Geometria Differenziale senza pretese.

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Geometria Differenziale (senza pretese) Questo documento è nato per ammazzare il tempo durante una serie di pomeriggi svuotati di impegni. Era da tempo che progettavo un riordino di certi concetti, che è culminato nella riscrittura (e in una certa “sistemazione formale”, che adeguasse i concetti al mio modo di intuire i fatti che leg- gevo) di un manoscritto che mi è stato gentilmente regalato da un compagno di corso. Restano, è ovvio, validi tutti gli avvertimenti che mi premuro di allegare ai frutti delle mie elucubrazioni: nulla di tutto questo è originale, quasi tutto è impreciso, inelegante, laddove non sia irrecuperabilmente, integralmente errato. Tanto più che le interpolazioni com- pletamente dovute alla mia mano sono afflitte da un grosso difetto di disomogeneità: a volte le carte vanno da un aperto alla varietà, a volte viceversa. Ho cercato di unificare no- tazione e concetto per qualche giorno, ma altri impegni mi hanno poi distolto dall’impresa. Esiste sicuramente un modo di evitare certe sconcezze grafico–concettuali, che nel con- tempo metta al riparo dal rischio di perdersi in un nebuloso non–sense fatto di definizioni di cui poi non si vede nessuna incarnazione: esiste, ma io non l’ho (per ora) trovato. Un punto imprecisato di S 2 , 1 gennaio 2010.

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Appunti di Geometria Differenziale.

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  • Geometria Differenziale(senza pretese)

    Questo documento nato per ammazzare il tempo duranteuna serie di pomeriggi svuotati di impegni. Era da tempo

    che progettavo un riordino di certi concetti, che culminatonella riscrittura (e in una certa sistemazione formale, che

    adeguasse i concetti al mio modo di intuire i fatti che leg-gevo) di un manoscritto che mi stato gentilmente regalato

    da un compagno di corso. Restano, ovvio, validi tutti gliavvertimenti che mi premuro di allegare ai frutti delle mieelucubrazioni: nulla di tutto questo originale, quasi tutto

    impreciso, inelegante, laddove non sia irrecuperabilmente,integralmente errato. Tanto pi che le interpolazioni com-

    pletamente dovute alla mia mano sono aitte da un grossodifetto di disomogeneit: a volte le carte vanno da un aperto

    alla variet, a volte viceversa. Ho cercato di unificare no-tazione e concetto per qualche giorno, ma altri impegni mi

    hanno poi distolto dallimpresa. Esiste sicuramente un mododi evitare certe sconcezze graficoconcettuali, che nel con-tempo metta al riparo dal rischio di perdersi in un nebuloso

    nonsense fatto di definizioni di cui poi non si vede nessunaincarnazione: esiste, ma io non lho (per ora) trovato.

    Un punto imprecisato di S2, 1 gennaio 2010.

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    0 Richiami e notazioni

    Introduzione. Dato un insieme X indichiamo con P(X) la collezionedi tutti i sottoinsiemi di X. Chiamiamo P(X) insieme delle parti oppureinsieme potenza di X. Le operazioni insiemistiche di unione e interse-zione inducono sullinsieme delle parti una struttura di reticolo, oppure( equivalente) di insieme ordinato, con la relazione di inclusione. E aduna sottofamiglia di P(X) che chiederemo alcune propriet di stabilit,al fine di costruire una struttura topologica su X.

    Definizione 0.1 [Topologia]: Una topologia sullinsieme X unasottofamiglia O P(X) tale che

    , X O; Se un insieme arbitrario che indicizza una successione 7 Adi elementi di O, si ha

    A O (stabilit per unioni arbitrarie);

    Se (An) una famiglia finita di elementi di O si ha nj=1Aj O(stabilit per intersezioni finite).

    Gli elementi di O si dicono aperti, e si dice che un aperto intorno diogni suo punto a A.Osservazione. Loperazione di complementazione induce su P(X) unantiautomorfismo di reticoli (dualit di De Morgan) che rende possibileuna definizione alternativa di topologia: si tratta di una sottofamigliaC P(X) tale che

    , X C; A O per ogni famiglia di indici (A); nj=1Aj O per ogni famiglia finita di indici (Aj)nj=1.

    Lequivalenza delle due definizioni facile da provare, alla luce dellasunnominata dualit di De Morgan.

    Una topologia su un insieme univocamente determinata dallasse-gnazione dei suoi aperti o dei suoi chiusi. Uno spazio topologico unacoppia (X,OX), dove OX una topologia su X. Dato un insieme X, lacollezione di tutte le topologie su X un insieme, parzialmente ordinatodalla relazione di finezza: O Q se Q se tutti gli aperti di O sonoaperti di Q.

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    Definizione 0.2 [Base]: Una base di una topologia un sottoinsiemeB della topologia O tale che ogni elemento di O sia unione arbitraria dielementi di B.

    Uno spazio topologico si dice a base numerabile se esiste una base Bdi O che un insieme di cardinalit numerabile.

    Definizione 0.3 [Funzione Continua]: Dati due spazi topologici (X,OX),(Y,OY ) ben nota

    1 la definizione di morfismo di spazi topologici (o fun-zione continua): f : X Y continua se per ogni aperto V OY si haf(V ) OX (la controimmagine di un aperto mediante f ancora unaperto).

    Spesso si scrive che f continua quando f(OY ) OX , con ovviosignificato della notazione.

    Definizione 0.4 [Topologia Indotta]: Dato uno spazio topologico(X,OX) e un sottoinsieme S X, si pu dotare naturalmente S di unatopologia OS = {S U | U OX}, fatta dalle tracce di aperti di X suS: la topologia cos ottenuta si dice topologia indotta da X su S.

    La topologia indotta da X su S la pi piccola che rende continuala funzione di inclusione : S X.Definizione 0.5 [Topologia Prodotto]: Consideriamo due spazi to-pologici (X,OX), (Y,OY ): il prodotto cartesiano XY pu essere dotatoin modo canonico di una struttura topologica, ponendo OXY = {AB |A OX , B OY }.

    Su XY vi sono delle ovvie mappe canoniche di proiezione X : XY X, Y : X Y Y , (x, y) 7 x, (x, y) 7 y: la topologia prodotto la topologia meno fine a rendere continue le proiezioni. Se f : X Y1Y2 una funzione, essa continua se e solo se lo sono le sue proiezioni2: devecommutare il diagramma

    X

    $$HHH

    HHHH

    HHH

    fzzvv

    vvvv

    vvvv

    Y1 Y1 Y21oo 2 // Y2

    (1)

    1Pur se a prima vista non molto naturale: a questo proposito. . .2Linsieme di questi fatti equivale a dire che il prodotto di spazi topologici cos

    definito un prodotto in Top, la categoria degli spazi topologici.

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    Non difficile osservare che, se f : X Y funzione tra spazi topologici,e tanto pi difficile per f essere continua quanto pi fine la topologiasullinsieme di arrivo, e tanto meno fine quella sullinsieme di parten-za. Non banale allora quando, raffinando la topologia su Y , f restacontinua: studiamo in particolare la topologia pi fine su Y che rendecontinua f .

    Definizione 0.6 [Topologia Quoziente]: La topologia quoziente suY rispetto a f : (X,OX) Y data da

    Of = {U Y | f(U) OX}

    E chiara la propriet di massimalit: se A unaltra topologia che rendef continua, Of la contiene.

    Esauriti questi preliminari (volti per lo pi a fissare le notazioni delseguito, anche se forse perderemo in fretta questa abitudine), partiamocon il discorso introduttivo principale.

    1 Teoria delle Superfici Reali.

    Raccogliamo alcune definizioni di partenza, e risultati di base, relativialla teoria delle superficie in R3.

    Definizione 1.1 [Superficie Regolare]: Un sottoinsieme S R3 sidice superficie regolare se, per ogni p S, esistono un intorno V R3 euna mappa () : U V S da un aperto U di R2 in V S (che, nellatopologia indotta su S, aperto) tale che

    1. () sia (infinitamente) differenziabile, ossia se scriviamo

    (u, v) = (x(u, v), y(u, v), z(u, v)),

    le funzioni x(), y(), z() : U R sono (infinitamente) differenzia-bili in U ;

    2. sia un omeomorfismo con limmagine (U);

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  • 5

    3. per ogni q U il differenziale dq : R2 R3 sia iniettivo. Ciequivale a chiedere che il rango dello jacobiano di (),

    rk

    xu xvyu yvzu zv

    sia uguale a 2. Ancora, equivalente chiedere che in ogni punto diU si abbia u v 6= 0.

    La mappa () si chiama parametrizzazione locale di S. Lintorno V Sdi p in S si chiama intorno coordinato.

    Si mostra che la definizione ben posta a meno di Cdiffeomorfismi,nel senso che se p S superficie regolare, e () : U S, () : V S,tali che p W = (U)(V ), allora la mappa = 1 : 1(W )1(W ) un diffeormorfismo.

    Funzioni differenziabili. Se f : V S R una funzione definitasu un aperto V di S, superficie regolare in R3, essa si dice differenzia-bile in p V se esiste una parametrizzazione locale : U R2 S,con p (U) V tale che la composizione f : U R2 R siadifferenziabile in (un intorno di) 1(p) U . La definizione ben posta(non dipende da ()), infatti presa unaltra parametrizzazione (), ilcambio di coordinate diffeomorfismo: f = f (che ancoraCdifferenziabile).

    Questa definizione si riesce a estendere facilmente al caso di una map-pa tra due superfici regolari: f : S1 S2 si dice differenziabile in p S1se esistono due parametrizzazioni 1 : U1 S1, 2 : U2 S2, con

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  • 6

    p 1(U1), f(1(U1)) 2(U2), tali che 12 f 1 : U1 U2 siadifferenziabile come usuale mappa di aperti in q = 11 (p). In sostanza,si impone la commutazione a

    S1f // S2

    U1

    1

    OO

    12f1

    // U2

    2

    OO (2)

    La mappa di aperti f = 12 f 1 si dice espressione locale di f .Due superfici regolari S1, S2 si dicono diffeomorfe se esiste una biie-

    zione differenziabile in entrambi i versi da S1 a S2.

    Piano tangente a S. Ricordando la condizione 3 di (1.1), data unasuperficie regolare S e una sua parametrizzazione () : U S ha sensodefinire il piano tangente in p a S come

    TpS := dq(R2)

    ove al solito q = 1(p). Data liniettivit di dq infatti TpS un pianoaffine in R3, ed facile mostrare che esso non dipende dalla parametriz-zazione scelta. Se p = (q) i due vettori {u(q), v(q)} formano unabase di TpS. La nozione di piano tangente intimamente connessa aquella di curva differenziabile con sostegno su S, nel senso che segue.

    Una curva : I R S si dice differenziabile in t0 se esisteuna parametrizzazione : U S tale che (t0) (U) e (t) =(u(t), v(t)), dove u(), v() : I R sono differenziabili in t0 (la fun-zione (t) = (u(t), v(t)) detta pullback di , ed definita in modo taleche = ).

    E facile mostrare che TpS coincide con linsieme dei vettori tangentiin p alle curve differenziabili tracciate su S e passanti per p: si ha infattiche

    (t0) = u(t0)u(q) + v(t0)v(q) TpS( il vettore di coordinate (u(t0), v(t0)) = (t0) nella base naturale indot-ta dalla parametrizzazione) e viceversa se w TpS si ha w = u(q) +v(q), ove q = (u0, v0), posto (t) = (u0+t, v0+t), si ha (0) = p,(0) = w.

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  • 7

    Differenziale di una applicazione tra superfici. Sia f : S1 S2unapplicazione differenziabile tra due superfici regolari. Sia p S1. Perquanto osservato sopra, ogni vettore w TpS1 il vettore tangente (t0)di una qualche curva differenziabile che ha sostegno su S, tale che(t0) = p. Se definiamo la curva (t) := f((t)), abbiamo (t0) = f(p) e(t0) Tf(p)S2. Potendosi mostrare che (t0) un vettore indipendentedalla scelta di , si definisce una mappa

    dfp : TpS1 Tf(p)S2dfp(w) = (t0) = df((t0))(t0) (3)

    Si mostra direttamente che tale mappa lineare: dfp() si dice differen-ziale di f in p.

    Osservazione. Siano S1, S2 superfici regolari, f : S1 S2, p S1, : U1 S1, : U2 S2 due parametrizzazioni locali di S1, S2 taliche (U1) p, (U2) f(p). Sia poi q = (q1, q2) tale che (q) = p, ef(u, v) lespressione locale di f . Allora dfp : TpS1 Tf(p)S2 ha matrice

    Jac f(q) =

    (uf1(q) vf1(q)

    uf2(q) vf2(q)

    )(4)

    nelle basi {u, v} su TpS1, {u, v} su Tf(p)S2.

    Prima forma fondamentale. La restrizione dellapplicazione bilinea-re standard (di matrice identica nella base canonica di R3) induce su ognipiano tangente un prodotto scalare denotato con | p. Questo induce asua volta in modo naturale una norma su TpS, definita da

    Ip(w) := w |wp = w2p (5)questa applicazione bilineare si dice prima forma fondamentale di S.

    La prima forma fondamentale ha una naturale espressione in coordi-nate locali: se : U S una parametrizzazione, e p varphi(U),p = (q), ogni w TpS combinazione lineare dei vettori di base{u(q), v(q)}: w = u(q) + v(q), pertantoIp(w) = u(q) + v(q) |u(q) + v(q)p == u(q) |u(q)2 + 2 u(q) |v(q)+ v(q) |v(q)2 :=

    := E2 + 2F+G2 (6)

    http://killingbuddha.altervista.org 7

  • 8

    dove E(u, v) = u(q) |u(q), F (u, v) = u(q) |v(q), G(u, v) =v(q) |v(q). Le funzioni (differenziabili al variare di p (U))E(), F (), G() sono i coefficienti metrici della prima forma fondamentaledi S. Si osservi che Ip(w) si pu anche esprimere come

    (

    )(E FF G

    )(

    ). (7)

    Notiamo che la matrice della prima forma fondamentale (che , per incisola matrice di Grahm del prodotto scalare canonico nella base naturale diTpS) definita positiva grazie alla disuguaglianza di CauchySchwarz.

    Lunghezze, Angoli, Aree. La prima forma fondamentale di S per-mette di calcolare, in modo intrinseco (cio senza far ricorso ad argomenticoinvolgenti limmersione di S in R3) la lunghezza di curve su S, langolotra due curve su S e di misurare larea di una regione di S:

    Prendiamo come al solito una parametrizzazione : U S, e sia(t) = ((t)) : [a, b] S ( = (u(t), v(t)) il pullback di )una curva differenziabile di estremi p1, p2 su S. La lunghezza di definita dal funzionale L : C(p) R (C(p) definito in-formalmente come linsieme delle curve differenziabili a supportocontenuto in S),

    L() = ba(t) dt;

    poich si ha (t) = uu+ vv abbiamo che

    L() = ba

    Eu2 + 2F uv +Gv2 dt. (8)

    Langolo tra due curve regolari in C(p), : I S, : J S,che si intersecano in t0 si definisce intuitivamente come langoloformato su TpS dai rispettivi vettori tangenti:

    cos =

    (t0) | (t0)

    p

    (t0)(t0)

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  • 9

    in particolare langolo tra due curve coordinate di una parametriz-zazione locale 3 dato da

    cosc =u |vu v =

    FEG

    Da ci segue immediatamente che una superficie ha curve coordi-nate tra loro ortogonali se e solo se F 0 (ossia se la matrice di Ipnella base naturale diagonale).

    Diciamo dominio su S un sottoinsieme D di S aperto e connessonella topologia indotta, tale che esista un omeomorfismo h : S1 D, differenziabile almeno a tratti. Se D un dominio su S, diremoregione di S la chiusura di D, D. Siamo ora interessati al calcolodellarea di una regione di S.

    Sia : U S una parametrizzazione di S, R (U) una regionedi S. Diciamo Q = (R): allora larea di R data (grazie ad unaformula analoga in Analisi Matematica e alla formula del cambiodi variabili: lintegrale si suppone alla Lebesgue per evitare fastidi)da

    (R) :=

    (R)u v dudv (9)

    e poich u v2 = u2 v2 u |v2, si ha anche

    (R) =

    Q

    EG F 2 dudv

    3Le curve coordinate sono definite come le curve in C (p) che hanno per pullbackuna delle rette coordinate u =cost., v =cost.

    http://killingbuddha.altervista.org 9

  • 10

    Il calcolo di lunghezze, angoli e aree si risolve dunque completamente tor-nando indietro (pullingback. . . ) allaperto coordinato che parametrizzaS.

    Seconda Forma Fondamentale. Sia S una superficie regolare, : U S una parametrizzazione locale. Per ogni p = (q) (U) il vettore

    N(p) :=u vu v (10)

    normale a TpS e di norma unitaria. Abbiamo allora una mappa dif-ferenziabile N: (U) R3 che associa ad ogni p (U) un versoreN(p).

    Se la superficie S ammette in ogni punto un campo di versori normali,e se tale campo vettoriale differenziabile su tutto il dominio, S si diceorientabile. La scelta di una orientazione su S la scelta di un tale campodifferenziabile. Esistono superfici non orientabili: quella di dimensioneminima il nastro di Mbius in R3.

    Definizione 1.2 [Mappa di Gauss]: Sia S una superficie dotata dello-rientazione N: questapplicazione, vista come N: S S2, si dice mappadi Gauss di S.

    Il differenziale dNp di N in p S lineare da TpS a TN(p)S2 =TpS (visto come piano parallelo), e quindi possiamo pensare che dNp End(TpS). Si mostra direttamente che dNp autoaggiunto: ossia

    dNp(x) |yp = x |dNp(y)p , x, y TpS

    Definizione 1.3 [Seconda Forma Fondamentale]: La seconda for-ma fondamentale IIp in TpS definita da

    IIp(w,w) := dNp(w) |w , w TpS (11)Anche la seconda forma fondamentale di S ha unespressione in coor-

    dinate locali: se una parametrizzazione di S abbiamo

    IIp(u, u) = dNp(u) |u = uN |u = N |uuIIp(u, v) = dNp(u) |v = uN |v = N |uvIIp(v, u) = dNp(v) |v = vN |v = N |vv

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  • 11

    Se allora poniamo e = N |uu, f = N |uv, g = N |vv, ottenia-mo i coefficienti metrici della seconda forma fondamentale di S (rispettoalla base naturale su TpS).

    Particolare importanza acquistano gli invarianti di similitudine didNp: definiamo allora

    Definizione 1.4 [Curvatura Media, Curvatura Gaussiana]: Siap S superficie regolare, dNp : TpS TpS il differenziale della mappadi Gauss. Si definiscono la curvatura gaussiana K e la curvatura mediaH come

    K(p) := det dNp H(p) := 12tr dNp

    Le curvature di S si scrivono in funzione dei coefficienti metrici dellaprima e seconda forma fondamentale di S:

    K =eg f 2EG F 2 H =

    1

    2

    eG 2fF + EgEG F 2

    Si ha per un risultato non banale, dovuto a Gauss:

    Teorema 1.1 [Egregium di Gauss]: La curvatura gaussiana di S intrinseca, si esprime cio in funzione dei coefficienti metrici della solaprima forma fondamentale, e delle loro derivate prime e seconde4.

    Dimostrazione. Per brevit cominceremo ad indicare w = w. Se S una superficie liscia con una carta (U, ), la terna {u, v,N} in ognipunto una base di R3: dunque le derivate dei vettori del riferimento sidevono poter esprimere come combinazioni lineari dei vettori del riferi-mento stesso: supponiamo S R3 e N = uv

    uv, e cambiamo notazioni

    intendendo (u, v) = (u1, u2) e con j la derivata rispetto a uj. Alloradevono esistere delle funzioni hij , ij, ij C(U) tali che

    2

    xixj= 1ij1 +

    2ij2 + ijN

    (N )xj

    = 1j1 + 2j2

    ()

    4Vale la pena di riportare il testo come enunciato dallo stesso Gauss nelle Di-squisitiones generales circa superficies curvas: Formula itaque [. . . ] sponte perdu-cit ad egregium theorema: si superficies curva in quamcumque aliam superficiemexplicantur, mensura curvaturae in singulis punctis invariata manet.

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  • 12

    in particolare le ij devono coincidere con le entrate della matrice dellap-plicazione di Weingarten, e le ij sono i coefficienti della seconda formafondamentale. Le funzioni kij : U R sono dette coefficienti di Christof-fel della carta : grazie alla regola di Schwarz per le derivate di ordinesuperiore al primo ne otteniamo la simmetria rispetto agli indici in basso.

    Lemma 1.1 : Sia S R3 una superficie liscia e sia : U S una suacarta. Per ogni i, j = 1, 2 si ha(

    1ij2ij

    )=

    1

    2

    (g11 g12g21 g22

    )1gj1ui + gi1uj giju1gj2ui

    + gi2uj

    giju2

    ove con gij si sono indicate le entrate della prima forma fondamentale:E = g11, F = g12 = g21, G = g22. Esplicitando queste relazioni con lenotazioni di Gauss si ha(

    111211

    )=

    (E FF G

    )1( 12Eu1

    Fu1

    12Eu2

    )(112212

    )=

    (E FF G

    )1(12Eu2

    12Gu1

    )(122222

    )=

    (E FF G

    )1( Fu2

    12Gu1

    12Gu2

    )(12)

    La dimostrazione si ottiene moltiplicando scalarmente le () per 1, 2:ad esempio se fissiamo i = j = 1 otteniamoE111 + F

    211 = 11 |1 =

    1

    2

    u11 |1 = 1

    2

    E

    u1

    F111 +G211 = 11 |2 =

    u11 |2 1 |12 = F

    u1 1

    2

    E

    u2

    In maniera analoga si giunge a determinare le altre.

    Corollario. I coefficienti di Christoffel si riescono ad esprimere comequantit relate ai soli coefficienti metrici gij e alle loro derivate del primoe secondo ordine. Risulta allora immediato che ogni altra quantit che siriesca a scrivere con i soli simboli di Christoffel intrinseca alla superficie.Proprio questa sar la strada che seguiremo, mostrando che i coefficientidella seconda forma fondamentale si riescono a scrivere con i coefficientidi Christoffel.

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  • 13

    Teorema 1.2 [GaussCodazziMainardi]: Sia S R3 una superfi-cie liscia, (U, ) una sua carta, allora vale

    1122 212 =2

    r=1

    g1r

    [r22u1

    r21

    u2+

    2m=1

    (m22rm1 m21rm2)

    ](G)

    12u1

    11u2

    +2

    r=1

    (r12r1 r11r2) = 0 (CM1)

    22u1

    21u2

    +2

    r=1

    (r22r1 r21r2) = 0 (CM2)

    La dimostrazione procede derivando le () rispetto a uk:

    ijk =1ijuk

    1 + 1ij1k +

    2ijuk

    2 + 2ij2k +

    ijuk

    N+ ijNk

    che per le stesse () uguale a

    ijk =1ijuk

    1 + 1ij(

    11k1 +

    21k2 + 1kN) +

    2ijuk

    2 + 2ij(

    11k1 +

    21k2 + 2kN)+

    +ijuk

    N ij(1k1 + 2k2) =[ijuk

    + 1ij11k +

    2ij

    12k ij1k

    ]1+

    +

    [1ijuk

    + 1ij21k +

    2ij

    22k ij2k

    ]2 +

    [1ij1k +

    2ij2k +

    ijuk

    ]N

    ora scambiando j e k otteniamo

    ikj =

    [ikuj

    + 1ik11j +

    2ik

    12j ik1j

    ]1+

    [1ikuj

    + 1ik21j +

    2ik

    22j ik2j

    ]2+

    +

    [1ik1j +

    2ik2j +

    ikuj

    ]N

    e invocando il teorema di Schwarz gi usato prima, abbiamo che i coeffi-cienti di ijk e ikj devono essere funzionalmente coincidenti. Ma allora

    http://killingbuddha.altervista.org 13

  • 14

    otteniamo tre uguaglianze

    ijuk

    + 1ij11k +

    2ij

    12k ij1k =

    ikuj

    + 1ik11j +

    2ik

    12j ik1j

    1ijuk

    + 1ij21k +

    2ij

    22k ij2k =

    1ikuj

    + 1ik21j +

    2ik

    22j ik2j

    1ijuk

    + 1ij21k +

    2ij

    22k ij2k =1ik1j + 2ik2j +

    ikuj

    riordinando i termini dellultima, si ottengono le relazioni di CodazziMainardi scritte in (CM). Le altre due, con manipolazioni simili, porgono

    2211 1212 =122

    u1

    121

    u2+

    2m=1

    (m221m1 m211m2)

    2221 2122 =222

    u1

    221

    u2+

    2m=1

    (m222m1 m212m2)

    se ora definiamo

    Tr =r22u1

    r21

    u2+

    2m=1

    (m22rm1 m21rm2)

    abbiamo la forma matriciale(11 1221 22

    )(2221

    )=

    (T1T2

    )

    cio (11 1221 22

    )(2221

    )=

    (g11 g12g21 g22

    )(T1T2

    )

    ricordando la relazione tra le matrici delle forme fondamentali e quelladellapplicazione di Weingarten. Poi, prendendo la prima entrata, siottengono le relazioni di (G). A questo punto segue la tesi originaria,

    perch K =1122212g11g22g212

    , e il numeratore det IIp si pu esprimere con i soli

    coefficienti di Christoffel.

    14 http://killingbuddha.altervista.org

  • 15

    Osservazione (Formula di Brioschi per il calcolo diK). Vale la relazioneesplicita

    K =1

    (EG F 2)2[(Fuv 1

    2Evv 1

    2Guu det

    (E FF G

    )+

    +det

    012Eu Fu 12Ev

    Fv 12Gu E E12Gv F G

    det 0

    12Ev

    12Gu

    12Ev E F

    12Gu F G

    (13)

    Dimostrazione. E un conto diretto (parecchio tedioso).

    2 Superfici Astratte

    Se U, Vap Rn nota la definizione di applicazione Ck(U, V ). Sono di

    facile dimostrazione i risultati seguenti:

    Se F : U Rm di classe Ck, ogni sua restrizione a V U ,F |V : V Rm resta di classe Ck. In particolare lidentit di Rn ins di classe C, e dunque tutte le inclusioni S : S Rn sono diclasse C.

    La composizione di applicazioni Ch,Ck una applicazione di classeCmin(h,k).

    Un diffeomorfismo di classe Ck una biiezione F : U V ove U, V ap Rntale che sia F sia la sua inversa siano di classe Ck.

    Questa nozione si estende naturalmente al caso in cui F : X Y siauna generica funzione di insiemi: se X Rn

    F : X Rm si dice di classe Ck se per ogni x X esistono unintorno aperto Ux di x e una mappa tra aperti x : Ux Rm chesia Ck nel senso usuale.

    se X, Y Rm, F : X Y si dice Ck se la composizione di F conlinclusione canonica di classe Ck nel senso sopra detto.

    F : X Y si dir diffeomorfismo di classe Ck se biiettiva e diclasse Ck in entrambi i versi.

    http://killingbuddha.altervista.org 15

  • 16

    Composizione/restrizione di applicazioni Ck Ck.Definizione 2.1 [Carta Locale]: Sia (X,OX) uno spazio topologicodi Hausdorff a base numerabile. Una carta locale o nsistema di coor-dinate locali una coppia (U, U) ove U un aperto di X e U unomeomorfismo da U in un aperto di Rn. Due carte (U, U), (V, V )sidicono differenzialmente Ckcompatibili se la funzione

    V 1u : U(U V ) V (U V )

    un diffeomorfismo di classe Ck.Le funzioni componenti di una carta U(p) = (x

    1(p), . . . , xn(p)) sidicono coordinate locali in U . Talvolta U si dir aperto coordinatizzatoda U .

    Osservazione. Ovviamente se due carte sono Ckcompatibili sono ancheChcompatibili per ogni h k.Definizione 2.2 : La funzione V 1U si dice mappa di transizione dallecoordinate di U a quelle di V . Quel che si chiede a due carte compatibili di essere uguali a meno di un diffeomorfismo di classe Ck.

    Definizione 2.3 [Atlante]: Un natlante differenziabile di classe Ck

    nello spazio topologico X una famiglia fi ncarte locali {(U, )}tale che U = {U} sia un ricoprimento di X e che le carte locali sianotutte a due a due differenzialmente Ck compatibili.

    Definizione 2.4 [Variet differenziale di classe Ck]: Una varietdifferenziale di classe Ck uno spazio topologico di Hausdorff (X,OX)a base numerabile dotato di un natlante differenziabile di classe Ck.Si dice anche che tale atlante definisce su X una struttura di varietdifferenziabile di classe Ck.

    La dimensione della variet la dimensione di un qualunque apertonel quale una carta mappa aperti della variet X. Tale nozione benposta perch se (U, ), (V, ) sono due carte la mappa di transizione undiffeomorfismo tra aperti dello stesso Rn e dunque conserva la dimensione:la funzione x 7 dimxX che manda x nella dimensione di X in un intornodi x costante su ogni componente connessa di X (e dunque su tutto Xse ci limitiamo a studiare variet connesse).

    16 http://killingbuddha.altervista.org

  • 17

    Osservazione. Da ora in poi differenziabile e di classe C diventanosinonimi: le diversit col caso Ck sono minime, e costituiscono un facileesercizio di interpolazione vigile.

    Definizione 2.5 [Atlanti Equivalenti]: Due atlanti {(U, )},{(V, )}M si dicono equivalenti se la loro unione

    {(U, V;, )}(,)M

    ancora un atlante differenziabile. Equivalentemente due atlanti sonoequivalenti se ciascuna carta delluno differenzialmente compatibile conciascuna carta dellaltro. Lunione di tutti gli natlanti equivalenti di unavariet data si dice il suo atlante massimale.

    Facciamo alcuni esempi:

    1. Rn stesso una variet differenziabile di dimensione n: un suoatlante dato dallunica carta (Rn, id).

    2. Ogni Uap Rn una variet differenziabile di dimensione n: un suo

    atlante dato dallunica carta (U, ), ove linclusione canonicaid |U .

    3. Pi in generale ogni aperto di X nella topologia indotta dallam-biente una variet differenziabile della stessa dimensione. Se{(U, )} un atlante di X, un atlante della sottovariet S X dato da

    {(U S, |US)}Sove S = { | U S 6= }.

    4. Ogni sottoinsieme D discreto in uno spazio topologico X una va-riet di dimensione 0, e ha come atlante la famiglia {({pi}, i)}iI ,ove {pi}i una enumerazione degli elementi di D e i : {pi} {0}manda pi in 0.

    Limportanza della definizione data la possibilit di estendere glistrumenti del Calcolo a funzioni tra sottoinsiemi qualunque (purch ab-bastanza regolari) dei vari spazi euclidei.

    http://killingbuddha.altervista.org 17

  • 18

    Definizione 2.6 [Variet Diffeomorfe Morfismo di Variet]:Siano X, Y due variet differenziabile di dimensioni n,m. Una appli-cazione F : X Y si dice differenziabile o morfismo di variet se neldiagramma commutativo

    Rn // Rm

    X U

    OO

    F // Y V

    OO

    lapplicazione F1 differenziabile come mappa di aperti usuali. Setale funzione un diffeomorfismo, F , F1 sono diffeomorfismi di variet.

    Alcune costruzioni che generalizzano le definizioni appena date:

    Se {M}B una famiglia di variet differenziabile, lunione di-sgiunta

    BM ha una naturale struttura di variet differenziabile

    indotta dallatlanteA =

    B

    A

    ove gli A sono atlanti degli M .

    Se M,N sono variet differenziabile possiamo porre sul prodottocartesiano M N una naturale struttura di variet differenziabile.Siano {(U, )} e {(V, )} atlanti di M ed N rispettivamente.Allora un atlante di M N definito da

    {(U V, )}

    ove : UV Rm+n manda (p, q) UV in (p), (q))(con questa definizione di prodotto, se (U , U), (V

    ;V ) sono car-te locali su X, Y diverse da (U, U), (V ;V ) esse sono compatibili).

    Sia M una variet differenziabile, e G un gruppo che agisce suM in modo liscio (cio per ogni g G la mappa m 7 g m differenziabile), propriamente discontinuo e senza punti fissi (i.e.per ogni m M esiste un intorno aperto A di m tale che (g A) A 6= = g = idG, tale aperto viene detto aperto buono).Allora il quoziente dato dallinsieme delle orbite sotto lazione diG ha una naturale struttura di variet differenziabile: un atlante

    18 http://killingbuddha.altervista.org

  • 19

    di X = M/G dato da tutte le carte del tipo ((U), U |1U ) alvariare di U tra gli aperti buoni ( la proiezione sul quoziente).

    Per mostrare ci bisogna mostrare che nel diagramma

    M/Gid

    M/G

    U

    |U

    OO

    V

    |V

    OO

    |1U|Voo

    Rm Rmoo

    lapplicazione |1U |V 1. ove (U, ), (V, ) sono due cartedate, differenziabile. A sua volta ci equivale a mostrare che|1U |V differenziabile. Se u U , v V sono tali che |1U |V (v) = u, cio |V (v) = |U(u), allora u [v], cio esiste g Gtale che u = g v. Per continuit dellazione di gruppo esiste tuttoun intornoW di v tale che gW U , e |1U |V (W ) U . Per ognialtro w W si ha (gw) = (w) = |U(|1U |V (w)), ed essendo|U biiettiva, in particolare iniettiva, su W si ha |1U |V g #,moltiplicazione per g, liscia per ipotesi.

    Definizione 2.7 [Superficie]: Uno spazio topologico X tale che per

    ogni x X esiste U ap X, intorno di x che sia omeomorfo a un aperto diR2 si dice superficie.

    Definizione 2.8 : S Rn si dice superficie se per ogni p S esistonoU

    ap R2, V ap Rn e un omeomorfismo f : U S V . Lapplicazione f sidice carta locale o parametrizzazione di S.

    La definizione di atlante la stessa: una famiglia di carte {(U, f)}tale che U = {U} sia un ricoprimento aperto di S e tale che tutte lecarte siano a due a due differenzialmente compatibili (cio

    f1 f : f(U U) f(U U) un diffeomorfismo.

    Alcuni esempi geometrici

    http://killingbuddha.altervista.org 19

  • 20

    1. Un piano affine R3 generato da due vettori linearmente in-dipendenti a, b, che possiamo senza perdita di generalit supporreortogonali e di norma unitaria,e passa per un dato punto p0. Allora si parametrizza con ununica carta (R2, f), ove

    f : (u, v) 7 p0 + ua + vb

    linversa si scrive facilmente come g : p 7 ((pp0) a, (pp0) b).Inoltre f, g sono continue, dunque omeomorfismi.

    Osservazione. Componendo queste stesse mappe con linclusionecanonica, si trova che ogni U una superficie omeomorfa alpiano su cui vive.

    2. La sfera S2 = {x R3 | x x = 1}. Ne offriamo diverse parame-trizzazioni:

    Parametrizzazione geografica: presi due angoli (, ) (lon-gitudine e latitudine), costruiamo la carta

    f(, ) =(cos coscos sin

    sin

    )

    che manda diffeomorficamente]

    2, 2

    []0, 2[ in S2\{(x, y, z)

    R3 | x 0, y = 0}. Una seconda carta si ottiene dalla primacon la composizione di due rotazioni (quindi resta diffeomor-fismo), una di attorno allasse z e una di /2 attorno ax:

    g(, ) = Rx/2 Rz f(, ) =(cos cos sin

    cos sin

    ) Parametrizzazione cartesiana Esplicitando la terza varia-

    bile in funzione delle altre due si ha z = 1 x2 y2, duecarte che parametrizzano S2 \ {z = 0}: allo stesso modo espli-citando x(y, z) e y(x, z) si ottengono altre 4 carte con cuiricoprire tutta S2.

    Parametrizzazione stereografica: diamo una parametriz-zazione per la generica Sn Rn+1. Lidea considerare

    20 http://killingbuddha.altervista.org

  • 21

    Sn \ {N, S}, ove N = en+1, S = en+1 sono i due poli della

    sfera, e definire le due funzioni

    N : Sn \ {N} Rn

    S : Sn \ {S} Rn (14)

    definite da N(P ) = (N P ) {xn+1 = 0}, S(P ) = (S P ) {xn+1 = 0}. Prendiamo N : la retta N P quella diequazione parametrica (tx, 1+ t(xn+11)): deve essere allora1 + t(xn+1 1) = 0, che implica t = 11xn+1 . Allora

    N(x, xn+1) =x

    1 xn+1Rn+1 (x, 0)

    1 xn+1le componenti di (P ) sono funzioni razionali delle coordinatedi (x, xn+1), dunque continue nel loro dominio. Linversa diN la funzione che manda P

    = x in (N P ) S2: si haN P = (tx, (1 t)) S2 t2x x 2t+ t2 = 0

    cio t = 21+xx

    : allora

    1N (P) =

    (2x

    1 + x x ,x x 11 + x x

    )funzione visibilmente differenziabile per ogni x Rn. Si notiche N(N) = n, nel senso che questa mappa induce unacompattificazione (detta di Alexandrov) di Rn. Considerazionianaloghe portano a scrivere S(x, xn+1) =

    x

    1+xn+1e

    1S (P) =

    (2x

    1+xx, 1xx1+xx

    )

    http://killingbuddha.altervista.org 21

  • 22

    Osservazione. Si possono dare carte geografiche e cartesiane perla sfera Sn := {x Rn+1 | x x = 1}?

    Osservazione (La sfera come superficie di Riemann). IdentifichiamoR2 e C con lisomorfismo usuale : (x, y) 7 x + iy. Allora possiamointerpretare le mappe N , S come applicazioni da S

    2 \ {N}, S2 \ {S} inC, ponendo

    N(p) =p1

    1 p3 + ip2

    1 p3 S(p) =p1

    1 + p3+ i

    p21 + p3

    Si trova subito che linversa di N

    1N (z) =1

    1 + |z|2(2Rez, 2 Imz, |z|2 1

    )e se : C C il coniugio, e poniamo = S si ha

    1(z) =1

    1 + |z|2(2Rez,2 Imz, 1 |z|2

    )E allora facile osservare che la composizione N 1 un biolomorfismo(involutorio) di C \ {0} in s:

    (z) =z

    |z|2 =1

    z.

    Da ci segue che S2 una variet complessa di dimensione (complessa)1, ossia una superficie di Riemann: prende il nome di sfera di Riemann(la costruzione classica del biolomorfismo si trova, tra le altre in [1]).

    Tori reali. Consideriamo lazione libera e propriamente discontinua,senza punti fissi, di Z2 su R2. Linsieme delle orbite rispetto a questaazione pu essere dotato della topologia quoziente, di modo che : R2 R2/Z2 =: T2 sia continua.

    Notiamo che una mappa aperta: se A R2 aperto si ha infatti((A)) =

    Z2

    ( + A)

    e poich + A aperto per ogni , la tesi segue. Costruiamo ora su T2

    una struttura di variet differenziabile reale: sia > 0 tale che > 2

    22 http://killingbuddha.altervista.org

  • 23

    per ogni Z2 \ {(0, 0)}. Sia p T2, p = (x) per qualche x = ( x1x2 ).Sia poi D(x, ) il disco aperto di centro x e raggio .

    |D(x,) iniettiva, continua e aperta, dunque un omeomorfismo sul-limmagine. Se poniamo U = |D(x,)(D(x, )), = |1D(x,), allora (U, ) una carta locale attorno a p. Sia ora p U1U2, U1 = |D(x1,)(D(x1, )),U2 = |D(x2,)(D(x2, )). Se poniamo T (x) = (2 11 )(x), abbiamoT (x) = 2((x)), da cui (T (x)) = (x), per ogni x 1(U1 U2). Daci segue che

    T (x) = x+ (x), (x) Z2

    Ma ora, : 1(U1U2) Z2 continua su un discreto, dunque costante.Pertanto i cambi di coordinate T sono traslazioni, in particolare sonodifferenziabili.

    Osservazione. T2 si dice toro reale di dimensione 2. Come mostrareche compatto?

    Germi di funzioni. Sia C(p, S) lanello delle funzioni differenziabiliin un intorno di p S. Diciamo che f, g hanno lo stesso germe in p seesiste un intorno V di p dove f g. Questa relazione unequivalenza(verifica diretta). Indichiamo con [f ] la classe di equivalenza di f inC(p) = C(p, S)/: possibile dotare questo quoziente di una naturalestruttura di Ralgebra, ponendo

    [f ] + [g] = [f + g]

    [f ] = [f ]

    [f ][g] = [fg].

    Definizione 2.9 [Anello Differenziale, Derivazione]: Un anellodifferenziale (commutativo) un anello unitario (R,+, ) dotato di unaoperazione : R R lineare e Leibniz:

    (a + b) = (a) + (b)

    (a b) = (a) b+ a (b)

    Lapplicazione : R R si dice Rderivazione.In quanto segue per una derivazione sar una applicazione v : C(p)

    R che sia lineare e Leibniz (si pu aggirare lostacolo mostrando che. . . ?).

    http://killingbuddha.altervista.org 23

  • 24

    Se a questo punto definiamo come vettore tangente in p a S una deriva-zione di C(p), e con TpS linsieme di tutti i vettori tangenti siffat-ti, TpS acquista naturalmente struttura di spazio vettoriale, in quantosottospazio del duale di C(p).

    Notiamo che se v TpS esiste una curva differenziabile con supportosu S tale che (t0) = v. Allora se poniamo

    v([f ]) :=df((t))

    dt|t=t0

    si ottiene effettivamente una Rderivazione di C(p).

    3 Strutture Riemanniane

    Definizione 3.1 : Sia S una superficie astratta. Una metrica (o strut-tura) riemanniana su S una corrispondenza p 7 | p che associa adogni punto p S un prodotto scalare su TpS, che dipende differenziabil-mente da p nel senso che segue: se (U, ) una carta locale attorno a pe 1|q, 2|q sono i campi coordinati, allora le funzioni

    gij(p) = i |jsono differenziabili in U : g (che come notato prima la matrice di Grahmdel prodotto scalare nella base naturale di TpS, dunque definita positi-va in ogni punto di U) in modo naturale assimilabile a un tensoresimmetrico di rango 2, dato che si pu scrivere v = v11 + v22,w = w11+ w22 e

    g(v,w)(p) =2

    i,j=1

    viwjgij(p)

    Una superficie geometrica sar invece il dato di una superficie astrattaS e di una struttura riemanniana su S.

    E chiaro che questa condizione non dipende dalla carta . Denote-remo una struttura riemanniana su S con | o indifferentemente cong. Questa nozione permette di definire, analogamente a quanto visto perle superfici reali, la lunghezza di un arco di curva su S e la distanza tradue punti su S (concetto per pi delicato).

    L() = ba

    (t) | (t)(t) dt d : S S R, (p, q) 7 infL()

    24 http://killingbuddha.altervista.org

  • 25

    ove linsieme degli archi di curva differenziabili almeno a tratti cheuniscono p a q.

    Definizione 3.2 [Isometria]: Siano (S1, gi), (S2, g2) due superfici geo-metriche. Un diffeomorfismo F : S1 S2 si dice isometria se vale

    g2(dFp(v), dFp(w))(F (p)) = g1(v, w)(p) (15)

    per ogni v, w TpS e per ogni p S1. Si dice invece isometria locale in puna F : S1 S2 tale che esiste U intorno di p in S1 tale che F : U F (U)sia un diffeomorfismo che verifica la (15).

    Diamo alcuni esempi di superfici geometriche.

    Se S il piano reale R2, con lunica carta (R2, id), abbiamogij(p) = i id |j id = ij

    g() definisce allora la struttura euclidea standard su R2. Sulla sfera S2 con le carte stereografiche, chiamiamo x = (x1, x2)le coordinate locali nella carta N e y = (y1, y2) quelle nella cartaS. Definiamo

    gx,11(p) =4

    (1 + x21 + x22)2= gx,22(p)

    gx,12(p) = 0 = gx,21(p)

    gy,11(p) =4

    (1 + y21 + y22)

    2= gy,22(p)

    gy,12(p) = 0 = gy,21(p)

    Non difficile controllare che le gx,ij, gy,hk definiscono una strutturariemanniana su S2: basta notare che lo jacobiano della mappa ditransizione N 1S

    Jac(d(N 1S ))(u, v) =1

    (u2 + v2)2

    (u2 + v2 2uv2uv u2 v2

    )(16)

    e che tra le gx,hk, gy,ij sussiste la relazione

    gy,ij =2

    h,k=1

    xhyi

    xkyj

    gx,ij,

    http://killingbuddha.altervista.org 25

  • 26

    ossia gy = JtgxJ , ove J = Jac(d(N1S )). La metrica cos definita

    su R2 si dice stereografica. Essa dotata di alcune interessantipropriet geometriche: osserviamo anzitutto che le antimmaginidi meridiani sulla sfera sono semirette uscenti dallorigine in R2.E ragionevole allora che la loro lunghezza, rispetto alla metricastereografica sul piano sia . E infatti se (t) = (at, bt) abbiamo

    L(f((t)) = L() = +0

    I() dt =

    +0

    2

    1 + t2dt =

    Con un identico ragionamento sui pullback la lunghezza stereo-grafica dei paralleli parametrizzati da (t) = f(r cos t, r sin t)

    L() = 20

    2r

    1 + r2dt =

    4r

    1 + r2.

    Il fatto che L()r 0 in accordo col fatto intuitivo per cui la

    lunghezza stereografica delle circonferenze, allaumentare del rag-gio, diventa sempre pi piccola.

    Altra propriet interessante che la metrica stereografica confor-me (ossia rispetta gli angoli). Ci segue dal fatto che langolo tradue vettori di R2 calcolato rispetto alla metrica euclidea e rispettoalla metrica stereografica lo stesso.

    (Semipiano di Poincar Piano iperbolico). Sia

    S = R R>0 ={( xy ) R2 | y > 0

    };

    S un aperto del piano reale e quindi banalmente una superficieastratta (con lunica carta data dallinclusione canonica). Definia-mo

    g11(x, y) =1

    y2= g22(x, y)

    g12 = 0 = g21

    Le gij definiscono su S una struttura riemanniana. Denotiamo daora S con H (mediante la consuetudine classica). La superficiegeometrica (H, g) si dice semipiano di Poincar. Un conto diretto(usando (13)) mostra che KH = 1.

    26 http://killingbuddha.altervista.org

  • 27

    Si visto che il piano e la sfera hanno una struttura (pi o menonascosta) di superfici di Riemann: possiamo notare infatti che H ={z C | Imz > 0}, e pensare H come aperto di C, variet didimensione complessa 1. Sia ora

    = {z C | |z| < 1}

    il disco di raggio 1 nel piano di Gauss. Definiamo la metrica

    g(u, v) =4

    (1 u2 v2)2 I

    per ogni z = u+iv . La metrica riemanniana cos definita pren-de il nome di metrica iperbolica, e la superficie geometrica (, g) sidice disco iperbolico. E da notare che la mappa

    f : C C z 7 z iz + i

    un biolomorfismo tra H e (si mostra anche, direttamente, chef : (H, g) (, g) una isometria).

    Strutture Complesse su Superfici. Definiamo loperatore di LaplaceBeltrami sulla superficie geometrica (S, g) come lanalogo del laplacianoche gi si conosce dalla teoria degli operatori differenziali vettoriali: lf = div grad f , e qui, se f una funzione differenziabile in un intornodi p S,

    f = 1|g|

    2i,j=1

    xi

    (|g|gij f

    xj

    ), (17)

    dove |g| = | det g|, e gij la componente ij della matrice inversa di g. Lacondizione di armonicit per f allora

    f = 0 = x1

    2j=1

    g1jf

    xj

    + x2

    2j=1

    g2jf

    xj

    = 0 (18)Se poniamo

    1 = |g|

    2j=1

    g2jf

    xj2 =

    |g|

    2j=1

    g1jf

    xj

    http://killingbuddha.altervista.org 27

  • 28

    la condizione (18) diventa 1x1

    1x2

    = 0, che si traduce nella chiusuradella forma differenziale = 1dx1 + 2dx2.

    Supponiamo ora di avere una soluzione allequazione f = 0 in unintorno convesso U di p S, tale che dfp 6= 0. Poich U convesso e ivi chiusa, anche esatta, ossia esiste una h tale che = dh su U . Se in

    h

    x1=

    |g|

    2j=1

    g2jf

    xj(19)

    h

    x2=|g|

    2j=1

    g1jf

    xj(20)

    esplicitiamo fx1

    , fx2

    troviamo

    f

    x1=|g|(g22

    h

    x2+ g12

    h

    x1

    )(21)

    f

    x2=

    |g|(g21

    h

    x2+ g11

    h

    x1

    )(22)

    Ora, dalle (19,20) otteniamo

    f

    x1

    h

    x2 fx2

    h

    x1=|g|

    2i,j=1

    gijf

    xi

    f

    xj

    Notiamo che2

    i,j=1 gij fxi

    fxj

    il prodotto scalare indotto da g sul duale

    del piano tangente a S. Pertanto lequazione precedente diventa

    f

    x1

    h

    x2 fx2

    h

    x1=|g| df |df .

    Allo stesso modo da (21,22) si trovano le

    f

    x1

    h

    x2 fx2

    h

    x1=|g| dh |dh

    0 =h

    x2

    h

    x1 hx1

    h

    x2=|g| df |dh

    Quindi su U si hanno le identit dh |dh = df |df e df |dh = 0.Poich dfp 6= 0 possiamo assumere (a meno di restringere U) che df siadiverso da zero su U . Pertanto

    df |df = dh |dh > 0, df |dh = 0

    28 http://killingbuddha.altervista.org

  • 29

    Poniamo y1 = f(x1, x2)y2 = h(x1, x2) ;le (y1, y2) definiscono coordinate locali su U , e si dicono coordinate iso-terme. Infatti

    det

    (y1x1

    y1x2

    y2x1

    y2x2

    )= det

    (fx1

    fx2

    hx1

    hx2

    )=|g| df |df > 0

    Come si esprime la metrica g in queste coordinate? Non difficile trovareche si ha

    g11y = df |df = g22y , g12y = g21y = 0e ricordando che gij la componente ij della matrice inversa di g, otte-niamo che su U g ha unespressione del tipo (y)I, ove (y) = df |df1,che compatibile con il cambio di coordinate: se in U ci sono coordinate(y1, y

    2) si ha

    g =

    ((y) 00 (y)

    )=

    y1y1 y1y2y

    2

    y1

    y2

    y2

    t ((y) 00 (y)

    )y1y1 y1y2y

    2

    y1

    y2

    y2

    = J tgJse J = Jac , con mappa di transizione tra due carte nellintersezionedei domin. Esplicitando le relazioni nascoste nel prodotto di matrici lsopra si ottiene (y1

    y1

    )2+

    (y2y1

    )2(y) = (y)(y1

    y2

    )2+

    (y2y2

    )2(y) = (y)y1y1

    y1y2

    +y2y1

    y2y2

    = 0 (23)

    ossia in ogni punto di U deve valere una (e una sola) tra le relazioniseguenti

    y1

    y1=

    y2

    y2y

    1

    y2= y2

    y1

    y

    1

    y1= y2

    y2y

    1

    y2=

    y2

    y1

    http://killingbuddha.altervista.org 29

  • 30

    che sono equivalenti alle relazioni di (anti)olomorfia per . Da ultimo,si usa un argomento di connessione per mostrare che in U solo una delleprecedenti relazioni pu sussistere. In conclusione si ha il

    Teorema 3.1 : Ogni punto di una superficie geometrica (S, g) ha unintorno in cui esistono coordinate isoterme. Il legame tra due sistemidi coordinate isoterme su uno stesso intorno espresso da una funzioneolomorfa o antiolomorfa.

    Corollario. Su ogni superficie geometrica orientabile (S, g) esiste unastruttura di superficie di Riemann (cfr. [4] per una prova).

    A Costruzione di T (V )

    Nel seguito, ogni spazio vettoriale di dimensione finita sul (su un)corpo K. Definiamo come spazio duale di V lo spazio vettoriale delleapplicazioni lineari da V su K: si scrive V := Hom(V,K).

    La dimensione (su K) di V

    dimK V = dimKHom(V,K) = dimK V dimK K = dimK V

    Fissata una base V = {v1, . . . , vn} di V , una base di V fatta da{v1, . . . , vn}, ove vj : V K definita da vj (vi) = ij , intendendo ijcome il simbolo di Kronecker.

    Lo spazio V (non canonicamente) isomorfo al suo duale, mediantela mappa che manda u =

    ni=1 ivi in u

    =n

    i=1 ivi .

    Definizione A.1 [Applicazione Bilineare]: Siano U, V spazi vetto-riali di dimensione finita su K, in particolare sia dimK U = m, dimK V =n. Una applicazione bilineare tra U e V una applicazione g : UV Kche sia lineare in ciascuna delle due variabili. Linsieme Bil(U V,K)delle applicazioni bilineari da U V in K uno spazio vettoriale didimensione finita su K e vale

    dimKBil(U V,K) = dimK U dimK V = mnUna sua base costituita dallinsieme delle applicazioni ij definite da

    ij(ur, vs) =

    1 se (i, j) = (r, s)0 altrimenti30 http://killingbuddha.altervista.org

  • 31

    Una applicazione bilineare non degenere tra V e il suo duale si dicedualit: lapplicazione bilineare

    : V V K(v, ) 7 v = (v) K

    non degenere: essa si dice dualit canonica tra V e V . Fissato un vetto-re v V , essa si fattorizza come v = (v, ) : V K: la mappa chemanda in (v) per v V fissato. In tal modo v Hom(V ,K) =: V .Gli spazi V e V sono allora canonicamente isomorfi mediante la mappadi valutazione evv : V V che manda v in v.Osservazione. na data applicazione bilineare g non degenere induce gliisomorfismi di spazi vettoriali

    Hom(V, U) = Bil(U V,K) = Hom(U, V )dati dalle mappe v 7 g(, v) e u 7 g(u, )

    Dietro queste relazioni cos piacevolmente simmetriche si nascondeuna struttura molto pi generale, chiamata prodotto tensoriale U Vdei due spazi U e V . Di esso esistono varie definizioni, ordinate pergeneralit e astrattezza crescente.

    Definizione A.2 [Prodotto tensoriale di due spazi vettoriali]:Si definisce

    1. U V lo spazio vettoriale una cui base fatta dalle mn scrittureformali {ui vj}1jn1im.

    2. UV lo spazio vettoriale Bil(UV,K) = Hom(Bil(UV,K),K).Un elemento di U V si pu allora pensare come un morfismo dispazi vettoriali che manda Bil(U V,K) in (u, v) per fissatiu, v U V . Resta allora definita una mappa

    : U V U V(u, v) 7 u v

    di modo che (uv)() = (u, v). Tale mappa permette di definire,dualmente, il prodotto di due elementi di U, V come Bil(U V,K) = U V , di modo che (u, v) = ( u)( v)

    http://killingbuddha.altervista.org 31

  • 32

    3. U V lunico spazio vettoriale che soddisfi alla propriet uni-versale seguente: comunque dati un terzo spazio vettoriale Z didimensione finita e una applicazione bilineare g : U V Z esisteununica : U V Z lineare, tale che risulti g = . Deveinsomma commutare il diagramma

    U V U V //U V

    Z

    g

    U V

    Z

    Delle tre definizioni date lultima la pi utile perch permette dimostrare allistante che valgono le propriet formali di

    Associativit: U (V W ) = (U V )W Commutativit: U V = V U

    Inoltre (fatto implicitamente usato nella seconda definizione), si trovafacilmente che UV e UV sono in dualit, i.e. (U V ) = UV .Questultimo fatto in particolare si mostra esibendo lapplicazione (bili-neare non degenere, la verifica immediata) definita da (vu, vu) 7(v v)(u u): notando poi che data una g : V U Z bilineare nondegenere lapplicazione v 7 g(v, ) mette in isomorfismo Bil(V U,Z)con Hom(V,Hom(U,Z)), la propriet universale del prodotto tensorialesi pu riscrivere

    Hom(V U,Z) = Hom(V,Hom(U,Z)) = Hom(U,Hom(V, Z))Mettendo insieme questi due risultati si ha

    V U = Hom(V U,K) = Hom(V,Hom(U,K)) = Hom(V, U)e ponendo U in luogo di U si conclude che V U = Hom(V, U).

    A v w corrisponde lapplicazione x 7 (v x)w. Questa corri-spondenza si estende poi per linearit. Mettendo assieme tutto quantosi mostra lassociativit, di modo che

    (V U) Z = Hom(V U,Z) = Hom(V ,Hom(U, Z)) == V Hom(U, Z) = V (U Z)

    32 http://killingbuddha.altervista.org

  • 33

    Osservazione. Lo spazio Bil(V1 V2, Z) coincide con Hom(V1 V2, Z),cos come lo spazio delle applicazioni rlineari da V1. . . Vr su Z coincidecon Hom(V1 Vr, Z): la prova si fa per induzione.

    La trattazione diventa interessante nel caso particolare in cui U =V : in tal caso possiamo costruire la successione di spazi {V j}jN e{V j}jN:

    Vj := V V jvolte

    V j := V V jvolte e a partire da questi defini-re

    Th(V ) := Vh T k(V ) := V k T kh (V ) := Th(V ) T k(V )

    e la loro somma diretta infinita

    T(V ) :=hN

    Th(V ) T(V ) :=

    kN

    T k(V ) T (V ) :=

    (h,k)NN

    T kh (V )

    Notiamo alcune cose:

    dimK T (V ) =, dato che dimK T kh (V ) = (dimK V )h+k, successionedivergente non appena dimK V > 0.

    Resta definita una operazione binaria in T (V ), tra elementi dei variT k(V ), Th(V ):

    : T i(V ) T j(V ) T i+j(V )(, ) 7

    Ora (T (V ),) unalgebra associativa su K: essa prende il nome di alge-bra tensoriale su V . A questo punto la sua struttura di anello permettedi definire molti oggetti gi noti come quozienti di T (V ) modulo suoiopportuni ideali. Qualche esempio di particolare interesse:

    Lalgebra simmetrica (covariante):(V ) := T(V )/v u u v

    Non difficile mostrare che lalgebra simmetrica isomorfa allal-gebra dei polinomi nelle indeterminate X1, . . . , XdimK V ; un esempiodi questa corrispondenza si nota nel momento in cui a una forma

    http://killingbuddha.altervista.org 33

  • 34

    bilineare g : V V K corrisponde un polinomio (omogeneo) disecondo grado nelle variabili X1, . . . , XdimK V . Non difficile de-finire un operazione di simmetrizzazione di modo che il prodottosimmetrico di una k-upla di vettori sia

    v1 vk = 1k!

    S(n)

    v(1) v(k)

    (S(n) il gruppo delle permutazioni di n oggetti).

    Lalgebra antisimmetrica (o esterna, di cui dopo segue una costru-zione alternativa pi analitica):

    (V ) := T(V )/v v

    Tale spazio sempre di dimensione finita, e precisamente dimKk(V ) =(

    nk

    ), ove n = dimK V . In particolare la dimensione 0 non appena

    k > n.

    Lalgebra simmetrica(V ) pu anche essere definita come spazio vet-

    toriale delle forme rlineari alternanti da V V su K. Se A un insieme, indichiamo come di consueto con A A = Ak ilprodotto cartesiano di k copie di A. Ora, dati una qualunque appli-cazione f : Ak B, un elementox = (x1, . . . , xn) An (k n) euna funzione I : {1, . . . , k} {1, . . . , n}, scriviamo f(xI) per indicaref(xI(1), . . . xI(k)): chiameremo la funzione I() un multiindice di ordinek. Elenchiamo alcune propriet dei multiindici:

    Anzitutto, se k = n ed I biiettiva, essa coincide con una per-mutazione S(n), insieme che un gruppo rispetto allopera-zione di composizione, e sugli elementi del quale resta definito unepimorfismo di gruppi detto parit:

    sgn : S(n) {1}sgn () :=

    i

  • 35

    n r, I Ikn, J Inr la funzione composta J I appartiene aIkr . se poi I, J sono due generici multiindici (non necessariamentecrescenti), definiamo il loro vee

    I J : {1, . . . , h+ k} {1, . . . , n}

    I J(x) =I(x) se1 x hJ(x h) seh + 1 x h+ k

    In particolare se I Ihh+k e J Ikh+k sono tali che im I im J =, il loro vee sta in S(h + k) e possiamo calcolarne la parit:avremo in particolare una propriet di antisimmetria, sgn (I J) =()hksgn (JI) e date I Ihh+k, J Ikh+k, I Ih+kh+k+l eK Ilh+k+l,tali che im I imK = = im I im J , si ha

    sgn ((I I) (I J) K) = sgn (I J)sgn (I K)

    Data poi I Ihh+k esiste una unica funzione cI Ikh+k tale chei cI S(h+ k). La corrispondenza c : Ihh+k Ikh+k biunivoca einvolutoria (provare).

    Definizione A.3 [spazio delle k-forme]: Sia V uno spazio vettoria-le reale di dimensione n: per ogni 2 k n indichiamo con k(V )linsieme delle applicazioni k-lineari alternanti : V k R. Chiameremogli elementi di k(V ) k-forme alternanti o semplicemente k-forme. Ogni

    k(V ) uno spazio vettoriale su R, e la sua dimensione (nk

    ): infatti

    fissata una base di V , V = {v1, . . . , vn}, un elemento di k(V ) univo-camente determinato dai valori assunti sulle k-uple vI = (vI(1), . . . , vI(k)),al variare di I Ikn.Definizione A.4 [Prodotto Esterno di k-forme]: Date h(V ), k(V ), si definisce il loro prodotto esterno ponendo

    (x1, . . . , xh+k) =

    IIhh+k

    sgn (I cI)(xI)(xcI)

    Questa operazione gode di alcune propriet fondamentali:

    Alternanza: = ()hk ;

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  • 36

    Linearit: (a+ b) = a( ) + b( );

    Associativit: ( ) = ( ).

    La (tediosa) prova di questi fatti lasciata al lettore volenteroso.A questo punto, presa la base duale V = {v1, . . . , vn} di V , denotiamo

    con vI la k-forma vI(1) vI(k). Si verifica che vale, per ogni k-upla

    di vettori x = (x1, . . . , xk) V k,

    vI (x) =

    S(k)

    sgn ()k

    j=1

    (vI(j) x(j))

    Le applicazioni vI = vI(1) vI(k) formano, al variare di I Ikn, una

    base di k(V ).Possiamo allora definire linsieme

    (V ) =ni=0

    i(V )

    esso detto algebra esterna sullo spazio vettoriale V : risulta dalla som-ma diretta delle i-esime algebre esterne, al variare di i = 1, . . . n. Dotatadel prodotto esterno, questa struttura diventa (appunto) unalgebra as-sociativa su R. Dato lisomorfismo canonico di bidualit, possiamo con-siderare anche lalgebra esterna su V , fatta dalle k-forme su V . Inoltrepossiamo definire una applicazione k-lineare alternante k : V

    k k(V )che manda (x1, . . . , xk) in x1 xk. Allora vale la

    Proposizione A.1 (Propriet Universale del prodotto esterno). Sia Vuno spazio vettoriale reale di dimensione n, e 1 k n. Per ogni spaziovettorialeW , ed ogn applicazione k-lineare alternante : V k W esisteun unico omomorfismo : k(V ) W tale che = k, ovvero taleche commuti il diagramma

    V k k(V )k //V k

    W

    k(V )

    W

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  • 37

    Fissata infatti una base di V , V = {v1, . . . , vn}, si pone (vI(1) vI(k)) = (vI(1), . . . , vI(k)) al variare del multiindice I Ikn. In tal modo e k coincidono sulle k-uple, dunque coincidono su tutto V V .

    Da ci discende che il dato di una applicazione k-lineare alternan-te : V k W il dato di un omomorfismo di spazi vettoriali Hom(k(V ),W ): in particolare k(V ) = Hom(k(V ),R), e quindi esi-ste una dualit canonica tra k(V ) e k(V ). In tale dualit, se x1, . . . x

    k

    sono vettori di V e y1, . . . , yk sono vettori di V si ha

    (x1 xk) (y1 yk) =

    S(n)

    sgn ()k

    j=1

    xj y(j)

    In particolare le k-forme {vI(1) vI(k)}IIkn e {vI(1) vI(k)}IIknsono basi duali al variare di I Ikn. Questo fatto porge un utile criteriodi indipendenza lineare: una k-upla di vettori linearmente indipendentese e solo se la sua k-forma associata w1 wk diversa da zero.

    Conseguenza delluniversalit della propriet del prodotto esterno, la seguente:

    Proposizione A.2. Sia Hom(V,W ). Per ogni k = 0, . . . , v esisteun unico omomorfismo k(V ) k(W ) tale che commuti il diagramma

    k(V ) k(W )k()

    //

    V k

    k(V )

    k

    V k W k //W k

    k(W )

    k

    ( definita da (v, . . . , v) 7 ((v), . . . , (v))) e lapplicazionek() : (V ) (W ), ottenuta sommando gli omomorfismi 0(), . . .n()sia un omomorfismo di algebre.

    Dimostrazione. Nel caso k = 0, 1 la tesi banalmente vera: se k 2lapplicazione composta V V W W k k(W ) k-lineare ed alternante. Quindi, per la propriet universale, esiste ununico omomorfismo k() che rende commutativo il diagramma.

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  • 38

    Bibliografia minima

    [1] Rick Miranda, Algebraic Curves & Riemanns Surfaces, GraduateStudies in Mathematics series, 5, AMS (1995).

    [2] Otto Forster, Lectures on Riemanns Surfaces, Graduate Texts inMathematics 82, SpringerVerlag 1981.

    [3] William Boothby, An introduction to differential manifolds andRiemannian Geometry, Pure and Applied Mathematics 120, 1986.

    [4] Jurgen Jost, Compact Riemann Surfaces: An Introduction ToContemporary Mathematics, SpringerVerlag.

    [5] John Lee, Introduction to Smooth Manifolds, Graduate Texts in

    Mathematics, SpringerVerlag.

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    0 Richiami e notazioni1 Teoria delle Superfici Reali.2 Superfici Astratte3 Strutture RiemannianeA Costruzione di T(V)