genesi ed uso della lorica Manica

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Uso e funzionalità della lorica manica. Per uno studio diacronico da fonti. Di: Massimiliano Visalberghi Wieselberger Abstract: Viene qui di seguito presentata una diacronica esposizione di fonti e documenti che illustrino l'evoluzione ed applicazione della cosiddetta “manica” bracciale composito con funzione protettiva. Abstract: Hence forth to follow, an exposition of diachronic sources and documents will be introduced, finalized to depict the evolution and exploit of the so-called “manica”, a composed bracer with protection purpose. Una particolare osservazione merita , tra i piu' conosciuti elementi che compongono la panoplia del soldato pesante, la protezione riferibile agli arti superiori, nello specifico, l'evoluzione diacronica che ha subito la cosiddetta, in ambito romano “manica”. a partire dalle fonti recuperate dalla sua genesi ed applicazione, parto da un approccio indutttivo: prendendo in esame un dettaglio, interessante. la fonte è il "peri' ippikè " di Senofonte. le cosiddette milizie citate, come armamento riportano anche la descrizione di una copertura, suddivisa in strati protettivi del braccio, gomito, avambraccio, posti sull'arto destro, armato normalmente di dardo da lancio (giavellotto). da quel che sappiamo, fino ad allora, non si hanno altre fonti scritte o figurate che rappresentino questa peculiarità, ascritta alla cavalleria. quantomeno, nel mondo greco. Interessanti invece i riferimenti alla fanteria. In primis una raffigurazione su ceramica. Che mostra un arciere indossante linothorax, con una armatura del braccio a lamelle anulari... da notare il fatto che sia un toxòthes. Il che potrebbe identificare la cosiddetta “Xeira” -manica appunto- come una protezione mobile, probabilmente di cuoio o altro materiale organico, agli inizi, strutturato in modo da proteggere il braccio ed allo stesso qual tempo permetterne l'efficace mobilità, rendendola una interessante alternativa all' epipēkhýon , il bracciale indossato dall'oplita. Fig 1 Raffigurazione su vaso di arciere con manica lamellare anulare.

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evoluzione della lorica manica e possibile genesi del suo uso dagli sciti ai catafratti bizantini, definendone ritrovamenti e descrizioni

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Uso e funzionalità della lorica manica. Per uno studio diacronico da fonti.

Di: Massimiliano Visalberghi Wieselberger

Abstract:

Viene qui di seguito presentata una diacronica esposizione di fonti e documenti che illustrino l'evoluzione ed applicazione della cosiddetta “manica” bracciale composito con funzione protettiva.

Abstract:

Hence forth to follow, an exposition of diachronic sources and documents will be introduced, finalized to depict the evolution and exploit of the so-called “manica”, a composed bracer with protection purpose.

Una particolare osservazione merita , tra i piu' conosciuti elementi che compongono la panoplia del soldato pesante, la protezione riferibile agli arti superiori, nello specifico, l'evoluzione diacronica che ha subito la cosiddetta, in ambito romano “manica”. a partire dalle fonti recuperate dalla sua genesi ed applicazione, parto da un approccio indutttivo: prendendo in esame un dettaglio, interessante. la fonte è il "peri' ippikè " di Senofonte. le cosiddette milizie citate, come armamento riportano anche la descrizione di una copertura, suddivisa in strati protettivi del braccio, gomito, avambraccio, posti sull'arto destro, armato normalmente di dardo da lancio (giavellotto). da quel che sappiamo, fino ad allora, non si hanno altre fonti scritte o figurate che rappresentino questa peculiarità, ascritta alla cavalleria. quantomeno, nel mondo greco.Interessanti invece i riferimenti alla fanteria. In primis una raffigurazione su ceramica. Che mostra un arciere indossante linothorax, con una armatura del braccio a lamelle anulari... da notare il fatto che sia un toxòthes. Il che potrebbe identificare la cosiddetta “Xeira” -manica appunto- come una protezione mobile, probabilmente di cuoio o altro materiale organico, agli inizi, strutturato in modo da proteggere il braccio ed allo stesso qual tempo permetterne l'efficace mobilità, rendendola una interessante alternativa all' epipēkhýon , il bracciale indossato dall'oplita.

Fig 1 Raffigurazione su vaso di arciere con manica lamellare anulare.

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Per tale povertà di reperti e fonti, non è possibile definire da una raffigurazione, una solida certezza. Ritornando a Senofonte,chiediamoci, dove ha dunque tratto tale informazione? pensiamo alle esperienze dello scrittore e mercenario: egli ritorna con i suoi 10.000 dopo aver tentato di sostenere, nel 401. a.C. Il diritto al trono del pretendente Ciro. Viene a contatto, in quell'occasione,con diversi reparti e corpi, che servono in quell'eterogenea struttura che va' sotto il nome di esercito persiano.Non abbiamo fonti di tutti i reparti. ma sappiamo che tra le genti di ceppo iraniano, vi erano anche presenti corpi di cavalleria pesante. Gli stessi che poi troviamo citati tra le genti, sempre di origine asiatica e nomade, e sempre riferibili ad etnie del popolo delle steppe. Siamo nel campo delle ipotesi, eppure in questo caso, a partire dal IV° sec. a.C. la produzione di raffigurazioni ed elementi è particolarmente ricca. il contesto è quello della cavalleria pesante; quella che portera' allo sviluppo di quel tipo di armamento , atto a contrastare una fanteria corazzata quale poteva essere una falange.É indubbio a riguardo, che il confronto con gli eserciti greci, porto' allo sviluppo di un corpo capace di creare una spinta tale atta a mettere in difficoltà -se non sbaragliare- la formazione oplitica.

fig 2: Relief Taq-e Bostan guerriero catafratto IV° sec a.C.

Dal rilievo di Taq-e Bostan, che raffigura un guerriero di ceppo iraniano, gia' armato di quella pesante lancia da carica che piu' tardi verrà chiamata “kontos”, alle numerose raffigurazioni su dracme d'argento di sovrani partici, la rappresentazione di elementi lamellari a bande, diviene prerogativa di una cavalleria, ancora legata alla nobiltà iranica secondo antico modello indo-europeo del vassallaggio al sovrano. Inutile aggiungere, che l'armamento necessario per un catafratto era assai dispendioso.Per cui prerogativa, inizialmente, di una casta opulenta; per poi, lentamente andare a formare un reparto di professione.Parecchie rappresentazioni ci vengono dalla numismatica, in particolare dalla monetazione dei Parti.Eredi diretti dei popoli delle steppe, e gia' presenti tra le fila dell'esercito persiano, la cavalleria partica si va' a creare una dimensione di potente strumento bellico. Specializzato. Efficace. Parti, Kushan, Roxolani, Sarmati: di ramo in ramo, insesorabile il proggredire di un mobile quanto altamente efficace reparto, portera' la cavalleria in auge, dandole quel posto meritato, sin giungere, attraverso Romani, Bizantini ed Alani, alla formazione della grande cavalleria che dominera' le scene europee.

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Fig 3: Dracma d'argento raffigurante Mitridate I° (171- 138 a.C.)

Ritornando alle raffigurazioni su dracme d'argento partiche, anche in questo caso è da notare, come al verso della moneta venga rappresentato un guerriero, i cui arti sono completamente rivestito da armatura laminata, e che reca sollevato il classico arco delle steppe, a doppia curva, di origine siberiana-orientale. Viene intuitivo un collegamento con l'arciere greco, ricoperto da Xeira di cui detto precedentemente (v.di fig.1)

fig 4: dracma d'argento raffigurante Mitridate II re dei Parti (123-88 a.C.)

D'altro canto, il catafratto armato, oltre che di lancia da carica, di arco composito laminato, risultera' parte dell'imbattibilità del regno partico, come riportato da Plutarco riferendosi alle tattiche di cariche sorrette da cavalleria ed arcieri, che vanificarono vari tentativi di conquista romani.La legione, ottima macchina da guerra, proprio nella sua pesantezza, risultava vulnerabile all'enorme mobilità della cavalleria. staticità che costo' la vita, a Carre, nel 53 a.C. Del triumviro Licinio Crasso.È interessante notare che sulla monetazione partica, tale armatura viene raffigurata solo a partire dal regno di Mitridate. Ovverossia dal 178 a.C. In poi. Mentre l'arco risulta elemento costante.Eppure sappiamo per certo che l'impero seleucide si servi' precedentemente della cavalleria pesantedei Parti. Gia' Antioco I ebbe modo probabilmente di usufruire della loro potenza, sbaragliando l'invasione celtica nel 277 a.C. Forse a questo che si puo' ricollegare la rappresentazione su metope a Pergamo, del gruppo scultoreo raffigurante Castore e Polluce, parte di quel capolavoro che fu l'altare di Zeus a Pergamo., atto a commemorare il trionfo sull'invasione celtica. Da ricordare, che secondo la leggenda, i due Dioscuri erano signori della Colchide, terra riferibile alle pianure

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caucasiche, e dunque legate alla presenza scita.

Fig 5: altare di Pergamo: particolare in basso di guerriero. Il braccio sinistro riporta tracce di bracciale a lamine.

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Fig 6: particolare di bassorilievo dal tempio di Athena Polias, Pergamo III°sec.a.C. Braccio sinistro con manica.

Idem dicasi per la raffigurazione del bassorilievo del tempio di Athena Polias, a Pergamo, (Droysen, “antichità di Pergamo, II”) e della figura femminile, il cui braccio impugnante lo scudo argivo, reca un'armatura, composita, la quale copre buona parte dell'arto. Appare come una Amazzone, legata a simile contesto, se, come raccontato da Erodoto, la Colchide era patria di questo popolo. E comunque da valutatre quantomeno la conoscenza diffusa di un apparato protettivo stratificato, a copertura dell'arto. Qui e da sottolineare che la protezione ricopre l'arto reggente lo scuso, peculiarmente, e non a protezione del braccio offensivo.Del resto tale elemento pare perdurare in altre raffigurazioni,se con simile struttura laminare si può identificare anche l'immagine del cavaliere persiano, un particolare nel mosaico della battaglia di Isso, dalla villa del Fauno a Pompei, databile al 100 a.C.Possiamo dedurne, che dai tempi di Senofonte, per poi proseguire attraverso l'elemento mediatore della cavalleria/arcieria partica, sino all'approssimarsi del I° sec. a.C. , una protezione che coprisse l'arto fu un elemento non cosi' raro. Difficile comprendere se la natura composita, come parrebbe, atta a mantenere inalterata la manovrabilità dell'arto, sia stata una necessità dettata dall'uso dell'arco, come indicherebbe l'immagine riportata su ceramica greca; oppure sia nata per lo piu' in un contesto legato allo sviluppo della cavalleria; sempre in un continuo crescere rispetto al ruolo di contenere se non vanificare l'impatto di una fanteria pesante.

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Fig 7: particolare a destra dicavaliere persiano con arto ricoperto da lamine, Battaglia di Isso, 100 a.C. Villa di Fauno.Pompei

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Fig 8: A Kushan warrior holding a suit of armor. I° sec a. C.

Sappiamo che nell'epica descritta nel Mahabharata, sotto il nome dei possenti cavalleggeri Shaka o Saka, ricoperti di metallo, si nasconde una delle etnie indo-scite, ascrivibile quanto meno, al VI° sec. a,C. (Il mahabharata narra di una guerra che gli studiosi reputano svoltasi tra il 1500 a.C ed il 500 a.C.)Degno di nota è il passo, tratto dall' “Anabasi” di Arriano: dal Libro 3, Capitolo 8, apprendiamo che un reparto di cavalleria contingente Saka sotto un certo capo Saka Mavakes aiutò gli Achemenidi a Gaugamela nel 331 a. C, L'autore ci informa, inoltre, che questi "Skythians", coadiuvati dalla cavalleria Baktriana, dirottarono le manovre dei cavalleggeri mercenari greci che Alessandro inizialmente aveva inviato contro di loro. Combatterono una feroce battaglia contro le forze combinate della cavalleria Macedone, greca, e Peoniana e inflissero enormi perdite all'ala destra di Alessandro, quasi mettendoli in rotta. Arriano aggiunge, inoltre, che i cavalli Saka erano molto più protetti da armatura rispetto ai loro avversari. Infine ci viene detto da Arriano nel libro 4, capitolo 4, che un guerriero Saka venne colpito sul suo scudo di vimini e sulla corazza da missili lanciati dalle macchine militari di Alessandro, che egli aveva fatto caricare nel tentativo di attraversare il Tanai (Jaxartes - moderno Syr-Darya fiume). Merita inoltre ricordare che da analisi comparate di numerosi ritrovamenti da contesti tombali di cavalieri sciti, risultano elementi culturalmente riferibili alla panoplia ed armamento degli eserciti della Cina durante il periodo che porta il nome di “Stati Combattenti” (481 a.C. -221 a.C.).da menzionare è il ritrovamento di una panoplia con armature composte da piastre di grandi dimensioni in pelle laccata con il guardia-collo alto ritrovate in una tomba di Suixian , Hubei , a nord dell'antico regno di Chu, e databile al V° secolo a. C . Esiste anche quella che potrebbe essere la più antica raffigurazione archeologica di un “kataphraktos” completamente blindato su un pezzo di terracotta frammentaria da Khumbuz - Tepe , nel sud Chorasmia / Khorezmia , datato al IV° - primi tIII° secolo aC dipinta su ceramica.Questo parrebbe denotare, non tanto una netta influenza unidirezionale, quanto una continuità dialettica tra differenti paesi, quantomeno uniti da notorie rotte commerciali, che coinvolgevano il regni dell'Indo quanto parte delle satrapie persiane.E la descrizione parrebbe coincidere con quanto successivamente verra' poi tramandato dalle dinastie partiche. Idem dicasi per i Kushan indo-bactriani, probabilmente influenzati dai cavalieri iraniani. In questo caso, come sopra gia' riportato, l'impero seleucide avra' sicuramente giocato un ruolo di trasmisione di spicco..un reperto sicuro, ascrivibile al mondo greco è parte di una lamina di bronzo, facente parte dell'ex collezione Komnos, ora esposta al museo nazionale di Berlino. (Furtwangler, “bronzi di Olympia”).Ma l'importanza è ridotta , in quanto non si ha certezza del luogo e contesto di ritrovamento.Rimaniamo, quindi, con pochi elementi, sebbene le immagini siano parecchie, riassumibili nel seguente modo:

1) Senofonte che ne descrive l'importanza nel suo trattato sulla cavalleria. V°-IV° a.C. ;2) nel Mahabharata, la descrizione degli Shaka, cavalleggeri corazzati Indo-Sciti, si puo'

ascrivere al V° sec. .a.C.;3) la raffigurazione su ceramica greca, sempre del V°sec. a.C.4) Riferimenti della battaglia di Gaugamela 331 a.C.5) Rappresentazioni della cavalleria, di origine scita, in bassorilievi e monetazioni.

Possiamo dunque dedurne che il contatto tra la sfera di influenza achemenide e l'espansionismo greco, con mediazione degli eserciti mercenari provenienti dalle polis, abbia permesso a questo elemento della panoplia di diffondersi, sebbene, nel genere, sia rimasto fin qui nella sfera dellaspecializzazione equestre.A parte ovviamente le raffigurazioni riportate precedentemente di di gruppi scultorei legati alla città di Pergamo, III° sec. A,C. Ed alla famiglia seleucide, che spesso si servi' della sopra

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menzionata cavalleria pesante.Dobbiam per correttezza di esposizione, dire che i Seleucidi, si ritrovarono piu' volte a contrastare la politica espansionistica dei sovrani macedoni, da Filippo V°a Perseo, cosa che potrebbe spiegare l'uso dei catafratti, ed il perchè della improvvisa apparizione su moneta, a partire da Mitridate.Specie, considerando l'intervento da parte dei Seleucidi a fianco degli alleati romani. E di conseguenza, dei Parti.

fig 9: Parthian cataphract, I° sec a.C.

Dunque dalle guerre condotte, nel territorio di cio' che rimane degli antichi regni ellenici, e specie per le guerre che saranno poi continuate contro Roma, (3 guerre mitridatiche) durante tutto il II° secolo sino al 63 a. C., anno della sconfitta e morte del sovrano Mitridate VI°, (Appiano, “guerre mitridatiche”).È interessante questo passaggio, per due interessanti motivi: 1)il primo che reca, nella morte del sovrano partico, la citazione da parte di Appiano della sua morte per mano di un suo luogotenente gallo, Bituito.Questo fa notare, come del resto era immaginabile, come la presenza gallica, sin dai tempi della famosa ondata d'invasione fermata da Antioco I°, sia stata una costante, specie atteaverso il mercenariato.Cosa che potrebbe spiegare, attraverso i continui spostamenti dei Volci e dei Tectosagi; ma in genere di soldati di ventura, la successiva presenza di quel singolare episodio che vide, ai tempi di Tiberio, la sommossa nella Gallia Belgica del popolo dei Treviri, capitanati da Giulio Floro; e di Sequani, Turoni ed Edui, comandati da Giulio Sacroviro . In quell'episodio, viene descritto l'uso di schiavi, tra le fila di di Sacroviro, dedicati alla vita gladiatoria: “Vi aggregano” prosegue Tacito “gli schiavi destinati al mestiere di gladiatore, che avevano, secondo la pratica di quella gente, un'armatura completa: li chiamano «Crupellarii», poco adatti a menar colpi, ma impenetrabili a quelli degli avversari.”Tacito, Annales, III, 43 Come gia' descritto e sottolineato dal dott. Gioal Canestrelli, risulta difficile che in un lasso cosi' breve , tra la conclusione delle guerre galliche di conquista da parte di Cesare, ed il principato tiberiano, ovverssia 70 anni, si sia potuta formare una classe gladiatoria, peraltro conosciuta solo in territorio gallico. Vien da se' la logica di valutare una datazione precedente, che risulti piu' plausibile a

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spiegare la presenza di questi corazzati destinati all'arena.

Fig 10

Fig 11 Fig 10-11: Statuette en bronze retrouvée en Côte-d'Or , “Crupellarius”

2) il secondo nesso logico, è invece, a partire dal connubio Seleucidi-Romani, e poi durante le guerre mitridatiche, ovverosia la possibile diffusione o l'assorbimento da parte di reparti legionari, della protezione ad immanicatura laminare, che poi viene definita appunto “lorica manica”.. o semplicemente ”manica”.

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Mentre quasi tutte le fonti iconografiche romane sono grosso modo databili al periodo traiano,vi sono solo solo due prove che ne riconducono l'appartenenza a periodo precedente. La prima, è la raffigurazione della suddetta manica tra gli elementi decorativi sull'arco di Pola, detto appunto dei Sergii, in quanto si tratta di un arco onorario per la famiglia Sergia, fatto costruire con mezzi propri da Salvia Postuma, una dama romana che lo dedicò al marito Sergio ed al cognato tra il 27 ed il 25 a.C. del principato augusteo. Difficile definirne una spiegazione iconologica, legata alla gens. Vi potrebbe essere comunque una spiegazione e riferimento, ai predecessori: ovverosiaUn Marco Sergio Silo, citato da Plinio. Era un generale romano che combatté nella seconda guerra punica. Fu pretore nel 197 a. C. Perse la mano destra in gioventù in una battaglia. Si servì quindi di una protesi ed è il primo caso noto di portatore di protesi citato in letteratura. La manica, anche se dubito potrebbe far riferimento alla protezione, od essee una rappresentazione della protesi...(Plinio Historia Naturalis, VII, 104-6 )

Un Marco Sergio Silo fu magister equitum sotto Lucio Emilio Paolo Macedonico nella guerra contro Perseo o terza guerra macedonica (171 a.C. - 168 a.C.). Questo si ricollegherebbe a quanto detto precedentemente, della presenza, a fianco delle guerre macedoniche dei seleucidi come alleati, e della cavalleria catafratta, che come visto portava un'immanicatura protettiva laminare. La presenza su arco potrebbe far riferimento duplicemente sia a qualche possibile importazione od uso da parte del comandante di tale elemento protettivo verso i suoi reparti; e/o legando il suo ruolo di ufficiale equestre, alla presenza trale fila romane di cavalieri corazzati. Di questo, pero', Livio, unica fonte, non fa menzione. (Livio, 44, 10 )

Fig 12: arco dei Sergi, porta aurea, Pola, Croazia. 27-25 a.C. Particolare posto nell'angolo tra la fine del la biga edil putto danzante.

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L'altra fonte risulta invece il ritrovamento di diversi frammenti di lamina metallica o piastre, da Ulpia Traiana Sarmizegetusa in Dacia/ Romania , riferibili al I° sec.d.C.

Non considero il bassorilievo proveniente dagli Abruzzi e ascrivibile al I° sec. a.C. E raffigurante due soldati prospicienti l'uno all'altro nell'atto di affrontarsi. I segni poco sotto il polso ed il rilievo marcato sono stati interpretati come elemento protettivo riferibile alla manica. Ritengo invece spunto interessante l'idea che tale incisione , voglia rappresentare un protezione piu' simile ad un bracciale.

fig 13

fig 14

Fig 13-14: bassorilievo con combattimento tra soldati. Abruzzo i° sec a.C.

É comunque da tenere in considerazione l'ellenicità della rappresentazione, che potrebbe descrivere

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una qualche scena tratta da miti specifici ed allusivi ( Eteocle E Polinice?) vale la pena ricordare i cosiddetti Xeira, bracciali greci o l' epipēkhýon , il bracciale indossato dall'oplita.

Fig 15: Reperto di protezione dell’avambraccio databile al IV-III secolo a.C asta di Munich

per il resto, tutti gli altri ritrovamenti e raffigurazioni sono databili tra la fine I° e II° sec d. C.

e ben illustrate attraverso i libri di Bishop.

I reperti spaziano , tra Richborough, Corbridge, Eining, Leon, e una manica pressocchè completa è stata ritrovata a Carlisle; un'altra ad Ulpia Traiana, Sarmizegetusa, in Dacia/ Romania . Il solo fatto di una tale diffusione, come in effetti espresso dal Bishop, in contesti eterogenei, confuta gia' di partenza la tesi della specializzazione profilattica contro specifiche armi d'offesa, come volevasi esporre, tempo fa, traendo conclusioni affretttate, riguardo alla sfera delle guerre d'invasione daciche, ed alla facinorosità delle falx, armi dalla profonda penetrazione d'impatto, e di conseguente, quanto necessaria, difesa.Inoltre le eterogeneità delle suddette maniche, ritrovate, non combaciano con quanto fin poco tempo fa accademicamente convenuto.Carslile, parrebbe aver “sfornato” altri resti molto completi, che ammonterebbero a quasi quattro metà di loriche maniche. Una moneta di Vespasiano delimita il contesto tramite un terminus ante quem databile al I° sec. d.C.

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Fig 16:La manica a fasce di bronzo rinvenuta a Newstead (Scozia) e databile all’80-180 d.C.

Fig 17: manica a fascette rinvenuta a Carlisle, Inghilterra.

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Fig 18: manica proveniente da Carlisle.

Fig 19: manica proveniente da Carlisle

Fig 20: cavalieri parti, con armamento leggero e pesante, rinvenuti in case private di Dura Europos.

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Per quanto concerne i ritrovamenti e rappresentazioni di materiale proveniente da Alba Julia, Romania, rimango della medesima opinione su quanto sperimentato e ricostruito dagli ottimiArsi Dimicandi, associazione che si occupa della ricostruzione storica di scherma e armamento gladiatorio inserito nei suoi corretti contesti diacronici.La manica, come gli strati dell'addome, paiono in effetti essere di cuoio (corium); definendo cosi' quanto già presupposto per la panoplia del soldato greco: a fianco dei rivestimenti protettivi metallici, coesistevano, vuoi per specifiche di protezione, vuoi per i costi e la maggiore rapidità di produzione, armature di materiale deperibile, cuoio o feltro che potesse essere, non andando adinficiare il ruolo che la milizia possedeva. Se presupponiamo che, tramite il “Clibanus/Clibanarius”, il cavaliere pesante romano di III° secolo, il corazzato cavalleggero sia stato per forza di causa, integrato come reparto pesante di carica e mobilità, per evitare sorte parallela a quell'impero partico,conosciuto per i suoi arcieri a cavallo e i suoi catafratti,, eppure crollato sotto i colpi dei continui popoli migratori, e sostituito dal 200 d.C. dalla dinastia sasanide di Shapur, che durera' sin all'arrivo degli Arabi (600 d.C.), La medesima cavalleria di cataphracti perdurerà, trovando poi conseguenti evoluzioni attraverso l'impero bizantino; o mediante le armate equestre degli Alani, come piu' tardi avverrà per Longobardi e Vandali; e successivamente Franchi.Da quel momento, e sino al Rinascimento, la cavalleria pesante esce dall'ombra per entrare nella storia.

Fig 21: Naqsh-e-Rostam, rilievo dell’investitura divina di Ardashir da parte di Ahura Mazdāh

Per terminare, valuto dunque, la possibilità e rimarco, la possibilità, che le lamine anulari, o squamate possano essere state un retaggio indo-scita. Siano queste state trasmesse attraverso i reparti di mercenari greci e quindi riprese nell'ippica di Senofonte; o successivamente attraverso continui contatti con il mondo partico attraverso scontri tra macedoni e seleucidi, a cui infine si aggiunsero i Romani. In ogni caso, dal I° sec a.C iniziano ad esservi tracce quanto meno raffigurate

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di questa parte panoplica nel mondo romano. Non sappiamo se essa rimase confinata per un dato tempo alla cavalleria, o venne plasmata su altri ruoli; un esmpio ne potrebbero essere gli arcieri, sebbene, dalle raffigurazioni di epoca traiana, oserei pensare che appaiono sempre accompagnate da loriche hamate e squamate. E per la difficoltà di costruzione e la lunghezza dei tempi, viene da pensare che fossero appannaggio di prime linee, per la difesa, o comunque legate ad uno specifico contesto pugnatorio. Il futuro permetterà di definirne meglio i rapporti, e le potenzialità in parte espresse grazie alla ricostruzione e sperimentazione archeologico-rievocativa.

Mi sovviene in mente, infine, un detto riportato da Cicerone:

“accipere manicas” : entrare in battaglia (Cicero, Philippica XI,II 26)

E con quest'ultima pungolata storica, lascio il verdetto ai successivi studiosi che vorranno aggiungere spiegazioni e prove a quanto frammentariamente riportato in questo articolo.

Massimiliano Visalberghi Wieselberger, disegnatore archeologico presso Civici Musei Trieste

Fig 22. Clibanarius eques clibanus I° sec. d.C.

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fig 23 : Tropaeum Traiani metopa a Adamklissi, d.C.. 107/8

fig 24: Duomo di Civita Castellana – Viterbo. Particolare manica squamata III° sec d.C.

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Fig 25: Alba Julia, Dacia. Lorica segmentata o coem definita da Ars dimicandi, coium tegumentata

Bibliografia:

Appiano, Guerre mitridatiche Arriano, Anabasi Libro 3 , Capitolo 8 Ars Dimicandi Cicero, Philippica XI,II 26 Droysen, Althertumer von Pergamon, II, pag. 95 Ersilia Caetani Lovatelli, Urna marmorea con rappresentanze di trofei Furtwangler, Bronzen fur Olympia, pag 161 Bishop and Coulston, Roman military equipment Plutarco, Vite parallele. Nicia - Crasso Senofonte, Perì ippikè, XII c.12