genio del diritto': da Beccaria all'utilitarismo di...

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// 'genio del diritto': da Beccaria all'utilitarismo di Bentham Charles K Langford Deparment of Italian Studies McGill University, Montreal March 2003 A thesis submitted to McGill University in partial fulfillment of the requirement of the degree of Master © Charles K. Langford, 2003 n \ f •)

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// 'genio del diritto': da Beccaria all'utilitarismo di Bentham

Charles K Langford

Deparment of Italian Studies

McGill University, Montreal

March 2003

A thesis submitted to McGill University in partial fulfillment of the requirement of the degree of Master

© Charles K. Langford, 2003

n \

• f •)

Abstract

The purpose of the thesis is twofold. The first objective is to illustrate the philosophy of

Cesare Beccaria through the study of his articles on II caffe and his major work On

crimes and punishments. The author presents a conceptual and practical solution to two

problems: the administration of justice and the foundation of law.

The second objective of the thesis is to retrace the steps of the international spread of his

thought in France and the Anglo-Saxon world: France is only concerned with the

administration of justice; England is responsive to both the concepts of the Italian scholar

through William Blackstone (justice) and Jeremy Bentham (law). Bentham finds in the

theory of the social contract of Beccaria the principle of Utilitarianism, a social

philosophy that he will develop. The Founding Fathers of the United States will be

sensitive to both aspects of the thought of the Milanese author, directly and through

Blackstone's and Bentham's works.

II

Resume

Cette these se propose deux objectifs. Le premier est d'illustrer la philosophic et l'oeuvre

de Cesare Beccaria en analysant ses articles publies dans II Caffe et son oeuvre principale

Pes delits et des peines. L'auteur offre une solution a deux problemes: 1'administration

de la justice et le fondement du droit.

Le deuxieme objectif de la these est de suivre la diffusion internationale de la pensee de

Beccaria en France et dans le monde anglo-saxon. La France s'interesse uniquement a

l'aspect de Vadministration de la justice, tandis que l'Angleterre accueille les deux volets

de la pensee du philosophe italien grace a William Blackstone (justice) et Jeremy

Bentham (droit). Ce dernier utilisera le principe de l'utilite des lois de Beccaria pour

developper sa philosophic utilitariste. Les peres fondateurs des Etats Unis s'interesseront

eux aussi aux deux aspects de la pensee de l'auteur milanais, soit directement, soit par

l'intermediaire de Blackstone et Bentham.

Ill

Riassunto

Lo scopo della tesi e duplice. II primo obiettivo e di illustrare la filosofia e 1'opera di

Cesare Beccaria attraverso lo studio dei suoi articoli su II Caffe e soprattutto della sua

opera principale Dei delitti e delle pene. L'autore propone una soluzione a due problemi:

l'amministrazione della giustizia e il fondamento del diritto.

II secondo obiettivo della tesi e quello di ripercorrere le tappe della diffusione

internazionale del suo pensiero in Francia e nel mondo anglosassone: la Francia si

interessa unicamente all'aspetto amministrativo della giustizia; l'Inghilterra recepisce

tutti e due gli aspetti del pensiero del Beccaria attraverso William Blackstone (giustizia) e

Jeremy Bentham (diritto). Quest'ultimo riconosce nella concezione del contratto sociale

di Beccaria il principio fondamentale dell'utile, che egli pone alia base della sua filosofia

utilitaristica. I padri fondatori dei futuri Stati Uniti si interesseranno, a loro volta (come

l'Inghilterra), a entrambi gli aspetti del pensiero dell'autore milanese, sia direttamente,

sia tramite il pensiero di Blackstone e Bentham.

IV

Acknowledgments

This thesis has drawn heavily on the goodwill, infinite patience and understanding of my

thesis supervisor, Prof. Maria Predelli of the Department of Italian Studies, McGill

University, whom I wish to thank here for her constant help, encouragement and for

creating an environment conductive to thinking and writing.

Montreal, March 2003 C. K. Langford

V

Indice

Pagina

Abstract II

Resume III

Riassunto IV

Acknowledgments V

Indice VI

Introduzione 1

Cesare Beccaria 8

Gli articoli scritti da Cesare Beccaria nella rivista II Caffe 14

II concetto di diritto in Dei Delitti e delle pene di Cesare Beccaria 35

Dalle prime edizioni italiane al Commentaire di Voltaire 59

Dei delitti e delle pene nel mondo anglosassone 81

Bibliografia 106

VI

Introduzione

Nell'agosto del 2001, apparve sulla rivista inglese The Economist, un breve articolo

introduttivo dal titolo "The politics of human rights", seguito da unlungo articolo dal

titolo "Righting wrongs". La ragione di questo interesse per i diritti umani da parte

dell'importante rivista risiedeva nel fatto che a Dakar, la capitale del Senegal, si sarebbe

aperta il 16 agosto di quell'anno una conferenza su quel tema. I partecipanti erano

membri di associazioni votate alia denuncia delle ingiustizie e quindi alia difesa dei diritti

dell'uomo. II piu importante di questi gruppi, Amnesty International, e un secondo

gruppo, pure influente, Human Rights Watch, avrebbero voluto che la conferenza

adottasse una chiara posizione verso un allargamento dei diritti, che l'ONU avrebbe

dovuto poi cercare di mettere in pratica.

Benche, come chiunque, mi fossi sempre considerato sensibile al tema dei diritti umani,

scoprivo, attraverso questi due articoli, che, in fondo, non ne sapevo molto. II primo dei

due articoli spiegava che l'ONU, costituitosi alia fine della II Guerra mondiale, aveva

inizialmente adottato una dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (Universal

Declaration of Human Rights). Piu tardi, questa Magna Carta dei diritti era stata trovata

piuttosto vaga. Negli anni 1960 l'ONU aveva allora creato due nuovi organismi:

VInternational Covenant on Civil and Political Rights e I'International Covenant on

Economic, Social and Cultural Rights. II primo di questi due nuovi organismi si sarebbe

dedicato all'analisi e alia definizione dei diritti dell'uomo dal punto di vista civile e

politico, mentre il secondo si sarebbe concentrato su quelli economici, sociali e culturali.

La creazione di questi due organismi nasceva quindi dal bisogno di identificare

concretamente i diritti fondamentali dividendoli in due categoric

The Economist definiva i diritti civili e politici come diritti di prima Renerazione; li

chiamava anche liberta negative (negative liberties). Tale terminologia veniva dal fatto

che questi diritti sorgono come liberazione da uno stato di privazione. Essi sono

fondamentalmente tre:

• il diritto di parola

• il diritto di non essere torturato

• il diritto di votare (e quindi di esprimersi politicamente).

Essi sorgono da un'iniziale mancanza, cioe nascono da una condizione umana precedente

in cui tali diritti non esistevano.

Nel corso degli ultimi decenni tali diritti hanno trovato un'approvazione sempre piu vasta

e owia; il numero dei paesi che hanno adottato un governo di tipo democratico si e

moltiplicato in modo esponenziale, se si pensa alle poche democrazie che esistevano sul

pianeta prima della II Guerra mondiale. La messa in pratica di tali diritti implica un costo

economico modesto. Anche per questo essi hanno trovato una collocazione abbastanza

rapida nella legislazione di tanti paesi. II diritto di voto, come quello di esprimersi, come

quello di non essere torturato sono semplici da tradurre in legge e quindi entrano

facilmente a far parte del contratto sociale che lega i cittadini al loro governo. La

violazione di queste leggi e facile da constatare. Insomma, i diritti di prima generazione

sono la base di tutti gli stati di diritto e l'ONU ha in qualche modo contribuito alia loro

diffusione.

La seconda categoria di diritti, detti di seconda Renerazione, chiamata anche l'insieme

delle liberta positive (positive liberties) si traduce essenzialmente in altri tre diritti:

• diritto alia salute

• diritto al cibo

• diritto al lavoro.

II fatto di chiamarle liberta positive viene dal fatto che tali diritti rientrano nel quadro

dello sviluppo verso cui le societa tendono. Invece i diritti di prima generazione

rappresentano una liberazione da condizioni tiranniche e disumane precedents

II problema di queste liberta positive, faceva notare The Economist, e che esse si

rivelano, a differenza delle prime, impossibili da mettere effettivamente in pratica e

questo per due ragioni: da una parte questi diritti sono estremamente costosi (si pensi al

diritto alia salute finanziato dallo stato) e quindi sono realizzabili solo se le risorse e le

priorita mutevoli della societa lo permettono. D'altra parte e difficile delimitare

concretamente tali diritti. Mentre e facile definire il diritto di voto, o quello a non essere

torturato, e molto piu difficile intendersi su cio che significa, per esempio, il diritto al

lavoro. Da tale difficolta di definizione nasce la quasi impossibilita di tradurli in leggi

efficaci.

The Economist citava a questo punto Jeremy Bentham:

NONSENSE upon stilts"—this was Jeremy Bentham's assessment of the French revolutionaries' Declaration of the Rights of Man and of the Citizen, which deemed that all people had certain natural and unalterable rights. Bentham felt that rights were man-made, and could not spring from mere assertions of principle. As he put it, "Right...is the child of law; from real laws come real rights; from imaginary laws, from laws of nature, fancied and invented by poets,

rhetoricians, and dealers in moral and intellectual poisons, come imaginary rights, a bastard brood of monsters.

In altre parole, mentre i diritti di prima generazione sono traducibili in legge ed essa puo

essere facilmente applicata a un costo accettabile che si traduce in quello di organizzare

la polizia, i tribunali e la difesa, i diritti della seconda generazione non sono, direbbe

Jeremy Bentham, che affermazioni di principio, perche la loro attuazione sarebbe

litigiosa (come definire, per esempio, il diritto al lavoro?) e implicherebbe inoltre dei

costi proibitivi. Per ragioni economiche la loro adozione forzerebbe i paesi a fare delle

scelte tra tentare di realizzare un diritto piuttosto che un altro.

La logica stringente dell'inglese Jeremy Bentham (non vi e diritto vero se non e

traducibile in legge; la legge e quindi la concretizzazione di un diritto) mi e parsa molto

interessante. Non avendo mai, prima di allora, letto nulla di Jeremy Bentham (Londra

1748-Londra 1832), ho cercato di conoscere questo filosofo, definito un teorico della

legge e il padre deH'utilitarismo.

La ricerca si fece tanto piu interessante quando scoprii che Bentham affermava in un suo

scritto che l'italiano Cesare Beccaria (Milano 1738- Milano 1794) era stato il suo maestro

("primo evangelista della ragione", come lo aveva definito).

Nelle mie reminiscenze culturali ricordavo Cesare Beccaria come un personaggio minore

nel quadro della letteratura italiana del XVIII secolo, autore di un libro dal titolo Dei

delitti e delle pene, il cui successo era ancora attuale sul piano delle idee per la lodata

opposizione dell'autore alia pena di morte.

Approfondendo il tema, la scoperta di Jeremy Bentham mi ha portato quindi a quella del

"vero" Beccaria, scoprendo che il giovane autore di Dei delitti e delle pene era

innanzitutto un teorico, un pensatore del Secolo dei Lumi, formatosi alle idee di Jean-

Jacques Rousseau, degli illuministi francesi, degli enciclopedisti e dei teorici inglesi del

contratto sociale.

Come tale egli era piu un innamorato della ragione che un esperto di codici penali.

Beccaria applica l'esercizio della ragione alio scibile in generale. II calcolo delle

probability di vincere a un gioco delle carte; l'uso delle metafore per rendere piu efficace

un discorso; la ricerca della giusta tassa per evitare che il mercante frodi il dazio;

l'importanza dei buoni odori: si tratta di altrettanti temi che Beccaria ha esplorato con lo

stesso interesse e la stessa acutezza del sistema penale del suo tempo.

In questo contesto, Dei delitti e delle pene mi e parso un intervento dal duplice scopo, in

cui quello della defmizione del crimine e delle punizioni e subordinato a quello di come

si governa. Per Beccaria, il riconoscimento dei diritti individuali (quelli di prima

generazione) e lo spirito che deve animare le leggi, nell'ambito del contratto sociale in

cui il cittadino da al governo il mandato di difenderlo contro l'anarchia che deriverebbe

dall'assenza di leggi.

Dei delitti e delle pene usci nel 1764 e la sua rapidissima fortuna in tutta Europa, in

Inghilterra e tra i coloni della futura nazione americana e certamente dovuto alia genialita

del suo autore ma essa ha trovato un terreno fertile nel tessuto culturale e sociale

dell'epoca, che era avido di nuove idee e sentiva profondamente il bisogno di un

rinnovamento in tutti gli aspetti della societa. II testo di Beccaria era la risposta pratica a

molti di questi bisogni.

Tuttavia, il suo successo in Italia, e in generale sul continente europeo, si limito a quella

parte della sua opera che si dedica alia riforma della giustizia.

Non fu cosi in Inghilterra, dove la sua opera si rivelo invece influente sotto due punti di

vista anziche uno solo: da una parte essa ispiro il piu grande giurista inglese del XVIII

secolo, William Blackstone , dall'altra ispiro il filosofo e sociologo che ha avuto la piu

grande influenza nella formazione culturale anglosassone del XIX secolo, Jeremy

Bentham.

William Blackstone (Londra 1723 - Wallingford 1780) attraverso la sua opera

monumentale, a sua volta influenzo l'evoluzione delle leggi in Inghilterra ma soprattutto

negli Stati Uniti, dove divenne la fonte dei giuristi americani. In questo senso Beccaria

influenzo profondamente anche Samuel Romilly (Londra 1757 - Londra 1818): un

legista riformatore inglese che, ispirandosi all'opera del giovane milanese, si batteva per

ridurre la severita delle pene (in Inghilterra centinaia di delitti minori erano passibili della

pena di morte).

D'altra parte l'aspetto riguardante il contratto sociale insito nel pensiero di Cesare

Beccaria entusiasmo Jeremy Bentham. Partendo dal concetto enunciato dall'autore

italiano secondo il quale lo scopo del governo e quello di dare la piu grande felicita

(Bentham avrebbe poi dato una serie di definizioni di questo termine) al piu gran numero

di cittadini, il filosofo inglese elaboro il suo principio dell'utilitarismo che e diventato

oggi la definizione stessa della legittimita di ogni stato moderno.

Si ritrova poi il pensiero di Beccaria tra i Padri fondatori americani: John Adams e

Thomas Jefferson lo citano mostrando di conoscere bene la sua opera.

Ma l'eredita di Cesare Beccaria nel mondo occidentale non e solo riconoscibile tramite le

citazioni dirette. Essa perinea oggi i testi delle costituzioni e dello spirito delle leggi.

Lo scopo della mia ricerca e stato quindi quello di ripercorrere, in quattro capitoli, il

pensiero di Cesare Beccaria e di mostrare la sua influenza sui vari autori che lo hanno

citato.

Ho dedicato il primo capitolo a mostrare che il filosofo italiano non e fondamentalmente

un penologo, ma un illuminista entusiasta che applica la ragione ad ogni aspetto della

vita. Questo capitolo e quindi dedicato ai sette articoli che Cesare Beccaria pubblico sulla

rivista II Caffe. II secondo capitolo analizza Dei delitti e delle pene dal duplice punto di

vista del contratto sociale e della riforma penale. II terzo capitolo e dedicato ad illustrare

la rapida fortuna dell'opera in Italia, in Francia e la reazione di Voltaire al libro di

Beccaria. II quarto capitolo e dedicato alia fortuna dell'opera in Inghilterra e nei futuri

Stati Uniti, alia sua influenza su Blackstone, Romilly, Bentham, Adams e Jefferson.

La lettura delle opere di Cesare Beccaria, e di quelle in cui egli e citato, mi ha convinto

che il pensiero del giovane filosofo milanese e il piu alto mai espresso sul piano politico.

La sua opera e inoltre la chiave di lettura e dell'interpretazione della societa americana,

che direttamente e indirettamente, tramite i Padri fondatori, ne ha accolto i principi,

tramutandoli nella sua costituzione e nelle sue leggi.

Cesare Beccaria

Lo splendore del Rinascimento a Milano comincio a spegnersi nel 1535 quando la citta

cadde sotto la dominazione dell'imperatore asburgico Carlo V. Questi nel 1540 cedette a

suo figlio, colui che diventera Filippo II di Spagna, il ducato di Milano. Sotto la

dominazione spagnola, Milano decadde economicamente e culturalmente e tale

situazione duro fino alia fine della presenza spagnola, nel 1706, quando, dopo la morte di

Carlo II di Spagna e la guerra per la successione spagnola, il principe Eugenio di Savoia

divenne il primo governatore austriaco di Milano. La nuova dominazione non si rivelo

veramente migliore della precedente finche non si arrivo al trattato di Aix-la-Chapelle del

1748, che condusse finalmente a una rinnovata e intelligente gestione della citta, basata

sulla collaborazione della borghesia alfombra della monarchia austriaca. Essa permise un

mezzo secolo di sviluppo non solo economico ma anche culturale.

E in questo clima favorevole che, all'inizio della seconda meta del Sertecento, le nuove

generazioni abbracciano con entusiasmo le correnti culturali europee, specialmente quelle

che vengono dagli enciclopedisti, dagli illuministi e dalle scoperte scientifiche. Le nuove

idee e il profondo bisogno di lasciare alle spalle secoli di oscurantismo portano a quello

che si chiamera 1'illuminismo milanese, centrato essenzialmente nella breve ma intensa

attivita dell'Accademia dei Pugni, animata da Pietro Verri, col suo periodico II Caffe, e

nel pensiero dell'autore di Dei delitti e delle pene, il turto in meno di un decennio, tra il

1760 eil 1770.

Ho inserito vari dettagli biografici nel contesto dei temi sviluppati in ciascuno dei quattro

capitoli di questa tesi. Qui desidero solo fare alcuni accenni complementari alia vita

dell'autore.

Cesare Beccaria nacque a Milano il 15 marzo del 1738, da Maria Visconti di Saliceto e

dal marchese Giovanni Saverio Bonesana. Studio a Parma e si laureo in legge a Pavia nel

1758. In quegli anni era gia amico dei fratelli Alessandro e Pietro Verri. Frequentava

sporadicamente TAccademia dei Trasformati dove conobbe Carlo Imbonati, e Giuseppe

Parini.

Carlo Imbonati e il figlio di Giuseppe Maria Imbonati, il rifondatore dell'Accademia dei

Trasformati nel 1743 e poi legato a lungo a Giulia Beccaria, la figlia di Cesare e madre di

Alessandro Manzoni. Giuseppe Parini, di modesta origine (contrariamente a Carlo

Imbonati, a Cesare Beccaria e ai fratelli Verri che appartenevano alia nobilta milanese) e

uno scrittore. Fu ordinato prete nel 1754. Divenne precettore in casa Imbonati nel 1763.

Cesare Beccaria s'innamoro di Teresa Blasco, figlia di un colonnello spagnolo. La voleva

sposare, ma il padre si opponeva. Di fronte alia disobbedienza del figlio che insisteva,

nonostante tutto, a desiderarla come moglie, il padre, dopo essersi rivolto all'arciduca

Ferdinando e a Kaunitz, ottenne dalla giustizia che il figlio fosse messo agli arresti

domiciliari per tre mesi. Anche il padre di lei si era rivolto a Maria Teresa perche l'idillio

fosse vietato. A nulla valsero questi sforzi dei genitori. Cesare fu alia fine cacciato di casa

e cosi pote sposare Teresa. Cadendo nella miseria piu nera, gli amici Pietro e Alessandro

Verri organizzarono con la giovane coppia una messinscena per commuovere papa

Beccaria. Cesare e Teresa si sarebbero presentati ai genitori di lui: egli avrebbe pianto

chiedendo perdono e Teresa sarebbe svenuta.' Commossi da tanto dolore e contrizione, i

genitori li avrebbero perdonati e accolti in famiglia. E cosi fu.

Nel 1762 nacque Giulia, poi Maria nel 1765 e infine un figlio, subito deceduto, nel 1767.

E interessante seguire la rapidissima evoluzione sentimentale di Beccaria. Egli scriveva

nell'estate del 1763 al suo amico Giambattista Biffi una lettera in cui esprimeva per la

moglie amicizia e rispetto, ma non piu la passione che lo aveva dominato negli anni

precedenti:

Quello che portavo alia mia stimabile compagna si e cambiato in una stima sincera, in una vera amicizia ed in una tenerezza inesprimibile. Ma voi sapete. amico, che le passioni sodisfatte (sic) fanno perdere al loro oggetto quel bello d'immaginazione, e quella dolcissima illusione, che fa distinguere l'amore dai bisogni naturali.

Questa confessione sorprende. Gli amici dell'epoca affermano che Cesare era un uomo

incapace di vivere lontano dalla moglie, anche per poche ore. Durante il viaggio e la

breve permanenza a Parigi che Cesare e Alessandro Verri hanno fatto insieme nel 1766,

quest'ultimo scriveva al fratello Pietro quanto Cesare fosse noioso perche non faceva che

parlare della moglie. La malinconia per la lontananza era tale che beveva vino per

dimenticare il suo dolore, ma questo lo rendeva ancor piu triste. Ecco cosa scrive

Alessandro nella sua lettera del 19 ottobre 1766 da Parigi al fratello Pietro a proposito del

viaggio con Cesare Beccaria, da Milano alia capitale francese:

II mio amico il secondo giorno [di viaggio] e cominciato a regrettare la sua famiglia e la sua Moglie sopratutto. Sono due settimane che'io sostengo la sua somma e pesantissima melanconia. Ho temuto che divenisse pazzo. Egli si e dimagrito: avea lo sguardo abbattuto e fisso a terra, sospirava, piangeva: in fine vi ripeto ch'ho temuto ch'egli impazzisse. Si era fissato in capo che la Marchesina

1 Questo episodio della vita di Cesare Beccaria e narrato con vivacita nel testo seguente: Montanelli, Indro e Gervaso, Roberto. L'ltalia del Settecento. Milano: Rizzoli, 1970. 2Beccaria, Cesare. Dei delitti e delle pene. A cura di Franco Venturi. Torino: Einaudi, 1965. 114.

10

sarebbe morta: in questo principio ne tirava le conseguenze. Vollea venire per le poste a Milano. A Lione ho avuta tutta la pena di questo mondo per trattenerlo. Stava per fuggirsene. Vedete qual scena?3

Si sa poco della vita privata di Beccaria semplicemente perche, a parte il breve viaggio a

Parigi, non si mosse mai da Milano. Era di natura schiva. Gli amici lo definivano pigro,

indeciso, ansioso. La corrispondenza personale, capace di gettare la luce sulla personality

dell*autore di Dei Delitti e delle pene, e quindi scarsa.

Nel 1762 usci il saggio Del disordine e de' rimedi delle monete nello Stato di Milano

neH'anno 1762. Un'analisi giudicata brillante che pero conteneva errori nell'analisi delle

fonti al punto da minarne le conclusions

Tra il 1763 e il 1764 scrisse Dei delitti e delle pene, l'opera che gli diede la fama.

Tra il 1764 e il 1766 collabora alia rivista II Caffe. Nel frattempo la sua opera ha un

enorme successo in Italia e nel resto dell'Europa, dove viene tradotta in francese.

Voltaire gli dedica un Commento.

Nel 1766 si reca a Parigi con Alessandro Verri, dove viene accolto con entusiasmo.

Al ritorno l'amicizia tra Beccaria e i fratelli Verri si rompe. I Verri si sono sentiti

defraudati dall'incredibile successo europeo di Beccaria. Questi riceveva tutti gli omaggi,

che pero anche Pietro stimava di meritare, avendo egli sempre agito da stimolo culturale

e consigliere per il giovane e pigro Beccaria.

Nel 1767 Caterina II di Russia invita l'autore di Dei delitti e delle pene, ma egli non se la

sente di intraprendere il viaggio.4

3 Viaggio a Parigi e Londra: Carteggio di Pietro Verri e Alessandro Verri. A cura di Gianmarco Gaspari. Milano: Adelphi, 1980.22. 4 La cronologia che segue e illustrata in modo piu dettagliato nel testo seguente: Biagini, Enza. Introduzione a Beccaria. Bari: Laterza. 1992. 152-3.

11

Nel 1768 Beccaria e nominato professore di Scienze Camerali presso le Scuole Palatine

di Milano.

Nel 1770 stampa la prima parte di un'opera che poi lascera incompiuta: Ricerche intorno

alia natura dello stile, che amplia il discorso iniziato con 1'articolo Frammento sullo stile

uscito su II caffe circa cinque anni prima.

Nel 1771 e nominato consigliere nel Supremo Consiglio di Economia di Milano e lascia

l'insegnamento. Comincia una camera all'interno della funzione pubblica

dell'amministrazione austriaca della citta di Milano e dei territori limitrofi.

Dal 1771 alia morte riempie varie funzioni di consulente e di amministratore: dalla

riforma penale alia riforma delle misure di lunghezza, alia scuola veterinaria, alle

statistiche sul censimento.

Nel 1774 muore Teresa Blasco. Tre mesi dopo Beccaria si risposa. Dalla seconda moglie,

Anna Barbo, avra nel 1775 un figlio, Giulio. Alia morte del padre, Giulio ordinera le

carte del padre e ne curera l'edizione.

Nel 1778 e incaricato della riforma monetaria e nel 1779 diventa il conservatore del

Tribunale della Sanita.

Nel 1786 e nominato consigliere da Giuseppe II presso il Dipartimento del commercio,

industria e agricoltura.

Nel 1790 scrive la relazione sulla Sollevazione dei tessitori di Como.

II 28 novembre 1794 muore di un colpo apoplettico. II suo funerale fu volutamente

semplice, come aveva chiesto.

Nel dicembre del 1796, Pietro Verri, diventato, con l'arrivo dei Francesi, membro del

Consiglio municipale di Milano, chiedeva che la cittadinanza ricordasse degnamente un

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cittadino cosi eccezionale. Con questo gesto postumo, Verri voleva mettere fine a quasi

quarant'anni d'inimicizia. Mori l'anno dopo, anch'egli di un colpo apoplettico. Gli

sopravvive il fratello Alessandro, che morira a Roma nel 1816.

Con Cesare Beccaria, e in modo minore Pietro Verri, si chiude una stagione straordinaria

del pensiero milanese, che influenzera in modo decisivo il concetto di diritto e di giustizia

nel mondo occidentale. Ancora oggi esso e d'indubbia attualita. Fatto non certo

secondario, rilluminismo milanese ha anche alimentato quella forza rivoluzionaria che

ha portato nel 1861 alia creazione della nazione italiana.

13

Gli articoli scritti da Cesare Beccaria nella rivista II Caffe7

Cesare Beccaria non era veramente un criminologo, un uomo dedito alia pratica della

legge, come generalmente e, direi in modo superficiale, i manuali di letteratura lasciano

intendere. Quando diede alle stampe il suo libretto di poche decine di pagine dal titolo

Dei delitti e delle pene egli aveva solo 26 anni (era nato a Milano nel 1738); un'eta piu

che sufficiente per dimostrare il suo genio, ma certamente inadeguata per permettergli di

accumulare una densa esperienza nella pratica delle leggi penali o della procedura penale,

dalla quale distillare poi delle proposte di cambiamenti. Cio che egli sapeva di diritto era

essenzialmente teorico: lo aveva imparato all'Universita di Pavia dove si era laureato in

legge nel 1758. Probabilmente non aveva mai visitato un carcere. Alessandro Verri, suo

grande amico e appena piu giovane di lui (era nato a Milano nel 1741), sicuramente gli

aveva parlato della propria esperienza caritatevole di aiuto alle famiglie dei detenuti e

quindi della sua familiarita col mondo carcerario. Pietro Verri, il fratello di Alessandro, e

di dieci anni piu vecchio (era nato a Milano nel 1728), agiva da animatore e regista di un

gruppo di amici (1'Accademia dei Pugni) di cui Cesare Beccaria faceva parte. Sensibile

tra l'altro alia questione della giustizia e della tortura (ne e un esempio la sua

ricostruzione del processo detto della Colonna infame tenutosi a Milano in occasione

della peste del 1630), Pietro Verri aveva proposto al giovane marchese di approfondire

questo tema, come ad altri di interessarsi di altri soggetti. L'approfondimento di un tema

si traduceva poi in discussioni all'interno dell'accademia e in articoli per la rivista II

Caffe. Cesare Beccaria aveva, come i suoi amici, un immenso interesse per la filosofia

illuministica, da Montesquieu a Rousseau, a Voltaire, agli enciclopedisti, ma anche per

1 Beccaria, Cesare. Edizione nazionale delle opere di Cesare Beccaria. Diretta da Luigi Firpo. Vol. II. A cura di Luigi Firpo, Gianni Francioni e Gianmarco Gaspari, Milano: Mediobanca, 1984.

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Galileo e Giannone. La no vita che il Secolo dei Lumi apportava era in sostanza l'uso

della logica e della conoscenza razionale applicati a ogni campo. Gia la scienza aveva

mostrato con grande successo il cammino del metodo scientifico basato sull'analisi dei

fatti e l'impiego della matematica. Dopo Galileo Galilei, l'inglese Isaac Newton (1643-

1727), con le sue scoperte scientifiche e matematiche aveva continuato a galvanizzare

l'interesse verso le scienze. Si pensi al grande successo dell'opera di divulgazione

scientifica di Francesco Algarotti (Venezia 1712 - Pisa 1764), dal titolo Newtonianismo

per le dame, stampato nel 1737.

Si potrebbe quindi semplicemente definire Cesare Beccaria un amante della logica, a cui

si aggiungeva l'entusiasmo del neofita.

Quest'insieme di fattori, favoriti dall'agiatezza economica, ha catalizzato l'opera Dei

delitti e delle pene. Terminata l'opera e affidato il manoscritto alio stampatore di

Livorno, Cesare Beccaria si dedico a scrivere alcuni articoli per la rivista degli amici

Verri.

L'eterogeneita dei temi trattati nei suoi articoli su II Caffe mostra che la giustizia non era

che uno dei soggetti che interessavano il giovane milanese. Questo conferma, a mio

avviso in modo evidente, che 1'autore, tramandatoci un po' sbrigativamente come un

criminalista, non e che un brillante teorico dalla logica stringente.

Gli articoli sono sette; toccano soggetti veramente diversi tra loro e mostrano una

conoscenza enciclopedica, una vastita di interessi e un'acutezza d'analisi che puo stupire,

se si tiene conto dell'eta dell'autore (tra i 26 e i 28 anni). I titoli sono :

1. "IlFaraone"

2. "Frammento sugli odori"

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3. "Rispostaa 'La Rinunzia'"

4. "Tentativo analitico su i contrabbandi"

5. "Frammento sullo stile"

6. "De' fogli periodici"

7. "I piaceri deirimmaginazione"

II Caffe fu pubblicato dal primo giugno 1764 al maggio 1766.

Durante questo periodo Pietro Verri pubblico 37 articoli e 31 il fratello Alessandro.

Beccaria ne scrisse quindi relativamente pochi, soprattutto se si pensa che, come

sottolinea il Romagnoli, Beccaria aveva gia consegnato all'editore Aubert nell'aprile del

1764, il suo Dei delitti e delle pene e non aveva alcun impegno di lavoro. Passava le sue

giornate tra la casa paterna di via Brera, la casa di Pietro Verri, le biblioteche e la casa di

villeggiatura a Gessate, a pochi chilometri da Milano2.

I sette articoli mostrano un Beccaria diverso da quello "ufficiale" tramandata dai manuali

di storia letteraria. La sua supposta vocazione di criminologo ne esce defmitivamente

attenuata per lasciare il posto a una visione piu larga. Beccaria ha una grande curiosita di

sapere e applica la capacita di raziocinio a ogni oggetto del pensiero, sia esso il gioco

delle carte o l'impiego della metafora nello stile della scrittura. Si sente in lui chi crede di

vivere in una nuova epoca, di chi si vede l'interprete di una nuova generazione, elemento

attivo in una confraternita di nuovi pensatori. Questo getta su Dei delitti e delle pene una

luce diversa, secondo la quale il bisogno di riformare la giustizia non e che un aspetto di

un bisogno piu largo: quello di dare all'uomo innanzitutto un'identita laica, basata sulla

ragione, ma anche sulla pieta, al di sopra di quello "scolo dei secoli" (per citare Beccaria)

che era l'insieme degli schemi ereditati dalla storia.

Beccaria, Cesare. Opere. A cura di Sergio Romagnoli. Firenze : Sansoni, 1958.137.

16

Una testimonianza della globalita degli interessi di Cesare Beccaria si trova nel

commento del filosofo inglese Jeremy Bentham che affermava:

Fu dal piccolo libro di Beccaria Dei delitti e delle pene che io trassi, come ben ricordo, il primo accenno al principio dell'utilita, attraverso il quale la precisione, la chiarezza e 1'incontestability del calcolo matematico vennero introdotte per la prima volta nel campo della morale - un campo di cui esso, per la sua stessa natura, e applicabile, con proprieta non meno incontestabile che nella fisica, compresa la parte piu elevata di quest'ultima, il campo cioe delle matematiche.3

Che Beccaria amasse la matematica lo dicevano gia i suoi insegnanti del collegio di

Parma. Gli piacevano 1'algebra e il calcolo delle probability

Gli articoli nell'insieme sono anche interessanti in quanto stralcio della realta dell'epoca.

Sono tuttavia gli articoli sullo stile, i fogli periodici e l'immaginazione che piu colpiscono

per la capacita di Cesare Beccaria di penetrare questi temi con osservazioni geniali.

I sette articoli del Beccaria uscirono tra il 1764 e il 1765: i primi cinque articoli furono

pubblicati nel 1764, il sesto usci nel giugno 1765 e l'ultimo nell'agosto dello stesso

anno.4

"II Faraone"

II primo articolo su II Caffe rivela la simpatia dell'autore verso il calcolo delle

probabilita. L'articolo tratta delle possibilita di vincere a un gioco d'azzardo, chiamato

Faraone, popolare all'epoca. II gioco, arrivato coi lanzi mercenari alia fine del

Cinquecento col nome di Lansquenet, si era diffuso in tutta la Francia, trasformandosi

nella variante chiamata Pharaon, ed era quindi approdato in Italia5.

3 Beccaria, Cesare. Dei delitti e delle pene. A cura di Franco Venturi.Torino : Einaudi, 1965. 563. 4 Bigini, Enza. Introduzione a Beccaria. Roma-Bari: Laterza, 1992. 52-66. 5 Si veda la nota 1, p. 13 del testo citato.

17

II gioco ha bisogno di due mazzi di 52 carte ciascuno. Si svolge tra un "tagliatore" che

tiene il banco e i "puntatori". I puntatori dispongono di uno dei due mazzi e scoprono una

o piu carte. Su ciascuna puntano la loro posta. II tagliatore dispone del secondo mazzo.

Egli scopre due carte: pone la prima alia sua destra e la seconda alia sua sinistra. Se

queste due carte sono di valore diverso, il banco incassa le poste affidate a carte uguali

alia prima estratta e paga alia pari quelle collocate su carte uguali alia seconda.. Se le due

carte sono uguali il tagliatore incassa la meta delle poste.

L'articolo di Cesare Beccaria ha un preambolo scritto da Pietro Verri. In esso, vi e un

dialogo tra alcuni giocatori del Faraone. La loro discussione verte su come trovare quale

probability ha il tagliatore di vincere, dato che uno sostiene che e il 4 %, un altro il 5 %,

un altro ancora il 5,5 %.

Un geometra (e il travestimento dell'autore dell'articolo) ascolta la discussione e vuole

spiegare al gruppetto di giocatori quale in realta e la possibility di guadagno del

tagliatore.6

A questo punto inizia l'articolo. L'autore riferisce in sostanza cio che il geometra spiega

ai giocatori per arrivare alia conclusione sul vero profitto che il banco pud fare.

L'articolo comincia con una realistica visione della natura umana, tipicamente

beccariana:

La vanita, l'avarizia e il tormentoso sentimento della noia, che ad ogni costo si vorrebbe scacciar d'attorno, spingon gli uomini al gioco. Frattanto che alcuni lo biasimano colla fiducia di render gli uomini migliori, alcuni pochi si contentano di riguardarlo come materia di calcolo, qualita buona o cattiva, come vi piace, ma inerente a chi ha una mente geometrica, la quale suol trascegliere la parte calcolabile degli oggetti e amarli principalmente per questo titolo...

6 La professione di geometra non e definita nel testo se non come quella di uno spirito razionale, versato nel disegno e nella geometria. L'autore allude forse a Sebatien Le Clerc (1637 - 1714), detto Ozanam, autore di Ricreazioni matematiche oppure a Jacques Ozanam (1640-1717) che scrisse un Dictionnaire mathematique (1691). Per questa nota mi sono riferito a quella apparsa a p. 13 nell'opera citata alia nota 1.

Beccaria mostra di conoscere il gioco anche dal punto di vita matematico, poiche cita due

testi sui giochi d'azzardo: Essai d'analyse sur les jeux du hazard di Pierre Remond de

Montmort pubblicato per la prima volta nel 1708 e De censura sortis di Abraham de

Moivre, pubblicato a Londra nel 1718. Quest'ultimo volume ebbe varie ristampe e fu

anche pubblicato in italiano nel 1776.

Dopo varie pagine di tabelle e di considerazioni probabilistiche, alimentate da varie

ipotesi di carte scoperte via via dai puntatori e dal tagliatore, il geometra arriva alia logica

conclusione che il vantaggio del tagliatore e del 5%. Al profano cio non sembra dire

granche. Cesare Beccaria ne spiega quindi il significato, sotto la veste del geometra:

In ultimo luogo riflettete che il vantaggio del cinque per cento e grandissimo per il tagliatore, quantunque l'interesse del cinque per cento d'un capitale non sia grandissimo, perche questo vantaggio del cinque per cento si ripete tante volte quante poste si fanno; e pero dieci zecchini, che girino dieci volte nel giuoco, equivalgono a cento, e il vantaggio del tagliatore sopra questi dieci zecchini sarebbe cinque zecchini, cioe la meta.

Letto oggi, l'articolo suscita soprattutto une certa curiosita perche apre uno squarcio sulla

vita quotidiana dell'epoca.

Una motivazione che ha spinto Beccaria a scrivere questo articolo risiede nel fatto che la

nobilta amava giocare e la gente comune imitava gli aristocratici. II gioco era quindi

popolare in tutti gli strati della societa. In Francia vi erano stati famosi scandali, come

quello che nel 1747 aveva forzato Voltaire a un esilio temporaneo. II fatto accadde

quando Madame du Chatelet perse ingenti somme di denaro al tavolo da gioco della

regina di Francia. Avrebbe mormorato allora in inglese "You are playing with card-

sharpers." La frase fu sentita e la compagna di Voltaire dovette fuggire con lui per

n

nascondersi nella casa di campagna della Duchesse du Maine.

"Frammento sugli odori"

Cesare Beccaria si premunisce contro una prevedibile accusa di frivolezza iscrivendo il

suo saggio nel quadro generale della ricerca della felicita. Egli afferma che l'uomo,

scoperta la sua piccolezza in seguito alia rivoluzione copernicana, cerca comunque cio

che puo fargli piacere "senza offender le leggi divine ed umane": ad esempio gli odori

gradevoli.

Perche gli odori? Gli odori, egli afferma, soprattutto quelli cattivi, sono dappertutto. Ma

pochi se ne preoccupano.

...con grave scandalo de' buoni, tra cento parrucchieri, che infarinano e sudiciano di sogna schiffosamente le teste di questa vasta capitale, appena si vedono due profumieri che ne ristorino i nasi; mentre, dovunque io volga gli occhi, non veggo che latrine aperte...

I buoni odori dovrebbero essere distribuiti gratuitamente ai poveri. Cacciar via i cattivi

odori servirebbe a mantenere la buona salute e a prolungare la vita dei cittadini.

Egli divide i buoni odori in semplici e composti. Quelli semplici vengono essenzialmente

dal mondo vegetale: dalle erbe, dai fiori, da alcune piante. Alcuni vengono dal mondo

animale, come l'ambra e il muschio .

Gli odori composti sono preparati dall'uomo, il quale combina con arte i doni della

natura. Egli distingue tre tipi di odori composti:

7 "Voltaire." Enciclopedia Britannica. Edizione Internet, 2003. 8 L'ambra e una secrezione cerosa dell'intestino del capodoglio, mentre il muschio e una secrezione ghiandolare di vari mammiferi. (Si veda, a p. 25 il volume a cui la nota 1 si riferisce).

20

• Rli odori indifferenti. Si tratta di odori che "solleticano" piacevolmente l'odorato

senza andare al di la di tale funzione. In questa categoria troviamo, ad esempio,

l'acqua di garofani e l'incenso. Essi non parlano alio spirito. Sono come una

stampa o un bel disegno. Essi servono alle persone moderate, che rifuggono dalle

passioni.

• Gli odori dolci. Essi sono estratti, ad esempio, dai fiori, dall'ambra e dal muschio.

Essi danno soavita alle persone e all'ambiente. Essi "fanno dolcemente languir

l'anima e di quell'abbandono di tutte le nostre facolta ai piaceri ed alia molle

indolenza". Essi contribuiscono al bene pubblico che egli definisce, adattando

una frase che aveva gia scritto in Dei delitti e delle pene, "la massima somma di

piaceri, divisa egualmente nel massimo numero d'uomini".

• Gli odori aerei e spiritosi. Sono quelli che provengono dalle "erbe odorose

distillate nello spirito di vino". Essi hanno il potere di stimolare con frequenti

vibrazioni i nervi producendo "quella viva, ma aggradevole sensazione, che

rischiara l'animo, scotendolo da quel letargo in cui e sopito dal lento moto delle

fibre e della noiosa uniformita degli oggetti".

Per Beccaria bisognerebbe creare una cucina degli odori. Vi coabiterebbero due cuochi:

uno per il palato e uno per l'olfatto. Sviluppando il culto degli odori, naturalmente

"qualche nuovo Anacreonte ne cantera le lodi e qualche nuovo Maometto ne vietera

l'uso".

9II passaggio si trova nel capitolo "Introduzione" in Dei delitti e delle pene. Si veda: Beccaria, Cesare. Dei Helitti e delle pene. A cura di Franco Venturi, Torino: Einaudi, 1965. 9.

21

L'autore promette, scherzosamente, di studiare una macchina che allontani gli odori

sgradevoli ed avvicini quelli piacevoli, come gia fa il cannocchiale di Galileo, il quale ad

un'estremita permette di vedere piu grande mentre dall'altra rimpicciolisce. Un tale

strumento sarebbe utilizzato capovolto: non per avvicinare ma per allontanare gli odori.

Si propone inoltre di scrivere un SaRRio di morale e progetto di educazione con gli odori

e inoltre di compilare delle Tavole loRarithmiche per misurare l'intensita deRli odori.

Gli odori potrebbero accompagnare le rappresentazioni teatrali, come la musica

accompagna le parole. Vi sarebbe quindi una "musica degli odori", con odori forti o dolci

secondo i momenti della storia.

Beccaria spera che i profumi facciano parte delle raccomandazioni dei medici affinche le

donne lombarde che stanno per partorire finiscano per rinunziare a quella superstizione

secondo la quale il parto e facilitato dalla presenza di odori fetidi e immondi, anziche da

odori soavi10. E cosa strana, constata Beccaria, che questa usanza non sia seguita a Roma,

o in Toscana, o in Francia o in Inghilterra ed esista solo in Lombardia.

L'articolo riflette, tra l'ironico e il serio, la realta della vita in una citta: l'assenza di

fogne, le cattive abitudini igieniche, la superstizione, la disparita di risorse tra strati

sociali e l'uso di animali per il trasporto rendevano la vita quotidiana piena di odori

sgradevoli.

"Risposta a 'La Rinunzia' "

Alessandro Verri, fratello di Pietro, aveva 23 anni quando inizio la collaborazione alia

rivista II Caffe. II suo primo articolo fu un attacco virulento all'Accademia della Crusca.

10 Cesare Beccaria era divenuto padre della sua prima figlia, Giulia, due anni prima, nel 1762. Aveva probabilmente avuto una esperienza diretta di questo sorprendente rituale degli odori, tra cui quello dell'usanza di mettere del cuoio al capezzale della partoriente per aiutarla nel travaglio del parto.

22

Costituita nel tardo Cinquecento, quest'associazione riteneva che le sole parole genuine

da usare in italiano erano quelle che gli scrittori toscani del Trecento avevano impiegato

nelle loro opere. II primo vocabolario usci nel 1612. Tale dizionario della lingua

obbligava il letterato ad usare solo le parole elencate. In sostanza l'Accademia della

Crusca imbalsamava la lingua italiana.

Alessandro Verri scrive l'articolo dal titolo Rinunzia avanti notaio degli autori del

presente foRlio periodico al vocabolario della Crusca. (in breve: La Rinunzia). E un atto

di ribellione, e l'espressione di un'esigenza di rinnovamento in tutti i campi, non solo in

quello linguistico.

Ecco che Cesare Beccaria, sulle stesse pagine de II Caffe risponde ad Alessandro Verri

con un articolo spiritoso dal titolo Risposta alia Rinunzia. Lo scopo e di mostrare per

assurdo quanto sia bene, ma difficile, abbandonare i principi dell'Accademia della

Crusca.

Dapprima afferma che essendo l'autore de La Rinunzia ancora vivo, la sua opinione non

vale granche, poiche nei fatti, egli dice, solo i morti acquistano autorita. Poi pone

l'accento sull'importanza che pud assumere un'opinione. Essa e proporzionale ai volumi

scritti in proposito. Tantissimi libri sono stati stampati da circa due secoli in difesa del

vocabolario della Crusca, mentre contro di esso non vi e che qualche paginetta di

Alessandro Verri. Una sproporzione che, in fatto di peso, gioca quindi a netto svantaggio

di quest'ultimo.

Alessandro Verri aveva detto ne La Rinunzia che le parole sono fatte per le cose e non

viceversa e che la lingua e uno strumento vivente che deve adattarsi al dinamismo della

realta. Cesare Beccaria commenta questo punto affermando che non vi sono prove che la

23

lingua sia fatta per le cose. Cita due avvenimenti noti soprattutto perche erano divenuti

dei famosi scandali: quello che porta il nome di Missisipi e quello che porta il nome di

Demetrio. Queste parole, dice l'autore, hanno creato esse stesse una realta e non sarebbe

stato quindi possibile adeguare la lingua alia realta. II termine Missisipi indicava

naturalmente quell'immenso territorio a oriente del fiume omonimo che la Francia

dovette cedere all'Inghilterra con la pace di Parigi del 1763. Ma col nome Missisipi si

indicava anche uno scandalo finanziario capitato in Francia all'inizio del secolo. La

vicenda era stata dapprima la salita vertiginosa del valore dei titoli di proprieta di terre

nella Nuova Francia e poi il successivo crollo dovuto a eccessiva speculazione. Nel

secondo caso, in Russia (o "Moscova" come la chiamava l'autore), Demetrio era il nome

del figlio di Ivan IV il Terribile. A questo sovrano sarebbero succeduti vari falsi

Demetrio (siamo alia fine del Cinquecento, inizio del Seicento), ciascuno creato da una

fazione che voleva prendere il potere.

Cesare Beccaria accusa infine ironicamente Alessandro Verri di crudelta nel voler

togliere a tanti uomini dabbene, che scrivono i loro madrigali, quello che per loro e

importante: l'uso di una lingua classica. In effetti, che diritto ha Alessandro Verri di

cercare di trovare nuovi modi e nuove parole? Non e stato capace, a differenza di Villani

e Della Casa, di sacrificare il pensiero alle parole.

Egli non ha Parte sopraffina di stemprare un pensiero anche comune, con qualche centinaio di parole, e poi impastarne tutto il composto in un bel periodone di mole gigantesca, e tutto cascante di vezzi, e sostenuto da tante minutissime particelle,

11 Luigi Firpo, che ha curato l'edizione nazionale delle opere di Cesare Beccaria (vedi nota 1) sembra ignorare nella sua nota esplicativa al termine Missisipi lo scandalo che in inglese porta il nome di "Missisipi Scheme". Charles Mackay nella sua tuttora popolare opera dal titolo Extraordinary Popular Delusions and The Madness of Crowds, pubblicato a Londra per la prima volta nel 1840, ne fa un'ampia relazione, dalla quale risulta che lo scandalo era noto non solo a larghi strati della popolazione francese ma in tutta l'Europa.

24

che fanno poi il segreto dell'arte; il di cui gran capo, le di cui grandi braccia, il grande busto, le grandi gambe si legassero con sottilissime fila.

L'articolo e un contributo alia discussione sull'annoso problema della lingua italiana che

dai tempi di Pietro Bembo (Venezia 1470 - Roma 1547), era diventata strumento di

espressione letteraria basata sulla costruzione linguistica di Dante, Petrarca e Boccaccio.

Essa quindi non si era adattata alia realta mutevole, come invece avevano fatto la lingua

francese e la lingua inglese. La lingua quotidiana in Italia era quindi il dialetto e non

Fitaliano. Abolire le regole della Crusca era l'equivalente di voler colmare il fossato tra il

linguaggio letterario e l'espressione della vita reale.

"Tentativo analitico su i contrabbandi"

In questo articolo l'autore vuole dare una "leggera idea" su come applicare l'algebra alia

politica. La scienza economica e essenziale alle scienze politiche dato che Parte di

governare deve saper usare le cifre per i debiti, i crediti, i tributi, ecc. L'algebra - e non

altre scienze quali la geometria o altri rami della matematica - si presta a questo bisogno.

Non certo pero la matematica stravagante che si usa nell'isola magnetica volante di

Laputa.12

L'autore vuole sviluppare e trovare una risposta razionale al problema seguente: quale

deve essere la "regalia", il tributo da pagare al re, da parte del mercante sulle mercanzie

che questi trasporta in citta? 13 Se il tributo e troppo alto il mercante cerca di muovere le

sue merci in modo illegale, a rischio di farsele sequestrare. Se e troppo basso, lo stato

12 Laputa e un'isola fantasiosa abitata da musici e matematici che fa parte del racconto Travels into several remote nations of the world in four parts by Lionel Gulliver pubblicato nel 1726 a Londra e scritto da Jonathan Swift (1667-1745). 13La regalia e il nome dato al diritto del sovrano in materia di esazione fiscale.

25

perde delle entrate. Si tratta quindi di trovare il punto di equilibrio tra il valore della

merce e l'ammontare massimo della regalia che il mercante accetterebbe nel rispetto delle

leggi. A partire da questi presupposti, Cesare Beccaria sviluppa, attraverso vari passaggi

matematici, una formula che da il punto di equilibrio, il "niso", secondo un principio

economico che oggi chiameremmo "dell'indifferenza". Si tratta di trovare il valore della

regalia che possa rendere indifferente il mercante tra le due ipotesi seguenti: quella di

correre il rischio economico di farsi sequestrare la merce contrabbandata e quella del

pagamento del tributo.14

La conclusione matematica e la seguente: il niso e dato dal quadrato del valore della

merce diviso la somma del valore della merce e del tributo.

La formula non da il valore del tributo rispetto al valore della merce. Essa vuole indicare

che piu grande e il niso piu grande e la probabilita che il mercante scelga di pagare il

tributo, perche quest'ultimo e meno costoso. All'opposto, piu piccolo e il niso piu grande

e la probabilita di evasione della tassa perche la tassa e piu cara. Quindi, a parita di tutti

gli altri fattori, e se in passato l'evasione era frequente, per ridurre il numero di infrazioni

occorre ridurre la regalia. E una conclusione ovvia, che in apparenza non ha bisogno di

supporto matematico. Tuttavia l'algebra, combinata al calcolo delle probabilita, permette

di quantificare il fenomeno, di fare paragoni e quindi di rendere piu efficiente il potere

politico.

In tutta la sua descrizione per arrivare a questa conclusione, l'autore fa uno sfoggio, a

meta tra lo scherzoso e il serio, del suo sapere matematico e geometrico. Ecco un

passaggio che sembra messo li piu per stupire che per convincere:

14II "niso" e la tendenza verso il punto di equilibrio.

26

Supponendo nell'equazione ux + tx = uu indeterminata la t e la x, e costante la u, il luogo dell'equazione sara ad una iperbole fra gli asintoti, di cui le abscisse t prese sull'assintoto ad una distanza u dall'angolo assintotico, piu la medesima distanza, saranno alle ordinate x parallele all'altro assintoto in ragione costante, cioe come il quadrato della potenza u.

Poiche l'autore da prova di sapersi esprimere con cristallina chiarezza e incisivita nella

sua opera Dei delitti e delle pene e in altri scritti, mi sembra che in questo passaggio egli

volutamente utilizzi un linguaggio astruso per divertire, incuriosire e stupire il lettore.

Ai tempi di Beccaria e in tutta Europa il fascino esercitato dalla matematica e dalla

scienza era grande. Con esse si potevano trovare delle verita che la Chiesa o lo Stato non

potevano negare. Esse erano quindi potenti strumenti di affermazione nelle mani di chi le

possedeva.

"Frammento sullo stile"

E questo a mio awiso il piu bell'articolo tra i sette. II tema dello stile e per Beccaria

importantissimo: egli sa bene che e con esso che si esprimono incisivamente le proprie

idee. II tono dell'articolo e quindi impegnato e l'espressione molto chiara. Si sente che il

soggetto gli sta particolarmente a cuore. Nel 1770 egli diede alle stampe (Milano:

Galeazzi) il capitolo iniziale di Ricerche intorno alia natura dello stile: un trattato che

avrebbe sviluppato in modo piu completo il tema dell'articolo. In seguito pero egli

rinuncio a completare l'opera.

In questo articolo l'autore spiega da dove viene il fascino della lettura. Esso dipende

molto dallo stile. Egli smonta il "meccanismo" dello stile per mostrane le componenti e

quindi spiegare il perche ci si sente attratti dalla lettura.

27

Ogni discorso e composto d'idee principali e d'idee accessorie. Chiamo idee principali quelle che sono solamente necessarie, acciocche dal loro paragone risultar possa la loro identita o diversita, cioe o la verita o la falsita.

Un discorso scientifico e essenzialmente fatto di idee principali, mentre un discorso non

scientifico contiene idee accessorie.

La diversita nello stile consiste principalmente nella varieta delle idee accessorie.

La poesia e la piu alta espressione delle idee principali e accessorie. A proposito della

poesia egli dice:

La poesia si esercita piu a comporre che a disciogliere, versa piu intorno alle somiglianze che alle differenze degli oggetti, e principalmente si occupa intorno alle impressioni forti sull'anima; ella scuote piu che non rischiara, ufficio solo del lento ma sicuro raziocinio. Ella non istanca giarnrnai un solo senso con noiose uniformita, ma molti ne percuote, e piu insieme.

Interessante il parallelo che l'autore fa tra poesia e scienza, nel senso piu vasto di

quest'ultimo termine:

Da cio si comprendera facilmente un apparente paradosso, cioe che i teoremi piu grandi, piu generali e piu fecondi, quantunque astratti, hanno un non so che di poetico piu di quello che molti s'immaginino, e cagionano una certa patetica contentezza ed un fremito interno non molto dissimile dall'entusiasmo della poesia.

Sono le idee accessorie che danno il tono alio stile.

Le idee accessorie danno uno stile "conciso" quando esse suscitano piu idee di quelle

espresse dalle parole. Al contrario uno stile e di tipo "diffuso" quando vi e ripetizione

delle idee accessorie e queste ne escono diluite e sminuite.

II miglior strumento dello stile e la metafora. Cio si spiega perche "gli oggetti hanno

molti lati ed aspetti per cui si assomigliano". La metafora pud essere buona, gigantesca,

strana, ecc.

28

Quanto piu una nazione e primitiva, cioe priva di cultura, tanto meno i suoi membri

vedono la differenza tra gli oggetti e quindi le metafore saranno "ardite e forti".

L'associazione tra primitivita e metafora ricorda che Beccaria era un ammiratore di

Giambattista Vico (Napoli 1668 - ivi 1744). Si veda la lettera che Morellet scrisse a

Beccaria nel marzo 1767, in cui il traduttore francese ricordava all'autore milanese di

aver promesso, a lui come al barone d'Holbach, una copia dell'opera di Vico (quasi

sicuramente la Scienza nuova).15

Dalle metafore si pud capire il carattere dominante di una nazione. Le metafore sono

prese da figure familiari e quindi da immagini di uso corrente. In questo senso la lingua

non puo essere immobile perche la realta cambia e quindi mutano le metafore e i termini

per esprimerle. E questo un chiaro appoggio alia Rinunzia di Alessandro Verri.

Beccaria inserira una parte di questo articolo nel suo Ricerche intorno alia natura dello

stile.

"Dei fogli periodici"

Gli anni di Beccaria giovane corrispondono alia nascita di aspetti tipici della societa di

oggi. L'autore non sa ancora di stare per diventare la spina dorsale del diritto moderno e

della giustizia col suo Dei delitti e delle pene. Egli stesso pero vedra il propagarsi dei

fogli di notizie come una gradevolissima novita. Essa confermava l'impressione dei

giovani come lui di vivere la primavera di una nuova stagione delle societa. Da qui

l'entusiasmo verso l'invenzione dei giornali.

15 La lettera, in francese, si trova alle pagine 409-11 del volume indicato nella nota 9.

29

Nel suo articolo l'autore loda l'avvento dei giornali. Egli paragona l'importanza della

creazione dei fogli periodici rispetto ai libri stampati a quella della nascita della stampa

rispetto alia copia manoscritta, invenzione avvenuta circa tre secoli prima. Mentre i libri

hanno permesso di diffondere tra gli amanti del sapere quella conoscenza che prima

pochi potevano permettersi, i giornali offrono ora l'opportunita di trasmettere al popolo,

ai lavoratori come agli sfaccendati, le stesse conoscenze. Essi potrebbero acquisire il

sapere attraverso i libri. Ma, egli afferma, la stragrande maggioranza percepisce il libro

"come un uomo che volesse entrare nei loro affari e riformar tutta la loro famiglia". La

gente rifiuta il libro nel timore di sovvertire l'edificio delle proprie idee. Gli uomini,

afferma l'autore, sono legati alle proprie convinzioni e soffrono troppo ad uscirne.

Un foglio periodico e invece "come un amico che vuol quasi dirti una sola parola

all'orecchio, e che or l'una or l'altra delle utili verita ti suggerisce non in massa, ma in

dettaglio, e che or l'uno or l'altro errore della mente ti toglie quasi senza che te ne

aweda". Questo rende il giornale ben accetto e ascoltato.

Vi e una grande distanza tra l'autore di un libro e chi lo legge. II libro "mortifica per lo

piu il nostro amor proprio" poiche la maggioranza dei lettori non si crede capace di

scriverne uno. Mentre, nel caso di un foglio periodico, ogni lettore pud credere di essere

sufficientemente abile per scrivere nelle sue pagine.

Si aggiunga la facilita dell'acquisto dato il prezzo, la comodita del trasporto, la brevita

del tempo richiesto per leggerlo e si capisce l'importanza di questo prodotto.

I fogli periodici sono importanti anche per un'altra ragione. Le donne sono portate a

leggerli piu dei libri perche questi ultimi sono "droghe troppo forti per i delicati loro

organi". Le donne, d'altronde, sono le "domatrici della ferocia degli uomini". Esse quindi

30

possono servirsi delle idee trasmesse dai fogli periodici per aggiungere armi benefiche

alia propria artiglieria. In effetti, mentre gli uomini in genere resistono alle nuove idee, a

modificare quelle gia acquisite, le donne, per la loro natura, sono molto piu pronte a farlo,

"piu capaci di piegarsi alle dolci attrattive della virtu". Beccaria si augura che le donne

facciano delle virtu una moda. La modestia, la beneficenza e la compassione

renderebbero la loro bellezza piu smagliante e poi le rughe della loro vecchiaia farebbero

ritornare alia mente degli uomini il ricordo di un'onorata gioventu.

II fine di uno scrittore di fogli periodici e anche quello di propagandare la virtu. Uno dei

mezzi potrebbe essere quello dell'apologo. Un altro, preferibile al primo, e quello dei

dialoghi. Un terzo metodo e quello dei seri ragionamenti che invitino alle virtu per Futile

che se ne ricava. I fogli dovrebbero "dare delle viste e dei lumi, che facciano pensare e

fermentar le idee di chi legge".

Un genere di fogli periodici non meno buono di quello descritto prima e quello che

contiene delle notizie di ogni genere, sulla politica, la scienza, Parte, gli avvenimenti,

ecc. Esso e molto utile perche fa uscire una nazione dal suo isolamento. Attraverso

questi fogli il lettore scopre che le nazioni in Europa hanno molte piu cose che le

accomunano di quanto ciascuna individualmente creda. Qui Beccaria si riferisce alia

stessa rivista II Caffe e nota che il titolo della rivista dei giovani dell'Accademia dei

Pugni vuole essere indicativo del carattere delle loro intenzioni: da una parte la

convivialita del prendere un caffe insieme e dall'altra la lucidita con la quale intendono

conversare poiche il caffe non offusca la mente come il vino e lo spirito di vino.

31

"I piaceri deH'immaginazione"

In questo articolo Cesare Beccaria illustra l'utilita deH'immaginazione. I piaceri di cui gli

uomini possono godere sono scarsi, sovente modesti e di solito con lunghi intervalli tra

uno e l'altro. L'immaginazione gioca due ruoli: da una parte puo riempire i vuoti e

dall'altra amplifica il piacere.

L'autore parla qui di piaceri fisici (ma di quelli "onesti", tiene a precisare in una nota a

pie di pagina):

Gli uomini corrono ansanti, si urtano, si sterminano tra di loro per rubarsi scambievolmente i pochi fisici piaceri sparsi qua e la nel deserto dell'umana vita, ma i piaceri deH'immaginazione si acquistano senza pericolo; tutti nostri, poco invidiati dal maggior numero, che non li conosce ne li pregia, se non rendono un'anima estremamente felice, la rendono almeno tranquilla.

Egli chiama "delirante" chi si lascia andare agli "innocenti deliri" deH'immaginazione.

L'uomo ambizioso, circondato dai precipizi dell'insuccesso, roso dall'invidia, attaccato

dalla malignita degli altri, passa dal timore alia speranza e poi ancora al timore, in

un'alternanza continua che finisce col marcare il suo viso, dandogli il pallore

dell'inquietudine e i solchi del dolore.

D'altra parte il delirante ha l'aria tranquilla e indolente con un tenue e perenne sorriso.

Egli osserva oggetti diversi, che non desidera possedere, per combinarli nell'immagine

con altre cose varie e belle. E una saggezza folle la sua, come quella di cui fa l'apologia

Erasmo da Rotterdam nel suo EIORJO della follia E una follia intelligente e savia che

pone l'individuo al di sopra della sua sorte. Ecco cosa ne dice Erasmo ed e probabilmente

cio a cui faceva allusione Beccaria

Come non c'e stoltezza maggiore di una saggezza inopportuna, cosi non c'e maggior imprudenza di una prudenza distruttrice. Fa molto male chi non si adatta ai tempi e alle circostanze, chi non piglia il panno pel suo verso, chi, dimentico

32

delle regole dei Greci a tavola — o bevi, o va' via —, pretendesse che la commedia non sia piu commedia. Invece e da uomo veramente prudente, una volta che siamo mortali, non aspirare ad una saggezza superiore alia propria sorte. Bisogna rassegnarsi o a chiudere un occhio qualche volta, insieme con tutta l'immensa folia degli uomini, ovvero a commettere sfarfalloni, umanamente. Ma questo, diranno, sarebbe un agire da dissennati. Non lo negherei, purche d'altra parte non si conceda, che tale e la vita, la commedia della vita, che recitiamo.1

Poi l'autore milanese passa ad altri aspetti deH'immaginazione. La massima politica

"dividi e comanda" puo essere applicata a ciascuno di noi. Si tratta di suddividere la

propria sensibilita, la forza delle proprie passioni, "in tanti piccoli desideri e che, gli uni

succedendosi agli altri, niuno possa imperiosamente occupare il posto e soprastare a

tutti". L'autore avverte del pericolo che gli "oggetti" rappresentano quando entrano nella

nostra mente. Essi hanno una forza espansiva che, se non siamo capaci di contenere e di

equilibrare con altri oggetti, finisce col generare altri desideri e si impadronisce delle

nostre facolta.

Perche gli uomini ci lascino in pace occorre essere in pace con se stessi.

Per Beccaria il ricorso all'immaginazione e un mezzo per sottrarsi alia cattiveria degli

altri. Desiderare neH'immaginazione non e impegnativo e doloroso come nella realta.

Probabilmente queste considerazioni gli vengono, almeno in parte, dal ricordo della

sofferenza vissuta quando il padre aveva ottenuto dai tribunali che il figlio rimanesse in

casa per tre mesi, alio scopo di vincere la sua resistenza a sposare la donna amata, Teresa

Blanco.

16 Erasmo da Rotterdam. Elogio della pazzia. Trad. Italiana di T. Fiore. Torino: Einaudi, 1964. 44-47 (pubblicato nel sito: http://www.emsf.rai.it/brani/brani.asp?d=268').

33

Questi sette articoli rappresentano un momento di transizione nella vita di Cesare

Beccaria. Gia vi erano le avvisaglie del terremoto che Dei delitti e delle pene avrebbe

provocato. Dapprima il monaco vallombrosano Ferdinando Facchinei avrebbe attaccato

l'opera. Essa sarebbe poi finita all'Indice della Chiesa. A Parigi, su consiglio di

d'Alembert e di Malesherbes, il Morellet si apprestava a tradurre in francese l'opera

preparandola a una fama mondiale. Beccaria non avrebbe aggiunto altro di suo a II Caffe.

II foglio periodico cesso di esistere nel 1766, dopo che Beccaria, accompagnato da

Alessandro Verri, fu invitato a Parigi a raccogliere, quasi suo malgrado, i primi allori

internazionali che il successo della sua opera Dei delitti e delle pene stava riscuotendo. Al

suo ritorno a Milano Beccaria si trovo solo: l'amicizia con Alessandro era finita e questi

lasciava Milano. Pietro Verri accettava un incarico pubblico nell'amministrazione

austriaca di Milano. Lo stesso accadeva a Beccaria. II successo della sua opera lo portava,

suo malgrado, la dove l'ambizione umana porta: molti onori e anche tanta invidia e

opposizione, col suo corteo di rischi. II ricorso all'immaginazione gli sara stato

probabilmente utile per sfuggire a questa realta.

34

II concetto di diritto in Dei Delitti e delle pene di Cesare Beccaria

L'opera e composta, nella sua versione piu diffusa, di 47 capitoli, di cui l'ultimo e la

"Conclusione".1 II tutto e preceduto da un breve testo dello scrittore al lettore ("A chi

legge") e da un'"Introduzione".2

La prosa e esemplare del Settecento illuminista. Ha una logica stringente ed una

eloquenza commossa. L'opera rivela una straordinaria capacita di prosatore che ha

permesso all'autore di esporre in modo chiaro e vivo un argomento, a tutt'oggi e

nell'awenire, essenziale per capire il concetto di diritto. Se Erich Auerbach avesse potuto

leggerlo, avrebbe probabilmente paragonato il testo di Beccaria ai grandi classici della

cultura occidentale.3 Beccaria e uno studioso di stile. Nel suo articolo su questo tema,

apparso su II Caffe, egli disserta sullo stile in generale e sul contributo della metafora in

particolare. La sua classifica delle metafore ricorda il lavoro del francese Condillac: Essai

sur l'origine des connaissances humaines (1746).4 Padre del sensismo europeo, Condillac

ha influenzato gli illuministi francesi e italiani, quali tra 1'altro i fratelli Verri, Beccaria e

gli amici di questi all'Accademia dei Pugni. In questo approccio filosofico le lingue non

hanno origine divina, non sono creature di Dio ma sono il frutto delle sensazioni, delle

esperienze umane, dei bisogni individuali e sociali." Tale approccio era rivoluzionario.

1 SI veda il terzo capitolo di questa tesi ("Dalle prime edizioni italiane al Commento di Voltaire") per una descrizione delle modifiche subite dal testo da un'edizione all'altra. 2 Beccaria Cesare. Dei delitti e delle pene. A cura di Franco Venturi. Torino: Giulio Einaudi editore, 1965. 3 Eric Auerbach (Berlino 1892 - Wallingford 1957), filologo e critico tedesco, uno dei padri della teoria letteraria. L'opera in cui illustra il concentto secondo cui il denominare comune della cultura europea e il realismo e: Mimesis: II realismo nella letteratura occidentale. (1946). 4 Etienne Bonnot de Condillac (Grenoble 1715 - Abbazia di Flux 1780). Filosofo. Partendo daU'empirismo di T. Hobbes, P. Gassendi e J. Locke sviluppo la filosofia sensista. II sensismo parte dal concetto che il processo cognitivo nasce dalla sensazione, contrariamente al razionalismo cartesiano, in cui la conoscenza nasce dalla logica. Giambattista Vico aveva gia sviluppato concetti simili nel suo De antiquissima italorum sapientia(1710). 5 Rosiello, Luigi. "Condillac e Vico." Linguistica illuministica. Bologna, II Mulino, 1967". 60 e ss.

35

Togliere alia lingua la sua origine biblica dava alio stile lo statuto di una scienza, alia pari

delle idee che esso permetteva di enunciare. Quindi Beccaria nel suo Dei delitti e delle

pene applica la sua capacita analitica non solo al diritto ma anche alia forma, come

scienza dell'espressione. E quindi ben comprensibile che l'autore, come i suoi amici,

fosse contrario all'Accademia della Crusca, che voleva perpetuare un uso immutabile

della lingua dei classici italiani del Trecento.6

E soprattutto l'uso magistrale della metafora, che a mio avviso, da potenza letteraria al

testo perche colpisce i sensi. Per esempio, in "A chi legge" Beccaria scrive a proposito

delle leggi penali della sua epoca:

Queste leggi, che sono uno scolo de' secoli piu barbari....

L'uso dei termini "scolo" e "barbari" forma un concentrato di metafore la cui carica

emotiva e accentuata dalla parola "secoli".

L'abilita stilistica, elevata a scienza, ha dato al testo una straordinaria efficacia che ha

aggiunto valore a quello gia intrinseco delle idee. E forse questo il "segreto" del successo

di Beccaria: una somma di abilita che nessun altro scrittore, con idee simili, possedeva.

E importante sottolineare questo aspetto perche molti hanno derto che Beccaria non ha

fatto che ripetere cio che altri sapevano e avevano detto. Dice Piero Calamandrei,

giurista, uno degli artefici della costituzione italiana:

Qualcuno, anche ai giorni nostri ha cercato di diminuire la figura del Beccaria, rappresentando il suo libriccino come "un'espressione della comune mentalita dominante" in quel periodo, e lui "uno strumento che come tale avrebbe potuto essere sostituito piu o meno bene da qualunque altro pensatore illuminista dell'epoca"; ma ha dimenticato di spiegare perche proprio da lui, e non da altri,

6 Si veda l'articolo di Cesare Beccaria su II Caffe dal titolo "Risposta alia 'Rinunzia avanti notaio degli autori del presente foglio al vocabolario della Crusca' " Si veda il testo dell'articolo in: Beccaria, Cesare. Edizione nazionale delle opere di Cesare Beccaria. Diretta da Luigi Firpo. Vol. II. A cura di Luigi Firpo, Gianni Francioni e Gianmarco Gaspari. Milano: Mediobanca, 1984. 32 e ss. Si veda anche il capitolo di questa tesi dedicato agli articoli su II Caffe.

36

quel libretto fu scritto, e per qual miracolo solo in quelle pagine la "comune mentalita dominante" seppe trovare quella calda immediatezza trascinante, senza la quale non si fanno le rivoluzioni.7

II titolo Dei delitti e delle pene e restrittivo dell'insieme tematico sviluppato dall'autore.

E vero che, in larga parte, egli discute di come la giustizia deve essere amministrata, di

come gli accusati devono essere trattati, della natura delle pene che il colpevole deve

subire dopo la sentenza e altre considerazioni, come la procedura penale, l'importanza

della stampa per diffondere le leggi, e cosi via.

Tuttavia, lo sviluppo dei temi che riguardano la giustizia e la sua amministrazione

sottende una filosofia di fondo politico-sociale che l'autore illustra in modo magistrale.

Quest'ultimo aspetto e importante quanto il primo. Dei delitti e delle pene potrebbe

portare anche il titolo: "Come scrivere la costituzione di uno stato di diritto".

Questa filosofia di fondo, che era gia esposta e sparsa negli scritti degli illuministi

francesi (l'educazione e la legge devono servire a contenere gli egoismi individuali

affermava gia Helvetius), dello svizzero Jean-Jaques Rousseau e del filosofo inglese John

Locke (il contrattualismo), e il telaio logico su cui l'autore tesse cio che deve essere la

giustizia e la sua amministrazione. Queste ultime non sono quindi che l'ultimo anello

della catena.

7 Piero Calamandrei (Firenze 1889 - ivi 1956) e tra i maggiori studiosi di diritto processuale civile italiano. Fu uno degli autori della costituzione italiana. Diresse la rivista "II Ponte". Questo passaggio e tratto dallo scritto "Cesare Beccaria e il trattato 'Dei delitti e delle pene' " che fa parte dell' Antologia della critica letteraria. A cura di M. Fubini e E. Bonora. Vol. III. "Dall'Arcadia agli inizi del Novecento." Torino: Petrini, 1968. 187-93, 8 Claude-Adrien Helvetius (Parigi 1715 - ivi 1771). Filosofo francese, seguace del sensismo di Condillac.E l'autore di Dello spirito (1758). II contrattualismo e una dottrina filosofico-giuridica secondo la quale il fondamento della societa e un contratto stipulato consensualmente tra le parti. Tra i suoi antesignani importante e il giusnaturalismo di Althusius.

37

Dei delitti e delle pene offre quindi due piani di lettura. Uno, evidente, sui temi del titolo;

l'altro, meno visibile, ma che permea tutta l'opera, quello della natura umana, del

contratto sociale, della legittimita del potere, del bisogno di alfabetizzare il popolo perche

possa anche leggere i codici. Questo secondo punto di vista e a mio avviso la chiave per

capire la solidita e l'articolazione del pensiero dell'autore. Esso permette di vedere

l'opera non come un manuale limitato alia criminologia ma come un trattato sui

fondamenti del diritto.

Quest'opera trae quindi ispirazione dalla speculazione filosofica sulla formazione dello

stato e la natura del potere nella societa umana che e fiorita in Europa a partire dal XVI

secolo, da Machiavelli al giurisdizionalismo, da Galileo a Giannone, da Hobbes e Locke,

aH'illuminismo francese e a Jean Jacques Rousseau. L'originalita dell'opera di Cesare

Beccaria non sta nell'innovare, ma, come abbiamo gia detto, nel saper estrarre l'essenza

pratica di un pensiero che si era maturato per secoli, sui rapporti tra l'individuo e lo stato,

lo stato e la chiesa. Essa ha inoltre catalizzato la nascita dell'utilitarismo britannico che si

e sviluppato pochi decenni dopo. A sua volta l'utilitarismo di Jeremy Bentham ha creato i

fondamenti logici dello stato occidentale moderno. La Dichiarazione d'indipendenza

degli Stati Uniti d'America e apparsa 12 anni dopo la prima edizione di Dei delitti e delle

pene e la costituzione americana gia incorporava i principi enunciati da Beccaria. Vi sono

infatti testimonianze scritte che l'opera era stata letta, con grande ammirazione, da John

Adams, futuro secondo presidente degli Stati Uniti, sin dal 1770 .

9 Si veda: Zobel, Hiller B. The Boston Massacre.. New York: W. W. Norton & Company, Inc., 1970. 232 e 289.

38

Nella sua opera, Beccaria cita 21 volte la parola felicita e solo 20 volte la parola giustizia.

Dico solo perche, sembrerebbe, per un'opera pensata per soli criminologi, la parola

giustizia avrebbe dovuto essere notevolmente piu presente della parola felicita e

quest'ultima, in fondo, sarebbe potuta essere anche assente. E questa un'indicazione che

la preoccupazione prima dell'autore e per il contratto sociale, il cui unico scopo e di dare

felicita al piu gran numero dei suoi membri. II rinnovamento della giustizia e uno degli

aspetti da prendere in considerazione per una riuscita applicazione del contratto sociale.

Occorre aggiungere che l'amico Pietro Verri aveva scritto nel 1763 un trattato dal titolo

Meditazioni sulla felicita, che divenne il manifesto dell'illuminismo lombardo e quindi

degli amici dell'Accademia dei Pugni. La solidita e originalita del pensiero di questo

gruppo di giovani, che dava al mondo Dei delitti e delle pene, avrebbe portato Voltaire a

chiamarlo 1' "Ecole de Milan".

Nella sua opera Beccaria cita una volta Hobbes, l'antesignano dell'utilitarismo moderno,

e tre volte Montesquieu.10 Nel citare entrambi egli si sforza di mostrare l'indipendenza

del suo giudizio e anche la propria originalita rispetto al pensiero di questi ultimi. E

quello che ora voglio illustrare.

Riguardo a Hobbes egli tiene a fare la differenza tra cio che e la natura umana per lui e

cio che rappresenta per Hobbes. Per quest'ultimo, la natura umana, in se barbara, sublima

se stessa nel quadro di una societa organizzata. Per Beccaria la natura umana e invece

10 Thomas Hobbes (1588-1679). Si veda per un compendio delle sue opere e della sua vita: Bobbio, Norberto.Thomas Hobbes and the Natural Law Tradition. Tradotto dall'italiano da Daniela Godetti. Chicago & London: The University of Chicago Press, 1993. Dalla sua opera principale, Leviatano (1651), sostiene la tesi che la ragione permette di trasformare in una societa civile l'anarchica coesistenza tra individui basata sulla lotta per la sopravvivenza. Montesquieu, Charles de Secondat, barone.di La Brede (La Brede 1689 - Parigi 1755). L'opera che gli diede fama fu Le lettere persiane (1721) in cui criticava la societa francese contemporanea. La sua opera principale e Lo spirito delle leggi (1748): sono le leggi che devono conformarsi alia vita dei popoli e non viceversa. Ammiratore della democrazia inglese, invocava un maggior controllo dei poteri dello stato per impedire che scivolasse negli eccessi dell'assolutismo.

39

immutabile: la manifestazione della sue barbarie non e che proporzionale alia mancanza

di leggi. Nella parte iniziale dell'opera Dei delitti e delle pene, nel messaggio "A chi

legge" Beccaria dice:

Sarebbe un errore a chi, parlando di stato di guerra prima dello stato di societa, lo prendesse nel senso hobbesiano, cioe di nessun dovere e di nessuna obbligazione anteriore, in vece di prenderlo per un fatto nato dalla corruzione della natura umana e dalla mancanza di una sanzione espressa.''

L'autore ha naturalmente familiarita con l'opera di Hobbes, cioe con la sua storia, i suoi

i -\

scritti, il suo esilio nell'Europa continentale, e la sua attrazione per la scienza.

Pur ammirando Montesquieu, Beccaria chiede al suo pubblico (nell' "Introduzione") di

essere letto per 1'originalita del proprio pensiero:

L'immortale Presidente di Montesquieu ha rapidamente discorso su di questa materia. L'indivisibile verita mi ha forzato a seguire le tracce luminose di questo grand'uomo, ma gli uomini pensatori, pe' quali scrivo, sapranno distinguere i miei passi dai suoi.

E questa la prima volta che cita Montesquieu.

La seconda volta si trova nel Capitolo II ("Diritto di punire"). Egli riprende 1'affermazione di Montesquieu che riguarda la relazione tra il potere e l'individuo e la estende agli individui tra loro:

Ogni pena che non derivi dall'assoluta necessita, dice il grande Montesquieu, e tirannica; proposizione che si puo rendere piu generale cosi: ogni atto di autorita di uomo a uomo che non derivi dall'assoluta necessita e tirannico.

La terza citazione e nel capitolo XV ("Accuse segrete") in cui Beccaria condanna il

calunniatore. In Francia, come Voltaire descrive nel suo commento a Dei delitti e delle

111 vari brani di Dei delitti e delle pene citati in questa tesi sono estratti dalla versione digitalizzata del volume: Beccaria, Cesaria. Dei delitti e delle pene. A cura di Giuseppe Borghi e Renato Fabietti. Milano: Mursia, 1982. L'opera digitalizzata si trova nel sito Internet: www.fausernet.novara.it. 12 Infatti Hobbes dedico il suo "De Corpore" a Galileo che incontro personalmente durante uno dei suoi tre viaggi sui continente in eta giovanile, tra il 1610 e il 1637. Come Hobbes, e come i suoi amici Pietro e Alessandro Verri, Beccaria era un ammiratore di Galileo.

40

pene, un individuo poteva essere condannato sotto l'accusa di non aver denunciato cio

che sapeva (per esempio essere al corrente di una congiura contro il sovrano).13 Questa

procedura si prestava a delle aberrazioni: un individuo, interessato a eliminare un rivale,

poteva accusarlo ingiustamente di non aver denunciato un complotto che aveva messo in

pericolo il potere. Questi allora veniva torturato per confessare cio che diceva di non

sapere. Se non era capace di resistere al dolore, finiva con l'ammettere qualunque cosa.

Veniva quindi condannato a una morte orrenda:

E gia stato detto dal Signor di Montesquieu che le pubbliche accuse sono piu conformi alia repubblica, dove il pubblico bene formar dovrebbe la prima passione de' cittadini, che nella monarchia, dove questo sentimento e debolissimo per la natura medesima del governo, dove e ottimo stabilimento il destinare de' commissari, che in nome pubblico accusino gl'infrattori delle leggi. Ma ogni governo, e repubblicano e monarchico, deve al calunniatore dare la pena che toccherebbe all'accusato.

In queste citazioni di Montesquieu, l'autore tende a differenziarsi da alcuni limiti del

pensiero di Montesquieu. Nella prima citazione, egli usa la parola "rapidamente", in un

senso vicino a "frettoloso" o "superficiale" nel valutare raffermazione dell'autore

francese.

Nella seconda citazione completa e generalizza il pensiero dell'illuminista francese.

Nella terza dissente chiaramente dal pensiero dell'autore di Le lettere persiane. Come

Piero Calamandrei spiega chiaramente, all'epoca di Beccaria era viva la polemica tra lo

ius conditum e lo ius condendum.14 II primo affermava che la giustizia era condotta sotto

la guida di dogmi morali prestabiliti. II secondo invece affermava che la giustizia era il

frutto della societa nel suo divenire e sbocciava in una nuova scienza: la "scienza della

13 Si veda il terzo capitolo di questa tesi riguardo il commento di Voltaire a Dei delitti e delle pene. 14A proposito di Piero Calamandrei si veda la nota n. 7.

41

legislazione". Montesquieu rifletteva quindi un mondo del diritto che contestava lo ius

conditum senza adottare pienamente lo ius condendum. Beccaria, di quasi mezzo secolo

piu giovane, beneficia dei progressi che Montesquieu e altri illuministi hanno portato al

concetto di come governare una societa, ma la sua filosofia del diritto adotta decisamente

lo ius condendum. Questa scelta gli permette di considerare il campo del diritto e della

giustizia una scienza, da studiare e sviluppare come tale.

Egli stesso si definisce un politico e non un moralista. Infatti non condanna mai

moralmente un crimine, ma si domanda sempre quanto nuoccia alia societa tale

comportamento. II livello della pena non ha altro ruolo che quello di essere

sufficientemente forte da scoraggiare il crimine.

La giustizia diventa quindi un problema di economia politica, con soluzioni di ordine

relativo e contingente e non un problema d'ordine morale.15

Come detto precedentemente, la lettura di Dei delitti e delle pene e duplice. Un primo

approccio e quello che riguarda il contratto sociale; il secondo e quello sulla natura del

crimine, delle pene e la procedura penale.

Mi sono ispirato, per la lettura di Beccaria dal punto di vista del contratto sociale,

all'illustrazione del Dr. Bruce Hoffman, uno studioso del dipartimento di sociologia

dell'Universita di Washington, che ha messo su Internet un corso propedeutico su questo

tema e cita l'opera di Beccaria inquadrandola nel contesto piu vasto dell'organizzazione

sociale.

15 Si veda la nota n. 7. Opera citata. 188. 16 http://www.crimetheory.com/index.html

42

Sara opportuno, a dei fini di paragone col Commentaire di Voltaire (si veda il III capitolo

di questa tesi) e con Of public wronRS di Blackstone (si veda il IV capitolo di questa tesi),

elencare qui i titoli dei capitoli di Dei delitti e delle pene. Questi rappresentano un elenco

dei temi che preoccupano l'autore e sono quindi una fotografia del suo momento storico.

Essi permettono di vedere sinotticamente le differenze e i punti in comune col mondo del

filosofo francese e con quello del giurista inglese.

L'indice dei capitoli del testo di Beccaria e il seguente:

A chi legge Introduzione

1. Origine delle pene 2. Diritto di punire 3. Conseguenze 4. Interpretazione delle leggi 5. Oscurita delle leggi 6. Proporzione fra i delitti e le pene 7. Errori nella misura delle pene 8. Divisione dei delitti 9. Dell'onore 10. Deiduelli 11. Della tranquillita pubblica 12. Fine delle pene 13. Dei testimoni 14. Indizi, e forme di giudizi 15. Accuse segrete 16. Della tortura 17. Del fisco 18. Dei giuramenti 19. Prontezza della pena 20. Violenze 21. Pene dei nobili 22. Furti 23. Infamia 24. Oziosi 25. Bando e confische 26. Dello spirito di famiglia 27. Dolcezza delle pene 28. Delia pena di morte 29. Della cattura 30. Processi e prescrizione

43

31. Delitti di prova difficile 32. Suicidio 33. Contrabbandi 34. Dei debitori 35. Asili 36. Delia taglia 37. Attentati, complici, impunita 38. Interrogazioni suggestive, deposizioni 39. Di un genere particolare di delitti 40. False idee di utilita 41. Come si prevengano i delitti 42. Delle scienze 43. Magistrati 44. Ricompense 45. Educazione 46. Delle grazie

i n

47. Conclusione.

II contratto sociale

Vorrei ora mostrare il cammino che Beccaria percorre in Dei delitti e delle pene per

arrivare al concetto di legge a partire dall'egoismo e dalla ragione.

Nel capitolo 2 ("Diritto di punire") Beccaria afferma:

Nessun uomo ha fatto il dono gratuito di parte della propria liberta in vista del ben pubblico; questa chimera non esiste che ne' romanzi; se fosse possibile, ciascuno di noi vorrebbe che i patti che legano gli altri, non ci legassero; ogni uomo si fa centro di tutte le combinazioni del globo.

Per Beccaria un popolo senza governo vedrebbe i suoi membri in perenne conflitto, senza

sicurezza alcuna e quindi infelici. E per questa ragione che il governo e necessario.

Ma cosa e il governo? Esso e semplicemente l'amministratore dei diritti del popolo. Ogni

individuo ha ceduto una parte della sua liberta individuale alio stato, al sovrano, affmche

questi la gestisca per assicurare a tutti la sicurezza individuale e quindi la felicita. Questa

cessione di parziali diritti significa in sostanza ubbidire a delle regole, che da una parte

vietano di fare alcune cose e dall'altra permettono che altre siano possibili.

17 Tale elenco riflette il testo di Dei delitti e delle pene nell'opera del Venturi. Si veda la nota 2. 44

Queste regole rappresentano cio che Beccaria chiama leggi. Nel capitolo 1 ("Origine

delle pene"), proprio all'inizio dell'opera, come per sottolineare l'importanza primordiale

nel contratto politico tra individui, egli ne da la definizione:

Le leggi sono le condizioni, colle quali uomini indipendenti ed isolati si unirono in societa, stanchi di vivere in un continuo stato di guerra e di godere una liberta resa inutile dall'incertezza di conservarla. Essi ne sacrificarono una parte per goderne il restante con sicurezza e tranquillita.

E al capitolo 4 ("Interpretazione delle leggi") egli precisa che le leggi sono:

... effetti di un tacito o espresso giuramento, che le volonta riunite dei viventi sudditi hanno fatto al sovrano, come vincoli necessari per frenare e reggere l'intestino fermento degl'interessi particolari. Quest'e la fisica e reale autorita delle leggi.

In sostanza si tratta del contratto sociale che lega gli individui e trasforma un "suddito" in

"cittadino".

L'assioma di base di questo atteggiamento e nel duplice concetto che 1'essere umano e

egoista e razionale. E egoista perche essenzialmente interessato alia soddisfazione dei

propri interessi in un mondo di risorse limitate. Egli entra in conflitto facilmente con gli

altri individui poiche ciascuno cerca di acquisire e accumulare le risorse, senza riguardo

degli altri.

"L'intestino fermento degl'interessi particolari" conduce a cio che gia Thomas Hobbes,

l'antesignano deH'utilitarismo britannico, aveva descrirto come uno stato di

abbrutimento, poverta e infelicita individuals

Poiche in definitiva non e questo che l'individuo vuole, la miglior soluzione consiste nel

promettere di non prevaricare sugli altri individui e di cooperare con essi, limitando

quindi la propria liberta di azione.

45

In cambio di questa promessa, 1'individuo trova la pace, la sicurezza, una vita piu serena.

Egli e quindi razionale perche sa che il proprio interesse e soddisfatto in maggior misura

quando egli rinuncia a una parte dei propri diritti.

Naturalmente, mentre da una parte il raziocinio spinge 1'individuo a fare agli altri membri

della societa delle promesse in cui dichiara di rinunciare a una parte della propria liberta,

dall'altra la sua natura egoista, lo spinge a violare le sue promesse e quindi a prevaricare

sugli altri.

E a questo punto che subentra l'importanza della legge. Essa stabilisce una punizione

dissuasiva, che bilanci, inibisca, contenga, l'istinto egoista.

Hobbes, quasi un secolo prima di Beccaria, descriveva la natura del governo come quella

di un potere comune tendente a favorire il meglio dell'uomo. Beccaria lo definisce invece

il deposito delle liberta individuali sacrificate. La definizione di Beccaria e piu realista,

mancando di quella dimensione spirituale e morale che si trova in Hobbes.

"La dicotomia di Hobbes, e semplice e chiara. Vi e uno stato di natura (State of Nature),

nel quale gli individui vivono senza leggi positive, che li forzino al reciproco rispetto. E

vi e la societa civile (Civil Society), nella quale esiste un potere comune che li forza,

contro la loro volonta, a piegarsi alle leggi necessarie per assicurare una coabitazione

pacifica."

Hobbes e, in fondo, il padre del contratto sociale, inteso in senso moderno, come patto tra

gli individui che formano una societa. La sua straordinaria sensibilita su questo tema e le

18 Opera citata alia nota n. 10 di Bobbio Norberto. Thomas Hobbes and the Natural Law. 197. 46

sue conclusioni, che rappresentano i prodromi dell'organizzazione sociale moderna, gli

vengono dal dramma vissuto, sia in qualita di osservatore, che come sofferenza

personale, nella guerra civile inglese.19

E questa guerra civile, tutto sommato relativamente cruenta, fatta con riluttanza e con

rigore morale e intellettuale - antesignana, piu di un secolo dopo, di quella francese,

sanguinosissima e per molti versi irrazionale - che Hobbes aveva vissuto e che ebbe,

come conseguenza, il suo esilio in Francia.

Essa aveva creato il bisogno di analizzare il modo con cui i membri di una societa

possono convivere pacificamente, determinando quali sono le regole che li devono

governare. Tutta la sua opera ha come obiettivo di trovare il modo che permetta agli

individui di convivere evitando la guerra civile. E nata di qui, in sostanza, l'idea del

contratto sociale moderno.

Nel capitolo 1 ("Origine delle pene") Beccaria afferma:

La somma di tutte queste porzioni di liberta sacrificate al bene di ciascheduno forma la sovranita di una nazione, ed il sovrano e il legittimo depositario ed amministratore di quelle.

19 Essa ebbe, tra i suoi fattori catalizzanti, l'ordine dato dal re Carlo I d'lnghilterra ai suoi sudditi di fornire un prestito alio stato per costruire la flotta ("The Ship Loan"). Alcuni membri del Parlamento si opposero, affermando che solo esso era legittimato a tassare i cittadini. II re rispondeva di non aver bisogno dell'approvazione del Parlamento perche non era una tassa ma un prestito, anche se obbligatorio. Alia disobbedienza di alcuni parlamentari, tra i quali John Hampden (1594-1643), il re rispose facendoli incarcerare. L'ingiustizia creo un risentimento crescente nei cittadini e si trasformo in conflitto tra l'autorita del Parlamento e quella del re. Si susseguirono due guerre civili, condotte e vinte da un altro parlamentare, Oliver Cromwell (1599-1658) che terminarono con la supremazia del Parlamento sui re. Quest'ultimo era dapprima fuggito e poi, mentre da una parte sembrava arrendersi all'idea dei parlamentari, dall'altra manovrava per stringere alleanze con i nemici dell'Inghilterra. Fu processato e, con riluttanza, condannato a morte e decapitato.

47

La legittimita dell'amministratore proviene quindi dal popolo, poiche questi si e dotato di

un governo. Quindi il governo e legittimo solo se difende il deposito delle liberta

individuals E questo il senso di cio che Beccaria aggiunge alia frase precedente:

...ma non bastava il formare questo deposito, bisognava difenderlo dalle private usurpazioni di ciascun uomo in particolare, il quale cerca sempre di togliere dal deposito non solo la propria porzione, ma usurparsi ancora quella degli altri.

Da questa definizione di legittimita deriva che il governo e limitato nei suoi poteri dal

contratto sociale che lega gli individui tra loro. La legittimita cessa se il governo, o il

sovrano, vuole ridurre la liberta individuale oltre i limiti che gli individui di comune

accordo hanno concesso.

Quando gli individui avevano accettato di perdere una parte della propria liberta, lo scopo

era di guadagnare in sicurezza e tranquillita. Quindi il sovrano non pud limitare la liberta

individuale di un individuo di la da quanto sia necessario per garantirle.

II concetto e chiaro ma in pratica e difficile realizzarlo. La soluzione a questo problema e

modernissima. L'autore si serve del concetto di calcolo statistico. Gia nell'

"Introduzione" egli dice che l'azione del governo deve dare "la massima felicita divisa

nel maggior numero di individui".

E questo il principio di base della filosofia utilitaristica. La sua applicazione efficace

implica l'uso del metodo statistico. Esso permette di distinguere la maggioranza dalla

minoranza. Se la maggioranza dei cittadini si sente sicura e protetta (la massima felicita)

nel raggiungimento dei propri scopi individuali, l'azione del governo e giustificata.

48

Occorre dapprima definire la natura umana. L'assioma di base e che 1' individuo e da una

parte egoista e dall'altra e razionale. Questa descrizione e la definizione della realta

umana che Hobbes descrive nella sua opera Leviathan.

L'uomo ha bisogno di tutta la sua liberta d'agire perche e nella liberta che pud realizzare

cid che il suo bisogno di realizzare gli detta.

Tuttavia, la natura egoista - portata a realizzare, costi quel che costi, il proprio interesse -

finisce inevitabilmente con l'entrare in conflitto con l'egoismo di un altro individuo, e poi

di un altro ancora, e cosi via senza soluzione di continuity.

In pratica, l'individuo finisce col perdere ogni liberta perche passa il suo tempo

nell'angoscia e nella rabbia, a lottare e a difendersi, in uno stato di anarchia sociale

permanente.

Qui subentra la natura razionale dell'uomo. Egli ha constatato che la liberta assoluta

finisce in definitiva col privarlo della liberta che gli e tanto indispensabile.

Perche allora non sacrificare una parte, la piu piccola possibile, di questa liberta, in

cambio della pace e della sicurezza? In queste nuove condizioni di tranquillita, anche con

una liberta mutilata, egli pud dedicarsi alia realizzazione della propria felicita.

La parola felicita assume in Beccaria una connotazione diversa da quella che ha in

Hobbes. Egli parla di felicita come di una nobile realizzazione di se; la definisce come un

avant-gout di quello stato di grazia che Dio offre attraverso la salvezza dell'anima in

Paradiso. Cesare Beccaria e invece piu terreno e laico nel suo approccio della natura

umana. Per lui l'uomo, nella societa, e centrato sulla realizzazione dei propri interessi

49

individuali, e, come si direbbe con un termine riassuntivo, egoista. Egli non si serve di

questo termine, il cui uso sembra apparire per la prima volta attorno al 1785.20

La rinuncia di una parte, la piu piccola possibile, della propria liberta, in cambio della

pace e della sicurezza, e alia base del contratto sociale che ha fondato gli stati..

Ogni parcella di questa liberta finisce in un deposito (il termine che Beccaria usa) il cui

custode e il governo. II governo e quindi la somma delle quote di liberta individuali

cedutegli. E da qui che il governo trae la sua legittimita.

Quindi chi governa, poco importa se sovrano o repubblica, non e libero di fare quello che

vuole, ma ha il mandato di assicurare la massima liberta ai cittadini nel garantire loro

pace e sicurezza.

Quanta liberta il governo pud portare via ai cittadini? II minimo necessario secondo il

principio deH'utilita comune, per il quale il governo deve procurare la piu grande felicita

al piu gran numero di cittadini.

In che modo il governo garantisce la pace e la sicurezza ai cittadini?

Tramite le leggi.

La legge lega tutti i membri della societa in modo uguale.

II crimine e la rottura del contratto sociale.

La legge stabilisce quindi quali azioni costituiscono una rottura del contratto sociale.

E la legge, non il giudice, che stabilisce la pena.

20 Nella lingua inglese. Merriam-Webster's Collegiate Dictionary. 50

I delitti, le pene e la procedura penale

Nel capitolo 2 ("Diritto di punire") Beccaria precisa il concetto di pena citando

Montesquieu : « Ogni pena che non derivi dall'assoluta necessita, dice il grande

Montesquieu, e tirannica.. ».

Ma Beccaria va piu lontano :

...tanto piu giuste sono le pene, quanto piu sacra ed inviolabile e la sicurezza, e maggiore la liberta che il sovrano conserva ai sudditi.

E piu in la nello stato capitolo:

E per giustizia io non intendo altro che il vincolo necessario per tenere uniti gl'interessi particolari, che senz'esso si scioglierebbono nell'antico stato d'insociabilita; tutte le pene che oltrepassano la necessita di conservare questo vincolo sono ingiuste di lor natura.

La giustizia degli uomini, dice Beccaria, e distinta da quella divina. La giustizia applicata al rispetto del contratto sociale e:

...una semplice maniera di concepire degli uomini, maniera che influisce infinitamente sulla felicita di ciascuno...

Essa non e:

...quell'altra sorta di giustizia che e emanata da Dio e che ha i suoi immediati rapporti colle pene e ricompense della vita awenire.

Quindi esistono due giustizie totalmente indipendenti: quella di Dio e quella degli

uomini. Quella di Dio e un fatto privato tra 1'individuo e il suo Creatore e si estrinseca

nell'aldila. Quella degli uomini deve servire solo il principio dell'utilita comune. Vi e qui

la separazione tra stato e chiesa, nel senso che quest'ultima si occupa dell'anima mentre

lo stato si preoccupa solo del rispetto del contratto sociale. E questo uno dei pilastri nella

struttura di uno stato moderno.

51

II potere non pud risiedere nelle mani delle autorita tradizionali, quali il sovrano e la

chiesa, dato che la sola autorita viene dal contratto sociale. II potere e quindi nelle mani

di chi riceve il potere (le liberta sacrificate) da parte dei membri di una societa.

Beccaria trae le conseguenze pratiche di quest'affermazione.

Nel Capitolo 3 ("Conseguenze") egli nota anzitutto che le leggi legano tutti i membri

della societa in modo identico.

Ogni membro particolare e legato alia societa, questa e parimente legata con ogni membro particolare per un contratto che di sua natura obbliga le due parti. Questa obbligazione, che discende dal trono fino alia capanna, che lega egualmente e il piu grande e il piu miserabile fra gli uomini, non altro significa se non che e interesse di tutti che i parti utili al maggior numero siano osservati. La violazione anche di un solo, comincia ad autorizzare l'anarchia.

Quindi, prima conseguenza delle leggi emanate dal contratto sociale e che tutti gli

individui vi sono legati in modo uguale. II termine uguale ha un'importanza

fondamentale: non devono esistere in una societa degli individui che, a differenza degli

altri, non debbano obbedire alia legge, siano essi dei nobili o dei diseredati.

Beccaria si pone poi la domanda: qual'e la misura da adottare per valutare un delitto? Vi

sono coloro che credono che la misura di un delitto e l'intenzione che anima l'autore.

Questo metodo tuttavia incontra parecchie difficolta nel valutare un crimine: e troppo

soggettivo e dipende dalle circostanze.

Poi vi e chi commette un delitto magari con l'intenzione di fare del bene. Occorrerebbe

allora un codice per ogni delitto e per ogni individuo. Altri giudicano la gravita di un

delitto dall'offesa alia dignita della vittima. In questo caso chi offende Dio dovrebbe

essere punito piu atrocemente di chi uccide un monarca.

52

Altri ancora pensano che la pena dovrebbe essere proporzionale alia gravita del delitto

commesso, secondo criteri morali comunemente accettati. Anche questo concetto e

impossibile da mettere in pratica, perche occorrerebbe definire in modo preciso cosa e

grave e cosa non lo e.

II miglior modo di misurare un delitto e quello di applicare il concetto di utilita comune,

implicito nel contratto sociale. Dice Beccaria nel capitolo 7 ("Errori nella misura delle

pene"):

Le precedenti riflessioni mi danno il diritto di asserire che Tunica e vera misura dei delitti e il danno fatto alia nazione...

Nel capitolo 21 ("Pene dei nobili") Beccaria trae delle conseguenze da

quest'affermazione. E legittimo essere ricchi o avere onori quando tale statuto non e

raggiunto violando il principio dell'uguaglianza di tutti nei confronti della legge.

Ogni distinzione sia negli onori sia nelle ricchezze perche sia legittima suppone un'anteriore uguaglianza fondata sulle leggi, che considerano tutti i sudditi come egualmente dipendenti da esse.

Beccaria fa ora la distinzione tra la pena interiore e quella estrinseca. La differenza tra le

due e la seguente: la pena interiore e la sofferenza che individualmente ogni condannato

prova. Essa e soggettiva perche la sofferenza dipende dalla sensibilita individuale. La

pena estrinseca e invece uguale per tutti: una stessa pena per la stessa mancanza alia

legge. E quindi afferma:

... l'uguaglianza delle pene non pud essere che estrinseca, essendo realmente di versa in ciascun individuo.

In altre parole, la pena e in funzione del danno fatto al contratto sociale. Al legislatore

non deve interessare prendere in considerazione che un nobile o, in genere, una persona

53

educata, colta e fortunata, soffra in prigione verosimilmente di piu di un bifolco povero,

ineducato e analfabeta, che non sa fare la differenza tra casa sua e la prigione.

Se si valutassero questi aspetti il nobile, che subisce la stessa pena del bifolco (cioe lo

stessa durata in prigione) per uno stesso crimine, vivrebbe un'ingiustizia dato che si

presume che egli soffra di piu. Secondo questo principio, la sua pena estrinseca dovrebbe

quindi essere decurtata per "proporzionarla" alia sofferenza interiore.

Per Beccaria la pena non pud essere vista che nella sua esteriorita. La pena esterna e

quindi uguale per tutti.

La seconda conseRuenza dell'esistenza delle leggi e che le pene devono essere uguali per

tutti.

Una pena deve essere razionale. Cid significa che deve avere un duplice valore

preventivo. Da una parte deve dissuadere dall'intenzione di commettere un delitto;

dall'altra deve anche convincere il colpevole a non ripetere il delitto.

Perche la pena e necessaria? Perche 1'individuo e egoista e il suo egoismo va canalizzato

nel rispetto del contratto sociale. La pena non vuole tuttavia soffocare l'anelito a fare il

proprio interesse, che e tipico del comportamento di ogni individuo. La pena e solo un

deterrente dal duplice ruolo: deterrente specifico (per 1'individuo) e deterrente generico

(per tutti gli altri).

Questa capacita dissuasiva e raggiungibile solo se si tengono presenti due fattori: la pena

deve essere proporzionata al crimine e deve essere chiaramente conosciuta da tutti.

La proporzionalita della pena al crimine implica che quest'ultima non deve essere piu

crudele del crimine stesso, sia perche il contratto sociale obbliga lo stato a non punire piu

54

del necessario, sia perche pene eccessive, come la stessa pena per due crimini different!,

incoraggiano il crimine, anziche contribuire a prevenirlo.

La pena deve essere chiaramente stabilita e conosciuta da tutti.

Per ottenere questo risultato occorre che l'attribuzione delle pene sia celere in modo che

tutti possano associare facilmente la pena al crimine. Occorre inoltre che la pena sia

evidente in modo che si sappia che vi e un prezzo da pagare quando si commette un

crimine.

Le leggi devono essere accessibili a tutti. La stampa e il modo migliore di raggiungere

questo obiettivo. L'alfabetizzazione dei cittadini e quindi il mezzo per diffondere la

conoscenza delle leggi.

I crimini minori sono i piu frequenti e quindi vanno puniti sistematicamente per

dissuadere i colpevoli e altri dal commetterli. I crimini gravi, piu rari, non vanno pero

puniti con la pena di morte, ma con una lunga detenzione.

Nel Capitolo 29 ("Della cattura") Beccaria fa notare che non bisogna dare a un giudice la

facolta di mettere arbitrariamente in prigione un cittadino (un fatto che poteva accadere ai

tempi di Beccaria): questi potrebbe togliere la liberta a un nemico e lasciar impunito un

amico. II giudice pud imprigionare per necessita il presunto autore di un delitto, ma solo

secondo criteri iscritti in una legge. E infatti solo la legge che autorizza un giudice a

imprigionare un presunto autore di un crimine: per esempio a causa della sua fama, del

rischio di fuga, deirammissione del crimine prima del processo, della confessione di un

complice, delle minacce alia vittima, ecc. Ma tutte queste ragioni devono essere previste

dalla legge. II giudice non deve fare altro che applicarle. E questo il solo ruolo di un

giudice: applicare la legge emessa dal governo.

55

Da qui deriva il fatto che la violazione della legge ha un carattere limitato al luogo dove

esiste il contratto sociale che e stato violate In altre parole, un delitto commesso a

Costantinopoli non pud essere giudicato a Parigi, dato che si tratta di un delitto che ha

violato il contratto sociale turco e non quello francese: "II luogo della pena e il luogo del

delitto...".

Anche il perdono per un crimine minore non pud essere considerato che un arbitrio. In

effetti la violazione della legge non pud essere perdonata dall'offeso e quindi annullata,

dato che il delitto e contrario al bene di tutti:

Le pene non devono solamente esser proporzionate fra loro ed ai delitti nella forza, ma anche nel modo d'infliggerle. Alcuni liberano dalla pena di un piccolo delitto quando la parte offesa lo perdoni, atto conforme alia beneficenza ed all'umanita, ma contrario al ben pubblico, quasi che un cittadino privato potesse egualmente togliere colla sua remissione la necessita dell'esempio, come pud condonare il risarcimento dell'offesa.

Sono quindi le leggi e non i giudici che determinano le pene. Questa terza conseRuenza

delle leggi si trova enunciata per la prima volta nel capitolo 3 ("Conseguenze"):

"... le sole leggi possono decretar le pene su i delitti, e quest'autorita non pud risedere che presso il legislatore, che rappresenta tutta la societa unita per un contratto sociale; nessun magistrato (che e parte di societa) pud con giustizia infligger pene contro ad un altro membro della societa medesima."

Dei delitti e delle pene offre molte altre considerazioni interessanti che pero esulano dal

contesto di questa tesi, che e quello di mostrare Beccaria come il genio del diritto

moderno.

56

Quindi non aggiungo altro riguardo la lettura sistematica del testo, salvo un aspetto che

riguarda un commento di Piero Calamandrei, scritto alia fine della II Guerra mondiale.21

Egli afferma:

La verita e che il solo calcolo dell'utile sociale non e sufficiente argomento a far scomparire dai codici la pena di morte e la crudelta delle pene, se in faccia alia ragione di stato non si ponga, come barriera non valicabile, il rispetto della persona umana, considerata come fine a se stessa e non come strumento dell'interesse pubblico, persona e non cosa, se di fronte all'esigenza dell'autorita non si afferma la esigenza, altrettanto sacra della liberta.

Calamandrei si riferisce al fatto che il fascismo, appena sconfitto, ha giustificato la pena

di morte e anche la tortura in nome dell'utile che ne derivava alio stato, cioe al regime.

Quindi per lui il presupposto di Beccaria che la legge deve essere basata su principi

utilitaristici e errata, se avulsa da principi morali.

Beccaria tuttavia afferma che esistono dei diritti naturali e dei diritti sociali. E questa la

quarta conseguenza delle leggi: I diritti naturali sono i diritti che precedono quelli oggetto

delle legge. Egli dice nel Capitolo 30 ("Processi e prescrizione"):

La sicurezza della propria vita e un diritto di natura, la sicurezza dei beni e un diritto di societa.

Un altro diritto naturale, egli afferma, e quello di non essere torturato. Nel capitolo 38

("Interrogazioni suggestive, deposizioni") Beccaria denuncia il metodo della tortura per

estirpare delle confessions La tortura e contro il diritto naturale. Beccaria si riferisce

all'interrogazione "speciale" di un accusato, che la giustizia praticava per forzare un

individuo alia confessione di un reato.

E anche contro la natura stessa che un reo si accusi immediatamente da se.

Inoltre la tortura deforma la verita perche:

21 Si veda la nota n. 7. Opera citata. 192. 57

...il dolore suggerira al robusto un'ostinata taciturnita onde cambiare la maggior pena colla minore, ed al debole suggerira la confessione onde liberarsi dal tormento presente piu efficace per allora che non il dolore avvenire.

Nel Capitolo 28 (Della pena di morte) Beccaria si domanda quale pud essere il diritto

degli uomini a trucidare i loro simili. In effetti, il contratto sociale e creato da un accordo

tra individui, in cui ciascuno accetta di dare il minimo della sua liberta in cambio della

sicurezza e della pace. In questo contratto 1'individuo non ha mai ceduto il suo diritto alia

vita, che sarebbe il sacrificio massimo della sua liberta. Ecco cosa dice:

Questa inutile prodigalita di supplicii, che non ha mai resi migliori gli uomini, mi ha spinto ad esaminare se la morte sia veramente utile e giusta in un governo bene organizzato. Qual pud essere il diritto che si attribuiscono gli uomini di trucidare i loro simili? Non certamente quello da cui risulta la sovranita e le leggi. Esse non sono che una somma di minime porzioni della privata liberta di ciascuno; esse rappresentano la volonta generale, che e l'aggregato delle particolari. Chi e mai colui che abbia voluto lasciare ad altri uomini l'arbitrio di ucciderlo? Come mai nel minimo sacrificio della liberta di ciascuno vi pud essere quello del massimo tra tutti i beni, la vita?

Nel contesto dei principi del contratto sociale avallato da Beccaria il fascismo non aveva

quindi alcuna base giuridica. L'imposizione della pena di morte non nasceva affatto da

una visione del diritto beccariano della societa; ma semplicemente dall'utilita che ne

traeva una dittatura per imporre con la forza la propria volonta. L'utile di cui parla

Calamandrei non e rutilitarismo implicito nel pensiero di Beccaria.

58

Dalle prime edizioni italiane al Commentaire di Voltaire

Introduzione

Pietro Verri era entrato nell'Accademia dei Trasformati nel 1749, all'eta di ventun'anni,

ma col tempo aveva trovato lo spirito del gruppo un po' troppo conservatore e vieuxjeu.

Dissentiva anche dal Parini che era entrato a fame parte nel 1753. All'inizio degli anni

Sessanta fondo allora una nuova accademia, l'Accademia dei Pugni, con l'intento di

accogliere le nuove correnti del pensiero europeo, soprattutto quello dei "philosophes",

che definivano il secolo presente quello dei Lumi, "de la raison".

Pietro Verri, nato nel 1728, aveva ricevuto un'educazione molto severa. Di ritorno nella

casa paterna nel 1749, dopo gli studi nel collegio dei Barnabiti di Milano, in quello degli

Scolopi a Roma e dei Gesuiti a Parma, non accettava piu il peso della tirannia familiare

(il padre voleva che egli intraprendesse la camera della giurisprudenza). II desiderio di

novita, unita a una relazione amorosa con la duchessa Serbelloni, lo fecero dapprima

aderire all'Accademia dei Trasformati. Da questa si staccd nel 1758 quando, col brevetto

di capitano, segui l'esercito austriaco contro la Prussia nella guerra dei sette anni. Deluso

dalla vita militare, ritorno a Milano nel 1760, con un bagaglio di esperienze che avevano

pero allargato enormemente il suo orizzonte politico e culturale.

Milano stessa viveva anche una stagione straordinaria. Gabriele Verri, il padre di Pietro e

Alessandro, aveva scritto nel 1760 la Istoria dell'austriaca Lombardia su istruzione

1 Giuseppe Parini (Bosisio 1729 - Milano 1799), contemporaneo di Pietro Verri. Entro nell'Accademia dei Trasformati nel 1753. Fu ordinato sacerdote nel 1753 e divenne il precettore in casa Serbelloni (1754-62) e in casa Imbonati (dal 1763). Passo da un iniziale gusto arcadico a un'adesione alle concezioni illuministiche con un primo saggio di impegno civile, dal titolo Dialogo sopra la nobilta (1757). 2 Bigini Enza. Introduzione a Beccaria. Bari: Laterza, 1992. 11-2.

59

dell'arciduca Giuseppe.3 Nel quarto tomo egli descrive come nella prima meta del

Settecento una serie di guerre cruente avevano finito col ridurre territorialmente il Ducato

di Milano, "squarciato in varie parti e tronco di piu membra", perche aveva perso in

qualche decennio Alessandria, Valenza, la Lomellina, la Valsesia, Novara, Tortona, la

riva destra del Lago Maggiore, Vigevano e tutto l'Oltrepd pavese. A queste perdite, che

avevano awantaggiato il Piemonte dei Savoia, si erano aggiunti dei raccolti catastrofici e

delle malattie degli animali che avevano decimato le mandrie e privato i contadini della

possibility di lavorare i campi. II lato positivo era quello di essersi sbarazzati del

"cadavere spagnolo" per riunirsi di nuovo "all'Europa vivente".4 L'imperatrice Maria

Teresa d'Asburgo (Vienna 1717 - ivi 1780), il cui potere era stato definitivamente

sancito con la pace di Aquisgrana del 1748 si era impegnata nella riorganizzazione

dell'impero creando una burocrazia centralizzata ed efficace, uniforme per tutti i territori

dell'impero (di cui lo stato di Milano faceva parte).

Karl Joseph Firmian (Mezzocorona 1718 - Milano 1782) divenne nel 1759

plenipotenziario dello stato di Milano, dove mise in pratica la politica riformatrice di

Maria Teresa. Firmian era un bibliofilo e un collezionista d'arte, che si era guadagnato le

simpatie degli intellettuali locali integrandoli nella burocrazia statale (fu il caso, tra

l'altro, di Pietro Verri e di Cesare Beccaria). E in questo clima di pace e di sicurezza che

si rinnovava la fiducia verso l'avvenire e la Milano borghese poteva rifiorire, non solo

nella sua industriosita manifatturiera e commerciale, ma anche nella sua capacita di

integrarsi culturalmente all'Europa, contribuendo ad innovarne il pensiero.

3Storia d'ltalia. Diretta da G. Galasso. Vol. XI: Sella, Domenico e Capra, Carlo. II Ducato di Milano dal 1535 al 1796.. Torino: UTET, 1984. P. 153 e ss. 4Le definizioni "Cadavere spagnolo" e "Europa vivente" sono prese dal Sella e dal Capra (si veda il testo della nota precedente) dal volume Notizie naturali e civili su la Lombardia. di Carlo Cattaneo (1844).

60

L'Accademia dei Pugni si inserisce quindi in questo rinnovato clima di fiducia verso

l'avvenire, creato dalla stabilita politica e alimentata dal fermento crescente delle nuove

idee che affluivano dal resto dell'Europa.

L'Accademia era inizialmente composta di sette persone: Pietro Verri, il fratello

Alessandro, il conte Luigi Lambertenghi, il conte Giovambattista Biffi, il conte Giuseppe

Visconti di Saliceto, il marchese Abate Alfonso Longo e il marchese Cesare Beccaria.

L'opera Dei delitti e delle pene nacque nel clima di vivacita intellettuale e di entusiasmi

che animava questo sodalizio, in un periodo di fiducia verso l'avvenire.

Cesare Beccaria e l'autore dell'opera Dei delitti e delle pene, come attestano i suoi

manoscritti, le relazioni coi vari editori e traduttori e le testimonianze della sua paura di

urtare le autorita, timore che lo spinse a pubblicare la sua opera come anonima.

Ma alia sua concezione hanno sicuramente contributo i consigli e le idee di questo

cenacolo di amici. Essa e il distillato di letture comuni e di dibattiti durante le lunghe

sedute quotidiane in cui i membri si riunivano. Nel sodalizio emergeva Pietro Verri, che

aveva il talento e il carisma di agire come animatore di idee e promotore di attivita

letterarie. Pietro Verri sicuramente aiutd Cesare Beccaria a produrre la sua opera,

stimolando un'indole apparentemente accidiosa, schiva e paurosa. Ma la paternita

dell'opera e definitivamente di Cesare Beccaria.

Quando l'amicizia tra questi e i fratelli Verri, in seguito al viaggio a Parigi nel 1766, si

ruppe definitivamente, Pietro fu abile a disseminare dubbi su chi era il vero autore di

quell'opera. Gia prima che - forse piu per invidia che per altro - nascesse l'antipatia dei

Verri per Cesare Beccaria, Pietro aveva scritto, il primo novembre del 1765 (l'opera

61

aveva gia avuto varie ristampe), una lettera indirizzata agli "amici milanesi" in cui

diceva:

Vi soddisferd sui proposito del libro Dei delitti e delle pene. II libro e del marchese Beccaria. L'argomento gliel'ho dato io, e la maggior parte dei pensieri e il risultato delle conversazioni che giornalmente si tenevano fra Beccaria, Alessandro, Lambertenghi e me. Nella nostra societa, la sera la passiamo nella stanza medesima, ciascuno travagliando. Alessandro ha per le mani la Storia d'ltalia, io i miei lavori economici-politici, altri legge, Beccaria si annoiava e annoiava gli altri." Per disperazione mi chiese un tema, io gli suggerii questo conoscendo che per un uomo eloquente d'immagini vivacissime era adattato appunto. Ma egli nulla sapeva dei nostri metodi criminals Alessandro, che fu il "protettore dei carcerati" gli promise assistenza.6 Comincid Beccaria a scrivere su dei pezzi di carta staccati delle idee, lo secondammo con entusiasmo, lo fomentammo tanto che scrisse una gran folia di idee, il dopo pranzo si andava al passeggio, si parlava degli errori della giurisprudenza criminale, s'entrava in dispute, in questioni, e la sera egli scriveva; ma e tanto laborioso per lui scrivere, e gli costa tale sforzo che dopo un'ora cade e non pud reggere. Ammassato che ebbe il materiale, io lo scrissi e si diede un ordine, e si formd un libro. II punto stava, in una materia tanto irritabile, il pubblicare quest'opera senza guai. La trasmisi a Livorno, al Signor Aubert, che aveva stampate le mie Meditazioni sulla felicita. II manoscritto lo spedii in aprile scorso e da me se ne ricevette il primo esemplare in luglio 1764. In agosto era gia spacciata la prima edizione senza che in Milano se ne avesse notizia, e questo era quello ch'io cercavo. Tre mesi dopo solamente il libro fu conosciuto in Milano, e dopo li applausi della Toscana e d'ltalia nessuno osa dime male. Eccovi soddisfatto. Vi abbraccio e sono.

La scelta del tema non sorprende se si pensa alia filosofia combattiva dell'Accademia dei

Pugni, ma in se era all'estremo del tollerabile e forse persino al di la: il rischio di

rappresaglie delle autorita religiose e politiche per un'opera cosi sowersiva era grande.

Se l'autore fosse stato perseguitato, messo in carcere e forse, magari, mandato al

patibolo, tale sorte sarebbe toccata a Beccaria. L'opera fu messa all'indice dalla Chiesa

ma riscosse subito un successo inatteso.

5 Opera che Alessandro Verri voleva scrivere, come afferma il Venturi nel testo: Beccaria Cesare. Dei delitti e delle pene. A cura di Franco Venturi.Torino: Einaudi, 1965. 122. 6 Opera del Venturi citata nella nota precedente. 122. Egli spiega che il protettore dei carcerati era un' "Istituzione di antichissima origine, diffusa in Italia sin dall'epoca comunale, creata per la tutela giudiziaria degli indigenti, delle vedove e degli orfani".Apparentemente nulla di simile esisteva in Francia, stando al Commento di Voltaire. 7Opera del Venturi citata nella nota 5. 122-3.

62

L'opera fu iniziata nel marzo 1763 e terminata nel gennaio 1764.8

Tra il 1764 e il 1766 l'opera Dei delitti e delle pene ebbe varie edizioni. II suo successo

fu strepitoso. L'opera fu "avversata e esaltata", lasciando l'autore frastomato e intimidito,

incapace persino di rispondere agli attacchi della Chiesa.9 All'inizio del 1765 appariva a

Venezia un opuscolo, scritto dal monaco vallombrosano Ferdinando Facchinei, dal titolo

Note ed osservazioni sui libro intitolato "Dei delitti e delle pene".10

In esso il monaco confutava la condanna della tortura e Pabolizione della pena di morte,

spiegandone l'indispensabilita. Egli sosteneva che, in assenza di questi due strumenti, il

numero dei crimini sarebbe aumentato a dismisura. II monaco defmisce l'autore un

sedizioso, qualificandolo di "Rousseau degli Italiani". Egli afferma che il suo libro si

appoggia su tesi false e assurde, irrispettose della fede e corruttrici dell'ordine stabilito:

Quasi tutto quello che avanza il nostro autore in questo suo libro non e appoggiato che su i due falsi ed assurdi principii che tutti gli uomini nascano liberi e siano naturalmente uguali e che le leggi non sono, ne devono esser altro che parti liberi di tali uomini, fatti nell'atto che per motivo di metter la propria vita in maggior sicurezza si uniscono in societa.

Agli argomenti del Facchinei, risposero i fratelli Verri (soprattutto Pietro), perche

Beccaria sembrava incapace di farlo, forse paralizzato dalla paura o a causa della sua

indole pigra. 12 Essi contrattaccarono punto per punto le accuse mostrandone l'assurdita.

La Risposta al Facchinei era divisa in due parti: una che respingeva le accuse di empieta,

8 Beccaria Cesare. Edizione nazionale delle opere di Cesare Beccaria. Diretta da Luigi Firpo. Volume I. A cura di Gianni Francioni. 222. 9 Beccaria Cesare. Opere. A cura di Sergio Romagnoli. Firenze: Sansoni, 1958. XXII. 10 Una serie di passaggi del testo di Facchinei si trova in: Beccaria, Cesare. Dei delitti e delle pene. A cura di Franco Venturi. Torino: Einaudi, 1965. 164 e ss. 11 Si veda il testo citato nella nota precedente: 173. 12 Si veda la nota a pagina 21 deH'Edizione nazionale delle opere di Cesare Beccaria. Diretta da Luigi Firpo. Volume I. A cura di Gianni Francioni. Milano: Mediobanca, 1984.

63

l'altra confutava quella di sedizione. Essa fu stampata anonima a Lugano, quasi

immediatamente dopo l'apparizione delle accuse del Facchinei, e fece clamore.

Quando nel 1766 Beccaria era a Parigi, a chi gli aveva chiesto se era stato lui l'autore

della Risposta, egli avrebbe detto di si. Questo fatto raffreddd la relazione tra i Verri e

Beccaria. Gia Alessandro, che era a Parigi con quest'ultimo, non aveva apprezzato il fatto

che tutte le attenzioni e gli elogi del pubblico parigino erano solo per l'autore del Dei

delitti e delle pene.

In realta durante il viaggio gli screzi tra Alessandro Verri e Beccaria erano nati presto.

Ecco il passaggio di una lettera che Alessandro ha scritto al fratello Pietro appena arrivati

a Parigi, il 2 ottobre 1766. Si sfoga raccontando le difficolta di viaggiare con un

compagno simile:

Non si arrivava all'osteria ch'ei non chiamasse subito una sella per fare il suo servizio; e lo faceva di notte colla sua solita prodigalita. L'inesauribil natura faceva il suo effetto. La stanza era piena di cattive esalazioni. Non si poteva dolersene senza un affare di Stato. Per dar calma alia sua melanconia, bevea molto ed il vino, invece di toglierla, gliela accresceva e rendevalo ancor piu profondamente tristo. Chi era in tali circostanze che lo sollevava? Io. Chi portava tutto il peso di un lungo viaggio? Io. Chi faceva tutto? Io. Chi, anche adesso, fa tutto, regola i nostri piccoli affari? Io. Chi e destinato a sentire i (sic) sfoghi d'una lunga e monotona passione? Io. Chi riceve le attenzioni piu distinte? Lui. Chi ha tutti i vantaggi del viaggio? Lui. Chi fa piu a suo modo? Lui.13

Le lettere di Alessandro diventano sempre piu critiche verso il compagno, in un moto

crescente di antipatia. A Parigi essa esplode al punto da diventare impossibile per i due

"amici" di rimanere insieme: Beccaria vuole ritomare a Milano e Alessandro si prepara

ad andare a Londra. In questo contesto e difficile credere alle accuse che verranno

formulate in seguito da Alessandro, secondo le quali l'autore di Dei delitti e delle pene

13 Viaggio a Parigi e Londra (1766-1767). Carteggio di Pietro e Alessandro Verri. A cura di Gianmarco Gaspari. Milano: Adelphi, 1980. 54.

64

avrebbe affermato di essere anche quello della Risposta. Nella raccolta di lettere fatta dal

Gaspari (si veda la nota n.13) non vi e traccia di questo episodio nelle lunghissime lettere

scritte da Parigi al fratello Pietro, mentre molti altri motivi di screzio sono citati: che

Beccaria e uno spendaccione; che tutti non hanno interesse che per lui; che nella camera

d'albergo, che i due condividono, non c'e modo di avere pace perche tutti vogliono

incontrare l'amico, mentre lui vorrebbe un po' di calma per studiare l'inglese; che e

noioso perche non fa che parlare della moglie lontana, ecc.

Pietro, amareggiato, scriveva al fratello il 16 ottobre, in risposta alle lettere in cui

Alessandro faceva il resoconto degli avvenimenti e dell'entusiastica accoglienza ricevuta

a Parigi da Beccaria:

L'Europa ha dichiarato ch'egli e piu grande di me: il mio cuore dichiara tutto il contrario.14

"II fatto e che i Verri si sentivano defraudati di quel successo."15

Pietro afferma nella stessa lettera che avrebbe voluto che Beccaria a Parigi lo citasse

come sua guida spirituale. Lui, Pietro, se fosse andato a Parigi al posto di Beccaria,

avrebbe certamente parlato molto dell'amico, lodandone le virtu e il talento. Stando alia

testimonianza di Alessandro, Beccaria era un egoista, frastomato dalle lodi e dalla fama

tributatagli, incapace di dare agli ospiti parigini la giusta misura del valore dei suoi amici.

Le prime edizioni italiane

La prima edizione dell'opera fu pubblicata a Livomo, nella stamperia Coltellini, e vide

la luce nel luglio del 1764. II tipografo era Giuseppe Aubert. Essa era anonima, come

14 Si veda il volume della nota 13. 134. 15 Montanelli, Indro e Gervaso, Roberto. L'Italia del Settecento. Milano: Rizzoli, 1970. 460.

65

Cesare Beccaria aveva preteso. Era composta di 104 pagine, suddivise in una

introduzione e 41 capitoli. Portava come indicazione editoriale solo l'anno: MDCCLXIV.

Sulla pagina di frontespizio appariva l'epigrafe seguente in latino:

In rebus quibuscumque difficilioribus non expectandum, ut quis simul, et serat, et metat, sed praeparatione opus est, ut per gradus maturescant. 6

La stamperia Coltellini era stata acquistata nel 1762 dall'abate Marco Coltellini. Nato a

Livomo nel 1719, Coltellini era "arcade e commediografo di qualche rinomanza, poeta

cesareo a Vienna e imperiale a Pietroburgo, noto per alcuni fortunati drammi, per le

disavventure subite per le intemperanze della sua vena satirica e per essere stato padre di

1 7

una Celeste (1764-1829) che fu pittrice delicata e celeberrima cantante".

Una seconda edizione, pirata questa, stampata a Firenze, portava la falsa indicazione "In

Monaco, MDCCLXIV".

Una terza edizione, riveduta e ampliata con quattro paragrafi e dodici brani nuovi, usci

nel marzo del 1765 dalla stamperia Coltellini, sempre con l'Aubert come tipografo.

In questa edizione all'introduzione facevano seguito 45 capitoli. 19

Ma gia nel giugno dello stesso anno anche questa edizione si stava esaurendo e l'Aubert

proponeva a Beccaria di scrivere le eventuali modifiche e aggiunte in vista di una nuova

ristampa, riveduta e ampliata.

16 La frase e tratta dal testo di Francis Bacon: Sermones fideles, ethici, politici, oeconomici, sive interiora rerum. Saggio XLV: "De officio iudicis". Bacon ( Lontra 1561 - ivi 1626), filosofo, scrisse quest'opera tra il 1597 e il 1625. II Venturi ne da la traduzione in inglese, estratta da Essays, la traduzione dell'opera (senza darne l'edizione): "In all negociations of difficulty, a man may not look to sow and reap at once; but must prepare business, and so ripen it by degrees". 17 Beccaria, Cesare. Edizione nazionale delle opere di Cesare Beccaria. Diretta da Luigi Firpo. Volume I. A curadi Gianni Francioni. Milano: Mediobanca, 1984. 389. 18 Si veda il testo della nota 17. 291. 19 Si veda il testo della nota 17. 291.

66

Beccaria aggiunse due nuovi capitoli, portandone il totale a 47. In quella che verra

chiamata la quinta edizione appare l'avvertenza "A chi legge". Questa sara l'ultima

stampa vigilata dall'autore.

Dopo la sua prima pubblicazione le edizioni si succedono quindi numerose e non facili da

classificare a causa delle edizioni "pirata".

Eccone qui un quadro riassuntivo20:

• Dei delitti e delle pene. 1764.

• "Dei delitti e delle pene. Edizione seconda, rivista e corretta" (in realta senza

revisione del Beccaria. Si tratta di un'edizione "pirata"). "In Monaco, 1764" (in

realta Pisa o Livorno). Questa edizione ha avuto una ristampa.

• "Dei delitti e delle pene. Edizione terza, rivista, corretta e ampliata e notabilmente

accresciuta dall'autore. Colle risposte dello stesso (in realta dei fratelli Verri,

n.d.r.) alle note e osservazioni (quelle del Facchinei, n.d.r.) pubblicate in Venezia

contro quest'Opera. Si aggiunge il giudizio di un celebre professore (cioe un

breve saggio di sole tre pagine, di Giovan Gualberto De Soria, n.d.r.). In

Lausanna, 1765". Questa edizione ha avuto una ristampa con qualche variante

nella pagina di frontespizio. II nome della citta di Losanna e scritto "Lausanna".

• "Cesare Beccaria Bonesana Patrizio Milanese - Dei delitti e delle pene. Opera di

nuovo corretta ed accresciuta. Edizione quinta. Lausanna, 1766".

Questa edizione, tra le prime, e la sola che porta il nome dell'autore. L'opera

aveva appena ricevuto una medaglia d'oro da un'associazione svizzera, la

Patriotische Gesellschaft di Bema, che onorava gli esponenti delle nuove correnti

20 Si veda il testo della nota 17, 539 e ss. 67

di pensiero. Beccaria si era sentito incoraggiato a uscire dall'anonimato e aveva

consentito questa volta a mettere il suo nome sull'edizione.

• "Dei delitti e delle pene. Di nuovo corretta ed accresciuta. Edizione quinta.

Harlem, 1766".

Questa edizione e identica alia precedente, salvo che e anonima. In effetti, l'opera

era stata messa all'indice dalla Chiesa il 3 febbraio 1766 e l'autore ora ha paura

delle conseguenze. Alcune copie dell'edizione di "Lausanna" erano gia state

distribuite. L'Aubert allora stampd precipitosamente un nuovo frontespizio, senza

il nome dell'autore, e lo invid a chi aveva gia una copia dell'edizione di

"Lausanna", pregando calorosamente di sostituire la vecchia prima pagina con la

nuova. Sulle copie ancora in stamperia, la stragrande maggioranza, l'Aubert fece

sostituire la vecchia copertina con la nuova anonima. Questa edizione ebbe due

ristampe.)

Dopo varie altre edizioni, tutte anonime, apparve nel 1769, a "Lausanna", un'edizione

dell'opera, sempre anonima come le precedenti, "ma coll'aggiunta del Commentario alia

71

detta opera del Signor Di Voltaire, tradotto da celebre autore.

Nel 1770 appare la prima edizione napoletana, uscita dalla stamperia di Giovanni

Gravier, col nome dell'autore. Si tratta di tre parti. Non vi e solo l'opera Dei delitti e delle

pene. Vi si trova la critica del Facchinei, la risposta (dei fratelli Verri, ma sembra che

questi non siano nominati perche il testo riproduce l'edizione anonima del 1765), il

21 Si veda il testo della nota 17. 572. 68

Commentario sopra il libro de' delitti e delle pene del signor di Voltaire, poi degli articoli

apparsi su II Caffe. Non sembra che Beccaria avesse partecipato a questa edizione.2

Nel 1774 esce l'edizione stampata da Giovan Tommaso Masi, nuovo titolare della

stamperia Coltellini. In essa si trova l'opera "Dei delitti e delle pene. Edizione rivista,

corretta e disposta secondo l'ordine della traduzione francese approvato dall'autore

coll'aggiunta del commentario alia detta opera di Mr. De Voltaire, tradotto da celebre

autore. Londra 1774, presso la Societa dei Filosofi".23 In questa edizione l'opera appare

in 42 capitoli, preceduti dall'introduzione, secondo 1'adattamento che il Morellet aveva

proposto a Beccaria (e che questi aveva accolto) per la prima edizione parigina del 1766.

Nel 1807 a cura di Giulio Beccaria, figlio di Cesare, appare ancora l'opera in 42 capitoli

cioe coi cambiamenti suggeriti dal Morellet all'autore. In essa si trova il sommario delle

edizioni precedenti: 25 italiane (sino al 1801); 13 francesi (fino al 1782), quattro

tedesche, una olandese, due inglesi, una spagnola, una russa e una greca.

Nel 1808 una nuova edizione italiana ritoma all'opera originariamente formata da una

introduzione e di 47 capitoli, com'era prima del Morellet.

Inizio del successo dell'opera in Francia

La notizia del successo dell'opera in Italia attraverso ben presto le Alpi.

II 13 febbraio del 1765 usci sulla Gazette litteraire de 1'Europe una prima recensione del

Dei delitti e delle pene, un po' scettica, a dire la verita. Alcuni mesi dopo, il primo

22 Si veda il testo della nota 17. 576. 23 Si veda il testo della nota 17. 580. 24 Si veda il testo della nota 17. 625. 25 Si veda il testo: Beccaria, Cesare. Dei delitti e delle pene. A cura di Franco Venturi. Torino: Einaudi, 1965.310-1.

69

agosto dello stesso anno, usci una seconda recensione, questa volta molto piu positiva.26

Essa suggeriva di tradurre l'opera in francese.

Una copia fu inviata al grande matematico e enciclopedista Jean D'Alembert (1717-

1783) da Paolo Frisi, un membro dell'Accademia dei Pugni.

Da Parigi, 1'abate Andre Morellet (1727-1819), intuendone i "molti aspetti di novita e di

mondana curiosita", propose all'autore di fame la traduzione in francese.27

Morellet non solo la tradusse in francese, ma suggeri a Beccaria di modificare il formato

riducendo soprattutto il numero dei capitoli da 47 a 42 perche alcuni di essi erano troppo

corti.

Aggiunse inoltre nella prima edizione francese una sua prefazione. In essa, il Morellet

spiega le modifiche al testo originale apportate con l'accordo dell'autore. Avverte inoltre

il lettore che a Berna, in Svizzera, si e costituita un'associazione che porta il nome di

Societe des Citoyens. Essa ha fatto un grande elogio dell'opera di quest'anonimo italiano

e ha offerto all'autore una medaglia d'oro, come ringraziamento per il bene arrecato al

progresso dell'umanita.

L'opera usci alia fine del 1766.

Melchior Grimm (un grande critico che contribui grandemente alia diffusione europea

della cultura francese del XVIII secolo) fece l'elogio dell'opera ma critico il traduttore

per il pressappochismo con cui la traduzione era stata fatta e anche per la presunzione

26 Si veda il testo della nota 25. 311-2. 27 Si veda il testo della nota 25. 311-2. 28 Si veda il testo completo di questa prefazione nel volume della nota 25, p. 329-38. Essa appariva nell'edizione francese, alia fine del 1766, dell'opera. II titolo era: "Traite des delits et des peines, traduit de l'italien d'apres la troisieme 6dition, revue, corrige et augmentee par l'auteur. Avec des additions de l'auteur qui n'ont pas ancore paru en Italien". L'indicazione di questa edizione e "in Lausanne", ma in realta e Parigi.

70

dimostrata da Morellet nel voler riordinare le idee dell'autore, gesto a suo avviso inutile

che aveva come scopo solo quello di aver voluto rendersi indispensabile all'autore.2

Chi era Morellet? Andre Morellet di religioso non aveva che il titolo di abate ("abbe").

Era un economista, un filosofo, un lessicografo. Frequentava i "philosophes" e gli

intellettuali, quali Diderot, Turgot, Malesherbes, Helvetius, Franklin, Lomenie de

Brienne, lord Shelburne, la coterie d'Holbach, e il salotto di Mme Geoffrin. Aveva

collaborato alia stesura dell' "Encyclopedic". Era il portavoce delle idee fisiocratiche, che

in quel tempo erano difese da Anne-Robert-Jacques Turgot, amministratore sotto Luigi

XV e controllore generale delle finanze di Francia (1774-76) sotto Luigi XVI.

Nel 1785 fu eletto all'Academie francaise e riusci a preservarne gli archivi durante la

rivoluzione. Scrisse varie opere di cui la piu significativa, pubblicata nel 1821, ma scritta

all'incircatra il 1796 e il 1808, fu Memories sur le XVIHe siecle et la Revolution.30

Negli anni precedenti la traduzione di Dei delitti e delle pene, Morellet aveva avuto un

lungo e, a quell'epoca, celeberrimo dibattito con Ferdinando Galiani, segretario

dell'ambasciatore napoletano a Parigi tra il 1759 e il 1769, autore tra l'altro, del famoso

Della Moneta.31

29 Quest'articolo scritto da Melchior Grimm nella Correspondance litteraire e riportato dal Venturi nel volume citato alia nota 25, a pagina 338. Nell'articolo e indicato l'anno 1765, ma lanno di pubblicazione non pud essere altro che il 1766. 30 Per una versione ancora incompleta (quattro capitoli su 28) di quest'opera su Internet si veda il sito http://www.cl8.org/pr/morellet/index.html a cui collaborano varie universita degli Stati Uniti. "C18" indica il XVIII secolo. Per la biografia di Morellet si veda lo stesso sito e l'Enciclopedia Britannica. 31 E un trattato in cui alcuni principi sono la base delle moderne teorie economiche. In quell'opera Galiani difendeva la dottrina nata nel XVII detta mercantilismo, secondo la quale la ricchezza di un paese e basata sulla quantita d'oro che esso possiede e sulla produzione manifatturiera, in opposizione alia fisiocrazia, di cui tra gli altri erano sostenitori Morellet e Turgot. I fisiocratici sostenevano che la ricchezza di un paese e basata sull'agricoltura e la terra.

71

II Commento di Voltaire all'opera Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria

La ragione del successo dell'opera del Beccaria, come Sergio Romagnoli sottolinea nel

suo capitolo dedicato a quest'opera, stava nel fatto che essa appariva "come un testo da

utilizzare oltre che da meditare, come un'opera adattabile subito, senza por tempo in

mezzo, a fini pratici, cioe politici, al di la della improbabile suscettibilita del pressoche

ignoto ed inesperto giovane autore".32

II primo esemplare di Dei delitti e delle pene ricevuto da Voltaire fu quello che il nobile

scozzese James MacDonald gli reed nell'ottobre del 1765 quando andd a trovarlo al suo

ritiro di Femey, in Francia.33 La copia veniva dall'edizione abusiva datata Monaco 1764.

Questa copia esiste tuttora e si trova alia biblioteca Saltykov Sedrin di Leningrado.

James McDonald, allora ventitreenne, possedeva gia una straordinaria cultura e viaggiava

molto. Era stato in Francia nel 1762 e poi vi era ritomato nel 1764. Frequentava il salotto

di Madame Du Deffand e conosceva la cerchia dei philosophes da cui era apprezzato per

la sua vastissima cultura (parlava anche italiano) e la sua amabile natura.

Fu ricevuto da Voltaire grazie a una lettera di presentazione di Madame Du Deffand.

Recatosi in Italia, a Milano, non riusci a incontrare l'autore di Dei delitti e delle pene,

come avrebbe voluto. Cesare Beccaria, infatti, al contrario di Voltaire - che si definiva un

"albergatore" tanto grande era il numero di visitatori che riceveva costantemente nella

sua dimora - era schivo, timido, annoiato da queste visite di ammiratori e cercava di

evitarle.

32 Romagnoli Sergio. Letteratura italiana: le opere. Volume II. Torino: Einaudi, 1993. 1123. 33 Per un'ampia descrizione di questo fatto si veda il testo della nota 17. 478 e ss.

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Che questa fosse la prima volta che Voltaire aveva tra le mani l'opera, lo prova la lettera

che egli scrisse a Etienne-Noel Damilaville (1721-1768), il 16 ottobre de 1765, in cui

diceva: "Comincio oggi a leggere il libro italiano Dei delitti e delle pene. A uno sguardo

d'insieme mi sembra filosofico; l'autore e un confratello." 34

II termine confratello ("l'auteur est un frere") sembra curioso, quasi intenda significare

che Beccaria fosse membro di una societa particolare di cui anche Voltaire faceva parte.

In realta era proprio cosi. I "philosophes" erano visti come gente pericolosa per le loro

idee sovversive; ma il Damilaville, nella sua qualita di "premier commis", poteva far

entrare in Parigi gli scritti dei "philosophes" di cui era un ammiratore. "

Questo spirito da confraternita minacciata e rivelatore del clima di censura e sovente di

vera persecuzione in cui vivevano i "philosophes" e gli enciclopedisti.

Quanto fosse pericoloso urtarsi al potere religioso e politico lo provano due clamorose

vicende giudiziarie dell'epoca, che Voltaire aveva denunciato per la loro crudele

assurdita, scrivendo articoli e libelli: il caso di Jean Calas e quello del Chevalier De La

Barre. In entrambi, la giustizia era stata usata come strumento d'intolleranza politica e di

persecuzione religiosa.

II primo caso era avvenuto a Tolosa. Si trattava del mercante ugonotto Jean Calas. Nel

1762, in seguito al suicidio di suo figlio, il padre fu accusato dalle autorita religiose di

averlo ucciso per impedirgli di convertirsi al cattolicesimo. Benche fosse innocente,

l'uomo fu messo a morte con l'atroce supplizio della ruota.

34 Questa traduzione italiana del passaggio di Voltaire e tratta daH'Edizione nazionale delle opere di Cesare Beccaria (si veda la nota 17. 480). 35 Si veda il testo della nota 17. 480. Si veda inoltre il dipartimento di scienze umane dell'Universita di Chicago, nel presentare il carteggio delle lettere di Voltaire, da il seguente profilo di Damilaville: "Damilaville was Voltaire's Paris correspondent and factotum in general, and was constantly employed in transmitting books and news to Ferney." (http://humanities.uchicago.edU/homes/VSA/letters/3.1.1765.html).

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Nell'agosto del 1765 ad Abbeville (alia foce del fiume Somme, in Piccardia), un

crocefisso istallato su un ponte e danneggiato da ignoti. Furono accusati di sacrilegio

cinque giovani di nobile famiglia, che gia erano sotto inchiesta perche, secondo le accuse

di un testimone, non si erano tolti il cappello al passaggio di una processione. Inoltre due

di questi giovani erano stati accusati di aver cantato delle canzoni libertine.

II 28 febbraio del 1766, questi ultimi due furono condannati al taglio della mano destra,

della lingua e quindi al rogo. Uno riusci a scappare. L'altro, Jean-Francois Lefevre de La

Barre, fece appello e fu trasferito a Parigi per un secondo processo. La sentenza fu

confermata. II giovane fu riportato ad Abbeville dove la sentenza (stritolamento delle

ginocchia tra due tavole, decapitazione e rogo) fu eseguita il primo luglio del 1766. Sui

rogo fu anche bruciata una copia del libro Dictionnaire philosophique trovato nella sua

stanza (quest'opera di Voltaire, uscita nel 1764, rappresenta il vademecum del suo

pensiero).

Colpito da queste vicende, la lettura di Dei delitti e delle pene stimold in Voltaire il

bisogno di denunciare l'operato della giustizia in Francia. II libro di Beccaria ne era il

pretesto. Nacque cosi il Commentaire sur le livre des delits et des peines par un avocat de

province.37 II contenuto del Commentario volterriano e proprio questo: il racconto di una

serie di casi giudiziari, accaduti soprattutto in Francia, e la messa in evidenza della loro

assurdita, sia sui piano della logica della giustizia, sia su quello della procedura

36 La quinta edizione (Condorcet et Decroix, 1765) del Dictionaire philosophique di Voltaire e disponibile, digitalizzata, nel sito seguente: http://www.voltaire-integral.eom/QOTable/table.htm#B. II termine "vademecum" e citato da Enciclopedia Britannica. 37 Si veda il testo originale del Commentaire nell'edizione del 1766. II volume si trova all'Institut et Musee Voltaire, Geneve, Svizzera. E disponibile, con frontespizio originale, in versione digitalizzata, nel sito delPUniversita di Ginevra: http://un2sg4.unige.ch/athena/voltaire/volt dp.html.

74

giudiziaria. Contrariamente a quello che il titolo lascerebbe intendere, il Commentaire

non contiene quindi che rari riferimenti all'opera di Beccaria.

II Commento e composto di 23 brevi capitoli, i cui titoli sono:

/, Occasion de ce commentaire II, Des supplices III, Des peines contre les heretiques IV, De Vextirpation des heresies V, Des profanations VI, Indulgence des romains sur ces objets VII, Du crime de la predication, et d'Antoine VIII, Histoire de Simon Morin IX, Des sorciers X, De la peine de mort XI, De Vexecution des arrets XII, De la question XIII, De quelques tribunaux de sang XIV, De la difference des lois politiques et des lois naturelles XV, Du crime de haute trahison. De Titus Oates, et de la mort d'Auguste de Thou XVI, De la revelation par la confession XVII, De lafausse monnaie XVIII, Du vol domestique XIX, Du suicide XX, D'une espece de mutilation XXI, De la confiscation attachee a tous les delits dont on aparle XXII, De la procedure criminelle, et de quelques autres formes

XXIII, Idee de quelque reforme

Vi sono ovvie similitudini tra i soggetti trattati da Voltaire e quelli di Beccaria (si veda la

lista dei titoli in Dei delitti e delle pene nel capitolo precedente di questa tesi). E

interessante notare invece le differenze. Voltaire non sembra sensibile in questo contesto

al tema del diritto in un quadro rigorosamente logico come quello adottato piu tardi

daH'utilitarismo britannico. Egli si preoccupa soprattutto di denunciare le assurdita

nell'applicazione della giustizia, come, ad esempio, nel caso dei processi contro gli

eretici, i profanatori, i rei di alto tradimento, le streghe e la castrazione dei cantanti. II

75

Commento appare piu la requisitoria di un avvocato, brillante e teatrale, che cerca effetti

sicuri, usando temi a sensazione, anche se marginali. Beccaria e invece uno "scienziato

del diritto e della legislazione", animato dal desiderio di trovare una soluzione alia

legittimita del diritto a governare, frutto della societa, da cui deriva una visione della

giustizia. Vi e in Voltaire la denuncia. In Beccaria vi e la soluzione

Lo stile dei due autori e di verso: Beccaria e uno "scienziato della metafora", di cui si

serve con straordinaria abilita per dare efficacia al proprio discorso. In Voltaire e la scelta

dell'argomento, lo sfoggio culturale, lo spirito mordente che spiegano l'efficacia del

discorso.

II testo del Commento, lungo quanto la meta dell'opera di Beccaria, cita cinque volte

l'autore milanese o la sua opera.

La prima volta e, ovviamente, nel titolo:

Commentaire sur le livre des delits et des peines par un avocat de province.

Una seconda volta e nel capitolo I ("Occasion de ce commentaire"), a proposito di una

giovane che aveva partorito un figlio, illegittimo. Disperata, la donna lo aveva

abbandonato. Questi era morto. La madre era stata accusata di omicidio e condannata a

morte :

J'etais plein de la lecture du petit livre Des Delits et des Peines, qui est en morale ce que sont en medecine le peu de remedes dont nos maux pourraient etre soulages. Je me flattais que cet ouvrage adoucirait ce qui reste de barbare dans la jurisprudence de tant de nations; j'esperais quelque reforme dans le genre humain, lorsqu'on m'apprit qu'on venait de pendre, dans une province, une fille de dix-huit ans, belle et bien faite, qui avait des talents utiles, et qui etait d'une tres honnete famille.

Una terza volta e nel capitolo II ("Des suplices"). Voltaire sottolinea il fatto che la pena

attribuita dai tribunali e eccessiva:

76

L'auteur humain des Delits et des Peines n'a que trop raison de se plaindre que la punition soit trop souvent au-dessus du crime, et quelquefois pemicieuse a l'Etat, dont elle doit faire l'avantage.

Una quarta volta e nel capitolo V ("Des profanations"). L'autore sottolinea il fatto che i

tribunali processano chi offende la religione, mentre invece, come Beccaria dice, essi

dovrebbero solo preoccuparsi della violazione delle leggi umane:

Votre illustre Montesquieu a dit: "II faut honorer la Divinite, et non la venger." Pesons ces paroles: elles ne signifient pas qu'on doive abandonner le maintien de l'ordre public; elles signifient, comme le dit le judicieux auteur des Delits et des Peines, qu'il est absurde qu'un insecte croie venger l'Etre supreme. Ni un juge de village, ni un juge de ville, ne sont des Moi'se et des Josue.

Un'ultima volta e nel capitolo XII ("De la question").Voltaire non condanna totalmente il

principio della tortura. Dice solo che l'uso di essa dovrebbe essere limitato a chi

commette crimini efferati:

Reservez au moins cette cruaute (l'autore si riferisce alia tortura) pour des scelerats averes qui auront assassine un pere de famille ou le pere de la patrie; recherchez leurs complices, mais qu'une jeune personne qui aura commis quelques fautes qui ne laissent aucune trace apres elles subisse la meme torture qu'un parricide, n'est-ce pas une barbarie inutile? J'ai honte d'avoir parte sur ce sujet apres ce qu'en a dit l'auteur des Delits et des Peines. Je dois me bomer a souhaiter qu'on relise souvent l'ouvrage de cet amateur de l'humanite.

Voltaire si limita quindi a dire dell'autore che e umano, nel senso di amante dell'umanita,

e saggio. Paragona la sua opera a una medicina capace di curare i mali. Non cita mai il

nome del giovane milanese: lo nomina come "l'auteur des delits et des peines".

probabilmente per proteggere l'anonimato di un confratello filosofo.

II Commento si riassume in una serie di esempi di casi giudiziari dell'epoca e storici.

Eccone alcuni estratti:

Dal capitolo III ("Des peines contre les heretiques" ):

77

On ne sait pas bien precisement quelle etait l'heresie des chanoines que le roi Robert, fils de Hugues, et Constance sa femme, allerent faire briiler en leur presence a Orleans en 1022. Comment le saurait-on? II n'y avait alors qu'un tres petit nombre de clercs et de moines qui eussent l'usage de l'ecriture. Tout ce qui est constate, c'est que Robert et sa femme rassasierent leurs yeux de ce spectacle abominable. L'un des sectaires avait ete le confesseur de Constance; cette reine ne crut pas pouvoir mieux reparer le malheur de s'etre confessee a un heretique qu'en le voyant devorer par les flammes.

Dal capitolo V ("Des profanations"):

Louis IX, roi de France, place par ses vertus au rang des saints, fit d'abord une loi contre les blasphemateurs. II les condamnait a un supplice nouveau: on leur percait la langue avec un fer ardent. C'etait une espece de talion; le membre qui avait peche en souffrait la peine. Mais il etait fort difficile de decider ce qui est un blaspheme. II echappe dans la colere, ou dans la joie, ou dans la simple conversation, des expressions qui ne sont, a proprement parler, que des expletives, comme le sela et le vah des Hebreux; le poi et l'edepol des Latins; et comme le per deos immortales, dont on se servait a tout propos, sans faire reellement un serment par les dieux immortels.

Nel capitolo VI ("Indulgence des romains sur ces objets"):

D'un bout de l'Europe a l'autre, le sujet de la conversation des honnetes gens instruits roule souvent sur cette difference prodigieuse entre les lois romaines et tant d'usages barbares qui leur ont succede, comme les immondices d'une ville superbe qui couvrent ses mines.

Vi e in questo brano una metafora che ricorda lo stile beccariano ("comme les

immondices...").

Nel capitolo IX ("Des sorciers"):

En 1749, on briila une femme de l'eveche de Vurtzbourg, convaincue d'etre sorciere. C'est un grand phenomene dans le siecle ou nous sommes. Mais est-il possible que des peuples qui se vantaient d'etre reformes, et de fouler aux pieds les superstitions, qui pensaient enfin avoir perfectionne leur raison, aient pourtant cm aux sortileges, aient fait briiler de pauvres femmes accusees d'etre sorcieres, et cela plus de cent annees apres la pretendue reforme de leur raison? (La donna fu arrestata, processata, torturata e messa al rogo).

Ce qu'on reprochait le plus aux Turcs, c'etait de n'avoir ni sorciers ni possedes parmi eux. On regardait cette privation de possedes comme une marque infaillible de la faussete d'une religion.

78

Vi e in questo brano un modo originale di dire che la religione mussulmana era falsa : i

Turchi non avevano ne streghe ne individui posseduti dal demonio.

Nel capitolo XVIII ("Du vol domestique") ritoma un tema che sembra preoccupare

Voltaire:

Dans les pays ou un petit vol domestique est puni par la mort, ce chatiment disproportionne n'est-il pas tres dangereux a la societe? n'est-il pas une invitation meme au larcin? car s'il arrive qu'un maitre livre son serviteur a la justice pour un vol leger, et qu'on dte la vie a ce malheureux, tout le voisinage a ce maitre en horreur; on sent alors que la nature est en contradiction avec la loi, et que par consequent la loi ne vaut rien. Qu'arrive-t-il done? les maitres voles, ne voulant pas se couvrir d'opprobre, se contentent de chasser leurs domestiques, qui vont voler ailleurs, et qui s'accoutument au brigandage. La peine de mort etant la meme pour un petit larcin que pour un vol considerable, il est evident qu'ils chercheront a voler beaucoup. lis pourront meme devenir assassins quand ils croiront que c'est un moyen de n'etre pas decouverts.

Nel capitolo XX ("D'une espece de mutilation") la castrazione dei giovani per fame delle

voci bianche e un tema a sensazione di cui Voltaire si serve per denunciare la barbarie

dell'epoca, questa volta in Italia:

On trouve dans le Digeste une loi d'Adrien qui prononce peine de mort contre les medecins qui font des eunuques, soit en leur arrachant les testicules, soit en les froissant. On confisquait aussi par cette loi les biens de ceux qui se faisaient ainsi mutiler. On aurait pu punir Origene, qui se soumit a cette operation, ayant interprete rigoureusement ce passage de saint Matthieu: "II en est qui se sont chatres eux-memes pour le royaume des cieux." Aujourd'hui a Rome, l'usage est qu'on chatre les enfants pour les rendre dignes d'etre musiciens du pape de sorte que castrato et musico del papa sont devenus synonymes. II n'y a pas longtemps qu'on voyait a Naples en gros caracteres, au-dessus de la porte de certains barbiers: Qui si castrano maravigliosamente i putti.

Dalla lettura del Commento risulta evidente che Voltaire non aggiunse nulla di suo ai

concetti espressi nel Dei delitti e delle pene.

79

Si limitd invece a scrivere alcune pagine sui tema che gli stava profondamente a cuore,

quello della giustizia com'era amministrata in Francia.

In realta il suo interesse per quel tema rifletteva il timore continuo di essere vittima,

anche fisicamente, di persecuzioni. Sentiva quindi il bisogno di appoggiarsi a chiunque

potesse rafforzare la sua posizione.

II fatto di servirsi dell'opera del giovane milanese per propagandas le proprie idee e, in

se, una tacita dimostrazione dell'ammirazione di Voltaire per Beccaria. II fatto e ancor

piu clamoroso se si pensa all'immensa distanza di fama e di produzione filososofica e

letteraria che divideva il vecchio "philosophe" dal giovane, inesperto e ancora

sconosciuto autore.

Se Voltaire in qualche modo utilizzd l'occasione di Dei delitti e delle pene per denunciare

1'amministrazione della giustizia in Francia, l'opera di Cesare Beccaria ottenne, in

cambio, involontariamente, il "passaporto" per una rapidissima risonanza intemazionale.

In effetti, il Commento diede all'opera una legittimita culturale e filosofica,

un'autorevolezza che gli permise un'immediata diffusione europea.

Per decenni, ogni edizione di Dei delitti e delle pene, qualunque ne fosse la lingua e il

paese, avrebbe offerto in appendice il Commentaire di Voltaire.

80

Dei delitti e delle pene nel mondo anglosassone

La prima traduzione inglese dell'opera Dei delitti e delle pene usci a Londra nel 1769

presso l'editore Newbery. Lo stesso anno usci una seconda edizione; l'anno successivo

una terza, e poi le seguenti furono nel 1775, 1777 e 17781.

La prefazione, anonima, della prima edizione inglese, pone un problema, illustrato da

questo brano:

Son passati circa diciotto mesi dalla sua prima pubblicazione e in questo lasso di tempo se ne son fatte non meno di sei edizioni nella lingua originale, la terza delle quali fu pubblicata entro sei mesi dal momento della sua prima apparizione. E stato tradotto in francese; questa traduzione e stata anch'essa piu volte ristampata e forse nessun libro, su nessun soggetto, e stato mai accolto con maggior avidita, e stato piu generalmente letto e piu universalmente applaudito.2

II problema sta nel fatto che non e chiaro a quale edizione si riferisca il periodo di

diciotto mesi. Se si riferisce alia prima edizione italiana sappiamo che sono passati circa

70 mesi (circa cinque anni) tra la prima edizione italiana e quella inglese, e non 18. E

strano pensare che l'anonimo autore della prefazione non sapesse che la prima edizione

italiana era del 1764 e quella francese del 1766; tanto piu che nella stessa prefazione egli

cita il Commento di Voltaire e accusa Morellet di aver modificato ingiustamente l'opera

di Beccaria. A proposito di Voltaire, non mette in dubbio la paternita del suo testo

semplicemente perche in Francia, egli dice, uno scritto polemico viene generalmente

attribuito a lui. E quindi, poiche tutti dicono che lo ha scritto Voltaire, esso deve essere

suo.

1 Beccaria, Cesare. Dei delitti e delle pene. A cura di Franco Venturi. Torino: Einaudi, 1965. 545. 2 Si veda il testo della nota 1.545-6. Cito il testo tradotto da F. Venturi.

81

Quanto a Morellet, egli lo trova arrogante per aver manipolato il testo originale di

Beccaria, ma ne esagera, a mio awiso, il lavoro di revisione, un po' per far piacere al

sicuro sentimento antifrancese di molti lettori inglesi (la guerra dei sette anni tra

l'Inghilterra e la Francia era terminata nel 1763 con la sconfitta di quest'ultima, ma aveva

stremato entrambi i Paesi) e un po' per ragioni che oggi chiameremmo di "marketing",

evitare cioe che i lettori comprino l'edizione francese anziche quella inglese:

Autore ne e il marchese Beccaria, di Milano. Considerando la natura della religione e del governo sotto i quali egli vive, ovvie erano le ragioni di nascondere il proprio nome. L'opera venne letta, ad intervalli, in una societa di dotti di quella citta e venne pubblicata per loro deliberazione. Quanto alia traduzione, ho mantenuto l'ordine delf originale, con l'eccezione d'un paragrafo o due che io ho preso la liberta di restituire a quei capitoli a cui essi evidentemente appartenevano e dai quali debbono essere stati staccati per accidente. II traduttore francese e andato molto piu in la. Non ha infatti soltanto trasposto ogni capitolo, ma ogni paragrafo nell'intero libro. Ma direi che cosi facendo egli si e arrogato un diritto che non compete al traduttore e che non pud esser in alcun modo giustificato. La sua disposizione pud sembrar piu sistematica, ma indubbiamente l'autore ha diritto all'ordinamento delle proprie idee cosi come alle idee stesse. Distruggere percid questa disposizione e snaturare quanto egli voleva significare, se un significato sta in questo suo piano, cosa di cui assurdo sarebbe supporre il contrario.

L'anonimo inglese ha quindi probabilmente tradotto il testo di un'edizione italiana piu

recente rispetto alia prima del 1764 e, coscientemente o no, l'ha scambiata per la prima.

Ha sicuramente esaminato la traduzione francese, alia quale si e ispirato per operare lui

stesso qualche ritocco al testo italiano.

II traduttore non solo critica un certo modo di fare del mondo culturale francese. Egli

stima che l'Inghilterra e talmente piu avanzata rispetto al continente europeo

3 Si veda il testo della nota 1. 546. La "societa di dotti", che il brano cita, e probabilmente 1'Accademia dei Pugni.

82

nell'amministrazione della giustizia che in fondo l'opera di Beccaria non avrebbe forse

meritato di essere pubblicata in lingua inglese:

Mi si potra tuttavia obiettare che un trattato come questo e inutile in Inghilterra, dove, grazie all'eccellenza delle nostre leggi e del nostro governo, non si posson trovare esempi di crudelta o d'oppressione.

Salvo che, dice il traduttore, molto resta ancora da fare, come nei casi seguenti:

.. .l'imprigionamento per debiti, la sozzura e l'orrore delle nostre carceri, la crudelta dei carcerieri e le estorsioni dei bassi ufficiali di giustizia. E a tutte queste cose po' essere aggiunta la malinconica riflessione che il numero dei delinquenti messi a morte in Inghilterra e di gran lunga maggiore di quello d'ogni altro paese d'Europa, considerazione questa che risponde abbastanza bene ad ogni possibile obiezione.

Egli termina la prefazione citando un passo famoso di Beccaria, famoso perche lo si

ritrova anche citato da John Adams, allora avvocato (poi secondo presidente degli Stati

Uniti), durante il processo a Boston, nel 1770, in cui difendeva cinque militari inglesi che

avevano sparato su un gruppo di coloni americani:4

Dird col mio autore, che se posso aver salvato una sola vittima dalle mani della tirannia e dell'ignoranza, i suoi ringraziamenti mi consoleranno abbastanza dal disprezzo di tutta l'umanita.

II testo originale dell'autore, dal capitolo XI ("Della tranquillita pubblica") e il seguente:

Se io non avessi altro merito che quello di aver presentato il primo all'Italia con qualche maggior evidenza cid che altre nazioni hanno osato scrivere e cominciano a praticare, io mi stimerei fortunato; ma se sostenendo i diritti degli uomini e dell'invincibile verita contribuissi a strappare dagli spasimi e dalle angosce della morte qualche vittima sfortunata della tirannia o dell'ignoranza, ugualmente fatale, le benedizioni e le lagrime anche d'un solo innocente nei trasporti della gioia mi consolerebbero dal disprezzo degli uomini.

Dato che Beccaria afferma che altre nazioni, prima dell'Italia, hanno gia cominciato a

praticare delle riforme, e interessante vedere l'opinione che egli aveva dell'Inghilterra.

Zobel, Hiller. The Boston Massacre. New York: W.W. Norton & Co. Inc., 1970. 289. 83

Nel capitolo XVI ("Delia tortura"), uno dei piu lunghi dell'opera, egli vanta l'Inghilterra,

non tanto perche egli avesse una vera conoscenza delle leggi inglesi quanto per la fama:

L'esame di un reo e fatto per conoscere la verita, ma se questa verita difficilmente scuopresi all'aria, al gesto, alia fisonomia d'un uomo tranquillo, molto meno scuoprirassi in un uomo in cui le convulsioni del dolore alterano tutti i segni, per i quali dal volto della maggior parte degli uomini traspira qualche volta, loro malgrado, la verita. Ogni azione violenta confonde e fa sparire le minime differenze degli oggetti per cui si distingue talora il vero dal falso. Queste verita sono state conosciute dai romani legislatori, presso i quali non trovasi usata alcuna tortura che su i soli schiavi, ai quali era tolta ogni personality queste dall'Inghilterra, nazione in cui la gloria delle lettere, la superiorita del commercio e delle ricchezze, e percid della potenza, e gli esempi di virtu e di coraggio non ci lasciano dubitare della bonta delle leggi.

Voltaire, nel suo Commento, cita varie volte con ammirazione, e qualche critica, il

sistema di giustizia britannico. A differenza di Beccaria, che non amava viaggiare, al

punto di tagliare corto persino il suo solo viaggio (il suo soggiomo nella capitale

francese), Voltaire aveva viaggiato molto. La sua vita, lunga e tumultuosa, lo aveva visto

in esilio in Inghilterra dal maggio 1726 al dicembre 1728 (o fino all'inizio dell'anno

successivo). Aveva soggiomato tra l'altro a Bruxelles, all'Aia, a Ginevra e in Prussia.

II suo lungo soggiomo in Inghilterra gli aveva permesso di imparare 1'inglese. Egli quindi

parla dell'Inghilterra piu volte con ammirazione e con la sua abituale verve. Per molti

versi come di un punto di riferimento.

Nel capitolo II del Commento ("Des supplices") l'Inghilterra non sfugge pero alia critica

sui supplizi:

Le supplice de la roue fut introduit en Allemagne dans les temps d'anarchie, ou ceux qui s'emparaient des droits regaliens voulaient epouvanter, par l'appareil d'un tourment inou'i, quiconque oserait attenter contre eux. En Angleterre on ouvrait le ventre d'un homme atteint de haute trahison, on lui arrachait le coeur, on lui en battait les joues, et le coeur etait jete dans les flammes. Mais quel etait souvent ce crime de haute trahison? c'etait, dans les guerres civiles, d'avoir ete fidele a un roi

84

malheureux, et quelquefois de s'etre explique sur le droit douteux du vainqueur. Enfin les moeurs s'adoucirent; il est vrai qu'on a continue d'arracher le coeur, mais c'est toujours apres la mort du condamne. L'appareil est affreux, mais la mort est douce, si elle peut l'etre."

Nel capitolo IV ("De 1'extirpation des heresies") egli loda l'Inghilterra, ma anche altri

paesi, per la loro tolleranza verso gli eretici:

Voulez-vous done empecher qu'une secte ne bouleverse un Etat, usez de tolerance; imitez la sage conduite que tiennent aujourd'hui l'Allemagne, l'Angleterre, la Hollande. II n'y a d'autre parti a prendre en politique avec une secte nouvelle, que de faire mourir sans pitie les chefs et les adherents, hommes, femmes, enfants sans en excepter un seul, ou de les tolerer quand la secte est nombreuse. Le premier parti est d'un monstre, le second est d'un sage.6

E nel capitolo X ("De la peine de mort") egli sottolinea l'inutilita della pena di morte dato

il numero limitato di esecuzioni capitali (".. .un homme pendu n'est bon a rien... "):

Rarement les voleurs sont-ils punis de mort en Angleterre; on les transporte dans les colonies. II en est de meme dans les vastes Etats de la Russie; on n'a execute aucun criminel sous l'empire de l'autocratrice Elisabeth. Catherine II, qui lui a succede, avec un genie tres superieur, suit la meme maxime.7

Nel capitolo successivo ("De 1'execution des arrets") egli constata la decadenza della

Francia in fatto di giustizia:

Aucun criminel en Angleterre n'est mis a mort que le roi n'ait signe la sentence; il en est ainsi en Allemagne et dans presque tout le Nord. Tel etait autrefois l'usage de la France, tel il doit etre chez toutes les nations policees.8

Nel capitolo XII (« De la question ») ammira l'Inghilterra che ha abolito la tortura :

Que l'Angleterre seule instruise les autres peuples; mais elle n'est pas la seule: la torture est proscrite dans d'autres royaumes, et avec succes. Tout est done decide.9

5 Si veda il testo digitalizzato dell'edizione del 1766 del Commentaire di Voltaire nel sito deH'Universita di Ginevra ("http://un2sg4.unige.ch/athena/voltaire/volt dp.html). 6 Si veda la nota 5. 7 Si veda la nota 5. 8 Si veda la nota 5. 9 Si veda la nota 5.

85

Nel capitolo XV (« Du crime de haute trahison de Titus Oates, et de la mort d'Auguste de

Thous »):

Dans les crimes ordinaires, la loi d'Angleterre est favorable a l'accuse; mais dans celui de haute trahison, elle lui est contraire.10

E a questo punto Voltaire racconta come dopo le accuse di alto tradimento dell'ex-gesuita

Titus Oates al segretario del duca di York, quest'ultimo fosse condannato e giustiziato,

malgrado non vi fosse alcuna vera prova. Tuttavia, le leggi inglesi non puniscono chi, a

conoscenza di una cospirazione, non la denuncia, mentre in Francia si, con le

conseguenze che ne derivano, cioe che si pud accusare chiunque di essere stato al

corrente di qualcosa che doveva denunciare:

Les lois d'Angleterre ne regardent pas comme coupables d'une conspiration ceux qui en sont instruits et qui ne la revelent pas: elles ont suppose que le delateur est aussi infame que le conspirateur est coupable. En France, ceux qui savent une conspiration et ne la denoncent pas sont punis de mort.

Lo stesso anno in cui usciva in lingua inglese la prima edizione di Dei delitti e delle pene,

vedeva la luce l'ultimo tomo, il quarto, dell'opera monumentale di William Blackstone :

Commentaries on the Laws of England, pubblicata tra il 1765 e, appunto, il 1769.

Quest'opera e diventata nel XVIII e per buona parte del XIX secolo la pietra miliare della

giurisprudenza anglosassone.

Blackstone e noto per essere stato il primo a tenere un corso sulle leggi, a Oxford, nel

1763.

Era particolarmente interessato alia "Common Law", quell'insieme di norme che

definisce cid che e un delitto e cio che non lo e, basandosi sulle sentenze dei tribunals

10 Si veda la nota 5. 11 Si veda la nota 5.

86

Queste riflettono le consuetudini e alio stesso tempo i cambiamenti della societa. Tale

sistema, che risale al Medio Evo, contrastava con quello usato sui continente europeo,

che era invece basato su codici imposti dal sistema legislative

La "Common Law" e oggi anche chiamata "Anglo-American Law", per indicame l'area

geografica di applicazione, benche essa sia adottata anche dalla maggioranza delle

nazioni che fanno oggi parte del Commonwealth britannico. Oggi, sui continente

nordamericano, solo la Provincia del Quebec e lo Stato della Luisiana non usano la

"Common Law". Al loro posto vige il codice napoleonico, un insieme di norme

prestabilite, creato da Napoleone I all'inizio del XIX secolo. In esso egli aveva voluto

inserire i criteri nati dalla Rivoluzione francese tra cui il principio di liberta e quello della

giustizia uguale per tutti. In tal senso e probabilmente la piu duratura e utile eredita

lasciata da Napoleone Bonaparte.

Lo scopo che Blackstone si era prefisso nello scrivere la sua opera piu nota era gia insito

nelle ragioni che egli dava nel 1753 quando aveva cominciato a fare i suoi corsi a Oxford:

It is proposed to lay down a general and comprehensive Plan of the Laws of England; to deduce their History; to enforce and illustrate their leading Rules and fundamental Principles; and to compare them with the Laws of Nature and of other Nations.12

II lavoro di Blackstone ha influenzato in modo decisivo e profondo la giurisprudenza

americana, dalla nascita degli Stati Uniti fino al tardo XIX secolo, piu ancora di quella

britannica.

12 "Blackstone, Sir William." Enciclopedia Britannica. Edizione Internet, 2003. 87

L'opera e composta di quattro libri: Persons che riguarda le leggi sulla famiglia e la

societa; Things sulla proprieta privata; Private Wrongs sulle cause tra privati, sulle corti e

sulla procedura; Public Wrongs sulle leggi criminals

Dopo la Dichiarazione d'lndipendenza degli Stati Uniti, i Commentaries divennero la

fonte a cui i giuristi e i legislatori americani attinsero, e questo per oltre un secolo, per

tradurre in leggi i principi della costituzione americana.

La sua influenza e stata quindi enorme. Non vi e aspetto della vita legale di un cittadino

americano (e anche canadese, australiano e neo-zelandese se si pensa all'influenza di

Blackstone sulle leggi britanniche) che non sia infuso dello spirito di quest'opera e delle

interpretazioni che ne furono fatte.

L'opera tuttavia e oggi piu un documento storico che un manuale di uso pratico per gli

attuali legists In tal senso Dei delitti e delle pene resiste meglio al tempo. Una delle

ragioni di questa differenza nell'eredita storica dei due autori risiede nel fatto che

Blackstone non aveva un approccio scientifico nella concettualizzazione delle leggi: e

stato ripetutamente accusato di essere superficiale e di mancare di conoscenza storica.

L'opera di Blackstone quindi non era sufficiente per coloro che creavano leggi: occorreva

aggiungervi la concretezza della realta specifica e un certo spirito inventivo per adattare il

rigore intellettuale di Blackstone al contesto di un paese che, come gli Stati Uniti, si

sviluppava in modo esponenziale. In Gran Bretagna, la sua influenza non fu, come detto

precedentemente, cosi determinante come negli Stati Uniti, anche se l'opera di

Blackstone rappresentd un testo di base per generazioni di giuristi inglesi. E il piu

importante testo giuridico inglese del XVII secolo, ma non e una Bibbia come lo fu negli

Stati Uniti, dove la base giuridica del Paese era tutta da fare. Nel XIX secolo era piu noto

e stimato negli Stati Uniti che in Inghilterra.

II fascino di Blackstone, esercitato su generazioni di legisti e giuristi, e nello stile e nella

chiarezza della sua esposizione.

Nel 1920, in segno di omaggio, l'ordine degli avvocati degli Stati Uniti commissiond a

Paul Wayland Bartlett la scultura di una statua di Blackstone per donarla all'Ordine degli

awocati della Gran Bretagna. La statua si riveld troppo imponente per essere accolta

nella sede prevista a Londra. Ne fu quindi fatta una copia in formato ridotto per la Hall of

Courts di Londra. L'originale e ora situato al Federal Triangle della capitale americana.

Dei quattro tomi che compongono i celebri Commentaries on the Laws of England il

quarto (Of public wrongs), stampato nel 1769, e quello che cita Cesare Beccaria.

Per avere un'idea del campo di interessi di Blackstone in questo quarto tomo e

interessante vedere i titoli dei suoi 33 capitoli. Alcuni di essi sono anche i temi dei

capitoli del Dei delitti e delle pene; addirittura il primo ricorda il titolo dell'opera del

filosofo milanese. II capitolo 46 di Dei delitti e delle pene ("Delle grazie") e il capitolo 31

("Of reprieve and pardon") sono un altro esempio:

I : Of the Nature of Crimes And Their Punishment II: Of the Persons Capable of Committing Crimes III: Of Principals and Accessories IV: Of Offences Against God and Religion V: Of Offences Against the Law of Nations VI: Of High Treason VII: Of Felonies, Injurious to the King's Perogative VIII: Of Praemunire IX : Of Misprisions and Contempts, Affecting the King and Government X : Of Offences Against Public Justice XI: Of Offenses Against the Public Peace

89

XII: Of Offenses Against Public Trade XIII: Of Offenses Against the Public Health, and the Public Police or Economy XIV: Of Homicide XV : Of Offences Against the Persons of Individuals XVI: Of Offenses Against the Habitations of Individuals XVII: Of Offenses Against Private Property XVIII: Of the Means of Preventing Offences XIX: Of the Courts of Criminal Jurisdiction XX : Of Summary Convictions XXI: Of Arrests XXII: Of Commitment and Bail XXIII : Of the Several Modes of Prosecution XXIV : Of Process Upon an Indictment XXV : Of Arraignment, And Its Incidents XXVI: Of Plea, And Issue XXVII: Of Trial, And Conviction XXVIII: Of the Benefit of Clergy XXIX : Of Judgment, And its Consequences XXX : Of Reversal of Judgment XXXI: Of Reprieve, And Pardon XXXII: Of Execution XXXIII: Of the Rise, Progress, And Gradual Improvements, of the Laws of England !

Ma il parallelismo tra le due opere e soprattutto nello spirito che deve animare la

giustizia: il rispetto della legge e verso l'accusato.

In questo quarto tomo, Blackstone cita il marchese Beccaria tre volte.

Nel primo capitolo ("Of the nature of crimes and their punishment") egli afferma che

esistono molte leggi e pene assurde, come Montesquieu e Beccaria hanno denunciato.

Questo e vero anche in Inghilterra, malgrado il fatto che la tortura non sia ammessa per

ottenere una confessione e la sentenza venga da una giuria di cittadini.

13 La fonte dei titoli e dei brani di Of public wrongs citati in questo capitolo viene dalla prima edizione di Commerntaries on the Laws of England del 1765-9 . Essa e presentata dalla facolta di legge della Yale University, nel sito seguente: http://www.yale.edu/lawweb/avalon/blackstone/blacksto.htm.

90

Nel capitolo XVII ("Of offenses against private property") egli constata che Cesare

Beccaria, come due secoli prima Thomas More nel suo Utopia, e d'accordo nel constatare

che colore che non posseggono nulla sono piu portati a rubare rispetto a colore che

invece dispongono gia di beni. In questo caso la punizione dovrebbe essere una forma di

risarcimento grazie al lavoro che il colpevole pud fare:

But as those, who have no property themselves, are generally the most ready to attack the property of others, it has been found necessary instead of a pecuniary to substitute a corporal punishment: yet how far this corporal punishment ought to extend, is what has occasioned the doubt. Sir Thomas More, and the marquis Beccaria, at the distance of more than two centuries, have very sensibly proposed that kind of corporal punishmen, which approaches the nearest to a pecuniary satisfaction; viz. a temporary imprisonment, with an obligation to labour, first for the party robbed, and afterwards for the public, in works of the most flavish kind: in order to oblie the offender to repair, by his industry and diligence, the depredations he has committed upon private property and public order.

Nel capitolo XXV ("Of arraignment, and its incidents") Blackstone descrive la procedura

della messa in accusa quando l'imputato e in corte; della domanda se si dichiara

colpevole o innocente e come, in questo secondo caso, si avra un processo con giuria.

Egli entra in precisi dettagli, come il caso seguente. Leggendolo, sembra di vedere uno

degli innumerevoli films hollywoodiani che mostrano dei processi:

When he is brought to the bar, he is called upon by name to hold up his hand : which, though it may seem a trifling circumstance, yet is of this importance, that by the holding up of his hand constat de persona, and he owns himself to be of that name by which he is called. However it is not an indispenfable ceremony ; for, being calculated merely for the purpose of identifying the person, any other acknowlegement will answer the purpose as well : therefore, if the prisoner obstinately and contemptuously refuses to hold up his hand, but confesses he is the person named, it is fully sufficient.

Ma ecco sulla tortura, come metodo per far confessare un presunto colpevole, cid che egli

dice, citando Cesare Beccaria: 91

The rack, or question, to extort a confession from criminals, is a practice of a different nature: this being only used to compel a man to put himself upon his trial ; that being a species of trial in itself. And the trial by rack is utterly unknown to the law of England ; though once when the dukes of Exeter and Suffolk, and other ministers of Henry VI, had laid a design to introduce the civil law into this kingdom as the rule of government, for a beginning thereof they erected a rack for torture ; which was called in derision the duke of Exeter's daughter, and still remains in the tower of London : where it was occasionally used as an engine of state, not of law, more than once in the reign of queen Elizabeth. The marquis Beccaria, (ch. 16.) in an exquisite piece of raillery, has proposed this problem, with a gravity and precision that are truly mathematical : "the force of the muscles and the sensibility of the nerves of an innocent person being given, it is required to find the degree of pain, necessary to make him confess himself guilty of a given crime."

I riferimenti in questo quarto tomo dell'opera di Blackstone a Dei delitti e delle pene

sembrano in realta piu numerosi. Qua e la il testo di Beccaria riemerge, senza riferimento:

e cio che Franco Venturi nella sua opera su Dei delitti e delle pene (Einaudi, 1965, pagine

556-60) sostiene, citando un lungo brano tratto dal quarto tomo di Blackstone, di cui il

seguente e un estratto:

Pei crimini soltanto progettati e non eseguiti, come le cospirazioni e altri simili, sembra che la legge del talione (sic) possa loro applicarsi; e questo e il sentimento di molti grandi criminalists14

Vi e qui cid che il Venturi considera un riferimento esplicito a cid che Beccaria dice alia

fine del capitolo XV ("Accuse segrete"):

14 Nella sua analisi il Venturi usa una traduzione dei Commentaries di Blackstone fatta nel 1813 da Antonio Ascona, nel primo volume della Raccolta dei classici criminalisti edita da Buccinelli, Milano, 1813. Questa non era tuttavia una traduzione dall'inglese ma dal francese, di una edizione dei Commentaries fatta dall'abbe Coyer, pubblicata a Parigi nel 1776 dall'editore Knapen, sotto il titolo di Commentaires sur le Code criminel d'Angleterre. Sia l'abbe Coyer che l'Ascona hanno operato dei cambiamenti al testo per adattarlo a un lettore diverso da quello anglosassone, al punto che la divisione originale in capitoli e sparita. Tale operazione ha certamente snaturato l'originale, un po' come Morellet aveva fatto rispetto all'originale dei Delitti e delle pene. Se da una parte bisogna ringraziare il Venturi per averci dato un esempio in italiano del capolavoro di Blackstone, dall'altra parte non si pud non rimproverargli una certa mancanza di sensibilita nello scegliere di riprodurre questo testo anziche un altro filologicamente piu vicino all'originale.

92

Ogni governo, e repubblicano e monarchico, deve al calunniatore dare la pena che toccherebbe all'accusato.

Cesare Beccaria fu dunque grandemente apprezzato da Blackstone e ne influenzo l'opera,

in particolare il quarto tomo.

Sensibile all'evoluzione e all'efficienza delle leggi nella loro natura e applicazione,

Blackstone vide Beccaria sotto il solo punto di vista che lo interessava: quello di uno

specialista in leggi criminali che si ispira a un altro criminologo, stimato ed eminente.

Blackstone non era probabilmente interessato ad altro nell'opera dell'autore milanese.

Ma 1'influenza dell'autore di Dei delitti e delle pene prese un aspetto differente con

Pinglese Jeremy Bentham. Nato a Londra nel 1747, Jeremy Bentham fu un filosofo, un

economista, un teorico del diritto. E il primo esponente e assertore della filosofia

utilitaristica.

Inizialmente grande ammiratore di Blackstone, egli ne di venne poi un critico. Gli

rimproverava una certa illogicita nel contenuto dei suoi corsi (fu un suo assiduo studente)

e nei suoi testi. Soprattutto gli rimproverava una certa resistenza ad innovare. Nel 1776

pubblico A Fragment on Government, il cui sottotitolo e "An examination of whit (sic) is

delivered, on the Subject of Government in general in the Introduction to Sir. William

Blackstone's Commentaries"15 E una critica all'introduzione dell'opera di Blackstone. II

tono e gia dato dalla frase seguente di Montesquieu che egli cita immediatamente dopo il

sottotitolo:

l5Si veda il testo nel sito dell'Universita MacMaster di Hamilton: http://socserv2.socsci.mcmaster.ca/~econ/ugcm/3113/bentham/government.html. Si tratta del testo pubblicato "for T. PAYNE, at the Mews-Gate; P. EMILY, opposite Southampton-Street in the Strand; and E. Brooks, in Boll-Yard, Temple-Bar., 1776."

93

Rien ne recule plus le progres des connoissances, qu'un mauvais ouvrage d'un Auteur celebre: parce qu'avant d'instuire, il faut commencer par detromper. (Montesquieu : Esprit des Lois, L. XXX. Ch. XV)

II testo e composto di cinque capitoli preceduti da una prefazione e un'introduzione. I titoli sono:

I. Formation of Government II. Forms of Government III. British Constitution IV. Right of the Supreme Power to Make Laws V. Duty of the Supreme Power to Make Laws.

Cid che l'autore rimprovera a Blackstone e la sua antipatia verso le riforme. Si potrebbe

definire l'opinione del giovane Bentham come quella della nuova generazione desiderosa

di cambiamenti contro un certa codificazione e rigidita che traspariva dall'opera di

Blackstone, personificazione della vecchia generazione.

Bentham ama molto la matematica, che egli considera una scienza onesta, rispettosa della

verita, nuova, contrariamente a tanto argomentare, sovente a vuoto, dei pensatori,

illuministi compresi. Come Beccaria, l'idea di fondo e che l'approccio scientifico e

applicabile al modo di govemare. Esiste quindi anche per lui una "scienza legislativa".

Lo stile di Bentham e ben diverso da quello di Beccaria. Mentre quest'ultimo e misurato,

rifugge da gesti eclatanti e si esprime a bassa voce, quello di Bentham e focoso,

battagliero, ricco di espressioni e modi originali. Blackstone aveva una grande stima

delle istituzioni britanniche e questo lo portava a una certa resistenza ad innovare.

Bentham vuol mettere in ridicolo il pensiero di Blackstone con la dimostrazione

seguente:

"PROPOSITION THEOREM : The British Government is all-perfect

94

DEMONSTRATION

By definition

Again, by definition,

Also,

Also

Put

Put also

Now then, by assumption

Also

Also

Rejecting - wisdom - honesty in (7)

Also rejecting - strength - wisdom in (8)

Also rejecting - strength - wisdom in (9)

Putting together the expressions (10), (11) and (12)

But by definition (1), (2), (3), (4) and the suppositions (5), (6)

Therefore, by (13)

Changing the expression

But by definition

Therefore, by (16) and (17)

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

14

15

16

17

18

The British Government = Monarchy + Aristocracy +Democracy.

Monarchy = the Government of 1.

Democracy = the Government of all.

Aristocracy the Government of some number between 1 and all.

All =1,000,000

The number of governors in an Aristocracy = 1000

1 has + strength - wisdom - honesty

1000 has + wisdom - strength - honesty

1,000,000 has + honesty - strength -wisdom

1 has + strength

1000 has + wisdom

1,000,000 has + honesty

1 + 1000 + 1,000,000 has strength + wisdom + honesty

The British Government =1 + 1000 + 1,000,000

The British Government has + strength + wisdom + honesty

The British Government is all-powerful + all-wise + all-honest

All-powerful + all-wise + all-honest - all-perfect

The British Government is all-perfect, Q.E.D.

SCHOLIUM. After the same manner it may be proved to be all weak, all-foolish, and all-knavish."

In realta, il testo contiene due errori. II punto 11 dovrebbe essere "Also rejecting -

strength - honesty" invece di "Also rejecting - strength - wisdom". In questo modo il

16 La tavola e estratta dal capitolo III ("British constitution") del testo indicato nella nota 15. 95

ragionamento e coerente nei passaggi successivi fino al punto 15. II punto 17 "All-

powerful + all-wise + all-honest - all-perfect" dovrebbe leggersi invece "All-powerful +

all-wise + all-honest = all-perfect". In questo modo la conclusione diventa coerente con

quanto la precede.

Bentham e affascinato dal genio di Cesare Beccaria. Ecco delle citazioni che esprimono

l'ammirazione per il filosofo milanese. In questo primo brano egli ammira in Beccaria il

Davide capace di sconfiggere Golia.

TOURREIL has defended torture: torture established by the 'public judgment' of so many enlightened nations. BECCARIA ('indecent' and 'arrogant' Beccaria!) has condemned it. Of these two whose lot among men would one choose rather,the Apologist's or the Censor's? 17

Poi, alia fine del quinto e ultimo capitolo Bentham illustra con delle note vari punti del

testo Dei delitti e delle pene. La nota numero 6 si riferisce a un passaggio della

"Prefazione". Si notera in queste righe l'ammirazione incondizionata per Beccaria, che

egli pone definitivamente sopra Montesquieu nella logica della giursiprudenza.

6. One may well say rare. It is a matter of fact about which there can be no dispute. The truth of it may be seen in the multitude of Expositors which the

17 Dalla "Prefazione". Si veda il testo della nota 15. "Riguardo Jacques de Tourreil, membro de l'Academie francaise, ecco la biografia presentata dalla stessa Academie: "Ne a Toulouse, le 18 novembre 1656. Precepteur du fils de Pontchartrain, traducteur de Demosthene, il remporta le prix d'eloquence a l'Academie en 1681 et en 1683 ; il fut elu le 19 Janvier 1692 en remplacement de Michel Le Clerc et fut recu le 14 feVrier par Charpentier. Orateur, il prononca de nombreuses harangues ; c'est lui qui prdsenta au Roi, aux princes, aux ministres, a la cour, la premiere edition du Dictionnaire ; et, a cette occasion, il prononca une trentaine de discours dans la meme journee. Sur l'ordre du Roi, qui voulait ecarter la candidature de 1'abbe de Chaulieu, Tourreil annonca a l'Academie celle du president Lamoignon qui fut £lu a l'unanimite, mais qui, circonvenu, refusa cet honneur ; c'est lorsque le Roi imposa la candidature du cardinal de Rohan. Tourreil recut Ch. Boileau et le cardinal de Rohan ; il fut du parti des anciens. Mort le 11 octobre 1714." (fonte: http://www.academie-francaise.fr/immortels/index.html).

96

Jurisprudence of every nation furnished, ere it afforded a single Censor. When Beccaria came, he was received by the intelligent as an Angel from heaven would be by the faithful. He may be styled the father of Censorial Jurisprudence. Montesquieu's was a work of the mixed kind. Before Montesquieu all was unmixed barbarism. Grotius and Puffendorf were to Censorial Jurispmdence what the Schoolmen were to Natural Philosophy.

Chi siano P"Expositor" e il "Censor", Bentham lo definisce nel passaggio seguente, tratto

dalla prefazione.

There are two characters, one or other of which every man who finds any thing to say on the subject of Law, may be said to take upon him;that of the Expositor, and that of the Censor. To the province of the Expositor it belongs to explain to us what, as he supposes, the Law is: to that of the Censor, to observe to us what he thinks it ought to be. The former, therefore, is principally occupied in stating, or in enquiring after facts: the latter, in discussing reasons.

II Fragment diede a Bentham una grande fama. Si mise a scrivere un'altra opera,

probabilmente compiuta all'inizio degli anni Ottanta, il cui titolo in francese e Theorie

des peines et des recompenses. Essa non fu data alle stampe, in due volumi, che in

francese nel 1811, a cura e traduzione di Etienne Dumont, ammiratore di Bentham, che

possedeva il testo manoscritto di Bentham. L'editore fu B. Dulau, a Londra. L'opera

apparve poi in inglese divisa in due libri: The Rationale of Reward, uscita nel 1825

(tradotto ed edito a cura di Richard Smith (London: J&H Hunt, 1825) e The Rationale

of Punishment, uscita nel 1830 (tradotto ed edito a cura dello stesso Smith (R. Heward,

1830). L'opera in inglese non era pero la versione stampata del manoscritto originale in

lingua inglese di Bentham, ma una traduzione dall'edizione francese.

In quest'ultima opera, appare prima del testo un "Advertisement" in cui si riproduce,

tradotto, un commento di Dumont all'opera. L' "Advertisement" comincia cosi:

97

The following account is given by M. Dumont of his labours, with respect to the two volumes published by him at Paris in 1811, under the title of Theorie des Peines et des Recompenses. Of this work, three editions have been printed in France, and one in England.

II testo che seguiva era una introduzione al lavoro di Bentham. Due volte Dumont cita

Beccaria. La prima volta spiegando che non era intenzione di Bentham fare un'opera che

potesse aggiungere qualcosa di nuovo all'opera di Beccaria, dato che non si poteva

concepire nulla di piu compiuto e perfetto:

Beccaria has done more: he first examined the efficacy of punishments, by considering their effect upon the human heart; by calculating the force of the motives by which individuals are impelled to the commission of crimes; and of those opposite motives which the law ought to present.

Nella seconda citazione egli pone Montesquieu e Beccaria sui piedestallo dei piu originali

pensatori che siano mai esistiti:

After Montesquieu and Beccaria, we may leave in peace a whole library of books, more or less valuable, but which are not distinguished by any great character of originality

Nel 1785 Bentham effettud un lungo viaggio, attraverso l'ltalia e la Turchia, per

raggiungere suo fratello Samuel, un ingegnere nelle forze armate russe. In Russia scrisse

l'opera Defense of Usury (pubblicata nel 1787). In essa si rivelava un ammiratore

dell'opera dell'economista Adam Smith ma alio stesso tempo ne criticava alcuni aspetti.

In questo testo, Bentham introduce il concetto che ogni individuo e il miglior giudice di

cid che fa il proprio utile; che e nell'interesse della societa che non vi siano ostacoli nella

ricerca individuale del proprio utile e che quindi prestare denaro ricavandone un profitto

sotto forma di interessi e totalmente accettabile.

98

II principale lavoro di Bentham fu pero An Introduction to the Principles of Morals and

Legislation, pubblicato nel 1789. In questo testo egli sostiene che la natura umana si

esprime nella ricerca del piacere e nell'evitare cid che displace. L'impulso ad agire e

quindi quello dell'utilita. E utile cid che produce piacere, bene e felicita o serve ad evitare

errori, dolore, il male, l'infelicita. Lo scopo del legislatore e quindi quello di procurare la

piu grande felicita al piu gran numero di persone. E questo il principio dell'utilitarismo:

The principle of utility is the foundation of the present work: it will be proper therefore at the outset to give an explicit and determinate account of what is meant by it. By the principle of utility is meant that principle which approves or disapproves of every action whatsoever. According to the tendency it appears to have to augment or diminish the happiness of the party whose interest is in question: or, what is the same thing in other words to promote or to oppose that happiness. I say of every action whatsoever, and therefore not only of every

1 8

action of a private individual, but of every measure of government

La pena per chi viola la legge e in se una forma di male. Essa deve essere quindi misurata

in modo che permerta di evitare un male piu grande, al colpevole come alia societa.

Nel quarto capitolo dell'opera ("Value of a Lot of Pleasure or Pain, how to be

Measured"), l'autore definisce quali sono i parametri che aiutano a descrivere la felicita.

Da qui passa a come misurarla, arrivando persino a creare un "calcolatore della felicita"

("felicific calculus").

l8Secondo paragrafo del capitolo I ("Of the Principle of Utility"). II testo digitalizzato di tutta l'opera da cui questo passaggio e estratto si trova nel sito dell'Universita del Texas (Liberal Arts Computer Lab.) http://www.la.utexas.edu/research/poltheory/bentham/ipml/index.html II testo e quello dell'edizione Oxford del 1907, il quale e una ristampa dell'edizione del 1823, Pultima uscita con Bentham ancora in vita (mori nel 1832).

99

I parametri che servono a definire la felicita sono sette: l'intensita, la durata, la sua

probabilita ("certainity or uncertainty"), la sua vicinanza o lontananza nel tempo, il suo

carattere fecondo ("fecundity"), cioe la capacita che si ripeta; la sua purezza ("purity")

cioe la sua capacita di non generare l'opposto; la sua estensione ("extent"), cioa a quante

persone essa si estende.

Nel Capitolo V ("Pleasures and Pains, Their Kinds"), secondo e terzo paragrafo,

Bentham elenca una serie di circostanze che danno piacere e dispiacere:

II. The several simple pleasures of which human nature is susceptible, seem to be as follows: 1. The pleasures of sense. 2. The pleasures of wealth. 3. The pleasures of skill. 4. The pleasures of amity. 5. The pleasures of a good name. 6. The pleasures of power. 7. The pleasures of piety. 8. The pleasures of benevolence. 9. The pleasures of malevolence. 10. The pleasures of memory. 11. The pleasures of imagination. 12. The pleasures of expectation. 13. The pleasures dependent on association. 14. The pleasures of relief.

III. The several simple pains seem to be as follows: 1. The pains of privation. 2. The pains of the senses. 3. The pains of awkwardness. 4. The pains of enmity. 5. The pains of an ill name. 6. The pains of piety. 7. The pains of benevolence. 8. The pains of malevolence. 9. The pains of the memory. 10. The pains of the imagination. 11. The pains of expectation. 12. The pains dependent on association.

Bentham si dedicd per anni, inutilmente, a convincere i politici della necessita di una

riforma carceraria in Gran Bretagna. E uno dei pionieri di questa volonta di riforma.

Inventd un modello di prigione (il "Panopticon") che pero non riusci mai a far adottare

dai politici.

Fu tuttavia un uomo molto apprezzato non solo in patria ma anche in campo

intemazionale, al punto che nel 1792 gli fu data la cittadinanza francese. Aveva

ammiratori e amici tra le persone piu influenti e note del mondo culturale e politico, nel

continente europeo come negli Stati Uniti.

100

Critico la Rivoluzione francese, perche essa promuoveva dei diritti che non potevano

trasformarsi in leggi e quindi non erano realistici.

La sua aspirazione piu grande era di poter creare un codice di leggi universali, dato che

dovunque l'uomo e lo stesso e Parte di governare deve mirare sempre alio stesso scopo:

dare il massimo di felicita al maggior numero di persone. Gli fu naturalmente

rimproverato d'avere delle teorie un po' troppo semplicistiche, perche esse non tenevano

conto del fatto che culture diverse possono implicare codici di leggi diverse.

Bentham e soprattutto un filosofo della legge, che ha influenzato le legislazioni di vari

paesi, tra cui molto quella degli Stati Uniti.

E molto interessante notare a questo punto che Bentham giudica Beccaria uno dei piu

grandi geni dell'umanita. Lo si scopre in alcuni passaggi di lettere che egli ha scritto

riferendosi a Cesare Beccaria. E un'ammirazione incondizionata verso chi e il padre

spirituale e l'ispiratore della sua filosofia utilitaristica.

Oh maestro mio, primo evangelista della ragione, tu che hai elevato la tua Italia tanto al disopra dell'Inghilterra e, aggiungerei, della Francia se Helvetius, pur senza scrivere sulle leggi, non ti avesse porto il suo aiuto, non ti avesse fomito le tue idee fondamentali, tu che ragionavi portando la ragione nelle leggi quando in Francia non se ne parlava che per gergo - il quale gergo tuttavia, a confronto con quello inglese, era la ragione stessa, tu che hai fatto delle escursioni tanto frequenti e fnittuose lungo il sentiero dell'utilita, che cosa ci hai lasciato da fare? Di non abbandonarlo mai.1

In quest'altro passaggio Bentham riconosce in Beccaria due principi: quello

dell'utilitarismo e quello dell'uso del rigore matematico nella morale:

19 Beccaria, Cesare. Dei delitti e delle pene. A cura di Franco Venturi. Torino: Einaudi, 1965. Pagina 562. Questo brano, dice il Venturi, viene da un frammento, senza data, pubblicato da Elie Halevy nel volume I ("Lajeunesse de Bentham") dell'opera La formulation du radicalisme philosophique, Parigi: 1901. 30.

101

Fu dal piccolo libro di Beccaria Dei delitti e delle pene ch'io trassi, come ben ricordo, il primo accenno al principio dell'utilita, attraverso il quale la precisione, la chiarezza e l'incontestabilita del calcolo matematico vennero introdotte per la prima volta nel campo della morale - un campo di cui esso, per sua stessa natura, e applicabile con proprieta non meno incontestabile che nella fisica, compresa la parte piu elevata di quest'ultima, il campo cioe delle matematiche.20

In quest'ultimo brano, Bentham spiega come l'idea della possibilita di valutare e

misurare la felicita gli venga da Beccaria:

L'idea di considerare la felicita risolvibile in un certo numero di piaceri individuali la tolsi da Helvetius, prima del quale non si pud dire che quest'idea avesse un reale significato. L'idea di misurare il valore di ogni sensazione analizzandola entro quattro elementi [intensita, durata, prossimita, certezza] la presi da Beccaria ... Considerando che la pena non e che dolore applicato ad un determinato scopo, che il valore del piacere e suscettibile anch'esso di una simile analisi e che i dolori e i piaceri, cosi come le azioni in quanto tendano a produrre o ad impedire gli uni e gli altri, sono gli unici oggetti della morale e della politica, ed i soli che abbiano un significato e uno scopo in queste scienze, mi parve che in una tale analisi stesse precisamente il fondamento d'un completo sistema di scienza morale.

E evidente da questi brani che Beccaria non si interessa solo di pene e di leggi. Esse non

sono che la logica conseguenza di un principio utilitaristico. Dice Beccaria

nell'Introduzione di Dei delitti e delle pene :

Apriamo le istorie e vedremo che le leggi, che pur sono o dovrebbon esser patti di uomini liberi, non sono state per lo piu che lo stromento delle passioni di alcuni pochi, o nate da una fortuita e passeggiera necessita; non gia dettate da un freddo esaminatore della natura umana, che in un sol punto concentrasse le azioni di una moltitudine di uomini, e le considerasse in questo punto di vista: la massima felicita divisa nel maggior numero.

20 Si veda il testo della nota precedente. 563. II Venturi ha tratto questo brano dall'opera The works of Jeremy Bentham. pubblicato da John Bowling, Edimburgo, 1843. Tomo III, 286 (si veda la nota esplicativa a p. 562 dello stesso Venturi). 21 Si veda il testo della nota 19. 563. II Venturi ha tratto questo brano (in realta piu esteso nel libro del Venturi) dall'opera Jeremy Bentham. An Odyssey of Ideas. "1748-1782". Pubblicato da Mary P. Mack a Londra, 1962. 107. (Si veda la nota esplicativa a p. 562 del Venturi.)

102

Brano che si pud definire, come Bentham afferma, la base del pensiero utilitaristico. Non

dimentichiamo che Beccaria ha citato la parola "felicita" 21 volte e solo 20 volte la

parola "giustizia". La sua preoccupazione, come quella poi di Bentham, era di dimostrare

che lo scopo di govemare non e altro che quello di rendere felici al massimo grado il piu

gran numero di cittadini.22

L'opera di Beccaria ha influenzato Bentham nella sua concezione deH'utilitarismo come

principio del governo di uno stato. Ha avuto un'analoga influenza sui piano di una

codificazione delle leggi, basata sui principio della pena minima e di una nuova

procedura della giustizia.

Samuel Romilly (Londra 1757 - ivi 1818) ebbe piu successo di Bentham nel riuscire a

riformare il sistema penale britannico. Discendente da una famiglia ugonotta emigrata in

Inghilterra, avvocato, era divenuto "Solicitor general". Nel 1806 entrd alia Camera dei

Comuni e si batte per mitigare le pene che egli riteneva ingiustamente troppo severe. Per

esempio esisteva in Inghilterra a quell'epoca la condanna a morte per il soldato o il

marinaio che chiedeva l'elemosina.

Influenzato dalla filosofia di Jean Jacques Rousseau, egli sostenne in un primo tempo la

Rivoluzione francese per poi, come tanti altri, criticarla per i suoi eccessi. II suo

programma di riforma penale si basava sulla filosofia utilitaristica di Bentham e

sull'opera di Cesare Beccaria. Si suicidd in seguito alia morte di sua moglie.

22 La felicita e un termine generico che prende una dozzina di forme, come Bentham descrive in modo esauriente nel brano citato precedentemente.

103

Nei suoi Memoirs, apparsi nel 1840, si trovano riferimenti all'autore milanese. Nel primo

discorso che fece alia Camera dei Comuni nel 1808 per promuovere la riforma penale

egli disse a proposito di Beccaria:

Eppure, l'impressione che i suoi scritti hanno fatto in questo paese e risultata fino ad oggi senza efficacia. Non ha prodotto infatti una singola modificazione nella nostra legge penale, mentre in altri stati d'Europa varie trasformazioni sono avvenute.

La sua conoscenza di Beccaria e di Machiavelli, in lingua italiana, la deve all'inazione a

cui fu costretto dalla malattia che lo colpi nel 1780. Inizialmente la sua approvazione di

Beccaria non era incondizionata. Era in Svizzera quando nel 1782 scrisse la lettera a suo

cognato Garbett, di cui questo e un frammento:

...Ho letto ora, per la seconda volta, Beccaria, Dei delitti e delle pene, un libro, come so, da voi preferito, e credo a ragione. Ma non ragiona l'autore troppo spesso sui modello della sua tanto amata matematica? Non sono le sue osservazioni talvolta troppo sottili? E che cosa pensate del principio sui quale tanto si appoggia, che i delitti debbono essere misurati per il danno che portano alio stato, senza riguardo alia malignita del volere?

Nel 1783, in un'altra lettera, questa al suo amico John Roget, egli condannava il fatto che

Beccaria era contro la pena di morte. Per Romilly essa non era peggiore di una

detenzione a vita o del lavoro forzato. Pero, con gli anni, la sua ammirazione per

Bentham e l'utilitarismo lo convinsero a spingere una riforma del codice penale inglese

secondo i principi di questi autori.

23 Si veda il testo della nota 19. 360-1. II Venturi trae questo brano del discorso di Romilly dal Memoirs of the Life of Sir Samuel Romilly written by himself. Londra 1840. Volume I. 277 e ss.

104

II pensiero di Beccaria fu conosciuto nel Nuovo Mondo, prima ancora che gli Stati Uniti

si formassero. John Adams gia citava un passaggio di Dei delitti e delle pene al processo

del 1770 che si teneva a Boston, in cui difendeva cinque soldati inglesi che avevano

sparato a dei coloni americani (il cosiddetto "Massacre di Boston").

Thomas Jefferson nella sua autobiografia citava Beccaria nel passaggio seguente:

Beccaria and other writers on crimes and punishments had satisfied the reasonable world of the unrightfulness and inefficacy of the punishment of crimes by death; and hard labor on roads, canals and other public works, had been suggested as a proper substitute.24

I padri fondatori degli Stati Uniti seppero brillantemente adottare il principio del contratto

sociale basato sulFutilitarismo di Bentham, ispirato a sua volta dai principi cosi

brillantemente formulati da Cesare Beccaria. Ancora oggi questi principi potrebbero

essere il miglior modello da seguire per governare quel future villaggio globale che si

chiama pianeta Terra.

Si veda il testo dell'autobiografia di Thomas Jefferson nel sito della Law School della Yale University: www.yale.edu/lawweb/avalon/jeffauto.htm.

105

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