annonce des mesures pour les start-up françaises (http:/ / tempsreel. nouvelobs. com/ economie/ 20140213. OBS6065/

hollande-en-operation-seduction-dans-la-silicon-valley. html)[4] David Cameron launches loan scheme for young entrepreneurs (http:/ / www. theguardian. com/ business/ 2012/ may/ 28/

cameron-startup-loans)

Voci correlate•• Incubatore aziendale•• Lean Startup

Collegamenti esterni• eStartUp Books (http:/ / estartupbooks. com/ ): raccolta di ebooks dedicati alle startup company

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Email marketingL'E-mail marketing è un tipo di marketing diretto che usa la posta elettronica come mezzo per comunicaremessaggi commerciali (e non) al pubblico.In senso lato qualunque e-mail inviata a un cliente (o cliente potenziale), può essere considerato e-mail marketing.Solitamente si usa però questo termine per riferirsi a:•• Invio di e-mail con l'intento di portare a livello più avanzato il rapporto tra un'azienda e i suoi clienti precedenti o

attuali e per incoraggiarne la fidelizzazione.•• Invio di e-mail con l'intento di acquisire nuovi clienti o convincere quelli precedenti ad acquistare subito

qualcosa.•• Aggiunta di elementi pubblicitari nei messaggi e-mail inviati da altre aziende ai propri clienti.Le aziende, sia negli Stati Uniti che nei Paesi europei che nelle economie emergenti, investono sempre più risorsenell'e-mail marketing, che spesso viene utilizzato anche da organizzazioni pubbliche e non profit.Negli ultimi anni si sta ponendo una sempre maggiore attenzione all'integrazione dell'e-mail marketing con altrisistemi di gestione (es. CRM) e comunicazione (es. social media). L'evoluzione recente si sta concentrando semprepiù sulla qualità del contatto (profilazione delle utenze, cura della customer satisfaction), rispetto agli invii massivi diposta che avevano caratterizzato l'e-mail marketing degli esordi. Oggi, infatti, l'utilizzo sovrabbondante dicomunicazioni elettroniche da parte delle società commerciali, ha causato fenomeni di rigetto da parte degli utenti,tanto da aumentare in modo significativo i fenomeni di posta indesiderata (spam).

Email marketing 11

VantaggiL'e-mail marketing piace alle aziende perché:•• È meno costoso del marketing diretto fatto con materiale cartaceo.• Il ritorno d'investimento (ROI) è solitamente molto alto, se il lavoro viene fatto bene.•• È istantaneo, soprattutto se comparato con la posta cartacea: una e-mail arriva in secondi o minuti.•• Permette al pubblicitario di "spingere" il messaggio al pubblico, al contrario di un sito web che "aspetta" che i

visitatori lo raggiungano.• È facile da tracciare. Un pubblicitario può tracciare gli utenti con i web bug, bounce message, disiscrizioni,

conferme di ricezione, click-through, etc. Questi possono essere usati per tracciare i tassi di apertura delle e-mail,i riscontri positivi o negativi, le vendite derivate dal marketing.

•• I pubblicitari possono acquisire grandi numeri di iscritti che desiderano ricevere e-mail su argomenti di lorointeresse

•• Oltre la metà degli utenti della Rete inviano o leggono messaggi di posta elettronica in una loro giornata tipo.•• Consente di stabilire una relazione "uno a uno", cioè di personalizzare il messaggio in base al destinatario che

riceverà quella comunicazione specifica.•• Permette di fare test per vedere quale tipo di messaggio produce migliori risultati in base al pubblico cui si

rivolge.

Voci correlate•• Web marketing•• Landing page•• Direct marketing•• Mailbombing•• Spam

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Gestione, amministrazione, esercizio 12

Gestione, amministrazione, esercizioI termini gestione, amministrazione, esercizio, in economia aziendale, sono spesso utilizzati in tale ambito specienel linguaggio corrente, con significati più ampi, che tendono a sovrapporsi.Nel linguaggio corrente, il termine esercizio viene anche utilizzato come sinonimo di gestione.

GestioneLa gestione è, in senso proprio, l'insieme delle azioni da porre in essere affinché l'azienda possa perseguire gliobiettivi prefissati nella pianificazione aziendale e compiere scelte riguardanti le relazioni tra i suoi elementicostitutivi (persone e tecnologie).Gestione in questo senso non è dunque sinonimo di management, anche se nel linguaggio corrente i due concettitendono a sovrapporsi; d'altra parte è indubbio che il management costituisce uno degli aspetti più rilevanti dellagestione.

AmministrazioneL'amministrazione indica, in senso stretto, una specifica attività aziendale (e la funzione aziendale che se neoccupa), consistente nella rilevazione ordinata (ed eventualmente nell'elaborazione) di informazioni, per lo più dinatura economica, sui fatti della gestione aziendale, al fine di costituire la memoria dell'organizzazione.In senso lato, amministrazione è sinonimo di gestione. Anche il termine amministrazione tende, nel linguaggiocorrente, a sovrapporsi come significato a management; in realtà i due concetti sono distinti, anche se le informazionirilevate ed elaborate nel corso dell'attività di amministrazione costituiscono un input per le decisioni manageriali.

EsercizioL'esercizio indica insieme dei fatti della gestione aziendale, oggetto di rilevazione, che occorrono in un periodo ditempo determinato (di solito un anno); il termine viene inoltre usato, in senso lato, per indicare il periodo dirilevazione riguardo ad una determinata attività, come ad esempio in caso di bilancio d'esercizio.

Voci correlate•• Budget di tesoreria•• Bilancio di esercizio•• Controllo (economia aziendale)•• Controllo di gestione•• Contabilità analitico-gestionale•• Direzione aziendale•• Economia aziendale•• Pianificazione aziendale•• Organizzazione aziendale

Gestione, amministrazione, esercizio 13

Collegamenti esterni• Gestione, amministrazione, esercizio [1] in Tesauro del Nuovo Soggettario [2], BNCF, marzo 2013.

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Note[1] http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ termine. php?id=5063[2] http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/

ContabilitàLa contabilità è il sistema di rilevazione continua di qualunque evento di rilevanza economica.L'ambito tipico di utilizzo della contabilità è qualsiasi struttura operativa, sia pubblica che privata, ma il significatonon cambia anche nel ristretto ambito personale (contabilità individuale).Altra definizione, tipica della ragioneria, vuole che la contabilità sia l'insieme degli spostamenti di capitale aziendaleraccolti e organizzati secondo un criterio che permetta un rapido accesso ed elaborazione dei dati.Ancora un'altra definizione: La contabilità è la storia economica di un'azienda nel senso che conserva una traccia ditutte le operazioni commerciali.

OriginiLa contabilità intesa come annotazione di operazioni commerciali è una pratica conosciuta fin dalla notte dei tempi.Prima del XV secolo tali fatti erano registrati con il metodo della partita semplice che prevedeva una serie di voci(praticamente una rubrica) sotto le quali veniva annotato di volta in volta la nuova operazione. Non esisteva alcuncollegamento tra una voce e l'altra e quindi nessuna possibilità di riscontro e controllo incrociato.Il matematico Fratel Luca Pacioli, detto il Paciolo (1445-1517), nel 1494 definisce per la prima volta, in terminisistematici, il metodo della partita doppia nel libro "Summa di arithmetica, geometrica, proportione etproportionalita", nel capitolo intitolato "Tractatus de computis et scripturis".Questo metodo prevede che per ogni operazione siano eseguite due registrazioni, in due conti distinti, in oppostesezioni (dare/avere), per importi complessivamente uguali, in modo che il totale dei valori registrati nelle duesezioni, sia sempre uguale. Il primo immediato vantaggio di questo metodo è la possibilità di riscontro e diautocontrollo. Il secondo vantaggio è dato dal fatto che con una determinata struttura del piano dei conti si può avereuna visione continua ed aggiornata della situazione economica e patrimoniale dell'azienda.La contabilità in partita doppia si affermò rapidamente in tutto il mondo, tanto che molti termini contabili italiani natinel Rinascimento e nei secoli successivi sono rimasti come radice nella terminologia internazionale.La contabilità moderna, in Italia, si può far risalire all'entrata in vigore dell'ultimo Codice Civile del 1942 (mainiziato fin dal 1926), ed in particolare nel Libro V. È uso comune oggi parlare di obblighi civilistici e fiscali inmerito alla tenuta della contabilità.Nel 1978 la CEE emana la IV direttiva, con l'obiettivo di armonizzare le legislazioni dei paesi membri per quantoconcerne:

•• Il contenuto del bilancio annuale e dei documenti accompagnatori•• Le modalità di pubblicazioni•• I principi contabili da applicare.

In Italia la direttiva è stata recepita nel 1991, con grande ritardo rispetto agli altri paesi europei (ad esempio laFrancia l'ha recepita nel 1983).

Contabilità 14

Le norme CEE sono state incluse nella revisione dell'articolo 2423 del Codice Civile con il DLgs 127/1991.

Le diverse contabilitàIn azienda, ambito primario, di questa illustrazione, coesistono due funzioni fondamentali:

•• Mercantile o commerciale, che collega l'azienda con il mondo esterno e riguarda l'acquisto di materie prime(uscite) e la vendita di prodotti o servizi (entrate),

•• Industriale o tecnica che sta all'interno e riguarda i processi di trasformazione delle materie prime in prodottifiniti (o erogazione di servizi).

Da questa fondamentale distinzione derivano due metodi di gestione contabile:• Contabilità generale o Co.Ge: registra tutti i fatti amministrativi intercorsi tra l'azienda e l'ambiente esterno. I

dati rilevati sono solo quelli accertati (documentati secondo rigide regole formali), sono sintetici e sono storici(fatti avvenuti)

• Contabilità industriale (anche detta analitica): registra solo fatti di gestione interna. I dati rilevati possonoessere analitici, riclassificando costi e ricavi rilevati dalla contabilità generale, possono derivare da previsioni oessere predeterminati, sono attuali (anche perché non si aspetta l'accertamento della contabilità generale).

Il metodo classico di rilevazione contabile nella Pubblica Amministrazione, cosiddetto finanziario o Co.Fi, è del tipoa partita semplice ed è incentrato sulle entrate (incassi) e uscite (pagamenti). Solo da pochi anni (vedi Tit. Tit. III D.Leg.vo n. 279/1997 e allegata Tab. B e successive modificazioni) è stato introdotto il metodo della partita doppia,con la denominazione di contabilità economica.

Contabilità generaleÈ anche definita contabilità ordinaria, in contrapposizione alla contabilità semplificata, utilizzata per aziende convolume di affari ridotto e/o ditte individuali.È la rilevazione e registrazione dei fatti esterni di gestione, tenuta con il metodo della partita doppia e secondoprecise norme del Codice Civile.Gli uffici amministrativi delle medie / grandi aziende sono stati i primi ad usufruire dei vantaggi offerti dai sistemiinformativi, sin dagli anni sessanta del secolo scorso. Oggi è molto difficile trovare aziende anche molto piccole chenon utilizzano una soluzione informatica per la contabilità. Di fatto, oggi, qualsiasi persona in azienda (ed anche incasa) è in grado, con un minimo di addestramento, di gestire la contabilità generale. Verrebbe quindi spontaneo direche lo strumento principale della contabilità generale è il computer. Ma dietro il computer esiste una metodologiaconsolidata fatta di terminologia, strumenti e procedure che vale la pena illustrare.

Terminologia di baseL'unità elementare di registrazione è la singola imputazione, composta da: voce contabile di riferimento, descrizionedel fatto, importo, segno o collocazione in dare o avere.L'insieme minimo di registrazione è la prima nota, costituita da almeno due imputazioni, una in dare e una in avere.Quando le imputazioni sono più di due il totale dare e avere è sempre uguale; si dice che la prima nota è quadrata.La prima nota è identificata da un numero progressivo (protocollo) e una data di registrazione.Può coesistere anche una data di competenza, per casi particolari.Numero e data prima nota entrano nella chiave di identificazione delle singole imputazioni in essa contenute, insiemealla voce di conto e, spesso il numero di riga. Il termine riga di prima nota è universalmente condiviso per indicarela singola imputazione così completata.Oggi la gran parte delle prime note è automatica, in quanto generata da sottosistemi informativi o modulispecializzati (esempio: fatturazione) che "scaricano" in contabilità le movimentazioni di propria competenza.

Contabilità 15

Strumenti e documenti tipiciGli strumenti tipici, anche sotto forma di documenti formali, sono:

• Piano dei conti. È il "dizionario di riferimento" di tutte le voci trattate in contabilità generale. Le voci sonoorganizzate in strutture gerarchiche di tre livelli o più. Le denominazioni più comuni di tali livelli sonomastro/conto/sottoconto o gruppo/conto/sottoconto.

L'impostazione del piano dei conti è teoricamente libera, ma in pratica si tende a seguire lo schema di bilancio (vedisotto), soprattutto per semplificare le operazioni di trasferimento dei valori da mastro a bilancio. Prima della IVdirettiva CEE lo schema del piano dei conti seguiva, per ciascun settore, la "pratica comune".

• Primanota. Documento base di prima trascrizione dei movimenti, oggi divenuto quasi virtuale, tuttaviaindispensabile per identificare e raggruppare le registrazioni elementari. Infatti il numero e la data diprimanota, insieme alla voce di conto, sono le chiavi di identificazione univoca di ogni singola registrazioneelementare in dare o avere.

• Giornale. Riporta le registrazioni in ordine cronologico. Per ogni registrazione elementare (una riga di primanota) comprende almeno: data, voce del piano dei conti, descrizione del movimento, importo in dare o avere. Èun documento obbligatorio, ma di scarsa importanza gestionale. Il documento cartaceo è costituito da una seriedi fogli numerati e bollati. Da qui il termine di uso comune di giornale bollato.

• Libri IVA. Come il giornale, riportano in ordine cronologico tutte le registrazioni che si riferiscono ad unconto/sottoconto IVA. Sono documenti obbligatori, corredati da un Riepilogo a cadenza trimestrale chepresenta la situazione creditoria o debitoria dell'azienda.

• Mastro. È organizzato con la stessa struttura del piano dei conti. Per ogni voce riporta tutte le registrazionirelative, in due colonne distinte (dare e avere) con il saldo finale al momento della sua elaborazione. Per classiparticolari di conti (ad esempio clienti e fornitori) si usa anche il termine partitario.

• Bilancio. Riassume il resoconto economico e patrimoniale dell'azienda. È organizzato in 5 sezioni: StatoPatrimoniale - Attivo, Stato Patrimoniale - Passivo, Conti d'Ordine, Conto Economico, Dati Integrativi.

Le voci di bilancio sono organizzate in una struttura gerarchica a più livelli (non impossibile raggiungere l'ottavo).Lo schema di base di questa struttura è dettato dal Codice Civile che ha recepito la IV Direttiva CEE. È per taleragione che viene abitualmente denominato Bilancio CEE.

Le procedure tipiche della contabilità generale• Rilevazione / registrazione. I dati in entrata sono contenuti in una o più primenote di contabilità, registrate

manualmente o provenienti da interfacce automatiche di altri moduli del sistema informativo. Ciascuna riga diprimanota viene "scritta" sul giornale, in sequenza cronologica, e sul mastro, sotto la voce di conto interessata.

Se si tratta di una riga IVA, viene anche "scritta" sul libro IVA interessato.• Estratto conto. È la visualizzazione (e stampa, se necessario) delle registrazioni contenute in una specifica

voce del mastro, in genere un sottoconto, per un determinato periodo (dal... al...). È corredato dai saldi in daree avere di inizio e fine periodo. Nota storica: in passato era consuetudine produrre gli estratti conto mensili, o apartire dall'inizio del mese; tale limitazione era dovuta alla comune pratica di chiusura mese (vedi sotto). Oggitale limitazione non esiste più (o non dovrebbe); il mese è comunque espresso come periodo tra due date.

• Chiusura mese. Oggi questa procedura ha significato solo come obbligo civilistico. È infatti obbligatorioprodurre e mantenere disponibile per qualsiasi richiesta degli organi di controllo (tipicamente la Guardia diFinanza) la documentazione di tutti i movimenti fatti, con cadenza mensile obbligata. In passato, quando lacontabilità era manuale, ma anche per molti anni dopo l'introduzione dei mezzi informatici, era praticacomune, appena concluse le registrazioni mensili, scrivere o stampare il giornale bollato del mese e chiudere iconti di mastro (saldi in dare e avere). Per molti anni (e ci sono dei casi anche attuali), nei sistemi di contabilitàera presente l'archivio dei saldi, che veniva aggiornato proprio con la procedura di chiusura mese.

Contabilità 16

• Chiusura anno o chiusura di bilancio o chiusura di esercizio. Quale che sia il termine utilizzato consiste nellapreparazione e redazione del bilancio di esercizio, che avviene alcuni mesi dopo la data a cui si riferisce, entrolimiti posti dal Codice Civile. Il periodo tipico per le operazioni di chiusura comincia dopo il primo trimestresuccessivo. Ciò è dovuto, in sintesi, al dover attendere la certezza di chiusura di specifiche partite contabili,una delle quali è, ad esempio, l'IVA, ma riguarda anche aspetti finanziari come calcolo di interessi e oneri, edancora i rapporti con clienti e fornitori.

Contabilità industrialeLa contabilità industriale si sviluppa intorno agli anni settanta, sotto la spinta delle sempre maggiori necessità diavere informazioni dettagliate sui costi. Infatti i mercati si allargavano, la concorrenza cresceva, le grandi industrie,nate spesso in regime di monopolio, non potevano produrre e basta, dovevano produrre a costo più basso, e (neglianni successivi), anche con migliore qualità intrinseca.• Il primo passo è stato la contabilità analitica.La contabilità generale registra operazioni che intercorrono tra azienda ed esterno; non mantiene alcuna traccia dellafine che fanno, ad esempio materie prime, beni, servizi acquistati. La classica rilevazione di fatti di questo tipo(fattura fornitore o fattura passiva) prevede: una riga fornitore, una riga IVA, una riga materiali, o beni, o servizi.Non è sua competenza sapere a chi sono andati quei materiali, o beni o servizi, né come sono stati utilizzati.Qui entra in gioco la contabilità analitica la cui funzione primaria è quella di dettagliare maggiormente quantoregistrato con la contabilità generale, con l'indicazione della destinazione, in caso di acquisti o la provenienza, incaso di vendite.Rilevare costi e ricavi secondo destinazione e provenienza rappresenta la fondamentale differenza (ma è più giustodire integrazione) con la contabilità generale, che rileva invece solo per natura. Oggi la tecnica di rilevazioneanalitica è ampiamente consolidata e strettamente interconnessa con la contabilità generale, anche a livello di sistemainformativo.• Ma in questo passo avanti nella gestione aziendale manca ancora un tassello fondamentale, la tempestività.Conoscere in dettaglio i costi da addebitare ad una unità produttiva, o macchina, o centro di lavoro, è utile, per ilfuturo, ad esempio per il prossimo budget, ma non serve alla gestione quotidiana, se tali informazioni non sonosufficientemente fresche.Il problema della contabilità analitica, diretta emanazione della generale, è che non fornisce alcuna informazionefinché il fatto non è accertato.In altri termini: per la gestione interna sono più utili dati approssimati e tempestivi piuttosto che dati esatti avuti conritardo. Il ritardo può impedire di correggere in tempo una situazione interna non favorevole provocando seri danniall'azienda nel suo complesso.Qui entra in gioco la contabilità industriale, che, pur acquisendo tutta la massa possibile di informazioni dallacontabilità analitica e generale, ne crea e gestisce di proprie, approssimate, ma tempestive, quindi effettivamente utilialla gestione interna.

Terminologia di base• Centro di responsabilità, centro di costo, centro di ricavo. È l'unità aziendale elementare.

Può essere un reparto o parte di questo, un gruppo operativo costituito da macchine e uomini, una qualsiasi unitàoperativa definita con lo scopo di attribuire i costi. Può, ma non necessariamente, essere una delle unità inseritenell'organigramma aziendale. Serve per facilitare la rilevazione e il controllo dei costi di lavorazione e la ripartizionetecnica dei costi indiretti. Si classificano in principali o produttivi, ausiliari, comuni, o generali, in funzione dellaloro appartenenza diretta o indiretta ai processi produttivi. L'insieme dei centri di responsabilità forma il Piano dei

Contabilità 17

centri di responsabilità.• Voce di spesa. Definizione univoca aziendale di una tipologia di costo indiretto.

Esempi: manodopera, energia, materiali di consumo, cancelleria, ecc. Così come in contabilità generale i valori sonoattribuiti ad una voce di conto, in contabilità industriale sono attribuiti ad una voce di spesa. È l'unità elementare delPiano delle Voci di Spesa.

• costo diretto. Spesa sostenuta specificatamente ed esclusivamente per un determinato prodotto o repartoproduttivo.

• costo indiretto. Spesa sostenuta per più prodotti o reparti produttivi, o intera azienda, che possono essereriferiti al singolo prodotto solo in via indiretta, mediante le cosiddette ripartizioni. La distinzione tra diretto edindiretto varia a seconda dell'organizzazione tecnica della produzione e secondo l'oggetto del costo. Una parteimportante della contabilità industriale è incentrata sullo sforzo di trasformare i costi indiretti in costi diretti.

• Costo standard. Costo teorico tipico riferito ad una specifica realtà aziendale, con determinate caratteristichefunzionali, per un periodo di tempo stabilito. Lo standard si riferisce in particolare a materiali, manodopera espese generali. Scopo dello standard è fornire un costo laddove tale costo non è determinabile con dati certi.Esempio: il costo di manodopera in un determinato mese, sarà noto almeno il mese successivo, e potrebbevariare, con effetto retroattivo, anche dopo molti mesi a causa di conguagli, rinnovi di contratto, ecc. Da quil'esigenza di utilizzare valori probabili, determinati con analisi anche complesse della storia di queldeterminato costo, integrate da previsioni sul territorio, sul mercato, sui movimenti socio-economici,previdenziali, assistenziali, ecc. Lo standard è anche un tipico valore per i sistemi di preparazione e gestionedel budget.

Strumenti tipici•• Piano dei centri di costo•• Piano delle voci di costo•• Piano delle commesse•• Piano dei processi

Tecniche di gestione•• Job Order Costing•• Process Costing•• Operation costing•• Activity Based Costing

Prima notaLa prima nota è un registro non obbligatorio usato in contabilità per registrare tutti i movimenti finanziari diun'attività e per la redazione del libro giornale.

Bibliografia• Fabio Corno, Santino Furlan, Gianluca Lombardi Stocchetti. Le rilevazioni contabili. Milano, Edizioni Angelo

Guerini e Associati SpA, 2000. ISBN 88-8335-161-4• Santino Furlan. La moderna contabilità industriale. Milano, Franco Angeli, 2001. ISBN 88-204-8546-X• Charles T. Horngren, George Foster, Srikant M. Datar. Contabilità per la Direzione. Torino, ISEDI, 1998. ISBN

88-8008-052-0

Contabilità 18

Voci correlate•• Libro contabile•• Libro giornale•• Contabilità pubblica•• Contabilità nazionale•• Contabilità analitico-gestionale•• Contabilità penitenziaria•• Contabilità a ricalco

Altri progetti• Wikizionario contiene il lemma di dizionario «contabilità»

• Commons [1] contiene immagini o altri file su contabilità [2]

Collegamenti esterni• Contabilità [3] in Tesauro del Nuovo Soggettario [2], BNCF, marzo 2013.

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Note[1] http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Pagina_principale?uselang=it[2] http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:Accounting?uselang=it[3] http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ termine. php?id=6939

Economia aziendaleL'economia aziendale è quella branca dell'economia che studia sia con approccio qualitativo che quantitativo, tuttele tecniche, i processi di produzione e consumazione delle imprese/aziende e l'aspetto scientifico legato alla gestioneaziendale durante le sue diverse fasi.

StoriaSi ha notizia dei primi contabili in tempi antichi: in Egitto c'era lo scriba, in Grecia il logista e a Roma il rationale.La teoria, poi, aveva padri illustri: Socrate, Platone e Aristotele. Nel Medioevo si ha una prima formalizzazione(soprattutto in termini matematici) della ragioneria, principalmente tramite Leonardo Fibonacci e Fra' Luca Pacioli.Fibonacci nel 1202 scrive i Liber Abaci, in cui presenta i calcoli da utilizzare nelle trattative commerciali; tra l'altropropone l'uso dei numeri arabi in luogo di quelli romani. Pacioli nel 1494 pubblica il Tractatus de computis etscripturis, in cui viene presentato per la prima volta il concetto di partita doppia (e quindi: dare e avere, bilancio,inventario) che poi si diffuse per tutta l'Europa col nome di metodo veneziano, perché usato dai mercanti di Venezia.Nell'Ottocento avviene l'introduzione del concetto di scienza economica (ad opera di Francesco Villa), ma conl'avvento dell'Unità d'Italia l'evoluzione della disciplina subisce un brusco arresto e prendono piede le teoriedell'allora Ragioniere Generale dello Stato (Giuseppe Cerboni). Secondo Villa l'amministrazione aziendale è unascienza (di base economica) che studia la gestione e l'organizzazione aziendale, oltre ad incorporare la ragioneria.Cerboni fonda la logismografia basata sulla teoria dei conti aperti alle persone. Tutto è riconducibile ai conti accesi:•• al proprietario;•• alle persone che prendono in consegna i valori (consegnatari);•• ai clienti (corrispondenti).

Economia aziendale 19

L'economia aziendale nasce per studiare l'ordine economico degli istituti.Tra le grandi invenzioni del Novecento se ne annoverano due in ambito economico: il sistema patrimoniale e lafondazione dell'economia aziendale come scienza economica, corrispondenti a due personaggi di spicco: Fabio Bestae Gino Zappa. Dagli studi condotti sull'amministrazione, Besta deduce che essa non può essere una scienza, perchéla gestione aziendale coinvolge fattori troppo eterogenei; trova invece nel controllo economico leggi valide per tuttele aziende, a partire dalle quali ridefinisce la ragioneria come scienza del controllo economico. Gli studi sullaragioneria lo portano a inventare il sistema patrimoniale (in auge in Italia fino agli anni trenta), caratterizzato daltracciamento di attivo, passivo e delle loro variazioni rilevate in appositi conti.Nel 1926 Zappa pronuncia il discorso Tendenze nuove negli studi di Ragioneria, in cui presenta il suo pensiero. Glielementi fondamentali del suo discorso sono:•• l'azienda intesa come l'istituto economico che svolge operazioni tese a produrre (e consumare) ricchezza•• l'economia aziendale, la scienza che studia le operazioni economiche per individuare le leggi e i principi che

regolano il raggiungimento degli scopi aziendali. È formata da tre dottrine: organizzazione, gestione e ragioneria• il concetto di reddito, non più come differenza tra il capitale a inizio e fine periodo ma come correlazione tra

ricavi e costi dell'esercizio economico• il sistema del reddito, determinato usando la partita doppia e prendendo in esame solo gli scambi monetari fra

l'impresa e i terzi.

TematicheNell’indagare il funzionamento di un’azienda dal punto di vista economico si opera di solito una distinzione trashareholders e stakeholders, ovvero tra coloro che detengono una quota della proprietà dell’impresa e coloro cheinvece pur non partecipando alla proprietà dell’impresa ne sono comunque interessati e influenzati dalla gestione, ades: dipendenti, banche che abbiano concesso del credito, fornitori di materia prima o beni strumentali e clienti.L’economia aziendale studia il sistema impresa dal punto di vista economico ma anche dal punto di vista dellestrutture giuridiche (ad es. società di persone e società di capitali) e della corporate governance, ovvero deimeccanismi che regolano l'accesso dell'azienda al mercato finanziario per l'approvvigionamento di denaro.Nell’ambito della ragioneria si opera una distinzione tra contabilità esterna (bilancio) e contabilità interna (costing).Il bilancio (art. 2423 cc) è suddiviso in: Stato Patrimoniale, Conto Economico, nota integrativa. Un altro documentosignificativamente importante e usualmente corredato al bilancio è la relazione sulla gestione (art. 2428 cc). Ilbilancio viene redatto secondo il principio della partita doppia, il quale trova la propria giustificazione teorica nelconcetto di proprietà privata. Da un bilancio si possono eventualmente estrarre anche degli indicatori di bilancio,quali ad esempio ROI, ROE, EVA e leva finanziaria. Nell' ambito della contabilità interna ( o analitica) si studianoinvece tecniche usate per allocare i costi sostenuti da un’azienda nei diversi prodotti (product costing, processcosting, job order costing ed activity based costing).Le decisioni aziendali sono invece distinguibili in decisioni strategiche e decisioni tattiche. Per decisioni strategichesi intendono gli investimenti, ovvero quelle decisioni che prevedono esborsi di capitale finanziario per l’acquisizionedi capitale fisso e capitale circolante. In questo ambito esistono diverse tecniche sviluppate per eseguire un’analisi diinvestimento: una prima famiglia di tecniche discounted cash flow tra cui calcolo di NPV e IRR, e poi una serie ditecniche non discounted cash flow che si basano sul calcolo di indicatori come il tempo di payback e il ROI. I criteridi natura discounted cash flow trovano la propria giustificazione teorica nel concetto di valore d’impresa(shareholder value). Per quanto riguardano le decisioni tattiche si può procedere al breakeven point.Esistono poi i cosiddetti sistemi di programmazione e controllo, che sono costituiti sostanzialmente da quattro fasi:pianificazione strategica (budgeting), misura dei risultati economici, analisi degli scostamenti ed introduzione diazioni correttive.Nell’ambito dell’organizzazione aziendale si studiano la microstruttura e la macrostruttura. Per microstruttura si intende l’attribuzione dei ruoli, compiti e meccanismi di coordinamento a diversi soggetti aziendali, mentre per

Economia aziendale 20

macrostruttura si intende l’insieme di relazioni che legano le diverse unità organizzative tra di loro. In questo ambitosi possono citare forme classiche di macrostruttura tali come la struttura funzionale, struttura divisionale e la strutturaa matrice.

Bibliografia•• Antonio Amaduzzi, Percorsi di ricerca tra Storia della Ragioneria, aziende e contabilità, dottrine e professioni,

Giuffrè, Milano 2004•• Coronella Stefano, Compendio di storia della ragioneria, Rirea, Roma, 2010.•• Coronella Stefano, Agli albori delle ricerche di storia della ragioneria in Italia. Il contributo degli studiosi del XIX

secolo,Quaderno Monografico Rirea n. 75, Rirea, Roma, 2009.• Coronella Stefano “La ragioneria in Italia nella seconda metà del XIX secolo. Profili teorici e proposte

applicative, Giuffrè,Milano, 2007.• Ferraris Franceschi Rossella, Il percorso scientifico dell’Economia aziendale. Saggi di analisi storica e dottrinale,

Giappichelli, Torino, 1994•• Giannessi Egidio, I precursori in Economia aziendale, Giuffrè, Milano, 1980•• Pezzoli, Profili di Storia della Ragioneria, Cedam, Padova, 1986•• Azzone e Bertelè, L' impresa: sistemi di governo, valutazione e controllo, 2007• Siboni Benedetta, Introduzione allo studio della ragioneria. Attraverso il pensiero e le opere dei suoi maestri [1],

FrancoAngeli, Milano,2006, ISBN 88-464-7325-6

Voci correlate•• Direzione aziendale•• Pianificazione aziendale•• Organizzazione aziendale•• Controllo (economia aziendale)•• Controllo di gestione•• Contabilità analitico-gestionale•• Costo pieno•• Cost control•• Marketing•• Project management•• Gestione, amministrazione, esercizio

Economia aziendale 21

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Collegamenti esterni• "Economia Aziendale on line" [3] (citazioni degli studiosi dell'economia aziendale)• Economia aziendale [4] in Tesauro del Nuovo Soggettario [2], BNCF, marzo 2013.

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Note[1] http:/ / books. google. it/ books?id=Essokkw5GAQC& source=gbs_navlinks_s[2] http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:Business?uselang=it[3] http:/ / www. ea2000. it/[4] http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ termine. php?id=33228

Contabilità analitico-gestionaleLa contabilità analitico-gestionale consente di attuare il controllo della gestione nell’aspetto economico, attraversola misurazione, la rilevazione, la destinazione e l’analisi dei costi e dei ricavi. La contabilità gestionale, detta ancheimpropriamente contabilità industriale in quanto questo tipo di contabilità era impiegata solo nelle impreseindustriali, ha per oggetto l’analisi dei fatti interni di gestione.È parte del "sistema informativo direzionale", che rappresenta l’insieme dei processi delle tecniche e degli strumenticon cui si raccolgono, rappresentano e analizzano i dati al fine di elaborare e supportare le decisioni degli organidirezionali. Per tali decisioni è importante attribuire a ogni prodotto i relativi costi e a tal fine ci sono due metodi: ildirect costing e il full costing. Nel full costing i costi comuni possono essere ripartiti col metodo su base unicaaziendale, su base multipla aziendale e con l'activity based costing.Inoltre gli scopi della COA, in sintesi sono i seguenti:1.1. consentire la programmazione e il controllo della gestione;2.2. studiare il comportamento dei costi;3.3. costituire il supporto informativo necessario per le decisioni aziendali nei problemi di scelta.

Definizione di analiticaCatalogare, classificare e - alla fine - standardizzare stanno alla base della contabilità analitica. I numeri e le lororelazioni sono il contorno di tutto l'ambito di utilizzo. Su queste basi, analiticamente catalogando, classificando,standardizzando e leggendo le relazioni tra i numeri il controller (la persona che in azienda si occupa anche di questotipo di lavoro) applica principi statistici per generare analisi che rispondono ai quesiti che un'organizzazione hanecessità e volontà di chiedersi:1.1. Quanti clienti abbiamo?2.2. Quanto margine generiamo per cliente?3.3. Quanti pezzi produciamo per ora? E per giorno?4.4. Quante ore vendiamo ai nostri clienti?E la lista si può incrementare a dismisura.

Contabilità analitico-gestionale 22

La contabilità analitica (che comprende ad esempio la contabilità di magazzino, la contabilità delle paghe, lacontabilità per centro di costo o per commessa) permette di descrivere l'azienda come un complesso sistemamatematico. In altri termini, significa descrivere come funziona l'azienda nei particolari e nelle sue interazioninumeriche: il modello matematico è la base per la descrizione dei fenomeni aziendali (incremento, decremento ostabilità di un determinato variabile), per fare in modo che l'azienda "documentale" corrisponda all'azienda fisica.Tutti i documenti che sono generati e sono contabilizzati da un'azienda (ad esempio i Documenti di Trasporto, lefatture attive, le fatture passive, gli estratti conti bancari), sono registrati (o annotati) dalla contabilità generale.Aggiungendo delle informazioni statistiche (è da considerare anche il tempo come una variabile statistica) a talidocumenti si ottengono le informazioni analitiche che permettono di generare le scritture di contabilità analitica.Quindi, a mero titolo di esempio, dalle fatture passive di un fornitore di beni comune ai vari reparti di un'azienda,con le informazioni di contabilità analitica si è in grado di attribuire il costo di tali beni esattamente alla attività, alreparto, all'ufficio che ha ordinato la spesa. La contabilità generale non è in grado di fornire queste informazioni inmaniera economicamente compatibile.Le funzioni della Contabilità gestionale sono: supporto informativo nei giudizi di convenienza; strumento dimisurazione dell'efficienza aziendale; strumento di programmazione e controllo di gestione; fonte di valori per lescritture di fine esercizio in contabilità generale.SUPPORTO INFORMATIVO NEI GIUDIZI DI CONVENIENZA Per l'azienda la convenienza si verifica quando imargini di profitto sono elevati. L'impresa potrebbe aumentare tali margini intervenendo sui prezzi di vendita, ma ciòpresuppone che i prezzi non siano vincolati dal mercato. Tale ipotesi è però poco frequente e per lo più limitata allaproduzione su commessa, per la quale la flessibilità dei prezzi è maggiore anche se non totale. Abituale è invece lacondizione di aumentare il profitto riducendo i costi:

Voci correlate•• Contabilità•• Controllo di gestione•• Activity Based Costing•• Costo standard

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Controllo (economia aziendale) 23

Controllo (economia aziendale)Il controllo, in economia aziendale indica l'attività tesa al vaglio dell'attività aziendale indirizzandola versodeterminati obiettivi generalmente prefissati in fase di pianificazione aziendale. Esso ha quindi lo scopo di favorirel'autoregolazione del sistema aziendale in modo da consentirgli, attraverso modifiche ed aggiustamenti, di conseguiregli obiettivi prefissati.

TipologiaIl controllo può essere inteso in due accezioni:• tradizionale, come insieme attività di misurazione, valutazione e correzione delle prestazioni realizzate dai

manager, al fine di favorire il loro adeguamento agli obiettivi e piani aziendali;• allargato, come insieme di attività volte ad influenzare i comportamenti di singole persone o gruppi di persone in

modo da favorire il raggiungimento degli obiettivi aziendali.

ArticolazioneIl controllo si articola su tre livelli:•• operativo;•• direzionale;•• strategico.

Controllo operativoIl controllo operativo riguarda i compiti individuali ed ha lo scopo di garantire che tali attività siano svolte con lanecessaria efficacia ed efficienza. Può essere realizzato mediante:• la definizione di rigorose procedure, che consentono di valutare il grado di efficienza realizzato dai vari operatori

nello svolgimento della loro attività, verificando se esse sono osservate;• la supervisione preventiva, che rappresenta una forma di controllo ex ante realizzato mediante la definizione di

meccanismi di autorizzazione e di verifica da rispettare prima dello svolgimento di particolari attività;• la responsabilizzazione delle azioni, che consiste nell'attribuire al personale la piena responsabilità nello

svolgimento di determinati compiti;• le limitazioni del comportamento individuale, che si estrinsecano in restrizioni e vincoli posti all'attività dei

singoli, volti ad evitare che essi possano compiere azioni dannose all'azienda.

Controllo direzionaleIl controllo direzionale o controllo di gestione è il processo mediante il quale i manager si assicurano che le risorsesiano ottenute ed usate efficacemente ed efficientemente per il raggiungimento degli obiettivi dell'organizzazione.Esso si estrinseca attraverso la definizione di standard di prestazione che i vari centri di responsabilità devonorealizzare e nella verifica del raggiungimento degli stessi. Il centro di responsabilità è un'unità organizzativa guidatada un manager che ha l'autorità di governare le risorse che gli sono affidate e che è ritenuto responsabile delraggiungimento di un obiettivo definito.Il controllo direzionale può essere esercitato:•• sui comportamenti in modo diretto mediante

•• l'uso di procedure burocratiche, che impongono ai manager comportamenti ritenuti adeguati alla realtà dagestire mediante una serie di regole e procedure decisionali da applicare sotto la diretta supervisione di unagerarchia di autorità legittimata dalla sua collocazione all'interno della struttura organizzativa;

Controllo (economia aziendale) 24

•• meccanismi culturali, attraverso idonee politiche di selezione e di formazione del personale e attraverso unaserie di attività (incontri, seminari, etc) che rappresentano il mezzo attraverso cui la cultura dominante sidiffonde all'interno dell'azienda;

•• sui risultati, volto a giudicare il grado di adeguatezza del comportamento dei manager in relazione al grado diraggiungimento degli obiettivi loro attribuiti.

Controllo strategicoIl controllo strategico è finalizzato a verificare l’efficacia di attuazione delle strategie aziendali adottate ai vari livellied a fornire informazioni necessarie al loro rafforzamento o alla loro modificazione. Si realizza attraverso ilconfronto tra gli obiettivi e le strategie definite nei piani e gli andamenti delle variabili interne ed esterne rilevantiper il loro raggiungimento. L’attività di controllo strategico non si limita a valutare i risultati conseguiti nel breveperiodo, ma tende a sorvegliare l'andamento complessivo dei fattori interni ed esterni da cui dipende l'economicitàaziendale.

Voci correlate•• Direzione aziendale•• Pianificazione aziendale•• Organizzazione aziendale•• Controllo di gestione•• Contabilità analitico-gestionale•• Costo pieno•• Cost control•• Marketing•• Project management•• Gestione, amministrazione, esercizio

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Pianificazione aziendale 25

Pianificazione aziendaleLa pianificazione aziendale può essere definita come il sistema operativo attraverso il quale l'azienda definisce isuoi obiettivi, previa analisi della realizzabilità e dei conseguenti vantaggi, e le azioni atte a conseguirli. Gli obiettivi,a loro volta, possono essere definiti come risultati futuri, misurabili, che si prevede di conseguire entro undeterminato tempo (il loro orizzonte temporale).In termini generali la pianificazione è il processo con il quale, dato un sistema sociale, si stabilisce uno stato futurodello stesso ritenuto desiderabile (obiettivo), si individuano le azioni per conseguirlo (piano d’azione) e le risorse permettere in atto queste azioni. Il prodotto della pianificazione prende il nome di piano. La pianificazione puòinteressare sistemi sociali di differenti dimensioni: da un intero sistema economico (pianificazione macroeconomica)o sociale ad una singola azienda (pianificazione aziendale).

Pianificazione e controlloIl sistema di pianificazione aziendale è normalmente connesso al sistema di controllo di gestione, il quale ha loscopo di guidare la gestione aziendale verso il conseguimento degli obiettivi pianificati, evidenziando gli scostamentitra questi ultimi e i risultati della gestione e mettendo così in grado i responsabili di decidere e attuare le opportuneazioni correttive. Tale stretta integrazione fa sì che normalmente, sia a livello teorico che pratico, si parli di “sistemadi pianificazione e controllo”.

Pianificazione strategica, tattica e operativaLa pianificazione può essere scomposta in fasi concatenate, caratterizzate da un orizzonte temporale via via piùristretto degli obiettivi e, correlativamente, da un maggior grado di dettaglio dei medesimi. Si parla così di:• pianificazione strategica, che traduce i fini aziendali (la mission) in obiettivi strategici, aventi un orizzonte

temporale di lungo termine, pluriennale;• pianificazione tattica, che traduce gli obiettivi strategici in obiettivi tattici, aventi un orizzonte temporale di medio

termine (indicativamente da uno a 3-5 anni);• pianificazione operativa, che traduce gli obiettivi tattici in obiettivi operativi (o gestionali) aventi un orizzonte

temporale di breve termine (indicativamente non superiore all’anno).Correlativamente si parla di piani strategici, tattici e operativi. Si usano anche i termini programmazione eprogramma quali sinonimo di pianificazione e piano in generale o, più frequentemente, di pianificazione operativa epiano operativo.Va detto che la suddetta scomposizione in fasi è puramente teorica e nella prassi delle singole aziende puòpresentarsi con un’articolazione maggiore (evenienza rara) o minore (ad esempio fondendo la fase strategica e quellatattica, come avviene frequentemente). D’altra parte, sempre nella prassi aziendale, la fase di pianificazione operativaè normalmente indistinguibile da quella di budgeting, attività quest’ultima che rappresenta il momento iniziale delcontrollo di gestione.

Pianificazione aziendale 26

Processo di pianificazioneLa pianificazione è qualcosa di più della semplice previsione, volta a formulare ipotesi sulla probabile evoluzionefutura dei fenomeni che interessano l'azienda, in assenza di interventi da parte della stessa. Infatti, pur partendo daqueste ipotesi, la pianificazione implica la volontà di controllare l'evoluzione dei fenomeni e comporta, quindi,l'assunzione di decisioni su:• gli obiettivi che si vogliono conseguire nell'orizzonte temporale considerato, obiettivi che devono essere SMART,

acronimo di specific (specifico, non generico), measurable (misurabile), achievable (raggiungibile), realistic(realistico) e time-bound (da raggiungere in un tempo definito);

•• le attività necessarie per conseguire gli obiettivi e le risorse (umane, materiali, finanziarie ecc.) impiegate persvolgerle;

•• i tempi, le modalità e l'organizzazione per acquisire (se non già disponibili) ed impiegare le risorse.Queste decisioni sono formalizzate con la redazione di piani relativi alle singole aree (ad esempio, funzionali) nellequali si articola l'azienda, che sono poi integrati in un unico piano aziendale, sottoposto all'approvazione dell'organocompetente. Per l'assunzione delle decisioni possono essere usate metodologie specifiche: ne sono esempi l'analisiSWOT, usata per la pianificazione strategica, e le metodologie di valutazione dell'investimento, usate per le decisionidi investimento.Il processo di pianificazione (planning) non si esaurisce con l'approvazione dei piani: l'andamento della loroattuazione va, infatti, verificato nel tempo, giungendo anche alla revisione o all'aggiornamento degli stessi in caso dieventi rilevanti, quali forti scostamenti non recuperabili, mutamento delle condizioni al contorno, variazioni distrategia ecc. Per i piani a breve termine può essere formalizzata anche un'attività di verifica ed aggiornamentoperiodica, ad esempio trimestrale.In certi casi, sempre più frequenti nella realtà attuale, il raggiungimento dello stato futuro, che costituisce obiettivodella pianificazione, comporta una transizione organizzativa o di business, legata a scenari di cambiamentosignificativi; in casi come questi si parla di change management, riferendosi con tale termine agli strumenti ed aiprocessi utilizzati per realizzare e supportare la transizione.

Voci correlate•• Change management•• Corporate governance•• Controllo di gestione•• Direzione aziendale•• Economia aziendale•• Management•• Organizzazione aziendale•• Valutazione del personale•• Sistema incentivante•• Planologia

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Business plan 27

Business planIl business plan è un documento, strutturato secondo uno schema preciso, che sintetizza i contenuti e lecaratteristiche del progetto imprenditoriale (business idea). Viene utilizzato sia per la pianificazione e gestioneaziendale che per la comunicazione esterna, in particolare verso potenziali finanziatori o investitori.

Aspetti generaliLa nascita di una nuova attività imprenditoriale (e di qualsiasi progetto aziendale) deve essere supportata da unostudio o un'analisi di fattibilità in grado di fornire una serie di dati di natura economico-aziendale, sui quali tracciarelinee guida per la costituzione dell'attività.Per esempio, dato che l'impresa opera in un sistema di vincoli e opportunità, è indispensabile prima di avviarlaconoscere i concorrenti e l'area strategica d'affari cui ci si intende rivolgere.Lo studio di fattibilità si concretizza nella redazione di un documento: il business plan.Esso è uno strumento utile per valutare in modo consapevole i punti di forza e di debolezza del progettoimprenditoriale. Non deve però essere considerato uno strumento assoluto, ma uno strumento dinamico, adattabile aicambiamenti che avvengono all'interno o all'esterno dell'impresa.I business plan possono anche diventare rapidamente obsoleti, ma hanno un altissimo valore se sviluppati e usaticorrettamente. In pratica, ogni business plan è una sorta di vademecum dell'azienda o della business idea, e deveessere verificato costantemente da ogni imprenditore; deve essere modificato ed aggiornato perché è una previsionebasata su dati statistici o stimati, e questi dati sono talvolta difficili da reperire.

ContenutoUn business plan da presentare a una finanziaria deve contenere soprattutto:•• Descrizione sommaria del progetto d'investimento ed illustrazione del tipo di impresa che si intende creare.•• Presentazione dell'imprenditore e del management (esperienze pregresse e ruoli nella nuova iniziativa).•• Analisi di mercato, Indicazioni sul mercato, sulle caratteristiche della concorrenza e su fattori critici (punti di

forza e punti di debolezza rispetto al mercato). Obiettivi di vendita ed organizzazione commerciale.• Un piano di marketing, una matrice strategica di posizionamento, un'analisi su redemption della campagna

pubblicitaria: anche il miglior prodotto del mondo potrebbe fallire se non se ne comunica l'esistenza.• Descrizione della fattibilità tecnica del progetto relativamente al processo produttivo, alla necessità di

investimenti in impianti, alla disponibilità di manodopera e di servizi quali trasporti, energie, telecomunicazioni,ecc…

•• Piano di fattibilità economico - finanziaria quinquennale o triennale a seconda di quanto si vuole approfondirel'analisi; indicazione del fabbisogno finanziario complessivo (per investimenti tecnici, immateriali e per capitalecircolante) e delle relative coperture.

•• Informazioni sulla redditività attesa dell'investimento e sui fattori di rischio che possono influenzarlanegativamente, partendo da ipotesi realistiche e prudenziali.

•• Indicazione degli investitori coinvolti e la proposta di partecipazione richiesta alla Finanziaria.•• Sintetica valutazione dell'impatto ambientale del progetto.•• Piano temporale di sviluppo delle attività.

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StrutturaIl business plan si compone di due parti o macro-aree di lavoro: la parte iniziale, descrittiva, e quella successiva, checontiene i dati economico-finanziari.La parte descrittiva è indispensabile per introdurre il lettore all'esposizione dei dati che avverrà nella seconda partedel piano, oltre alla presentazione dell'impresa o del progetto e alla trasmissione della visione imprenditorialesottostante, si compone di quelle analisi e studi necessari per una corretta comprensione del mercato, dellaconcorrenza, del prodotto/servizio offerto e del piano strategico e operativo.La parte economico-finanziaria copre invece molte aree di analisi di investimento e di bilancio. Il fine è quello difornire uno strumento che consenta di interpretare i dati raccolti nella prima parte del business plan, disponendoli inuna serie di prospetti che guidino il lettore nella valutazione del progetto e che siano al contempo gli strumenti peruna presentazione professionale e accurata dello studio.Il percorso per la realizzazione del business plan è costituito dalle seguenti fasi:

CAP. FASI CONTENUTI FINALITÀ

1 Descrizione delbusiness e delcontesto

Analisi della situazione corrente dell'azienda / progetto,dei prodotti / servizi, del mercato e del settore

Esplicitare e strutturare l'offerta per aree di business allaluce del contesto del mercato e del settore

2 Strategie eposizionamento

Esposizione delle strategie adottate e del posizionamentonel settore.

Condivisione chiara e coerente delle strategie aziendalie valutazione del grado di rischio imprenditoriale

3 Piano Operativo Stesura di una guida su tutte le decisioni in materia dilocalizzazione, produzione e marketing

Tradurre il pensiero strategico e le deliberazioniintraprese in un piano di azione concreto nei tempi e neimodi

4 Struttura emanagement

Valutazione delle risorse umane, della struttura societarieed organizzativa con l'assegnazione dei compiti e deiruoli per il raggiungimento dei risultati prefissati

Comprensione dell'adeguatezza delle risorse disponibilied analisi per assicurarsi la necessaria forza di lavoro edi know-how interna od esterna all'azienda

5 Le risorse difinanziamento

Definizione delle fonti finanziarie che l'imprenditore /manager pensa di attivare per sostenere la crescita o lariorganizzazione della sua attività

Individuazione delle fonti di copertura finanziaria

6 Schemi economico-finanziari

Redazione delle proiezioni inerenti ai risultati economicie finanziari attesi nel periodo di riferimento

Valutazione della redditività attesa e del fabbisogno dicapitale

L'imprenditore e l'ideaLa descrizione del progetto imprenditoriale consiste innanzitutto in una presentazione dell'attività che si vuoleavviare e della motivazione che spinge a farlo. Sarà utile far leva su tali elementi:•• Quali bisogni si vuole soddisfare• Qual è il mercato in cui si vuole operare•• Quali sono le attitudini personali e le capacità professionali che spingono l'aspirante imprenditore ad entrare in

quel determinato settore.•• Eventuali paternità intellettuali (ad esempio brevetti)

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Cosa, dove, come, quando, ma soprattutto perché?

Cosa

In questa sezione del piano d'impresa dovrà essere fornita una dettagliata descrizione di cosa si va ad offrire almercato, cioè le caratteristiche del prodotto o del servizio che si vuole offrire e a quali clienti potenziali si rivolge.

Dove

In questa fase inizia una vera e propria raccolta di informazioni sull'ambiente dove la nuova attività andrà ad operare.Si dovrà quindi fare particolare attenzione al macro-ambiente ed al micro-ambiente. Il macro-ambiente riguarda tuttoquello che l'impresa non può controllare direttamente:•• la pubblica amministrazione•• il clima politico•• il clima sociale•• il clima economico•• il clima culturaleSi pensi per esempio alle nuove mode, alle nuove leggi ecc. cioè elementi che indirettamente possono influenzare lavita di un'impresa.Il micro-ambiente rappresenta in sostanza il campo di battaglia sul quale si cimenterà la nuova impresa. Esso ècomposto da:•• clienti•• concorrenti•• fornitori•• intermediari commerciali

Come

Si dovranno ora prendere decisioni relative all'identità dell'impresa, cioè alla quantità di merce che si vorrà produrre,alla struttura dell'impianto, al livello di redditività del capitale investito. Una volta definiti questi obiettivi bisogneràindicare come si vorrà raggiungerli.

Quando

Una pianificazione temporale del business plan consente di programmare quando immettere sul mercato i prodotti o iservizi (ad esempio non ha senso aprire un'attività turistica a stagione iniziata).

Le previsioni economico finanziarieL'analisi del progetto dovrà essere ora completata con l'analisi delle previsioni economico-finanziarie relative alprogetto imprenditoriale.In questa sezione si va a verificare quanto la business idea sia conveniente, sia cioèsufficientemente remunerativa rispetto alle altre forme di investimento, e se la nuova attività economica abbiasolvibilità patrimoniale, solvibilità finanziaria e redditività economici.•• Solvibilità patrimoniale: descrive le capacità dell'impresa di assicurare l'equilibrio tra gli impieghi del capitale

(investimenti/attività) e le fonti del finanziamento (capitale proprio o di terzi).•• Solvibilità finanziaria: esprime le propensioni dell'azienda a far fronte in maniera tempestiva e in ogni momento

alle proprie obbligazioni finanziare (pagamento di salari e stipendi ai dipendenti, pagamento delle fatture aifornitori, pagamento degli interessi passivi ai finanziatori, rimborso dei finanziamenti, remunerazione degliazionisti, ecc.)

•• Redditività economica: illustra la convenienza economica del progetto, ovvero la capacità dell'impresa di generareil reddito necessario a remunerare gli investimenti effettuati dall'imprenditore in modo più conveniente rispetto ad

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altri tipi di investimento (per esempio l'acquisto di titoli e\o di beni mobili o immobili).Attraverso tale valutazione l'imprenditore deve: definire i capitali necessari per avviare l'impresa (piano degliinvestimenti), individuare le fonti di finanziamento (fonti di copertura), valutare i profitti dei primi anni di vita(conto economico previsionale), valutare la situazione patrimoniale dell'impresa nei suoi primi anni di vita (statopatrimoniale preventivo). Questa parte del business plan è la più importante per chi deve finanziare l'impresa.La previsione dei ricavi avviene tramite ricerche di mercato convalidate, e analizza il "Risk Margin" cioè unapercentuale grazie alla quale ridurre i rischi futuri. Maggiori sono le incertezze del business (innovatività, leggi chepotrebbero cambiare, ecc.) più è auspicabile aumentare il margine di rischio.

Punti critici nella pianificazione

Forma e contenutiAlcune semplici regole di redazione:•• uno stile semplice ed essenziale•• un dosato impiego di diagrammi e tabelle•• rimandare in allegato documenti che descrivono in modo esteso alcuni aspetti (in genere tecnici), sempre che la

loro presenza sia ritenuta fondamentale•• esplicitare sempre le ipotesi su cui si fonda il piano•• coinvolgimento diretto di imprenditore/manager•• contenere informazioni veritiere, accurate ed utili

FocalizzazioneDopo aver tracciato il profilo dell'azienda o dei promotori dell'investimento, si passa a descrivere l'offerta alla basedell'idea di business. Occorre tuttavia associare i prodotti/servizi al target cui gli stessi sono indirizzati. Con ilvantaggio di considerare l'offerta come strumento di soddisfazione di un bisogno di mercato. Oltre a evitare unadefocalizzazione della propria azione imprenditoriale, nel comune errore di considerare la propria offerta valida “pertutte le stagioni”. In altri termini, attrattiva per molti consumatori con caratteristiche e bisogni differenti tra loro.

Aree di interesseIl piano deve essere sviluppato nelle sue parti non solo tenendo conto delle richieste informative del destinatario maanche delle finalità perseguite dalla pianificazione, quali:•• Fattibilità investimento•• Richiesta di finanziamento•• Analisi di mercato•• Valutazione di azienda•• Pianificazione strategica•• Budgeting•• Pianificazione operativa

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CalcoliOccorre, prima di introdurre il lettore ai calcoli, comporre la lista delle principali assunzioni che sono state decise perla proiezione dei risultati economico-finanziari. In realtà, ogni singolo calcolo parte da una ipotesi; il fine tuttavianon è quello di elencare minuziosamente tutte le assunzioni contenute nel piano, ma di evidenziare semplicementequelle principali, che rivestono cioè un impatto significativo nei numeri.

Stima delle venditeÈ possibile redigere dei piani commerciali e di investimento attraverso un approccio strutturato, basato su duevariabili: le tecniche di indagine e i livelli di analisi. La previsione delle vendite è un passaggio infatti estremamentecritico nella redazione di un business plan, dai cui esiti dipende l'intera validità delle previsioni anche di spesa e diinvestimento.

Verifiche di break-even point

Disponendo di tutti i calcoli previsionali relativi all'andamento atteso dell'attività, è possibile determinare in modoesatto il punto di pareggio operativo che l'azienda dovrebbe raggiungere in base alle stime di fatturato e di contoeconomico, ossia il break-even operativo (o anche break-even point delle vendite), che rappresenta il punto diequilibrio tra costi e ricavi totali, espresso in termini di volume di vendita. Il calcolo del punto di pareggio è moltosemplice nel caso di azienda mono-prodotto. Nel caso l'impresa produca più prodotti, situazione tra l'altro ricorrente,il calcolo teorico del punto di pareggio diviene operazione più complessa.

Analisi della sensitivitàL'analisi di sensitività è quella tecnica manageriale che cerca di individuare le variabili critiche alla performancereddituale o finanziaria di un progetto. Lo scopo è quello di costruire più scenari economici assegnando a questevariabili valori di massima e di minima al fine di verificare lo scostamento nella performance imprenditoriale indottada tali cambiamenti. Si indaga così la sensibilità del business al variare di alcune ipotesi di calcolo, e dunque,indirettamente, l'attendibilità (o rischiosità) dei risultati economico-finanziari esposti. Inoltre, è utile chel'individuazione delle variabili critiche anteceda la costruzione di fogli elettronici di calcolo, affinché il managementabbia a disposizione una visione organica di queste ipotesi di base.

Inflazione-tasso di scontoOccorre prestare attenzione a questa variabile esogena all'indagine. L'inflazione, se nelle economie a basso tasso dicrescita dei prezzi è un fattore che può essere non considerato (specificando che i valori espressi sono nominali)anche perché è parzialmente neutralizzato dalla contrapposizione tra entrate e uscite monetarie, nelle economie doveinvece l'inflazione ha valori rilevanti occorre prestare molta attenzione alla sua corretta applicazione nei calcoliprevisionali.

Valutazione del creditoSpesso nei piani gli imprenditori si concentrano sulla performance del conto economico e dei flussi finanziari.Esistono però metodi più strutturati, in grado di fornire un quadro molto più ampio ed esaustivo, dati da modelli cheattraverso un approccio “matematico” volto a creare una serie di indicatori, sono in grado di segnalare l'affidabilitàcreditizia del progetto di investimento.

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Bibliografia• Sahlman, William: How to write a great Business Plan. Harvard Business Review July/August 1997 p.98-108• Singler, Axel: Businessplan. 3. Auflage, 128 S., Haufe-Lexware, München 2010. ISBN 978-3-448-10041-9

Voci correlate•• Startup (economia)•• Imprenditoria•• Invitalia

Collegamenti esterni• Business plan [1] in Open Directory Project, Netscape Communications. ( Segnala [2] su DMoz un collegamento pertinente

all'argomento "Business plan")

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Note[1] http:/ / search. dmoz. org/ cgi-bin/ search?search=Business+ plan& all=yes& cs=UTF-8& cat=World%2FItaliano[2] http:/ / www. dmoz. org/ public/ suggest?cat=1

Organizzazione aziendaleLa locuzione organizzazione aziendale viene utilizzata in economia aziendale con differenti significati. Inparticolare, può designare:• il processo attraverso il quale l'insieme di persone che, con il loro lavoro, partecipano direttamente allo

svolgimento dell'attività dell'azienda viene strutturato secondo i principi di divisione del lavoro e coordinamento,sicché tale insieme acquisisce una struttura e diventa un sistema;

• la funzione aziendale che svolge detto processo;• il risultato di detto processo. In questo senso il termine organizzazione può essere considerato sinonimo di

azienda (il termine "organizzazione" è particolarmente usato nella letteratura aziendalistica di area anglosassone,laddove nella tradizione italiana si preferisce "azienda").

Azienda come sistemaAi fini dello studio della sua organizzazione, l'azienda può essere considerata un sistema socio-tecnico, ossiacostituito da• persone (le risorse umane che costituiscono l’organismo personale dell'azienda);• tecnologie (mezzi strumentali e know how).In funzione delle opportunità fornite dall’ambiente esterno, e tenendo conto dei vincoli dal medesimo posti, l’aziendadefinisce le proprie priorità e i propri obiettivi. Dall’interazione tra risorse umane e tecnologie deriva ilcomportamento aziendale, rivolto al raggiungimento degli obiettivi, che produce dei risultati.Il comportamento aziendale è funzione:• delle variabili ambientali, esterne al sistema organizzativo e relative ad aspetti socio-economici, giuridici e

culturali dell'ambiente in cui esso opera;• delle variabili di contesto, interne al sistema organizzativo. Queste comprendono:

Organizzazione aziendale 33

• le variabili umane, relative alle caratteristiche delle persone che operano nel sistema organizzativo(qualificazione, atteggiamenti, motivazione);

• le variabili sociali, ossia l'insieme delle relazioni interpersonali che si creano all'interno del sistemaorganizzativo;

• le variabili tecniche, relative alle tecnologie impiegate;• le variabili organizzative, ossia le modalità attraverso le quali si realizzano le connessioni tra gli elementi del

sistema organizzativo, definendone specifici attributi (i ruoli organizzativi) indipendentemente dalle personeche li impersonano. Sono normalmente considerate variabili organizzative:•• la struttura organizzativa;•• i sistemi (o meccanismi) operativi;• lo stile di leadership e, più in generale, la cultura organizzativa.

Struttura organizzativaLa struttura organizzativa dell'azienda è caratterizzata:•• dalla divisione del lavoro;• dal grouping;•• dai meccanismi di coordinamento;•• dal decentramento.

Divisione del lavoroLa divisione del lavoro si concretizza:1. nella scomposizione dei processi aziendali in attività elementari e nel raggruppamento di queste ultime in compiti

secondo un qualche criterio logico o tecnico;2. nell'assegnazione dei compiti alle posizioni organizzative, ossia ai ruoli definiti all'interno dell'azienda; i compiti

assegnati ad una posizione costituiscono le sue mansioni;3. nell'assegnazione di una o più persone a ciascuna posizione, creando così gli organi aziendali.Connesso al concetto di divisione del lavoro è quello di specializzazione che, secondo la terminologia introdotta daH. Mintzberg, può essere orizzontale o verticale:• si ha elevata specializzazione orizzontale quando alla posizione sono assegnate poche attività e/o attività tra loro

omogenee (più o meno complesse);• si ha elevata specializzazione verticale quando la posizione ha poca autonomia decisionale, tenendo presente che,

di solito, la complessità delle attività assegnate tende a fare aumentare l’autonomia.Possono così esserci:•• posizioni ad alta specializzazione orizzontale e verticale (lavoro operativo);•• posizioni a bassa specializzazione orizzontale ed alta specializzazione verticale (lavoro di supervisione);•• posizioni ad alta specializzazione orizzontale e bassa specializzazione verticale (lavoro professionale);•• posizioni a bassa specializzazione orizzontale e verticale (lavoro direttivo).Quando viene diminuita la specializzazione orizzontale si parla di allargamento dei compiti (job enlargement): siaccorpano all'interno di un ruolo anche mansioni che stanno a monte o a valle nel processo e che precedentementeerano affidate a soggetti diversi; si opera, dunque, un'aggregazione orizzontale. Quando, invece, viene diminuita laspecializzazione verticale si parla di arricchimento dei compiti (job enrichment): vengono accorpate all'interno di unruolo anche attività che appartenevano ad un livello gestionale superiore; si opera, dunque, un'aggregazioneverticale. Di contro, la rotazione dei compiti (job rotation) è la variazione periodica dei compiti assegnati al singolooperatore all'interno di una certa area organizzativa, ossia nell'ambito di ruoli similari ma che permettano, comunque,un ampliamento delle conoscenze.

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Grouping

Il grouping consiste nel raggruppamento degli organi, secondo un determinato criterio, in unità organizzative allequali è generalmente preposto un organo di comando (il responsabile dell'unità organizzativa). Allo stesso modo leunità organizzative possono essere raggruppate in unità di livello superiore; la stessa azienda può essere pensatacome il raggruppamento di più alto livello, al quale è preposto l'alta direzione (o direzione generale). Nella pratica,le unità organizzative nelle quali si articola un'azienda sono variamente denominate: "direzioni", "divisioni","dipartimenti", "settori", "sezioni", "uffici", "reparti", "officine", ecc.I criteri di raggruppamento possono essere:• in base all'input dei processi aziendali, quando sono raggruppati organi (o unità operative) omogenei in relazione

alla funzione, ossia alla natura tecnico-economica delle attività svolte (ad esempio in un'impresa: produzione,marketing, amministrazione e finanza, acquisti, risorse umane ecc.), oppure in relazione alla disciplina (adesempio, in un ospedale: medicina generale, oculistica, otorinolaringoiatria ecc.) o alla tecnologia impiegata;

• in base all'output dei processi aziendali, quando sono raggruppati organi (o unità operative) omogenei in relazioneal prodotto oppure al mercato di sbocco del medesimo, alle categorie di clientela o all’area geografica; può farsirientrare in questa categoria anche il raggruppamento per progetto;

•• in base ai processi aziendali, quando sono raggruppati tutti gli organi (o le unità operative) impegnati in undeterminato processo;

• su base numerica, quando gli organi sono raggruppati in squadre che svolgono la medesima attivitàcontemporaneamente;

• su base temporale, quando gli organi sono raggruppati in turni che svolgono la medesima attività in periodidiversi.

In generale si può dire che:• il criterio di raggruppamento in base all'input focalizza l’attenzione sull’ottimale impiego delle risorse (evitando

duplicazioni, sub-ottimizzazioni ecc.) e quindi sull’efficienza dell'azienda, ma tende a distoglierla dal risultatofinale del processi - i prodotti - e quindi dalla soddisfazione del cliente, ossia dall'efficacia aziendale;

• il criterio di raggruppamento in base all'output focalizza l’attenzione sulla soddisfazione del cliente (interno oesterno) e quindi sull’efficacia aziendale, ma tende a distoglierla dall'ottimale impiego delle risorse (efficienza);

•• il criterio di raggruppamento in base al processo sulla carta dovrebbe unire i vantaggi dei precedenti; nella praticaè scarsamente utilizzato per le difficoltà applicative;

•• i criteri di raggruppamento su base temporale e numerica trovano applicazione solo a livello operativo e non ailivelli superiori dell'organizzazione aziendale.

GerarchiaAi vari livelli di raggruppamento corrispondono livelli di autorità, esercitata dall'organo di comando (superiore) neiconfronti degli organi del livello immediatamente inferiore (subordinati) che, a loro volta, possono essere organioperativi o organi di comando di unità organizzative. L'insieme di queste relazioni di autorità costituisce la gerarchiaaziendale. Un livello gerarchico è costituito dagli organi di pari grado, collocati lungo la linea gerarchica, che nondipendono gerarchicamente gli uni dagli altri.Il numero di subordinati che dipendono da un superiore è detto ampiezza del controllo (span of control). In generalequesto numero tende ad essere tanto più ampio quanto più i superiori e i loro subordinati sono capaci e competenti ele attività da controllare sono ripetitive e semplici. Viceversa, l’ampiezza di controllo tende a restringersi in presenzadi attività difficili, nuove e complesse.Le strutture organizzative si distinguono in piatte o alte, secondo che abbiano un ridotto o più elevato numero di livelli gerarchici. A parità di numero di addetti, una struttura piatta avrà unità organizzative di maggiori dimensioni rispetto ad una alta. Nelle strutture piatte, inoltre, l’ambito di controllo è tendenzialmente più ampio che nelle

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strutture alte.Le strutture piatte comportano minori costi, avendo meno posizioni manageriali da retribuire; inoltre la minoredistanza tra vertice aziendale e organi operativi velocizza e rende più tempestivi i processi decisionali e dicomunicazione, evitando anche distorsioni interpretative. Di contro, le strutture alte consentono un più efficacecontrollo dei superiori sui subordinati, in correlazione ad un più ristretto ambito di controllo.L’introduzione delle tecnologie informatiche tende a favorire l’adozione di strutture più piatte, perché rende più facilee meno costoso il controllo a distanza ma anche l’autocontrollo da parte dell’operatore, al quale possono esserelasciati margini più elevati di autonomia decisionale.

CoordinamentoIl coordinamento ha, in un certo senso, un ruolo complementare alla divisione del lavoro, avendo lo scopo di:• armonizzare le decisioni e le attività degli organi e delle unità organizzative, tra loro e con gli obiettivi

dell’azienda;•• assicurare la fluidità delle attività, senza interferenze o disallineamenti temporali;•• eliminare la variabilità dei comportamenti, ove non sia desiderabile.Il coordinamento è tanto più necessario quanto più i compiti sono complessi - ossia poco strutturati e comportantieccezioni e scambi di informazioni - ed interrelati e quanto più l’organizzazione è complessa e diversificata.Meccanismi di coordinamento adatti in caso di compiti meno complessi sono:• un'adeguata progettazione degli spazi di lavoro (lay out);•• l'adattamento reciproco;•• la standardizzazione delle attività, tramite la formalizzazione;•• la definizione di obiettivi comuni;•• la supervisione diretta.In presenza di maggiore complessità dei compiti, possono essere utili i seguenti meccanismi di coordinamento:•• il supporto alla supervisione diretta;•• la creazione di unità organizzative autosufficienti;•• il rafforzamento delle relazioni orizzontali;•• la standardizzazione delle conoscenze e capacità.L’adattamento reciproco opera semplicemente attraverso la comunicazione informale tra i soggetti da coordinareche, in questo modo, conservano il controllo del loro lavoro.La formalizzazione consiste nell'emissione e comunicazione di documenti scritti che stabiliscono regole vincolantisulla divisione del lavoro e il coordinamento e, in particolare:• quali sono gli organi e le loro relazioni gerarchiche o funzionali (organigrammi);• quali attività devono svolgere (mansionari);• come le devono svolgere (procedure).Le organizzazioni che usano la formalizzazione come meccanismo principale di coordinamento sono detteburocrazie. Esse tendono anche ad un uso accentuato della gerarchia e al raggruppamento per funzione. Sonofavorite da ambienti stabili e poco competitivi nonché da un'elevata standardizzazione del prodotto.La supervisione diretta opera attraverso gli ordini del superiore gerarchico comune agli organi da coordinare, cheassume la responsabilità e il controllo del loro lavoro. Questo meccanismo di coordinamento è presente in tutte leorganizzazioni; in presenza di meccanismi di coordinamento basati sulla fissazione di obiettivi comuni o sullaformalizzazione, tende ad intervenire per fronteggiare situazioni di eccezione, non previste dagli strumenti dipianificazione o standardizzazione (management by exceptions)Il supporto alla supervisione diretta può essere realizzato attraverso:

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• il sistema informativo, che fornisce agli organi di comando le informazioni necessarie per decidere;• la creazione di organi di staff che si affiancano agli organi di comando supportandoli con la consulenza ed

assistenza, grazie alle competenze specialistiche di cui dispongono. In contrapposizione agli organi di staff, gliorgani di comando e i loro subordinati sono detti organi di line .

Il rafforzamento delle relazione orizzontali può essere attuato mediante:• la creazione di comitati (o team) permanenti che riuniscono più organi periodicamente;• la creazione di task forces, permanenti o più frequentemente temporanee, che riuniscono più organi per affrontare

un determinato problema;• la creazione di posizioni di collegamento, che hanno il compito di favorire le comunicazioni tra unità

organizzative;• la creazione di posizioni di integrazione, che hanno autorità funzionale (ossia limitata a determinate attività o

questioni, in contrapposizione a quella gerarchica, che è generalizzata) su tutti gli organi coinvolti• in un progetto (project manager),• in un prodotto (product manager),• in un processo (process manager).

Delega e decentramentoLa delega è il trasferimento di poteri decisionali e delle corrispondenti responsabilità dall'organo che ne èinizialmente investito (delegante) ad un altro organo (delegato).Una struttura organizzativa è caratterizzata da un maggiore decentramento quanto più la delega:•• è continuativa e sistematica (non saltuaria od occasionale);•• riguarda decisioni su questioni rilevanti,•• raggiunge i livelli più bassi della gerarchia.Il decentramento presenta vari vantaggi:•• evita che gli organi al vertice della gerarchia aziendale debbano dedicare il loro tempo a decisioni frequenti e di

minore portata;•• favorisce la tempestività delle decisioni, in risposta agli stimoli provenienti dall'ambiente esterno;•• consente una maggiore considerazione degli aspetti operativi e attuativi delle decisioni;•• agisce da fattore di motivazione del personale.Il decentramento può essere:• verticale, quando i poteri sono trasferiti ad un organo di line subordinato nella gerarchia; riguarda normalmente

decisioni per l’implementazione degli obiettivi aziendali;• orizzontale, quando i poteri sono trasferiti ad un organo di staff; riguarda normalmente decisioni sui metodi di

lavoro, che rientrano nelle competenze specialistiche dell'organo di staff.Il decentramento può inoltre essere:• selettivo, quando sono attribuiti ad un organo poteri decisionali su questioni attinenti alla funzione alla quale

appartiene;• parallelo, quando sono attribuiti all’organo che presidia un output i poteri decisionali (in genere ampi) per

gestirlo.

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Schemi di macrostrutturaLa struttura organizzativa aziendale può essere studiata a vari livelli:• di macrostruttura (o macro-organizzazione), che riguarda l’articolazione dell’azienda nelle direzioni intermedie

(di funzione, divisione ecc.);• di mesostruttura (o meso-organizzazione), che riguarda l’articolazione interna delle direzioni intermedie;• di microstruttura (o micro-organizzazione), che riguarda l’articolazione interna delle singole unità operative.Particolarmente rilevante è la macrostruttura, in relazione alla quale si riscontrano schemi tipici. Tali schemipresentano delle configurazioni caratteristiche delle variabili organizzative, in funzione del modo in cui viene divisoil lavoro manageriale e, in particolare, del criterio di raggruppamento in base al quale sono formate le direzioniintermedie poste alle dirette dipendenze dell'alta direzione. Di solito si identificano i seguenti schemi dimacrostruttura:•• elementare;•• polifunzionale;•• multidivisionale;•• a matrice.Va peraltro avvertito che nella pratica si riscontrano non di rado macrostrutture ibride, rispetto agli schemi idealisopra elencati.

Macrostruttura elementare

La macrostruttura elementare è caratterizzata da:• due soli livelli della line gerarchica:

•• l'alta direzione;•• le unità operative;

•• organi di staff limitati o assenti;•• decentramento limitato o assente.È questo lo schema tipico delle piccole organizzazioni, in particolare delle piccole imprese dirette personalmente dalproprietario-imprenditore.

Macrostruttura polifunzionale

La macrostruttura polifunzionale (la cosiddetta U-form nella terminologia di O. Williamson) è caratterizzata da:• almeno tre livelli della line gerarchica:

•• l'alta direzione:•• le direzioni di funzione, formate secondo un criterio di raggruppamento basato sull'input;•• le unità operative;

•• organi di staff di solito presenti;•• decentramento selettivo verso le direzioni di funzione.Questo schema è indubbiamente quello più diffuso: lo si riscontra in moltissime organizzazioni, delle più svariatedimensioni e campi di attività.Limiti strutturali della macrostruttura polifunzionale sono:•• la tendenziale lentezza delle comunicazioni interne;•• la difficoltà a fronteggiare la variabilità ambientale e tecnologica;•• la tendenza a far sì che gli attori organizzativi assumano sotto-obiettivi organizzativi (limitati alla loro funzione)

perdendo di vista l'obiettivo globale (solo l'alta direzione è in grado di vedere l'organizzazione nel suo insieme) ela fluidità dei processi.

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Condizioni ideali per l'impiego della macrostruttura polifunzionale sono:•• prodotti ampiamente sperimentati e standardizzati;•• bassi livelli di innovazione tecnologica;•• ridotta variabilità ambientale.

Macrostruttura multidivisionale

La macrostruttura multidivisionale (la cosiddetta M-form nella terminologia di O. Williamson) è caratterizzata da:• almeno quattro livelli della line gerarchica:

• l'alta direzione (il cosiddetto livello corporate);• le direzioni di divisione, formate secondo un criterio di raggruppamento basato sull'output (il cosiddetto livello

business);•• le direzioni di funzione, formate secondo un criterio di raggruppamento basato sull'input;•• le unità operative.

•• organi di staff presenti, sia a livello di azienda che di divisione;•• decentramento parallelo verso le direzioni di divisione.Nella macrostruttura multidivisionale le divisioni sono di solito articolate in funzioni (salvo strutture aziendali moltocomplesse, con più livelli divisionali) ed hanno quindi una strutturazione interna di tipo polifunzionale. Va rilevatoche il caso ideale, in cui le divisioni hanno al loro interno tutte le funzioni, è alquanto raro: di solito, per conseguireeconomie di scala, talune funzioni operano alle dirette dipendenze dell'alta direzione e prestano i loro servizi a tuttele divisioni; altre volte la parte decisionale e di coordinamento è a livello di alta direzione mentre l'operatività è alivello divisionale. Una variante della macrostruttura multidivisionale è la holding, nella quale le divisioni hannoun'autonoma soggettività giuridica.Lo schema multidivisionale è solitamente adottato dalle organizzazioni di maggiori dimensioni, caratterizzate daun'elevata differenziazione in termini di output (prodotti, mercati, tipi di clientela, ecc.).Vantaggi strutturali della macrostruttura multidivisionale sono:•• la possibilità di individuare un responsabile unico per un determinato prodotto, mercato o area geografica,

evitando che debba essere l'alta direzione a farsi carico di assicurare una visione unitaria;•• la facilità di tenere comportamenti adattivi differenti e mirati per ogni realtà produttiva o territoriale (si pensi ad

esempio alla diversa legislazione presente nei vari stati).Limiti strutturali della macrostruttura multidivisionale sono:•• la moltiplicazione di risorse che svolgono medesime funzioni e, quindi, dei costi;•• le possibili difficoltà di comunicazione tra le divisioni, che tendono a comportarsi come aziende a sé stanti;•• la tendenza a far sì che gli attori organizzativi assumano come organizzazione di riferimento non l'intera azienda

ma la propria divisione.Condizioni ideali per l'impegno della macrostruttura multidivisionale sono:•• elevata eterogeneità dei prodotti dal punto di vista tecnologico e/o produttivo;•• elevata eterogeneità del mercato di sbocco o della clientela per lo stesso prodotto.

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Macrostruttura a matrice

La macrostruttura a matrice è una variante della polifunzionale caratterizzata da:• almeno tre livelli della line gerarchica:

•• l'alta direzione;• le direzioni di funzione (la cosiddetta line verticale) e, allo stesso livello, i project o product manager (la

cosiddetta line orizzontale);• le unità operative, che dipendono tanto da una direzione di funzione quanto da un project o product manager;

•• organi di staff di solito presenti;• decentramento selettivo verso le direzioni di funzione, parallelo verso i project o product manager.Si distingue:• la matrice debole, in cui l'autorità prevalente è attribuita ai manager della line verticale e quelli della line

orizzontale hanno un ruolo di coordinamento e controllo;• la matrice forte, in cui, invece, l'autorità prevalente è attribuita ai manager della line orizzontale e quelli della line

verticale hanno il compito di fornire loro le risorse, garantendo un adeguato livello di performance.Gli schemi a matrice hanno una diffusione piuttosto limitata e tendono ad essere adottati da determinate categorie diorganizzazioni, ad esempio le imprese che producono su commessa.Vantaggi strutturali della macrostruttura a matrice sono:•• l'elevata flessibilità di azione e l'elevata capacità di adattamento alle esigenze dell'ambiente e del mercato;•• la capacità di assicurare il coordinamento di funzioni specialistiche e competenze molto differenziate;•• l'elevata capacità di innovazione.Limiti strutturali della macrostruttura a matrice sono:•• la difficoltà di standardizzazione dei risultati produttivi;• lo stress provocato dai continui cambi di ruolo e dalla difficoltà di programmazione delle attività;•• i rischi di conflitti di ruolo e di competenza;•• il rischio di duplicazione di funzioni tra la struttura verticale e quella orizzontale.Condizioni ideali per l'impiego della macrostruttura a matrice sono:•• elevata variabilità ambientale e di mercato;•• alti livelli di innovazione tecnologica;•• necessità di impiegare competenze specialistiche e innovative;sempre che esistano valori professionali unificanti.

Sistemi (o meccanismi) operativiI sistemi (o meccanismi) operativi possono essere definiti come sistemi di regole e principi che rendono operativa lastruttura organizzativa, indirizzando gli organi verso gli obiettivi aziendali. In altri termini, i sistemi operativirendono dinamica la struttura organizzativa, di per sé statica; diversi sistemi operativi applicati alla medesimastruttura organizzativa danno luogo a dinamiche diverse. In un certo senso, il rapporto tra sistemi operativi e strutturaorganizzativa è analogo a quello che nell'informatica intercorre tra software e hardware.I principali sistemi operativi aziendali sono:• il sistema di pianificazione e controllo;• il sistema di gestione e sviluppo delle risorse umane, che comprende anche il sistema di valutazione del personale

e il sistema incentivante;• il sistema informativo.

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Stile di leadership e cultura aziendaleIn un gruppo sociale la leadership è il ruolo, svolto dal leader, di guida degli altri membri (leds o followers) verso ilraggiungimento dello scopo del gruppo. Si distingue:• la leadership informale (o leadership in senso stretto), che trae la sua legittimazione dal consenso degli altri

membri;• la leadership formale (detta anche headship) che opera invece in base ad una legittimazione esterna.Poiché l'azienda e le sue unità organizzative sono configurabili come gruppi sociali (e precisamente gruppisecondari), gli organi di comando ad esse preposti ricoprono un ruolo di leadership formale. D'altra parte, come intutti i gruppi sociali, accanto o, addirittura, in contrapposizione al leader formale (il "capo") possono emergere ruolidi leadership informale. Quando si parla di capacità di leadership dei manager si fa riferimento alla necessità cheessi sappiano coniugare doti di leadership informale alla leadership formale che gli deriva dalla posizione ricoperta.In letteratura sono stati delineati vari stili di leadership intesi come modelli di comportamento utilizzati peresercitare il ruolo di leader. La classificazione più risalente e nota è quella elaborata da Kurt Lewin (1949) chedistingue tre stili:• autoritario, quando il leader impone le proprie decisioni al gruppo: organizza e dirige le attività, impartisce

ordini, tende a non consultarsi con i membri del gruppo e mantiene da loro una marcata distanza relazionale. Igruppi guidati da leader autoritari mostrano di solito un'elevata produttività, che tende però a crollare in assenzadel leader ; inoltre presentano un clima emotivo solitamente sgradevole. Si può far rientrare in questa categoriaanche lo stile persuasivo, definito successivamente da altri autori, nel quale il leader tende a spiegare lemotivazioni delle decisioni prese, per farle accettare meglio ai collaboratori;

• democratico, quando il leader chiede al gruppo di partecipare alle decisioni: tende a discuterle con gli altrimembri o addirittura a delegargliele, mostra fiducia e incoraggiamento nei confronti dei followers, si comportacome un membro del gruppo alla pari degli altri. I gruppi guidati da leader democratici mostrano di solito unabassa produttività iniziale che tende però a crescere; inoltre il gruppo lavora anche in assenza del leader e il climaemozionale tende ad essere piacevole;

• lassista (o laissez-faire), quando il leader lascia che sia il gruppo a decidere: tende a non intervenire, lasciandofare agli altri membri e offrendo il suo contributo solo quando richiesto o indispensabile. I gruppi guidati da unleader laissez-faire tendono a presentare un clima emozionale molto piacevole ma anche scarsa produttività.

In generale si ritiene che non esista uno stile di leadership migliore in assoluto; al contrario, esistono stili piùappropriati in funzione delle varie situazioni. Così nelle situazioni di emergenza o di conflitto con altri gruppi, simostra opportuno uno stile autoritario, più adeguato per decidere rapidamente. Al contrario, laddove si debbaaffrontare un problema complesso ma i tempi per decidere non sono stringenti, uno stile democratico potrebbe esserepiù appropriato, riuscendo ad ottenere l'apporto di tutti i membri del gruppo nella decisione.Lo stile di leadership è uno degli aspetti della cultura aziendale. Questa può essere definita come l’insieme di valorie di significati che si esprimono esteriormente attraverso il linguaggio, le norme ed i modelli di comportamento, glislogan, le narrazioni, i riti ed i simboli adottati dai componenti dell’organizzazione.

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Bibliografia• Mintzberg H., La progettazione dell’organizzazione aziendale, Il Mulino, 1996. ISBN 88-15-05603-3.• Cuneo G., Il successo degli altri, Baldini & Castoldi, 1997. ISBN 88-8089-214-2• Brusa L., Dentro l'azienda. Organizzazione e management, Giuffrè, 2004• Jones G.R., Organizzazione. Teoria, progettazione, cambiamento, Egea, 2007• Daft R.L., Organizzazione aziendale, 4 ed., APOGEO, 2010• Perrone F., Anomalie del comportamento organizzativo, FrancoAngeli, 2012. ISBN 978-88-568-4657-7

Voci correlate•• Allineamento IT•• Divisione del lavoro•• Funzione aziendale•• Gruppo di lavoro•• Project management•• Risorse umane•• Strategia•• Teoria dei sistemi•• Travel management

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Funzioni del linguaggioFacendo riferimento al modello matematico della comunicazione di Shannon et Weaver (1948-49), si presupponeche ogni atto di comunicazione linguistica, ad esempio verbale, faccia intervenire per lo meno 6 variabili distinte. Ilmessaggio su cui verte la comunicazione può allora essere caratterizzato in relazione alla variabile predominante neldato particolare contesto di scambio linguistico. Le variabili, considerate alla stregua di elementi costitutivi dell'attolinguistico, sono le seguenti: il codice, il messaggio, l'emittente (mittente o codificatore), il ricevente (destinatario odecodificatore), il canale[1] ed il contesto[2]. In corrispondenza di ciascuna variabile, viene definita una funzionelinguistica.Già Karl Bühler parlava di funzioni del linguaggio, ipotizzandone tre: espressione (da parte del mittente), richiamo(verso il destinatario) e rappresentazione (del contesto)[3], ma si deve a Roman Jakobson[4], che utilizzò anche glistudi di Nikolaj Sergeevič Trubeckoj, un modello di maggior fortuna critica e chiarezza[5].

Le sei funzioni del linguaggioNel suo contributo a conclusione del congresso interdisciplinare sullo stile tenutosi presso l'Università dell'Indiananel 1958 [6], Jakobson individua sei funzioni del linguaggio, corrispondenti ciascuna a uno dei sopracitati elementipresenti nella comunicazione:1. Funzione emotiva, evidente quando si fa attenzione al mittente dell'atto di comunicazione;2. Funzione fàtica, legata al canale attraverso il quale passa il messaggio;3. Funzione conativa, legata al destinatario che partecipa alla comunicazione con una sua reazione;4. Funzione poetica, legata al messaggio stesso e maggiormente evidente nel linguaggio estetico;5. Funzione metalinguistica, legata al codice condiviso tra mittente e destinatario perché si produca significazione;6. Funzione referenziale, legata al contesto in cui si svolge la comunicazione.

Funzioni del linguaggio 42

Queste sei funzioni relative a questi sei componenti della comunicazione sono sempre presenti, almeno in potenza,tuttavia con maggiore o minore importanza secondo il tipo di comunicazione in atto.L'attribuire ogni funzione ad un fattore è in realtà un fraintendimento del modello di Jakobson; ogni funzione infatticaratterizza il messaggio, non il fattore. (da "Linguistica generale", Gobber, Morani, McGraw-Hill)

Funzione emotivaLa funzione emotiva è attiva quando il messaggio è incentrato sul mittente, sui suoi stati d'animo, atteggiamenti,volontà ecc. Essa è segnalata attraverso l'uso della prima persona nei verbi e pronomi personali o pronomi e aggettivipossessivi. Esprime l'atteggiamento del mittente che proietta in primo piano informazioni riguardanti se stesso, ingenere, appunto di tipo emotivo (es. sono stanco, come mi piace stare qui).La funzione emotiva può improntare il tono intero di un romanzo in modo che il protagonista diventi l'io narrantecome accade in molte opere contemporanee. Affinché vi sia una comunicazione effettiva è necessario che il mittentecontrolli con precisione questa funzione; egli, infatti, deve sapersi esprimere e parlare di sé. Allo stesso modo ildestinatario può prestare particolare attenzione a questa funzione del linguaggio, come per esempio nellasintomatologia medica. Questa funzione si traduce anche in elementi formali quali le interiezioni e l'intonazione.

Funzione fàticaLa funzione fàtica (dal latino fari = pronunciare, parlare) consiste in quella parte della comunicazione atta alcontrollo del canale attraverso cui si stabilisce la comunicazione, con espressioni mirate appunto alla verifica del suofunzionamento, come quando al telefono si dice pronto? o quando si fanno le prove del microfono e degliamplificatori prima di uno spettacolo. Lo scopo è quello di stabilire, mantenere, verificare o interrompere lacomunicazione. Casi tipici in cui emerge in primo piano la funzione fàtica sono frasi come: stammi a sentire,attenzione, prego, capito? ecc. La dimensione fàtica della comunicazione è facilmente evidenziabile, a fianco diquella primaria, comunicativa e referenziale in senso stretto, nel Linguaggio degli SMS, appannaggio principalmentedi culture adolescenziali, in cui è utilizzato come mezzo comunicativo, ma anche come strumento per la costruzionee il mantenimento dei rapporti sociali[7].Esistono, inoltre, mezzi di comunicazione di massa in cui la comunicazione fàtica assume il predominio su ogni altradimensione: è questo, il caso della comunicazione radiofonica nel mondo occidentale, in cui "non è importante quelche viene detto, ma il fatto che venga detto"[8].

Funzione conativaLa funzione conativa, detta anche persuasiva, corrispondendo al destinatario, è attiva quando il mittente si rivolgeesplicitamente a questo, attraverso il modo imperativo, i verbi o i pronomi e aggettivi possessivi o i pronomipersonali alla seconda persona, o il punto interrogativo. Essendo prevalentemente orientata sul destinatario, lacomunicazione mira a ottenere un'adesione di pensiero e/o una risposta d'azione. Ne sono espressioni tipichel'imperativo e il vocativo, e la seconda persona singolare e plurale. Improntati a tale funzione sono i testi di caratteresupplicatorio (preghiere) e parenètico (di esortazione), gli ordini o i consigli, o testi di carattere giuridico (leggi,decreti, regolamenti ecc.).In particolare, la funzione conativa è sottesa a tutti i messaggi di tipo pubblicitario (compra subito questo prodotto!),anche se in tal caso l'abilità dei creativi sta spesso proprio nel nascondere il più possibile la conatività principalesotto l'apparenza di altre funzioni secondarie, che appaiono però più evidenti alla superficie del messaggio.Si vedano anche i concetti di illocuzione e perlocuzione in Austin.

Funzioni del linguaggio 43

Funzione poeticaLa funzione poetica è attiva quando il messaggio è incentrato su sé stesso, nel senso che è presente una certacomplessità che impone una decodificazione completa da parte del destinatario, che deve essere attento a cogliere ilsenso denotativo nella sua interezza e anche, ove presente, un eventuale senso connotativo. Un linguaggio ornato,ricco di figure retoriche di vario genere segnala la funzione poetica del messaggio, come spesso avviene in poesia maanche nel linguaggio della pubblicità (tuttavia in questo caso è in absentia anche la funzione conativa, dato che loscopo è convincere i potenziali acquirenti ad acquistare il prodotto pubblicizzato).Nel caso del linguaggio verbale, essa focalizza l'attenzione sull'aspetto fonico delle parole, sulla scelta dei vocaboli esulla costruzione delle frasi. Il suo obiettivo è comunicare la propria forma, suscitare emozioni o riflessioni tramite lamusicalità delle parole. La funzione poetica si può notare anche nel linguaggio quotidiano, negli slogan pubblicitari,in quelli politici e pure nel linguaggio infantile. L'esempio di Jakobson è quello di I like Ike, uno slogan usato per leelezioni presidenziali del candidato Eisenhower negli anni cinquanta in USA. Nella funzione poetica si haun'alternanza regolare di fonemi vocalici e consonantici, che hanno lo scopo di rafforzare l'espressività e l'efficaciadel messaggio.L'attenzione alla funzione poetica della comunicazione spiega perché l'arte non possa essere ridotta al solocontenuto, ammesso che questo sia individuabile senza la forma.

Funzione metalinguisticaLa funzione metalinguistica consiste nel parlare (implementare, svilire o modificare) del codice, come nei libri digrammatica. La funzione (chiedere e dare significato di una parola, spiegare una parola) focalizza la sua attenzionesul codice in comune a mittente e destinatario, durante la comunicazione. Essa entra in campo quando i dueinterlocutori vogliono verificare se stanno utilizzando lo stesso codice. In questa situazione si usano enunciati come:mi hai capito, cosa vuoi dire?. Ogni messaggio è una manifestazione del codice in base al quale è formulato, equindi del rapporto che hanno con questo codice gli interlocutori. Può avere funzione metalinguistica una formulacome C'era una volta a inizio del racconto di una fiaba, proprio perché instaura e rimanda a un codice di finzione e auna probabilità condizionata che quel che si racconta non sia vero ma nemmeno falso.

Funzione referenzialeLa funzione referenziale, la più denotativa, consiste nel riferimento, preferibilmente preciso e puntuale, al contestospazio-temporale in cui avviene la comunicazione o comunque l'azione di cui si parla. È evidente a livellogrammaticale nella deissi.

Altre funzioniMeno conosciute, ma nate a partire dal modello di Jakobson, diventato imprescindibile negli studi sullacomunicazione[9], ci sono in linguistica e in semiotica altri modelli di funzioni del linguaggio. Per esempio quello diJohn J. Gumperz e Dell Hymes[10] che, nel 1967, hanno proposto le 8 funzioni corrispondenti a• partecipanti (mittente, destinatario ed eventuale pubblico che influisce sul loro comportamento e atto

comunicativo),• risultati (obiettivi e mete da parte dei partecipanti),• atti di linguaggio (forma e contenuto di quel che viene comunicato),• localizzazione (momento e luogo in cui avviene la comunicazione),• norme di interazione e interpretazione (proprietà del linguaggio e regole condivise che accompagnano la

relazione tra i partecipanti),• agenti strumentali (corrispondenti al canale e ai codici messi in atto),• tipi (generi di eventi linguistici, come conversazione, lezione, preghiera ecc.),

Funzioni del linguaggio 44

• espressione (o chiave, tono, umore con cui si compone la comunicazione).

Note[1][1] Jakobson usa il termine "contatto" nel senso di connessione fisica che si realizza tramite il medium di trasmissione del messaggio codificato

che per l'appunto mette in relazione, nel caso del suono articolato di un messaggio verbale, l'apparato fonatorio dell'emittente con quellouditivo del ricevente.

[2][2] Quest'ultimo elemento è assente nel modello matematico della comunicazione che è strutturato sui primi cinque fattori. Il contestocorrisponde all'universo di riferimento del messaggio.

[3] Teorie del linguaggio (1934), trad. Serena Cattaruzza, Armando, Roma 1983[4] Si vedano in particolare i saggi intitolati: "Antropologi e linguisti. Bilancio di un convegno" e, soprattutto, "Linguistica e poetica" in: Roman

Jakobson, Saggi di linguistica generale, trad. Luigi Heilmann e Letizia Grassi, Feltrinelli, Milano 1966, rispettivamente a pag. 5 e seguenti epag. 181 e seguenti.

[5] Leech, Geoffrey, cit. pag. 41 ss; Pio Ricci Bitti e Bruna Zani, La comunicazione come processo sociale, Il Mulino, Bologna 1983.[6] http:/ / anthroweb. ucsd. edu/ ~jhaviland/ LanguageCulture/ READINGS/ JakobsonLinguistics& Poetics. pdf[7] A. H. Caron, L. Caronia, Moving Cultures: Mobile Communication in Everyday Life, 2007, p. 5[8] Paolo Prato, «La radio come comunicatore», in: Jacob Srampickal, Giuseppe Mazza, Lloyd Bough (a cura di), Cross connections.

Interdisciplinary communications studies at the Gregorian University, saggi celebrativi per il 25º anniversario del CICS, Gregorian & BiblicalPress, 2006 ISBN 978-88-7839-061-4 (p. 77)

[9] Ugo Volli, Il libro della comunicazione, Il Saggiatore, Milano 1994; nuova ed. ampliata, Il nuovo libro della comunicazione, ivi, 2007.[10] Directions in Sociolinguistics. The Ethnography of Communication (a cura di), Blackwell, New York, 1986

Bibliografia• Gaetano Berruto, Nozioni di linguistica generale, Napoli, Liguori, 1976 ISBN 88-207-0074-3• Gian Paolo Caprettini, Semiotica e comunicazione (1977-79), in Aspetti della semiotica, Einaudi, Torino 1980,

pp. 5–61, in part. pp. 5–10.• Leech, Geoffrey, Semantics. The Study of Meaning (second edition-revised and updated), Harmondsworth,

Penguin, 1981.

Voci correlate•• Comunicazione•• Linguaggio•• Sociolinguistica

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Time managementLa gestione del tempo (o time management) è l'atto od il processo di pianificare ed esercitare un controllo sultempo utilizzato per specifiche attività, in particolare per aumentare l'efficacia, l'efficienza e la produttività. Lagestione del tempo può essere migliorata da una serie di competenze, strumenti e tecniche utilizzate al fine direalizzare specifiche attività, progetti ed obiettivi entro uno specifico periodo di tempo. Tutto questo comprende unavasta gamma di attività, come pianificazione, allocazione, definizione degli obiettivi, delega, analisi del tempoimpiegato, monitoraggio, organizzazione, programmazione e prioritizzazione. Inizialmente, la gestione del tempo siriferiva ad attività commerciali o di lavoro, ma alla fine il termine è stato ampliato per includere anche ogni attivitàpersonale come disciplina di tecniche cognitivo comportamentali. Un sistema di gestione del tempo è unadeterminata combinazione di processi, strumenti, tecniche e metodi. Solitamente il time management è una necessitàin ogni progetto di sviluppo in quanto determina il tempo di completamento del progetto ed il campo di applicazione.

CategorizzazioneStephen R. Covey ha illustrato uno schema di classificazione per le centinaia di approcci di gestione del tempo cheha esaminato:•• Prima generazione: a livello di promemoria sulla base di sveglie, orologi con timer e con possibile applicazione

del computer, può essere utilizzato per avvisare una persona quando un compito deve essere fatto.• Seconda generazione: progettazione e preparazione tramite agenda, post-it, taccuino, calendario degli

appuntamenti, ecc... include la definizione degli obiettivi.• Terza generazione: la pianificazione, con priorità di controllo (usando un organizer personale, altri oggetti di

carta, o il computer o sistemi PDA-based) attività su base giornaliera. Questo approccio implica il trascorrere deltempo nel chiarire i valori e le priorità.

• Quarta generazione: essere efficienti e proattivi utilizzando uno degli strumenti di cui sopra; obiettivi posti e ruolicome elemento di controllo del sistema per favorire l'importanza oltre l'urgenza[1]

Time management literature can be paraphrased as follows:•• "Get Organized" - paperwork and task triage•• "Protect Your Time" - insulate, isolate, delegate•• "Set gravitational goals" - that attract actions automatically• "Achieve through Goal management Goal Focus" - motivational emphasis• "Work in Priority Order" - set goals and prioritize•• "Use Magical Tools to Get More Out of Your Time" - depends on when written•• "Master the Skills of Time Management"•• "Go with the Flow" - natural rhythms, Eastern philosophy• "Recover from Bad Time Habits" - recovery from underlying psychological problems, e.g. procrastinazioneNegli ultimi anni, diversi autori hanno discusso di gestione del tempo applicato alla questione del sovraccarico diinformazioni digitali, in particolare, "The 4 hour workweek",[2] and Stefania Lucchetti with "The Principle ofRelevance"[3]

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Time management e concetti relativi• Project management. Time Management può essere considerato come un sottoinsieme di gestione dei progetti ed

è più comunemente noto come project planning e pianificazione del progetto. Gestione del tempo è stato inoltreindividuato come una delle funzioni fondamentali nell'individuare la gestione dei progetti.

• Attention management: Attention Management relates to the management of cognitive resources, and in particularthe time that humans allocate their mind (and organizations the minds of their employees) to conduct someactivities.

• Personal knowledge management: see below (Personal time management).

Conceptual Effect on LaborIl Professor Stephen Smith, of BYUI, è tra gli studiosi di sociologia i cui lavori più recenti hanno dimostrato che ilpunto di vista dei lavoratori a tempo è collegato a questioni sociali come l'istituzione della famiglia, ruoli di genere ela quantità di lavoro da parte dei singoli.[4]

Personal Time ManagementLe strategie di Time management sono spesso associate alla raccomandazione di impostare gli obiettivi personali.Questi obiettivi sono registrati e possono essere suddivisi in un project, an action plan, o un elenco di attivitàsemplici. Per le attività individuali o per obiettivi può essere stabilito in un rating per importanza, istituire cosìscadenze e priorità assegnate. Questo processo provoca un piano con un elenco di attività o di un programma o uncalendario delle attività. Gli autori possono raccomandare un periodo di programmazione giornaliera, settimanale,mensile o di altro tipo nei diversi campi di pianificazione o di revisione. Questo viene fatto in vari modi, come segue.

La lista dei compitiLa lista dei compiti (in gergo: to-do list oppure things-to-do) è una lista delle cose da fare che serve comealternativa, o meglio, come supporto alla memoria.Le "Task lists" sono usate in self-management, liste della spesa, business management, project management, esoftware engineering. Può essere inclusa più di una lista.Quando uno degli obiettivi della giornata viene completato la missione è riuscita. Sull'agenda si riporta quindil'avvenuto successo, andando ad evidenziare che il compito è da ritenersi concluso.Writer Julie Morgenstern suggests "do's and don'ts" of time management that include:•• Map out everything that is important, by making a task list•• Create "an oasis of time" for one to control•• Dire di no•• Set priorities•• Don't drop everything• Don't think a critical task will get done in spare time.Numerous digital equivalents are now available, including PIM (Personal information management) applications andmost PDAs. There are also several web-based task list applications, many of which are free.Wikipedia:Uso dellefonti

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Task list organization

Task lists are often tiered. The simplest tiered system includes a general to-do list (or task-holding file) to record allthe tasks the person needs to accomplish, and a daily to-do list which is created each day by transferring tasks fromthe general to-do list.Task lists are often prioritized:• An early advocate of "ABC" prioritization was Alan Lakein. In his system "A" items were the most important

("A-1" the most important within that group), "B" next most important, "C" least important.• A particular method of applying the ABC method[5] assigns "A" to tasks to be done within a day, "B" a week, and

"C" a month.• Accordare priorità ad un elenco giornaliero delle attività, uno o registra i compiti in ordine di massimapriority, or

assigns them a number after they are listed ("1" for highest priority, "2" for second highest priority, etc.) whichindicates in which order to execute the tasks. The latter method is generally faster, allowing the tasks to berecorded more quickly.

• A completely different approach which argues against prioritising altogether was put forward by British authorMark Forster in his book "Do It Tomorrow and Other Secrets of Time Management". This is based on the idea ofoperating "closed" to-do lists, instead of the traditional "open" to-do list. He argues that the traditionalnever-ending to-do lists virtually guarantees that some of your work will be left undone. This approach advocatesgetting all your work done, every day, and if you are unable to achieve it helps you diagnose where you are goingwrong and what needs to change.

Software applicationsModern task list applications may have built-in task hierarchy (tasks are composed of subtasks which again maycontain subtasks),[6] may support multiple methods of filtering and ordering the list of tasks, and may allow one toassociate arbitrarily long notes for each task.In contrast to the concept of allowing the person to use multiple filtering methods, at least one new software productadditionally contains a mode where the software will attempt to dynamically determine the best tasks for any givenmoment.[7]

Many of the software products for time management support multiple users. It allows the person to give tasks toother users and use the software for communicationIn law firms, law practice management software may also assist in time management.Task list applications may be thought of as lightweight personal information manager or project managementsoftware.

Sindrome da deficit di attenzione e iperattivitàExcessive and chronic inability to manage time effectively may be a result of Sindrome da deficit di attenzione eiperattività. Diagnostic criteria include: A sense of underachievement, difficulty getting organized, trouble gettingstarted, many projects going simultaneously and trouble with follow-through.[8]

• Prefrontal cortex: The prefrontal cortex is the most evolved part of the brain. It controls the functions of attentionspan, impulse control, organization, learning from experience and self-monitoring, among others. Some authorsargue that changing the way the prefrontal cortex works is possible and offers a solution.[9]

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Caveats

Dwelling on the lists

• According to Sandberg,[10] task lists "aren't the key to productivity [that] they're cracked up to be". He reports anestimated "30% of listers spend more time managing their lists than [they do] completing what's on them".

• This could be caused by procrastinazione by prolonging the planning activity. This is akin to analysis paralysis.As with any activity, there's a point of diminishing returns.

Rigid adherence

• Hendrickson asserts[11] that rigid adherence to task lists can create a "tyranny of the to-do list" that forces one to"waste time on unimportant activities".

• Again, the point of diminishing returns applies here too, but toward the size of the task. Some level of detail mustbe taken for granted for a task system to work. Rather than put "clean the kitchen", "clean the bedroom", and"clean the bathroom", it is more efficient to put "housekeeping" and save time spent writing and reduce thesystem's administrative load (each task entered into the system generates a cost in time and effort to manage it,aside from the execution of the task). The risk of consolidating tasks, however, is that "housekeeping" in thisexample may prove overwhelming or nebulously defined, which will either increase the risk of procrastination, ora mismanaged project.Wikipedia:Uso delle fonti

• Listing routine tasks wastes time. If you are in the habit of brushing your teeth every day, then there is no reasonto put it down on the task list. The same goes for getting out of bed, fixing meals, etc. If you need to track routinetasks, then a standard list or chart may be useful, to avoid the procedure of manually listing these items over andover.Wikipedia:Uso delle fonti

• To remain flexible, a task system must allow for disaster. A disaster occurs constantly whether it is personal orbusiness-related. A company must have a cushion of time ready for a disaster. Even if it is a small disaster, if noone made time for this situation, it can blow up bigger, causing the company to bankruptcy just because of poortime management.[12]

• To avoid getting stuck in a wasteful pattern, the task system should also include regular (monthly, semi-annual,and annual) planning and system-evaluation sessions, to weed out inefficiencies and ensure the user is headed inthe direction he or she truly desires.[13]

• If some time is not regularly spent on achieving long-range goals, the individual may get stuck in a perpetualholding pattern on short-term plans, like staying at a particular job much longer than originallyplanned.Wikipedia:Uso delle fonti

Tecniche per stabilire prioritàCi sono vari modi per stabilire delle priorità.

Analisi ABCUna tecnica che è stata utilizzata a lungo nella gestione aziendale è la categorizzazione di grandi quantità di dati ingruppi, spesso chiamati A, B e C, da cui il nome. Le attività sono classificate secondo questi criteri generali:• A – Compiti valutati essere urgenti e importanti.• B – Compiti che sono importanti ma non urgenti.• C – Compiti né urgenti né importanti.Ogni gruppo è poi ordinato per priorità. Per precisare ulteriormente le priorità, qualcuno decide di forzare tutte leattività classificate "B" nei gruppi "A" o "C". L'analisi ABC può includere anche più di tre gruppi.L'analisi ABC è spesso comnibata all'analisi paretiana.

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Pareto analisiÈ l'idea che l'80% delle attività possono essere completate nel 20% del tempo disponibile. Il restante 20% deicompiti si terrà nell'80% del tempo. Questo principio è usato per ordinare le attività in due parti. In base a questaforma di Pareto-efficienza si raccomanda che ai compiti che rientrano nella prima categoria venga assegnata unapriorità più alta.La legge 80/20 può essere applicata anche per aumentare la produttività: si è ipotizzato che l'80% della produttivitàpuò essere ottenuta facendo il 20% dei compiti. Se la gestione del tempo ha come obiettivo la produttività, alloraquesto 20% di compiti dovrebbero ottenere la priorità più alta.Dipende dal metodo adottato per completare l'operazione. C'è sempre un modo più semplice e veloce per completarel'operazione. Se si utilizza un metodo complesso occorrerà più tempo, perciò si dovrebbe sempre cercare di trovarevari modi con cui completare ogni attività.

Metodo Eisenhower

A basic "Eisenhower box" to help evaluateurgency and importance. Items may be placed at

more precise points within each quadrant.

Tutte le attività sono valutate secondo quattro criteri:1. importante e urgente: attività da eseguire al più presto e di persona;2. importante e non urgente: attività a cui porre una scadenza e da

eseguire personalmente;3. non importante e urgente: attività da delegare se possibile;4. non importante e urgente: attività da eliminare.Riguardo questo metodo è stata attribuita a Dwight D. Eisenhower lafrase: "Ciò che è importante raramente è urgente e ciò che è urgenteraramente è importante."[14].

Metodo POSEC

POSEC è l'acronimo di priorità con l'Organizzatore, larazionalizzazione, risparmio e Sostenitori.

Il metodo impone un modello che sottolinea il senso immediato di unindividuo medio di sicurezza emotiva e monetaria. Suggerisce che partecipando alla propria responsabilità personalein primo luogo, ne consegue che è maggiormente in grado di assumersi responsabilità collettive.Inherent in the acronym is a hierarchy of self-realization which mirrors Abraham Maslow's gerarchia di motivazioni.1. Prioritize - Definite il vostro tempo e definite la vostra vita vincente.2. Organizing - Cose da fare per ottenere sicurezza e stabilità, che dovrai portare a termine regolarmente per avere

successo. (Family and Finances)3. Streamlining - Cose che non ci piace fare, ma che si devono fare. (Work and Chores)4. Economizing - Cosa si dovrebbero fare e/o che possono essere piacevoli da fare, ma non è così pressante

l'urgenza. (Pastimes and Socializing)5. Contributing - Prestare attenzione alle poche cose rimaste che fanno la differenza. (Social Obligations).

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Note[1][1] I Sette Pilastri della gente altamente efficace, Stephen Covey, Fireside. 1990[2][2] The 4-Hour Workweek, Timothy Ferris, Crown Publishing Group 2007[3] The Principle of Relevance, Stefania Lucchetti, RT Publishing, Hong Kong 2010 http:/ / www. stefanialucchetti. com[4] Buck, M. L., Lee, M. D., MacDermid, S., & Smith S. C. (2000). Reduced load work and the experience of time among professionals and

managers: Implications for personal and organizational life. In C. Cooper & D. Rousseau (Eds.), Trends in Organizational Behavior (Vol. 7).New York: John Wiley & Sons.

[5] — ABC lists and tips for dyslexic students on how to manage to-do lists[6] — Features, code, and description for ToDoList 5.3.9, a project based time management application[7] — Description of features in the Trog Bar including "TaskSense," the feature which automatically prioritizes tasks.[8] Driven to Distraction, Edward Hallowell, M.D.[9][9] Change Your Brain Change Your Life: The Breakthrough Program for Conquering Anxiety, Depression, Obsessiveness, Anger, and

Impulsiveness 1998[10] — a report on to-do lists and the people who make them and use them[11] — an anecdotal discussion of how to-do lists can be tyrannical[12] Horton, Thomas. New York The CEO Paradox (1992)[13][13] "Tyranny of the Urgent" essay by Charles Hummel 1967[14] The Eisenhower Method (http:/ / www. fluent-time-management. com/ eisenhower-method. html)

Bibliografia• David Allen, Getting Things Done: the Art of Stress-Free Productivity, New York, Viking, 2001, ISBN

9780670889068.• Neil A Fiore, The Now Habit: A Strategic Program for Overcoming Procrastination and Enjoying Guilt- Free

Play, New York, Penguin Group, 2006, ISBN 9781585425525.• Raymond Le Blanc, Achieving Objectives Made Easy! Practical goal setting tools & proven time management

techniques., Maarheeze, Cranendonck Coaching, 2008, ISBN 9079397032.• John Maeda, Le leggi della semplicità, Milano, Bruno Mondadori, 2006. ISBN 8842420050• Al Secunda, The 15 second principle : short, simple steps to achieving long-term goals, New York, New York :

Berkley Books, 1999, p. 157, ISBN 0425165051.• Jeffrey J. Mayer, Come risparmiare un'ora al giorno, Milano, Sperling & Kupfer, 1993, ISBN 8820014777.

Voci correlateStrumenti:•• Personal digital assistantSystems:•• Getting Things Done

Collegamenti esterni• 2007 "Time Management" lecture by Randy Pausch ( full Video (http:/ / www. cs. virginia. edu/ robins/

Randy_Time_Management_UVa_2007. html) | hi-res downloadable version (http:/ / www. cs. virginia. edu/~robins/ Randy/ ) | Lecture slides (http:/ / www. cs. virginia. edu/ ~robins/Randy_Time_Management_UVa_2007_slides. html))

• listedPlan (http:/ / www. listedplan. com), an example of online lists management software

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Divisione del lavoroLa divisione del lavoro è un argomento importante nelle teorie economiche, che riguarda in genere tutte leorganizzazioni umane, dalle più piccole comunità, come la famiglia, fino alle più grandi aziende multinazionali.Infatti il lavoro è uno dei fattori della produzione e la sua organizzazione ha un ruolo essenziale nel funzionamento enell'evoluzione di ogni tipo di società.

Pensatori

Adam SmithSecondo Adam Smith, che è considerato uno dei padri dell'economia moderna (dalla fine del XVIII secolo), sipossono considerare due tipi di suddivisione del lavoro:1. Divisione orizzontale (detta anche Macroeconomica):

il sistema economico si suddivide in diversi rami (settori o industrie) che producono beni, o gruppi di beni,diversi.

2. Divisione verticale:il sistema economico si suddivide in diverse figure professionali e il lavoro si suddivide in distinti ruoli nellaproduzione (mansioni).

La divisione del lavoro aumenta la produttività media del lavoro, ma può essere applicata estensivamente solo se èfavorita da un allargamento dei mercati. Ad es., se un singolo operaio può produrre un certo numero di prodotti conalti costi, inserito invece in un'impresa da modello smithiano produrrà un numero assai maggiore di oggetti, con costiassai ridotti, ma che necessitano di un mercato di sbocco assai più ampio.Nella prima parte dell'indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni (1776) Smith intravide l'essenzadell'industria constatando che la divisione del lavoro rappresenta un significativo incremento nella produzione.L'esempio che ha portato è stato quello, divenuto famoso, del fabbricante di spilli. Contrariamente a Platone, Smithnon considerò la divisione del lavoro come una conseguenza della disuguaglianza umana, ma formulò la famosafrase che la differenza tra un portiere e un filosofo fosse più una conseguenza della divisione del lavoro piuttosto cheuna causa. Pertanto, mentre per Platone il livello di specializzazione determinato dalla divisione del lavoro simanifestava esteriormente, per Smith è stata il prorompente motore del progresso economico. Tuttavia, in un altrocapitolo della stessa opera, Smith critica la divisione del lavoro dicendo che essa conduce a una "mutilazionementale" nei lavoratori: essi diventano ignoranti solitari siccome le loro vite lavorative sono confinate a un singolo eripetitivo compito. La contraddizione ha portato a dei dibattiti riguardo all'effettiva opinione di Smith sulla divisionedel lavoro.La specializzazione e la concentrazione dei lavoratori sui loro singoli compiti minori all'interno del processo difabbricazione spesso fa acquisire maggiore abilità e maggiore produttività nella loro particolare mansione rispetto aquel che si otterrebbe impiegando lo stesso numero di lavoratori nelle mansioni più ampie che precedentementeavevano.Smith vide l'importanza del confrontare le abilità con l'equipaggiamento, di solito nel contesto di un'organizzazione.Ad esempio, i fabbricanti di spilli erano organizzati con una persona che fabbricava la testa, un altro il corpo dellospillo, ciascuno usando differenti strumenti. Similmente egli sottolineò che un gran numero di abilità, utilizzateassieme in parallelo e dotate degli strumenti appropriati, erano richieste per costruire una nave.Nel moderno dibattito economico dovrebbe essere usato il termine capitale umano. Lo stesso Smith, con la suagenialità, suggerisce già che gli enormi incrementi della produttività ottenibili grazie alla tecnologia e al progressotecnico sono possibili perché viene tenuto assai di conto e il capitale umano e fisico, soprattutto all'interno diun'organizzazione.

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Menenio AgrippaIn modo più pittoresco, è rimasto famoso l'apologo di Menenio Agrippa. Nei primi tempi della storia di Roma, fecefronte ad una rivolta del popolo, che si lamentava di doversi far carico del lavoro duro, mentre la classe dirigente siappropriava gratuitamente dei prodotti. Nel suo apologo egli portò ad esempio lo stomaco e le braccia del corpoumano, facendo vedere che, se allo stomaco viene negato il cibo procurato dalle braccia, anche il resto del corpodeperisce, braccia comprese.

Karl MarxL'aumento delle specializzazioni può anche portare a lavoratori con più scarse competenze e conoscenze globali, ealla totale mancanza di entusiasmo per il loro lavoro. Questo punto di vista è stato ampliato e sviluppato da KarlMarx. Egli definì il processo come "alienazione": Marx denuncia l'aspetto alienante di questo modo di produzione.Né il prodotto, né il controllo su cosa e come si produce, né la possibilità di gestire liberamente le relazioni con lealtre persone all'interno del luogo di lavoro sono ad appannaggio del lavoratore. In queste condizioni, il lavorodiventa la negazione dell'uomo, il suo contrario. Invece di essere il luogo dell'autorealizzazione più alta dell'uomo,diventa quello del suo abbrutimento. Marx scrisse che "con questa divisione del lavoro", il lavoratore è "ridottospiritualmente e psichicamente alla condizione di una macchina". Egli credette che la produzione abbondante fosseessenziale alla liberazione umana e accettò l'idea di una rigorosa divisione del lavoro solo come un temporaneo malenecessario.Il più importante contributo teorico fornito dal Marx è stata la sua netta distinzione tra la divisione sociale e ladivisione tecnica o economica del lavoro. Questo significa che mentre certe forme di cooperazione arrivanosemplicemente per necessità tecnica, altre sono puramente il risultato di una funzione di controllo sociale da parte diuna classe e di una struttura gerarchica. Se queste due divisioni sono combinate assieme, potrebbe apparire chel'esistenza della divisione del lavoro sia inevitabile e immutabile per via di certe caratteristiche tecniche che larendono possibile, quando invece essa è (in buona parte) realizzata socialmente e influenzata da giochi di potere.Potrebbe accadere, per esempio, che sia tecnicamente necessario che lavori sia piacevoli che sgradevoli debbanoessere gestiti da un preciso gruppo di persone. Ma a partire da quel singolo fatto, in realtà non succede mai che ognisingola persona debba fare ogni singolo (piacevole e sgradevole) lavoro. Se un preciso gruppo di persone svolge ilavori spiacevoli e un altro quelli piacevoli, questo non può essere certo spiegato dalla necessità tecnica: significache è stata presa una decisione sul piano sociale, che può essere stata presa usando una varietà di differenti criteri(cioè commettendo un arbitrio). Questo comporta che i compiti potrebbero essere improvvisamente invertiti (se adesempio avviene uno sconvolgimento al vertice dove sono prese le decisioni), o una persona potrebbe assegnare icompiti permanentemente, e così via.Marx suggerisce anche che la capitalistica divisione del lavoro si evolverà col passare del tempo fino a quando illavoro sarà giudicato solamente in base alla produttività del lavoro (il che comporta, ad esempio, l'assenza di unconcetto diffuso e seguito di capitale umano)[1], dove la produttività del lavoro è definita come lavoro che crea unsurplus (eccedenza) di valori.Tuttavia, l'esame del time use surveys suggerisce che commercialmente il lavoro effettuato dipende sempre, eprocede insieme, al rendimento di un considerevole ammontare di lavoro volontario. Spesso più lavoro ricade supersone che devono svolgere quel lavoro senza essere pagate e questo avviene proporzionalmente al taglio deisussidi statali e all'aumento della privatizzazione.Nella società comunista immaginata da Marx, la divisione del lavoro è trascesa, cioè avviene un equilibrato sviluppoumano dove le persone esprimono pienamente la loro natura attraverso un'ampia varietà di lavori creativi che essisvolgono.

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Henry David ThoreauHenry David Thoreau ha criticato la divisione del lavoro nel suo Walden, ovvero La vita nei boschi (pubblicato nel1854), sulla base che è meno efficiente. Egli declama che l'uomo civilizzato in una società civilizzata è meno felice,in pratica, rispetto ad un uomo in una società selvaggia. La risposta che lui fornisce è l'auto-sufficienza, che lui trovasia abbastanza per coprire principali bisogni di ognuno.

Emile DurkheimEmile Durkheim scrisse a proposito di un mondo, che presenta divisioni e disuguaglianza, separandolo lungo le lineedella "solidarietà umana", dove il suo essenziale valore morale sta nella divisione del lavoro. Nel 1893 egli pubblicòLa divisione del lavoro sociale (De la division du travail social), il suo fondamentale trattato sulla natura dellasocietà umana e il suo sviluppo sociale. In accordo con Franz Borkenau c'è stato un grande incremento nelladivisione del lavoro avvenuto nell'Ottocento dopo la Rivoluzione Industriale che ha introdotto le astratte categorie dilavoro, che si possono ricondurre all'idea cartesiana, tutta moderna, che la nostra esistenza corporea sia un merooggetto della nostra (astratta) coscienza.

Ludwig Von MisesLe teorie di Marx, che includevano dichiarazioni negative riguardo alla divisione del lavoro furono criticate daeconomisti austriaci come Ludwig Von Mises. Il principale argomento qui è che i guadagni provenienti dalladivisione del lavoro superano di gran lunga i costi; che è pienamente possibile far rientrare un equilibrato sviluppoumano all'interno del capitalismo, e che l'alienazione sia più un'invenzione fantastica. Dopotutto, il lavoro non è tuttoquello che c'è nella vita; esiste anche il tempo dell'ozio.

GlobalizzazioneLa questione sulla divisione del lavoro raggiunge il suo culmine nelle controversie riguardo alla globalizzazione, cheè spesso interpretata come un eufemismo per l'espansione del commercio globale basato sul vantaggio competitivo.Questo significherebbe che i Paesi si specializzerebbero nel lavoro che essi possono fare meglio. I critici tuttaviaobiettano che la specializzazione internazionale non può essere spiegata al meglio in termini di "lavoro che le nazionisvolgono meglio", ma piuttosto questa specializzazione è guidata più da criteri commerciali, che favoriscono alcuniPaesi rispetto ad altri.L'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico si è recentemente (28 giugno 2005) pronunciata sulfatto che: "Politiche efficienti ad incoraggiare l'occupazione e a combattere la disoccupazione sono essenziali se iPaesi intendono cogliere pieno beneficio dalla globalizzazione ed evitare una ripercussione contro il liberocommercio... I danni al lavoro in certi settori, di pari passo con le nuove opportunità di lavoro in altri settori, sonoun'inevitabile accompagnamento del processo di globalizzazione... La sfida è assicurare che il processo diaggiustamento, coinvolto nel mettere a disposizione dei lavoratori nuove opportunità di lavoro, funzioni nel migliormodo possibile."

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Dibattito modernoNel mondo moderno, gli specialisti più presi nei loro lavori dalla divisione del lavoro sono quelli coinvolti nellagestione e nell'organizzazione. In vista dell'estensione globale della divisione del lavoro, la questione viene spessosollevata in merito a quale divisione del lavoro sarebbe la più ideale, apprezzabile, efficiente e giusta.La gerarchia nel lavoro è alquanto inevitabile, semplicemente perché nessuno può svolgere tutti i compiti in unavolta; ma certamente il modo in cui queste gerarchia sono strutturate può essere influenzato da una varietà didifferenti fattori. La domanda da porsi è chi debba appartenere alla gerarchia.È comunemente accettato che il principio più equo nel collocare le persone all'interno della gerarchia sia quello dioffrire prove di competenza o abilità. Questo importante concetto occidentale di meritocrazia può essere interpretatocome la spiegazione o la giustificazione del perché la divisione del lavoro è fatta così.In generale, nelle economie capitaliste, certe cose non sono decise consapevolmente. Persone differenti provanosoluzioni differenti, e quella che si rivela più efficace (massimo rendimento con minimo sforzo) viene generalmenteadottata. Spesso tecniche che funzionano in un certo posto o momento, non lavorano altrettanto bene in un altro.Questo non rappresenta un problema, poiché l'unico requisito di un sistema capitalista è che i benefici siano maggioridegli svantaggi.

Divisione sessuale del lavoroLa più chiara esposizione sulle caratteristiche della divisione sessuale del lavoro intorno dimensione dell'interasocietà umana può essere riassunta nei comportamenti logicamente complementari implicati nella seguente forma: sele donne in età matura, cioè capaci di rimanere pregne, in una determinata comunità, tendono a svolgere l'attività X(ad esempio preparare il terreno per la semina), esse svolgeranno anche l'attività Y (la semina); mentre per l'uomo lalogica inversione di questo esempio sarebbe che se gli uomini devono seminare allora preparano il terreno. La CrossCultural Analysis of the Sexual Division of Labor [2] di White, Brudner and Burton (1977, public domain) mostrache i compiti più frequentemente scelti dalle donne con questo genere di legami logici sono quelli più in relazionecon una gravidanza. Questa conclusione si è ripetuta in studi di vario tipo, includendo anche le moderne economieindustriali. Questi inevitabili comportamenti non restringono quanto lavoro per ogni compito dato può essere svoltodagli uomini o dalle donne, ma sono solo le tendenze legate alla conformità dei ruoli. La logica conseguenza è che ledonne, nell'abbattere le foreste per l'agricoltura, ad esempio, tendono a fare l'intera sequenza di compiti finalizzatiall'agricoltura su quelle radure. In teoria, questi tipi di comportamenti potrebbero essere rimossi da provvedimentiinerenti alla cura dei figli, ma non sono disponibili esempi etnografici.

Vantaggi•• Più efficienza in termini di tempo.•• Riduce il tempo necessario per l'addestramento perché il compito da svolgere è semplificato.•• Incrementa la produttività perché il tempo di addestramento è ridotto e il lavoratore è reso produttivo con un

inferiore impiego di tempo.•• Il concentrare il lavoratore su di un unico e ripetitivo compito lo rende più abile nello svolgerlo.•• Si riduce il tempo necessario per passare da una fase all'altra del processo di produzione, riducendo il tempo totale

impiegato.•• L'intera quantità del prodotto cresce significativamente a beneficio del consumatore.

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Svantaggi•• Mancanza di motivazione: la qualità del lavoro ne risente mentre l'assenteismo sale.•• Crescente dipendenza: un blocco all'interno della produzione può causare problemi all'intero processo.•• Perdita di flessibilità: i lavoratori hanno conoscenze limitate e non ci sono molte opportunità di lavoro disponibili.• Costi di avviamento più elevati: alti costi iniziali necessari per comperare macchinari specifici comporta un più

elevato punto di pareggio.

Note[1] Si possono citare, per chiarire meglio, le parole di Umberto Galimberti: la tecnica, da strumento nelle mani dell'uomo per dominare la

natura, diventa ambiente in cui l'uomo vive; ambiente dove dominano le regole di quella razionalità che, misurandosi sui criteri dellafunzionalità e dell'efficienza, non esita a subordinare alle esigenze dell'apparato tecnico le stesse esigenze dell'uomo. (da Psiche e techne.L'uomo nell'età della tecnica, Feltrinelli, Milano, 1999)

[2] http:/ / eclectic. ss. uci. edu/ ~drwhite/ pub/ Entail77. pdf

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Funzione aziendaleLa funzione aziendale (o area funzionale), in economia aziendale, è un insieme di attività svolte all'internodell'azienda, raggruppate in base al criterio dell'omogeneità delle competenze necessarie per svolgerle.

Caratteri generaliSi può dire, senza dubbio, che il concetto di funzione sia stato storicamente alla base della nascitadell'organizzazione aziendale se non addirittura della divisione e specializzazione del lavoro. Ancora oggi quellobasato sulle funzioni è probabilmente il più utilizzato tra i criteri per raggruppare gli organi aziendali in unitàorganizzative e queste in unità organizzative di livello superiore. Si tratta di un criterio che favorisce ilcoordinamento, grazie all'omogeneità delle competenze coinvolte; inoltre, riunendo competenze simili si favorisce loscambio di conoscenze ed esperienze e l'emergere di pratiche condivise.Il raggruppamento delle attività per funzioni offre una visione dell'azienda basata sulla specializzazione dellecompetenze delle risorse umane, diversa da quella offerta dal raggruppamento delle attività per processi: i processiaziendali si snodano, di solito, tra più funzioni, mentre la medesima funzione può essere attraversata da più processi.D'altra parte, è spesso proprio nel punto di passaggio da una funzione aziendale all'altra che si verificano i maggioripunti di attrito nei processi.Quando il criterio di raggruppamento per funzioni viene utilizzato per formare le direzioni intermedie poste alledirette dipendenze dell'alta direzione, si ha un particolare schema di macrostruttura aziendale, detto polifunzionale,che è quello più diffuso: lo si riscontra, infatti, in moltissime organizzazioni, delle più svariate dimensioni e campi diattività. Ma anche quando viene adottato uno schema multidivisionale, scendendo di livello organizzativo all'internodelle singole divisioni si trova, prima o poi, un'articolazione per funzioni.

Funzione aziendale 56

TipologiaLe funzioni concretamente individuate all'interno delle aziende variano notevolmente secondo la natura dell'aziendae il suo campo di attività. In generale si possono distinguere:• le funzioni caratteristiche, ossia quelle relative alla realizzazione, erogazione e commercializzazione del prodotto

o servizio; la loro articolazione varia secondo le aziende: in un'impresa manifatturiera, ad esempio, si possonotrovare le funzioni ricerca e sviluppo o tecnica, approvvigionamento, produzione, logistica e commerciale(marketing e vendite);

• le funzioni integrative, che pur non essendo legate direttamente all'attività produttiva sono comunquefondamentali per l'attività dell'azienda; vi rientrano le funzioni risorse umane, organizzazione, amministrazione efinanza;

• le funzioni di supporto, tra le quali rientrano le funzioni sistema informativo, pianificazione e controllo.Nella pratica le funzioni sopra elencate possono essere variamente aggregate, specie nelle aziende di minoridimensioni: ad esempio, le funzioni risorse umane e organizzazione sono spesso unite, così come lo sono le funzioniamministrazione, finanza e controllo (in tal caso comunemente designate con la sigla AFC). Al limite, nelle aziendepiù piccole, vi possono essere solo due aree funzionali, una tecnico-produttiva, l'altra amministrativa.

Voci correlate•• Divisione del lavoro•• Economia aziendale•• Organizzazione aziendale•• Risorse umane

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Gruppo di lavoro 57

Gruppo di lavoroIn ambito aziendale si ha la formazione di un gruppo di lavoro quando persone appartenenti ad enti diversi, o conprofessionalità diverse, si riuniscono ed operano assieme in maniera coordinata per affrontare e risolvere unproblema che non sarebbe risolvibile singolarmente dai singoli componenti o dalle loro funzioni aziendali diappartenenza.

Nascita degli studi sul gruppo di lavoroL'attività di un moderno gruppo di lavoro ha la sua fondazione nello studio della mente dello psicologo russo LevSemënovič Vygotskij. Questi sostenne che la mente dell'uomo non funziona solo sulla base della propria fisiologia,ma si arricchisce interagendo con il contesto culturale e sociale in cui è immerso: la cooperazione tra i membri delgruppo stimola la capacità della persona al superamento delle difficoltà e alla risoluzione dei problemi. Nelloscambio culturale che avviene all'interno del gruppo, la strumentazione pratica e il patrimonio di idee e opinioni diognuno costituiscono gli artefatti culturali della società.Nella seconda metà degli anni '80 del '900 il costruttivismo sociale progredisce la teoria di Vigotskij: il gruppo dilavoro diviene una comunità di senior e apprendisti sotto la guida di un tutor. Le guide del gruppo costruiscono unsupporto all'apprendista dalla periferia al centro dell'attività, supporto che viene ritirato man mano che egli divieneesperto.

Costituzione del gruppo di lavoroNel gruppo di lavoro si vengono a costituire 3 fasi importanti per il suo completo sviluppo. Innanzitutto èfondamentale che ci sia una membership che faccia da ponte tra i membri del gruppo e permetta di far riconoscerel'unicità. Se questa unicità però viene troppo esasperata, essa provoca conseguenze molto negative. La membership èimportante, però non è la condizione sufficiente per costituire il gruppo. È necessario spostarsi sul versante dellariconoscibilità, della soddisfazione e della valorizzazione dei bisogni del gruppo, in questo caso si parlerà diGroupship. Quando c'è il bisogno di equilibrare la Membership e la groupship sorge il bisogno della Leadership.

Dinamiche del gruppo di lavoroIl gruppo di lavoro è una realtà più complessa rispetto al semplice gruppo. In esso si sviluppa una dinamicacompletamente diversa, definita come "pluralità di integrazioni", mentre il semplice gruppo è caratterizzato da una"pluralità di interazioni".[1]. Le pluralità delle integrazioni incidono fortemente sul gruppo di lavoro e nel suotracciato evolutivo: si possono evidenziare due fasi:[2] la prima è quella della coesione, che è la funzione collante nelgruppo, essa fa condividere regole e fa emergere le uguaglianze. La seconda fase è il passaggio dall'interazioneall'interdipendenza. Se L'interazione assicura la formazione del gruppo, però non è sufficiente per dare vita ad ungruppo di lavoro; perché esso possa formarsi diviene centrale un altro processo definito interdipendenza.L'interdipendenza è un atteggiamento positivo perché la persona si vincola alle altre del gruppo per raggiungereobiettivi comuni. La positività consiste nella divisione dei compiti e nella condivisione di materiali, risorse einformazioni. Nasce la consapevolezza dei membri di dipendere positivamente gli uni dagli altri. Nel caso il leadergestisca male i conflitti del gruppo, questi possono degenerare creando un'interdipendenza negativa, dove i membrisi ostacolano fra loro, portando al fallimento del gruppo.

Gruppo di lavoro 58

Processo nel gruppo di lavoroQuando un gruppo di lavoro si evolve, siamo di fronte ad un processo definito teambuilding, inteso come attività dicostruzione e formazione di un soggetto sociale. Il teambuilding si contraddistingue per una serie di fattori. Prima ditutto un gruppo di lavoro deve porsi degli obiettivi, che sono il risultato atteso da un gruppo che lavora. L'obiettivodeve essere chiaro, fatto conoscere a tutti i membri e ci si deve identificare su di esso: questo però non basta, servonoaltri due elementi che sono la chiarezza e la condivisione per poter giungere a risultati attesi. Un altro elementofondamentale è il metodo definito come principio e modalità di funzionamento perché fa da regolatore durantel'interazione. Esso deve essere efficiente ed efficace. All'interno di un gruppo di lavoro è importante il ruolo definitocome insieme di aspettative che hanno le persone in relazione alla posizione. Poi viene la leadership, perché il leaderper eccellenza è il "professionista di relazioni", egli serve a interpretare le esigenze di crescita del gruppo[3]. Lacomunicazione è intesa come processo interattivo e trasformativo: essa è importante perché determina la formazionedel gruppo. Il clima si presenta come la combinazione di opinioni, atteggiamenti e percezioni che vanno dai singolimembri alla capacità di essere un insieme globale. Infine viene lo sviluppo che determina la crescita personale deisoggetti, sia a livello individuale che a livello collettivo.

Funzionamento del gruppo di lavoro aziendaleIn una azienda il funzionamento di un gruppo di lavoro può essere visto come un processo produttivo delineato daparticolari risorse e orientato alla realizzazione di un prodotto finale. Le risorse umane costituiscono gli input dispecifiche competenze e qualifiche per poter svolgere al meglio il lavoro, il cui output è il risultato finale dell'attività.Il processo è sottoposto a controlli delle condizioni di lavoro dei membri: essi agiscono con mezzi e risorse che sonoi meccanismi messi loro a disposizione. mentre il valore aggiunto fa riferimento alla costruzione del Know-how delgruppo, intesa come maggior esperienza e competenza del gruppo. "Si delinea un'idea di gruppo di lavoro comedinamica sociale complessa, di volta in volta connaturata e legittimata nelle sue forme, modalità e caratteristichedalle specifiche realtà o cornici organizzative di lavoro".[4]

Date queste premesse, in ambito aziendale si ha la formazione di un gruppo di lavoro quando persone appartenentiad enti diversi, o con professionalità diverse, si riuniscono ed operano assieme in maniera coordinata per affrontare erisolvere un problema che non sarebbe risolvibile singolarmente dai singoli componenti o dalle loro funzioniaziendali di appartenenza.

Principali tipi di gruppo di lavoroi principali tipi di gruppi sono:

• i gruppi di lavoro propriamente detti, gruppi di lavoro temporanei che vengono attivati per la risoluzione diproblemi che si protraggono da tempo e che non hanno trovato risoluzione nella normale prassi operativa. Sioccupano prevalentemente di identificare la soluzione del problema, che poi può essere perseguita dallanormale struttura organizzativa o affidata al gruppo di lavoro stesso;

• il gruppo di lavoro nei contesti educativi. La scuola è ambiente ideale per imparare in un clima collaborativofatto di discussione e confronto tra coetanei. La cooperazione tra studenti privilegia l'interdipendenza positiva,l'interazione faccia a faccia tra pari, il lavoro di piccoli gruppi eterogenei per composizione. Questo clima èutile al metodo di cooperative learning, cioè l'insegnamento e l'apprendimento in gruppi di lavoro, dove lavariabile più significativa è la cooperazione tra studenti.

• le task force, gruppi temporanei che vengono formati per affrontare un problema specifico che si è manifestatoimprovvisamente, che va risolto in maniera urgente e che non è affrontabile efficacemente tramite la normalestruttura organizzativa. Contiene al suo interno anche elementi con capacità decisionali, in modo da poteroperare tempestivamente come serve senza dover richiedere il consenso continuo di altri organismi;

Gruppo di lavoro 59

• i comitati, gruppi di coordinamento permanenti che si riuniscono periodicamente. Sono formati daresponsabili di varie funzioni aziendali che si occupano di analizzare o di formulare proposte in un determinatoambito che interessa più aree aziendali;

• i circoli di qualità o gruppi di miglioramento, gruppi permanenti costituiti da un ridotto numero didipendenti che si riuniscono periodicamente per esaminare i problemi che si riscontrano nel lavoro e perindividuare soluzioni migliorative che vengono quindi sottoposte al management per l’approvazione della loroattuazione.Una tipologia a parte dei gruppi di lavoro sono i gruppi di progetto , che però sono più una modalitàorganizzativa e di lavoro (come ad esempio nelle imprese che operano per commessa) che non unametodologia di risoluzione di problemi. I gruppi di progetto sono spesso seguiti da un comitato guida , osteering committee, che esercita l’indirizzo ed il controllo strategico sul progetto.

Gruppi permanenti e gruppi temporanei

È da far rilevare un aspetto organizzativo che differenzia i vari tipi di gruppo di lavoro. Nei gruppi permanenti,l'attività richiesta dall'appartenenza al gruppo fa parte della normale routine operativa dei componenti. Nei gruppitemporanei, invece, per un certo periodo il componente si trova a dover rispondere contemporaneamente a duenecessità: quella di portare avanti la normale attività nella funzione di appartenenza (che si vede "sottrarre" unarisorsa) e quella nuova di appartenenza al gruppo. Questa doppia appartenenza, se non viene ben motivata,incentivata e gestita, può portare a gravi malfunzionamenti del gruppo di lavoro, con i componenti che tendono aprivilegiare la normale attività rispetto a quella del gruppo di lavoro.

Scioglimento del gruppo temporaneo

Per i gruppi di lavoro temporanei, una attenzione particolare va inoltre dedicata al momento di scioglimento delgruppo a seguito del raggiungimento dell’obiettivo. Bisogna infatti verificare se dai lavori del gruppo sono emerseanche nuove attività da svolgere in maniera routinaria. Se così è, bisogna attribuire questi nuovi compiti alla normalestruttura organizzativa, altrimenti il gruppo rischia di cristallizzarsi e di trasformarsi in un “ufficio fantasma” cherimarrà di riferimento per le nuove attività che sono emerse e che nessuno si è accollato.

Note[1][1] Dal gruppo al gruppo di lavoro, Renato Di Nubila, cap.2, pag 69 Pensa MultiMedia.[2][2] Dal gruppo al gruppo di lavoro di Renato Di Nubila cap 2, pag. 69-71[3][3] Gruppo di lavoro e lavoro di gruppo Alberto Agosti ., cap.3, pagg, 61-65[4][4] la consulenza organizzativa,Carlo Foddis, cap.2 par 2 pag 48

Bibliografia• Lerida Cisotto, Psicopedagogia e didattica, Roma,Carocci Editore, 2005. ISBN 88-430-3475-8• Gabriella Pravettoni, Massimo Miglioretti, Processi cognitivi e personalità Milano, Franco Angeli s.r.l, 2002• Renato Di Nubila, dal gruppo al gruppo di lavoro, Lecce, Pensa MultiMedia editore s.r.l 2008 ISBN

978-88-8232-574-9• Alberto Agosti, gruppo di lavoro e lavoro di gruppo, Milano, Franco Angeli editore 2006• Carlo Foddis, la consulenza organizzativa, Roma, ed Armando, 2011

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Voci correlate•• Apprendimento cooperativo in aula•• leadership•• task force•• team building•• tutor

Collegamenti esterni• Il valore della coesione nei gruppi di lavoro - PMI.it (http:/ / www. pmi. it/ economia/ lavoro/ articolo/ 3736/

il-valore-della-coesione-nei-gruppi-di-lavoro. html)• Gruppo CRC (http:/ / www. gruppocrc. net/ )

Altri progetti

• Commons (http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Pagina_principale?uselang=it) contiene immagini o altrifile su gruppo di lavoro (http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:Teamwork?uselang=it)

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Project management

« Se qualcosa può andare storto, lo farà. »

(Legge di Murphy)

Con l'espressione inglese project management, detto anche gestione di progetto o gestione di progetti si intendel'insieme di attività volte alla realizzazione degli scopi/obiettivi di un progetto. Un progetto è uno sforzo delimitatonel tempo (con una data di partenza e una di completamento) diretto a creare dei prodotti e/o servizi e/o risultatispecifici che comportano dei benefici o del valore aggiunto al committente/cliente.Secondo il PMBOK (pubblicato dal PMI) il project management è l'applicazione di conoscenze, attitudini, tecniche estrumenti alle attività di un progetto al fine di conseguirne gli obiettivi.La collocazione in un arco temporale finito distinguono il progetto dai processi operativi di un'azienda (le cosiddetteattività di routine) che sono invece permanenti o semi-permanenti e sono diretti a produrre in modo ripetitivo lostesso prodotto o servizio. Proprio la diversa natura di queste attività richiede lo sviluppo di filosofie, attitudini eapprocci diversi per la loro gestione.La sfida principale del project management è quella di raggiungere gli obiettivi del progetto restando all'interno delperimetro costituito dai classici vincoli determinati dal contesto del committente, solitamente il costo, il tempo e loscopo (nel senso anche della qualità). La sfida secondaria - ma non meno ambiziosa - è quella di ottimizzarel'allocazione delle risorse e integrare gli input necessari a raggiungere gli obiettivi definiti. Queste sfide infinedevono essere portate avanti risolvendo i problemi e mitigando i rischi che ciascun progetto, in misura diversa,troverà comunque lungo la sua strada.

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Cenni storici sul project management

Particolare della colonna Traiana, Roma

Fondamenti di una cultura di project management sisono sviluppati fin da tempi remoti presso diverseciviltà anche geograficamente distanti e con labililegami tra loro. Le Piramidi egizie (alla piramide diCheope lavorarono 100.000 uomini per 20 anni), ilColosseo (eretto in 10 anni) e i grandi acquedottiromani, rimangono testimonianze concrete di progettiche non avrebbero potuto essere sviluppati in assenzadi una buona cultura nel campo del projectmanagement. La capacità di gestire grandi progettivenne meno nel corso della civiltà occidentale sia per ildisfacimento del sistema imperiale romano, checomportò la dispersione delle capacità ingegneristiche(presenti in particolare nel genio militare delle legioni), e sia per il superamento dello schiavismo, che rendeva piùdifficilmente realizzabili grandi progetti per via dell'aumento dei costi causato dalla progressiva diminuzione dellamanodopera gratuita (facendo collassare il classico triangolo dei vincoli del project management - vedere piùavanti). A riprova di come, già in tempi antichi, l'idea di gestire risorse complesse in ottica progettuale fosse diffusae in qualche modo strutturata, è utile citare il De bello Gallico: nei paragrafi XVII, XVIII e XIX del libro IV GiulioCesare descrive i dettagli tecnici ed organizzativi (tempi, obiettivi, materiali utilizzati, gestione delle risorse) dellacostruzione di un ponte sul Reno nel corso della quinta campagna di Gallia[1]. Poche righe, che sorprendentementecontengono elementi fondamentali comuni ad un moderno piano di progetto (testo e traduzione in linea libro IV Debello Gallico [2]).

In epoca moderna il project management si è sviluppato a partire da diversi campi di applicazione incluso il settoredelle costruzioni, l'ingegneria industriale, la difesa (logistica e organica militare) e, in tempi più recenti, larealizzazione di software.Uno dei contributi più precoci e più importanti venne dato dall'ingegnere statunitense Henry Gantt, che introdussenei primi anni del XX secolo una tecnica di pianificazione ricordata ancora oggi con il suo nome (Diagramma diGantt) tuttora parte essenziale di ogni attività di pianificazione, a suo tempo sviluppata da Gantt per supportarel'introduzione delle teorie di Taylor di cui fu importante collaboratore. Sulla base del suo lavoro sono natisuccessivamente altri fondamentali concetti ampiamente usati nelle prassi di project management, come quello diallocazione delle risorse e quello di Work Breakdown Structure (WBS), utilizzato per rappresentare la struttura delleattività di un progetto.Nel corso della Seconda guerra mondiale e nel periodo successivo presero luce i primi veri e propri progetti strutturati secondo una concezione moderna del project management. Il Progetto Manhattan, lanciato dal governo degli U.S.A. con l'obiettivo di realizzare per primo armi nucleari in anticipo rispetto agli sforzi in corso da parte del governo nazista, è riconoscibile come il primo grande progetto organizzato secondo un modello scientificamente somigliante ai grandi progetti attuali. Il fisico Robert Oppenheimer che ne venne nominato direttore nel 1942, sfruttando la sua abilità organizzativa (nonché ovviamente la sua profonda conoscenza teorica degli argomenti trattati) riuscì a dare una forma organizzativa e una profonda motivazione a tutto il team di progetto (vi lavorarono per diversi anni circa 700 persone). Oltre ai diagrammi di Gantt e altre tecniche e strumenti informali, negli anni successivi al 1950 vennero sviluppate altre importanti tecniche: il PERT (Program Evaluation and Review Technique) sviluppato dalla società Booz Allen Hamilton per il progetto di sviluppo del missile Polaris da parte della Marina statunitense (in collaborazione con la Lockheed Corporation) e il CPM (Critical Path Method) sviluppato congiuntamente da DuPont Corporation and Remington Rand Corporation per gestire i progetti di manutenzione

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degli impianti industriali. Negli anni successivi queste tecniche si diffusero largamente e velocemente nel mondoindustriale.Il project management moderno è una cultura che viene soprattutto dall'esperienza derivante dalla gestione diprogetti complessi. Tra i primi a sottolineare questo approccio sia come Project Manager che come consulente dellemaggiori Società, Imprese e Committenti è stato Russel D. Archibald [3].L'ingegneria gestionale si evolse e, grazie al lavoro pionieristico di Hans Lang e altri, vennero sviluppate tecnologieper la stima dei costi di progetto e per la gestione dei costi. Nel 1956 venne fondata la "American Association ofCost Engineers" (ora AACE International - "Association for the Advancement of Cost Engineering") da parte deiprimi cultori del project management e delle prassi correlate (pianificazione, stima dei costi, controllo di progettocosti/pianificazione). La AACE ha continuato la sua attività di sviluppo degli standard tecnologici e nel 2006 harilasciato il "Total Cost Management Framework" (versione PDF del libro [4]) sviluppato da John Hollman.Nel 1969 venne fondato il Project Management Institute (PMI) con l'obiettivo di diffondere e rafforzare le prassi diproject management attraverso l'affermazione di uno standard, sulla base della convinzione che i diversi campi diapplicazione del project management, dall'Edilizia alla Ingegneria del software avessero una larga base comune nelletecnologie e nelle metodologie di gestione dei progetti. Nel 1981 il Comitato Direttivo del PMI autorizzò lo sviluppodella Guida al "Project Management Body of Knowledge" (altrimenti noto come PMBOK), contenente una guidacompleta e sintetica degli standard e delle linee guida indispensabili per le prassi di project management.L'International Project Management Association (IPMA), fondata in Europa nel 1967, ha intrapreso una direzionesimile istituendo l'IPMA Competence Baseline (ICB). Entrambe le organizzazioni stanno partecipando ora allosviluppo di uno standard ISO per il project management.

Il ruolo del Project Manager

Per approfondire, vedi project manager.

La gestione di un progetto è solitamente demandata a un project manager, che a volte partecipa direttamente alleattività che lo compongono, ma principalmente si focalizza nel coordinamento e nel controllo delle varie componentie dei diversi attori coinvolti con l'obiettivo di minimizzare la probabilità di insuccesso.Al completamento del progetto di solito il prodotto o servizio realizzato vengono presi in carico da una figuraoperativa diversa, tipicamente il Product Manager o il Service Manager.In progetti di grande respiro, l'attività di project management può essere delegata a più persone: si realizza quindi ungruppo di project management. Comunemente nel gruppo esiste un leader che viene comunque chiamato projectmanager, a questo si affiancano altre persone che si occupano delle attività di management di parti del progettosecondo una vista per componenti del sistema o per aree specifiche. Questi vengono detti talvolta task manager.

Concetti e tecniche fondamentaliPremesso che sia a livello internazionale che in Italia circola una quantità notevole di metodologie e di tecnichecorrelate alla teoria e alla prassi del project management, esistono dei concetti e delle tecniche fondamentaliricorrenti nella maggior parte degli approcci esistenti.

Stima di un progettoLa stima dimensionale di un progetto è una delle prime attività cruciali da cui dipende il successo del progetto e la sorte del project manager. Esistono molteplici tecniche per quantificare i tempi e i costi necessari a realizzare un progetto o, se si vuole, la sua durata. Nei progetti complessi, al fine di rendere il più possibile oggettiva e affidabile la stima, è fortemente raccomandabile produrre almeno due stime indipendenti possibilmente prodotte con tecniche diverse, provvedendo poi a effettuare una riconciliazione che produca una convergenza. La durata del progetto

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naturalmente dipende dalla struttura della pianificazione adottata, in particolare dal grado di parallelismo tra leattività che compongono il progetto, parallelismo a sua volta dipendente dal numero di risorse impiegate. I passicomuni alla maggior parte delle tecniche di pianificazione prevedono di:• identificare le attività elementari (task) necessarie a produrre i deliverable associati a ciascun elemento della

Work Breakdown Structure (WBS) e le loro dipendenze;• rappresentare la scomposizione dei task in un diagramma di Gantt, mettendo in evidenza le interrelazioni tra i

diversi elementi del progetto (macro-attività o work packages, task e output) in una scala temporale;• valorizzare la quantità di lavoro necessaria (il cosiddetto effort) a completare ciascun task, determinando la

tipologia di risorse (umane e non) necessarie alla loro realizzazione;•• calcolare i tempi di realizzazione di ciascun task in base al numero di risorse a loro assegnate;• determinare i costi del personale per la realizzazione di ciascun task moltiplicando la quantità di lavoro (effort)

stimato per i costi medi delle tipologie di risorse individuate; aggiungere i costi degli altri materiali e/o servizinecessari;

• determinare il percorso critico in base alle dipendenze esistenti dentro la WBS;• calcolare il tempo totale (il cosiddetto elapsed) sommando i tempi di tutti i task che si trovano all'interno del

percorso critico;•• determinare il costo totale sommando i costi (personale + materiali + servizi) di tutti i task.Questo procedimento è reso molto più semplice dagli strumenti di controllo della pianificazione disponibili, checonsentono di rappresentare la struttura dei task associati alla WBS, visualizzare il diagramma di Gantt e cercare ilmiglior assetto del piano che ottimizzi l'utilizzo delle risorse e minimizzi i rischi presenti nella pianificazione, con ilvincolo di restare all'interno del tempo di realizzazione richiesto dal committente.

Triangolo dei vincoli di progetto

Il Triangolo dei vincoli di progetto

Al pari di ogni altro sforzo umano, anche i progetti vengono realizzatie rilasciati in un contesto sottoposto a determinati vincoli.Tradizionalmente questi vincoli vengono elencati come scopo/qualità,tempo e costo/risorse. Spesso viene usata l'immagine del triangolodel project management (dove ogni lato rappresenta un vincolo), perrappresentare la loro correlazione: ciascun vincolo non può esserecambiato senza impattare sugli altri due, ovvero ciascun parametro èfunzione degli altri due. Un'ulteriore variante di questo sistema deivincoli separa la "qualità" (o le 'prestazioni') dallo "scopo",trasformandolo in un tetraedro con quattro vincoli correlati tra loro.

Il vincolo tempo indica la quantità di tempo disponibile per completareil progetto. Il vincolo costo/risorse rappresenta il budget disponibile

per il progetto e al tempo stesso l'insieme delle risorse a disposizione del progetto (è evidente la correlazione direttatra costo e risorse assegnate). Il vincolo scopo/qualità rappresenta quanto deve essere fatto per conseguire i risultatiattesi dal progetto sia in termini di requisiti che di criteri di qualità/performance. Questi tre vincoli sono strettamentecorrelati: incrementare lo scopo tipicamente significa aumentare i tempi e i costi/risorse del progetto; ridurre i tempispesso richiede costi più alti (risorse più grandi) e/o uno scopo più ristretto; un budget risicato (meno risorse) puòimplicare tempi più lunghi e/o una riduzione dello scopo.

È proprio la teoria del project management che fornisce gli strumenti e le tecniche che consentono al team diprogetto di organizzare il proprio lavoro all'interno di questo sistema di vincoli ottimizzando il tutto.Una rappresentazione alternativa dei vincoli consiste nello scegliere come variabili il costo, il tempo e le risorse umane. Se occorre finire un progetto in un tempo minore si possono aumentare le persone assegnate, il che

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aumenterà anche i costi per il probabile aumento di inefficienza nell'allocazione delle risorse.

Tempo

Le dipendenze tra i task interni e quelle dagli eventi esterni (es: la fornitura di prodotti o materiali che servono dainput a determinati task) possono impattare sulla durata del progetto, introducendo spesso nei progetti reali lanecessità di rivedere la pianificazione precedente. Un altro classico fattore che impatta sui tempi riguarda ladisponibilità delle risorse, piuttosto che l'assunzione (in fase di stima) di produttività/performance significativamentediverse da quella effettiva del team reale. Nella maggior parte dei progetti medio-grandi la misurazionedell'avanzamento, il controllo e l'adattamento del piano fanno parte delle attività periodiche di routine del projectmanager. Il Tempo non è considerato un costo né una risorsa, dato che il project manager non può controllare lavelocità con cui trascorre; questo ne fa la differenza fondamentale con gli altri vincoli.

Costo/Risorse

I costi necessari a sviluppare un progetto dipendono principalmente da diverse variabili: quantità e qualità dellerisorse assegnate, costi del lavoro, costi dei materiali e/o dei servizi acquistati esternamente, gestione dei rischi (es:quanto viene speso/accantonato per mitigare i principali rischi), costi di controllo e amministrazione del progetto,impianti e strumenti a disposizione, rivalutazione dei costi (in caso di progetti pluriennali), costi indiretti.

Scopo/Qualità

Lo scopo del progetto, ossia i risultati che devono essere prodotti, è fortemente correlato alla qualità e/o alleperformance di quanto deve essere rilasciato. La qualità prodotta rappresenta l'accuratezza con cui i risultaticonseguiti sono aderenti ai requisiti concordati, nel senso che soddisfano completamente i requisiti richiesti edeventualmente aggiungono ulteriore valore per il committente. Per garantire un'aderenza soddisfacente (zerosorprese) è necessario investire uno sforzo maggiore nella fase di ingaggio del progetto, arrivando a definire con lamaggior precisione possibile i requisiti e i criteri di accettazione che dovranno essere utilizzati per valutare i risultatiprodotti (caratteristiche e performance).

Articolazione delle attività di project managementIl project management si articola in diversi tipi di attività:1. Analisi e definizione degli obiettivi e degli eventi che li pilotano (i cosiddetti compelling events)2. Pianificazione del lavoro in funzione degli obiettivi3. Individuazione e controllo dei Rischi (Risk Management)4.4. Valutazione e pianificazione delle risorse necessarie5.5. Allocazione/disallocazione delle risorse6.6. Organizzazione del lavoro e dei processi7.7. Acquisizione delle risorse umane e dei materiali necessari8. Assegnazione dei task9.9. Direzione e coordinamento delle attività10. Misurazione dell'avanzamento del progetto (Metriche di progetto)11.11. Analisi dei risultati ottenuti sulla base dei fatti e delle informazioni raccolte12.12. Definizione e controllo delle azioni correttive necessarie con rimessa del progetto in assetto con gli obiettivi13.13. (Ri) previsioni tempi, costi e altri indicatori del progetto14.14. Gestione della qualità15.15. Gestione e soluzione dei problemi16.16. Assicurazione della qualità (riduzione al minimo delle non conformità)17. Identificazione, gestione e controllo delle variazioni di scopo (change request o change control)18.18. Chiusura del progetto e disallocazione delle risorse

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19.19. Gestione dell'accettazione dei risultati prodotti20. Comunicazione di progetto (che in realtà inizia dal punto 2) oppure dissemination21.21. Notifica dei risultati ottenuti ai committentiA queste si affiancano le attività trasversali che sottendono all'applicazione delle cosiddette "Soft skill", menotecniche e più orientate alla motivazione dei gruppi di lavoro e al rapporto interpersonale.

Obiettivi del ProgettoGli obiettivi del progetto definiscono i risultati da raggiungere alla fine del progetto, risultati necessari per ilconseguimento dei benefici attesi dai committenti. Gli obiettivi possono essere formulati nel modo miglioreverificandone l'aderenza ai requisiti indicati dall'acrostico SMART (traducibile dall'inglese come "intelligente","furbo"):• Specifico/Semplice (ossia ben definito e chiaramente comprensibile)• Misurabile (o per lo meno valutabile) nella sua raggiungibilità• Accettabile (nel senso di "considerato raggiungibile" dalle persone coinvolte nel progetto)• Rilevante (ossia importante per il committente, al punto di affidare un mandato chiaro e forte a coloro che hanno

responsabilità nel progetto)• Tempificato/Tracciabile (nel senso che deve essere conseguito entro una data certa e poter essere tracciato nel suo

avanzamento)La misurazione (o valutazione) del raggiungimento di un obiettivo può/deve essere accertata alla fine del progetto.Tuttavia una continua vigilanza attiva sul progresso verso ciascun obiettivo dovrebbe essere monitorata e valutataperiodicamente nel corso del progetto.La comunicazione di progetto, da non confondere con la comunicazione al committente dei risultati del progetto, èun processo diretto a fare comprendere gli obiettivi e valorizzare contenuti del progetto presso una quantità dipubblici diversi e differenziati. Ad es. promuovere il progetto, le sue finalità e l'organizzazione che lo realizza,presso i Media (ufficio stampa), presso target interni (top management, financing, comunicazione corporate ecc.) outilizzarne i valori per il marketing aziendale[5].

Deliverable dell'attività di project management

Per approfondire, vedi Deliverable (project management).

I deliverable nell'ambito del project management sono identificabili in un insieme di documenti, a cui ci si riferiscecome Project Management Plan. Tali documenti hanno inoltre lo scopo di allineare le aspettative degli sponsor, deiclienti e del team di progetto.

Variabili di controllo del progettoLa disciplina del project management ha tra i propri principali obiettivi quello di tenere sotto controllo le variabilidel progetto, costituite dalle variabili già descritte nella sezione triangolo dei vincoli di progetto a cui si aggiungono irischi.Il rischio può essere definito come una potenziale causa di fallimento del progetto o, in altre parole, un evento potenzialmente in grado di mettere a repentaglio il raggiungimento degli obiettivi del progetto. La maggior parte dei rischi con impatti negativi può essere risolta (o per lo meno mitigata) intervenendo nella pianificazione del progetto e disponendo di maggior tempo e/o maggiori risorse. Secondo alcune definizioni (inclusa la terza edizione del PMBOK) un rischio può essere classificato anche come positivo nel senso che ad esso può essere associato una potenziale opportunità (ad es: completare il progetto prima del previsto, per via di una immissione di risorse

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aggiuntive o di una sua semplificazione). I committenti di un progetto a volte possono imporre in corsa unpeggioramento sulle tre variabili del triangolo: tempi, costi/risorse, scopo/qualità. Le restanti variabili, i rischiappunto, devono essere gestite dal team di progetto ed in primis dal project manager, mediante una stima inizialesolida e accurata e l'utilizzo di tecniche di pianificazione efficienti e reattive. Sia la determinazione di questevariabili (tempi, costi/risorse, scopo/qualità) sia l'approccio da utilizzare verso i rischi di progetto, di solito vengonofissati attraverso un processo di negoziazione tra le parti che si riflette nel contratto iniziale (formale o informale chesia).Un buon project manager, oltre alla profonda conoscenza di queste variabili, di solito ha una buona esperienza anchenei processi di integrazione, comunicazione, gestione delle risorse umane, assicurazione della qualità (QualityAssurance), pianificazione e gestione degli acquisti (Procurement).

Approcci metodologici

Per approfondire, vedi Approcci di project management.

Gli approcci utilizzati nell'ambito del project management consistono in diversi approcci metodologici adottabili perla gestione delle attività di un progetto, che includono gli approcci agili, interattivi, incrementali e basati sullasuccessione di fasi predefinite.Molti di essi fanno riferimento al PMBOK sviluppato dal Project Management Institute. Tra i più importanti (vederead esempio recensione di Max Wideman [6]) possono essere considerati RUP, PRINCE2[7], TenStep, SDLC.

fasi di sviluppo di un progetto

Indipendentemente dall'approccioutilizzato, una particolare attenzione vadedicata alla definizione chiara degliscopi/obiettivi del progetto e delle loroimplicazioni; anche la definizionechiara dei ruoli e delle responsabilità ditutti gli attori coinvolti, inclusi icommittenti, riveste una importanzadecisiva per il successo del progetto.

Nel caso di progetti molto complessi (ad esempio nel caso di un insieme di progetti correlati) e comunque in caso diimpatti rilevanti dei progetti sulle organizzazioni coinvolte e sui loro processi, il progetto deve essere consideratoall'interno di un approccio più globale, agendo sul piano del Change management che si occupa principalmente digestire l'impatto umano e organizzativo di una trasformazione all'interno di un contesto aziendale e/o sociale.Tra i principali approcci esistenti vi sono:• L'approccio classico che è di fatto rappresentato dalla ortodossia del PMBOK sviluppato dal Project Management

Institute e a cui si ricollegano altri framework (es: Method 123 [8], TenStep [9]);• Il Rational Unified Process (RUP) costituito da un framework per lo sviluppo iterativo di prodotti software creato

da Rational Software Corporation;• L'approccio del Critical chain (catena/percorso critico) che si focalizza sulla disponibilità delle risorse oltre che

sulle dipendenze logiche tra attività di progetto;• Gli approcci di project management basati sui processi (Process-based management) che derivano da una

generalizzazione del concetto di controllo di progetto.

Project management 67

Sistemi di project management

Per approfondire, vedi Sistemi di project management.

Ciclo di monitoraggio e controllo

I sistemi utilizzati per la gestione di un progetto, puressendo funzionali agli approcci di projectmanagement utilizzati, hanno (almeno parzialmente)caratteristiche in comune che possono essere utilizzatida approcci diversi. Seguendo l'approccio tradizionalelo sviluppo di un progetto include cinque componenti:le quattro fasi di sviluppo più il controllo.

La fase di controllo di un progetto viene realizzataattraverso l'implementazione di un sistema di controllodiretto a governare un insieme di aspetti che include(non necessariamente tutte le variabili elencate) i costi,i rischi, la qualità, le comunicazioni, i tempi, le risorseumane, le variazioni di scopo, la gestione degliacquisti. Un sistema di controllo accurato richiede la definizione e gestisce la misurazione di un opportuno insiemedi indicatori (ad es: Earned Value) rivolto a tenere sotto controllo e prevedere l'andamento delle principali variabilisopra indicate; questi indicatori, in parte standard e in parte definibili in base alla specifica natura del progetto, fannoparte delle Metriche di progetto.

A prescindere dalla maggior parte delle metodologie usate, lo sviluppo di un progetto può essere articolato in diversefasi[10]:•• allestimento e avviamento (o start-up), diretto a determinare la natura e lo scopo del progetto;• pianificazione e progettazione, diretta a organizzare i tempi e i rilasci dei deliverable e identificare i requisiti del

progetto;•• esecuzione (o produzione dei risultati), che consiste nella realizzazione dei processi necessari a soddisfare i

requisiti del progetto;• monitoraggio e controllo del progetto, diretto a osservare e misurare l'esecuzione del progetto (tramite gli

indicatori definiti nelle Metriche di progetto) in modo da identificarne per tempo i rischi e i potenziali problemi eintraprendere, quando necessarie, le azioni correttive volte a rimettere il progetto in linea con i propri obiettivi;

• completamento e rilascio dei risultati, diretto a formalizzare l'accettazione dei deliverable rilasciati e l'esecuzionedi tutte le attività “amministrative” indirizzate a chiudere tutte le pendenze.

Strumenti per il project management

Per approfondire, vedi Strumenti di project management.

Gli strumenti di project management possono essere intesi sia come le tecniche utilizzate per supportare larealizzazione delle attività di project management, sia come i prodotti software che implementano tali strumenti e liforniscono contestualmente ad un insieme integrato di servizi e/o funzionalità. Per un elenco degli strumenti piùdiffusi, fare riferimento alla voce Strumenti di project management.

Project management 68

Note[1] Cesare, De bello Gallico, IV, 17[2] http:/ / www. latin. it/ autore/ cesare/ de_bello_gallico/ !04!liber_iv/ 17. lat[3] http:/ / www. russarchibald. com[4] http:/ / www. aacei. org/ tcm[5] In diversi casi la comunicazione procede attraverso la dissemination, cioè il processo di diffusione dei risultati e dei benefici di un progetto (in

particolar modo se è di ricerca) presso il mondo accademico e scientifico e diretto al technology transfer.[6] http:/ / www. maxwideman. com/ papers/ pm-methodologies/ importance. htm[7] The PRINCE2 Guide - A to Z, FAQ and 1000+ Exam Questions (http:/ / www. ruleworks. co. uk/ cgi-bin/ TUaz. exe?Guide=Prince2&

XL=P& t=PRINCE2 Knowledgebase)[8] http:/ / www. method123. com/[9] http:/ / www. tenstep. it/[10] La suddivisione in 5 fasi è comune a molte metodologie e corrispondente ai 5 macroprocessi indicati dal PMBOK IEEE Std 1490-2003

(http:/ / standards. ieee. org/ reading/ ieee/ std_public/ description/ se/ 1490-2003_desc. html).

Bibliografia

Libri in italiano• Russel D. Archibald, Project Management - La gestione di Progetti e programmi complessi, 3ª ediz., Franco

Angeli, 2004, ISBN 978-88-464-5179-8.• Project Management Institute, Guida Al Project Management Body of Knowledge, 3ª ediz., Project Management

Institute, 2003, ISBN 1-930699-22-0.• Harold Kerzner, Project management. Pianificazione, scheduling e controllo dei progetti, 1ª ediz. (8ª ediz.

inglese), Hoepli, 2005, ISBN 88-203-3426-7.• Lucio Bianco, Massimiliano Caramia, Metodi quantitativi per il project management, 1ª ediz., Alpha Test, 2006,

ISBN 88-203-3666-9.• Brizio Leonardo Tommasi, Massimiliano Caramia, Project management e risorse umane, 1ª ediz., Franco Angeli,

2009, ISBN 978-88-568-0675-5.• Brizio Leonardo Tommasi, Massimiliano Caramia, Metriche di maturità nel Project management, 1ª ediz., Franco

Angeli, 2012, ISBN 978-88-204-0795-7.• Marion E. Haynes, Project management: dall'idea all'attuazione. Una guida pratica per il successo., 7ª ediz.,

Franco Angeli, 2004, ISBN 88-204-7462-X.• ISIPM - A cura di E.Mastrofini e E.Rambaldi, Guida alla Certificazione Base di Project Management, 1ª ediz.,

Franco Angeli, 2008, ISBN 88-464-9706-6.• Sebastian Nokes, Sean Kelly, Il project management: tecniche e processi, 2ª ediz., Pearson Education Italia, 2008,

ISBN 978-88-7192-500-4.• Antonello E.Bove, Project management: la metodologia dei 12 step, 1ª ediz., Hoepli Editore, 2008,

ISBN 978-88-203-3970-8.

Libri in inglese• Scott Berkun, Art of Project Management, Cambridge, MA, O'Reilly Media, 2005, ISBN 0-596-00786-8.• Fred Brooks, The Mythical Man-Month, 20th Anniversary Edition, Adison Wesley, 1995, ISBN 0-201-83595-9.• Frigenti E Comninos D &, The Practice of Project Management - a guide to the business-focused approach,

Kogan Page, 2002, ISBN 0-7494-3694-8, * Flyvbjerg, Bent, (2006). "From Nobel Prize to Project Management:Getting Risks Right." Project Management Journal, vol. 37, no. 3, pp. 5-15. (http:/ / flyvbjerg. plan. aau. dk/Publications2006/ Nobel-PMJ2006. pdf).

• Gary Heerkens, Project Management (The Briefcase Book Series), McGraw-Hill, 2001, ISBN 0-07-137952-5.• Yamal Chamoun, Professional Project Management, THE GUIDE, 1st.Edition, Monterrey, NL MEXICO,

McGraw Hill, 2006, ISBN 970-10-5922-0.

Project management 69

• James Lewis, Fundamentals of Project Management, 2nd ed., American Management Association, 2002,ISBN 0-8144-7132-3.

• Meredith, Jack R. and Mantel, Samuel J., Project Management : A Managerial Approach, 5th ed., Wiley, 2002,ISBN 0-471-07323-7.

• Stellman, Andrew and Greene, Jennifer, Applied Software Project Management, Cambridge, MA, O'ReillyMedia, 2005, ISBN 0-596-00948-8.

• Thayer, Richard H. and Yourdon, Edward, Software Engineering Project Management, 2nd Ed., Wiley-IEEEComputer Society Press, 2000, ISBN 0-8186-8000-8.

• S. Jonathan Whitty, A Memetic Paradigm of Project Management (http:/ / espace. library. uq. edu. au/ eserv.php?pid=UQ:8801& dsID=sjw_ijpm_05. pdf), International Journal of Project Management, 23 (8) 575-583,2005.

• Whitty, S.J. and Schulz, M.F., The impact of Puritan ideology on aspects of project management (http:/ / espace.library. uq. edu. au/ eserv. php?pid=UQ:11452& dsID=sjw_mfs_ijpm_07. pdf), International Journal of ProjectManagement, 25 (1) 10-20, 2007.

• Stephen R. Pettee, As-builts – Problems & Proposed Solutions (http:/ / primeedge. com/ Asbuilt_news/ as-built.pdf), Construction Management Association of America, 2005.

• Eric Verzuh, The Fast Forward MBA in Project Management, 2nd, Wiley, 2005, ISBN 0-471-69284-0, (pbk.).

Voci correlate

•• Capability Maturity Model•• Change management•• Critical chain•• Deliverable•• Diagramma di Gantt•• Metriche di progetto•• Gestione della conoscenza aziendale•• Governance•• Ingegneria gestionale•• Mappe mentali•• Metodologia agile•• Organization Breakdown Structure•• PERT/CPM

•• Progetto•• Progetto educativo•• Program Management Office•• Project Portfolio Management•• Quadro logico•• Qualità•• Rational Unified Process•• Six Sigma•• Solution map•• Stato Avanzamento Lavori•• Total cost management•• Work Breakdown Structure

Altri progetti

• Commons (http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Pagina_principale?uselang=it) contiene immagini o altrifile su project management (http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:Project_management?uselang=it)

Collegamenti esterni• Project Management Institute – Nord Italia Chapter (http:/ / www. pmi-nic. org/ / ), PMI Rome Italy Chapter

(http:/ / www. pmi-rome. org), PMI Sud Italia (http:/ / www. pmi-sic. org)• Project Management (http:/ / www. dmoz. org/ Business/ Management/ Project_and_Program_Management/ ) in

Open Directory Project, Netscape Communications. ( Segnala (http:/ / www. dmoz. org/ public/suggest?cat=Business/ Management/ Project_and_Program_Management/ ) su DMoz un collegamento pertinente

all'argomento "Project Management")

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Risorse umane 70

Risorse umaneLa locuzione risorse umane viene usata nel linguaggio manageriale e dell'economia aziendale per designare ilpersonale che lavora in un'azienda e, in particolar modo, il personale dipendente.Con questa espressione si vuole evidenziare l'aspetto di valore o capitale insito nel personale, nella suaprofessionalità e nelle sue competenze e, quindi, il fatto che le spese per lo sviluppo di tali risorse devono essereconsiderate investimenti. L'uso dell'espressione è inteso a sottolineare l'importanza delle risorse umane nell'ambitodell'azienda, il loro essere una fonte di vantaggio competitivo per l'azienda e l'intero sistema economico, anche se èstato a volte letto come riflesso di una concezione che tende a svalutare la dimensione umana del lavoratore perassimilarlo alle altre risorse aziendali.

Origine ed evoluzione del concettoL'espressione fu utilizzata per la prima volta da Raymond Miles nel 1965 per sottolineare il cambiamento nelleaziende avvenuto con il superamento delle vecchie teorie organizzative, basate sul taylorismo, che inducevano asottoporre gli individui a controlli rigidi ed a pretendere il rispetto rigoroso di norme e procedure.

Raymond Miles

Con l'avvento delle nuove teorie organizzative, le risorse umane sono considerate,dal punto di vista economico e gestionale, come le altre risorse aziendali:macchinari, tecnologia, immobili ecc. Di conseguenza, l’organizzazione si ponenell'ottica di investire su di esse, per ottimizzare la performance e la qualità. Dalpunto di vista relazionale, c'è una maggiore attenzione agli aspetti psicologici e, inparticolare, motivazionali, ma anche alla salute psicofisica dei lavoratori. I dueaspetti sono interconnessi: considerare le risorse umane come fattore economico edi crescita aziendale spinge l'organizzazione a prestare attenzione anche agli aspettilegati al loro benessere complessivo. Ciò ha portato alla nascita di nuove discipline,come la psicologia del lavoro, la medicina del lavoro e l'ergonomia, che sipropongono di studiare gli aspetti psicologici e psicofisici della prestazionelavorativa

Le risorse umane acquistano così un valore centrale per l'azienda, contribuiscono al suo sviluppo e gli consentono diadattarsi ai cambiamenti della società della conoscenza. Nel frattempo lo sviluppo dell'informatica, correlato alladematerializzazione del lavoro, spinge ad una maggiore attenzione alla crescita professionale ed alla formazionedelle risorse umane che diventa aspetto fondamentale di crescita e di investimento dell'azienda.

Orientamenti manageriali e influenzeNelle organizzazioni, è importante determinare, sia gli attuali, che futuri requisiti organizzativi per tutte le risorseumane che l'eventuale manodopera in termini di loro abilità/abilità, competenze, flessibilità tecniche ecc. L'analisirichiede la considerazione dei fattori interni ed esterni che possono avere un effetto sul resourcing, sullo sviluppo,sulla motivazione degli impiegati e di altri operai. I fattori esterni sono quelli in gran parte fuori dal controllodell'organizzazione. Questi includono il clima economico e le attuali e future tendenze del mercato del lavoro (peresempio, abilità, livello di formazione, investimento di governo nelle industrie ecc.). D'altra parte, le influenzeinterne sono controllate largamente dall'organizzazione per predire, determinare e monitorare-per esempio- la culturaorganizzativa sostenuta dallo stile manageriale, dal clima ambientale e dall’approccio alle responsabilità sociali edetiche.

Risorse umane 71

Orientamenti principaliPer conoscere come funzionano gli affari di un'organizzazione devono essere considerati tre orientamenti importanti:• Demografia: le caratteristiche di una popolazione/manodopera, per esempio, l’età, genere o classe sociale. Questo

tipo di tendenza può avere un effetto rispetto alla pensione o all’assicurazione.• Diversità: la variazione all'interno della popolazione e del posto di lavoro. I Cambiamenti della società adesso

significa che una più grande proporzione delle organizzazioni si compone di “baby boomers” o di impiegati piùanziani rispetto a trenta anni fa.

•• Abilità e qualificazioni: come le industrie si muovono dalle professioni manuali verso le professioni manageriali equindi il bisogno di high skill. I datori di lavoro devono competere per gli impiegati offrendo ricompensefinanziarie e investimenti.

Risposte IndividualiTenendo conto delle risposte delle risorse umane rispetto ai cambiamenti del mercato del lavoro bisogna considerare:•• Diffusione geografica: La distanza per raggiungere il posto di lavoro dovrebbe essere in conformità con la paga

offerta così come il trasporto e l'infrastruttura della zona•• Struttura occupazionale: le norme ed i valori delle differenti carriere all'interno di un'organizzazione. Mahoney

1989 ha sviluppato 3 tipi differenti di strutture occupazionali, vale a dire, mestiere (lealtà alla professione),carriera organizzativa (promozione ) e non strutturata (operai più bassi/non qualificati che lavorano quando nehanno bisogno).

• Differenza Generazionale: le categorie differenti di età degli impiegati hanno determinato caratteristiche, diverseper il loro comportamento e le loro aspettative all’interno dell’organizzazione

Sviluppo risorse umaneLo sviluppo delle risorse umane è una combinazione di formazione e di istruzione, in un vasto contesto dellepolitiche dell'occupazione e della salute, che accerta il miglioramento, lo sviluppo e la formazione delle risorseumane in un continuum. Adam Smith dichiara: “la capacità degli individui dipende dal loro accesso alla formazione„.[1]. Lo sviluppo delle risorse umane è il mezzo che guida il processo tra l’educazione e l’apprendimento in unambiente in una società in continuo sviluppo. Lo sviluppo delle risorse umane può essere definito come lo sviluppodella sezione più importante di tutta l’organizzazione: la risorsa umana, raggiungendo o aggiornando gli skill e gliattitudini di tutte le risorse a tutti i livelli per elevare l'efficacia di impresa.[2]

La funzione aziendaleL'espressione è oggi utilizzata anche per designare la funzione aziendale (in passato denominata "personale" o simili)che si occupa dei vari aspetti di un particolare sistema operativo aziendale, il sistema di gestione e sviluppo dellerisorse umane, nel quale rientrano i seguenti processi concernenti le risorse umane:• pianificazione;• reclutamento, selezione ed inserimento in azienda;• formazione;• valutazione;• carriera e mobilità del personale;• politica retributiva;•• relazioni sindacali e rapporti con il personale.Tale funzione è di solito unita o quantomeno strettamente integrata con la funzione organizzazione. Va inoltre citatoil processo complementare alla gestione delle risorse umane, cioè quello dell'amministrazione del personale, che sioccupa degli aspetti retributivi, contributivi e fiscali.

Risorse umane 72

La gestione delle risorse umane va assumendo un'importanza sempre maggiore nelle aziende, evolvendo daltradizionale ruolo prevalentemente amministrativo ad uno più marcatamente strategico, vista la centralità che imoderni modelli di management attribuiscono alle risorse umane e al loro sviluppo per il conseguimento degliobiettivi. In quest'ottica, un rilievo sempre maggiore è assunto dai sistemi di valutazione del personale e dallaformazione. Inoltre, nella moderna gestione delle risorse umane è sempre più importante il ruolo assunto dalletecnologie dell'informazione e comunicazione (ICT); in quest'ambito i sistemi informativi per la gestione delpersonale sono andati evolvendosi, arricchendo le tradizionali funzionalità gestionali-operative (calcolo delleretribuzioni, registrazione dei dati amministrativi ecc.) con funzionalità di supporto alle decisioni: si parla, in questocaso, di Human Resource Management System (HRMS).

Note[1] Kelly D, 2001, Dual Perceptions of HRD: Issues for Policy: SME’s, Other Constituencies, and the Contested Definitions of Human Resource

Development, http:/ / ro. uow. edu. au/ artspapers/ 26[2][2] The Lisbon European Council in March 2000

Bibliografia• Miles R., Human relations or human resources?, Harvard Business Review, July-August 1965.• Brizio Tommasi L., Caramia M., Project management e risorse umane. Organizzazione e metodologie produttive

per la gestione delle risorse umane nella dinamica dei progetti di servizio, Franco Angeli, 2009.

Voci correlate•• Economia•• Funzione aziendale•• Management

Altri progetti

• Commons (http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Pagina_principale?uselang=it) contiene immagini o altrifile su Risorse umane (http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/Category:Human_resources_management?uselang=it)

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Strategia 73

Strategia

« La strategia è la via del paradosso. »

(Sun Tzu)

Una strategia è la descrizione di un piano d'azione di lungo termine usato per impostare e successivamentecoordinare le azioni tese a raggiungere uno scopo predeterminato.La strategia si applica a tutti i campi in cui per raggiungere l'obiettivo sono necessarie una serie di operazioniseparate, la cui scelta non è unica e/o il cui esito è incerto. La parola strategia deriva dal termine greco στρατηγός(strateghós), ossia "generale".

Cenni storiciIl primo trattato di strategia si può con certezza far risalire a Sunzi (孫 子; pinyin: Sūnzǐ; Wade-Giles: Sun Tsu), nelperiodo della dinastia Zhou, in Cina (VI-V secolo a.C.) intitolato L'arte della guerra (Sūnzǐ Bīngfǎ, 孫 子 兵 法),ed ancora tenuto come testo base per l'apprendimento della strategia in ogni campo dell'azione umana.

CaratteristicheLa strategia si contrappone alla tattica, che ha invece lo scopo di pianificare al meglio la singola azione e deve tenerconto di tutti i vincoli pratici e contingenti di essa. Militarmente, la strategia si riferisce ad operazioni tese araggiungere un obiettivo di lungo termine e si attua su scale geografiche ampie, la tattica si riferisce invece ad azionitese a raggiungere un obiettivo di breve termine e generalmente si attua su scala geografica ridotta: la tattica riguardacioè il come combattere una battaglia, mentre la strategia riguarda il capire se la battaglia debba essere combattuta ono. Cambiare tattica nel corso delle operazioni è normalmente possibile senza grossi problemi, e anzi è spessovantaggioso per adattarsi a situazioni nuove o per ottenere la sorpresa sul nemico; cambiare strategia invece è disolito difficile e costoso, perché impone una riorganizzazione profonda e la modifica o l'abbandono deglistrumenti/armamenti/organigrammi usati.

Campi d'applicazioneNella teoria dei giochi un "giocatore", inteso come generico agente in una competizione tesa al raggiungimento diuno scopo, può trovare una strategia ottima (cioè che conduce alla vittoria o comunque al miglior risultato possibile)solamente se conosce tutte le regole del gioco e tutto lo stato del gioco, come negli scacchi (o nello scoponescientifico, se bara e vede le carte degli altri).Nel campo militare, del marketing, economico (direzione di aziende, OPA e scalate di borsa) e nella diplomaziaquesto non si verifica quasi mai: non solo, ma a volte le stesse regole del gioco possono non essere interamente noteo addirittura cambiare durante la competizione. Per questo in situazioni simili si preferisce scartare strategiepromettenti ma rischiose e scegliere invece strategie anche non ottime ma "robuste", cioè che puntino sì alla vittoriama che permettano anche di limitare i danni nel caso peggiore, ovvero che permettano di cavarsela "non troppomale" nella maggior parte dei casi.•• strategia militare

•• strategia della tensione•• strategia d'impresa• strategia di marketing• strategia di design•• gestione strategica

Strategia 74

•• strategia nella teoria dei giochi•• strategia economica• strategia terapeutica nella terapia strategica (psicologia, psichiatria)

Voci correlate•• Strategia militare•• Piano (strategia)•• Tattica•• Logistica

Altri progetti• Wikizionario contiene il lemma di dizionario «strategia»

Collegamenti esterni• Strategia [1] in Tesauro del Nuovo Soggettario [2], BNCF, marzo 2013.

Portale Economia Portale Guerra

Portale Ingegneria

Note[1] http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ termine. php?id=30446

75

Gestione strategica

Visione aziendaleIl termine visione (vision) è utilizzato nella gestione strategica per indicare la proiezione di uno scenario futuro cherispecchia gli ideali, i valori e le aspirazioni di chi fissa gli obiettivi (goal-setter) e incentiva all’azione. Con iltermine Vision si intende l'insieme degli obiettivi di lungo periodo che il Top Management vuole definire per lapropria azienda, comprendere anche la visione generale del mercato e l'interpretazione di lungo periodo del ruolodell’azienda nel contesto economico e sociale.Sebbene venga di solito usato con riferimento ad imprese, il termine può essere utilizzato anche con riferimento adassociazioni o ad organizzazioni in genere, nonché in relazione ai singoli individui.Il "manifesto" della visione (vision statement) dovrebbe essere tale da spronare i membri dell’organizzazione (o ilsingolo nel caso di vision personale) e renderli orgogliosi di farne parte.Un vision statement efficace dovrebbe:• essere chiaro e descrivere in modo vivido un’immagine;•• riguardare il futuro;• essere facilmente ricordabile - sebbene la lunghezza sia variabile è preferibile contenerla il più possibile per

facilitarne l’apprendimento;•• contenere espressioni che facciano presa;•• riferirsi ad aspirazioni realistiche o comunque verosimili.Esempi di visione:• Bill Gates (1980) – "Un personal computer su ogni scrivania, e ogni computer con un software Microsoft

installato";• Nokia:

• 1995 – "Our vision: Voice Goes Mobile"• 2005 – "Our vision: Life Goes Mobile"

• CIA – "Noi forniamo informazioni e agiamo al fine di assicurare la sicurezza nazionale degli Stati Unitid'America e la conservazione della vita e degli ideali americani" ("We will provide knowledge and take action toensure the national security of the United States and the preservation of American life and ideals.")

• un esempio di vision individuale: [The Mentoring Group] – "Mi sento fisicamente a posto, ho quasi finito i mieistudi, sono coinvolto attivamente in due relazioni interpersonali strette, prego e servo Dio regolarmente, ognigiorno mi diverto, guadagno almeno il 75 in più di quanto guadagno adesso facendo un lavoro che mi piace" ("Iam more physically fit, almost finished with my formal education, actively involved in two close personalrelationships, worshipping and serving God regularly, having fun every day, and making at least 75 as muchmoney as now doing work that I love.")

• ArtPlast – "Portare reali benefici e soddisfazioni al Cliente finale, contribuendo a creare un mercato di duraconcorrenza, purché sia leale senza danneggiare nessuno e con il beneficio di tutti."

Visione aziendale 76

Voci correlate•• Missione aziendale•• Pianificazione strategica•• Project management•• Valori d'impresa

Missione aziendaleLa missione (o scopo) di un'organizzazione o impresa (la sua "dichiarazione di intenti"), è il suo scopo ultimo, lagiustificazione stessa della sua esistenza, e al tempo stesso ciò che la contraddistingue da tutte le altre.Il mission statement è il "manifesto" della missione ed è in molti sensi analogo alla visione aziendale (visionstatement). Tuttavia, a differenza di questo, tende a focalizzarsi più sul presente e a fornire una guida operativa.Mentre un mission statement costituisce una guida pratica all’azione dell'organizzazione, la funzione della visioneaziendale è in un certo qual modo quella di "ispirare" i soggetti coinvolti.In alcuni casi si riduce ad uno slogan, mentre in altri è più esaustivo e pone e risolve le questioni di fondo relativeall’organizzazione. In tal caso può essere visto anche come una sorta di strategia di lungo periodo.Secondo alcuni un buon mission statement dovrebbe rispondere alle tre domande fondamentali:•• Chi siamo?•• Cosa vogliamo fare?•• Perché lo facciamo?Esempi di missione aziendale

Alcune aziende preferiscono descrivere la propria mission con medio lunghe argomentazioni:• Nokia – <<"Mettendo in contatto le persone noi aiutiamo il soddisfacimento di un fondamentale bisogno umano

di contatti e relazioni sociali. La Nokia costruisce ponti tra le persone - sia quando sono lontane chefaccia-a-faccia - e colma il divario tra le persone e le informazioni di cui hanno bisogno." ("By connecting people,we help fulfill a fundamental human need for social connections and contact. Nokia builds bridges betweenpeople – both when they are far apart and face-to-face – and also bridges the gap between people and theinformation they need.")>>

• Ferrero - <<Qualità elevatissima, cura artigianale, freschezza del prodotto, accurata selezione delle migliorimaterie prime, rispetto e considerazione del cliente: ecco le “parole chiave” e i valori Ferrero, che hanno resonote e apprezzate da milioni di consumatori le specialità dolciarie prodotte nel mondo. Prodotti frutto di ideeinnovative, quindi spesso inimitabili pur essendo di larghissima diffusione, entrati a far parte della storia delcostume di molti paesi, dove sono a volte considerati autentiche icone.>>

Altre preferiscono una comunicazione più concisa:• Ferrari - <<costruire vetture sportive uniche, destinate a rappresentare, in pista come sulle strade, l'automobile

italiana d'alta scuola. Simbolo di eccellenza e di sportività, Ferrari non ha bisogno di presentazioni>>• Wal-Mart – "Dare alla gente comune la possibilità di acquistare le stesse cose dei ricchi" ("To give ordinary folk

the chance to buy the same thing as rich people.")O addirittura decidono di limitare la mission ad un semplice slogan dal grande effetto comunicativo:• Walt Disney – <<Rendere felici le persone ("''To make people happy''")>>

A conclusione va comunque detto che i concetti sopra delineati non hanno definizioni chiare e vengono utilizzatispesso in sensi diversi. Quella esposta è soltanto la definizione desunta dal loro utilizzo nella maggioranza dei casi.

Missione aziendale 77

Comunicazione interna e condivisione di valori, visione e missioneVisione, missione e valori sono parte della strategia d'impresa, svolgono una funzione di comunicazione dellastrategia, rafforzano l'identità dell'organizzazione, l'identificazione dei singoli membri con questa, agevolanol'allineamento degli obiettivi individuali ed entrano a far parte del sistema di incentivi individuale dei membrimigliorandone i rendimenti.Condizioni dell'assolvimento di queste funzioni sono:• l'attenzione costante alla comunicazione interna di visione, missione e valori;•• l'allineamento degli obiettivi di medio termine con visione, missione e valori;• la promozione dell’armonizzazione dei sistemi di obiettivi e valori individuali dei membri con quelli

dell’organizzazione.A conclusione va comunque detto che:•• i concetti sopra delineati non hanno definizioni chiare e vengono utilizzati spesso in sensi diversi; quella esposta è

soltanto la definizione desunta dal loro utilizzo nella maggioranza dei casi.• la redditività (profitability) resta comunque l'obiettivo principe dell’attività d’impresa e concetto centrale

dell’analisi strategica. Di fatto nella stragrande maggioranza dei casi l'obiettivo assunto nell'analisi strategica èesclusivamente la redditività. ("We need freedom to shape our future; we need profit to remain free" (MarsIncorporated – Statement of core values)).

Voci correlate•• Valori d'impresa•• Visione aziendale

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Piano (strategia) 78

Piano (strategia)Il piano è un insieme di scelte e regole, solitamente organizzate nel tempo, per il conseguimento di un determinatoobiettivo nel futuro. Il significato del termine è amplissimo ed è funzione del contesto in cui è utilizzato e delsoggetto interessato.Alcuni esempi:• il piano di studio per un esame universitario, formulato dallo studente (o dal professore),• il piano di produzione di un'impresa industriale, formulato dalla direzione produzione,• il piano regolatore di un'aerea metropolitana, formulato dalle autorità competenti sul territorio,• il piano di aiuti per un'area geografica o nazione in crisi,• il piano di attacco o intervento nella strategia militare.Spesso usato come sinonimo, il programma è in realtà la versione operativa del piano (da cui discende), in quantodefinisce il percorso per raggiungere l'obiettivo prefissato, tenendo conto delle risorse disponibili, delle attività daintraprendere e dei tempi necessari per realizzarle. La pianificazione è quindi la formulazione di uno o più pianicoerenti tra di loro, così come la programmazione è la formulazione dei percorsi per soddisfare gli obiettivipianificati.

Ambiti specifici di pianificazione•• Pianificazione aziendale•• Pianificazione territoriale•• Pianificazione della domanda•• Pianificazione familiare• Pianificazione civile, nazionale e internazionale• Pianificazione economica, nazionale e internazionale•• Pianificazione militare

Piani di natura civile, sociale, economicaL'elenco che segue rimanda alla descrizione di noti piani formulati per l'aiuto alle popolazioni, per la valorizzazionedel territorio, per contrastare la concorrenza in ambito continentale o mondiale, ecc.•• Piano Morgenthau•• Piano Marshall•• Piano Dawes• Piano Schuman Dichiarazione Schuman. Primo discorso politico sul concetto di Comunità Economica Europea.

Piani in ambito militareSpesso in ambito militare, informatico ed industriale è usata l'espressione piano B, usata anche in ambito popolare,per significare un piano secondario, di emergenza, da attuare nel caso che il piano principale (piano A) fallisca odiventi inattuabile.Se l'obiettivo che si persegue è importante, è utile avere un piano B, concepito insieme al piano A. Per maggioresicurezza si possono ipotizzare anche piani C etc. in modo da non ritrovarsi spiazzati quando i piani A e B falliscono.L'elenco che segue rimanda a noti piani militari nella storia della guerra, spesso resi famosi da trasposizionicinematografiche.•• Piano Schlieffen•• Piano XVII

Piano (strategia) 79

•• Piano Solo

Voci correlate•• Programma•• Controllo di gestione•• Business plan•• Profit plan•• Strategia

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Note[1] http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:Planning?uselang=it

TatticaUna tattica è un metodo utilizzato per conseguire degli obiettivi.Concettualmente si può parlare di tattica in vari campi: nella guerra(tattica militare), in una battaglia o duello, ma anche in economia, nelcommercio, nello sport, nelle attività ludiche e in una grande varietà dialtri campi, come ad esempio la negoziazione.

Con il termine si designano anche i mezzi concreti utilizzati perottenere il risultato prefissato.Secondo la terminologia militare adottata dal Dipartimento dellaDifesa statunitense, si definisce il livello tattico come:

« il livello militare in cui le battaglie e l'impegno bellico sono pianificati ed eseguiti per ottenere obiettivi militari assegnatialle unità tattiche o task force. »

Wikipedia:Uso delle fonti

Tattica 80

CaratteristicheUn esempio della differenza, in una guerra contro un'altra nazione, in cui l'obiettivo è vincere la guerra, è tra lastrategia che punta a distruggere l'esercito per neutralizzare la sua capacità militare e le tattiche messe in opera daicombattenti per eseguire specifiche azioni in luoghi specifici.Secondo Michel de Certeau, mentre la strategia crea il suo spazio autonomo, una tattica è una azione volontariadeterminata dall'assenza di un luogo proprio; lo spazio della tattica è "lo spazio dell'altro": le tattiche sono azioniisolate che si avvantaggiano delle opportunità offerte dall'avversario.La tattica si distingue dalla strategia, che è la descrizione di un piano d'azione di lungo termine usato per impostare esuccessivamente coordinare le azioni tese a raggiungere uno scopo predeterminato.

Voci correlate•• Dottrina militare•• Strategia•• Strategia militare•• Storia militare•• Tattica militare

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Collegamenti esterni• Tattica [1] in Tesauro del Nuovo Soggettario [2], BNCF, marzo 2013.•• [2]• La Tattica nel Calcio [3]

• Baseball: Tecnica, tattica & C. [4]

• La discussione sulla tattica (marxismo) [5]

• Lettere sulla Tattica - Vladimir Lenin (1917) [6]

• Condotta tattica XXI - Ministero della Difesa svizzero [7]

• La tattica del direct marketing [8]

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Note[1] http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ termine. php?id=13917[2] http:/ / www. dtic. mil/ doctrine/ index. html[3] http:/ / www. tatticacalcio. altervista. org/[4] http:/ / www. anteprima. net/ Baseball/ tecnica/ index. asp?zona=7[5] http:/ / www. marxists. org/ italiano/ bordiga/ 1922/ 2/ 24-discu. htm[6] http:/ / www. marx. org/ italiano/ lenin/ 1917/ 4/ 26-tattica. htm[7] http:/ / www. vtg. admin. ch/ internet/ vtg/ it/ home/ dokumentation/ fuhrungsreglemente/ taktische. html[8] http:/ / www. cwi. it/ showPage. php?template=rubriche& id=8625

Catena del valore 81

Catena del valoreLa catena del valore è un modello che permette di descrivere la struttura di una organizzazione come un insiemelimitato di processi. Questo modello è stato teorizzato da Michael Porter nel 1985 nel suo best-seller CompetitiveAdvantage: Creating and Sustaining Superior Performance. Secondo questo modello, un'organizzazione è vistacome un insieme di 9 processi, di cui 5 primari e 4 di supporto.

I processi primariI processi primari sono quelli che direttamente contribuiscono alla creazione dell'output (prodotti e servizi) diun'organizzazione e sono:• Logistica in entrata: comprende tutte quelle attività di gestione dei flussi di beni materiali all'interno

dell'organizzazione.•• Attività operative: attività di produzione di beni e/o servizi.•• Logistica in uscita: comprende quelle attività di gestione dei flussi di beni materiali all'esterno

dell'organizzazione.• Marketing e vendite: attività di promozione del prodotto o servizio nei mercati e gestione del processo di vendita.•• Assistenza al cliente e servizi: tutte quelle attività post-vendita che sono di supporto al cliente (ad es. l'assistenza

tecnica).

Catena del valore 82

I processi di supporto e approvvigionamentoI processi di supporto sono quelli che non contribuiscono direttamente alla creazione dell'output ma che sononecessari perché quest'ultimo sia prodotto e sono:• Approvvigionamenti: l'insieme di tutte quelle attività preposte all'acquisto delle risorse necessarie alla produzione

dell'output ed al funzionamento dell'organizzazione.• Gestione delle risorse umane: ricerca, selezione, assunzione, addestramento, formazione, aggiornamento,

sviluppo, mobilità, retribuzione, sistemi premianti, negoziazione sindacale e contrattuale, ecc.• Sviluppo delle tecnologie: tutte quelle attività finalizzate al miglioramento del prodotto e dei processi. Queste

attività vengono in genere identificate con il processo R&D (Research and Development).• Attività infrastrutturali: tutte le altre attività quali pianificazione, contabilità finanziaria, organizzazione,

informatica, affari legali, direzione generale, ecc.

Limiti del modelloIl modello originale di Porter si adatta prevalentemente a grandi organizzazioni che trattano la produzione di beni.Per le Organizzazioni diverse da quella di produzione di beni è tuttavia possibile utilizzare il modello come un validospunto per l'analisi dei processi. In tal caso occorre provvedere ad un adattamento del modello stessoall'organizzazione oggetto di studio.

Voci correlate•• Logistica•• Michael Porter•• Processo aziendale•• Supply chain management

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Note[1] http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:Value_chain_diagrams?uselang=it

Piramide di Anthony 83

Piramide di Anthony

Il Modello della Piramide di Anthony

La piramide di Anthony (inglese: Anthony's pyramid, o, piùraramente, Robert Anthony's pyramid) è un sistema di classificazioneper l'organizzazione delle industrie, un modello gerarchico dicomportamento organizzativo che ha influenzato il pensieromanageriale[1].

Modello

Essa, come una comune "piramide sociale" del tipo delle caste indianeo del vassallaggio europeo, si articola su tre di livelli di decrescenteimportanza: al primo, e più alto, livello della piramide si trova il livello strategico, al secondo quello tattico e al terzoquello operativo.

Il principale motivo di questa disposizione è, secondo R. Anthony, l'autore dell'omonima piramide, che i tre diversilivelli hanno obiettivi gestionali o operativi di diversa lunghezza temporale e quindi di diversa importanza neldestino della società della quale fanno parte. Difatti il livello strategico ha obiettivi a lungo termine, quello tattico amedio termine e quello operativo a breve termine.In parole povere il livello strategico si occupa di decidere gestionalmente le sorti dell'azienda, il livello tattico diorganizzare le decisioni del livello sovrastante e di trasmetterle al livello operativo che progetta, crea e vende iprodotti e i servizi dell'azienda al grande pubblico.

Rapporto tra i livelliQuesti livelli, a differenza di quelli sociali, sono tra loro aperti e interscambiabili: un buon operaio o impiegato puòsalire di grado nell'azienda e conseguentemente di livello; discorso analogo si può fare con le tecnologie impiegatenella gestione aziendale: l'informatica è passata velocemente negli ultimi 2 decenni dal livello operativo, ovvero disostituzione delle minori capacità di calcolo umane, a quello strategico grazie al suo crescente livello di innovazionee utilizzo in tutti i campi del vivere quotidiano.

Note[1] * Pergamon Flexible Learning, "Information systems", Management Extra: Information and knowledge management, vol. 4, Elsevier, 2005,

pp. 60-75. ISBN 0750666889

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Analisi PEST 84

Analisi PESTL'analisi PEST (acronimo di Politica, Economica, Sociale, Tecnologica, nota anche come Analisi Quantitativa,STEER, STEEP, DESTEP, STEP, Peste o PESTEL) è una metodologia che si basa su alcune variabili del contestoche riescono a tratteggiare lo scenario esistente nell'ambiente in cui opera un'azienda (analisi statica), al fine diindividuare quali variabili possono essere rilevanti nel processo decisionale aziendale, nelle scelte strategiche eoperative dell'azienda.Il modello PEST va considerato come una parte delle analisi esterne per lo svolgimento di un'analisi strategica efornisce una panoramica di alcuni dei diversi macrofattori che l'azienda deve prendere in considerazione. Si tratta diun utile strumento strategico per interpretare la crescita o il declino del mercato, la posizione delle imprese, ilpotenziale e la direzione delle operazioni.Diverse combinazioni di analisi SWOT e PEST sono attualmente utilizzate per l'analisi di strategie finanziarie edambientali.

La matrice dei fattoriIl focus di questa analisi è centrato sulla valutazione delle variabili macro-ambientali. Le riflessioni su tali variabilipossono essere sviluppate anche in chiave prospettica (analisi dinamica) con l'intento di individuare i principalielementi di discontinuità con i quali ci si vuole confrontare.Tali variabili dell'analisi PEST includono:• Fattori politici: il contesto politico può condizionare significativamente uno specifico settore attraverso

provvedimenti legislativi volti a regolamentarne il funzionamento. In particolare, i fattori politici comprendonoaree come la politica fiscale, il diritto del lavoro, diritto ambientale, restrizioni commerciali, le tariffe, e lastabilità politica. I fattori politici possono comprendere anche beni e servizi che il governo vuole fornire o dafornire (beni di merito) e quelli che il governo non vuole essere fornite (demerito beni o mali merito)). Inoltre, igoverni hanno una grande influenza sulla salute, l'istruzione e le infrastrutture di una nazione.

• Fattori economici comprendono la crescita economica, i tassi di interesse, i tassi di cambio e di tasso diinflazione. Questi fattori hanno un grande impatto sul modo in cui operano le imprese e come prendono decisioni.Ad esempio, i tassi di interesse della società, riguardano un costo del capitale e quindi in quale misura un businesscresce e si espande. I tassi di cambio incidono sui costi di produzione dei beni perché fanno variare il prezzo dellemerci importate in un'economia. L'andamento dei fattori economici può influenzare le scelte aziendali anche pereffetto dei condizionamenti dei comportamenti di consumo posti in essere dalla domanda.

• Fattori sociali: gli aspetti culturali e di coscienza come la salute, il tasso di crescita della popolazione, delladistribuzione per età, carriera e atteggiamenti accento sulla sicurezza. Sono le tendenze sociali che influenzano ladomanda di prodotti di una società e come tale società opera. Ad esempio, l'invecchiamento della popolazionepuò comportare una minore disponibilità al lavoro (e quindi un aumento del costo del lavoro). Inoltre, le societàpossono cambiare diverse strategie di gestione per adattarsi a queste tendenze sociali (come ad esempiol'assunzione di lavoratori anziani). Le dinamiche dei fattori sociali possono produrre effetti significativi sullaconsistenza e sulle caratteristiche della domanda reale e potenziale di un'azienda.

• Fattori tecnologici: gli aspetti ecologici e ambientali, come ad esempio attività di ricerca e sviluppo,l'automazione, la tecnologia di incentivi e il tasso di cambiamento tecnologico. Essi possono determinare lebarriere all'ingresso, minima efficiente a livello di produzione e di influenzare le decisioni di outsourcing. Inoltre,cambiamenti tecnologici possono influenzare i costi, la qualità e la spinta verso l'innovazione. Fanno riferimentosia alle problematiche di produzione ed erogazione del servizio offerto sia la distribuzione dei prodotti.

• Fattori ambientali: includono meteo, clima, e il cambiamento climatico, che potrebbe incidere in particolare settori quali il turismo, l'agricoltura, e le assicurazioni. In generale, la consapevolezza del cambiamento climatico

Analisi PEST 85

influenza come operano le imprese e quali i prodotti che offrono con la creazione di nuovi mercati e ladiminuzione o la distruzione di quelli esistenti.

• Fattori includono l'evoluzione giuridica del diritto: ad esempio diritto dei consumatori, diritto antitrust, diritto dellavoro, della salute e della sicurezza. Questi fattori possono influenzare il modo in cui un'azienda opera, i suoicosti, e la domanda per i suoi prodotti.

Estensioni dell'analisi PESTIl modello è stato recentemente esteso a Steeple e STEEPLED, con l'aggiunta di fattori demografici e legatiall'istruzione.La crescente importanza dei fattori ambientali o ecologici nel primo decennio del XXI secolo, hanno incoraggiato edato luogo all'uso diffuso di una versione aggiornata del quadro PEST, detto anche STEER (analisi sistematicasocio-culturale, tecnologico, economico, ecologico, e di regolamentazione).

Note

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Analisi SWOT

Diagramma illustrativo di una matrice SWOT

L'analisi SWOT (conosciuta anche come matrice SWOT) è unostrumento di pianificazione strategica usato per valutare i punti di forza(Strengths), debolezza (Weaknesses), le opportunità (Opportunities) ele minacce (Threats) di un progetto o in un'impresa o in ogni altrasituazione in cui un'organizzazione o un individuo debba svolgere unadecisione per il raggiungimento di un obiettivo. L'analisi puòriguardare l'ambiente interno (analizzando punti di forza e debolezza) oesterno di un'organizzazione (analizzando minacce ed opportunità).

Tale tecnica è attribuita a Albert Humphrey, che ha guidato un progettodi ricerca all'Università di Stanford fra gli anni '60 e '70 utilizzando idati forniti dalla Fortune 500.

Analisi SWOT 86

Fasi dell'analisi SWOTQueste sono le fasi che tipicamente vengono seguite durante un'analisi SWOT:•• Si definisce uno stato finale desiderato (o obiettivo).•• Si definiscono i punti principali dell'analisi SWOT, che sono:

•• Punti di forza: le attribuzioni dell'organizzazione che sono utili a raggiungere l'obiettivo;•• Punti di debolezza: le attribuzioni dell'organizzazione che sono dannose per raggiungere l'obiettivo;•• Opportunità: condizioni esterne che sono utili a raggiungere l'obiettivo;•• Rischi: condizioni esterne che potrebbero recare danni alla performance.

•• A partire dalla combinazione di questi punti sono definite le azioni da intraprendere per il raggiungimentodell'obiettivo, per cui la matrice SWOT si presenta nella seguente maniera:

Analisi SWOT Analisi Interna

Forze Debolezze

AnalisiEsterna

Opportunità Strategie S-O:Sviluppare nuove metodologie in grado di sfruttare i puntidi forza dell'azienda.

Strategie W-O:Eliminare le debolezze per attivare nuove opportunità.

Minacce Strategie S-T:Sfruttare i punti di forza per difendersi dalle minacce.

Strategie W-T:Individuare piani di difesa per evitare che le minacce esterneacquisiscano i punti di debolezza.

•• I responsabili stabiliscono se l'obiettivo è raggiungibile rispetto ad una data matrice SWOT. Se l'obiettivo non èraggiungibile, un diverso obiettivo deve essere selezionato e il processo ripetuto.

•• Se l'obiettivo sembra raggiungibile, le SWOT sono utilizzate come input per la generazione di possibili strategiecreative, utilizzando le seguenti domande:•• Come possiamo utilizzare e sfruttare ogni forza?•• Come possiamo migliorare ogni debolezza?•• Come si può sfruttare e beneficiare di ogni opportunità?•• Come possiamo ridurre ciascuna delle minacce?

Fattori interni ed esterniI quattro punti dell'analisi SWOT (forze, debolezze, opportunità e minacce) provengono da un'unica catena di valoriintrinseci alla società e possono essere raggruppati in due categorie:• Fattori interni: sono i punti di forza e di debolezza interni dell'organizzazione. L'identificazione di tali fattori può

essere svolta attraverso un'analisi PRIMO-F.• Fattori esterni: sono le opportunità e le minacce presenti all'esterno dell'organizzazione. L'identificazione di tali

fattori può essere svolta attraverso un'analisi PEST o PESTLE.I fattori interni possono essere visti come punti di forza o di debolezza a seconda del loro impatto sull'organizzazionedei suoi obiettivi. Ciò che può rappresentare un punto di forza rispetto a un obiettivo può essere di debolezza per unaltro obiettivo.

Analisi SWOT 87

I fattori possono comprendere il personale, la finanza, le capacità di produzione, e così via. I fattori esterni possonoincludere le questioni macroeconomiche, il mutamento tecnologico, la legislazione, e cambiamenti socio-culturali,così come i cambiamenti nel mercato e posizione competitiva.

La pianificazione del lavoroCome parte dello sviluppo di strategie e di piani per consentire il raggiungimento dei suoi obiettivi, ogniorganizzazione può utilizzare un processo sistematico e rigoroso noto come pianificazione aziendale. Le analisiSWOT e/o PEST possono essere utilizzate come base per l'analisi delle imprese e dei fattori ambientali.[1]

• Impostazione degli obiettivi: la definizione di ciò che l'organizzazione sta andando a fare.• Scansione ambientale: le valutazioni all'interno dell'organizzazione della SWOT, che includono una valutazione

della situazione attuale così come un portafoglio di prodotti/servizi e l'analisi del ciclo di vita delprodotto/servizio.

• Analisi delle strategie esistenti: la verifica della pertinenza dei risultati di un interno/esterno di valutazione. Ciòpuò comprendere l'analisi del divario (gap analysis) che esaminerà i fattori ambientali.

• Questioni strategiche definite: fattori chiave per lo sviluppo di un piano aziendale che deve essere affrontato conl'organizzazione.

• Sviluppo di nuove/revisione delle strategie: la revisione dell'analisi di questioni strategiche può comportare lanecessità di modificare gli obiettivi.

• Definizione dei fattori critici di successo: il raggiungimento degli obiettivi e la strategia di attuazione.• Preparazione di informazioni operative, delle risorse, dei progetti per i piani di attuazione della strategia.• I risultati del monitoraggio: mappatura sulla scorta di piani, intervento correttivo che potrebbe significare la

modifica degli obiettivi e delle strategie[2].

Gruppi di analisi SWOTIdealmente, l'analisi SWOT andrebbe svolta da un cross-functional team o una task force che rappresenta una vastagamma di prospettive. Ad esempio, un team di SWOT può includere un contabile, un venditore, un direttoreesecutivo, un ingegnere, e un difensore civico.

UtilizziL'utilità di analisi SWOT non è limitata ai fini di lucro delle organizzazioni. L'analisi SWOT può essere utilizzata inqualsiasi processo decisionale in cui uno stato finale desiderato (obiettivo) è stato definito. Gli esempi includono:organizzazioni no-profit, unità governative e singoli individui. L'analisi SWOT può essere utilizzata anche inpre-crisi e come pianificazione preventiva nella gestione delle crisi.Un'analisi SWOT può essere incorporata nel modello di pianificazione strategica assieme ad un'Analisi StrategicoCreative (SCAN).[3] L'individuazione delle SWOT è essenziale per definire i passi successivi nel processo dipianificazione per il raggiungimento degli obiettivi.L'analisi SWOT viene spesso utilizzata nelle università per individuare punti di forza e di debolezza, opportunità,minacce e le aree di possibile sviluppo.

Analisi SWOT 88

Le verifiche di corrispondenza e di conversioneUn altro modo di utilizzare SWOT è per una verifica di corrispondenza e/o di conversione.La corrispondenza nelle SWOT è usata per trovare vantaggi competitivi facendo corrispondere i punti di forza alleopportunità.La conversione nelle SWOT consiste nell'applicare le strategie di conversione per trasformare le minacce o puntideboli in punti di forza o di opportunità[4].Un esempio di strategia di conversione è quello di trovare nuovi mercati. Se le minacce o le carenze non possonoessere convertiti una società dovrebbe cercare di ridurre al minimo o evitarle del tutto.

Vantaggi e svantaggiL'analisi SWOT può limitare le strategie in considerazione nella valutazione. "Inoltre, le persone che fanno uso diSWOT potrebbero concludere di aver fatto un adeguato lavoro di pianificazione ed ignorare altre importanti attività,come la definizione degli obiettivi aziendali o il calcolo del ROI per le strategie alternative".Alcune ricerche di Menon et al. (1999) e Hill e Westbrook (1997) hanno dimostrato che le SWOT potrebberoinfluenzare le prestazioni. In alternativa alle analisi SWOT, J. Scott Armstrong descrive un approccio alternativostrutturato in 5 fasi che conduce ad una migliore performance aziendale.Queste critiche sono rivolte a una vecchia versione di analisi SWOT che precede l'analisi SWOT sopra descritta sottola voce "strategica e l'uso creativo di SWOT Analysis."Questa vecchia versione non richiedeva che la SWOT fosse derivata da un obiettivo precedentemente concordato.

L'analisi SWOT-landscape

L'analisi SWOT-landscape mostra diverse situazioni gestionali tramitela rappresentazione e la previsione delle prestazioni dinamichecomparabili di oggetti in base alle classificazioni di Brendan Kitts, LeifEdvinsson e Tord Beding (2000).[5]

In tale analisi, i cambiamenti nelle prestazioni relative vengonocontinuamente identificati, mentre sono evidenziati i progetti (o altreunità di misura) che potrebbero essere potenziali opportunità o rischiodi oggetti.La SWOT-grafica sottostante descrive anche che i fattori diforza/debolezza che hanno avuto o avranno probabilmente una più altainfluenza nel contesto del valore d'uso (ad esempio fluttuazioni del valore del capitale).L'analisi SWOT è solo un metodo di classificazione e ha una propria debolezza. Ad esempio, si può tendere aconvincere le imprese a compilare le liste, piuttosto che pensare a ciò che è realmente importante per ilraggiungimento degli obiettivi. Si presenta anche il caso di elenchi presentati acriticamente e senza una chiaradefinizione delle priorità con la conseguenza che, ad esempio, possa apparire una opportunità meno forte di quantoreale per bilanciare minacce meno forti di quanto siano.È prudente non eliminare troppo rapidamente qualsiasi inserimento di "elementi" nella SWOT. L'importanza deisingoli SWOT sarà verificato in base al valore delle strategie che genera. Un elemento SWOT che genera strategie èimportante. Un elemento SWOT che non produce strategie non è importante.

Analisi SWOT 89

Il fattore critico di successoIl fattore critico di successo (CSF) è un elemento necessario ad un'organizzazione o ad un progetto per realizzare lasua missione.Tale termine è stato inizialmente utilizzato nell'ambito dell'analisi dei dati. Ad esempio un CSF per il successo dellaInformation Technology (IT) è il coinvolgimento degli utenti.Un piano dovrebbe essere attuato considerando la piattaforma per la crescita, gli utili e i seguenti fattori critici disuccesso:• Liquidità: flusso di cassa positivo, crescita dei ricavi e dei margini di profitto.• Futuro: acquisire nuovi clienti e / o distributori.• Soddisfazione del cliente: il cliente è soddisfatto?• Qualità: come è la qualità del prodotto o del servizio?• Sviluppo del prodotto o del servizio: cosa c'è di nuovo che aumenterà gli affari con i clienti esistenti e di attrarrne

nuovi?• Capitale intellettuale: aumentare ciò che è redditizio.• Le relazioni strategiche: nuove fonti di business, di prodotti ed esterne alle entrate.• Capacità di attrazione e di conservazione: la capacità di fare estendere il passaparola.• Sostenibilità: la capacità di mantenere il tutto in corso.

Note[1] Armstrong. M. A handbook of Human Resource Management Practice (10th edition) 2006, Kogan Page , London ISBN 0-7494-4631-5[2][2] Armstrong.M Management Processes and Functions, 1996, London CIPD ISBN 0-85292-438-0[3] http:/ / www. mbatoolbox. org/ stories/ storyReader$19 SCAN[4] See for instance (http:/ / agecon2. tamu. edu/ people/ faculty/ nayga-rudy/ slides1. pdf)[5][5] Brendan Kitts, Leif Edvinsson and Tord Beding (2000) Crystallizing knowledge of historical company performance into interactive,

query-able 3D Landscapes

Bibliografia• Hill, T. & R. Westbrook - SWOT Analysis: It's Time for a Product Recall. Long Range Planning, 1997• Vecchia, Marco - Hapù - Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria - Lupetti, 2003

Voci correlate•• Albert S Humphrey•• Six Forces Model•• VRIO

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Analisi SWOT 90

Collegamenti esterni• (EN) Analysis of Forest & Forest Case (http:/ / www. mbatoolbox. org/ stories/ storyReader$19)• (EN) SWOT analysis method and examples (Businessballs.com) (http:/ / www. businessballs. com/

swotanalysisfreetemplate. htm)• (EN) SWOT analysis (CIPD) (http:/ / www. cipd. co. uk/ subjects/ corpstrtgy/ general/ swot-analysis. htm)• (EN) PEST analysis method and examples (http:/ / www. businessballs. com/ pestanalysisfreetemplate. htm) from

Businessballs.com• (EN) PESTLE analysis history and application (http:/ / www. cipd. co. uk/ subjects/ corpstrtgy/ general/

pestle-analysis. htm) from the CIPD

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Analisi dei flussi di cassaL'analisi dei flussi di cassa è un prospetto che evidenzia come si sono formate le variazioni finanziarie di base(cassa e banca) durante un esercizio commerciale. Il flusso di liquidità (aumento o diminuzione di cassa) è il risultatodi varie gestioni:• economica: tramite l'autofinanziamento ovvero tramite le risorse generate dall'attività economica aziendale

quantificabili nella sommatoria dell'utile di esercizio ed i costi/ricavi non finanziari;• operativa: tramite la gestione delle dilazioni di pagamento dei debiti e crediti commerciali;• strategica: tramite le scelte di investimento in beni durevoli ed il reperimento ed il rimborso di fonti di

finanziamento interne ed esterne.Questo prospetto consente agli stakeholders aziendali di capire se l'azienda ha un soddisfacente stato di salutefinanziario, che può essere totalmente dissociato dalla capacità di ottenere risultati economici positivi.

Voci correlate•• Flusso di cassa

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Scheda di valutazione bilanciata 91

Scheda di valutazione bilanciataLa scheda di valutazione bilanciata (in inglese balanced scorecard, spesso citata con la sigla BSC) è unostrumento di supporto nella gestione strategica dell'impresa che permette di tradurre la missione e la strategiadell'impresa in un insieme coerente di misure di performance, facilitandone la misurabilità.

StoriaIl Balanced scorecard venne sviluppato da Robert Kaplan e David Norton in un articolo del 1992[1], in cui gli autoriproposero un approccio olistico alla misurazione delle performance aziendali che permettesse il superamento deilimiti della contabilità economico-finanziaria tradizionale.Negli anni successivi[2] l'enfasi si spostò dalla misurazione alla gestione strategica, mentre la metodologia si arricchìcon l'integrazione nei processi manageriali, l'allineamento strategico e la comunicazione. È possibile denominarequesta fase come il passaggio dal Balanced Scorecard inteso come scheda di misurazione al Balanced Scorecardinteso come processo di management strategico.

CaratteristicheGli autori sottolineano i possibili ostacoli alla concreta realizzazione degli obiettivi strategici dell'impresa:•• la strategia non è condivisa e/o il suo grado di attuazione non misurabile;•• le risorse non sono allocate in funzione delle strategie;•• i processi non sono progettati in linea con le priorità strategiche;•• l'organizzazione, la formazione e i sistemi di incentivazione non sono allineati alla strategia.Per superare questi problemi Kaplan e Norton svilupparono un approccio, la scheda di valutazione bilanciataappunto, che allarga e cerca di rendere coerenti le quattro diverse prospettive di valutazione delle performancedell'impresa:1. la prospettiva finanziaria (financial perspective) - Da questo punto di vista la domanda chiave è: per avere

successo dal punto di vista finanziario, come dovremmo apparire ai nostri azionisti? Gli obiettivi sono quellieconomici finanziari, misurati dai tradizionali indicatori di performance e redditività;

2. la prospettiva del consumatore (customer perspective) – La domanda chiave è: come dovremmo apparire ainostri consumatori? L'obiettivo è il miglioramento dell'offerta e del servizio per il cliente;

3. la prospettiva interna dell'impresa (business process perspective) – La domanda cui è necessario rispondere è:per soddisfare i consumatori, in cosa dovremmo eccellere? L'obiettivo è il miglioramento dei processi core;

4. la prospettiva di innovazione e apprendimento (learning and growth perspective) – La domanda chiave è: Comemanterremo le nostre capacità di apprendimento e miglioramento? L'obiettivo è l'apprendimento e sviluppoorganizzativo.

Per ciascuna prospettiva risultano così individuati:• gli obiettivi: ciò che deve raggiungersi ed è critico per il successo;• le misure: gli strumenti che verranno utilizzati per quantificare il raggiungimento di ciascun obiettivo;• i bersagli: i valori-obiettivo delle misure;• le iniziative: le azioni chiave e i programmi che verranno attuati al fine del raggiungimento degli obiettivi.Vengono poi analizzate le interrelazioni possibili tra le diverse prospettive e i relativi obiettivi. Così, ad esempio, unmiglioramento del processo di evasione degli ordini nella business process perspective, inevitabilmente migliora ilservizio al cliente (prospettiva del consumatore) aumentando anche il fatturato (prospettiva finanziaria).Nella scheda di valutazione bilanciata dunque, partendo dalla definizione di una strategia misurata da una serie diindicatori, vengono definite una serie di azioni migliorative dei processi. A questo fa seguito una fase di raccolta e

Scheda di valutazione bilanciata 92

analisi dei dati che vengono confrontati con i valori-target precedentemente determinati nella fase di formulazionedella strategia. Si crea così un processo correttivo di tipo ricorsivo che genera valore aziendale.

DiffusioneOggi la scheda di valutazione bilanciata conosce una rapida diffusione in tutti i settori, sia privati che pubblici, inparticolar modo nel mondo anglosassone e nei paesi del nord Europa. Interessante anche la sua estesa applicazionealle realtà di tipo ricettivo sia di tipo sanitario che non. Studi recenti ne stanno testando l'applicabilità anche a realtàpiù diffuse in economie capillari come quella italiana.[3]

Nel 2004 nel settore privato circa il 40% delle 1000 imprese di Fortune lo adottavano esplicitamente.Nel settore pubblico occorre tenere presente che le organizzazioni sono orientate esclusivamente dalla loro missionee non dalla produzione di profitto. Pertanto è stata ideata una versione di Balanced Scorecard che tiene conto diquesta diversa impostazione. Questa versione del BSC viene usata per rappresentare il piano strategico e permisurarne i relativi risultati in ospedali, ministeri, organizzazioni non governative ed enti locali.Il Comune di Charlotte, già nei primi anni del 1990, ha impostato un sistema di pianificazione strategica e controllocon il Balanced Scorecard[4].Nel Pubblico le prospettive di valutazione, per adattarsi al diverso contesto, si trasformano in:1.1. prospettiva della Comunità o degli utenti,2.2. prospettiva dei processi interni,3. prospettiva dell’apprendimento e della crescita,4.4. prospettiva economico-finanziaria.In Italia, lo strumento è stato spesso interpretato nella sua accezione originale di strumento di misurazione, il che hacontribuito a sminuirne la portata e a rallentarne la diffusione.Tuttavia, lo strumento riscuote un’attenzione crescente nel settore pubblico come metodo per meglio rappresentaregli obiettivi strategici, articolarli all’interno della struttura organizzativa, misurarne l’attuazione e sperimentare unanuova forma di democrazia partecipata.[5]

Note[1] Robert Kaplan, David Norton, The Balanced Scorecard - Measures that Drive Performance, Harvard Business Review, 1992[2] Robert Kaplan, David Norton, The Balanced Scorecard: Translating Strategy into Action, Harvard Business Review, 1996[3] Prospettive per le piccole e medie imprese italiane: il Balanced Scorecard come attuatore lineare di crescita dimensionale e sviluppo

qualitativo, Tommaso Cecchini, 2009.[4] Origination and History of Balanced Measures Approach (http:/ / govinfo. library. unt. edu/ npr/ library/ papers/ bkgrd/ charlotte. htm)[5] Pianificazione strategica e Balanced Scorecard negli Enti Locali - Verso la democrazia partecipata, Valentina Bach, Patrizia Ravaioli.

Bibliografia• Balanced scorecard. Tradurre la strategia in azione, Robert S. Kaplan, David P. Norton - Editore ISEDI, 2000

(ISBN 88-8008-074-1)• L'impresa orientata dalla strategia. Balanced Scorecard in azione, Robert S. Kaplan, David P. Norton - Editore

ISEDI, 2002 (ISBN 88-8008-095-4)• Pianificazione strategica e Balanced Scorecard negli Enti Locali - Verso la democrazia partecipata, Valentina

Bach, Patrizia Ravaioli – Franco Angeli Editore, 2007 (ISBN 978-88-464-8221-1)• La Guida del Sole 24 Ore alla Balanced Scorecard: Progettare e Gestire il Sistema Aziendale delle Prestazioni",

Prof. Stefano Tonchia - Gruppo 24 Ore, 2009 (ISBN 978-88-6345-033-0)

Scheda di valutazione bilanciata 93

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Collegamenti esterni• balanced-scorecard una bussola per l'azienda (http:/ / www. eccellere. com/ Rubriche/ GestioneStrategica/ BSC.

htm), di Nicolò Occhipinti.• balanced-scorecard per lo sviluppo e la crescita personale (http:/ / my-bsc. blogspot. com/ ), di Roberto Pugliese.• Scheda di valutazione bilanciata (http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ termine. php?id=44338) in Tesauro del Nuovo

Soggettario (http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ ), BNCF, marzo 2013.

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Diaman RatioIl DIAMAN Ratio è un indicatore utile per misurare la performance corretta per il rischio. Si propone comestrumento alternativo all'approccio media varianza, visti i limiti di quest'ultima ai fini della fund selection. Il DiamanRatio può essere interpretato come un indicatore di persistenza dei rendimenti: analizza la forza del trend(rendimento atteso) e la capacità dello strumento finanziario di muoversi attorno allo suo stesso trend (rischio). IlDIAMAN Ratio tiene conto della sequenzialità dei rendimenti nel tempo e si basa su una definizione di rischiocoerente con alcuni consolidati risultati della finanza comportamentale.

Formula dell'indicatorePoniamo la serie storica dei prezzi logaritmici settimanali di uno strumento finanziario e

la serie storica del tempo dove e è la lunghezza della seriestorica. Il Diaman Ratio viene così calcolato:

dove

• è il valore stimato del parametro della regressione: • R2 è il coefficiente di determinazione associato alla regressione.

DescrizioneL'utilizzo delle serie storiche logaritmiche è importante per un calcolo più accurato in quanto il logaritmo agiscesulla variabilità della serie e gestisce l'effetto scala che invece la serie lineari mostrano. Il stimato non è altro cheil tasso annuale logaritmico di crescita della serie storica. Per ottenere il tasso di crescita lineare, sarà sufficientecalcolare . Questo è ancor più vero per il caso limite di una serie storica crescente a tasso costante. Infatti secalcoliamo il della serie storica con queste caratteristiche il valore del beta sarà pari al valore del tasso di crescita.L'R2 è incluso nella formula in modo da tener conto della capacità del regressore (il tempo) di predire i valori dellavariabile. Se R2 = 1, la serie è monotona crescente con tasso di crescita , se R2 = 0 il modello di regressione non èben specificato e quindi siamo in presenza di troppa variabilità attorno al stimato. Il parametro può ancheassumere valore 12 o 260 qualora la serie storica dei prezzi sia mensile o giornaliera. Il parametro ha come scopoquello di permettere al di essere letto come tasso di crescita annuale.

Diaman Ratio 94

Caratteristiche1.1. Il Diaman Ratio è ottenuto da una regressione della serie storica dei prezzi rispetto al tempo, quindi per l'arco

temporale osservato a parità di rendimento e volatilità dei rendimenti il Diaman Ratio discrimina le traiettorie traloro.

2.2. Il Diaman Ratio non è legato al risk-free, anche se è facilmente introducibile nel calcolo.3.3. Il cambiamento della frequenza di utilizzo dei dati per la valutazione di una serie può portare a risultati di ranking

molto diversi tra loro solo utilizzando dati settimanali al posto dei giornalieri.4.4. Il Diaman Ratio è in grado di stimare sia le pendenze positive che quelle negative, ha difficoltà in presenza di

cambi di direzione e di serie storiche non lineari.

Voci correlate•• Beta (finanza)•• Indice di Modigliani•• Indice di Sharpe•• Indice di Sortino•• Indice di Treynor

Collegamenti esterni• Paper sul Diaman Ratio [1]

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Note[1] http:/ / papers. ssrn. com/ sol3/ papers. cfm?abstract_id=1802332

Strategia di uscita 95

Strategia di uscitaL'espressione strategia di uscita (talvolta in inglese «exit strategy»[1]), sottende un concetto a cui, in ambitogiornalistico e politico, si fa frequente riferimento per designare la pianificazione di una condotta orientata a unatransizione da una situazione attuale, generalmente indesiderata.

SignificatoPiù precisamente, si tratta di una strategia, o una serie di mosse strategiche, che delinei una via d'uscita praticabile,che porti fuori dalle secche o dai rischi in cui si è arenata una condotta precedente: molto spesso, la ricerca di una viad'uscita serve ad allontanarsi da una situazione (politica, economica, militare, ecc.) considerata intricata, insidiosa,imbarazzante o pericolosa, o per salvarsi dal fallimento di azioni precedentemente poste in atto, o, anche, solo permitigare gli effetti negativi di tali azioni[2].Esempi di elaborazione di strategie sono frequenti nelle vicende della politica internazionale, specialmente insituazioni che implicano scenari militari pericolosi, con la conseguente assunzione di difficili scelte geopolitiche:

« Barack Obama dichiara la fine della guerra in Iraq e conferma la scelta della exit strategy dall'Afghanistan in un discorsoalla nazione di 18 minuti »

(Maurizio Molinari, da La Stampa, (1º settembre 2010)[3])

Si parla di exit strategy anche quando l'azione politica si muove su uno scenario diverso, economico o finanziariocome, ad esempio, riferendosi all'ideazione di meccanismi assistiti per l'abbandono, in condizioni controllate, dellazona euro da parte di paesi membri, o anche, nel 2011, per l'adozione di accorgimenti economici e giuridici perpilotare l'uscita dell'eurozona dalla crisi del debito sovrano:

« La soluzione per la crisi dell'euro? «Tre pilastri: riforma e ricapitalizzazione del sistema bancario, meccanismo di exitstrategy e soprattutto un sistema di eurobond», consiglia George Soros, il guru dei fondi speculativi »

(dal Corriere della sera del 18 agosto 2011[4])

Aspetti linguistici e origineDa un punto di vista linguistico l'espressione ha origine nella relativa letteratura anglofona ma è così comunementefrequente nell'uso linguistico settoriale italiano a partire dal XX secolo, da essere annoverata come un neologismo: sitratta tecnicamente, di un prestito linguistico, che ricorre in frasi come «elaborare, concordare, individuare una exitstrategy". L'spressione italiana, più usata, è dunque da considerarsi un calco linguistico.Da un punto di vista grammaticale, la polirematica è utilizzata come sostantivo femminile[5], mentre da un punto divista semantico, può essere considerata un perfetto sinonimo di un'altra espressione anglofona, exit plan, entrataanch'essa nell'uso comune.

Strategia di uscita 96

Note[1] «exit startegy» (http:/ / www. treccani. it/ enciclopedia/ exit-strategy_(Lingua-Italiana)/ ), Osservatorio della lingua italiana, Istituto

dell'Enciclopedia italiana[2] «Exit Plan» (http:/ / www. treccani. it/ vocabolario/ exit-plan/ ), Vocabolario Treccani on line, Istituto dell'Enciclopedia italiana[3] Maurizio Molinari, Obama: "In Iraq guerra finita, ora voltiamo pagina" (http:/ / www. lastampa. it/ redazione/ cmsSezioni/ esteri/

201009articoli/ 58128girata. asp) La Stampa, 1º settembre 2010[4] Fabio Savelli, Eurobond, la panacea contro la crisi. Se il debito diventa comunitario (http:/ / www. corriere. it/ economia/ 11_agosto_18/

scheda-obbligazioni-eurobond_a2a9a374-c98b-11e0-a66c-10701cdb9ebd. shtml), Corriere della sera, 18 agosto 2011[5] «Exit Strategy» (http:/ / www. treccani. it/ vocabolario/ exit-strategy/ ), Vocabolario Treccani on line, Istituto dell'Enciclopedia italiana

Voci correlate•• Guerra del Vietnam•• Resa•• Ritirata•• Vittoria di Pirro•• Vittoria cadmea

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Quota di mercatoLa quota di mercato di un'azienda è la percentuale di un segmento di mercato servito dall'impresa stessa. Può essereespresso come il reddito dell'impresa generato dalle vendite rapportato al reddito totale generato da tutte le venditenel mercato preso in considerazione, oppure dal numero dei prodotti venduti dall'azienda (in quel mercato) diviso pertutti i prodotti venduti nel mercato preso in esame.Viene generalmente determinata a seguito di specifiche ricerche di mercato, spesso commissionate dalle aziendestesse.L'incremento della quota di mercato è uno degli obiettivi primari nelle aziende.

Voci correlate•• Valore di mercato

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Matrice di Kraljic 97

Matrice di Kraljic

Rielaborazione della matrice originariamente proposta da Kraljic.

La matrice di Kraljic prende il nomeda Peter Kraljic che per primo l'haformalizzata con un articolo apparsonella Harvard Business Review [1] nel1983, in cui constatava come in molteaziende la funzione acquisti silimitasse a svolgere azioni di routine,senza capire la crescente evoluzione ecomplessità dei mercati diapprovvigionamento con i conseguentirischi per chi non avesse saputoadottare una adeguata strategia diacquisto.

Secondo lo schema proposto da Kralijc gli acquisti di una azienda vengono divisi in quattro classi, sulla base dellacomplessità del mercato di rifornimento (situazioni di monopolio, barriere all'entrata, innovazione tecnologica) edell'importanza degli acquisti (determinata dal valore della classe merceologica oggetto di analisi sul totale delfatturato di acquisto).

Tale suddivisione permette all'azienda di definire le strategie di acquisto ottimali per ciascuna delle quattro tipologiedi componenti/classi merceologiche identificate dalla matrice, con l'obiettivo della massimizzazione del risultatoaziendale.La matrice di Kraljic definisce le seguenti tipologie di articoli:• non fondamentali (non critici): componenti che hanno un basso impatto sull'azienda e che si trovano in

abbondanza e/o in mercati a basso rischio. Per questa tipologia di componenti in genere si sceglie la delega dellagestione.

• con effetti moltiplicativi (effetto leva): importanti per l'azienda ma collocati in mercati poco rischiosi e conofferta abbondante. Come si intuisce dal nome, la gestione ottimale di queste categorie di acquisto èindispensabile per assicurare un risultato aziendale soddisfacente; per questa tipologia di componenti l'aziendatende a sfruttare al massimo il proprio potere contrattuale e l'abbondanza dell'offerta con frequenti negoziazioni.

• soggetti a strozzature (collo di bottiglia): con un impatto aziendale basso in termini economici ma dove lacontinuità delle forniture è a rischio. La gestione di questi componenti è mirata a creare rapporti di collaborazionenel medio-lungo termine tra cliente e fornitore per garantire la fornitura, con minor enfasi sul costo.

• strategici: importanti per l'azienda sia in termini di impatto economico che per le condizioni di fornitura damercati complessi e/o rischiosi. In questo campo l'orizzonte è sul medio-lungo termine con un monitoraggiocontinuo della situazione congiunturale di mercato, evoluzione tecnica, valutazione di "make or buy", creazione dialternative e sviluppo di rapporti stabili e di massima collaborazione con il fornitore.

Matrice di Kraljic 98

Note[1] Kraljic, Purchasing must become Supply Management (http:/ / www1. ximb. ac. in/ users/ fac/ visiting/ vfac. nsf/

23e5e39594c064ee852564ae004fa010/ 89b99a7daf20080665257086002ecac4/ $FILE/ Purchasing must Become Supply Management - HBRSeptember-October1983. pdf), Harvard Business Review, 1983

Voci correlate•• Gestione materiali

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Make or buyIl make or buy è la scelta di un'azienda o di un'organizzazione di costruire o di effettuare al proprio interno (make),oppure di acquistare all'esterno (buy), un componente, un prodotto o un servizio necessario alla produzione.La scelta si basa sul raffronto dei costi totali da sostenere nei due casi, tenendo conto inoltre sia delle caratteristichedi reperibilità all'esterno (e quindi di eventuali criticità), sia delle risorse disponibili a questo fine all'interno dell'azienda.Si tratta di una scelta strategica fondamentale per la gestione d'azienda, che definisce il livello di integrazione delleattività (a monte e a valle) e determina anche la struttura dei costi, l'organizzazione e il posizionamento sul mercato.L'opzione make (o gerarchia) offre soprattutto il vantaggio di garantire un controllo diretto sull'attività, sugliapprovvigionamenti e sulla qualità del prodotto/servizio. Consente inoltre di mantenere eventuali segreti industriali.L'opzione buy (o mercato) offre invece il vantaggio di comportare minori costi fissi e quindi minore capitaleimmobilizzato, consentendo una maggiore flessibilità della capacità produttiva.In generale l'esternalizzazione delle attività aumenta con la maturità del settore industriale, perché aumentano ivantaggi di specializzazione e le economie di scala.Negli ultimi decenni, la tendenza globale è quella di mantenere all'interno dell'impresa le attività della gestionecaratteristica, basate sulle competenze chiave e quelle con forte potenziale di sviluppo, su cui si fonda il vantaggiocompetitivo di lungo termine, delegando all'esterno tutte le altre.

Voci correlate•• Gestione materiali

Coopetizione 99

CoopetizioneLa coopetizione (calco del termine inglese, coopetition, pure usato in italiano) è una strategia di business checoniuga le caratteristiche di competizione e cooperazione. Essa si realizza tra imprese concorrenti che scelgono dicollaborare limitatamente a certe attività del proprio business.Il termine è stato impiegato la prima volta nel 1913[1] e ripreso nel 1937[2]. Esso è tuttavia tornato in auge solo agliinizi degli anni novanta: la riscoperta è da molti attribuita a Ray Noorda, che definì in tal modo la strategia dibusiness adottata dalla Novell di cui era amministratore delegato[3].

FinalitàLa coopetizione prevede un esplicito accordo preliminare tra due o più imprese, che stabiliscono quali attivitàdovranno essere svolte in modo congiunto e quali invece saranno eseguite in modo autonomo.In tal modo, la coopetizione consente alle imprese di ottenere i benefici tipici della cooperazione senza precludereloro l'autonomia in specifiche attività.I vantaggi assicurati dalla coopetizione (talora detti vantaggi coopetitivi, in analogia al concetto di vantaggiocompetitivo) includono, tra gli altri:•• il vantaggio informativo, connesso con l'acquisizione di informazioni non agevolmente ottenibili dalle imprese

singolarmente;•• il vantaggio transazionale, derivante dalla possibilità di accedere a determinati beni a condizioni più favorevoli,

ad esempio a causa degli elevati volumi;•• il vantaggio di mercato, ad esempio quando si dispone di una rete di vendita condivisa;•• il vantaggio di prodotto, se la collaborazione è volta allo sviluppo congiunto di un prodotto, o di un suo

componente essenziale.

ApplicazioniLa coopetizione trova applicazioni in numerosi settori industriali, soprattutto nelle attività di approvvigionamento, diricerca e sviluppo, di produzione o di commercializzazione.Nel settore automobilistico, essa è stata adottata in varie circostanze: negli anni Novanta, le maggiori impresestatunitensi del settore realizzarono una comune piattaforma di e-commerce per l'approvvigionamento dellacomponentistica. Nel 2005 la Toyotae il gruppo PSA hanno sottoscritto una joint venture per svilupparecongiuntamente i progetti delle city car Peugeot 107, Citroen C1 e Toyota Aygo e realizzare un unico impianto diproduzione in Repubblica Ceca, che è stato battezzato Toyota Peugeot Citroën Automobile.Un altro settore nel quale la coopetizione è frequente è quello dell'informatica: nel 2005 due imprese usualmente inconcorrenza come Oracle e IBM hanno collaborato nella realizzazione di un ERP per le piccole e medie imprese.In ambito finanziario, costituisce un esempio di coopetizione la costituzione di un'unica banca dati, accessibile dadiversi istituti di credito, contenente le informazioni sui cosiddetti cattivi pagatori.Nel settore turistico, la coopetizione si realizza quando due o più imprese che operano nella stessa località offronopacchetti di servizi complementari (ad esempio pernottamento e noleggio automobilistico), oppure cooperano per lapromozione del territorio.

Coopetizione 100

Note[1] Paul Terry Cherington, Advertising as a Business Force: A Compilation of Experience Records (http:/ / books. google. com/

books?id=gk0ZAAAAYAAJ& pg=PA144& dq=coopetition+ OR+ co-opetition+ date:0-1930& lr=& as_brr=0&ei=fp3ZSIzDCIquywT7i9jkDQ#PPA144,M1), Doubleday, for the Associated advertising clubs of America, 1913, p. 144

[2] Rockwell D. Hunt, "Co-opetition", Los Angeles Times, Nov 20, 1937, p. a4[3] Lawrence M. Fisher, "Preaching Love Thy Competitor", New York Times, March 29, 1992 (http:/ / query. nytimes. com/ gst/ fullpage.

html?res=9E0CE0D9143EF93AA15750C0A964958260)

Bibliografia• (EN) Adam M. Brandenburger e Barry J. Nalebuff, Co-Opetition, Random House LLC, 2011.• (EN) J. Child e D. Falukner, Strategies of co-operation, Oxford University Press, 1998, ISBN 1846586488.• (EN) T. Lendrum, The Strategic Partnering Handbook. A Practice Guide for Managers, McGraw-Hill, 1997,

ISBN 9780074713266.

Voci correlate•• Partnering

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Vantaggio competitivoVantaggio competitivo è un termine utilizzato nel marketing e divenuto centrale nella gestione strategica (omanagement strategico), anche a seguito dei contributi di Michael Porter.

DefinizioneIn via di prima approssimazione, il vantaggio competitivo di un'impresa può definirsi come ciò che costituisce labase delle performance superiori registrate dall'impresa, solitamente in termini di profittabilita', rispetto alla mediadei suoi concorrenti diretti nel settore di riferimento, in un arco temporale di medio-lungo termine.Nel corso degli anni sono state tuttavia proposte diverse definizioni di vantaggio competitivo. Così, ad esempio,Robert Grant lo definisce come la "capacità dell’impresa di superare gli avversari nel raggiungimento del suoobiettivo primario: la redditività" (Grant, 1999, p.218); mentre, per Enrico Valdani, è "la capacità distintiva" (ocompetenza distintiva) "di un'impresa di presidiare, sviluppare e difendere nel tempo, con maggiore intensità deirivali, una capacità market driving o una risorsa critica che possono divenire fattori critici di successo" (Valdani,2003).

Vantaggio competitivo 101

La creazione del vantaggio competitivoLa strategia deve identificare e risolvere le questioni connesse alla generazione del vantaggio competitivo e al suomantenimento. Il vantaggio competitivo è influenzato da cambiamenti endogeni, ovvero interni all'azienda, e dallacapacità dell'azienda di reagire e anticipare i cambiamenti esogeni, esterni alla stessa.

Il vantaggio competitivo in PorterPorter identifica tre possibili strategie alternative e due diverse tipologie di vantaggio competitivo connesse ad esse.

La strategia di leadership di costo (Impresa "product-driven")La strategia di leadership di costo, con il relativo vantaggio di costo, è la capacità dell'impresa di produrre prodottisimili o equivalenti a quelli offerti dai concorrenti ad un costo minore. Tale strategia è tipica di settori in cui iprodotti sono fortemente standardizzati e la concorrenza è soprattutto concorrenza sul prezzo. I rischi connessi a talestrategia derivano dai mutamenti tecnologici che possono annullare i vantaggi precedenti; i bassi costi diapprendimento per le imprese esterne al settore; l'incapacità di innovare poiché ci si concentra solo sul contenimentodei costi; l'aumento generale dei costi.

La strategia di differenziazione (Impresa "market-driven")La strategia di differenziazione, con il connesso vantaggio di differenziazione, è la capacità dell'impresa di imporreun premium price per i propri prodotti superiore ai costi sostenuti per differenziarli, cioè dotarli di caratteristicheuniche che abbiano un qualche valore per i propri clienti al di là della semplice offerta di un prezzo basso. I rischiconnessi a tale strategia possono derivare dal fatto che il consumatore non riconosca il fattore differenziale o non siadisposto a pagarlo, la contraffazione o l'imitazione.

La strategia di focalizzazioneLa strategia di focalizzazione, la quale può essere orientata ai costi oppure alla differenziazione. Nel primo caso, conquesta strategia un'impresa mira al perseguimento di un vantaggio di costo limitatamente ad uno o a pochi segmentidel mercato. Nel secondo caso, la focalizzazione è indirizzata alla differenziazione, cioè consiste nell'identificare unsegmento di clientela particolarmente sensibile alla qualità. I rischi connessi a tale strategia derivano dal fatto che lanicchia prescelta non sia sufficientemente ampia da consentire alle imprese di operare con efficienza o che leimprese che operano con un vasto raggio di azione riescano, con aggiustamenti marginali ai loro prodotti, asoddisfare le esigenze di tale nicchia.

Bibliografia• Grant, Robert M. (1999) L'analisi strategica per le decisioni aziendali, Il Mulino, Bologna;• Porter, Michael (1985) Competitive advantage: creating and sustaining superior performance, New York: The

Free Press;• Valdani Enrico (2003) Marketing strategico. Un'impresa proattiva per sviluppare capacità market driving e

valore, Etas.

Vantaggio competitivo 102

Voci correlate•• Vantaggio coopetitivo

Collegamenti esterni• La home page [1] di M. Porter presso la Harvard University• Competitive Advantage [2]

• Porter and Competitive Advantage [3]

• Competitive Advantage (Porter) [4]

Note[1] http:/ / ksgfaculty. harvard. edu/ michael_porter[2] http:/ / www. quickmba. com/ strategy/ competitive-advantage/[3] http:/ / www. chris-kimble. com/ Courses/ World_Med_MBA/ Competitive_Advantage. html[4] http:/ / www. valuebasedmanagement. net/ methods_porter_competitive_advantage. html

Vantaggio di costoIl vantaggio di costo è una delle due tipologie di vantaggio competitivo individuate da Michael Porter e rappresental'obiettivo della strategia di leadership di costo.Secondo la definizione che ne dà lo stesso Porter, "un'impresa ha un vantaggio di costo se i suoi costi cumulati perrealizzare tutte le attività generatrici di valore sono più bassi di quelli dei suoi concorrenti" (Porter, The CompetitiveAdvantage).Quello che conta nella strategia di leadership di costo è la cosiddetta posizione di costo relativa, ovvero il rankingdell'impresa in termini di costi affrontati rispetto alle concorrenti. Questa è determinata da:• il controllo delle determinanti di costo;• la configurazione della catena del valore.

Le determinanti di costoLe determinanti di costo, così come individuate in Porter e nei contributi successivi sono:• l'utilizzo della capacità produttiva;• le economie di scala;•• le economie di apprendimento;• la tecnologia;•• i costi di approvvigionamento;• l'efficienza residuale.L'importanza relativa dei diversi fattori varia sia in relazione al settore in cui l'impresa opera, sia al tipo di attività divolta in volta analizzate tra quelle svolte dall'impresa. Il focus sull'attività è del resto una caratteristica fondamentaledell'approccio inaugurato da Porter con The Competitive Advantage, la cosiddetta activity based analysis.

Vantaggio di costo 103

L'utilizzo della capacità produttivaLa capacità produttiva (productive capacity), o dimensione minima efficiente, o capacità produttiva ottima, perdistinguerla da quella minima, può essere definita in sintesi come quel livello di output che permette di utilizzare ifattori produttivi nel modo tecnicamente ed economicamente più efficiente, e corrisponde quindi a quel volume diproduzione per unità di tempo cui è associato il costo medio unitario minore, quando sia dato e costante l'impianto diproduzione.Il controllo delle determinanti di costo che faccia leva sul grado di utilizzo della capacità produttiva deve tendere a:•• ridurre le fluttuazioni dei volumi di produzione. Un'impresa che sperimenta una domanda per i suoi prodotti

molto fluttuante o con caratteri di accentuata stagionalità, necessariamente, per far fronte ai picchi, avrànormalmente capacità produttiva inutilizzata. Per fare un esempio può pensarsi ad un albergo situato in un postodi mare, in cui il turismo sia esclusivamente estivo. Per riuscire ad assorbire le richieste di camere durante ilperiodo estivo l'albergo avrà un numero di stanze tale da risultare maggiore di quello necessario a soddisfare lerichieste nei restanti periodi dell'anno. Una possibile soluzione al problema potrebbe in questo caso essere quelladi promuovere nella cittadina un turismo anche diverso da quello estivo, magari organizzando incontri culturali. Ilturismo "culturale" ha infatti caratteri di stagionalità meno accentuati e potrebbe generare una richiesta di alloggipiù costante e distribuita nel corso dell'anno. In generale, la politica da seguire è quella di scegliere un mix diclienti caratterizzati da picchi di domanda in periodi diversi.

• ridurre la sensibilità dei costi unitari all'utilizzazione della capacità produttiva, riducendo il rapporto costifissi/variabili. Infatti, minore è il rapporto tra costi fissi e costi variabili, minore è la variazione dei costi mediunitari generata da variazioni del volume di produzione. Può ad esempio pensarsi ad un'impresa che si occupianche della distribuzione e della vendita dei propri prodotti. Laddove l'impresa decidesse di affidarsi ad agenti divendita remunerati su provvigione piuttosto che contare su forze di vendita proprie, questo di fatto ridurrebbe icosti fissi dell'impresa, trasferendo il rischio dell'invenduto sull'agente.

Lo sfruttamento delle economie di scalaLe economie di scala, dette anche economie di scala statiche, per distinguerle da quelle dinamiche, sono da un latocorrelate ai rendimenti di scala, e quindi generate da fattori tecnici, statistici e organizzativi, e dall'altro derivano dafattori connessi con il controllo del mercato, come le cosiddette economie monetarie.La sensibilità alla scala, cioè l'ampiezza delle economie di scala, varia molto tra settori e attività. Così ad esempio,sono caratterizzate da forti economie di scala attività come lo sviluppo dei prodotti, il marketing, le attivitàinfrastrutturali.Per sfruttare le economie di scala al fine dell'ottenimento di un vantaggio di costo occorre in via preliminare:•• identificare e comprendere come agiscono i fattori di scala sulle singole attività dell'impresa;• adottare la misura della scala che meglio individua questi meccanismi.Fatto questo si sceglie poi la scala più adeguata ad ogni attività, magari decidendo l'eventuale esternalizzazione dialcune attività, con spin-off o outsourcing, oppure internalizzandone altre, ricorrendo ad acquisizioni, fusioni ojoint-venture.I limiti all'utilizzo di economie di scala nell'ottenimento di un vantaggio competitivo sono:• l'opportunità di perseguire una strategia di differenziazione. Può cioè accadere che l'incremento del valore di

mercato connesso alla differenziazione superi i costi più alti associati alla bassa scala di produzione. Un esempio famoso fu quello dell'ascesa della General Motors a danno della Ford negli anni '20. È rimasto famoso il detto di Henry Ford: "Chiedetemi tutto, purché sia una Ford T di colore nero", a simboleggiare l'ampio sfruttamento dell'economie di scala a discapito della differenziazione. Ford fu infatti il primo ad impiegare i concetti teorizzati da Frederick Taylor sulla divisione scientifica del lavoro (il termine fordismo, che indica genericamente la modalità di produzione in serie con catena di montaggio e la fase industriale relativa, si riferisce appunto a Ford).

Vantaggio di costo 104

Tale strategia fu la causa dell'ascesa della Ford, ma ne determinò anche il declino.• la perdita di flessibilità. Maggiore è la dimensione di imprese e impianti minore è la facilità di adeguarsi ai

cambiamenti. Quando l'impresa opera in settori in rapido cambiamento questo può dunque costituire un freno allacapacità dell'impresa di adeguarsi ai cambiamenti nella domanda e nelle tecniche di produzione.

• il prevalere di diseconomie di scala. Maggiore è la dimensione dell'impresa maggiori sono infatti i problemiconnessi con:•• l'incremento di complessità e i costi di coordinamento;•• le basse motivazioni e l'alta sindacalizzazione dei dipendenti;•• gli aumenti di prezzo degli input.

Le economie di apprendimentoCon il termine economie di apprendimento (o economie di scala dinamiche), si fa riferimento alla riduzione dei costimedi unitari generata dall'apprendimento (learning).È importante notare che l'apprendimento può avvenire sia a livello individuale, ad esempio il miglioramentonell'abilità e nella soluzione dei problemi (problem solving), sia a livello di gruppo, come ad esempio ilperfezionamento delle routine organizzative.Il tasso di apprendimento varia notevolmente fra le attività e dipende anche dalla loro configurazione.Al fine di controllare questa determinante di costo è necessario:• mantenere l'esclusività dell'apprendimento diminuendo il tasso di ricaduta. Il tasso di ricaduta dell'apprendimento

stabilisce infatti in che misura l'apprendimento può costituire la base di un vantaggio di costo per una specificaimpresa o soltanto la causa di una diminuzione dei costi per l'intero settore industriale. Ciò può essere fatto, adesempio, "legando" all'impresa con un sistema di premi e incentivi i dipendenti che operano in posizioni chiavegià da un certo tempo al suo interno.

• gestire l'impresa tenendo conto delle economie di apprendimento. Famosa in questo senso fu la strategia dipenetrazione della divisione moto della Honda sui mercati inglesi. La Honda infatti fissò i prezzi di vendita ad unlivello inferiore ai costi sostenuti all'entrata, ma comunque superiore al livello stimato dei costi nel futuro conl'accumulo di esperienza. Oltre questo va ricordata la necessità di configurare le attività in modo tale damigliorare la possibilità di apprendimento individuale e collettivo.

Bibliografia• Porter, M. (1985) Competitive advantage: creating and sustaining superior performance, New York: The Free

Press.

Voci correlate•• Curva di esperienza•• Economie di scala•• Economie di esperienza•• Leadership di costo•• Vantaggio competitivo•• Vantaggio di differenziazione

Integrazione verticale 105

Integrazione verticaleIntegrazione verticale è un'espressione, che nella microeconomia e nel management strategico descrive la scelta diun'impresa produttrice o assemblatrice di un certo prodotto di integrare all'interno della propria attività un maggiornumero di "passaggi intermedi" necessari all'ottenimento del prodotto finito. Compagnie integrate verticalmentesono unite attraverso una gerarchia e condividono un proprietario comune. Di solito ogni membro della gerarchia sioccupa di step differenti e i prodotti insieme soddisfano un bisogno comune.Tramite questo approccio strategico, la compagnia può godere di molti benefici: il controllo dei processi e dellefonti, la riduzione dei rischi di stockout delle scorte, impiego degli slack di capacità produttiva, l'eliminazione deicontrasti con i fornitori, una maggiore personalizzazione dei prodotti o dei servizi erogati, lo sfruttamento dieconomia di scala e la conservazione del talento organizzativo.Esistono due tipi di integrazione verticale: integrazione a valle e integrazione a monte. L'integrazione a valle (odiscendente) consiste nel controllo da parte di un'azienda di un passaggio successivo rispetto a quello che già ricopre:ad esempio, un'impresa assemblatrice di automobili, apre una concessionaria di vendita. L'integrazione a monte (oascendente), invece, si ha quando un'azienda decide di assumere il controllo di uno step antecedente a quello giàsvolto: ad esempio, un'impresa assemblatrice di automobili, inizia a produrre volanti.Per citare un esempio Sony, al contrario delle altre compagnie tecnologiche (come HP, in cui il 75% del costo totaledi un prodotto è generato da 30 fornitori), ha attuato una profonda verticalizzazione che sta portando la compagnia aseguire l'intera filiera di produzione dei suoi prodotti.Wikipedia:Uso delle fontiDichiarazione di T. Aoki, vicepresidente esecutivo di Sony:Wikipedia:Uso delle fonti

« Dobbiamo costantemente pensare: stiamo creandoci noi stessi un concorrente? Possiamo ritardare ciò se diamo a ognifornitore solo una parte del processo da svolgere, mentre se ricorriamo ad essi come a ODM, potranno fare presto qualsiasicosa. Dobbiamo mettere in una scatola nera la tecnologia presente nei nostri prodotti, in modo che gli altri non possanoottenerla facilmente. D’altra parte, se passassimo alla modularizzazione della produzione, non resterebbero profitti perSony. I nostri profitti vengono dai componenti, non dall’assemblaggio. Dobbiamo abbassare i costi, questo è ovvio, ma nonspostare la produzione al di fuori dell’azienda. Dobbiamo chiedere ai fornitori solo le parti che non aggiungono moltovalore al prodotto. »

Voci correlate•• Make or buy•• Integrazione orizzontale•• Lean Production•• Catena del valore

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Competenza distintiva 106

Competenza distintiva

Know-How per riciclaggio rifiuti

Le competenze distintive sono le caratteristiche intrinseche e salientidi un'impresa (attitudini, abilità, conoscenze commerciali escientifiche), configurabili come qualità "speciali" che permettono allastessa di essere più competitiva in un aspetto tecnico o organizzativo, eche di norma sono affidate ad un certo numero manager e specialisti.Esse non sono facilmente imitabili.

In genere, le competenze distintive (chiamate anche "corecompetence") sono trasversali a un'attività o ad un settore, e possonoriguardare la particolare attitudine a costruire, progettare, realizzare unprodotto o anche a organizzare, gestire, programmare.

Non sono precisamente il Know-How, quanto piuttosto un saper fare trasferito nei prodotti e nei servizi, anche se percerti versi sono assimilabili ad esso. Diciamo che sono un sottoinsieme dell'esperienza dell'azienda, che in manieraorizzontale attraversa le funzioni e pervade l'organizzazione di un valore aggiunto che caratterizza e, appunto,"distingue" l'azienda dalle altre.

Le core competence sono considerate un fattore determinante nel sistema competitivo, in particolare nelle economiecontemporanee, con lo sviluppo del terziario e la necessità di una qualità come fattore distintivo per tanti bene(economia)beni e servizi fungibili che si basano sulla lotta dei prezzi, causando una curva di domanda estremamenteelastica.In un famoso studio Hamel e Prahalad analizzano i principali cambiamenti avvenuti nella corporate strategy durantegli anni ottanta. In questo periodo, l'evoluzione tecnologica e la nascita del settore dell'informatica hanno dato vita anuovi mercati, costringendo le imprese a ripensare le proprie strategie competitive diventate ormai obsolete. Mentre,secondo gli autori, dal secondo dopoguerra le imprese più importanti potevano evolversi diversificando il proprioportafoglio di business in base ad un'analisi esclusivamente finanziaria dei mercati, dando vita a enormiconglomerati, i recenti cambiamenti pongono la necessità di una strategia meglio articolata. I nuovi settori emergentiad elevato contenuto tecnologico sono caratterizzati, infatti, da una velocissima evoluzione e da un ridotto ciclo divita dei prodotti. Competere nei mercati dei prodotti finali diventa quindi molto difficile e rischioso in quanto letecnologie tendono ad essere cannibalizzate rapidamente e il payback period degli investimenti si riducenotevolmente. Solo l'individuazione, la coltivazione e lo sfruttamento di competenze chiave trasversali a più mercati,durevoli nel tempo e difficilmente imitabili rende possibile la creazione di un vantaggio competitivo durevole.Secondo Hamel e Prahalad, in un contesto competitivo stabile, caratterizzato da mercati maturi e da prodottistandardizzati, le imprese potevano diversificare le loro attività semplicemente dedicando ciascuna divisione ad unmercato finale diverso. Assegnando ingenti risorse a tali unità organizzative e imponendo i propri standard diprodotto le imprese potevano puntare a diventare leader mondiali di tali mercati. Al contrario quando i mercati e iprodotti finali cambiano rapidamente, spinti dal progresso tecnologico, il raggiungimento di una posizione dileadership diventa un traguardo temporaneo. Mentre nel breve termine la competitività di un'impresa dipende dalrapporto prezzo/performance dei suoi prodotti correnti, nel lungo periodo questi convergono verso standard simili diprezzo e qualità, i quali sono percepiti dai consumatori come requisiti minimi ma non come fonte di differenziazionee di vantaggio competitivo. Nel lungo periodo dunque la competitività deriva dalla capacità di svilupparecompetenze distintive, più velocemente e a costi minori dei competitors, che generino prodotti innovativi. La verafonte di vantaggio competitivo, dunque, consiste nello sviluppo di core competence applicabili ai diversi prodotti e aidiversi mercati in cui l'impresa opera. Le core competences nascono dallo sviluppo di tecnologie e abilità all'internodell'organizzazione che successivamente vengono consolidate e applicate nello sviluppo di diversi prodotti e nellagestione dei vari business. Esse consentono di coordinare diverse tecniche produttive o di integrare tra loro diverse

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tecnologie per realizzare prodotti innovativi capaci di differenziarsi da quelli dei concorrenti. A differenza di moltifattori produttivi le core competences non si deteriorano con l'uso ma si rafforzano e si evolvono quanto più essesono applicate e condivise all'interno dell'organizzazione. Infine esse guidano il processo di diversificazione inquanto tracciano un sentiero evolutivo dell'impresa determinando in quali business essa può competere con successoe generando nuove opportunità e nuovi mercati. Dal punto di vista organizzativo la creazione delle core competenceimplica una gestione coerente del portafoglio di business dell'impresa. Se le divisioni sono gestite indipendentementee la scelta dei business avviene solo in base alla loro redditività, la condivisione delle core competence risulta moltodifficile. Le core competence sono efficacemente descritte dagli autori come le radici del vantaggio competitivodell'organizzazione. Esse vengono incorporate in prodotti innovativi e differenziati i quali spesso non sono deiprodotti finali ma solo delle componenti (come il processore all'interno del computer). Tali core product possonoessere utilizzati in diversi business, consentendo all'impresa di non legare la sua attività ad un particolare mercato,ma di sfruttare tutte le opportunità derivanti dalla nascita di nuovi prodotti o di nuove tecnologie. I core productpossono essere infatti incorporati in diversi prodotti finali, allungando il loro ciclo di vita e diventando una risorsaessenziale.I core products sono il risultato materiale delle core competence e costituiscono il tramite attraverso cui l'impresaopera in un mercato finale. Essi sono spesso la componente di un prodotto finale ma contribuiscono sostanzialmenteal suo valore. L'impresa che li produce in questo modo non compete esclusivamente con il suo brand, ma anchecome fornitore di componenti di altri prodotti concorrenti. Inoltre, la proliferazione di applicazioni per i core productpermette di ridurre i costi, il tempo e il rischio connesso al loro sviluppo, e consente lo sfruttamento di economie discala e di scopo. Le core competence devono possedere almeno tre requisiti fondamentali:- devono permettere l'accesso potenziale ad una ampia gamma di mercati - contribuiscono in maniera significante adifferenziare i prodotti finali secondo la percezione dei clienti. - Devono essere difficilmente imitabili da parte deiconcorrentiIn primo luogo, le core competence consentono di operare, tramite i core product in un'ampia gamma di mercatianche molto diversi fra loro. Ad esempio le competenze di Canon nel campo delle componenti ottiche le permettonodi competere nei differenti mercati delle stampanti, fotocopiatrici, scanner e videocamere, in cui i prodotti finali sonomolto diversi fra loro, ma incorporano tutti le stesse componenti chiave. I core product inoltre caratterizzano iprodotti finali in cui sono incorporati grazie alla loro tecnologia, ad funzione d'uso innovativa o alla loro qualitàsuperiore, contribuendo a differenziare agli occhi dei clienti i prodotti. Infine le core competence, nascendodall'insieme armonizzato di tecnologie e abilità dell'impresa, consolidate attraverso un lungo processo evolutivo,sono difficilmente replicabili dai concorrenti, i quali sono costretti a incorporare nei loro prodotti componentiacquistati dal leader di mercato, rendendosi dipendenti da quest'ultimo per la loro sopravvivenza. Tale eventualità èmolto comune nei settori high-tech in cui i leader di mercato spesso partecipano ai prodotti della concorrenza comeoriginal equipement manufacturer. In conclusione, l'impresa deve competere su tre livelli. A livello di corecompetence l'obiettivo è diventare leader nello sviluppo di tecnologie innovative o di nuove funzionalità per prodottiesistenti. Per sostenere la leadership in tali core competence le imprese devono massimizzare la loro produzione dicore product, al fine di raggiungere il massimo numero di clienti, non solo nei mercati finali ma anche in quelliintermedi. Inoltre, una posizione dominante nei core product permette di influenzare l'evoluzione della tecnologia,delle applicazioni e dei mercati finali. Secondo gli autori, per competere sui tre livelli delle competenze, dei coreproduct e dei prodotti finali, occorre innanzitutto sviluppare le prime. Se l'impresa riesce a valorizzare le proprie corecompetence, quasi sicuramente batterà i rivali nello sviluppo di nuovi business. Analogamente se un'impresa diventaleader nella produzione di core product, probabilmente batterà i rivali anche nella produzione di nuove applicazioni eprodotti finali, e nel rapporto qualità prezzo.Tutte queste considerazioni generano l'esigenza di considerare l'impresa diversificata come un portafoglio dicompetenze, oltre che di business e prodotti. Il top management dovrà quindi cercare di modellare una strutturaorganizzativa in grado di valorizzare e condividere le competenze tra le diverse divisioni, rendendo l'impresa un

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marchio ombrello sotto il quale proliferano molti prodotti basati sulle stesse caratteristiche distintive. Tale concettocontrasta con il modello decentrato tipico delle grandi imprese diversificate. In tale modello organizzativo, lastrategia competitiva è sviluppata interamente a livello di business unit, mentre a livello corporate, sono delegate ledecisioni riguardanti il coordinamento, la gestione finanziaria, e il controllo dei vari business. Il decentramento dellastrategia competitiva conferisce alle divisioni ampia autonomia circa le azioni da porre in essere nei rispettivimercati, ma genera anche alcuni problemi di coordinamento quando esse debbano condividere una determinatarisorsa o competenza. Innanzi tutto, quando l'impresa opera come un insieme di business unit indipendenti, nessunadivisione è responsabilizzata a mantenere una posizione di rilievo nei core product, ne può giustificare gli elevatiinvestimenti necessari a costituire e sviluppare core competence. Il top management deve imporre una visione diinsieme, ponendo l'enfasi non solo sui risultati raggiunti dalle sinole divisioni, ma sulla creazione di valore a livellodi impresa. In secondo luogo, quando una business unit evolve e sviluppa particolari competenze, dovrebbecondividerle con il resto dell'organizzazione, ma questa opportunità spesso non viene colta perché gli individui chedetengono le competenze cercano di sfruttarle per i propri scopi personali, impedendo all'impresa di fare leva su talirisorse per lo sviluppo nel suo complesso. Da ciò emerge innanzitutto la necessità di bilanciare le esigenze dellapianificazione e del budgeting con quelle del coordinamento delle divisioni finalizzato alla crescita complessivadell'impresa. In secondo luogo, è necessario valorizzare il capitale umano, al pari di quello finanziario, individuandole persone che detengono competenze critiche e muovendole all'interno dei confini dell'impresa affinché possanocomunicarle e condividerle. Il presupposto per mettere in atto tali misure, e per identificare le competenze di cuil'impresa necessita per competere con successo è il disegno di un'architettura strategica. Tale disegno prende lemosse dall'individuazione delle competenze da costituire, e stabilisce le modalità per acquisirle e sfruttarle per lacreazione dei core product. L'intento strategico rappresenta innanzi tutto la chiave di lettura delle strategie chel'impresa implementa e rende possibile coordinare le sue azioni verso il raggiungimento del fine ultimodell'organizzazione. Esso consente di porre in essere una serie di azioni, alleanze e investimenti comprendendochiaramente l'obiettivo da raggiungere, e dunque fornisce un sentiero evolutivo chiaro e condiviso dai membridell'organizzazione. In secondo luogo, l'intento strategico guida il processo di diversificazione, perché individua ibusiness che contribuiscono maggiormente al raggiungimento degli obiettivi o alla creazione di core competence,consentendo inoltre di coordinare le business units e condividere risorse e competenze fra le stesse per la creazionedel vantaggio competitivo. L'intento strategico, infine, rende trasparente e condiviso il processo di allocazione dellerisorse perché definisce le priorità in base alle quali nascono le decisioni del top management.Per evidenziare l'importanza dello sviluppo delle core competence Hamel e Prahalad riportano l'esempio di NEC eGTE, di due imprese americane dell'information technology che negli anni hanno seguito due strategie contrapposte,rispettivamente basate sulle condivisione di competenze e sulla gestione indipendente delle SBU. Negli anni ottantaNEC, impresa operante nel settore di hardware per le telecomunicazioni, formulò una strategia basata sullo sviluppoe sfruttamento della convergenza fra computer e comunicazione. Il top-management identificò tre sentieri dievoluzione del mercato e della tecnologia, concludendo che il mercato dei computer, della comunicazione e dellecomponenti avrebbero seguito un percorso convergente e dunque l'impresa che avesse acquisito competenzetrasversali a questi settori avrebbe goduto di un notevole vantaggio competitivo. Il Top management adottò piano disviluppo finalizzato alla creazione di competenze distintive nel settore dei semiconduttori, core product di NEC, estrinse una miriade di alleanze con l'intento strategico di raggiungere rapidamente la leadership tecnologica. Tutte lealleanze furono finalizzate ad acquisire la competenza relativa ad una determinata tecnologia, acquisendo einternalizzando le conoscenze dei partner. Al contrario GTE, impresa operante in diversi settori dell'informatica edelle comunicazioni, non riuscì a formulare una strategia altrettanto efficace. Nonostante il sentiero di evoluzione delmercato fosse chiaro e palese, il top management non riuscì ad individuare le core competence necessarie percompetere simultaneamente nei vari mercati. La struttura organizzativa decentrata inoltre rendeva difficile ilcoordinamento delle business units, che operavano seguendo una strategia competitiva autonoma. Non avendosviluppato alcuna core competence trasversale ai vari business in cui GTE operava le singole SBU persero la loroleadership tecnologica e diventarono sempre più dipendenti dalle risorse esterne. La differenza principale tra NEC e

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GTE era che la prima fu concepita come un portafoglio di competenze da valorizzare in un ampio range di mercatifinali, mentre la seconda come un portafoglio di business indipendenti fra loro.

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Curva di esperienzaIn diverse situazioni si può ritenere che una rapida riduzione dei costi, in particolare di quelli diretti, possa accelerareil passaggio del prodotto dalla fase di introduzione a quella caratterizzata da domanda elevata. Mediante la curva diapprendimento si può osservare come i costi diretti per unità di prodotto varino con il volume cumulato dellaproduzione; talora, su una scala doppiologaritmica, si può ottenere una successione di valori bene interpolabilelinearmente. Un altro elementare strumento associabile al ciclo di vita è la curva di esperienza, che permette diseguire l'evolversi del costo totale unitario in relazione al volume cumulato della produzione. Al costo totale unitariosi potrebbe sostituire il prezzo; ma le due grandezze non seguono sempre la stessa dinamica, soprattutto quando lerelazioni tra i concorrenti non siano stabili.

Una curva di esperienza

Negli studi di strategia aziendale, la curva di esperienza è larappresentazione grafica della relazione che lega l'andamento del costomedio unitario del bene prodotto al volume di produzione cumulata.

È stato dimostrato che all'aumentare del volume di produzionecumulata il costo medio del bene prodotto diminuisce, e talediminuzione è legata al più alto livello di efficienza della produzioneper effetto dell'esperienza. In scala logaritmica la curva di esperienzadiventa una linea retta.Il BCG, ovvero il Boston Consulting Group, osservò una regolaritànella riduzione dei costi (e dei prezzi) associata all'incremento dellaproduzione cumulata. Al raddoppiare di quest'ultima, corrispondeva una diminuzione dei costi unitari (e anche deiprezzi) compresa tra il 20 e il 30%. Si può così formulare la seguente legge dell'esperienza: "Il costo unitario delvalore aggiunto di un prodotto standardizzato si riduce secondo una percentuale costante (di solito il 20-30%) ognivolta che la produzione cumulata raddoppia".

Il costo unitario del valore aggiunto è dato dal costo totale per unità di produzione meno il costo dei componenti edei materiali di approvvigionamento per unità di produzione.

Bibliografia•• Marbach, Giorgio (2006). "Ricerche per il marketing". UTET.

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Costi di apprendimento 110

Costi di apprendimentoQuando si elabora una strategia di leadership di costo si devono tenere presenti le determinanti di costo; tra queste sihanno i costi di apprendimento, ossia quei costi che si riducono all'aumentare del tempo di esistenza dell'impresasul mercato, perché col passare del tempo si acquisisce maggiore esperienza, consentendo una riduzione dei tempi diproduzione e magari delle materie prime utilizzate. In riferimento alle persone, si parla di "learning by doing",riferendosi all'intera organizzazione si parla di "apprendimento organizzativo": l'organizzazione (per esempioimpresa) sviluppa dei meccanismi interni che comportano una riduzione dei costi.

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Teatro d'impresaIl Teatro d’impresa ha lo scopo di unire l'arte e il business applicando le metodologie tipiche dell’arte teatrale inambitoformativo, organizzativo, comunicativo e promozionale all’interno delle aziende. Impiega le tecniche dell’arteteatrale non in sostituzione, ma come integrazione e supporto di quelle della formazione tradizionale coinvolgendo emotivando attivamente e piacevolmente i partecipanti in maniera esperienziale, divertente e al tempo stesso moltoincisiva ed efficace. Tale metodologia riesce a unire due contesti apparentemente lontani fra loro come il mondo dellavoro, fondato sull’organizzazione produttiva con obiettivi concreti e razionali di profitto, e l’arte del teatro, basatasulla finzione ludica e creativa finalizzata all’espressività e all’estetica. L’unione fra teatro e azienda è possibile conun approccio metaforico, interpretando il contesto organizzativo con la metafora teatrale e il teatro come metaforadella vita sociale. Riguardo agli ambiti di applicazione delle metodologie teatrali per animazione, formazione ecomunicazione in contesti organizzativi, possiamo distinguere le due terminologie Teatro d’impresa e Teatrod’azienda, spesso usate come sinonimi in quanto le potenzialità di applicazione dello strumento teatrale possonoriguardare realtà non solo d’impresa (intesa come un’azienda con fini di lucro), ma anche di strutture organizzativecon finalità sociali che forniscono servizi anziché prodotti come le associazioni no-profit, le pubblicheamministrazioni o le cooperative.

StoriaLa prima forma di Teatro d’impresa nasce nel 1984 con il nome francese di Thèâtre d’entreprise, a Montréal, in Canada, con la fondazione della società Thèâtre à la carte da parte di Christian Poissonneau, il primo ad applicare la metodologia teatrale alla formazione aziendale e a divulgare questo innovativo e originale sistema. Poissonneau, convinto che ogni azienda avesse un suo vissuto fatto non solo di cose da comunicare e condividere, ma anche di conflitti e problemi di organizzazione, iniziò con interventi di recitazione basati sulle storie aziendali ognuna ambientata nel proprio contesto organizzativo. Non erano semplici rappresentazioni di intrattenimento e animazione, ma un valido mezzo di comunicazione, riflessione e formazione. Ma è stato a Parigi, dopo l’incontro e lo scambio di esperienze con Michel Fustier, esperto in gestione del personale e anch’egli autore di alcuni esperimenti di teatro in azienda, che il Teatro d’impresa ha assunto le tipologie che tuttora lo caratterizzano. Nei primi anni Novanta a Parigi nacquero diverse società di formazione e consulenza che si avvalevano di metodologie teatrali e poi il sistema si è diffuso e sviluppato anche altrove giungendo in pochi anni anche in Gran Bretagna con il nome di Business theatre, in Germania e nel resto dell’Europa. Dal 1991 a Nantes (Francia) si svolge il Festival Internazionale del Teatro d’Impresa, un’occasione di incontro e confronto aperto agli operatori e alle imprese europee che hanno utilizzato le metodologie formative e comunicative del Teatro d’impresa. In Italia i primi progetti di Teatro d’impresa prendono forma verso la fine degli anni Novanta. Il primo spettacolo di Teatro d'impresa va in scena all'Arena del Sole di Bologna, il 17 luglio 1997, con una lezione spettacolo sulla creatività aziendale tenuta da Paolo Vergnani. Nel corso dell'A.A. 1996/1997, a Trieste, con i docenti Maddalena Berlino e Andrea Notarnicola, il teatro d'impresa diventa

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per la prima volta materia obbligatoria di studio in un master in business admistration in Italia (MIB). Nel 1999 inItalia, a Firenze, Roberta Pinzauti dà vita a un’altra realtà molto attiva di Teatro d’impresa con una grossa rete diattori, registi, autori, formatori e consulenti aziendali detti FormAttori. Dopo un iniziale scetticismo, nel tempol’ingresso del teatro in azienda è stato progressivamente sempre più oggetto di curiosità e interesse, tanto che oggirappresenta una realtà abbastanza diffusa e affermata nel contesto formativo e manageriale anche delle aziendeitaliane. Nel 2004, in occasione dell'ingresso dei paesi dell'Est nell'Unione Europea, si è tenuto a Venezia il "PalioInterculturale della Rappresentazione d'Impresa", ispirato ad una rilettura in chiave aziendale delle maschere dellacommedia dell'arte. Maddalena Berlino e Eva Campi con Business theatre training: from a formative experience to asocial event, in occasione del X Forum Internazionale dell'Approccio Centrato sulla Persona, nel maggio 2007,portano in "scena" la terza edizione del "Palio Interculturale della Rappresentazione d'Impresa" a Palma di Maiorca.Nel giugno 2011 è stato organizzato, dall'Associazione Italiana Formatori, il primo Festival italiano di teatrod'impresa presso il Teatro San Salvatore di Bologna.

Nuove esigenze formativeLa società moderna ha subito profondi cambiamenti anche dal punto di vista lavorativo e formativo e occorrononuove strategie di adattamento e rinnovamento, nonché la capacità per chi lavora di riuscire a reinventarsi perinserirsi in contesti che mutano continuamente. Da una concezione rigida e autoritaria con compiti e ruoli stabiliti dalvertice aziendale e una dimensione lavorativa prettamente tecnica ed addestrativa, il nuovo modello diorganizzazione aziendale si è evoluto in maniera più flessibile e dinamica, valorizzando sempre più il fattore umanoe la componente relazionale, coordinativa e comunicativa. In questo nuovo scenario organizzativo sono emerseesigenze formative nuove tese ad investire maggiormente sulle risorse umane non solo dal punto di vista del saperetecnico, ma puntando anche a sviluppare maggiormente le capacità di relazione e le competenze esperienzialipreziose per la crescita personale e il miglioramento del “saper essere” del lavoratore, sia a livello manageriale cheimpiegatizio. Questo perché per avere successo in ambito personale e lavorativo non bastano le competenzeintellettuali e professionali, ma occorre sviluppare la propria intelligenza emotiva dal punto di vista personale con laconoscenza e la padronanza di sé, e dal punto di vista relazionale per la gestione dei rapporti con gli altri. In uncontesto di formazione adulta e in generale nell’ambito dell’andragogia, è poi di fondamentale importanza il “come” eil “perché” insegnare e non solo “cosa” insegnare. Alla luce di questa evoluzione, chi si occupa di formazione nelleaziende si deve quindi rinnovare e deve ricercare e sperimentare nuove metodologie formative per soddisfare lenuove esigenze. Nel contesto del Teatro d’impresa si affronta anche l’aspetto della formazione-formatori e l’aziendasi avvale di consulenze formative teatralizzate portate avanti da “FormAttori” con l’obiettivo della crescitapersonale dei dirigenti, dei formatori e dei dipendenti.

Perché teatralizzare la formazioneLa figura del formatore, così come quella del leader, si può paragonare a quella dell’attore e del regista. Entrambidevono saper stare sul "palcoscenico” e saper organizzare il lavoro assegnando i ruoli giusti alle persone giuste,essere credibili e persuasivi coinvolgendo il loro “pubblico” sia sul piano razionale comunicando contenuti, cheemotivo trasmettendo energia e simpatia. Devono essere in grado di comunicare efficacemente attraverso linguaggiverbali e non verbali in stili diversi in presenza di varie tipologie di “spettatori”, e avere il carisma necessario perattrarre l’attenzione e quindi, trasferendo il concetto in ambito aziendale, devono saper motivare e gestire gruppi dicollaboratori.Oltre a sviluppare la leadership, il teatro in azienda è altamente esperienziale per le varie figure professionali e aiuta nei percorsi formativi utili per il teambuilding, per la capacità di lavorare in gruppo, per l’apprendimento di tecniche di negoziazione e vendita, per una comunicazione molto efficace all’interno e all’esterno dell’azienda, per la gestione dello stress, dei conflitti e degli imprevisti dovuti ai cambiamenti e alle innovazioni aziendali. Si tratta di una formazione-azione. Infatti la formazione supportata da tecniche teatrali fa sì che i partecipanti, lavorando con la

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mente, il corpo e le emozioni, acquistino maggiore consapevolezza di sé, del proprio ruolo e delle proprie capacità, esviluppino la loro creatività, la capacità di comunicare e l’empatia. Inoltre il “fare teatrale” mette in giocoaumentando la sicurezza in se stessi e offre la possibilità di sperimentare aspetti diversi della propria personalità e discoprire nuove potenzialità cambiando identità in scena. È un mezzo divertente e ironico che rompe la monotonia esdrammatizza la realtà e crea situazioni virtuali dove tutto può diventare possibile, dove la finzione può far emergerequestioni altrimenti sommerse nel “non detto”, e dove i problemi possono essere affrontati anche da altri punti divista con la possibilità dunque di trovare soluzioni alternative. Utile a tal fine è l’apprendimento delle tecniche diimprovvisazione teatrale che aiutano molto nella gestione degli imprevisti che in questo modo non sempre vengonopercepiti solo come ostacoli da superare, ma possono trasformarsi in spunti per un cambiamento talvolta ancheoriginale.

Finalità e funzioniNei contesti lavorativi il teatro ha diversi scopi e obiettivi. Può avere una funzione di animazione in occasione dicorsi e seminari, incontri di lavoro, presentazioni, oppure può servire per focalizzare l’attenzione su un particolareaspetto aziendale sul quale far riflettere il pubblico, spesso appartenente all’azienda stessa. Inoltre può essereun’ottima spinta al cambiamento perché attraverso un percorso di riflessione riesce a mettere in discussione modelli eschemi comportamentali e facilita il rinnovamento. Il teatro può dunque essere utilizzato con finalità di animazioneorganizzativa per rendere più piacevoli le occasioni di socializzazione aziendale come per esempio i meeting e leconvention, arricchendo di una componente ludica questi eventi che per esigenze aziendali devono essere in ognicaso costruttivi. I progetti teatrali di animazione aziendale devono essere infatti in grado di conciliare finalità diintrattenimento con finalità costruttive. La rappresentazione teatrale è anche uno strumento di marketing aziendale,una sorta di Promotional Theatre con lo scopo di pubblicizzare sia all’interno che all’esterno, per esempio ai clienti, iprodotti o i servizi forniti dall’azienda. Il marketing in tal modo diventa esperienziale e durante le rappresentazioniteatrali, oltre alla presentazione del prodotto, può essere messa in scena una simulazione del processo di vendita eacquisto mettendone in evidenza le potenzialità e le criticità. Questa forma è particolarmente efficace per comunicaremessaggi e capace di attirare l’attenzione e farsi ricordare da un pubblico piuttosto vasto. Il Teatro d’impresa è ancheun importantissimo strumento di comunicazione aziendale, molto coinvolgente e interattivo per veicolareinformazioni e comunicazioni interne finalizzate all’aggiornamento, alla diffusione di vision e mission, allo stimolodel senso di appartenenza o per celebrare particolari momenti della storia aziendale (Celebration Theatre).Fondamentale la finalità formativa del Teatro d’impresa che si pone l’obiettivo della crescita e dello sviluppo delpersonale attraverso un percorso catartico e ludico di apprendimento esperienziale sia individuale che di gruppomesso in atto sperimentando diversi canali di comunicazione e relazione in contesti non usuali e in nuoveprospettive. Lo scopo principale della formazione teatralizzata è di far sì che la crescita personale dei partecipanti,raggiunta attraverso azioni e riflessioni sulle azioni, sia un arricchimento spendibile anche nel contesto lavorativo.

Modalità di partecipazione e coinvolgimentoIl Teatro d’impresa prevede diverse tipologie di partecipazione e coinvolgimento dei soggetti. Allo spettacolo i soggetti coinvolti possono assistere come semplici spettatori senza possibilità di intervento, ma senza per questo sminuire l’efficacia comunicativa ed emozionale di una rappresentazione che mette in scena davanti ai loro occhi il loro vissuto lavorativo interpretato da attori professionisti. Una partecipazione più interattiva si ha invece quando un animatore coinvolge il pubblico invitandolo ad esempio ad improvvisare proposte per la soluzione del problema messo in scena dagli attori. Esiste la possibilità di una partecipazione ancora più attiva che può essere parziale oppure diretta. Nel primo caso il pubblico non è solo spettatore, ma può collaborare alla realizzazione dello spettacolo e prendere parte alla stesura del testo o alla progettazione di altri aspetti dell’evento teatrale fino ad avere la possibilità di interpretare in prima persona anche dei ruoli in scena insieme agli attori professionisti. In caso di partecipazione diretta l’impegno è totale e i soggetti entrano in scena come attori. Lo spettacolo è interamente

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interpretato dai partecipanti che possono essere i formatori o i dipendenti dell’azienda. Quest’ultima modalitàpermette di vivere un’esperienza molto coinvolgente e formativa.

Tipologie del Teatro d'impresaEsistono delle tipologie principali di riferimento, ognuna con proprie caratteristiche e finalità e con modalità difruizione più o meno partecipativa da parte dei soggetti destinatari.

Teatro su misuraÈ uno spettacolo scritto e realizzato ad hoc da autori e attori professionisti sulla base di specifiche esigenzeformative e organizzative dell’azienda richiedente. L’obiettivo è quello di rendere la comunicazione tra azienda edipendenti più trasparente e consapevole realizzando uno spettacolo che metta in scena temi o criticità focalizzaticon i responsabili dell’azienda. Lo spettacolo teatrale riesce a rappresentare le situazioni in modo ironico e divertentesdrammatizzando quelle più difficili da affrontare facendo emergere il “non detto” trasformandolo in un aneddoto. Lospettatore riconosce il problema e vedendo rappresentato il proprio lavoro in scena, come davanti a uno specchio, èstimolato alla consapevolezza e alla riflessione. Osservarsi da un’altra prospettiva aiuta a prendere coscienza delproprio agire e a comprendere meglio il clima aziendale. Inoltre questi eventi inducono a riflettere sulla possibilità dielaborare modi alternativi di gestire il proprio quotidiano lavorativo e dunque motivano al cambiamento. Il Teatro sumisura è un efficace strumento di comunicazione fra azienda e personale ed è utile in caso di ristrutturazioni ecambiamenti organizzativi o per far meglio comprendere la cultura, i valori e la mission dell’azienda[1]. L’interventoformativo del Teatro su misura si svolge seguendo un percorso che prevede un’iniziale incontro fra aziendacommittente e società di consulenza. Durante questa prima fase l’azienda, dopo un’analisi interna dei propri bisogniformativi, chiarisce i propri obiettivi, comunica i messaggi che intende lanciare e esprime le proprie aspettative allasocietà di consulenza. Questa, in una seconda fase e attraverso una propria analisi successiva, valuterà con iresponsabili aziendali la fattibilità e le modalità dell’intervento e raccoglierà materiale sul contesto e sul vissutodell’azienda mettendo in evidenza gli aspetti più caratteristici della cultura aziendale ed entrando in contatto, coninterviste singole o di gruppo, con le figure professionali destinatarie del progetto. Segue un’elaborazione delmateriale da parte dei consulenti affiancati da registi, sceneggiatori e attori e viene redatta una bozza dellospettacolo. Un autore scrive un copione teatrale e viene impostata la progettazione dell’evento in tutti i suoi aspetti(scenografie, luci, suoni, costumi). Il risultato viene sottoposto all’approvazione della committenza e dopo una seriedi prove di messa in scena l’evento viene rappresentato davanti al pubblico destinatario. Importantissima per lariuscita dell’intervento formativo è la fase post-evento, detta anche di debriefing, che prevede incontri di riflessione ediscussione. Questa fase è molto importante per verificare se il messaggio è stato correttamente compreso, perevidenziare i risultati ottenuti e per impostare piani d’azione per risolvere i problemi messi in evidenza dallospettacolo e mettere in atto importanti processi di cambiamento.

Teatro attivoMetodologia che coinvolge i partecipanti in maniera attiva e interattiva e a livello razionale, emotivo e corporeo. Idipendenti dell’azienda scrivono le loro scene con aneddoti realmente vissuti in ambito lavorativo e poi lerappresentano personalmente dopo un percorso formativo in aula che prevede tecniche ludico-teatrali e la possibilitàdi mettersi in gioco e sperimentare l’emozione di andare in scena imparando a conoscere e sviluppare il propriopotenziale psicofisico e il proprio linguaggio verbale e non verbale. Le sceneggiature vengono scritte su tematichescelte dopo un confronto in base alle problematiche comunicative, organizzative e formative da affrontare e per lequali occorre uno stimolo per trovare soluzioni alternative. Il coinvolgimento necessario per la progettazione, iltraining teatrale di gruppo e la successiva messa in scena sviluppa la costruzione di un team unito e affiatato, lacondivisione degli obiettivi e la creatività. Questa tipologia teatrale è quindi indicata per migliorare le capacità dicomunicazione e le relazioni nei gruppi di lavoro, per potenziare il teambuilding e la capacità di problem solving.

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Self-TheatreForma di Teatro d’impresa, detta anche teatro a soggetto libero, che coinvolge totalmente i partecipanti in tutta laprogettazione e la realizzazione dello spettacolo teatrale. Un gruppo aziendale guidato da FormAttori e registi scriveun copione su un tema a sua scelta e non riguardante necessariamente un problema o una criticità comportamentaleod organizzativa. In genere l’argomento ha lo scopo di far conoscere i valori e la storia dell’azienda, oppure dicomunicare cambiamenti organizzativi o risultati ottenuti, oppure ancora promuovere prodotti o servizi. Segue untraining teatrale altamente formativo durante il quale i partecipanti sviluppano competenze di comunicazioneinterpersonale, di empatia, di ascolto attivo, lavorando sul linguaggio non verbale e sviluppando il “saper essere –saper divenire”. L’aspetto più formativo del Self-Theatre è rappresentato più dal processo che conduce allarealizzazione dello spettacolo che dal tema trattato. Tale processo richiede un lavoro di gruppo particolarmenteintenso durante il quale figure professionali diverse fra loro devono trovare il giusto coordinamento finalizzato alraggiungimento di un obiettivo comune. I partecipanti dopo la scrittura del copione e il training teatrale per acquisireanche le necessarie tecniche di recitazione, passano alla fase della messa in scena scegliendo ruoli e personaggi,progettando la sceneggiatura, i costumi, le musiche e le luci. Questo lavoro di gruppo stimola la partecipazione, lamotivazione e il senso di appartenenza ed è un efficace mezzo di teambuilding. Lo spettacolo realizzato è inoltre unottimo strumento di comunicazione tra attori e spettatori che possono essere tutti appartenenti all’azienda oppure ilpubblico può essere rappresentato anche da persone esterne all’azienda come venditori, informatori, promotori oclienti e fornitori. Il Self-Theatre è dunque una metodologia ideale per la realizzazione di un progetto di formazione eun valido strumento di comunicazione, sia interna per divulgare la vision aziendale e la mission aziendale, cheesterna anche a fini promozionali.

Teatro improvvisatoRappresenta una via di mezzo fra il Teatro su misura, dove il pubblico è semplice spettatore, e il Teatro attivo cheprevede una partecipazione maggiore. Viene scelta questa metodologia d’improvvisazione teatrale quando si intendecoinvolgere i partecipanti nella scrittura di un canovaccio, redatto dopo un’analisi in azienda volta a mettere a fuoco itemi di intervento. I canovacci sono brevi copioni di massima, contenenti solo delle indicazioni in base alle quali poigli attori professionisti metteranno in scena rappresentazioni teatrali improvvisate di breve durata seguendo anche lereazioni e i suggerimenti del pubblico. Al termine si passa alla fase di discussione, di confronto e diapprofondimento di gruppo. Rispetto al Teatro su misura il Teatro improvvisato è più elastico nella progettazione enell’esecuzione ed è meno costoso da realizzare e molto più interattivo. Attraverso le tecniche dell’improvvisazioneteatrale può essere messo in pratica dai partecipanti anche un altro aspetto della metodologia formativa tramite gliesercizi di improvvisazione. Tali esercizi sono ancora più coinvolgenti del Teatro improvvisato e mettono in giocopersonalmente essendo quindi ancor più formativi. Talvolta vengono organizzati dei veri e propri match diimprovvisazione teatrale nei quali due squadre si sfidano prendendo spunto dai suggerimenti del pubblico e guidatida un moderatore che stabilisce lo stile e la durata delle improvvisazioni. L’improvvisazione non va confusa conl’approssimazione, ma è invece un’arte, una tecnica, un lavoro piuttosto complesso che richiede intuito, flessibilitàmentale, capacità di leggere i contesti e adattarsi alle situazioni, capacità di ascolto, creatività, capacità di gestire lostress e gli imprevisti. Cimentarsi nell’improvvisazione è sicuramente arricchente e aiuta efficacemente a migliorarele proprie capacità di problem solving.

Laboratorio teatraleCoinvolgente esperienza di gruppo finalizzata non tanto all’acquisizione di particolari capacità attoriali, ma alla crescita dell’individuo attraverso giochi ed esercizi che utilizzando le tecniche teatrali fanno sperimentare nuovi ruoli e comportamenti. Mentre il Teatro attivo e il Self-Theatre concretizzano il percorso formativo in uno spettacolo finale, il laboratorio teatrale si basa sulla gratuità del fare e dunque non lo prevede perché il suo scopo è di ricerca interiore profonda e di messa in gioco e in discussione senza obblighi e giudizi finali. Il percorso è costituito da una

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prima fase di riscaldamento consistente in veri e propri esercizi fisici, per poi passare alla fase che prevede eserciziteatrali sempre a livello corporeo perché focalizzati sulla voce e sulla comunicazione non verbale. I laboratori teatralipossono coinvolgere gruppi di una stessa azienda o essere a carattere interaziendale. In un contesto aziendalevengono progettati ad hoc in base alle situazioni organizzative e alle esigenze formative riscontrate da un’analisiinterna. Se si tratta invece di corsi interaziendali, riguardano un tema specifico che possa prevedere un costruttivoconfronto di esperienze diverse e vissuti organizzativi provenienti da più realtà aziendali.

Lezioni spettacoloSono rappresentazioni a soggetto fisso su specifiche tematiche e problematiche di interesse aziendale. In generefanno parte di un catalogo delle società di consulenza dove è possibile scegliere pièces già scritte e riguardantitipiche criticità comportamentali, relazionali e organizzative del contesto lavorativo. L’azienda che commissional’intervento teatrale sceglie i contenuti delle lezioni spettacolo in base alle esigenze e alle problematiche del propriocontesto e per soddisfare i bisogni formativi interni. Il pubblico assiste semplicemente allo spettacolo messo in scenada attori professionisti con lo scopo di sensibilizzare gli spettatori, presenti anche in gran numero, su un particolareargomento rendendo più leggero e godibile anche il tema più complesso. Questa tipologia che non prevedepartecipazione attiva è poco esperienziale anche se è utile per diffondere un messaggio stimolando la riflessione sudeterminati temi. Si può definire pertanto una tipologia più informativa che formativa.

Teatro forumSi tratta della messa in scena di una situazione critica simile a una problematica emersa in azienda e individuatadurante la fase di analisi dei bisogni formativi. Questa forma teatrale si ispira al Teatro dell'oppresso, elaborato neglianni Sessanta da Augusto Boal in Brasile, metodo che prevede l’intervento attivo del pubblico durante larappresentazione. Ad un certo punto dello spettacolo, quando si raggiunge il top della criticità, gli attoriinterrompono la recitazione e gli “spett-attori” sono invitati a proporre idee risolutive del problema suggerendole agliattori oppure mettendole in scena personalmente salendo sul palco. Il pubblico quindi è stimolato dal formatore adanalizzare, suggerire e sperimentare nuove strategie e per coinvolgere tutti i partecipanti alla riflessione e alladiscussione creativa è preferibile che i destinatari siano in numero abbastanza ridotto. Per chiarezza gli scopi delteatro d'impresa e il classico Teatro-Forum divergono profondamente. Mentre il primo sembra più lavorare perl'adattamento del lavoratore alla realtà dell'impresa e aumentarne quindi l'efficacia e il business, il Teatro-Forum eTeatro dell'Oppresso in genere (cfr. Boal, Il teatro degli oppressi, Feltrinelli 1977) nasce con intenti di liberazionedalle forme di dominio e quindi va ad analizzare nell'impresa quali esse siano per contrastarle.

Teatro buffoPrevede l’intervento di un animatore che ispirandosi alla storica figura del giullare di corte, partecipa in qualità di“buffone” a riunioni che in azienda possono essere considerate problematiche o delicate. La sua funzione èdenominata anche clown-analyse. Proprio come era concesso in antichità al giullare, il consulente-buffone può direla verità intervenendo in maniera provocatoria e ironica per mettere in evidenza i sottintesi e indurre i partecipantialla riflessione, alla discussione e al confronto in una maniera talvolta pungente e sfrontata, ma ironica. In tal modosi sdrammatizza la situazione che diventa un’occasione non solo di ilarità, ma anche di riflessione per approfondirealcuni punti critici.

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Il valore del Teatro d'impresaIl Teatro d’impresa, per affermarsi e diffondersi non come moda, ma come valido strumento nell’ambito dellaformazione adulta, ha bisogno di operatori professionalmente preparati in grado di valorizzarne le grandipotenzialità. I vari progetti proposti dai modelli teatrali analizzati, rischiano di essere banalizzati e diventare solo deimomenti di animazione, di intrattenimento o di semplice ilarità se portati avanti da attori che si improvvisanoconsulenti o da formatori che si improvvisano attori. Per operare nel settore con valide ed efficaci finalità formativeoccorre avere notevole capacità ed esperienza teatrale e conoscere in maniera approfondita il mondo organizzativo eil processo formativo. Il formatore deve saper facilitare il percorso formativo e il suo compito non si conclude allafine dello spettacolo, ma deve fare da sostegno e da tramite fra l’esperienza teatrale e l’effettiva e reale applicazionedi quanto appreso nel contesto lavorativo. Molto importante il suo ruolo nelle delicate e complesse fasi di debriefinge di valutazione finale dell’intervento formativo, momenti fondamentali per verbalizzare l’esperienza e trasferirel’apprendimento in ambito organizzativo e per sottolineare e analizzare l’utilità dei risultati ottenuti e quindi darevalore concreto all’esperienza. Competenza e professionalità dei FormAttori sono quindi requisiti fondamentali pergarantire la correttezza, la qualità e l’efficacia del loro intervento e valorizzare uno strumento formativo ecomunicativo così ricco come il Teatro d’impresa.

Il Festival del Teatro d'ImpresaSi è tenuto a Bologna, l'11 e 12 giugno 2011, il 1º FESTIVAL DEL TEATRO D’IMPRESA, iniziativa nata con loscopo di dare uno spazio di rilievo alla metodologia del Teatro d’Impresa nella formazione. L’obiettivo, infatti, èstato quello di tracciare una “mappa” aggiornata delle più significative applicazioni formative ispirate dal teatro inambito formativo. La formula del festival ha previsto tavole rotonde ed una serie di 20 spettacoli a ciclo continuodella durata di 20 minuti l’uno in cui ogni artista ha presentato il proprio lavoro. Il FESTIVAL DEL TEATROD’IMPRESA è stato organizzato da AIF, Associazione Italiana Formatori, con il patrocinio della RegioneEmilia-Romagna, del Comune e della Provincia di Bologna.

Note[1] Articolo di approfondimento (http:/ / www. mida. biz/ pdf/ Mida SpA - Teatro aziendale, Daniela Cannavale. pdf)

Voci correlate•• Teatro•• Formazione•• Educazione alla teatralità

Bibliografia• I.L. Mangham, M.A. Overington, Organizzazione come teatro, Raffaello Cortina Editore, 1993.• M. Berlino, A. Notarnicola, L'helping per la formazione manageriale, l'Approccio Centrato sulla Persona, Franco

Angeli, 1998• M. Berlino, A.Notarnicola, Helping, formazione e teatro. L'approccio Centrato Sulla Persona, Franco Angeli,

2004• R. Borgato, P. Vergnani, Teatro d'impresa - Il teatro nella formazione: dalla teoria alla pratica, Franco Angeli,

2007• R. Borgato, S. Gamberini, P. Vergnani, La pasta madre. Il teatro d'impresa nella formazione alla sicurezza,

Franco Angeli, 2009

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Valori d'impresa 117

Valori d'impresaPer valori d'impresa (values o core values) si intende genericamente un sistema di idee, modi di agire e attributiconsiderati "importanti" per se e quindi tali da informare l’azione dell'impresa, o dell’organizzazione in genere.Il value statement (o statement of core values) è la dichiarazione formale del sistema di valori propridell’organizzazione.Esempi di valori:• McDonald's – "qualità, servizio e pulizia" ("outstanding quality, service, cleanliness, and value, so that we make

every customer in every restaurant smile")• Mars Incorporated - "I Cinque Principi della Mars - Qualità, Responsabilità, Reciprocità, Efficienza e Libertà -

guidano il nostro approccio all'ambiente così come tutti gli aspetti del nostro lavoro" ("The Five Principles ofMars - Quality, Responsibility, Mutuality, Efficiency and Freedom - guide our approach to the environment justas they guide all other aspects of our work.")

• CIA - "Nel perseguimento degli interessi del nostro Paese noi anteponiamo la Nazione all'Organizzazione,l'Organizzazione all'unità, e tutto quanto a noi stessi. Quello che facciamo conta..." ("In pursuit of our country'sinterests, we put Nation before Agency, Agency before unit, and all before self. What we do matters...").

Voci correlate• Vision aziendale;• Mission aziendale.

Integrazione orizzontaleDefinizione:L’integrazione orizzontale è uno strategia di sviluppo con la quale le attività di un’impresa vengonoampliate attraverso l’unione, acquisto o alleanza, con un’altra impresa che svolge le stesse attività.È in contrasto con l'integrazione verticale.

Voci correlate•• Make or buy•• Integrazione verticale•• Sviluppo monosettoriale

Teoria dei vincoli 118

Teoria dei vincoliLa teoria dei vincoli è una teoria del modo di gestire una azienda o una organizzazione. Essa è stata creata daEliyahu M. Goldratt e dai suoi collaboratori lungo un periodo di più di tre decenni e ha avuto un successo mondiale,essendo stata applicata negli Stati Uniti, America Latina, India, Sudafrica, Cina, Taiwan e Giappone, oltre che inEuropa seppur in misura minore. In Italia la sua applicazione è stata molto bassa.Per descrivere il contenuto della teoria, che viene indicata spesso con TOC dalle iniziali dell'inglese Theory ofconstraints, seguiremo lo schema utilizzato dallo stesso Goldratt nella sua introduzione al “Theory of ConstraintsHandbook”. Goldratt segue al tempo stesso un percorso logico e cronologico.

FocusIl problema del miglioramento delle performance di una azienda si traduce immediatamente nel problema “su checosa occorre agire”. Su tutti i fattori? Già Pareto aveva indicato che il 20% dei fattori era responsabile dell’80% deirisultati. Ma se i fattori e risultati sono tra loro collegati, come sempre avviene nelle aziende, (non sono cioèindipendenti), allora agendo su una minuscola frazione dei fattori si ottiene praticamente la quasi totalità dei risultati.La focalizzazione è quindi il criterio del successo dell’azione del management. La TOC vuol dunque fornire ilnecessario focus. Il punto che segue approfondisce che cosa allora deve essere fatto.

Vincoli e non vincoliÈ un grave errore trattare in modo uguale vincoli e non vincoli. In genere si ritiene che valga universalmente lamassima “Fare di più è meglio” ma ciò è vero solo se una risorsa è un vincolo. Se una risorsa che non sia vincoloviene trattata nello stesso modo del vincolo si ottengono risultati opposti, la performance del sistema si deteriora.Una risorsa non vincolo deve produrre fino a un certo livello, ma non oltre. Dunque l’indicazione di concentrarel’attenzione (focus) deve arricchirsi di una seconda notazione: distinguere dove occorre fare sempre di più e doveoccorre invece non fare oltre un certo limite. Gi elementi non vincolo che sono i più numerosi in una aziendadebbono sottostare alla seconda condizione.

MisurazioniI sistemi di controllo di gestione normalmente favoriscono la produzione su tutte le risorse, prevedendone la lorosaturazione. Le prime realizzazioni di TOC si scontrarono con questa concezione e fu allora necessario introdurre unnuovo insieme di misure che fossero coerenti con il principio sopra esposto. Furono definite tre misure principali:Throughput (T) cioè flusso netto del denaro entrante, Inventory (I) cioè Scorte e Operating Expense (OE) cioè SpeseOperative. T rappresenta appunto il flusso di denaro che entra nel sistema grazie alle vendite, I rappresenta il denaroinvestito in cose che il sistema intende poi vendere, OE è il denaro che occorre per trasformare I in T.

La produzioneCon la comprensione dell’importanza cruciale dei colli di bottiglia, divenne necessario definire le azioni da prenderesu di essi e, cosa non meno importante, stabilire il modo di impedire la sovraproduzione da parte deinon-colli-di-bottiglia, senza dover controllare singolarmente ciascuno di essi. Fu individuato un sistema di controllocomposto di due parti denominate DBR (Drum Buffer Rope) e BM (Buffer Management), descritte in mododettagliato nel libro “The Goal” e successivamente in “The Race”.

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Distribuzione e progettiPer questi due ambienti venne coniato del 1987 il concetto di “vincolo” in quanto “collo di bottiglia” non aveva piùsenso fuori dalla produzione. La natura del vincolo cambiava: per la gestione progetti si trattava della “catena critica”(vedi il libro "Critical Chain") e per la distribuzione si trattava o della disponibilità di cash (per i grossisti) odell’incontro fra cliente e disponibilità per i negozi al dettaglio (vedi il libro "Isn't it obvious?"). Furono introdottinuovi sistemi per limitare i non vincoli nei due nuovi ambienti (l’eccesso di tempo nelle attività e l’eccesso di scorta,rispettivamente). In questo periodo furono anche introdotti i cinque passi focalizzanti, la metodologia base universaledella TOC.

Processi di pensieroI processi di pensiero sono formulazioni grafiche rigorose del principio di causa-effetto. Sono necessarie peridentificare i problemi che stanno alla radice, cioè i pochi fattori cruciali che si trovano alla origine dalle numerosecriticità esteriori (UDE – UnDesirable Effects), che una azienda sperimenta, individuare le modalità con cuirimuovere tali problemi radicali senza creare al tempo stesso nuove indesiderate criticità. I processi di pensiero sonogenericamente chiamati alberi, ad es. l’Albero della Realtà Attuale è quello che individua le cause prime, l’Alberodella Realtà Futura è quello che verifica che la soluzione trovata effettivamente non produca gli UDE esistenti e nonne produca di nuovi, e così via. Un ruolo particolare viene giocato dal Diagramma di risoluzione dei conflitti cheGoldratt in modo suggestivo chiamò "The Evaporating Cloud", una rappresentazione sintetica dei problemi che sitrovano alla radice. Lo scopo dei processi di pensiero è quello di trovare soluzioni rigorose ed efficaci ai problemievidenziati, la dove le tecniche tradizionali falliscono. Vedi il libro "It's Not Luck".

Il vincolo del mercatoI miglioramenti occasionati dalla applicazione di TOC alle operations spesso han fatto sì che il vincolo si trasferissenel mercato, vale a dire che vi fosse l’opportunità stabile per una azienda di acquisire più vendite. Dopo qualchetempo risultò chiaro che la possibilità di più mercato poteva essere vista come un vantaggio competitivo stabile. Ilproblema allora diventava il modo di capitalizzare, di valorizzare questo vantaggio competitivo stabile. La cosa eraresa difficile dal fatto che i miglioramenti interni poteva causare diversi e numerosi vantaggi competitivi. Perillustrare questi nuovi aspetti il libro “The Goal” venne ampliato e un nuovo romanzo business, che illustrava sia ilproblema del mercato che allo stesso tempo i processi di pensiero, “It’s Not Luck (Non per fortuna)” veniva scritto daGoldratt nel 1994.

Capitalizzare e sostenereÈ stato con sorpresa che Goldratt constatò che la maggior parte della aziende che avevano goduto dei miglioramentidell’applicazione della TOC alle operations, rimaneva contenta di quanto ottenuto e non si poneva il problema deiguadagni molto più ampi che potevano venire dal loro sfruttamento nel mercato. Inoltre la forza vendita seguiva ilvecchio schema di valorizzare i propri prodotti di fronte ai probabili compratori. Si poneva invece l’urgenza nontanto di valorizzare i propri prodotti, quanto di focalizzarsi sull’ambiente e sulle necessità ed esigenze dei compratorie di mettere in luce i bisogni che non vengono soddisfatti dagli attuali fornitori/offerte. Poiché gli ambienti deicompratori erano tanti e diversificati la costruzione degli alberi di causa effetto per ciascuno di essi richiese diversianni. Intervenne poi un altro effetto: il nuovo successo nelle vendite faceva poi sì che il vincolo ritornasse condecisione nel lato fornitura cioè all’interno dell’azienda, mettendo in pericolo i vantaggi acquisiti. Ciò richiedevadunque che una implementazione TOC venisse affrontato in modo integrale e non solo funzione per funzione. Peraffrontare in modo integrale i problemi della azienda venne create (1999) un programma TV via Satellite che in ottosessioni di tre ore ciascuna affrontava l’intera gamma della problematica aziendale.

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Sviluppo perenne (Ever flourishing)La sviluppo perenne è la nuova formulazione dell’obiettivo della azienda di “Far soldi adesso e nel futuro” comeformulato in libro “The Goal”. La sviluppo perenne comporta la soddisfazione di condizioni fondamentali necessariecome la stabilità della occupazione e la soddisfazione dei clienti. Uno sviluppo perenne deve conciliare la crescitapercentualmente costante anno su anno (che è di per sé esponenziale) con la stabilità che prevede invece una crescitacon margini decrescenti nel tempo. La TOC a questo punto aveva competenza sufficiente per sviluppare un percorsodi crescita per cinque tipologie di aziende: produzione su commessa, produzione per il magazzino, produzione perprogetti, produzione di macchine e distribuzione all’ingrosso e al dettaglio. Si rendeva necessario uno strumento chetrasferisse questo grande corpo di conoscenza.

Gli alberi Strategia e TatticaGli alberi Strategia e Tattica sono probabilmente lo strumento più potente messo a disposizione dai processi dipensiero. Essi rappresentano la struttura logica che permette la focalizzazione: partendo dall’obiettivo strategicodell’azienda derivano logicamente quali azioni fare (e in che sequenza debbono essere fatte) e quali azioni non fare. Ivantaggi di questi alberi sono stati quello di semplificare la realizzazione dei progetti, di rendere senza problemi ilpassaggio da uno stadio all’altro. Gli alberi completi Strategia e Tattica per i cinque settori sopra indicati sono staticompletati nel 2008-2009 e posti a disposizione del pubblico. Chiunque li può scaricare dal sito:www.goldrattresearchlabs.com .

Note

Bibliografia in italiano• "L’obiettivo" di Eli Goldratt con Jeff Cox, Edizioni Il Sole 24 Ore libri, Milano 1993, ISBN 88-7187-329-7• "Teoria dei Vincoli - Kit fai da te per le piccole e medie imprese per la Produzione" di Rajeev Athavale e Carlo

Buora, Edizioni Leanpub, 2012, http:/ / leanpub. com/ italiantocdiymanufacturing• "Teoria dei Vincoli - Kit fai da te per le piccole e medie imprese per la Distribuzione" di Rajeev Athavale e Carlo

Buora, Edizioni Leanpub, 2012, http:/ / leanpub. com/ italiantocdiydistribution• "Teoria dei Vincoli - Kit fai da te per le piccole e medie imprese per i Progetti" di Rajeev Athavale e Carlo Buora,

Edizioni Leanpub, 2012, http:/ / leanpub. com/ italiantocdiyprojects

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Modello delle cinque forze competitive di Porter 121

Modello delle cinque forze competitive di PorterIl modello delle cinque forze competitive (anche detto analisi della concorrenza allargata o analisi delle cinqueforze di Porter) è uno strumento utilizzabile dalle imprese per valutare la propria posizione competitiva.Il modello si propone di individuare le forze (e di studiarne intensità ed importanza) che operano nell'ambienteeconomico e che, con la loro azione, erodono la redditività a lungo termine delle imprese. Tali forze agiscono infatticon continuità, e, se non opportunamente monitorate e fronteggiate, portano alla perdita di competitività. Gli attori ditali forze sono:1. Concorrenti diretti: soggetti che offrono la stessa tipologia di prodotto sul mercato;2. Fornitori: coloro dai quali l'azienda acquista materie prime e semilavorati necessari per svolgere il processo

produttivo e che potrebbero decidere di integrarsi a valle;3. Clienti: i destinatari dell'output prodotto dall'impresa che potrebbero eventualmente decidere di integrarsi a

monte;4. Potenziali entranti: soggetti che potrebbero entrare nel mercato in cui opera l'azienda;5. Produttori di beni sostitutivi: soggetti che immettono sul mercato dei prodotti diversi da quelli dell'impresa di

riferimento, ma che soddisfano, in modo diverso, lo stesso bisogno del cliente/consumatore.L'analisi di queste forze permette all'impresa di ottenere un quadro completo sulla sua posizione competitiva, diprendere decisioni strategiche, di stabilire i comportamenti e atteggiamenti da adottare nei confronti di queste forze.Nel framework di Porter la capacità di un'azienda di ottenere risultati superiori alla media nel settore nel quale èinserita dipendono dunque dalla sua capacità di posizionarsi all'interno del settore e dall'effetto di queste 5 forze.

Anche se non inizialmente presenti nel modello originale di Porter (1982), più recentemente altre due forze competitive vengono generalmente annoverate in aggiunta alle cinque di cui sopra: i produttori di beni

Modello delle cinque forze competitive di Porter 122

complementari e le agenzie governative/enti regolatori/stato.

Bibliografia• Robert M. Grant, Analisi di settore (3º cap.) in L'analisi strategica per le decisioni aziendali, 4ª ed., Bologna, il

Mulino, 2011, p. 583, ISBN 978-88-15-15080-6.

Voci correlate•• Marketing•• Marketing strategico

Altri progetti

• Commons [1] contiene immagini o altri file su Modello delle cinque forze competitive di Porter [1]

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Note[1] http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:Porter%27s_Five_Forces_Model?uselang=it

Cost per milleCost per mille (CPM) è un indicatore comunemente usato nel settore pubblicitario. Radio, televisioni, giornali,pubblicità esterna (o fuori casa, per esempio manifesti, annunci dentro e fuori i centri commerciali, tematizzazioneveicoli, mongolfiere, banner veicolati da aerei ecc) e pubblicità online può essere acquistata sulla base di quantocosta mostrare la pubblicità per 1000 visualizzazioni/letture della stessa.È utilizzato nel marketing come parametro al fine di calcolare il costo relativo di una campagna pubblicitaria o unmessaggio pubblicitario veicolato da un media. Piuttosto di un costo assoluto, il CPM è la stima del costo di 1000letture del messaggio pubblicitario stesso. Questa tradizionale formula di misurazione del successo pubblicitario èstata utilizzato in seguito con modelli basati sulle prestazioni, come la percentuale di vendita o il costo per azione (oCPA, in breve acquisto, richiesta ecc).Un esempio di calcolo del CPM:1. Il costo totale di gestione dell'inserzione ammonta a €50002.2. Il totale dei lettori è di 1000000 persone3. Il CPM è calcolato come €5000/(1000000/1000) = €5

Esempi• Nella pubblicità online, se un sito web vende un banner per €20 CPM, ciò significa che all'inserzionista (colui che

fa pubblicare le inserzioni) 1000 visualizzazione di tale banner costano esattamente €20.•• Il Super Bowl negli Stati Uniti detiene il più alto costo per spazio/spot pubblicitario, esso realizza annualmente

anche il maggior numero di telespettatori. Di conseguenza il suo CPM può essere paragonabile allo spot menocostoso in onda durante la programmazione televisiva ordinaria.

Cost per mille 123

Costo Effettivo per Mille Impressioni (eCPM)L'eCPM è utilizzato per misurare l'efficacia di un editore di vendere tutto l'inventario degli annunci. Questoindicatore consente quindi di rapportare le prestazioni di diverse unità di annunci,eCPM = (Ricavi totali / Impressioni ) x 1000 mmm

Voci correlate•• Click-through rate•• Pay per click•• Cost per impression•• Cost per Action•• Cost per click•• effective Cost Per Action•• Web marketing•• Posizionamento (motori di ricerca)•• Web marketing management

Portale Economia Portale Telematica Portale Web

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Strumenti indispensabili per la gestioneAziendale

Customer relationship management

Argomenti di marketing

Concetti chiave

Prodotto / PrezzoPromozione / Distribuzione

Ricerche di mercato / Strategie dimarketing

Marca / Brand management

Promozione

Pubblicità / Sales promotionPersonal sales / Mailing

Pubbliche relazioni / Direct marketing

Promozione: media

Giornali / RivisteTelevisione / Radio

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Comunicazione / Economia aziendaleCustomer relationship management

Il concetto di customer relationship management (termine inglese spesso abbreviato in CRM) o gestione dellerelazioni coi clienti è legato al concetto di fidelizzazione dei clienti.In un'impresa "market-oriented" il mercato non è più rappresentato solo dal cliente, ma dall'ambiente circostante, conil quale l'impresa deve stabilire relazioni durevoli di breve e lungo periodo, tenendo conto dei valoridell'individuo/cliente, della società e dell'ambiente. Quindi l'attenzione verso il cliente è cruciale e determinante. Perquesto motivo il marketing management deve pianificare e implementare apposite strategie per gestire una risorsacosì importante.

DescrizioneIl CRM si spinge sostanzialmente secondo quattro direzioni differenti e separate:1.1. l'acquisizione di nuovi clienti (o "clienti potenziali")2.2. l'aumento delle relazioni con i clienti più importanti (o "clienti coltivabili")3.3. la fidelizzazione più longeva possibile dei clienti che hanno maggiori rapporti con l'impresa (definiti "clienti

primo piano")4. la trasformazioni degli attuali clienti in procuratori, ossia consumatori che lodano l’azienda incoraggiando altre

persone a rivolgersi alla stessa per i loro acquistiAlcune aziende cercano di non tenere conto di clienti che hanno poca importanza (definiti in gergo "clientisotto-zero") e attuano delle implicite tecniche definite, sempre gergalmente, come "demarketing".

Customer relationship management 125

Esistono tre tipi di CRM:1. CRM operativo: soluzioni metodologiche e tecnologiche per automatizzare i processi di business che prevedono

il contatto diretto con il cliente.2.2. CRM analitico: procedure e strumenti per migliorare la conoscenza del cliente attraverso l'estrazione di dati dal

CRM operativo, la loro analisi e lo studio revisionale sui comportamenti dei clienti stessi.3.3. CRM collaborativo: metodologie e tecnologie integrate con gli strumenti di comunicazione (telefono, fax, e-mail,

ecc.) per gestire il contatto con il cliente.L'errore più comune in cui ci si imbatte quando si parla di customer relationship management è quello di equipararetale concetto a quello di un software. Il CRM non è una semplice questione di marketing né di sistemi informatici,bensì si avvale in maniera sempre più massiccia, di strumenti informatici o comunque automatizzati, perimplementare il management. Il CRM è un concetto strettamente legato alla strategia, alla comunicazione,all'integrazione tra i processi aziendali, alle persone ed alla cultura, che pone il cliente al centro dell'attenzione sia nelcaso del business-to-business sia in quello del business-to-consumer.Le applicazioni CRM servono a tenersi in contatto con la clientela, a inserire le loro informazioni nel database e afornire loro modalità per interagire in modo che tali interazioni possano essere registrate e analizzate.Prima di seguire la strada del CRM ogni azienda deve essere consapevole che:•• bisogna investire prima in strategia, organizzazione e comunicazione, solo dopo nella tecnologia. La scelta del

software non ha alcun effetto sulla probabilità di successo. Ciò non implica che i software siano tutti uguali, masignifica solo che nessun software porterà al successo un progetto sbagliato.

• il CRM è adatto sia a quelle aziende che cercano un Return on investment (ROI) veloce sia a quelle che curano ilprocesso di fidelizzazione e l'aumento del Lifetime value (LTV) dei clienti che richiede del tempo.

Strumenti a disposizione di un'impresa CRM OrientedInnanzitutto occorre tenere presente che esistono differenti strumenti e diversi livelli di integrazione per quantoriguarda i sistemi di CRM. Un ottimo sistema CRM comprende una serie di infrastrutture sia a livello di front office(nella relazione con l'esterno vera e propria), sia a livello di back office, per analizzare e misurare dati e i risultatiraggiunti, però altrettanto vero è che per cercare una relazione con il proprio cliente non occorrono sempre softwarecomplicati.Molti sono gli strumenti a disposizione delle singole imprese al fine di instaurare con il cliente un rapportoindividuale, ad esempio:• chat online;• forum di discussione;• una banca dati contenente le risposte alle domande più frequentemente poste dagli utenti (FAQ);• un indirizzo e-mail a cui rivolgersi;• servizi informativi forniti anche su altri strumenti (come SMS da inviare al proprio cellulare, o l'utilizzo della

tecnologia WAP)•• ticket on-line per la segnalazione di problemi o per la richiesta di assistenza;•• tracciamento interno di ogni comunicazione "da" e "per" il cliente;•• preventivi e fatture rivolte al cliente;•• storia dei pagamenti effettuati dal cliente;•• analisi della navigazione, per utenti profilati, con l'ausilio di web analyzer;•• social network.Gli strumenti a disposizione sono tanti, inoltre Internet e gli strumenti che offre possono essere considerati un validoed essenziale completamento per instaurare e migliorare il rapporto con la propria clientela; importante è individuarequali, fra tanti, l'impresa reputa migliori strumenti per la propria clientela.

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Inoltre non bisogna dimenticare che necessari non sono solo gli investimenti inerenti alla tecnologia, ma soprattuttoquelli in termini di risorse umane. È vero che la gestione delle informazioni viene automatizzata, ma è anche veroche la componente umana resta un elemento determinante.

Componenti di una strategia CRMLe componenti strutturali di una strategia CRM sono:• Analisi e gestione della relazione con i clienti: contatto con i clienti e analisi dei bisogni attraverso molteplicità di

strumenti come mailing, lettere, telefonate, SMS, eccetera. Il contatto è fondamentale se si vuole mappare ognisingolo cliente per poi organizzare tutte le informazioni raccolte in un database strutturato. Queste informazionisono preziose in quanto permettono di conoscere, e, se possibile, anticipare le esigenze del cliente.

•• Lo sviluppo di contenuti e servizi personalizzati: i dati raccolti vengono gestiti per elaborazioni statistiche utili asegmentare i clienti in specifiche scale. Una volta organizzati, è possibile procedere con l'analisi dei dati persviluppare una comunicazione e un'offerta commerciale e personalizzata.

•• L'infrastruttura informatica: attivazione di strumenti informatici che aiutano in questo processo di gestione delcliente (Vedi anche: Implementazione CRM).

Bibliografia• Bagnara S., Donati E., Schael T. [1]: Call & Contact Center, Il Sole24Ore, Milano, 2002•• Schael T., Sciarra G., Tanese A.: Il call center nelle amministrazioni pubbliche, Rubbettino Editore, Soveria

Mannelli, 2003•• Adami, A.; Schael, T.; Sciarra, G.: Clienti e cittadini, è sempre CRM. LABItalia, aprile 2004: 80-85, Roma, 2004•• William Pride, O.C. Ferrel: Marketing. McGraw-Hill, 2005•• Romano, A.; Schael, T.: Il CRM come leva competitiva nelle TLC. VoiceCom News, n. 2, aprile-giugno 2005:

43-46, Milano, 2005• Schael, T.: Il CRM in Italia. Sistemi & Impresa, n.5, giugno 2005: 45-51, Milano 2005•• Schael, T.: Come gestire i clienti della piccola impresa italiana? VoiceComNews, n. 1, gennaio-marzo 2008:

52-57, Milano, 2008• Schael, T.: Customer Experience. VoiceComNews, n. 2, aprile-giugno 2008: 10-14, Milano, 2008 [2]

• Schael, T.: Gestirete – il CRM per la microimpresa. VoiceComNews, n. 4, ottobre-dicembre 2008: 53-56, Milano,2008 [3]

• Schael, T.: Customer Experience Management. VoiceComNews, n. 1, gennaio-marzo 2009: 12-22, Milano, 2009[4]

• Giaccari, F. Giaccari, M., CRM Magazine [5]: Cosa è il CRM, CRM magazine, Lecce, 2009

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Note[1] http:/ / www. schael. it[2] http:/ / www. slideshare. net/ schael/ thomas-schael-customer-experience-voice-com-news-2-2008[3] http:/ / www. slideshare. net/ schael/ thomas-schael-gestirete-il-crm-per-la-microimpresa-voicecomnews-42008[4] http:/ / www. slideshare. net/ schael/ thomas-schael-customer-experience-management-voice-com-news-12009[5] http:/ / www. crmag. it/ News/ 12/ COSA-E-IL-CRM. aspx

Enterprise resource planning 127

Enterprise resource planning

IMPIANTI INDUSTRIALI

Produzione industriale

Progettazione di prodotto

• Design - DFX• CAD - CAE

Progettazione di processo

•• Processo di produzione industriale• Meccatronica - CN -CNC - Robot industriale• CAM - PLC - CAPP

Progettazione di sistema

• Sistema di produzione - GT• Taylorismo - Fordismo - Catena di montaggio - UTE• JIT - Toyotismo - Produzione snella• Automazione - Fabbrica automatica - FMS• CIM - MRP - ERP - TQM

Enterprise resource planning (letteralmente "pianificazione delle risorse d'impresa", spesso abbreviato in ERP)[1]

è un sistema di gestione, chiamato in informatica sistema informativo, che integra tutti i processi di business rilevantidi un'azienda (vendite, acquisti, gestione magazzino, contabilità etc.)Con l'aumento della popolarità dell'ERP e la riduzione dei costi per l'ICT (Information and CommunicationTechnology), si sono sviluppate applicazioni che aiutano i business manager ad implementare questa metodologianelle attività di business come: controllo di inventari, tracciamento degli ordini, servizi per i clienti, finanza e risorseumane.

StoriaLa prima versione dell'ERP metteva in collegamento diretto le aree di gestione contabile con l'area di gestionelogistica (magazzini ed approvvigionamento); successivamente si sono iniziate ad implementare le relazioni interneanche con le aree di vendita, distribuzione, produzione, manutenzione impianti, gestione dei progetti ecc. Di grandeimportanza è il sistema di Pianificazione Fabbisogno Materiali o Materials Requirements Planning (MRP) la suaevoluzione MRP 2 (integrati nel sistema ERP) che permettono di programmare logiche di ordini automatici aifornitori veramente sofisticate, tanto da tener conto dei tempi di consegna e di messa in produzione del prodotto;questa metodologia permette di ottimizzare la rotazione dei materiali nei magazzini e la minimizzazione dellegiacenze che impattano a livello contabile e fiscale.Da evidenziare anche la crescita, sullo scenario nazionale, di ERP tutti italiani che garantiscono la gestione completadegli adempimenti contabili e fiscali rispetto alla complessa normativa italiana; questi ERP a differenza dei leaderdello scenario internazionale si calano in maniera più precisa nel "modus operandi" dell'azienda italiana conconseguente minore sforzo di adattamento alle procedure delle aziende che li adottano.A tutt'oggi i moderni sistemi di ERP coprono tutte le aree che possano essere automatizzate e/o monitorate all'internodi un'azienda, permettendo così agli utilizzatori di operare in un contesto uniforme ed integrato, indipendentementedall'area applicativa.Dai primi anni del 2000, i maggiori vendor di soluzioni ERP iniziano a creare delle soluzioni informatiche verticali per i vari settori merceologici delle aziende; iniziano così a nascere specializzazioni degli applicativi per il settore

Enterprise resource planning 128

automobilistico, per i settore delle vendite al dettaglio, per il settore logistico, per il settore meccanico e per il settoreedile.

Componenti di un ERP•• Contabilità•• Controllo di gestione•• Gestione del personale•• Gestione Acquisti•• Gestione dei magazzini• Material Requirements Planning - Pianificazione del fabbisogno dei materiali.•• Gestione della produzione•• Gestione Progetti•• Gestione Vendite•• Gestione della Distribuzione•• Gestione della manutenzione impianti•• Gestione degli Asset

CaratteristicheI sistemi ERP tipicamente sono caratterizzati da tre fattori:•• Un database comune per tutte le applicazioni, in tal modo non ci sono problemi di aggiornamento dei dati,

esattamente come nei sistemi a isole.•• Una struttura modulare, ciò consente una grande interoperabilità tra i gruppi funzionali. Consente inoltre

all'impresa di decidere quale strategia utilizzare ovvero la così detta 'one shop stop' che consiste nel comprare tuttii moduli di un unico venditore oppure la strategia 'best of breed' che consiste nel scegliere il modulo dal migliorproduttore.

A seconda della funzione si possono distinguere le seguenti classi:Moduli 'cross-industry' ovvero moduli la cui funzione è interaziendale, un esempio sono i moduli per la contabilità.Moduli 'industry', ovvero pacchetti indirizzati alla specifica funzione considerata, un esempio può essere unprogramma per la progettazione dei tergicristalli, in un'apposita industria.Moduli 'extended' ovvero moduli che non appartengono alla versione di base, un esempio sono i CRM (customerrelationship management) e i SCM (supply chain management).• Un approccio prescrittivo, questo tipo di approccio favorisce la Business Process Reengineering (BPR), inoltre

inverte il solito paradigma del programma che si adatta alla funzione.

L'ERP nell'architettura orientata ai serviziLe aziende in un mercato globalizzato sentono sempre più spesso la necessità di rendere accessibili le loroapplicazioni e questo comporta l'esigenza di avere qualcosa in più di un semplice front-end posto sul nucleo delsistema centrale: nasce quindi l'esigenza di realizzare una forte integrazione tra tutte le applicazioni ed i dati,indipendentemente dalla loro posizione geografica o logica.Oggi, se un'azienda vuole operare nel mercato globale, deve integrarsi con l'esterno, inserendo anche l'ERP in un'architettura orientata ai servizi (SOA), permettendole così di integrarsi con le applicazioni di partner, fornitori e clienti. I big del software enterprise sono impegnati nel rifacimento dell’infrastruttura sottostante le proprie applicazioni per poter proporre ERP integrati in SOA, come sta facendo IBM con ACG V4, Microsoft con Project Green, Oracle con Project Fusion, SAP con SAP NetWeaver, Solgenia con Proj, Infor con Infor Open SOA, Epicor

Enterprise resource planning 129

con iScala, Gruppo Formula con Sage ERP X3, Infracom Italia con Panthera e Zucchetti con Infinity Project.

Il mercato degli ERPI sistemi ERP hanno avuto tassi di crescita molto elevati alla fine degli anni ’90. Infatti, secondo alcune fonti, il 50%delle aziende europee ha installato uno o più moduli ERP ed oltre il 35% li usa in almeno 3 aree funzionali. I grandiproduttori (SAP, Oracle, Microsoft, Infor, etc etc) dominano il mercato delle multinazionali e grandi impresenazionali, ma hanno minor penetrazione fra le PMI italiane dove produttori locali hanno la maggior quota delmercato.

Tempi e costi di progettoL’impatto organizzativo del progetto richiede che lo specialista del pacchetto sia spesso affiancato (preceduto) dallospecialista di Business Process Reengineering (BPR).•• Lo specialista di implementazione e parametrizzazione ha costi elevati (costo consulenze = 3-5 volte il costo

licenze)• I tempi di progetto si allungano se, contestualmente all’introduzione dell’ERP, occorre effettuare il BPR; infatti le

durate medie del progetto ERP sono di nove/dodici mesi. Solo nel cinque per cento dei casi la durata diimplementazione è superiore a 18 mesi.

Note[1][1] L. Wylie, "A Vision of Next Generation MRP II", Scenario S-300-339, Gartner Group, 12 aprile 1990

Bibliografia• Gabriele Levy, La logistica nei sistemi ERP, Milano, Franco Angeli Editore, 2006. ISBN 88-46-47140-7.• Michele Cento, L'algoritmo del profitto. Comandare il lavoro al tempo del technical intellect (http:/ / www.

connessioniprecarie. org/ 2014/ 07/ 11/lalgoritmo-del-profitto-comandare-il-lavoro-al-tempo-del-technical-intellect/ ) 12 Luglio 2014,Connessioniprecarie.org

Voci correlate•• Capacity planning•• Material Requirements Planning•• Manufacturing Resources Planning•• Logistica•• Software-as-a-Service

Collegamenti esterni

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Material Requirements Planning 130

Material Requirements Planning

IMPIANTI INDUSTRIALI

Produzione industriale

Progettazione di prodotto

• Design - DFX• CAD - CAE

Progettazione di processo

•• Processo di produzione industriale• Meccatronica - CN -CNC - Robot industriale• CAM - PLC - CAPP

Progettazione di sistema

• Sistema di produzione - GT• Taylorismo - Fordismo - Catena di montaggio - UTE• JIT - Toyotismo - Produzione snella• Automazione - Fabbrica automatica - FMS• CIM - MRP - ERP - TQM

Il Material Requirements Planning (detto anche pianificazione dei fabbisogni di materiali e abbreviato in MRP oMRP 1) è una tecnica che calcola i fabbisogni netti dei materiali e pianifica gli ordini di produzione e di acquisto,tenendo conto della domanda del mercato, della distinta base, dei lead time di produzione e di acquisto e dellegiacenze dei magazzini.L'intervallo temporale di pianificazione dell'MRP è di solito il giorno o la settimana, mentre l'orizzonte dipianificazione di solito è tra i 2 ed i 4 mesi.I sistemi MRP sono molto utili per aziende che hanno distinte base molto complesse e/o lead time diapprovvigionamento molto lunghi.L'MRP è un sistema di pianificazione a medio termine, che sta a metà strada tra il Master production schedule, ilsistema di pianificazione a lungo termine, e gli schedulatori, ovvero i sistemi di pianificazione a breve termine.L'MRP è anche chiamato sistema con logica push, in opposizione ai sistemi pull. Esistono anche sistemi ibridi, checombinano le due logiche.

StoriaLa tecnica è stata inventata negli anni cinquanta da Joseph Orlicky.Utilizzata a partire dagli anni settanta, essa ha generato in seguito altre tecniche ed algoritmi per la gestioneoperativa, che hanno ricevuto prima il nome di MRP 2 (Manufacturing Resources Planning) negli anni ottanta, perarrivare infine ai sistemi integrati ERP (Enterprise Resource Planning), che gestiscono pressoché tutta l'informazionenecessaria per gestire una azienda.L'MRP è quindi un sottinsieme dei sistemi MRP 2 ed ERP.L'MRP serve per pianificare gli ordini di produzione, di conto lavorazione e di acquisto.Esso ragiona a capacità infinita, mentre i sistemi MRP 2 ragionano a capacità finita, e permettono di pianificareanche il fabbisogno delle risorse di produzione (macchine, uomini, mezzi).I sistemi ERP invece rappresentano l'insieme dei moduli che servono a gestire tutta l'informazione in una azienda oorganizzazione: dalle vendite alla produzione, dagli acquisti alla contabilità, dalla distribuzione ai trasporti.

Material Requirements Planning 131

Logica funzionaleIn ogni azienda di produzione, c'è una persona che deve rispondere alle tre domande:•• Che cosa produrre e acquistare?•• Quanto produrre e acquistare?•• Quando produrre e acquistare?L'MRP è lo strumento che serve per rispondere a queste domande.Inoltre esso ottiene come risultati gestionali:•• Il coordinamento della logistica dei materiali.•• La minimizzazione delle scorte.•• La massimizzazione del livello di servizio.L'MRP è un algoritmo che riceve in ingresso la domanda di mercato e/o le previsioni di vendita, la distinta base, ilead time, la situazione delle scorte, e produce in uscita gli ordini di produzione, di conto lavorazione e di acquistonecessari per rispondere alla domanda di mercato.L'MRP trasforma i fabbisogni dei prodotti finiti ("articoli a domanda indipendente"), nei fabbisogni dei componentie delle materie prime ("articoli a domanda dipendente").Questo procedimento si chiama Esplosione dei fabbisogni.L'algoritmo usa una tabella chiamata il Record classico dell'MRP, dove le colonne rappresentano un periodo e lerighe rappresentano informazioni di pianificazione.Le righe della tabella comprendono:• Il fabbisogno lordo, ovvero un mix tra ordini clienti e previsioni di vendita.• Gli ordini emessi in arrivo.• La disponibilità, che viene calcolata dall'MRP.• Il fabbisogno netto, cioè quanto necessariamente manca per rispondere alla domanda di mercato.• Gli ordini da emettere, detti anche ordini pianificati.L'algoritmo esegue tre fasi:1. La nettificazione delle scorte, che calcola quanto bisogna produrre al netto delle giacenze.2. La precessione temporale (Lead time offsetting), per anticipare la produzione e gli acquisti rispetto al momento

del fabbisogno.3. L'esplosione dei fabbisogni, che trasmette ai componenti ed alle materie prime i fabbisogni netti.Al termine dell'esecuzione dell'algoritmo, il sistema propone gli ordini di produzione e gli ordini di acquistipianificati.I primi sono la risposta alla domanda: "Che cosa, quanto e quando produrre?".I secondi sono la risposta alla domanda: "Che cosa, quanto e quando acquistare".A questo punto ci può essere un filtro umano che modifica quantità o date, oppure il sistema trasformaautomaticamente gli ordini da pianificati a esecutivi.Alcuni sistemi MRP contengono anche moduli per il dimensionamento dei lotti di produzione e di acquisto, moduliche permettono di minimizzare i costi di immobilizzo e di emissione degli ordini.L'MRP ha due principali difetti:• Ragiona a capacità infinita.• Considera i lead time costanti.Questi sono il motivo per cui sono stati aggiunti i moduli di Capacity planning (CRP) e quelli di schedulazione,ottenendo così i sistemi che vanno sotto il nome di MRP 2, ovvero Manufacturing Resources Planning.

Material Requirements Planning 132

Bibliografia• Gabriele Levy, La logistica nei sistemi ERP, Milano, Franco Angeli Editore, 2006. ISBN 88-46-47140-7.

Voci correlate•• Capacity planning•• Manufacturing Execution System•• Manufacturing Resources Planning•• Enterprise Resource Planning•• Gestione materiali•• Master production schedule

Collegamenti esterni• Video: L'algoritmo MRP [1]

• (EN) MRP in SAP [2]

Note[1] http:/ / www. youtube. com/ watch?v=Mpt_2VInnig& feature=share& list=PLHbAOqfgE-VC9EE4xj5uevz9WR7OuB6_k[2] http:/ / help. sap. com/ erp2005_ehp_05/ helpdata/ EN/ d0/ 7b528355af11d1a6280000e83235d4/ frameset. htm

Manufacturing Execution SystemCon Manufacturing Execution System (MES) si indica un sistema informatizzato che ha la principale funzione digestire e controllare la funzione produttiva di un'azienda. La gestione coinvolge il dispaccio degli ordini, gliavanzamenti in quantità e tempo, il versamento a magazzino, nonché il collegamento diretto ai macchinari perdedurre informazioni utili ad integrare l'esecuzione della produzione come a produrre informazioni per il controllodella produzione stessa.

Voci correlate•• Materials Requirements Planning•• Total Quality Management•• Gestione delle scorte•• Ingegneria Gestionale•• t.fabrica

Portale Informatica Portale Ingegneria

133

Gestione della comunicazione

ComunicazioneLa comunicazione (dal latino cum = con, e munire = legare, costruire e dal latino communico = mettere in comune,far partecipe) nella sua prima definizione è l'insieme dei fenomeni che comportano la distribuzione di informazioni.

La formazione del processo di comunicazioneIl processo comunicativo si basa su alcuni elementi fondamentali: il sistema (animale, uomo, macchina) chetrasmette ovvero l'emittente; un canale (o mezzo, o veicolo) comunicativo necessario per trasferire l'informazione; uncontesto di riferimento in cui il processo si sviluppa; il contenuto della comunicazione contenuto nel messaggio; ildestinatario del messagio comunicato ovvero il ricevente: l'informazione; un codice formale mediante il quale vienedata una forma linguistica all'informazione, ovverosia viene significata. Questi elementi sono necessari per costruireun modello della comunicazione che preveda anche due atti comunicazionali da parte dell'emittente e del ricevente:la codifica e la decodifica delle informazioni.La caratteristica fondamentale della maggior parte dei processi di comunicazione è però che la presenza del riceventenon implica necessariamente l'assunzione completa dell'informazione. Ciò infatti dipende sia dall'efficacia del canalema soprattutto dal risultato dell'interpretazione (significazione inversa) del messaggio da parte del ricevente. Talerisultato è fortemente influenzato dal livello di condivisione del codice, quando questo non è univoco, come spessoaccade nei linguaggi estremamente complessi, e quindi in ultima analisi dai fattori che influenzano l'emittente ed ilricevente. Perciò specificatamente nell'ambito delle teorie psicologiche ed etologiche ed usualmente nei modelligenerale sulla c. più utilizzati si introduce il "contesto", perché quest'ultimo influisce sui due processi disignificazione (dell'emittente e del ricevente) e viene quindi a costituire in tali modelli il sesto elementofondamentale.

PsicologiaIn senso psicologico vuole intendere lo scambio di stimoli e risposte (dette feedback o messaggi) tra due o piùsoggetti di cui una delle forme più diffuse è denominata narratività oppure narrativity.

Studi e descrizione

Per approfondire, vedi Teoria della comunicazione.

La comunicazione riguarda sia l'ambito quotidiano sia l'ambito pubblicitario e delle pubbliche relazioni: in ciascunodi questi ambiti la comunicazione ha diverse finalità. Gli agenti della comunicazione possono essere persone umane,esseri viventi o entità artificiali. Infatti è colui che "riceve" la comunicazione ad assegnare a questa un significato,[1]

per cui è la potenzialità creativa dell'essere umano ad assegnare significati ad ogni cosa, creando il "sistemacomunicazione" con le sue due caratteristiche: l'immaginazione e la creazione di simboli. È tuttavia argomento didiscussione se la comunicazione presupponga l'esistenza di coscienza, o se si tratti di un processo che può avvenireanche tra macchine. Se infatti è colui che riceve la comunicazione ad assegnare un significato ogni "cosa" puòcomunicare.Il concetto di comunicazione comporta la presenza di un'interazione tra soggetti diversi: si tratta in altri termini di una attività che presuppone un certo grado di cooperazione. Ogni processo comunicativo avviene in entrambe le

Comunicazione 134

direzioni e, secondo alcuni, non si può parlare di comunicazione là dove il flusso di segni e di informazioni siaunidirezionale. Se un soggetto può parlare a molti senza la necessità di ascoltare, siamo in presenza di una semplicetrasmissione di segni o informazioni.Nel processo comunicativo che vede coinvolti gli esseri umani ci troviamo così di fronte a due polarità: da un lato lacomunicazione come atto di pura cooperazione, in cui due o più individui "costruiscono insieme" una realtà e unaverità condivisa; dall'altro la pura e semplice trasmissione, unidirezionale, senza possibilità di replica, nelle variantidell'imbonimento televisivo o dei rapporti di caserma. Nel mezzo, naturalmente, vi sono le mille diverse occasionicomunicative che tutti viviamo ogni giorno, in famiglia, a scuola, in ufficio, in città.

Un modello formale di comunicazioneGeneralmente si distinguono diversi elementi che concorrono a realizzare un singolo atto comunicativo definiti, tragli altri, da Paul Grice.• Emittente: è la persona che avvia la comunicazione attraverso un messaggio.• Ricevente: accoglie il messaggio, lo decodifica, lo interpreta e lo comprende.• Codice: parola parlata o scritta, immagine, tono impiegato per "formare" il messaggio.• Canale: il mezzo di propagazione fisica del codice (onde sonore o elettromagnetiche, scrittura, bit elettronici).• Contesto: l'"ambiente" significativo all'interno del quale si situa l'atto comunicativo.• Referente: l'oggetto della comunicazione, a cui si riferisce il messaggio.• Messaggio: è ciò che si comunica e il modo in cui lo si fa.Come si è detto, il processo comunicativo ha una intrinseca natura bidirezionale, quindi il modello va interpretato nelsenso che si ha comunicazione quando gli individui coinvolti sono a un tempo emittenti e riceventi messaggi.In realtà, anche in un monologo chi parla ottiene dalla controparte un feedback continuo, anche se il messaggio non èverbale, un esempio ne è la frase: "parla quanto vuoi, io non ti ascolto". Questo fenomeno è stato riassunto conl'assioma (di Paul Watzlawick) secondo il quale, in una situazione in presenza di persone, "non si può noncomunicare": perfino in una situazione anonima come in un vagone della metropolitana noi emettiamo per i nostrivicini continuamente segnali non verbali (che significano pressappoco "anche se sono a pochi centimetri da te, non timinaccio e non intendo immischiarmi nella tua sfera intima"), e i nostri compagni di viaggio accolgono il messaggio,lo confermano e lo rinforzano ("bene; lo stesso vale per me nei tuoi confronti").Già da questo semplice modello possiamo individuare diversi aspetti potenzialmente problematici del processocomunicativo:• Il processo di comunicazione, pur essendo formalmente cosa separata dal mezzo attraverso il quale avviene, ne è

altamente influenzato: se utilizzo il codice Morse, cercherò di limitare il messaggio allo stretto necessario, seutilizzo una lettera userò un tono tendenzialmente più formale rispetto ad una telefonata. Il mezzo influenza lacomunicazione, ciascuno in un modo diverso, e quindi si potranno individuare dei mezzi di comunicazioneparticolarmente adatti a trattare un certo argomento, ma inadatti ad un altro.

•• Non è detto che il gran numero di singoli messaggi, verbali e non verbali, emessi in un dato momento (vedi oltre),siano sempre congruenti tra loro. Posso dire due cose diverse con le parole e con i gesti (ad esempio dire al miorivale in amore "lieto di conoscerti" con un'espressione del volto assai contrariata).

•• Non è detto che l'interpretazione del contesto all'interno del quale avviene lo scambio comunicativo sia sempreidentica o congruente. Nell'aula di una scuola, il docente potrà pensare di avere uno stile partecipativo e"democratico", mentre lo studente potrà sentirsi parte di una relazione asimmetrica e autoritaria.

Da quanto appena detto emerge chiaramente che la comunicazione non sempre "funziona"; questo dato vieneconfermato innumerevoli volte dalla nostra esperienza quotidiana. In situazioni particolari come i conflittiinterpersonali, o anche quando sono in gioco patologie mentali la comunicazione diventa particolarmente difficile epuò produrre ulteriore disagio.

Comunicazione 135

Disturbi nella comunicazioneLa comunicazione può essere disturbata da un Rumore, che può essere riconosciuto in qualunque fattore sia fisicoche psicologico che interrompa o ostacoli il processo.Per ovviare al problema del Rumore si hanno due possibili vie da seguire, una per il "mittente" e una per il"ricevente", e rispettivamente sono:• la Ridondanza, cioè quando l'emittente rende più comprensibile il messaggio ripetendolo in modo più chiaro o

accompagnandolo con gesti ed espressioni facciali.• il Feedback, cioè quando il ricevente restituisce l'informazione al mittente, che così può verificarla, chiedendo

chiarimenti.Questi tre fenomeni (Rumore, Ridondanza e Feedback) rendono la comunicazione dinamica.

Modelli di comunicazione interpersonale

Per approfondire, vedi comunicazione interpersonale.

Paul Watzlawick e colleghi (1967) hanno introdotto una differenza di fondamentale importanza nello studio dellacomunicazione umana: ogni processo comunicativo tra esseri umani possiede due dimensioni distinte: da un lato ilcontenuto, ciò che le parole dicono, dall'altro la relazione, ovvero quello che i parlanti lasciano intendere, a livelloverbale e più spesso non verbale, sulla qualità della relazione che intercorre tra loro.

Il modello di Friedemann Schulz von Thun: il quadrato della comunicazione.

In epoca recente (1981), lo psicologoFriedemann Schulz von Thun,dell'Università di Amburgo, haproposto un modello di comunicazioneinterpersonale che distingue quattrodimensioni diverse, nel cosiddetto"quadrato della comunicazione":

• Contenuto: di che cosa si tratta?(lato blu del quadrato, in alto).

• Relazione: come definisce ilrapporto con te, che cosa ti fa capire di pensare di te, colui che parla? (lato giallo, in basso).

• Rivelazione di sé: ogni volta che qualcuno si esprime rivela, consapevolmente o meno, qualcosa di sé (lato verde,a sinistra).

• Appello: che effetti vuole ottenere chi parla? Ciò che il parlante chiede, esplicitamente o implicitamente, allacontroparte di fare, dire, pensare, sentire. (lato rosso, a destra).

Queste quattro dimensioni si possono tener presenti sia nel formulare messaggi che nell'ascolto e nell'interpretazionedei messaggi di altri. In questo secondo caso la "scuola di Amburgo" parla delle "quattro orecchie" (corrispondenti ai"quattro lati del quadrato della comunicazione") su cui ci si può sintonizzare. Ad esempio, per riuscire a"prendermela", ad offendermi nell'ascoltare la comunicazione x, dovrò assegnare ad essa significato sintonizzandomisull'orecchio "giallo", quello che tende a vedere nella comunicazione degli altri il loro soppesarci, il segno cioè diquanto questi ci rispettino. Questo modello visualizza come noi si sia sempre liberi di assegnare a qualsiasicomunicazione un significato oppure un altro, evidenzia così il potere di chi ascolta nel contribuire a definire laqualità di una interazione. Con un poco di allenamento è possibile, ad esempio, sintonizzarci sull'orecchio verde,invece che su quello giallo, e chiederci, dentro di noi, di fronte ad una comunicazione che ci pare irritante (e lo faràsolo se siamo sintonizzati sull'orecchio giallo!): "come si sente, la persona che parla, per sentire il bisogno diparlarmi in questo modo?"

Comunicazione 136

La comunicazione interpersonale, che coinvolge più persone, è basata su una relazione in cui gli interlocutori siinfluenzano vicendevolmente come in un circolo vizioso.La comunicazione interpersonale si suddivide a sua volta in tre parti.•• La comunicazione verbale, che avviene attraverso l'uso del linguaggio, sia scritto che orale, e che dipende da

precise regole sintattiche e grammaticali.•• La comunicazione non verbale, la quale invece avviene senza l'uso delle parole, ma attraverso canali diversificati,

quali mimiche facciali, sguardi, gesti, posture.•• La comunicazione para verbale, che riguarda in ultima analisi nella voce. Ossia nel tono, nel volume e nel ritmo.

Ma anche nelle pause e in altre espressioni sonore quali lo schiarirsi la voce ad esempio oltreché nel giocherellarecon qualsiasi cosa capiti a tiro di mano.

La comunicazione nelle scienze economichePer "comunicazione", in senso economico, si intende uno degli elementi fondamentali del marketing mix. Lacomunicazione è uno degli aspetti fondamentali del marketing, ed è il mezzo attraverso il quale passano tutte leinformazioni. Per "comunicazione", in senso professionale, si intende il vasto complesso di attività lavorative chespaziano dal giornalismo, all'editoria elettronica, alla comunicazione d'impresa e al marketing, passando per lacinematografia e altro ancora. È inoltre possibile adoperare la comunicazione esterna, tra gli altri scopi, per farconoscere i servizi e i progetti dell'ente, facilitare l'accesso ai servizi, conoscere e rilevare i bisogni dell'utenza,migliorare l'efficacia e l'efficienza dei servizi, favorire i processi di sviluppo sociale, economico e culturale,accelerare la modernizzazione di apparati e servizi e svolgere azioni di sensibilizzazione e policy making.

La comunicazione esterna

esempio di comunicazione esterna

Si intende come comunicazione esterna quel tipo di comunicazione chel'impresa adotta verso il suo pubblico attraverso azioni dicomunicazione di massa. Essa contribuisce a costruire la percezionedella qualità del servizio e costituisce un canale permanente di ascoltoe verifica del livello di soddisfazione del cliente/utente, tale daconsentire all'organizzazione di adeguare di volta in volta il servizioofferto. Nel marketing esistono tre strategie di comunicazione esternache l'impresa può utilizzare:

• STRATEGIA PUSH: Vengono predisposte le condizioni affinchésiano gli intermediari a suggerire il prodotto al consumatore.

•• STRATEGIA PULL: In questo caso, è il cliente che viene spintoall'acquisto del prodotto.

•• STRATEGIA MISTA: (Strategia Twin) L'impresa investeequamente tra cliente finale e distribuzione, per la vendita delprodotto.

La comunicazione interna

La comunicazione interna è adottata dall'impresa per gestire il flusso diinformazioni al suo interno. La comunicazione interna si pone come complementare e funzionale alla comunicazioneesterna, dalla quale si differenzia perché veicolo principale per condividere qualsiasi tipo di messaggio, siainformativo che funzionale, da parte del pubblico interno all’ente. Principalmente si distinguono 3 categorie:

•• TOP-DOWN: il flusso avviene dall'alto al basso, quindi dal board management ai dipendenti, e può riguardarecomunicazioni di massa o destinate a una singola persona o a un gruppo/settore particolare

Comunicazione 137

•• BOTTOM-UP: il flusso parte dal basso, quindi sono i dipendenti che trasmettonoinformazioni/richieste/reclami/report verso il top management

•• A RETE: è il tipo di flusso che il nuovo marketing cerca di impiantare nelle imprese, dove le informazionivengono scambiate "alla pari" tra il management, la direzione e i dipendenti, rendendo il processo comunicativomolto più snello e semplice.

Le tre modalità hanno la particolarità di essere tutte bi-direzionali ma solo l'ultima riscuote una certa modernitàpoiché spinta ad eliminare una gerarchizzazione tra i membri di un ente e quindi inutili formalismi. L'efficacia dellacomunicazione interna dipende strettamente dalla qualità e quantità dei messaggi trasmessi, e dal mezzo che sisceglie per veicolarli.

Note[1] Friedemann Schulz von Thun (1981), Miteinander reden 1 – Störungen und Klärungen. Allgemeine Psychologie der Kommunikation.

Rowohlt, Reinbek. ISBN 3-499-17489-8

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1967. Trad. italiana: Pragmatica della Comunicazione Umana, Astrolabio, Roma, 1971. ISBN 88-340-0142-7• Umberto Eco, Trattato di semiotica generale, Bompiani, Milano, 1975. ISBN 88-452-0049-3• Tullio De Mauro, Minisemantica dei linguaggi non verbali e delle lingue, Laterza, Roma - Bari, 1982. ISBN

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Galimberti e Giuseppe Riva (a cura di), Guerini e Associati, Milano, 1997. ISBN 88-7802-783-9• Friedemann Schulz von Thun, Miteinander Reden, 1981, Hamburg

Trad. italiana: Parlare insieme, Tea, Milano 1997.• Ludovica Scarpa, Strumenti mentali, Cafoscarina, Venezia 2004. ISBN 88-7543-021-7• Pietro Boccia, Comunicazione e mass media, Zanichelli, Bologna 1999. ISBN 88-08-07357-2• Marco A. Villamira, Lucia D. Roggeroni, Inter Actio o dell'interazione tra sistemi, Franco Angeli, Milano 2001.

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Comunicazione 138

• Rino Rumiati, Lorella Lotto, Introduzione alla psicologia della comunicazione, Il Mulino, Bologna 2007. ISBN978-88-15-11538-6

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978-90-481-3319-2• Caterina Marrone, I segni dell'inganno. Semiotica della crittografia, Nuovi Equilibri, Viterbo, 2010. ISBN

978-88-6222-132-0

Voci correlate•• Comunicazione filosofica (Kierkegaard)•• Comunicazione integrata•• Mezzi di comunicazione di massa•• Scienze della comunicazione•• Sociologia della comunicazione•• Telecomunicazioni•• Teoria della comunicazione•• Comunicazione pubblica della scienza•• Comunicazione di massa•• Foniatria•• Vocologia•• Operatore di comunicazione

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Collegamenti esterni• Comunicazione (http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ termine. php?id=2303) in Tesauro del Nuovo Soggettario

(http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ ), BNCF, marzo 2013.• Comunicare: Un Sapere Fondamentale. (http:/ / www. territorioscuola. com/ saperi/ comunicare. html) Fonte:

TerritorioScuola - Davide Suraci, 1999.• Recensioni testi di comunicazione (http:/ / www. agendacomunicazione. it/ ?pg=LETTI SU CARTA& rcarch=1)• Determinate Date nella Storia delle Tecnologie Culturali (http:/ / www. worldhistorysite. com/ f/ culttechf. html)• URPdegliURP. Comunicazione pubblica in rete (http:/ / www. urp. it) sito del Governo italiano

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Teoria della comunicazioneLa teoria della comunicazione è lo studio scientifico sui fenomeni di trasmissione di segnali tra un sistema e unaltro di uguale o diversa natura.

DefinizioniComunicare, dal latino communis = che appartiene a tutti, significa propriamente condividere, "mettere qualcosa incomune con gli altri". L'atto della comunicazione ha infatti lo scopo di trasmettere a qualcuno informazioni emessaggi. È comunemente accettato tuttavia che "non è possibile non comunicare", secondo un'idea centrale dellavoro di Paul Watzlawick[1]. Anche la comunicazione non efficiente è una comunicazione. Rifiutare di comunicareè comunicare che non si vuole comunicare.In questo senso si differenzia dalla Teoria dell'informazione, che può riguardare anche la comunicazione tramacchina e macchina. In ambito umano, per esempio, non esiste spreco o rumore, quel che viene comunicato ineccesso ha comunque valore connotativo.I modi di comunicare sono numerosi e vari, come varie e numerose sono le informazioni che si possono trasmettere.Tuttavia, al di là di tanta varietà, è possibile individuare il meccanismo della comunicazione e le caratteristichefondamentali che sono comuni a ogni atto comunicativo.La relazione tra chi parla e chi ascolta è sempre bilaterale, nel senso che riguarda entrambi si relazionano almessaggio, possono scambiarsi di posto e si adattano a riconsiderare il codice comune (negli atti principali ereciproci di comprensione e apprendimento), sia a livello verbale sia a livello non verbale.La teoria della comunicazione ha inoltre a che fare con la sociologia (formazione e conformazione alle norme socialidel linguaggio), l'estetica (accuratezza della forma), psicologia (relazioni interpersonali svolte attraverso gli atti e glieventi comunicativi) ecc.

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Il principio di Shannon e WeaverClaude Shannon e Warren Weaver, in ambito matematico, avevano elaborato nel 1949 una teoria dellacomunicazione basata sugli esperimenti di trasmissione elettrica di informazioni.Il loro schema prevede:fonte --> codificazione --> canale --> decodificazione --> bersaglioovvero: la fonte codifica un messaggio, che diventa un segnale, viaggia su un canale e diventa segnale ricevuto (conuna parte che viene a mancare o viene aggiunta durante la trasmissione, rispettivamente chiamate spreco e rumore),che va decodificato affinché diventi il messaggio ricevuto.

Jakobson e le sei funzioni della comunicazioneIl linguista Roman Jakobson ha schematizzato sei aspetti fondamentali che sono tuttavia riconducibili anche ad altreforme di comunicazione, comprese quelle che utilizzano un linguaggio non verbale ma che si servono, ad esempio,di suoni o di gesti.Egli ha individuato:• un mittente (o locutore, o parlante) che è colui che invia• un messaggio che è l'oggetto dell'invio• un destinatario (o interlocutore), che riceve il messaggio, il quale si riferisce a• un contesto (che è l'insieme della situazione generale e delle circostanze particolari in cui ogni evento

comunicativo è inserito). Per poter compiere tale operazione sono necessari•• un codice che risulti comune a mittente e destinatario, e• un contatto (o canale) che è una connessione fisica e psicologica fra mittente e destinatario, che consenta loro di

stabilire la comunicazione e mantenerla.Secondo Jakobson, ai sei fattori della comunicazione verbale corrispondono sei funzioni del linguaggio:• la funzione referenziale (riferita al contesto)• la funzione emotiva (riferita al mittente)• la funzione conativa (riferita al destinatario)• la funzione fàtica (riferita al contatto)• la funzione poetica (riferita al messaggio)• la funzione metalinguistica (riferita al codice).Si ha funzione referenziale (puntamento verso ciò di cui si parla) quando, nel comunicare qualcosa, il parlantecollega due serie di elementi: le parole con i referenti, compiendo un'operazione che è alla base del linguaggio, lareferenza. Il parlante, per poter compiere questo processo, deve possedere una conoscenza extra-linguistica che glipermetta di comprendere e utilizzare il fenomeno della coreferenza oltre che condividere il codice per unacompetenza testuale comune.Si ha funzione emotiva quando il mittente cerca di mostrare, nel proprio messaggio, lo stato d'animo, utilizzando varimezzi, come una particolare elevazione o modulazione del tono della voce, espressioni "forti" o alterazione delnormale ordine delle parole.Si ha funzione conativa (dal latino conari = intraprendere, tentare) o persuasiva quando il mittente cerca di influiresul destinatario, come mediante l'uso del vocativo o dell'imperativo.Si ha funzione fàtica (dal latino fari = pronunciare, parlare e dalla radice di grado forte "φα-" del verbo greco"φημί") quando ci si orienta sul canale attraverso il quale passa il messaggio e si cerca di richiamare l'attenzionedell'ascoltatore sul funzionamento dello stesso ("pronto?", "mi senti?", "attenzione, prova microfono!").Si ha funzione poetica quando, orientandoci sul messaggio, si pone al centro dell'attenzione l'aspetto fonico delle parole, la scelta dei vocaboli e della costruzione formale. Questa funzione poetica non appare solamente nei testi

Teoria della comunicazione 141

poetici e letterari, ma anche nella lingua di tutti i giorni, nel linguaggio infantile o in quello della pubblicità.Si ha funzione metalinguistica quando all'interno del messaggio sono presenti elementi che definiscono oridefiniscono il codice stesso, come chiedere e fornire chiarimenti su termini, parole e grammatica di una lingua.Queste funzioni non compaiono quasi mai isolatamente, e sono in potenza sempre presenti tutte, ma può accadereche un messaggio sia volutamente e contemporaneamente emotivo e conativo, oppure poetico ed emotivo.

M.A.K. Halliday e le tre funzioni fondamentali nel linguaggio dell'adultoM.A.K. Halliday, linguista britannico, individua nel linguaggio dell'adulto tre funzioni fondamentali:• funzione ideativa, che serve per esprimere l'esperienza che il parlante possiede del mondo reale, compreso il suo

mondo interiore;• funzione interpersonale che permette l'interazione tra gli uomini e serve per definire le relazioni che

intercorrono tra il parlante e l'interlocutore;• funzione testuale che serve per costruire testi ben formati e adatti alla situazione cui si riferiscono.Il fenomeno del linguaggio umano è complesso e inesauribile e molti sono gli studi ad esso riferiti, studi cheinglobano e accomunano discipline diverse, non solo la linguistica, ma anche la psicologia, la sociologia, la filosofia,l'antropologia.

Comunicazione narrativaIn narratologia, che studia la comunicazione narrativa e letteraria, il modello si complica con altre figure, per cui ilmittente reale ha un mittente modello (la propria rappresentazione all'interno del testo) e un lettore modello (come siimmagina sia il proprio lettore) diverso dal destinatario reale, il quale a sua volta ricostruisce un suo modello diautore[2].Questi studi hanno coinvolto studiosi come Seymour Chatman, Gérard Genette, Umberto Eco[3] e, in particolarenello studio dei personaggi Vladimir Propp, Claude Brémond, Gerald Prince, Algirdas Julien Greimas e altri.

Comunicare in sociologia, etnografia e antropologiaSe comunicare è mettere in comune, esiste un ambito di analisi che riguarda la comunicazione come rapporto tralinguaggio e società, con la concezione rituale e di conservazione della società che attraverso la comunicazioneinstaura pratiche di conferma dei propri riti.Insomma, la comunicazione aviene sempre all'interno di una situazione sociale. In questo senso di vedano gli studi diErving Goffman o Barnett W. Pearce[4]. E si consideri anche la funzione del dialetto e di altre comunità linguistiche.Nelle relazioni dialogiche e possono esserci altrernanza, in cui si parla selezionado linguaggi diversi, co-occorrenza,in cui nella conversazione si sovrappongono linguaggi diversi, o sequenza, in cui vige l'ordine di norme a cuiriferirsi.Anche nel rapporto con il potere (come suo strumento e nella relazione con il segreto), la comunicazione è uncontrollo sociale, con procedure di esclusione, verificabilità, organizzazione rituale delle discipline e indottrinamentocoatto. In questo ambito gli studi di Michel Foucault possono fornire una prima analisi[5].

Teoria della comunicazione 142

Comunicare in psicologiaOltre ad avere contenuto, infatti, un atto di comunicazione ha un livello che può essere persino indifferente a cosa stadicendo di per sé, ma che in genere è ben incastrato dentro il messaggio stesso, questo è il piano della relazione. Lacomunicazione quindi è un'interazione interpersonale e psicologica. Parlando si decidono le leadership, influenzandoil rapporto tra i comunicanti.Valgono in questo settore i concetti di classe, individuo, regola, ridondanza, persuasione, variazione lessicale, comeusare o meno una sintassi condivisa, riferire termini tecnici o stabilire attraverso il linguaggio gerarchie e posizionidi privilegio, anche attraverso prossemica e cinesica[6].Oltre a parlare di codice, si parla qui anche di repertorio linguistico, come insieme di risorse che può essereimpiegato o meno, e di patrimonio linguistico, come regole di interpretazione delle conoscenze comuni. In questosenso si considera, come a livello sociologico, la comunicazione come scambio, negoziato, offerta di inferenza e,come in estetica, di quali limiti siano accettabili nell'atteggiamento interpretativo[7].

Teoria della comunicazione in pedagogiaAlcuni studi sulla comunicazione riguardano la formazione del linguaggio nei bambini, come si sviluppa dalle primereazioni alla voce della madre ai propri suoni di lallazione, attraverso i processi di educazione e istruzione, fino allacompetenza linguistica adulta.

Comunicazione e mass-mediaÈ opinione di alcuni storici[8] che senza i giornali né la rivoluzione francese né quella americana avrebbero avutoluogo. Infatti nel XVIII secolo entrarono in uso due concetti: quello di "opinione pubblica" e quello di "propaganda",che andarono crescendo e assestandosi all'interno della comunicazione pubblica fino alla prima guerra mondiale,quando non era segreto, ma aveva comunque il suo effetto, che ogni governo avesse un proprio ufficio di propagandabellica. La manipolazione dell'opinione pubblica diventò dunque un'attività scientifica e vennero create varie teoriedella comunicazione applicate a quella che venne definita la "psicologia di massa". Tra tecniche di marketing, studisull'inconscio dei gruppi[9], orientamenti di tipo psicologico visivo e auditivo (complice lo sviluppo della radio e iregimi dittatoriali europei), gestione di informazioni per la creazione di opinion leader ecc. si arrivò persino adefinire l'età dell'"uomo comune" intorno ai 13 anni[10].Con la seconda metà del XX secolo, l'avvento della televisione e lo sviluppo della sociologia applicata ai massmedia, le teorie della comunicazione di massa andarono sviluppandosi ulteriormente[11]. Contributi decisivi vennerodati da Harold Innis, Walter J. Ong, Vance Packard, Marshall McLuhan, Erving Goffman, Noam Chomsky, e piùrecentemente Joshua Meyrowitz e Philippe Breton. In particolare la televisione venne accusata di essere unostrumento di perdita di controllo sociale da parte di altre istituzioni come la scuola, i partiti politici e le chiese.Filosofi come Karl Popper e politologi come Giovanni Sartori si trovarono d'accordo nel condannare ladegenerazione culturale che passa in televisione, ritenuto uno strumento pericoloso di consenso artificiale eomologazione.Solo con il nuovo millennio e i canali tematici delle televisioni non più di monopolio, come pure con l'accessoglobale attraverso i satelliti e soprattutto con internet, si è spostata l'attenzione dal "pericolo" televisivo a nuovi studidi comunicazione, con la creazione di dipartimenti universitari di media studies e lo scambio di teorie scientifichesulla comunicazione attuale, su come viene modellato il nostro senso del mondo anche attraverso l'informazioneincontrollata, essendo l'eccesso di disponibilità una nuova preoccupazione.

Teoria della comunicazione 143

Note[1] Il cui lavoro principale è Pragmatica della comunicazione umana, scritto con Janet Helmick Beavin e Don D. Jackson, colleghi di Palo Alto.

La trad. italiana di Massimo Ferretti è pubblicata da Astrolabio, Roma 1971 e successive ed.[2] Per una introduzione ai concetti si vedano Maria Corti, Principi della comunicazione letteraria, Bompiani, Milano 1976 e Cesare Segre,

Avviamento all'analisi del testo letterario, Einaudi, Torino 1985.[3] Di cui in particolare si vedano il Trattato di semiotica generale, Bompiani, Milano 1975 e Lector in fabula, ivi, 1979.[4] Di quest'ultimo si veda soprattutto Comunicazione e condizione umana, a cura di Claudio Baraldi e Pietro Barbetta, Franco Angeli, Milano

1993.[5] Si veda per esempio L'ordine del discorso, trad. Alessandro Fontana, Einaudi, Torino 1972.[6] Si veda Pio Ricci Bitti e Bruna Zani, La comunicazione come processo sociale, Il Mulino, Bologna 1990.[7] Si veda ancora Umberto Eco, I limiti dell'interpretazione, Milano: Bompiani, 1990 e Interpretazione e sovrainterpretazione, ivi, 1995.[8] per esempio Asa Briggs e Peter Burke, in Storia sociale dei media, Il Mulino, Bologna 2007.[9] Per esempio di Abraham Lipsky (1872-1946) con il suo Man the Puppet: the Art of Controlling Minds' (1925) che sosteneva che tanto più era

possibile condizionare le masse in quanto le si doveva cogliere a uno stadio pre-razionale, usando meno la logica e più l'emotività, regoladiventata poi d'oro sia a livello pubblicitario sia a livello di propaganda politica.

[10] Chiara Ottaviano e Peppino Ortoleva, Guerra e mass media. Gli strumenti del comunicare in contesto bellico Liguori, Napoli 1994.[11] Elizabeth J. Eisenstein, La rivoluzione inavvertita. La stampa come fattore di mutamento, Il Mulino, Bologna 1986.

Bibliografia• Roman Jakobson, Saggi di linguistica generale, Feltrinelli, Milano 1966• Luigia Camaioni (a cura di), Sviluppo del linguaggio e interazione sociale, Il Mulino, Bologna 1993• Orsola Coppola, Psicologia dello sviluppo ed educazione, Esselibri Simone, Napoli 1999• Roberto Grandi, I mass media fra testo e contesto, Lupetti & Co. Editore, Milano 1992• Bruna Zani, Patrizia Selleri, Dolores David, La comunicazione. Modelli teorici e contesti sociali, Carocci editore,

Roma 2002

Voci correlate•• Sociologia della comunicazione•• Comunicazione istituzionale•• Funzioni del linguaggio•• Scienze della comunicazione

Collegamenti esterni• Approfondimenti generali sulla struttura della lingua con particolare riferimento alle funzioni di Jakobson (http:/ /

www. impariamoascrivere. it/ index. php?pagina=teoria).

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Scienze della comunicazione 144

Scienze della comunicazioneIl concetto di scienze della comunicazione nasce sul finire degli anni '80 del XX secolo per designare quell'insiemeinterdisciplinare comprendente le diverse scienze sociali utilizzate per studiare i fenomeni comunicativi umani.Le scienze coinvolte in questi studi sono numerose e si differenziano non solo per gli approcci, ma anche per letipologie di fenomeni comunicativi che osservano, anche se in àmbito accademico quando si parla di comunicazionesi allude quasi sempre alle comunicazioni di massa (giornalismo, radio, televisione, cinema, nuovi media) e aiprocessi comunicativi di tipo istituzionale o professionale, cioè la comunicazione pubblica (intesa comecomunicazione della pubblica amministrazione), la comunicazione sociale e la comunicazione d'impresa,comprendente la pubblicità, le pubbliche relazioni e alcuni segmenti del marketing. Di solito, infatti, per riferirsi aiprocessi di comunicazione interpersonale si parla semmai di scienze del linguaggio.Nelle università pontificie si preferisce parlare di scienze della comunicazione sociale, posto che i mass mediavengono chiamati nella dottrina sociale della Chiesa cattolica «mezzi di comunicazione sociale».Le scienze della comunicazione sono dunque la sociologia (in particolare la branca nota come sociologia dellacomunicazione) e la psicologia sociale; le tecniche di comunicazione vengono altresì studiate dall'economia e laformazione universitaria in scienze della comunicazione solitamente comprende anche contributi del diritto, inquanto regolatore dei processi comunicativi.In Italia, con una tendenza maggiormente significativa negli atenei di Bologna, Siena, Torino e più recentementeCalabria, si tende ad associare alle scienze della comunicazione la semiotica, una disciplina che ancora non gode diun proprio indipendente riconoscimento ufficiale. Ciò è accaduto in particolare a causa della spinta determinante chehanno avuto Umberto Eco e i suoi allievi nell'avvio dei corsi di laurea in Scienze della comunicazione.Eco, che può essere considerato l'iniziatore degli studi semiotici italiani (che costituiscono un autonomo filone chetenta in qualche modo di conciliare la visione di Charles Sanders Peirce con le concezioni di Saussure e deiformalisti russi, cioè le teorie semiologiche di origine linguistica con quelle di origine filosofica[1], i cui pionierisono stati gli studenti di dottorato degli anni novanta sotto la direzione dello stesso Eco), è stato il primo presidentedel corso di laurea istituito in seno alla facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bologna, ove nel tempo si ècostituito un importante nucleo di ricerca in questa disciplina che, formatosi prevalentemente nei corsi di laurea inLettere, Filosofia e Dams, e in particolare nella cattedra di Estetica tenuta da Eco, e poi nella Scuola superiore distudi umanistici, coordinata e in qualche modo fondata dallo stesso Eco, è poi confluito interamente nell'istituto diScienze della comunicazione, antesignano del dipartimento di Discipline della comunicazione (oggi confluito neldipartimento di Filosofia e comunicazione), cui afferivano prevalentemente docenti del nuoovo corso.Includendo la semiotica sarebbe più corretto parlare di discipline della comunicazione in quanto questa, essendocostitutivamente una disciplina speculativa, è classiificata come sapere umanistico e pertanto non può essereconsiderata una scienza.Nella prassi accademica nordamericana, che è indubbiamente quella che ha prodotto il maggior numero di contributiagli studi di comunicazione di rilievo internazionle, la semiotica non viene proprio annoverata tra le discipline dellacomunicazione, pur se si prendono in considerazione modelli teorici non propriamente scientifici[2].Va detto, per contro, che la semiotica, nonostante tragga origine in Italia dalla diversificazione degli interessi di unesteta e si collochi prevalentemente nel settore scientifico-disciplinare denominato "Filosofia e teorie deilinguaggi"[3], non trova sostanzialmente spazio nei tradizionali corsi di laurea in Filosofia, se non come trattazionemarginale (a volte critica[4]) all'interno degli insegnamenti, più generali, di Estetica e Filosofia del linguaggio.Quindi, fermo restando che si tratta di un sapere umanistico e dunque per definizione non di una scienza, rimane ilproblema della sua classificazione come branca della filosofia, dacché molti studiosi rifiutano di vederla come tale ele attribuiscono uno statuto epistemologico autonomo[5].

Scienze della comunicazione 145

La sociologiaI fenomeni comunicativi, e in particolare mediatici, sono da sempre oggetto di interesse della sociologia. Se con lalocuzione "scienze della comunicazione", al plurale, ci si riferisce all'insieme delle scienze sociali coinvolte nellaricerca in quest'àmbito, con "scienza della comunicazione" si intende la sociologia dei processi comunicativi. Illavoro dei sociologi americani Melvin DeFleur e Sandra Ball-Rokeach, pubblicato in forma di manuale per la primavolta nel 1985, raccoglie i presupposti teorici fondamentali per lo studio della comunicazione ed è considerato labase di tutti gli studi comunicazionali, anche se questi hanno origini più remote, e cioè nella sociologia di immediataderivazione marxista della scuola di Francoforte. Un'altra scuola famosa è quella di Palo Alto, facente riferimento aMarshall McLuhan.Un altro importante modello teorico di approccio sociologico è stato proposto da John Baptist Thompson in quellache in origine era la sua tesi di dottorato, nota in italiano con il titolo "Mezzi di comunicazione e modernità. Unateoria sociale dei media". In tale saggio Thompson propone un modello teorico efficacissimo per comprenderel'influenza determinante che i media hanno sui comportamenti umani.Alla sociologia interessa il processo comunicativo in quanto tale, analizzando il suo concreto atteggiarsi nei contestisociali, a livello micro (per il quale la teoria più famosa è la metafora teatrale di Erving Goffman) e a livello macro, epartendo dal presupposto che la comunicazione è la principale attività umana in quanto «non si può noncomunicare»[6].La sociologia si occupa anche di tutti gli aspetti della comunicazione d'impresa: relazioni pubbliche, pubblicità,corporate communication, customer relationship management e, anche attraverso la metodologia della ricercasociale (che si avvale di tecniche statistiche per la rilevazione dei dati e della sociologia per le analisi qualitativedegli stessi), marketing analitico, strategico e operativo. Insieme con la scienza politica si occupa di comunicazionepubblica e sociale.Considerando la definizione di Fred N. Kerlinger e Howard B. Lee[7], in base alla quale una teoria scientifica è ancheciò che consente di fornire spiegazioni e previsioni di fenomeni attraverso procedimenti logico-deduttivi e nonsperimentali[8], la sociologia ha sistematizzato i modelli teorici di approccio agli studi comunicativi, prendendo inconsiderazione sia quelli di derivazione scientifico-sociale sia quelli filosofico-speculativi. Si possono distinguerefondamentalmente cinque grandi scuole di pensiero, che sono fondamentalmente le quattro grandi correnti dellasociologia, a loro volta distinte in oggettiviste e soggettiviste, che applicano ai processi comunicativi la stessavisione complessiva e generale che hanno della realtà:• lo struttural-funzionalismo (corrente oggettivista), di derivazione linguistica e concentrato sull'organizzazione

del linguaggio. Talvolta distinto rispettivamente in strutturalismo, con riferimento alla linguistica di Ferdinand deSaussure, e in funzionalismo, con riferimento alla sociologia su di essa basata, e segnatamente il modelloorganicista di Herbert Spencer e il funzionalismo di Émile Durkheim e Talcott Parsons, considera i sistemi socialicome corpi organici. La comunicazione non sarebbe che uno dei processi attraverso i quali verrebbero soddisfattele esigenze di questi organismi, strutturalmente invariabili. In questo gruppo di teorie i risultati dei processicomunicativi sono visti perlopiù come oggettivi e non intenzionali. Infatti il presupposto della teoria linguisticasottesa è che a un significante corrisponde necessariamente un determinato significato (indipendenza del segno):l'eventuale non corrispondenza semantica tra ciò che si sa in astratto e ciò che esiste in concreto costituiscesemplicemente una non verità. Il segno ha cioè carattere di assoluta universalità all'interno del contesto diriferimento (comunità di locutori o singolo sistema sociale, non considerato però nell'accezione di culturale) epertanto il ruolo dell'interprete ha valore limitatamente alla sua conoscenza.

• le teorie critiche (oggettiviste). Includono la teoria del conflitto di Karl Marx. Tra di esse, la teoria critica dellasocietà della scuola di Francoforte e il femminismo. Negli anni '90 del XX secolo si è sviluppata in Italia unascuola di studi socio-comunicazionali in prospettiva di genere, iniziata da Milly Buonanno. Tuttavia tale filonenon può essere completamente inquadrato nelle teorie critiche e fa riferimento al filone interdisciplinare deicultural studies, che coinvolge anche la linguistica, l'antropologia, l'economia e la scienza politica.

Scienze della comunicazione 146

• le teorie cognitivo-comportamentali (soggettiviste). Anche qui i più pignoli distinguono in cognitivismo ecomportamentismo. Queste teorie hanno carattere squisitamente psicologico e il loro interesse centrale non risiedenelle strutture sociali e culturali ma nell'individuo, anche se colto nelle manifestazioni oggettive e nonnell'introspezione. Questo carattere fa assumere loro importanza centrale per la psicologia sociale, ma sono statetalvolta richiamate anche in campo sociologico come teorie dello stimolo e della risposta, anch'esse di tipobiologico, come quelle funzionalistiche, ma non organiciste, bensì neurali. Esse studiano le relazioni cheintercorrono tra le variabili cognitive che agiscono nel corso dei fenomeni: per poter studiare i fenomeni stessi,vanno isolate e analizzate quelle più importanti.

• le teorie interazionali, convenzionali e interpretative (soggettiviste). Queste teorie sostengono che la vita socialeè un processo di interazione dal quale risultano le strutture e le funzioni. La comunicazione è la principale formadi interazione e dunque la forza preminente, che fa da collante per la società stessa. Esse studiano dunque lacostruzione dei significati, visto come convenzione (e non come arbitrio) elaborata attraverso la comunicazione.A differenza della teoria del conflitto e di quelle organiciste, esse sono soggettiviste e non oggettiviste. A loroavviso, i significati si costruiscono attraverso processi di mediazione simbolica (e non di semplice negoziazionecomunicativa), che hanno carattere rituale. Fenomenologia, ermeneutica ed etnografia possono essere consideratesottocategorie di questa corrente. Anche la sociolinguistica e la pragmatica, che studiano i significati in rapportoai contesti, sono generalmente collegate a queste correnti.

La psicologiaUn contributo allo studio dei processi di comunicazione di massa proviene dalla psicologia cognitiva e dallapsicologia sociale.La psicologia si occupa principalmente di due elementi:• nell'ambito delle comunicazioni di massa, l'impatto che i mezzi di comunicazione hanno sulla psiche dei singoli

individui o sulla cosiddetta psiche collettiva;• nell'ambito della comunicazione d'impresa, e più specificamente per il marketing strategico e la pubblicità, il

consumer behaviour e le tecniche di persuasione del cliente.I due elementi sono studiati soprattutto mediante approcci psicosociali, mentre dei comportamenti dei singoliindividui in relazione ai loro effetti si occupano soprattutto i cognitivisti.

Le teorie dei linguaggi: la semioticaLa semiotica è la teoria dei segni. Essa, soprattutto nelle sue versioni strutturale, generativa e interpretativa, ha dasempre sviluppato il suo interesse scientifico verso la comunicazione, in ogni suo aspetto individuale e collettivo,inglobando il fenomeno nella più ampia sfera della significazione, ossia di tutto ciò che gli esseri umani usano perdare senso a se stessi e al mondo: dalla verbalità delle lingue alle immagini, dalla gestualità allo spazio, dal corponella sua complessità a, soprattutto, una continua mescolanza e ibridazione di tutto ciò. Oggi la semiotica generativatrova spazio in molteplici àmbiti di riflessione e applicazione, dal disegno industriale alla comunicazione visiva,dalla comunicazione pubblicitaria ai palinsesti televisivi.

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Altri contributiAltri contributi allo studio dei processi comunicativi vengono dai diversi rami della linguistica, dall'antropologia, daicultural studies, mentre le scienze dell'educazione e della formazione si occupano dell'educazione all'uso dei medianonché, insieme con la psicologia e la stessa sociologia, dell'ottimizzazione dei processi comunicativi aziendaliinterni.La scienza politica si occupa di studiare la nascita e l'evoluzione delle esigenze informative e di pubblicità degli attiparlamentari e della pubblica amministrazione, dell'e-government, della multimedialità e dell'implementazione dellenuove tecnologie nella pubblica amministrazione, nonché di analizzare, osservare e implementare strategie dicomunicazione politica. Studia altresì la libertà informativa e più in generale comunicativa in rapporto al sistemapolitico, non nel diritto, come fa la scienza giuridica, ma nel suo concreto atteggiarsi.La storia si occupa della nascita e dell'evoluzione dei mezzi di comunicazione nel tempo e la storia sociale delcambiamento della società in relazione alla loro introduzione, nonché del loro impatto sulle abitudini sociali in unaprospettiva storica.La geografia si occupa delle trasformazioni dello spazio dovute all'impatto di mezzi, strumenti e reti dicomunicazione, tant'è che negli ultimi anni si sta cominciando a sviluppare una branca detta proprio geografia dellacomunicazione, derivata soprattutto dalla geografia economico-politica ma presentante forti assonanze con lageografia culturale.La scienza giuridica si occupa della regolamentazione giuridica della comunicazione: per diritto dell'informazionesolitamente si intende quella branca del diritto pubblico (in particolare costituzionale e amministrativo) che studia lanormativa a proposito dei mezzi di comunicazione di massa, che, in alcuni ordinamenti, può avere anche risvoltipenalistici, con particolare riferimento alla tutela della personalità, dell'onore, del decoro e della reputazione nonchéai reati politici e d'opinione. Anche il diritto privato però si occupa di comunicazione: il diritto dell'immagine e ildiritto d'autore, sebbene trasversali, riguardano molto più la sfera privatistica (e in particolare, per gli aspetti cheriguardano la tuela degli interessi economici derivanti dallo sfruttamento dell'immagine e delle opere dell'ingegno,quella civilistica), come pure, più in generale, la tutela giurisdizionale e non giurisdizionale degli interessi legittimiderivanti dall'uso dei mezzi di comunicazione.L'organizzazine delle imprese si occupa di management dei procesi comunicativi aziendali.Ulteriori contributi, soprattutto di tipo operativo, provengono dalla linguistica computazionale, campo di studiradicato e particolarmente sviluppato nell'Università di Salerno, dove diedero vita al primo dipartimento di ricerca inscienze della comunicazione d'Italia proprio dei linguisti: Emilio d'Agostino, Tullio De Mauro, Annibale Elia.Infine, anche l'antropologia si occupa di significazione, sebbene, a differenza della semiotica, in stretto rapporto conil contesto, che studia correlativamente e non indipendentemente dal segno.

I corsi universitari in ItaliaL'introduzione del corso di laurea in Scienze della comunicazione, con l'emanazione della tabella XL all'inizio deglianni novanta e l'attivazione sin dall'anno accademico 1992-1993 in alcune università pilota (Salerno, Siena e Torino,con la successiva aggiunta della Sapienza e della LUMSA), fu salutata come un elemento innovatore. Non soloperché avrebbe creato una figura ibrida, capace di riunire in sé gran parte delle competenze necessarie per la stesuradi progetti comunicativi e la realizzazione di indagini di mercato, cose tradizionalmente affidate a pool di esperti indiverse discipline, ma perché fu la prima volta che nel mondo accademico italiano faceva il suo ingresso un corso dilaurea con intenti dichiaratamente professionalizzanti. Tant'è vero che, ancora oggi, all'istituzione del corso di laureain Scienze della comunicazione è attribuita la spinta propulsiva di quel movimento riformatore che ha portato alradicale cambiamento, in questi ultimi anni, dell'università italiana.Nel triennio successivo il corso fu attivato a Bologna, Urbino e Palermo e tutti i successivi piani triennali di sviluppo dell'università, sino alla riforma, ne hanno previsto nuove attivazioni. L'ultima fu quella dell'allora Istituto

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universitario Suor Orsola Benincasa (oggi Università degli studi) nell'anno accademico precedente all'entrata invigore della riforma (2000-2001), tant'è che in questo ateneo si sono avuti prima laureati in Scienze dellacomunicazione con il nuovo ordinamento che con il vecchio. Essendo la riforma già stata normata, pur non essendoin vigore (anche se alcuni atenei-pilota attivarono sin da quell'anno alcuni corsi di laurea triennali in viasperimentale), al Suor Orsola il corso fu attivato con un piano sperimentale, basato sull'ECTS, in maniera tale che gliinsegnamenti fossero subito compatibili con il nuovo ordinamento. I crediti utilizzati per gli esami del vecchioordinamento, comunque, non hanno valore legale, tant'è che in alcuni casi di trasferimento verso corsi di previgenteordinamento di altra università esami da 4 crediti vengono convalidati come annuali, nonostante i regolamentididattici interni abbiano definito l'equazione 4 crediti = una semestralità (tuttora alcune sedi ammettono trasferimenticon iscrizione fuori corso al vecchio ordinamento a studenti che risultino iscritti fuori corso con tale ordinamentoall'università d'origine).Le performance sul mercato del lavoro della laurea in Scienze della comunicazione, comunque, non sono state quelleattese, mentre le aspettative prospettate agli studenti hanno continuato a essere sovradimensionate sino ai primi anni2000. Alcuni attribuiscono questo problema alla poca selettività che si è venuta a creare alla Sapienza, dove sideliberò di abrogare il numero programmato non appena terminato il primo quinquennio del corso presentandoScienze della comunicazione come il corso di laurea del futuro, in grado di creare figure con una preparazioneflessibile e come tali altamente competitive nei più disparati contesti lavorativi. Questo provocò un massiccioaumento delle immatricolazioni, tanto che la facoltà di Scienze della comunicazione della Sapienza al primo annodella sua istituzione, per scorporo dalla facoltà di Sociologia, era già la facoltà con la più alta popolazionestudentesca dell'intero ateneo romano (seconda in Italia dopo la facoltà di Giurisprudenza della Federico II diNapoli). Dopo la riforma universitaria del 1999, comunque, a fronte della moltiplicazione dell'offerta formativanell'àmbito della classe delle lauree in scienze della comunicazione, c'è stata una forte contrazione della domanda,tuttora in progressiva diminuzione, tant'è che l'introduzione del numero programmato in alcuni corsi che non loavevano si sta rivelando inutile (il numero degli aspiranti è stato in molti casi di pochissime unità superiore rispetto aquello dei posti messi a concorso, tant'è che i rettori in alcuni casi sono intervenuti stabilendo con apposito decretol'annullamento delle procedure concorsuali e l'ammissione di tutti i candidati). Le ricerche dei vari osservatorievidenziano come il calo della domanda, inizialmente illusorio (le immatricolazioni o iscrizioni ai concorsi eranocalate nelle sedi storiche grazie della maggiore diffusione sul territorio dei corsi di laurea dell'area, in molti casi anumero aperto), sia reale, nel senso che gli iscritti al primo anno nel 2001-2002, primo di applicazione della riforma,risultano complessivamente meno dell'anno precedente, anno di picco delle immatricolazioni, e negli anni successivila tendenza si è confermata negativa, nonostante il raddoppio delle sedi ove oggi è possibile studiare comunicazionerispetto all'ultimo anno ante-riforma e al numero di corsi di laurea quasi triplo (in molte università sono attivi piùcorsi di laurea della classe di scienze della comunicazione).Prima degli anni '90 gli studi di comunicazione nell'università italiana si svolgevano attraverso l'indirizzo"comunicazione e mass media" del corso di laurea in Sociologia, attivo da anni presso le università di NapoliFederico II, Roma La Sapienza e Urbino, l'indirizzo moderno del corso di laurea in Lettere (che sempre alla FedericoII aveva un apposito settore denominato "comunicazione, musica e spettacolo") ma soprattutto attraverso il corso dilaurea in Relazioni pubbliche dell'Università IULM, esistente già da un decennio. Inoltre già nei primi anni settantaera stato attivato, presso la facoltà di Scienze politiche "Cesare Alfieri" dell'Università di Firenze, un insegnamentodi teorie e tecniche delle comunicazioni di massa, proprio dell'indirizzo politico-sociale del corso di laurea in Scienzepolitiche.Dal mondo del lavoro ma anche da quello accademico molte critiche sono state mosse rispetto ai corsi di laurea in scienze della comunicazione. Già il corso di laurea di vecchio ordinamento era pluridisciplinare; il tentativo di contrarre tale pluridisciplinarità sui tre anni previsti quale durata normale dei nuovi corsi di laurea, rispetto ai cinque della durata legale del corso di laurea di cui alla tabella XL, aveva creato in alcune sedi una frammentarietà a parere di molti eccessiva. Lo studente, dovendo sostenere sino a venti esami all'anno dal contenuto alle volte fortemente eterogeneo, veniva indotto ad affrontare le diverse discipline con una certa superficialità, quando non erano gli stessi

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programmi piuttosto sommari, con il risultato di avere un'infarinatura generale di praticamente tutte le scienzeumane, senza però essere in grado di spenderne concretamente alcuna. In molti atenei si è cercato di superare questoproblema istituendo corsi di laurea settoriali, come per esempio il corso di laurea in Media e giornalismo "AdrianoOlivetti" dell'Università di Firenze e il corso di laurea in Giornalismo per uffici stampa e quello in Comunicazionepubblica dell'Università di Palermo; in altre sedi sono state operate delle suddivisioni curriculari per sbocchiprofessionali. In altre sedi la suddivisione invece è stata effettuata per approccio disciplinare, privilegiandone unopiuttosto che un altro: è il caso dell'Università della Calabria, con il suo corso di laurea in Filosofie e scienze dellacomunicazione e della conoscenza, di orientamento marcatamente semiotico e filosofico-estetico, e del corso dilaurea in Scienze della comunicazione dell'Università di Bologna, il cui piano di studi viene modificato ogni anno sindall'entrata in vigore della riforma ma che sostanzialmente rimane suddiviso in un percorso di orientamentosemiotico, uno sociologico e uno psicologico.Il corso di laurea di vecchio ordinamento era invece articolato in un biennio comune e in un triennio di indirizzo dicui non si faceva menzione nel titolo di studio. Gli indirizzi erano comunicazioni di massa, attivo in tutte le sedi, ecomunicazione d'impresa, attivo in tutte le sedi tranne che a Bologna. Solo alla LUMSA e a Palermo era attivoanche, in convenzione con l'Ordine dei giornalisti, l'indirizzo giornalismo, simile per insegnamenti a comunicazionidi massa ma comprendente anche, per 15 studenti selezionati al terzo anno, il praticantato giornalistico, svolto conl'ausilio di testate-laboratorio. Presso la sede di Savona della facoltà di Scienze della formazione dell'Università diGenova e presso l'omologa facoltà dell'Università di Palermo era attivo il corso di diploma universitario inGiornalismo, di durata triennale, che pure prevedeva il praticantato.Con la riforma alcune sedi hanno fatto un uso abnorme della classe delle lauree in scienze della comunicazione,sfruttandone l'eterogeneità data dalla presenza di moltissimi settori scientifico-disciplinari per istituire corsi di laureache niente hanno a che fare con la comunicazione, intesa così come descritto in quest'articolo. Il problema è statosollevato dalla stessa Conferenza già nel primo incontro nazionale degli studenti e dei docenti di scienze dellacomunicazione, tenutosi nel 2003. L'uso più originale della tabella era stato fatto dalla facoltà di Scienzematematiche, fisiche e naturali dell'Università degli studi di Milano, che vi aveva fatto rientrare il suo corso di laureain Scienze e tecnologie della comunicazione musicale. Viste le numerose perplessità da più parti sollevate, gli organicompetenti hanno deliberato che, per gli immatricolati e i trasferiti in ingresso a partire dall'anno accademico2005-2006, il corso di laurea afferisce alla classe delle lauree in scienze e tecnologie informatiche. Nel frattemporimangono afferenti alla classe di scienze della comunicazione alcuni corsi di laurea in lingue, mentre per controesistono numerosi corsi di laurea che hanno nell'epigrafe la parola "comunicazione" ma che sono afferenti a classidiverse: di questi, uno è sono sicuramente ascrivibile, per contenuti e obiettivi formativi, ai corsi di laurea in scienzedella comunicazione veri e propri, e cioè Culture digitali e della comunicazione della Federico II di Napoli (facoltàdi Sociologia), afferente alla classe delle lauree in scienze sociologiche. Non lo stesso si può dire per Scienze dellacomunicazione scritta e ipertestuale dell'Università di Parma (facoltà di Lettere e filosofia), afferente alla classedelle lauree in lettere, mentre il corso di laurea in Scienze politiche per il giornalismo (ora ridotto a curriculum delcorso di laurea in Scienze politiche) dell'ateneo messinese (facoltà di Scienze politiche), pur afferendo alla classedelle lauree in scienze politiche e delle relazioni internazionali, può risultare molto simile, a seconda del piano distudi, al sopra citato corso di laurea in Media e giornalismo "Adriano Olivetti", per quanto quest'ultimo afferisca allaclasse delle lauree in scienze della comunicazione.

Facoltà di attivazioneCon il vecchio ordinamento le facoltà abilitate a rilasciare il diploma di laurea in Scienze della comunicazione e i diplomi universitari correlati (Tecnica pubblicitaria e Giornalismo) erano quelle di Lettere e filosofia (Bologna, Padova, LUMSA, Macerata, Modena e Reggio Emilia, Salerno, Siena, Torino), Magistero o Scienze della formazione (Genova, Napoli Suor Orsola Benincasa, Palermo, Trieste), Sociologia (Roma La Sapienza, Urbino) e Scienze politiche (Università Cattolica del Sacro Cuore, Teramo, LUISS Guido Carli). L'Università per stranieri di Perugia fu autorizzata ad attivare il corso di diploma in Tecnica pubblicitaria presso la sua unica facoltà, quella di

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Lingua e cultura italiana. Il corso di diploma universitario in Giornalismo, di durata triennale, comprendeva un tirocinio valevole comepraticantato per l'accesso alla prova di idoneità professionale per l'iscrizione all'albo dei giornalisti, elencoprofessionisti. Esso era attivo unicamente negli atenei di Palermo e Genova (sede di Savona), mentre alla Lumsa diRoma era attivo l'indirizzo giornalismo nell'àmbito del corso di laurea, di durata quinquennale, in Scienze dellacomunicazione, che prevedeva il medesimo praticantato al terzo e al quarto anno.Nel 1999 è stata istituita, presso l'Università IULM, la facoltà di Scienze della comunicazione e dello spettacolo. Nel2000 il senato accademico della Sapienza ha deliberato l'istituzione della prima facoltà di Scienze dellacomunicazione sorta presso un'università statale. Sempre dall'anno accademico 2000-2001 è operativa pressol'Università di Modena e Reggio Emilia la facoltà di Scienze della comunicazione (comunicazione, economia,informazione), che dal 2003-2004 si chiama "Scienze della comunicazione e dell'economia". Altre due facoltà diScienze della comunicazione sono state istituite rispettivamente a Teramo e Macerata [9]

Con il nuovo ordinamento, oltre che presso le sopra citate facoltà, corsi di laurea della classe di scienze dellacomunicazione e corsi di laurea specialistica correlati sono stati attivati presso facoltà di Psicologia (Università deglistudi di Milano-Bicocca,/*presso la Facoltà di Scienze della Formazione Università di Bari, Università Vita-SaluteSan Raffaele), Economia (Università Cattolica), Scienze umane e sociali (Università degli studi del Molise) e, in uncaso (Università dell'Insubria), a parte quello descritto supra, Scienze matematiche, fisiche e naturali. Inoltre, inalcuni dei numerosi casi in cui tali corsi sono interfacoltà, si registra la collaborazione di facoltà di Giurisprudenza eIngegneria, mentre solitamente la sede amministrativa (cioè quella che gestisce le carriere degli studenti, di normaquella che contribuisce con il maggior numero di insegnamenti) è una facoltà di Lettere e filosofia.

Note[1] Valentina Pisanty, Roberto Pellerey, Semiotica e interpretazione, Bompiani, Milano, 2004[2] Melvin L. DeFleur, Sandra J. Ball-Rokeach, Teorie delle comunicazioni di massa, traduzione italiana a cura di Nora Rizza, Il Mulino,

Bologna, 1995[3][3] Umberto Eco afferiva al settore scientifico-disciplinare dell'estetica oggi la maggior parte degli studiosi di questa disciplina fa riferimento al

settore M-FIL/05, comprendente la filosofia e le teorie dei linguaggi, la cui declaratoria non fa tuttavia riferimento esplicito alla semiotica.Alcuni semiologi afferiscono a settori artistici.

[4] Vedi ad esempio Fabrizio Desideri, Chiara Cantelli, Storia dell'estetica occidentale. Da Omero alle neuroscienze, Carocci Editore, Roma,2008, nel quale gli autori parlano negativamente di «pansemiotismo»

[5] Che cos’è la semiotica | D I S . A M B . I G U A N D O (http:/ / giovannacosenza. wordpress. com/ 2008/ 07/ 14/ che-cose-la-semiotica/ )[6] assioma atribuito a Paul Watzlawickz[7][7] Foundations of behavioral research, 1986[8][8] «Un insieme di costrutti interrelati, definizioni e proposizioni che offrono una visione sistematica dei fenomeni e che specificano le relazioni

tra diverse variabili così da fornire spiegaizoni e fare previsioni su tali fenomeni»[9] http:/ / www. unimc. it/ comunicazione

Voci correlate•• Agenda setting•• Comunicazione•• Sociologia della comunicazione•• Teoria della comunicazione•• Foniatria•• Vocologia

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Collegamenti esterni• Comunitàzione (http:/ / www. comunitazione. it/ )• ComunicLab (http:/ / www. comuniclab. it/ )• Comunicatori.net - Forum degli studenti della Facoltà di Roma "La Sapienza" (http:/ / www. comunicatori. net/

forum/ )• Scienze della comunicazione (http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ termine. php?id=25482) in Tesauro del Nuovo

Soggettario (http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ ), BNCF, marzo 2013.

Portale Sociologia Portale Università

Tecnologie dell'informazione e dellacomunicazioneLe tecnologie dell'informazione e della comunicazione, acronimo TIC (in inglese Information andCommunication Technology, la cui sigla è ICT[1]), sono l'insieme dei metodi e delle tecnologie che realizzano isistemi di trasmissione, ricezione ed elaborazione di informazioni (tecnologie digitali comprese).L'uso della tecnologia nella gestione e nel trattamento delle informazioni assume crescente importanza strategica perle organizzazioni. Le istituzioni educative in particolare prevedono, attraverso il proprio progetto educativo, appositipercorsi di formazione ed utilizzo trasversale delle TIC per le diverse discipline. Oggi l'informatica (apparecchidigitali e programmi software) e le telecomunicazioni (le reti telematiche) sono i due pilastri su cui si regge la societàdell'informazione.

Definizione e finalitàNon risulta facile fornire una definizione univoca delle TIC, poiché non esiste una definizione generale e condivisa.Possono essere considerate anche come risorsa essenziale delle organizzazioni, all'interno delle quali diventa semprepiù importante riuscire a gestire in maniera rapida, efficace ed efficiente il volume crescente di informazioni. Proprioper questo motivo le TIC vanno considerate come arma strategica in grado di mettere a disposizione dati einformazioni qualitativamente migliori nell'ambito dell'organizzazione e - grazie alle diffusione della tecnologia edell'interconnettività - possono aiutare le organizzazioni a ridefinire i propri rapporti con clienti, fornitori e altreorganizzazioni attraverso il cosiddetto IT Service Management (ITSM).Il fine ultimo delle tecnologie dell'informazione è comunque la manipolazione dei dati informativi tramiteconversione, immagazzinamento, protezione, trasmissione e recupero sicuro dei dati stessi. L'InformationTechnology è anche un ambito di studio che si occupa dell'archiviazione, dell'elaborazione o trasformazione e dellarappresentazione delle informazioni con l'aiuto del computer e delle tecnologie a esso connesse. Rientrano inquest'ambito lo studio, la progettazione, lo sviluppo, la realizzazione, il supporto e la gestione dei sistemi informativie di telecomunicazione computerizzati, anche con attenzione alle applicazioni software e ai componenti hardwareche le ospitano.I professionisti delle TIC sono caratterizzati da molteplici capacità di intervento, dall'installazione alla progettazionedi architetture telematiche, dalla gestione di basi di dati alla progettazione di servizi integrati per la convergenza diinformatica e telefonia nella telematica per i nuovi metodi di trasmissione dell'informazione.

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Tecnologia dell'informazioneL'espressione indica l'uso della tecnologia nella gestione e nel trattamento dell'informazione, specie nelle grandiorganizzazioni. In particolare riguarda l'uso di apparecchi digitali e di programmi software che consentono all'utentedi creare, memorizzare, scambiare e utilizzare informazioni (o "dati") nei più disparati formati: dati numerici,testuali, comunicazioni vocali e molto altro.La trasmissione di informazioni tra calcolatori connessi in rete fra loro, avviata a partire dagli anni ’60, costituisce unaspetto di un fenomeno più generale, di grande portata pratica e concettuale: la progressiva convergenza eintegrazione di informatica e telecomunicazioni.Questi due settori si erano sviluppati per lungo tempo indipendentemente l'uno dall'altro, poiché letelecomunicazioni procedevano prevalentemente utilizzando tecnologie analogiche. A partire dagli anni '70, semprepiù le tecnologie proprie dell'informatica vengono mutuate dalle telecomunicazioni; a partire dalla metà degli anni’80, anche grazie alla diffusione dei personal computer, inizia una rivoluzione di portata epocale e più precisamentela rivoluzione digitale applicata al campo audio-visivo.La successiva diffusione della telefonia cellulare, contemporanea alla progressiva digitalizzazione delle retitelefoniche pubbliche e di tutti i media di comunicazione (voce, video, immagini, documenti) ha portatoall'interoperabilità, integrazione e globalizzazione di tutte le reti.La globalizzazione del mercato, la mobilità, la multimedialità e l'affermarsi di nuovi modelli di business, rendonoimpossibile stabilire rigidi confini tra reti private e reti pubbliche, reti cablate e reti senza fili, reti voce e reti dati, retiaziendali e reti domestiche, reti dedicate al lavoro e reti dedicate allo svago e all'informazione/formazione.La tecnologia dell'informazione comprende le reti di telecomunicazioni, l'architettura aperta (client server, OpenArchives Initiative), la multimedialità.

Le retiIl concetto di rete di telecomunicazioni rimanda alle cosiddette "autostrade dell'informazione": l'autostradainformatica o rete di trasporto è una rete via cavo e in fibre ottiche che, nei prossimi anni, deve combinare insieme ivantaggi ovvero i servizi offerti dalla televisione, dal calcolatore e dal telefono (Next Generation Networking).Le telecomunicazioni finora si sono sviluppate in Europa secondo il principio del monopolio: il telefono, che è statostoricamente il primo strumento di comunicazione di massa, utilizza reti di fili la cui installazione implica notevolilavori meccanici, mentre la televisione, utilizza le onde hertziane che costituiscono una risorsa radio limitata. Siarriverà ad un ribaltamento di questa situazione: il telefono di domani sarà senza filo mentre le reti multimedialiinterattive saranno su cavo.

L'architettura apertaSiamo in presenza di un'architettura client-server quando si forniscono server, cioè magazzini di indici e dati, ingrado di rispondere alle richieste di vari client o browser del web siamo in una dimensione informatica.Si abbandonano i grandi calcolatori e si utilizzano i sistemi UNIX, calcolatori mini con sistema operativo standard.L'architettura aperta permette di superare alcuni limiti delle banche dati tradizionali promuovendo una ricerca unica efacilitata. L'impiego dell'architettura client-server nelle biblioteche e nei centri di documentazione porta treconseguenze:1. Dovranno essere realizzati dei server che memorizzino su supporto elettronico la letteratura e la documentazione

corrente e retrospettiva (ES: Progetto Gutenberg e Progetto Manuzio).2. Sistemi di gestione distribuiti e aperti potranno essere interconnessi e interoperare.3.3. L'arricchimento dei server e la personalizzazione dei client diventa una funzione che si aggiunge a quelle del

bibliotecario.

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La multimedialitàLa multimedialità corrisponde all'estensione della trasmissione telematica ai tre modi fondamentali di espressione ecomunicazione della conoscenza: testo, suono e immagine.L'impatto delle nuove tecnologie nell'organizzazione sociale ha dato luogo alla Società dell'Informazione.Già nel settembre del 2003 il Governo americano annunciava lo sviluppo della National Information Infrastructure(NII), destinata a costituire l'autostrada elettronica per la diffusione dell'informazione che si basa su una reteultraveloce ad elevata portata.In Europa, invece, nel dicembre 1993 il Presidente della Commissione Europea, Jacques Delors, ha presentato ilLibro Bianco, in cui viene sviluppato il concetto di comunicazione dell'informazione nell'Unione Europea. Adifferenza di quanto avviene oltreoceano, la costruzione delle autostrade telematiche in Europa non costituiscel'obiettivo principale. Lo sviluppo di un sistema avanzato di infrastrutture, che comprende anche gli strumenti dicomunicazione multimediali, viene considerato funzionale alla nascita della nuova società dell'informazione.In Italia il rinnovamento della rete telefonica richiede l'introduzione delle tecnologie digitali, propriedell'informatica, sia nelle centrali telefoniche sia nei sistemi di trasmissione che le collegano. Il processo ditrasformazione della rete italiana è molto lenta e la questione dei finanziamenti è oggetto di acceso dibattitoall'interno dell'Unione Europea. In ogni caso tutti concordano su un nuovo equilibrio tra settore pubblico e settoreprivato.È importante chiarire i fattori in gioco perché gli investimenti necessari sono colossali e non è certo che ilfinanziamento pubblico potrà assumere tale onere. Si tratta di sapere se l'Europa deve, come negli Stati Uniti,incoraggiare il settore privato ad investire massicciamente nelle nuove infrastrutture di autostrade elettronicheoppure far evolvere semplicemente le infrastrutture esistenti.Rispetto a queste due concezioni opposte il Libro Bianco suggerisce un approccio di mediazione e pone l'accento sulprogresso economico e sociale che l'attuazione delle autostrade elettroniche può apportare alla Comunità: infatti, nellibro, viene ribadita la necessità di una comunicazione migliore tra stato e cittadino (Amministrazione digitale) e diuna formazione continua.

Note[1][1] In inglese il concetto è espresso al singolare.

Bibliografia• Caperna A., Integrating ICT into Sustainable Local Policies. ISBN13:9781615209293 (http:/ / www. igi-global.

com/ bookstore/ Chapter. aspx?TitleId=43194)• Caperna A., Introduzione alla Information Communication Technology (http:/ / www. pism. uniroma3. it/

9-introduzione-alla-information-communication-technology-ict/ ), Università Roma Tre, Master in ProgettazioneSostenibile, Interattiva e Multimedialità

Tecnologie dell'informazione e della comunicazione 154

Voci correlate•• Telematica•• Società dell'informazione•• Economia della conoscenza•• Amministratore di rete•• Architettura telematica•• Assinform•• EUCIP•• Component Failure Impact Analysis

Collegamenti esterni• le TIC nella politica europea per l'energia (UE) (http:/ / europa. eu/ legislation_summaries/ energy/

european_energy_policy/ si0007_it. htm)• Padroneggiare le TIC per promuovere l'innovazione (UE) (http:/ / ec. europa. eu/ information_society/ tl/

research/ index_it. htm) (portale telematico della società dell'informazione in Europa)• TIC e processi di apprendimento: evoluzioni nell'uso delle tecnologie informatiche nelle scuole in Europa

(Eurydice) (http:/ / www. indire. it/ eurydice/ content/ index. php?action=read_cnt& id_cnt=704)• Warrant Group. UE: 10 raccomandazioni per le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) (http:/ /

wnews. warrantgroup. it/ it/ news/ tecnologie/4210-ue-la-strategia-post-2013-per-le-tecnologie-dellinformazione-e-della-comunicazione-tic. html)

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Marketing

Marketing

Argomenti di marketing

Concetti chiave

Prodotto / PrezzoPromozione / Distribuzione

Ricerche di mercato / Strategie dimarketing

Marca / Brand management

Promozione

Pubblicità / Sales promotionPersonal sales / Mailing

Pubbliche relazioni / Direct marketing

Promozione: media

Giornali / RivisteTelevisione / Radio

Argomenti correlati

Comunicazione / Economia aziendaleCustomer relationship management

Il marketing (termine inglese, spesso abbreviato in mktg), anche commercializzazione[1], mercatistica[2], è unramo dell'economia che si occupa dello studio descrittivo del mercato e dell'analisi dell'interazione del mercato edegli utilizzatori con l'impresa. Il termine prende origine dall'inglese market (mercato), cui viene aggiunta ladesinenza del gerundio per indicare la partecipazione attiva, cioè l'azione sul mercato stesso da parte delle imprese.Non comune l'uso dei termini in italiano mercatistica o mercatologia[3][4].Marketing significa letteralmente "piazzare sul mercato"Wikipedia:Uso delle fonti e comprende quindi tutte le azioniaziendali riferibili al mercato destinate al piazzamento di prodotti o servizi, considerando come finalità il maggioreprofitto e come causalità la possibilità di avere prodotti capaci di realizzare tale operazione finanziaria.

DefinizioniVengono riconosciuti tre tipi di marketing:• marketing analitico: studio del mercato, della clientela e dei concorrenti;• marketing strategico: è un'attività di pianificazione, tradotta in pratica da un'impresa, per ottenere, pur

privilegiando il cliente, la fedeltà e la collaborazione da parte di tutti gli attori del mercato.• marketing operativo: attiene invece a tutte quelle scelte che l'azienda pone in essere per raggiungere i suoi

obiettivi strategici.Diverse sono le definizioni possibili del marketing, a seconda del ruolo che nell'impresa viene chiamato a ricoprire inrapporto al ruolo strategico, al posizionamento dell'impresa nel suo ambito competitivo di mercato.La definizione principale viene da Philip Kotler, riconosciuto all'unanimità quale padre dei più recenti sviluppi della materia per i lavori apparsi dal 1967 al 2009, con l'ultimo lavoro nato dall'ultima crisi economica: Chaotics. Ma le

Marketing 156

origini del concetto di marketing hanno radici ben lontane. Con l'economista italiano Giancarlo Pallavicini, già nel1959, queste radici si accompagnano agli iniziali approfondimenti delle ricerche di mercato, costituenti, di fatto, iprimi strumenti di quello che divenne poi il marketing moderno, ripresi e sviluppati in un secondo tempo da PhilipKotler[5]

Giancarlo Pallavicini introduce, infatti, le seguenti definizioni:• Il marketing viene definito come quel processo sociale e manageriale diretto a soddisfare bisogni ed esigenze

attraverso processi di creazione e scambio di prodotto e valori. È l'arte e la scienza di individuare, creare e fornirevalore per soddisfare le esigenze di un mercato di riferimento, realizzando un profitto: delivery of satisfaction at aprice.

• Il marketing management consiste invece nell'analizzare, programmare, realizzare e controllare progetti voltiall'attuazione di scambi con mercati-obiettivo per realizzare obiettivi aziendali. Esso mira soprattutto ad adeguarel'offerta di prodotti o servizi ai bisogni e alle esigenze dei mercati-obiettivo ed all'uso efficace delle tecniche dideterminazione del prezzo, della comunicazione e della distribuzione per informare, motivare e servire il mercato.

Tuttavia sono state proposte anche altre definizioni. Citiamo in primo luogo quella di Russell Winer:

« Marketing: l'insieme delle attività che mirano a influenzare una scelta del consumatore o cliente. »

William Pride e O.C. Ferrel ne danno una definizione più globale:

« Marketing: processo di produzione, promozione, distribuzione (punto vendita) e determinazione del prezzo di beni,servizi o idee al fine di porre relazioni soddisfacenti con il cliente in un ambiente dinamico. »

In realtà, negli ultimi venti anni, il marketing ha subito una rapida e forte evoluzione che ha segnato la concezionestessa del marketing come ambito di ricerca. Tale tendenza è rintracciabile nell'evoluzione delle definizioni chel'American Marketing Association, l'organismo più autorevole nella ricerca di marketing al mondo, ha coniato negliultimi anni.Nel 1984, l'AMA Board, dava questa definizione:

(EN)« The process of planning and executing theconception, pricing, promotion and distribution ofideas, goods and services to create exchanges andsatisfy individual and organizational objectives »

(IT)« Il processo di organizzazione e di esecuzione del concepimento,della politica dei prezzi, delle attività promozionali e delladistribuzione di idee, beni e servizi per creare scambi commerciali esoddisfare gli obiettivi degli individui e delle organizzazioni. »

(AMA Board, 1985)

Questa visione è molto simile a quella finora descritta nelle precedenti definizioni. Negli ultimi anni, il marketing hainiziato invece ad abbandonare la prospettiva transazionale, per concentrarsi maggiormente sull'ottica relazionale. Ladefinizione più recente dell'AMA Board descrive infatti il marketing così:

(EN)« An organizational function and a set of processes forcreating, communicating, and delivering value to customersand for managing customer relationships in ways that benefitthe organization and its stakeholders. »

(IT)« Una funzione organizzativa ed un insieme di processi voltia creare, comunicare e trasmettere un valore ai clienti, ed agestire i rapporti con essi in modo che diano beneficiall'impresa ed ai suoi portatori di interesse. »

(AMA Board)

L'AMA ridefinisce ulteriormente il concetto di marketing nel Luglio 2013, poiché questa disciplina si sta spostandoverso nuovi orizzonti, Così viene descritta:Marketing is the activity, set of institutions, and processes for creating, communicating, delivering, and exchangingofferings that have value for customers, clients, partners, and society at large. (Approved July 2013)

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Ossia: Il Marketing è l'attività, insieme di istituzioni e processi per creare, comunicare, offrire e scambiare le offerteche hanno valore per i clienti, clienti, partner, e la società in generale.

Sviluppi del marketingPhilip Kotler distingue, nella storia economica recente, quattro strategie di approccio al mercato da partedell'impresa:• Orientamento alla produzione: in questo periodo, dalla Rivoluzione industriale fino alla metà del Novecento, il

mercato è caratterizzato da una predominanza della domanda sull'offerta dovuta al fatto che il cliente ha bisognopraticamente di tutto. Unica preoccupazione dell'imprenditore è ridurre i costi di produzione, azione giustificatasoprattutto nei mercati dove prevalgono beni commodity, e dove quindi si può vincere con la concorrenza diprodotto.

• Orientamento al prodotto: intorno agli anni '30 del Novecento l'impresa si concentra sulla tecnologia del prodotto,piuttosto che sul consumatore. Il rischio di questa strategia è la cosiddetta miopia di marketing (in inglesemarketing myopia), cioè non accorgersi che il fattore chiave di successo per un'azienda non è dal lato dell'offertama della domanda, cioè del bisogno o funzione che il cliente deve soddisfare (rendendo quindi vani gli sforzi persostenere un prodotto se esistono tecnologie alternative più comode/economiche/efficaci).

• Orientamento alle vendite: a partire dagli anni '50 e '60 del Novecento si cerca di vendere ciò che si produce. Èuna prospettiva di tipo inside-out, praticata soprattutto nel breve termine, e con prodotti/servizi a bassa visibilità(unsought goods), oppure in casi di sovrapproduzione, o ancora quando un mercato è saturo (e quindi vaconquistato con la forza vendita). Anche in questo caso il rischio è di capire poco cosa desidera il consumatorefinale.

• Orientamento al marketing: consiste nella comprensione dei bisogni del cliente, per produrre i beni e quindisoddisfarli. È una prospettiva di tipo outside-in, o anche pull (capire il mercato) anziché push (spingere sulmercato). Nasce alla fine degli anni novanta ed è in continuo sviluppo ancora oggi.

Lo sviluppo della funzione del marketing nelle imprese è parte di una strategia di mercato che viene definita"proattiva", dove l'impresa ha un ruolo propositivo nei confronti dei bisogni del mercato.Tuttavia, si può considerare come categoria a sé stante il progress marketing, basato sui nuovi media.

Ruolo del marketingIl marketing può rivolgersi ai consumatori, e in questo caso si parla di marketing B2C, (business to consumer,"dall'impresa al consumatore"), spesso definito semplicemente marketing; oppure, può rivolgersi al mercato delleimprese, e in questo caso prende il nome di marketing industriale o marketing B2B, (business to business, "daimpresa a impresa").Sono da citare anche il marketing dei servizi (compagnie aeree, catene alberghiere...) e il marketing istituzionale(fatto cioè da istituzioni). Di significato meno economico è il marketing politico, così come quello che le azienderiservano ai propri dipendenti e che viene comunemente definito, sebbene impropriamente, marketing B2E (businessto employee, "da impresa a dipendente").Questa attività pertanto può fungere da "interfaccia" tra l'impresa e il contesto esterno (insieme al settore vendite,import/export, pubbliche relazioni e altri), osservandone il comportamento e presidiando, almeno in parte, i flussiinformativi uscenti dall'impresa (voluti o non voluti), e incamerando le conoscenze provenienti dall'esterno; traqueste sono compresi i deboli segnali che consentono di comprendere, possibilmente in tempo utile, le modifiche almercato che si realizzeranno in un prossimo futuro.L'analisi della posizione competitiva dovrebbe essere diffusa nella direzione delle varie funzioni, ma spesso è lasciata al marketing, che utilizza modelli come le "5 forze di Porter" (teorizzate dal docente universitario statunitense Michael Porter), modelli analitici come la matrice del Boston Consulting Group o le 7S della McKinsey,

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le ricerche ed indagini di mercato e le segmentazioni del mercato.Il marketing è inoltre volto alla creazione del valore per il cliente, e uno dei suoi scopi è creare un posizionamentodella marca (brand) nella mente del consumatore attraverso tecniche di brand management. Le ultime tendenze sonovolte allo studio del marketing esperienziale, che abbraccia la visione del consumo come esperienza, in cui ilprocesso di acquisto si fonde con gli stimoli percettivi, sensoriali ed emozionali.

Piano di marketingIl piano di marketing è la pianificazione della strategia a livello corporate/aziendale, ed è diviso nelle seguenti fasi:1. Introduzione al piano: dove troviamo una sintesi manageriale chiamata Executive Summary, e i suoi

macro-obiettivi• Executive Summary è il riassunto manageriale del piano di marketing; apre il documento per mettere in risalto

i principali obiettivi di marketing e le linee guida d'azione pianificate e un breve estratto delle previsionieconomiche finanziarie.

• Mission e obiettivi di fondo mette in evidenza gli obiettivi di fondo che l'impresa vuole raggiungere nel brevee/o medio lungo periodo e che ispireranno la successiva analisi e pianificazione. La loro declinazione èpreceduta da alcuni riferimenti alla mission aziendale e ai valori dell'impresa, fonte d'ispirazione delle politichedi marketing strategico.

2. Analisi della situazione di marketing serve per fare il punto della situazione su quanto accade all'esterno eall'interno dell'imprea, è fondamentale perché racchiude in sé tutte le informazioni fondamentali per supportare lepianificazioni. È necessario effettuare un audit di marketing volto da un lato a mettere a fuoco gli obiettivi in cuigià opera e le forze operanti nell'ambiente di marketing; dall'altro a valutare il pregresso dell'impresa in termini diperformance.• Audit esterno: stabilire quali sono i confini di massima dell'azione di marketing dell'azienda; un altro aspetto

da considerare è il fattore di stagionalità dei mercati serviti. Per fare ciò è necessario avere un'approfonditaanalisi della domanda in modo tale da sapere i bisogni e il comportamento d'acquisto e d'uso dei clienti econsumatori; a ciò si collegano le Forze di marketing che sono forze economiche, forze sociodemografiche,forze tecnologiche e politiche e forze competitive.

• Audit interno: l'obiettivo è capire quali sono le risorse, le azioni e i risultati su cui l'azienda può sentirsiconfidente per il futuro. Per i piani di marketing che si riferiscono ai prodotti esistenti, il focus è sullecaratteristiche dell'offerta, del brand, sulle politiche di prezzo adottate, sulle scelte di comunicazione,distribuzione e vendita adottate. Nel caso di nuovi prodotti, le valutazioni si limitano a eventuali ricerche dimercato condotte a livello di concept test, alle risorse esistenti che potrebbero essere impiegate a supporto dellancio e del successivo sviluppo.

3. SWOT Analysis: si tratta di far fronte a fenomeni esterni che non dipendono direttamente dall'impresa, ma cheessa potrebbe sfruttare o arginare traendone un vantaggio competitivo. Bisogna, quindi, pianificare il futurotenendo conto delle possibili opportunità o minacce da cui difendersi che l'ambiente di marketing riservaall'azienda. L'identificazione delle opportunità e delle minacce ambientali costituisce la prima parte della SWOTAnalysis. La parte alta della matrice SWOT fa riferimento all'ambiente di marketing che circonda l'impresa;quella inferiore contiene le valutazioni riferite all'audit interno. In questo secondo caso l'utilità è di isolare iprincipali punti di forza e di debolezza competitiva che dovrebbero consentire all'azienda di far fronte alleminacce, e di sfruttare le opportunità di mercato. Inoltre la SWOT se ben utilizzata può aiutare a far comprenderele priorità aziendali e stabilire gli obiettivi di marketing.

4. Planning con questa fase il management è chiamato a definire concretamente i traguardi, definire il programmad'azione e pianificare il sistema di controllo delle perfomance di marketing.

• Gli obiettivi del marketing possono essere obiettivi economici, obiettivi competitivi e obiettivi relazionali. Nella formulazione degli obiettivi vi sono alcuni regole di fondo da adottare. Gli obiettivi dovranno essere

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mirati, rilevanti, misurabili e tempificati e realistici.• Programma d'azione pianificare un set d'azioni mirate, efficaci ed efficienti; evidenziare in modo chiaro il

legame esistente tra le evidenze delle analisi, della Swot, quindi degli obiettivi e delle azioni mirate per ciascuntarget di riferimento. In questa fase si affrontano il prodotto e la marca, le politiche di prezzo, i canalidistribuitivi e forza vendita, promozione e comunicazioni, il piano d'azione e infine le scelte di struttura.

5. Controlli di marketing All’interno del piano di marketing è presente uno spazio importante riservate alleprevisioni economiche-finanziarie: il budget, che fornisce un’indicazione del margine atteso, risultante dalcontrollo dei ricavi obbiettivo con le spese di marketing e vendite pianificate. Questa fase della pianificazioneconsente al management di valutare la reale fattibilità delle azioni di marketing previste e la sostenibilitàeconomica degli obbiettivi programmati.

Marketing: NamingPer comunicare efficacemente un prodotto o un servizio, il suo nome è spesso un fattore determinante del suopotenziale successo. La scelta del nome è un'operazione detta appunto naming (dall'inglese per "nominare"). Ilnaming ha la funzione di tracciare cognitivamente l'identità di marca verso i desideri, le esigenze e le richieste delconsumatore.Il naming è un'azione primaria nelle operazioni di brand management, risultato di un processo dove la strategia sitraduce in creatività nella forma di un nome. È infatti una delle attività del copywriting, svolta secondo un briefingche individua gli obiettivi di comunicazione del brand.

Marketing territorialeDi recente comprensione e sviluppo è il cosiddetto "marketing territoriale" (erroneamente confuso con il"geomarketing") che, quale attività strategica di sviluppo economico e sociale, si pone il prioritario obiettivo dianalizzare, comprendere, valorizzare e definire le strategie di sviluppo più consone per lo sviluppo di sistemieconomico produttivi locali. La prioritaria esigenza è quella di produrre una sostanziale evoluzione del comprensorioterritoriale in virtù delle specifiche caratteristiche espresse o latenti. Nell'era della globalizzazione, in altre parole, halo scopo di formulare una strategia di sviluppo competitivo organico per l'intero territorio accentuando l'attenzionesulle tipicità e le valenze dello stesso.Le fasi che precedono la definizione di un programma strategico di marketing territoriale sono:1. L'analisi del territorio e del suo sistema economico e sociale;2.2. L'individuazione delle caratteristiche e delle potenzialità espresse ed inespresse;3.3. La comprensione delle tipicità e delle valenze proprie del comprensorio;4.4. L'individuazione delle variabili e dei condizionamenti territoriali;5.5. L'individuazione dell'attuale potenziale specifico ed aggregato e di quello esprimibile dal territorio;6.6. L'individuazione del collocamento "merceologico" del comprensorio;La definizione del programma di marketing territoriale deve tenere conto:1.1. Dei soggetti pubblici e privati presenti sul territorio e delle loro specifiche competenze ed esigenze;2. Della necessità di produrre effetti positivi sia sul sistema economico locale che sull'intera società;3.3. Dalla necessità di sviluppare politiche di aggregazione operativa e funzionale tra i diversi soggetti coinvolti o

beneficiari delle attività;4.4. Della necessità di sviluppare progetti e programmi capaci di generare risultati strutturali e tangibili nel breve,

medio e lungo periodo;5.5. Dell'impossibilità di modificare sostanzialmente le attività in corso se non in termini evolutivi;6.6. Della necessità di valorizzazione, ristrutturazione, riconversione e riqualificazione di strutture o realtà non più

economicamente rappresentative o non utilizzate per il loro specifico potenziale;

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7.7. Dell'esigenza di produrre effetti economicamente rilevanti in considerazione della pluralità e peso dei soggetticoinvolti;

8.8. Del fattore tempo che impone scelte e decisioni in linea con l'evoluzione dei mercati.Il concetto di marketing territoriale non deve quindi essere frainteso con una semplice attività di natura promozionaleche invece dipende dalla definizione di piani strategici definiti e programmati a monte. Altro concetto moltoimportante afferente al marketing territoriale, che alcune teorie propongono, è la costituzione del Marchio d'Area,definito come l'individuazione di un'area territoriale che si impegna a progettare e realizzare una rete di servizi, siapubblici che privati, tra loro omogenei, coordinati e complementari, non sovrapponibili e non concorrenziali(esempio tipico è il marchio d'area "Salento d'Amare che vuole valorizzare la realtà del territorio salentino). Laproliferazione di tali marchi deve prescindere da una seria e profonda modifica delle politiche di promozione evalorizzazione nazionale necessarie per la maggiore comprensione delle valenze e specificità espresse dalle singolelocalità. Se è vero quindi che l’MdA si riferisce ad una precisa area geografica, che si identifica in alcunecaratteristiche che la rendono tipica, questa non può prescindere dalla piena comprensione di quanto il valore globalenazionale incida sulla definizione delle strategie e sui riscontri generabili dalle stesse. In tal senso, la definizione diun MdA presuppone l’identificazione chiara delle tipicità del territorio oggetto dell'analisi e le conseguenti azioni sutale territorio attuate in base alle sue tipicità al fine di valorizzare i vantaggi competitivi territoriali tipici di tale area.

Note[1] Cfr. a p. 594. il lemma '"'marketing" sul Nuovo dizionario Hazon Garzanti, inglese-italiano/italiano-inglese.[2] Vocabolario Treccani: mercatistica (http:/ / www. treccani. it/ vocabolario/ mercatistica/ )[3] Da "hoepli.it" (http:/ / dizionari. hoepli. it/ Dizionario_Italiano/ parola/ mercatistica. aspx?idD=1& Query=mercatistica& lettera=M)[4] Da "treccani.it" (http:/ / www. treccani. it/ Portale/ elements/ categoriesItems. jsp?pathFile=/ sites/ default/ BancaDati/ Vocabolario_online/

M/ VIT_III_M_070485. xml)[5] Oltre al lavoro di Pallavicini, e a fronte delle pubblicazioni degli anni recenti di Kotler, vi sono già negli anni '70 alcune opere di studiosi del

marketing; tra i principali autori va ricordato Luigi Guatri della Bocconi.

Bibliografia• Philip Kotler, Foundations of Marketing.• Philip Kotler, Marketing management, 2005• William Pride, O.C. Ferrel, Marketing, McGraw-Hill, 2005.• Gianni Cozzi, Giancarlo Ferrero, Principi ed aspetti evolutivi del marketing aziendale, Giappichelli Editore, 2004• William J. Stanton e Riccardo Varaldo, Marketing, Edizione Il Mulino• Giancarlo Pallavicini, Banche e ricerche di mercato, in "L'Economia", Università di Studi Sociali, Roma,

novembre 1959• B. Cova, A. Giordano; M, Pallera, Marketing non-convenzionale: Viral, guerrilla, tribal e i 10 principi

fondamentali del marketing postmoderno, 2008• J. Paul Peter, James H. Donnelly Jr., Carlo Alberto Pratesi, Marketing, McGraw-Hill, 2006

Marketing 161

Voci correlate•• Ambush marketing•• Brand management• Buzz marketing (o Passaparola)•• Consumerismo•• Customer relationship management•• Distribuzione commerciale•• Direct marketing•• Guerrilla marketing•• Geomarketing•• Giancarlo Pallavicini•• Philip Kotler•• Lead user•• Licensing•• Marca•• Market basket analysis•• Marketing fieristico•• Marketing immobiliare•• Marketing legale•• Marketing mix•• Marketing non convenzionale•• Marketing relazionale•• Marketing strategico•• Marketing territoriale•• Marketing tribale•• Marketing urbano•• Marketing virale•• Mass customization•• Mystery shopping•• Naming•• Network marketing•• Neuromarketing•• Personal branding•• Prezzo•• Prodotto (commercio)•• Promozione•• Proximity marketing•• Ricerca di mercato•• Search engine marketing•• Segmentazione (marketing)•• Semiomarketing•• Shopper-marketing•• Sportmarketing•• Spin doctor•• Visual marketing•• Web marketing•• Web marketing management

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•• Wrap advertising•• Yield management•• Welcome marketing•• Agenzia di rappresentanza

Altri progetti

• Wikiquote contiene citazioni di o su marketing• Wikizionario contiene il lemma di dizionario «marketing»

• Commons (http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Pagina_principale?uselang=it) contiene immagini o altrifile su marketing (http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:Marketing?uselang=it)

Collegamenti esterni• Marketing (http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ termine. php?id=6742) in Tesauro del Nuovo Soggettario (http:/ /

thes. bncf. firenze. sbn. it/ ), BNCF, marzo 2013.• Marketing (http:/ / www. dmoz. org/ Business/ Marketing_and_Advertising/ ) in Open Directory Project,

Netscape Communications. ( Segnala (http:/ / www. dmoz. org/ public/ suggest?cat=Business/Marketing_and_Advertising/ ) su DMoz un collegamento pertinente all'argomento "Marketing")

• smartdefine.org - marketing abbreviations (http:/ / www. smartdefine. org/ marketing/ abb)

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Brand management 163

Brand management

Argomenti di marketing

Concetti chiave

Prodotto / PrezzoPromozione / Distribuzione

Ricerche di mercato / Strategie dimarketing

Marca / Brand management

Promozione

Pubblicità / Sales promotionPersonal sales / Mailing

Pubbliche relazioni / Direct marketing

Promozione: media

Giornali / RivisteTelevisione / Radio

Argomenti correlati

Comunicazione / Economia aziendaleCustomer relationship management

Il brand management è l'applicazione delle tecniche di marketing a uno specifico prodotto, linea di prodotto o marca(brand). Lo scopo è aumentare il valore percepito da un consumatore rispetto a un prodotto, aumentando di riflesso ilbrand equity (valore del marchio o patrimonio di marca). Gli operatori del marketing vedono nella marca la"promessa" implicita di qualità che il cliente si aspetta dal prodotto, determinandone così l'acquisto nel futuro.Si considera che il brand management sia una disciplina nata alla Procter & Gamble come risultato di un famosopromemoria di Neil H. McElroy.Un giusto brand management genera un aumento delle vendite, rendendo il prodotto più appetibile rispetto a quellidella concorrenza. Il brand equity è determinato dall'extra profitto che genera per l'impresa grazie all'utilizzo delmarchio.

Scelta del brand nameUn brand di successo ha le seguenti caratteristiche:•• facile da pronunciare•• facile da ricordare•• facile da riconoscere•• facile da tradurre•• suggerisce un riferimento all'immagine aziendale•• attira l'attenzione•• suggerisce caratteristiche e benefici del prodotto• distingue il posizionamento del prodotto rispetto alla concorrenza•• registrabile legalmente

Brand management 164

Tipologie di brandEsistono diversi tipi di brand, ciascuno dotato di caratteristiche molto diverse.•• In riferimento all'ampiezza del portafoglio prodotti a cui si riferiscono:

• mono brand: usato per uno o pochi prodotti, e quindi evocante determinate caratteristiche funzionali delprodotto a cui si riferisce.

• family brand: riferito a molti prodotti, e che quindi richiama non caratteristiche specifiche (dato che esse sonodiverse per ogni prodotto della "famiglia"), ma situazioni emotive o valori astratti.

•• A seconda della distanza dall'identità aziendale:• corporate brand: usato sia per i prodotti, sia per richiamare l'immagine dell'azienda e le sue competenze

distintive (di solito il marchio stesso dell'azienda).• furtive brand: distante dall'identità aziendale, riferibile solo a determinati prodotti.

•• Tipologie "ibride":• brand endorsed: incorpora due marchi appartenenti a due diverse tipologie tra quelle sopra citate. Un esempio

è il brand "Mulino Bianco Barilla", che incorpora sia il corporate brand (Barilla) che il family brand (MulinoBianco).

• brand individuali: brand diversi per ogni prodotto.I prodotti di largo consumo, reperibili nella grande distribuzione organizzata, non usano praticamente mai corporatebrands: questi sono impiegati in settori dove i prodotti sono poco o per nulla diversificati, rendendo così sufficientel'utilizzo del marchio aziendale (si pensi ai distributori di carburante: Agip, Erg...).Al contrario, nei supermercati, se si escludono corporate brands come Coca-Cola o Pepsi, è più facile trovare furtivebrands. La birra Kronenbourg, ad es., è un brand furtive mono: mono perché identifica solo quel bene, furtive perchéil marchio dell'azienda proprietaria appare solamente in ridottissime dimensioni sul retro della bottiglia.Esempi di brand furtive family sono invece i prodotti Findus, un ampio portafoglio di prodotti, sulle cui confezioninon si trova però il logo Unilever.•• Altri tipi di brands:

• premium brand: riferito a prodotti più costosi rispetto ad altri della stessa categoria (es. nel mercato delcioccolato, Lindt è considerato un premium brand rispetto a Milka, Novi...).

• economy brand: rivolto a un segmento di mercato caratterizzato da alta elasticità di prezzo.• fighting brand: lanciato per contrastare una minaccia della concorrenza.• value brand: quanto una ditta e suoi prodotti è riconosciuta e popolare rispetto alla sua concorrenza.

Politiche di branding

Decisioni di marcaIn primo luogo, un produttore può decidere di vendere senza marca, nel caso di prodotti generici (come il sale),oppure applicare un marchio.In questo secondo caso, le tre strategie fondamentali riguardano l'utilizzo di:• marca industriale: è il marchio del produttore stesso.• marca commerciale: è il marchio di un privato, del rivenditore o del distributore.• brand licensing: vendita dei diritti all'utilizzo di un marchio, per l'uso su un prodotto non concorrente o per una

diversa area geografica.• co-branding: applicare a un prodotto brand di due diverse imprese, per unirne i target di clientela (es. Citroen C2

Deejay, Peugeot 206 Sweet Years).

Brand management 165

Strategie di marcaIn secondo luogo, è compito del brand manager decidere quale strategia seguire, a seconda del rapporto tra la marca(nuova o preesistente) e la categoria del prodotto (nuova o preesistente).Le strategie di marca sono:• line extension (estensione della linea): utilizzo di uno stesso brand di successo, per introdurre nuovi prodotti in

una linea di prodotto preesistente (cioè il brand rimane lo stesso, ma si "estende" la linea)• brand extension (estensione della marca): uso di un brand di successo, per lanciare nuovi prodotti in nuove linee

(cioè si "estende" l'uso di un marchio ad altri prodotti)• multi brands (marche multiple): sviluppo di uno o più nuovi brands, per lanciare prodotti in una linea

preesistente ("multi" perché una stessa linea include più di un marchio)• new brands (nuove marche): sviluppo di nuove marche per nuovi prodotti in nuove categorie.

Architettura di marcaIn terzo luogo è necessario definire la struttura che organizza il portfolio dei brand detenuti dall'Impresa,stabilendone i ruoli e le relazioni reciproche sulla base delle esigenze competitive di medio e lungo termine.Un'architettura di marca efficace e armonica rende più cristallina l'offerta e favorisce sinergie tra i marchi gestiti.Esistono 3 tipi fondamentali di architettura di marca:• Unitary brand: l'impresa si presenta con la stessa marca, e quindi lo stesso insieme di valori, in tutti i mercati cui

opera, anche quando essi appartengono a settori merceologici molto eterogenei (es. Apple, Nike, Sony, Virgin,Kodak)

• Sub-branding: l'impresa associa alla marca corporate una marca di livello inferiore che identifica uno specificoprodotto o una versione del prodotto sviluppata ad hoc. Questa nuova marca permette di attribuire nuove equityalla marca di origine, la quale però deve avere tra le sue potenzialità i valori che la sub-brand esplicita (es. Nestlé:Nestea, Nescafé; Nivea: Nivea Body, Nivea Sun). È un'architettura consigliata nei casi in cui l'Impresa presentaun'elevata differenziazione all'interno dell'offerta per contenuti/target/distribuzione e un'elevata coerenza inrelazione alla tipologia merceologica e ai mercati.

• Brand Endorsement: questo tipo di architettura prevede la presenza di marche forti e indipendenti sostenute dauna master brand garante dell'offerta, con un ruolo meno diretto e più secondario rispetto al sub-branding. Il brandendorsement ha inoltre il vantaggio di consentire l'impiego discrezionale del corporate brand in funzione delprofilo e del ruolo strategico di ogni singolo mercato. (es. Barilla: Mulino Bianco, Ferrero: Nutella)

• House of Brands: ogni singola marca del portfolio vive in modo completamente autonomo, identificando un soloprodotto/linea e comunicando una promessa specifica (es. P&G: Ariel, Dash, Ace; Unilever: Svelto, Coccolino,BioPresto). Questa architettura di marca permette di dominare nicchie di mercato attraverso posizionamenti basatisu specifici benefici funzionali, e semplifica i processi di acquisizione di nuovi brand.

ComponentiIl processo di Brand Management è caratterizzato dalle seguenti componenti:• Brand Identity: insieme di elementi espressivi utilizzati dall'azienda per veicolare le credenziali di una marca,

corrisponde a ciò che l'azienda vuole trasmettere al mercato;• Brand Awareness: attività, generalmente di tipo comunicativo, che permettono di aumentare la conoscenza del

brand nel mercato;• Brand Image: come la marca viene percepita dalla clientela, può non corrispondere all'identità che l'azienda ha

costruito;• Brand Positioning: posizionamento del Brand rispetto alla concorrenza;• Brand Loyalty: fedeltà dei consumatori nei confronti di un determinato brand;

Brand management 166

• Brand Equity: valorizzazione della marca;

Voci correlate•• Marca•• Marketing•• Modelli di branding•• Prezzo•• Prodotto (commercio)•• Personal branding

Bibliografia• Carmi, E. (2009). Branding. Una visione Design Oriented. Milano: Fausto Lupetti Editore.• Christian Chizzoli, Quali marche domani? Nuove tendenze nella gestione del brand portfolio. Il caso Danone, in

Economia & Management, Etas, n. 2/2002.• AA. VV., Brand Management, Egea, 2006.

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Personal brandingL'espressione personal branding (mutuata dalla lingua inglese) indica la capacità di promuovere se stessi, al fine diessere gradito o comunque appetibile nei confronti di una comunità di consociati, con modalità simili a quantoavviene in campo economico, con i prodotti commerciali.A differenza di altre discipline di miglioramento personale, il personal branding suggerisce di concentrarsi oltre chesul valore anche sulle modalità di promozione.

Origine del termineIl termine viene comunemente fatto risalire ad un articolo del 1997 di Tom Peters, sebbene di self-branding e brandindividuale se ne parli nel libro del 1980 "Positioning: The Battle for your Mind", scritto da Al Ries e Jack Trout.

CaratteristicheIl Personal Branding è un processo attraverso cui un’azienda o una persona definisce i punti di forza (conoscenze,competenze, stile, carattere, abilità, ecc.) che la contraddistinguono in modo univoco, creando un proprio marchiopersonale, che comunica poi nel modo che reputa più efficace. Il Personal Branding adotta le tecniche utilizzate dalMarketing per promuovere i prodotti commerciali e le adatta per la promozione dell’identità delle singole persone odelle aziende (piccole imprese o aziende personali).I vantaggi che il personal Branding apporta sono individuabili nella capacità di contraddistinguersi, come ad esempioaumentando la propria visibilità o la propria credibilità come esperto in un settore, attraverso l’uso dei nuovi media.Il Personal Branding sta acquisendo un’importanza crescente nel Web2.0 e nei Social Media: se prima si costruival’immagine di un Brand valutando solamente i pro e i contro, ora occorre generare una forza, in grado di influenzarepositivamente le persone con cui si è in contatto; creare una relazione duratura e a due vie con il proprio pubblico,tale da rafforzare e addirittura, molto spesso, migliorare il proprio Brand e attrarre nuove opportunità professionali.

Personal branding 167

Note

Riferimenti bibliografici• Agostini A., De Nardis A., La tua reputazione su Google e i Social Media, Milano, Hoepli, 2013• Centenaro L. e Sorchiotti T., Personal Branding, Milano, Hoepli, 2010

Voci correlate•• Marca•• Marketing•• Brand management•• Brand equity•• E-reputation•• Check up reputazionali

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Modelli di brandingL'espressione modelli di branding identifica i diversi tentativi che, a partire dagli anni '70, hanno cercato di definiree formalizzare in modo più o meno univoco il concetto di marca (in inglese, brand), ossia l'insieme degli attributitangibili e intangibili che, sintetizzati in un segno (il marchio), rappresentano e caratterizzano un'Azienda, unprodotto e/o un servizio, allo scopo di renderli rilevanti e distintivi per il consumatore.Nel corso degli anni numerosi economisti, cognitivisti, semiologi e pubblicitari hanno cercato di imbrigliare ilconcetto di "marca" all'interno dei rispettivi paradigmi. I risultati hanno evidenziato un notevole disaccordo su qualisiano gli elementi costitutivi della brand e su come interagiscano tra loro. Come la maggior parte dei fenomeni dicomunicazione, infatti, il concetto di "marca" racchiude al proprio interno istanze relative a discipline anche moltoeterogenee (semiotica, psicologia, sociologia, economia, marketing, design etc.), e lo studio delle sue componenticostitutive, della sua organizzazione interna e dei suoi principi di funzionamento è difficilmente riconducibile ad ununico paradigma interpretativo. Negli ultimi anni lo studio dei fenomeni relativi alla marca si è quindi spintoprogressivamente verso un approccio multidisciplinare, nel tentativo di valorizzare gli apporti di ciascuna disciplinae mantenere al tempo stesso una visione ad ampio spettro.

Tipologia dei modelli di brandingÈ possibile suddividere i diversi modelli di branding all'interno di tre categorie principali: modelli di stato, modellidi gestione, modelli di valutazione. In ogni caso, e nonostante alcuni modelli rientrino pienamente all'interno di talicategorie, la suddivisione è da considerarsi puramente teorica, poiché la maggior parte delle modellizzazionitrascende tali categorie, spesso integrandone strumenti, prospettive e finalità.Modelli di stato

Sono catalogate come modelli di stato tutte le elaborazioni teoriche che si pongono come obiettivo principalel'identificazione delle componenti costitutive della marca, la determinazione del loro ordine gerarchico e lacomprensione dei rapporti di relazione in cui si trovano.

Modelli di gestione

Modelli di branding 168

Anche i modelli di gestione identificano le componenti della brand e i vari parametri ad essa legati, ma da unaprospettiva maggiormente orientata al pragmatismo, alle regole di funzionamento e di gestione della marca.

Modelli di valutazioneI modelli di valutazione hanno come scopo principale la quantificazione del valore economico di una brand edella sua forza sul mercato. Rispetto ai modelli di stato e di gestione, particolarmente attenti agli aspettiqualitativi della marca, i modelli di valutazione tendono ad essere maggiormente marketing-oriented e afondarsi su tecniche di analisi statistica.

I principali modelli di brandingStar Strategy (J. Séguéla)

Il modello della Star Strategy, elaborato da Jacques Séguéla in aperto contrasto con il modello operativo dellacopy strategy, ha il merito storico di aver aperto il dibattito sul brand come istanza specifica e non come meroriflesso della strategia di advertising. Utilizzando una metafora antropologica, la Star Strategy considera ilprodotto come un individuo avente un corpo, un carattere in grado di connotarlo e uno stile in grado disuscitare desiderio. Secondo Sèguèla, questo vale anche per le marche.

Modello cognitivista (K. Keller)Modello sviluppato da Kevin Keller, focalizzato sul ruolo del consumatore e sulla conoscenza che egli ha dellamarca. Secondo Keller l'identità di marca è generata dagli elementi che costituiscono la sua notorietà e la suaimmagine presso i pubblici finali, ossia brand awareness e brand image.

Rosone di marca (M. C. Sicard)Marie-Claude Sicard vede la brand come il risultato di un equilibrio instabile tra sette variabili: spazio, fisico,tempo, progetto, relazione, posizione, norme. La marca così costituita è caratterizzata da evoluzione costante,apertura e reattività agli stimoli provenienti dal contesto sociale, culturale ed economico.

Brand Asset Valuator (Young & Rubicam)Modello di valutazione del valore della brand, sviluppato dall'agenzia pubblicitaria Young & Rubicam. Questomodello misura il valore della marca attraverso quattro fattori principali: differenziazione, rilevanza, stima,familiarità. La differenziazione e la rilevanza sono indicative del potenziale di espansione (vitalità dellabrand), mentre la stima e la familiarità determinano l'attuale potere di una marca (statura della brand).Un'indagine basata sul Brand Asset Valuator (BAV) viene eseguita annualmente e contiene dati su circa2.000 marchi per ogni rilevazione. È basata sull'opinione di oltre 400.000 intervistati in 48 paesi.

Cerniera di marca (J. M. Floch)Il modello, elaborato da Jean-Marie Floch, analizza le manifestazioni di marca operando una distinzione tra"piano dell'espressione" (colori, materiali, gusti, odori, profumi, suoni, tatto etc.) e "piano del contenuto"(valori, temi, promesse, associazioni etc.). Ciascuno dei due piani è a sua volta suddiviso in una componentevariabile e una componente invariabile. L'identità della marca è fondata sulla dialettica tra le componentiinvariabili dei due piani, definite etica di brand ed estetica di brand.

Modello progetto/manifestazioni (A. Semprini)Secondo il modello teorizzato dal semiologo Andrea Semprini, la costruzione dell'identità della brand inizia con un progetto che definisce la strategia di marca e, soprattutto, propone un orizzonte di senso pertinente, significativo e sensato rispetto alle aspettative del target. L'identità di marca è quindi suddivisibile in diversi livelli: un livello profondo costituito da un numero limitato di valori fondamentali, un livello intermedio in cui i valori si presentano organizzati in racconti e narrazioni (es. seduzione, minaccia, incoraggiamento, ricompensa etc.) e un livello discorsivo in cui valori e narrazioni sono arricchiti dalle figure del mondo (oggetti, forme, colori, personaggi etc.). Semprini infine riconosce un ruolo anche al contesto sociale, politico

Modelli di branding 169

ed economico, poiché influisce nella ricezione e interpretazione delle manifestazioni di marca da parte deipubblici.

Modello Interbrand (Interbrand)Il modello Interbrand parte dall'assunto che il valore di una brand non si può rilevare analizzandola inmaniera globale, ma è necessario incentrare l'analisi sui diversi segmenti di target. Il valore complessivo di unamarca dipende da quello dei singoli segmenti. Il valore d'ogni singolo segmento deriva dalla moltiplicazionetra il valore effettivo del brand (composto dagli elementi tangibili e intangibili) e il valore potenziale,ponderando il tutto per il rischio d'investimento.

Modello di Aaker e JoachimsthalerModello implementato da David A. Aaker e E. Joachimsthaler secondo il quale l'identità della marca, i suoisignificati ed i valori di cui è portatrice, costituiscono una cornice di senso che si estende fino a determinarel'identità dei prodotti ad essa associati, mediandosi con le loro caratteristiche intrinseche.

Modello della Leo Burnett Brand Consultancy (L. Burnett)Secondo questo modello della Leo Burnett, l'identità di brand corrisponde a ciò che l'impresa riesce atrasmettere al mercato, e si definisce attraverso i suoi scopi (obiettivi), le sue funzioni (cos'è e cosa fa), la suaimmagine/personalità (com'è percepita) e le sue differenze dalla concorrenza (come si distingue).

Modello di Upshaw (L. B. Upshaw)Il modello di Lynn B. Upshaw distingue due livelli fondamentali della brand: la brand essence (nocciolo durodell'identità di marca, risultato dell'interazione tra personalità di marca e posizionamento di marca), e la totalbrand identity (riverbero della brand essence, all'interno del quale rientrano nome della brand, logotipo esistema grafico, comunicazioni di marketing, strategie di vendita, promozioni e performance di prodotto).

Modello di Brun e Rasquinet (M. Brun, P. Rasquinet)Secondo Monique Brun e Philippe Rasquinet non si può parlare di brand identity, ma solamente di brandimage, ossia di identità attribuita dai consumatori. Questo modello inscrive la brand image all'interno di untriangolo equilatero, ai cui vertici troviamo la realtà dell'impresa, l'ambiente sociale e la strategia.

Prisma d'identità (J. N. Kapferer)Secondo Jean-Noel Kapferer l'identità di marca è costituita da 6 elementi: fisico (le caratteristiche oggettivedella marca, cosa offre), personalità (il carattere della marca), relazione (lo scambio simbolico di contenuti esignificati legati alla marca), cultura (di cui la marca è espressione), immagine riflessa (il tipo di target cheviene associato alla marca), auto-immagine (come il target percepisce sé stesso).

Dimensioni della personalità di marca (J. Aaker)Il modello teorizzato da Jennifer Aaker, utilizzando un'analogia antropologica, descrive e misura la personalitàe il profilo di una marca attraverso cinque dimensioni centrali, ciascuna divisa in una serie di aspetti: sincerità(semplice, onesta, sana, allegra), eccitamento (audace, animata, immaginativa, aggiornata), competenza(affidabile, intelligente, di successo), sofisticazione (di categoria superiore, di charme) e natura rude (aperta,dura).

Modello di branding Carmi e Ubertis (E. Carmi)Modello qualitativo di gestione della marca, secondo il quale una brand governance coerente ed efficacerichiede l'elaborazione di una strategia unitaria, ossia una design strategy in grado di coordinare e organizzarein modo efficiente ed efficace tutte le manifestazioni della marca, che il modello suddivide in base agli ambitidi pertinenza e d'applicazione (corporate design, packaging design, space design, editorial design).

La marca come punto di contatto (J. Blythe)Jim Blythe interpreta la brand come un punto di contatto tra impresa e consumatori. La marca riceve dall'azienda degli input (prodotto, luogo, prezzo, promozione, persone, processo, evidenza fisica), che elabora

Modelli di branding 170

in output verso il consumatore (immagine, qualità, costo, performance attesa, differenziazione daiconcorrenti).

Bibliografia•• Aaker, D., Joachimsthaler, E. (2001). Brand Leadership. Milano: Franco Angeli.•• Blythe, J. (2006). Fondamenti di marketing. Pearson Education Italia•• Brun, M., Rasquinet, P. (1996). L'identité visuelle de l'enterprise. Paris: Ed. d'Organisation.•• Carmi, E. (2009). Branding. Una visione Design Oriented. Milano: Fausto Lupetti Editore.•• Ciocca, C. (2004). Total Brand Experience. Teorie, processi ed organizzazione per la costruzione dell'azienda

marca. Milano: Franco Angeli•• Fabris G., Minestroni L. (2004). Valore e valori della marca. Milano: Franco Angeli.•• Floch, J. M. (2002). Semiotica, Marketing e Comunicazione. Dietro i segni, le strategie. Milano: Franco Angeli•• Kapferer, J. N. (2000). Les marques à l'épreuve de la pratique. Paris: Ed. d'Organisation•• Keller, L. K. (1998). Strategic Brand Management. Upper Saddle River: Prentice Hall.•• Marrone, G. (2007). Il discorso di marca. Modelli semiotici per il branding. Bari: Laterza•• Minestroni, L. (2010). Il Manuale della marca. Consumatore, cultura, società. Bologna: Logo Fausto Lupetti•• Séguéla, J. (1982). Hollywood lave plus blanc. Paris: Flammarion.•• Semprini, A. (1993). Marche e mondi possibili. Un approccio semiotico al marketing della marca. Milano: Franco

Angeli.•• Semprini, A. (2006). La marca postmoderna: potere e fragilità della marca nelle società contemporanee. Milano:

Franco Angeli.•• Sicard, M. C. (2001). Ce que marque veut dire. Paris: Ed. d'Organisation•• Upshaw, L. B. (1995). Building brand identity. New York: Wiley.

Voci correlate•• Brand•• Branding•• Brand awareness•• Brand essence•• Brand governance•• Brand identity•• Brand image•• Brand management•• Identità di marca•• Marca•• Strategia di marca

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Neuromarketing 171

NeuromarketingIl neuromarketing è una branca di riferimento delle cosiddette "neuroeconomie", ed indica una recente disciplinavolta all'individuazione di canali di comunicazione più diretti ai processi decisionali d'acquisto, mediante l'utilizzo dimetodologie legate alle scoperte delle Neuroscienze. È una disciplina che fonde il marketing tradizionale (economia)con neurologia (medicina) e psicologia (scienze comportamentali) e si prefigge di individuare cosa accade nelcervello delle persone in risposta ad alcuni stimoli relativi a prodotti, marche o pubblicità con l’obiettivo dideterminare le strategie che spingono all’acquisto.[1] L'interessamento del sistema nervoso centrale, ed in particolarmodo delle zone cerebrali attive durante la creazione del processo decisionale, sono all'origine della composizionedel nome, coniato da Ale Smidts nel 2002[2].

Metodologie di studioIl neuromarketing è strettamente legato all'utilizzo di tecniche di visualizzazione dell'attività cerebrale attraversosistemi di risonanza elettromagnetica funzionale (fMRI, Functional Magnetic Resonance Imaging) o dielettroencefalografia (EEG), per comprendere cosa effettivamente accada a livello neurocognitivo in risposta adeterminati stimoli emozionali, spesso con finalità promozionali o pubblicitarie, al fine di determinare il livello diefficacia della comunicazione presa in esame.L'efficacia dei risultati è perseguita attraverso:•• l'utilizzo di determinate tecniche di comunicazione nei messaggi,•• la forte personalizzazione dei messaggi in base al cliente obiettivo,•• la verifica con focus group di appartenenti al target cliente,•• la triangolazione dei dati raccolti attraverso altre metodologie.

FinalitàGli studi sul neuromarketing hanno la finalità di comprendere quali siano i meccanismi di decisione d'acquisto deiprodotti, per comprendere "cosa ci porta all'acquisto"[3], e non hanno alcuna relazione con la comunicazionesubliminale, vietata proprio in virtù della scorrettezza nei confronti dell'acquirente. Le aziende hanno cominciato ainteressarsi al neuromarketing a causa dell’inadeguatezza dei metodi usati tradizionalmente per determinare imeccanismi di preferenza e di decisione degli acquirenti: i vecchi metodi, infatti, spesso trascurano aspetti moltoimportanti come le emozioni e i ricordi.

Note[1] Dal sito www.synapsy.it (http:/ / www. synapsy. it/ neuromarketing/ )[2] Shiv, B., Bechara, A., Levin, I., Alba, JW, Bettman, JR, Dube, L., Isen, A., Mellers, B., Smidts, A., Grant, SJ, & McGraw, AP (2005).

Decision Neuroscience. Marketing Letters, 16 (3/4), 375-386.[3] September 18th, (2006) “What Makes Us Buy?” By Thomas K. Grose, Time Magazine.

Voci correlate•• Neurostatistica•• Programmazione neuro linguistica•• Risonanza magnetica funzionale

Neuromarketing 172

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Marketing strategico

Argomenti di marketing

Concetti chiave

Prodotto / PrezzoPromozione / Distribuzione

Ricerche di mercato / Strategie dimarketing

Marca / Brand management

Promozione

Pubblicità / Sales promotionPersonal sales / Mailing

Pubbliche relazioni / Direct marketing

Promozione: media

Giornali / RivisteTelevisione / Radio

Argomenti correlati

Comunicazione / Economia aziendaleCustomer relationship management

Il marketing strategico si basa sull'analisi dei bisogni degli individui e delle organizzazioni. Questo primo aspettodel processo di marketing riguarda anzitutto l'individuazione, all'interno del mercato di riferimento, deiprodotti-mercato e dei segmenti già esistenti o potenziali. Di questi il marketing strategico misura l'attrattività intermini quantitativi, qualitativi (con riferimento all'accessibilità al mercato) e dinamici (con riferimento alla durataeconomica che è rappresentata dal ciclo di vita del prodotto).Tali operazioni consentono di scegliere una strategia di sviluppo che colga le opportunità esistenti sul mercato(rappresentate sostanzialmente da bisogni insoddisfatti) e che, tenga conto delle risorse e competenze dell'impresa,offrendo alla stessa un potenziale di crescita e di redditività attraverso l'acquisizione ed il mantenimento di unvantaggio competitivo.Marketing strategico e Gestione dell'Innovazione sono due attività particolarmente interrelate. Per creare un Teamd’Innovazione all’interno di un contesto aziendale, è necessario che questo sia correttamente amalgamato con altrefunzioni aziendali, che vanno dal Marketing Strategico al Team di R&D a seconda delle finalità e dei task che lostesso Team deve portare a termine.La figura di un Chief Marketing Officer (CMO) che inglobi sotto di sé un Innovation Team o singoli ProductManagers, valutati anche sulla capacità d’innovazione e di creazione di nuove features, è la soluzione capace digarantire i migliori risultati.[1]

Marketing strategico 173

Note[1] Blog I have an iDEa! (http:/ / lucadefelice. com/ blog/ 2008/ 02/ 04/ cxo-no-grazie/ )

Voci correlate•• Cluster analysis•• Vantaggio competitivo•• Cool hunting

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Marketing urbanoIl marketing urbano è uno strumento specifico ed importante per la gestione strategica di una città.Diversi sono i settori in cui può essere applicato: la progettazione di beni e servizi urbani; la creazione di incentiviper gli utenti dei servizi offerti; il miglioramento dell’accesso ai servizi urbani; la promozione dei valori edell’immagine della città per farne conoscere i vantaggi ai potenziali utenti; ecc.Fondamentale per il successo di tale politica è la cooperazione dei vari soggetti che, direttamente o indirettamente,sono coinvolti nella gestione della città: l’amministrazione comunale, gli enti pubblici, le società e le imprese private,i cittadini. Ciascuno di tali soggetti deve lavorare congiuntamente agli altri per raggiungere l’obiettivo prestabilitoperché una efficiente gestione urbana non può essere realizzata se non tenendo conto degli interessi, dei suggerimentie degli orientamenti di tutti gli attori coinvolti.Per determinare la riuscita di un progetto di riqualificazione e/o di rivitalizzazione promosso dalla pubblicaamministrazione è necessario utilizzare un linguaggio comprensibile dai vari attori coinvolti, soprattutto daglieventuali investitori privati, la cui presenza è fondamentale all’interno dei programmi complessi. Un abile promotorepubblico riesce non solo a mobilitare risorse pubbliche di diversa provenienza (regionali, nazionali, europee) maanche ad attrarre le risorse e i capitali privati.Per stimolare il consenso e la partecipazione della popolazione e di tutti gli attori che potrebbero essere coinvolti inun progetto che investe la città (soprattutto nelle realtà socio-economiche più povere dove a volte può essere difficileattrarre i finanziamenti privati), può costituire un valido aiuto la messa a punto di iniziative volte all’avvio delleoperazioni di marketing urbano, sperimentate già in molte città europee e più recentemente anche in molti comuniitaliani, soprattutto nell’ambito delle politiche di recupero e rivitalizzazione dei centri storici.

Collegamenti esterni• Jean Bouinot, "Urban marketing", negli atti della conferenza internazionale a cura di CLAER Urban

management, statute and co-operation, Losanna (Svizzera), 19-20 aprile 1996, Studies and texts, n. 55, pp. 41-61[1].

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Note[1] http:/ / books. google. com/ books?id=sQ_QBLW8UWIC& pg=PA41& lpg=PA41& dq=what+ is+ %22urban+ marketing%22+ University&

source=bl& ots=2cm88h6AXt& sig=bFL1zCoFvubHEQmwfbAF_3O-1qE& hl=it& ei=1kiFS6LhGKHumgPTpry1Aw& sa=X&oi=book_result& ct=result& resnum=2& ved=0CAoQ6AEwAQ#v=onepage&q=what%20is%20%22urban%20marketing%22%20University& f=false

Return on investment 174

Return on investmentIl return on investment (o ROI, tradotto come indice di redditività del capitale investito o ritorno sugliinvestimenti) indica la redditività e l'efficienza economica della gestione caratteristica a prescindere dalle fontiutilizzate: esprime, cioè, quanto rende il capitale investito in quell'azienda.

dove per Risultato operativo si intende il risultato economico della sola Gestione Caratteristica (v. Contoeconomico), mentre per Capitale Investito Netto Operativo si intende il totale degli impieghi caratteristici al nettodegli ammortamenti e degli accantonamenti, ossia l'Attivo Totale Netto meno gli Investimenti Extracaratteristici(investimenti non direttamente afferenti all'attività aziendale, ad esempio immobili civili)Wikipedia:Uso delle fontiI maggiori difetti di tale indice sono:• il ROI aumenta con il semplice susseguirsi degli esercizi. Ciò perché l'ammortamento cresce di anno in anno

riducendo la base contabile; anche se ci si aspetta che l'azienda ponga in essere Capex necessari a reintegrarel'obsolescenza fisiologica degli asset.

•• al denominatore abbiamo un fondo, mentre al numeratore c'è un flusso: per rendere le due componenti omogeneeè consigliabile utilizzare la semisomma del capitale investito all'inizio del periodo considerato e quello alla fine.

Per poter giudicare questo indice bisogna confrontarlo con il costo medio del denaro: se il ROI è inferiore al tassomedio di interesse sui prestiti (il debito), la remunerazione del capitale di terzi farebbe diminuire il Return on equity(ROE), si avrebbe cioè una leva finanziaria negativa: farsi prestare capitali porterebbe a peggiorare i contidell'azienda. Viceversa, se il ROI dell'azienda è maggiore del costo del denaro preso a prestito (il debito), farsiprestare denaro e usarlo nell'attività produttiva porterebbe ad aumentare i profitti e migliorare i conti.L'analisi del ROI può essere ulteriormente approfondita scomponendo l'indice nei seguenti fattori:

dove il ROS è il return on sales, mentre il ROT è il tasso di rotazione del capitale investito.Tale scomposizione del ROI nelle sue determinanti fondamentali, consente di valutare se le variazioni di tale indicesono dovute ad una modificazione del tasso di redditività sul venduto (ROS) o se si è modificato il tasso di rotazionedel capitale investito (ROT).

Note

Bibliografia• Charles T. Horngren, Gary L. Sundem, William O. Stratton, Programmazione e controllo (http:/ / books. google.

it/ books?id=MnHJGUerE64C& client=firefox-a& source=gbs_navlinks_s), Pearson Paravia Bruno Mondad,2007, ISBN 88-7192-292-1.

• (EN) G. Thomas Friedlob, Franklin James Plewa, Understanding return on investment (http:/ / books. google. it/books?id=rM5scd_KceMC& client=firefox-a& source=gbs_navlinks_s), John Wiley and Sons, 1996,ISBN 0-471-10381-0.

• (EN) Jack J. Phillips, Measuring return on investment, Volume 2 (http:/ / books. google. it/books?id=bnw2T-_UeM0C& client=firefox-a& source=gbs_navlinks_s), American Society for Training andDevelopment, 1997, ISBN 1-56286-065-8.

• Giovanni Azzone, Sistemi di Controllo e Gestione (http:/ / books. google. it/ books/ about/

Sistemi_di_controllo_di_gestione_Metodi. html?hl=it& id=ZApNAAAACAAJ), Milano, Etas, 2006,

176

web marketing

World Wide Web

« Il World Wide Web ha le potenzialità per svilupparsi in un'enciclopedia universale che copra tutti i campi della conoscenzae in una biblioteca completa di corsi per la formazione.[1] »

(Richard Stallman)

Immagine dell'home page del primo sito web della storia[2]

Il World Wide Web (in inglese letteralmente significa"ragnatela grande quanto il mondo"), abbreviato Webo web, sigla WWW, è uno dei principali servizi diInternet che permette di navigare e usufruire di uninsieme vastissimo di contenuti (multimediali e non)collegati tra loro attraverso legami (link), e di ulterioriservizi accessibili a tutti o ad una parte selezionatadegli utenti di Internet.

Caratteristiche generali

Caratteristica principale della rete Web è che i nodi chela compongono sono tra loro collegati tramite icosiddetti link (collegamenti ipertestuali), formando un enorme ipertesto. E i suoi servizi possono essere residisponibili dagli stessi utenti di Internet.[3] Per quanto riguarda i contenuti, quindi, il Web possiede la straordinariapeculiarità di offrire a chiunque la possibilità di diventare editore e, con una spesa estremamente esigua, diraggiungere un pubblico potenzialmente vastissimo distribuito in tutto il mondo.[4]

Il Web è stato inizialmente implementato da Tim Berners-Lee mentre era ricercatore al CERN, sulla base di ideedello stesso Berners-Lee e di un suo collega, Robert Cailliau, e oggi gli standard su cui è basato, in continuaevoluzione, sono mantenuti dal World Wide Web Consortium (W3C).La nascita del Web risale al 6 agosto 1991, giorno in cui Berners-Lee mise on-line su Internet il primo sito Web.Inizialmente utilizzato solo dalla comunità scientifica, il 30 aprile 1993 il CERN decide di rendere pubblica latecnologia alla base del Web. A tale decisione fa seguito un immediato e ampio successo del Web in virtù dellapossibilità offerta a chiunque di diventare editore, della sua efficienza e, non ultima, della sua semplicità. Con ilsuccesso del Web ha inizio la crescita esponenziale e inarrestabile di Internet ancora oggi in atto, nonché lacosiddetta "era del Web".

World Wide Web 177

DescrizioneIl Web è uno spazio elettronico e digitale di Internet destinato alla pubblicazione di contenuti multimediali (testi,immagini, audio, video, ipertesti, ipermedia, ecc.) nonché uno strumento per implementare particolari servizi comead esempio il download di software (programmi, dati, applicazioni, videogiochi, ecc.). Tale spazio elettronico e taliservizi sono resi disponibili attraverso particolari computer di Internet chiamati server web.Chiunque disponga di un computer, di un accesso ad Internet, degli opportuni programmi e del cosiddetto spazioweb, porzione di memoria di un server web destinata alla memorizzazione di contenuti web e all'implementazione diservizi web, può, nel rispetto delle leggi vigenti nel Paese in cui risiede il server web, pubblicare contenutimultimediali sul Web e fornire particolari servizi attraverso il Web. I contenuti del Web sono infatti costantementeon-line quindi costantemente fruibili da chiunque disponga di un computer, di un accesso a Internet, e degliopportuni programmi (in particolare del cosiddetto browser web, il programma che permette, come si dice in gergo,di "navigare" nel Web, cioè di fruire dei contenuti e dei servizi del Web.)Non tutti i contenuti e i servizi del Web sono però disponibili a chiunque in quanto il proprietario dello spazio web, ochi ne ha delega di utilizzo, può renderli disponibili solo a determinati utenti, gratuitamente o a pagamento,utilizzando il sistema degli account.

I contenutiI contenuti principali del Web sono costituiti da testo e grafica rappresentati in un insieme ristretto di standarddefinito dal W3C. Tali contenuti sono quelli che tutti i browser web devono essere in grado di fruire autonomamente,cioè senza software aggiuntivo.I contenuti pubblicati sul Web possono essere però di qualunque tipo e in qualunque standard. Alcuni di questicontenuti sono pubblicati per essere fruiti attraverso il browser web e, non essendo in uno degli standard appartenentiall'insieme definito dal W3C, per poterli fruire attraverso il browser web questo deve essere integrato con i cosiddettiplug-in, software che integrano le funzionalità di un programma i quali, per quanto riguarda il browser web,normalmente sono scaricabili dal Web. Il resto dei contenuti del Web è utilizzabile con programmi autonomi. Adesempio si può trattare di un file eseguibile sul sistema operativo che si sta utilizzando o di un documento di testo informato Microsoft Word.

L'organizzazione dei contenuti

Rappresentazione grafica di una piccola sezione di World Wide Web

I contenuti del Web sono organizzati nei cosiddetti sitiweb a loro volta strutturati nelle cosiddette pagine weble quali si presentano come composizioni di testo e/ografica visualizzate sullo schermo del computer dalbrowser web. Le pagine web, anche appartenenti a sitidiversi, sono collegate fra loro in modo nonsequenziale attraverso i cosiddetti link (anche chiamaticollegamenti), parti di testo e/o grafica di una paginaweb che permettono di accedere ad un'altra paginaweb, di scaricare particolari contenuti, o di accedere aparticolari funzionalità, cliccandoci sopra con il mouse,creando così un ipertesto.

Tutti i siti web, sono identificati dal cosiddettoindirizzo web, una sequenza di caratteri univoca chiamata in termini tecnici URL che ne permette la rintracciabilitànel Web.

World Wide Web 178

Non è previsto un indice aggiornato in tempo reale dei contenuti del Web, quindi nel corso degli anni sono nati edhanno riscosso notevole successo i cosiddetti motori di ricerca, siti web da cui è possibile ricercare contenuti nelWeb in modo automatico sulla base di parole chiave inserite dall'utente, e i cosiddetti portali web, siti web da cui èpossibile accedere ad ampie quantità di contenuti del Web selezionati dai redattori del portale web attraversol'utilizzo di motori di ricerca o su segnalazione dei redattori dei siti web.

I serviziOltre alla pubblicazione di contenuti multimediali il Web permette di offrire servizi particolari implementabili daglistessi utenti del Web. I servizi implementabili sono innumerevoli, in pratica limitati solo dalla velocità della linea ditelecomunicazioni con cui l'utente e chi fornisce il servizio sono collegati e dalla potenza di calcolo dei lorocomputer. Di seguito quindi sono elencati solo quelli contraddistinti da una denominazione generica:• download: la distribuzione di software;• web mail: la gestione della casella di posta elettronica attraverso il Web;• streaming: la distribuzione di audio/video in tempo reale;

• web TV: la televisione fruita attraverso il Web;• web radio: la radio fruita attraverso il Web;

• web chat: la comunicazione testuale in tempo reale tra più utenti di Internet, tramite pagine web;

Implementazione

L'accesso alla navigazione in rete sul Web

Il Web è implementato attraverso un insieme di standard, i principalidei quali sono i seguenti:

• HTML (e suoi derivati): il linguaggio di markup con cui sono scrittee descritte le pagine web;

• HTTP: il protocollo di rete appartenente al livello di applicazionedel modello ISO/OSI su cui è basato il Web;

• URL: lo schema di identificazione, e quindi di rintracciabilità, deicontenuti e dei servizi del Web.

La peculiarità dei contenuti del Web è quella di non esserememorizzati su un unico computer ma di essere distribuiti su piùcomputer, caratteristica da cui discende efficienza in quanto nonvincolati ad una particolare localizzazione fisica. Tale peculiarità è realizzata dal protocollo di rete HTTP il qualepermette di vedere i contenuti del Web come un unico insieme di contenuti anche se fisicamente risiedono su unamoltitudine di computer di Internet sparsi per il pianeta.

FunzionamentoLa visione di una pagina web inizia digitandone l'URL nell'apposito campo del browser web oppure cliccando su uncollegamento ipertestuale presente in una pagina web precedentemente visualizzata o in altra risorsa come adesempio un'e-mail. Il browser web a quel punto dietro le quinte inizia una serie di messaggi di comunicazione con ilweb server che ospita quella pagina con lo scopo di visualizzarla sul terminale utente.Per prima cosa la porzione di server-name dell'URL è risolta in un indirizzo IP usando il database globale edistribuito conosciuto come Domain Name System (in sigla DNS). Questo indirizzo IP è necessario per inviare ericevere pacchetti dal server web.A questo punto il browser richiede le informazioni inviando una richiesta a quell'indirizzo. In caso di una tipica pagina web, il testo HTML di una pagina è richiesto per primo ed immediatamente interpretato dal browser web che,

World Wide Web 179

successivamente, richiede eventuali immagini o file che serviranno per formare la pagina definitiva.Una volta ricevuti i file richiesti dal web server, il browser formatta la pagina sullo schermo seguendo le specificheHTML, CSS, o di altri linguaggi web. Ogni immagine e le altre risorse sono incorporate per produrre la pagina webche l'utente vedrà.

Accessibilità e usabilitàCruciali nell'evoluzione del Web sono diventati i concetti, di accessibilità e usabilità a favore di ogni tipologia diutente, relativi alla progettazione, organizzazione e implementazione dei contenuti secondo specifici requisiti, incomune in generale con le linee evolutive di tutti i prodotti hardware e software in ambito ICT.

Storia

La nascita

Il computer utilizzato da Tim Berners-Lee perrealizzare il primo server web, esposto al Museo

Microcosm del CERN

La prima proposta di un sistema ipertestuale si può far risalire aglistudi di Vannevar Bush, poi pubblicati nell'articolo As We May Think(in italiano "Come potremmo pensare") del 1945.

La data di nascita del World Wide Web viene comunemente indicatanel 6 agosto 1991, giorno in cui l'informatico inglese Tim Berners-Leepubblicò il primo sito web dando così vita al fenomeno "WWW" (dettoanche "della tripla W").

L'idea del World Wide Web era nata due anni prima, nel 1989, pressoil CERN (Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire) di Ginevra,il più importante laboratorio di fisica europeo. Il ricercatore inglese fucolpito da come alcuni colleghi italiani usavano trasmettereinformazioni tramite linea telefonica da un piano all'altro dell'istitutovisualizzando informazioni tramite video. Il 12 marzo 1989 Tim Berners-Lee presentò infatti al proprio supervisoreil documento Information Management: a Proposal, una cui copia è esposta presso il CERN, che fu valutato «vagoma interessante». Alla sua base vi era il progetto dello stesso Berners-Lee e di un suo collega, Robert Cailliau, dielaborare un software per la condivisione di documentazione scientifica in formato elettronico indipendentementedalla piattaforma informatica utilizzata, con il fine di migliorare la comunicazione, e quindi la cooperarazione, tra iricercatori dell'istituto. A lato della creazione del software, iniziò anche la definizione di standard e protocolli perscambiare documenti su reti di calcolatori: il linguaggio HTML e il protocollo di rete HTTP.

Questi standard e protocolli supportavano inizialmente la sola gestione di pagine HTML statiche, vale a dire fileipertestuali -preparati precedentemente- visualizzabili e, soprattutto, navigabili utilizzando opportune applicazioni(browser web).Dopo i primi anni in cui era stato usato solo dalla comunità scientifica, il 30 aprile 1993 il CERN decise di mettere ilWWW a disposizione del pubblico rinunciando ad ogni diritto d'autore. La semplicità della tecnologia decretò unimmediato successo: in pochi anni il WWW divenne la modalità più diffusa al mondo per inviare e ricevere dati suInternet, facendo nascere quella che oggi è nota come "era del web".

World Wide Web 180

Dal web statico ai web servicePer superare le limitazioni del progetto iniziale, furono subito definiti strumenti capaci di generare pagine HTMLdinamiche (ad es. utilizzando dati estratti da un database). La prima soluzione di questo tipo furono le CGI (CommonGateway Interface). Attraverso una CGI è possibile richiedere ad un Web server di invocare un'applicazione esternae presentare il risultato come una qualsiasi pagina HTML. Questa soluzione, sebbene molto semplice da realizzare,presenta numerose limitazioni di progetto (l'applicativo esterno viene eseguito ad ogni richiesta utente e non èprevista alcuna ottimizzazione, non vi è alcuna gestione dello stato della sessione, etc.).Per dare al web una maggiore interattività e dinamicità sono state perseguite due strade. Da un lato sono stateaumentate le funzionalità dei browser attraverso un'evoluzione del linguaggio HTML e la possibilitàd'interpretazione di linguaggi di scripting (come il JavaScript). Dall'altro, si è migliorata la qualità di elaborazionedei server attraverso una nuova generazione di linguaggi integrati con il Web Server (come JSP, PHP, ASP, etc.),trasformando i Web Server in quelli che sono oggi più propriamente noti come Application Server.La diffusione di queste soluzioni ha consentito di avviare l'utilizzo del web come piattaforma applicativa che oggitrova la sua massima espressione nei Web Service, alla cui realizzazione e diffusione sta lavorando l'intera industriamondiale del software per la gestione d'azienda, dai grandi nomi commerciali (come SAP e Oracle) fino allecomunità Open Source. L'utilizzo dei web-service all'interno dell'architettura di integrazione SOA permetterà anchealle piccole imprese di gestire senza grandi sforzi i propri processi aziendali.Scopo dei Web Service è di limitare il più possibile le attività di implementazione, consentendo di accedere a servizisoftware resi disponibili in rete, assemblarli secondo le proprie necessità e pagarli soltanto per il loro utilizzoeffettivo, metodologia individuata nella terminologia anglosassone come pay per use, on demand software, just intime software, on tap software, etc.È chiaro, quindi, che i web-service e il loro successo hanno ed avranno un legame strutturale ed intrinseco con iprocessi aziendali che dovranno supportare nell'ambito di una nuova organizzazione basata sui processi.

Dal web statico al web semanticoNonostante tutte queste evoluzioni, il web rimane, ancora e soprattutto, una gigantesca biblioteca di pagine HTMLstaticheWikipedia:Uso delle fonti on-line. Però, se da un lato lo standard HTML con la sua semplicità ha contribuitoall'affermazione del web, dall'altro ha la grossa limitazione di occuparsi solo ed esclusivamente della formattazionedei documenti, tralasciando del tutto la struttura e il significato del contenuto.Questo pone notevoli difficoltà nel reperimento e riutilizzo delle informazioni. Per rendersi conto di questo èsufficiente eseguire una ricerca utilizzando uno dei molti motori disponibili in rete e ci si accorgerà che, dellemigliaia di documenti risultanti dalla query, spesso solo una piccola percentuale è d'interesse per la ricerca ches'intendeva fare. Ad esempio, per un qualsiasi motore di ricerca, non esiste alcuna differenza fra il termine Rossi nelcontesto Il Sig. Rossi ed il termine rossi nel contesto capelli rossi, rendendo la ricerca molto difficile.La risposta a questo problema è venuta, ancora una volta, dal fisico inglese Tim Berners-Lee, che, abbandonato ilCERN, ha fondato il consorzio W3C che ha assunto il ruolo di governo nello sviluppo di standard e protocolli legatial web. Egli nel 1998 ha definito lo standard XML (eXtensible Markup Language), un metalinguaggio derivantedall'SGML, che consente la creazione di nuovi linguaggi di marcatura (ad es. lo stesso HTML è stato ridefinito inXML come XHTML). Sua caratteristica innovativa è la possibilità di aggiungere informazioni semantiche suicontenuti attraverso la definizione di opportuni tag.I principali obiettivi di XML, dichiarati nella prima specifica ufficiale[5] (ottobre 1998), sono pochi ed espliciti:utilizzo del linguaggio su Internet, facilità di creazione dei documenti, supporto di più applicazioni, chiarezza ecomprensibilità. Con queste semplici caratteristiche l'XML fornisce un modo comune di rappresentare i dati,cosicché i programmi software siano in grado di eseguire meglio ricerche, visualizzare e manipolare informazioninascoste nell'oscurità contestuale.

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È per questo che, nonostante la sua giovane età, l'XML è alla base di tutte le nuove specifiche tecnologiche rilasciatedal W3C ed è stato adottato come standard di rappresentazione dati da tutta l'industria informaticaAiuto:Chiarezza(dai file di configurazione delle applicazioni alla definizione di formati di interscambio dei dati).Wikipedia:Usodelle fontiLe specifiche XML hanno però una lacuna molto importante: non definiscono alcun meccanismo univoco econdiviso per specificare relazioni tra informazioni espresse sul web per una loro elaborazione automatica (ad es. piùdocumenti che parlano dello stesso argomento, persona, organizzazione, oggetto), rendendo molto difficile lacondivisione delle informazioni.Anche in questo caso la soluzione al problema è venuta dal W3C di Berners-Lee, attraverso la formalizzazione delweb semantico. Il W3C considera l'ideale evoluzione del web dal machine-representable almachine-understandable. L'idea è di generare documenti che possano non solo essere letti e apprezzati da esseriumani, ma anche accessibili e interpretabili da agenti automatici per la ricerca di contenuti.A tale scopo sono stati definiti alcuni linguaggi, quali Resource Description Framework (RDF) e Web OntologyLanguage (OWL), entrambi basati su XML, che consentono di esprimere le relazioni tra le informazioni rifacendosialla logica dei predicati mutuata dall'intelligenza artificiale. Questi standard sono già disponibili, ma continuano adessere ulteriormente sviluppati insieme a formalismi e strumenti per dotare il web di capacità di inferenza.Quello appena esposto è un processo solo apparentemente tecnico, ma ben visibile nella sua portata, che ha comeobiettivo l'approdo all'intelligenza condivisa del web che promette, a breve, l'uso più efficiente dei siti internet e, apiù lungo termine, una autentica trasformazione nella natura del software e dei servizi.Tanto interesse per queste tecnologie è da ravvisare nel fatto che tutti (utenti, produttori di software e di servizipiccoli e grandi) hanno da avvantaggiarsi dalla diffusione piena di questi standardWikipedia:Uso delle fonti. Laformazione nel corpo del web di una vasta rete "semantica" è, infatti, la condizione chiave per il decollo di un nuovomodo di intendere ed usare il web.

Note[1] L'enciclopedia universale libera e le risorse per l'apprendimento (http:/ / www. gnu. org/ encyclopedia/ free-encyclopedia. it. html), Richard

Stallman.[2] Primo sito web (http:/ / www. w3. org/ History/ 19921103-hypertext/ hypertext/ WWW/ TheProject. html) della storia (inizialmente

l'indirizzo web era diverso). È stato messo on-line il 6 agosto 1991 da Tim Berners-Lee.[3] Ovviamente sono necessarie opportune risorse (un computer, opportuni software, un accesso a Internet, ecc.) e conoscenze. Se i contenuti da

pubblicare sul Web non sono troppo complessi le risorse e conoscenze necessarie sono comunque di esigua entità. Ad esempio, già dotandosidi un comune personal computer attualmente disponibile in commercio e sottoscrivendo un servizio di accesso a Internet con uno dei piùpopolari Internet service provider, si ha a disposizione tutto il necessario per poter pubblicare sul Web contenuti non troppo complessi. I piùpopolari Internet service provider offrono infatti la possibilità di pubblicare sul Web contenuti non troppo complessi attraverso il Web stessosenza la necessità di conoscere il linguaggio di markup del Web. Lo stesso vale anche per i blog, molti sono infatti i siti web che offronogratuitamente la possibilità di creare un blog in modo semplice e immediato attraverso il Web stesso. In caso invece di contenuti più complessiè necessario dotarsi anche di un editor web 'WYSIWYG se si vuole evitare, o almeno semplificare, l'apprendimento del linguaggio di markupdel Web.

[4] Gli utenti di Internet nel 2008 hanno superato il miliardo e cinquecento milioni, quasi un quarto della popolazione mondiale (fonte: Internet:2,2 miliardi di utenti nel 2013. Asia e Cina guideranno la crescita mentre l’Italia risulta ancora tra i Paesi poco connessi (http:/ / www.key4biz. it/ News/ 2009/ 07/ 21/ e-Society/ forrester_internet_Zia_Daniell_Wigder. html)).

[5] HTML 4.01 Specification (http:/ / www. w3. org/ TR/ html4/ ).

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Bibliografia• Vannevar Bush, As We May Think (http:/ / www. theatlantic. com/ doc/ 194507/ bush), The Atlantic Monthly July

1945.• James Gillies, Com'è nato il web, Milano, Baldini & Castoldi, 2002.• Tim Berners-Lee, Mark Fischetti, L'architettura del nuovo Web, Milano, Feltrinelli, 1999.

Voci correlate•• Web mobile•• Rete a invarianza di scala•• W3C•• Web semantico•• Web Service•• Social media•• WWW2•• Applicazione web

Altri progetti• Articolo su Wikinotizie: Ecco i quindici siti web che hanno cambiato il mondo

• Wikiquote contiene citazioni sul World Wide Web• Wikinotizie contiene notizie di attualità su World Wide Web

• Commons (http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Pagina_principale?uselang=it) contiene immagini o altrifile su World Wide Web (http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:World_Wide_Web?uselang=it)

Collegamenti esterni• Sito ufficiale del W3C (http:/ / www. w3. org/ )• Sito ufficiale del CERN (http:/ / public. web. cern. ch/ Public/ Welcome. html)• World Wide Web (http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ termine. php?id=36337) in Tesauro del Nuovo Soggettario

(http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ ), BNCF, marzo 2013.

Portale Telematica Portale Web

Web marketing 183

Web marketingIl web marketing[1] è la branca delle attività di marketing dell’azienda che sfrutta il canale online per studiare ilmercato e sviluppare i rapporti commerciali (promozione/pubblicità, distribuzione, vendita, assistenza alla clientela,etc.) tramite il Web. Solitamente le attività di web marketing si traducono in primis con la pubblicazione di unprogetto, poi nella realizzazione di un sito internet e la sua promozione, in questo modo l'azienda presidia il canaleweb attirando visitatori interessati ai prodotti/servizi in assortimento.Il web marketing si affianca quindi alle strategie di promozione/vendita tradizionali e alle analisi di mercato offline,permettendo di avviare una relazione con il pubblico di questo canale; un esempio comune di questo approccio è ilcosiddetto negozio virtuale (o negozio in linea, negozio online, online shop, online store).

La figura professionaleIl Web Marketer si occupa di Marketing, possiede forti conoscenze, spesso anche molto tecniche, relative alle piùimportanti aree e strumenti del Web Marketing.In sostanza il Web Marketer è la persona che si occupa della promozione del sito (o del progetto Web) sfruttandotutti, o la gran parte, dei canali legati al Web.È esperto di SEO (Search Engine Optimization) e di SEM (Search Engine Marketing), ma possiede anchecompetenze ed esperienze specifiche legate a strumenti come Adword, l'Email Marketing e i programi diaffiliazione. Conosce bene i diversi profili dei navigatori e il loro modo di approcciarsi al Web. Sa inoltre costruire inautonomia un progetto di comunicazione online che sia il più possibile legato alle conversioni degli utenti del sito inpotenziali clienti.

Attività e strategieLa strategia alla base di un progetto di web marketing è far ottenere al sito la massima visibilità. Coerentemente conl'obiettivo, la tattica principale è portare il proprio sito web ai primi posti nelle pagine dei risultati di un motore diricerca, allo scopo di renderli più visibili di quelli dei concorrenti, e quindi preferibili.Fino agli anni Novanta si è occupato di web marketing il webmaster del sito, oppure, nei siti più grandi, una personaspecializzata. Negli ultimi anni si è assistito alla nascita e all’affermazione di agenzie di consulenza specializzate,denominate "agenzie per l'ottimizzazione sui motori di ricerca" (SEO agencies); inoltre sono attivi consulentiprovenienti dal mondo dell'informatica[2]. Le attività che oggi caratterizzano il web marketing sono le seguenti:•• Ottimizzazione•• Posizionamento•• Marketing dei motori di ricerca (SEM)• Pay per click, o Pagamento per clic•• Campagna Banner•• Programma di affiliazione•• MentioningRientra tra le competenze del web marketing ogni azione a pianificazione che abbia come finalità il ritornosull'investimento (ROI) di un progetto online. L’azione si sviluppa attraverso l’ideazione di un progetto, ilcoordinamento della sua realizzazione, l'analisi dei risultati, la gestione di ciò che segue la messa in opera, la suapromozione e la gestione della reazione del pubblico (feedback). Appartiene al piano di web marketing anchel'attività di modifica della percezione di una marca o di un servizio grazie a strategie di interazione con utenti e ilmercato. Ogni progetto (con obiettivi) pensato per la rete deve essere coordinato da un piano di web marketing.

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Spesso si confondono il web marketing con la semplice promozione online o pubblicità di un sito sul web. In realtàcosì come la pubblicità tradizionale è uno strumento gestito dal piano di marketing, la campagna promozionaletramite banner e link pay per click è organizzata e gestita all’interno del piano di web marketing.

Marketing promozionale onlineLe azioni di questa tipologia di marketing web contribuiscono a incrementare la conoscenza di marca e permettonodi soddisfare differenti bisogni di comunicazione come: attirare l’utente, segnalare offerte ai navigatori opubblicizzare il proprio sito web.Tra gli strumenti di marketing promozionale in linea figurano le tecniche classiche come i banner e i cosiddetti richmedia, ma anche modelli di advertising evoluti come: interstiziali, banner pop-up, pop-under e le sponsorizzazioni

Web marketing viraleIl web marketing virale consiste nel riprodurre i benefici del passaparola tramite internet.Per generare buzz o "viralizzare" una campagna promozionale il Web marketing virale utilizza prodotti e strategieunicamente legate alle tecnologie web come: e-mail, video-virali, programmi tell-a-friend, web 2.0, blog.Lontano dal contrapporsi alle tradizionali regole del marketing, il Web marketing virale si integra perfettamentenelle campagne pubblicitarie quando viene utilizzato per lanciare un nuovo prodotto o per testare il bacino d'utenzapotenziale di un nuovo servizio.Il Web marketing virale è molto indicato per la rapida creazione di mailing-list non targhettizzate che in seguito, conle tecniche del web marketing classico, potranno essere raffinate per realizzare nicchie di mercato utili.

Strumenti di attuazione di un piano di vendita on-line

Il Piano di marketing in reteÈ la struttura portante dell’intero progetto di web marketing. Stendendo il piano, bisogna descrivere chiaramente:•• Quali sono gli obiettivi da raggiungere.•• Qual è il target da colpire.• Come e con quali tempi s’intende sviluppare l’intera strategia.•• Quali strumenti utilizzare per la promozione del sito e per il suo monitoraggio.•• La definizione di un budget.•• A quali rischi e opportunità si può andare incontro.

Analisi della concorrenza su internet (e off-line)L'analisi della concorrenza (benchmarking competitivo) su internet è una fase fondamentale in un progetto di webmarketing.Fornisce indicazioni precise circa punti di forza e debolezza del progetto web in relazione ai competitors presenti nelmercato virtuale e ai processi funzionali del sito stesso.Attraverso le analisi di benchmarking competitivo, o strategico, si possono evidenziare i punti di forza di siti simili oidentici al proprio.In particolare, l'analisi di benchmarking di un sito può:- evidenziare punti deboli e critici al fine di correggerli ed aumentare il tasso di conversione degli utenti (es: sito dicommercio elettronico, portali tematici);- evidenziare le aree tematiche, per siti multitema (es: portali geografici, portali informativi, siti di commercioelettronico) in cui vi è un'evidente carenza di visibilità nei motori di ricerca;

Web marketing 185

- identificare i concorrenti più visibili su internet ed analizzarne i loro punti di forza;L'analisi della concorrenza è fondamentale per molti aspetti, due su tutti:- permette di conoscere i reali competitori del mercato;- permette di prendere decisioni in merito alle modifiche da apportare al sito per migliorarne le prestazioni in terminidi ranking (visibilità nei motori di ricerca) e nelle modalità operative dell'utente semplificando o diminuendo leazioni che questi eseguirà per raggiungere determinati obiettivi (es: un acquisto, l'iscrizione ad una newsletter).

Progettare o riprogettare il sito web•• Raccolta e realizzazione dei contenuti e delle informazioni da pubblicare.• Classificazione e organizzazione delle informazioni all'interno del sito.• Progetto grafico e l'interfaccia di navigazione•• Scelta e l'implementazione delle tecnologie

Ottimizzare il posizionamento nei motori di ricerca

Per approfondire, vedi Ottimizzazione (motori di ricerca).

•• Registrazione sui motori di ricerca e sulle directory appropriate.• La scelta delle PAROLE CHIAVE con le quali si punta al primo posto nelle pagine di risposta dei motori•• La scelta del TITOLO della pagina web• La scelta e ottimizzazione dei META-TAG• Ottimizzazione di contenuti per i due ‘lettori’ del sito gli utenti e gli spider dei motori di ricerca.

Note[1] Spesso viene indicato anche nella forma contratta Web mktg[2][2] Ciò è dovuto al fatto che oggi il marketing su internet richiede specifiche competenze tecniche.

Voci correlate•• Email marketing•• Search engine marketing•• Landing page•• Web marketing management•• Negozio in linea•• Visual marketing

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Motore di ricercaUn motore di ricerca (in inglese search engine) è un sistema automatico che analizza un insieme di dati (spesso daesso stesso raccolti) e restituisce un indice dei contenuti disponibili classificandoli in base a formulestatistico-matematiche che ne indichino il grado di rilevanza data una determinata chiave di ricerca.Uno dei campi in cui i motori di ricerca trovano maggiore utilizzo è quello dell'information retrieval e nel web.

Motori di ricerca per il webEsistono numerosi motori di ricerca attivi sul web. Il più utilizzato, su scala mondiale (con un indice che supera gli 8miliardi di pagine), è Google; molto usati anche Live e Bing (motori di ricerca di Microsoft), Yahoo!, Ask. Dasegnalare il tentativo di creare il primo motore di ricerca europeo, Quaero concorrente di Google con una iniziativafranco-germanica. Il progetto, stimato attorno ai 400 milioni di dollari, è stato abbandonato dopo pochi mesi per larinuncia da parte della compagnia tedesca.Fra i motori di ricerca nati in Italia quelli maggiormente utilizzati in Italia sono Arianna, attivo nel portale Libero eVirgilio. Tuttavia non sono veri motori di ricerca giacché si limitano a riutilizzare Google. Arianna e altri neevidenziano chiaramente il logo, mentre Virgilio ne usa i risultati senza evidenziarne la fonte, limitandosi solo adaggiungere alcuni propri risultati sponsorizzati.

Anno Motore Evento

1993 Aliweb Lancio

1994 WebCrawler Lancio

Infoseek Lancio

Lycos Lancio

Spenki Fondazione

1995 AltaVista Lancio

Magellan Lancio

Excite Lancio

SAPO Lancio

1996 Dogpile Lancio

Inktomi Fondazione

HotBot Fondazione

Arianna Fondazione

Multisoft Fondazione

Virgilio Fondazione

Ask.com Fondazione

1997 Northern Light Lancio

Yandex Lancio

1998 Google Lancio

1999 Alltheweb Lancio

Naver Lancio

Teoma Fondazione

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Vivísimo Fondazione

superEva Lancio

2000 Baidu Fondazione

Exalead Lancio

2001 Multisoft Chiusura

2003 Info.com Lancio

2004 Yahoo! Search Lancio finale

A9.com Lancio

2005 Windows Live Search Lancio finale

Ask.com Lancio

GoodSearch Lancio

2006 Wikiseek Fondazione

Quaero Fondazione

Ask.com Lancio

Windows Live Search Lancio

ChaCha Lancio beta

Guruji.com Lancio beta

2007 Wikiseek Lancio

Wikia Search Lancio

2008 Cuil Lancio (chiuso)

Ecocho Lancio

DuckDuckGo Lancio

2009 Wolfram Alpha Versione sperimentale

Bing Lancio

Coozila! Lancio

2010 iAlgae Lancio

2012 Volunia Lancio

2012 Ideao Lancio beta

2013 istella Lancio

Aoohe Lancio

La maggior parte dei motori di ricerca che opera sul web è gestito da compagnie private che utilizzano algoritmiproprietari e database tenuti segreti. Esistono comunque diversi tentativi di dar vita a motori di ricerca fondati sulsoftware libero, alcuni esempi sono:•• Lucene•• Nutch•• Wikia Search•• YaCy•• OpenIndexer

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Le fasiIl lavoro dei motori di ricerca si divide principalmente in tre fasi:• analisi del campo d'azione (tramite l'uso di crawler appositi);• catalogazione del materiale ottenuto;• risposta alle richieste dell'utente;

Catalogazione

Dopo l'analisi delle pagine, a seconda di criteri che variano da motore a motore, alcune di esse vengono inserite neldatabase e nell'indice del motore di ricerca.La parte testuale archiviata durante la fase di analisi verrà in seguito analizzata per fornire le risposte alle ricerchedegli utenti. Molti motori di ricerca sul web rendono anche disponibile una copia dei dati testuali di ogni paginaarchiviata per quando la risorsa originale sia irraggiungibile: questa funzione è detta copia cache.

Risposta

Rispondere alle richieste degli utenti implica la necessità di elencare i siti in ordine di rilevanza rispetto alla richiestaricevuta.Per stabilire la rilevanza di un sito vengono cercati nel database quei documenti che contengono la parola chiaveinserita dall'utente, dopodiché ogni motore di ricerca sfrutta propri algoritmi per classificare le pagine, controllando,per esempio, quante volte le parole chiave vengono ripetute, quanti link riceve quel documento, in quali punti dellapagina sono poste le parole chiave, quanti siti del database contengono link verso quella pagina, o quante volte unutente ha visitato quel sito dopo una ricerca.

Risultati sponsorizzatiI motori di ricerca forniscono anche risultati sponsorizzati, ovvero mostrano in maggiore evidenza nelle SERP(Search Engine Result Pages, Pagine dei risultati dei motori di ricerca) siti web di aziende che pagano per risultaretra i primi risultati quando si cercano termini (detti keyword o parole chiave) che sono in relazione all'ambito dicompetenza dell'azienda stessa. I risultati sponsorizzati dei motori possono apparire anche sui siti che partecipano alloro programma di affiliazione. In particolar modo, Google permette di far apparire nelle proprie SERP (chiaramentedistinti dai risultati "naturali") risultati a pagamento comprati con il programma AdWords. In aggiunta a questo offreanche un servizio di sponsorizzazione che si rivolge a tutti i siti che hanno determinati requisiti, chiamato AdSense.Google AdSense (spesso abbreviato con Google AS) usa le capacità del motore di ricerca di interpretare il tema dellapagina in cui è posizionato l'apposito codice per fornire annunci a tema. Yahoo! Search ha annunciato l'arrivo di unprogramma analogo chiamato Panama.

Raffinazione della ricercaLa possibilità di raffinazione della ricerca varia da motore a motore, ma la maggior parte permette di utilizzareoperatori booleani: ad esempio è possibile cercare "Ganimede AND satellite NOT coppiere" per cercare informazionisu Ganimede inteso come pianeta e non come figura mitologica.Su Google e sui motori più moderni è possibile raffinare la ricerca a seconda della lingua del documento, delleparole o frasi presenti o assenti, del formato dei file (Microsoft Word, PDF, PostScript, ecc.), a seconda della data diultimo aggiornamento, e altro ancora. È anche possibile cercare contenuti presenti in un determinato sito, ad esempio"Ganimede site:nasa.gov" cercherà le informazioni su Ganimede presenti sul sito della NASA.Su Exalead si trova una parte speciale per raffinare la ricerca più intuitivamente.

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Motori di ricerca più utilizzati• Google, oltre ad essere di gran lunga il più usato direttamente, è anche quello con il maggior numero di siti che ne

utilizzano il database, anche a causa del programma di sponsorizzazione "AdSense per la ricerca" che appartieneal più vasto programma AdSense.

•• Yahoo!• Windows Live Search (Live Search è il motore creato dalla Microsoft ed usato da Microsoft Network, meglio

noto come MSN).• Ixquick (Ixquick è uno dei pochi motori di ricerca al mondo a garantire la privacy, poiché non conserva né registra

gli ip di chi effettua ricerche).• Ask.com, usato dalla versione italiana di Excite per un rapporto di partnership.•• FileByType è una raccolta di moduli di ricerca basati sulle categorie.Le prime quattro tecnologie proprietarie sono utilizzate da una quantità sterminata di provider e di metamotori diricerca (il cui nome deriva proprio dal pescare i propri risultati da più motori, come il metamotore incorporato nelportale Excite). A più riprese Microsoft ha provato a comprare Yahoo!, cosa che avrebbe portato ad un ulterioreaccorpamento e riduzione delle tecnologie proprietarie in campo, a causa della fusione di Live (il motore dellaMicrosoft) e Yahoo! Search. L'ultimo rifiuto di Yahoo è riportato dal Wall Street Journal in data 6/5/2007 (a frontedi un'offerta di circa 50 miliardi di dollari da parte della società fondata da Bill Gates).L'unico motore con una tecnologia proprietaria in qualche modo affiancabile come utenza ai quattro big è il cineseBaidu www.baidu.com (la cui inferiorità tecnologica è paleseWikipedia:Uso delle fonti, ma che attinge ad un bacinodi utenza tanto vasto quanto in crescita, sebbene appartenente ad una sola nazione).Parte delle descrizioni dei siti presentate nei risultati di ricerca dai principali motori sono importate da DMOZ - ODP[1]. ODP, acronimo di Open Directory Project, non è un motore ma una open directory (basata su listing e recensionifatte da esseri umani, anche se esistono alcuni meccanismi automatici per eliminare i siti estinti). È stata creata daNetscape, a sua volta comprata da AOL nel 1998 per quasi 25 miliardi di dollari, ed appartiene tuttora ad AOL (che èla divisione internet di Time Warner, divisione nella quale Google ha una modesta partecipazione azionaria).

Prospettive di sviluppoLe più recenti innovazioni nella produzione di algoritmi e di sistemi di Information Retrieval si basano sull'analisisemantica dei termini e sulla conseguente creazione di reti semantiche. Lo stesso Google ha adottato sistemi per laprevenzione dell'errore e la contestualizzazione dei risultati.È lecito prevedere che nel giro di alcuni anni i motori di ricerca baseranno le proprie tecnologie sia sull'analisiquantitativa dei contenuti (le parole in sé), sia soprattutto su quella qualitativa (il senso delle parole). I motori diricerca saranno, ad esempio, in grado di distinguere il senso della parola "pesca" a seconda di quale sia il contesto incui la parola è contenuta (capire se sia il frutto, la disciplina sportiva, o altro). Per muoversi in questa direzioneGoogle ha acquisito Oingo (un tempo noto come "il motore dei concetti") e la tecnologia dell'azienda che lo creò, laApplied Semantics.

Il web 2.0 e il futuro dei motori di ricerca

Per approfondire, vedi web 2.0.

La nuova frontiera dei motori di ricerca è il web 2.0. Adottando questa logica molti motori e directory internazionalipuntano a una maggiore partecipazione degli utenti nella creazione dei contenuti dei motori di ricerca, in modo daeliminare qualsiasi ricorso a spider o a link sponsorizzati. Con questa logica gli utenti possono segnalare essi stessi ilink e decidono se dare o meno popolarità ai siti segnalati.

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Il web 2.0 punta anche a una facilità di utilizzo più rapida, veloce ed intuitiva grazie all'utilizzo di Metamotori (omotori di ricerca multipli) come:•• Ixquick•• MetaCrawler• Tinooo[2]

Voci correlate•• .htaccess•• Crawler•• Egosurfing•• Googlebombing•• Google Hacks•• HTML•• Indicizzazione (motore di ricerca)•• Information Retrieval•• Metamotore•• Ottimizzazione (motori di ricerca)•• PageRank•• Protocollo di esclusione robot•• Landing page•• Query•• G2p•• Motore di ricerca distribuito•• Lista di motori di ricerca•• Web 2.0

Note[1] http:/ / dmoz. org[2] Vincitore tinooo.com un motore di ricerca (http:/ / 3-19. org/ index. php/ marconis-day/ ) - Vincitore tinooo.com un motore di ricerca che in

pochi click può essere personalizzato per trovare qualsiasi cosa sul web.

Altri progetti

• Commons (http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Pagina_principale?uselang=it) contiene immagini o altrifile su motore di ricerca (http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:Internet_search_engines?uselang=it)

Collegamenti esterni• Motore di ricerca (http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ termine. php?id=37517) in Tesauro del Nuovo Soggettario

(http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ ), BNCF, marzo 2013.

Portale Internet Portale Web

Posizionamento (motori di ricerca) 191

Posizionamento (motori di ricerca)Con il termine posizionamento s'intende l'acquisizione di visibilità tra i risultati dei motori di ricerca. Piùspecificamente, è l'operazione attraverso la quale il sito viene ottimizzato per comparire nei risultati in una posizioneil più possibile favorevole e rilevante.Le pagine di risposta di una ricerca online ospitano sia risultati veri e propri sia inserzioni a pagamento. Quindi ilposizionamento può essere di due tipi:• Posizionamento naturale (dall'inglese organic placement), che si ottiene mediante azioni di ottimizzazione del sito

e, se ben fatto, offre un ottimo ritorno sull'investimento. L'ottimizzazione viene eseguita considerando l'alberaturadel sito, la pulizia del codice, i testi, i meta tag, i link e altre indicazioni che il codice sorgente della paginafornisce ai motori di ricerca.

• Link sponsorizzati (noti anche col termine "pay per click" o "sponsored links"), inserzioni a pagamento per lequali l'inserzionista acquista le parole per le quali vuole comparire, crea il messaggio da abbinare (il cosiddetto"testo del link") e seleziona una pagina di destinazione (landing page). L'ordine degli inserzionisti nella pagina dirisultati è determinato da una serie di criteri definiti dal network pubblicitario; il più rilevante di questi criteri è il"costo per click", quanto cioè l'inserzionista è disposto a spendere per ogni visita che riceve dall'inserzioneabbinata a una certa parola chiave.

Il posizionamento prima di GoogleAlla fine degli anni novanta, i primi motori di ricerca facevano riferimento alle parole chiave inserite dagli stessicreatori di siti web all'interno delle loro pagine, attraverso i tag META. In un mondo ideale questo approccio sarebbestato abbastanza funzionale, ma ben presto i webmaster più furbi cominciarono ad inserire nelle loro pagine decinedi parole chiave, rendendo di fatto nulla l'utilità di questo strumento (prevista, peraltro, nelle stesse specifiche diHTML).Contemporaneamente, i motori di ricerca più diffusi (uno dei più utilizzati al tempo era AltaVista) iniziarono avendere le posizioni alte dei loro risultati di ricerca, mischiando, nella presentazione dei risultati, sia i siti"meritevoli", cioè rispondenti ai criteri di ricerca dell'utente, sia siti clienti che avevano pagato il motore di ricercaper farsi trovare dagli utenti nelle prime pagine di risposta.Questa situazione non certo limpida preparò il terreno per l'avvento di Google.

Per approfondire, vedi Google.

Ottimizzazione del sitoL'ottimizzazione del sito prevede un lavoro costante di miglioramento della struttura e delle informazioni contenutenelle pagine. Un sito realizzato seguendo criteri di Usabilità e di ottimizzazione per i motori deve poi contenereinformazioni testuali. I motori di ricerca privilegiano infatti testo in chiaro (selezionabile). Anche se hanno anchealtre potenzialità, come quella di leggere i documenti in formato pdf o di capire di cosa tratta un'immagine.È importante che, una volta ottimizzata il più possibile la struttura del sito, ci si concentri sui testi. Scrivere testioriginali, mai copiati, esaustivi, con informazioni chiarificatrici è una delle operazioni di base per la valorizzazionedi un sito, fondamentale affinché risulti interessante agli occhi dei lettori - e dei motori di ricerca.

Per approfondire, vedi Ottimizzazione (motori di ricerca).

I professionisti e le aziende che si occupano di posizionamento sui motori di ricerca possono usare diverse tecniche.Le due più conosciute sono:

Posizionamento (motori di ricerca) 192

• Black hat SEO: è un insieme di tecniche che non derivano dallo spontaneo interesse degli utenti. Si tratta ditecniche che mirano ad aumentare in maniera artificiosa i valori di un sito internet (numero di persone interessate,numero di backlink, ecc.);

• White hat SEO: si tratta di tutte quelle ottimizzazioni eseguite sul sito e all'esterno che hanno come obiettivo ilgenuino miglioramento della struttura, per migliorare l'esperienza di navigazione degli utenti e dei motori diricerca. Queste tecniche difficilmente portano alla penalizzazione di un sito internet, perché vengono eseguite percreare valore.

Marketing sui motori di ricerca

Per approfondire, vedi Search engine marketing.

Il Search engine marketing (SEM) è un insieme di metodologie volte all'utilizzo del canale motori di ricerca per ilraggiungimento di obiettivi di marketing, come ad esempio il miglioramento del posizionamento di un sito all'internodelle pagine dei motori di ricerca per facilitarne la reperibilità attraverso le ricerche online.Il search engine marketing si riferisce anche alla professione svolta dai consulenti che conducono progetti diottimizzazione per i motori di ricerca sui siti dei propri clienti o pianificano campagne di keyword advertising(pubblicità calibrata sulle parole chiave).Le attività svolte nel posizionamento sui motori di ricerca sono molteplici ed è possibile elencare le più note:1.1. Analisi del sito e dei concorrenti. Vengono analizzati i termini più utilizzati sui motori di ricerca in relazione alle

attività descritte dal sito da posizionare, viene fatta un'analisi on line dei concorrenti e delle principali parolechiave utilizzate da loro, infine è utile stilare una lista di parole chiave idonee al posizionamento del sito.

2.2. Ottimizzazione delle pagine web. In seguito all'analisi preliminare viene definita la struttura del sito che dovràrisultare idonea ad ottenere dei buoni posizionamenti e sulla base di questa struttura vengono realizzate le pagineweb da ottimizzare in conformità alle linee guida espresse dai principali motori di ricerca.

3. link popularity. Per ottenere dei buoni posizionamenti nelle SERP è indispensabile ottenere dei link da sitiesterni. Si può raggiungere l'obiettivo attraverso una strategia di costruzione e reperimento di link che comprendadiversi canali: emissione di rassegne e comunicati stampa attraverso siti dedicati; invio di url del sito a siticorrelati all'argomento; invio di documenti ben scritti a siti e blog rilevanti [1] La caratteristica saliente per unalink popularity efficace non dipende dagli strumenti adottati: per poter ispirare le persone a mettere un linkbisogna avere dei contenuti interessanti. I migliori link sono comunque quelli reperiti in maniera spontanea.

Le evoluzioni degli algoritmi dei grandi motori di ricerca spingono i webmaster a studiare nuove metodologie per ilposizionamento nei motori di ricerca, quali ad esempio strategie d'immagine e infografiche, ampliando efocalizzando sempre più l'aspetto pratico del posizionamento sui contenuti rispetto alla diffusione globale di unsingolo contenuto come si usava in precedenza.

Posizionamento (motori di ricerca) 193

Note[1] Questa attività viene definita guest post perché si utilizza una piattaforma di terzi per parlare di qualche argomento interessante. Ovviamente è

richiesto un livello di ricerca approfondito per la scrittura di articoli, che non devono essere solamente "marchette" pubblicitarie, pena la nonpubblicazione. I vantaggi del guest post sono reciproci: l'autore del testo è solitamente ricompensato con un link verso il suo sito, il publisherriceve un articolo originale senza costi aggiuntivi.

Voci correlate•• Search engine report page•• Search engine marketing•• Motore di ricerca•• Web marketing•• Landing page•• Pay per click

Collegamenti esterni• Posizionamento (motori di ricerca) (http:/ / www. dmoz. org/ World/ Italiano/ Computer/ Internet/ Marketing/

Weblog/ ) in Open Directory Project, Netscape Communications. ( Segnala (http:/ / www. dmoz. org/ public/suggest?cat=World/ Italiano/ Computer/ Internet/ Marketing/ Weblog/ ) su DMoz un collegamento pertinente all'argomento

"Posizionamento (motori di ricerca)")

Portale Economia Portale Telematica Portale Web

Pay per clickIl pay per click (PPC) è una modalità di acquisto e pagamento della pubblicità online; l'inserzionista paga unatariffa unitaria in proporzione ai click (click-through rate), ovvero solo quando un utente clicca effettivamentesull'annuncio pubblicitario. I vantaggi di questa forma di pubblicità sono numerosi e permettono di ottimizzare almassimo gli investimenti. Un esempio di pubblicità pay per click è rappresentato dal keyword advertising, cioèannunci sponsorizzati che compaiono a lato dei risultati "puri" dei motori di ricerca.Questa tipologia pubblicitaria sta riscuotendo un grande successo a livello mondiale e come ogni grande successodella rete è soggetto ad abusi. Infatti sono molti i siti web che incentivano i propri visitatori, oppure utenti registratial sito stesso, a cliccare su questi annunci in modo da trarne profitto abusivamente. Nonostante questi abusi lapubblicità Pay Per Click continua a crescere e quindi a funzionare, grazie soprattutto ai programmatori che lottanocreando sistemi anti truffa.

Pay per click 194

Note

Voci correlate•• Web marketing•• Posizionamento (motori di ricerca)•• Web marketing management•• Click-through rate•• Cost per mille

Portale Economia Portale Telematica Portale Web

Web marketing managementIl web marketing management è un ramo del marketing tradizionale che si applica ad Internet e si occupa delladefinizione, applicazione e verifica delle strategie di business e comunicazione nell'interazione online tra gli utentidel world wide web e l'impresa.

Definizioni di web marketingIn quanto canale di propagazione dei Marketing tradizionale, il Web Marketing condivide le diverse definizioni chead esso si riferiscono.L'elemento differenziante è rappresentato dal medium stesso, che offre forti spunti diretti non solo all'ambitomarketing, ma allo stesso Business dell'impresa.

Ruolo del Web MarketingEssendo una scienza economica solo di recente emancipatasi dal Marketing convenzionale, il Web MarketingManagement non ha ancora trovato una sua univoca collocazione nelle imprese.Il ruolo del Web Marketing Manager spesso viene ridotto al coordinamento di campagne sui media online o alladeclinazione della comunicazione tradizionale su Internet[1].Le finalità delle attività di web marketing dipendono ovviamente dal contesto competitivo, dal posizionamentodell'impresa nello stesso, dalle necessità di raggiungere obiettivi specifici e dalla capacità di implementare azioniadeguate sul mezzo online.Tra i principali obiettivi del web marketing possono essere elencati ad esempio:•• Benchmarking online - Studio dello scenario competitivo (sia legato all'offerta che al marketing mix)• Online branding - Incremento della notorietà di marca• Database building - Realizzazione di database per altre attività di marketing•• Lead generation - Generazione di liste contatti altamente qualificati e motivati all'acquisto• Vendita diretta - (E-commerce)• E-learning - Formazione online del personale e dei partner• Online customer support - Assistenza clienti onlineTutte le attività possono essere rivolte a specifici target interessanti per l'azienda che utilizza il canale web. Il webmarketing può rivelarsi molto utile sia per realtà che operano in ambito Business to Business che Business toConsumer.

Web marketing management 195

Gli strumenti del Web MarketingLe potenzialità vanno a replicare tutte le capacità del Web e del Web 2.0 che sono applicabili ai modelli di businessdell'impresa, e possono comprendere (ad esempio):• Sito web e minisiti dedicati alla promozione di specifiche iniziative• Direct Email marketing• Banner advertising• Search engine marketing - Search engine optimization e keyword advertising•• Affiliate marketing• Online PR - Diffusione comunicati stampa online e iniziative Pay per post•• Advergame•• Concorsi online•• Behavioural targeting

Il Web Marketing ManagerIn sinergia con il business, il Web Marketing Manager definisce le strategie della presenza su internet dell'impresa edell'utilizzo delle informazioni presenti online sulla concorrenza.In funzione delle potenzialità e dei processi online, si occupa quindi di acquisire prospect e convertirli in clienti,mantenere e assistere i clienti acquisiti promuovere lo sviluppo di servizi online, mantenere un colloquio diretto conl'utenza del proprio sito e delle aree di mercato di interesse. Il web marketing manager esplora inoltre le potenzialitàdel mercato, gli sviluppi tecnologici e le attività dei concorrenti, per raggiungere e mantenere un vantaggiocompetitivo sull'utenza web.Tramite attività di promozione online, può aumentare la visibilità dell'impresa e accrescere il numero di utenti intarget raggiungibili/raggiunti.Il Web Marketing Manager sovrintende alla progettazione e sviluppo dei siti aziendali e mantiene i rapporti con leagenzie o i collaboratori che realizzano i siti stessi, seguendo quindi gli aspetti funzionali e di comunicazione.Inoltre si occupa di monitorare i siti e tutte le attività di promozione dello stesso, valutando il ROI (Return oninvestment) dei diversi investimenti e monitorando i KPI (Indicatori di prestazione chiave)

Modelli di Costo/PagamentoI cinque modelli principali con cui la pubblicità online viene pagata sono: «Costo Per Impressioni» (CPM), «CostoPer Clic» (CPC), «Costo Per Visitatore» (CPV), «Costo Per Visualizzazione» (CPV) e «Costo Per Azione» (CPA):• CPM (Costo Per Mille) o CPT (Cost Per Thousand Impressions - Costo per Miglialia di Impressioni):

l'inserzionista paga per l'esposizione dell'annuncio verso un pubblico definito. "Per mille" significa per ogni 1000impressioni di un annuncio (comunque, alcune impressioni potrebbero non essere contaggiate, come quellederivate da azioni di "reload" o azioni di utenti interni).

•• CPV (Costo Per Visitatore): l'inserzionista paga per ogni visitatore profilato che entra sul proprio sito target permerito dell'annuncio.

•• CPV (Costo Per Visualizzazione): l'inserzionista paga per ogni visualizzatore unico, dell'annuncio o del sito web(di solito si utilizza come contatore per i pop-up, pop-under e pubblicità interstiziali).

• CPC (Costo Per Clic) o Pay per click: l'inserzionista paga per ogni clic che viene fatto sull'annuncio che ridirige al proprio sito. Non si paga in questo caso per essere presenti come annuncio, ma solo ogni volta che questo viene cliccato. Questo metodo permette di definire le chiavi di ricerca e carpire informazioni di mercato. Gli inserzionisti in questa modalità definiscono quali siano le parole chiave che scatenano la visulaizzazione dell'annuncio, rilevanti per l'annuncio e per il sito target. il CPC si differenzia dal CPV in quanto nel CPC si paga

Web marketing management 196

ogni clic indipendentemente dal sito target.•• CPA (Costo Per Azione o Costo Per Acquisizione) o PPF (Pay Per Performance): pubblicità basata su

performance tipiche del mercato delle affiliazioni. Varianti comuni sono:•• CPL (Costo Per Lead) come il CPA ma il pagamento avviene quando l'utente target della campagna compila

un modulo, si registra a una newsletter, chiede di essere contattato, ecc...• CPS (Cost Per Sale - Costo per Vendita), PPS (Pay Per Sale), o CPO (Costo Per Ordine): il pagamento avviene

ogni volta che si effettua una vendita originata dal clic sulla pubblicità.Altri modelli sono i seguenti:•• eCPM: CPM Effettivo o eCPM Calcolato tramite le conversioni come CPC, Costo per Download ecc.•• Costi Fissi: l'inserzionista paga solo per il fatto di avere il proprio annuncio pubblicato•• Costo per conversione: l'inserzionista paga per l'acquisizione di un cliente. Si calcola dividendo il costo totale di

una campagna per il numero delle conversioni. La definizione di conversione varia in funzione dell'obiettivo dellacampagna.

Note[1][1] Si prevedede che nel tempo, al crescere dell'audience di questo mezzo, il web marketing manager assumerà un ruolo strategico.

Voci correlate•• Web marketing•• Email marketing•• Search engine marketing•• Affiliate marketing•• Visual marketing

Portale Economia Portale Informatica

Landing page 197

Landing pageUna landing page, nel web marketing, è una pagina web specificamente strutturata che il visitatore raggiunge dopoaver cliccato un link o una pubblicità. Questa pagina è appositamente sviluppata per trattare specifici argomenti:mostra contenuti che sono un'estensione del link o della pubblicità ed è ottimizzata per una specifica parola chiave, ofrase, per "attrarre" i motori di ricerca.L'utilizzo classico è nell'ambito di programmi di promozione come Google AdWords, Zanox o TradeDoubler. Lalanding page che l'utente raggiungerà sarà quella promossa negli annunci pubblicitari.

DescrizioneUna landing page è spesso personalizzata per campagne pay per click, in modo che il suo contenuto sia il piùpossibile prossimo a quanto cercato sul motore di ricerca.Esistono due tipi di landing page, chiamate:• Landing Page di consultazione (Reference): hanno lo scopo di comunicare informazioni importanti per il

visitatore; queste pagine possono anche includere testi o elementi particolari.• Landing Page transazionali (Transactional): spingono invece il navigatore a completare una certa attività

(normalmente riempire un modulo sul web). Questo tipo di landing page è utilizzata per vendere prodotti, servizio contenuti.

L'obiettivo di una landing page transazionale è fare in modo che quanti più navigatori arrivino sulla pagina e seguanol'invito a compiere un'"azione" (come, ad esempio, il click su un'email, la compilazione di un modulo di richiesta, ilclick su un link). L'indice di efficienza viene chiamato "tasso di conversione" (Conversion rate, "CR"). Perassicurare un buon CR, è importante la presenza di alcuni parametri:• Compatibilità più estesa possibile della landing page su tutte le piattaforme, per risoluzione utilizzata, per peso in

Kb, per tecnologie scelte (sconsigliati, se non indispensabili, Java, Flash);•• Presenza di una richiesta di azione molto evidente e univoca (una sola azione, nessun link esterno nella pagina);•• Presenza di offerte speciali e testi attraenti.

Note

Voci correlate•• Web marketing•• Posizionamento (motori di ricerca)•• Motore di ricerca•• Pagina squeeze•• Pay per click

Portale Web: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di Web

Search engine marketing 198

Search engine marketingIl search engine marketing (SEM), conosciuto anche come search marketing, è il ramo del web marketing che siapplica ai motori di ricerca, ovvero comprende tutte le attività atte a generare traffico qualificato verso undeterminato sito web. Lo scopo è portare al sito, tramite i motori di ricerca, il maggior numero di visitatori realmenteinteressati ai suoi contenuti.

Definizioni di Search engine marketingIl search engine marketing condivide con il marketing e il web marketing le definizioni che ad essi si riferiscono, inquanto l'unica variante rispetto a queste due discipline è rappresentata dal mezzo nel quale si opera.

Ruolo del Search engine marketingIl search engine marketing rappresenta ad oggi una nicchia di competenza del web marketing manager che puòassimilare le attività di search marketing a quelle di Gestione delle Relazioni coi Clienti.Le finalità delle attività di search engine marketing coincidono con quelle del web marketing che ingloba le attivitàsu questo mezzo sfruttandone alcune peculiarità, come la possibilità di rivolgersi ad un target che esplicitadirettamente i propri bisogni attraverso un'interrogazione diretta al motore.Anche nel caso del search engine marketing le finalità delle attività pianificate dipendono dalla necessità diraggiungere obiettivi definiti nel piano di marketing e dalla capacità di individuare ed implementare azioni adeguatesul canale motori.Tra i principali obiettivi del search marketing possono essere elencati ad esempio:• Benchmarking online - Studio dello scenario competitivo sui motori di ricerca (sia in termini di saturazione del

canale che in termini qualitativi dei messaggi/contenuti proposti)• Online branding - Incremento della notorietà di marca attraverso il presidio dei risultati dei motori di ricerca• Brand monitoring - Monitoraggio del sentiment nei risultati dei motori di ricerca• Database building - Alimentazione di un database per avviare ulteriori attività di marketing sfruttando il canale

motore come porta di ingresso verso le iniziative promozionali• Lead generation - Generazione di liste contatti altamente qualificati e motivati all'acquisto a partire dai risultati

dei motori• Vendita diretta - (E-commerce) attraverso i motori di ricerca e i comparatori prezzi (motori verticali)• Online customer support - Assistenza clienti online (es. presentazione sui motori dei manuali d'uso dei prodotti

commercializzati)

Declinazioni del Search engine marketingLe molteplici declinazioni del search engine marketing contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi del piano dimarketing; le principali possibili attività che prevedono l'utilizzo del canale motori sono:• Search results monitoring - Monitoraggio dei risultati proposti per specifiche query• Search Engine Optimization (SEO) - Ottimizzazione per i motori di ricerca•• Posizionamento sui motori di ricerca•• Campagne di link building e link baiting• Search engine advertising (SEA) - Attività di gestione di campagne di link a pagamento su siti e portali che

maggiormente consentono di raggiungere il target d'impresa (detta anche Keyword advertising)• Landing page design - Creazione di pagine speciali per attività di search marketing• Search engine PageRank

Search engine marketing 199

• Search engine intelligence - Verifica interessi dell'utenza dei motori per studi di mercato• Sintext - Tecniche di scrittura sintetica ad alto contenuto evocativo utilizzate nel Keyword advertising oltre che

nel SEM

Voci correlate•• Web marketing•• Link popularity•• Ottimizzazione per i motori di ricerca•• Posizionamento sui motori di ricerca•• Motore di ricerca

Collegamenti esterni• Search engine marketing [1] in Open Directory Project, Netscape Communications. ( Segnala [2] su DMoz un

collegamento pertinente all'argomento "Search engine marketing")

• SEO Weblog su Dmoz [3] in Open Directory Project, Netscape Communications. ( Segnala [4] su DMoz un collegamento

pertinente all'argomento "SEO Weblog su Dmoz")

Portale Economia Portale Web

Note[1] http:/ / www. dmoz. org/ World/ Italiano/ Affari/ Information_Technology/ Internet/ Marketing/

Registrazione_e_Posizionamento_sui_Servizi_di_Ricerca/[2] http:/ / www. dmoz. org/ public/ suggest?cat=World/ Italiano/ Affari/ Information_Technology/ Internet/ Marketing/

Registrazione_e_Posizionamento_sui_Servizi_di_Ricerca/[3] http:/ / www. dmoz. org/ World/ Italiano/ Computer/ Internet/ Marketing/ Weblog/[4] http:/ / www. dmoz. org/ public/ suggest?cat=World/ Italiano/ Computer/ Internet/ Marketing/ Weblog/

Click-through rate 200

Click-through rateIl Click-through rate (siglato in CTR) ("Percentuale di clic" in italiano) è un tasso che misura l'efficacia di unacampagna pubblicitaria on-line. Se un banner o messaggio pubblicitario esposto sul World Wide Web è visualizzato100 volte (impression delivered, ogni volta che un banner è caricato su una pagina web ed essa è visualizzata nelloschermo di un utente) e una persona vi clicca sopra, il CTR risulterà dell'1%; è quindi considerato un indicatoresignificativo dell'interesse dell'utenza nei confronti del messaggio proposto.Le percentuali medie CTR nel corso degli anni si sono ridotte anche molto al di sotto del 1%, così che oggi un CTRdel 2% è da considerarsi un ottimo successo. Ma scegliendo un sito appropriato per il proprio messaggio, con un altogrado d'affinità con esso (per esempio un sito sul cinema per pubblicizzare un film), lo stesso banner può ottenere unCTR anche molto più alto. Personalizzandolo, usando modalità fuori dal comune e maggiormente invasive, ilmessaggio ottiene CTR maggiori di un banner pubblicitario standard.Il CTR è calcolato comunemente dal rapporto tra numero di click e numero di 'impressions', ma può essere messo inrelazione anche con il numero di persone che hanno cliccato (CTOR, click-to-open rate) che generalmente èconsiderato più attendibile. Infatti se un utente ha visualizzato il messaggio pubblicitario e vi clicca sopra più volte,il CTR aumenta (anche se i cliccatori in realtà non sono aumentati), mentre il CTOR resta inalterato. Il CTOR èdeterminante per valutare il successo di campagne marketing on-line o e-mail, newsletter, ecc, e per una corretta epiù utile profilazione del proprio database di contatti.I principali fattori che possono influire sul valore del CTR sono:•• Appeal dell'offerta•• Contenuto del messaggio (grafico e/o testuale)•• Posizione in pagina dell'annuncio•• Caratteristiche dell'utenza che visualizza l'annuncio (es interessi, confidenza con il mezzo online)•• Convivenza del messaggio con altri contenuti onpage.

Bibliografia• Sherman, Lee and John Deighton, (2001) Banner advertising: Measuring effectiveness and optimizing placement,

Journal of Interactive Marketing, Spring, Vol. 15, Iss. 2.• Ward A. Hanson and Kirthi Kalyanam(2007), Internet Marketing and eCommerce, Chapter8, Traffic Building,

Thomson College Pub, Mason, Ohio.

Voci correlate•• Banner•• Pay per click•• Cost per mille•• Web marketing

Portale Economia Portale Telematica Portale Web

Fonti e autori delle voci 201

Fonti e autori delle vociAzienda Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67572191 Autori: *Raphael*, .anaconda, 5Y, Aanto, Actarux, Air swan, Aleksander Sestak, AlessandroNicoletti, Alfreddo, Alkalin,Archenzo, Ary29, AttoRenato, BMF81, BilloK, Bradipo Lento, Buggia, Carlo.milanesi, Crys0000, Daniele Pugliesi, Davide, Dega180, Delfo, Duroy, Elwood, Eumolpo, Fabbosko, Fantasma,Fede122011, Frazzone, Frieda, Giancarlo Rossi, Gianfranco, GiorgioWiki, Giustino.veri, Gnumarcoo, Guidomac, Ignisdelavega, Kanchelskis, Kaspo, LukeWiller, Marcopil64, Mario1952,Mauriziogio, Mauro742, Michele-sama, Microsoikos, Mox83, Mr buick, Niculinux, No2, Nubifer, Pap3rinik, Phantomas, Piero, Pippu d'Angelo, RL, Raffamaiden, Rizzoli Emanuelli SpA,Sanremofilo, Sbisolo, Sellfish, Senza nome.txt, Shivanarayana, Simscar, Snake eyes, Svante, Taueres, The Polish, Tizi27487, Torredibabele, Triquetra, Tutor, Twice25, Vituzzu, Xavi visca, 139Modifiche anonime

Startup (economia) Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66959673 Autori: Alfreddo, AttoRenato, Buffo, Chessstoria, Ermanon, Jalo, LucaG83, Matzudaira, Mizardellorsa,Phantomas, Rrronny, Sandr0, Soldivieri, Tino, Tooby, Trixt, Veneziano, Vitalij zad, Vonvikken, Yetanotherus3r, 19 Modifiche anonime

Email marketing Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=62671228 Autori: .anaconda, Alec, Avesan, Bradipo Lento, Domy18, Eumolpo, F.giusto, Gacio, Gce, Horcrux92, Lucas,Nalegato, Nijeko, Pil56, Prisma3399, Rotpunkt, Rusdan, Sentruper, Sharemind, Simona Ibba, Soloperimigliori, 25 Modifiche anonime

Gestione, amministrazione, esercizio Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66959200 Autori: AnjaManix, Avesan, Bultro, Daniele Pugliesi, Elcairo, ElpJo84, Eumolpo, Llorenzi,Marcopil64, Massimiliano Panu, Maurice Carbonaro, Niculinux, No2, Pap3rinik, Phantomas, Tiesse, Umbatman, 7 Modifiche anonime

Contabilità Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67586061 Autori: Aiken drum, Andpav, Ary29, Avesan, Bettimarco, Brain79, Buggia, Daniele Pugliesi, Emjay, FSosio, Felyx,Filippo2192, Formica rufa, Gelso nero, Gia Gal, Gianlucabc, Gionorlando, Guidomac, Laurentius, M7, Malemar, Massimiliano Panu, Melkor II, Mile, No2, Pap3rinik, PersOnLine, Phantomas,Pierpao, Pracchia-78, Retaggio, Rotpunkt, Salvatorevi84, Snowdog, Supix, Svante, THeK3nger, Tia solzago, Ticket 2010081310004741, Tiesse, Truman Burbank, Vituzzu, 95 Modificheanonime

Economia aziendale Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66958921 Autori: 1l2, 5Y, Alfio, Amanconi, Ambrogio molteni, Ariel, Ary29, Avesan, Bradipo Lento, Bramfab, DanielePugliesi, Dega180, Elwood, Felyx, Filnik, Fotogian, Frieda, Frigotoni, Gasolino, Gattorosso71, Gianfranco1987, Gianluigi, Gvittucci, Ignisdelavega, Ikeo, Jalo, Josef von Trotta, K.Weise,Lbertolotti, Marcopil64, Maurice84, Niculinux, Pava, Phantomas, Pil56, Sbisolo, Selvazzano94, Senpai, Senza nome.txt, Shivanarayana, Snow Blizzard, Tanarus, Torredibabele, XScratchAx,Zik, 81 Modifiche anonime

Contabilità analitico-gestionale Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=65703600 Autori: Antonio Caruso, Arthemius x, CavalloRazzo, Eumolpo, GiorgioWiki, M7, Paginazero,Sanremofilo, Sbisolo, Senpai, Senza nome.txt, РобоСтася, 9 Modifiche anonime

Controllo (economia aziendale) Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66958766 Autori: Llorenzi, Marcopil64, Niculinux, 4 Modifiche anonime

Pianificazione aziendale Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66959453 Autori: Alphamu57, Avesan, Daniele Pugliesi, Decisyon, Dommac, Fabexplosive, Gnumarcoo, Gvittucci,Ignisdelavega, Italo da b, Luca Ottaviano, MapiVanPelt, Marcopil64, Niculinux, No2, Pil56, Stamsofer, Taueres, Tiesse, Timg, 11 Modifiche anonime

Business plan Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66958669 Autori: Alescri, Alkalin, Andrea Cioffi, Ask21, Avesan, Bmagnani, Bonovox84, Businessplanonline, Comio,DanGarb, Daniele Pugliesi, Danieledc, Dario Pagnoni, Decisyon, Dedda71, Dome, Dr Zimbu, Eumolpo, Fabrymondo, Filippo2192, Frieda, Frigotoni, GiorgioWiki, Guidomac, Icaro,Ignisdelavega, L736E, M7, ManuWiKiP, Memnone di Rodi, MissMarpion, No2, Orric, Phantomas, Pracchia-78, Retaggio, Riccardo.fabris, Rrronny, SamZane, Senza nome.txt, Shivanarayana,Simone Siviero, Stemby, TheKaspa, Veneziano, 108 Modifiche anonime

Organizzazione aziendale Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=65998768 Autori: Ad88110, Alkalin, Alphamu57, Angelinux, ArtAttack, Avesan, Beta16, Buggia, Colom,Fabexplosive, Frieda, Guidomac, Gvittucci, Incola, Ines, MapiVanPelt, Marcopil64, MaxDel, No2, Phantomas, Pierpao, Poplo 1111, Pracchia-78, Rescartino, Senpai, Shivanarayana, Sirabder87,Skymen, Taueres, Tiesse, Veneziano, Wikit2006, Zorzo Mirco, 58 Modifiche anonime

Funzioni del linguaggio Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66682494 Autori: Bultro, Demart81, Eumolpo, Euparkeria, Frigotoni, Marcel Fosca, No2, Paopp, Pequod76,RegSimo, 13 Modifiche anonime

Time management Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67108585 Autori: Beatrice, Dbalestrini, Dch, Jacopo Werther, Kaihku, Lore87, Lucas, Massimiliano Panu, MelodyLavender, No2, Pugliak, Skymen, Tenebroso, Traffyk, Veneziano, 9 Modifiche anonime

Divisione del lavoro Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=61887233 Autori: Ary29, Eumolpo, FCom T 65, Ginosal, MapiVanPelt, Massimiliano Panu, Pracchia-78, Tulipanos,ViciDig, Wikibell, 41 Modifiche anonime

Funzione aziendale Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67259959 Autori: Balfabio, Bultro, Eumolpo, Marcopil64, Phantomas, Rescartino, 3 Modifiche anonime

Gruppo di lavoro Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=63950260 Autori: Bradipo Lento, Interlocutore, Marcopil64, Midnight bird, Renato.marcolin, Rojelio, Shivanarayana,Stanze, Tiesse, 21 Modifiche anonime

Project management Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67657578 Autori: Albesco, Alphamu57, AndreA, Avesan, Buggia, Bultro, Cornelius383, Daniele Pugliesi, Demart81,Diuturno, Eagleone, Enjoyppm, Er Cicero, Erambaldi, Eumolpo, Gac, Gacio, Gi87, Gianfranco, Giovannimacchia, Gipu56, Giuseppe De Marte, Gliu, Ignisdelavega, Ilfachiroalcinema, Ittoene,Jalo, Manot, Marcok, Marcopil64, Mattiacrespi, Max 3, MaxDel, Memnone di Rodi, Moroboshi, Nikimast85, No2, Paolosub, Pracchia-78, Salmon57, Salvatore Ingala, Sax123, Senza nome.txt,Shaka, Theirrulez, Ticket 2010081310004741, Tiesse, Timg, Tomi, Tregrilli, Uji, Veneziano, 104 Modifiche anonime

Risorse umane Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67532451 Autori: 5Y, Archenzo, Ary29, Daniele Pugliesi, Eliasoriordan, Fredericks, Frieda, Gac, Gasolino, Hellis,Ignisdelavega, Marcopil64, No2, Personne1212, Peter Benjamin, Sandr0, Sbisolo, Simona Macis, Strambusto, Template namespace initialisation script, TierrayLibertad, Tiesse, Timg, Veneziano,29 Modifiche anonime

Strategia Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=61946348 Autori: A7N8X, Alkalin, Avesan, Beechs, Centurion.e75, Civvì, Dardorosso, Elisa buratti, Fabio.gastone, Frigotoni,Giona LoRe, Kamina, Klaudio, Kormoran, Lord Hidelan, LukeWiller, Lukius, MapiVanPelt, Marcok, Marcol-it, Maurice Carbonaro, Mtiovinelli, Niculinux, Painlord2k, Pegasovagante,Retaggio, SamiraT, Snowdog, Ticket 2010081310004741, Tino, Truman Burbank, Valepert, 25 Modifiche anonime

Visione aziendale Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66959807 Autori: Avesan, Gi87, Gisegre, Guidomac, Gvittucci, Ignisdelavega, Ittoene, Marcuscalabresus, Nicola Romani,No2, P.patruno, Pracchia-78, Remulazz, 7 Modifiche anonime

Missione aziendale Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66959349 Autori: Actarux, AnjaManix, Avesan, Black Shadow, Castagna, Cheminvento, Fabexplosive, Francisco83pv,Gi87, Guidomac, Gvittucci, Nicola Romani, Pava, Pcastellina, Phantomas, Sesquipedale, 21 Modifiche anonime

Piano (strategia) Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67246799 Autori: Avesan, Brunocip, Gvittucci, Il Dorico, Kky, Marcopil64, Phantomas, Riottoso, Sailko, Truman Burbank,4 Modifiche anonime

Tattica Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67788078 Autori: Basilero, Cruccone, Crypto, DanGarb, Drow, Er Cicero, Fabrizio Fiorita, Filippof, Frieda, Gvittucci, Il Dorico,Ilario, Larry Yuma, Niculinux, Painlord2k, Sanya3, Simone, Triple 8, 9 Modifiche anonime

Catena del valore Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67594430 Autori: Alfredxz, Avesan, Baruneju, Fulvio314, Gvittucci, IPork, Marcok, Ossistyl, PL, Pracchia-78,TierrayLibertad, Tiesse, Willy78, Ysogo, 12 Modifiche anonime

Piramide di Anthony Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=65184555 Autori: Bieco blu, Essepoint, Lucarizzo90, No2, Patafisik, Triquetra, 3 Modifiche anonime

Analisi PEST Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67081566 Autori: Aplasia, Daniele Pugliesi, Luckyz, Mion, Omino di carta, Ppong, ValterVB, РобоСтася, 2 Modificheanonime

Fonti e autori delle voci 202

Analisi SWOT Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66086238 Autori: Actarux, Antonio Gaeta, BrokenSword, Daniele Pugliesi, Elwood, Euparkeria, Filnik, GJo, Giovanisp, Jalo,Kronox89, Lanciano, Laurentius, Llorenzi, Marcol-it, Melkor II, Nbrentan, Phantomas, Pipep, Pracchia-78, Soprano71, Tfeliz, The Polish, Valerio79, Veneziano, 58 Modifiche anonime

Analisi dei flussi di cassa Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=40234716 Autori: Caulfield, Eumolpo, Fabrox, GiorgioWiki, GordonF, Gvittucci, Pil56, Sbisolo, SuperSecret,Teresa2000, 3 Modifiche anonime

Scheda di valutazione bilanciata Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=65750291 Autori: Avesan, Bultro, Businessplan, Civvì, Daniele Pugliesi, Emme.pi.effe, G.tronca, Gac, Gliu,Gvittucci, M7, Manfre87, Marcel italy, Matteo Pregio, Nicola Romani, Pressman2009, Redeemed, Riana 2011, Sbisolo, Snowdog, Spillafioc, Theferro, Tiesse, Twice25, 32 Modifiche anonime

Diaman Ratio Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=47296761 Autori: Cak81, 4 Modifiche anonime

Strategia di uscita Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=65635419 Autori: Harlock81, NewLibertine, PersOnLine, Shivanarayana, 13 Modifiche anonime

Quota di mercato Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=57321014 Autori: Balfabio, Joke, LukeWiller, NewLibertine, Skunkk, 1 Modifiche anonime

Matrice di Kraljic Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=65622271 Autori: .jhc., Al Pereira, Elitre, KS, Skadd77, Tiesse, 5 Modifiche anonime

Make or buy Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67096023 Autori: Al Pereira, Hal8999, Jacklab72, Tiesse, Wwilma, 2 Modifiche anonime

Coopetizione Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=65611805 Autori: AnselmiJuan, Ary29, DnaX, Mickey83, Nicolabel, No2, PersOnLine, 16 Modifiche anonime

Vantaggio competitivo Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=62521604 Autori: Civvì, Compo, Dr Zimbu, Frieda, Giuseppet, Gvittucci, Marcobuccione, Mau db, No2, Rdocb,Tiesse, Vermondo, 18 Modifiche anonime

Vantaggio di costo Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=61062717 Autori: Gubberna, Gvittucci, Incola, Valepert, 3 Modifiche anonime

Integrazione verticale Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=61768627 Autori: Airon90, Ercaran, Felyx, Hellis, K.Weise, No2, Shaka, Trapanator, Wwilma, Zago84, 7 Modificheanonime

Competenza distintiva Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=64821327 Autori: Gvittucci, Littoria, Marcol-it, Massimiliano Lincetto, [email protected], No2, Phantomas, Superfranz83,Tenebroso, Triple 8, 2 Modifiche anonime

Curva di esperienza Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67246748 Autori: Avesan, DanGarb, Eta-beta, Francois007, GiorgioWiki, Moloch981, Piddu, Pracchia-78, Snowdog,Starlight, Trixt, Veneziano, 16 Modifiche anonime

Costi di apprendimento Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67080129 Autori: Buggia, No2, Ridens979, Skymen, 1 Modifiche anonime

Teatro d'impresa Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=60758554 Autori: Anotarnicola, Avesan, Centrifuga, Eumolpo, Ignisdelavega, LaFeba, Madaki, Paola Cinti, Phantomas,Pinza, Trevinci, Truman Burbank, 38 Modifiche anonime

Valori d'impresa Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=49846838 Autori: Gvittucci, Ignisdelavega, Ittoene, 2 Modifiche anonime

Integrazione orizzontale Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66870658 Autori: Daĉjo, Eumolpo, Felyx, Hellis, Normangreek, QuadropheniaG, Shaka, Trapanator, Wwilma, 2Modifiche anonime

Teoria dei vincoli Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=58721812 Autori: Jalo, Massimiliano Panu, Rojelio, SAFALETT

Modello delle cinque forze competitive di Porter Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67658178 Autori: Alberto.xodo, Alfredxz, Avesan, Cinzia, Delas, Gvittucci, Horcrux92,Kerubin, Losògià, Mosca, Pisqualo, Raskolnikov, Rinina25, Shaka, Snowdog, Tiziano2, Wwilma, 12 Modifiche anonime

Cost per mille Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66240828 Autori: Fluctuate, Horcrux92, Ml, 7 Modifiche anonime

Customer relationship management Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67172066 Autori: 5Y, Alfredxz, Altesys, Angelo Mascaro, Ary29, Azrael555, Biopresto, Civvì,Discanto, Flavio Filoni, Frieda, Gac, Gliu, Hanyell29, Hrundi V. Bakshi, Ignisdelavega, Kakkolone, Leonard Vertighel, Leonardo.milan, Marcok, Moongateclimber, Notafish, Numbo3,Paginazero, PandaSorn, Paolovecchi, Patrizia.morandi, Pegasovagante, Quatar, Rabebo, Rdocb, Roldy, Sbisolo, Shaka, Truman Burbank, Twice25, Veneziano, 62 Modifiche anonime

Enterprise resource planning Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67000713 Autori: %Pier%, Abrigo, Actarux, AmonSûl, AntonViking, Ary29, Bramfab, Castagna,CavalloRazzo, Cgiunchi, Ciampix, Civvì, Cristiano.ragazzon, Cryngo, Daniele Pugliesi, Dega180, DinoGud, Djdomix, DnaX, Edocomis, Edogolf, Eniac 2011, Eumolpo, Frieda, Gabriele.levy,Gac, Gagio, Gchiavacci, Ggonnell, Giocaf, Hellis, Iojoe2000, Javincy, Joram, Kategoriko, Larry Yuma, Lo berti, Luca Carati, M Arco, Majilis, Marco.cosci, Maurizio1982, Max20059, MaxDel,Nicoli, Paginazero, PersOnLine, Peter Benjamin, Phantomas, Pil56, Quadrupede, Rechreh, Rpanizza, S.Frascari, Sav sava, Sentruper, Snowdog, Ssbbmm, Stamsofer, Ticket 2010081310004741,Tiesse, Timg, Vituzzu, Zucchetti, 160 Modifiche anonime

Material Requirements Planning Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=62670395 Autori: Adert, AlessioMela, Alleborgo, AmonSûl, Bluish, Bultro, Civvì, Eumolpo,Gabriele.levy, Hellis, Kategoriko, Lauramir, M Arco, Mario.pedrazzoli, Nicolabel, Pil56, Ricky enj, Sbisolo, Square87, Stamsofer, TheCadExpert, Tiesse, Wikit2006, 34 Modifiche anonime

Manufacturing Execution System Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67697069 Autori: Adert, Gian Maria Masiero, Ignisdelavega, M7, Massimiliano.fiorini, Verope, 2Modifiche anonime

Comunicazione Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67491699 Autori: %Pier%, A7N8X, Agostino64, Al Pereira, Alfio, Alfredxz, AnjaManix, Antenor81, Antiedipo, Ap italia,Artegiraldifrancesco, Asargenti, Avesan, Balla, Bettacam, Blakwolf, Brownout, Bruno Settimo, Buggia, Caceo, Calint, Cialz, Cloj, Coogie253, Daniele Pugliesi, Danilo Arlenghi, Dantrevisani,Darth Kule, Dedda71, Demart81, Doctor Dodge, Donluca, Dragoonslair, Dylan--86, Edenexit, Er Cicero, Escservices, Eshen035, Eumolpo, Ezioforza, Fcarbonara, Ferdinando Scala, Filippof,Fire90, FollowTheMedia, Francesca89p, Francesco wiki wiki, Francisco83pv, Frieda, Gac, Gacio, Gaux, Giammy, Gierre, Giovanni scotto, Guidomac, Hal8999, Hellis, Henrykus, Ines, Jalo,Johnlong, Jollyroger, Kky, Klamm, L736E, LaPizia, Labert, Leoha, LjL, Lucas, Lucus, Ludovicaberlino, Luschu, M7, MapiVanPelt, Marco Plassio, Marcok, Mattiacrespi, Maurice Carbonaro,Midnight bird, Mimmo love, Moongateclimber, Nicoli, No2, Oile11, Pegasovagante, Phantomas, Pierluigi Testa, Piero, Pierpao, Pracchia-78, Probante, Psicom, Ravenda, Razzairpina, Rdocb,Restu20, Ripepette, RobertoITA, Roger469, Rotpunkt, Sbisolo, Sentruper, Sesquipedale, Shivanarayana, Snowdog, Soragni, Suisui, SynConlanger, Taueres, Template namespace initialisationscript, Tenebroso, Theflying, Thesan, TierrayLibertad, Timendum, Tregrilli, Trixt, Truman Burbank, Twice25, Umbraimago, Unberto Eco, Veneziano, Vipera, Vituzzu, Wikirock, Wmcg2,Yossarian99, 166 Modifiche anonime

Teoria della comunicazione Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66194126 Autori: Avesan, Beechs, Castagna, Demart81, Dr Zimbu, Eumolpo, Filomena.scarfato, Guidomac,Ines, Keepspoemsfr, Luta96, Margherita, Mr buick, No2, Padanda, Paopp, Phantomas, Piero, Rago, Razzairpina, Rotondale Pina, Sanremofilo, Sax123, Sebino, Sesquipedale, Snow Blizzard,Stefaniatiozzo, Truman Burbank, Valerio79, Veneziano, Vincenzinascarfato, Wiki wisdom, 40 Modifiche anonime

Scienze della comunicazione Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67701450 Autori: Alletto, AmnaB, Ary29, Avesan, Beechs, Bruno Settimo, Chiorbone da Frittole, Clickycaserta, Coogie253, Cristina.marelli, Danilo Arlenghi, Dega180, Desanti, Drow, Eumolpo, Fabio SA, Ferdinando Scala, Francycinema, GBG, Gacio, Guidomac, Horcrux92, InWind, Jalo, Jepo,LetiziaFranceschi, Lucas, M7, Marcok, Massimiliano Panu, Matafione, Midnight bird, No2, Ossistyl, Pakdooik, Paopp, Phantomas, Pracchia-78, Ranma25783, Razzairpina, Riccardo Notte,Rosencrantz, Sanremofilo, Selvazzano94, Ticket 2010081310004741, Tommaso Ferrara, Trikke, Truman Burbank, Viscontino, Wanjan, 175 Modifiche anonime

Tecnologie dell'informazione e della comunicazione Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66196287 Autori: %Pier%, Aacugna, Aplasia, Ary29, Avesan, Bramfab, Bultro,Calànch, Cantalamessa, Carlacp, Castagna, Ciccioformaggio, Comune mortale, Cornelius383, Cruccone, Delband, Discanto, Djdomix, Gacio, GiacomoV, Gnumarcoo, Jalo, Joram, Kaosrimo,Karloff, L736E, Llorenzi, Luisa, Mattiacrespi, Mauroscar, Mpitt, Phantomas, Pierfranco, Rotpunkt, Sax123, Sentruper, Shivanarayana, Trixt, Twice25, Vituzzu, Yoruno, 70 Modifiche anonime

Marketing Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66959319 Autori: A.karpov3, Aculus, Aguastini, Alexmar983, Alfa privativo, Alfredxz, Alkalin, Amanconi, Antonio Felaco, Archiegoodwinit, AttoRenato, Avesan, Beechs, Beetstra, Bradipo Lento, Calenda.m, Carlo.milanesi, Carmide, Castagna, Chem, Ciacovelli, Ciapy, Ciro07, Claudia Alb, Clicli, Cobram, Cyberuly, Danilo Arlenghi, Dega180, Discanto, Drugo2, Dry Martini, Elwood, Emasmind, Emme.pi.effe, Eumolpo, Fabrizio Olati, Fabriziop.1983, Fcarbonara, Fiordistella, Franco3450, Freedomness, Frieda, Fulviofurbatto, Furins, Gacio, Gigi55gigi, Ginosal, Giorgiobonifazi, Giovannigobbin, Giuliano Pellizzari, Guidomac, Hanyell29, Hashar, Ignisdelavega, Ilafra, Jalo, Joe123, KS, Keba47, Keisfast, Klaudio, Klemen Kocjancic, Leotraversa, Littoria, Losògià, Lox, Lucas, Luisa, LukeWiller, Lusum, M7, Manolo224, MapiVanPelt, Marcok, Martinina2, Marzedu, Massimiliano Panu,

Fonti e autori delle voci 203

Mattiacrespi, Misterioso, Mitchan, Mktgimm, Mpracucci, Mr buick, Neon97, NewLibertine, Nicola Romani, Niculinux, No2, Nubifer, Omssm, Pallme, PaoloBellesia, Pava, Pegasovagante,PersOnLine, Phantomas, Pietro, Pippo-c-l, Podestà, Pracchia-78, Rabebo, Remo Mori, Remulazz, Rescartino, Riana 2011, Roberto Laurenzi, Roberto Mura, Rodko, Rojelio, Rokkabilly,Rudivittori, Rusdan, Saigon87, Sailko, Sanremofilo, Sara1981, Senpai, Sexolog, Shivanarayana, Shony, Sky, Snowdog, Soprano71, Spin, Stefano Nesti, Suisui, Superchilum, Superfranz83,Sweetkate, Tenerone91, TheLoneRanger, Tomi, Trida, Trixt, Tvi449, Twice25, Ufossal, Umberto Lisiero, Veneziano, Whad italy, Wikirock, p508F6EFC.dip.t-dialin.net, 299 Modifiche anonime

Brand management Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=63220009 Autori: Alfredxz, Altea, Andrea.gf, Berto, Dunferr, Gi87, Losògià, Lucas, Marcol-it, No2, Omssm, Phantomas,Saigon87, Simone, 20 Modifiche anonime

Personal branding Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67318368 Autori: Aplasia, Basilero, Citazione, Cyberuly, Hornetriders, Joram, Niculinux, Riccardo.proetto, Sbisolo,Simotova, Skande, Veneziano, Vituzzu, 27 Modifiche anonime

Modelli di branding Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=47226220 Autori: Aethelfirth, BeaverB, Cotton, Cyberuly, M7, Marcol-it, No2, Rojelio, 11 Modifiche anonime

Neuromarketing Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66486301 Autori: Discanto, Erinaceus, Fabio.gastone, Giuliano Pellizzari, Gts, L736E, LucaG83, M7, Marta1978, Rojelio,Sanremofilo, Sentruper, Turgon, Ulisse, Veneziano, 16 Modifiche anonime

Marketing strategico Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66952162 Autori: Bradipo Lento, Capt yossarian, Cotton, Franco3450, Gacio, Guidomac, Innovatre, MassimilianoPanu, Patafisik, Rojelio, Sandr0, StefanoIT, Studioeducational, 23 Modifiche anonime

Marketing urbano Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66959322 Autori: Adigama, MM, Marco Plassio, Marcomkc, No2, Patafisik, Stefano Nesti

Return on investment Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67668416 Autori: Alleborgo, Arodichevski, Ary29, Biopresto, Chaemera, Codas, Daniele Pugliesi, Diebro, F l a n k e r,Giorgio25b, Gmacar, Gvittucci, Jeps 88, Kormoran, Losògià, Novenovenove, Raffo 83, Shaka, Snowdog, TheLoneRanger, Timetwister, Vituzzu, 32 Modifiche anonime

World Wide Web Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67415523 Autori: .anaconda, 5Y, A7N8X, AKappa, Abisys, Actarux, Adattolo, Aerandir09, Aidosnet, Alfio, Ary29,Assianir, AttoRenato, Avesan, Basilero, Bciaghi, Bellantese, Beta16, Blakwolf, Brownout, Bultro, ChemicalBit, Civvì, Comune mortale, Craig, CristianCantoro, Discanto, Dommac, DonPaolo,Dread83, Drugonot, Dzag, Elwood, Energia, Eumolpo, Frankthequeen, Frieda, Furret, Gacio, Giuseppe2011solis, Gliu, Hellis, Iron Bishop, Iskander, Jacopo, Koko, Lolo00, Luckyz, Luisa,Lyell01, Macrakis, MapiVanPelt, Marco Calvo, Marco Plassio, MarsPF2, Matgio, Mauro Lanari, MaxDel, Mcimichell, Mfprimo, Midnight bird, MikyT, Moloch981, Moongateclimber, No2,Nsnsjsjsjs, Nubifer, Otto Vask, P tasso, Pepato, Pequod76, Phantomas, Pisquik, Porta seriale, Pracchia-78, Reddstain, Restu20, Richhard, Rojelio, Romero, Rotpunkt, Sbisolo, Senpai, Sentruper,Siebrand, Simone, Sky, StefanoRR, Suisui, Taueres, Template namespace initialisation script, Ticket 2010081310004741, Toobaz, Twice25, Wedgefish, ZioNicco, ppp-179-144.24-151.libero.it,233 Modifiche anonime

Web marketing Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67437551 Autori: 2marketinways, A.damiani, Active121, AttoRenato, Avesan, Azrael555, Cpaolo79, Cyberuly, Eumolpo,Fabio60, Gac, Grigio60, Horcrux92, Ignisdelavega, Keisfast, Manolo224, Marcocavicchioli, Marcok, Melos, Midnight bird, Morpheusxx1, Pap3rinik, Papa Song, Phantomas, Pil56, Rokkabilly,Rudivittori, Sentruper, Shivanarayana, Sitovivo, Slyweb, Soloperimigliori, Tia solzago, Ticket 2010081310004741, Trida, Tvi449, Valerio D'Adamo, Vituzzu, 66 Modifiche anonime

Motore di ricerca Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67260650 Autori: 4ndr34, AccaKappa, Afnecors, Alby128, Alec, AlessioMela, Alver, Amarvudol, AmonSûl, Anakletos,Andre86, Araganaus, Ary29, Avesan, Azrael555, BerserkerWelding, Binaryboy, Black Cat XIII, Blakwolf, Bradipo Lento, Bramfab, Brodo, Brownout, Buggia, Bultro, Byron, Ciapy,Costaandrea, Dega180, Demart81, Drugonot, Egipros06, Eresse, Euparkeria, Euphydryas, Fabio.gastone, Fabio60, Ffeeddee, Flavio Filoni, GI9VANNI, Gac, Ggoal, Giovannigobbin, Gliu, Gvf,Hal8999, Hashar, Hellis, Hogudo, Ignisdelavega, Iron Bishop, Klaudio, Konolu, L736E, LikeLifer, Llorenzi, LoStrangolatore, Lorzusa97, Louisbeta, Lox, Lucas, M7, Maltra, Manusha,MapiVanPelt, Marcok, Marcol-it, MaxDel, MerliAndrea, Moloch981, Moongateclimber, Neq00, Niculinux, No2, Otourly, Panther, PersOnLine, Petro, Phantomas, Phyk, Piero, Pil56, Qbert88,Redqueen, Restu20, Robykiwi, Rojelio, Sassospicco, Sentruper, Sestooos, Shivanarayana, SimoneLS, Snow Blizzard, Snowdog, Stefa182, Suisui, SuperSecret, Thescreamer, Ticket2010081310004741, Tirinto, Vaccaricarlo, Vituzzu, Wikiblack, Xxrickyxx, Yoruno, Zack Tartufo, Zimo95, ^musaz, 309 Modifiche anonime

Posizionamento (motori di ricerca) Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66959468 Autori: Abisys, Alexandr.m, Ascarpe, Avesan, Comune mortale, Cyberuly, Eippol, Guidomac,Horcrux92, Ignisdelavega, Luidaderossi, Luigi.tuby, M7, Marcok, Maxillo, Nicolabel, No2, Phantomas, Pracchia-78, Senso, Sentruper, Sjachille, Slyweb, Snowdog, Ticket 2010081310004741,Tizianol, Trida, Virginialuppi, Webrix, 19 Modifiche anonime

Pay per click Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=67691175 Autori: Abisys, Avesan, Chessstoria, Daniele Forsi, EffeX2, Horcrux92, Kiado, Peciuz, Sentruper, Slyweb,Soloperimigliori, The Polish, Tia solzago, Ticket 2010081310004741, Vituzzu, 11 Modifiche anonime

Web marketing management Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66959812 Autori: A. B., Codas, Dwdp, Efffetti, Horcrux92, Manolo224, Marcok, Radio89, Remulazz, Rojelio,Sentruper, Targeting, Trida, Valepert, Xonia, 26 Modifiche anonime

Landing page Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66292362 Autori: Ascarpe, Avesan, Davidcasalini, Elcairo, Giavara, Horcrux92, Lucas, No2, Phantomas, Phpone, Pil56, RemoMori, Sentruper, Starlight, Sunyatasattva, Ticket 2010081310004741, Tizianol, Vituzzu, Webrix, 10 Modifiche anonime

Search engine marketing Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=66959605 Autori: AndreaJatta, Ary29, Cyberuly, Elborgo, Gacio, Horcrux92, Idas86, Ilario, Jacopo, Marcok,Marketto, Mess, Pap3rinik, Sentruper, Slyweb, Ticket 2010081310004741, TierrayLibertad, Tizianol, Trida, V074g3r, 20 Modifiche anonime

Click-through rate Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=56604250 Autori: ALaNTuSeK, Ary29, Avesan, Buzz lightyear, Codas, Dr Zimbu, Fabio.gastone, Horcrux92, Lucas,No2, Phpone, Robykiwi, Sanremofilo, Sentruper, Trida, 3 Modifiche anonime

Fonti, licenze e autori delle immagini 204

Fonti, licenze e autori delle immaginiImmagine:Exquisite-kfind.png Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Exquisite-kfind.png Licenza: GNU General Public License Autori: GuppettoFile:Wiktionary small.svg Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Wiktionary_small.svg Licenza: logo Autori: User:F l a n k e rFile:Commons-logo.svg Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Commons-logo.svg Licenza: Public Domain Autori: SVG version was created by User:Grunt and cleaned up by3247, based on the earlier PNG version, created by Reidab.File:Open book 01.png Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Open_book_01.png Licenza: Public Domain Autori: EDUCA33E, Enomil, Liftarn, Niki K, Palosirkka,Pseudomoi, Tacsipacsi, TintoMeches, VIGNERON, 1 Modifiche anonimeFile:Nuvola apps kchart.svg Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Nuvola_apps_kchart.svg Licenza: GNU Lesser General Public License Autori: en:David 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