GENERALITÀ NEOPLASIE LINFOIDI - Medicina Zigoti

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1 GENERALITÀ NEOPLASIE LINFOIDI LINFOADENOPATIA LOCALIZZATA: Infezione piogena infezione Virale: quella da graffio di gatto Linfoma a uno stadio iniziale. Tumori metastatici: linfoadenopatia ascellare deve far sospettare di tumore alla mammella. GENERALIZZATA: coinvolge sedi multiple, tra cui anche la milza. Infezioni virali (mononucleosi, infezione acuta da HIV) e batteriche o altro Malattie infiammatorie non infettive (sarcoidosi) Linfomi Hodgkin o non Tumori metastatici Reazione Importante è il criterio temporale: bisogna sempre indagare con anamnesi, in quanto una neoplasia si manifesterà in mesi, mentre una infezione è più probabile che abbia un decorso temporale di pochi giorni. Quale esame fare? L’agoaspirato non è utile per diagnosi ematologiche, quindi meglio biopsia escissionalepermette di avere materiale sufficiente per fare vari esami. Quando sospettare un linfoma e avviare il paziente a biopsia? 1) Linfoadenopatia persistente (oltre 4 settimane) di dimensioni >1,5 cm. 2) Incremento volumetrico di uno o più linfoadenopatie in poche settimane 3) Comparsa di nuove linfoadenopatie 4) Sintomi sistemici non altrimenti spiegabili: febbricola serotina, sudorazioni notturne 5) Alterazione di parametri di laboratorio non altrimenti spiegabile (anemia, linfocitosi, LDH). 6) RX torace che documenti impegno mediastinico da parte della neoplasia. Quando sospettare un linfoma in assenza di linfoadenopatie superficiali? Molti linfomi si manifestano in sede extra-nodale o come linfoadenopatie profonde, che quindi non sono rilevabili dal paziente. Ci si basa allora su altri sintomi: Sintomi sistemici: febbricola, calo ponderale significativo (>10% del peso corporeo) Alterazione di parametri di laboratorio: non ne esistono di specifici, ma si può guardare anemia, linfocitosi, LDH, eosinofilia. Impegno mediastinici all’RX Linfoadenopatie addominali visualizzate con ecografia, associate a sintomi come dispepsia, dolore addominale, …. Quale esame? Spesso viene richiesta una biopsia midollare per sospetto di linfoma, tuttavia questo non è l’iter diagnostico giusto: infatti una biopsia midollare risulterà positiva solo in caso di invasione midollare e non darebbe comunque la corretta morfologia del linfoma primitivo. BIOPSIA LINFONODALE: Permette affidabile diagnosi morfologica, fenotipica e molecolare Attenzione! Non fissare in formalina il linfonodo! Meglio! concordare la procedura e la preservazione del tessuto fra chirurgo, anatomopatologo ed ematologo per poter eseguire TUTTE le indagini utili. Perché invece non va bene l’agoaspirato linfonodale? insufficiente per iniziare una chemioterapia antiblastica può alterare la architettura strutturale del linfonodo e rendere quindi problematica la diagnosi sulla successiva biopsia elevata percentuale di falsi positivi o negativi inadeguato ai fini della precisazione classificativa del linfoma

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GENERALITÀ NEOPLASIE LINFOIDI LINFOADENOPATIA LOCALIZZATA:

❖ Infezione piogena ❖ infezione Virale: quella da graffio di gatto ❖ Linfoma a uno stadio iniziale. ❖ Tumori metastatici: linfoadenopatia ascellare deve far sospettare di tumore alla mammella.

GENERALIZZATA: coinvolge sedi multiple, tra cui anche la milza.

❖ Infezioni virali (mononucleosi, infezione acuta da HIV) e batteriche o altro ❖ Malattie infiammatorie non infettive (sarcoidosi) ❖ Linfomi Hodgkin o non ❖ Tumori metastatici ❖ Reazione

Importante è il criterio temporale: bisogna sempre indagare con anamnesi, in quanto una neoplasia si manifesterà in mesi, mentre una infezione è più probabile che abbia un decorso temporale di pochi giorni. Quale esame fare? L’agoaspirato non è utile per diagnosi ematologiche, quindi meglio biopsia escissionale→ permette di avere materiale sufficiente per fare vari esami.

Quando sospettare un linfoma e avviare il paziente a biopsia? 1) Linfoadenopatia persistente (oltre 4 settimane) di dimensioni >1,5 cm. 2) Incremento volumetrico di uno o più linfoadenopatie in poche settimane 3) Comparsa di nuove linfoadenopatie 4) Sintomi sistemici non altrimenti spiegabili: febbricola serotina, sudorazioni notturne 5) Alterazione di parametri di laboratorio non altrimenti spiegabile (anemia, linfocitosi, LDH). 6) RX torace che documenti impegno mediastinico da parte della neoplasia.

Quando sospettare un linfoma in assenza di linfoadenopatie superficiali? Molti linfomi si manifestano in sede

extra-nodale o come linfoadenopatie profonde, che quindi non sono rilevabili dal paziente. Ci si basa allora su altri sintomi: • Sintomi sistemici: febbricola, calo ponderale significativo (>10% del peso corporeo) • Alterazione di parametri di laboratorio: non ne esistono di specifici, ma si può guardare anemia, linfocitosi, LDH,

eosinofilia. • Impegno mediastinici all’RX • Linfoadenopatie addominali visualizzate con ecografia, associate a sintomi come dispepsia, dolore addominale, ….

Quale esame? Spesso viene richiesta una biopsia midollare per sospetto di linfoma, tuttavia questo non è l’iter diagnostico giusto: infatti una biopsia midollare risulterà positiva solo in caso di invasione midollare e non darebbe comunque la corretta morfologia del linfoma primitivo. BIOPSIA LINFONODALE: ✓ Permette affidabile diagnosi morfologica, fenotipica e molecolare ✓ Attenzione! Non fissare in formalina il linfonodo! ✓ Meglio! concordare la procedura e la preservazione del tessuto fra chirurgo, anatomopatologo ed ematologo per poter

eseguire TUTTE le indagini utili. Perché invece non va bene l’agoaspirato linfonodale?

insufficiente per iniziare una chemioterapia antiblastica

può alterare la architettura strutturale del linfonodo e rendere quindi problematica la diagnosi sulla successiva biopsia

elevata percentuale di falsi positivi o negativi

inadeguato ai fini della precisazione classificativa del linfoma

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ISTOGENESI DELLE NEOPLASIA LINFOIDI Possono originare da cellule B o T immature (come la leucemia acuta linfoblastica) o da cellule linfoidi B o T mature: circa l’80% sono a cellule B e normalmente risiedono nei siti linfonodali dell’organismo ma anche nel MALT (gastrico o placche di Peyer), BALT, SALT (skin-associated). Sono più frequenti i non-Hodgkin, solo il 5% sono Hodgkin.

EVENTI MOLECOLARI DELLE CELLULE LINFOIDI B Il primo evento avviene nel midollo osseo, ed è il riarrangiamento delle catene leggere VDJ da parte di RAG1 e RAG2. Una vola uscite, le cellule B naive migrano nei centri germinativi di organi linfoidi periferici, dove vengono esposte a un ambiente mutagenico→ ipermutazione somatica dei geni delle immunoglobuline mediata da AID; può fallire e attivare protoncogeni. se il riarrangiamento non è valido, la cellula muore per apoptosi, altrimenti può uscire dal centro germinativo e essere messa in circolo. La cellula inizia a riarrangiare i geni k; se uno dei due ha successo, continuerà a esprimere geni k. se invece non ha successo prova a riarrangiare lamba. Una volta avvenuto correttamente il riarrangiamento, inizia ad esprimere immunoglobuline citoplasmatiche e poi i un secondo momento diventa plasmacellula. Slide con marcatori

Linfomi delle cellule B Da cellule vergini:

❖ Mantellare: deriva da cellule B vergini, dunque i geni delle immunoglobuline sono ancora non mutati. ❖ Linfoma linfocitico

Da centroblasti/centrociti: ❖ Linfoma follicolare ❖ Linfoma diffuso a cellule B ❖ Linfoma di Burkitt

Post-centro germinativo (cellule B memoria o plasmacellule): - Linfoma linfocitico - Linfoma linfoplasmacitico - Linfoma MALT - Linfoma diffuso a grandi cellule B - Linfoma di Hodgkin→ la cellula di Reed-Sternberg è a tutti gli effetti un cellula B post-centro germinativo. - MGUS e mieloma multiplo (da plasmacellule)

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MECCANISMI PATOGENETICI DEI LINFOMI 1. Alterazioni genetiche ed epigenetiche del DNA cellulare. L’vento più importante da capire sono le traslocazioni cromosomiche; abbiamo già visto nelle leucemie le traslocazioni che portano alla formazione di proteiche chimeriche, nei linfomi abbiamo soprattutto traslocazioni che portano a deregolazione. A seguito della traslocazione cromosomica, un protooncogene (non espresso) può assumere il promotore/enhancer di un gene partner e venire quindi espresso→ si tratta di sequenze regolatorie attive nelle cellule in cui il linfoma di sviluppa. Da dove derivano le sequenze regolatorie che traslocando attivano il protooncogene? Dai geni delle immunoglobuline, che sono espressi in maniera costitutiva. → deregolazione trascrizionale del protoncogene I più importanti geni deregolati sono:

• Ciclina D1 (traslocato con gene Ig) nel linfoma mantellare. • MYC (traslocato con gene Ig) in linfoma di Burkitt. • BCL-6: regola formazione del centro germinativo, traslocato con vari geni attivi in linfoma a grandi cellule. • BCL-2: prototipo del gene antiapoptotico, riarrangiato con geni Ig nel linfoma follicolare→ è la t(14;18).

2. Infezione virale del clone linfomatoso È frequente in soggetti immunodeficienti; il virus in questo caso è EBV, mentre solo in un linfoma rarissimo (linfoma delle cavità sierose) è HHV8. Un virus invece dell’ospite (e non del clone linfomatoso) che predispone all’insorgenza di linfomi è l’HIV, ma anche HCV (che predispone soprattutto all’insorgenza di linfomi indolenti). → I virus quindi possono agire con:

- Meccanismo diretto: trasporta antigeni direttamente nel nucleo di membrana.

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- Meccanismo indiretto: induce immunodeficienza, come HIV o HCV (che predispone soprattutto all’insorgenza di linfomi indolenti).

3. Stimolazione antigenica del clone linfomatoso La stimolazione cronica del BCR (e altre molecole target) da parte di antigeni non ancora bene identificati stimola l’attivazione di NF-kB, che segnala informazioni di crescita ed espansione e può essere anche usato come target terapeutico. Meccanismo (esempio del linfoma marginale extra-nodale, EMZL): a partire da una stimolazione antigenica (di un patogeno o di uno stimolo microambientale), si instaura una proliferazione policlonale di cellule B; pian piano vengono selezionati solo alcuni cloni (espansione oligo-monoclonale) fino allo sviluppo di un linfoma non Hodgkin indolente ancora antigene-dipendente→ in questa fase si può intervenire con antibiotici perché eradicando il patogeno responsabile (es. HP) il linfoma regredisce. Solo in una fase successiva il linfoma diventa antigene-indipendente, perché acquisisce lesioni molecolari aggiuntive e si libera dalla stimolazione antigenica→ in questa fase non ha più senso intervenire su patogeno o agente microambientale. Per quanto riguarda il linfoma marginale extranodale, conosciamo 3 lesioni molecolari più frequenti (che trasformano il linfoma in antigene-indipendente):

- t(11,18): fusione di BIRC3/MALT1. 20-30%. - t(14,18): non è quella del linfoma follicolare perché coinvolge i geni IGH-MALT1. 10-20%. - t(1;14), fusione di IGH-BCL10. 5%.

4. Immunodeficienza Tutte le forme di immunodeficienza a cellule T danno un aumentato rischio di linfomi B aggressivi EBV-positivi perché manca l’immunosorveglianza. Meccanismi:

1. Ridotta immunosorveglianza contro cellule trasformate 2. Ridotta immunosorveglianza contro cellule infettate da virus, in particolare EBV. 3. Stimolazione antigenica cronica 4. Deregolazione di citochine

Forme di immunodeficienza: ❖ IATROGENE: Post-trapianto:

o Trapianti di midollo: il SI diventa quello del donatore (se allogenico)→ sono linfomi originati da cellule linfoidi del donatore (meno frequenti).

o Trapianti di organi solidi: il SI rimane quello del ricevente→ sono linfomi originati da cellule linfoidi del ricevente (più frequenti). Ha un rischio maggiore il trapianto di cuore-polmoni rispetto al trapianto di rene perché il livello di immunosoppressione richiesto è maggiore: infatti, in un trapianto di cuore non si guarda solo la compatibilità HLA, ma bisogna guardare anche la conformazione, lo stato di salute, e poi ci sono meno donatori disponibili, quindi spesso in cuore e polmone si “accetta” una maggiore diversità HLA per poter comunque trapiantare l’organo. Dunque il rischio di sviluppare linfomi è più alto, e in particolare EBV-correlati. Che terapia si fa in questi casi? Si riduce la terapia immunosoppressiva, combinando bene la terapia in modo da non causare rigetto.

❖ HIV-CORRELATA ❖ CONGENITE

SEDI DI INSORGENZA DEI LINFOMI • Tutte le sedi linfonodali • Sedi extranodali:

o Sedi di tessuto MALT o Altre sedi normalmente prive di tessuto linfoide, che possono essere sedi di

linfomi. Il linfoma di Hodgkin insorge quasi sempre a livello nodale. I linfomi non-Hodgkin possono essere sia linfonodali che extra-nodali→ questi ultimi sono i più maligni e rappresentano circa il 40% dei LNH. I linfomi sono sempre malattie sistemiche→ il concetto di metastasi NON si applica ai linfomi, si parla solo di localizzazioni.

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MANIFESTAZIONI CLINICHE Proprio per questa estesa localizzazione, la clinica è molto variabile:

➢ Quelli che si sviluppano a livello LINFONODALE daranno segni e sintomi di linfoadenopatia→ se superficiale saranno palpabili, se sono mediastinici daranno sindrome mediastinica, problemi respiratori, sindrome della vena casa superiore, compressione di altri vasi, …. Se sono profonde e riguardano lo spazio retroperitoneale, rimangono silenti per lungo tempo se non comprimono nessuna struttura. Se invece comprimono strutture come la vena casa superiore daranno sintomi (edemi).

➢ Quelli a sviluppo EXTRANODALE: danno segni e sintomi d’organo: o Intestinale: malassorbimento, diarrea. o Gastrico: il MALT gastrico è il più comune, associato a H. Pylori. Darà dispepsia. o Osseo: lesioni osteolitiche, fratture patologiche. o SNC: sintomi neurologici da massa e da edema connesso alla massa. o Cute: alcuni linfomi vengono prima diagnosticati dal dermatologo. Le linfoadenopatie possono arrivare fino

a ulcerazioni della cute (ora non succede più perché si diagnosticano prima).

➢ SINTOMI SISTEMICI: sono sintomi legati al rilascio di citochine:

1. Febbre 2. Calo ponderale in assenza di dite e con una percentuale superiore al 10% del peso corporeo. 3. Sudorazioni notturne (svegliarsi con pigiama bagnato). 4. Prurito sine materia

➢ CITOPENIE da insufficienze midollari→ se il linfoma invade il midollo osseo. ➢ Spesso i linfomi sviluppalo la produzione di auto-anticorpi anti-globuli rossi o anti-piastrine→ ANEMIE EMOLITICHE

e trombocitopenie autoimmunitarie. Spesso saranno la manifestazione clinica principale che porta il paziente dal medico.

→ in caso di manifestazione autoimmunitaria, sempre cercare una malattia linfoproliferativa retrostante!

ETEROGENEITÀ DEI LINFOMI Sono estremamente eterogenei per: MORFOLOGIA: possono essere follicolari (rispettano la normale architettura del linfonodo con presenza di follicoli) o diffusi (hanno cancellato la normale architettura del linfonodo). Possono essere a cellule piccole o grandi. SITO ANATOMICO: nodali o extra-nodali COMPORTAMENTO CLINICO: indolenti o aggressivi RISPOSTA ALLA TERAPIA:

- Eradicabili: sono soprattutto quelli più aggressivi perché hanno una cinetica di crescita maggiore (con indice mitotico maggiore) e quindi sono più chemio-sensibili; quelli indolenti invece sono più legati a un’inibizione dell’apoptosi che a un aumento di indice mitotico e quindi rispondono meno alla terapia. e sono una parte degli indolenti)

- Non eradicabili: più comunemente i linfomi (soprattutto quelli non eradicabili) non hanno una vera e propria terapia di eradicazione, si tende più a controllarli momentaneamente attendendo la successiva progressione, in cui si farà una successiva linea di terapia, e così via. Non c’è l’obiettivo vero di eradicare la malattia.

→ i nuovi farmaci chemioterapici non eradicano ma contengono la malattia.

DIAGNOSI INTEGRATA DI LINFOMI La diagnosi è integrata e prevede:

❖ Esame clinico: anamnesi ed esame obiettivo→ indagare condizioni di immunodeficienza e comorbilità (in caso di CHT), non ci sono altri agenti causali da indagare.

❖ Esame microscopico morfologico: non è sufficiente da solo.

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❖ Analisi immunoistochimica ❖ Analisi molecolare

Caso clinico. Donna, anni 53. APR: a 48 anni, diagnosi presso altra sede di leucemia linfatica cronica B/linfoma linfocitico, trattato presso altra sede negli anni sequenzialmente con: i) Leukeran (NO risposta); ii) Fludarabina (NO risposta); . iii) CHOP x 6 (risposta parziale di breve durata); quindi CNOP (NO risposta) APP: febbre, astenia e dolore in ipocondrio sn. Esame Obiettivo: linfoadenopatia generalizzata (diametro max 5-6 cm), splenomegalia massiva Emocromo: GB 92.500 ul (N 1% L 99%), Hb 9.6 g/dL, Plt 23.000/ul Ematochimici: LDH 5430 U/L; b2microglobulina aumentata; uricemia 15 mg/dL Ecografia addome: area infartuale splenica in splenomegalia (diam max 23 cm) Immunofenotipo: CD19+/CD5+/CD23-, CD20+, sIg+ ad alta intensità → è mancata la diagnosi corretta perché non è stata fatta l’indagine molecolare!

Due linfomi identici all’esame istologico e all’esame immunoistochimico, sono risultati essere completamente diversi grazie all’indagine

molecolare→ servono sempre tutte e 3 le metodiche.

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LINFOMI NON-HODGKIN LNH INDOLENTI LNH AGGRESSIVI • Sono dovuti al blocco dell’apoptosi, hanno una bassa

proliferazione proliferativa e crescita lenta. • Per lo più anziani: 60-65 anni. • Lunga sopravvivenza anche in assenza di terapia:

spesso si presentano in stadio avanzato→ danno pochi sintomi e la malattia si diffonde nell’organismo su tante sedi senza che l’individuo se ne accorga.

• Sintomi B rari • Elevazione di LDH rara • Raramente extra-nodale (eccetto MALT linfomi) • Infiltrazione midollo osseo frequente: sia per le

tempistiche prolungate sia perché sono cellule che circolano molto.

• Leucemizzazione possibile • Eradicazione difficile: si preferisce impegnarsi per

tenere sotto controllo la malattia per più anni possibili perché conviene così piuttosto che tentare di eradicarli (cosa che è indispensabile invece nei tumori aggressivi perché li “o la va o la spacca”).

• “watch & wait” praticabile→ molti indolenti vengono gestiti così.

Esempi: o Linfoma follicolare o Linfomi marginali tra cui i MALT o Linfoma linfocitico/B-LLC→ sono la stessa malattia, uno

più con presentazione più solida, l’altro più liquido. o Linfoma linfoplasmocitoide

• Predominante aumento della proliferazione cellulare, con alta frazione proliferativa e rapida crescita.

• Giovani (Burkitt) e anziani (5a decade) • Breve sopravvivenza anche in assenza di terapia. • Sintomi B frequenti • Elevazione di LDH frequente • Frequentemente localizzazione extra-nodale • Infiltrazione midollo osseo rara: non raggiungono

l’invasione midollare perché sono più rapidi, anche perché le cellule circolano meno.

• Leucemizzazione eccezionale • Eradicazione possibile con terapia convenzionale. Nei

linfomi diffusi a grandi cellule B, il 60% può essere eradicato (diventano lungo-sopravviventi)→ contro il 30% di sopravvivenza della LAM. Se non si ottiene l’eradicazione e recidiva, ci sono altre terapie possibili ma non si può vincere a lungo termine, prima o poi vince la malattia.

• “watch & wait” impraticabile Esempi: o Linfoma diffuso a grandi cellule B→ è il linfoma più

frequente nel mondo. o Linfoma di Burkitt o Linfoma mantellare→ deriva da cellule B mature del

mantello.

Epidemiologia: Dopo gli anni ’60, l’incidenza dei linfomi è più che raddoppiata fino a raggiungere un plateau.

STADIAZIONE: SISTEMA DI ANN ARBOR - STADI LOCALIZZATI:

o Stadio 1: una i più localizzazioni contigue o Stadio 2: localizzazioni dallo stesso lato del diaframma ma

non più contigue. - STADI AVANZATI:

o Stadio 3: localizzazioni sopra e sotto il diaframma o Stadio 4: localizzazioni extra-nodali.

La stadiazione viene fatta con esame obiettivo, TC e PET→ quest’ultima ha un significato solo nei linfomi PET-avidi, cioè tutti gli LNH aggressivi, il follicolare e poi il LH.

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Ognuno di questi stadi poi può essere:

▪ A: assenza di sintomi B ▪ B: presenza di sintomi B→ più frequenti in LNH aggressivi e a stadi avanzati: infatti sono dovuti a mediatori citochinici

e se la massa è modesta difficilmente si avrà una produzione citochinica tale da causare sintomi.

STORIA CLINICA LNH aggressivi: nei primi 4-5 anni determinano la vita del paziente: una parte muore mentre una parte raggiunge un plateau e diventano lungo sopravviventi di lungo corso; se sono stati veramente eradicati tendono a non recidivare più. → mortalità elevata nei primi due anni di via ma il 60% può guarire. LNH indolenti: tendono a ripresentarsi e si arriva alla sesta-settima linea di terapia con farmaci biologici. → specie se in stadi avanzati sono inguaribili, cioè che non si eradicano ma si sviluppa una convivenza con il linfoma.

STRATIFICAZIONE PROGNOSTICA Lo schema base è l’IPI (International Prognostic Index), dove entrano in gioco tanti indicatori clinico-laboratoristici:

- Età - PS - Stadio - LDH - Numero sedi coinvolte - MARCATORI MOLECOLARI: si stanno affacciando ora come stratificatori prognostici.

TERAPIA TERAPIA LNH INDOLENTI Stadi localizzati: radioterapia è ancora utilizzata.

Stadi avanzati: si tratta solo se ci sono sintomi o danno d’organo!

- Se asintomatico: “watch & wait”→ è importante far capire questa strategia, infatti è meglio tenersi una linea di terapia per quando il paziente ne avrà bisogno e avrà segni e sintomi da richiedere un intervento terapeutico.

- Se associati a un agente batterico patogenetico: antibioticoterapia in casi selezionati - Se sintomi/effetto massa:

• Monochemioterapia: vecchi ostile con farmaci genotossici (e.g. fludarabina) • Immunoterapia (Rituximab) se CD20+ • Polichemioterapia (CHOP) +/- Rituximab

→ non chemio trattare inutilmente LNH, perché sviluppa resistenze senza che ce ne sia il bisogno (perché di sicuro progredirà).

TERAPIA LNH AGGRESSIVI L’obiettivo è ottenere l’eradicazione della malattia, altrimenti non si avrà sopravvivenza. Stadi localizzati: CHOP a breve termine + Rituximab + radioterapia Stadi avanzati: CHOP a lungo termine + Rituximab

→ Schema base: R-CHOP:

❖ Rituximab (anti-CD20), farmaco immunoterapico. ❖ CHOP→ cocktail di Prednisone e 3 chemioterapici: Ciclofosfamide (alchilante), Doxorubicina (antraciclina),

Vincristina (agente contro-microtubuli) Somministrazione: ogni 21 gg (in alcuni casi ogni 14 gg). Vari tentativi di superare R-CHOP sono sempre falliti nei trial randomizzati→ nessuna combinazione di è dimostrata superiore negli studi caso-controllo→ ha fallito la sostituzione del rituximab con un nuovo CD20 (Obinutuzumab), ha fallito l’aggiunta di un BCR (Ibrutinib), ha fallito l’aggiunta della Lenalidomide. → con R-CHOP perdiamo comunque il 30-35% dei pazienti, ma niente al momento è migliore.

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Tossicità:

• Ematologica (neutropenia, piastrinopenia, anemia) • Stipsi e neuropatia periferica • Cardiotossicità • Sterilità a volte reversibile ma spesso definitiva→ nei pazienti giovani che vogliono avere figli si può proporre la

crioconservazione del seme, mentre nelle pazienti si può mandare in menopausa precoce o prelevare ovociti (procedura più complessa, quindi se la malattia è a rapida crescita può non esserci tempo di fare la crioconservazione).

• scompenso glicidico legato al prednisone.

Rituximab (Mabthera). Ha dimostrato un grande miglioramento alla terapia CHOP→ CD20 è espresso sulle cellule B

mature (non è un pan-B) ed è assente in tutte le altre linee cellulari (neutrofili, monociti, GB, piastrine). È espresso sia nel centro germinativo che nella zona marginale. È un anticorpo monoclonale chimerico, con regioni variabili murine e regioni costanti umane; agisce con 3 meccanismi differenti sul CD20:

• Effetto tossico diretto: induce apoptosi. • Effetto immunologico: attiva la citotossicità mediata da complemento (CDC)→ attiva la via del complemento che

porta alla lisi cellulare. • Effetto immunologico: attiva la citotossicità anticorpo-mediata (ADCC)→ NK macrofagi e PMN esprimono

FCgammaR; l’anticorpo con a porzione variabile si lega a CD20 e con la porzione costante si lega a FCgammaR→ induce queste popolazioni cellulari a fagocitare la cellula neoplastica.

Ora il Rituxumab endovena è diventato un farmaco biosimilare, in quanto è scaduto il brevetto e qualunque azienda può produrlo (ad un costo ridotto). Tuttavia non è del tutto identico all’originale, perché il clone produttore è leggermente diverso da azienda ad azienda→ in Italia si usa il biosimilare che permette un risparmio monetario del 30-40%. È stato recentemente inventato anche il Rituximab sottocute (che è ancora brevettato quindi ha un costo maggiore), che ha un enorme vantaggio in termini di qualità di vita: la degenza di DH si è ridotta da 4 ore a 20 minuti→ gli unici linfomi ad avere indicazione di Rituzimab sottocute sono i linfomi diffusi a grandi cellule B e linfoma follicolare.

CHT vs immunoterapia. Immunoterapia rispetto alla chemioterapia è più “intelligente”; va a targhettare solo le cellule

con CD20 ma targhetta anche i linfociti normali→ tuttavia non induce una grave immunodeficienza perché risparmia i precursori dei linfociti B (perché sono CD20 negativi)→ la clinica infettiva in corso di Rituximab è modesta rispetto alla CHT (solo alcune infezioni virali sono più frequenti ma molto rare).

Radio-immunoterapia. Si è cercato di coniugare a un anticorpo un radiofarmaco, così da sfruttare l’Ab ati-CD20 come

veicolo per portare l’agente radioterapico sul tumore stesso.

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Gli anti-CD20 radio-coniugati sono 2: • Ibritumomab, con Ittrio-90→ unico approvato in Italia e Europa. • Tositumomab con Iodio-131.

È una linea terapeutica possibile, ma è una metodiche un po’ laboriosa perché ci vuole il radiologo che coniuga l‘anticorpo con l’agente radioterapico, poi bisogna stare attenti alla radioattività, …. È poco usato anche se molto utile perché s i limita molto la tossicità generalizzata da radiazioni. Ci sono anche molti nuovi farmaci contro i linfomi: nuovi anticorpo anti CD20, contro nuovi antigeni, inibitori del BCR, inibitori di BCL2 …. Ne parleremo.

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LINFOMA DI HODGKIN LH A VARIANTE CLASSICA picco di incidenza nei giovani, 25-30 anni; in Paesi in via di sviluppo è ancora più anticipato: adolescenti Patogenesi: in gran parte ancora ignota (EBV?). Cellula neoplastica: cellula di Reed-Sternberg o cellula di Hodgkin + “pabulum” reattivo abbondante→ ci sono tante altre cellule come linfociti, plasmacellule, monociti, eosinofili che non fanno parte del clone neoplastico ma sono attratte dalle citochine rilasciate dalle cellule neoplastiche. Tipicamente, si sviluppa con linfoadenopatia (in genere sovradiaframmatica mediastinica), con tendenza a spread centripeto nodale. Interessamento mediastinico quasi costante, mentre i siti extra-nodali sono raramente coinvolti alla diagnosi.

LH A VARIANTE LINFOCITARIA Molto raro (circa 5-10% dei linfomi di Hodgkin), frequentemente monostazionale (nodale). Crescita molto lenta (linfoadenopatia spesso di lunga data alla diagnosi. Ottima prognosi, spesso curabile solo con Rituximab.

TERAPIA Prima linea: CHT. È basata sullo schema ABVD→ è un ottima terapia a distanza di anni. è formato da:

• Adriamicina (antraciclina) • Bleomicina • Vinblastina • Dacarbazina

Tossicità: polmonare (da bleomicina), cardiologica (da adriamicina), non sterilità.

Seconda linea: immunoterapia. Un anticorpo espresso dalla cellule di Reed-Sternberg è il CD30: recettore

transmembrana della famiglia dei TNFR. È stato creato un anticorpo anti-CD30, il Brentuximab. Ha un meccanismo diverso

dal Rituximab, infatti è un DRUG-IMMUNO-CONJUGATED (primo farmaco di questa tipologia). Il farmaco è formato da: • Ab anti-CD30, riconosce selettivamente le cellule di Reed-Sternberg; di per sé non è tossico. • mono-metil-auristatina E: è un veleno mitotico che si lega ai microtubuli delle cellule e induce la morte cellulare. • Linker peptidico (-Cit-Val-): deve essere molto stabile e non aggredibile dalle proteasi, altrimenti la mono-metil-

auristatina E potrebbe essere liberata in circolo in tutto l’organismo genando una tossicità elevatissima.

Il farmaco si lega all’antigene CD30 tramite l’Ab, il complesso Ab-Ag viene internalizzato tramite endocitosi mediata da clatrina→ questa vescicola si fonde con un lisosoma, ricco di proteasi che tagliano il legame peptidico tra Ab e mono metil-auristatina E che può andare così a interagire con i microtubuli bloccando la mitosi- → meccanismo intelligente che porta l’agente chemiotossico dentro le cellule target.

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Il linfoma di Hodgkin è curabile nel 80% dei casi; prima si fa sempre ABVD perché ha un ottimo successo (si è provato a portare in prima linea Brentuximab ma non ha auto così successo).

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NEOPLASIE PLASMACELLULARI

ITER DIAGNOSTICO DELLA COMPONENTE MONOCLONALE Si parte dalla conferma della presenza di componente monoclonale con la sua QUANTIZZAZIONE tramite:

• Dosaggio di Ig: superiore ai valori normali: - IgA: 90-400 mg/dl - IgG: 800-1800 mg/dl - IgM: 60-280 mg/dl - IgD: 0,3-0,4 mg/dl - IgE: 20-440 mg/dl

• Elettroforesi→ ritagliando l’area del grafico corrispondente alla componente monoclonale stessa si può ottenere la stima relativamente precisa della componente monoclonale.

Solo dopo aver accertato la componente M si può passare alla CARATTERIZZAZIONE tramite:

▪ Immunofissazione su siero per Ig ▪ immunofissazione su urine per catene leggere K e Lambda.

→Il solo dosaggio di Ig non dice nulla sulla composizione, perché bisogna individuare se sono policlonali o monoclonali e in questo caso quali sono aumentate.

Immunofissazione su siero: normale e con componente monoclonale.

ITER DIAGNOSTICO Di fronte a una componente monoclonale bisogna interrogarsi se si tratta di:

• Componente monoclonale non IgM→ IgG, IgA, catene leggere K o Lambda, raramente IgD e IgE.

Si tratterà di neoplasie plasmacellulari: o MGUS→ diagnosi più frequente, come reperto occasionale. Può avere anche componente IgM. o Mieloma Multiplo→ se produce solo catene leggere (solo K o solo Lambda) viene definito MM

micromolecolare. o Plasmocitoma o Amilodiosi AL

• Componente monoclonale a IgM→ Altri che possono avere una componente monoclonale di accompagnamento.

o Linfomi indolenti: follicolare, linfoplasmacitoide, marginale. o Leucemia linfatica cronica o Hairy cell Leukemia o MGUS

CARATTERISTICHE FENOTIPICHE DI PLASMACELLULE • CD138+ e CD38+

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• Ig superficie- • CD20- (no risposta a Rituximab). • Espirammo Ig citoplasmatiche: ogni plasmacellule secerne una sola Ig e tutte le cellule dello stesso clone producono

la stessa Ig.

NEOPLASIE PLASMACELLULARI Espansione di un clone plasmacellulare secernente Ig monoclonale→ componente monoclonale sierica o urinaria: infatti alcuni mielomi micromolecolari secernono solo le catene leggere, che passano il filtro glomerulare e si trovano nelle urine→ in questi casi il quadro proteico sierico potrebbe anche essere nella norma.

Classificazione neoplasie plasmacellulari 1) Gammopatia monoclonale di significato indeterminato (MGUS) 2) Mieloma multiplo

• sintomatico • asintomatico (smoldering) • Non secernente • Leucemia plasmacellulare

3) Plasmocitoma • Solitario osseo • Extraosseo (extramidollare)

4) Malattia da deposito di immunoglobuline • Amiloidosi primaria • Malattia da deposito di catene leggere • Malattia da deposito di catene pesanti

MIELOMA MULTIPLO DEFINIZIONE: Criteri fondamentali per la diagnosi sono:

Componente M sierica > 3.000 mg/dl e/o

Plasmacellule midollari > 10% (misuro con BOM o l'aspirato midollare).

Per fare diagnosi di mieloma ne basta uno solo dei 2! Esiste un MM non secretorio: non c’è componente monoclonale ma abbiamo il clone nel MO. Viene poi suddiviso a sua volta in SINTOMATICO e ASINTOMATICO: è importante perché solo il sintomatico richiede terapia, l’altro no→ La sintomaticità si valuta con il CRAB:

MM SINTOMATICO Componente M sierica > 3000 mg/dl

e/o Plasmacellule midollari >10%

Presenza di CRAB (1 o più elementi)

Motivi per cui un paziente giunge a visita medica: - Riscontro di componente M (97%) - Anemia (73%) - Lesioni litiche ossee o dolore osseo (66% e 58%)→ in ortopedia, si fa sempre un quadro proteico elettroforetico se

una frattura non ha altre immediate spiegazioni. - Insufficienza renale (19%)→ molto spesso vanno prima dai nefrologi. - Ipercalcemia (13%)

Patologia scheletrica. Coinvolge ossa lunghe, colonna vertebrale, ossa piatte (bacino).

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Si manifesta con lesioni osteolitiche o un quadro di osteoporosi diffusa (difficile da discriminare rispetto all’osteoporosi dell’anziano) e quadri misti. Condiziona fortemente la qualità di vita: dolore, fratture, fino a danni neurologici molto seri. Patogenesi: aumentato riassorbimento osseo per aumentata attività osteoclastica e ridotta attività osteoblastica→ disaccoppiamento tra attività osteoblastica e osteoclastica che porta a distruzione ossea. Diagnosi:

• RX scheletro: si valuta bene la presenza di lesioni osteolitiche multiple, ma evidenzia le lesioni solo quando la massa ossea è ridotte di almeno il 50%. Può sottostimare la gravità dato che non vede le lesioni piccole e non ha alto potere risolutivo sulla colonna vertebrale.

• RMN: lesioni tipicamente ipointense in T1, iperintense in T2, fortemente captanti il mdc (gadolinio). Ha un alto potere risolutivo sulla colonna vertebrale e identifica anche complicanze neurologiche.

Insufficienza renale. Nel 50% dei pazienti, nel 10-20%% è sintomo di esodio. Patogenesi multifattoriale:

- Proteinuria di Bence Jones→ non tutte le stesse catene hanno la stessa capacità di dare danno renale, dipende dalla loro composizione amminoacidica.

- Ipercalcemia. - Sostanze nefrotossiche: FANS (in caso di molto dolore assumono tanti fans, che su un rene già danneggiato

aumentano il rischio di insufficienza). - Infezioni/disidratazione.

RENE DA MIELOMA MALATTIA DA DEPOSITO DI CATENE LEGGERE

AMILOIDOSI AL

SEDE DEL DANNO

Tubulo prossimale Tubulo distale

Tubulo Glomerulo

Glomerulo

MECCANISMO Danno e atrofia Precipitazione di catene leggere (CL)

Deposizione di catene leggere

Deposizione di amiloide

QUADRO ISTOLOGICO

Cilindri ostruttivi tubulari distali (CL e prot. Tamm Horsfall) Atrofia dei tubuli prossimali

CL a livello del mesangio e della membrana basale dei glomeruli e dei tubuli Glomerulosclerosi nodulare

Fibrille di amiloide a livello mesangiale e vascolare

DANNO FUNZIONALE

Tubulopatia Tubulopatia Albuminuria

Sindrome nefrosica

Sindrome da ipercalcemia. È rilevata in circa il 30-40% dei pazienti con MM, nella metà di questi circa all’esordio, in un’altra metà durante il decorso della malattia Riconducibile patogeneticamente all’aumentato riassorbimento osseo, con rilascio di calcio nel sangue. Manifestazioni cliniche: poliuria, polidipsia, anoressia, nausea, vomito, astenia. Se il quadro persiste: disidratazione, confusione, delirio fino al coma (encefalopatia ipercalcemica).

Morbilità infettiva. Sono esposti a un rischio infettivo aumentato per deficit dell’immunità umorale→ infezioni batteriche, meno virali. Poco frequenti all’esordio, ma aumentano con il progredire clinico della malattia. Le infezioni sono la principale causa di morte nel paziente con MM.

Insufficienza midollare. Anemia secondaria a:

• Invasione midollare: le plasmacellule sostituiscono l’eritropoiesi normale.

• Deficit di EPO causata da IRC→ inadeguata produzione di EPO rispetto ai livelli di Hb.

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• Mielosoppressione post-terapia.

• Produzione di citochine infiammatoria che danno luogo a anemia da disordine cronico.

MM ASINTOMATICO Componente M sierica > 3000 mg/dl

e/o Plasmacellule midollari >10%

Assenza di CRAB

Diagnosi si fa secondo imaging (e non secondo clinica perché ovviamente sarà negativa). Si resta in osservazione con follow up.

STADIAZIONE MM Si fa valutando:

- Biopsia osteomidollare→mostra infiltrato plasmacellulare superiore al 10%. - aspirato midollare per analisi FISH→ importante conoscere alterazioni molecolari. - Valutazione del CRAB:

o Rx sistematica scheletrica o RMN rachide in toto con mdc o calcemia, funzionalità renale, anemia

Esistono diversi sistemi di stadiazione (DS, ISS) e quella secondo il cariotipo FISH: questa è importante per la stratificazione prognostica del paziente e ci permette anche di definire qual è la terapia migliore.

TERAPIA DI MM SINTOMATICO In caso di MM asintomatico, bisogna spiegare bene al paziente il perché non serve la terapia nonostante abbia un tumore. Se invece ha positività del CRAB c’è indicazione a fare terapia, e si distingue in:

- TERAPIA DI SUPPORTO: di eventi scheletrici e dell’anemia. - TERAPIA CITORIDUTTIVA: contro plasmacellule.

Terapia di supporto. 1) EVENTI SCHELETRICI:

➢ Se il danno è focale a livello vertebrale, può essere utile la VERTEBROPLASTICA: inoculo di cemento dentro la

vertebra; ha un significato esclusivamente antalgico, non risolve la malattia.

➢ In caso di lesioni litiche o osteoporosi diffusa, si può usare per via sistemica l’ACIDO ZOLENDRONICO (un

bifosfonato come l’alendronato): viene somministrato ogni 28 giorni ev, seguito nei giorni successivi alla somministrazione di CALCIO e VITAMINA D. inoltra va monitorata la funzionalità renale. Prima di somministrarlo è importante fare una visita odontostomatologica con panoramica dentaria eventualmente una bonifica del cavo orale→ molto importante, infatti ora i casi di osteonecrosi della mandibola si sono ridotti notevolmente facendo prima una visita odontoiatrica (infatti sottoposti a interventi invasivi odontoiatrici in corso di terapia con zolendronato può avere seri rischi di sviluppare osteonecrosi anche molto grave con fistolizzazione).

2) ANEMIA: bisogna prima escludere altre cause (CHT, deficit parziale, deficit di B12, emolisi, …) facendo uno screening

completo. Si può mettere poi in terapia con EPO RICOMBINANTE UMANA se Hb<10 g/dl.

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Terapia citoriduttiva. Si sta evolvendo molto velocemente quindi è difficile parlarne in modo esaustivo, ci sono tantissimi farmaci a disposizione. Sono terapie che non hanno l’obiettivo di eradicare il mieloma, ma allungare la progressione e quindi aumentare la sopravvivenza libera da progressione. Questo perché sono cellule con ciclo cellulare lento, quindi i chemioterapici non agiscono bene su questo tipo di cellule; si gioca quindi su una somministrazione giornaliera a lungo termine, che non eradicano ma controllano la malattia. Si stratifica in base all’età:

➢ Sotto i 70 anni (prima il cutoff era 65): terapia di induzione fino a ottenimento di migliore riposta, seguita da un duplice autotrapianto tramite staminoaferesi periferica (TMO autologo in tandem), a distanza di tre mesi l’uno dall’altro. Sopra i 70 anni: combinazione di 3 farmaci:

o VMP: Bortezomib (nome commerciale: Velcade), Melfalan (agente alchilante), Prednisone. o MPT: Melfalan, Prednisone, Talidomide.

Due tipi di farmaci chemioterapici:

• IMIDs: targhettano e modulano il microambiente (ma anche le plasmacellule): o Talidomide (prima anche usato come antiemetico in gravidanza ma è teratogeno e ha causato focomelie,

quindi poi è stato abbandonato, ma poi è stato scoperto il suo ruolo nel MM) o Lenalidomide: farmaco di seconda linea ampiamente usato in MM. o Pomalidomide: terza linea.

• INIBITORI DI PROTEASOMA: Normalmente, IkB è un inibitore della cascata di NFkB e viene degradato dal proteasoma, questo rende p65 libere, che può andare nel nucleo e attivare la trascrizione di NFkB. Inibendo il proteasoma, si induce il blocco della produzione di NFkB, sia nella via classica che alternativa. Bortezomib, Carfilzomib, MLN9708.

→ le terapie stanno migliorando notevolmente infatti ora c’è anche la possibilità di dare lenalidomide come prima linea e la

nuova frontiera sarà dare IMIDs o inibitori proteasoma insieme a mAb anti-CD38, come DARATUMOMAB→ farmaco

principale nella spesa farmacologica dell’ematologia ad oggi! Ci sono tantissime combinazioni diverse ed è difficile capire quale sia la migliore e quale sia la sequenzialità migliore; si parte con un solo farmaco, poi 2 e 3 fino ad arrivare a 4 insieme. PAZIENTI GIOVANI:

1. Terapia di induzione CHEMIO-FREE, basata su Lenalidomide + Desametasone + Bortezomib. - VTD (bortezomib-thalidomide-desametasone)

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- VCD (bortezomib-ciclofosfamide-desametasone) - PAD (bortezomib-doxorubicina-desametasone)

2. Quando si è raggiunto il plateau nella risposta, si passa a Ciclofosfamide (chemioterapico mobilizzante) che uccide le cellule tumorali residue e mobilizza le cellule staminali, che vengono raccolte e stabilizzate.

3. Consolidamento con TMO autologo doppio: ristadiazione di malattia dopo 3 mesi: se miglioramento della risposta e se tossicità accettabile si effettua secondo trapianto autologo. Se recidiva dopo tempo anche dal secondo, si può fare un terzo, mentre se recidiva dopo più di 6 mesi significa che è non personali alla chemio quindi è inutile un terzo tapinato. Se recidiva dopo anni, si può fare un altro trapianto→ bisogna quindi accertarsi che al momento della raccolta delle cellule staminali si raccolga il quantitativo adatto a tre trapianti, due immediati e uno eventualmente per la recidiva.

→ IL TRAPIANTO AUTOLOGO NON ERADICA LA MALATTIA, ma ne rallenta la progressione. Per eradicarlo, servirebbe un trapianto eterologo, ma viene riservato solo a pochi pazienti. I farmaci che vengono usati sono farmaci che cronicizzano la malattia ma non eradicano, vengono dati a lungo termine→ anche nei trial clinici si utilizzano come endpoints non l’eradicazione della malattia ma la sopravvivenza.

MGUS Frequenti nella popolazione. È una GAMMOPATIA MONOCLONALE A SIGNIFICATO INCERTO; la prognosi è buona, ma ha la possibilità nel tempo di evolvere a MM (possibilità dell’1% annuo, che è molto bassa).

Componente sierica è inferiore a 3000 mg/dl Plasmacellule midollari <10%

Non evidenza di malattia linfoproliferativa Non danno d’organo

→ non si fa nemmeno più la biopsia midollare. Circa nel 10% della popolazione ultra70enne se si fa senza un’evidenza clinica il quadro elettroforetico si ritrova un aumento della componente sierica, quindi poi è necessario caratterizzare la componente monoclonale.

Isotipi. Simili a quelli del MM.

- IgG - IgM - IgA - Solo catene leggere

Evoluzione. • MGUS a IgG può evolvere a qualcosa di plasmacellulare: MM, amiloidosi AL, plasmocitoma solitario. • MGUS a IgM evolve in un linfoma associato a componente monoclonale IgM (marginale, linfoplasmocitico),

indolenti. Rischio di progressione secondo Kyle: 1% annuo→ l’1% di MGUS evolve nel giro di un anno. Dipende da:

- Età: in un ottantenne il rischio è basso di sviluppare un mieloma, in un quarantenne, con un aspettativa di vita di 40 anni ha più probabilità di evoluzione.

- Componente M: paziente con una bassa massa M ha un rischio di evoluzione più bassa, mentre un paziente con una compente più vicina a quella del mieloma ha la possibilità di sviluppare un MM più elevata.

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Monitoraggio. Vanno monitorati una volta ogni 6 mesi poi se stabile anche ogni 12 mesi. Si monitora con:

- Dosaggio di Ig e catene leggere sieriche - Proteinuria di BJ - Immunofissazione su urine - CRAB (Calcio, Creatinina, Emocromo, Visita clinica).

Ora vengono gestiti dall’ematologia solo i pazienti ad alta massa, quelli a bassa massa vengono tenuti sotto controllo dal medico di base.

Approccio.

Modello di progressione clinica. Si pensa che da plasmacellula normale si sviluppi MGUS, in cui già si ritrovano le alterazioni molecolari del MM; dall’MGUS si passa a MM asintomatico (mutazione Ras e deregolazione Myc) e poi a MM sintomatico (indolente poi aggressivo).

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LEUCEMIA LINFATICA CRONICA Le sindromi linfoproliferative croniche sono malattie monoclonali neoplastiche prevalenti nell’adulto anziano caratterizzate dalla proliferazione e accumulo nel midollo osseo, negli organi linfoidi e nel sangue periferico di linfociti. La LLC ne è il prototipo: si presenta in sangue periferico, midollo osseo ma la sua origine è nei linfonodi, nei suoi centri di proliferazione→ da qui si diffonde a tutti gli organi linfoidi.

FENOTIPO Ha un fenotipo caratteristico: sono cellule B quindi esprimono CD19, ma coesprimono anche:

- CD5: è un marcatore tipicamente T ma viene espresso anche da una piccola sottopopolazione B, che è quella che ampliando dà vita alla LLC.

- BCR a bassa intensità. - CD23→ DD con il linfoma mantellare che è CD19+, CD5+ ma CD23-.

EPIDEMIOLOGIA Si riscontra in quasi tutte le popolazioni del mondo con una differente prevalenza:

• in Giappone e Est Asiatico è significativamente meno frequente che nei caucasici. • Predominanza di maschi rispetto alle donne. • Malattia di popolazione anziana: mediana di età di diagnosi di LLC è intorno ai 70 anni.

DIAGNOSI Criteri di IWCLL (International Workshop on Chronic Lymphocytic Leukemia):

Ne 2008 si è distinta la LLC e la Linfocitosi Monoclonale B (MBL) (è il precursore della LLC, un po’ come MGUS per MM): prima questa distinzione non esisteva. La MBL è caratterizzata dallo stesso fenotipo di LLC ma ha una quota di linfociti B monoclonali inferiore a 5 x 109/L.

CD200: marcatore poco specifico ma associato a CLL.

QUADRO CLINICO Nella maggior parte dei casi la diagnosi è occasionale agli esami ematochimici, senza sintomi. In alcuni casi i pazienti si presentano con un quadro clinico specifico, si può avere:

• Aumento volumetrico di linfonodi superficiali (indolenti, mobili, teso-elastici, senza tendenza a confluire.

• Splenomegalia

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• Possibile aumento volumetrico di linfonodi profondi (ma il paziente non se ne accorge)

• Anemia e/o piastrinopenia

• Complicanze infettive→ si associa a un quadro di immunodeficienza acquisita.

Anemia. Le cause possono essere da:

- Ridotta eritropoiesi secondaria ad espansione del clone linfocitario - Aumentata eritrocateresi splenica nei pz con splenomegalia - Autoanticorpi antieritrocitari (anemia emolitica autoimmune), può essere una complicanza autoimmune della LLC.

INDAGINI DI LABORATORIO ESAME EMOCROMOCITOMETRICO:

• Linfocitosi (> 5.000/ uL)

• Morfologia dei linfociti

• Possibile riscontro di anemia e/o piastrinopenia (10-15% dei casi)→ prima cosa a fare in caso di anemia è escludere tutte le altre cause, solo dopo si può riferire l’anemia alla LLC.

IMMUNOFENOTIPO: studio del fenotipo di membrana dei linfociti. - Markers dei linfociti B (CD19, 20, 21, CD23) - CD5 (a bassa intensità) (CD5/CD19 +) - Ig di superficie (IgM o IgD) a bassa densità con restrizione monotipica per le catene leggere

ASPIRATO MIDOLLARE: infiltrazione linfoide midollare > 30%. BIOPSIA OSSEA: valutazione del tipo di infiltrazione midollare e dell’emopoiesi residua. →(in realtà per fare diagnosi non servono più né aspirato né biopsia, bastano esami). INDAGINI STRUMENTALI: ECO addome, RX torace, TC torace e addome. A volte anche TC total body. INDAGINI DI LABORATORIO: dosaggio di Ig sieriche con quadro proteico elettroforetico per vedere se ci sono componenti M di accompagnamento→ se ci sono, saranno componenti a IgM essendo pre-plasmacellulare. Ci potranno essere anche condizioni di ipogammaglobulinemia. TEST DI COOMBS: necessario perché si può associare a malattie autoimmuni.

STADIAZIONE Dopo aver fatto diangosi, si passa alla stadiazione, esistono due metodi:

o RAI: individua 5 stadi, da 0 a IV. Prende in considerazione le aree di linfoadenopatie, presenza o assenza di

splenomegalia, Hb e piastrine.

o BINET: individua 3 stadi, A-B-C. prende in considerazione: aree nodali coinvolte, Hb e piastrine.

PATOGENESI Esiste una predisposizione genetica in una percentuale molto piccola (5-10%) che quindi sviluppa una patologia ereditaria ma non con trasmissione mendeliana.

• I processi di iniziazione sono la delezione del 13q e la trisomia del 12→ sono delezioni mutualmente esclusive. In pochi casi la mutazione di MYD88.

• Una volta acquisita una di queste mutazioni, interagisce con il microambiente e inizia a sviluppare mutazioni sequenziali tra cui BCR.

• Il clone cresce rimanendo indolente e nel corso di anni acquisisce nuove mutazioni: TP53, NOTCH1, SF3B1 e BIRC3, ATM (molte sono state scoperte qui a Novara)→ Non sono lesioni inizianti ma conferiscono al clone poco alla volta la maggiore propensione alla progressione clinica, la chemio-refrattarietà (TP53) e la trasformazione in altri tipi di linfomi a grandi cellule.

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I target molecolari principali nella cascata del BCR sono la PI3K e BTK, oltre a BCL2.

Ruolo di BCR nell’espansione del clone. È documentata da numerose evidenze:

- Evidenze strutturali: alta frequenza di BCR stereotipati, cioè con riarrangiamenti VDJ molto simili, che possono essere classificati in subset ad alta omologia tra un paziente e l’altro. Si stanno anche studiando i valori prognostici di alcuni subset: il tipo 1, 2 e 8 configurano una prognosi particolarmente sfavorevole.

- Evidenze funzionali: l’attivazione di BCR in sistemi di coltura favorisce la sopravvivenza delle cellule B. - Evidenze cliniche: forte associazione tra decorso clinico e stato mutazionale dei geni di Ig, la risposta agli inibitori di

BCR→ sono diventati la terapia fondamentale. → È una patologia dipendente dall’ospite (addected to host): riceve stimoli a favore di crescita e sopravvivenza tramite molti altri pathway molecolari dialoga con il microambiente→ CXCL12-CXCR4, NOTCH1-NOTCH-L, CD38-CD31, CD49D-VCAM1.

Mutazione di BCR. ❖ DELEZIONE 13q14: è la mutazione più comune, in circa il 50% dei pazienti. Comporta la perdita di due microRNA, miR15

e miR16. I miRNA hanno la funzione di reprimere la trascrizione di uno specifico mRNA in proteina. Il 15 e 16 hanno funzioni importanti:

o Inibiscono l’espressione proteica delle cicline D2, D3, E e di CDK4 e CDK6 (due partner di cicline); in questo modo rallentano il ciclo cellulare o lo inibiscono→ una delezione quindi porterà a un aumento del ciclo cellulare.

o Inibiscono espressione di BCL2, favorendo l’apoptosi→ una delezione quindi porterà a una sovraespressione di BCL2 e le cellule saranno protette dall’apoptosi.

Nel modello murino, la delezione di miR15-16 induce prima MBL che poi può evolvere in LCC e poi può evolvere in linfoma a cellule giganti (sindrome di Richter).

❖ TRISOMIA 12: meno frequente, da notare che la maggior parte delle trisomie 12 non si sovrappone alla delezione 13q14,

perché sono mutualmente esclusive. ❖ LESIONI TP53: si accumulano nel tempo; è un perditore di scelta terapeutica→ è un marcatore di refrattarietà ai farmaci

genotossici. TP53 può essere: o Deleta→ diagnosticabile tramite FISH. o Mutata: le mutazioni solitamente colpiscono il dominio di legame della p53 al DNA (DNA-binding demain)→

diagnosticabile con sequenziamento. o

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→ in tutti i pazienti si ricercano sempre tutte le mutazioni possibili di TP53quindi si fa sempre sia FISH che sequenziamento. →le lesioni di TP53 possono svilupparsi nel tempo: se alla prima richiesta di trattamento possono essere negative, ma dopo aver fallito la prima linea di terapia il test va ripetuto perché sale la percentuale di mutazioni.

HEATMAP: grafico in cui ogni colonna è un paziente, ogni riga è una lesione molecolare.

CAUSE DI MORTE Possono essere non correlate con malattia, soprattutto in caso di malattie molto stabili e in pazienti anziani:

- Secondaria a neoplasie: predispone ad altre neoplasie sia solide che ematologiche. - Citopenia autoimmuni: trombocitopenia autoimmune, anemie emolitiche. - Immunodepressione: alto rischio infettivo, sia per colpa della leucemia stessa sia per le terapie (CHT o mAb). - Refrattarietà - Trasformazione istologica in linfoma aggressivo, quindi a linfoma diffuso a grandi cellule B.

DECORSO CLINICO Eterogeneità:

- Pazienti altamente stabili: non progrediscono negli anni e magari non richiederanno neanche terapia.

- Lentamente progressivi: richiederanno terapia molti anni dopo la diagnosi.

- Rapidamente progressivi: iniziano terapia subito dopo la diagnosi ma dopo anni possono richiedere nuovi cicli di terapia; a ogni ciclo, il tempo intercorso è sempre meno e il clone è sempre più aggressivo.

Bisognerebbe capire il prima possibile in che categoria di progressione si posiziona il paziente, servirebbero dei marker prognostici che definiscano la categoria, ma non si hanno con precisione. Si possono però dividere in due categorie a seconda della MUTAZIONE DEI GENI DELLE IG (IgVH): quando le cellule B transitano nel centro germinativo acquisiscono mutazioni tramite il processo di premutazione somatica; è un processo fisiologico per diversificare il repertorio delle cellule B. Nella LLC:

- Una parte di cellule (60%) deriva da cellule B che sono maturate nel centro germinativo, quindi avrà accumulano mutazione dei geni delle Ig.

- Il 40% deriva da cellule che sono maturate al di fuori del centro germinativo e non hanno subito l’ipermutazione somatica non hanno maturato nel cento germinativo.

I pazienti con un assetto non mutato dei geni delle Immunoglobuline hanno una prognosi più sfavorevole rispetto ai pazienti con un assetto mutato→ la mutazione ei geni di Ig marcatore prognostico molto importante e predittivo di scelta terapeutica.

APPROCCIO TERAPEUTICO Nei PAZIENTI ASINTOMATICI, si attua il Watch and Wait: non è necessario fare terapia→ non c’è differenza di sopravvivenza tra pazienti che hanno subito terapia alchilante e chi non ha subito terapia→ bisogna spigare bene al paziente che non c’è necessità di malattia anche se i farmaci ci sono. PAZIENTI SINTOMATICI: hanno uno stato attivo di malattia i pazienti con:

- Anemia e/o trombocitopenia, dopo che sono state escluse cause autoimmuni→ prima linea è cortisone. - Malattie autoimmunitarie che rispondono poco agli steroidi. - Splenomegalia progressiva e sintomatica - Linfonodi sintomatici e massivi - Sintomi costitutivi: calo ponderale superiore al 10% del peso corporeo, febbricola, sudorazione notturna→

raramente i sintomi costitutivi da sono una indicazione al trattamento nella LLC.

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- Linfocitosi progressiva: raramente è indicazione se da sola, non c’è necessità di fare terapia perché il paziente sta bene, a meno che non concorrano anche altri sintomi.

→ spesso uno solo di questi non basta per giustificare il trattamento! • 1/3 dei pazienti non necessita di terapia • 1/3 dei pazienti, dopo un periodo di decorso “indolente”, presenta una progressione che richiede terapia • 1/3 dei pazienti richiede immediata terapia per malattia aggressiva

Le finalità della terapia sono diverse a seconda dell’età, dello stadio, della presenza di sintomi e dall’aggressività della malattia:

- Contenimento della malattia - Risoluzione dei sintomi - Prolungamento della sopravvivenza - “Eradicazione” della malattia

LINEE TERAPEUTICHE • Chemioterapia: Fludarabina (antimetabolita), Ciclofosfamide

(alchilante). • Immunoterapia: Rituximab anti-CD20.

→ schema FCR. L’opzione di chemio-immunoterapia è ancora attuale ma negli ultimi anni sono entrate altre strategie. TP53 e terapia FCR: i pazienti con delezione p53 falliscono la terapia con FCR; lo sesso vale per pazienti mutati→ per questo motivo lesioni di TP53 sono un’indicazione ad aviare terapia con i nuovi farmaci (una volta i ricorreva ad altri metodi come il trapianto, ma ora ci sono i nuovi farmaci).

Nuovi farmaci Sono inibitori della cascata di BCR:

✓ IBRUTINIB (anti-BTK): inibisce la proliferazione a livello dei linfonodi. Inizialmente si associa a linfocitosi

transitoria→ linfocitosi da redistribuzione, perché i linfonodi vengono spremuti e diminuiscono di dimensioni- fuoriescono dal linfonodo, rimangono nel sangue periferico per qualche mese e poi pian piano muoiono.

✓ IDELALISIB (anti-PI3K): induce anch’esso una spremitura dei linfonodi, spinge i linfociti a uscire dai linfonodi e ad

entrare in circolo per poi morire.

Lo scopo non è l’eradicazione ma è il contenimento, sono terapie di lungo corso, a vita (appena vengono sospese riprende la malattia). Non tutti i Paesi hanno come copertura nazionale l’Ibrutinib: unici sono stati Europei e alcuni Asiatici. Quasi tutte le LLC sono precedute da MBL.

TRASFORMAZIONE A SINDROME DI RICHTER È la trasformazione in un linfoma aggressivo, di solito a grandi cellule B. Non sempre ci si pensa, bisogna porsi il sospetto clinico tramite: aumento di LDH, sintomi B, coinvolgimento extranodale. La conferma poi è bioptica: si fa PET per individuare il linfonodo più reattivo (con più alto SUV) e poi si biopsia proprio quello, perché non è detto che tutti i linfonodi sano coinvolti da questa trasformazione. Una volta diagnosticata, la terapia è molto più aggressiva e specialistica quindi non la trattiamo.

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PRECISION MEDICINE

DALLA “ONE SIZE FITS ALL” ALLA PRECISION MEDICINE Con la CHT standard (ad esempio nel linfoma diffuso a grandi cellule B trattato con Rituximab-CHOP) si utilizza l’approccio “one size fits all”: si applica cioè a tutti i pazienti la stessa terapia, dove alcuni daranno una buona risposta mentre altri non risponderanno. (con un tasso di successo del 60% circa e un 40% di fallimento). È un approccio ancora in uso ma con dei limiti: la popolazione di pazienti, pur a parità di categoria istopatologica, ha una certa eterogeneità, data dal genoma della malattia→ è un aspetto che tradizionalmente non è entrato nelle scelte terapeutiche. Due nuovi settori di studio:

- GENETICA COSTITUZIONALE: molti chemioterapici hanno dei metabolismo diversi a seconda dell’assetto genetico costituzionale del paziente. È un settore ancora molto poco esplorato e utilizzato dalla genetica molecolare di malattie oncologiche ed ematologiche.

- GENETICA SOMATICA del tumore è la base della nuova Precision Medicine: si basa sul principio di “cucire” la terapia su misura del pazinete(“approccio sartoriale”) sia sulle caratteristiche cliniche che dal punto di vista genotipico della malattia→ si danno farmaci differenti a seconda delle lesioni molecolari della malattia. (Es. leucemia linfatica cronica: pazienti con p53 mutato non rispondono alla CHT quindi dovrò tentare un’altra linea terapeutica). È un approccio che prende in considerazione differenze individuali per guida il trattamento. È resa possibile da metodiche molto potenti per caratterizzare il paziente, le cosiddette “-omics”: genomics, epigenomics, proteomics, ….

DECODIFICARE IL GENOMA DI UN TUMORE Confronto tra due possibili approcci classici per sequenziare il genoma, concettualmente diversi (non ci interessa la tecnica): ❖ SEQUENZIAMENTO SANGER:

o Permette di sequenziare fino a 1000 paia di basi, quindi se ci serve sequenziare una lunga sequenza di DNA ci metteremo tantissimo tempo; già solo p53 ha 11 esoni quindi è lungo. Se si devono analizzare più predittori di malattia, ci mettiamo tanto tempo. Tuttavia, si riesce a selezionare quello che vogliamo sequenziare, quindi si verifica un bias.

o Ha una sensibilità del 15-20%: permette di individuare una mutazione presente nel 15-20% delle cellule esaminate. ❖ NEXT GENERATION SEQUENCING (NGS):

o Ha una sua applicazione concreta: si può sequenziare l’intero genoma o exoma→ porzione codificante del genoma, che è l’1,5% di genoma totale che contiene il 90-95% di mutazioni oggi note per essere associate a malattie. Si sta aprendo un importante capitolo delle mutazioni delle porzioni non codificanti del genoma→ permette di avere un idea di 25.000 geni tutti insieme, dà una copertura totale.

o Ha una sensibilità maggiore, fino a 10-3: si identifica cioè una mutazione su 1000 alleli. Questo è importante perché soprattutto nelle malattie ematologiche ci possono essere delle eterogeneità molecolari perché la popolazione neoplastica nel tempo si diversifica→ permette di individuare le differenze sublconali.

NUOVO MODELLO DI FARE SPERIMENTAZIONE CLINICA Si stanno affacciando nuovi trial clinici basati su questo nuovo concetto di precision medicine:

1. Si parte dall’analisi NGS, si caratterizza l’exoma. 2. Sulla base di exoma, si sceglie la terapia target che può targhettare una sola mutazione o anche più di una→ su

mutazioni gain of function si targhetta con farmaci inibitori, su mutazioni loss of function è più difficile agire. 3. A questo punto:

a. Se il paziente risponde ed è libero da progressione→ Analisi di Minimal Residual Disease (MRD): si traggono dei marcatori molecolari dalle analisi di NGS, serve un marcatore per verificare la MRD.

b. Se il paziente non risponde→ si rianalizzano i dati di NGS e se si hanno altri farmaci disponibili si tentano di targhettare altre mutazioni gain fo function che prima si erano ignorate.

c. Se il paziente risponde ma poi recidiva: significa che ha acquisito mutazioni genetiche nuove, quindi si ripete l’NGS e si compara per vedere sono le nuove lesioni molecolari acquisite.

→ è un nuovo approccio che nei trial clinici è già una realtà, mentre nella pratica clinica non ancora. Negli USA è stato fatto un grosso finanziamento, chiamato Precision Medicine Initiative (PMI): come primo modello della PMI si sono

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scelte le neoplasie, perché il modello è più semplice (rispetto ad altre malattie come quelle metaboliche e cardiovascolari): facendo analisi comparativa del genoma del tumore (con lesioni somaticamente acquisite) rispetto al genoma germ-line e sottrarre tutte i polimorfismi “privati” (propri solo del tumore). Nelle malattie ereditarie o con una predisposizione multifattoriale, non c’è la possibilità di effettuare questa comparazione, quindi il modello è più difficile.

NOZIONI ETICHE DELLA SPERIMENTAZIONE Il documento base per la ricerca medica è la DICHIARAZIONE DI HELSINKI:

Articolo 19: “la ricerca medica è giustificata solo se c’è una probabilità ragionevole che le popolazioni in cui la ricerca si sviluppi beneficino successivamente dei risultati della ricerca”

→ devo accertarmi che se sperimento un farmaco su una popolazione (es. in Africa), poi questo farmaco deve essere veramente accessibile anche in questi Paesi. Se così non fosse avrei fatto uno sfruttamento (exploitation) di popolazioni economicamente vulnerabili. Classificazione degli stati in base al reddito (income):

- Basso reddito: il reddito procapite è inferiore ai 1000 dollari lordi l’anno. - Medio reddito: in reddito procapite è dai 1000 ai 12.000. - Alto reddito: sopra i 12.000. qui ci sono collocati i paesi come Italia e molti europei, man on tutti.

Qualunque prodotto sviluppato in una ricerca dovrebbe diventare maggiormente disponibile nella popolazione della ricerca; se ci sono delle ragioni a priori che fanno intuire che ciò non è possibile, allora il trial non deve essere fatto, perché sarebbe sfruttamento della popolazione. Qualunque sperimentazione clinica di un farmaco innovativo parte da una comunità accademica ma poi viene sponsorizzata da industrie farmaceutiche, perché i costi non sono sostenibili dalla stessa comunità accademica. Quali paesi sono coinvolti negli studi? Sono coinvolti soprattutto paesi a medio reddito:

• In Africa: sono coinvolti solo Sudafrica, Algeria, Tunisia e Egitto, tutti gli altri sono a basso reddito e non sono utilizzati. • Altri paesi: Russia, Cina, India, ….

→ in oncoematologia, i MIC (Middle Income Countries) sono coinvolti solo in minima parte negli studi di I e II fase, ma molto di più in quelli di III fase in oncologia (tumori solidi) vengono maggiormente utilizzati.

Perché si sceglie di fare un trial oncoematologico in Paesi a medio reddito rispetto? Dal punto di vista dello sponsor, i vantaggi sono vari:

➢ Minori costi di ricerca per ogni paziente→ lo sponsor paga all’ospedale un patient fee, una somma in denaro per ogni paziente: sono 30-40.000 euro che non vanno al ricercatore ma all’istituzione. Le fasi 1 hanno una fee più bassa, le fase 3 hanno una fee più alta (le Car-T cells avranno una fee più alta perché è più costoso gestirle).

➢ Disponibilità di pool molto ampi di pazienti, di numerosità più ampia. Il paziente deve firmare un consenso informato con libertà di scelta e se anche rifiuta, gli viene comunque garantita gratuitamente la SOC (standard of care), quindi la terapia migliore al momento, che sarà uguale al novo farmaco (teoricamente). Questo concetto di copertura universale con SOC per i tumori vale per pochi Stati (in quasi tutti gli stati europei e pochi altri), mentre il 40% dei pazienti al mondo non fruisce di questo→ quindi in questi Stati se si rifiuta il trial ci si ritroverebbe a dover pagare di tasca propria i farmaci, quindi l’adesione al trials non sarebbe libera, ma condizionata!

Tutto questo però deve confortarsi con la dichiarazione di Helsinki! È importante che i paesi a medio reddito partecipino ai trial clini oncoematologici, ma devono esserci delle garanzie che i farmaci innovativi che abbiano dimostrato una superiorità rispetto allo SOC poi siano accessibili da tutti, compreso l’aspetto economico (devono essere affordable). Attenzione però

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che la sola accessibilità non è sufficiente a renderlo affordable da tutti! Da questo deriva una clausola etica: i farmaci devono diventare accessibili a prezzi proporzionali al PIL del paese→ criterio del JUXTUM PRETIUM.

Lista degli Essential Medicines. È stata definita dalla OMS e viene emanata ogni anno, è la lista dei farmaci essenziali che devono esser accessibile a tutto il mondo, anche se non è ancora la realtà. Tra questi ci sono: rituximab, imatinib, trastuzumab. Anche all’interno dell’UE c’è una gradiente di accesso ai farmaci; per quanto riguarda la LLC, farmaci salvavita innovativi vengono resi disponibili in Germania e Austria 12-18 mesi prima rispetto all’Italia→ possono fare una grossa differenza quei mesi!

Innovazione incrementale. L’india ha generato un nuovo modello di pensiero che prevede l’innovazione incrementale: un farmaco oltre che esser innovativo deve prevedere un incremento sostanziale di efficacia→ in India vengono commercializzati solo farmaci che rispettano questa clausola: ad esempio in India l’Imatinib non è stato approvato, perché era già presente in forma alfa-cristallina e il suo passaggio a forma beta-cristallina è stato considerato troppo poco innovativo dal punto di vista incrementale quindi non è stato accettato. Es. Car-T cells: c’è il cut off di 26 anni, oltre i quali non si può più rientrare nel trial.

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BASI BIOLOGICHE DELL’IMMUNOTERAPIA

DRUG IMMUNO-CONJUGATES Consiste in tee elementi fondamentali:

• mAb diretto contro un antigene qualsiasi→ consente la specificità del farmaco. • Linker proteico: garantisce che il payload rimanga legato all’mAb e venga portato alla cellula tumorale senza che

venga disperso nell’organismo causando tossicità. • Payload: è una molecola citotossica che consiste in un chemiofarmaco: Calichaemicina o Mono-Metil-Auristatina E

(MMAE).

MECCANISMO GENERALE L’anticorpo si lega all’antigene scelto e viene internalizzato nell’endosoma, che si fonde con i lisosomi; questi degradano e frammentano l’anticorpo e il linker e in questo modo si libera il farmaco→ effettua la sua attivazione citotossica in modo molto specifico.

• Calichaemicina: è un intercalante, agisce nel nucleo danneggiando il DNA. • MMAE: agisce sui microtubuli del fuso mitotico, è un veleno mitotico simile alla vincristina.

Per poter aver questo effetto bisogna scegliere antigeni che non rimangano sulla superficie cellulare dopo legame con l’anticorpo, devono essere antigeni con un’alta percentuale di internalizzazione→infatti se così non fosse rimarrebbero sulla superficie anche dopo il legame con l’Ab e non si avrebbe nessun effetto. Questo non vale per farmaci che utilizzano strategie diverse: es. rituximab attiva citotossicità mediata da anticorpi o da complemento, quindi serve che l’anticorpo resti in membrana.

Es. POLATUZUMAB VEDOTIN→ farmaco per LNH. Formato da:

• Ab anti-CD79: espresso nella maggioranza delle cellule B mature (ad eccezione di plasmacellule) nella maggioranza delle neoplasie B→ è rapidamente internalizzato, quindi è un target ideale.

• Linker • MMAE

IMMUNE-CHECKPOINT INHIBITORS Per attivare un linfocita T serve un segnale mediato da TCR, che garantisce anche il riconoscimento specifico dell’antigene. Seve però anche un secondo segnale costimolatorio (come CD28-CD80) o può essere un segnale coinibitorio (tra cui PD1-PDL1). In natura c’è un equilibrio tra segnali costimolatori e inibitori: se però prevalgono i costimolatori prevale una maggiore citotossicità contro le cellule neoplastiche (ma come effetto collaterale si avrà anche una ridotta sorveglianza contro il self, con probabilità di avere eventi autoimmuni). Come si può avere questo sbilanciamento per poter sfruttare la citotossicità anti-tumorale? Si aumentano i segnali costimolatori o, più semplicemente, si riducono i segnali coinibitori.

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PD1-PDL1 Downregola attivazione delle cellule T con differenti meccanismi: attiva la fosfatasi PTEN→ spegne la fosforilazione attivata dal TCR→ inibizione di pathway importanti PI3K, AKT, mTOR, RAS, … Una cellula T si lega a una cellula tumorale tramite il TCR, che invia un segnale attivatorio; tuttavia le cellule tumorali esprimono alti livelli di PDL1: in questo modo la cellula T riceve un secondo segnale coinibitorio, che inattiva la via di trasduzione del TCR→ la cellula T viene paralizzata dal segnale PD1-PDL1, il comando definitivo sarà “do not eat”. Si può agire con farmaci anti-PD1 o anti-PDL1: la cellula T in questo modo riceverà solo il segnale stimolatorio del TCR ma non più il coinibitorio→ il comando finale sarà quindi “eat”. A questo punto le cellule T possono uccidere le cellule tumorali con i soliti meccanismi: citochine, granzimi, Fas/FasL. Farmaci anti-PD1: NIVOLUMAB e PEMBROLIZUMAB. Farmaci anti-PD-L1: ATEZOLIZUMAB, DURALUMAB, AVELUMAB. La scoperta di modulazione di questi meccanismi è valso il premio Nobel per la medicina e sono già applicati nei tumori solidi ma anche nelle malattie linfoproliferative, tra cui anche il LH.

CTLA4-CD80 È un altro segnale coinibitorio: le cellule tumorali esprimono CD80 che si lega a CTLA-4 sui linfociti T e invia una segnale coinibitorio→ segnale “do not eat”. Agendo con mAb anti-CTLA4 (IPILIMUMAB) si blocca questo legame e prevale il segnale “eat”.

CD47R-CD47 Non coinvolge i linfociti T ma i monociti-macrofagi. Il CD47 è presente sulle cellule tumorali che invia un segnale coinibitorio al CD47R presente sui macrofagi. Ab anti-CD47: blocca il legame coinibitorio quindi prevale il segnale costimolatorio e il macrofago uccide la cellula neoplastica. L’elevata espressione di CD47 in linfociti e leucemie è un fattore prognosticamente negativo (in assenza di terapia).

BISPECIFIC ANTIBODIES

Nuova frontiera, si crea un anticorpo con una doppia specificità: non ci interessa più il dominio FC, ci interessa solo la sua regione variabile, che però deve essere doppia→ Bispecific T-Cell Engager. Il prototipo è il BLINATUMOMAB: Ab anti-CD3 e anti-CD19, riconosce cellule B (sia in linfomi che leucemie); porta le cellule T in prossimità delle cellule neoplastiche e direziona la lisi direttamente su queste. Forma quindi un ponte e permette il riconoscimento di antigeni associati alla neoplasia→ è indipendente dal TCR e da MHC, non serve più. Effetto collaterale avverso: aplasia delle cellule B→ infatti agirà anche contro le cellule normali che esprimono CD19, ma poi ci sono le cellule staminali che possono rigenerarle.

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CAR-T CELLS

Nuova opzione terapeutica emergente da poco approvata in Italia solo indicazioni molto ristrette: linfoma diffuso a grandi cellule B recidivato refrattario e per la leucemia acuta linfoblastica. È una terapia cellulare. Tutte le cellule T mature esprimono il TCR che ha una parte diretta contro specifici antigeni e una parte intracellulare che trasduce un segnale specifico. Si può generare un recettore “personalizzato”: si sceglie l’antigene contro il quale il recettore si vada a legare, si crea un Ab monoclonale, si prendono le sue ragioni variabili e le si lega a un dominio intracitoplasmatico (a piacere, può essere quello del TCR o anche altri a seconda del segnale che vogliamo generare)→ CAR: Chimeric Antigen Receptor. → la parte esterna conferisce la selettività, mentre la parte intracellulare è responsabile della citotossicità. Inizialmente esisteva sol un tipo di CAR con il dominio citoplasmatico del CD3, formato cioè da un solo dominio stimolatorio; ora invece si possono creare anche domini citoplasmatici formati da più domini costimolatori. Ne vengono prodotte di tantissimi tipi diversi ora, soprattutto in Cina. Per ora non sono ancora commercializzate in Europa e quando lo saranno avranno sicuramene un costo più basso di quello he hanno ora (che si aggira sui 465.000 dollari per paziente).

MECCANISMO D’AZIONE La cellula T ingegnerizzata con il CAR riconosce la cellule neoplastica tramite il CD19 e induce:

• Attivazione citotossica: rilascio di perforine, granzimi, Fas/FasL. • Rilascio citochinico pro-infiammatorie: è alla base degli effetti collaterali delle CAR-T→ sindrome da rilascio

citochinico: si controlla con anticorpi anti-IL6. • Rimangono nell’organismo e possono anche dare una memoria; non sappiamo quanto rimangono in circolo

nell’organismo (per ora il massimo dimostrato è 10 anni).

Si stanno espandendo le CAR-T anche verso altri antigeni oltre CD-19.

PRODUZIONE DI CAR-T Dura circa un mese, è un processo laborioso:

1) Leucoaferesi di cellule T autologhe del paziente e vengono spedite in New Jersey. 2) Vengono ingegnerizzate tramite trasduzione con vettore virale che porta il recettore chimerico 3) Vengono espanse 4) programma di CHT pe indurre linfodeplezione e far spazio alle CR-T, che vengono infuse.

Il problema è che un mese è tanto per un paziente con una malattia refrattaria, quindi bisogna trovare i giusti farmaci per farlo resistere. Solo alcuni centri autorizzati possono trattare, serve un equipe che comprenda ematologo, rianimatore e neurologo→ la tossicità neurologica è molto grave e ancora non totalmente compresa.

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BIOPSIA LIQUIDA È un approccio che si sta sviluppando sia in oncologia solida che in oncoematologia; non è ancora entrato nella pratica clinica ma in futuro lo sarà. È un insieme di test mininvasivi che vogliono guardare i genotipo o il trascrittoma del tumore sul plasma, senza più necessità di fare una biopsia. Il presupposto di base è che tutte le cellule rilasciano frammenti di DNA, chiamato DNA libero circolante (cell-free DNA-cfDNA) nel plasma, quindi l fanno anche le cellule tumorali, liberano DNA tumorale circolante (cell-tumor DNA-ctDNA) che si mescola al resto.

Facendo una biopsia tissutale, che rimane fondamentale per la diagnostica, si analizza il genotipo della neoplasia solo in un sito e non in tutti gli altri→ si rischia di individuare solo un subclone, magari ignorando il clone che è responsabile della chemio-refrattarietà. Con la biopsia liquida si ha una fotografia in tempo reale di tutte le sedi della malattia, perché da tutte le sedi viene rilasciato il DNA tumorale circolante che passa nel plasma. Il prelievo può essere ripetuto tutte le volte che si vuole perché non ha restrizioni né dal punto di vista etico né di compliance (non si può ribiopsiare un sito tutte le volte che c’è recidiva).

APPLICAZIONI Individuazione del genotipo. NGS è venuta in aiuto: ci si può costruire un pannello di geni coinvolti in ogni malattia, che vengono esplorati su plasma con determinate accortezze→ permette di avere uno sguardo al profilo mutazionale dell’intera malattia. Molto usati in linfoma diffuso a grandi cellule B e Linfoma di Hodgkin. La biopsia liquida vede l’80% delle mutazioni presenti sulla biopsia tissutale e in più ne vede altre che non si vedono nella biopsia perché sono presenti in altre sedi di malattia (c’è qualche dubbio sul SNC)→ vede cose in più. Vede anche qualcosa in meno, che sono le mutazioni presenti in men del 20% delle cellule della biopsia tissutale: è un problema di sensibilità della metodica.

Evoluzione clonale. I paziente con linfoma diffuso a grandi cellule B trattati con R-CHOP vengono monitorati nel tempo: quelli che rispondono negativizzano il profilo mutazionale su plasma, quelli che non rispondono mantengono il profilo uguale. In corso di recidiva (nei pazienti che si erano negativizzati) possono ricomparire alcune mutazioni uguali a prima ma ne compaiono anche di nuove.

Predizione dell’outcome e monitoraggio della MRD Si è cercato un utilizzo pratico di questa metodica. Si è utilizzato come modello il linfoma a grandi cellule B. Sono stati definiti due endpoint: al secondo e terzo ciclo di R-CHOP

1) Risposta molecolare precoce: caduta di almeno 2 logaritmi rispetto al carico mutazionale di plasma alla diagnosi. 2) Risposta molecolare maggiore: caduta di almeno 2.5 logaritmi rispetto al carico mutazionale di plasma alla diagnosi.

I pazienti che raggiungono la risposta molecolare precoce o maggior hanno una prognosi migliore rispetto a chi non la raggiunge. Stratifichiamone della PET: quelli PE positivi possono essere stratificati in base al profilo molecolare su plasma:

• Blu: PET negativi e risposta molecolare su plasma negativa • Rosso: PET positivi con malattia molecolare su plasma

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• Gialli: PET positivi negativi ma positivi su plasma. → è una stratificazione importante perché riconosce i falsi negativi della PET.

Serve tuttavia un navigatore altamente predittivo nel percorso di terapia senza attendere la fine→ modello CIRI (Continuous Individualized Risk Index). Considera alcuni fattori prognostici:

• Fattori di rischi pretrattamento: o Stadiazione e prognosi alla diagnosi o Cellula di origine (centro germinale o no) o Quantità di DNA circolante alla diangosi

• Fattori dinamici: nel corso della terapia: o PET interim a, quarto ciclo di terapia senza aspettare la terapia o Risposta molecolare precoce o Risposta molecolare maggiore

→ acquisisce man mano dati clinici e laboratoristici sempre più complessi nel corso della malattia. Creando questo score possiamo ipotizzare due percorsi differenti: due soggetti (verde e rosso) con stessi fattori di rischio pretrattamento, la loro storia diverge drasticamente:

- Il verde ha un BASSO CIRI: raggiunge la risposta molecolare precoce, maggiore e la negatività della PET→ diventa lungo-sopravvivente.

- Il verde invece ha un ALTO CIRI: non ha raggiunto nessuno tra risposta molecolare precoce, maggiore e negatività della PET→ muore a breve.

→ si possono stratificare i pazienti con criteri dinamici senza attendere la fine della malattia!

Un altro buon modello per il CIRI è risultato essere il Linfoma di Hodgkin: ci sono poche cellule di Reed-Sterneberg quindi si può pensare che la quantità di ctDNA rilasciato sia poco, in realtà sono poche cellule ma rilasciano tanto DNA. → Si può utilizzare anche per tumori solidi come i linfomi che sono più difficile da monitorare. → Permette un monitoraggio in tempo reale e si può integrare con parametri clinici e di imaging.