Geraci master sioi 2015 "wake up italia"

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Davide Geraci S.I.O.I. - COMUNICAZIONE E MEDIA NELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI 1 MASTER IN: COMUNICAZIONE E MEDIA NELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI ANALISI DEI PIANI DI COMUNICAZIONE L’analfabetismo di Ieri, la comunicazione di Oggi. Davide Geraci “Wake Up Italia”

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Davide Geraci

S.I.O.I. - COMUNICAZIONE E MEDIA NELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI

1

MASTER IN:

COMUNICAZIONE E MEDIA NELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI

ANALISI DEI PIANI DI COMUNICAZIONE

L’analfabetismo di Ieri, la comunicazione di Oggi.

Davide Geraci

“Wake Up Italia”

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INDICE OPERATIVO:

Copertina

Indice operativo

I sette capitoli

Prefazione

Presentazione personale

Citazioni

Bibliografia

La più grande scoperta umana della mia gene-

razione è che il genere umano può cambiare la

propria vita cambiando il proprio

Atteggiamento Mentale.

William James dell’università di Harvard lo descrive in questa maniera.

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Capitolo I:

IL MADE IN ITALY

• Che cosa è il Made in Italy? Pag 8

• L’arte e l’ispirazione del Made in Italy. Pag 9-10

• L’Italia e le sue industrie. Pag11-15

• La creazione dei BRAND. Pag16-17

• I consorzi per la tutela del Made in Italy. Pag17-19

• Credere nel nostro valore e implementare le attività di MK. Pag19-22

• Valore alle risorse umane, cogliere e interpretare i mutamenti. Pag22-23

• Qualità come punto di forza del made in Italy. Pag23-26

• Tutela del made in Italy. Pag26-29

Capitolo II:

L’EXPO: L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE IN ITALIA DOPO CENTO ANNI

DALL’INIZIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE 1915/2015

• Che cos’è l'Expo? Pag30

• Storia dell’EXPO? Pag31

• Qual è il ruolo del Paese ospitante? Pag32

• Cosa rimane dopo la chiusura di ogni evento? Pag32

• L’eredità immateriale: un messaggio per il futuro. Pag32-33

• Quando e dove fu la prima e l’ultima fiera universale? Pag33

• 1906 l’esposizione universale in Italia Milano. Pag34

• Quale fu il tema dell’esposizione del 1906? Pag34-35

• 1906 apertura del traforo “Sempione”. Pag35

• Quali furono i paesi partecipanti in Italia nel 1906? Pag36

• Quali furono i temi dei Padiglioni? Pag36-37

• L’incidente e l’incendio di alcuni padiglioni. Pag37

• Al termine del Expo Italiano del 1906, quale fu il lascito alla città? Pag38

Capitolo III:

EXPO 2015, L’ITALIA, MILANO LA SECONDA VOLTA DOPO 109 ANNI

• Quando è avvenuta l’assegnazione dell’Expo 2015 per Milano? Pag39-40

• Qual è il tema che ha permesso l’assegnazione all’Italia? Pag40-41

• Milano: il sito dell’esposizione. Pag41-42

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• Quali sono i temi dei Padiglioni? Pag43-44

• Quanti e quali sono gli stati che hanno aderito Expo 2015? Pag44

• Come sono stati denominati i padiglioni, e quali temi? Pag45

• Oltre agli stati, quali sono le organizzazioni aderenti? Pag46

• Ci sono aziende commerciali presenti? Pag46

• Quali sono i partner che hanno aiutato economicamente Expo 2015? Pag46-47

• Da chi è stato creato il logo, e da chi è stato scelto? Pag47-48

• Gli accordi con i comuni Italiani, e le città europee. Pag49

• Quali sono stati i professionisti incaricati per garantire il tema? Pag49-50

• Come potranno interagire i cittadini all’evento Expo? Pag50

• Quali sono le regole che il governo ha varato per gestire l’Expo? Pag50-52

• I terreni dell’area in cui sorge l’expo di chi sono? Pag52-53

• Quanti sono gli investimenti per la realizzazione dell’evento? Pag53-54

• Quali saranno i benefici durante l’evento Expo? Pag54-57

• Quali saranno i benefici post evento Expo? Pag58-59

• Qual è il piano per la promozione dell’evento? Pag59-60

• Le promozioni e i finanziamenti alla stampa. Pag60

• Le società media stampa finanziate per sponsorizzare l’evento. Pag61-63

• Cosa farà la più grande agenzia stampa del paese? Pag63

• Affermazioni del commissario Expo “Giuseppe Sala” 2 maggio14 Pag63-64

Capitolo IV:

COMUNICARE: INFLUENZARE E GESTIRE LE MASSE

• La Comunicazione digitale: Dal pensiero, all’avvento del web Pag65-69

• I social Network. Pag70-71

• I media e la comunicazione 2-3.0. Pag72-75

• Chi fine farà la Stampa su carta? Pag75-78

• Quali sono le opportunità per le aziende? Pag78-81

• Le O.N.G. e Istituzioni. Pag81-82

• Il Web, i partiti politici. Pag82-85

Capitolo V:

INTERVISTA ALL’AMBASCIATORE: FABRIZIO LOBASSO

1. Per sintetizzare, Come uomo di stato, quale credo l’ha spinta ad intraprendere

la carriera diplomatica? Pag86-90

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2. Quali sono le sinergie che un Diplomatico presso le sedi sparse per il mondo,

può attuare per supportare le imprese e gli imprenditori Italiani…? Pag90-91

3. Condivida con noi alcuni momenti positivi e negativi, che ha superato durante

il suo percorso, e quali sono stati maggiormente formativi per la sua persona? Pag92-93

4. In relazione a questo argomento, come possiamo valorizzare il post Expo, e

quali metodi saranno necessari per preparare il corretto SETTING? Pag93-94

5. Siamo arrivati al termine e vorrei condividere con lei il suo nuovo incarico che

la vedrà impegnata fuori dalla nostra nazione. Pag95

Capitolo VI:

CONCLUSIONI COME COMUNICARE IN RELAZIONE DEI RICEVENTI

Dal dopo guerra ad oggi. Pag96-98

Tecniche e strumenti tecnologici per essere efficaci. Pag99-105

Il rovescio della medaglia. Pag106-108

Capitolo VII:

L’UOMO: L’EMPOWERMENT COME SOLUZIONE.

Customer care Pag109

Leadership Pag110

Problem solving Pag111

Strategia B TO B – B TO C Pag112

Gestione dello stress Pag113

Team building Pag114

Citazioni: Pag115

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PREFAZIONE:

La prima scoperta del genere umano fu il Fuoco, attraverso il suo calore, gli

uomini iniziarono a cucinare i cibi, grazie alla luce che generava riuscirono a sconfiggere la Paura ancestrale del buio e a dominare la notte, quel fuoco che

sempre acceso, ha saputo accompagnare lo sviluppo e l’evoluzione della nostra nazione, L’ITALIA. Nel mondo in cui viviamo, dove i mercati internazionali hanno

allargato la loro competizione, e sempre più indispensabile nell’affrontare le sfide che si gareggiano spesso al di fuori dei territori di produzione, avere collaboratori

allenati in grado di superare situazioni sempre più complesse.

Vi è capitato sicuramente in questi ultimi anni, di confrontarvi con amici parenti

e conoscenti, su un argomento che ha portato all’interno delle famiglie diretta-mente o indirettamente paura e instabilità per il futuro; questa parola è CRISI.

Questa parola, è in grado di generare limitazione, frustrazione e d’emotività. Esistono MERCATI IN CRISI? O, esistono PERSONE IN CRISI, che formano i

mercati?

Sino agli anni 70, si considerava principalmente la razionalità legata al Quoziente Intellettivo (Q.I.), trascurando il Quoziente Emotivo (Q.E.). Oggi le più evolute

tecniche di valutazione e valorizzazione, dimostrano il ruolo fondamentale del binomio Emozione-Intelletto. Infatti, nonostante una progressiva informatizza-

zione ed automazione, l’evoluzione dell’uomo, rimane sempre un fattore deter-

minante che fa la differenza. Potenziarne le sue capacità, trasformandole in obiettivi, sono esercizi quotidiani, necessari per ottenere quella marcia in più

tanto ambita, che non solo aumenterebbe i parametri di reddito, ma condurrebbe allo stesso tempo ad una più elevata qualità dei cittadini. INVESTIRE NELLE

RISORSE UMANE è necessario, poiché esattamente come accade acquistando macchinari più moderni, computer più veloci, si migliora il processo produttivo

con risultati economici evidenti, altrettanto evidenti se non maggiori sono i ri-sultati ottenibili aiutando il proprio personale a migliorare se STESSO.

Non occorre essere esperti in agricoltura, per sapere che ogni terreno affinché

produca al suo meglio va curato, e che limitarsi a seminare ben presto lo farà

inaridire, cosi accade anche con le persone. Coltivare le relazioni, significa pro-prio questo, non limitarsi a raccogliere ma nutrire anzitutto, questo con l’utilizzo

dei social network sta mutando.

Ritengo che sia proprio il potenziamento e l’investimento nelle risorse umane la chiave per entrare con successo nel business del terzo millennio, qualunque

esso sia, dove nonostante una progressiva informatizzazione ed automazione l’apporto umano resterà il fattore competitivo più determinante. Occorre in-

somma coinvolgere le persone in un progetto che vada al di là delle contingenze e del business plan, perché MOTIVARE significa principalmente ISPIRARE.

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Presentazione

Mi chiamo Davide Geraci, sono nato a Cinisello Balsamo periferia nord di Milano il 12 luglio

1972, (secondo ed ultimo figlio), da genitori che negli anni 60, hanno abbandonato il loro paese

di origine “Mazzarino” comune della provincia di Caltanissetta, immigrando nelle città industria-

lizzate dell’Italia del nord MILANO. Oggi a qua-rantatré anni, padre di due splendidi bambini

Marco di undici e Sara di nove anni, mi pongo come obiettivo l’ampliare di conoscenze nell’ambito della comunicazione. Era

l’estate del 2014, tardo pomeriggio facevo zapping alla tv finché apparse su rai-news24 l’On. Franco Frattini, che attivamente rispondeva a delle domande

della giornalista e nella didascalia apparse “Presidente della S.I.O.I.” (fu la

prima volta che vidi questa sigla). Mi incuriosi a tal punto, che presi immediata-mente in mano il mio smart-Phone, capii che gli argomenti trattati dall’organiz-

zazione erano di mio interesse. Dopo aver visto le tematiche affrontate, decisi di iscrivermi al Master in “Comunicazione e Media nelle Relazioni Internazionali”.

L’uomo compie quotidianamente immensi sforzi per realizzare se stesso e i pro-pri sogni, ma spesso incontra grossi ostacoli, le sue intime paure, i dispiaceri

degli eventi quotidiani che spesso e volentieri si trasformano in un mucchio di frustrazioni e di abitudini che contribuiscono negativamente a seppellire i

nostri sogni rendendoli in realizzabili. Tutti abbiamo dei sogni, ne abbiamo di diversi. I sogni variano in relazione con l’età, il sogno di un bambino di cinque

anni che vive in Europa potrebbe essere quello di possedere una bicicletta, per vivere la mobilità. Viceversa quello di un quattordicenne potrebbe alimentare la

voglia e il desiderio della velocità di uno scooter, il diciottenne quella di una vettura e cosi in altri ambiti. La volontà, il desiderio e l’interesse nel miglio-

ramento quotidiano mi hanno spinto a decidere di affrontare questa nuova av-

ventura formativa che mi vedrà impegnato nella stesura della mia tesina. L’unica cosa certa nella vita è il “cambiamento”. L’abbiamo visto nella storia sino ai

giorni nostri ed è l’unica fonte di miglioramento. Di conseguenza, o accette-remo questi cambiamenti o rimarremo indietro, la società va sempre più veloce

e noi dobbiamo essere pronti ad aggiornarci senza distruggere la nostra integrità fisica e mentale. L’incertezza sul proprio futuro diventa una delle cause più

importanti di ansia e paura e crea una forte diminuzione dello stimolo motiva-zionale dell’individuo che non sa come muoversi per assicurare a sé e alla pro-

pria famiglia una vita tranquilla. Di conseguenza grazie a questa nuova sfida personale, mi permetterà di sentirmi più attivo e partecipe nell’evoluzione della

mia esistenza, dandomi maggior consapevolezza e più ragguardevoli opportunità lavorative. https://www.linkedin.com/profile/view?id=105884962&trk=nav_responsive_tab_profile

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Capitolo I:

IL MADE IN ITALY

Che cosa è il Made in Italy?

Storicamente è un'espressione in lingua in-

glese apposta dai produttori italiani, specie da-

gli anni ottanta in poi, nell'ambito di un processo

di rivalutazione e difesa dell'italianità del pro-

dotto, al fine di contrastare la falsificazione della

produzione artigianale e industriale italiana, so-

prattutto nei quattro tradizionali settori di moda,

cibo, arredamento e meccanica (automobili, di-

segno industriale, macchinari e navi), in Italiano noti anche come le "Le quattro

A" da: Abbigliamento, Agroalimentare, Arredamento e Automobili.

Come dice “Ferruccio Ferragamo” Presidente della Salvatore Ferragamo spa, “il

made in Italy è un secondo brand”. Non è sempre stato così, infatti originaria-

mente l'espressione Made in Italy aveva un'accezione quasi negativa.

Tale espressione fu imposta ai produttori italiani negli anni '60 da Francia e

Germania per indicare ai loro cittadini che i prodotti non erano realizzati nelle

proprie nazioni, che avevano abbandonato l'industria povera del tessile e della

calzatura.

Oggi ne possiamo andare fieri, il Made in Italy è il raggiungimento di un marchio

commerciale che indica che un prodotto è completamente progettato, fabbri-

cato e confezionato in Italia. Secondo uno studio di mercato realizzato dall'a-

zienda KPMG1, il Made in Italy è il terzo marchio al mondo per notorietà

dopo Coca Cola e Visa.

(1) http://www.kpmg.com/it/it/pagine/default.aspx

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L’arte e l’ispirazione del Made in Italy:

In ogni caso, sia per le sue positività che negatività, il made in Italy, prende

ispirazione grazie agli stili che hanno contaminato l’Europa e in questo caso

l’Italia. Il Liberty, l’Art Decò, il Futurismo e il Razionalismo hanno saputo

influenzare il popolo durante la sua crescita evolutiva, i

quali sono stati classificati e utilizzati di riflesso per la pro-

duzione del design Italiano dell’ultimo secolo. Natural-

mente la nozione di stile non è intesa nella sua eccezione

più banale, secondo Hauser(1), “lo stile è il concetto fon-

damentale e centrale della storia dell’arte, senza di esso ci

sarebbe tutt’al più una storia degli artisti nel senso di un

rapporto sui maestri operanti contemporaneamente e suc-

cessivamente e un catalogo delle loro opere sicure o pre-

sunte”.

Più problematico è assegnare il concetto di stile alla realtà

dei fatti, alla storia piuttosto che alla loro interpretazione,

cioè alla storiografia (2).

L’artificio storiografico, non nega l’unicità è irripetibilità

delle opere, ma per comprenderle è necessario ricono-

scerle le varianti che le legano l’una all’altra.

L’idea di costruire e utilizzare metodologicamente “artifici

storiografici” è imposta dalla fenomenologia propria delle

arti contemporanee. In passato infatti, uno stile durava secoli, mentre oggi dura

talvolta appena qualche lustro.

A un codice stile forte, si sono sostituiti tanti codici stile deboli: gli “ismi” (3).

Cosicché, alle ambiguità proprie del concetto di stile, si è recentemente aggiunta

quella della precarietà delle tendenze, delle poetiche, del rapido consumarsi

dei gusti e delle mode.

(1) Hauser http://it.wikipedia.org/wiki/Arnold_Hauser (2) Storiografia http://www.treccani.it/enciclopedia/storiografia/ (3) Ismi http://www.palazzostrozzi.org/allegati/picasso/ismi_ita.pdf

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In sintesi, quale che sia la forma d’arte da esaminare, nel nostro caso l’industrial

design, e quale che sia la durata delle fasi, Il Liberty, l’Art Decò, il Futurismo, il

Razionalismo e le altre categorie costruttive; i creativi prendono le proprie ispi-

razioni e idee.

Dobbiamo sempre considerare queste tendenze, correnti e movimenti e di breve

enti come stili, o meglio codici-stile, ancorché deboli e di breve durata, e soprat-

tutto, ripeto come dei parametri di riferimento, rispetto ai quali rapportare le

opere reali.

Un'altra tesi è quella per cui tutto il discorso sul design, segnatamente in Italia

dove mancano o almeno sono mancati più solidi riferimenti (risorse, grandi

imprese industriali, vasta committenza), possa trovare il suo esito in un fattore

più inclusivo e riduttivo degli altri; il fenomeno del gusto intenso e del piacere

estetico.

A esso bisogna condizionare i quattro momenti della progettazione della pro-

duzione, della vendita al consumatore, nonché gli stessi aspetti artistici, tec-

nici, sociali, economici, semantici di cui è piena la letteratura sul design.

http://www.ibs.it/code/9788842066231/de-fusco-renato/storia-del-design.html http://www.ibs.it/code/9788842082552/de-fusco-renato/made-italy-storia.html

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L’Italia e le sue industrie.

Lo stile liberty(1), parlando dei principali artisti europei attivi all’inizio del xx

secolo, osserva che l’alto valore della loro opera, fissa il principio della qualità

nel prodotto industriale, sostituendo al feticismo del prodotto o della merce,

con il feticismo del progetto.

Con lo stile Liberty, non nasce l’industrial design, ma un artigianato con mag-

giori intenti di quelli tradizionali. Infatti sarà ben ricor-

dare, che molte fra le principali aziende Italiane erano

in piena fioritura già nell’Ottocento.

Giusto per fare qualche nome, in campo siderurgico

vengono fondate la Terni 1884, la Breda nel 1886, la

Tosi nel 1882, nel settore della ceramica emerge la fab-

brica Richard fondata prima del 1880, che nel 1898 si

unisce alla Ginori di Firenze, le industrie meccaniche

più importanti impegnate nella costruzione della rete

ferroviaria, le officine di Pietrarsa e dei Granili, oltre

alla Guppy, a Napoli.

Nel 1884 inizia la sua attività la Stigler che produce

ascensori su brevetto Otis, nel 1872 nasce la Pirelli.

Nella seconda metà dell’Ottocento, l’industria navale le-

gata al nome di Florio, è la più importante grazie alle

risorse economiche di alcune società Borboniche, che

ne hanno finanziato i progetti.

L’industria del mobile, collocata nell’area della Brianza,

è forse fra le più antiche d’Italia, nel 1899 a Torino na-

sce la Fiat, pertanto lo sviluppo dell’industria Italiana

non è in sincronia con l’Art Nouveau, ma che subito

dopo influenzo maggiormente il Floreale italiano(2), a cominciare dai più noti

(1) Liberty http://www.arteliberty.it/storia.html (2) Floreale http://it.wikipedia.org/wiki/Art_Nouveau

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architetti e artefici nostrani, grazie agli impianti dell’Esposizione Universale di

Torino nel 1902. Le maggiori influenze del Liberty furono trasmesse dalla Ger-

mania e dall’Austria, dovute dalle influenze e dalle impronte

nelle regione del nord durante gli anni della Secessione. Il

Floreale, è legato a una parte della borghesia imprenditoriale

abbastanza indipendente, almeno per gli interessi culturali,

dell’organismo statale e quindi della vera e propria classe di-

rigente. Infatti l’imprenditore Lombardo, Piemontese e Veneto,

si rapportava con gli ambienti Europei, con i quali era solito

trattare per ambire a nuovi modelli produttivi. Nel campo delle esposizioni, dopo

quella di Torino del 1902, dove per altro figurarono le prime

automobili, va ricordata quella di Venezia del 1903, nella quale

riscossero grande successo le Sale del Mezzogiorno, dirette

da Ernesto Basile(3), che univano prodotti siciliani e napole-

tani. Possiamo ricordare l’imprenditore Vittorio Ducrot(4) ed

associarlo all’industria del mobile, che nel 1911 aveva una pro-

duzione per la lavorazione del legno con le macchine più mo-

derne del tempo, ed impiegava già 400 addetti. Nel quadro

Italiano del primo novecento, ricordiamo L’architetto Moretti(5) e il mobiliere

Ceruti di Milano, che furono determinanti nell’esposizione di Milano del 1906.

Per l’occasione ci fu l’apertura del traforo del Sempione, a tal proposito fu

strategico la presenza delle migliori automobili italiane, con i modelli Fiat, Isotta

Fraschini e Pirelli. I rapporti fra l’Italia e l’Europa costituivano un continuo scam-

bio; l’imprenditoria siciliana, ad esempio importava dalla Francia e dall’Inghil-

terra macchinari, materiali, modelli, mano d’opera specializzata. Del resto

come sostiene Morandi, tutta la giovane industria Italiana si avvalse dell’ele-

mento tecnico e dirigenziale venuti da fuori, infatti tedeschi, svizzeri, francesi

erano i capi-fabbrica e il personale tecnico, s’importava insieme al macchinario.

(3) Ernesto Basile http://www.treccani.it/enciclopedia/ernesto-basile/ (4) Vittori Ducrot http://www.treccani.it/enciclopedia/vittorio-ducrot_%28Dizionario-Biografico%29/ (5) Luigi Moretti http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Moretti_%28architetto%29

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Lasciato alle spalle lo stile Liberty, incalzo la reazione Futuristica, con il manifesto

di Marinetti(6) che fu pubblicato a Parigi nel 1909, il primo movimento d’avan-

guardia che si presenta con caratteri non specificatamente

orientati in un singolo settore di attività, ma come proposta

integrale di rinnovamento della cultura e del comportamento

stesso, realizzando cosi, con una formula del tutto nuova e ri-

voluzionaria, una tendenza nuova all’incontro diretto e alla

continuazione tra arte e vita, che era partita dall’estetica in-

glese.

A differenza del Liberty che ebbe sempre natura moderna e conciliante, il Futu-

rismo fu invece appunto il primo movimento d’avanguardia, con maggiori con-

notazioni proprie delle correnti rivoluzionarie artistico letterarie. Per alcuni

aspetti il Futurismo, condizionò le tecniche produttive italiane nel primo ven-

tennio, specialmente nel campo dell’architettura utilizzate nell’arredamento

e nell’architettura d’interni, mattonelle lampade e complementi di arredo.

Nel 1925, all’esposizione di Parigi, si formarono alcuni dei più importanti archi-

tetti del Razionalismo Italiano: Gino Pollini(7), Adalberto Libera(8), Luciano Bal-

dessari(9), il Futurismo ebbe un ruolo notevole nella formazione del Razionali-

smo italiano che, per opposizione o aderenza, si avvalse anche di altri orienta-

menti quali l’Art Dèco, il Novecento e il Neoclassicismo lombardo.

Il tutto al fine di definire meglio l’Italian-stile e in pari tempo le sue opere più

importanti, colte nella loro storicità, vale a dire il legame con i fatti e le idee del

proprio tempo. Ora mentre nel campo delle arti applicate erano in voga il Liberty,

il Futurismo e l’Art Dèco, stili orientati sul continuo piuttosto che sul discreto,

il Razionalismo prendeva forma nel campo delle automobili, fossero esse Fiat,

Alfa Romeo, Isotta Fraschini, Bianchi ecc.

(6) Filippo Tommaso Marinetti http://www.treccani.it/enciclopedia/filippo-tommaso-marinetti/ (7) Gino Pollini http://www.treccani.it/enciclopedia/ricerca/Gino-Pollini/ (8) Alberto Libera http://www.treccani.it/enciclopedia/ricerca/Adalberto-Libera/ (9) Luciano Baldessari http://www.treccani.it/enciclopedia/ricerca/Luciano-Baldessari/

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In generale possiamo dire che fino agli anni trenta ciò il periodo dove si afferma

lo Streamline(10), tutti i modelli di automobili sono conformati da parti netta-

mente distinguibili. Nello stesso periodo, si affermava l’architettura e il mobile

razionale, le auto hanno già cambiato stile, approdando all’aereo dinamismo e

tutto dalla parte del continuo, permanendo fino ai nostri giorni. Come dicevamo

prima la Fiat nacque nel 1899, fondata da Giovanni Agnelli(11) insieme a un

gruppo di finanzieri aristocratici, che sfornarono il loro primo modello chiamato

3,5 HP. Ancora più individuale fu l’iniziativa di Vincenzo Lancia(12), che esordi

come meccanico, collaudatore e progettista alla

Fiat, per poi fondare e costruire un’azienda intitolata al

suo nome nel 1906. Più complessa la vicenda dell’Alfa

Romeo, che nacque dalla decisione dell’azienda Fran-

cese Darracq (13), di far assemblare per motivi di tasse

doganali alcuni suoi modelli in territorio Italiano, e più precisamente nella peri-

feria nord-ovest di Milano.

Non avendo molto successo, incarico Giuseppe Merosi(14) di progettare due

auto, così si formò nel 1910 ALFA “Anonima Lombarda Fabrica Automobili”. Suc-

cessivamente l’ingegnere napoletano Nicola Romeo(15), alto funzionario della

Banca di Sconto che deteneva la maggioranza del pacchetto azionario dell’Alfa,

incorporò una serie di aziende lombarde, romane e napoletane, creando la So-

cietà Anonima ing. Nicola Romeo & C, dando luogo al nome definitivo

dell’azienda Alfa Romeo. Grazie agli sviluppi delle industrie delle automobili, ci

fu una espansione per il settore dell’aereonautica nei cantieri di Monfalcone

(una delle industrie sorte nel ventennio), l’esito di questa intensa attività pro-

gettuale fu un successo per il settore anche in paesi più progrediti. Infatti, dei

1800 aeri prodotti nel 1939 molti erano esportati in Germania e in Inghilterra,

(10) Renato Fusco Streamline http://www.treccani.it/enciclopedia/ricerca/Streamline/ (11) Giovanni Agnelli http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Agnelli_%281866-1945%29 (12) Vincenzo Lancia http://www.treccani.it/enciclopedia/tag/vincenzo-lancia/ (13) Darracq http://it.wikipedia.org/wiki/Darracq (14) Giuseppe Merosi http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Merosi (15) Nicola Romeo http://it.wikipedia.org/wiki/Nicola_Romeo

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il progettista Filippo Zappata(16) dopo aver lavorato per cinque anni presso Blè-

riot, entra in Breda, e nel 1948 ne realizza di nuovi con accorgimenti notevoli

sotto l’aspetto della linea aerodinamica.

L’impulso produttivo industriale, si sviluppa nel continuo allungamento delle

linee ferroviarie, la Fiat e la Breda in collaborazione agli ingegneri delle Ferrovie

dello Stato (F.S.), realizzano il passaggio dal discreto al continuo con la loco-

motiva E428 II serie; era il 1939. Pochi rammentano che solo fino a ses-

sant’anni fa il nostro paese, oggi tra i più industrializzati e prolifici dell’Eu-

ropa/mondo, era una società incentrata sull’agricoltura.

La velocità dello sviluppo, non a caso definito “boom eco-

nomico”, successivo alla guerra conclusasi con la vittoria

degli Alleati e la successiva introduzione del piano Mar-

shall(17), per le imprese Italiane fecero sì che la popolazione

passasse in pochi anni da uno stato di povertà e analfa-

betismo ad un improvviso benessere. Auto, appartamenti

riscaldati muniti di ogni confort, figli istruiti, sono stati alcuni dei numerosi van-

taggi che hanno fatto seguito al frenetico sviluppo delle aziende Made in Italy.

D’altra parte per gli imprenditori dell’epoca trovare persone disposte ad impe-

gnarsi al proprio meglio pur di conseguire quel benessere non era una diffi-

coltà come non lo era nemmeno la concorrenza, giacché tutti i mercati erano

pressoché vergini.

http://www.ibs.it/code/9788842082552/de-fusco-renato/made-italy-storia.html http://www.ibs.it/code/9788842066231/de-fusco-renato/storia-del-design.html (16) Filippo Zappata http://www.treccani.it/enciclopedia/filippo-zappata_%28Enciclopedia_Italiana%29/ (17) Marshall http://www.treccani.it/enciclopedia/ricerca/piano-Marshall/

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La creazione dei BRAND.

Il Made in Italy è un'espressione che evoca in tutto il mondo l'idea dei prodotti

italiani, rappresenta la qualità, la creatività e l'inventiva caratte-

ristica dell'Italia e dei suo artisti artigiani, è l’orgoglio per i produttori

italiani.

Una situazione perfetta il periodo del Floreale, che come abbiamo

detto ha consentito all’Italia di rilanciarsi nel mondo ed affermare il

proprio marchio come simbolo di qualità universale riconosciuto.

Il motivo della fama di questa espressione che nel tempo è diven-

tata un vero e proprio brand, è la qualità che caratterizza le eccel-

lenze artigianali e industriali italiane.

Dalle calzature al pret à porter, dalle biciclette alle automobili, senza

dimenticare le eccellenze enogastronomiche, i prodotti italiani che

si fregiano di questo titolo sono particolarmente ricercati sui mercati

mondiali per la qualità e l'affidabilità, per la fantasia e l'originalità

del design, per la loro durata e sicurezza, per il gusto e il sapore

inconfondibili.

Oggi i marchi italiani, sono molto apprezzati nel mercato interna-

zionale per il loro design innovativo e per la qualità dei materiali.

Basti pensare alla moda dove il Made in Italy conta nomi eccellenti

come Valentino, Giorgio Armani, Dolce & Gabbana e Prada.

Oppure dalle macchine alle moto Made in Italy, con la Ferrarri e la Ducati e ai

grandi designers e architetti italiani come Giorgetto Giugiaro, Sergio Pininfa-

rina e Massimiliano Fuksas che hanno firmato progetti internazionali; Il Made

in Italy è orgoglio italiano al 100%. Il Made in Italy, è anche formato da un

patrimonio enogastronomico senza pari al mondo, uno stile alimentare che fa

perno sulla dieta mediterranea, quale modello di alimentazione sana ed equili-

brata. Così il comparto agroalimentare è diventato negli ultimi anni, un vero

punto di forza del Made in Italy, facendo leva su una qualità che non si limita

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solo alla bontà e alla genuinità, ma significa anche garanzie di sicurezza, salu-

brità e origine, diventando così un fattore centrale di competitività. A garantire

sia la provenienza che l'ideazione e la realizzazione dei prodotti Made in Italy, in-

tervengono sia i consorzi di tutela che i singoli produttori, mentre agenzie indi-

pendenti ne certificano la qualità e vigilano contro sofisticazioni e contraffazioni.

http://www.italia.it/it/idee-di-viaggio/made-in-italy.htmln http://www.webpromoter.com/articoli/made-in-italy/

I consorzi per la tutela del Made in Italy.

Molte delle produzioni artigianali e industriali che garantiscono l'origine dei

prodotti made in Italy, si fregiano di marchi e riconoscimenti

internazionali come: i vini DOC, a Denominazione di Origine

Controllata, o i formaggi DOP, a Denominazione di Origine

Protetta, mentre altri, come tessuti, arredi e accessori d'ab-

bigliamento, sono tutelati da brevetti e copyright che ne as-

sicurano l'unicità.

Spesso il motivo di una visita in Italia è proprio questo, scoprire da vicino i luoghi

del Made in Italy, osservare come vengono realizzati i suoi prodotti, collegarsi

alla tradizione e alla cultura che li ha generati. È assai difficile, tornare a casa

senza portarne con sé almeno un ricordo. Per far conoscere e promuovere

il Made In Italy, in Italia, durante l'anno, è un susseguirsi di incontri, fiere,

show room, all'insegna del buon gusto, della qualità, della ricerca e della tra-

dizione.

Si tratta di iniziative che spesso uniscono il carattere della mostra mercato all'e-

vento culturale, occasioni per conoscere l'arte e la storia del Belpaese. Il mar-

chio Made in Italy, è diventato fondamentale per l'export italiano, ed è così noto

a livello mondiale da essere considerata una categoria commerciale a sé stante.

Dal 1999, la dicitura Made in Italy ha cominciato ad essere tutelata da associa-

zioni come l'Istituto per la Tutela dei Produttori Italiani e regolata da leggi

statali. Nel 2009, è stata emanata una legge per tutelare il made in Italy: il

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decreto legge nº 135 del 25 settembre 2009 contiene l'art. 16 dal titolo Made in

Italy e prodotti interamente italiani. Conseguenza di questa legge è pure il mar-

chio DMI® che significa Designed & Manufactured in Italy, preferito da molte

aziende che lo trovano più esplicativo. All'estero, infatti, i prodotti italiani hanno

nel tempo guadagnato una fama, con corrispondente vantaggio commerciale.

Il Made in Italy, è parte della cultura di questo paese, è una delle sue identità

culturali, e ne è anche uno degli elementi di immagine, come ricorderò di seguito

con molti esempi. Il valore dell’estetica (1), il mangiare bene, il vestirsi bene, il

vivere bene in un ambiente gradevole, tradotto in un vestito di Armani piuttosto

che in un Brunello di Montalcino o in una macchina di design Pininfarina. Questo

stile di vita, viene associato con prodotti, che dal punto di vista della loro qualità

e della loro fruizione, hanno un alto contenuto estetico.

Il Made in Italy, è un elemento centrale dell’identità culturale di questo paese;

qui si fanno le scarpe in un certo modo perché questo è un paese che ha un

certo gusto estetico, una certa storia. Questo è il paese del Rinascimento(1), di

Raffaello, di Leonardo ...tutto questo conta, perché fare una scarpa non è difficile

di per sé, non c’è neanche da metterci nessun microprocessore, è pelle, il pro-

dotto più vile del mondo dal punto di vista materiale; non è neanche competitivo

in termini di costo, perché le scarpe di Formosa o delle Filippine si fanno con un

costo del lavoro 30 volte minore.

Ma a parte questo, la moda è sì un fatto mondano, ma

dietro quella mondanità c’è uno spessore di professio-

nalità, di know-how, di sapere, di lavoro, di innova-

zione, di ricerca, di qualità, di straordinario valore. Il fatto di essere un paese

del Made in Italy, inteso come un paese che ha un profilo fortemente estetico,

non va vissuto come una diminuito, come qualcosa di effimero, come qualcosa

di banale e di superfluo, ma va vissuto come un elemento di forza. Purtroppo

così non è.

(1) http://www.treccani.it/enciclopedia/tag/rinascimento/

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Il paese non vive questa sua identità come un elemento di forza, perché siamo

tutti figli di una cultura industriale. Pensiamo che l’innovazione ci sia solo se c’è

un computer, così come una volta solo in presenza di una bella macchina stam-

pante che stampava qualcosa o un tornio. Se c’è quello, c’è l’innovazione, altri-

menti non c’è.

Mentre invece, fare un buon olio richiede una capacità innovativa (2), esatta-

mente come fare un buon computer; fare un vestito

di Armani richiede una capacità professionale, di

ricerca sul prodotto e sul materiale esattamente

come fare un buon tornio.

L’innovazione, non è qualcosa che appartiene a un

settore piuttosto che a un altro, perché se fosse

così, non si capirebbe perché l’Olivetti abbia chiuso. Non basta saper fare un

computer o un microprocessore, dipende da che computer fai. In Italia è stata

applicata per lungo tempo una tesi del tutto sbagliata, secondo cui ci sono: set-

tori maturi e settori non maturi.

E’ una tesi del tutto accademica ed astratta, perché non esistono i settori maturi

e i settori non maturi in sé, ma esistono settori nei quali puoi incorporare il

massimo di innovazione incorporabile in quel settore, e in questo caso non è

maturo, oppure non sei capace di farlo e in questo caso diviene maturo.

(2) http://censimentoagricoltura.istat.it/fileadmin/template/main/res/Qualita_punto_di_forza_del_Made_in_Italy.pdf

Credere nel nostro valore e implementare le attività di MK:

Qualsiasi cittadino italiano, crede che se bisogna comprare una buona macchina

per produrre qualche cosa, sia meglio andare in Germania. Questo perché l’im-

magine della Germania è legata al produrre, e in particolare alla tecnologia mec-

canica. Siamo a conoscenza che nel 50% del settore dei beni strumentali, l’Italia

è paese leader nel mondo?

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Dalle macchine per fare il meccano-tessile, alle macchine per la calzatura,

alle macchine del legno, al packaging, alle macchine tipografiche, alla com-

ponentistica alta.

E non è neanche strano, perché se siamo così forti nella moda, è evidente che

siamo anche così forti nelle macchine per produrre quel bene finale, sarebbe

infatti assai difficile fare dei buoni prodotti avendo, delle macchine pessime. Nel

settore del machinery, dei beni strumentali, delle tecnologie sia meccaniche

sia informatiche, siamo un paese forte, ci sono imprese italiane che i robot ai

giapponesi, li vendono e non li comprano.

Il più grande gruppo siderurgico mondiale giappo-

nese, ha concluso una joint-venture con il gruppo

Tekint-Dalmine, in cui i giapponesi hanno voluto che

la joint-venture si facesse al 51% per Dalmine e che

fosse Dalmine a gestire questo enorme impianto si-

derurgico che è il più moderno e il più avanzato del

mondo, giusto per fare il più banale esempio di questi giorni.

In Giappone, il più grande e più moderno stabilimento siderurgico giapponese è

una joint-venture italo-giapponese gestita dagli italiani. Questa è una immagine

che il paese non riconosce di sé e che il mondo non ha, un altro fattore che

dobbiamo essere capaci di mettere in campo migliorando le attività di comuni-

cazione. Non si ha piena consapevolezza di tutto ciò che rappresenta in termini

di forza il Made in Italy, non si ha consapevolezza che il Made in Italy, è assai

più largo di quello che si pensa, e che in realtà noi siamo un grande paese,

espressione che difficilmente usiamo. Questo è un problema culturale. Ci sono

tante ragioni, sarebbe interessante dedicare una riflessione ampia e non un in-

tervento di pochi minuti, del perché l’Italia sia un paese che ha il rischio co-

stante di una crisi di autostima del perché non abbia coscienza di sé.

Una, per esempio, è che siamo un paese che ha soltanto 130 anni di storia

nazionale unitaria, sembra una sciocchezza, ma non lo è. I grandi paesi che

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hanno una forte identità, come Francia, Inghilterra o Spagna, sono paesi che

hanno una storia unitaria di secoli, che hanno dominato il mondo, che hanno

avuto imperi, conta tutto questo nella storia di un popolo.

Un popolo ha dei codici genetici esattamente come un individuo, se poi in questi

130 anni, ci mettete anche vent’anni di fascismo, la sua esasperata logica

nazionalistica, capirete perché, per reazione contraria, nell’immediato dopo-

guerra non essere nazionalisti diveniva giusto.

Ciò giungeva fino a negare anche il valore dell’identità nazionale, per cui una

parola come Patria per molti anni non è stata più pronunciabile. Noi abbiamo

tradizionalmente avuto difficoltà a fare sistema, cioè a proiettare sui mercati

internazionali non la singola impresa, perché la singola impresa italiana sui mer-

cati internazionali ci va da molto tempo con uno straordinario coraggio, e pro-

prio perché ci va quasi sempre da sola, ci va con una capacità di sfida e di

competizione anche più forte e molto spesso vincente bensì a produrre una

proiezione di sistema, a proiettare il sistema-paese.

Questa difficoltà però è sempre meno accettabile e sostenibile, perché nella glo-

balizzazione la competizione è sempre di meno soltanto tra singole imprese e

sempre di più tra sistemi. Quindi, il proiettarsi come sistema-paese è un valore

aggiunto, di cui l’impresa ha sempre più necessità, tanto più questo discorso

vale per l’Italia, che ha una morfologia del suo apparato produttivo caratterizzata

essenzialmente da imprese di piccola e media dimensione.

Queste non hanno per una ragione dimensionale, dentro di sé tutte le funzioni

e tutte le risorse necessarie per proiettarsi sui mercati, e dunque hanno biso-

gno di ritrovare fuori di sé risorse e strumenti di cui hanno necessità ma di cui

sono prive. La costruzione di una strategia di sistema, è tanto più necessaria

perché in una competizione globale che esalta l’elemento sistemico, questo va-

lore aggiunto diventa decisivo. Ed è quello che dobbiamo fare, lavorare inten-

samente in sistema.

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Abbiamo tutti la responsabilità di far acquisire al paese maggiore consapevo-

lezza della forza che ha, e di tutte le risorse di cui dispone, perché averne con-

sapevolezza ci permette di utilizzarle nel modo migliore, sviluppando tutte le

potenzialità permettendoci i più alti benefici.

Valore alle risorse umane, cogliere e interpretare i mutamenti:

Oggi le cose però sono mutate, dalla globalizzazione, alle dislocazioni produt-

tive e con l’avvento del Web, si sono ampliate le politiche commerciali. Se Ieri

bastava aprire un’attività qualunque per vedere i propri affari lievitare, e ancora

bastava offrire un qualunque lavoro per aver al proprio fianco persone vera-

mente motivate ed affidabili, oggi non è più così.

Ci siamo concentrati su gli unici investimenti che ritenevamo necessari, cioè i

macchinari e gli impianti produttivi, sempre più potenti per soddisfare una

domanda che non sembrava mai finire. Ed invece fini, o per lo meno ha avuto

un brusco rallentamento, accentuando cosi i toni della concorrenza aziendale.

Intanto la popolazione si è evoluta, crescita nel benessere, ha studiato, possiede

l’auto, la tv, lo stereo, la lavatrice, il pc, lo smart Phone, ed ora ambisce a rico-

prire mansioni più qualificate ed appaganti.

Quello che non è cessato invece, è stato il continuo in-

vestimento da parte d’imprenditori e manager in mac-

chinari, che però adesso invece di produrre il più

possibile doveva essere in grado di ridurre i costi per

poter cosi abbassare i prezzi. Una guerra fatta di nu-

meri, che ha portato come conseguenza numerosi li-

cenziamenti, e la vittoria apparente delle macchine sull’uomo. Una concezione

miope del lavoro in azienda, che condiziona tutt’oggi ancora molte aziende

anche grandi.

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Sono molti, i capitani d’azienda che nonostante l’evidenza dei fatti continuano a

sostenere la bontà delle proprie scelte, giustificando eventuali défaillance con

una presunta crisi del settore. Ma sarà vero? Per crisi, di solito si intende qual-

cosa di temporaneo, di passeggero, mentre migliaia d’aziende non riescono a

fare utili da decenni. Proviamo allora a tornare a quanto osservato in prece-

denza, ovvero le percentuali d’investimento in macchinari/impianti (80% circa

del fatturato) e quelle in formazione personale (meno del 1%, ’82,6% di esse

ritiene che la formazione non sia necessaria semplicemente perché il proprio

personale è già qualificato (1)) e ci appariranno allora una nuova ed efficace

chiave di lettura del vero problema, ovvero non sono i mercati in crisi ma le

persone, i mercati sono solo una conseguenza dei quello che le persone sono

in grado di fare in diversi momenti e situazioni dell’economia.

Il personale, ovvero la forza produttiva principale d’ogni azienda, anche dotate

d’apparecchiature milionarie, sono sempre alla ricerca di figure chiave, dal ma-

nager che prende le decisioni e se ne assume le responsabilità di un gruppo,

al centralinista motivato capace di rispondere in maniera efficace al telefono.

(1) Istat LA FORMAZIONE NELLE IMPRESE IN ITALIA file:///C:/Users/davide_2/Downloads/Formazione%20nelle%20imprese%20-%2001-ago-

2013%20-%20Testo%20integrale.pdf

Qualità come punto di forza del made in Italy:

Il sesto Censimento Generale dell’Agricoltura, è stato anche l’occasione per

registrare come, nell’ultimo decennio, gli im-

prenditori agricoli italiani hanno condiviso l’im-

pegno per il miglioramento delle produzioni,

e di misurare quale è stato l’impatto di questo

impegno sull’organizzazione dei mezzi di

produzione.

In questo decennio l’evoluzione degli stili alimentari ha portato ad alzare con-

tinuamente l’asticella della qualità e della sicurezza alimentare, diventata oggi

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un pre-requisito. Lo dimostra il fatto che sugli scaffali dei supermercati e degli

altri punti vendita, non esista più la seconda scelta. Per la carne ad esempio, è

sparita la bassa macellazione, tutti i tagli sono di prima scelta, l’olio d’oliva è

quasi totalmente “extravergine”.

Sempre maggiore anche la quota di Doc(1) e Docg(2) tra i vini proposti nella

grande distribuzione. Anche una categoria di prodotto apparentemente immu-

tabile come il latte, è stato “segmentato” con l’introduzione dell’alta qualità, che

presuppone l’adozione lungo la filiera di tecniche di produzione, in grado di au-

mentarne di qualche punto il tenore proteico. Solo l’ortofrutta ha dovuto sacrifi-

care in qualche caso calibro e qualità organolettica, sull’altare delle piattaforme

a libero servizio, per le quali il mercato prediligeva caratteristiche di preserva-

bilità e resistenza alle movimentazioni.

La reazione del consumatore a questa “discriminazione” ha portato tuttavia nel

periodo più recente al miglioramento dell’offerta, anche delle referenze orto-

frutticole, con la proposta di linee di prodotto al giusto grado di maturazione,

come se fosse “appena colto”. Esempi quelli appena tracciati, testimoniano l’ele-

vata professionalità dei produttori agricoli italiani. Un know-how che ha consen-

tito di dribblare negli ultimi 10 anni la gran cassa, talvolta eccessiva dell’allarmi-

smo collegato a veri o presunti scandali alimentari, che hanno avuto quasi sem-

pre origine fuori dai nostri confini (dalla Bse (3) Bovine Spongiform Encephalopa-

thy, all’influenza aviaria e suina, alle contaminazioni con diossina). Standard

qualitativi e sanitari elevati, diventati ormai pre-requisito, che non hanno im-

pedito ai produttori di sviluppare ulteriori strategie di valorizzazione, puntando

sull’origine e sulla modalità di produzione. Oggi il paniere dell’alta qualità italiana

è composto infatti da prodotti da agricoltura biologica, prodotti da agricoltura

integrata e soprattutto da prodotti tipici, a cui sono legate le maggiori chance di

crescita nei mercati internazionali. L’Italia vanta infatti la maggiore esten-

sione europea e la maggiore differenziazione produttiva nel biologico

(1) DOC http://it.wikipedia.org/wiki/Denominazione_di_origine_controllata (2) DOCG http://it.wikipedia.org/wiki/Denominazione_di_origine_controllata_e_garantita (3) Bovine Spongiform Encephalopathy http://www.epicentro.iss.it/problemi/bse/bse.aspù

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(un milione di ettari e poco meno di 50mila operatori).

La maggior percentuale di adesione ai disciplinari di produzione integrata, sono

strumenti nati con l’obiettivo di una maggiore tutela ambientale sono così di-

ventati efficaci strumenti di marketing, grazie anche alla certificazione obbliga-

toria e all’efficacia dei controlli.

La posizione del nostro Paese nell’ambito dei prodotti a marchio Dop(4) (Deno-

minazione di origine protetta) o Igp(5) (Indicazione geografica protetta) è poi di

assoluto predominio: 202 prodotti (130 Dop, 72 Igp), più 2 Stg(5) (Specialità

tradizionali garantite). E questo senza considerare il comparto dei vini, composto

da 38 Docg, 364 Doc e 126 Igt(5) (recentemente assimilati dalla normativa

europea al sistema Dop-Igp).

Anche in questo caso, l’Italia ha dimostrato di saper percorrere con entusia-

smo la strada della promozione della qualità dei prodotti alimentari, promossa

dall’Unione europea con strumenti come il Reg. Ue 2081/1992 e 2082/1992

(che hanno introdotto rispettivamente il sistema delle Dop-Igp e quello delle

Stg) e con il Reg. 510 /2006 (che ha riformato le filiere certificate). Ma non

mancano problematiche da superare. La protezione dell’origine esprime infatti le

maggiori valenze quando il mercato si estende oltre il bacino di produzione, o

addirittura oltre i confini nazionali. Sono però pochi i prodotti che vantano mer-

cati così estesi, solo 10 referenze, sulle 203 totali, hanno un valore di mercato

che supera l’85% della Plv (produzione lorda vendibile) totale dei prodotti tipici

(si tratta di: Grana Padano, Prosciutto di Parma, Parmigiano-Reggiano, Pro-

sciutto di San Daniele, Mozzarella di Bufala Campana, Gorgonzola, Mortadella di

Bologna, Bresaola della Valtellina, Mela della Val di Non, Pecorino Romano). Un

elenco ristretto in cui spicca in particolare l’assenza di un olio d’oliva. La qualità

infatti ha un costo, aderire al sistema Dop/Igp implica maggiori costi di pro-

duzione per il rispetto del disciplinare, costi di certificazione costi di adesione

al Consorzio di tutela ecc. Costi anche per tutelarsi dalle imitazioni,

(4) DOP http://www.cibo360.it/qualita/certificazioni/DOP.htm (5) IGP-STG-IGT http://it.wikipedia.org/wiki/Prodotti_DOP,_IGP,_STG_e_IG_italiani

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frequenti nei mercati extra-europei (basti pensare che il valore delle contraffa-

zioni causate dal richiamo diretto o indiretto ai prodotti italiani è stimato in circa

50 miliardi di euro nel solo mercato statunitense).

Costi che non sempre vengono compensati da maggiori remunerazioni sui mer-

cati all’origine delle referenze Made in Italy. In un mercato sempre più competi-

tivo, la vera sfida per il futuro diventa così quella di far sì che i prodotti a qualità

certificata possano rappresentare un vero punto di forza per lo sviluppo dei

sistemi agroalimentari locali. L’Istat, con il 6° Censimento, può dare in questo

senso un grosso aiuto: “Misurare” è il presupposto per “Valorizzare”.

HTTP://WWW.CENSIMENTOAGRICOLTURA.ISTAT.IT/FILEADMIN/TEMPLATE/MAIN/RES/QUALITA_PUNTO_DI_FORZA_DEL_MADE_IN_ITALY.PDF LORENZO TOSI GIOR-

NALISTA GRUPPO EDITORIALE IL SOLE 24 ORE

Tutela del made in Italy:

Il tema della protezione delle produzioni italiane di qualità è strettamente cor-

relato a quello della lotta alla contraffazione, tanto che si potrebbe dire che la

più autentica ed efficace difesa dei prodotti “Made in Italy” è proprio costituita

dall’innalzamento del livello di protezione contro la contraffazione di marchi,

brevetti, design, diritto d’autore e denominazioni d’origine protette. Anche per

gli interventi più propriamente diretti a contrastare l’inganno del pubblico,

derivante dall’impiego improprio di indicazioni che rivendicano un’origine ita-

liana, a prodotti che non hanno i requisiti per vantarla.

Le contraffazione, penalizzano gravemente l’industria manifatturiera del no-

stro Paese, che già soffre per la concorrenza spesso sleale di prodotti prove-

nienti da Paesi emergenti. In particolare per le varie forme di parassitismo

che ad essa si accompagnano, è assolutamente indispensabile un'attività rigo-

rosa di coordinamento, impulso e revisione. Negli ultimi anni, infatti, si è assi-

stito a un proliferare di iniziative in materia, spesso nate sotto la pressione di

esigenze contingenti e prive di un disegno unitario. Purtroppo, si sono caratte-

rizzate per una disorganicità almeno pari alle buone intenzioni che stavano alla

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base di esse, tanto più in quanto non si è tenuto suf-

ficientemente in conto il fatto che la materia è già in

parte disciplinata da una fonte sovraordinata al nostro

diritto nazionale.

Questa, è agganciata al Codice Doganale Comuni-

tario, che prevede che i prodotti che hanno subito lavorazioni in Paesi diversi,

debbano ritenersi originari dell’ultimo Paese in cui hanno subito una trasforma-

zione sostanziale. Il tutto comporta tra l’altro per la nostra autorità giudiziaria,

la necessità di disapplicare eventuali disposizioni in contrasto, stante il noto prin-

cipio della prevalenza delle norme comunitarie su quelle interne difformi, anche

successive. Ciò non ha giovato alla chiarezza della disciplina e alla certezza

del diritto, necessarie in tutti i campi ma specialmente in relazione a norme san-

zionatrici penali o che comunque prevedono l’applicazione di sanzioni ammini-

strative di tipo affittivo. E’ paradossale questa situazione, che ha “reso la vita

più difficile” proprio alle imprese italiane oneste, alle quali ha imposto oneri e

spesso impossibile di difficile attuazione, lasciando al contempo larghe maglie

attraverso le quali ha avuto buon gioco ad infilarsi chi vive invece ai margini e

oltre i margini della legalità. La tutela delle imprese e dei consumatori, contro

l’uso di indicazioni idonee ad ingannare il pubblico in relazione a caratteristiche

rilevanti dei prodotti o dei servizi per i quali esse vengono usate, e il correlativo

approfitta mento parassitario della meritata fama di qualità, di cui beneficia in

molti settori la nostra industria manifatturiera.

Richiedono invece una disciplina il più possibile semplice e chiara, fondata su

prescrizioni generali valide per tutte le fattispecie, conformemente ai principi

stabiliti dal legislatore comunitario e nel rigoroso rispetto del principio costitu-

zionale di eguaglianza; specialmente in materia di origine dei prodotti. Le di-

sposizioni adottate dal legislatore interno, devono quindi rispettare il divieto

d’introdurre misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative, vietate

dall’art. 28 (30) Trattato C.E. e seguire rigorosamente il sistema di comunica-

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zione anticipata obbligatoria alla Commissione Europea previsto per le norma-

tive di natura tecnica previsto dal la Direttiva n. 98/34/CE, e ciò anche per pre-

venire il rischio di nuove procedure d’infrazione contro il nostro Paese.

La censura espressa ad opera della Commissione Europea subita proprio per

questo dal più recente di questi interventi (la legge n. 55/2010, di cui il Governo

ha perciò sospeso l’applicazione alla vigilia della sua entrata in vigore, con una

Direttiva rivolta alle Pubbliche Amministrazioni competenti) ha infatti certamente

contribuito ad indebolire la nostra posizione in sede comunitaria, e non è ve-

rosimilmente estranea neppure al recentissimo stralcio della proposta di un Re-

golamento comunitario sull’etichettatura d’origine obbligatoria per certe catego-

rie di prodotti provenienti da Paesi esterni all’Unione Europea.

Questa proposta che presentava peraltro

anche di per sé varie criticità, soprattutto

per la scelta di seguire un “criterio di ori-

gine” diversificato per talune specifiche categorie merceologiche. È dunque ne-

cessario e indifferibile mettere al più presto in cantiere la semplificazione e il

riallineamento al diritto comunitario della nostra normativa interna in materia,

come premessa indispensabile per riprendere con maggiori prospettive di suc-

cesso la battaglia per ottenere il varo di una norma europea di portata generale

e di applicazione.

E’ necessario che sia il più possibile agevole che renda obbligatoria l’etichetta-

tura di origine, in entrata e in uscita dal territorio doganale comunitario, come

dal resto già è previsto in altri Paesi come gli Stati Uniti. In pari tempo però

occorre acquisire la consapevolezza del fatto che non è tanto sul mercato na-

zionale, quanto su quelli stranieri che occorre difendere con maggior vigore il

valore aggiunto che la “qualità italiana” rappresenta per i consumatori.

In attesa di un intervento auspicato del legislatore comunitario ci si deve valere

degli strumenti giuridici già oggi esistenti. In questo senso appare senz’altro da

sostenere e incentivare l’istituzione di marchi collettivi, conseguibili a livello na-

zionale, comunitario e internazionale, idonei a far meglio percepire e valorizzare

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al pubblico la qualità dei nostri prodotti e il valore aggiunto che essa rappresenta,

anche attraverso adeguate campagne di comunicazione. Questo strumento,

volontario e quindi agevolmente implementabile, pienamente compatibile col di-

ritto comunitario (che prevede già l’istituto) in quanto venga utilizzato in rela-

zione ad una qualità obiettiva garantita e controllata, agile e snello e perciò

adattabile alle diverse esigenze delle diverse categorie merceologiche.

Servirebbe infatti a rendere percepibile la differenza tra veri e falsi prodotti

“Italian sounding”(1) al pubblico, soprattutto straniero (ma anche italiano) che

già apprezza l’origine italiana delle merci, ma spesso non li sa distinguere. Que-

ste attività, in pari tempo contribuirebbero anche a una nuova “Cultura del

Made in Italy” (2), diffondendo la conoscenza delle qualità obiettive della nostra

produzione, spesso oggetto di un generico apprezzamento non accompagnato

però dalla conoscenza effettiva dei veri plus di questa produzione. Ciò rende-

rebbe più agevole anche la penetrazione dei nostri prodotti sui nuovi mercati,

che la globalizzazione dell’economia e il miglioramento delle condizioni di vita

anche in aree del mondo che ancora pochi anni fa sembravano incapaci di uscire

da una condizione di sottosviluppo si sta aprendo, sui quali solo la formazione di

“consumatori consapevoli” (3) potrà consentire al nostro Paese di competere

col successo che merita.

Il Consiglio ritiene strategico anche in

materia di tutela del Made in Italy e

della lotta alla contraffazione, una si-

nergia con la Nuova Agenzia ICE (4),

così come il supporto attivo ad ogni iniziativa volta al riconoscimento del made

in Italy e comunque delle indicazioni di provenienza nelle opportune sedi a livello

europeo e internazionale.

(1) Italian sounding http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2014-05-05/il-bel-paese-tavola-falsi-miti-e-italian-sounding-122732.shtml?uuid=ABJp7pFB

(2) Cultura del Made in Italy http://www.civita.it/servizio/news_civita/la_cultura_e_il_made_in_italy_il_legame_tra_impresa_e_cultura (3) Consumatori consapevoli http://www.consumoconsapevole.it/contributi/i-saperi-di-un-consumatore-consapevole (4) ICE http://www.ice.gov.it/

http://www.ice.gov.it/ http://europa.eu/index_it.htm http://www.cnac.gov.it/index.php/le-macro-priorita/tutela-del-made-in-italy

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Capitolo II:

L’EXPO l’esposizione universale, in Italia dopo cento anni

dall’inizio della prima guerra Mondiale 1915/2015.

Che cos’è l'Expo?

L’Expo, o come sarebbe più corretto dire, l'Esposizione Universale, è uno degli

eventi internazionali di maggiori dimensioni. Si svolge ogni cinque anni, dura

sei mesi e sviluppa un tema universale, di interesse generale per tutta l’uma-

nità. I partecipanti si dividono in ufficiali, ossia i Paesi e le Organizzazione

Internazionali che hanno confermato ufficialmente la propria adesione, e non

ufficiali, ossia le istituzioni, le aziende e le organizzazioni della società civile. Il

termine Expo può riferirsi generalmente sia ad una

esposizione di natura commerciale, ovvero ad

una fiera, sia non commerciale; in entrambi i casi

l'evento si caratterizza per l'organizzazione at-

torno ad un tema specifico. Vengono chiamate

Expo le fiere dedicate all'esposizione di prodotti e tecnologie, ma anche eventi

riguardanti temi generali quali l'alimentazione o la filosofia, eventi che quindi si

configurano spiccatamente come meeting costituiti da più giorni di conferenze

ed interventi.

http://www.focus.it/cultura/curiosita/che-cose-lexpo-e-qual-e-la-sua-storia Expo2015unaguidaatutteleopportunità Gruppo24ore

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Storia dell’EXPO?

Questi valori sono stati promossi dal BIE (Bureau

International des Expositions), l’organizzazione

intergovernativa nata nel 1928 a Parigi con lo

scopo di regolare la frequenza, la qualità e lo svolgimento delle Esposizioni.

La BIE durante la sua quasi centenaria storia ha cambiato varie volte definizioni

e frequenze delle esposizioni universali pur mantenendo intatti i valori di riferi-

mento e lo sviluppo delle esposizioni. L'attrazione principale di questi appunta-

menti sono i padiglioni nazionali, progettati e gestiti dai Paesi partecipanti. A

questi si aggiungono i padiglioni tematici dell'organizzazione stessa. Storica-

mente ogni esposizione è stata sempre caratterizzata da particolari strutture,

divenute poi simbolo di quella edizione dell'esposizione, nonché talvolta della

città organizzatrice o del Paese organizzatore stesso. Fin dalla sua prima edi-

zione, tenutasi a Londra nel 1851 e ospitata all’interno del Crystal Palace,

l’Esposizione Universale è stata il palcoscenico ideale dei traguardi più ambiziosi

raggiunti dall’Uomo e dai popoli nel corso del tempo.

L’occasione per condividere innovazione, avanzamenti

tecnologici e scoperte di grande ispirazione, progetti

architettonici o movimenti artistici, ma anche per creare

luoghi e spazi che si sono trasformati in veri e propri simboli della cultura e

della storia dell’epoca. Basti pensare alla Torre Eiffel, eretta a Parigi per l’Espo-

sizione del 1889. L’Esposizione Universale è una manifestazione di natura non

commerciale, mirata a creare una piattaforma per un dialogo internazionale tra

i cittadini, i paesi e le istituzioni intorno a un tema d’at-

tualità e di interesse universale. Fin dall’inizio è stato il

luogo privilegiato in cui rappresentare la creatività e l’in-

gegno umano attraverso la messa in scena di quanto di

meglio ogni paese potesse presentare al mondo in quel

preciso momento storico.

http://it.wikipedia.org/wiki/Expo Expo2015unaguidaatutteleopportunità Gruppo24ore http://www.focus.it/cultura/curiosita/che-cose-lexpo-e-qual-e-la-sua-storia

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Qual è il ruolo del Paese ospitante?

Organizzata dalla nazione che ha vinto una gara di candidatura, l’Esposizione

viene realizzata all’interno di un Sito Espositivo appositamente attrezzato e offre

un’occasione di incontro e condivisione tra i Paesi che vi partecipano, invitati

tramite canali diplomatici. Il Paese ospitante ha l’opportunità di mostrare al

mondo il meglio dell’innovazione tecnologica, produzione

nazionale e tradizione culturale, ma anche di rafforzare

le relazioni internazionali in numerosi ambiti.

http://it.wikipedia.org/wiki/Expo Expo2015unaguidaatutteleopportunità Gruppo24ore

Cosa rimane dopo la chiusura di ogni evento?

Ogni Expo lascia alla città che la ospita dei monumenti e dei palazzi che pos-

sono diventare un vero biglietto da visita della metropoli, come la Torre Eiffel di

Parigi, l’Atomium di Bruxelles o lo Space Needle di Seattle. Ma non solo l’Expo è

un’opportunità par cambiare il volto della città, per migliorare la qualità della

vita dei cittadini, per attirare più turisti. Le Esposizioni di Shanghai, Lisbona,

Brisbane, Spokane e di tante altre città

hanno lasciato in eredità quartieri mo-

derni, nuove infrastrutture, parchi e

musei.

http://it.wikipedia.org/wiki/Expo Expo2015unaguidaatutteleopportunità Gruppo24ore

L’eredità immateriale, un messaggio per il futuro:

Rispetto alle prime edizioni, forme e modalità di Esposizione, che i Paesi ospitanti

e quelli partecipanti adottano, sono cambiate. L’Expo rimane certamente una

vetrina delle novità più importanti ma nel tempo ha focalizzato la sua attenzione

verso lo studio e la comprensione dei grandi temi dell’umanità. Basti pensare

alle Esposizioni di Saragozza, Yeosu e Shanghai in cui i temi trattati erano ri-

spettivamente legati all’acqua, agli oceani e alla qualità della vita nelle metropoli,

per arrivare a Expo Milano 2015 dove il Tema Nutrire il Pianeta, Energia per

Davide Geraci

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la Vita affronta il problema della nutrizione per l’uomo nel rispetto della Terra

sulla quale vive.

Le dimensioni fisiche e spaziali del Sito Espositivo e dei manufatti, quelle che

normalmente sono l’eredità “materiale” di un’Esposizione Mondiale, ora devono

essere modellate sul Tema dell’evento. La monumentalità di questa nuova ge-

nerazione di esposizioni non è più quella delle architetture ma quella del pae-

saggio. Dunque la loro eredità sarà “immateriale”. Diversi sono i lasciti imma-

teriali di Expo Milano 2015 ai quali contribuiscono in egual misura tutti i parteci-

panti:

Il know-how derivato dal semestre di lavori, incontri, seminari volti a

proporre nuove prospettive e a ridurre gli sprechi.

La presenza di elementi educativi in ogni mostra, evento, performance

organizzata allo scopo di indirizzare la collettività verso scelte respon-

sabili da adottare nella produzione e nel consumo di cibo.

L’insieme delle ricerche mirate a interrogare la comunità sulla sostenibi-

lità dei modelli economici, sociali e produttivi adottati.

La diffusione delle conoscenze e della formazione sui temi della so-

stenibilità ambientale.

Questo lascito immateriale è una delle sfide più importanti che Expo Mi-

lano 2015 si pone.

http://it.wikipedia.org/wiki/Expo Expo2015unaguidaatutteleopportunità Gruppo24ore

Quando e dove fu la prima e l’ultima fiera universale?

Dalla prima edizione di Londra del 1851 a quella di Shangai del 2010, tutte le

esposizioni sono state basate su tre valori fondanti, declinati di volta in volta

secondo la sensibilità ed il tema scelto dal Paese ospitante: fiducia, solidarietà

e progresso.

http://it.wikipedia.org/wiki/Expo Expo2015unaguidaatutteleopportunità Gruppo24ore

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1906 l’esposizione universale in Italia, Milano?

L'Esposizione Internazionale di Milano del 1906 si

tenne dal 28 aprile all'11 novembre di quell'anno in pa-

diglioni ed edifici appositamente costruiti nell'area alle

spalle del Castello Sforzesco, l'attuale Parco Sem-

pione, e nell'area allora occupata dalla Piazza d'armi

sulla quale dal 1923 sorgerà la Fiera di Milano. Presidente dell'Esposizione In-

ternazionale del 1906 fu il finanziere e banchiere milanese Cesare Man-

gili (1850-1917). Per l'occasione furono investiti 13 milioni di lire dell'epoca, le

nuove costruzioni furono 225 tra cui l'acquario civico. Le nazioni partecipanti

furono 40, gli espositori 35.000, i visitatori furono stimati in più di 5 milioni,

una cifra record per l'epoca. L'immagine simbolo

dell'esposizione, realizzata da Leopoldo Metlicovitz, ce-

lebrava l'apertura del traforo transalpino del Sempione,

completato proprio nel 1906 (e da cui il parco omonimo

prende il nome) rendendo possibile la prima linea ferroviaria diretta tra Milano e

Parigi.

http://it.wikipedia.org/wiki/Expo Expo2015unaguidaatutteleopportunità Gruppo24ore

Quale fu il tema dell’esposizione del 1906?

Il tema dell'esposizione, in omaggio al traforo del

Sempione, fu individuato nel "trasporto" ed in tutto

ciò che richiamasse il dinamismo. Per realizzare ciò si

decise di creare due settori distinti, uno all'interno del

parco Sempione e un altro nella non distante Piazza d'Armi. Pertanto, proprio

nella piazza davanti all'ingresso dell'Esposizione, fu portato tutto il materiale

ferroviario, mentre si dedicò il parco alle mostre relative all'arte. Si pensò inol-

tre di collegare i due settori con una linea ferroviaria elevata. Una linea ad alta

tensione ne garantiva la mobilità. Nella piazza, oltre ai locomotori italiani,

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trovarono posto diverse motrici provenienti dai Paesi Bassi, dall'Austria,

dalla Germania, dal Belgio e dalla Francia. Queste furono poi mostrate nell'ese-

guire manovre e nell'affrontare gli scambi automatici.

http://it.wikipedia.org/wiki/Expo

1906 apertura del traforo “Sempione”.

I primi spunti relativi alla realizzazione di un'esposizione internazionale a Mi-

lano risalgono al 1906 e dovevano festeggiare la costruzione del Traforo del

Sempione (un’opera eccezionale per l’epoca che, con i suoi 19.803 metri, rap-

presentava il più lungo tunnel del mondo), ma all'epoca, si ipotizzava semplice-

mente lo sviluppo di una expo tematica sui trasporti. In seguito si optò per un

progetto di più ampio respiro cui la rapida adesione di altri paesi. L'evento, che

doveva originariamente svolgersi nel 1905, data prevista per il termine dei lavori

del Traforo, fu in seguito posticipato proprio a causa dei ritardi nella realizzazione

del tunnel.

Il comitato cittadino, costituitosi ad hoc, individuò l'area verde retrostante il Ca-

stello Sforzesco (che avrebbe poi preso il nome di Parco Sempione), come il

luogo ove si sarebbe svolto il grosso dell'e-

vento. Fu poi lanciata una sottoscrizione

pubblica per ottenere i fondi necessari. A

pochi giorni dall'inaugurazione si raggiunse

la considerevole cifra di sei milioni di lire. L'Esposizione Internazionale di Mi-

lano fu solennemente inaugurata il 28 aprile 1906 dai sovrani d'Italia e si chiuse

l'11 novembre dello stesso anno con un corteo luminoso.

http://it.wikipedia.org/wiki/Expo Expo2015unaguidaatutteleopportunità Gruppo24ore

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Quali furono i paesi partecipanti in Italia nel 1906?

I Paesi partecipanti furono Inghilterra, Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi,

Svizzera, Canada, Repubbliche sudamericane, Cina, Austria-Ungheria, Gre-

cia, Messico, Stati Uniti, Russia, Giappone, Spagna e Italia.

http://it.wikipedia.org/wiki/Expo

Quali furono i temi dei Padiglioni?

Su progetto dell'architetto Sebastiano Locati, all'interno dell'Esposizione Inter-

nazionale, fu inaugurato il 28 aprile 1906 l'Acquario civico di Milano, che

tutt'oggi è da annoverarsi tra gli edifici di maggior pregio e significato del li-

berty italiano. Uno dei padiglioni che riscosse maggior successo fu il cosiddetto

Parco Aerostatico in cui erano mostrati diversi tipi di palloni aerostatici riempiti

di aria o gas. La mostra aeronautica, una delle prime del genere, aveva in espo-

sizione l'aerocicloplano costruito da Aldo Corazza, dotato di un triciclo atto alla

creazione della forza di propulsione necessaria al decollo ed al volo. Ma soprat-

tutto l'aeronave Italia, opera realizzata da Almerico da Schio e primo dirigibile

della storia italiana, il quale l'anno precedente aveva effettuato il primo volo sui

cieli di Schio.

Destò particolare interesse anche architettonico il padiglione Agraria dedicato

ai temi della produzione agricola, la cui progettazione in stile liberty fu curata

dal giovane architetto Orsino Bongi (1875-1921), che realizzò parti di altre

strutture e che, insieme agli ingegneri associati Carlo Bianchi, Francesco Ma-

gnani e Mario Rondoni e all'architetto Sebastiano Locati, sì aggiudicò il premio

ex-aequo per il concorso del progetto generale. Interessante fu anche il tema

della previdenza sociale a cui era dedicata un'area apposita in un padiglione

della quale la Società Umanitaria mostrava le proprie realizzazioni che proprio in

quello stesso anno, il 1906, erano sfociate nella realizzazione del Primo quartiere

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popolare della Società Umanitaria, complesso di edilizia residenziale pub-

blica di Milano costruito su progetto dell'architetto Giovanni Broglio nella via

Solari.

In una parte del padiglione, opera dell'architetto Luigi Conconi, venne esposto

un intero bilocale di via Solari, completamente ammobiliato con i progetti che

avevano vinto, nel 1905, il "Concorsi di ammobigliamento per abitazioni

operaie" con disegni di Augusto Ghedini ed Emilio Dozzio. L'esposizione dell'U-

manitaria ebbe grande rinomanza e vennero organizzate visite in loco nel

nuovo quartiere operaio di via Solari. A tutto ciò si affiancavano i padiglioni dei

Paesi partecipanti. Tra questi degno di menzione era il padiglione Russo che

vedeva tra gli aderenti lo stesso zar Nicola II con la collezione di porcellane

delle fabbriche imperiali.

Alle iniziative strettamente connesse all'esposizione se ne affiancarono altre di

contorno dal carattere mondano realizzate all'interno di chioschi bar e risto-

ranti. Tra le iniziative più curiose, si annoverò la ricostruzione di una via del

Cairo fornita di un ristorante tipico davanti al quale stazionava un cammello.

Alcuni padiglioni stranieri, infatti, prevedevano anche la degustazione di pro-

dotti tipici, si fece in particolare notare il padiglione Cinese con il relativo ri-

storante.

http://it.wikipedia.org/wiki/Expo http://www.aboutmilan.com/it/expo-2015/monumenti-delle-expo.html

L’incidente e l’incendio di alcuni padiglioni:

Il 3 agosto, nella galleria d'Arte decorativa Italiana e

Ungherese scoppiò un incendio che distrusse diversi

edifici e padiglioni. In particolare fu distrutto dal

fuoco il padiglione dell'Architettura. Nel giro di qua-

ranta giorni i locali andati distrutti furono ricostruiti e nuovamente inaugurati

alla presenza del re Vittorio Emanuele III. Il 1º ottobre fu anche inaugurata

la sezione d'arte decorativa Ungherese alla presenza del presidente del Consiglio

dei ministri Giovanni Giolitti. http://it.wikipedia.org/wiki/Expo

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Al termine del Expo Italiano del 1906, quale fu il lascito alla città?

L'Acquario Civico di Milano è la costruzione che ci ha lasciato in eredità l'E-

sposizione Universale di Milano nel 1906, dedicata al tema dei trasporti, per

festeggiare l'apertura del grande Traforo del Sempione. L'acquario Civico è il

terzo acquario più antico d' Europa ed è ospitato dalla struttura, emblema dello

Stile Liberty milanese, progettata dall'architetto Sebastiano Locati. La storia

dell'Acquario Civico di Milano è molto travagliata, ha vi-

sto chiusure, bombardamenti, riaperture e così via,

fino all'ultima grande ristrutturazione iniziata nel 2003

ma terminata poi nel 2006, in occasione del centenario

della sua costruzione.

http://www.expo2015.org/it/cos-e/la-storia/il-significato http://it.wikipedia.org/wiki/Expo_1906 http://www.expo2015.org/it/cos-e/la-storia/il-significato

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Capitolo III:

Expo 2015, l’Italia, Milano la seconda volta dopo 109 anni.

Quando è avvenuta l’assegnazione dell’Expo 2015 per Milano?

Lunedì 31 marzo 2008 è arrivata la notizia per la scelta

dell’Italia e più precisamente Milano, sarà ad ospitare

l'Expo 2015. La notizia è appena giunta da Parigi, sede

del “Bureau International des Expositions”, nel quale

si è tenuta l'attesa votazione. I voti per Milano sono

stati 86, quelli per la città turca di Smirne 65.

La prima votazione aveva dato esito nullo, a causa di alcuni problemi alle pul-

santiere, e perciò la decisione finale è stata rimandata di circa un'ora. Momenti

concitati quando qualcuno aveva riferito della vittoria di Smirne, provocando l'e-

sultanza della folta rappresentanza turca; la notizia è stata poi subito smentita.

L’apertura sarà il 1º maggio e il 31 ottobre 2015 la chiusura. L'esposizione è

organizzata da Expo 2015 S.p.A., società costituita dal Governo Italiano,

dalla Regione Lombardia, dalla Provincia di Milano, dal comune di Milano e

dalla Camera di Commercio di Milano.

Il tema proposto per l'Expo in Italia è "Nutrire il pianeta, energia per la vita",

e vuole includere tutto ciò che riguarda l'alimentazione, dal problema della man-

canza di cibo per alcune zone del mondo a quello dell'educazione alimentare,

fino alle tematiche legate agli OGM. Milano è stata già sede dell'Esposizione In-

ternazionale nel 1906 con il tema dei trasporti. Gli appalti per la realizzazione

dell'esposizione sono stati oggetto di un'indagine della magistratura milanese,

la quale ha condotto a numerosi arresti ed all'affidamento della sorveglianza al

magistrato Cantone.

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Oltre alla città di Milano si candidava ad ospitare la manifestazione anche la città

turca di Smirne con il tema "New routes to a better world/Health for all" ("Nuovi

itinerari verso un mondo migliore/Salute per tutti"). Altre città che si ipotizzava

avrebbero fatto richiesta per ospitare la Expo 2015, ma che non hanno conse-

gnato la documentazione necessaria presso il BIE in tempo utile (entro il 2 no-

vembre 2006) sono: Atlanta, USA Las Vegas, USA New York, USA Mosca, Russia.

Qual è il tema che ha permesso l’assegnazione all’Italia?

Saranno chiamate in causa le tecnologie, l'innova-

zione, la cultura, le tradizioni e la creatività legati al

settore dell'alimentazione e del cibo. L'asse princi-

pale è il diritto ad una alimentazione sana, sicura e

sufficiente per tutti gli abitanti della Terra. La preoccupazione per la qualità del

cibo in un mondo sempre più popolato (si calcola che nel 2050 gli abitanti della

Terra saranno 9 miliardi) si accompagna a scenari di un aumento dei rischi per

la quantità globale dei cibi disponibili.

Alcuni dei temi principali che ruoteranno attorno alla Expo sono:

Rafforzare la qualità e la sicurezza dell’alimentazione, cioè la sicurezza di

avere cibo a sufficienza per vivere e la certezza di consumare cibo sano e ac-

qua potabile;

Assicurare un’alimentazione sana e di qualità a tutti gli esseri umani per eli-

minare fame, sete, mortalità infantile e malnutrizione;

Prevenire le nuove grandi malattie sociali della nostra epoca, dall'obe-

sità alle patologie cardiovascolari, dai tumori alle epidemie più diffuse, valo-

rizzando le pratiche che permettono la soluzione di queste malattie;

Innovare con la ricerca, la tecnologia e l’impresa l’intera filiera alimentare,

per migliorare le caratteristiche nutritive dei prodotti, la loro conservazione e

distribuzione;

Davide Geraci

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Educare a una corretta alimentazione per favorire nuovi stili di vita, in parti-

colare per i bambini, gli adolescenti, i diversamente abili e gli anziani;

Valorizzare la conoscenza delle "tradizioni alimentari" come elementi culturali

ed etnici.

Preservare la bio-diversità, rispettare l’ambiente in quanto eco-si-

stema dell'agricoltura, tutelare la qualità e la sicurezza del cibo, educare

alla nutrizione per la salute e il benessere della persona;

Individuare strumenti migliori di controllo e di innovazione, a partire dalle bio-

tecnologie che non rappresentano una minaccia per l’ambiente e la salute,

per garantire la disponibilità di cibo nutriente e sano e di acqua potabile e per

l’irrigazione;

Assicurare nuove fonti alimentari nelle aree del mondo dove l'agricoltura non

è sviluppata o è minacciata dalla desertificazione dei terreni e delle foreste,

delle siccità e dalle carestie, dall'impoverimento ittico dei fiumi e dei mari.

Milano: il sito dell’esposizione:

L'area scelta per l'evento è nel settore nord-

ovest di Milano ed è per il 90% posta nel co-

mune del capoluogo e per il restante 10% in

quello di Rho. Occupa una superficie di 110 et-

tari adiacente al nuovo polo espositivo di Fiera

Milano. La zona era occupata un tempo da impianti di produzione industriale ed

è stata poi adibita sia a destinazione agricola sia per impianti di natura logistica

e per servizi comunali.

L'area espositiva è organizzata come un'isola circondata da un canale d'acqua

ed è strutturata secondo i due assi perpendicolari della World Avenue (decu-

mano) e del cardo, ripresi dall'architettura delle città romane. Secondo un prin-

cipio di uguaglianza, tutti i padiglioni nazionali sono affacciati sul grande viale

principale, lungo 1,5 km e largo 35 metri. Lungo il cardo, 325 metri di lunghezza

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per 35 metri di larghezza sono invece organizzati i padiglioni delle Regioni e Pro-

vince italiane.

Alla confluenza dei due assi si crea una grande piazza (Piazza Italia) di 4 350 m².

A nord del cardo sorge il palazzo Italia, ovvero il padiglione del Paese organiz-

zatore, affacciato sulla Lake Arena, un lago-arena di 98 metri di diametro. A lato

sud invece un Open Air Theatre da circa 10 000 m² per un totale di circa 9 000

posti. Agli estremi del decumano invece sono previsti una grande collina artifi-

ciale (82 800 m³ di volume) da un lato e l'Expo Center dall'altro, formato da tre

blocchi funzionali indipendenti: auditorium (blocco sud), performance area

(blocco centrale) e palazzo uffici (blocco nord), per un totale di circa 6 300 m².

I primi due blocchi sono progettati per essere smantellati alla chiusura dell’Expo,

mentre il palazzo uffici sarà permanente.

I due ingressi principali del sito, quello sud e quello ovest, presentano due pas-

serelle per i collegamenti rispettivamente verso l'area della cascina Merlata e

verso la polo extraurbano della Fiera di Milano. L'ideazione del sito espositivo è

stata affidata a progettisti senior e a giovani neolaureati della Società Expo 2015

S.p.A., con il supporto di architetti di fama internazionale come Stefano Boeri,

Ricky Burdett e Jacques Herzog. La presentazione ufficiale è avvenuta il 26

aprile 2010 sotto il nome di Masterplan 2010. Questo masterplan, come tutte le

sue versioni successive, si configurano come revisioni di un concept plan inizial-

mente progettato nel 2009.

L'accesso al sito è garantito da una fitta rete di infrastrutture adiacenti tra le

quali la fermata di Rho Fiera della linea 1 (rossa) della metropolitana mila-

nese che connette al centro cittadino, la stazione ferroviaria di Rho Fiera Expo

Milano 2015, servita da treni suburbani, regionali e ad alta velocità, e le auto-

strade A4, A8 e A9 Milano-Como-Laghi. I tre aeroporti cittadini lombardi di Mal-

pensa, Linate e Bergamo sono inoltre facilmente raggiungibili. Il sito sarà inoltre

collegato alla città grazie alla Via d'Acqua, un progetto che prevede la riqualifi-

cazione della Darsena e di tratti del Naviglio per poter collegare il centro città

alla Expo lungo un percorso ciclo-pedonale che attraversa il parco delle Cave.

Davide Geraci

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Quali sono i temi dei Padiglioni?

All'interno del sito saranno presenti cinque aree o padiglioni tematici che svilup-

peranno i temi della nutrizione e della sostenibilità secondo differenti ambiti:

l’esperienza del cibo e il futuro, il le-

game tra la nutrizione e l’infanzia, la

possibilità di un cibo sostenibile, il

rapporto tra il cibo e l’arte, la moda-

lità di produzione del cibo. Questi padiglioni saranno così denominati:

Padiglione Zero situato all'estremità ovest del sito, funge da portale d'ac-

cesso e introduzione alla visita. Ospiterà il contributo delle Nazioni Unite e

la Best Practice Area, ovvero la raccolta delle migliori esperienze ed esempi

sul tema della nutrizione. Quest'ultima vede la presenza di 15 Best Sustai-

nable Development Practices on Food Security BSDP "Migliori esperienze di

sviluppo sostenibile nell'ambito della sicurezza alimentare". In particolare sa-

ranno selezionate le migliori esperienze in ambito:

1. Gestione sostenibile delle risorse naturali

2. Aumento della quantità e miglioramento della qualità dei prodotti dell’agri-

coltura

3. Dinamiche socio-economiche e mercati globali

4. Sviluppo sostenibile delle piccole comunità rurali

5. Modelli di consumo alimentare: dieta, ambiente, società, economia e sa-

lute

Parco della Biodiversità – Un grande giardino di circa 14 000 m² posto

nell'area Nord e adiacente alla Lake Arena, finalizzato alla riproduzione della

varietà della Vita. All'interno del Parco saranno inseriti i tre cluster dedicati

alle zone aride, alle isole e al Mediterraneo.

Future Food District ("Il distretto del cibo del futuro") – Non solamente un

padiglione ma un'area formata da due padiglioni espositivi identici (2 500 m²)

Davide Geraci

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e nella piazza che viene a crearsi tra di essi (circa 4 400 m²), posta nella

zona sud, di fronte all'anfiteatro. Si tratterà il tema dell'evoluzione della filiera

alimentare con largo uso delle tecnologie IT e prototipi di luoghi del futuro

quali una casa, un ristorante ed un supermercato, ma anche una Vertical

Farm e una Algae Urban Farm.

Food in Art "Il cibo nell'arte", un'area tematica posta nella zona sud che

vuole esplorare il rapporto con il cibo quale oggetto di riflessione simbolica

da parte della specie umana nella storia. Il percorso è pensato come un'e-

sposizione reale e virtuale di grandi capolavori artistici.

Children Park "Parco dei bambini" realizzato in collaborazione con la città

di Reggio Emilia, occupa un'area esterna al perimetro del canale ed è pensata

come area ludica, ricreativa ed educativa per bambini e famiglie.

Quanti e quali sono gli stati che hanno aderito Expo 2015?

Expo 2015 vedrà la partecipazione di 147 partecipanti ufficiali. Nello specifico al

momento hanno confermato la propria presenza 144 Paesi. L'Italia è conteggiata

nel totale in quanto ha acquisito il ruolo di Paese par-

tecipante, nonché organizzatore, con la nomina del

commissario per il padiglione italiano. Sono altresì

coinvolte 11 organizzazioni della società civile (in par-

ticolare organizzazioni non governative) e 13 aziende (tra cui quelle partner) in

veste di partecipanti non-ufficiali. Il primo Paese a formalizzare la propria pre-

senza alla Expo 2015 di Milano è stata la Svizzera il 3 febbraio 2011, sebbene in

data 8 dicembre 2008, i rappresentanti della Cina avevano già firmato un pro-

tocollo di partecipazione in virtù del criterio di reciprocità con la Expo

2010 di Shanghai.

https://www.expoleaks.it/expo2015-partecipanti/

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Come sono stati denominati i padiglioni, e quali temi?

All'esposizione milanese i padiglioni collettivi dei Paesi partecipanti sono stati

ripensati e denominati “cluster”, e rappresentano un vero punto di novità ri-

spetto alle manifestazioni del passato. Tutte le Expo moderne hanno sempre

organizzato padiglioni comuni per quei Paesi che non avessero avuto modo, o

risorse, per allestirne uno proprio; questi spazi sono sempre stati pensati unendo

gli espositori secondo una logica puramente geografica. Ad Expo 2015 sono in-

vece state ideate nove aree, raggruppando i Paesi secondo criteri di identità

tematica o di comune filiera alimentare:

Identità tematica:

1. Agricoltura e Nutrizione nelle Zone Aride – La Sfida della Scarsità d’Ac-

qua e dei Cambiamenti Climatici

2. Isole, Mare e Cibo

3. Bio-Mediterraneo – Salute, Bellezza e Armonia

Filiera Alimentare:

1. Riso – Abbondanza e Sicurezza

2. Caffè – Il Motore delle Idee

3. Cacao – Il Cibo degli Dei

4. Cereali e Tuberi – Antiche e Nuove Colture

5. Frutta e Legumi

6. Il Mondo delle Spezie

Il modello architettonico dei cluster prevede spazi espositivi individuali dedicati

ai singoli Paesi organizzati intorno a un’area comune. Ciascuno dei cluster è ca-

ratterizzato da un progetto architettonico distintivo. Sei di essi si affacciano di-

rettamente sul decumano, tre sono collocati all'interno del Parco della Biodiver-

sità, nell'area nord-est del sito.

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Oltre agli stati, quali sono le organizzazioni aderenti?

Expo 2015 dà spazio anche ad organizzazioni inter-

nazionali, no-profit e ONLUS. Tra le prime,

l'ONU interverrà all'interno del Padiglione Zero in-

terfacciandosi per la prima volta con presenza oriz-

zontale e l'Unione europea avrà uno spazio nel

Padiglione Italia, il CERN di fronte a Palazzo Italia. Cascina Triulza, una tradi-

zionale cascina milanese posta all'interno del sito espositivo e recuperata per

l'occasione, accoglie invece Fondazione Triulza, un network di enti ed organiz-

zazioni nato con l'obiettivo di rappresentare la società civile all'esposizione.

Ci sono aziende commerciali presenti?

Come tradizione, Expo 2015 accoglie anche contributi dalle aziende, in un'area

dedicata da 21 000 m² posta nella zona Nord-est, in prossimità del Parco della

Biodiversità e in alcuni lotti posti all'inizio del decumano, nei pressi del Padiglione

Zero. Sono qui organizzati i padiglioni dei partecipanti non ufficiali Corpo-

rate e Partners. Le aree prevede lotti per la realizzazione di autocostruzioni,

padiglioni progettati e costruiti in autonomia dalle aziende, ma anche collettivi

per l'allestimento secondo un modello a stand.

Quali sono i partner che hanno aiutato economicamente Expo 2015?

Sono partner di Expo 2015 numerose aziende, catalogate

per tipologia di partnership e contributo in termini econo-

mici all'evento. Sono definite le seguenti tipologie:

Official Global Partners, le attività e i valori di queste

aziende sono in linea con le tematiche scelte da Expo Milano

2015 e offrono un prezioso contributo allo sviluppo del Tema. Si tratta di aziende

esclusive nel loro settore a livello mondiale, che forniscono i principali servizi e

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tecnologie dell’evento e puntano all’innovazione e alla sostenibilità. L'ammontare

dell'investimento economico supera i 20 milioni di euro.

Official Premium Partners – Queste aziende e organizzazioni sono coin-

volte nella realizzazione di progetti importanti, come i padiglioni tematici,

oppure offrono competenze, prodotti e servizi fondamentali per la costruzione

e il funzionamento del Sito Espositivo o per la buona riuscita dell’evento.

L'investimento per queste aziende è superiore ai 10 milioni di euro.

Official Partners – Queste aziende e organizzazioni collaborano a progetti

specifici di importanza fondamentale come i cluster e i contenuti speciali di

Expo Milano 2015, oppure offrono prodotti e servizi per la costruzione e il

funzionamento del Sito Espositivo o per la buona riuscita dell’evento. Questi

partners investono almeno 3 milioni di euro nei relativi progetti.

Da chi è stato creato il logo, e da chi è stato scelto?

Il logo dell'Expo Milano 2015 è il risultato di un concorso pubblico aperto stu-

denti laureandi e neo laureati delle facoltà di Architettura, Design e Arti, Moda,

Grafica Pubblicitaria e Disegno Industriale. Una commissione giudicatrice appo-

sitamente creata, ha selezionato e valutato le proposte; le prime due proposte

sono state sottoposte a una votazione pubblica attraverso una giuria popolare.

È risultata vincitrice la proposta di Andrea Puppa (scritta multicolore), che ha

ottenuto 4747 consensi, mentre quella di Alice Ferrari (uovo stilizzato) ha otte-

nuto 2622 preferenze. Il logo rappresenta una scritta multicolore in cui si so-

vrappongono le lettere che formano la parola EXPO e le cifre che compongono

l'anno 2015. La commissione di selezione dei finalisti era composta da:

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Giorgio Armani, stilista, presidente della giuria

Luisa Bocchietto, architetto

Pierluigi Cerri, architetto

Gillo Dorfles, critico d'arte

Italo Lupi, architetto e designer

Mario Piazza, docente di grafica

Daniela Piscitelli, architetto e grafico

Marco Pogliani, dirigente

Giuseppe Sala, AD di Expo 2015 S.p.A.

Andrée Ruth Shammah, regista teatrale

Ugo Volli, semiologo

Marco Beretta, procurement coordinator

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Gli accordi con i comuni Italiani, e le città europee:

In vista della manifestazione la città di Milano ha stipulato nu-

merosi accordi di collaborazione con altre città, italiane ed eu-

ropee, al fine di coordinare iniziative sotto il comune denomina-

tore dell'Expo 2015, in particolare nel settore turistico, cultu-

rale e infrastrutturale. Sono stati firmati anche accordi con vari paesi del

mondo per lo sviluppo di progetti

particolari, legati all'alimentazione e

alla formazione, oltre che con enti e

associazioni, al fine di dare valore

aggiunto alla manifestazione.

Quali sono stati i professionisti incaricati per garantire il tema?

Per garantire l'aderenza al tema proposto Nutrire il

pianeta l'Expo si avvale della collaborazione di un co-

mitato scientifico composto da numerosi membri di

livello internazionale:

Per Pinstrup-Andersen, economista agrario già Direttore Generale dell'Inter-

national Food Policy Reasearch Institute (IFPRI);

Joachim Von Braun, membro del Consultative Group of International Agricul-

tural Research (CGIAR), Professore di Economia e Politica dell'Alimentazione,

già Presidente della International Association of Agricultural Economists

(IAAE);

Ismail Seralgedin, Direttore della biblioteca alessandrina;

Claudia Sorlini, Professoressa di Microbiologia Agricola, Preside della Facoltà

di Agraria dell'università degli studi di Milano;

Francesco Salamini, professore di Tecnologie Genetiche presso l'università

Statale Milano;

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Gian Michele Calvi, Presidente di Eucentre (European Centre for Earthquake

Engineering);

Enrico Porceddu, Professore di Genetica Agraria presso l'università della Tu-

scia.

Come potranno interagire i cittadini all’evento Expo?

Per realizzare un contatto maggiore con le varie organizzazioni e i singoli cittadini

è stato scelto di organizzare speciali giornate chiamate Stati Generali Expo 2015

dove è possibile per tutti formulare proposte. Oltre a sessioni dedicate ai giovani,

alle donne e ai creativi, viene affrontato il tema centrale dell'Expo che è Nutrire

il pianeta. L'apertura al contributo di tutti fa emergere le diverse anime della

sicurezza alimentare non solo come garanzia di un livello adeguato della qualità

del cibo, ma anche dell'assicurazione a tutti gli abitanti del pianeta una quantità

sufficiente di cibo.

Quali sono le regole che il governo ha varato per gestire l’Expo?

Il Decreto ministeriale D.P.C.M. 22 ottobre 2008, in

attuazione a quanto stabilito dall’art. 14 del D.L. 112

del 25 giugno 2008 deliberato dal Governo Berlu-

sconi IV, convertito nella L. 133 del 6 agosto 2008,

ha istituito gli organismi per la gestione delle attività

di Expo Milano 2015. Il D.P.C.M. 6 maggio 2013 ha

nominato Giuseppe Sala Commissario Unico Dele-

gato del Governo per Expo Milano 2015. Tra i suoi compiti:

Vigilare sull’intera organizzazione di Expo Milano 2015 con poteri sostitutivi

per la risoluzione di situazioni di eventi ostativi alla realizzazione delle opere

essenziali e connesse all’adesione dei Partecipanti o al regolare svolgimento

dell’Evento;

Partecipare alle riunioni del CIPE riguardanti le decisioni strategiche per Expo

Milano 2015 e riferire ogni tre mesi allo stesso comitato.

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Il Commissario Unico riferisce periodicamente al Presidente del Consiglio dei

Ministri sullo stato di attuazione e sull'organizzazione generale dell'Evento e

ha il compito di attivare tutti gli strumenti per la completa realizzazione del

Progetto con Poteri di deroga alla legislazione vigente a mezzo ordinanza (nei

limiti indicati con delibera del Presidente del Consiglio sentito il Presidente

della Regione Lombardia) immediatamente efficaci e pubblicate nella Gaz-

zetta Ufficiale.

Sono stati nominati delegati del Commissario Unico:

Giovanni Confalonieri, che svolge le funzioni di garanzia e controllo dell’an-

damento delle attività e degli interventi relativi alla preparazione della Città

di Milano e del territorio ad ospitare la manifestazione.

Antonio Acerbo, che ricopre le funzioni di garanzia e controllo dell’andamento

delle opere essenziali e delle opere connesse che sono oggetto del Tavolo

Lombardia e di quelle relative al progetto Vie D’Acqua.

La Commissione COEM è sede di coordinamento anche politico tra i diversi sog-

getti coinvolti. Il Decreto Commissariale 2 dicembre 2009 ha individuato la se-

guente composizione:

il Ministro degli Affari Esteri;

il Ministro dell’Interno;

il Ministro dell’Economia e delle Fi-

nanze;

il Ministro per lo Sviluppo Econo-

mico;

il Ministro delle Politiche Agricole,

Alimentari e Forestali;

il Ministro dell’Ambiente e della Tu-

tela del Territorio e del Mare;

il Ministro delle Infrastrutture e dei

Trasporti;

il Ministro del Lavoro, della Salute e

delle Politiche Sociali;

il Ministro per i Beni e le Attività Cul-

turali;

il Capo del Dipartimento della Prote-

zione Civile;

il Presidente dell’Anci;

il Presidente della Regione Lombar-

dia;

il Presidente della Provincia di Milano;

il Presidente dell’Upi Lombardia;

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il Ministro dell’Istruzione, Università

e Ricerca;

L’Amministratore delegato della so-

cietà di gestione “Expo 2015”

La gestione dell'evento è stata affidata alla Expo 2015 S.p.A. (preliminarmente

denominata Società di Gestione Expo Milano 2015 S.p.A. o So.Ge) partecipata

da:

Comune di Milano;

Provincia di Milano;

Regione Lombardia;

Ministero dell'Economia;

Camera di Commercio di Milano.

Amministratore delegato è Giuseppe Sala, presidente è Diana Bracco.

Il Comune di Milano ha creato una Commissione Expo, il cui presidente è il con-

sigliere comunale Ruggero Gabbai (Pd).

I terreni dell’area in cui sorge l’expo di chi sono?

I terreni su cui sorgerà il sito espositivo di Expo 2015 non erano di proprietà

pubblica ma suddivise tra Fondazione Fiera Milano e la società Belgioiosa S.r.l.

di proprietà della famiglia Cabassi. Una lunga querelle fra le istituzioni ha portato

definitivamente alla creazione della società Arexpo S.p.A., le cui quote sono così

suddivise:

Regione Lombardia: 34,67%

Comune di Milano: 34,67%

Fondazione Fiera Milano: 27,66% (trasformando in quote il valore dei propri

terreni)

Provincia di Milano: 2,0%

Comune di Rho: 1%

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La cessione delle aree è avvenuta da parte della già citata Belgioiosa S.r.l., dal

Comune di Rho e da altri proprietari privati. Poste Italiane ha avuto un ruolo per

quanto riguarda la permuta di alcune aree. Arexpo S.p.A. si relaziona a Expo

2015 S.p.A. tramite concessione dei diritti di superficie e contributi per oneri di

infrastrutturazione. La scadenza del diritto di superficie è fissata a 8 mesi dal

termine dell’evento espositivo, ovvero al 30 giugno 2016.

Il terreno è stato comprato per 142,6 Milioni di Euro, ma per il momento sono

stati messi dalle banche. A tal proposito, l’area dopo Expo, verrà venduta con

un processo di rivalutazione, che prevede una parte della stessa trasformata

edificabile. Molti sono gli interessi in merito, e molte sono le varianti di inter-

vento, anche se il sindaco Pisapia, sostiene di aver bloccato con delle norme la

sua edificabilità; sostiene che sarebbe stato meglio realizzarlo su aree pubbliche,

sostenendo di essercene almeno due, ma continua dicendo che lui è arrivato a

decisioni già prese.

Quanti sono gli investimenti per la realizzazione dell’evento?

La realizzazione dell’Expo 2015 a Milano, coinvolge diverse entità, che saranno

chiamate a dare il loro meglio per completare i diversi incarichi. Parlando del sito

produttivo, si realizzeranno 53 padiglioni, un risultato sorprendente, visto che

l’ultimo tenutosi a Shanghai era composto da 42. Stando allo studio che è stato

elaborato da CERTeT – Università Bocconi su richiesta di Expo 2015 S.p.A. e ha

l’obiettivo di valutare i principali impatti economici generati dall’evento EXPO

Milano 2015 sul territorio nazionale.

1. Le infrastrutture: sono previsti ingenti investimenti infrastrutturali, relativi

non solo alla realizzazione dei padiglioni fieristici e alle relative opere di urbaniz-

zazione del sito in cui si svolgerà l’evento, ma anche ai collegamenti stradali,

alla costruzione di nuove strutture ricettive, alla predisposizione di opere urba-

nistiche e di infrastrutture tecnologiche.

Gli investimenti infrastrutturali diretti previsti per le opere funzionali alla realiz-

zazione dell’Esposizione Universale sono pari a circa € 1,7 Miliardi. Sono inoltre

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previsti, da qui al 2015, altri importanti investimenti infrastrutturali per la rea-

lizzazione di opere connesse all’Esposizione Universale e che comprendono in-

terventi sulla rete della metropolitana (tra cui la costruzione delle linee 4 e 5, di

cui il primo tratto da Garibaldi a Bignami è già in corso), stradale, ferroviaria e

autostradale (BRE.BE.MI, Pedemontana, Tangenziale Est Esterna). Gli investi-

menti previsti per la realizzazione di opere connesse a EXPO Milano 2015 sono

pari a circa € 12 Miliardi.

Per valutare l’impatto di EXPO Milano 2015 sull’economia, oltre agli investimenti

necessari per la realizzazione delle varie infrastrutture occorre considerare anche

i costi di gestione e manutenzione delle nuove infrastrutture di trasporto riferiti

alla fase di servizio post-evento.

Complessivamente la realizzazione di tutte le infrastrutture previste e le spese

ad esse legate assommano a € 19 Miliardi, con una attivazione indiretta di oltre

€ 52 Miliardi e un valore aggiunto di € 21,5 Miliardi.

2. La gestione dell’evento: per l’organizzazione e la gestione dell’evento la

Società EXPO 2015 S.p.A sostiene una serie di costi.

La stima dei costi di gestione e di manutenzione delle infrastrutture è di circa €

298 Milioni/anno. Si è considerato, ai fini del calcolo dell’impatto da imputare

ad EXPO, un periodo quinquennale (dal 2016 al 2020): la spesa complessiva

ammonta a circa € 1,5 Miliardi.

3 I costi complessivi di gestione dell’evento: escludendo ammortamenti e

imposte, si prevede ammontino a circa € 1 Miliardo, e hanno un impatto sulla

produzione di quasi € 2,4 Miliardi, generando oltre 1 Miliardo di valore ag-

giunto.

Quali saranno i benefici durante l’evento Expo?

Stimare l’impatto della realizzazione di EXPO Milano 2015 significa, infatti, de-

terminare gli effetti che derivano sia dalla realizzazione del sito, della struttura

espositiva, delle infrastrutture dirette e di quelle connesse che dalla gestione

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dell’evento stesso. La partecipazione dei Paesi esteri ad Expo Milano 2015, la

valutazione dell’impatto di EXPO Milano 2015 considera anche l’impatto degli

investimenti e delle spese sostenute in Italia dai Paesi che parteciperanno

all’Esposizione Universale. Si stima che la produzione aggiuntiva complessiva-

mente determinata da EXPO Milano 2015 nell’economia italiana, nel periodo

2011-2020, potrà ammontare a più di € 69 Miliardi, cui corrisponde un incre-

mento di valore aggiunto pari a circa € 29 Miliardi.

In particolare, gli impatti economici sono riconducibili a cinque principali ambiti

che contribuiscono, in misura diversa, all’attivazione del valore aggiunto totale:

1. Infrastrutture: 74,5%

2. Costi di gestione evento: 3,8%

3. Partecipazione ad EXPO Milano 2015 dei Paesi: 1,9%

4. Attrattività turistica: 16,5%

5. Attrattività di investimenti diretti

esteri: 3,3%.

EXPO Milano 2015 avrà rilevanti impatti

sull’occupazione nazionale, oltre che lom-

barda, in particolare: l’occupazione generata

in modalità diretta, indiretta ed indotta sarà pari, nel decennio 2011- 2020, a

circa 61.000 persone occupate in media ogni anno il fabbisogno occupazionale

avrà un picco nel triennio 2013-2015 e sarà variamente distribuito sia negli anni

precedenti che in quelli successivi all’evento. Il gettito fiscale dovuto alla produ-

zione totale attivata da EXPO Milano 2015 sarà di circa € 11,5 Miliardi, ripartiti

tra imposte dirette (64%) e indirette (36%). Introduzione Lo svolgimento di

EXPO Milano 2015 avrà una ricaduta significativa sia sulla dotazione infrastrut-

turale di Milano e della Regione Lombardia, sia sull’economia nazionale, anche

dopo la conclusione dell’Esposizione Universale.

A questi effetti si aggiungono quelli generati da tutti gli investimenti/spese che

sono indotti dall’aumentata attrattività, sia dal punto di vista turistico che da

quello delle attività produttive, nonché dalla maggiore offerta infrastrutturale.

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La metodologia adottata gli effetti sull’economia italiana legati alla realizzazione

di EXPO Milano 2015 sono stimati utilizzando un modello matematico che si av-

vale della metodologia delle “interdipendenze settoriali”.

Tale metodologia (basata sulla struttura dell’economia italiana resa disponibile

dall’ISTAT) descrive, disaggregata per settori, l’attività di produzione di beni e

servizi che si realizza in un dato periodo nel sistema economico a seguito di un

aumento della domanda per maggiori investimenti e spese.

Secondo le previsioni fornite dai Paesi che hanno aderito ad eventi similari il

totale delle spese effettuate in Italia da parte di Stati e Istituzioni estere sarà di

circa € 0,5 Miliardi, suddiviso in: • € 0,2 Miliardi di investimenti per spese

costruzione degli spazi espositivi e delle eventuali strutture accessorie; • € 0,1

Miliardi di investimenti per l’allestimento degli spazi espositivi, ipotizzato ad un

costo superiore a quello di una semplice esposizione fieristica per l’elevata qua-

lità dell’evento; • € 0,2 Miliardi di spese di gestione operativa degli spazi espo-

sitivi (operations). L’impatto stimato sulla produzione attivata dagli investimenti

complessivi dei Paesi partecipanti ad EXPO Milano 2015 è pari a € 1,3 Miliardi

e a € 556 Milioni di valore aggiunto.

L’attrattività turistica: un impatto significativo è dato dai visitatori attesi nei sei

mesi di apertura dell’Esposizione Universale. Essendo stata stimata la presenza

di circa 20 Milioni di visitatori.

Le spese complessive dei visitatori per alloggio e ristorazione sono state calcolate

in base ad ipotesi di pernottamento differenziate con riferimento alla prove-

nienza e alla ragione della visita considerando, ad esempio, che i visitatori stra-

nieri trascorreranno parte del loro soggiorno in Italia anche in altre località turi-

stiche.

Le altre spese sono state distribuite nelle seguenti voci di consumo (che corri-

spondono ad altrettanti settori di attività economica): acquisto di prodotti ti-

pici - prodotti di abbigliamento e tessili - prodotti in cuoio e calzature -

giornali, cartoline, riviste, libri, guide, prodotti dell’artigianato e altri pro-

dotti del “Made in Italy”, trasporti (mezzi pubblici, treni, taxi, …), altri servizi

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(eventi culturali e sportivi, mostre, musei, parchi di divertimento o tematici,

terme, sale giochi, altri servizi di divertimento e intrattenimento, altri servizi alle

persone).

A questi settori in cui ricadono le spese dei visitatori di EXPO Milano 2015 si è

aggiunto il commercio così da comprendere tra gli effetti generati anche i mag-

giori guadagni dei commercianti. La spesa turistica indotta da EXPO Milano 2015

risulta pari a € 3,5 Miliardi, di cui € 1,5 Miliardi per l’alloggio, € 1,2 Miliardi

nella ristorazione e € 758 Milioni di altre spese; l’impatto sulla produzione è di

€ 9,4 miliardi. La maggiore esposizione della Città e del Paese che ospitano

l’Esposizione Universale e gli eventi organizzati per promuoverla portano anche

ad una maggiore conoscenza nei circuiti turistici mondiali, aumentando l’attrat-

tività del Paese e generando quindi un flusso aggiuntivo di turisti che visitano il

Paese e la città in momenti diversi dai mesi di apertura dell’esposizione. Sulla

base delle stime effettuate sui flussi turistici dai Giochi Olimpici di Torino 2006 e

da altri grandi eventi internazionali, si è ipotizzato un incremento di 150.000

visitatori/anno incentrati sulla Lombardia, suddivisi in 42% di italiani e 58%

di stranieri con spese giornaliere per alloggio, ristorazione e altre spese diffe-

renziate in base alla loro origine. La spesa complessiva dei turisti “aggiuntivi” è

stimata in € 212 Milioni e la produzione attivata in € 572 Milioni. Una parte

minore dei turisti aggiuntivi sarà attratta già in preparazione di EXPO Milano

2015, per il cosiddetto “effetto annuncio”, mentre la parte più significativa si

manifesterà alla fine dell’evento (“effetto lascito”) per un periodo massimo di

quattro anni. L’insieme delle spese aggiuntive indotte dai visitatori previsti per

Expo Milano 2015, dalla maggiore attrattività turistica della Città e dalla mag-

giore attrattività congressuale sono pari ad oltre € 4 Miliardi, che attivano una

produzione aggiuntiva di € 11 Miliardi e danno origine a circa € 4,8 Miliardi di

valore aggiunto.

http://www.confindustria.it/Aree/AltriDocumentiEXPO.nsf/B76A02BEC9A6C6BDC1257864005A0E49/$File/Impatto%20sull%27Economia%20ita-liana.pdf

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Quali saranno i benefici post evento Expo?

Tra le eredità che gli eventi lasciano alle città

ospitanti, oltre a un miglioramento delle infra-

strutture ricettive vi è anche la reputazione di

saper organizzare eventi di dimensione interna-

zionale, un asset che rappresenta un valore nel

mercato congressuale. Nella stima dell’aumento

dei partecipanti a congressi nell’area milanese

per effetto di EXPO Milano 2015 si è considerato un tasso di crescita direttamente

attribuibile del 10% l’anno, compatibile con quanto avvenuto in città che hanno

ospitato eventi internazionali e con un mercato congressuale simile a quello mi-

lanese.

La stima porta ad un incremento di 192.000 congressisti all’anno e, conside-

randone la spesa media giornaliera, l’impatto atteso per il maggior numero di

partecipanti a congressi è di € 375 Milioni.

L’attrattività per investimenti esteri: grazie all’incremento di attrattività dell’area

indotta da EXPO Milano 2015 è probabile, come dimostrano studi realizzati in

previsione di eventi analoghi, che si verifichi un aumento per qualche anno dei

flussi di investimenti diretti esteri (IDE) “greenfields” (indipendenti quindi da

operazioni di acquisizione, in toto o in parte, di imprese già esistenti). Sulla base

degli andamenti degli investimenti diretti esteri “greenfields” avvenuti in Lom-

bardia negli ultimi anni, si è stimato un potenziale aumento annuo degli IDE

indotto da EXPO Milano 2015 del 7%, pari a circa 183 Milioni, considerato

anche questo per un massimo di 5 anni.

La stima del gettito fiscale Nel periodo dal 2011 al 2020-2021, la realizzazione

di EXPO Milano 2015 determinerà un maggiore gettito fiscale per lo Stato e per

gli Enti Locali pari a circa € 7,3 Miliardi per le 5 imposte dirette e a € 4,2

Miliardi per le imposte indirette, per un totale che potrebbe aggirarsi attorno

agli € 11,5 Miliardi. Tale gettito è dovuto all’effetto sviluppo sull’economia ita-

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liana, determinato sia dal maggiore valore aggiunto generato dalle imprese di-

rettamente e indirettamente coinvolte in EXPO Milano 2015, sia dalle imposte

sui redditi percepiti dall’occupazione generata direttamente e indirettamente dal

circolo virtuoso attivato.

Il maggiore gettito fiscale andrà a compensare in misura significativa i finanzia-

menti stanziati dal Governo e dagli Enti Locali per dare avvio alla realizzazione

di EXPO Milano 2015. L’impatto occupazionale La metodologia adottata consente

di valutare l’impatto occupazionale delle varie voci in cui sono stati divisi gli

effetti della realizzazione di EXPO Milano 2015. Essa consente di stimare l’occu-

pazione generata in via diretta, indiretta e indotta che porta ad una stima di

circa 61.000 posti di lavoro, nel decennio 2011-2020. La distribuzione tempo-

rale dei posti di lavoro prevede un picco nel triennio 2013-2015 di circa 130.000

occupati anno. In via cautelativa si è supposto che tali effetti imputabili a EXPO

Milano 2015 si esauriscano nel 2020, anche se questa ipotesi è auspicabilmente

riduttiva.

Expo2015unaguidaatutteleopportunità Gruppo24ore

Qual è il piano per la promozione dell’evento?

Cominciamo da due manifestazioni d’interesse di cui

non si conosce il budget messo a disposizione da

Expo, i tempi di realizzazione dei servizi né tanto-

meno i contenuti. Si chiamano ‘Daily media pro-

dotti editoriali’ e ‘Gruppi editoriali per eventi’,

entrambe visibili sul sito di Expo. Di cosa si tratta? La

società Expo Spa invita le testate italiane, e non solo, a presentare proposte

editoriali ed eventi che celebrino l’esposizione universale 2015 e la sua storia. In

cambio offre uno (sconosciuto) contributo economico, per entrambe le manife-

stazioni di interesse. Sulla pagina degli Rfp (Request for proposal, nome tecnico

di queste manifestazioni di interesse), si leggono solo i nomi dei media che

hanno passato l’esame di idoneità, per altro basato su criteri e punteggi non

esplicitati. Ci sono tutti i gruppi editoriali italiani più forti: da Rcs, al gruppo

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Espresso, passando per il Sole 24 Ore, Mondadori e Libero. E quanto vale

la torta? “Il budget stanziato non è stato predefinito nella manifestazione di in-

teresse perché non si tratta di gara di appalto tradizionale”, risponde Expo. Ergo,

si deciderà in seguito, in trattativa privata. Come (quasi) sempre.

Le promozioni e i finanziamenti alla stampa:

Sono 55 milioni a giornali e Tv per progetti,

ma solo 5 a testate estere. Faraonica campa-

gna d’immagine per l’esposizione, al via il

primo maggio. Cinquantacinque milioni di

euro per lisciare le rughe che le inchieste giu-

diziarie hanno inciso sulla fronte di Expo 2015

Milano. E per rifarsi il trucco agli occhi di

un’opinione pubblica sempre più scettica, dal

2012 la Spa cerca il supporto dei più forti attori nel panorama mediatico italiano.

In tutto, un budget di 55 milioni di euro, di cui tracciabili al momento ne risultano

solo 12,4 milioni, il 22% circa. Mentre mancano soltanto cento giorni al via, in

calendario il primo maggio, di questo fiume di denaro soltanto cinque milioni

sono destinati a testate straniere: meno del 10% del budget, dunque, per

un’esposizione “universale” che dovrebbe avere nell’afflusso di turisti stranieri

una delle principali ragioni d’essere. Non si parla di inserzioni pubblicitarie, che

compaiono su molti mezzi di informazione compreso ilfattoquotidiano.it, ma di

iniziative editoriali ad hoc che parlino dell’esposizione universale.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/06/versiliana-2014-rivedi-il-dibattito-su-expo-2015-con-di-pietro-pisapia-e-sala/1112448/

Davide Geraci

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Le società media stampa finanziate per sponsorizzare l’evento.

Chi si è preso la fetta più grande della torta da 55

milioni di euro per la copertura mediatica dell’Expo

è la Rai. Viale Mazzini porta a casa 5 milioni di

euro per costruire una piattaforma dedicata

all’esposizione: RaiExpo, nota più per avere una

squadra di 47 giornalisti a Roma, che per i conte-

nuti.

Alla Fondazione Feltrinelli vanno ben 1.840.000 euro per

la creazione di ‘Laboratorio Expo’, “unico progetto di ricerca

nell’ambito dell’esposizione fanno sapere dalla casa editrice e

cofinanziato da Expo Spa”.

La Fondazione Mondadori con ‘We-Women for Expo’, un

progetto in pianta stabile nel Padiglione Italia per valorizzare il mondo

femminile, porta a casa 850mila euro.

Non mancano i due quotidiani più prestigiosi

d’Italia, Repubblica e Corriere della Sera: in

quanto principale sponsor dell’iniziativa ‘Repub-

blica delle idee’, sembra che il giornale diretto da Ezio

Mauro abbia intascato mezzo milione di euro.

È andata un po’ meglio al gruppo Rizzoli: il ciclo d’incontri

‘Convivio, a tavola tra cibo e sapere’, ha portato nelle

casse della Fondazione Corriere della Sera 410 mila

euro in quanto “contributo per massima visibilità di Expo

2015”.

A Rcs Sport ne sono andati 154 mila per met-

tere il logo di Expo nell’ambito della Milano City

Marathon.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/06/versiliana-2014-rivedi-il-dibattito-su-expo-2015-con-di-pietro-pisapia-e-sala/1112448/

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Anche Condé Nast è della partita. La società ha vinto due finanziamenti

per la realizzazione degli eventi ‘Wired Next Fest’ (13mila euro) e ‘Fa-

shion Night Out’ (39 mila euro).

Per imprimere su pellicola le prodezze di Expo, la Mo-

vie People ha ottenuto 1.186.000 euro per la rea-

lizzazione di un generico ‘Progetto cinematografico’ e

di un film sui “paesaggi e sulla produzione alimentare italiana”, benché la

società non produca film bensì noleggi attrezzatura cinematografica.

Alla società Four in the Morning sono invece andati 90mila euro per lo

sviluppo di ‘Exchanges, Expo cambia il mondo’, un documentario al miele

sulle esposizioni universali proiettato addirittura alla mostra del cinema

di Venezia e firmato dalla direttrice di RaiNews, Monica Maggioni. La

stessa Maggioni siede nella commissione di RaiExpo.

Persino a Mediaset, principale competitor della Rai,

sono rimaste le briciole: 80mila euro per il progetto

‘Mediaset news lab’ (di cui ad oggi conosciamo solo l’etichetta) più altri

520 mila al gruppo Publitalia ’80 per garantire

spazi pubblicitari alla manifestazione.

Forse i 15 mila lettori del Foglio si sono chiesti cosa

avesse spinto Giuliano Ferrara a pubblicare nel 2012 un opuscolo sulle

esposizioni universali dal dopoguerra a oggi. La risposta sta negli 85mila

euro avuti da Expo Milano Spa per finanziare l’ope-

razione.

A Il Sole 24 Ore sono andati 63 mila euro per il

‘Progetto Gazzettino’ e altri 25 mila per la pubblicità.

E dulcis in fundo, il nome noto alle cronache: si tratta della AB Comuni-

cazioni, vincitrice di 1.750.000 euro del budget stanziato per la visibilità

di Expo. L’azienda guidata da Andrea Bertoletti è infatti una di quelle di

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riferimento del ‘sistema Giacchetto’, dal nome di Faustino Giacchetto, il “re

della pubblicità” in Sicilia a cui i Pm di Palermo contestano il reato di truffa

per 10 milioni di euro ai danni della Regione. Nelle carte dell’inchiesta

spicca una frase emblematica: “Per l’intensità dei rapporti che li legano a

Giacchetto si segnalano AB Comunicazioni e il Gruppo Moccia e, a con-

ferma di come tali società siano ormai ‘radicate’ in Sicilia, si evidenzia che

le stesse hanno tutte stabilito una sede operativa a Palermo e nel caso

della AB Comunicazioni addirittura coincidente con lo studio di Giacchetto”. Di Lorenzo Bagnoli e Lorenzo Bodrero https://www.expoleaks.it/expo-55-milioni-a-giornali-e-tv/

Cosa farà la più grande agenzia stampa del paese?

E non poteva mancare la più importante agenzia di stampa nazionale. L’Ansa si

è aggiudicata quattro appalti e due contributi, di cui uno sconosciuto e l’altro per

un misterioso ‘Tour around Italy’. All’Ansa fanno compagnia

l’agenzia La Presse, che prende 50mila euro di abbona-

mento, e l’agenzia TM News, alla quale Expo versa 55mila

euro per “copertura testi, foto e video” a e altri 210 mila

per l’attivazione abbonamento. Anche in questo caso, si tratta di prestazioni in

più rispetto alla normale copertura di notizie e immagini propria delle agenzie di

stampa.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/21/expo-55-milioni-giornali-tv-per-progetti-5-testate-estere/1313817/

Affermazioni del commissario Expo Giuseppe Sala: 2 MAGGIO 2014

Giuseppe Sala, amministratore delegato di Expo 2015 Spa dal 2010, e

dallo scorso maggio commissario unico della manifestazione che promette

di portare a Milano oltre 20 milioni di persone in sei mesi, da maggio a ottobre 2015.

Record: 60 dei circa 144 paesi partecipanti costruiranno a Rho un padi-glione, a Shanghai 2010 erano 42.

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Appalti per 1100 imprese e un budget di 2,6 miliardi di euro: 1,3 da risorse pubbliche bilanciati da 1,3 di investimenti delle aziende e dei paesi. In più

contratti con le aziende per 340 milioni.

L’afflusso di visitatori può generare un aumento del P.i.l di almeno 10 mi-liardi.

Se Expo viene percepito come un evento locale, si rischia di non capitaliz-zare l’impatto su un’area molto più vasta, che può diventare l’occasione di

crescita e promozione per tutto il paese.

Noi stiamo lavorando per costruire un asse con Venezia e Torino.

Ogni anno l’Italia investe un miliardo di euro in promozione turistica: ma 970 milioni arrivano dalle regioni e appena 30 dall’autorità centrale.

Le iniziative dei singoli sono apprezzabili ma dobbiamo costruire un si-stema.

Il tema dell’alimentazione è stato estremamente azzeccato perché è rile-vante per tutti, ma va declinato con attenzione perché, dagli OGM a Slow

Food.

La sfida perciò non è solo attirare grandi numeri di visitatori, ma soprat-

tutto offrire a ognuno l’esperienza che cerca.

L’origine dei prodotti da un lato Slow Food, e dall’altro il pensiero ameri-cano che non è palesemente orientato alle OGM e alla coltura intensiva ma

è obiettivamente un modello diverso.

Gli OGM non sono un bene o un male in sé, ma devono essere pensati

rispetto a chi li interpreta. In Italia la forza dell’agrofood nasce dalla bio-diversità.

Noi abbiamo una bilancia commerciale passiva, importiamo più di quello che esportiamo e c’è il problema “dell’Italia sounding”, l’alimentare che

sembra italiano ma non lo è.

Sarebbe bello che Milano prendesse la palla al balzo per porsi al centro di

un dibattito internazionale sull’acqua”.

http://www.buongiornoslovacchia.sk/index.php/archives/46542

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Capitolo IV:

COMUNICARE INFLUENZARE PER GESTIRE LE

MASSE.

La Comunicazione digitale: Dal pensiero, all’avvento del web

Tutta la storia dei mezzi della comunicazione di massa

può essere letta come una trasformazione continua

e senza significative interruzioni. Arthur Clarke(1),

scienziato e scrittore di fantascienza, l’aveva intuito già

nel 1945. Diceva già nella lontana e sconosciuta era del

Web, che con tre ripetitori, che lui chiamava stazioni,

posti a trentaseimila chilometri dalla Terra e distanziati di 120 gradi uno dall'

altro, si sarebbe potuto materializzare il sogno di una “comunicazione istan-

tanea globale”, alla velocità della luce in ogni angolo del pianeta. Sogno che in

effetti si è realizzato una quindicina di anni più tardi. Dopo il lancio dei primi

satelliti in orbita, lo Sputnik sovietico e l’Explorer americano, alla fine degli

anni cinquanta si comincia a guardare ai satelliti come alla via migliore per

potenziare le comunicazioni. Questi ele-

menti sono necessari per costruire un modello

della comunicazione che preveda anche due atti

comunicazionali da parte dell'emittente e del rice-

vente: la codifica e la decodifica(2) delle informazioni.

Recentemente, il motore di questo processo di mutamento, che è bene ricordarlo

ha coinvolto l’intero sistema della comunicazione di massa, è stato indubbia-

mente la televisione e la comunicazione elettronica più in generale.

1. la commercializzazione del sistema televisivo che ha luogo in tutta Europa, e

non solo in Europa, nel decennio 1980-90.

(1) http://it.wikipedia.org/wiki/Arthur_C._Clarke

(2) http://fadest.uniud.it/socind/01_elementi.pdf

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2. l’avvento della digitalizzazione e del satellite che segue a ruota

questo periodo, tanto da sovrapporsi, in alcuni paesi, alla com-

mercializzazione.

3. la nascita di internet e delle ICT che caratterizza gli anni a noi

più vicini.

La comunicazione dei nostri tempi, definita “comunicazione di massa”, si

passa progressivamente a un sistema dei mezzi della comunicazione estrema-

mente frammentato e finalizzato a raggiungere sempre più spesso segmenti

specifici, in modo univoco i destinatari del messaggio. Ed ecco la comunicazione

a livello globale “Twitter” il social network della democrazia, strumento di una

nuova informazione dal basso, libera, diretta senza filtri, in grado di sfuggire

alla censura, di affiancare i media tradizionali, ma anche di superarli in velo-

cità, credibilità e diffusione” (3)

Ed e grazie al World Wide Web (in inglese letteral-

mente significa ragnatela mondiale), abbreviato

“Web” che poi alla fine degli anni novanta, viene uti-

lizzata per convenzione, con la sigla WWW. E’ uno dei

principali servizi di Internet che permette di navigare

e usufruire di un insieme vastissimo di contenuti

(multimediali e non) collegati tra loro attraverso legami (link), e di ulteriori

servizi accessibili a tutti o ad una parte selezionata degli utenti di Internet.

Un tempo erano le lettere, di carta, con la busta e l’indirizzo scritto sopra con

il suo francobollo. Si impiegava molto tempo per scriverle, per spedirle, per

riceverle e per rispondere, eppure erano il mezzo di comunicazione più effi-

cace, prima che venisse inventato il telefono, il telefax e successivamente il

fax. Poi, in un lampo, ecco i telefoni cellulari, internet, le e-mail, gli smartphone

e i social network. Lo sviluppo delle comunicazioni ha cambiato la nostra vita,

dalle trasmissioni televisive in diretta ai telefoni cellulari, dalla rete di emergenza

(3) Apogeo diplomazia digitale Antonio Deruda pag 5

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che permette in caso di catastrofe di attivare linee telefoniche alternative all'

osservazione della Terra dallo spazio con la possibilità di conoscere i cambia-

menti climatici e meteorologici.

Arriviamo ai giorni nostri, l’inizio del nuovo secolo i social network erano sola-

mente idea di pochi innovatori della comunicazione. Oggi ne esistono tanti, non

solo i più noti e pieni di utenti come Facebook, My-

Space, Twitter, ma altri più ristretti, meno cono-

sciuti, ma che hanno una cosa in comune: portano la

comunicazione nelle case di tutti, o almeno, così sem-

brerebbe. Perché comunicare, in effetti è tutto, non

esiste un mondo senza comunicazione. Non facciamo niente in realtà che non

sia comunicare.

Con qualsiasi mezzo, anche quando ci sembra di non farlo affatto. Infatti nella

vita reale, comunichiamo con i gesti, lo sguardo, l’atteggiamento, la postura

che abbiamo, oltre che in tutti gli altri modi di comunica-

zione verbale e non, ma nel web questo non è possibile,

tranne per le comunicazioni video. Se in passato i pro-

gressi nell’ambito della comunicazione sono stati molto

lenti, seppur di grande impatto, negli ultimi 20 anni

stiamo assistendo ad un vero e proprio boom tecnolo-

gico che, grazie a dispositivi sempre nuovi e sempre migliorati, ha modificato

radicalmente il modo di interagire di uomini e donne, un aspetto importante

nelle vita di tutti noi. Vent’anni fa, per accordarsi su un appuntamento si usava

il telefono di casa e per avvisare qualcuno del nostro arrivo bastava suonare

il citofono. Internet non era ancora così diffuso come oggi e la maggior parte

delle relazioni sociali specialmente amicali, erano di

tipo orale, avvenivano faccia a faccia, o tutt’al più

attraverso una cornetta telefonica. Con l’avvento

dei telefonini, di internet, delle applicazioni di mes-

saggistica istantanea e dei social network, moltissime

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comunicazioni che in passato potevano avvenire solo a voce, si sono riversate

nella scrittura: di un sms, di una mail, di un messaggio in chat o di uno stato

su twitter. Con le nuove tecnologie, specialmente negli ultimi anni, la comunica-

zione è cambiata, per forza, perché è cambiato il modo di approcciarsi ad essa,

agli altri soprattutto.

Ed è così che al citofono si preferisce un messaggio, o uno squillo al cellulare per

dire “sono arrivato”; per raccontare le vacanze dell’ultima estate si crea un

album di foto online con tanto di descrizioni e didasca-

lie, piuttosto che uscire con qualcuno e mostrare le im-

magini in prima persona; per raccontare le ultime novità

a un amico si scrive una mail, invece di incontrarsi da-

vanti ad una bel aperitivo insieme. Se da un lato il pro-

gresso tecnologico ha permesso di comunicare di più,

fornendo più mezzi e più opportunità per mettersi in contatto con altre persone,

ha creato però anche una situazione in cui le comunicazioni sono sempre più a

distanza e sempre più silenziose.

Un secondo grande cambiamento nella comunicazione degli ultimi vent’anni è

l’uso sempre più massiccio di una lingua trasmessa con la scrittura di mes-

saggi, che pur essendo nero su bianco, mantengono alcune caratteristiche di

base della scrittura della lettera su carta. Infatti nonostante il supporto nella

quale viene scritto il messaggio, è totalmente differente, non dobbiamo trascu-

rare l’importanza per il valore lessicale, la struttura sintattica che deve sem-

pre più essere vicino alle tecniche tipiche del parlato, e stare molto attenti alle

frasi sgrammaticate che spesso inondano le comunicazioni di gruppo. Pos-

siamo semplicemente comprendere, di come sono cambiate le abitudini attorno

a noi, e se ci soffermiamo un istante prendendo come esempio l’interno dei

mezzi pubblici sarà semplice dedurre i veloci mutamenti.

Basta osservare cosa accade nelle metropolitane, bus, treni e le loro aeree di

attesa, addirittura anche nei luoghi di villeggiatura per esempio sul lungomare e

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guardate ai tavolini ci si rende conto di una costante comune. Una volta si teneva

fra le mani, il quotidiano preferito, la rivista di gossip o il libro da leggere,

invece oggi, ad ogni tavolo c'è almeno una persona che "chatta", con uno di

quei moderni telefonini, tablet, che a pensarci bene l'unica cosa che non fanno

è il caffè. Vedrete decine di ragazzi (e adulti) soli in mezzo alla folla, che dialo-

gano solo con il loro strumento tecnologico. Siamo nell'epoca del "Mi piace", del

"Condivido", e persino degli “Emoticon”.

Spesso mandare una faccina che sorride, vuol dire felicità, d’altra mandare una

faccina che piange significa che “tristezza infelicità”, con un immagine riu-

sciamo a trasmettere lo stato d’animo in quel momento. Addirittura si dialoga

poco, ma si ride tanto davanti al piccolo schermo del telefonino ed è un generale

scampanellio di diversi suoni, che ne avvisano il loro arrivo. Sono cambiati i ritmi,

non c’è più il tempo di scriversi una lettera, non c’è più la voglia di parlare per

troppo tempo al telefono.

Senza ombra di dubbio la tecnologia ha fatto enormi progressi in questi ultimi

tempi e questo ha reso le comunicazioni più veloci ed efficaci, consentendo a

chiunque di comunicare con persone che si trovano dall'altra parte del mondo.

La tecnologia è riuscita ad avvicinare la gente verso il suo utilizzo, da ispirarli

a tal punto come formidabili alleati online, strumento imprescindibile per la

nuova “diplomazia digitale”, che “usciva dalle tradizionali stanze del potere

per cercare di influenzare direttamente l’opinione pubblica internazionale” (4)

(4) Apogeo diplomazia digitale Antonio Deruda pag 11 http://www.apogeonline.com/libri/9788850331246/scheda

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I social Network

Uno dei più diffusi social network (raggiunge tutti i

continenti con utenti registrati pari a 1,3 miliardi) è

Facebook. Basta un "click" per diventare "amici",

"fan" "seguaci", ma è un'amicizia virtuale, che poco

ha da condividere con l'amicizia reale, perché magari

due sono amici sul social, ma se si incontrano per

strada neppure si salutano, magari nemmeno si riconoscono. Un altro esempio

evidente, è al ristorante o al bar, invece di dialogare, di socializzare con la per-

sona di fronte, si vedono persone vicine fra loro che sono invece, intente a scri-

vere, chattare o prestare più attenzione al proprio telefonino.

Questo atteggiamento ci fa trascurare la bellezza e la magia del contatto di-

retto, degli occhi dentro agli occhi, di un sorriso vero, sentire l’odore del pro-

fumo usato per quel occasione, il tono di voce, i vestiti con il suo look, difatti

bisogna anche considerare che l'uso e a volte l'abuso di questi strumenti ha

creato un fenomeno avverso. Difatti ha rotto gli schemi della comunicazione

umana più intima, quella fatta di gesti, di abbracci, di socializzazione reale;

insomma c'è da chiedersi quanto la tecnologia ci abbia dato e quanto ci abbia

tolto. E’ anche vero, che nel web è più facile controllare e distillare le proprie

emozioni, nascondendosi dietro allo schermo si possono dire tante cose, con-

dividere stati d'animo, mettere un "mi piace" sotto ad un link o ad una fotografia,

che poi magari, non piace sul serio.

La tecnologia è incantesimo, è evoluzione, è destino, ma può portare alla

sterilizzazione dei rapporti. L'era del computer e dei social network hanno se-

gnato una svolta nella vita di ognuno di noi, ma sarebbe bello se ogni tanto ci si

ricordasse che dentro al nostro corpo batte un cuore che non è una macchina e

che si scalda molto di più con una stretta di mano, piuttosto che con una faccina

che ti manda un bacio, arrivata sul telefonino con “WhatsApp”. Studi recenti

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hanno mostrato l’esistenza di nuove dipendenze da

eccessiva vita digitale online. Dipendenze che non

prevedono l’uso di sostanza ma che si traducono in

malesseri fisici e psicologici come depressione,

ansia, tremori e nausee. Molti di questi effetti na-

scono dall’uso che del media viene fatto, spesso

come meta di fuga emotiva e rifugio mentale. L’evoluzione tecnologica ha cam-

biato le dinamiche delle nostre vite, comprese quelle delle nostre relazioni

sociali e affettive facendoci vivere realtà virtuali e parallele che hanno invaso e

sono ormai indistinguibili da quelle reali e che ci portano a rappresentarci in

modalità idealizzate e poco coerenti con quello che realmente siamo.

Per alcuni diventa quella a volte la vera vita, si creano quasi una seconda iden-

tità virtuale, o mettono la loro vita vera alla merce di tutti coloro che ne possono

usufruire liberamente. Video, commenti, foto, e sei famoso. Non proprio, forse

è solo la voglia di notorietà che spinge le persone a mostrarsi, quella, per la

verità c’è sempre stata e forse sempre ci sarà, ma grazie a queste piattaforme

è diventato più semplice provarci. Possiamo affermare che oggi l’essere umano

comunica sempre di più attraverso i social network e tutte le altre piattaforme

tecnologiche gli sms ecc., che con i gesti e le parole.

Una sorta di terra di mezzo tra le comunicazioni orali e la lingua scritta che,

seppur utile e veloce nella comunicazione online, riesce a rendere lo scritto meno

formale, più intimo, ma il rovescio della medaglia è il rischio di colonizzare anche

quei testi scritti che dovrebbero invece rispettare le regole dell’italiano corretto.

Tuttavia, comportarsi come vecchi cavernicoli pronti a tutto pur di difendere

l’italiano consueto non ha senso. La lingua è in continua evoluzione, e così anche

la comunicazione che la veicola, visti i passi da gigante che ha compiuto in così

è poco tempo, sarebbe più saggio guardare al futuro, piuttosto che rimanere

ancorati al passato.

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La velocità della comunicazione 2-3.0

La velocità di cambiamento del mondo dei mass me-

dia ha raggiunto picchi incredibilmente elevati e fino

ad oggi sconosciuti. Un’affermazione di Manuel Ca-

stells (1), divenuta ormai celebre, mette a confronto

la velocità odierna con il ritmo di cambiamento pre-

cedente: «negli Stati Uniti la radio ha impiegato

trent’anni per raggiungere sessanta milioni di persone, la televisione ha rag-

giunto questo livello di diffusione in quindici anni; internet lo ha fatto in soli

tre anni dalla nascita del world wide web» (Castells 1996; trad. it. p. 382). Un

luogo in cui i singoli si parlano lasciando possibilità di ascolto e porte di ingresso

aperte a una vastità di altri soggetti. I social network realizzano flussi di comu-

nicazione molteplici e aperti, mettendo la rete stessa delle relazioni al centro

della comunicazione. Questo comporta il superamento di modalità di comunica-

zione rigide, da uno a uno, o da uno a molti, in una prospettiva che forse per

la prima volta nella storia della comunicazione tecnologicamente mediata si può

definire più naturale che virtuale, eliminando quelle barriere create dagli addetti

ai lavori. Possiamo affermare che la comunicazione sia passata da “Verticale

ad Orizzontale”. In questo modo, la co-

municazione diventa davvero esperienza,

seppur virtuale, e i dialoghi si trasformano

in conversazioni. Una trama collettiva

che traccia umori, mobilita soluzioni crea-

tive e provoca reazioni nel mondo reale. Ne

deriva un rafforzamento del potenziale espressivo dei partecipanti che è anche

conseguenza del fenomeno di abbattimento delle barriere tra lavoro e tempo

libero. La multimedialità a permesso al semplice cittadino non addetto ai lavori,

di trasformarsi in parte in causa di questo fenomeno perché grazie all'eleva-

zione delle conversazioni da testi a suoni e immagini i social network forni

(1) http://www.treccani.it/enciclopedia/ricerca/Manuel%20Castells/

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scono indicazioni e materiali rappresentativi autoprodotti o importati che li avvi-

cinano al mondo dei media, li abilitano a nuove funzioni e li spingono verso

un'evoluzione strutturale: quella da social network a social media.

La cosiddetta “Primavera Araba”, “ha avuto

una grande risonanza mediatica, ma va rimar-

cato che Facebook, Twitter e altri nuovi media

del Web si sono rivelati in grado di mobilitare

anche i cittadini di qui paesi democratici nei quali

già esistevano consolidati canali di trasmissione

delle informazioni e altrettanto consolidare

forme di espressione del dissenso politico o

sociale” (2). Infatti sempre più spesso i social

network si sostituiscono ai media tradizionali nel dettare l'agenda personale e

collettiva. La homepage di Facebook restituisce una selezione di notizie infinita-

mente più valida, efficace, corrispondente alle esigenze del sé della prima pagina

di un quotidiano o di qualsiasi altro aggregatore. In quanto social media il net-

work funziona con dispositivi e regole del tutto nuove che coniano formati edi-

toriali inediti, gestiti da nodi eccellenti, hub ad alto potenziale dialogico, capaci

allo stesso tempo di far vivere le notizie e i temi nel cuore pulsante della par-

tecipazione collettiva e guidare questo processo secondo un criterio di verifica,

selezione e qualità. La stessa blogosfera diventa subalterna a questo processo

di selezione e verifica, come versante editoriale che sempre più assumerà l'a-

spetto di un link di approfondimento della sfera conversazionale. Meglio infor-

mati e non meno informati questa sembrerebbe essere la risposta all'accusa

di povertà di punti di vista che secondo alcuni finirebbe per caratterizzare ne-

gativamente i social network. Infatti, se nei primi anni della comunicazione di

massa (più o meno per tutta la prima metà del Novecento) i mezzi e i messaggi

in circolazione erano in numero ristretto, si era cioè in una situazione di scar-

sità, con poche fonti di comunicazione e con un universo simbolico non così

affollato di messaggi come oggi, con il passare degli anni, soprattutto grazie

(2) Diplomazia digitale Antonio Deruda

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all’innovazione tecnologica, il numero delle emittenti e il numero dei messaggi è

aumentato in maniera eccezionale, tanto che oggi si può appunto parlare di

una situazione di abbondanza.

Due sono le principali conseguenze del diluvio, cam-

biano le agenzie di socializzazione e si abbrevia la

vita dei messaggi. I mezzi della comunicazione di

massa che agiscono nel nuovo scenario competitivo

prendono progressivamente il posto di tutte quelle

istituzioni la scuola, la famiglia, la Chiesa, i partiti politici che prima dispen-

savano conoscenza e informazione, e rappresentavano i principali depositari dei

processi di costruzione del consenso e del senso di appartenenza a una comu-

nità. Si prenda il caso dei partiti politici, fino agli anni Ottanta essi mantenevano

il controllo dei processi di socializzazione politica. Erano i principali fornitori di

informazioni sulla politica, erano le agenzie in grado di mobilitare le folle.

Le strutture di partito, con i loro i giornali, erano le strutture utilizzate nei mo-

menti di maggiore pressione elettorale e, più in generale, lungo tutto l’arco della

vita politica. Progressivamente, questa funzione passa al sistema dei mass me-

dia che, seppure soprattutto in Italia, ancora legato a specifiche collocazioni

politiche, agisce però in una logica di competizione commerciale che tende,

con il corso degli anni, a sganciarsi sia dalla diretta proprietà dei partiti, sia da

pressioni ed esigenze di assoluto rispetto delle appartenenze politiche.

In altre parole, mentre in precedenza i mass media erano strumenti nelle mani

di altre organizzazioni e istituzioni che li utilizzavano, in quanto strumenti pas-

sivi, ai fini dei loro specifici obiettivi, ora essi diventano attori che agiscono, più

o meno autonomamente da altre istituzioni, ma secondo una logica competi-

tiva che progressivamente li sgancia dalla fedeltà e dal controllo politico. In

tutte le democrazie occidentali, il processo di commercializzazione che prende

corpo nel decennio 1980-90, unito ad altri fattori di mutamento, non ultimo il

più generale processo di secolarizzazione che attraversa tutte le società occi-

dentali, cambia radicalmente i modelli di giornalismo.

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Da un giornalismo che è stato definito “pluralista polarizzato”, con una forte

componente di parte, si passa a un giornalismo più neutrale, quanto meno

sganciato da rigide appartenenze, proprio di quel modello che è stato definito

“liberale” (Hallin, Mancini 2004) (3). In Italia questo succede solo in parte, o

almeno prende corpo con caratteristiche profondamente nazionali, mettendo in-

sieme, in un unico prodotto editoriale, forte partigianeria e un approccio di

mercato profondamente pervaso di sensazionalismo, di titoli “strillati”, atti

così si suppone a vendere meglio il prodotto sul mercato della comunicazione di

massa.

Il nuovo sistema dei mass media che si afferma con la commercializzazione fa-

vorisce quel processo di secolarizzazione che abbraccia l’intera società. Il coin-

volgimento dei cittadini con stabili e durature visioni del mondo perde terreno,

la tanto dibattuta perdita dei valori, la crisi dei valori delle società odierne è

anche frutto dei cambiamenti che intervengono nel sistema della comunicazione

di massa tra gli anni Ottanta e Novanta.

(3) http://gregperreault.com/hallin-d-mancini-p-2004-comparing-media-systems-three-models-of-media-and-politics-2/

Chi fine farà la Stampa su carta?

Vediamo allora cosa succede nell’universo dei vecchi media a partire dai dati

sullo sviluppo di internet appena illustrati. Il

primo mezzo a farne le spese è la stampa su

carta (quotidiani). Essa ha sempre avuto una

circolazione piuttosto differenziata tra i vari

paesi, tanto da delineare diversi modelli gior-

nalistici e anche differenti funzioni che la

stampa svolge nei confronti della società in ge-

nerale. Nel grafico successivo sono riportati i dati relativi al numero di copie

vendute ogni 1000 abitanti in Italia.

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Come appare evidente, il nostro paese non è in una bella situazione, si colloca

al penultimo posto tra i paesi dell’Europa occidentale, prima soltanto del Porto-

gallo, non è inclusa la Grecia, dove la diffusione dei quotidiani è ancora più

bassa. Altri dati sono parimenti significativi, a parte il caso del Giappone (e di

Singapore, non indicato in tabella), ai primi

posti di questa graduatoria si collocano i paesi

dell’Europa settentrionale, con in testa la

Norvegia. Diverse le ragioni che definiscono

questa graduatoria: si può pensare a condi-

zioni climatiche (maggior tempo da trascor-

rere in casa), a ragioni religiose (storica-

mente il protestantesimo è stato legato alla stampa più di quanto lo sia sta

stato il mondo cattolico), ma soprattutto due appaiono le ragioni di questa più

larga diffusione nei paesi del Nord Europa.

C’è una ragione, per così dire, strutturale, che ha a che fare con la distribuzione.

Il confronto tra i grafici seguenti mostra infatti come ci sia una strettissima cor-

relazione tra distribuzione per abbonamento e maggiore diffusione della

stampa. In tutti i paesi dove prevale la distribuzione per abbonamento la circo-

lazione dei giornali è molto più alta. L’Italia, terz’ultimo tra i paesi europei in

quanto a circolazione dei giornali, basa la loro distribuzione quasi esclusivamente

sulla vendita in edicola. È chiaro che l’abbonamento genera fidelizzazione, men-

tre l’acquisto in edicola è molte volte legato al caso e alla circostanza.

La ragione principale di queste massicce differenze nella circolazione dei giornali

risiede però forse nella diversa storia del giornalismo e nei diversi modelli pro-

fessionali che ne sono derivati. Nei paesi dell’Europa occidentale e negli Stati

Uniti, il giornale pur nascendo, come altrove quale strumento del dibattito e dello

scontro religioso e politico, si è ben presto sovrapposto al mercato dei beni di

consumo. In questi paesi, infatti, un maggiore e più veloce sviluppo di tutte le

istituzioni proprie dell’economia liberale (appunto, dal mercato dei beni di con-

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sumo all’istituzione parlamentare) ha determinato anche

una maggiore circolazione di risorse provenienti dalla

pubblicità, spingendo i giornali ad abbandonare i mercati

elitari a cui erano inizialmente ristretti per guardare in-

vece a quel mercato di massa che si stava affermando in questi stessi contesti.

Si è così progressivamente abbandonato un modello di giornalismo finalizzato a

una circolazione elitaria, indirizzata a un pubblico già socializzato alla politica e,

più in generale, al dibattito delle idee.

La circolazione dei giornali è cresciuta di conseguenza, determinando, in quei

paesi, un’abitudine alla lettura, seppure spesso di un giornale formato tabloid,

che si rispecchia nelle classifiche prima esposte. Un dato però accomuna i paesi

ai primi posti della graduatoria della diffusione dei quotidiani e quelli agli ultimi

posti. Nel corso del tempo, soprattutto negli ul-

timi anni, e in particolare nelle democrazie oc-

cidentali, la circolazione dei quotidiani è dimi-

nuita in modo sensibile. Questo calo è stato

particolarmente sensibile negli Stati Uniti e in

gran parte dell’Europa occidentale, determi-

nando una crisi del giornalismo occidentale che

appare irreversibile.

La diminuzione delle vendite ha ovviamente significato minori introiti dagli

inserzionisti pubblicitari e quindi, molto spesso, un taglio sostanziale nell’orga-

nizzazione editoriale. Molti giornalisti sono stati licenziati, i corrispondenti esteri

diminuiti, molte testate hanno chiuso. Questa situazione di crisi è avvertita so-

prattutto negli Stati Uniti, dove addirittura si è parlato a più riprese della data

in cui i giornali stampati scompariranno definitivamente, in un testo divenuto

ormai famoso, Philip Meyer (1) sostiene che è probabile che l’ultima copia del

“New York Times” verrà pubblicata nel 2043 (2) (Meyer 2004). Tale allarme

è stato più volte ripreso da Rupert Murdoch che, nel frattempo, pur essendo

(1) http://argomenti.ilsole24ore.com/philip-meyer.html (2) http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/08_Agosto/25/quotidiano.shtml

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proprietario anche di alcune tra le principali testate inglesi “The Sun”, “The Ti-

mes” e statunitensi “The Wall Street Journal”, proprio all’inizio del 2011 ha lan-

ciato il suo giornale elettronico “The Daily”, prodotto specificatamente per

l’iPad. Anche il dato sulla diminuzione della circolazione della carta stampata

non è però omogeneo. Si osserverà infatti che in alcuni dei paesi in più rapida

ascesa economica i casi sono quelli di Brasile e India la circolazione della

stampa è in crescita.

Lo stesso dato diventa ancora più controverso se si guarda non solo ai quotidiani

a pagamento, ma anche alla ‘free press’, cioè a quei giornali distribuiti gratui-

tamente nelle stazioni, per le strade, ecc. E così il dato appena illustrato si in-

verte, in gran parte dell’Europa occidentale, ma non negli Stati Uniti, la circola-

zione complessiva dei quotidiani aumenta, anche se non di molto. Si può pensare

che molti lettori abbiano abbandonato, per ovvi motivi economici, il tradizio-

nale giornale a pagamento, o che nuovi lettori si siano avvicinati a un prodotto

di lettura diffuso gratuitamente. È probabile che ambedue le letture siano va-

lide, ma questo introduce un altro tema di grande importanza, che indica una

chiara linea evolutiva.

Quali sono le opportunità per le aziende?

Internet spinge l’economia, fa crescere “Pil” e occupazione, il sito web è oramai

uno strumento di comunicazione fondamen-

tale per ogni azienda. E’ infatti sempre più impor-

tante utilizzare le opportunità offerte dalla rete in

modo ottimale per avere successo. Internet con-

sente ad esempio di promuovere in modo efficace

ed efficiente la propria attività e i propri prodotti.

A differenza però dei canali pubblicitari tradi-

zionali, come la carta stampata, la televisione o la radio, Internet ha un "costo-

contatto" ancora molto basso, essendo nel contempo uno strumento più ela-

stico e dinamico. Se solo si pensa che in pochi anni gli utenti web sono diventati

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alcune centinaia di milioni (e anche in Italia il loro numero sta crescendo ad

un ritmo mai visto rispetto gli altri canali), si può già immaginare come que-

sto mezzo di comunicazione stia diventando strategico.

Un sito web consente un rapido aggiornamento della comunicazione di marke-

ting e permette di essere visibili a qualsiasi ora e a qualsiasi latitudine. Inter-

net inoltre permette di testare il gradimento dei propri prodotti direttamente

con i consumatori perché consente un rapporto diretto con loro, stimolandoli a

fornire le loro opinioni o i loro suggerimenti. Le vetrine virtuali dell’aziende

hanno come obiettivo finale quello di fornire al cliente un prodotto innovativo e

concorrenziale al tempo stesso, sfruttando tutte le opportunità del nuovo mezzo.

Riassumendo, si può dedurre che un sito Internet permette di disporre di: Ap-

proccio preventivo, Focus sulle opportunità, Preparazione, Esposizione

in prima persona, Integrazione tra i media e limitazione dei costi.

Approccio preventivo: Avere un proprio sito può portare solo effetti po-

sitivi Essere visibili significa poter far conoscere la propria azienda e i pro-

pri prodotti al mercato nazionale ed internazionale. Un sito internet comu-

nica affidabilità e professionalità, i messaggi sono chiari e immediati. Il

sito web è il mezzo di comunicazione per eccellenza e permette la massima

interazione con i propri interlocutori. E' dimostrato che prima di qualsiasi

acquisto di prodotto o servizio il cliente si informa, ma dove se non su

internet?

Focus sulle opportunità: Tutti i prodotti o servizi trattati dall'azienda,

possono essere pubblicati su Internet a qualsiasi ora, in qualsiasi momento

e sotto forma di qualsiasi formato o illustrazione, usando anche effetti spe-

ciali come suoni, filmati, usufruendo di un ampio grado di flessibilità, for-

nendo anche la possibilità dell’immediato cambio del messaggio comuni-

cativo. (Offerte, lastminute)

Preparazione di un negozio 7/24: Grazie ai servizi che le web agency

mettono a disposizione come ad esempio un sistema di e-commerce, ogni

prodotto aziendale può essere facilmente venduto in rete senza limiti di

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orario e/o di quantità, tramite transazioni eseguite in tutta sicurezza. Ciò

permette di limitare gli ostacoli nella comunicazione con l'estero e tutte le

problematiche legate ai fusi orari.

Esposizione in prima persona: Essere efficaci e ricerca i propri target è

possibile grazie alla facilità nel raggiungere potenziali clienti appartenenti

alla propria "nicchia" di mercato, in quanto il web consente di ricercare

prodotti e/o informazioni molto specifiche tramite i motori di ricerca quindi

anche un sito molto settoriale può essere facilmente raggiunto dall'utente.

Pensiamo semplicemente alla moltitudine di prodotti che una azienda può

vendere. Come pubblicizzarli? Uno ad uno? Con un sito web si presenta

un'azienda nella sua totalità. Però dobbiamo tener presente la differenza

della vendita tradizionale fatta da agenti, che hanno la possibilità di sfrut-

tare tutte quelle leve comunicative per influenzare e condurre all’acquisto

il potenziale cliente, che nelle vendite on line non abbiamo. A tal proposito

dobbiamo conoscere e valorizzare il modello comunicativo che è necessa-

rio per comunicare efficacemente nel web tenendo ben presente le tre re-

gole ABC:

A. Accuratezza delle informazioni, valore per affidabilità.

B. Brevità concentrarle minor numero di parole, spezzare le frasi motivare

le informazioni.

C. Chiarezza parlare con un linguaggio del cliente.

Integrazione tra i media: I clienti possono essere facilmente, e a costi

ridottissimi, indotti a partecipare a delle indagini di mercato, testando ma-

gari quasi in tempo reale il "consenso" di un particolare prodotto. Ricor-

diamoci però, che realizzare un sito internet non significa solo inserire dei

testi e delle immagini sui prodotti, ma innanzitutto occorre un lavoro ac-

curato di analisi degli obiettivi e dei concorrenti. Inoltre visto la possi-

bilità dei potenziali consumatori di esprimere pareri, giudizi o nelle peg-

giore delle ipotesi essere attaccati da “Influences”. E’ sempre più neces-

sario avere una regia che monitorizza il “sentiment” in rete e valutare le

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possibili azioni in casi di CRISE MANAGMENT. Queste gestioni possono

decretare la vita o la morte dell’azienda come già successo in alcuni casi.

Limitazione dei costi, rispetto ad altre forme di comunicazione: E'

un investimento sulla propria immagine e il costo è di gran lunga inferiore

ad una pubblicità sulla carta stampata di un quotidiano, con una piccola

differenza... il giornale si butta il giorno dopo!

http://www.humanhighway.it/

Le O.N.G. e Istituzioni.

A differenza delle aziende commerciali che hanno servizi o prodotti da promuo-

vere, le O.N.G. (organizzazioni non governative) spesso hanno un lavoro molto

più arduo. Se la soglia di attenzione su internet non dura più di 20 secondi, per

coinvolgere il lettore e per farlo restare sul sito web almeno 1 minuto, le regole,

le indicazioni e i suggerimenti per essere efficaci sono poche ma il modello della

comunicazione online richiede molta più attenzione rispetto alla stampa.

Gli elementi imprescindibili per organizzare il contenuto di un sito nel passaggio

dal web 1.0 al 3.0, e comunicare con efficacia ai pro-

pri lettori e sostenitori. Per far questo, si necessita di

una check list degli strumenti disponibili per verifi-

care che i nostri siti siano al passo con i tempi. Alle

ong sempre in cerca di fondi potremmo dire, che il

fundraising attività primaria per il loro sostenta-

mento, oggi più che mai per essere produttivo, occorre raccontate storie cre-

dibili, e raccogliere più consensi possibili. Per raggiungere questo risultato, è

necessario promuoverlo attraverso un “blog”.

Quindi è indispensabile scegliere una piattaforma web per aprire il blog della

nostra organizzazione, scrivere post accattivanti, caricare foto e video e im-

parare a mantenerlo aggiornato grazie ai segreti dello “storytelling 2.0”. Ogni

giorno nascono nuovi social network. Ad oggi ce ne sono più di 200 attivi, ma in

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questo enorme panorama non tutti meritano la nostra attenzione, mentre alcuni

potrebbero diventare fondamentali nel programmare una strategia di comunica-

zione creativa e virale.

Una nuova strategia 2.0 per imparare a muoversi su due social network “di nic-

chia” ma fondamentali per il lavoro di comunicatore del non profit come “Linke-

din e Google Plus”, bisogna applicarsi per conoscere attentamente queste piat-

taforme e integrare il loro uso nella comunicazione “day by day”. Inoltre ag-

giungerei la necessità della conoscenza di, Instagram, Pinterest e Flickr, appli-

cazioni che ci permettono di condividere foto e immagini con la tua comunità di

amici online. Dobbiamo essere pronti per sfruttare i principi del “visual sha-

ring” per le campagne di solidarietà. Imparare come caricare immagini, condi-

videre poster e fotografie può aiutarci nella realizzazione di una campagna di

comunicazione sociale di successo. Facebook è il social network alla portata di

tutti, e questa è la buona notizia.

Ma come sfruttarlo al meglio per diffondere le attività della nostra organizzazione

fa la differenza fra molti. Essere aggiornati conoscendo le differenze tra pagina,

profilo e gruppo, ci potrà far comprendere le nuove impostazioni del “diario-

timeline”. Un'altra cosa fondamentale per conoscere la direzione da prendere,

e la lettura delle statistiche, come usare i tag, quando e come aggiornare la

propria pagina, ci permetterà di trarre vantaggi nella comunicazione delle attività

della nostra organizzazione non profit.

Il Web e i partiti politici.

Le nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione, in particolare si

pensi ad Internet, si presentano come più economiche, veloci, caratterizzate

dall’assenza di confini, dalla multimedialità, dalla disintermediazione della

comunicazione. Internet in campo politico, potrebbe essere una opportunità, ma

è necessario verificare le modalità con cui i partiti lo adoperano e valutare i

vantaggi di un modello comunicativo, quello della rete.

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A differenza di quello verticale ed unidirezionale dei media tradizionali è bi-

direzionale, da una parte si presta a fornire nelle mani delle istituzioni e delle

associazioni politiche, un formidabile strumento per veicolare informazioni verso

i cittadini. Dall'altra permette la riattivazione del processo inverso, ovvero la

partecipazione attiva dei cittadini al dibattito politico. Fu Bill Clinton nel 1992

a usare per la prima volta le e-mail per comunicare con gli elettori, da allora

l’importanza di Internet nella politica americana è cresciuta sempre più. Nelle

elezioni presidenziali del 2008 (USA), per la prima volta la Rete ha superato i

giornali come seconda fonte di informazione politica (al primo posto rimane sem-

pre la televisione), e soprattutto ha fruttato a Barack Obama i due terzi degli

oltre 750 milioni di dollari raccolti per la sua campagna. Internet sta cambiando

la politica, la rivoluzione si sta muovendo nell'approccio dai "no comment"(1)

all'engagement diretto con i cittadini.

Un attenta analisi sulla comunicazione politica

odierna, in Italia, connessa con le nuove tecno-

logie telematiche, sta sempre di più delineando

quel fronte dell’eccessivo potere esercitato dai

media tradizionali nei confronti dei soggetti po-

litici. La rete Internet sta contribuendo a rivoluzionare il mondo dell'informazione

e della comunicazione politica come sino ad ora l’abbiamo percepita.

La comunicazione via Internet offre oggi parecchi vantaggi per coinvolgere le

persone, soprattutto in un periodo in cui tutti sembrano avere ben poco tempo

a disposizione. La Rete rende ad esempio fruibili informazioni in qualsiasi ora-

rio e senza bisogno di spostamenti fisici. Il punto a sfavore sta nella minore

capacità rispetto a mezzi meno mirati di raggiungere e coinvolgere coloro che

non appartengono già in qualche modo alle proprie cerchie. In questo senso

comunicare on line si rischia per un politico di equivalere a “predicare ai con-

vertiti” (come scrive Pippa Norris in Preaching to the Converted Pluralism, Par-

ticipation and Party Websites) (2).

(1) http://associazionevox.com/milanostateofmind/possiamo-meno-dei-partiti-politici/ (2) http://www.hks.harvard.edu/fs/pnorris/Acrobat/Preaching.pdf

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Non è detto, però, si tratti di un limite eccessivo in tempi in cui le campagne

elettorali hanno come principale obiettivo il motivare e portare al voto la per-

centuale, sempre consistente, di elettori del proprio campo insoddisfatti e inclini

a rimanere a casa, prima che non lo strappare sostenitori al campo avverso.

Anche quest’ultimo aspetto sembra, d’altronde, messo in discussione dal diffon-

dersi dai social network, vere e proprie piazze digitali dove si entra senza un’idea

predefinita di quello che si troverà dentro. E non è un caso che proprio la cosid-

detta Internet 2.0, caratterizzata da un più elevato tasso di interazione degli

utenti tra di loro, rappresenti una delle novità più importanti per la comunica-

zione politica degli ultimi anni, come dimostrato già tempo fa dalle affermazioni

nelle “primarie”, del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo (con un comu-

nicato su YouTube, il 29 ottobre 2012).

Ovviamente l’efficacia della “politica online” risente in primo luogo del livello

di diffusione di Internet, che nel 2010 arrivava a coprire ben solo il 54% dell’Ita-

lia. In particolare in Italia, ai ritardi culturali e tecnologici (nel 2010 solo il 54%

della popolazione utilizzava il Web) (3), si sommano una serie di fattori che cer-

tamente non favoriscono un utilizzo innovativo della Rete da parte dei par-

titi. Nel sistema politico italiano i partiti sono finanziati in primo luogo dallo

Stato, questo, assieme ai tetti per le spese elettorali, scoraggia ad esempio il

ricorso a Internet per attrarre donazioni private, anche se abbiamo in tramonto

la vecchia legge che finanzierà i partiti fino al 2017, dopodiché succederà qual-

cosa o cambieranno il nome come già accaduto nel 1999.

Osservando le diversità fra noi e i paesi anglosassoni, dove la rete è vista anche

come l’opportunità per arrivare direttamente agli elettori, saltando in questo

modo la mediazione dei giornalisti e dei grandi organi di informazione. In Italia

questo obiettivo è meno rilevante e meno sentito, dato che in molti casi più che

di mediazione si tratta di collateralismo. In Italia, finora, a usare Internet

come strumento per l’azione politica sono stati soprattutto i movimenti, che

(3) http://www.unipd.it/ilbo/content/come-internet-sta-cambiando-la-politica

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attraverso di essa hanno promosso ed organizzato (in parte o interamente) mo-

bilitazioni grandi e anche grandissime, fino ai tre milioni scesi in piazza contro

la guerra nel 2003 (Iraq) o alle centinaia di migliaia in moltissime di città, “Se

non ora quando?” (2011)(4). Una situazione certamente non esaltante, né per

la politica che per l’informazione (a sua volta sostenuta da finanziamenti pub-

blici), nella quale però iniziano ad intravvedersi degli spiragli. Il diffondersi

delle primarie sta ad esempio spingendo, secondo gli studi autorevoli, verso una

maggiore trasparenza del dibattito politico, e quindi anche verso una crescente

partecipazione on line. Le conclusioni sono ad ogni modo concordanti, in tutti i

paesi considerati robuste minoranze di cittadini utilizzano Internet per documen-

tarsi, confrontarsi e farsi un’opinione. Guardiamo come si comportano altri paesi

democratici. Da un minimo di circa il 10% dell’elettorato per la Spagna a un

massimo di oltre il 45% degli Stati Uniti, includendo nel denominatore anche

coloro che sono sprovvisti del Web (l’Italia è poco al di sopra del 15%, dati del

2008). La Rete insomma, pur essendo per ora minoritaria, è in forte crescita e

comunque compete alla pari con gli altri mezzi di informazione più rodati e tra-

dizionalmente diffusi come radio, televisione e giornali. Quanto però all’influsso

sulla partecipazione effettiva dei cittadini e sullo stesso modello della comunica-

zione politica, le opinioni sono ancora contrastanti. Chi

ha una visione sostanzialmente ottimistica si con-

trappongono infatti coloro che pensano che nella Rete

tendano a riprodursi tra le forze politiche gli stessi

equilibri presenti off line. Sarà interessante capire se

i nuovi partiti nati dal Web come il Partito Pirata nel Nord Europa e in Germania,

i Tea Parties negli Stati Uniti e il Movimento Cinque Stelle in Italia, saranno ca-

paci di mutare il paradigma della partecipazione e del confronto politico, op-

pure se si limiteranno a riprodurre con mezzi nuovi i vecchi schemi. A tal

proposito, bisogna ricordare che la rete non perdona, e per raccogliere consenso

è necessario fare attività proattive ed essere visibili con argomentazioni sane

e sostenibili, visto che il riscontro avviene in modo automatico. (4) http://www.repub-

blica.it/politica/2011/01/27/news/mobilitazione_donne_citt_italiane-11727230/ http://www.francoangeli.it/Ricerca/Scheda_libro.aspx?ID=20585

http://www.ilpost.it/2013/03/11/finanziamento-pubblico-partiti/

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Capitolo V:

Intervista all’ambasciatore Fabrizio Lobasso.

Geraci: Buon giorno Ambasciatore Fabrizio Lo-

basso, e grazie per averci ospitato presso i vostri

uffici. L’intervista che affronteremo a breve, è co-

struita attorno ai 4 sostantivi che possiamo asso-

ciarli ai 4 tempi per il funzionamento del motore a

scoppio. Credo/Ispirazione/Determina-

zione/Entusiasmo/.

Domanda Geraci: Sicuramente concorderà, che sono elementi fondamentali

che permetto all’individuo di esprimersi in modo efficace, sviluppando ed esal-

tano il quoziente Emotivo, comburente per il quoziente intellettivo. Partendo dal

credo, e rapportandolo nella società attuale, possiamo sostenere che coloro che

realizzano le proprie ambizioni o semplicemente fanno un lavoro che li soddisfi

realmente…duole dirlo costituiscono una minoranza. A tal proposito, ci piace-

rebbe conoscere la sua giornata tipo, per comprendere l’attività del funzionario

Diplomatico, e i passi necessari che ha fatto durante la sua carriera per raggiun-

gere, la sua professione, e di conseguenza il suo SOGNO. Per sintetizzare,

Come uomo di stato, quale “credo” l’ha spinta ad intraprendere la car-

riera diplomatica?

Lobasso: Grazie per questa domanda, le mie attività fino

adesso sono alcune fra un mesetto cambieranno radical-

mente, visto che mi vedranno impegnato come ambascia-

tore in “Sudan a Khartum”, parliamo di quelle attuali, visto

che le altre sono tutte da scoprire ma sicuramente immagi-

nabili. Secondo me a parte il risveglio che spero che sia se-

reno come tutti quanti noi, il mio caso coincide con una

grande attività mentale, e una mia caratteristica non ho una

fase di torpore, sono molto attivo e operativo incomincio a

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pensare tanto ed incomincio a leggere di solito la rassegna stampa del Ministero

degli esteri, accendo il mio pc e comincio a rendermi conto di quello che è suc-

cesso, alcune volte le conosco visto che ho visto le notizie in tv fino alle 23/24,

passo un momento importante mattutino a leggere le cose più importanti, poli-

tica estera, politica interna politica internazionale

dopo di che vengo in ufficio.

In genere prima di prendere l’ascensore prendo un

caffe alla macchinetta necessario seguito alla co-

lazione che ho consumato a casa, dopo si incomin-

cia a lavorare qui all’ufficio concorsi, quando abbiamo dei concorsi in atto lavoro

più pratico anche più logistico operativo con il seguito di una serie di attività,

quando invece siamo in una fase di pausa rispetto ai concorsi, allora cominciano

tutti i pensieri che servono a migliorare l’attività dell’ufficio concorsi; migliorare

il concorso diplomatico che è una fase bella molto creativa, lavoriamo molto, qui

a questo ministero si fa anche abbastanza tardi si lavora a più non posso.

Per come sono fatto io per me l’orario di pranzo e cena sono molto importanti,

anche se fosse solo di mezzora; e una sosta necessaria non riesco a mangiare

un panino davanti al pc, quindi comunque, o vado in mensa con alcuni colleghi

o con dei collaboratori, oppure con delle amicizie che ancora riesco a mantenere

e che curo con delle piccole colazioni verso le due o tre del pomeriggio.

Geraci: Da buon italiano usiamo questa condivisione del pranzo per…

Lobasso: a tavola si risolvono tanti problemi e soprattutto si fa un up dating di

tutte le nostre storie, amo come strumento comunicativo il momento conviviale,

quel momento in cui le barriere comunicative si abbattono, scendono giù e quindi

è possibile essere più sinceri e veritieri e si risolvono tanti problemi.

Pomeriggio uguale alla mattina, tanto lavoro con avvolte grandi accelerate di

pianificazione per organizzare al meglio la propria attività, in genere un funzio-

nario diplomatico medio non esce prima delle 20.

Geraci: Lavoro intenso

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Lobasso: Lavoro molto intenso, c’è sempre da fare, si cerca di essere disponibili

Geraci: Non si guarda L’orologio

Lobasso: Molto difficile, poi quando si lavora al pc è troppo facile lo troviamo in

basso a destra. Terminato il lavoro, torno a casa e mi impongo di tornarci in

tempo giusto perché ho un figlio di 17 mesi, e voglio dedicargli del tempo attività

imprescindibile e di stare un momento insieme,

giochiamo ci divertiamo guardiamo i cartoni ani-

mati, dopo di che lo mettiamo a letto

Geraci: in quel momento veste la figura del

papà

Lobasso: esatto, e poi con mia moglie cerchiamo di dirci tutte quelle cose che

non siamo riusciti a dirci durante il giorno o che ci siamo detti a metà con gli

sms, questa è più o meno la giornata, ovviamente quando ci sono dei concorsi

ci sono delle fasi di forte attività, è chiaro che la mia funzione è anche molto

fuori da qui, nelle aule dove ci sono i concorsi quando ci sono le prove scritte, o

le prove orali.

Quindi l’attività diventa molto più mobile queste perché c’è tutto un mondo del

prima del durante e del dopo che è una macchina molto grossa che si muove per

assicurare l’attività migliore.

Davide: Quindi lei ha in mano anche il destino di questi partecipanti, se

vogliamo usare la parola “destino”

Lobasso: Mi piace destino, ma vorrei ridurre un attimo questa responsabilità,

non tanto del destino che spero che sia nelle mani degli stessi candidati, come

anche un’po’ di fortuna, sicuramente io ho un compito importantissimo, la mia

responsabilità e assicurare che il loro destino non trovi intoppi o se ci siano, che

siano dipendenti da fattori esterni da fattori esogeni.

Quindi io apro la strada affinché la persona nel concorso che sia, scritto o orale,

possa avere la strada libera affinché il lavoro sia fatto da se stessi, con il concorso

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con la sua preparazione con il suo modo di essere. Il nostro compito e quello di

creare un ponte, di aprire una strada affinché questa strada possa essere per-

cossa con impegno, con concentrazione, da parte dei candidati senza che ele-

menti esterni possano disturbare il suo cammino verso il successo; in questo c’è

una forte responsabilità.

Geraci: tre parole per descriverci il credo che Fabrizio Lobasso ha utiliz-

zato e utilizza come persona nel lavoro di uomo di stato?

Lobasso: La prima parola potrebbe essere italianità, e cioè una forte consape-

volezza di avere un “Quid” speciale come paese, come popolo e come persone.

In qualche modo è anche una funzione, secondo

me molto importante a livello internazionale, e non

parlo di politica, sto parlando proprio del ruolo

dell’Italia all’interno della comunità umana, e di

questo ne sono molto convinto. Tutti i dati positivi

che ci contraddistinguono, sono dei dati che ovvia-

mente in un lavoro come il mio, possono essere esaltati alla massima potenza.

La nostra italianità, e la diffusione della stessa nel mondo, come compito del

paese e del genere umano, mi ha “attirato da subito” La parola stato, è una

parola apolitica, non religiosa, non legata ad una questione di possibili diversifi-

cazioni o riduzioni. E’ una cosa talmente ampia, che prosegue dritta nel suo

esplicarsi, è un meraviglioso “ombrello” dove i funzionari che si mettono a ser-

vizio della nazione, possano operare. Quindi lo stato come compito superiore per

cercare di tenere con i propri incarichi, alto il ruolo del paese, a servizio di un

concetto molto più ampio.

Il concetto etico di stato e non politico, un concetto di stato di cui l’appartenenza

e già frutto di grandissima soddisfazione, quindi il ruolo dello stato all’interno

della propria persona, direi questi primi due e aggiungerei anche che il credo è

fortemente legato alla necessita di aprirsi verso la diversità. La diversità può

essere un elemento che separa perché crea istintivamente delle barriere, per

Davide Geraci

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proteggere un qualcosa che non si conosce. In

prima acchito fa paura la diversità, ma per tutte

quelle persone che lavorano in ambiti internazio-

nali, può essere un’occasione di arricchimento

enorme. Il solo fatto di incontrare qualcosa diverso

da te, ci fa da specchio e ci rende ancora più con-

sapevole di quello che sei, grazie al fatto di aver incontrato qualcosa di diverso.

Alcuni l’hanno chiamato “Exotopia” la ricchezza di ciò che ci sta difronte solo per

il fatto di essere diverso.

Quindi se mettiamo questi tre argomenti insieme viene fuori, il “fuoco” che ha

acceso probabilmente quella scelta, anche dal fatto visto che io il concorso non

l’ho superato per la prima volta ed ho dovuto superare successivamente questa

sfida.

Domanda Geraci: Possiamo condividere che L’ispirazione, è uno degli ele-

menti fondamentali è insostituibili, da rinnovare e diffondere con sempre mag-

gior cura e professionalità. Questa dote che riceviamo dalla nascita, è spesso

ingiustamente limitata, e si tende a relegarla nella stessa sfera dei sogni, cioè,

belli ma impossibili. Nelle organizzazioni, l’ispirazione costituisce sinergie ed

energie, un binomio essenziale come l’acqua e il fuoco, due cose opposte…ma

se ben utilizzate nasce la forza del Vapore. Tenendo come riferimento L’ispira-

zione, ci racconti quali sono le sinergie che un Diplomatico presso le sedi

sparse per il mondo, può attuare per supportare le imprese e gli impren-

ditori Italiani…?

Lobasso: La bellezza del nostro lavoro, è che viene posto in essere a 360°,

soprattutto va a vantaggio della nostra italianità, e in particolare “italianità eco-

nomica” che si esprime attraverso le nostre realtà imprenditoriali. Le sinergie

che si possono creare sono tante, intanto sono inter istituzionali, cioè fra vari

ministeri che per differente motivo lavorano all’estero. Queste si coordinano af-

finché il servizio che può essere reso “dal pubblico al privato”, crei quella sinergia

più efficace, più sintetizzata ed ottimizzata. Quindi grande coordinamento fra le

Davide Geraci

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91

istituzioni affinché nei confronti del privato quella strada di cui parlavamo prima,

sia aperta per una espansione economica commerciale.

Geraci: Quindi possiamo dire che le attività diplomatiche dovrebbero

agevolare queste iniziative?

Lobasso: Diciamo di sì, ma non userei il condizionale. Per noi è una missione

talmente importante, che facciamo da tanti anni, la maggior parte del nostro

lavoro, tempo, è nelle relazioni internazionali. Questo tempo, viene indirizzato e

focalizzato sugli aspetti economico commerciali, culturali, della penetrazione di

italiani verso l’estero e viceversa. Possiamo definire quindi, che è un lavoro bi-

fase, un elemento fondamentale che porta benessere, arricchimento, contatti e

prosperità.

Un diplomatico all’estro apre la strada affinché l’impresa italiana, possa leggere

il paese in maniera più completa e trarre tutti i vantaggi possibili nel momento

in cui vengono svelate le dinamiche politiche, amministrative, giuridiche ed eco-

nomico commerciale. Questo è un lavoro fatto per l’impresa, perché possa en-

trare in quel paese ed incominciare a relazionarsi in maniera produttiva; quindi

contatto con le istituzioni, con i privati, con la comunità italiana. In ogni parte

del mondo vi è una comunità italiana che si è trasferita ed è stata capace di

creare delle realtà importantissime, che riescono a leggere molto bene la realtà

italiana e quella locale.

Questa sinergia con gli “Italo/trattino” diventa un qualcosa di fondamentale, af-

finché le alleanze economico commerciali siano ancor più forti. Direi fondamen-

tale anche il rapporto con la realtà locale che non è solamente quella della poli-

tica e dell’economia, ma una realtà a 360°, visto che la lettura delle dinamiche

socio culturali del paese ci dà la possibilità di fornire uno scenario reale di quel

paese, affinché l’imprese possano scegliere in maniera più concreta e più consa-

pevole dove avviare nuove attività ed espandersi.

Davide Geraci

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92

Domanda Geraci: Forza interiore, capacità, volontà, decisione, grinta e azione.

Sono concetti forti per descrivere in parte la “Determinazione”. Ognuno di questi

sprigiona il “fuoco dentro”, ovvero quella sensazione vitale che non riusciamo a

descrivere a parole ma che genera una tale carica emotiva da permetterci di

andare oltre, trasformando gli ostacoli in nuovi stimoli. Potrà sostenermi nel af-

fermare che la determinazione è quella spinta propulsiva irrinunciabile come lo

è L’aria per il fuoco. Condivida con noi alcuni momenti positivi e negativi,

che ha superato durante il suo percorso, e quali sono stati maggior-

mente formativi per la sua persona?

Lobasso: Ce ne sarebbero molti, e non so se basterebbe un intera giornata.

Sicuramente ho dei fortissimi ricordi, quando ho avuto la mia prima assegna-

zione a Santiago del Cile. Ero da tre anni in italia e disideravo andare in quel

posto, mi arrivò la telefonata, ero uscito dal mio ufficio, mi trovavo all’ufficio

stampa dove facevamo delle turnazioni serali erano le 19.30/20.00. Arrivo la

telefonata del collega era arrivato il messaggio detto “dispaccio” e diceva che

ero stato assegnato a Santiago.

Passai quella serata con delle sensazioni miste; da una parte malinconiche per-

ché sapevo che avrei dovuto lasciare qualcosa, ma soprattutto questo entusia-

smo questo fuoco che mi portava verso l’estero. In quel momento sapevo che

come capo delle ufficio economico commerciale avevo ricevuto la prima asse-

gnazione, è stato un momento in cui il “diplomatico” vive quella sensazione di

distaccamento delle radici e in quel caso stavo andando in un paese a 14mila

chilometri da casa.

Questi momenti dolorosi poi passano veloci perché la comunicazione globale ci

permette di mantenere i contati. Il mio secondo paese è stata la Grecia, una

connessione tra me e la Grecia, i Grici, gli Ateniesi, il ricordo di questa nave che

parte dal porto di Patrasso, e mi porta verso Bari ricordo che era al tramonto, io

10 valige e il mio cane.

Geraci: il quel periodo non era ancora padre

Davide Geraci

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93

Lobasso: Non ero padre non ero sposato ma avevo un pastore tedesco che ha

vissuto con me 13 anni me lo sono portato anche in Cile. Ricordo un momento

struggente ad Atene, quando ho vissuto quel mo-

mento di abbandono. Come periodo formativo ri-

cordo ad Atene, quando abbiamo collaborato con

il Ministero dell’interno alla cattura di un pluriomi-

cida italiano. Era scappato da una provincia Ita-

liana, ed era riuscito con la macchina ad arrivare a

Bari o ad Ancona, aveva preso un nave ed era arrivato ad Atene. Era un ricercato

molto pericoloso, perché aveva fatto degli omicidi efferati.

In qualche modo con un’po’ di bravura e fortuna, attenzione e concentrazione,

lo abbiamo riconosciuto, visto che la persona venne ad Atene al mio consolato a

chiedere un sussidio. Ci coordinammo con le forze dell’ordine che si travestirono

da studenti e all’interno dell’ambasciata lo arrestarono. Ci fu un attimo in cui io

e il pluriomicida, ci guardammo negli occhi e mi fece intendere che riuscì ad

essere più scaltro di lui.

Domanda Geraci: Una ventata di aria fresca. Incontenibile spinta ad agire e

operare dando tutto se Stesso, ecco come viene definito nella nostra lingua il

sostantivo ENTUSIASMO. Oserei aggiungere i con-

cetti che lei comprenderà facilmente Creatività,

Positività e ampia cooperazione. In una organizza-

zione l’entusiasmo è il vero e proprio ossigeno del

lavoro di gruppo, un ambiente entusiasta, forma

un team Vincente e costruttivo, l’ideale per ottenere risultati assolutamente sor-

prendenti. In relazione a questo argomento, come possiamo valorizzare

il post Expo, e quali metodi saranno necessari per preparare il corretto

SETTING.

Lobasso: Per “setting” intende i seguiti dell’iniziativa expo?

Geraci: Esatto

Davide Geraci

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94

Lobasso: L’importante è capitalizzare questo flusso enorme di persone, occa-

sioni memorabili che avremo di conoscenza reci-

proca. Sara importante poi non voltare immedia-

tamente pagina, ma soffermarsi ad analizzare for-

temente l’esperienza, in termini di partecipazione.

Non solo per quanto riguarda gli aspetti più evi-

denti, i più scontati che potrebbero essere la par-

tecipazione economica, il valore aggiunto, l’indotto, il guadagno, tutto importan-

tissimo, ma io cercherei di soffermarmi per consapevolizzare l’esperienza, per

cercare di raccogliere quelle che possono essere state le iniziative, che maggior-

mente hanno visto di gradimento gli ospiti, e anche il gradimento di noi che

ospitiamo, sulla base di una visione umanistica.

Un po’ più sociale di questi vari fenomeni probabilmente potrebbero venir fuori,

delle indicazioni sul miglioramento dell’iniziativa stessa, come rifarla la prossima

volta, o come partecipare agli altri expo in altri paesi. In qualche modo non

fermiamoci agli aspetti di “reveneu” di entrata singola e facilmente quantificabili,

ma cercherei di leggere come se fosse il negativo della pellicola fotografica. Leg-

gere tutti i risvolti in termini di dinamiche per capire, quanto ha influito la nostra

italianità, quindi il nostro modo di essere, e cosa sarà rimasto nei cuori e nelle

menti delle persone che saranno venute alla manifestazione, come turisti o come

investitori.

C’è molto più ricchezza fra questo scambio che è da scovare, in relazione ai

numeri di visitatori, le relazioni commerciale create in joint venture, gli eventi

durante il periodo dell’expo. Filtrerei ancor di più, per comprendere che cosa è

stato l’expo nelle dinamiche di accoglienza di milioni di persone.

Davide Geraci

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Geraci: Siamo arrivati al termine e vorrei condividere con lei il suo nuovo

incarico che la vedrà impegnata fuori dalla nostra nazione.

Lobasso: In questo momento posso condividere con voi delle immaginazioni

personali che io possa avere più di quello che andrò a fare. Il lavoro chiaramente

ci si documenta, si legge, si studia, si comprende i faldoni più importanti, le cose

aperte, le relazioni con la EU e con enti internazionali. Da un punto di vista

personale, e la mia prima volta come capo missione, quindi come ambasciatore.

Sarò la figura di riferimento Italiana maggiormente rappresentativa, per i Suda-

nesi che abbiano interesse verso l’Italia, per gli italiani che abbiano interesse

verso i sudanesi, per gli italiani residente che in qualche modo abbiano bisogno

di noi, per l’imprese per la politica e per la cultura.

Sicuramente le mie aspettative e le mie immaginazioni, è il compimento in ter-

mini positivi magistrali mirabili del nostro lavoro, cioè, la possibilità di lavorare

a 360°. Svegliarsi alla mattina in una Ambasciata dirigendo una struttura così

complessa e importante, e la grande occasione di lavorare a 360°, tutti quel

aspetti di diritti di giurisprudenza anche adattati al commercio, tutte quelle in-

formazioni che arricchiscono la persona che giorno dopo giorno continua ad im-

magazzinare esperienze ed espandere la propria conoscenza.

Questa è una delle mie grossissime aspettative, cosi interpreterò il mio lavoro

che sarà canalizzato, visto che sono pagato per fare, e ci si aspetta che facciamo.

Le impressioni personali che io riceverò mi serviranno per crescere, come pro-

fessionista. Il fatto di poter diversificare le mie attività in un posto così impor-

tante con un terreno fertile alla diversità, come può essere quella zona del

mondo la capitale del Sudan Khartum.

Grazie per la vostra disponibilità vi aspetterò in Sudan.

Davide Geraci

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Capitolo VI:

CONCLUSIONI

Dal dopo guerra ad oggi.

L’Italia tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 è segnata da un aumento della CA-

PACITÀ PRODUTTIVA, per quanto riguarda il settore del tessile, della siderur-

gia, l’agroalimentare e la chimica. L’Italia ha subito un complicato processo di

unificazione politica. Dopo essere diventata una Nazione, si è industrializzata. La

storia economica italiana è segnata da una serie di dualismi, che rappresentano

le categorie che portano all’industrializzazione. Il dualismo è una contrapposi-

zione tra realtà diverse. Ci sono due tipi di dualismo: STORICO – GEOGRAFICO

(riguarda il nord e il sud, due sistemi economici differenti che non si sono inte-

grati). In Italia, il dopoguerra fu caratterizzato da una profonda crisi che ebbe

decisive conseguenze sulla vita futura dello Stato. Nel conflitto il Paese aveva

subito pesanti perdite umane (più di 600.000 morti) e gravi danni materiali.

La guerra plasmò dunque la formazione di un sistema capitalistico monopolistico

nel quale lo stato si configurava al contempo come organizzatore dell’offerta e

regolatore della domanda. L’intervento dello stato contribuì inoltre ad alterare

profondamente i meccanismi della concorrenza. Questa industria monopoli-

stica era concentrata anche dal punto di vista territoriale: la guerra aveva esal-

tato il dualismo dell’economia italiana perché le aziende che fagocitavano le ri-

sorse pubbliche erano quasi tutte concentrate nel triangolo industriale Milano-

Torino-Genova. L’economia di guerra creò così un circuito vizioso che sottraeva

strumenti al Mezzogiorno, condannato a diventare una propaggine agraria mar-

ginalizzata.

Nelle regioni meridionali una popolazione sovrabbondante di contadini poveri

non riusciva ad avere accesso a una proprietà fondiaria né a diverse opportunità

di lavoro connesse allo sviluppo di altri settori produttivi. Ai contadini dunque

Davide Geraci

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non rimaneva che emigrare, rassegnandosi ad un'epoca di straordinari cambia-

menti sociali e di forte modernizzazione. L’ibridazione culturale che ne risulta, di

cui le seconde e le terze generazioni di immigrati rappresentano il prodotto, po-

trebbe (e dovrebbe) costituire un ponte in grado finalmente di unire un paese

che di fatto, ancora oggi, lo è solo geograficamente.

Da questo percorso cronologico, ho deciso di strutturare la mia tesina, par-

tendo dai primi anni del 1900, passando dalla fine degli anni novanta, con l’av-

vento del Web e la successiva diffusione di massa dei social network. Arriviamo

ai nostri giorni, collegandomi all’evento più importante del mondo l’Expo 2015

di Milano. Il tutto mettendo a confronto il modello di comunicazione prima

dell’avvento del WEB, con il nuovo ordine di comunicazione dei Social Media.

http://www.istat.it/it/files/2013/03/2_istruzione-formazione.pdf

Di fatti, il nostro paese è affetto da numerosi ritardi in molti campi: economici,

istituzionali, ambientali, logistici, viabilistici. Quello che, però, risulta essere il

ritardo maggiormente devastante è quello culturale. Dai dati emerge che in

Italia abbiamo una platea di studenti tra i meno preparati d’Europa(1), un numero

non calcolabile ma senz’altro considerevole di occupati con gravi problemi di

analfabetismo funzionale e circa due milioni e mezzo di “Neet”(2) fermi al palo.

Forse per invertire il declino a cui

siamo destinati oltre a un “Piano Mar-

shall” per il lavoro come invocato da

qualcuno, dovremmo preoccuparci di

realizzare un piano nazionale per

l’istruzione e la lotta all’analfabetismo avendo il coraggio di accettare che, pur

essendo uno dei Paesi che dispone del patrimonio artistico e culturale più signi-

ficativo del mondo, siamo un popolo analfabeta. Cinque italiani su cento sono

analfabeti, trentotto su cento leggono con difficoltà una scritta semplice, l’abitu-

dine alla lettura di libri non coinvolge più del venti per cento della popolazione.

Alla democrazia italiana mancano le basi.

(1) http://www.lettera43.it/cronaca/studio-dell-ocse-meta-degli-italiani-e-analfabeta_4367589609.htm (2) http://www.treccani.it/enciclopedia/neet_(Lessico-del-XXI-Secolo)/

Davide Geraci

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Sia chiaro, la tendenza al declino delle competenze e all’analfabetismo di ritorno

riguarda tutte le società occidentali.

Soltanto nel 20 per cento delle famiglie c’è l’abitudine alla lettura, mentre l’80

per cento degli italiani (dati della Banca Mondiale) si informa esclusivamente

attraverso la televisione. In compenso gli italiani sono in vetta alle classifiche

per uso del telefonino. “La democrazia vive se c’è un buon livello di cultura dif-

fusa”, afferma De Mauro (3), se questo non c’è, le istituzioni democratiche, pur

sempre preferibili ai totalitarismi e ai fascismi, sono forme vuote.

Prima ancora del deficit di informazione, dunque, alla radice del caso Italia sem-

bra esserci un problema di formazione, o meglio, di istruzione primaria. Se an-

diamo a vedere le cifre sul livello di scolarità, lettura di quotidiani, riviste, libri e

partecipazione a mostre e convegni, c’ è da mettersi le mani nei capelli e forse,

è da queste cifre che possiamo comprendere le ragioni legate al perché sten-

tiamo a rilanciare il paese.

(3) http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/09/29/lignoranza-degli-italiani/65755/

Davide Geraci

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Tecniche e strumenti tecnologici per essere efficaci

I nuovi veicoli di comunicazione denominati “Social Media”, hanno stravolto gli

assetti dei media. Questo nuovo modello, ha permesso anche ai singoli cittadini

di diventare attori nella “comunicazione/informazione”, passando dal mo-

dello di diffusione delle informazioni da “Verticale ad Orizzontale”. Una volta

la divulgazione delle notizie, era lavoro in esclusiva dei soli addetti, oggi grazie

ai nuovi strumenti si ha la possibilità di diventare “Influencer”(1), il tutto senza

essere abilitati ed accreditati alle attività giornalistiche. La competizione nella

informazione, si è fatta molto serrata, e bisogna essere in grado di raggiungere

più potenziali fruitoti a tal punto da condizionarli e fidelizzarli, per poter essere

leader di riferimento. Vediamo alcuni modelli di comunicazione efficace necessari

per attrarre attenzione nei nuovi contenitori, dove l’attenzione a differenza della

carta che era sotto le mani non supera i 20”. Il segreto delle 5 W:

Who

What When

Where Why

Come dicevamo prima, creare l’attenzione è fondamentale per catturare il po-

tenziale lettore, e successivamente fidelizzarlo. Oltre ai tradizionali metodi, e

sempre più richiesto come strumento di catalizzazione del pubblico, il supporto

di foto/video, visto che le recenti statistiche portano in evidenza il suo gradi-

mento. A tal proposito, prendendo come modello comunicativo il video messag-

gio o l’intervista, è da tener ben presenti, che conoscere e saper gestire i passi

basilari per essere efficaci con questi strumenti è indispensabile per essere pro-

fessionali.

(1) http://www.reputazioneonline.it/Servizi-Per-Le-AziendeIdentificazioneSocialInfluencer

Davide Geraci

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100

Il public speaking, infatti,

non è un dono, ma un'abilità

che si impara, basta qualche

tecnica e tanto esercizio. Per

cui tranquilli, c'è speranza anche per i più timidi. Vediamo qui di seguito alcuni

consigli per prepararsi al public speaking.

I 6 trucchi del public spea-

king di “Nicola Bonac-

cini”(2), ha ironicamente

esordito spiegando che parlare in pubblico è la seconda paura delle persone dopo

quella del volo. Il motivo è semplice: proiettiamo su di noi le aspettative de

pubblico. Ma quest'ultimo, ha delle aspettative sue, diverse dalle nostre. E allora,

che fare? La soluzione è non pensare solo al contenuto, ma al pubblico che lo

ascolta. Lo slogan di Bonaccini è: "Bisogna essere più people-oriented che topic-

oriented". Ecco i suoi consigli per farlo.

1. Emozionare il pubblico: bisogna farlo soprattutto

nel minuto iniziale del discorso,

in cui le persone si fanno una

prima impressione su di noi.

2. L'abito fa il monaco: vestirsi

in modo adeguato rispetto all'oc-

casione in cui si parla;

3. Parla come mangi: usare parole che il pubblico conosce.

(2) http://www.huffingtonpost.it/teresa-budetta/10-trucchi-parlare-pubblico_b_6635198.html

Davide Geraci

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4. Capire chi ho di fronte: stu-

diarsi il pubblico, per poi dirgli

quello che vuole sentirsi dire e

soddisfare le sue aspettative.

5. Mani in vista: le mani devono essere visibili mentre si parla, per comunicare

sincerità e apertura.

6. Cambiare passo: quando si

nota che il pubblico è stanco, bi-

sogna fare qualcosa di diverso o

farlo fare al pubblico, in modo che non si addormenti sul più bello del nostro

discorso. Quando si parla in pubblico, possiamo avere pubblico più interessato,

più attivo, energico, sveglio e più preparato, ma tra i suoi componenti capiterà

sempre il più difficile. E’ fondamentale innanzitutto riconoscerlo, per decidere

come affrontarlo o isolarlo. Possiamo considerare 3 macro aere, che nello speci-

fico possono diventare 9 atteggiamenti differenti.

Il criticone il timido il brontolone

Il saputello l’annoiato il chiacchierone

L’aggressivo il giocherellone il carbonaro

Questi modelli di comunicazione, rappresentano un fenomeno assolutamente di

massa, possono essere utilizzati anche nella fase di un colloquio, o nella realiz-

zazione di un video cv (sempre più richiesto dalle aziende) fra l’altro, coinvolge

ormai larghissime fette degli utenti internet di tutte le età, non solo quelle più

giovani. Per questo è sempre meglio conoscere e affinare le nuove tecniche di

comunicazione nei Social Network. Un segnale inatteso è dato dall’analisi della

diffusione dei social network per fascia d’età. Se in Italia la popolazione più an-

ziana è decisamente meno digitale che altrove, quando utilizza internet è invece

super social. Oltre il 60% degli utenti internet italiani over 64 usa anche i

social network, negli Stati Uniti sono solo il 43%. Una ricerca di LiveXtension

Quelli che partecipano poco Quelli che partecipano troppo Quelli che partecipano ad altro

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incrocia i dati del Pew Internet & American Life Project(3) e di Nielsen sugli utenti

internet americani con quelli italiani di Audiweb: l’Italia ha un tasso di penetra-

zione dei social network maggiore rispetto agli USA, soprattutto fra gli over 50.

Incrociando i dati sull’utenza internet ameri-

cana del report Pew Research 2013 (aprile-

maggio) e quelli italiani di Audiweb (giugno

2013) è emerso che la penetrazione americana,

rispetto a coloro che usano la rete dei social

network è del 72%, in Italia è invece del 75%

(4) (20.597.000 milioni di italiani utilizzano al-

meno un sito di social networking), sfiorando

nei mesi scorsi l’80%. A tal proposito bisogna tener ben in vista i valori che

dobbiamo trasmettere. Per quanto riguarda invece la fascia d’età 50-64, il 60%

degli americani usa i social, mentre in Italia è il 75%.1, i numeri parlano da

soli. In primo luogo, essa assume una valenza macroeconomica e, in quanto

tale, è imprecisa circa la configurazione organizzativa della capacità creativa,

rappresentandone solamente l’output a livello generale.

“Le parole sanno mentire, il corpo no”

A. Lowen

Ricordiamoci che nel momento di

comunicare un messaggio, non

viene utilizzato solo la voce, ma il

messaggio viene trasmesso da altre componenti come vediamo di seguito. E’ da

ricordare, che nella comunicazione scritta, ci si può permettere di trascurare i

tre elementi fondamentali della comunicazione live audio/video, che invece

viene percepita e codificata dal ricevente con i messaggi che il corpo trasmette.

A tal proposito, nella comunicazione audio/video bisogna tener presente le

(3) http://www.repubblica.it/tecnologia/2014/12/18/news/istat_internet_italia-103190534/ (4) http://www.ibs.it/code/9788841857632/keen-andrew/dilettanti-com-come.html

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103

percentuali di influenza delle tre dinamiche comunicative

(verbale, para verbale e non verbale), che sanciscono il

trasferimento positivo o negativo del messaggio. Il lin-

guaggio del corpo non mente, volontariamente o invo-

lontariamente le espressioni micro facciali, la postura, il tono di voce e la fre-

quenza parleranno in modo naturale, ed esprimeranno l’efficacia del messaggio

che vogliamo trasmettere. Il nostro corpo è il primo veicolo e strumento di co-

municazione, conosciamolo per trasformarlo in alleato. E’ da considerare che la

comunicazione diffusa tramite “audio-video”, per conseguire maggiore effica-

cia, è indispensabile oltre a conoscere le percentuali di interferenza del proprio

corpo nella comunicazione verbale, la struttura del discorso. Per far sì che il

messaggio passi in modo lineare, influenzando positivamente i riceventi, la pre-

parazione prima della prestazione, è fondamentale per ottimizzare il risultato

pianificato e atteso.

Le fasi di un intervista da prendere in considerazione sono diverse, si parte

dall’introduzione, e si chiude con le conclusione, sviluppando i 5 passi. Qui di

seguito 14 punti di supporto alla preparazione dell’intervista:

INTRODUZIONE 20%

SCENARIO 10%

SVOLGIMENTO 60%

RIEPILOGO 5%

CONCLUSIONE 5%

1) Sotto sotto, ogni intervista è un negoziato tra le risposte che il giornalista

vorrebbe ottenere e quelle che tu preferiresti dargli.

2) Chi ti intervista ha l’obiettivo di portarsi a casa risposte interessanti. Cioè:

consistenti, inedite o pepate. Se non sai dire niente di consistente, ti toccherà

essere pepato.

3) Se sei un politico, rispondere ti tocca. Se sei sotto elezioni o se lavori nello

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show business ti conviene anche.

4) … e comunque, in questi casi, anche il fatto che rifiuti di rispondere è una

notizia su cui ricamare. Tienine conto.

5) Se invece non sei una figura pubblica, rispondi solo se hai qualcosa di utile

da dire e se dirlo ti sembra importante o ti fa piacere. Se no, chi te lo fa fare? I

tuoi amici ti vorranno bene lo stesso.

6) … ma in ogni caso diffida delle domande che contengono una risposta impli-

cita.

7) La tua vita privata sarebbe, appunto, “privata”. Ma se l’hai messa su twitter

non lo è più.

8) Non tutto quello che dirai verrà riportato. Qualcosa di quello che dirai verrà

interpretato. Più ti contraddici o divaghi, più spazio lasci all’interpretazione.

9) Se ti intervistano per un giornale e parli di cose complicate, puoi chiedere di

vedere i virgolettati. Sbrigati a farlo, però. E ricordati che cambiare tutto quello

che hai detto non vale.

10) Se ti intervistano in diretta radio o tv, di solito puoi sapere prima le do-

mande, o almeno l’argomento. Fai mente locale ma non imparare a memoria le

risposte, se no, appariamo come un robot.

11) Incrocia le dita se l’intervista radio o tv non è in diretta e verrà montata,

specie se ti dicono che le domande verranno tagliate. E sì, anche parte delle tue

risposte verrà tagliata. Stai tenendo le dita incrociate, vero?

12) È difficile dare risposte intelligenti a domande stupide. Però dare risposte

stupide è stupido.

13) Rispondere a una domanda con un’altra domanda, ti permette di preparanti

meglio alla risposta (chi fa domande conduce)

14) Se continuano a farti la stessa domanda, vuol dire che non hai risposto. Se

proprio vuoi sfilarti, prova la tecnica del rabbino.

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A tal proposito, il cambio di marcia e velocità nella comunicazione dal 1.0 al 2-

3.0 dove era solo indispensabile conoscere le metodologie di base del Web per

sottolineare le proprie qualità nella comunicazione, oltre saper scrivere in modo

corretto, oggi non sono più sufficienti.

Il Bridging-Flagging-Repetition, se usati bene possono diventare nostri al-

leati, elevando la qualità dell’intervista, permettendoci di trasformarci da inter-

vistato passivo a proattivo. “Rafforzare, Pontificare, Sottolineare e Ripetere”,

strumenti di comunicazione. Inoltre dob-

biamo conoscere e comprendere che gli

stili, sono fondamentali per dare

un ottima impressione della no-

stra preparazione. La comunica-

zione è lo strumento che ci permette di

comunicare un messaggio, un idea o ven-

dere un prodotto e servizio. Nell’era in qui viviamo, dove la competizione è di-

ventata globale il saper comunicare in modo efficace ed efficiente decreterà il

raggiungimento positivo del ri-

sultato. Quindi acquisire una

maggiore conoscenza delle

materie basilari della comuni-

cazione potenzierà le proprie capacità, permettendo di affrontare i futuri mo-

menti di difficoltà, attivando di volta in volta nuove risorse ed energie.

https://scrittinediti.wordpress.com/tag/dilettanticom/

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Il rovescio della medaglia

Oggi con l’avvento del web 2-3.0, il sacro graal dei co-

municatori/pubblicitari consiste nell’ottenere la fiducia

della gente in modo virtuale.

Una volta la velocità della notizia aveva i suoi tempi,

oggi è cambiato tutto i vecchi “no coment” non sono più accettati. I tempi di

reazione sono determinati da i colpi di clik sulle diverse piattaforme, che diven-

tando virali trasformandosi in campane di informazione globali.

Disse il primo ministro inglese James Callaghan(0) “Una bugia riesce a fare il

giro del mondo prima ancora che la verità abbia il tempo d’infilarsi gli stivali”.

Abbiamo visto che il crescente utilizzo del web nella vita

quotidiana di tutti noi, nei modelli di business completa-

mente nuovi, basati su materiale User-Generated(1),

sottraggono ogni valore economico ai media tradizionali e

ai contenuti culturali. Molti di questi blogger dilettanti, s’ispirano a scrittori in

pigiama, per lo più anonimi e autoreferenziali, che non essendo giornalisti di

professione, non si limitano a diffondere notizie, ma a diffondere voci o scandali,

spesso di personaggi pubblici. Con questo modo di fare giornalismo, si toglie di

mezzo ogni fastidioso e ingombrante scrupolo Etico, e la scocciatura di dover

rispondere a delle regole redazionali. “Possedere un pc e una connessione a in-

ternet non ci trasforma automaticamente in giornalisti seri, non più di quanto

avere accesso a una cucina faccia di noi degli chef in piena regola” afferma An-

drew Keen. I giornali e le riviste, le più affidabili fonti d’informazione sul mondo

in cui viviamo, stanno traballando grazie alla proliferazione di blog e siti, che

consentono di pubblicare annunci gratuiti. Infatti i profitti delle società che fanno

capo alle principali testate sono precipitati drasticamente; la New York Times

Company ha perso oltre il 69%, la Tribune Company il 28% e Gannet il più

grande gruppo editoriale degli Stati Uniti 11% (dati dal 2006).

(0) https://www.gov.uk/government/history/past-prime-ministers/james-callaghan (1) http://www.treccani.it/enciclopedia/ricerca/User-Generated/

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Il primo segnale di questa situazione è arrivata nel 2007, la

Time Inc., ha licenziato 300 persone. Il dilagare della pirateria

digitale, favorita dalle tecnologie, ha fatto calare del 20% le

vendite discografiche (dato 2000/2006) (2). Nello stesso con-

testo con l’ascesa di “YouTube”, anche Hollywood sta attraversando i suoi pro-

blemi economici. La diminuzione delle vendite dei DVD e la diffusa pirateria, ha

portato il settore nella ricerca di un nuovo modello di business cercando di trarre

profitto dalla distribuzione di film via internet. Di qui l’astuta o forse disperata

decisione da parte di Rupert Murdoch di acquisire MySpace (2005)

con un investimento di 580 Milioni di dollari, ispirato dall’apparente e

continua crescita di Google che ha toccato per il Q3 2013 un fattu-

rato di ben 14.89 miliardi di dollari(3). Si dice che con l’avvento del

web 2.0, internet avrebbe democratizzato i grandi Media, i grandi

Mercati i Governi. Avrebbe democratizzato persino i grandi esperti,

trasformandoli in “dilettanti nobili” come li definisce Tim

O’Reilly(4). E’ vero che il nuovo modello di comunicare sta permet-

tendo a tutti di sentirsi attivi nel fornire informazioni grazie al cam-

biamento della comunicazione da Verticale ad Orizzontale, ma

dall’atra parte dobbiamo considerare la sua suprema idealizzazione,

sta mettendo in pericolo la verità. Il fatto strano, e che spesso ci

consegnano contenuti equivoci derivanti da fonti anonime, rubandoci tempo e

facendoci beffe della nostra ingenuità. Queste informazioni, spesso vengono dif-

fuse dai blog, che si stanno progressivamente trasformando nel

campo di battaglia sul quale gli Spin doctor(5) incaricati di curare

l’immagine delle aziende combattono la loro guerra propagandistica.

I media vecchia maniera si stanno estinguendo (teorie 2043), ma se

è così, chi prenderà il loro posto? A quanto pare saranno i nuovissimi motori di

ricerca, i siti di social networking e i portali per video amatoriali targati Silicon

Valley.

(2) http://news.bbc.co.uk/2/hi/entertainment/4639066.stm (3) http://www.androidiani.com/news/google-chiude-il-q3-2013-con-un-fatturato-di-14-89-miliardi-di-dollari-190420 (4) http://www.oreilly.com/tim/ (5) http://www.treccani.it/enciclopedia/ricerca/Spin%20doctor%20/

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Esiste un Grande fratello che agisce nell’ombra, il motore di ricerca, che ogni

giorno attraverso decine di milioni di domande, riversiamo nell’onnipotente i no-

stri più intimi segreti. Google conosce le nostre abitudini, i nostri interessi e i

nostri desideri, meglio dei nostri amici. Se osserviamo i numeri crescenti di frui-

tori di piattaforme tecnologiche e gli investimenti economici dei colossi mondiali

della tecnologia, comprendiamo che esistono molti interessi di diversa natura.

Se da una parte i social media hanno permesso l’interazione del pubblico, ren-

dendolo attivo partecipe, dall’altra stiamo vivendo un appiattimento della cultura

che sta offuscando il confine tra il pubblico tradizionale e l’autore, tra il crea-

tore e il consumatore, tra l’esperto e il dilettante, e su questo c’è poco da

scherzare. Perché le vere conseguenze della rivoluzione del web 2-3.0 sono l’im-

poverimento della cultura, l’inaffidabilità delle notizie e un grande caos d’infor-

mazioni inutili.

“Dunque, così come pretendo che il mio medico abbia frequentato una rispetta-

bile facoltà di medicina e che il mio avvocato abbia superato l’esame di Stato,

desidero essere informato e divertito da professionisti preparati e dotati di ta-

lento” afferma Andrew Keen (6) in “dilettanti.com”. In ogni caso non possiamo

stare fermi, e necessario conoscere studiarle e approfondirle come innescare un

nuovo modello di comunicazione utilizzando le nuove tecnologie.

(6) http://www.ibs.it/code/9788841857632/keen-andrew/dilettanti-com-come.html

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Capitolo VII:

L’UOMO: L’EMPOWERMENT(1) COME SOLUZIONE.

Customer care

Cos’è la qualità aziendale? Come agiscono i clienti?

Il cliente insoddisfatto è il peggior concorrente! La

percezione della qualità nasce nell’istante della ven-

dita ma si forma successivamente, nei momenti della

verità quando per un’esigenza il cliente e l’azienda vengono a contatto. Il cliente

è il principale asset aziendale, occorre comprenderne il comportamento e il suo

effettivo contributo al fatturato. Customer care è ascoltare, conoscere e comu-

nicare è la grande opportunità: il contatto con il cliente è rendere ogni cliente

protagonista esigente e soddisfatto per trasformarlo nel miglior venditore e au-

mentare i profitti.

Percorso Formativo o Il cliente quale fulcro dell’attività e divulgatore dell’immagine

o Le tecniche del comportamento e del linguaggio

o Sviluppo delle capacità di ascolto, comprensione e sintesi o Valutazione delle problematiche e soluzioni attivabili

o Acquisizione delle informazioni: metodi e finalità Contenuti

o La qualità percepita: gestione del momento della verità o Elementi di pensiero sistemico:

o Gli effetti leva o Il feedback

o I circoli viziosi e virtuosi o Problemi spostati e problemi risolti

o La comunicazione aggressiva, passiva ed assertiva o La gestione delle dinamiche comunicative uno – ad – uno

o Le dinamiche relazionali: ascolto e attenzione al cliente o La Programmazione Neurolinguistica:

o Canali rappresentazionali

o Sistemi di ancoraggio o Ricalco e sincronizzazione

o L’intelligenza relazionale: o Motivazione

o Empatia o Abilità sociali

Docenti o Esperti di comunicazione, Psicologi, Analisti e Automotivatori

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Leadership

Un capo ha responsabilità negli errori? Ha meriti nel successo? Un leader poco

autorevole mortifica la struttura di vendita. Un giusto

leader è il punto di riferimento, è l’esempio positivo,

conosce il cambiamento e lo anticipa, sa motivare i suoi

venditori, sa comunicare e condividere in maniera effi-

cace e rapida. Leadership delle reti commerciali è un valido strumento per creare

ispirazione, credo, determinazione ed entusiasmo con progetti affascinanti e

coinvolgenti, è un successo in costante evoluzione.

Percorso Formativo

o Il ruolo della formazione e della comunicazione o Le metodologie motivazionali e i processi di automotivazione

o Le tecniche di ascolto funzionale e di verifica della percezione

o L’analisi dei dati e la valutazione dei risultati o L’individuazione degli scostamenti e la rimozione delle cause

Contenuti

o Il leader e il perdente: modelli a confronto o Strumenti di automotivazione e di motivazione

o Elementi di formazione formatori

o Team Building o Il gruppo di lavoro e il lavoro di gruppo

o La gestione dei conflitti e la negoziazione

o La disciplina dei modelli mentali o Le dinamiche comunicative e relazionali

o Il feedback

o L’ascolto funzionale

o Strumenti di analisi dei numeri e delle statistiche finalizzati all’intervento nella realtà della rete

Docenti

o Esperti di statistica, Responsabili Commerciali, Psicologi e Motivatori

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Problem solving

Cosa sono i problemi? Si risolvono con la mente o con

il cuore? I problemi possono essere risolti o semplice-

mente spostati, e quindi ci affliggeranno entro breve,

ancora più complessi e gravi. Le perdite di tempo, le

soluzioni non efficaci, gli errori e le indecisioni sono macigni sulle spalle

dell’azienda. Un problema ben gestito genera una forte carica emotiva, ci fa

andare oltre, trasformando gli ostacoli in nuovi stimoli, è una scarica di adrena-

lina. Problem solving è consapevolezza della responsabilità, è capacità di con-

centrarsi sulla soluzione, non sul problema, per trovare sempre i rimedi più effi-

caci.

Percorso formativo

o Acquisire competenze di gestione e risoluzione dei problemi

o Le tecniche di negoziazione o Modalità di comunicazione interpersonale efficace e funzionale

o Approfondire le capacità di gestione dei conflitti

Contenuti o Problem Finding: individuare il problema

o Problem Setting: sezionare e raccontare il problema o Problem Solving: risolvere il problema e valutare i risultati

o Decision Making e Decision Taking: elaborare e prendere le decisioni o Affrontare il cambiamento

o Il comportamento assertivo, aggressione, manipolazione, assertività o Tecniche di negoziazione: Lose – Win & Win – Win

o Capacità di ascolto e di osservazione

Docenti

o Formatori, Psicologi ed Esperti in comunicazione

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Strategia B to B – B to C

Perché l’acquirente compra? Cosa compra real-

mente? Un mediocre venditore limita la Vostra

crescita, non sa ascoltare il cliente per distinguere

un dubbio da una scusa, offuscato dalle proprie

ansie non comprende le necessità del cliente. Un ottimo venditore è determinato

ed entusiasta, sa innamorarsi di un particolare. Vendere è il fulcro di ogni attività

commerciale, il successo della vendita porta a un ottimo fatturato. Strategia di

vendita è un avanzato percorso per un’arte che si può e si deve apprendere è

migliorare giorno dopo giorno.

Percorso Formativo

o Conoscere i meccanismi comunicativi per una vendita efficace o Valutazioni dei differenti strumenti di comunicazione

o Acquisire le tecniche di Programmazione Neurolinguistica (PNL) o Apprendere le tecniche di Analisi Transazionale (AT)

Contenuti

o Comunicazione verbale, paraverbale e non verbale o Ostacoli principali alla trasmissione di un messaggio: distorsioni e perdite

di carico

o Ascolto e comunicazione assertiva o PNL: i canali rappresentazionali

o PNL: i predicati e i movimenti oculari o PNL: sistemi di ancoraggio, ricalco e sincronizzazione

o L’Analisi Transazionale: il modello degli stati dell’IO o Il quadrato di Harris: le posizioni esistenziali

o L’intelligenza relazionale: motivazione, empatia, abilità sociali o L’ascolto: corporeo, emotivo, cognitivo

o Il leader e il perdente

Docenti o Analisti d’impresa, Responsabili Commerciali e Psicologi

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113

Gestione dello stress

Cos’è lo stress? Quanto rendiamo realmente sotto

stress? Lavorare nello stress rende inconcludenti. Con-

trollare lo stress non significa cercare di annullarlo, è

energia che possiamo reinvestire in ogni nostra azione.

Collaboratori in grado di gestire lo stress rappresentano una nuova risorsa all’in-

terno dell’azienda, capaci di non subire passivamente le situazioni, ma di incidere

attivamente e positivamente su di esse. Gestire lo stress è una raffinata tecnica

che genera energia positiva, che rende promotori di atteggiamenti vincenti.

Percorso formativo

o Riconoscere la situazione di stress

o Le origini e le cause dello stress o Valutare i fattori positivi e negativi dello stimolo stressogeno

o Gestire lo stress per tradurlo in energia positiva

o Sviluppo delle tecniche di visualizzazione e rilassamento

Contenuti

o Il processo di stress: Eustress e Distress o I meccanismi fisiologici: le fasi dello stress

o Le sindromi da stress: Burn-out e Drop-out o Nikefobia: la paura di vincere

o Meccanismi e soglie di attivazione o Le situazioni stressanti: cause più comuni

o Modalità di gestione dello stress: tecniche di rilassamento e visualizzazione

Docenti

o Psicologi, Formatori e Consulenti manageriali

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Team building

Il lavoro di gruppo è uno stimolo? O uno spazio nel

quale nascondersi? Uno staff non preparato limita

le potenzialità dei singoli, anziché valorizzarle. Il

gruppo vincente si basa sulla disponibilità, sulle

qualità reciproche, sulla condivisione d’intenti. Team building è un percorso ad

hoc per le esigenze del gruppo di lavoro è la strada necessaria per realizzare la

massima espressione delle potenzialità dei singoli nell’insieme.

Percorso formativo

o Sviluppare fiducia nelle proprie potenzialità e in quelle di gruppo

o I processi motivazionali o Aumentare la consapevolezza dei meccanismi percettivi e valoriali

o Acquisire strumenti concreti per la strutturazione di gruppi efficaci o Conoscere le tecniche di conduzione del Team

Contenuti

o Teorie e leggi motivazionali: primarie, secondarie, attitudinali, incentivanti

o L’Automotivazionale: credenze, valori e atteggiamenti o I condizionamenti negativi e le gratificazioni

o L’intelligenza relazionale o Gruppo di lavoro e lavoro di gruppo

o Gli stili di Leadership: il team coach o I fattori emotivi: empatia e abilità sociali

o Stereotipi e modelli mentali

Docenti

o Dirigenti d’azienda, Psicologi e Automotivatori.

Questi percorsi formativi sono validi strumenti studiati per sviluppare la con-

sapevolezza, evolvere le qualità e potenziare l’energia delle persone.

Gli sviluppi di innovative tecniche consentono ai partecipanti di ottenere risul-

tati nell’immediato e di accrescerli nel tempo, con una metodologia di tipo

“interattiva-reattiva”, che rivoluziona il rapporto statico e passivo tra do-

cente e discente per approdare ad un processo d’insieme, dinamico e coinvol-

gente.

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115

Citazioni:

Nella filosofia McDonald's le persone sono un investimento per questo motivo, da oltre 20 anni

offriamo piani formativi a tutti i livelli e per tutti i ruoli. Le aziende migliori, quelle che ogni anno

migliorano i propri risultati, lo sanno bene, “prenditi cura dei tuoi collaboratori al meglio delle tue

possibilità” sancisce dal sito ufficiale l’amministratore delegato di McDonald’s, oltre 1.000.000 di

dipendenti sparsi nel mondo fatturati a 9 zeri che prosegue, “poiché se sarà felice di come lo tratti

lavorerà al meglio delle sue possibilità”

"La qualità di un leader si riflette negli standard che riesce a fissare per sé" Ray Kroc (fondatore di McDonald's)

"Mi tengo pronto, un giorno arriverà il mio momento" Abramo Lincoln (sedicesimo Presidente degli Stati Uniti).

"Non si dovrebbe passare il tempo a puntare il dito su ciò che le persone sbagliano. Bisognerebbe cercare ciò che fanno di buono e lodarle per que-

sto" Richard Branson (imprenditore)

"Prima pensa, poi organizza i tuoi pensieri in idee e piani e poi trasforma questi piani in realtà. L'inizio è tutto nella tua immaginazione"

Napoleon Hill (scrittore statunitense)

"Sforzi e coraggio non sono abbastanza se mancano uno scopo e un'unità di intenti"

John F. Kennedy (ex presidente USA)

"Conoscendo gli altri e conoscendo se stessi, in cento battaglie, non si cor-reranno rischi; non conoscendo gli altri, ma conoscendo se stessi una volta si vincerà e una volta si perderà; non conoscendo né gli altri né se stessi, si

sarà inevitabilmente in pericolo ad ogni scontro" Sunzi (autore di "L'arte della guerra")

http://www.qualitiamo.com/frasi/argomento/leadership.html

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(1) http://www.lettera43.it/cronaca/studio-dell-ocse-meta-degli-italiani-e-analfabeta_4367589609.htm

(2) http://www.treccani.it/enciclopedia/neet_(Lessico-del-XXI-Secolo)/

(3) http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/09/29/lignoranza-degli-italiani/65755/ pag 99

http://www.huffingtonpost.it/teresa-budetta/10-trucchi-parlare-pubblico_b_6635198.html

(4) http://en.wikipedia.org/wiki/Influencer_marketing

(5) http://www.repubblica.it/tecnologia/2014/12/18/news/istat_internet_italia-103190534/ pag 105

(0) https://www.gov.uk/government/history/past-prime-ministers/james-callaghan

(1) http://www.treccani.it/enciclopedia/ricerca/User-Generated/

(2) http://news.bbc.co.uk/2/hi/entertainment/4639066.stm

(3) http://www.androidiani.com/news/google-chiude-il-q3-2013-con-un-fatturato-di-14-89-miliardi-di-dollari-

190420

(4) http://www.oreilly.com/tim/

(5) http://www.treccani.it/enciclopedia/ricerca/Spin%20doctor%20/

(6) http://www.ibs.it/code/9788841857632/keen-andrew/dilettanti-com-come.html pag 108

http://www.francoangeli.it/Ricerca/Scheda_libro.aspx?ID=15523 pag 114

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