Geologia, Litologia, Cave e Deterioramento Delle Pietre Fiorentine _ Bastogi & Fratini 2004

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1. - INTRODUZIONE GEODINAMICA DELLA PROVINCIA DI FIRENZE NELL’AMBITO DELL’APPENNINO SETTEN-TRIONALE L’Appennino è una catena orogenica struttu- ralmente complessa formatasi principalmente tra l’Oligocene superiore ed il Pliocene inferio- re per impilamento di Unità tettoniche a notevo- le sviluppo orizzontale (falde). Questi corpi roc- ciosi, di provenienza alloctona, durante le fasi compressive tettoniche e metamorfiche, sono sovrascorsi a scala regionale in direzione NE-E (talora per centinaia di chilometri), subendo deformazioni duttili e fragili che hanno portato alla formazione della catena (fig. 1). L’evoluzione geodinamica dell’Appennino è stata controllata dall’interazione di due placche principali: la Placca Europea e quella Africana. In particolare, per l’Appennino settentrionale, risulta interessante il movimento di due placche minori: l’attuale Spagna (Iberia) per l’ambito europeo ed il basamento crostale dell’Italia, dell’Adriatico e delle Dinaridi (Adria) - ex Iugoslavia - per l’ambito africano. La storia geologica appenninica è legata all’interazione del margine est iberico e di quello ovest dell’Adria. La sua formazione ha avuto ini- zio a seguito della chiusura dell’Oceano ligure- piemontese (Creta superiore), con la conseguen- te collisione della Placca Europea, ovvero la ter- minazione orientale della placca europea (Sardo- Corsa) con quella africana, adriatica (Adria). Le Unità liguri originate nel dominio oceani- co ligure-piemontese, si sono sovrapposte a quelle Tosco-umbre derivate dal paleomargine continentale africano. Lembi di fondale oceani- co (basalti e serpentiniti delle Unità Liguridi) sono stati smembrati e traslati a formare la cate- na appenninica. Durante la tettogenesi appenninica, le succes- sioni sedimentarie mesozoiche–terziarie del domi- nio toscano, depositatesi sopra il basamento paleo- zoico, sono state deformate e suddivise in diverse Unità strutturali. La Falda Toscana si è sovrappo- sta tettonicamente alle unità appenniniche meta- morfosate sintettonicamente, facenti parte della Dorsale Metamorfica Medio–Toscana. Verso est il fronte della Falda toscana è sovra- scorso sull’Unità Cervarola–Falterona (unità Toscana più esterna, di età terziaria e composi- zione arenaceo-torbiditica). Quest’ultima unità si sovrappone, tettonicamente, sulle Unità più occiden- tali del Dominio Umbro-Marchigiano-Romagnolo. Dal Miocene superiore (Tortoniano), il fron- te compressivo si sposta progressivamente verso l’avampaese adriatico, preceduto dallo spostamento nella stessa direzione dei bacini di avanfossa con i relativi depositi torbiditici. Le Unità Liguridi, che traslano sopra i domi- ni sedimentari tosco-umbri, interrompono pro- gressivamente, ad iniziare da occidente verso oriente, il ciclo deposizionale torbiditico. Al contempo, da occidente si sviluppa una fase tettonica disgiuntiva–estensionale, respon- sabile dell’attuale morfologia, che causa la scomposizione dell’edificio appenninico appe- na abbozzato in un sistema di alti strutturali e di fosse tettoniche allineate in direzione della cate- na (NW – SE). I bacini depressi diventano sede di deposi- zione neoautoctona, marina o fluvio-lacustre, ed a occidente la fase distensiva sviluppa un mag- matismo che dalla Toscana meridionale si spo- sta verso la Provincia Romana. Geologia, litologia, cave e deterioramento delle pietre fiorentine BASTOGI M.(*), FRATINI F.(**) (*) CAI-Sezione di Firenze (**) CNR-Istituto per la Conservazione e la Valorizzazione dei Beni Culturali (ICVBC), sede di Firenze. Mem. Descr. Carta Geol. d’It. LXVI (2004), pp. 27-42 2 figg.

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  • 1. - INTRODUZIONE GEODINAMICADELLAPROVINCIA DI FIRENZE NELLAMBITODELLAPPENNINO SETTEN-TRIONALE

    LAppennino una catena orogenica struttu-ralmente complessa formatasi principalmentetra lOligocene superiore ed il Pliocene inferio-re per impilamento di Unit tettoniche a notevo-le sviluppo orizzontale (falde). Questi corpi roc-ciosi, di provenienza alloctona, durante le fasicompressive tettoniche e metamorfiche, sonosovrascorsi a scala regionale in direzione NE-E(talora per centinaia di chilometri), subendodeformazioni duttili e fragili che hanno portatoalla formazione della catena (fig. 1).

    Levoluzione geodinamica dellAppennino stata controllata dallinterazione di due placcheprincipali: la Placca Europea e quella Africana.In particolare, per lAppennino settentrionale,risulta interessante il movimento di due placcheminori: lattuale Spagna (Iberia) per lambitoeuropeo ed il basamento crostale dellItalia,dellAdriatico e delle Dinaridi (Adria) - exIugoslavia - per lambito africano.

    La storia geologica appenninica legataallinterazione del margine est iberico e di quelloovest dellAdria. La sua formazione ha avuto ini-zio a seguito della chiusura dellOceano ligure-piemontese (Creta superiore), con la conseguen-te collisione della Placca Europea, ovvero la ter-minazione orientale della placca europea (Sardo-Corsa) con quella africana, adriatica (Adria).

    Le Unit liguri originate nel dominio oceani-co ligure-piemontese, si sono sovrapposte aquelle Tosco-umbre derivate dal paleomarginecontinentale africano. Lembi di fondale oceani-co (basalti e serpentiniti delle Unit Liguridi)

    sono stati smembrati e traslati a formare la cate-na appenninica.

    Durante la tettogenesi appenninica, le succes-sioni sedimentarie mesozoicheterziarie del domi-nio toscano, depositatesi sopra il basamento paleo-zoico, sono state deformate e suddivise in diverseUnit strutturali. La Falda Toscana si sovrappo-sta tettonicamente alle unit appenniniche meta-morfosate sintettonicamente, facenti parte dellaDorsale Metamorfica MedioToscana.

    Verso est il fronte della Falda toscana sovra-scorso sullUnit CervarolaFalterona (unitToscana pi esterna, di et terziaria e composi-zione arenaceo-torbiditica). Questultima unit sisovrappone, tettonicamente, sulle Unit pi occiden-tali del Dominio Umbro-Marchigiano-Romagnolo.

    Dal Miocene superiore (Tortoniano), il fron-te compressivo si sposta progressivamenteverso lavampaese adriatico, preceduto dallospostamento nella stessa direzione dei bacini diavanfossa con i relativi depositi torbiditici.

    Le Unit Liguridi, che traslano sopra i domi-ni sedimentari tosco-umbri, interrompono pro-gressivamente, ad iniziare da occidente versooriente, il ciclo deposizionale torbiditico.

    Al contempo, da occidente si sviluppa unafase tettonica disgiuntivaestensionale, respon-sabile dellattuale morfologia, che causa lascomposizione delledificio appenninico appe-na abbozzato in un sistema di alti strutturali e difosse tettoniche allineate in direzione della cate-na (NW SE).

    I bacini depressi diventano sede di deposi-zione neoautoctona, marina o fluvio-lacustre, eda occidente la fase distensiva sviluppa un mag-matismo che dalla Toscana meridionale si spo-sta verso la Provincia Romana.

    Geologia, litologia, cave e deterioramento delle pietre fiorentine

    BASTOGI M.(*), FRATINI F.(**)

    (*) CAI-Sezione di Firenze(**) CNR-Istituto per la Conservazione e la Valorizzazione dei Beni Culturali (ICVBC), sede di Firenze.

    Mem. Descr. Carta Geol. dIt.LXVI (2004), pp. 27-42

    2 figg.

  • BASTOGI M., FRATINI F.28

    Fig.

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  • 2. - I MATERIALI LAPIDEI DA COSTRU-ZIONE E ORNAMENTALI ESTRATTI NEL-LORIGINARIO TERRITORIO PROVINCIA-LE DELLA FIRENZE POST-UNITARIA

    Nel presente paragrafo, sintende fornire unabreve caratterizzazione geo-petrografica delleprincipali pietre utilizzate nellarchitettura,estratte nelloriginaria configurazione del terri-torio della Provincia di Firenze allindomanidellUnit dItalia. Tali lapidei, in funzionedello specifico uso che ne stato fatto, vengonodistinti in materiali per la costruzione di edifici(es. Pietraforte), materiali per la realizzazione dielementi architettonici (es. Pietra Serena) e pie-tre ornamentali da rivestimento (es. marmirossi e verdi).

    Nel prosieguo, verr riportata la denomina-zione tradizionale utilizzata, per indicare ilmateriale lapideo ed il nome formazionale (ter-mine geologico che permette di identificare uni-vocamente ogni singolo litotipo). Per quantoriguarda invece la qualificazione scientifica delmateriale, alla descrizione geo-petrografica siassociano alcuni caratteri macroscopici quali ilcolore, la grana, la tessitura, etc. Ulteriori infor-mazioni offrono un cenno storico sullimpiegodel litotipo come materiale da costruzione e/oornamentale, elencando alcuni degli edifici dimaggior interesse per la sua utilizzazione, leantiche cave di provenienza e le attuali zone diestrazione. Viene pure rappresentato il compor-tamento in opera del materiale, considerando siala naturale resistenza allalterazione, sia leffi-cacia su alcuni restauri effettuati in passato,elencando anche materiali di sostituzione, lad-dove il materiale originario non sia pi reperibi-le.

    2.1. - PIETRA SERENA

    2.1.1 - Denominazione

    Nome formazionale: Arenarie di MonteModino, per le cave della zona di Fiesole,Settignano, Valle del Mugnone; Macigno per lecave della zona sud-ovest di Firenze (Gonfolinae Tavarnuzze).

    Nomi tradizionali: Pietra Serena, Macigno,Pietra del Fossato (variet pi resistente cavatasulla destra idrografica del Torrente Mensola,Maiano ad Est di Firenze), Pietra delle colline diFiesole, Pietraforte delle cave di Fiesole e dellaGonfolina, Pietra Bigia (variet di colore terra-giallo caldo).

    2.1.2 - Caratterizzazione

    Descrizione geologica: roccia sedimentariatorbiditica appartenente alle formazioni delMacigno e di Monte Modino al tetto della SerieToscana; affiora in strati anche di notevole spes-sore (fino ad oltre 5 m).

    Colore: grigio azzurrognolo al taglio fresco eda grigio chiaro ad avana per alterazione.

    Aspetto macroscopico: arenaria a granamedio grossa, massiva; pu presentare sporadi-ci inclusi pelitici.

    Classificazione petrografica: arcose litica amatrice argillosa.

    Et: Oligocene superiore.Distribuzione geografica: affiora lungo tutta

    la dorsale dellAppennino Settentrionale e suiMonti del Chianti.

    2.1.3 - Cenni Storici

    Sfruttata gi in periodo etrusco e romano, haavuto massimo utilizzo nel Rinascimento, inparticolare nella realizzazione di colonne e dialtri elementi decorativi architettonici.

    Edifici di maggiore interesse in Firenze:Ospedale degli Innocenti, Chiesa dellaSantissima. Annunziata, Cortile della BibliotecaLaurenziana, Chiostri del Convento delCarmine, Chiostro degli Aranci nella BadiaFiorentina, Porticato degli Uffizi, chiesa di S.Lorenzo, chiesa di S. Spirito.

    Cave antiche: Fiesole, Gonfolina.Cave attuali: Greve in Chianti, Tuoro sul

    Trasimeno (in provincia di PG, non troppodistante dal territorio fiorentino).

    2.1.4 - Comportamento in Opera

    Resistenza allalterazione: bassa resistenzaagli agenti atmosferici, con alterazione sia peresfoliazione che per decoesione superficiale(28,29).

    Principali restauri effettuati: SantissimaAnnunziata.

    Materiali simili: Pietra di Firenzuola,Arenaria di Monte Senario.

    2.2. - PIETRAFORTE

    2.2.1 - Denominazione

    Nome formazionale: Pietraforte.

    GEOLOGIA, LITOLOGIA, CAVE E DETERIORAMENTO DELLE PIETRE FIORENTINE 29

  • Nomi tradizionali: Pietra forte, Macigno.

    2.2.2 - Caratterizzazione

    Descrizione geologica: roccia sedimentariatorbiditica appartenente alla omonima forma-zione facente parte del Supergruppo dellaCalvana (Liguridi esterne); gli affioramenti sipresentano in strati sottili (20 - 100 cm) interca-lati ad argilliti siltose.

    Colore: grigio azzurrognolo al taglio fresco,ocra (ferrigno) per alterazione.

    Aspetto macroscopico: arenaria a grana finecon evidenti laminazioni convolute e frequentivene di calcite.

    Classificazione petrografica: arenaria litica acemento carbonatico.

    Et: Cretaceo superiore.Distribuzione geografica: le pi note zone di

    affioramento in Toscana sono le colline a Sud diFirenze, Greve, Santa Fiora, Monti della Tolfa.

    2.2.3 - Cenni Storici

    Utilizzata fin dal Medioevo come materialeda costruzione in conci di varie dimensioni e nelRinascimento per la lavorazione dei conci abugnato.

    Edifici di maggiore interesse in Firenze:Palazzo Pitti, P. Strozzi, P. Antinori, P. MediciRiccardi, P. Rucellai, P. Uguccioni, PalazzoVecchio, Loggia dei Lanzi, Chiese di S.Gaetano, S. Trinita, Orsanmichele, BibliotecaNazionale.

    Cave antiche: S. Felicita, Boboli, Costa SanGiorgio, Monteripaldi (tutte nel comune diFirenze)

    Cave attuali: Riscaggio, (FI) e Greve inChianti (FI).

    2.2.4 - Comportamento in opera

    Resistenza allalterazione: buona resistenzaagli agenti atmosferici; degrado per distacco diblocchi lungo le vene calcitiche e per esfolia-zione lungo le superfici di laminazione.

    Principali restauri effettuati: Palazzo Pitti,Loggia dei Lanzi, Chiesa di S. Gaetano, Chiesadi S. Trinita, Palazzo Rucellai, Palazzo Antinori.

    Materiali simili: arenaria di Sillano.

    2.3. - VERDE DI PRATO

    2.3.1 - Denominazione

    Nome formazionale: Serpentina.Nomi tradizionali: Verde di Prato, Marmo

    Verde di Prato, Nero di Prato, Marmo Nero,Pietra Nera detta di paragone.

    2.3.2 - Caratterizzazione

    Descrizione geologica: roccia metamorficaappartenente ai complessi ofioliticidellAppennino Settentrionale.

    Colore: presenta diverse tonalit di verde, dalchiaro allo scuro fin quasi al nero, talora conriflessi bluastri; in tinta unita talora picchietta-ta o venata di giallo verdastro.

    Aspetto macroscopico: roccia in cui nonrisultano ben evidenti i cristalli; pu essere inte-ressata da un intreccio pi o meno fitto di venedi crisotilo.

    Classificazione petrografica: serpentinite construttura pseudomorfica a bastite, a rete e a cles-sidra, derivata da una peridotite di tipo lherzoli-tico.

    Et: Giurassico-Cretaceo inferiore.Distribuzione geografica: affioramenti di

    limitata estensione in buona partedellAppennino settentrionale. Nei dintorni diFirenze affiora nel Monte Ferrato (Nord diPrato) ed a Impruneta.

    2.3.3 - Cenni Storici

    Utilizzato fin dallXI secolo, associato amarmo e/o a calcari rossi per la realizzazione dirivestimenti policromi di edifici religiosi.

    Edifici di maggiore interesse in Firenze:Campanile di Giotto, facciate delle chiese di S.Maria Novella e S. Croce.

    Cave antiche: Figline di Prato ed Impruneta.Cave attuali: attualmente non coltivato.

    2.3.4 - Comportamento in opera

    Resistenza allalterazione: facile alterabilitdovuta alle discontinuit fisiche, al forte assor-bimento di calore (conseguenza del suo colorescuro) alla bassa conducibilit termica ed alle-levato indice di saturazione che provocanofenomeni di decoesione a partire dagli spigoli,con successiva caduta di intere scaglie a cui fa

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  • seguito una vera e propria frantumazione.Principali restauri effettuati: Duomo di

    Firenze, facciata della collegiata di S. Andrea adEmpoli.

    Materiali simili: marmo Verde della ValMalenco, Verde Alpi.

    2.3.5 -. Esempio di studio litologico: il MarmoVerde della Cattedrale di Santa Maria delFiore

    Sulla Cattedrale si riscontrano conci di ser-pentinite con diverse tonalit di verde, dal chia-ro allo scuro fin quasi al nero, talora con rifles-si bluastri e frequentemente picchiettate damacchie. La struttura macroscopica pu essererelativamente uniforme, interrotta da rarevenuzze biancastre di serpentino fibroso (criso-tilo) oppure carratterizzata da un fitto intrecciodi vene chiare come nella variet rannoc-chiaia.

    A livello microscopico si distinguono duevariet: la prima si caratterizza per la presenzain percentuali variabili di strutture pseudomorfi-che a bastite (bastitic texture), strutture pseudo-morfiche a rete (mesh texture) e strutture pseu-domorfiche a clessidra (hourglass texture). Lebastiti costituiscono i relitti del processo di ser-pentinizzazione di anfiboli e pirosseni mentre lestrutture a rete e a clessidra testimoniano i restidel processo di serpentinizzazione dellolivina.Composizionalmente queste strutture sonocostituite da serpentino del tipo lizardite. Inquesta variet sono presenti rare vene costituiteda serpentino tipo crisotilo e risulta diffusa lapresenza di magnetite in piccoli cristalli; inol-tre presente spinello cromifero e pirite.

    Nella seconda variet prevale una strutturapseudomorfica a clessidra con una piccola per-centuale di bastiti e assenza di strutture a rete.La magnetite presente in granuli di dimensio-ni maggiori rispetto alla variet precedente e cidetermina un colore verde chiaro della roccia.Le venuzze di crisotilo possono essere moltoabbondanti fino ad arrivare al fitto intreccio checaratterizza la rannocchiaia.

    Riguardo alle caratteritiche petrofisiche, stato osservato come le serpentine appenninichea lizardite+crisotilo, che hanno una porositcompresa tra il 3 ed il 10%, siano caratterizzateda un indice di saturazione in acqua spessosuperiore al 100% (FRATINI et alii, 1987,1991;DE VECCHI et alii, 1991). In BRALIA et alii(1995) si tentato di dare una spiegazione aquesto particolare fenomeno, mettendo a con-

    fronto materiale prelevato dai monumenti, conserpentine appenniniche di cava ed esposte pertempi diversi agli agenti atmosferici e serpenti-ne di cava di origine alpina. Si osservato chequeste ultime ed il materiale di cava fresco diorigine appenninica hanno sempre un indice disaturazione inferiore al 100%. Il modello pro-posto ipotizza la presenza nei pori sub-capillari,di barriere a struttura amorfa chimicamente per-meabili allacqua ma impermeabili ai gas che siformerebbero per processi alterativi della dura-ta di qualche centinaio di anni.

    Il marmo verde chiamato marmumnigrum, viene spesso menzionato nelle delibe-re relative agli acquisti facendo sempre, perquanto visto, riferimento al Monte Ferrato. Inmerito a questi marmi AGOSTINO DEL RICCIO,nel manoscritto Istoria delle Pietre del 1595,scrive: Gran lustro piglia questa sorte diSerpentino di Prato, si cavano di buone saldez-ze, ama stare in luoghi che non sia offeso dal-lacque. ...I suoi colori son verdi non troppoaccesi, il fondo della pietra verde pi buio etsi trovano ancor vari serpentini sui monti diPrato....

    Il Verde utilizzato per limpianto originaledella Cattedrale proviene da Figline di Prato(Prato).

    2.4. - MARMI ROSSI

    2.4.1 - Denominazione

    Nome formazionale: Marne del Sugame.Nomi tradizionali: Marmo Rosso di San

    Giusto a Monterantoli, Marmo Rosso di MonteSommano, Marmo Mistio.

    2.4.2 - Caratterizzazione

    Descrizione geologica: roccia sedimentariacarbonatica appartenente alla formazione degliScisti Policromi della Serie Toscana.

    Colore: presenta colori variabili dal rosso-violaceo al rosso fegato (maggiormente impie-gato nelle opere) al rosa-giallastro.

    Aspetto macroscopico: calcari marnosi conintercalazioni di livelli lenticolari di biocalcare-niti grigie a macroforaminiferi; presentano sot-tilissime vene di calcite micritica subperpendi-colari allo strato, talvolta interrotte da fratturecementate da calcite spatica. Sono frequentibioturbazioni e venette di colore giallognolo.

    Classificazione petrografica: wackestones e

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  • raramente packstones e grainstones Et: Albiano-Eocene medio.Distribuzione geografica: le principali zone

    di affioramento in Toscana sono i Monti delChianti e il Colle di Monsummano.

    2.4.3 - Cenni Storici

    Utilizzate fin dall XIV secolo, associate amarmo bianco e a Verde di Prato, nella tricomiadellarchitettura medioevale fiorentina

    Edifici di maggiore interesse in Firenze:Duomo, Campanile di Giotto, facciate dellechiese di S. Croce e di S. Maria Novella, chiesadi S. Lorenzo alla Certosa di Firenze.

    Cave antiche: S. Giusto a Monterantoli,Monsummano

    Cave attuali: attualmente non pi coltivato.

    2.4.4 - Comportamento in opera

    Resistenza allalterazione: i fenomeni altera-tivi si esplicano per fessurazioni, scagliature,erosioni, imbiancamenti superficiali

    Principali restauri effettuati: Duomo diFirenze, Chiesa di S. Croce.

    Materiali simili: Rosso Collemandina.

    2.4.5 - Esempio di studio litologico: il Marmorosso della Cattedrale di Santa Maria delFiore

    Un primo esame macroscopico del rossoevidenzia la presenza di due diverse tipologie.Poich, in letteratura e nei documenti darchi-vio, non vi era accordo unanime sulla prove-nienza del materiale, in questi ultimissimi annisono state condotte varie ricerche, (SARTORI,1996; VANNUCCI et alii, 1997; FAZZUOLI et alii;1998; SARTORI, 1998), che hanno permesso laprecisa identificazione litologica. I rossi sonostati quindi attribuiti alle Marne del Sugameaffioranti a San Giusto a Monterantoli (Cintoia,Greve in Chianti-Firenze) e alle Marne delSugame affioranti a Monsummano (Pistoia). Lericerche, condotte sia sui rossi presenti neiparamenti di Santa Maria del Fiore, come puresu Santa Maria Novella e le colonne dellaGrotta Grande nel Giardino di Boboli, hannoconsentito di individuare una serie di parametrimineralogici e geochimici che consentono diidentificare sia il litotipo impiegato che, in alcu-ni casi, le localit di approvvigionamento.

    Occorre precisare che i litotipi principalidelle Marne del Sugame, affioranti a Cintoiaconsistono in calcari marnosi rosso-violacei,rosso-fegato, rosa-grigiastri, grigio-olivastrichiari, talvolta chiaramente non stratificati, afratturazione scagliosa. La litofacies delleMarne del Sugame, affiorante a Monsummano,oltre ad avere una potenza superiore rispetto aquella di Cintoia, composta quasi esclusiva-mente di calcari marnosi non stratificati.

    Le Marne del Sugame, presentano, aMonsummano, due litologie diverse. La prima costituita da calcilutiti marnose rosso-fegatocon frequenti bioturbazioni e fratture riempite dicalcite. Laspetto risulta simile a quello delleMarne del Sugame di Cintoia, ed in accordocon la descrizione di AGOSTINO DEL RICCIO.Nellaltro caso, le marne appaiono simili a cal-cari nodulari, in quanto forme pi o meno amig-daloidi di calcare micritico pi chiaro e sonocontornate da un calcare marnoso pi rosso. Cisembra essere imputabile a fenomeni di boudi-nage dovuti a deformazioni plastiche dellori-ginario sedimento (FAZZUOLI & MAESTRELLI-MANETTI,1973).

    Le Marne del Sugame, hanno unet compre-sa tra lAlbiano e lEocene inf. medio.

    Dalla composizione mineralogica, si osservache le Marne del Sugame si caratterizzano perun contenuto in calcite variabile dal 79 all87%,quarzo dal 6 al 13%, spesso prevalente sui fillo-silicati; per i feldspati sono rilevabili solo i pla-gioclasi.

    Tra i parametri geochimici il contenuto inbario appare, almeno per la maggior parte deicampioni, decisamente discriminante in relazio-ne alla provenienza: a Cintoia si riscontranotenori medi attorno a 1100 ppm, contro i tenorimedi di circa 140 ppm di Monsummano.

    Lassociazione dei minerali argillosi checaratterizza questo litotipo costituita, in ordinedi abbondanza, da: illite, caolinite, clorite e clo-rite-vermiculite. La vermiculite (minerale argil-loso a reticolo espandibile e suscettibile quindidi favorire lassorbimento di acqua) risulta sem-pre assente nei campioni di cava e non sembra-no esservi differenze significative fra i campio-ni delle due localit.

    Le Marne del Sugame sono caratterizzate daporosit molto contenute che appaiono variarein un intervallo compreso fra il 2 e il 3,5%.Lassorbimento in acqua basso con indici disaturazione nella maggior parte dei casi inferio-ri al 35%.

    Lessiccamento avviene in maniera moltolenta ed importante osservare che, alle condi-

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  • zioni di laboratorio (T 20C; U.R. 50%), nelcampione rimane una sensibile quantit diacqua. Questo evidenzia una caratteristica deci-samente negativa delle Marne del Sugame,riguardo alla durabilit. Infatti lacqua che per-mane nei pori della pietra, depositatasi moltospesso per effetto di condensa e quindi notevol-mente acida, incrementa i fenomeni alteratividi carattere chimico, quale la solfatazione delCaCO3, responsabile in questo caso, dellim-biancamento della pietra.

    Tutte le tipologie di degrado che interessanole Marne sono influenzate dalle loro caratteristi-che tessiturali: la frequente presenza di vene, diadunamenti nastriformi, noduli calcitici etc. cherendono il materiale estremamente disomoge-neo, facilitano laggressione da parte degliatmosferili. Ci produce tutta una serie di fessu-razioni, scagliature, mancanze, erosioni diffe-renziali e i succitati imbiancamenti superficiali,che oltre alla azione prodotta dalla solfatazione,possono originarsi anche per liscivamento, daparte delle acque, degli ossidi di ferro responsa-bili del colore rosso della pietra (FOMMEI et alii,1993).

    Ancora, AGOSTINO DEL RICCIO, scrive: S.Giusto a Monterantoli, cava utilissima dimarmo rosso che piglia pulimento e lustro confatica, ha gran saldezza e che ha fornito marmiper il campanile e la chiesa di Santa Maria delFiore e in particolare per la facciata di SantaMaria Novella e per molte chiese fiorentine.

    A Monsummano in Valdinievole, si cavanomarmi rossi con vene bianche simili a quelli diS. Giusto a Monterantoli, senza per precisarein quali opere sia stato impiegato (dai documen-ti dellOpera di Santa Maria del Fiore, vedremoche stato utilizzato nei paramenti laterali dellaCattedrale, negli anni 1358 - 62 - 63 -86).

    Per limpianto originale della Cattedrale diFirenze, furono utilizzati, per il rosso, marnerosse di San Giusto a Monterantoli (FI) e marnedi Monsummano in Valdinievole in provincia diPistoia.

    2.5. - ROSSO AMMONITICO

    2.5.1 - Denominazione

    Nome formazionale: Rosso Ammonitico.Nomi tradizionali: Mandorlato di Verona

    2.5.2 - Caratterizzazione

    Descrizione geologica: roccia sedimentariacarbonatica appartenente alla formazione delRosso Ammonitico della Serie Toscana

    Colore: dal biancastro rosato al rosso.Aspetto macroscopico: calcare nodulare a

    grana fine i cui noduli risultano circondati ester-namente da una sottile patina di materiale argil-loso di colore rosato.

    Classificazione petrografica: da mudstone awackestone, bioclastici, con quantit variabili diminerali argillosi e di granuli di quarzo delledimensioni del silt.

    Et: Sinemuriano-Pliensbachiano.Distribuzione geografica: le principali zone

    di affioramento in Toscana sono Gerfalco (GR),Avane (PI), Monsummano (PT), Sassetta (LI) eSasso Rosso nel comune di Villa Collemandina(LU).

    2.5.3 - Cenni Storici

    Utilizzato fin dal XIV secolo, associato amarmo e a Verde di Prato, nei paramenti esternidi importanti complessi architettonici.

    Edifici di maggiore interesse in Firenze:Duomo di Firenze (come materiale di sostitu-zione), Campanile di Giotto (nel periodo in cuiera capomastro Andrea Pisano).

    Cave antiche: Avane (PI), Monsummano(PT), Sassetta (LI) e Gerfalco (GR).

    Cave attuali: attualmente non coltivato.

    2.5.4 - Comportamento in opera

    Resistenza allalterazione: lalterazione simanifesta con la perdita di continuit in corri-spondenza dei livelli di ossidi che separano inoduli e conseguente distacco degli stessi

    Principali restauri effettuati: Duomo,Battistero di Siena

    Materiali simili: Rosso di Verona.

    3. - PROBLEMI DI CONSERVAZIONE DEIDIVERSI LITOTIPI

    Le pietre sono materiali naturali che luomoha sempre impiegato nella realizzazione deimonumenti scegliendole in funzione di alcunecaratteristiche quali: reperibilit, lavorabilit,durevolezza. aspetto cromatico, etc.. Moltospesso la scelta ha tenuto conto solo di alcunecaratteristiche come la lavorabilit, escludendo-

    GEOLOGIA, LITOLOGIA, CAVE E DETERIORAMENTO DELLE PIETRE FIORENTINE 33

  • ne altre come la durevolezza, etc..La loro degradazione deriva da un processo

    naturale di trasformazione legato sia alle pro-priet intrinseche della roccia stessa (composi-zione mineralogica e chimica, struttura e tessi-tura, caratteristiche fisico-tecniche) sia allam-biente esterno in cui essa inserita. In generale,il deperimento si esplica sempre quando la roc-cia si trova esposta ad agenti atmosferici, qualiacqua, escursioni termiche, inquinamento, etc.,che modificano i suoi costituenti minerali. Lastoria alterativa di un materiale lapideo iniziagi dal momento della sua estrazione, operazio-ne che provoca variazione delle tensioni e svi-luppo di fratture latenti nella roccia, proseguepoi durante la sua lavorazione, causando micro-fratture pi o meno superficiali che tenderannoa favorire in modo significativo, lazione degliagenti responsabili del degrado.

    Una volta in opera lazione di degrado pro-seguir con alterazione chimico-fisica e chimicache possiamo definire naturali. Lalterazione quindi un processo naturale che non possibileevitare.

    Fra le alterazioni di natura fisica ricordiamoad esempio quelle legate alle variazioni di tem-peratura, ed i fenomeni di gelivit. Nel primocaso si provocano variazioni anisotrope delledimensioni dei minerali, nel secondo, la forma-zione del ghiaccio nella porosit sviluppa ten-sioni.

    Nellevoluzione del degrado dei litotipi are-naci, inoltre molto importante la frequenzacon cui variano le condizioni termoigrometri-che; si osservato infatti che lacqua di imbibi-zione agisce in concomitanza con gli sbalzi ditemperatura; tale parametro riveste un ruolofondamentale, come evidenziato da circostanzein cui le pietre interrate per lungo tempo, sotto-poste quindi ad un notevole grado di umidit,ma non soggette a sbalzi di temperatura, si sonoconservate integre sia nel loro insieme chesuperficialmente. Variazioni di umidit ambien-tale inducono invece rigonfiamenti ritmici; lac-qua che si infiltra nella porosit, induce una tra-sformazione dei minerali argillosi, i quali,rigonfiandosi aritmicamente con gli sbalzi ditemperatura, producono, soprattutto nella PietraSerena, processi di arenizzazione.

    Tutte queste azioni, portano inevitabilmentealla perdita di coesione della roccia.

    Di natura chimica invece la solubilizzazio-ne di alcuni minerali, come la calcite presentenella matrice e nel cemento che, in presenza disoluzioni acquose, per successiva evaporazione,pu riprecipitare sulla superficie lapidea deter-

    minando la formazione di croste. Il continuoripetersi del fenomeno provoca la concentrazio-ne anomala di carbonato di calcio e la forma-zione di una crosta che non essendo aderente alsubstrato ha la tendenza a staccarsi. La ripreci-pitazione di calcite nei punti pi vicini allasuperficie provoca conseguenti manifestazionidi esfoliazione e perdita di coesione.

    Negli ultimi 30-40 anni il mutamento dellecondizioni ambientali ha favorito laccelerazio-ne dei processi naturali di deperimento dandoluogo allinsorgenza di nuove manifestazioni didegrado.

    Le modalit di alterazione naturale sono stateoggetto di molti studi da parte dei cultori dellescienze geomineralogiche e la loro conoscenzarisulta estremamente importante quando sia tra-sferita ai materiali costituenti unopera dartepoich serve a dettare gli interventi di restauroper rallentare o impedire tali fenomeni.

    Affrontare i problemi relativi alla conserva-zione, significa per prima cosa approfondire laconoscenza riguardo alla natura costitutiva dellepietre e successivamente dei processi di alte-razione a cui i materiali stessi sono soggetti.Una volta compresi questi meccanismi, sipotranno mettere a punto adeguati metodi diconservazione.

    I processi di degrado si instaurano soprattut-to nelle discontinuit strutturali (laminazioni,vene, etc.), pertanto facilmente spiegabile labreve durevolezza delle arenarie. Un altro datoimportante, emerso non troppo recentemente, che la differente entit del degrado cui sonosoggette Pietra Serena e Pietraforte dipendedalla quantit di minerali sensibili allacqua,presenti nei due litotipi, in misura diversa.Inoltre, la zona lapidea interessata dalle altera-zioni quella pi esterna, con spessore massimodi qualche centimetro.

    Nella Pietra Serena le croste raggiungono lospessore di circa 1 cm, perch lacqua di imbi-bizione satura completamente la porosit esi-stente. Diversamente, la Pietraforte, che nonraggiunge mai la saturazione totale della porosi-t, meno interessata dalla formazione dellecroste che risultano generalmente dello spesso-re di qualche millimetro. Il degrado nellaPietraforte quindi non avviene tanto per disgre-gazione o desquamazione, quanto per un distac-co di blocchi in corrispondenza delle venaturedi calcite di riempimento, vere e proprie super-fici di discontinuit, che subiscono anchesse ilprocesso di solubilizzazione del carbonato dicalcio. Tali venature, se si trovano su blocchi inaggetto, diventano pi vulnerabili perch perdo-

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  • no il sostegno.In atmosfere inquinate come quelle urbane,

    lacqua che nei nostri climi rappresenta il mag-giore fattore di alterazione, assume caratteristi-che aggressive (acidit derivante dalla reazionecon anidride solforica e ossidi di azoto, prodot-ti dalla combustione degli idrocarburi), attac-cando il cemento calcitico e trasformandolo ingesso e nitrati.

    Il gesso, solubile, viene dilavato dalle partiesposte, mentre nelle zone riparate, concorre aformare delle croste nere coerenti che nonpermettono alla pietra di respirare. Si verificacos una differenza di comportamento tra esse eil materiale lapideo sottostante allorquandointervengono sollecitazioni di natura meccanicae termica. Con il procedere di questa attivitsempre nuova roccia viene coinvolta in pro-fondit ed il processo si ripete. La formazione diqueste nuove croste facilitata dalla decoesionedel materiale sottostante; la crosta infatti rallen-ta lo scambio di fluidi con latmosfera favoren-do il ristagno delle soluzioni acide tra la crostastessa ed il substrato lapideo.

    La pietra soggetta alla decoesione a segui-to dei cicli di dissoluzione e ricristallizzazioneattivi allinterno delle porosit, generando costensioni interne con conseguente disgregazionedel materiale.

    In passato si usava proteggere le pietre delcostruito con sostanze grasse, olii, cere cheimpermeabilizzavano la superficie. Ci sipreoccupava di garantire una manutenzione conpulizie e trattamenti periodici.

    Negli edifici si procedeva a periodica sostitu-zione dei paramenti lapidei e delle decorazionidegradate; per la Pietra Serena, secondo unciclo medio di circa 50 anni, data la sua facilitdi degradarsi, mentre per la Pietraforte si prefe-riva in genere restaurarla e veniva sostituitasolo occasionalmente . Tale dato storico acqui-sta maggiore rilevanza anche alla luce di unarecente osservazione scientifica, e cio chealcuni elementi architettonici in Pietra Serenamostrano una maggiore resistenza alle intempe-rie rispetto ad altri realizzati anche con la mede-sima arenaria.

    Labitudine alla sostituzione, con il tempo andata persa ed cambiata anche la filosofia delrestauro che oggi privilegia la conservazione.

    La durabilit della serpentina gi statadescritta da TARGIONI TOZZETTi (1768) eREPETTI (1839) che ne evidenziavano la facilealterabilit. Nei conci della Cattedrale diFirenze, il degrado si manifesta dapprima confenomeni di decoesione a partire dagli spigoli;

    successivamente si determina la caduta di este-se scaglie di pochi millimetri di spessore, quin-di si instaura un processo di frantumazione condistacco di frammenti poliedrici le cui dimen-sioni riprendono loriginaria struttura granobla-stica, precedente al processo di serpentinizza-zione.

    Ulteriore elemento di debolezza del mate-riale rappresentato dalle vene di serpentinofibroso (crisotilo) in corrispondenza delle qualisi possono verificare distacchi di frammentianche di discrete dimensioni. Analisi chimiche emineralogiche condotte su serpentine alteratedella Cattedrale e su variet simili provenientidalle cave appenniniche, non hanno evidenziatodifferenze particolari (VANNUCCI & ROSSETTI,1990); ci indica che il degrado di questi mate-riali essenzialmente di tipo fisico.

    I fattori principali che rendono questo litoti-po cos sensibile allalterazione di tipo fisicosembrano pertanto i seguenti:

    - le discontinuit fisiche, quali le vene di cri-sotilo e i piani di sfaldatura delle bastiti;

    - la concomitanza del forte assorbimento dicalore (conseguenza del colore scuro) con lascarsissima conducibilit termica, il che deter-mina il generarsi di elevati gradienti termici trala superficie e linterno dei conci con conse-guenti fenomeni termoclastici;

    - lelevatissimo indice di saturazione inacqua; ci determina fenomeni di rigonfiamen-to e conseguenti tensioni di notevole entit,come messo in evidenza da misure di dilatazio-ne lineare (DE VECCHI et alii, 1991; BRALIA etalii, 1995).

    In conclusione si sottolinea che gli interventidi restauro, sui materiali lapidei, possono tenta-re soltanto di rallentare i processi di trasforma-zione limitando il contatto con i principali agen-ti del degrado, ad esempio, attraverso limpiegodi idrorepellenti che ostacolano limbibizionedella pietra.

    4. - ESEMPI DI AREE DI COLTIVAZIONEPER DUE LITOTIPI PI DIFFUSAMENTEUTILIZZATI CON UBICAZIONI DELLECAVE E PRODUZIONI STORICAMENTEINTERESSATE DALLATTIVIT ESTRAT-TIVA

    4.1. - PIETRA SERENA

    Da una disamina delle fonti letterarie edarcheologiche si evince che la Pietra Serena,nellarea fiorentina, ha avuto una continuit di

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  • uso dal periodo arcaico, come dimostrano lestele etrusche ritrovate a Fiesole, fino al XIXsecolo. E a Fiesole che ritroviamo le pi anti-che testimonianze della sua lavorazione dovutealla presenza di numerose cave storiche.

    Lo sviluppo dellattivit estrattiva di questapietra legato strettamente allespansione urba-na di Firenze, in particolare tra i secoli XIII eXV.

    A conferma dello sfruttamento di questarisorsa tra Fiesole e dintorni, Boccaccio riferen-dosi allaspetto della citt la descriveva comeunimmensa pietraia che incombe su Firenze,segnata dal colore piombo delle sue cave.

    Le cave furono ampiamente sfruttate daglietruschi, romani e successivamente anche dailongobardi, come provato dai materiali di spo-glio riutilizzati nella cripta della Cattedrale diFiesole. A partire dallAlto Medioevo scarseg-giano le testimonianze della sua lavorazione ebisogna attendere il Duecento, con lo sviluppodel Comune di Firenze, per ritrovare manufattidi questa pregevole pietra; furono allora apertenuove cave, sempre nella zona collinare a norddella citt, ubicate nella valle del Mugnone, aVincigliata ed a Settignano.

    La crescente richiesta di questa pietra incre-ment lattivit estrattiva che interess, nelcorso del Quattrocento, lapertura di cave situa-te in altre aree, come quella della Gonfolina, aovest di Firenze che, ad esempio, forn, insiemecon quella della Trassinaia (zona di Settignano),il materiale per le colonne monolitiche dellaChiesa di S. Lorenzo e per il Loggiato di PiazzaSantissima Annunziata.

    Si deve allarchitetto Filippo di SerBrunellesco lintroduzione della Pietra Serenacome elemento preminente di questa nuovaarchitettura, in particolare per luso di blocchimonolitici per ricavarci intere colonne e per icontrasti cromatici pietra/intonaco.

    Vasari ricorda ad esempio che Michelangeloutilizz per la Biblioteca Laurenziana e laSacrestia di San Lorenzo fregi e ornati di PietraSerena a grana fine, con caratteristiche di parti-colare durevolezza, estratta nella valle delTorrente Mensola; lo stesso Vasari inoltre, aproposito degli Uffizi e della Loggia delMercato Nuovo, sostiene che il materiale edili-zio fosse costituito dalla Pietra del Fossato,unaltra variet di Pietra Serena.

    Nella seconda met del 500 la Pietra Serenaacquist un pregio tale che ne fu regolamentatalestrazione; sotto lo stato Granducale furonoinfatti istituite le cave bandite che vincolava-no lutilizzo del materiale per abbellire la capi-

    tale della Toscana. Le pietre, potevano essereestratte solo con la regia permissione peresternare il potere della casa regnante. Si tratta-va delle cave situate tra San Francesco eFontelucente, la collina a ovest di Fiesole e alMulinaccio, sotto Maiano, a est della citt. Daquesto periodo in poi si affianc alluso dellaPietra Serena vera e propria anche quello dellacosiddetta Pietra Bigia, una variet della mede-sima, la cui caratteristica pi evidente unacolorazione bruno-chiara e una consistenzamaggiore, che la faceva preferire nel rivesti-mento delle facciate.

    Nel 1741 il naturalista TARGIONI TOZZETTI,spinto dalla confusione terminologica con cui cisi riferiva a questo litotipo, esegue uno studio didettaglio sullargomento recandosi direttamentea visitare le cave; in effetti, in contrapposizioneallapparente uniformit di questa pietra, glistrati di una stessa cava possono presentarenotevoli differenze. TARGIONI TOZZETTI afferm-va che ... alluniformit dei costituenti minera-logici contrasta la variabilit anche nello stes-so strato, della quantit e della qualit delcemento... dando unimpronta molto attuale alsuo lavoro.

    Questo medico e naturalista stato infatti unprecursore dei moderni studiosi riuscendo acapire da semplici osservazioni che con il nomedi Pietra Serena e Pietra Bigia gli architetti delpassato in realt si riferivano allo stesso tipolitologico che si differenziava in pi variet inbase al colore ed alla resistenza alle intemperie.Infatti la Pietra Serena, molto pi abbondante,veniva descritta come di colore ceruleo tenden-te allazzurrognolo e la bigia di colore terra oleonato sudicio tendente al bigio dovutoallalterazione e questa era pi dura e resistentealle intemperie anche se esisteva una varietdella prima forte e ruspa che resisteva benissi-mo allo scoperto. Quindi di entrambe le tipolo-gie ne esisteva una variet ruspa, a granagrossa e renosa, che sopportava meglio le ingiu-rie dellaria ed una fine, con grana minuta,che era migliore al coperto. Anche rispetto allalavorabilit allo scalpello e quindi alla tenacitve ne erano di due tipi, la forte e la tenera; laBigia tuttavia, particolarmente resistenteagli agenti esterni ed pi dura e compattarispetto alla qualit Serena.

    Riguardo a questa ultima caratteristica sitrova scritto, inoltre, che alle forti appartene-vano le cave di Fiesole tra San Francesco eFontelucente e al Mulinaccio sotto Maiano,dove si trovavano le cosiddette cave bandite gicitate ... di cui non si sa se la Gonfolina ne

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  • abbia... (TARGIONI TOZZETTI), che erano carat-terizzate da saldezze smisurate e per cavare lequali occorreva la regia permissione.

    Sempre il TARGIONI TOZZETTI con uninvidia-bile precisione e attinenza con le modernedescrizioni distingueva quattro variet diversenella serena di Montececeri e le descriveva nelseguente modo:

    - la prima era una pietra durissima con gra-nuli elastici di varie misure e con cemento costi-tuito da calcite limpida di notevole durevolezzaalla lavorazione, bassa porosit e sotto gli agen-ti esterni pur prendendo una patina scura mante-neva immutata la saldezza primitiva comedimostravano, e dimostrano, le mura dellanticaFiesole etrusca;

    - la seconda era del tipo sereno ordinarioin cui la parte clastica era pi minuta, ma sem-pre poco uniforme di misura; il cemento, quan-titativamente pi abbondante, poteva essere inprevalenza di natura argillosa, con scarso calca-re, il che rendeva questa pietra pi geliva e pocodurevole allesterno;

    - la terza era detta sereno gentile, con ele-menti clastici di misura minore ma pi uniformied un cemento argilloso debolmente calcareo,risultava pi adatta per sculture ornamentali,prendeva buon pulimento e resisteva assai spe-cie al coperto;

    - la quarta era ancora sereno gentile, magli elementi clastici erano ancora pi piccoli esoprattutto pi uniformi e nel cemento compari-va anche un certo tenore di carbonato, inoltre lapietra si prestava assai meglio per essere usataper la scultura, inoltre acquistava un ottimopulimento, ed era dotata di buona durevolezzaanche allaperto; questo tipo di sereno gentile acemento calcareo-argilloso non costituiva interibanchi, ma solo una facies particolare di alcuninon frequenti affioramenti della formazione are-nacea.

    Quindi sia per la Pietra Serena che per laPietra Bigia, si poteva individuare la varietruspa, (renosa con grana grossolana) e lavariet fine; si riconosceva una varietforte ed una tenera, ma TARGIONI TOZZETTIriconobbe subito che le due pietre costituivanodue toponimi merceologici dello stesso tipolitologico

    Ai tipi di sereno descritti da TARGIONITOZZETTI, vanno aggiunti quelli citati negli antichidocumenti riguardanti gli ordini dei materiali; traquesti bisogna ricordare la Pietra di Trassinaia e laPietra del Fossato, il cui nome si pu pensaresemplicemente legato alla cava di provenienza enon ad un litotipo diverso dalla Pietra Serena.

    I vecchi cavatori, a proposito della PietraBigia, solevano dire: la fine porta i bigio,indicando con questo che la qualit Bigia sitrova in prossimit di una fine (cio di unafrattura); in effetti la percolazione lungo lefratture di acque ricche in carbonato di calcioche hanno impregnato la pietra effettuando unacementazione secondaria che ha conferito allaroccia una tipica colorazione bigia cioambrata e soprattutto una maggiore consistenzae durevolezza agli agenti atmosferici.

    E di Pietra Bigia larco di trionfo di Piazzadella Libert realizzato nel 1739 in onore diFrancesco III di Lorena per il suo ingresso aFirenze.

    Con loccasione di Firenze Capitale delRegno (1865-1870), lattivit delle cave ebbeun forte incremento, non solo per dare unanuova immagine alla Capitale nascente, maanche per larchitettura della stessa Fiesole,rimasta fino ad allora ferma allantico impiantomedioevale; nel 1870 le cave aperte sul MonteCeceri erano 40 (su 83 per lintero Comune).

    Lattivit di cava cesser definitivamente coni primi anni 60 anche per la concorrenza con laPietra di Firenzuola, pi competitiva alla cava-tura, ma di qualit molto pi scadente.

    Le ultime cave ad essere aperte sono statequelle delle zona di Greve in Chianti (cava diCaprolo) insieme a Montebuoni e Tavarnuzze, asud della citt.

    4.1.1 - Petrografia

    Geologicamente quando si parla di PietraSerena si intende unarenaria proveniente dalleformazioni torbiditiche (OligoceneSup./Miocene Inf.) del Macigno e di MonteModino (ABBATE & BRUNI, 1987; BRUNI &PANDELI, 1992) affioranti nellAppennino set-tentrionale. Tali sedimenti sono costitute stratiarenacei e arenaceo-pelitici (grana da mediogrossolana a fine), con spessore da 0,5 a 5 m,alternati a livelli argillitici e/o siltitici di spesso-re 20-30 cm. Lo spessore massimo raggiuntodalla formazione di 3000 m (FAZZUOLI et alii,1985). I costituenti principali dellarenaria sonogranuli di quarzo, feldspati, miche e frammentidi rocce metamorfiche legati da una matriceargillosa e da una piccola percentuale di cemen-to carbonatico (calcite) di origine secondariaDal punto di vista petrografico larenaria clas-sificata come arcose litica a matrice argillosa.

    Recenti studi (BANCHELLI et alii, 1997)hanno permesso di distinguere, nellambito

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  • della Formazione del Macigno/Monte Modinoaffiorante nei dintorni di Firenze, le cave di pro-venienza in base allassociazione dei mineraliargillosi presenti nellarenaria. Tale associazio-ne, in cui sono presenti illite, caolinite, clorite,clorite-vermiculite, infatti legata alla posizio-ne delle cave allinterno della successione stra-tigrafica: ad es., le cave delle colline a sud diFirenze (Greve, Tavarnuzze) appartengono allaparte inferiore del Macigno, invece laGonfolina al Macigno superiore, mentre le cavedella zona di Fiesole sono di passaggio allaFormazione di Monte Modino (FRATINI et alii,2002). Inoltre a livello dei singoli strati in unastessa cava, parametri distintivi possono esserela dimensioni dei granuli, le strutture sedimen-tarie presenti e la quantit di cemento seconda-rio carbonatico.

    4.1.2 - Geologia del colle di Montececeri(Fiesole)

    I rilievi collinari che delimitano verso setten-trione la piana di Firenze formata dallanticobacino lacustre che nel Villafranchiano occupa-va tutta larea di pianura compresa tra Pistoia eFirenze, costituiscono la piccola dorsale su cuisorge Fiesole estesa in direzione appenninica(NNW-SSE) tra i rilievi di M.te Rinaldi eMontececeri.

    Le arenarie che affiorano al Montececeri, chehanno rappresentato per secoli una importantis-sima fonte di approvvigionamento per larchi-tettura Fiorentina (fig. 2), costituiscono una for-mazione sedimentaria di origine torbiditica diet Oligocene sup.-Miocene inf. (24 M.a.). Laformazione rocciosa che costituisce lossaturadel rilievo formata da una sequenza di strati diarenaria, generalmente a grana medio-fine e dipotenza (spessore) da 0.50 fino ad oltre 3.00metri, intercalati con livelletti di spessore mas-simo 2030 cm, argillitici-arenacei e/o siltitici.Le arenarie presentano una colorazione grigiaazzurra che passa al giallastro ocraceo quandoalterate. La grana pu variare tra medio-grosso-lana e fine. La composizione mineralogica rappresentata sostanzialmente da quarzo, feld-spati e miche legati da una matrice argillosa e dauno scarso cemento calcitico (max 10%).

    Recenti studi sedimentologici e petrografici(fine anni 80 inizio 90) hanno caratterizzatocon pi precisione la formazione rocciosa affio-rante sul colle di Fiesole, attribuendola non pialla formazione del Macigno, ma a quella delleArenarie di M.te Modino. Le due formazioni

    comunque rappresentano una successione conti-nua di analoga origine di cui le Arenarie di M.teModino costituiscono la sequenza superiore.

    A Montececeri esposta la parte stratigrafi-camente pi alta della sequenza torbiditica(circa gli ultimi trecento metri), a tetto dellaquale ed in continuit sedimentaria sono presen-ti le Marne di S.Polo, che nella localit affiora-no in una stretta fascia sul versante nord occi-dentale della dorsale.

    La struttura geologica individua per questorilievo unanticlinale asimmetrica con assediretto da NW a SE; il fianco sud occidentale diquesta struttura, presenta uninclinazione moltopi accentuata (circa 40) rispetto a quello nordorientale (circa 20). Tale asimmetria sottolinealesistenza di una grande faglia o meglio, unaserie di faglie distensive a direzione appenni-nica (NNW-SSE), caratterizzate da un rigettonotevole. Le discontinuit in oggetto delimitanoil margine settentrionale della depressione tet-tonica mio-pliocenica (circa 5 M.a.) entro laquale tra la fine del Pliocene e linizio delQuaternario si impost un lago. Queste discon-tinuit tettoniche che mettono a contatto la for-mazione rocciosa con i sedimenti fluvio-lacustridel Villafranchiano superiore (per lo pi deposi-ti di delta conoide o conoide), sono responsabi-li dellaffossamento della struttura con il conse-guente basculamento verso NE del bacino.

    Un sistema di faglie trasversali di tipo dis-giuntivo ha dislocato successivamente la strut-tura in blocchi scalati in altezza ad iniziare daquello posto in estremit nord ovest che risultail pi alto (collina di Trespiano). I blocchi suc-cessivi, da NW verso SE, sono il blocco di M.teRinaldi-Fiesole e quello di Montececeri-Vincigliata.

    In particolare il rilievo di Montececeri risul-ta delimitato da due discontinuit tettoniche ditipo distensivo, parallele tra loro ed a direzioneantiappenninica (NNE-SSW). Sul lato occiden-tale lallineamento S.Michele a Doccia-Borgunto, sul lato orientale, allineamentoMaiano - asse torrente del Bucine.Morfologicamente la faglia occidentale sotto-lineata dallimpluvio sul versante sud occiden-tale, allineato, sul versante opposto (nord orien-tale), con analoga morfologia. La faglia orienta-le lungo la quale si impostato il corso del fossodel Bucine, mette a contatto la sequenza arena-cea di Montececeri con i terreni prevalentemen-te argillosi dellUnit tettonica soprastante allestesse arenarie (argilliti del ComplessoCaotico). Questa faglia arriva ad interessare ilbacino fiorentino, essendo responsabile assieme

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  • alla dislocazione Castello-Scandicci (la fagliadel Terzolle che delimita la dorsale di M.teRinaldi- M.te Ceceri allestremit nord occiden-tale), del sollevamento avvenuto nel Pleistocenemedio - superiore (0,71,25 M.a.) che ha porta-to larea di Firenze ad innalzarsi rispetto allarestante parte del bacino.

    La faglia occidentale, sul versante nordorientale, si biforca dando luogo ad una discon-tinuit principale che segue lasse dellimpluviopiegando in direzione di Pian del Mugnone. Iltratto pi corto ad iniziare dal crinale si dirigeverso est ed responsabile della morfologia chesepara il Poggio Magherini da Monte Ceceri.

    Questa particolare condizione tettonica,favorisce lo sviluppo di una permeabilit secon-daria; tale situazione unita al fatto che sul ver-sante settentrionale la formazione stratificata sipresenta con assetto a franapoggio (piani di stra-to concordi alla morfologia del versante conimmersioni verso N-NE, favorevoli alla condu-cibilit idraulica), poich la morfologia quelladi un impluvio e che il cuneo di terreno com-preso tra le faglie appena descritte costituitoda un lembo della formazione delle Marne diS.Polo (stratigraficamente a tetto delle arena-rie e di spessore al massimo una quindicina dimetri), dotate di una permeabilit piuttostoridotta, viene a determinarsi il presupposto perla circolazione di acque in sottosuolo e per laloro concentrazione. E prova di ci lesistenzain corrispondenza di Borgunto, di una storicasorgente intercettata in sotterraneo forse proprioa seguito di antiche escavazioni di cava: la fon-tesotterra che ha assicurato lapprovvigiona-mento di acqua per il nucleo di Borgunto, dalmedioevo allinizio del secolo scorso. La stessafaglia, sul versante che guarda Firenze, determi-na le condizioni per lorigine della sorgente deltorrente Africo cos denominato in ragione dellasua direzione orientata ai venti che giungonodallAfrica.

    4.1.3 - Metodo di coltivazione in uso a Fiesole

    La collina di Montececeri, a Fiesole, ilrisultato di un profondo rimodellamento opera-to da secoli di estrazione della pietra. Le primenotizie certe sulle cave a Montececeri si hannoa partire dal 1200, ma esiste testimonianza giin epoca etrusca e romana.

    Dal XIV secolo gli abitanti di Fiesole sono inmaggior parte dediti al lavoro di cavatori e scal-pellini nelle rinomate cave di pietra serena.

    La coltivazione di una cava iniziava in gene-

    re con lasportazione della coltre detritica checopriva la stratificazione rocciosa (scoperchia-tura). La coltivazione si concentrava sul fila-re, cio lo strato di Pietra Serena principale cheveniva seguito lungo la sua estensione; sul ver-sante occidentale di Montececeri si possonoancora osservare cave adiacenti, poste a quotediverse che seguono chiaramente il medesimostrato; in particolare, molte cave a fitta sonoben allineate lungo un medesimo strato altetto del quale presente una sequenza, piut-tosto spessa (3-5 metri), di straterelli arenaceicon altri marnosi e argillitici.

    Le cave potevano essere di due diverse tipo-logie: a cielo aperto o ad anfiteatro (tipoMaiano), oppure cave ficcate o fitte sullostile della latomie siracusane.

    Nelle prime il taglio dei blocchi (che eranoabbastanza prossimi alla superficie) iniziavadallalto verso il basso scoprendo via, via i fila-ri con le loro caratteristiche (dimensioni, colo-re, grana etc.).Nel secondo caso si formavanodelle cavit o grandi stanzoni che si sviluppava-no attorno ad un pilastro centrale (piede), disostegno alla volta, che si modellava via, via,che le operazioni di cavatura procedevano; loscopo era quello di estrarre strati di pietra moltospessi senza interferire con la sequenza stratifi-cata rocciosa di scarso interesse merceologico edi spessore eccessivo.

    La coltivazione procedeva verso linterno for-mando una sorta di scala che permetteva la disce-sa dei blocchi cavati senza rischi di danneggia-mento raggiungendo il punto pi alto (cielo); daqui si procedeva abbassandosi gradualmente; altermine dei lavori di scavo, si otteneva una pare-te di fondo perfettamente verticale.

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    Fig. 2 - Una veduta della cava di Monte Ceceri (Fiesole).

  • Attualmente queste grandi camere, testi-monianza della maestria raggiunta e tramandatanellarte della lavorazione della pietra da gene-razioni di scalpellini fiesolani sono abbandona-te e solo recentemente sono oggetto di un pro-gramma di recupero che inserisce larea diMontececeri tra le aree locali protette(A.N.P.I.L.).

    Il Comune di Fiesole ha in progetto una seriedi interventi per la sistemazione dellarea chesar attrezzata per configurarsi come un museoen plein air della Pietra Serena.

    Il masso veniva cavato secondo tre dire-zioni principali: la falda, (direzione parallelaalla superficie di strato), la recisa e la moz-zatura (direzioni perpendicolari tra loro).

    Generalmente ai bordi del piazzale di cava,luogo sul quale si svolgevano tutte le attivit dilavoro, venivano realizzati due magazzini.Talvolta questi manufatti erano addossati apareti rocciose, di cui quello pi piccolo venivadestinato per rimessaggio attrezzi di lavoro,mentre quello pi grande per lavorare in occa-sione di maltempo; alcuni di questi fabbricatianche se molto deteriorati, sono ancora oggivisibili percorrendo i sentieri di Montececeri(vedi cava Fratelli Sarti subito ai piedi del piaz-zale Leonardo). Tra il luogo di estrazione ed ilpiazzale si realizzava con la tecnica dei muri asecco una piattaforma alla stessa altezza delpiano del barroccio dalla quale i blocchi diroccia venivano fatti scorrere sul barroccio stes-so facilitando cos al massimo, le operazioni dicarico per il trasporto.

    Nella cava le specializzazioni erano diverse:si potevano distinguere i massaioli che eranoaddetti allestrazione del blocco, i barrocciai,addetti al trasporto e gli ornatisti pronti a sod-disfare i capricci estetici degli architetti checommissionavano il lavoro.

    4.2. - VERDE DI PRATO

    Questo materiale fa parte dellunit ofioliticagiurassica, residuo delle rocce basaltiche checostituivano il fondo di un antico bracciooceanico dal quale pi tardi si svilupper lacatena appenninica.

    Il termine litologico formazionale corri-spondente serpentinite che affiora nel colle diMonte Ferrato, un poggio a pochi chilometri pia nord di Prato.

    Si tratta di un materiale lapideo richiesto perle policromie architettoniche delle citt dellin-tero bacino Firenze Prato Pistoia, che carat-

    terizza i paramenti esterni delle cattedrali tosca-ne.

    Larea di Monte Ferrato, oggi area protetta(A.M.P.I.L. di 4493 ha), comprende tre rilievi insequenza di forma conica: Monte Piccioli (363m s.l.m.), M.te Mezzano (398,6 m s.l.m.) e M.Chiesino o Ferrato (419,6 m s.l.m.).

    Al Monte Ferrato affiorano tre distinte rocceofiolitiche e cio, le serpentiniti, i basalti ed icorrispettivi termini intrusivi: i gabbri.

    Lintensa microfratturazione che caratterizzala serpentinite, ha reso piuttosto difficile lotte-nimento di saldezze significative.Lestrazione di massi di grosse dimensioni piuttosto difficile.

    Le serpentiniti, possono presentare toni diverde molto diversi, dal chiaro allo scuro, consfumature verso il rosso lazzurro; la colorazio-ne pu risultare unita in certi casi, in altri variegata tra verde-giallo assumendo la denomi-nazione di ranocchiaia. La variet verdemolto scura utilizzata per edilizia.

    In passato, sono stare coltivate le cave sulversante orientale del Monte Piccioli, pressoPian di Gello.

    Molte cave sono state attive per tempi brevi,attorno allabitato di Figline, sono ancora benriconoscibili le antiche tracce dellescavazione.

    In questa ultima localit si estraeva anche ilgabbro (noto con il termine di granitone per lasua caratteristica grossezza dei minerali che locostituiscono: plagioclasi e pirosseni).

    Questo materiale veniva impiegato per laproduzione delle macine da frantoio

    Tipica la bicromia realizzata con serpentini-te e calcare alberese che decora le facciateesterne delle chiese o dei soli portali usata nel-larchitettura monumentale romanica-gotica e delprimo Rinascimento. La prima applicazione arti-stica di questo materiale la si pu vedere nellosplendido pavimento dellabbazia pratese di S.Fabiano; viene usata poi in opere come il Duomoe il Battistero di Firenze e il Duomo di Prato.

    La serpentina una roccia che presenta faci-le alterabilit che provoca decoesione, definitasbullettatura (TARGIONI TOZZETTI, 1768).

    Serpentina di colore verde scuro, quasi nero, presente nei pavimenti di Santa Maria delFiore e fu chiamata Paragone da Agostino delRiccio nella sua Istoria delle pietre; in questocaso, riporta Agostino del Riccio, si tratta di ser-pentinite estratta presso lAntella.

    Dalla cava situata alla Sacca di Prato, statoestratto sia la variet Paragone che il Verde diPrato impiegato nei paramenti esterni di SantaMaria del Fiore a Firenze.

    BASTOGI M., FRATINI F.40

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