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Liceo Scientifico Galileo Galilei a. s. 2015-2016 Indirizzo sportivo Docente: Ivana Di Risio GEOGRAFIA DESTINATARI I S PREREQUISITI - conoscere la differenza tra una carta fisica ed una politica; - sapersi orientare su di una carta geografica; - saper dedurre da una carta geografica le principali caratteristiche ambientali e climatiche Per le finalità si rimanda al P.T.O.F. OBIETTIVI - conoscere i lineamenti geografici e geofisici dell‟Europa; - cogliere il ruolo delle società umane e la responsabilità delle scelte in merito alla organizzazione e alla salvaguardia dell‟ambiente naturale e artificiale; - avere un quadro storico dell‟impatto antropico sul territorio; - inquadrare i fenomeni nel tempo e nello spazio, cogliendo i possibili riferimenti interdisciplinari; - leggere e interpretare il materiale (carte geografiche, tematiche e storiche, grafici e fotografie); - usare un linguaggio appropriato alla disciplina. METOLOGIA - lezione dialogata; - lezione frontale; - ricerche individuali. STRUMENTI - manuale di geografia per il biennio; - atlante geografico; - rete internet per ricerche tematiche; - carte tematiche; - grafici e diagrammi TEMPO Il percorso si articolerà in quattro moduli. Il modulo A verrà svolto nei mesi di settembre, ottobre e novembre. Al laboratorio che conclude il modulo A sarà dedicato il mese di dicembre ed il mese di gennaio. Al modulo B verranno dedicate le lezioni del mese di febbraio e della prima metà di marzo. Il modulo C verrà affrontato nella seconda metà di marzo e nel mese di aprile. Il mese di maggio e le lezioni di giugno avranno per oggetto di studio il modulo D.

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Liceo Scientifico Galileo Galilei a. s. 2015-2016

Indirizzo sportivo

Docente: Ivana Di Risio

GEOGRAFIA

DESTINATARI

I S

PREREQUISITI

- conoscere la differenza tra una carta fisica ed una politica;

- sapersi orientare su di una carta geografica;

- saper dedurre da una carta geografica le principali caratteristiche ambientali e climatiche

Per le finalità si rimanda al P.T.O.F.

OBIETTIVI

- conoscere i lineamenti geografici e geofisici dell‟Europa;

- cogliere il ruolo delle società umane e la responsabilità delle scelte in merito alla

organizzazione e alla salvaguardia dell‟ambiente naturale e artificiale;

- avere un quadro storico dell‟impatto antropico sul territorio;

- inquadrare i fenomeni nel tempo e nello spazio, cogliendo i possibili riferimenti

interdisciplinari;

- leggere e interpretare il materiale (carte geografiche, tematiche e storiche, grafici e

fotografie);

- usare un linguaggio appropriato alla disciplina.

METOLOGIA

- lezione dialogata;

- lezione frontale;

- ricerche individuali.

STRUMENTI

- manuale di geografia per il biennio;

- atlante geografico;

- rete internet per ricerche tematiche;

- carte tematiche;

- grafici e diagrammi

TEMPO

Il percorso si articolerà in quattro moduli. Il modulo A verrà svolto nei mesi di settembre, ottobre e

novembre. Al laboratorio che conclude il modulo A sarà dedicato il mese di dicembre ed il mese di

gennaio. Al modulo B verranno dedicate le lezioni del mese di febbraio e della prima metà di

marzo. Il modulo C verrà affrontato nella seconda metà di marzo e nel mese di aprile. Il mese di

maggio e le lezioni di giugno avranno per oggetto di studio il modulo D.

VERIFICHE

Sono previste due verifiche per quadrimestre: un colloquio orale ed una verifica scritta

semistrutturata. Potrà essere oggetto di valutazione anche l‟esposizione e la presentazione degli

elaborati assegnati come compito a casa.

VALUTAZIONE

Gli alunni verranno valutati tenendo conto dei seguenti parametri:

- padronanza dei contenuti;

- capacità di istituire legami di causa - effetto (ad esempio: cambiamento climatico/adattamento

delle specie; aumento dell‟effetto serra/variazioni climatiche, etc.);

- chiarezza espositiva;

- possesso del lessico specifico della disciplina.

MANUALE

Manlio Dinucci-Carla Pellegrini, Geolaboratorio. L‟Europa ed il mondo nel XXI secolo, Zanichelli

2015.

CONTENUTI

MODULO A

L’EUROPA

TERRITORIO; DEMOGRAFIA ED URBANIZZAZIONE; CULTURA ED ISTITUZIONI;

RISORSE ED AMBIENTE, ECONOMIA

- La conformazione del territorio europeo e le regioni bioclimatiche;

- storia e demografia (gli indicatori demografici, il processo di urbanizzazione, le correnti

migratorie);

- le lingue, i beni culturali, le religioni

- l‟unione europea

- le risorse e la loro gestione (le risorse minerarie ed energetiche e la loro gestione)

- il settore primario e le sue produzioni

- le attività secondarie e terziarie

LABORATORIO

- ricerca e selezione delle fonti

- costruzione dei grafici

Alla luce delle abilità che avranno acquisito nelle lezioni relative alla selezione delle fonti ed alla

costruzione ed impiego dei grafici, gli alunni produrranno ricerche di gruppo aventi per argomento:

- L‟Europa settentrionale;

- L‟Europa occidentale;

- L‟Europa meridionale;

- L‟Europa orientale

MODULO B (MODULO INTERDISCIPLINARE DI STORIA E GEOGRAFIA)

LA GEOGRAFIA DEL MONDO GRECO DALL’ANTICHITÀ AI GIORNI NOSTRI

- Chi erano i Greci;

- una terra povera e difficile;

- il rapporto con il mare;

- l‟agricoltura;

- un popolo di viaggiatori ed emigranti

CITTADINANZA E COSTITUZIONE: L‟idea di democrazia e le sue realizzazioni

MODULO C (MODULO INTERDISCIPLINARE DI STORIA E GEOGRAFIA)

LA GEOGRAFIA DEL MONDO ROMANO DALL’ANTICHITÀ AI GIORNI NOSTRI

- I mari da attraversare ed il rapporto con la Grecia;

- l‟Occidente: un territorio marginale;

- tracce sul nostro territorio: l‟agrimensura, la centuriazione, le vie di comunicazione

MODULO D

L’ITALIA AL CENTRO DEL MEDITERRANEO

- Studio delle caratteristiche fisiche dell‟Italia

- L‟Italia nel processo di cooperazione europea

- L‟Italia e le migrazioni

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Indirizzo sportivo

Docente: Ivana Di Risio

ITALIANO

DESTINATARI

III S

Gran parte del programma è strutturata in un percorso per tema: L‟idea della donna e

dell‟amore. Modelli e rovesciamenti.

RAGIONI DELLA SCELTA

L‟amore è uno dei temi fondanti della letteratura: non essendo legato esclusivamente ad un genere

specifico, esso permette di affrontare un percorso vario e completo per quel che concerne l‟analisi

degli stili e delle forme.

L‟idea che una determinata civiltà ha dell‟amore è complementare all‟idea che la stessa civiltà ha

della donna ed è proprio su tale figura che il presente percorso si articola tenendo ben fermi come

oggetti d‟osservazione la stilizzazione canonica che della figura femminile ha costruito una certa

produzione letteraria e il rovesciamento comico, più spesso sottilmente parodico, che tale modello

genera.

Ho deciso di intraprendere questo tipo di percorso proprio perché il rovesciamento letterario, a mio

avviso, è particolarmente utile per far comprendere ai ragazzi l‟importanza dei modelli

nell‟immaginario di una data epoca: è necessario infatti conoscere bene i modelli se si vuole fruire

appieno dell‟effetto parodico derivante dai loro ribaltamenti letterari. Penso inoltre che un tale

percorso aiuti gli studenti ad interiorizzare l‟idea della letteratura come di una finzione

poliprospettica che permette, tramite convenzionali codificazioni e “ricodificazioni rovesciate”, di

creare la realtà dell‟immaginario comune.

PREREQUISITI

CONOSCENZE

Gli alunni, per affrontare tale percorso, devono possedere una buona conoscenza:

- del periodo storico di riferimento;

- dei problemi relativi alla formazione del volgare italiano;

- delle fondamentali figure retoriche impiegate in prosa e poesia.

COMPETENZE

Gli alunni ai quali è rivolto tale percorso devono:

- saper affrontare il primo livello dell‟analisi testuale: lettura e comprensione;

- saper offrire una parafrasi corretta dei testi presi in esame;

Per le finalità e gli obiettivi generali del corso di studio si rinvia al P.T.O.F. Le finalità e gli

obiettivi che seguono sono riferite al percorso per tema.

FINALITÀ

Il presente percorso si propone di:

- sviluppare negli studenti la capacità di contestualizzare, nel senso più completo del termine, un

testo letterario;

- far maturare negli studenti la consapevolezza che un‟opera va analizzata con strumenti specifici e

che l‟interpretazione testuale richiede competenze mirate;

- far sì che i ragazzi interiorizzino il concetto di letteratura come finzione e come incontro, nella

dimensione della finzione appunto, tra autore e lettore;

- far comprendere il ruolo attivo del lettore nella costruzione dell‟opera che vive durante l‟atto della

lettura;

- rendere visibile alla mente degli alunni il “filo” che collega i diversi testi sull‟asse diacronico e su

quello sincronico;

- rendere perspicua l‟idea che la letteratura si costruisce su se stessa e si nutre, a volte, di se stessa

in un percorso di forme, stilemi e concetti a tratti permanenti ed a tratti mutanti: ogni autore ha i

suoi autori di riferimento.

OBIETTIVI

CONOSCENZE

Al termine del percorso gli alunni dovranno:

- Conoscere le principali linee di sviluppo della storia letteraria del periodo medievale;

- Conoscere il progredire della concezione dell‟amore e della figura femminile nella letteratura dal

XII secolo al XIV secolo e conoscere inoltre i loci communes ed i motivi della prosa e della poesia

connessi al tema di cui sopra;

- Conoscere i principali generi letterari e le più rilevanti strutture metriche impiegate (nel caso si

faccia riferimento alla poesia) per scrivere d‟amore e per delineare il modello di donna o l‟anti-

modello;

- Conoscere le diverse poetiche e i vari stili degli autori presi in esame e le diverse prospettive

attraverso cui uno stesso autore affronta il tema della donna e dell‟amore;

COMPETENZE Svolto il percorso in tutte le sue parti gli studenti dovranno:

- Saper armonizzare in un completo discorso d‟insieme le conoscenze acquisite facendo riferimento

al contesto storico-culturale che ha generato le opere prese in esame;

- Saper mettere in relazione il tema del percorso con specifici stilemi, motivi e topoi ;

- Saper mettere in relazione i diversi autori tra loro individuando allusioni, citazioni e rimandi tra i

testi;

- Saper cogliere per poi analizzare gli elementi testuali oggetto di rovesciamenti parodici;

- Saper spiegare in modo completo ed adeguato con gli opportuni riferimenti testuali la correlazione

tra specifiche forme letterarie, modelli canonici e “trasgressioni parodiche”.

METODI:

Ogni unità didattica sarà introdotta da una lezione frontale; anche l‟analisi dei testi sarà parte

integrante di lezioni frontali. Verrà invece privilegiata la lezione dialogata quando si dovranno

esaminare i testi che costituiscono i rovesciamenti dei modelli cortesi: il dialogo con gli studenti

sarà utile al docente per valutare fino a che punto essi abbiano compreso ed interiorizzato le idee

portanti della concezione dell‟amore e della donna nel periodo studiato e quale sia la loro capacità

di mettere in relazione tali idee con le loro manifestazioni letterarie, ossia se riescano a percorrere

in modo critico la strada che va dall‟immaginario di una certa stagione culturale a determinate

forme estetiche e viceversa. Quando bisognerà mettere a confronto due testi saranno richiesti alla

classe dei lavori di gruppo: tali lavori consisteranno nella costruzione di tavole sinottiche che

abbiano come parametri particolari aspetti dello stile (ad esempio allitterazioni, selezione lessicale

etc.). L‟elaborazione di tali schemi occuperà le ore di lavoro in assenza. Come lavoro individuale,

da svolgere anch‟esso a casa, sarà richiesto ai ragazzi di scrivere brevi saggi che tengano presenti le

indicazioni date in classe riguardo alle diverse prospettive della critica. Alla fine del percorso si

procederà alla costruzione, in gruppo, di una mappa concettuale per sistematizzare quanto appreso.

STRUMENTI:

- Dispense approntate dall‟insegnante: in esse verranno raccolti i testi ed i saggi critici che non si

trovano nel manuale adottato;

- Mappa concettuale: verrà costruita assieme agli studenti alla fine del percorso per organizzare

logicamente, sistematizzare e meglio analizzare quanto appreso; - Computer: sarà utilizzato per la costruzione di tabelle e mappe concettuali, per la consultazione di

eventuali lessici di frequenza su c.d. e per ricerche su internet;

TEMPI DI REALIZZAZIONE

I U. D. (settembre-ottobre) L’idea della donna e dell’amore: i poeti toscani. Modelli e

rovesciamenti in Gunizzelli e Cavalcanti. II U. D. (novembre) L’idea della donna e dell’amore: modelli e rovesciamenti in Dante Alighieri.

III U. D. (dicembre-gennaio) L’idea della donna e dell’amore: modelli e rovesciamenti nella

prosa.

IV U. D. (febbraio) L’idea della donna e dell’amore: il ‘Canzoniere’ di Petrarca

V U. D. (marzo) L’umanesimo volgare in Toscana: l’amore e la figura della donna in Poliziano

VI U.D. (aprile) L’umanesimo volgare a Ferrara: l’amore e la figura della donna in Boiardo.

MODULO A (settembre-giugno): Dante Alighieri, Commedia (saranno analizzati almeno otto canti

della prima cantica)

MODULO B (maggio-giugno) Lo spirito rinascimentale: Machiavelli e Guicciardini (modulo

non pertinente al percorso per tema sulla figura della donna nella lirica italiana, ma utile al fine di

portare gli alunni a possedere le conoscenze delineate nel P.T.O.F per il III anno del nostro liceo)

VERIFICHE

Le verifiche scritte saranno sei in tutto e consisteranno prevalentemente in analisi testuali guidate.

Le verifiche orali saranno quattro. Per motivi connessi al calendario delle attività scolastiche alcune

delle verifiche orali potranno essere sostituite con un test di letteratura semi-strutturato.

VALUTAZIONE

La valutazione avrà come parametri di riferimento:

- La capacità di eseguire una corretta analisi del testo;

- Le conoscenze acquisite in merito al tema affrontato;

- La capacità di stabilire collegamenti tra testi, autori, teorie e saggi studiati;

- L‟acquisizione di un linguaggio specifico da impiegare nell‟analisi ed esegesi testuale;

- La chiarezza espositiva.

MANUALE DI RIFERIMENTO:

Corrado Bologna – Paola Rocchi, Rosa fresca aulentissima, Edizione gialla, Loescher

Dante Alighieri, Commedia, con il commento di Anna Maria Chiavacci Leonardi, Zanichelli.

BIBLIOGRAFIA

PER IL DOCENTE

F. PETRARCA, Canzoniere, (testo critico ed introduzione di G. Contini), Torino, Einaudi 1964.

G. CONTINI (a cura di), Dante Alighieri. Rime,Torino, Einaudi 1965.

G. CONTINI, Varianti ed altra linguistica, Einaudi, Torino 1970².

C. MUSCETTA, Boccaccio, Laterza, Bari 1972.

M. BARATTO, Il testo moltiplicato. Analisi di una novella del “Decameron”, Pratiche, Parma

1982.

G. GORNI, S. LONGHI, La parodia in Letteratura italiana. Le Questioni, Torino, Einaudi 1986,

vol. I.

M. SANTAGATA, I frammenti dell‟anima, Storia e racconto del Canzoniere di Petrarca, Bologna,

Il Mulino 1992.

E. AUERBACH, Studi su Dante, Milano Feltrinelli 1999³.

TESTI DI RIFERIMENTO

GUIDO GUINIZZELLI, Al cor gentil rempaira sempre amore.

GUIDO GUINIZZELLI, Chi vedesse a Lucia un var capuzzo.

GUIDO GUINIZZELLI, Io voglio del ver la mia donna laudare.

GUIDO GUINIZZELLI, Lo vostro saluto e „l gentil sguardo.

GUIDO CAVALCANTI, Chi è questa che ven ch‟ognom la mira.

GUIDO CAVALCANTI, Guata Manetto quella scrignituzza.

GUIDO CAVALCANTI, Noi sian le triste penne isbigottite e debolette.

GUIDO CAVALCANTI, Voi che per li occhi mi passaste „l core.

DANTE ALIGHIERI, Così nel mio parlar vogl‟esser aspro.

DANTE ALIGHIERI, La Vita Nova (passi scelti).

Qui conta come la damigella di Scalot morì per amore di Lancialotto del lac tratto dal Novellino;

GIOVANNI BOCCACCIO, La badessa e le brache (III 1) tratta dal Decameron.

GIOVANNI BOCCACCIO, La novella dell‟usignolo (V 4) tratta dal Decameron.

GIOVANNI BOCCACCIO, La novella di Lisabetta da Messina (IV 5) tratta dal Decameron.

GIOVANNI BOCCACCIO, La novella di Tancredi e Ghismunda (IV 1) tratta dal Decameron.

GIOVANNI BOCCACCIO, Monna Filippa (VI 7) tratta dal Decameron.

FRANCESCO PETRARCA, Era il giorno ch‟al sol si scoloraro (III).

FRANCESCO PETRARCA, I‟vo piangendo i miei passati tempi (CCCLXV).

FRANCESCO PETRARCA, L‟oro et le perle e i fiori vermigli e bianchi (XLVI).

FRANCESCO PETRARCA, Levommi il mio penser (CCCII).

ANGELO POLIZIANO, I‟mi trovai, fanciulle, un bel mattino; Stanze per la giostra vv. 33-60; 69-

108;La favola di Orfeo vv.1-137

MATTEO MARIA BOIARDO, Orlando Innamorato, libro I, canto I, ottave 1-4, 8-9, 1-12, 19-33;

libro II, canto VIII, ottave 38-46; 53-63; canto IX, ottave 1-5; 13-20.

DESCRIZIONE DEL PERCORSO PER TEMA

I U. D.

L’idea della donna e dell’amore: i poeti toscani. Modelli e rovesciamenti in Gunizzelli e

Cavalcanti.

Il percorso inizierà parlando agli alunni delle innovazioni introdotte nella lirica da Guido

Guinizzelli. Sarà bene sottolineare come in realtà sono ben poche le poesie del primo Guinizzelli

che si possano definire nuove (tanto da indurre molti critici a non classificarlo tra gli stilnovisti): si

tratta di soprattutto alcuni sonetti di nitida ed elegante scrittura che creano un‟atmosfera d‟incanto

in cui si staglia, quasi dipinta, l‟immagine della donna amata. Si leggeranno in classe Lo vostro bel

saluto el gentil sguardo e Io voglio del ver la mia donna laudare. Dopo aver offerto ai ragazzi la

parafrasi dei due sonetti verranno individuati i principali filoni tematici:

- la lode dell‟eccellenza della donna;

- l‟analisi degli effetti che l‟amore per la donna ha sull‟amante.

L‟amore è visto dal Guinizzelli come una forza devastante che toglie vitalità al cuore

dell‟amante, il quale viene ridotto a mero simulacro di un uomo. Il motivo sarà poi ripreso e portato

alle estreme conseguenze da Guido Cavalcanti in tutta la sua lirica: ad esempio nel sonetto Voi che

per li occhi mi passaste „l core, come vedremo più avanti, Cavalcanti mutua da Guinizzelli

l‟immagine del dardo d‟amore che trafigge crudelmente il cuore dell‟uomo: tale motivo, già

presente in Chrétien de Troyes, risale fino ad Ovidio, ma diviene uno dei mezzi preferiti dagli

stilnovisti per esprimere la sofferenza connessa all‟amore. Nel secondo sonetto guinizzelliano, Io

voglio del ver la mia donna laudare, viene sviluppato il secondo filone tematico sopra individuato:

la lode della donna. La lode si articola in una costruzione sapientemente variata nei suoi elementi:

s‟impone subito all‟occhio del lettore l‟enumerazione dei sostantivi che servono da termini di

paragone per la bellezza femminile e che così “accumulati” ricordano lo schema di un plazer

provenzale; ma l‟importanza data alla figura femminile è realizzata molto più sottilmente nella

struttura logico-grammaticale. Difatti si sottolineerà ai ragazzi come la donna, soggetto logico delle

prime quartine diviene anche soggetto grammaticale nelle terzine conclusive grazie all‟accorto

passaggio operato all‟ottavo verso dove il sostantivo “Amor” ricoprendo al contempo il ruolo di

soggetto grammaticale e logico addolcisce una variatio che altrimenti risulterebbe troppo brusca

provocando l‟opposizione netta delle due parti del sonetto. Questo è solo un esempio dei vari

approcci interpretativi di cui ho intenzione di servirmi per far comprendere ai ragazzi come nella

letteratura, e soprattutto in poesia, è fondamentale la complementarità tra forma e contenuto e come

un tema, o un motivo ad esso connesso, possa essere essenzialmente connotato da accorgimenti e

movenze stilistiche. Giunti a questo punto gli studenti saranno stimolati, mediante una lezione

dialogata, a osservare lo sviluppo che le tematiche guinizzelliane hanno avuto nello stilnovista per

antonomasia: Guido Cavalcanti. Dopo aver introdotto la figura del poeta fiorentino si leggeranno in

classe Chi è questa che ven ch‟og‟om la mira, Voi che per li occhi mi passaste „l core e Tu m‟hai sì

piena di dolor la mente; questa volta la parafrasi sarà approntata dai ragazzi. Mia intenzione è far

notare loro che Chi è questa che ven ch‟og‟om la mira riprende la maniera guinizzelliana, come del

resto tutti i primi componimenti del poeta fiorentino (si veda, ad esmpio, Avete in vo‟ li fior‟ e la

verdura), mentre gli altri due sonetti evidenziano una completa autonomia poetica. Le differenze

che gli studenti rileveranno nelle poetiche dei due autori saranno poi organizzate in un discorso

d‟insieme sulla fisionomia stilistica del Cavalcanti che insisterà:

- sulla drammaticità;

- sulla contemplazione malinconica;

- sul gusto per il reale.

Le differenze stilistiche tra “i due Guidi” venute fuori dall‟analisi dei testi saranno

ricondotte ad una diversa concezione dell‟amore: per il Cavalcanti la fonte dell‟amore è l‟anima

sensitiva, sede delle passioni, e non quella razionale illuminata da Dio; riprendendo la teoria

scientista degli “spiritelli”, le energie vitali che presiedono alle varie funzioni corporee e psichiche,

il poeta fiorentino amò oggettivare il dramma intimo dei sentimenti nel conflitto dilacerante che

l‟amore-passione scatena tra tali forze. L‟indifferenza del Cavalcanti rispetto alle problematiche

della donna-angelo è un elemento fortemente innovatore che rende la sua lirica diversa rispetto a

quella guinizzelliana ma anche rispetto a quella dantesca.

Sia a Guinizzelli che a Cavalcanti piacque talora lasciare lo stile alto e tragico per dilettarsi

in rime dal gusto realistico e dallo stile medio, questo tuttavia non basta per fare dei due poeti dei

convinti sostenitori della poesia comico-realistica: la marginalità della produzione giocosa del

Guinizzelli attesta un tardo interesse mostrato per il genere rilanciato a Firenze da Rustico Filippi; i

componimenti d‟intonazione popolareggiante del Cavalcanti1 sono prove tutt‟altro che minori, ma

resta il fatto che la produzione che ha consacrato il poeta come maggiore stilnovista è, ovviamente,

quella alta. Saranno lette e commentate ai ragazzi Chi vedesse a Lucia un var capuzzo del poeta

bolognese e Guata, Manetto, quella scrignituzza dello stilnovista fiorentino. L‟amore stilnovistico

è nei due sonetti sottoposto decisamente a parodia. Nel primo dei due testi compare tutta una serie

di motivi tipici della fin‟amor (la gentilezza, il cuore palpitante alla vista dell‟amata), ma essi sono

presentati da una prospettiva che li stravolge: in luogo dell‟inconsistente donna-angelo vi è una

figura femminile molto concreta, che indossa un copricapo civettuolo ed un abito inconsueto; in

luogo dell‟estatica contemplazione c‟e uno slancio fortemente sensuale (“prender lei a forza”,

“bagiarli la bocca”). Anche le immagini impiegate sono del tutto opposte nel tono a quelle proprie

della lirica cortese: ad esempio, il cuore che palpita è paragonato ad un serpente mozzo che si

dibatte insanguinato. Nel sonetto di Cavalcanti l‟angioletta stilnovistica è addirittura rovesciata nel

suo opposto: in luogo della bellezza sovrumana c‟è la grottesca deformità fisica sottolineata

dall‟ossimoro “drittamente sfigurata”. Anche la situazione è il rovesciamento parodico di quella

stilnovista ed il coro di donne gentili che dovrebbero accompagnare l‟amata si trasforma in “alcuna

bella donna gentiluzza”. La contemplazione di tale figura femminile non può fare altro che

provocare una risata che scaccia ogni forma di dolore, di angoscia amorosa e di malinconia. Se si

pensa che proprio questi ultimi sono gli elementi portanti della tematica cavalcantiana il

componimento si rivela anche un‟autoparodia. Come ultima osservazione si farà presente ai ragazzi

che il verso conclusivo, “o tu morresti, o fuggiresti via”, ricorda un endecasillabo della canzone

dantesca Donne ch‟avete intelletto d‟amore, “diverrai nobil cosa o si morria”: una divertita

allusione all‟amico? Può darsi: tanto più che Dante, a sua volta, prende a modello questo sonetto

1 Oltre a quello che sarà presentato in classe Era in pensier d‟amore quand‟i‟ trovai, Gli occhi di quella gentil forosetta

e In un boschetto trova‟ pastorella.

cavalcantiano per un suo componimento analogo che ripete le stesse rime, Sennuccio, la tua poca

personuccia.

II U. D.

L’idea della donna e dell’amore: modelli e rovesciamenti in Dante Alighieri.

Questa unità didattica sarà introdotta da una lezione sulla struttura della Vita Nuova.

Nella Vita Nuova Dante raccolse trentuno poesie fra quelle scritte nel decennio precedente,

accompagnandole con quaratadue capitoli in prosa che offrono la trama narrativa dei versi. Verrà

poi letto in classe il capitolo XXVI dell‟opera e quindi anche il famoso sonetto Tanto gentile e

tanto onesta pare. Dopo aver affrontato insieme ai ragazzi la parafrasi insistendo sul valore

semantico e squisitamente etimologico delle parole-chiave (“gentile”→ nobile; “onesta” →

sinonimo del termine precedente in riferimento però al decoro esterno; “pare” → si manifesta nella

sua evidenza; “donna” → signora, padrona; “cosa” → essere in quanto causa di sensazioni ed

impressioni). Si spiegherà che sia la prosa che il sonetto contengono la più compiuta raffigurazione

dell‟ideale femminile quale Dante ha elaborato personalmente partendo dallo Stil Novo: la donna

ora è il vero e proprio angelo stilnovista che poi nella Commedia subirà un‟ulteriore

trasformazione divenendo figura di Cristo. Il carattere di apparizione miracolosa che possiede la

figura femminile è sottolineato dal ritmo lento del verso che rende il senso di un‟immobile

contemplazione: la maggior parte dei versi è segnata infatti da numerosi accenti ritmici (solo nei

primi due versi vi sono cinque accenti di contro ai due o tre che sono abituali nell‟endecasillabo: v.

I 1 ª 4 ª 6 ª 8 ª 10 ª sede / v. II 2 ª 4 ª 6 ª 8 ª 10 ª sede). Si porterà l‟attenzione dei ragazzi

sull‟assenza di concretezza visiva ottenuta dal poeta mediante una studiata selezione lessicale e si

chiederà loro di individuare nel sonetto:

- le azioni compiute da Beatrice;

- gli effetti del saluto di Beatrice;

- i fruitori del saluto di Beatrice.

Sarà inoltre chiesto agli studenti di stabilire un confronto tra questa donna e quella cantata

da Guinizelli e Cavalcanti (con particolare riferimento a Chi è questa che ven ch‟ogn‟om la mira).

Si leggerà infine il saggio di Gianfranco Contini Esercizio d‟interpretazione sopra un sonetto di

Dante2. Il critico esclude la possibilità di una “lettura visiva” del sonetto in quanto Dante non vuole

rappresentare uno spettacolo, ma enunciare una metafisica amorosa; dopo questa premessa cerca di

stabilire il significato originale delle parole della poesia nella lingua dei tempi di Dante ed osserva

come nessuna di esse abbia conservato la sua accezione originaria nell‟italiano moderno; passa poi

ad analizzare i principali tratti stilistici del sonetto sottolineando la mancanza di ogni tensione

verso una forte espressività, tensione invece presente nelle rime petrose. Nelle rime per la donna-

Pietra Dante si cimenta in un originale esercizio di poesia realistica che richiama l‟arduo trobar

clus di Arnaut Daniel. Il ciclo è composto da due canzoni (Io son venuto al punto de la rota e Così

nel mio parlar voglio esser aspro) e da due sestine (Al giorno ed al gran cerchio d‟ombra e Amor,

tu vedi ben che questa donna), dove la materia tormentosamente sensuale si incarna in immagini

violente ed in uno stile aspro e complesso, sorretto da una tecnica raffinatissima ed a tratti

funambolica. In classe si analizzerà la canzone Così nel mio parlar voglio esser aspro. Come la

altre rime petrose la canzone si distacca talmente dall‟esperienza letteraria delle rime giovanili da

costituirne un rovesciamento, sia nella rappresentazione della donna sia nel linguaggio. La tematica

è sempre amorosa, ma nella fase stilnovistica la donna era un miracolo mandato in terra da Dio e

l‟amore per lei purificava l‟amante; ora invece la donna è creatura crudele e l‟amore per lei una

2 G. CONTINI, Varianti ed altra linguistica, Einaudi, Torino 1970², pp. 163-168.

forza devastante che conduce alla distruzione. In secondo luogo, nella poesia stilnovista l‟amante si

poneva di fronte all‟oggetto amato in un atteggiamento di contemplazione estatica e venerazione

mistica; qui invece il rapporto è conflittuale e violento: l‟amante mira alla vendetta. La novità non è

assoluta: questa concezione dell‟amore come forza distruttiva era già presente in Cavalcanti. A

questo punto si chiederà ai ragazzi di rintracciare la fondamentale differenza tra la concezione della

donna e dell‟amore cavalcantiana e quella dantesca. Il dibattito dovrà essere guidato

dall‟insegnante per giungere alla seguente conclusione: in Cavalcanti crudele era solo la forza

d‟amore, non la donna, che poteva essere quindi ugualmente sublimata; mentre nel Dante delle

rime petrose è proprio la donna ad essere crudele; la poesia di Cavalcanti insisteva solo sulla

sofferenza soggettiva dell‟amante, mentre qui la violenza si ritorce anche contro l‟amata nel

desiderio di vendetta: siamo davanti ad una donna reale fatta di carne e di sangue che non consente

alcuna sublimazione. Si pensi inoltre all‟assenza di concretezza visiva del sonetto Tanto gentile e

tanto onesta pare e la si contrapponga all‟immagine della donna-pietra che “latra” nel “caldo

borro”. Non vi sono più le astrazioni dei sentimenti personificati negli “spiritelli”: i sentimenti

hanno una loro tangibilità. Ci si concentrerà poi sullo stile aspro del componimento e si porteranno

gli alunni ad enuclearne le principali caratteristiche:

- scontri di consonanti;

- preferenza accordata a termini rari;

- presenza di termini selezionati da un registro basso;

- subordinazioni ed inversioni che rendono faticoso il procedere sintattico.

A questo punto sarà chiaro ai ragazzi che sia a livello tematico sia a livello formale ci

troviamo di fronte ad un vero e proprio ribaltamento del modello stilnovistico: ribaltamento non

parodico, come per i sonetti comico-realistici del Guinizzelli e del Cavalcanti, ma un ribaltamento

che è sperimentazione. Se si prendesse in esame solo lo stile si potrebbe parlare addirittura di un

virtuosismo in cui Dante si cimenta come in una prova che prelude al plurilinguismo della

Commedia, ma, a mio avviso, non è possibile scindere il contenuto dalla forma, fare di tale materia

amorosa uno strumento per l‟affermazione di uno stile. La donna angelo e la donna–pietra sono due

rappresentazioni letterarie della stessa mente: la prima figura di Cristo, la seconda rappresentazione

realistica e sensuale del corpo femminile.

III U. D.

L’idea della donna e dell’amore: modelli e rovesciamenti nella prosa.

In questa unità didattica sarà la prosa a farla da padrona. Si analizzerà prima la

rappresentazione dell‟amore in uno dei racconti del Novellino. Si spiegherà ai ragazzi che il

Novellino è la prima raccolta di racconti della storia della letteratura italiana. Composto alla fine del

XIII secolo, ritrovato e pubblicato nel Cinquecento, esso doveva presentare, in origine, un numero

superiore di novelle: l‟importanza di un autore canonico come Boccaccio deve aver influito sulla

“scelta e selezione editoriale” delle cento novelle. L‟autore è anonimo, certamente un borghese,

forse fiorentino, stando ai precisi riferimenti topografici di alcuni racconti: potrebbe comunque

trattarsi di una persona che aveva soggiornato per qualche tempo in Firenze; si potrebbe ipotizzare

anche la molteplicità degli autori e vedere l‟unità dell‟opera come il risultato della mano di un

compilatore che abbia organizzato l‟intero materiale premettendogli un prologo. Argomenti e

personaggi sono vari. Forte l‟influenza della letteratura classica, di quella medio - latina, della

provenzale e della francese. Verrà letto in classe il capitolo LXXXII, Qui conta come la damigella

di Scalot morì per amore di Lancialotto del Lac. La fonte è da rintracciare in un poema del ciclo

arturiano, La mort le roi Artus, e riguarda un episodio marginale della vita dell‟eroe: la morte della

damigella di Scalot a causa del dolore provocato dall‟amore non corrisposto per il valente

Lancillotto. La damigella aveva predisposto che, dopo la morte, il suo corpo fosse vestito con i suoi

abiti più nobili ed impreziosito con i più bei gioielli e che fosse messo in una barca e spinto a largo.

Quando la damigella morì furono seguite le sue volontà. La barca arriva a Camelot e Artù, vedendo

arrivare la “navicella” senza nocchiero, sale a bordo e trova la donna ed una lettera nella quale, tra

l‟altro, era scritto “…e se voi volete sapere perch‟io a mia fine son venuta, si è per lo migliore

cavaliere del mondo e per lo più villano, cioè monsignore messere Lancialotto di Lac…”. Il

termine “villano” indica la negazione dei valori cortesi ed è alquanto insolito trovarlo riferito ad un

cavaliere, inoltre qui è la donna che “corteggia” il cavaliere (“nol seppi tanto pregare d‟amore”)

eleggendolo addirittura suo signore (“monsignore”) ed è il cavaliere a negarsi per amore di un‟altra,

abbiamo cioè un uomo amato da più dame: l‟esatto contrario di una situazione tipica nelle corti

medievali, stando alle rappresentazioni letterarie dell‟epoca. Ci troviamo di fronte ad una situazione

cortese capovolta! La lettera inoltre costituisce un‟azione vendicativa…siamo lontani dall‟idea

dell‟amore come contemplazione e venerazione! È altresì importante far notare agli studenti la

presenza di un motivo che avrà molta fortuna: quello della malattia d‟amore3.

Dopo una lezione introduttiva sul Boccaccio e sulla struttura del Decameron nella quale si

insisterà sulla dedica alle donne premessa dall‟autore alla raccolta, verrà letta in classe La novella di

Lisabetta da Messina (IV 5). Baratto4 interpreta la novella come uno scontro tra amore e “ragion di

mercatura” ed afferma che la borghesia, così come appare in questa ed in altre novelle del

Decameron, sembra negata alla passione: negli schemi mentali del borghese il matrimonio è

strumento da adoperare per una saggia amministrazione dei propri beni. Si tratta quindi di

un‟ambientazione borghese e popolare e non più cortese; anche qui, tuttavia, la passione sembra

inconciliabile con il matrimonio e la gioia di amare deriva da relazioni illecite, o almeno tali agli

occhi dei personaggi che circondano gli amanti. Questo non è l‟unico elemento comune con l‟amore

cortese: la protagonista per tutto il racconto non pronuncia una sola parola e nulla sappiamo dei suoi

pensieri; come scrive Muscetta, Lisabetta ha una “carnale intensità di sguardi e di desideri, quella

forza degli occhi che fa conquistare l‟amante (come teorizzava il Notaro Jacopo da Lentini,

polemizzando contro gli innamoramenti per fama)” 5

. Torna inoltre anche qui il motivo della

malattia d‟amore che conduce la protagonista fino alla morte. A questo punto sarà necessario fare le

debite distinzioni: vi sono sì elementi “mutuati” dalla concezione dell‟amore cortese, ma sono da

considerarsi come delle permanenze in un contesto quasi completamente mutato. Innanzi tutto viene

rappresentata una passione che porta alla follia: la protagonista, pur di avere una “tomba” su cui

piangere, arriva a disseppellire il cadavere dell‟amato e a staccargli alla meglio la testa dal busto

con un pugnale: quanto siamo lontani dai codificati comportamenti amorosi tutti improntati a

mostrare “gentil core” e cortesia! La malattia d‟amore, lungi dall‟essere un abusato e logoro topos

privo ormai di suggestioni, da il là ad una serie di comportamenti patologici nella protagonista che

hanno indotto la critica ad analizzare la novella soprattutto con gli strumenti della psicanalisi. Il

carattere tragico di questo amore si fa, qui più che altrove (penso a novelle come la IV 1, che narra

l‟infelice vicenda di Ghismunda), strumento di “accusa” (mi rendo conto di impiegare un termine

un po‟ forte) della condizione femminile ed al contempo attestazione di una nuova concezione

dell‟amore e della donna: l‟amore non è una costruzione mentale che può alimentarsi di estatica

contemplazione, non è solo una forza nobilitante che eleva l‟amante per avvicinarlo a Dio, esiste

anche l‟amore carnale e la passione che sconvolge ed abbassa, in quanto forza terrena, tanto

principesse e damigelle quanto fanciulle di più bassa condizione sociale e le rende cittadine con pari

diritti e doveri del democratico regno d‟amore. Ma non è solo la distinzione tra i ceti sociali ad

essere abbattuta, la donna infatti non è più oggetto d‟amore, ma anche soggetto: sebbene

3 Non può non essere menzionato il passo de “Il nome della rosa” di U. Eco nel quale il giovane Adso rimane catturato

nella biblioteca del monastero da un trattato, finemente miniato, sulla malattia d‟amore ed i suoi sintomi: il brano

potrebbe essere letto per far comprendere agli alunni come il motivo letterario della malattia d‟amore sia strettamente

connesso alla concezione medievale di tale sentimento. 4 M. BARATTO, Il testo moltiplicato. Analisi di una novella del “Decameron”, Pratiche, Parma 1982, pp. 40-41; 45-

47. 5 C. MUSCETTA, Boccaccio, Laterza, Bari 1972, p. 227.

tiranneggiata dalla volontà utilitaristica dei fratelli Lisabetta agisce scempiando il cadavere

dell‟amato pur di avere un feticcio su cui piangere. Siamo tuttavia di fronte ad un personaggio

debole e quindi, per meglio comprendere quanto la rappresentazione letteraria della donna sia

cambiata, sarà chiamata in causa un‟altra novella: La novella dell‟usignolo (V 4). Il canto

dell‟usignolo che invita all‟amore, topos della lirica cortese, è trasportato all‟interno di uno

stratagemma escogitato da una figlia troppo vigilata dai genitori per incontrare il suo amante.

L‟usignolo rimbalza nei dialoghi come metafora sessuale intorno alla quale ruota la novella e con la

sua vis comica fa cadere ogni tabù, soprattutto quello della castità e della verginità femminile. I due

giovani protagonisti, Caterina e Riccardo, sono legati da una passione che è semplice turbamento

giovanile dei sensi, attrazione naturale che mantiene un carattere fanciullesco: non si lambiccano la

testa con alcuna complicazione sentimentale ma passano subito a studiare un espediente per poter

prender diletto l‟uno dell‟altra indisturbati. La loro avventura è raccontata con assenza di toni

drammatici ed anche la metafora comica dell‟usignolo, attorno alla quale è costruito l‟effetto

comico, ha la leggerezza fanciullesca di un gioco di parole. Questi aspetti danno rilievo al valore

ideologico della novella che risalta maggiormente se si confronta il comportamento paterno di

messer Lizio con quello di altri padri o fratelli (re Tancredi ed i fratelli di Lisabetta, ad esempio)

che Boccacio pone in analoghe situazioni. Numerose sono le novelle nelle quali incontriamo

realistiche e spregiudicate giovinette o mogli che beffano mariti gelosi: si pensi a La novella di

monna Filippa (VI 7) o a La novella della badessa e delle brache (III 1). “La donna del Decameron

non è più la donna – angelo: è la donna borghese, che unisce la naturalità del popolo alla nobiltà

dell‟animo cortese, l‟amore all‟intelligenza ed all‟ingegno”6.

È imprescindibile la menzione di un‟altra opera del Boccaccio: il Corbaccio. In quest‟opera

l‟autore, innamorato di una vedova che lo respinge per la sua bassa condizione sociale e per l‟età

avanzata, immagina di essersi smarrito in un luogo solitario detto il “Labirinto d‟Amore” o “Valle

d‟amore” o “Valle de‟ Sospiri e della Miseria”: qui è soccorso da un‟anima che sta espiando i suoi

peccati, il marito della vedova, che fa una violenta requisitoria contro le donne, indicandone i difetti

e soprattutto gli inganni e convincendo lo scrittore a lasciare i lamenti amorosi ed a dedicarsi agli

studi rasserenanti. È un‟invettiva enfatica ben lontana dai toni e dall‟eleganza stilistica del

Decameron e piuttosto vicina alla tradizionale letteratura antifemminile che risale almeno alla satira

di Giovenale. Il titolo è discusso: forse deriva dal corvo, uccello dedito a mangiare gli occhi ed il

cervello delle carcasse degli animali e perciò simbolo dell‟amore che acceca e fa impazzire; ma si è

pensato, in ragione del carattere satirico dell‟opera, anche allo spagnolo corbacho, che significa

frusta.

IV U. D.

L’idea della donna e dell’amore: il Canzoniere di Petrarca.

In una lezione introduttiva, dopo aver dato le principali informazioni biografiche sul

Petrarca, si illustrerà la struttura del Canzoniere, soprattutto quella tematica. Si spiegherà che il

titolo dell‟opera è in realtà Francisci Petrarchae laureati poetae Rerum Vulgarium Fragmenta,

mentre Canzoniere è il titolo attribuito da una tradizione secolare che accentua, mediante un

riferimento formale, l‟argomento amoroso dell‟opera. Il Canzoniere è diviso in due parti: le “rime

in vita di madonna Laura” e quelle “in morte”. Verrà sottolineato che la bipartizione non è

meramente cronologica ma riguarda piuttosto la dimensione psicologica dell‟autore: il sonetto

proemiale della seconda parte, I‟vo pensando, e scritto infatti mentre Laura è ancora viva.

La figura della donna è cantata in maniere diverse: nei primi sonetti emerge un soggetto

lirico erede della tradizione cortese e stilnovista, già teso tuttavia a creare il mito letterario di Laura,

soprattutto il cosiddetto mito dafneo, identificando la donna con la ninfa amata da Apollo e

6 R. LUPERINI, P. CATALDI, LIDIA MARCHIANI, La scrittura e l‟interpretazione, Firenze, Palumbo 1997, p. 929.

trasformata in alloro e giocando su allusioni foniche e semantiche di parole come “lauro”, “‟aura”,

“aureo”; dopo i primi sessanta sonetti il mito di Laura inizia ad essere cantato con più maturità

stilistica ed inizia ad essere abbandonato l‟ingegnoso manierismo che governa la prima sezione. Dal

sonetto CXXX al CCXLVII Laura è paragonata, in una irreale ed a tratti surreale fantasmagoria di

immagini e colori, ad una “fenice de l‟aurata piuma”(CLXXXV) o ad una “candida cerva” (CXC);

Laura diventa oggetto di meravigliosa (in senso etimologico) contemplazione e rappresenta lo stato

d‟animo del poeta in termini oggettivi tramite un uso copioso di forme iperboliche e traslati,

metafore e similitudini che ricordano il trobar clus di alcuni provenzali. Seguono dei sonetti,

collocati al termine della prima parte della raccolta, che esprimono angosciosi presentimenti della

morte della donna. Le “rime in morte di madonna Laura” costituiscono il vertice della lirica

petrarchesca: assenti toni tragici, il carattere dei componimenti è più che altro elegiaco. La figura

della donna amata vive ora solo nella dimensione del nostalgico ricordo che la rende modello

letterario allontanandola sempre più dalla realtà biografica.

Si insisterà in classe sul carattere nuovo della concezione dell‟amore e della donna:

nonostante la sublimazione spiritualistica quest‟amore è una passione terrena ben radicata in

impulsi nascosti motivati dalla frustrazione del desiderio, dall‟irraggiungibilità dell‟oggetto

d‟amore. Le situazioni cantate dal poeta sono quelle tradizionali presenti nella precedente

produzione poetica, ma nuova è la maniera di rendere tali situazioni: Laura e tutto ciò che le sta

attorno e la riguarda diventa correlativo oggettivo dell‟io lirico del poeta; la realtà della donna man

mano svanisce e quella che ci appare è una figura interiorizzata che l‟io lirico proietta sulla natura

come spettacolo da godere e contemplare; epifania che tortura o immagine rievocata è sempre

proiezione e voce che viene dall‟io: al centro del Canzoniere, soprattutto nell‟ultima parte, non c‟è

più Laura, ma il Petrarca. L‟amore cantato dal poeta aretino è narcisistico e quindi non può che

essere intrisa di narcisismo l‟immagine che ha della “sua” donna: Laura per lui diviene quello che lo

specchio d‟acqua fu per Narciso. A questo punto si leggerà in classe L‟oro et le perle e i fiori

vermigli e bianchi (XLVI) nel quale il poeta afferma esplicitamente che la sua donna è insensibile

all‟amore perché, in realtà, innamorata di se stessa e indifferente a tutto ciò che è altro da lei (“…ma

più ne colpo i micidiali specchi, / che „n vagheggiar voi stessa avete stanchi. / Questi poser silentio

al signor mio, / che per me vi pregava, ond‟ei si tacque, / veggendo in voi finir vostro desio; / questi

fuor fabbricati sopra l‟acque / d‟abisso, et tinti ne l‟eterno oblio, / onde „l principio de mia morte

nacque”).7 Prima di arrivare a questa rappresentazione di madonna Laura il poeta, nelle prime

liriche della raccolta, aveva cantato la sua donna con stilemi più convenzionali che rievocano da

vicino gli stilnovisti: sarà analizzato assieme agli alunni Era il giorno ch‟al sol si scoloraro (III). Si

porterà l‟attenzione dei ragazzi sui primi due versi che contestualizzano il sonetto: il giorno

dell‟innamoramento per Laura è un venerdì santo. Si stabilirà così un duplice parallelismo: quello

della sofferenza del Petrarca con quella di Cristo e quello con l‟esperienza letterario - amorosa di

Dante. I segni che accompagnano la morte di Beatrice sono quelli che accompagnano la morte di

Gesù perché Beatrice ha un significato mistico e, quale figura di Cristo, ispira un amore salvifico.

Nel poeta aretino invece il parallelo con la figura di Cristo serve per mettere in opposizione l‟amore

mistico e quello per Laura: l‟amore per la donna diventa un ostacolo alla salvezza. Ecco la grande

differenza e la svolta. Tale cambiamento nella concezione della donna, anzi dell‟amore per la

donna, non è poi così semplice da far comprendere ai ragazzi soprattutto per i frequenti topoi di

stampo stilnovista: si pensi solamente al verso “…ed aperta la via per gli occhi al core…” e si

stabilisca un parallelo con Voi che per gli occhi mi passaste il core di Cavalcanti. Per addurre

un‟ulteriore prova di quanto fin qui sostenuto si leggerà allora I‟ vo piangendo i miei passati tempi

(CCCLXV) che, penultimo componimento della raccolta e ultima occasione per il poeta di tornare

sulla passione per Laura, sancisce la natura di ostacolo al raggiungimento della pace implicita in un

amore per una creatura terrena (“I‟ vo piangendo i miei passati tempi / i quai posi in amar cosa

mortale…”). La Laura creatura tutta umana non può sottrarsi al fluire del tempo: le donne della

7 Si farà notare agli studenti che il narcisismo e l‟isolamento della donna amata è reso a livello stilistico dalla sintassi

che tende ad identificare ogni verso con una frase in sé grammaticalmente compiuta.

poesia trobadorica, siciliana, stilnovista erano come immuni al suo scorrere, Laura invece ha il

corpo stremato dai parti ed i capelli d‟oro, s‟immagina il poeta, diverranno d‟argento. La figura

femminile diviene simbolo della vanità delle cose terrene e così l‟apparizione di madonna Laura in

Levommi il mio penser (CCCII)8 non è una visione mistica ed ineffabile, ma una fantasticheria in

cui il poeta cerca apertamente soddisfazione ai suoi elegiaci rimpianti. Ecco la rivoluzione: Petrarca

abbassò gli occhi dal cielo alla terra, da dio al suo io.

L‟innovazione sul piano del contenuto assieme alle particolari connotazioni della sua lingua

poetica resero Petrarca un modello. Lo stile del Canzoniere ben presto fa scuola ed inaugura un

gusto estetico destinato ad imporsi nella nostra letteratura: tale gusto stilistico subisce un autentico

processo di codificazione e viene ad identificarsi con il genere lirico in virtù del diffuso fenomeno

del petrarchismo.

V U. D. L’umanesimo volgare in Toscana: l’amore e la figura della donna in Poliziano

Attraverso lo studio del tema letterario dell‟amore nella lirica verranno fatti apprezzare agli alunni i

caratteri tipici della poesia di Poliziano: l‟edonismo squisitamente rinascimentale, la malinconia, il

rispetto della forma classica e l‟adesione all‟ideale della docta varietas.

Verrà sottolineato come al vagheggiamento idillico del “luogo ameno” si associa il tema, centrale

nella cultura cortigiana del Quattrocento, dell‟edonismo: il godere dei piaceri della via senza sensi

di colpa, in perfetta innocenza. Verrà fatta notare la visione opposta rispetto all‟ascetismo

medievale che induceva alla rinuncia ed alla mortificazione. Infatti nell‟umanesimo e nel

Rinascimento, accanto al platonismo ed al petrarchismo, vi è anche una vena di franca sensualità

che si collega al naturalismo boccacciano. Ritroveremo questa concezione naturalistica dell‟amore

in Boiardo, nella novellistica e nella commedia. Attraverso l‟analisi dei testi si sottolineerà come

l‟edonismo di Poliziano si veli di malinconia causata dalla riflessione sulla fugacità e labilità delle

cose belle. Tuttavia in Poliziano il senso della fragilità delle cose è ben diverso da quello

petrarchesco. Petrarca, davanti all‟inevitabile dissolversi della bellezza, prospettava una soluzione

religiosa. La posizione di Poliziano invece è del tutto laica: se le belle cose sono effimere, bisogna

goderne prima che si dileguino. A questo punto i ragazzi saranno stimolati a comporre un‟analisi

contrastiva dei testi. Mediante il lavoro di analisi contrastiva si condurranno gli alunni a

rintracciare, all‟interno delle strutture contenutistiche e formali che manifestano l‟adesione di

Poliziano al gusto classico, moduli e reminiscenze dello stilnovismo e di Petrarca.

VI U. D.

L’umanesimo volgare a Ferrara: l’amore e la figura della donna in Boiardo.

L‟analisi dei testi di Boiardo concluderà il nostro percorso tematico ed insisterà soprattutto sul

concetto di amore come forza motrice della narrazione e sulle novità introdotte da personaggio

femminile di Angelica. Gli alunni saranno quindi stimolati ad un confronto guidato tra tutte le

figure femminili incontrate durante tale percorso.

8 Anche questo sonetto sarà, ovviamente, letto ed analizzato in classe.

Liceo Scientifico Galileo Galilei a. s. 2015-2016

Docente: Ivana Di Risio

ITALIANO

DESTINATARI:

IIIB

Gran parte del programma è strutturata in un percorso per genere: Il genere lirico tra cambiamenti e

permanenze

RAGIONI DELLA SCELTA

La forte stilizzazione e l‟alta codificazione della lirica offre all‟insegnante l‟occasione di affrontare

un percorso che renda gli studenti padroni di alcuni degli “istituti metrici” portanti della poesia

italiana e che li renda al contempo consapevoli della specificità e dell‟irriducibilità del linguaggio

letterario, eliminando così preconcetti che, troppo spesso, inducono a vedere nelle discipline

umanistiche in generale ed in quelle letterarie in particolare un ambito di studi dominato

dall‟approssimazione e dalla “discorsività”. Attraverso lo sviluppo della lirica, in quanto genere

fondante della nostra letteratura, si può arrivare a far comprendere ai ragazzi l‟unicità dell‟oggetto

del nostro studio: sotto la ricorsività di alcune forme infatti la lirica ci tramanda, forse più di altri

generi, l‟individualità artistica di ogni autore.

PREREQUISITI

CONOSCENZE

Per affrontare tale percorso gli studenti devono:

- conoscere le principali linee di sviluppo del volgare italiano in senso diacronico e sincronico;

- avere una buona conoscenza della morfologia e della sintassi della lingua italiana;

- conoscere almeno le fondamentali figure retoriche della poesia:

- conoscere le nozioni basilari della metrica italiana.

COMPETENZE

Per affrontare tale percorso gli studenti devono:

- saper individuare ed esporre in modo semplice e chiaro le principali differenze tra poesia e prosa;

- saper leggere e comprendere il senso di un testo poetico;

- saper eseguire una corretta parafrasi di un testo poetico;

Per le finalità e gli obiettivi propri del corso di studi si rinvia al P.T.O.F. Le finalità e gli obiettivi

che seguono sono relative al percorso per genere.

FINALITÀ

- sviluppare negli studenti la consapevolezza della specificità degli strumenti che l‟interpretazione

letteraria richiede;

- sviluppare ed affinare il senso critico;

- stimolare il senso estetico;

- affinare la capacità di formulare, sul valore artistico di un‟opera letteraria, giudizi che siano,

motivati, pertinenti, adeguati e, soprattutto, non scontati;

- migliorare la qualità dell‟esposizione, sia scritta sia orale, delle proprie idee rendendola al

contempo efficace;

- abituare gli studenti a procedere logicamente formulando ipotesi e verificandole mediante i dati

offerti dal testo letterario;

- rendere gli alunni capaci di operare induzioni, deduzioni e generalizzazioni;

stimolare il piacere della ricerca.

OBIETTIVI

CONOSCENZE

Gli studenti al termine del presente percorso dovranno:

- conoscere le fondamentali linee evolutive della letteratura medioevale;

- conoscere le caratteristiche essenziali del genere lirico;

- conoscere le variazioni subite dalla lirica nel corso del tempo;

- conoscere le variazioni che, all‟interno dello stesso genere, determinano l‟esistenza di

sottogeneri in dimensione sincronica;

- conoscere le principali voci liriche del periodo preso in esame;

- conoscere lo specifico impiego del genere operato da ogni singola personalità artistica;

- conoscere le caratteristiche metrico - stilistiche dei componimenti analizzati;

COMPETENZE

Alla fine del percorso gli studenti dovranno:

- conoscere le correnti di pensiero, i modi di sentire e la visione del mondo propri dell‟epoca storica

presa in esame;

- saper eseguire una corretta analisi del testo;

- saper operare collegamenti e stabilire paralleli tra diversi testi e diversi autori per quanto concerne

le forme e gli stilemi;

- saper impiegare in modo appropriato termini e concetti specifici della lirica medioevale;

- saper impiegare in modo adeguato gli strumenti della critica testuale;

- saper mettere in relazione determinate forme estetiche e specifici temi letterari;

- saper esporre quanto appreso in modo perspicuo e puntuale.

METODI

- lezione frontale;

- lezione dialogata;

- lettura comparata.

STRUMENTI

- manuale in adozione;

- dizionario della lingua italiana;

- computer;

- mappe concettuali.

TEMPI DI REALIZZAZIONE

I U. D. (settembre-ottobre) Scrivere d’amore: la fortuna della canzone e della ballata.

II U. D. (novembre) La poesia comico – realistica e quella popolare: sonetto, frottola e ballatella

III U. D. (novembre-dicembre) La lirica dantesca: la sestina come forma di virtuosismo

MODULO A: (gennaio-febbraio) Il Decameron di Boccaccio (modulo non pertinente al presente

percorso per genere, ma utile al fine di portare gli alunni a possedere le conoscenze delineate nel

PTOF per il III anno del nostro liceo):

IV U. D. (marzo) Canzone, sestina, sonetto e madrigale: le forme dell’io lirico petrarchesco.

V U. D. (aprile) L’umanesimo volgare in Toscana: la forma della lirica in Poliziano

VI U. D. (aprile-maggio) L’umanesimo volgare a Ferrara: l’ottava in Boiardo.

MODULO B (maggio-giugno) Lo spirito rinascimentale: Machiavelli e Guicciardini (modulo

non pertinente al presente percorso per genere, ma utile al fine di portare gli alunni a possedere le

conoscenze delineate nel PTOF per il III anno del nostro liceo)

MODULO C (settembre-giugno): lettura, analisi e commento di almeno otto canti della prima

cantica della Commedia di Dante Alighieri.

VERIFICHE

Sei verifiche scritte (tre per quadrimestre): due analisi del testo guidate; due analisi del testo; due

recensioni; un colloquio orale a quadrimestre; un test semistrutturato a quadrimestre.

VALUTAZIONE

La valutazione sia degli elaborati scritti sia delle verifiche orali avrà come parametri di riferimento:

- le conoscenze acquisite;

- la capacità di eseguire in modo corretto, completo ed esauriente l‟analisi di una lirica;

- la capacità di stabilire correlazioni tra testi, tra autori, tra testi ed autori;

- l‟abilità di far propri gli strumenti critici impiegati nei saggi letti in classe;

- la consapevolezza e la padronanza di quanto appreso.

- l‟acquisizione di un linguaggio specifico;

- l‟esposizione scritta e orale di quanto appreso;

MANUALE DI RIFERIMENTO:

Corrado Bologna – Paola Rocchi, Rosa fresca aulentissima, Edizione gialla, Loescher.

Dante Alighieri, Commedia, con il commento di Anna Maria Chiavacci Leonardi, Zanichelli

BIBLIOGRAFIA

PER IL DOCENTE

F. PETRARCA, Canzoniere, (testo critico ed introduzione di G. Contini), Torino, Einaudi 1964.

AA. VV., Poetica e poesia. Questioni di teoria ed analisi testuale, Einaudi, Torino 1985².

M. SANTAGATA, I frammenti dell‟anima. Storia e racconto del Canzoniere di Petrarca, Bologna,

Il Mulino 1992.

E. AUERBACH, Studi su Dante, Milano, Feltrinelli 1999³.

C. SEGRE, C. OSSOLA, Antologia della poesia italiana, Torino, Einaudi 1999.

LIRICHE DI RIFERIMENTO

ANGELO POLIZIANO, I‟mi trovai, fanciulle, un bel mattino; Stanze per la giostra vv. 33-60; 69-

108; La favola di Orfeo vv.1-137

CECCO ANGIOLIERI, Becchin‟amor, che vuo‟ falso tradito.

CECCO ANGIOLIERI, Dante Alighier s‟io son buon begolardo.

CECCO ANGIOLIERI, Tre cose solamente m‟enno in grado.

dai memoriali bolognesi: Fior della bella cayba e E·lla mia donna çogliosa.

DANTE ALIGHIERI, Al poco giorno ed al gran cerchio d‟ombra.

DANTE ALIGHIERI, Amor tu vedi ben che questa donna.

DANTE ALIGHIERI, Se vedi li occhi miei Di pianger vaghi.

FRANCESCO PETRARCA, Giovene donna sotto verde lauro (XXX).

FRANCESCO PETRARCA, Italia mia benché‟l parlar sia indarno (CXXVIII).

FRANCESCO PETRARCA, Vaga angioletta sovra l‟ali accorta (CVI).

FRANCESCO PETRARCA, Zefiro torna e „l bel tempo mena (CCCX).

GIOVANNI BOCCACCIO, La novella dell‟usignolo (VI 7) tratta dal Decameron.

GIOVANNI BOCCACCIO, La novella di Lisabetta da Messina (IV 5) tratta dal Decameron.

GUIDO CAVALCANTI, Fresca rosa novella.

GUIDO CAVALCANTI, Perch‟io non spero di tornar giammai.

GUIDO GUINIZZELLI, Al cor gentil rempaira sempre amore.

GUIDO GUINIZZELLI, Vedut‟ho la lucente stella Diana.

IMMANUEL ROMANO, La frottola di bisbidis.

MATTEO MARIA BOIARDO, Orlando Innamorato, libro I, canto I, ottave 1-4, 8-9, 1-12, 19-33;

libro II, canto VIII, ottave 38-46; 53-63; canto IX, ottave 1-5; 13-20.

I U. D.

Scrivere d’amore: la fortuna della canzone e della ballata

In questa unità didattica si studieranno lo stile e la poetica di Guinizzelli e di Cavalcanti e

saranno introdotte le forme metriche del sonetto e della ballata.

Sarà analizzato come primo testo Al cor gentil rempaira sempre amore di Guinizzelli

definito da molti un manifesto programmatico ed esemplare del nuovo modo di poetare che si andrà

sempre più affermando fino a raggiungere la perfezione con Guido Cavalcanti e Dante. Molti hanno

limitato l‟originalità del ruolo di questa canzone guinizzelliana, ma restano comunque i

riconoscimenti tributatigli da Dante che lo chiama “il padre / mio e de li altri miei miglior che mai /

rime d‟amor usar dolci e leggiadre” (Purgatorio XXVI, vv. 97-99). Se si tiene conto che il

Guinizzelli in un sonetto aveva chiamato Guittone d‟Arezzo “caro padre meo”, la sua poesia appare

come un momento di transizione e di rinnovamento; anche Bonagiunta Orbicciani da Lucca, in un

sonetto a lui indirizzato (Voi che avete mutata la mainera) lo ravvisa come l‟iniziatore di una nuova

poetica fondata su un sottile intellettualismo.

Dopo aver letto Al cor gentil rempaira sempre amore ed averne affrontato la parafrasi con i

ragazzi si porterà la loro attenzione sui problemi che il testo pone:

- il conflitto amore - religione: il vecchio conflitto amor cortese - religione non è risolto, ma

aggirato elegantemente con un‟iperbole squisitamente letteraria, quella che identifica la donna con

un angelo (immagine destinata ad avere molta fortuna presso gli stilnovisti). Il conflitto sarà

superato solamente con la Vita Nuova e la Divina Commedia di Dante.

-il problema della nobiltà: è importante far vedere ai ragazzi come il motivo cortese della nobiltà

trasportato dal contesto feudale a quello urbano muti fisionomia. Nella civiltà feudale la

rivendicazione delle qualità personali esprimeva le aspirazioni di uno strato inferiore della nobiltà

che voleva integrarsi a pieno titolo agli strati alti; nella civiltà urbana esprime le aspirazioni di un

ceto emergente che, grazie all‟ “altezza d‟ingegno” (Inferno X, v. 59) vuole sostituirsi al

precedente. Il fondamento della gentilezza, e quindi della nobiltà, è trovato nell‟amore.

- Amore e cuor gentile: l‟amore ha la sua sede naturale nel cuore gentile; amore e gentilezza sono

tutt‟uno; il saper amare “finemente” è indizio di gentilezza e viceversa chi ha per natura un cuor

gentile non può che mostrarlo amando “finemente”; amare “finemente” significa anche saper

cantare d‟amore in versi raffinati: all‟identità amor- cor gentile si somma quella cor gentile –

altezza d‟ingegno.

Questi i principali nodi tematici da far tenere ben presenti agli alunni in quanto, oltre a

pervadere tutta la lirica guinizzelliana, verranno ereditati dai poeti successivi ed in alcuni aspetti

mutati. È anche da sottolineare che questo discorso logico – argomentativo si articola mediante

numerose immagini accomunate dalla “luminosità”: numerosi i paragoni e le similitudini che

chiamano in causa il fuoco, il sole, i raggi luminosi, le pietre preziose, le stelle e la trasparenza

dell‟acqua. Questa è un‟altra peculiarità della lirica guinizzelliana ed al contempo un‟innovazione.

Si passerà quindi ad analizzare gli aspetti più squisitamente stilistici della canzone.

- livello fonico: sono evitati con cura suoni aspri e soprattutto lo scontro di consonanti;

- livello metrico: non vi sono rime rare o difficili. Poco frequenti anche le rime che presentano

particolari artifici: vi sono solo due rime univoche (vv. 5 e 7 e vv. 41 e 43) ed una rima siciliana

(vv. 18 e 20). Compare solo raramente l‟artificio della cobla – cap finida;

- livello lessicale: non vi sono termini ricercati, ma comuni e piani; pochi i francesismi ed i

provenzalismi. Non vi è quell‟ardito e spericolato impasto linguistico che caratterizza la poesia

dell‟aretino Guittone;

- livello sintattico: la sintassi è in genere piana senza troppi bruschi enjembements;

- livello ritmico: non vi sono versi che presentino pause forti al loro interno e, come si è già detto,

sono quasi del tutto assenti dure inversioni.

- livello retorico: la figura retorica ricorrente è la similitudine.

Tali caratteristiche stilistiche compensano l‟alta concettosità di questa poesia conferendole

un andamento fluido e scorrevole, che sarà poi perfezionato da Cavalcanti e da Dante e che la rende

innovativa rispetto alla poesia cortese sia nella sua forma occitanica sia nella sua forma siciliana.

Seguirà la lettura in classe del sonetto Vedut‟ ho la lucente stella diana: non ci si soffermerà tanto

sul suo contenuto in quanto con la canzone precedentemente analizzata saranno stati offerti ai

ragazzi i diversi spunti tematici che il poeta bolognese sviluppa; tale componimento sarà letto

piuttosto per dare un esempio di una diversa forma metrica adatta a scrivere d‟amore: il sonetto. Si

spiegherà che il sonetto è da sempre considerato come il genere metrico più caratteristico della

lirica italiana. La tendenza della critica che oggi trova più credito lo fa derivare da una stanza di

canzone trobadorica di quattordici versi, tutti endecasillabi, che si sarebbe resa autonoma; non sono

mancate le voci che volevano farlo derivare dallo strambotto9 siciliano e, in tempi più moderni,

quelli che puntano invece sull‟indipendenza da generi precedenti. Nonostante questa incertezza i

critici concordano su un punto: nell‟individuazione del probabile inventore del sonetto nel Notaro

Giacomo da Lentini. Il sonetto non fu solo il genere metrico preferito dalle tenzoni tra rimatori, ma

in serie continue (sotto il nome di corona di sonetti) fu impiegato, almeno nei secoli XIII e XIV, a

costituire veri e propri poemetti, tra i quali varrà la pena di ricordare la cosiddetta Corona dei Mesi

di Folgore da San Gimignano e, soprattutto, quella attribuita a Dante che va sotto il nome di Fiore.

Verranno quindi lette e parafrasate in classe due ballate del Cavalcanti: Fresca Rosa novella

e Perch‟io non spero di tornar giammai. Prima di commentarle si daranno agli studenti delle

indicazioni sul genere della ballata. Considerata da Dante inferiore solo alla canzone (De vulgari

eloquentia II 3, 5) è un genere metrico che, come dice il nome, fu spesso utilizzato, soprattutto nei

tempi più antichi, per accompagnare il canto e la danza. La stessa struttura, composta da un breve

membro iniziale (da uno a quattro versi) detto ripresa (o ritornello) e da un cero numero di stanze

(divisibili in piedi, o mutazioni, e volta, che in genere termina con la stessa rima della ripresa) al

termine di ognuna delle quali viene ripetuto il ritornello, ci dà l‟idea di un genere il cui ritmo e la

contabilità dovevano avere un ruolo particolarmente importante. A questo punto si analizzerà la

prima delle ballate sopra citate e sarà fatto notare ai ragazzi come mediante questa lirica ci si

inserisca in un continuum stilistico - tematico che va dalla poesia della tradizione siciliana e da

quella guinizzelliana ai primi componimenti del Cavalcanti. La ballata fissa l‟immagine della donna

“angelicata” alla maniera di Guinizzelli, nella prospettiva di un paesaggio primaverile già caro al

gusto dei provenzali (sarà richiamato alla mente dei ragazzi Come il ramo di biancospino di Bernart

de Ventadorn). All‟identificazione convenzionale della donna con la rosa (si ricorderà l‟incipit del

contrasto di Cielo d‟Alcamo), segue quella del tutto nuova con la primavera, preludio ad

un‟animazione festosa e serena. Tutto il creato sembra concorrere nel celebrare le lodi della donna;

l‟armonia del movimento è ottenuta anche attraverso accorgimenti tecnici: le rime conferiscono un

andamento circolare al testo, infatti sono doppie quelle dei versi all‟interno della strofe, mentre le

ultime parole di ogni stanza rimano tra loro; inoltre le riprese dei vocaboli evidenziano la struttura

tematica.

La vicinanza di questa lirica a quella siciliana è visibile nella selezione lessicale:

“gaiamente”, “fin presio”, “sembianza”, “distanza”, “cera gioiosa”, “costumanza”, “piasenza”,

“oltraggio”, “blasimato”, “misura”.

Si analizzerà quindi in classe Perch‟io non spero di tornar giammai chiedendo ai ragazzi di

operare un confronto con la precedente ballata e di rintracciare le dovute differenze stilistiche. La

discussione sarà, ovviamente, guidata dall‟insegnante. Le conclusioni alle quali voglio far giungere

i ragazzi sono di seguito riassunte.

La prima impressione che ci lascia la lettura di questa lirica è un forte senso di “modernità”

perché in essa avvertiamo una corrispondenza tra i versi ed i sentimenti del poeta: la penna

cavalcantiana si allontana dall‟impostazione dottrinale propria di Al cor gentil rempaira sempre

amore e di Fresca rosa novella e colora il verso di una certa tensione drammatica. Importantissima

è la scelta di parlare direttamente alla ballata. Certo non si tratta di una novità in senso assoluto

perché il metro della canzone prevede che nel congedo il poeta si rivolga ai suoi versi per

indirizzarli affidando loro un compito ben preciso; in questo caso, tuttavia, il colloquio tra il poeta

9 Si illustrerà ai ragazzi che si tratta di una forma metrica che consta di sei o otto versi sempre endecasillabi legati da

rima incatenata e con il distico conclusivo sempre a rima baciata, cosicché uno dei suoi tipi più diffuso al Sud può

coincidere con l‟ottava (tanto da assumere il nome di ottava siciliana), mentre un altro più usato in Toscana (il rispetto),

prevede due distici a rima baciata.

ed i suoi versi diviene il principale elemento strutturante. Tale scelta si rivela estremamente felice e

crea inedite possibilità espressive: accentua il senso di solitudine che pervade la poesia e rende la

ricerca introspettiva messaggio da affidare ai versi; la struttura vocativa del componimento

sottolinea infine la frantumazione dell‟animo del poeta che passa dal “tu” rivolto alla ballata al “tu”

rivolto alla “voce sbigottita e deboletta”, dal “voi” riferito alla voce ed alla ballata nuovamente al

“tu” riferito alla sola ballata.

Che significato riveste nell‟ambito della nuova stagione lirica rendere la propria poesia

fantasma, persona alla quale si consegna la voce e l‟anima, se non quello di un‟altissima definizione

della poesia stessa?

Bisogna stare comunque attenti a non commettere errori interpretativi facendo del

componimento, in modo arbitrario e del tutto anacronistico, l‟espressione di un‟io lirico di tipo

moderno o addirittura contemporaneo: le innovazioni appena evidenziate prendono comunque vita a

partire da motivi canonici e l‟esperienza biografica del poeta resta nascosta dietro la convenzione

letteraria del canto di lontananza, motivo tipico sia della poesia in lingua d‟oc sia della poesia in

dialetto siciliano.

II U. D.

La poesia comico – realistica e quella popolare: sonetto, frottola e ballatela

In questa unità didattica si affronterà lo studio della poesia comico - realistica: si leggeranno

ed analizzeranno alcuni sonetti di Cecco Angiolieri esemplificativi del tipo di lirica presa in esame.

Si spiegherà ai ragazzi che la definizione di poesia comico - realistica è strettamente legata

alla teoria degli stili: indica un registro, quello comico, contrapposto al tragico - sublime, ed un

linguaggio, quello mediocre e basso. Si leggerà in classe Tre cose solamente m‟enno in grado

dell‟Angiolieri per introdurre gli argomenti propri del genere mediante quello che è stato definito il

suo “manifesto” letterario. Si farà presente agli studenti che alcuni critici del secolo scorso (primo

fra tutti il D‟Ancona nel 1874) hanno accostato la poesia di Cecco Angiolieri alla lirica dei poeti

maledetti, ma si spiegherà anche che tale accostamento appare oggi alquanto forzato: gli

atteggiamenti irriverenti del poeta senese sono più che altro una posa letteraria. Non si insisterà mai

abbastanza con i ragazzi sugli errori che può generare il sovrapporre su scrittori del passato schemi

ed immagini che appartengono al nostro tempo: ogni autore ha il suo ineludibile retroterra sociale

ed esistenziale.

Dopo aver offerto un assaggio della poesia comico - realistica mediante il sonetto sopra

citato ed essendo già stata illustrata tale forma metrica, ci si concentrerà sulle tematiche portanti di

questa poesia che possono essere tutte ricondotte ad una preponderante elementarità del sentire

facente perno su valori semplici e molto concreti: l‟aspirazione alla ricchezza ed alla soddisfazione

sensuale, quindi l‟imprecazione contro la povertà ed i capricci della sorte, contro le donne astute,

vecchie o brutte, contro gli avversari sia in ambito letterario che in ambito politico. Sarà allora

doveroso dedicare un po‟ di tempo alle tenzoni, poiché è soprattutto in esse che si misura l‟abilità

tecnica dei “versificatori”: si spiegherà ai ragazzi che le tenzoni sono vere e proprie gare nelle quali

i poeti si rispondono “per le rime”10

costruendo i loro componimenti sui versi del rivale

rovesciandoli e dissacrandoli con perizia tecnica. Verrà letto ed analizzato in classe il sonetto - sfida

Dante Alighier s‟io son buon begolardo insistendo sugli aspetti tecnici, ma, allo stesso tempo,

prestando attenzione alla tematica dell‟esilio in esso implicita, tematica già indirettamente affrontata

in Perch‟io non spero di tornar giammai del Cavalcanti e che sarà ritrovata nella quinta unità

didattica di questo percorso. Dopo la lettura dei due sonetti si cercherà di identificare assieme ai

ragazzi gli strumenti espressivi legati alle tematiche sopra elencate. Si arriverà alla conclusione che

vengono impiegate tecniche proprie del procedimento parodistico: iperboli, caricature,

contrapposizione di registri diversi, allusioni oscene, imprecazioni, adunata e, soprattutto,

10 Il poeta infatti risponde ad un sonetto - sfida racchiudendo la sua poesia nelle stesse rime usate dall‟avversario.

l‟accoglimento del dialogo e del discorso diretto, che, come abbiamo visto precedentemente, è un

docile strumento della volontà parodica dei poeti. La donna – angelo, infatti, non parla mai, al

contrario delle più concrete donne dei poeti comico - realisti. Si leggerà a questo punto il contrasto

Becchin‟amor, che vuò falso tradito. Rispetto ai contrasti precedentemente analizzati la verve

comica risulta più immediata grazie ad un preciso espediente tecnico: le battute della “dama” e del

poeta si alternano all‟interno dello stesso verso; passando da un emistichio all‟altro si avvicendano

velocemente preghiere ed imprecazioni a seconda che a parlare sia il poeta o Becchina, la

protagonista del canzoniere di Cecco. Tale accorgimento stilistico dona velocità all‟eloquio

riproducendo il battibecco tra gli amanti ed avvicinando il componimento molto di più al “mimo

cantato” del giullare di Alcamo che al contrasto del trovatore di Vaqueiras. Si chiederà ai ragazzi di

svolgere a casa un lavoro di confronto sui contrasti studiati insistendo particolarmente sulle risorse

stilistiche messe a disposizione dalla tematica e sulle diverse scelte affrontate da ognuno dei tre

autori, soprattutto per quanto riguarda la selezione lessicale; basterà un elaborato che vada dalle tre

alle cinque cartelle che mi permetta di valutare la competenza degli alunni non solo nell‟analizzare

un testo relativamente ad un particolare aspetto dello stile, in questo caso il lessico, ma anche la loro

abilità nell‟organizzare quanto appreso e nell‟esporlo in maniera efficace (non sarà infatti escluso il

ricorso a tabelle, lucidi o mappe concettuali). L‟autore del miglior lavoro sarà invitato ad esporlo

alla classe nella lezione conclusiva dell‟unità didattica e si potranno discutere assieme le differenze

tra i diversi elaborati.

Prima di questo “esperimento didattico” sarà bene almeno accennare a dei sottogeneri della

ballata propri della poesia popolare e giullaresca: la ballatela e la frottola. Si leggeranno e

commenteranno quindi in classe Fior della bella cayba e E·lla mia donna çogliosa tratte dai

memoriali bolognesi11

e La frottola di bisbidis di Immanuel Romano.

III U. D.

La lirica dantesca: la sestina come forma di virtuosismo

In questa unità didattica si parlerà dell‟esperienza lirica di Dante. La prima parte delle Rime

testimonia con sicurezza il passaggio da un apprendistato “guittoniano” all‟aprirsi alle nuove

esperienze in atto in area bolognese – toscana: i modelli che prevalgono sono quelli del Guinizzelli

e soprattutto del Cavalcanti. L‟ultima parte della Vita Nuova rivela la messa a punto di uno stile

lirico alto, del tutto personale, che permette al poeta di raggiungere i suoi risultati migliori

nell‟ambito del “dolce stil novo”. Va ricordato ai ragazzi che nello stesso periodo Dante

sperimentava una quantità di registri accanto a quello alto arrivando cimentarsi con lo stile comico

nella Tenzone con Forese Donati. A questo punto nella poesia del poeta fiorentino si verifica una

svolta: Dante prende coscienza dell‟importanza delle opere dei trovatori di Provenza e soprattutto

dell‟opera di Arnaut Daniel, il quale attribuiva un‟importanza fondamentale alle parole - rima. Per

Arnault Daniel era proprio il lavoro assiduo sui termini di fine verso a costruire la struttura

concettuale del componimento; si tratta di un procedimento inverso rispetto a quello seguito da

Dante all‟epoca del “dolce stil-novo”, teso alla ricerca di un linguaggio omogeneo, selezionato, alto,

nobile e senza particolari impennate semantiche. Il risultato di questa svolta si trova in quattro

componimenti, molto vicini per stile ed argomento, dedicati ad una donna insensibile agli slanci

amorosi e passionali del poeta, la donna-pietra. Le Rime petrose sono composte di due canzoni (Io

son venuto al punto de la rota e Così nel mio parlar voglio esser aspro), una sestina (Al poco

giorno ed al gran cerchio d‟ombra) ed una sestina doppia o canzone a rima ciclica (Amor tu vedi

ben che questa donna), un metro inventato da Dante come ulteriore sviluppo della sestina usata da

Arnault, sfida estrema per provare fin dove possa spingersi il “dire” qualcosa in versi all‟interno di

una struttura al limite della rigidità.

11 Sarà ovviamente spiegata ai ragazzi la funzione dei memoriali ed il motivo dell‟annotazione di componimenti

popolari sui bordi di tali registri.

Si leggerà in classe Al poco giorno ed al gran cerchio d‟ombra e, dopo averla parafrasata, ci

si soffermerà ad analizzarne la forma metrica. Si spiegherà che la definizione di sestina deriva dal

numero dei versi che compongono le strofe, sei per l‟appunto, e che fondamentale è il sistema delle

rime, la cosiddetta retrogradatio cruciata, la quale verrà illustrata ai ragazzi mediante uno schema.

Ci si concentrerà poi sugli effetti che produce tale sistema di rime sui restanti aspetti stilistici.

Innanzitutto si farà notare ai ragazzi che le parole - rima conservano significati abbastanza fissi ed

omogenei: nel corso di tutta la poesia “colli” significa “colline”, “ombra” ha sempre valore

denotativo; le uniche rare eccezioni sono al v. 4, dove “verde” non indica tanto il colore quanto la

“forza della freschezza”, al v. 19, dove “petra” è “pietra preziosa”, al v. 20 dove “erba” vale

“medicina”. Data questa rigidità delle parole - rima è evidente che, per costruire frasi e periodi che

nel loro insieme definiscano la situazione lirica, il poeta debba agire in maniera molto accentuata

sul significato di tutte le altre parole, deve cioè sfruttare il loro campo semantico costruendo

espressioni in cui il significato dei termini non sia quello proprio, ma quello figurato. Dante, in

breve, si vede costretto a creare similitudini e metafore con una frequenza che finora era stata

insolita per la sua poesia; quanto più complesso è il contesto concettuale determinato dall‟artificio

metrico, tanto più la metafora si fa inusuale ed ardita. A tal proposito si potrebbe parlare delle Rime

petrose, e soprattutto della sestina, come preludio stilistico alla poesia della Commedia.

Si affronterà poi in classe la lettura e l‟analisi di Amor tu vedi ben che questa donna. Anche

questa volta la parafrasi sarà compito esclusivo dell‟insegnante data la complessità del

componimento. Una volta stabilito il significato letterale della poesia si passerà ad analizzarne la

struttura metrica. Si spiegherà agli studenti che si tratta di una canzone impreziosita però da un

sistema di rime ciclico desunto dalla sestina: si tratta di una sorta di “ibrido metrico” tra le due

forme prosodiche predilette dal Dante lirico. Verrà allora affrontata in classe la lettura di De Vulgari

eloquentia II, 2-4. In questo brano vengono illustrate le convinzioni del poeta fiorentino riguardo

agli aspetti teorici e stilistici della lirica: stabilendo l‟importanza e l‟insostituibilità della canzone

per poetare di argomenti alti ed allo stesso tempo decretando il carattere eminentemente tecnico che

dovrebbe avere la poesia, Dante consacra la canzone, appunto, ed implicitamente la sestina come

generi prosodici fondanti della grande poesia vista come un “congegno retorico disposto secondo

leggi musicali”.

Se la canzone e la sestina sono i metri più adatti a cantare d‟amore, il sonetto è uno dei metri

che ben si adattano ad argomenti politici in genere e, più in particolare, all‟amaro livore che cova il

poeta per la sua condizione d‟esiliato. Il tema dell‟esilio, già incontrato dai ragazzi in Perch‟io non

spero di tornar giammai ed indirettamente in Dante Alighier s‟io son buon begolardo, torna cantato

con toni ed accenti differenti in Se vedi l‟i occhi miei di pianger vaghi. Si introdurrà il sonetto con

gli opportuni riferimenti storici dicendo che risale al periodo del pontificato di Clemente V (1305-

1314), il papa che contrastò Enrico VII e che trasportò la sede papale ad Avignone. Il “gran tiranno”

di cui si parla al v. 7 è probabilmente proprio il pontefice, a cui si rivolgono i re nemici dell‟impero

(ad esempio Roberto d‟Angiò era insorto nel 1313 contro la validità dell‟incoronazione di Enrico

VII ricorrendo al papa). Altri vedono nel termine “tiranno” un‟allusione a Filippo il Bello, re di

Francia, protettore di Clemente V. Il sonetto spicca tra le Rime perché è l‟unico di argomento

politico. Dopo aver parafrasato il componimento si assegnerà ai ragazzi la lettura dell‟analisi

formale eseguita su tale sonetto da Roman Jacobson e da Paolo Valesio12

. Intenzione di Jacobson è

“esemplificare la suprema arte della costruzione grammaticale” nella poesia di Dante. Tutti gli

aspetti formali del sonetto (fonici, morfologici, lessicali, sintattici, retorici) sono analizzati con una

minuziosità estrema con il fine di ricostruire i legami interni che li compongono in un sistema

organico. Il valore espressivo degli elementi formali passa quindi in secondo piano: ci si limita alla

descrizione della struttura in cui si organizzano tali elementi, cioè a stabilire “come è fatto” il testo.

12 ROMAN JACOBSON, PAOLO VALESIO, “Vocabulorum constructio” in un sonetto di Dante in Poetica e poesia.

Questioni di teoria ed analisi testuale, Einaudi, Torino 1985², pp. 310-313.

MODULO A: Il ‘Decameron’ di Boccaccio

In questa unità didattica sarà la prosa a farla da padrona. Si analizzerà prima la

rappresentazione dell‟amore in uno dei racconti del Novellino. Si spiegherà ai ragazzi che il

Novellino è la prima raccolta di racconti della storia della letteratura italiana. Composto alla fine del

XIII secolo, ritrovato e pubblicato nel Cinquecento, esso doveva presentare, in origine, un numero

superiore di novelle: l‟importanza di un autore canonico come il Boccaccio deve aver influito sulla

“scelta e selezione editoriale” delle cento novelle. L‟autore è anonimo, certamente un borghese,

forse fiorentino, stando ai precisi riferimenti topografici di alcuni racconti: potrebbe comunque

trattarsi di una persona che aveva soggiornato per qualche tempo in Firenze; si potrebbe ipotizzare

anche la molteplicità degli autori e vedere l‟unità dell‟opera come il risultato della mano di un

compilatore che abbia organizzato l‟intero materiale premettendogli un prologo. Argomenti e

personaggi sono vari. Forte l‟influenza della letteratura classica, di quella medio - latina, della

provenzale e della francese. Verrà letto in classe il capitolo LXXXII, Qui conta come la damigella

di Scalot morì per amore di Lancialotto del Lac. La fonte è da rintracciare in un poema del ciclo

arturiano, La mort le roi Artus, e riguarda un episodio marginale della vita dell‟eroe: la morte della

damigella di Scalot a causa del dolore provocato dall‟amore non corrisposto per il valente

Lancillotto. La damigella aveva predisposto che, dopo la morte, il suo corpo fosse vestito con i suoi

abiti più nobili ed impreziosito con i più bei gioielli e che fosse messo in una barca e spinto a largo.

Quando la damigella morì furono seguite le sue volontà. La barca arriva a Camelot e Artù, vedendo

arrivare la “navicella” senza nocchiero, sale a bordo e trova la donna ed una lettera nella quale, tra

l‟altro, era scritto “…e se voi volete sapere perch‟io a mia fine son venuta, si è per lo migliore

cavaliere del mondo e per lo più villano, cioè monsignore messere Lancialotto di Lac…”. Il

termine “villano” indica la negazione dei valori cortesi ed è alquanto insolito trovarlo riferito ad un

cavaliere, inoltre qui è la donna che “corteggia” il cavaliere (“nol seppi tanto pregare d‟amore”)

eleggendolo addirittura suo signore (“monsignore”) ed è il cavaliere a negarsi per amore di un‟altra,

abbiamo cioè un uomo amato da più dame: l‟esatto contrario di una situazione tipica nelle corti

medievali, stando alle rappresentazioni letterarie dell‟epoca. Ci troviamo di fronte ad una situazione

cortese capovolta! La lettera inoltre costituisce un‟azione vendicativa…siamo lontani dall‟idea

dell‟amore come contemplazione e venerazione! È altresì importante far notare agli studenti la

presenza di un motivo che avrà molta fortuna: quello della malattia d‟amore13

.

Dopo una lezione introduttiva sul Boccaccio e sulla struttura del Decameron nella quale si

insisterà sulla dedica alle donne premessa dall‟autore alla raccolta, verrà letta in classe La novella di

Lisabetta da Messina (IV 5). Baratto14

interpreta la novella come uno scontro tra amore e “ragion di

mercatura” ed afferma che la borghesia, così come appare in questa ed in altre novelle del

Decameron, sembra negata alla passione: negli schemi mentali del borghese il matrimonio è

strumento da adoperare per una saggia amministrazione dei propri beni. Si tratta quindi di

un‟ambientazione borghese e popolare e non più cortese; anche qui, tuttavia, la passione sembra

inconciliabile con il matrimonio e la gioia di amare deriva da relazioni illecite, o almeno tali agli

occhi dei personaggi che circondano gli amanti. Questo non è l‟unico elemento comune con l‟amore

cortese: la protagonista per tutto il racconto non pronuncia una sola parola e nulla sappiamo dei suoi

pensieri; come scrive Muscetta, Lisabetta ha una “carnale intensità di sguardi e di desideri, quella

forza degli occhi che fa conquistare l‟amante (come teorizzava il Notaro Jacopo da Lentini,

polemizzando contro gli innamoramenti per fama)” 15

. Torna inoltre anche qui il motivo della

13 Non può non essere menzionato il passo de “Il nome della rosa” di U. Eco nel quale il giovane Adso rimane catturato

nella biblioteca del monastero da un trattato, finemente miniato, sulla malattia d‟amore ed i suoi sintomi: il brano

potrebbe essere letto per far comprendere agli alunni come il motivo letterario della malattia d‟amore sia strettamente

connesso alla concezione medievale di tale sentimento. 14 M. BARATTO, Il testo moltiplicato. Analisi di una novella del “Decameron”, Pratiche, Parma 1982, pp. 40-41; 45-

47. 15 C. MUSCETTA, Boccaccio, Laterza, Bari 1972, p. 227.

malattia d‟amore che conduce la protagonista fino alla morte. A questo punto sarà necessario fare le

debite distinzioni: vi sono sì elementi “mutuati” dalla concezione dell‟amore cortese, ma sono da

considerarsi come delle permanenze in un contesto quasi completamente mutato. Innanzi tutto viene

rappresentata una passione che porta alla follia: la protagonista, pur di avere una “tomba” su cui

piangere, arriva a disseppellire il cadavere dell‟amato e a staccargli alla meglio la testa dal busto

con un pugnale: quanto siamo lontani dai codificati comportamenti amorosi tutti improntati a

mostrare “gentil core” e cortesia! La malattia d‟amore, lungi dall‟essere un abusato e logoro topos

privo ormai di suggestioni, da il là ad una serie di comportamenti patologici nella protagonista che

hanno indotto la critica ad analizzare la novella soprattutto con gli strumenti della psicanalisi. Il

carattere tragico di questo amore si fa, qui più che altrove (penso a novelle come la IV 1, che narra

l‟infelice vicenda di Ghismunda), strumento di “accusa” (mi rendo conto di impiegare un termine

un po‟ forte) della condizione femminile ed al contempo attestazione di una nuova concezione

dell‟amore e della donna: l‟amore non è una costruzione mentale che può alimentarsi di estatica

contemplazione, non è solo una forza nobilitante che eleva l‟amante per avvicinarlo a Dio, esiste

anche l‟amore carnale e la passione che sconvolge ed abbassa, in quanto forza terrena, tanto

principesse e damigelle quanto fanciulle di più bassa condizione sociale e le rende cittadine con pari

diritti e doveri del democratico regno d‟amore. Ma non è solo la distinzione tra i ceti sociali ad

essere abbattuta, la donna infatti non è più oggetto d‟amore, ma anche soggetto: sebbene

tiranneggiata dalla volontà utilitaristica dei fratelli Lisabetta agisce scempiando il cadavere

dell‟amato pur di avere un feticcio su cui piangere. Siamo tuttavia di fronte ad un personaggio

debole e quindi, per meglio comprendere quanto la rappresentazione letteraria della donna sia

cambiata, sarà chiamata in causa un‟altra novella: La novella dell‟usignolo (V 4). Il canto

dell‟usignolo che invita all‟amore, topos della lirica cortese, è trasportato all‟interno di uno

stratagemma escogitato da una figlia troppo vigilata dai genitori per incontrare il suo amante.

L‟usignolo rimbalza nei dialoghi come metafora sessuale intorno alla quale ruota la novella e con la

sua vis comica fa cadere ogni tabù, soprattutto quello della castità e della verginità femminile. I due

giovani protagonisti, Caterina e Riccardo, sono legati da una passione che è semplice turbamento

giovanile dei sensi, attrazione naturale che mantiene un carattere fanciullesco: non si lambiccano la

testa con alcuna complicazione sentimentale ma passano subito a studiare un espediente per poter

prender diletto l‟uno dell‟altra indisturbati. La loro avventura è raccontata con assenza di toni

drammatici ed anche la metafora comica dell‟usignolo, attorno alla quale è costruito l‟effetto

comico, ha la leggerezza fanciullesca di un gioco di parole. Questi aspetti danno rilievo al valore

ideologico della novella che risalta maggiormente se si confronta il comportamento paterno di

messer Lizio con quello di altri padri o fratelli (re Tancredi ed i fratelli di Lisabetta, ad esempio)

che Boccacio pone in analoghe situazioni. Numerose sono le novelle nelle quali incontriamo

realistiche e spregiudicate giovinette o mogli che beffano mariti gelosi: si pensi a La novella di

monna Filippa (VI 7) o a La novella della badessa e delle brache (III 1). “La donna del Decameron

non è più la donna – angelo: è la donna borghese, che unisce la naturalità del popolo alla nobiltà

dell‟animo cortese, l‟amore all‟intelligenza ed all‟ingegno”16

.

È imprescindibile la menzione di un‟altra opera del Boccaccio: il Corbaccio. In quest‟opera

l‟autore, innamorato di una vedova che lo respinge per la sua bassa condizione sociale e per l‟età

avanzata, immagina di essersi smarrito in un luogo solitario detto il “Labirinto d‟Amore” o “Valle

d‟amore” o “Valle de‟ Sospiri e della Miseria”: qui è soccorso da un‟anima che sta espiando i suoi

peccati, il marito della vedova, che fa una violenta requisitoria contro le donne, indicandone i difetti

e soprattutto gli inganni e convincendo lo scrittore a lasciare i lamenti amorosi ed a dedicarsi agli

studi rasserenanti. È un‟invettiva enfatica ben lontana dai toni e dall‟eleganza stilistica del

Decameron e piuttosto vicina alla tradizionale letteratura antifemminile che risale almeno alla satira

di Giovenale. Il titolo è discusso: forse deriva dal corvo, uccello dedito a mangiare gli occhi ed il

16

R. LUPERINI, P. CATALDI, LIDIA MARCHIANI, La scrittura e l‟interpretazione, Firenze, Palumbo 1997, p. 929.

cervello delle carcasse degli animali e perciò simbolo dell‟amore che acceca e fa impazzire; ma si è

pensato, in ragione del carattere satirico dell‟opera, anche allo spagnolo corbacho, che significa

frusta.

V U. D. Canzone, sestina, sonetto e madrigale: le forme dell’io lirico petrarchesco.

All‟interno di un discorso introduttivo sulla struttura del Canzoniere si insisterà sugli aspetti

squsitamente stilistici della lirica petrarchesca. Si spiegherà che il poeta aretino utilizza i metri della

tradizione, tra i quali predilige il sonetto, e che le forme metriche tradizionali sono sentite come

spazio unitario e non come somma di parti (stanze), con il risultato che il componimento si dispone

nelle misure metriche secondo uno sviluppo tematico armonico e continuo, come in molti casi

avveniva già nella poesia stilnovista, segnando un superamento definitivo rispetto alla tradizione

siciliana e provenzale, che, al contrario, vedeva ogni stanza compiuta in sé per quanto concerne stile

e senso. Tale organizzazione della struttura tematica è riflessa a livello sintattico in un periodare di

stampo ciceroniano che anticipa le dipendenti o i complementi ed allontana la principale o il

soggetto, che utilizza l‟inciso e l‟apertura delle relative, secondo una strategia che tende a

raccogliere e collegare una diversificata molteplicità di elementi. L‟architettura sintattica,

soprattutto nel sonetto, tende a chiudersi nell‟ultima strofe o negli ultimi versi con un‟affermazione

epigrammatica. Si aggiungerà infine che una simile struttura porta con sé la costruzione di ritmi che

non seguono rigidamente l‟estensione dei versi, ma che si armonizzano con gli elementi sintattici

sopra elencati; in questo contesto Petrarca tende solitamente a spegnere la rima, attenuandola con

vari procedimenti: pone in rima le parole meno espressive oppure una coppia di termini in endiadi,

evita le rime tronche e predilige quelle consuete.

Dopo queste preliminari informazioni si passerà alla lettura di Giovene donna sotto verde

lauro, il XXX componimento del Canzoniere, che celebra il settimo anno dell‟innamoramento per

Laura. Si spiegherà ai ragazzi che esso fa parte di quei testi chiamati dafnei poiché sviluppa il

“motivo del lauro” come senhal del nome di Laura e vi intreccia la rielaborazione del mito di

Dafne, la ninfa amata da Apollo e trasformata, appunto, in lauro. Dopo la parafrasi si porterà

l‟attenzione dei ragazzi sugli aspetti prosodici. I vincoli del metro, si tratta infatti di una sestina, si

riflettono soprattutto sull‟elaborazione del contenuto che deve forzatamente ruotare attorno alle sei

parole rima. La sestina petrarchesca non è, tuttavia, solo un pezzo di bravura e perizia tecnica,

perché gli stessi limiti imposti dal metro inducono ad una ricerca che è insieme d‟espressione e di

sviluppo tematico. Le sei parole rima (“lauro”; “neve”; “anni”; “chiome”; “occhi”; “riva”) danno

vita ad un variato e ricco campo semantico: la parola - rima non è più, come avveniva nelle sestine

di Arnault Daniel o nelle Rime petrose di Dante, un artificio da variare mediante la collocazione in

contesti diversi ma sempre dotati di una certa concretezza derivante dal carattere denotativo delle

rime; si tratta ormai di uno strumento più duttile. Prenderemo come esempio la parola – rima

“lauro”. La giovane donna che appare sotto un “verde lauro” diventa il “dolce lauro” che il poeta

continuerà ad inseguire; è allegoricamente racchiusa nelle determinazioni preziose del “duro lauro”

di diamante e d‟oro per poi ritornare creatura viva; si identifica con la poesia, “ben colto lauro”, ed

infine, nella rima equivoca dei vv. 36 e 37, diviene metonimia della bellezza di Laura. E ancora, la

parola “occhi” è alternativamente segno della visione della donna che innamora, del tormento

d‟amore, della morte, della bellezza di Laura, della speranza della pietà di Laura e di quella dei

posteri ed infine, con un ritorno circolare, ancora dell‟innamoramento del poeta. I ragazzi saranno

invitati ad organizzare in una tabella sinottica, durante le ore di lavoro in assenza, le diverse

accezioni che assumono le rimanenti parole - rima nella sestina petrarchesca e nella sestina dantesca

analizzata in precedenza per poi metterle a confronto in classe: sarà loro evidente il diverso impiego

artistico che i due poeti fanno di questo “genere metrico”.

Si passerà quindi ad analizzare la canzone Italia mia benché „l parlar sia indarno

(CXXVIII): gli alunni avranno modo di osservare come l‟argomento politico questa volta sia

insolitamente affidato ad una canzone. Tale tematica è comunque affrontata con toni ed accenti alti

e tragici e questo basta a giustificare la scelta del metro. Si spiegherà ai ragazzi che la canzone fu

composta probabilmente nel 1345, in occasione della guerra combattuta presso Parma da Obizzo I

d‟Este contro Filippino Gonzaga e Luchino Visconti, che avevano assoldato milizie mercenarie

germaniche. Si farà notare come Petrarca si rapporti ormai alla nuova realtà signorile che si è

affermata nella penisola, e, come intellettuale, si ponga super partes. Si potrà qui misurare la

lontananza da Dante, che, pur già inserito anch‟egli, nel periodo dell‟esilio, nella nascente realtà

signorile, ha ancora essenzialmente come riferimento la dimensione municipale e comunale da un

lato e dall‟altro quella delle due grandi istituzioni universali, Impero e Chiesa. Inoltre mentre il

tono di Dante è acceso ed a tratti apocalittico, il tono di Petrarca diviene in alcuni punti addirittura

elegiaco. La “pacatezza di sentimenti” propria del poeta aretino si riflette nell‟andamento oratorio

del componimento. Si chiederà quindi ai ragazzi di analizzare la canzone dal punto di vista lessicale

e sintattico, di rintracciare le rime “aspre e chiocce” (per adottare una definizione dantesca)

impiegate dal Petrarca nella canzone e di identificare le differenze formali tra il poetare di Dante e

quello del poeta del Canzoniere alla luce dei componimenti studiati.

Nella lezione conclusiva si accennerà alla forma metrica del madrigale in continuità col

discorso intrapreso nella quarta unità didattica sui componimenti accompagnati da musica: tuttavia

se la frottola e la ballatela nascevano come testi per musica, ai madrigali petrarcheschi solo in

seguito fu adattata una partitura musicale. Si informeranno gli studenti che i primi esempi di

madrigale potrebbero essere proprio quelli del Canzoniere petrarchesco, presto imitato da altri

rimatori, tra i quali Franco Sacchetti. Si dirà che già nel corso del XIV secolo fecero la loro

comparsa nell‟ambito di questa forma prosodica i primi settenari che diverranno, in seguito,

prevalenti. Il momento di massimo fulgore di questo genere metrico può essere considerato il secolo

XVI, quando se ne innovò la forma: essa non fu più legata al succedersi di terzine e distici, pur

rimanendo tuttavia più breve della misura del sonetto. La utilizzarono poeti illustri come Torquato

Tasso, piacque a Michelangelo, riscosse notevole successo anche in Francia e Spagna, prima di

cadere lentamente in desuetudine dopo l‟epoca barocca ed arcade. A tal proposito si leggeranno in

classe Nova angioletta sovra l‟ali accorta (CVI) e Zefiro torna e „l bel tempo mena (CCCX).

VI U. D. L’umanesimo volgare in Toscana: le forme della lirica in Poliziano

Dopo un‟attenta analisi della rielaborazione da parte di Poliziano della forma metrica della canzone

a ballo (I‟mi trovai, fanciulle, un bel mattino) e dell‟impiego dell‟ottava popolaresca in un elogio

cortigiano (Stanze per la giostra), ci si concentrerà sull‟osservazione delle caratteristiche della

poesia di questo autore: edonismo squisitamente rinascimentale, la malinconia, il rispetto della

forma classica e l‟adesione all‟ideale della docta varietas.

Verrà sottolineato come al vagheggiamento idillico del “luogo ameno” si associa il tema centrale

nella cultura cortigiana del Quattrocento, l‟edonismo: vale a dire il godere dei piaceri della via

senza sensi di colpa, in perfetta innocenza. Verrà fatta notare la visione opposta rispetto

all‟ascetismo medievale che induceva alla rinuncia ed alla mortificazione. Infatti nell‟umanesimo e

nel Rinascimento, accanto al platonismo ed al petrarchismo, vi è anche una vena di franca

sensualità che si collega al naturalismo boccacciano. Ritroveremo questa concezione naturalistica

dell‟amore in Boiardo, nella novellistica e nella commedia. Attraverso l‟analisi dei testi si

sottolineerà come l‟edonismo di Poliziano si veli di malinconia causata dalla riflessione sulla

fugacità e labilità delle cose belle. Tuttavia il senso della fragilità delle cose è ben diverso da quello

petrarchesco. Petrarca, davanti all‟inevitabile dissolversi della bellezza, prospettava una soluzione

religiosa. La posizione di Poliziano invece è del tutto laica: se le belle cose sono effimere, bisogna

goderne prima che si dileguino. A questo punto i ragazzi saranno stimolati a comporre un‟analisi

contrastiva dei testi. Mediante il lavoro di analisi contrastiva si condurranno gli alunni a

rintracciare, all‟interno delle strutture contenutistiche e formali che manifestano l‟adesione al gusto

classico, moduli e reminiscenze dello stilnovismo e di Petrarca.

VII U.D. L’umanesimo volgare a Ferrara: l’ottava in Boiardo.

L‟analisi dei testi di Boiardo concluderà il nostro percorso ed insisterà soprattutto sull‟evoluzione

dell‟uso dell‟ottava.

Liceo Scientifico Galileo Galilei a. s. 2015-2016

Docente: Ivana Di Risio

LATINO

DESTINATARI

III B

FONDAMENTI FORMATIVI DELL‟AREA DISCIPLINARE

Le lingue classiche hanno come oggetto comune dei processi di insegnamento/apprendimento, i

codici, le forme, gli strumenti e le strategie della comunicazione linguistica e letteraria. In

particolare lo studio delle discipline classiche consente al discente l‟approccio diretto al patrimonio

di saperi ed esperienze del mondo antico, favorendo la conoscenza dei valori fondativi dell‟identità

spirituale ed intellettuale dell‟uomo moderno in termini di conoscenza di sé, di interazione con il

mondo fisico, dei rapporti con gli altri nella vita sociale e nei rapporti istituzionali.

Lo studio delle lingue antiche contribuisce pertanto alla formazione intellettuale, psichica e socio-

affettiva dei giovani, assicurando gli strumenti più idonei per:

-affinare il senso storico come consapevolezza della varietà e pluralità di fenomeni e contesti,

conoscenza dei rapporti reciproci di prossimità e distanza, di persistenza e differenza, comprensione

delle logiche di sviluppo e delle dinamiche di transizione, mutamento ed innovazione dei processi;

-dotarsi di un metodo di studio che consenta di leggere la realtà con atteggiamento razionale e

critico, potendo disporre di criteri logici di verifica dell‟affidabilità delle fonti di conoscenza, di

procedure coerenti di ricerca (raccogliere, selezionare, analizzare, sintetizzare ed interpretare dati e

fenomeni anche in contesti inediti), di sperimentare attitudini a formulare ipotesi di soluzione dei

problemi e a testare la validità delle asserzioni e la veridicità delle conclusioni. FINALITÀ EDUCATIVE PREVISTE DAL DIPARTIMENTO:

L‟insegnamento della lingua e della letteratura latina promuove e sviluppa:

- la consapevolezza del ruolo storico della lingua latina (civiltà europea, lingua della cultura)

e della continuità di forme e generi letterari latini nella tradizione letteraria dell‟Occidente;

- l‟accesso diretto ai testi, collocati sia in una tradizione di forme letterarie, sia in un contesto

storico culturale più ampio;

- l‟acquisizione di capacità esegetiche (analisi ed interpretazione dei testi) e di abilità

traduttive e l‟abitudine quindi ad operare confronti fra modelli e realtà culturali diverse.

Nella fase di ricodifica in italiano vengono inoltre potenziate le capacità di organizzazione

del linguaggio e di elaborazione stilistica;

- la formazione di capacità di astrazione e di riflessione, potenziando abilità mentali di base.

OBIETTIVI SPECIFICI

CONOSCENZE

- Conoscenza delle strutture semantico-lessicali, morfologiche e sintattiche della lingua latina

di più largo uso;

- conoscenza dei generi letterari, degli stili, delle principali strutture retoriche e metriche dei

testi studiati;

- conoscenza dei caratteri salienti della letteratura latina in programma.

COMPETENZE

- Comprensione e traduzione di testi latini con l‟ausilio del vocabolario;

- identificazione dei legami dei testi e degli autori studiati con la cultura coeva;

- identificazione del ruolo storico della lingua e della letteratura latina;

- applicazione di tecniche e metodi di ricerca del significato originario dei testi.

CAPACITÀ

- Analisi di testi e tematiche relativi al programma;

- sintesi dei contenuti in maniera funzionale;

- confronto tra testi letterari e autori diversi affrontati in programma;

- elaborazione di collegamenti tra aspetti culturali del mondo latino e del mondo europeo

moderno.

METODI

La presente programmazione è tesa sottolineare: a)l‟importanza di far acquisire un patrimonio di conoscenze disciplinari con le seguenti attività: Lezioni frontali sui singoli autori e sulle loro opere. b)l‟mportanza di far acquisire competenze per padroneggiare compiti complessi con le seguenti attività: Analisi testuale; Laboratori che prevedano lavori di gruppo. c) l‟mportanza di dotarsi di un metodo ragionato per risolvere situazioni problematiche con le seguenti

attività: traduzioni dal latino in italiano. d) l‟mportanza di dare spazio alla dimensione autonoma e creativa, con le seguenti attività: ricerche su temi e generi letterari; lettura di brani di saggi critici; lavoro sullo stile di pagine di critica letteraria.

VERIFICHE

Le verifiche per l‟orale (almeno due per quadrimestre) potranno essere articolate in revisione dei

compiti domestici, domande circostanziate, colloqui, relazioni personali per una valorizzazione

progressiva dell‟autonomie degli studenti nel processo di formazione, interrogazioni tradizionali,

e/o prove scritte di varia tipologia previste dall‟ordinamento per gli Esami di Stato:

Tip. A (trattazione sintetica dell‟argomento)

Tip. B (quesiti a riposta singola)

Tip. C (quesiti a risposta multipla)

Sono previste almeno tre prove di verifica ufficiale scritta per quadrimestre

INDICATORI E DESCRITTORI

-conoscenze grammaticali e letterarie; -correttezza ed adeguatezza nell‟analisi testuale; -competenza nella disposizione di argomenti ed argomentazioni; -lessico specifico della disciplina; -capacità nella rielaborazione personale di quanto appreso in classe; -autonomia nel giudizio critico-estetico.

IL PIANO ANNUALE DELLE CONOSCENZE DISCIPLINARI:

ETÁ DELLE ORIGINI

- gli avvenimenti della storia di Roma dalla fondazione alla conquista della penisola

italiana

- le forme preletterarie della tradizione latina

ETÁ ARCAICA.

- gli avvenimenti della storia di Roma tra III e II secolo a. C.;

- la funzione di mediatore culturale di Livio;

- Nevio e la creazione di un‟epica romana

- L‟influenza della produzione ellenistica nell‟opera di Ennio

- Le diverse tipologie delle commedie plautine

- Novità strutturali, tematiche e stilistiche del teatro plautino

- Peculiarità del teatro di Plauto

- Mutamenti tematico-strutturali delle commedie di Terenzio

- Aspetti di continuità ed innovazione rispetto al teatro di Menandro

- La tragedia di Pacuvio e Accio

- Lucilio e la satira latina

L‟ULTIMO SECOLO DELLA REPUBBLICA

- Gli avvenimenti della storia di Roma nel I secolo a.C.

- Temi della produzione poetica catulliana

- L‟originalità di Catullo nel trattare il tema amoroso

- Il liber catulliano e le sue caratteristiche

- Il genere del commentario

- Le caratteristiche dello stile di Giulio Cesare

- L‟opera storica di Sallustio

- Il moralismo sallustiano

- Lo stile sallustiano

Di ogni autore si analizzerà in classe una selezione di brani che potrà essere in lingua latina o in

traduzione italiana.

Liceo Scientifico Galileo Galilei a. s. 2015-2016

Docente: Ivana Di Risio

LATINO

DESTINATARI:

IVE

FONDAMENTI FORMATIVI DELL‟AREA DISCIPLINARE

Le lingue classiche hanno come oggetto comune dei processi di insegnamento/apprendimento, i

codici, le forme, gli strumenti e le strategie della comunicazione linguistica e letteraria. In

particolare lo studio delle discipline classiche consente al discente l‟approccio diretto al patrimonio

di saperi ed esperienze del mondo antico, favorendo la conoscenza dei valori fondativi dell‟identità

spirituale ed intellettuale dell‟uomo moderno in termini di conoscenza di sé, di interazione con il

mondo fisico, dei rapporti con gli altri nella vita sociale e nei rapporti istituzionali.

Lo studio delle lingue antiche contribuisce pertanto alla formazione intellettuale, psichica e socio-

affettiva dei giovani, assicurando gli strumenti più idonei per:

-affinare il senso storico come consapevolezza della varietà e pluralità di fenomeni e contesti,

conoscenza dei rapporti reciproci di prossimità e distanza, di persistenza e differenza, comprensione

delle logiche di sviluppo e delle dinamiche di transizione, mutamento ed innovazione dei processi;

-dotarsi di un metodo di studio che consenta di leggere la realtà con atteggiamento razionale e

critico, potendo disporre di criteri logici di verifica dell‟affidabilità delle fonti di conoscenza, di

procedure coerenti di ricerca (raccogliere, selezionare, analizzare, sintetizzare ed interpretare dati e

fenomeni anche in contesti inediti), di sperimentare attitudini a formulare ipotesi di soluzione dei

problemi e a testare la validità delle asserzioni e la veridicità delle conclusioni.

FINALITÀ CONCORDATE DAL DIPARTIMENTO DI LETTERE

L‟insegnamento della lingua e della letteratura latina promuove e sviluppa:

- la consapevolezza del ruolo storico della lingua latina (civiltà europea, lingua della cultura)

e della continuità di forme e generi letterari latini nella tradizione letteraria dell‟Occidente;

- l‟accesso diretto ai testi, collocati sia in una tradizione di forme letterarie, sia in un contesto

storico culturale più ampio;

- l‟acquisizione di capacità esegetiche (analisi ed interpretazione dei testi) e di abilità

traduttive e l‟abitudine quindi ad operare confronti fra modelli e realtà culturali diverse.

Nella fase di ricodifica in italiano vengono inoltre potenziate le capacità di organizzazione

del linguaggio e di elaborazione stilistica;

- la formazione di capacità di astrazione e di riflessione, potenziando abilità mentali di base.

OBIETTIVI SPECIFICI

CONOSCENZE

- Conoscenza delle strutture semantico-lessicali, morfologiche e sintattiche della lingua latina

di più largo uso;

- conoscenza dei generi letterari, degli stili, delle principali strutture retoriche e metriche dei

testi studiati;

- conoscenza dei caratteri salienti della letteratura latina in programma.

COMPETENZE

- Comprensione e traduzione di testi latini con l‟ausilio del vocabolario;

- identificazione dei legami dei testi e degli autori studiati con la cultura coeva;

- identificazione del ruolo storico della lingua e della letteratura latina;

- applicazione di tecniche e metodi di ricerca del significato originario dei testi.

CAPACITÀ

- Analisi di testi e tematiche relativi al programma;

- sintesi dei contenuti in maniera funzionale;

- confronto tra testi letterari e autori diversi affrontati in programma;

- elaborazione di collegamenti tra aspetti culturali del mondo latino e del mondo europeo

moderno.

METODI

La presente programmazione è tesa a sottolineare:

a)L‟importanza di far acquisire un patrimonio di conoscenze disciplinari con le seguenti attività:

lezioni frontali sui singoli autori e sulle loro opere.

b)L‟importanza di far acquisire competenze per padroneggiare compiti complessi con le seguenti attività: analisi testuale; laboratori che prevedano lavori di gruppo.

c)L‟importanza di dotarsi di un metodo ragionato per risolvere situazioni problematiche con le seguenti

attività: versioni dal latino in italiano.

d) L‟importanza di dare spazio alla dimensione autonoma e creativa, con le seguenti attività:

ricerche su temi e generi letterari;

lettura di brani di saggi critici; lavoro sullo stile di pagine di critica letteraria.

VERIFICHE

Le verifiche per l‟orale (almeno due per quadrimestre) potranno essere articolate in revisione dei

compiti domestici, domande circostanziate, colloqui, relazioni personali per una valorizzazione

progressiva dell‟autonomie degli studenti nel processo di formazione, interrogazioni tradizionali,

e/o prove scritte di varia tipologia previste dall‟ordinamento per gli Esami di Stato:

Tip. A (trattazione sintetica dell‟argomento)

Tip. B (quesiti a riposta singola)

Tip. C (quesiti a risposta multipla)

Sono previste almeno tre prove di verifica ufficiale scritta per quadrimestre

INDICATORI

- conoscenze grammaticali e letterarie;

- abilità nella lettura metrica; -correttezza ed adeguatezza nella traduzione;

-correttezza ed adeguatezza nell‟analisi testuale;

-abilità ermeneutiche;

-competenza nella disposizione di argomenti ed argomentazioni; -lessico specifico della disciplina;

-capacità nella rielaborazione personale di quanto appreso in classe;

-autonomia nel giudizio critico-estetico.

IL PIANO ANNUALE DELLE CONOSCENZE DISCIPLINARI

Studio della letteratura latina dall‟età di Cesare all‟età di Augusto con lettura e analisi di testi

integrali e/o brani antologici particolarmente significativi degli autori latini del periodo storico -

letterario

suddetto, in lingua originale, e/o in traduzione italiana.

I U. A.

- lo sviluppo del pensiero politico di Cicerone;

- i principali aspetti del sistema filosofico ciceroniano;

- le caratteristiche dell‟oratoria ciceroniana;

- lo stile di Cicerone

II U. A.

- Il De rerum natura

- Lucrezio e la creazione di una lingua filosofica latina

- Lucrezio e la creazione di un pensiero razionale laico;

III U. A.

- Le Bucoliche di Virgilio: elementi di innovazione rispetto alla tradizione;

- Le Georgiche: l‟influenza e l‟affrancamento da Lucrezio;

- L‟Eneide e la sua funzione identitaria

- Lo stile di Virgilio

IV U. A.

- Temi e motivi delle satire e delle Odi di Orazio;

- I rapporti con i modelli greci e latini;

- Peculiarità della lingua e dello stile di Orazio.

V U. A.

- Le origini dell‟elegia e gli sviluppi della produzione di Tibullo, Properzio ed Ovidio ;

- Il tema dell‟amore come motivo di sofferenza

- Peculiarità della lingua e dello stile degli elegiaci tramite i testi

V I U. A.

- I motivi fondamentali dell‟opera di Livio: celebrazione del popolo romano, ritorno agli

antichi valori, la storia come magistra vitae

- Lo stile di Livio

Liceo Scientifico Galileo Galilei a. s. 2015-2016

Docente: Ivana Di Risio

ITALIANO

DESTINATARI:

VD

Per le finalità e gli obiettivi del corso di studio si fa riferimento al PTOF.

MODULO A: lettura, analisi e commento di almeno otto canti della Commedia di Dante Alighieri.

I U. A. (settembre-ottobre-novembre)

- Il Romanticismo

- Giacomo Leopardi: vita, opere, poesie scelte, passi scelti dello Zibaldone

- Alessandro Manzoni: vita ed opere.

II U. A. (novembre-dicembre)

Verga e il romanzo realista e naturalista nella seconda metà dell‟Ottocento (passi scelti)..

III U. A. (gennaio)

- D‟Annunzio: vita ed opere

- Poesie scelte da l‟Alcyone.

- Giovanni Pascoli: vita ed opere

- Poesie scelte da Myricae, Poemetti, Canti di Castelvecchio e Poemi conviviali.

IV U. A. (febbraio)

Il romanzo all‟inizio del Novecento e il modello di Svevo, Pirandello e Gadda (passi scelti)

Lo studio dei poeti del primo Novecento sarà affrontato seguendo un percorso interdisciplinare per

tema. Segue nelle pagine successive il percorso modulare:

I poeti, l’assenza, il divino. La morte e la tensione verso l’assoluto nella lirica tra

Simbolismo ed Antinovecentismo (marzo-aprile-maggio)

RAGIONI DELLA SCELTA

Il tema della morte e della tensione verso l‟assoluto permette di far riferimento agli autori canonici

della lirica del Novecento ed inoltre lascia spazio all‟insegnante per osservazioni sull‟evoluzione

del genere che seguano le fondamentali linee del Simbolismo e dell‟Antinovecentismo. Il tema

selezionato, non essendo strettamente legato alla lirica italiana, autorizza inoltre, per la sua stessa

natura, delle “incursioni” nella letteratura europea.

PREREQUISITI

CONOSCENZE

- conoscere il periodo storico di riferimento;

- conoscere le principali figure retoriche e le fondamentali nozioni di stilistica.

COMPETENZE -essere in grado di leggere un testo letterario;

- essere in grado di contestualizzare storicamente un testo poetico;

- essere in grado di eseguire la parafrasi di un testo in versi;

-essere in grado di saper rintracciare in un testo narrativo gli elementi caratterizzanti;

- essere in grado di selezionare dai testi presi in esame elementi stilistici e tematici utili al tipo di

percorso che si sta svolgendo.

OBIETTIVI

CONOSCENZE

- conoscere l‟evoluzione dei temi presi in esame in riferimento sia alle correnti letterarie sia alle

personalità poetiche;

- conoscere le principali produzioni poetiche degli autori studiati e le loro caratteristiche stilistiche.

COMPETENZE

- avendo come punti di riferimento i poeti studiati essere in grado di riconoscere dallo stile la

paternità di una lirica;

- essere in grado di analizzare gli scarti letterari (per dirla con Leo Spitzer) rispetto alla tradizione

lirica precedente soprattutto in relazione al tema ed ai motivi ad esso connessi;

-essere in grado di confrontare testi narrativi dal punto di vista tematico-concettuale;

FINALITÀ

- essere in grado di leggere, nel senso più pregnante del termine, la poesia e la narrativa italiana;

- essere in grado di selezionare dai testi poetici e narrativi gli elementi utili ai fini di dello studio che

si intende affrontare;

- essere in grado di eseguire una lettura comparata tra testi poetici ed in prosa;

-capacità di sviluppare il senso critico e la capacità di giudizio personale;

-essere in grado di riconoscere la specificità del passato in rapporto con il presente;

-capacità di interiorizzare i valori e gli insegnamenti che vengono da un recente passato.

METODI

- lezione frontale (per offrire le preliminari e fondamentali informazioni sugli autori);

- lezione dialogata (per potenziare la capacità critica degli alunni);

- laboratorio (per sviluppare un sapere operativo);

- lavoro di gruppo (per esaltare le capacità individuali degli alunni e farle interagire tra loro);

- lavoro individuale (perché gli alunni comprendano i propri punti forza ed i propri punti deboli

confrontando i risultati conseguiti individualmente con quelli conseguiti lavorando in gruppo).

STRUMENTI

- dizionario della lingua italiana;

- tabelle;

- D. V. D.;

- riproduzione del quadro Evocazione-La sepoltura di Casagemas di Pablo Picasso.

MANUALE DI RIFERIMENTO

Corrado Bologna – Paola Rocchi, Rosa fresca aulentissima, Edizione gialla, Loescher.

Dante Alighieri, Commedia, commento di Anna Maria Chiavacci Leonardi, Zanichelli.

I U. D.

La pulsione di vita e di morte nell’esperienza di Umberto Saba (1883-1957).

Dopo aver offerto agli alunni le necessarie informazioni biografiche sull‟autore ci si

concentrerà sulla struttura del Canzoniere. Sarà chiesto ai ragazzi di fare una ricerca sul significato

che il termine “canzoniere” ha assunto di volta in volta nella storia della nostra letteratura e quindi

di concentrarsi sul significato che tale parola riveste nel Novecento. Sarà loro chiaro, a questo

punto, che Saba, scegliendo tale titolo per la raccolta delle sue poesie, aveva intenzione di

sottolinearne il carattere unitario. Si lascerà a questo punto la parola all‟autore:

Il Canzoniere è il libro più facile e più difficile di quanti sono usciti nella prima metà di questo

secolo […] Il Canzoniere è la storia (non avremmo nulla in contrario a dire il “romanzo”, e ad aggiungere, se si vuole, “psicologico”) di una vita povera (relativamente) di avvenimenti esterni; ricca, a volte, fino allo

spasimo, di moti e di risonanze interne.

Si leggeranno quindi in classe alcuni passi scelti dall‟introduzione di Lavagetto all‟edizione

delle poesie di Saba nella collana I Meridiani,17

mi riferisco in particolare ai passi in cui si analizza

la definizione di “romanzo psicologico” data al Canzoniere; la tendenza all‟unità sarà inoltre resa

evidente soprattutto attraverso le relazioni tematiche tra una sezione e l‟altra. Quando gli alunni

avranno ben chiara la struttura della raccolta si abbandonerà il metodo della lezione frontale e si

passerà ad analizzare i testi mediante lezione dialogata.

Dopo aver offerto la parafrasi di Città vecchia verrà messo in rilievo il desiderio di purezza

espresso dalla lirica e la strada che il poeta intraprende per raggiungere tale purezza assoluta. Saba,

infatti, entra in comunione col divino abbassandosi nella sfera della vita materiale: scegliendo la via

“più turpe”. Per far comprendere ciò agli alunni si chiederà loro di operare un‟analisi lessicale della

poesia e di inserire in una tabella a doppia entrata i termini per così dire “umili” (“pozzanghera”,

“strada”, “osteria”, “lupanare”, “detrito”, “vecchio”, “prostituta”, “femmina”, “bega”, “bestemmia”,

“bottega”, “friggitore”) e quelli alti o comunque tradizionalmente classici (“mare”, “infinito”,

“umiltà”, “Signore”, “pensiero […] puro”). Si chiederà quindi agli alunni di concentrarsi sulle

parole - rima (imprescindibile a questo punto un discorso sull‟importanza della rima nella poetica

sabiana) e si cercherà di farli riflettere sulla relazione che la rima stabilisce tra le parole: “Signore”,

ad esempio, rima con “dolore” e con “amore”, i termini essenziali, nella poetica sabiana, dei

rapporti umani e della vita. L‟infinito, e quindi il dio del poeta, non è infatti ritrovato in un‟astratta

relazione di corrispondenze analogiche, ma nella concreta realtà della gente umile. Sono diversi i

tipi di umanità che si incontrano nella città vecchia: gli studenti dovranno elencarli. Verrà loro

chiesto che cosa accomuna queste figure: si cercherà di condurre gli alunni ad identificare nella

pulsione di vita il carattere comune del vecchio che bestemmia, della femmina che bega, del

soldato, del friggitore e della ragazza pazza d‟amore. Se Saba rintraccia il senso del divino nella

realtà più bassa ciò significa che il Signore di cui parla non va pensato in riferimento ad una

religione specifica, ma va inteso come adesione ad un livello profondo di esistenza coincidente con

la natura e le sue pulsioni. Si farà quindi ricorso ad un dizionario specialistico e si cercherà il

significato della parola “pulsione” in psicologia; sarà chiesto di registrare tale lessema e le accezioni

più ricorrenti su di un quaderno nel quale per ogni autore studiato si annoteranno le parole – chiave

utili a ricordare i punti nodali della sua poetica ed in generale i termini impiegati dalla critica per

17 UMBERTO SABA, Tutte le poesie, a cura di A. Stara introduzione di M. Lavagetto, Milano, Arnoldo Mondadori

Editore 1998.

analizzarli; con Lavagetto si è affermata la critica psicanalitica dell‟opera sabiana ed è quindi

necessario che gli studenti acquisiscano il lessico fondamentale ed imprescindibile per comprendere

determinate interpretazioni.18

Si passerà quindi ad analizzare il secondo testo: Preghiera alla madre. Si spiegherà ai

ragazzi che se nel testo precedente la ricerca dell‟infinito e del divino trovava soddisfazione nel

rispondere positivamente alle pulsioni vitali, in questo testo tale ricerca si scontra con la seduzione

della pulsione di morte. Si affronterà la parafrasi dei versi assieme agli alunni e si farà loro notare

come l‟idea di morte appare triplicemente nella poesia:

- nel titolo, che identifica il testo come una preghiera per una persona defunta;

- nella dimensione del ricordo che pervade tutti i versi della lirica;

- nella chiusa come desiderio di annichilimento*.

Si chiederà quindi ai ragazzi di concentrarsi sui seguenti versi

Ieri in tomba obliata, oggi rinata presenza

che al fondo dilaga quasi vena

d‟acqua, cui dura forza reprimeva, e una mano le toglie abile o incauta

l‟impedimento

Oltre al poeta ed alla madre morta sulla scena è presente anche un altro personaggio: lo

psicanalista. Sarà chiesto loro di riflettere sulla sua funzione: gli alunni dovrebbero capire che è

proprio questo terzo personaggio a stabilire una relazione tra il poeta, vivo, e la madre, morta. Come

viene stabilito questo legame? Nel rispondere a questa domanda i ragazzi comprenderanno che

l‟apparizione della madre non è reale, ma si tratta “semplicemente” di un ricordo posto in atto e

vissuto in maniera diversa a seconda dello stato psichico dell‟io* (“ieri in tomba obliata, oggi rinata

/ presenza”). In poche parole la “mano abile” dello psicoterapeuta ha eliminato il senso di colpa che

legava “il piccolo Berto” alla figura della madre e i meccanismi di rimozione e censura, resi ora

inutili, spariscono dalla mente del poeta il quale, essendo ormai in grado di elaborare il lutto, può

far affiorare vivida l‟immagine della persona scomparsa. Libero dai sensi di colpa l‟io lirico sente il

bisogno di un ricongiungimento con la madre, bisogno che diviene desiderio di morte. Tale

desiderio si concretizza nell‟immagine archetipica* della terra che lo riassorbe. Il contatto con la

morte e con l‟assoluto è per Saba soprattutto contatto con una parte del suo io: l‟assoluto perde così

l‟oggettività della divinità. Concludendo si dirà che dai testi analizzati si possono desumere due

maniere di avvicinarsi all‟infinito: l‟immergersi nella vita bassa e materiale ed il ripiegarsi in modo

intimistico su se stesso.

II U. D.

L’assoluto nella poesia di Giuseppe Ungaretti (1888-1970) e la ricerca di un “paese

innocente”.

Dopo aver offerto agli alunni le fondamentali informazioni biografiche sull‟autore ed aver

parlato in generale delle evoluzioni della sua poetica e delle influenze di scrittori a lui precedenti e a

lui contemporanei ci si concentrerà sull‟analisi dei testi utilizzando il metodo della lezione

dialogata.

18 Devo ammettere che, salvo rare eccezioni, in genere non condivido l‟interpretazione di testi letterari in chiave

psicanalitica: il Canzoniere di Saba è una delle eccezioni, in quanto è palese l‟intenzione dell‟autore di comporre alcune

delle sue liriche tenendo presenti i fondamentali insegnamenti della psicanalisi (si veda ad esempio l‟accostamento della

figura genitoriale maschile a quella dell‟assassino) e specifici archetipi (si pensi all‟accostamento dell‟immagine della

terra all‟idea di madre).

La prima poesia che analizzeremo sarà Caino: se ne affronterà la parafrasi assieme agli

alunni e se ne tenterà una lettura comparata con Città vecchia di Saba. Entrambi i testi tematizzano

la tensione verso l‟assoluto dell‟io lirico, ma la dimensione assoluta desiderata viene scoperta in due

“luoghi diversi”; verrà chiesto ai ragazzi quali sono questi due luoghi; essi dovranno rispondere

utilizzando le parole degli autori. Saba infatti ritrova l‟infinito “dove più turpe è la via”, Ungaretti

nella “primavera eterna”, chiara allusione al giardino edenico. La domanda rivolta agli alunni è

essenziale: la ricerca della via più turpe presuppone infatti anche la volontà di immergersi nella vita

con tutte le sue passioni, la ricerca della serenità edenica presuppone, al contrario, la volontà di

allontanare la primordiale tendenza umana al peccato (di cui Caino è simbolo), insomma quella che

Saba, con lessico desunto dalla psicanalisi, definiva slancio o pulsione vitale* (imprescindibile un

accenno alle teorie di Bergson). Gli studenti saranno invitati a rintracciare in Caino tutte le allusioni

alle affezioni ed alle passioni dell‟animo umano (“terrori”, “slanci”, “rantolo di foreste”, “corpo

allegro”, “scoppio di brama”) e dopo averle annotate saranno invitati ad osservare come sono

disposte nella poesia: si registrerà che tali espressioni sono “raggruppate” nella prima parte del

componimento, esaltate da toni cupi (verranno sottolineati gli aggettivi impiegati e si stabilirà un

confronto con l‟uso che fa Saba dell‟aggettivazione) e da un ritmo concitato dovuto all‟alta

frequenza di verbi di movimento e di azione (“corre”, “punge”, “spezza”, “scoppio”). Nella seconda

parte prevalgono invece termini, perifrasi, aggettivi e sintagmi nominali che indicano entità astratte

(come la memoria, la noia, l‟anima) oppure che suggeriscono sensazioni positive di serenità, quiete

e riposo (si pensi, ad esempio, alla “fonte nell‟ombra”, all‟“onda riposata”, agli “occhi innocenti”,

alla “primavera eterna”, alla “memoria onesta”). Si chiederà quindi agli studenti di sistemare in una

tabella a doppia entrata gli elementi stilistici che rinviano alle passioni dell‟animo umano e quelli

che rinviano all‟idea dell‟eterno e quindi si chiederà loro di stabilire un confronto con Saba

aiutandosi con la tabella costruita durante l‟analisi di Città Vecchia: tale confronto dovrà essere poi

elaborato sotto forma di saggio breve durante le ore di lavoro in assenza. Verrà loro suggerito di

concentrarsi soprattutto sulle immagini della passione amorosa nei due testi (… “la tumultuante

giovane impazzita / d‟amore” e “quando l‟ora è molto buia, / il corpo allegro / sei tu fra gli alberi

incantati? / E mentre scoppio di brama, / cambia il tempo, t‟aggiri ombroso, col mio passo mi

fuggi”…). I lavori saranno discussi in classe: voglio portare gli studenti a riflettere che a due

diverse concezioni dell‟infinito e dell‟eterno corrispondono diverse soluzioni stilistiche

classificabili per Ungaretti come Simboliste ed Espressioniste e per Saba … non classificabili: il

poeta triestino trova infatti una via originale ed autonoma tanto dagli ermetici quanto da una

personalità lirica quale quella di Montale attestandosi su di una linea antinovecentista.

Per introdurre La madre si prenderanno i versi di Caino che hanno come argomento la

memoria quale fonte di sofferenza e si faranno riflettere gli alunni sul desiderio espresso da

Ungaretti di liberarsi da essa (“figlia indiscreta della noia / memoria, memoria incessante, / le

nuvole della tua polvere, / non c‟è vento che se le porti via?”). A questo punto si richiamerà alla

mente dei ragazzi l‟importanza della memoria nella poesia sabiana rileggendo Preghiera alla madre

e, dopo avere parafrasato La madre di Ungaretti, si cercherà di confrontare i due testi aprendo una

discussione con gli alunni. Voglio portare i ragazzi a comprendere che mentre nella lirica

ungarettiana la madre è presenza effettiva in quanto il poeta è immerso in una dimensione

totalmente religiosa che esclude ogni riferimento all‟umano, nel componimento sabiano quella della

madre morta non è una presenza ontologica*, ma un‟immagine elaborata dalla memoria del poeta in

modi diversi a seconda dello stato dell‟io psichico. In Ungaretti siamo quindi di fronte ad una

religione che ha alla base una fede nell‟Aldilà, in Saba siamo di fronte ad una sorta di religiosità

laica. Si chiederà agli studenti di sottolineare nel testo tutte le espressioni che connotano

l‟immagine della madre in Ungaretti (“in ginocchio, decisa, / sarai una statua”; “alzerai tremante le

vecchie braccia”; “avrai negli occhi un rapido sospiro”) ed in Saba (“ieri tomba obliata, oggi rinata /

presenza / che dal fondo dilaga quasi vena / d‟acqua, cui dura forza reprimeva”; “farmi, o madre, /

come una macchia dalla terra nata, / che in sé la terra riassorbe ed annulla”). Nel primo

componimento la madre è delineata con tratti decisi tanto da essere paragonata ad una statua, inoltre

essa reca ancora le caratteristiche individuali come le braccia tremanti e gli occhi espressivi, mentre

nel secondo componimento la figura della madre è associata ad una vena d‟acqua sotterranea ed alla

terra; se per Ungaretti l‟esistenza dell‟anima della madre è cosa certa altrettanto certa è l‟esistenza

di Dio (tre volte viene nominato: Signore, Eterno, Dio) e sempre in posizioni di rilievo (a fine verso

o al centro del verso). Chiederò agli alunni di rintracciare nella poesia di Saba la presenza di Dio:

non riusciranno a farlo perché Dio è assente. Al posto del Signore c‟è la figura dello psicologo che

fa da intermediario tra io* e super-io* del poeta. La funzione mediatrice tra terreno ed assoluto in

Ungareretti è svolta dalla madre che, soprattutto quando e rievocata attraverso gli occhi che

sospirano, richiama alla mente le donne dello Stilnovismo.

Sarà fatto leggere ai ragazzi Fa dolce e forse qui vicino passi e verrà loro chiesto quali

sono, nella rappresentazione poetica della morte, i punti di contatto con La madre; poi gli studenti

dovranno sottolineare tutte le immagini naturali e selezionare tra queste gli aspetti della natura nei

quali il poeta identifica il figlio morto. Sarà quindi letta e parafrasata Non gridate più: la classe

dovrà concentrarsi sul motivo della voce dei morti e sulle immagini che la concretizzano, anch‟esse

tratte, non a caso, dalla natura19

. Si avvierà quindi una riflessione sulla funzione che la voce dei

morti ha in Fa dolce e forse qui vicino passi ed in Non gridate più: sarà chiamata in causa la

tradizione della poesia civile ed in particolar modo l‟insegnamento del Foscolo ed il motivo della

“corrispondenza d‟amorosi sensi”; verrà inoltre fatto notare che la forma esortativa della lirica

induce l‟autore a recuperare le misure tradizionali del verso. La funzione civile di questa lirica non

svilisce tuttavia la tendenza alla astoricità propria delle raccolte Sentimento del tempo e Il dolore: la

storia è ridotta a grida e rissa; solo dai morti viene un messaggio di pace ed una paradossale

riaffermazione della vita.

III U. D.

Una finestra sull’Europa: Federico García Lorca (1898-1936) e la poesia dell’assenza.

A questo punto del percorso sarà letto in classe Llanto por Ignacio Sánchez Mejiás,

poemetto scritto da Federico García Lorca per la morte di un suo amico torero. L‟analisi del testo si

svolgerà durante l‟ora di laboratorio nella quale gli alunni dovranno mettere a confronto questa

poesia con Fa dolce e forse qui vicino passi di Ungaretti. La classe verrà divisa in quattro gruppi e

ad ogni gruppo sarà assegnata una sezione del poemetto: La cogita y la muerte, La sangre

derramada, Cuerpo presente, Anima ausente. I gruppi lavoreranno sull‟idea di eternità espressa da

Lorca e da Ungaretti e sulle immagini e le metafore impiegate dal poeta spagnolo per descrivere il

senso di morte. Dovranno insistere in particolare sulla descrizione della natura e sulla funzione che

tale descrizione riveste nei due componimenti. Al termine del lavoro le interpretazioni e le analisi

degli alunni verranno lette e discusse assieme. Nella discussione si tenderà a sottolineare le

differenti soluzioni stilistiche connesse al tema della morte e dell‟eternità e la sostanziale differenza

nell‟impiego dell‟immagine da parte del poeta andaluso (e un po‟ da parte di tutti i poeti della

Generazione del ‟27)20

rispetto all‟uso che dell‟immagine si fa nella contemporanea poesia italiana.

La scelta di un determinato tipo di immagini, similitudini e metafore implica anche una differente

selezione lessicale. In Lorca abbiamo termini che rinviano esclusivamente alla materialità della vita,

nei poeti italiani la scelta del lessico non è mai così omogenea e non potrebbe essere altrimenti:

l‟esclusione del divino in Lorca presuppone un canto di morte che ruoti attorno a termini terreni (la

calce, le ossa, il sudore, il velluto nero che copre l‟interno della bara, il coraggio dell‟amico visto

come un fiume di leoni, i fiori e le erbe che aprono con dita sicure il teschio di Ignacio) e anche

l‟eternità legata ai cicli naturali è destinata alla fine (“Va […], dormi, vola riposa: muore anche il

mare”). Nei poeti italiani anche se la fede in Dio è assente, come nel caso di Montale, la dimensione

19 Il portare l‟attenzione dei ragazzi in modo insistente sulle immagini naturali trova un suo senso nella III unità

didattica. 20 Si offriranno le fondamentali informazioni sulla Generazione del '27 e si sottolineerà l‟autonomia poetica di García

Lorca dal gruppo.

dell‟eterno è sempre presente in quanto esiste il ricordo della persona defunta tramandato dal canto.

Lorca certamente cata (Yo te canto) ma è anche netta la certezza che dopo la morte nessuno si

ricorderà più dell‟amico in quanto ormai escluso dai cicli della vita naturale (no te conoce el toro ni

la higuera; no te conoce nadie. No. Però Yo te canto). Come compito da svolgere nelle ore in

assenza verrà loro “commissionata” una ricerca su Federico García Lorca e sulla sua poetica ed una

recensione in forma di articolo giornalistico del poemetto analizzato.

Nella lezione conclusiva dell‟unità didattica sarà chiesta la collaborazione dell‟insegnante di

storia dell‟arte per una lezione interattiva sul tema della morte e della tensione verso l‟assoluto nella

pittura di Picasso. Il quadro sul quale si insisterà sarà Evocazione-La sepoltura di Casagemas 21

del

1901. Il dipinto presenta molte analogie con Cuerpo presente di García Lorca, soprattutto nella

visione materialista della morte. I motivi e le variazioni su tema sono sorprendentemente simili nel

pittore di Malaga e nel poeta andaluso, per questo vorrei che l‟insegnante di storia dell‟arte partisse

dal dipinto sopra citato per poi mostrare le analogie tra l‟elaborazione del lutto per la morte

dell‟amico Casagemas in tutti i quadri del periodo blu di Picasso e l‟elaborazione del dolore per la

scomparsa dell‟amico Ignacio in tutte le quattro sezioni che compongono il poemetto di García

Lorca. Un accenno sarà fatto anche a Natura morta con teschio di bue 22

del 1942.

IV U. D.

Dal cielo in terra: Eugenio Montale (1896-1981) e la negazione del Paradiso.

Dopo aver parlato agli alunni della vita del poeta e dopo aver esaminato la sua produzione e

i diversi momenti della sua poetica (il primo Montale degli Ossi di seppia; Le Occasioni e l‟inizio

di una poesia allegorica; l‟allegorismo de La bufera ed altro; la poesia di Satura e l‟ironia; il

Montale di Diari e di Altri versi) si leggeranno in classe delle pagine tratte dal libro a cura di Pier

Vincenzo Mengaldo Poeti italiani del Novecento.23

Sempre tramite lezione frontale si parlerà della raccolta La bufera ed altro enucleandone le

principali caratteristiche e ci si concentrerà quindi sull‟analisi testuale di due poesie tratte da questa

raccolta, L‟arca e A mia madre. Di entrambi i testi poetici si offrirà ovviamente una parafrasi

puntuale affinché sia chiaro il significato letterale e solo in seguito si passerà all‟interpretazione

che, data la difficoltà della poesia montaliana, sarà affrontata, almeno per quanto concerne i primi

due componimenti, sempre tramite lezione frontale.

L‟arca sarà interpretata facendo ricorso soprattutto, ma non solo, ad un‟analisi di tipo

lessicale e le parole sulle quali sarà appuntata l‟attenzione dei ragazzi sono le seguenti:

- “arca”: il lessema, che poi costituisce il titolo e quindi l‟“enunciato programmatico del testo” (per

dirla con Wellek), ha una duplice valenza. L‟arca infatti richiama alla mente del lettore da un lato

l‟imbarcazione con la quale il patriarca Noè salvò le specie animali e gli uomini degni dal diluvio

universale, dall‟altro il sarcofago di marmo adibito a sepoltura presso gli antichi;

- “vello d‟oro”: oltre al significato attribuito al sintagma dal mito degli Argonauti vi è anche il

significato di sudario da tenere presente;

- “salice”: nell‟antichità il salice era l‟albero legato al culto larico, cioè al culto dei Lari;

- “trabocchetto”: suggestiva maniera per indicare la morte;

- “calce e sangue”: allusione non tanto velata al modo di seppellire i morti durante la guerra,

gettarli in fosse e ricoprirli di calce viva per ragioni sanitarie;

- “latrato”: attesta terribilmente la presenza dei morti all‟interno dell‟arca, ossia all‟interno della

memoria.

21 olio su tavola, 150×90 cm, Parigi, Musée d‟Art Moderne de la Ville de Paris. 22 Olio su tela, 130×97 cm, Düsseldorf, Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen. 23 P. V. MENGALDO (a cura di), Poeti italiani nel Novecento, Milano, Mondadori 1978, pp. 521 – 528.

Si farà quindi notare come il poeta impieghi immagini e parole tratte dalla vita materiale e

quotidiana (una quotidianità che è sia quella domestica vissuta nel passato sia quella connessa con

la guerra che minaccia il sacrario di ricordi costituito dall‟arca) che, già a partire dal titolo, si

caricano di suggestioni pagane e questo, come gli alunni avranno modo di comprendere analizzando

A mia madre, non è un caso. Si abbandonerà quindi per un attimo la lezione frontale e, tramite delle

domande mirate, si cercherà di fare mettere a fuoco dai ragazzi l‟alternanza esterno / interno su cui

è giocata un po‟ tutta la poesia. Si farà notare come di queste due dimensioni (quella del mondo

esterno e quella familiare del focolare domestico) la seconda sia assente dalle poesie di Ungaretti e

di Saba analizzate in precedenza. Nella poesia montaliana, al contrario, il gioco sull‟alternanza

esterno / interno ricorre e sempre con la stessa funzione (si pensi ad esempio a La casa dei

doganieri): si chiederà quale funzione rivesta tale alternanza in riferimento al tema che stiamo

analizzando.

Per la poesia A mia madre sarà fatta leggere ai ragazzi l‟interpretazione riportata dal

manuale di riferimento che offre un‟interessante analisi contrastiva tra la poesia in esame e La

madre di Ungaretti. Se la lettura comparata del testo di Montale e di quello di Ungaretti sarà

affrontata attraverso la lettura ragionata del manuale il confronto dei due testi citati con Preghiera

alla madre di Saba sarà eseguito mediante laboratorio. Gli studenti, lavorando individualmente,

dovranno descrivere brevemente le principali differenze e le principali somiglianze tra la

concezione della morte e dell‟eterno che emerge dai tre testi. I lavori verranno discussi e si cercherà

di elaborare una tabella integrando le varie osservazioni. Un esempio di tabella costruita dagli

studenti potrebbe essere la seguente.

SABA UNGARETTI MONTALE al centro della poesia c‟è

l’io psichico al centro della poesia c‟è l’io

lirico che canta l’esperienza

individuale

al centro della poesia c‟è l’io lirico che

canta l’esperienza dell’umanità

sconvolta da una comune „tempesta‟

ignora la dimensione

ultraterrena

afferma l’esistenza della

dimensione ultraterrena

nega l‟esistenza di una dimensione

ultraterrena

l‟assoluto è pensato

come iterazione di un

ricordo

l‟assoluto è pensato come

attributo di Dio e della

dimensione ultraterrena

l‟assoluto è pensato come iterazione di

un ricordo

Ci si concentrerà quindi sulla resa stilistica di tale concezione della morte e dell‟assoluto: si

esaminerà il lessico della lirica montaliana elaborando una tabella a doppia entrata con i termini

desunti dalla quotidianità (si pensi al “ramaiolo”) e con quelli alti che rinviano alla presenza

dell‟assoluto. Si riprenderanno quindi le tabelle elaborate durante l‟analisi di Preghiera alla madre

e La madre e si metteranno a confronto.

Si parlerà infine agli alunni delle caratteristiche di Satura e si leggerà in classe La morte non

ti riguardava. Questa volta sarà chiesto agli alunni di analizzare la poesia per primi. Qualora la loro

capacità di analisi non risulti ancora di buon livello saranno guidati con delle domande mirate e

verrà chiesto loro di rielaborare (nelle ore di lavoro in assenza) nella forma di un saggio breve

quanto emerso in classe durante le lezioni su Montale. Al termine dell‟unità didattica si affronterà

assieme la lettura di alcune pagine scelte dal libro di Gianfranco Contini Una lunga fedeltà. Scritto

su Eugenio Montale 24

.

V U. D.

Salvatore Quasimodo (1907-1968) e le quattro poetiche della morte.

24 G. CONTINI, Montale e “La Bufera” in Una lunga fedeltà. Uno scritto su Montale, Torino, Einaudi 1974, p. 82 e pp.

91-92.

Dopo aver introdotto agli alunni la personalità poetica di Quasimodo tramite le necessarie

informazioni biografiche e dopo aver preso in esame lo stile dell‟autore ci si concentrerà sul tema

della morte e della tensione verso l‟infinito impiegando sempre il metodo della lezione frontale.

L‟amore per la dimensione eterna di un desiderato Dio e di una parola assoluta e pura è

l‟unico tipo di sentimento che può lenire il dolore dell‟esistenza: l‟amore per le donne è solo un

amore – schermo. Scrive infatti il poeta a Maria Cumani, sua seconda moglie:

Io sapevo quando cominciai ad amare la poesia che per essa avrei sofferto e fame e patimenti della

carne, e uragani dello spirito. Le donne erano servite da schermo alla tristezza 25

L‟amore, grande tema della poesia quasimodiana, è strettamente legato all‟altro grande

tema: il desiderio di morte. Aggiungiamo che amore e morte vivono in rapporto mutuo e costante

scambio: se dall‟amore nasce il desiderio di morte, dalla morte come annullamento nasce la

necessità dell‟amore per vincere la sete di distruzione che governa gli uomini. Dunque amore /

morte come pietà e amore / morte come carità sono elementi essenziali per comprendere la

religiosità di Quasimodo e la sua sete di assoluto. Quasimodo guardò alla morte con sentimento

diverso secondo le età della sua poesia, ma sempre con profondo interesse umano.

1- Al tempo del suo ermetismo c‟è la morte - oblio, la morte - natura in cui l‟uomo si confonde

naufragando nell‟immensità del creato. Questa è la condizione più particolare di Acque e terre e di

Oboe sommerso.

2- In Erato e Apollion l‟immagine della morte si fa meno astratta ed impersonale, si identifica in

figure di aironi morti, foglie morte, uomini morti, fino ad apparirci in Nuove poesie più lontana che

in qualsiasi altra raccolta: morte lieve, morte dolce.

3- Nel Quasimodo di Giorno dopo giorno abbiamo la morte - terrore, la morte misura della barbarie

umana: non c‟è poesia in questa raccolta in cui la morte non sia presente in forma diretta o indiretta:

dal palo del telegrafo che porta uomini crocifissi, agli strumenti di morte e alle tombe che affondano

nella cenere dell‟odio. Il lato divino dell‟uomo è grottescamente sfigurato.

4- Il quarto aspetto della morte in Quasimodo è estremamente interessante: la morte come misura di

grandezza e misura dei valori umani. I morti ci sono di monito ed esempio grazie al ricordo che noi

serbiamo di essi.

Saranno letti ed analizzati alcuni componimenti esemplificativi delle diverse fasi della

poetica di Quasimodo connessi al tema della morte e dell‟assoluto.

Dalla raccolta Acque e terre sarà analizzata la poesia I morti: nella visione di Oltretomba che

si apre alla fantasia del poeta sembra che le labbra dei morti si aprano a pronunciare parole non

percettibili, ma tenere e buone; sembra che le loro braccia si alzino a Dio ad invocare beatitudine ed

i cieli sembrano bianchi ed evanescenti, più delle stesse ombre dei defunti. Le ombre, che stanno ad

indicare il rapporto che lega il cielo alla terra, vanno scalze e non fanno rumore: appaiono come

mansuete gazzelle. È notevole l‟ispirazione pascoliana del componimento, ma su essa si innesta

qualche immagine esotica derivata da memorie arabe e bizantine della terra di Sicilia.

Dalla raccolta Erato e Apollion sarà letta la lirica Airone morto: tutto è destinato a disfarsi,

ma sopravviva almeno eterno il canto del poeta. Nell‟immagine di un airone morto è il simbolo e il

presagio della vita che si spegne. L‟airone è forse l‟uccello più presente nell‟opera di Quasimodo

sia perché tipico della sua terra, sia per il suo abituale vivere schivo in solitudine e come esule

migratore, sia anche per il suono della parola che ha qualcosa di antico e classico.

Da Nuove poesie sarà esaminata Davanti al simulacro d‟Ilaria del Carretto: nel duomo di

Lucca si può ammirare la splendida tomba della nobile Ilaria del Carretto, che fu sposa di Paolo

Giunigi, signore della città. L‟opera è di Jacopo della Quercia. La bellezza, quasi mitica, del

25 LINA ANGIOLETTI (a cura di), Lettere d‟amore di Quasimodo, Milano, Edizioni Apollinaire 1969, p.79.

passato, che è in questa splendida “città del silenzio”, non parla più agli uomini sciocchi,

superficiali ed inetti.

Da Giorno dopo Giorno sarà analizzata la lirica Milano, agosto 1943: nell‟anno della guerra

più infausto per l‟Italia, l‟agosto fu il mese dei terribili bombardamenti anglo-americani sulle città

industriali del Nord: desolazione e morte ovunque, era spenta ogni estrema volontà di rivolta contro

la strage disumana.

La lezione conclusiva prenderà ad argomento le principali posizioni critiche riguardanti la

tematizzazione della morte e della religiosità in Quasimodo.

- Sergio Solmi ha cominciato con lo scoprire nel poeta una tendenza mistica nella sua ricerca eroica

della verità, una ricerca che però urta contro l‟amaro sentimento dell‟impossibilità di soluzione

cadendo in un atteggiamento di risentito vittimismo e di resa.

- Carlo Bo, riprendendo il discorso di Solmi lo porta avanti parlando di problema pascaliano in

Quasimodo: il poeta dalla consapevolezza del comune destino umano di dolore si abbandona alla

speranza ed al desiderio di una presenza divina nel Cosmo.

- Giuseppe Zagarrio, condividendo il punto di vista di Solmi e di Bo, insiste sulla sincerità del

momento religioso in Quasimodo (nato, si badi, dal suo tormento di uomo contemporaneo e mai da

un‟intenzione retorico - letteraria), e vi ravvisa una natura agostiniano-francescana che esprime una

volontà di riemergere in purezza attraverso un doloroso scavo interiore. All‟amore di scavo

spirituale corrisponde un amore carnale della parola ricondotta ermeticamente alla sua pura essenza.

VI U. D.

Giorgio Caproni (1912): i Versi livornesi, romanzo di un’assenza.

Dopo aver introdotto la personalità poetica di Giorgio Caproni ed aver parlato diffusamente

delle sue scelte stilistiche ci si concentrerà sulla raccolta Versi livornesi per analizzare Preghiera e

Ultima preghiera e su Il franco cacciatore per esaminare Dies illa – Lo stoico – Il perfido. Si

delineeranno le principali caratteristiche tematiche e formali delle raccolte e si affronterà assieme la

parafrasi della prima lirica citata. Si farà notare ai ragazzi che il rivolgersi alla propria poesia o alla

propria stessa anima come se fosse un essere autonomo e ragionante è stilema che risale alla

tradizione della lirica antica (si pensi, ad esempio, al Cavalcanti) e quando tale stilema ricorre nella

chiusa della poesia prende il nome di commiato. Caproni vuole aderire alla tradizione popolare

scegliendo delle forme metriche che rifiutano i recenti avanguardismi e sperimentalismi degli

ermetici e riallacciandosi all‟andamento narrativo della poesia di Saba. Il poeta riesce così ad fare

aderire la sua parola alla vitalità della figura materna “stilizzandola” nel modo più naturale

possibile. Tramite una lezione dialogata si cercherà poi di portare gli studenti a comprendere

l‟originalità della poesia di Caproni nell‟affrontare il tema della morte, dell‟assenza e del ricordo.

Le domande impiegate per stimolare il dibattito ed al tempo stesso per enucleare le principali

innovazioni nella trattazione dei temi e motivi appena ricordati saranno le seguenti:

- La persona scomparsa di cui si parla nel componimento, cioè la madre del poeta, viene ricordata

attraverso il nome ed il cognome (Anna Picchi): è un‟innovazione rispetto alle poesie dedicate alla

figura della madre analizzate finora in classe. Secondo voi per quale motivo Caproni identifica la

figura materna attraverso nome e cognome?

- Perché secondo voi Saba, Ungaretti e Montale non hanno ricordato nelle loro poesie il nome della

madre?

- Attraverso quali significativi particolari l‟immagine di Anna Picchi viene in parte ricostruita?

- Perché il poeta chiede alla sua anima di ricordare “la camicetta” ed il serpentino d‟oro con il

rubino che la madre portava sul petto “dove s‟appannava”?

- Caproni cerca di ricostruire poeticamente l‟immagine della madre attraverso particolari concreti

della sua vita terrena e strettamente legati alla sua individualità. In quale altro poeta studiato

possiamo rintracciare un simile tentativo?

- Spiega la lirica di Caproni partendo dai seguenti versi tratti da A mia madre di Montale

La strada sgombra

non è una via, solo due mani, un volto, quelle mani, quel volto, il gesto d‟una

vita che non è un‟altra ma se stessa,

solo questo ti pone nell‟eliso folto d‟anime e voci in cui tu vivi

- Alla luce di quanto emerso da questo dibattito siete in grado di inferire la concezione che Caproni

ha della vita oltre la morte? Se sì, perché? Se no perché?

A questo punto verranno analizzati Dies illa – Lo stoico – Il perfido tratti da Il franco

cacciatore e verrà seguita l‟interpretazione del manuale di riferimento attraverso una lettura

ragionata affrontata assieme in classe. Sarà quindi posta nuovamente ai ragazzi l‟ultima delle

domande sopra riportate.

Si analizzerà infine Ultima preghiera componimento conclusivo di Versi livornesi e si

intraprenderà assieme agli studenti una lettura comparata tra questa lirica e Preghiera. Si

rintracceranno gli elementi comuni alle due liriche e si cercherà un riscontro a quanto affermato

all‟inizio dell‟unità didattica riguardo alla poetica di Caproni.

A conclusione delle lezioni dedicate a Caproni si riprenderà la tabella elaborata durante la

IV unità didattica e la si completerà nel modo seguente

SABA UNGARETTI MONTALE CAPRONI al centro della poesia

c‟è l’io psichico al centro della poesia

c‟è l’io lirico che

canta l’esperienza

individuale

al centro della poesia

c‟è l’io lirico che

canta l’esperienza

dell’umanità sconvolta da una

comune „tempesta‟

l’io lirico si è messo

in disparte ad

osservare le scene di

vita rievocate sulla

pagina

ignora la dimensione

ultraterrena

afferma l’esistenza

della dimensione

ultraterrena

nega l‟esistenza di

una dimensione

ultraterrena

ignora la dimensione

ultraterrena

l‟assoluto è pensato

come iterazione di un

ricordo

l‟assoluto è pensato

come attributo di Dio

e della dimensione

ultraterrena

l‟assoluto è pensato

come iterazione di un

ricordo

l‟assoluto è pensato

come iterazione di un

ricordo

VII U. D.

Il cristianesimo problematico di Mario Luzi (1914-2005): il divino nell’umano.

Mediante una lezione frontale si parlerà diffusamente della poetica di Luzi e si

analizzeranno le liriche Nell‟imminenza dei quarant‟anni tratta dalla raccolta Onore del vero; “A

che pagina della storia” da Al fuoco della controversia e La vita fedele alla vita tratta da Su

fondamenti invisibili. La parafrasi di ogni testo sarà offerta ai ragazzi sempre mediante lezione

frontale, poiché si tratta di liriche estremamente difficili da comprendere in quanto mettono in atto

tutti i procedimenti tecnici della poesia ermetica.

Per quanto concerne l‟analisi della prima lirica ci si concentrerà sul paesaggio quale

proiezione della situazione interiore dell‟io lirico e si cercherà di rendere chiaro agli alunni come

l‟io lirico approdi ad un‟identificazione con la natura e con una condizione universale. Tale

identificazione è la fase finale di un processo di ricerca interiore. Si chiederà agli alunni di

documentare il percorso che Luzi affronta in questa lirica enucleandone e ordinandone i passaggi

salienti. In questo componimento la fede in Dio e nella provvidenza consentono di riconoscere un

valore che investe non solo la vita ma anche la morte: tutto è finalizzato alla realizzazione del

progetto divino, al compimento della Rivelazione cristiana. Si chiederà agli alunni di rintracciare

nel testo i versi che alludono a questa concezione cristiana della vita e della morte. Si chiederà di

richiamare alla mente i componimenti di Ungaretti e di Quasimodo analizzati in classe e si

selezioneranno in essi gli elementi che, seppur in modo sottinteso e non palese, ci permettono di

affermare che la tensione verso l‟assoluto in questi poeti affonda le sue radici nella fede cristiana. Si

cercherà di identificare le sottili differenze tra il cristianesimo dei tre autori analizzate

concentrandosi soprattutto sul rapporto tra piano dell‟assoluto e piano della storia in Ungaretti e

Quasimodo (saranno ripresi i saggi critici ed i testi elaborati nella V unità didattica).

A questo punto si farà leggere “A che pagina della storia” per rendere evidente agli studenti

che la fede religiosa di Luzi non si appaga dell‟esistenza trascendente di una fredda divinità, ma ne

cerca i segni nella storia. Il Dio di Luzi è *immanente all‟umanità. Le parole riportate nel testo

poetico sono quelle di un Dio che sta per morire e per risorgere e quindi per dimostrare con la morte

la sua natura umana e con la resurrezione la sua natura divina. La parte del cristianesimo che più

sembra interessare Luzi è anche la parte più rivoluzionaria: il Dio che si fa carne. Di qui la

rivalutazione del piano della storia, grande assente dalla poesia dell‟ultimo Ungaretti, personaggio

imprescindibile nella poetica dell‟ultimo Quasimodo.

Nelle ultime raccolte di Luzi sembrerebbe che la religione non venga più vissuta in maniera

problematica in quanto il poeta volge il suo sguardo soprattutto alla “vita fedele alla vita”: sarà

quindi analizzata l‟ultima lirica. Non sarà difficile per gli alunni notare la sostanziale diversità che

assume qui la forma poetica rispetto ai testi precedenti: il linguaggio diventa duro e faticoso, privo

di ogni concessione, sia pur minima, agli effetti di lirismo, spezzato da un procedere sintattico

contratto che si rapprende in parole comuni ed impietose nella loro crudezza. Si chiederà agli alunni

spiegare questo “indurirsi” dello stile a partire dal contenuto della poesia. Sarà chiesto agli studenti

di concentrarsi sull‟immagine dell‟uomo che muore bocconi sull‟asfalto tra la gente “stranita” e di

rintracciare nelle liriche precedentemente studiate immagini di morte altrettanto crude e materiali.

Al termine dell‟unità didattica ci si concentrerà sui seguenti versi delle tre liriche:

sparire nella polvere e nel fuoco

se il fuoco oltre la fiamma dura ancora (Nell‟imminenza dei quarant‟anni)

a che pagina della storia, a che limite della sofferenza –

mi chiedo bruscamente, mi chiedo […] (“A che pagina della storia”)

vita fedele alla vita

tutto questo che le è cresciuto in seno dove va, mi chiedo,

discende o sale a sbalzi verso il suo principio …

sebbene non importi, sebbene sia la nostra vita e basta

(“Vita fedele alla vita”)

Sembrerebbe che dopo una fase problematica il poeta sia giunto ad una soluzione… invece,

se si controllano le date di pubblicazione delle raccolte dalle quali sono tratte le liriche, ci si renderà

conto che i versi conclusivi di Vita fedele alla vita uscita nella raccolta Su fondamenti invisibili sono

precedenti ai versi di A che pagina della storia tratta da Al fuoco della controversia. La realtà è che

la poesia di Luzi è sempre tesa tra i due poli della stabilità e del mutamento: stabilità assicurata

dalla fede religiosa, mutamento dovuto al continuo bisogno di verificarla entro coordinate sociali e

storiche.

A conclusione del percorso sarà lasciata la parola a Luzi ed a Picasso:

Il poeta, secondo me, è alla pari come individuo con tutto l‟altro che vive, pensa e soffre, per quanto

abbia in più la possibilità di cavare un senso dalla vicenda del mondo. È insomma un personaggio, fra i tanti, della commedia, anche se lui ha l‟uso e il privilegio, forse, della parola. […]

Quello che a me spetta, a me in quanto scrittore di oggi, è di non alzare la voce, di non sopraffare il

dettato, di non soverchiare il discorso col mio ego e di lasciar parlare le cose. […] Se la poesia esiste, essa è dovunque. Se la poesia esiste non esiste solo nel taglio della mia mente,

non esiste solo nel desiderio della mia attuazione individuale, la poesia è nel mondo, è scritta nel mondo, è

dovunque, e io devo soprattutto trovarla. Devo essere il mediatore di questo riconoscimento, di questa

cognizione. (MARIO LUZI, E non vergognarsi, in

Discorso naturale, Milano, Garzanti

1984, pp. 159 – 160)

L‟artista è come un ricettacolo in cui si raccolgono impressioni che provengono da ogni parte: dal

cielo, dalla terra, da un pezzo di carta, da una figura che passa in fretta o da una ragnatela. Per questo non dobbiamo fare alcuna differenza perché in ogni cosa può trovarsi l‟assoluto. […]

Dobbiamo cercarci quello che va bene per il nostro lavoro, e invero dappertutto, solo non nel nostro

lavoro.

(PABLO RUIZ PICASSO)26

26 HÉLÈNE PARMELIN (a cura di), Wort und Bekenntnis, Zurigo, Arche Verlag 1998, p. 23.

LIRICHE DI RIFERIMENTO27

Umberto Saba

Città vecchia (Trieste e una donna, 1910-1912)

Preghiera alla madre (Cuor Morituro, 1925-1930)

Giuseppe Ungaretti

Caino (Sentimento del tempo, 1933)

La madre (Sentimento del tempo, 1933)

Fa dolce e forse qui vicino passi (Il dolore, 1947)

Non gridate più (Il dolore, 1947)

Federico García Lorca

Llanto por Ignacio Sánchez Mejías

Eugenio Montale

L‟arca (La bufera ed altro, 1956)

A mia madre (La bufera ed altro, 1956)

La morte non ti riguardava (Satura,1971)

Salvatore Quasimodo

I morti (Acque e terre, 1930)

Airone morto (Erato e Apollion, 1936)

Davanti al simulacro d‟Ilaria del Carretto (Nuove poesie, 1942)

Milano, agosto 1943 (Giorno dopo Giorno, 1947)

Giorgio Caproni

Preghiera (Versi livornesi, 1959)

Ultima preghiera (Versi livornesi)

Dies illa – lo stoico - il perfido (Il franco cacciatore, 1982)

Mario Luzi

Nell‟imminenza dei quarant‟anni (Onore al vero, 1957)

“A che pagina della storia” (Al fuoco della controversia, 1978)

“La vita fedele alla vita” (Su fondamenti invisibili, 1971)

27 Gli autori sono ricordati in base all‟ordine con il quale compaiono nel percorso.