Genius loci an benefici attesi febbraio2008
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Le basi del ciclo del programma:Le basi del ciclo del programma:identificazione dei benefici identificazione dei benefici
e degli effetti auspicatie degli effetti auspicati
Antonio Bonetti
Campobasso, febbraio 2008
Master FORMEZ – UNIMOL“Politiche pubbliche e sviluppo del territorio”
1. Obiettivi generali e limiti del seminario
OBIETTIVI:• Comprendere la
rilevanza della corretta rilevazione e “articolazione” dei benefici attesi;
• Approfondire i “tecnicismi” della definizione di progetti e programmi complessi.
LIMITI:• Si esamina la
programmazione economica (non si esamina la pianificazione territoriale);
• l’attenzione si concentra sulle politiche strutturali di sviluppo socio-economico.
2. Collegamento logico con altri seminari del Master
• Analisi del sistema dei bisogni
• Analisi e mappatura dei territori;
• Programmazione delle politiche.
Identificazione benefici ed effetti auspicati
Analisi sistemi socio-economici
3. Ratio del seminario
• Alcune tematiche rilevanti in questo seminario sono già state affrontate (analisi dei bisogni, mappatura dei territori e analisi di contesto, verifica di come si effettua la programmazione delle politiche pubbliche e della sua rilevanza).
Il seminario preferisce quindi approfondire le tecniche concrete di “costruzione” dei programmi complessi, come mutuate da metodi e strumenti applicati nel campo della gestione aziendale.
4. Il percorso logico del seminario
1. Basi teoriche della programmazione economica;2. Definizione dei progetti e del Project Cycle
Management (PCM);3. Strumenti del ciclo del progetto e del “ciclo del
programma” (Breakdown Structure; Logical Framework Approach e SWOT analysis);
4. Applicazione di tali strumenti ai programmi strutturali di sviluppo cofinanziati dall’UE;
5. Valutazione ex ante e stima dei benefici attesi.
5. La definizione dei programmi
• La definizione dei programmi si fonda su metodologie consolidate di programmazione economica.
• Nell’ambito della formulazione dei programmi territoriali di sviluppo si applicano tecniche sviluppate nella gestione strategica delle imprese:
PCM;Breakdown Structure (BS) e Logical Framework
Approach (LFA);Analisi SWOT.
6. Politica economica e programmazione
Federico CAFFE’ ci insegna che la Pol. Econ. “è la parte della scienza economica che usa le conoscenze dell’analisi teorica come guida dell’azione pratica”.
“Programmare l’azione pubblica significa dar forma coordinata e coerente alle decisioni di politica economica” (Caffè, 1990, p. 69).
La moderna Pol. Econ. nasce negli anni ’50 e ’60, quando era più intenso il dibattito sulla “programmazione” anche nei Paesi occidentali, per impulso dei maggiori economisti del tempo (Tinbergen, Frish, Meade) e in Italia di Caffè.
7. I programmi di politica economica
I programmi di politica economica sono la concreta espressione del tentativo di coordinare l’insieme delle politiche pubbliche per raggiungere degli obiettivi socialmente rilevanti definiti dai decisori politici.
I programmi, in generale, sono caratterizzati da vincoli:
- finanziari;
- temporali.
Si distinguono: 1. Programmi a breve (meno di un anno); 2. Programmi a medio termine (da 1 a 3 anni); 3. Programmi a lungo termine (oltre 3 anni, anche fino a 15-20 anni).
8. Funzioni-obiettivo e strumenti
La programmazione si fonda sulla definizione di una “funzione-obiettivo” che si deve massimizzare attraverso degli strumenti di politica economica, dati i vincoli all’utilizzo degli strumenti e il “sistema” di relazioni fra le variabili economiche individuato attraverso i modelli economici.
I modelli possono essere disaggregati (a livello settoriale e/o territoriale) o macroeconomici (in questo caso si parla di programmazione globale).
Le variabili-obiettivo (crescita economica, occupazione, bassa inflazione), in genere, vengono suddivise in obiettivi finali e obiettivi intermedi.
9. Gli elementi costitutivi dei programmi
OBIETTIVI: costituiscono la quantificazione di una variabile-obiettivo che costituisce il traguardo dei decisori pubblici.
Si possono definire dei target sia per gli obiettivi finali sia quelli intermedi (considerati “funzionali” al raggiungimento degli obiettivi finali).
STRUMENTI: sono variabili economiche considerate “controllabili” dai decisori pubblici (aliquote fiscali, livello della spesa pubblica, tasso di cambio).
MODELLO “DI ANALISI” (o “di decisione”): il modello mette in relazione le varie variabili economiche, definendo i “nessi causali” fra strumenti, obiettivi intermedi e obiettivi finali.
10. Modelli e variabili economiche
I modelli possono essere espressi sia in forma qualitativa, sia in forma quantitativa (insieme di funzioni che definiscono le grandezze economiche e le relazioni tra le stesse).
Le variabili sono classificate in:
- “endogene”: sono variabili “interne” al modello, il cui valore dipende certamente da quello di altre variabili. Sono suddividibili in variabili “obiettivo” e variabili “irrilevanti”;
- “esogene”: sono variabili “esterne” al modello, il cui valore non dipende da quello di altre variabili. Si possono dividere in variabili “date” (il cui valore si assume come dato) e variabili “strumentali”.
11. Forma “strutturale” e “ridotta” dei modelli
I “modelli di decisione” in cui tutte le grandezze economiche sono espresse in forma quantitativa, vengono definiti modelli in forma “strutturale”.
Gli stessi “modelli di decisione” possono essere espressi in forma “ridotta”, quando tutte le variabili endogene sono espresse in funzione di altre variabili endogene (in genere le variabili-obiettivo “intermedie”) e di quelle “esogene”
Le variabili esogene “controllabili” non sono altro che gli strumenti di politica economica.
12. Le fasi della programmazione secondo Tinbergen
La formulazione di un programma di politica economica si può dividere in tre fasi:
1. Macrofase (macroeconomica): si fornisce una rappresentazione aggregata del processo di sviluppo da innescare attraverso variabili aggregate (PIL; investimenti reali, occupazione…)
2. Fase intermedia: si disaggrega il programma macroeconomico secondo i settori produttivi o le aree geografiche e si definisce la trama dei nessi causali;
3. Microfase (microeconomica): il programma si completa con una serie di progetti facilmente cantierabili in tempi brevi.
13. Le principali tipologie di intervento pubblico
A. Politiche quantitative e qualitativePolitiche quantitative e qualitative::
- Politica fiscale;
- Politica monetaria;
- Politica del tasso di cambio.
B. Politiche di riformaPolitiche di riforma: sono quelle tese a rivedere i caratteri sostanziali del funzionamento di un sistema economico (riforma dei regimi di proprietà e legislazione antitrust; interventi di liberalizzazione dei mercati; interventi di riforma dei sistemi finanziari; modifiche nei sistemi pensionistici; riforme per migliorare il sistema giudiziario).
14. Il “ciclo del progetto”
Il “ciclo del progetto” è una metodologia classica di definizione e gestione dei progetti applicata nella finanza aziendale e nella organizzazione e gestione dei processi produttivi.
Il PCM ha evidenti nessi logici con la base logica e gli strumenti della Breackdown Structure (BS).
Il PCM è stato esteso progressivamente ai progetti pubblici e anche ai Programmi pluriennali di politica economica.
15. Il “ciclo del progetto” nelle politiche pubbliche della UE
La Commissione usa tradizionalmente il PCM per:
- gli interventi di cooperazione allo sviluppo fin dai primi anni Novanta (applicazione a progetti di aiuto allo sviluppo del PCM classico);
- i Programmi di sviluppo strutturale cofinanziati dai Fondi Strutturali (definizione del “ciclo del programma”).
16. Definizione di “progetto”
“INSIEME di attività, COMPLESSE e INTERRELATE, aventi come fine un OBIETTIVO ben DEFINITO, raggiungibile attraverso sforzi SINERGICI e COORDINATI, entro un TEMPO predeterminato con un preciso ammontare di RISORSE umane e finanziarie a disposizione”.*
* Fonte: Stefano Tonchia; “Il project management”, ed. “Il sole 24 ore”, 2001.
VINCOLI
OBIETTIVOSTRUMENTI
CONTESTO
RISORSE
TEMPO
PROGETTO
- azioni interrelate;- sinergia fra risorse e azioni;- coordinamento fra le risorse umane.
17. Definizione del percorso di “progettazione”
18. Strategie aziendali e basi logiche della “progettazione”
Total Quality Management
Approccio problem solving
Breakdown Structure
Company Wide Project Management
19. Strategie aziendali e strumenti della “progettazione”
Company Wide Project Management
Project Cycle Management
Breakdown Structure
ABM/PCBS
PBOS
WBS
PBBS
20. Il Company Wide Project Management (CWPM)
Il CWPM è strettamente funzionale all’obiettivo generale di risolvere problemi (problem solving) in uno scenario di gestione aziendale e dei progetti ispirati al Total Quality Management (TQM).
Il CWPM si fonda su un “approccio sistemico”, ossia sulla “considerazione di tutti gli elementi che concorrono al risultato finale e delle loro relazioni”*.
* Fonte: Stefano Tonchia; “Il project management”, ed. “Il sole 24 ore”, 2001.
21. Dal CWPM alla Breakdown Structure
Il CWPM trova concreta applicazione nella Breakdown Structure (BS), ossia uno strumento per gerarchizzare obiettivi, fasi di attività, azioni e responsabilità nella realizzazione di un progetto (o anche di un programma complesso).
Il principio di fondo è che un progetto finalizzato a risolvere dei problemi vada tradotto in una matrice gerarchizzata di obiettivi e azioni interrelate.
La Breakdown Structure, quindi, consente di tradurre progetti, processi produttivi e funzioni aziendali in livelli gerarchizzati di obiettivi e in fasi gerarchizzate di attività.
22. Elementi fondamentali della BS
Breakdown Structure
- ProCess Breakdown Structure (PCBS);
- Project Organisational Breakdown Structure (POBS);
- Work BS (WBS) e i WPs;
- Project Budget BS (PBBS).
23. La PCBS e la POBS
La ProCess Breakdown Structure consente di schematizzare le procedure per la realizzazione dei progetti e dei processi produttivi (sia di beni, sia di servizi) e realizzare una struttura gerarchica a più livelli di attività operative (si parla anche di Activity Breakdown Structure).
La PCBS consente di realizzare un “albero di attività” orientato all’obiettivo progettuale (vedi WBS).
In relazione alla PCBS e alla WBS viene anche definita la Project Organisationa Breakdown Structure (POBS), che consiste in una struttura gerarchizzata di responsabilità dei soggetti impegnati nella realizzazione del progetto.
24. Il progetto e i WPs
La Work Breakdown Structure (WBS) si concretizza in una rappresentazione grafica di fasi gerarchizzate, procedure e di interrelazioni sinergiche per la realizzazione dei progetti.
La WBS è imperniata su un “albero di attività” organizzato gerarchicamente per livelli, in cui ad ogni livello corrisponde una serie di attività funzionale al corrispondente livello degli obiettivi intermedi.
La WBS consente di suddividere tutte le fasi di realizzazione del progetto in Work Packages (WPs), caratterizzati in modo univoco da input, output e attività elementari interne.*
* Fonte: De Maio et al.; “Gestire l’innovazione e innovare la gestione: teoria del Project Management” ETAS libri, Milano, 1994
25. La WBS e i WPs
N.B. A ciascuno dei WPs (fra loro interrelati) sono associabili risorse (umane e finanziarie), tempi di esecuzione e responsabilità gestionali e operative
ObiettivoProgetto
-WP 1;- WP2;-……- WP n.
Coerenza interna ed esterna
Interrelazioni
26. Project Budget Breakdown Structure (PBBS)
La PBBS consente di articolare la copertura finanziaria del progetto collegandola a:
- risorse umane e materiali;
- fasi di attività; WPs e attività elementari;
- centri di responsabilità (interni a:
aziende private;
PA;
macro-strutture gestionali che gestiscono la realizzazione di programmi complessi).
27. Pilastri della BS e della pianificazione delle attività
TEMPI E SCHEDULING
ATTIVITA’
BUDGETING
DEFINIZIONEOBIETTIVI
28. Pilastri della BS e relativi strumenti operativi
Obiettivi
Risorse finanziarie
Durata dei progetti
Diagramma PERT
Diagramma di GANNT
Piano finanziario
29. Diagrammi PERT e di GANNT
Una volta definiti obiettivi, fasi di attività e WPs, milestones relativi ad ogni fase di attività e le singole azioni, il PERT (Programme Evaluation and Review Tecnicque) è un diagramma “reticolare” che definisce il “cammino logico” che collega azioni, attività, milestones e obiettivi finali.
Il diagramma di Gannt (o “bar-chart”) definisce il cronoprogramma di attività, riportando lungo l’asse orizzontale la variabile temporale e lungo quello verticale le fasi di attività e i WPs.
30. Dalla BS al PCM
Il PCM si fonda, in sostanza, su alcuni assunti che si ritrovano anche nel “ciclo del programma”:
-gli assunti che guidano il CWPM e la BS, ossia che i progetti e/o i processi si possono scomporre in obiettivi di vario livello e in fasi di attività gerarchizzabili;
- i progetti devono basarsi sull’analisi dei problemi da risolvere e sulle aspettative dei beneficiari di progetti/programmi di sviluppo;
-i progetti e i programmi sono “sistemi aperti”;
-i progetti e i programmi devono prevedere dei sistemi di retroazione (M&V).
31. Le sei fasi “circolari” del PCM (I)
La descrizione classica del PCM prevede la sua articolazione in 6 fasi.
1. 1. ProgrammazioneProgrammazione: vengono stabilite linee di indirizzo generali di un progetto e/o di un programma e obiettivi desiderabili;
2. IdentificazioneIdentificazione: nel caso di progetti/programmi di sviluppo vengono esaminati i problemi, le tipologie di unità target e le aspettative dei cittadini. Si definiscono più puntualmente gli obiettivi la strategia. Inoltre, si formula una prima identificazione dei milestones dei progetti;
32. Le sei fasi “circolari” del PCM (III)
3. FormulazioneFormulazione (o pianificazionepianificazione): sulla base del percorso logico visto in precedenza si puntualizzano “albero dei problemi”, domande sociali dei beneficiari; “albero degli obiettivi”, “matrice delle attività” e responsabilità gestionali; articolazione finanziaria e tempistica del progetto;
4. FinanziamentoFinanziamento;
5. ImplementazioneImplementazione: tutte le risorse finanziarie, umane e tecnico-organizzative previste dal piano di finanziamento vengono attivate;
6. ValutazioneValutazione.
33. Le sei fasi “circolari” del PCM (III)
Le sei fasi sono articolate secondo un processo “circolare”, in cui la chiusura di ogni fase è, in linea di principio, strettamente propedeutica all’avvio di quella successiva.
In realtà il percorso “circolare” è meno rigido, dato che:
- concretamente emergono delle sovrapposizioni fra la chiusura di una fase e l’avvio di quella successiva;
- la valutazione (indicata come ultima fase) non chiude necessariamente il ciclo, ma in realtà accompagna l’intera gestione del progetto.
34. Il PCM e la valutazione dei progetti
Nell’ambito del PCM le attività di Monitoraggio e Valutazione (M&V), in sostanza, costituiscono il cardine del sistema di retroazione. L’idea di fondo è che consentano di:
- monitorare l’avanzamento del progetto/programma e affrontare criticità attuative che possano ritardarne l’esecuzione;
- intervenire per correggere scelte iniziali che si rilevano, prima della formulazione e/o in corso d’opera, poco pertinenti;
- identificare e valorizzare successivamente “lezioni dell’esperienza” e “best practices”.
35. La valutazione ex ante
Valutazione Valutazione ex anteex ante: in genere precede sia la fase di identificazione, sia quella di formulazione.
Consiste soprattutto nelle:
(i) analisi della coerenza fra obiettivi e strategie;
(ii) verifica della “robustezza” della strategia;
(iii) valutazione preliminare di impatto (stima sui risultati e sugli impatti).
36. La valutazione in itinere e quella ex post
-- Valutazione Valutazione in itinerein itinere: si rilevano e si valutano sia l’avanzamento del progetto, sia i risultati iniziali e intermedi ottenuti per migliorare la gestione e la scelta in “corso d’opera” delle azioni;
- Valutazione Valutazione ex postex post: le finalità di fondo sono:
stimare a consuntivo risultati/impatti;
identificare “lezioni dell’esperienza” e “best practices” da valorizzare in seguito.
37. Dal “ciclo del progetto” al “ciclo del programma”: le basi politiche
Il PCM viene applicato dalla Commissione ai programmi strutturali di sviluppo cofinanziati dai Fondi Strutturali. Tali programmi possono essere organizzati su scala nazionale e/o su scala territoriale (regionale).
I programmi nazionali attuati in Italia si configurano come programmi fondamentalmente settoriali.
I programmi regionali, invece, costituiscono un concreto esempio di programmi complessi (sono multi-azione, sono multi-scopo e multi-target).
38. Dal “ciclo del progetto” al “ciclo del programma”: le basi tecniche
Il ciclo del programma, in sostanza si fonda sull’applicazione delle metodologie illustrate in precedenza e applicate anche nella definizione delle strategie aziendali:
- logica del PCM e metodi di valutazione ex ante della robustezza della strategia e dei possibili effetti;
- principi della BS che, in sostanza, trovano applicazione attraverso il Logical Framework Approach (LFA), che porta alla “gerarchizzazione” di obiettivi di programma e azioni di policy;
- analisi SWOT che consente di creare un ponte fra analisi del contesto e disegno strategico del programma.
39. Come si costruisce la strategia?
1. Si applica il c.d. LFA che conduce alla definizione di una matrice di quadro logico (logframe) che definisce la gerarchizzazione degli obiettivi e delle azioni.
2. La logframe costituisce il ponte fra “albero dei problemi” e “albero degli obiettivi” e corrisponde alla “matrice delle attività” che caratterizza la BS. In questo senso, essa sintetizza la “strategia” del Programma;
3. La “strategia” del Programma deve essere validata prima della sua formulazione “definitiva” attraverso la valutazione ex ante.
40. Analisi preliminari all’applicazione del LFA e alla definizione della strategia
1. Analisi del contesto socio-economico e identificazione delle criticità strutturali da superare;
2. Analisi dei punti di forza e di debolezza, dei rischi e delle opportunità raccolti in una tavola sinottica definita “matrice SWOT”;
3. Analisi degli stakeholders e ranking delle unità target (o gruppi bersaglio del programma);
4. Analisi delle domande sociali e delle aspettative, in genere attraverso processi partecipativi aperti ai principali stakeholders (tecnica dei focus group).
41. Qual è l’utilità dell’analisi SWOT? (I)
L’analisi SWOT consente di mettere maggiormente a fuoco:
-le criticità da superare con i programmi strutturali di sviluppo e/o con progetti di sviluppo sub-regionali e le specificità di un dato contesto socio-economico;
-le vocazioni locali da valorizzare per rilanciare la competitività del sistema socio-produttivo locale;
- le variabili “esogene” rispetto al programma che potrebbero incidere sulla sua efficacia e sui relativi impatti.
42. Qual è l’utilità dell’analisi SWOT? (II)
L’analisi SWOT, in sostanza, consente di delineare in modo più pertinente:
- il sistema degli obiettivi del programma;
- i possibili benefici per le unità target del programma;
- i possibili effetti sul contesto socio-economico;
- il disegno strategico del programma.
43. Dall’analisi di contesto ai “punti SWOT”
L’analisi SWOT deriva dalle analisi strategiche e di marketing delle imprese (segmentazione dei mercati e analisi del posizionamento strategico). Essa costituisce, de facto, una sorta di sintesi dell’analisi di contesto.
Essa conduce alla definizione di due cluster di “punti SWOT”:
- Strenghts (punti di forza) e Waeknesses (punti di debolezza) che risultano “interni” al programma;
-Opportunities (opportunità) e Threats (minacce) che risultano “esterni” al programma.
44. Analisi SWOT e Threats
Le minacce “esterne” sono, in sostanza, fattori che potrebbero indebolire l’economia locale e l’efficacia del programma, che non sono controllabili dai decisori pubblici locali (rischi recessivi globali, sviluppo di aree limitrofe che possono sottrarre investimenti e forze di lavoro qualificate, peggioramento delle condizioni ecologiche dell’area).
45. Analisi SWOT e Opportunities
Le opportunità “esterne” sono fattori che potrebbero rafforzare l’efficacia del programma a prescindere dalle decisioni dei decisori pubblici locali (ripresa del turismo, nuovi flussi commerciali nel Mediterraneo, scelte di policy generali particolarmente rilevanti per il rilancio di alcuni punti di forza e/o vocazioni produttive locali).
46. I “punti SWOT” e il disegno strategico
L’idea di fondo è che, tenendo conto delle “lezioni dell’esperienza” del precedente ciclo di programmazione e delle analisi della domanda, il “disegno strategico” debba:
- valorizzare quanto più possibile i punti di forza;
- contrastare i punti di debolezza e le minacce esterne;
- valorizzare le opportunità esterne.
La verifica della coerenza fra “punti SWOT” e azioni del programma, non a caso, costituisce uno degli aspetti principali della valutazione ex ante.
47. La matrice SWOT
Punti di forza (S)Punti di forza (S) Punti di debolezza (W)Punti di debolezza (W)
Elenco dei punti di forza Elenco dei punti deboli
Opportunità (O)Opportunità (O) Minacce (T)Minacce (T)
Elenco opportunità Elenco minacce
48. Il Logical Framework Approach
Il LFA prevede almeno tre blocchi di attività:
1. analisi dei problemi;
2. analisi degli obiettivi (anche sulla base dei risultati della SWOT analysis) e verifica preliminare dei possibili effetti del progetto e/o del programma;
3. definizione della strategia, attraverso una adeguata gerarchizzazione degli obiettivi, la definizione di corrette relazioni mezzi/fini e la valutazione ex ante della coerenza fra analisi dei problemi e matrice gerarchizzata di obiettivi e azioni.
49. Il LFA e l’analisi dei problemi
L’analisi dei problemi, strettamente collegata all’analisi di contesto e alla stessa SWOT analysis, è articolabile nelle seguenti attività:
1. corretta definizione dei principali beneficiari di un dato progetto e/o di un programma;
2. corretta definizione dei principali problemi dei “gruppi bersaglio” e, più in generale, del contesto socio-economico locale;
3. rappresentazione grafica, attraverso il c.d. “albero dei problemi”.
50. Il LFA e la definizione della matrice di obiettivi e azioni (I)
La definizione del “quadro logico” di un progetto e/o di un programma complesso (strategia) generalmente segue un percorso a ritroso dagli obiettivi generali a quelli operativi, fino a definire le azioni.
A completamento della programmazione in senso stretto, in sede di valutazione ex ante, si verifica la compatibilità di azioni e obiettivi operativi con le “condizioni” di contesto e con l’analisi della domanda.
51. Il LFA e la definizione della matrice di obiettivi e azioni (II)
Il “cammino logico” top down si snoda come segue:
- si definisce un obiettivo globale (o generale);
- si identificano obiettivi intermedi serventi l’obiettivo globale;
- si identificano degli obiettivi operativi, a loro volta funzionali al raggiungimento degli obiettivi intermedi;
- si identificano le azioni più adeguate per raggiungere obiettivi operativi e intermedi.
52. Il LFA e la logframe matrix (I)
Il “quadro logico” di un progetto e/o di un programma complesso (in sostanza la strategia) si può sintetizzare attraverso una matrice a doppia entrata (logframe matrix) in cui il “nucleo centrale” 4x4 sintetizza interamente il progetto.
Il “quadro logico” è completato con la descrizione delle “pre-condizioni”, intese come “condizioni che devono pre-esistere per rendere fisicamente fattibili le attività” (Bussi, 2002).
53. Il LFA e la logframe matrix (II)
Le quattro righe interne della logframe matrix riportano: obiettivi generali, obiettivi intermedi (indicati anche come “scopi”), risultati attesi e attività (azioni da implementare).
Le quattro colonne interne riportano: breve descrizione della logica di intervento per ogni livello di obiettivo; indicatori verificabili (Objectively Verifiable Indicators); fonti esterne ed interne per la verifica degli indicatori (e anche caratteristiche delle informazioni da reperire); condizioni e rischi progettuali.
54. La logframe matrixAnalisi
logica
Indicatori quantificabili
Fonti di verifica
Condizioni e/o rischi
Ob. globale
Scopi (Obb. specifici)
Risultati attesi
Azioni
Pre-condizioni
55. Definizione logica dei livelli della LFMDescrizione logica
(Che cos’è?)
Obb. globali I benefici sociali ed economici di medio lungo termine
Scopi (Obb. specifici)
I benefici “tangibili” per i beneficiari
Risultati attesi I servizi che i beneficiari riceveranno dal progetto
Attività (azioni) Ciò che sarà fatto durante il progetto per garantire la fornitura dei servizi
Fonte: Bussi, 2002
56. Significato dei livelli della LFM
Significato
(A che domanda risponde?)
Obb. globali Perché il progetto è importante per la società?
Scopi Perché i beneficiari ne hanno bisogno?
Risultati attesi
Cosa i beneficiari saranno in grado di fare, di sapere o di saper fare grazie alle attività?
Azioni Cosa sarà fatto per fornire i servizi?
Fonte: Bussi, 2002
57. Gli indicatori
Gli indicatori si possono dividere in:
1. baseline indicators: definiscono le condizioni socio-economiche del contesto prima dell’avvio del progetto o di un programma;
2. indicatori di progetto (o di programma): consentono di rilevare gli avanzamenti realizzativi, i risultati e gli impatti.
Gli elementi che definiscono gli indicatori di progetto (o di programma) sono: 1. una variabile, 2. un target-group, 3. un tempo di osservazione; 4. un valore di riferimento (Bussi, 2002).
58. I nessi causali in una logframe matrix
Il sistema di nessi causali sotteso a un progetto costruito con il LFA è il seguente:
- se le “pre-condizioni” sono state verificate, si possono avviare le azioni;
- realizzando le azioni, se le condizioni di livello si realizzano, si ottengono i risultati indicati nella logframe matrix;
- ottenendo quei risultati, se si realizzano le condizioni di livello corrispondente, si ottengono gli obiettivi specifici definiti;
- se si realizzano gli obiettivi specifici e le corrispondenti condizioni di livello si ottiene l’ob. globale.
59. Il LFA: altra possibile descrizione schematica del disegno strategico
Priorità di policy Gruppi bersaglio
Problemi di rilievo
Azioni necessarie
1. Rafforzare le infrastrutture
1.1.
1.2
a.
b.
X
Y
Z
W
2. Sviluppare il settore rurale
3. Incrementare la R&ST
4.
60. Il LFA e il disegno strategicodei programmi cofinanziati dall’UE (I)
I programmi di sviluppo dell’UE si configurino come programmi multi-scopo e multi-progetto costruiti secondo il LFA. Il “ciclo del programma” prevede:
- analisi del contesto socio-economico e analisi della domanda sociale;
- un complesso sistema amministrativo che implementa un programma di spesa pluriennale molto articolato e complesso;
- l’implementazione di articolati meccanismi di retroazione (audit finanziari; monitoraggio e valutazione).
61. Il LFA e il disegno strategicodei programmi cofinanziati dall’UE (II)
Il “ciclo del programma” si fonda su tre grandi aggregati:
- la domanda sociale che, deriva dalla rilevazione delle preferenze dei cittadini;
- l’offerta “dichiarata” di interventi di sviluppo espressa dai decisori pubblici;
- l’offerta “effettiva” di interventi di sviluppo: gli interventi messi concretamente in atto e rilevati attraverso i meccanismi di retroazione (in primis monitoraggio e valutazione).
Fonte: Bagarani,Bonetti (2005), pp. 93-103
62. Logica di intervento di un programma
Risorse(umane, tecniche
e finanziarie)
Attività delprogramma
Realizzazioni
(beni e serviziprodotti)
Risultati
(effetti immediati)
Impatti
(effetti di più lungo termine)
obiettivioperativi
obiettivispecifici
obiettivigenerali
Effetti
Obiettivi del programma
63. La definizione dei Programmi e della valutazione nell’approccio della Commissione
Definizione di Programma:
“Organised set of financial, organisation and human interventions mobilised to achieve an objective or set of objective. A programme is delimited in terms of timescale and budget”.
Definizione di valutazione:
“Evalutaion is a process of judgement of interventions according to their results, impacts and the needs they aim to satisfy”.Fonte: Guidelines ex Website del progetto EVALSED e Quadro Comune di Monitoraggio e Valutazione 2007-2013 sullo sviluppo rurale
64. Programmi cofinanziati dai FS e valutazione
PROGRAMMA
Risorse
Scelte di policy
ValutazioneValutazione
Obiettivi
65. A cosa serve la valutazione dei programmi complessi?
1. Funzioni di accountability: la valutazione consente di incrementare il grado di pubblicness delle politiche e di trasparenza nell’uso delle risorse pubbliche;
2. Funzioni di learning: le “lezioni dell’esperienza” in itinere e al termine del programma consentono di migliorare il sistema delle decisioni pubbliche e le politiche pubbliche;
3. Funzioni di policy improvment: nell’ambito del “ciclo del programma” la valutazione consente, via via, di correggere le scelte di policy che danno corso al programma pluriennale e di migliorarne la gestione.
Ex ante
In itinere
Responsabili: SM e Regioni
66. Le principali fasi della valutazione
Ex post
Responsabili: SM e Regioni
Responsabile: Commissione
Ex ante
In itinere
Migliorare il Programma prima della sua piena formulazione
67. Gli obiettivi di queste fasi della valutazione
Ex post
Migliorare le politiche ela gestione
Individuare “lezioni” e best practicesDeterminare gli impatti
68. Principali elementi della valutazione ex ante
1. Analisi dei risultati delle valutazioni precedenti
2. Analisi dei punti di forza e dei punti deboli e del potenziale di sviluppo;
3. Valutazioni delle motivazioni della coerenza della strategia
4. Quantificazione degli obiettivi e dei relativi indicatori
5. Analisi degli impatti prevedibili in relazione a obb. generali, obb. specifici e obb. operativi;
6. Qualità dei dispositivi di attuazione e di sorveglianza.Fonte: Commissione Europea, 2001
69. Il LFA e la valutazione ex ante
Una volta definito un programma complesso con il LFA le principali analisi da effettuare in sede di valutazione ex ante sono:
- analisi della rilevanzaanalisi della rilevanza (relevance): capacità del programma di affrontare le maggiori problematiche definite con il c.d. “albero degli obiettivi”;
- analisi di compatibilità fra punti SWOT e azioni ed obiettivi analisi di compatibilità fra punti SWOT e azioni ed obiettivi operativioperativi: coerenza fra analisi SWOT e disegno strategico;
- analisi di coerenza “interna”analisi di coerenza “interna”;
- analisi dei benefici attesi e degli effettianalisi dei benefici attesi e degli effetti.
70. Il LFA e la valutazione della coerenza “interna”
L’analisi della “coerenza interna” (analisi della “logica verticale”) di un programma serve a verificare la validità della trama di nessi causali fra le variabili considerate.
In altri termini, si tratta di verificare la compatibilità fra risorse allocate fra le varie azioni, azioni di policy e vari livelli di obiettivi (operativi, intermedi e finali).
Questo significa rivedere il c.d. “albero degli obiettivi” (hierarchy of objectives) dal basso verso l’alto (approccio bottom up) o dall’alto verso il basso (approccio top down).
71. Valutazione ex antee identificazione dei benefici attesi
L’ identificazione dei benefici attesi è molto complessa, specialmente in sede di valutazione ex ante, in quanto si deve considerare che si possono avere effetti diretti e indiretti, effetti moltiplicatori, ma anche effetti di sostituzione ed effetti “nulli” o trascurabili.
Va sempre tenuta presente, inoltre, il divario fra impatto lordo e netto (per stimare tale divario si tratta di ricostruire lo scenario “non osservabile” riconducibile all’ipotetica alternativa di non intervento).
72. Identificazione dei benefici attesi e “sostenibilità”
Una corretta stima quantitativa dei vari effetti e anche degli effetti netti, anche se complessa, è fondamentale per rilevare pienamente l’efficacia globale e la “sostenibilità” di un programma di sviluppo, ossia la sua capacità di modificare strutturalmente le capacità competitive di un dato territorio.
La “sostenibilità” di un programma sarà tanto più elevata, quanto più saranno significativi gli “impatti permanenti”.
73. Impatti “temporanei” e impatti “permanenti”
Gli impatti “temporanei” sono quelli legati alla c.d. “fase di cantiere” degli interventi. La realizzazione degli interventi genera effetti moltiplicativi di domanda (di beni e servizi necessari per realizzarli). Gli effetti che si generano sulle variabili economiche sono temporanei, in quanto destinati a terminare alla chiusura della fase di cantiere
Gli impatti “permanenti” sono quelli che permangono “a regime”, ossia una volta chiusa la “fase di cantiere”. In “fase di regime”, infatti, si manifestano gli effetti legati al miglioramento strutturale delle condizioni competitive.
74. La stima degli effetti netti
Effetti netti Effetti netti =
Effetti lordi -
Effetti di spiazzamento -
Effetti di sostituzione -
Effetti “peso-morto” +
Effetti moltiplicatori (indiretti e/o inattesi)
75. Gli effetti di spiazzamento
Gli effetti di spiazzamento (displacement effects) sono quelli che penalizzano territori limitrofi a quelli interessati dai progetti o dal programma:
- se in una città balneare si realizza un porticciolo turistico, si può incrementare l’afflusso di turisti a discapito di città balneari vicine;
- se in un dato territorio si implementano politiche di attrazione degli investimenti, gli effetti positivi possono registrarsi a danno delle aree territoriali limitrofe, per cui a livello di intera economia si possono avere effetti nulli.
76. Gli effetti di sostituzione
Gli effetti di sostituzione concernono effetti negativi inattesi sulle singole unità target dei programmi:
- si possono registrare risultati positivi per quanto concerne la competitività di un determinato gruppo target di imprese, ma questi possono andare a detrimento della competitività delle imprese non beneficiarie del programma;
- si può incrementare l’occupazione di una data categoria di lavoratori (ad esempio i giovani), con politiche formative mirate, ma questo può comportare l’uscita dal mercato del lavoro di altri gruppi target (ad esempio lavoratori con bassi livelli di qualificazione).
77. Gli effetti “peso-morto”
Si parla di effetti “peso-morto” (dead-weight effects) in relazione a quegli interventi che si stima non abbiano comportato alcun effetto sulla condizione o sulle scelte delle unità target dei programmi.
Le premesse logiche sono le stesse che guidano in generale la verifica su impatti lordi e netti (c.d. “analisi controfattuale”): (a) se si forniscono incentivi alle imprese si può registrare un aumento degli investimenti industriali, ma questo risultato si sarebbe potuto registrare anche in assenza dei sussidi; (b) a fronte di specifici interventi si può registrare un incremento della partecipazione al MdL di determinati gruppi target, ma non è detto che siano state quelle politiche a cambiare l’orientamento dei beneficiari.
78. Gli effetti “moltiplicatori”
Gli effetti “moltiplicatori” si sommano agli impatti diretti, rafforzando l’impatto netto del programma.
Si possono definire due tipi di impatti “moltiplicatori”:
- gli impatti positivi inattesi;
- gli impatti indiretti e/o trasversali (“spillovers effetcs”): sono gli effetti di maggiore spesa che si generano a fronte della realizzazione degli interventi (moltiplicatore degli investimenti e della spesa pubblica) e gli effetti di miglioramento generale del contesto socio-economico.
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ANTONIO BONETTI
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