Amnesty condanne a morte ed esecuzioni di pena capitale 2014
Gazzetta Amnesty Lazio 00 2012
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Pagina 1 Il Gazzettino di Amnesty Lazio
llaa GGAAZZZZEETTTTAAdi AMNESTY LAZIO
All'interno
Editoriale 1
La pena di morte negli
USA si può fermare 2
La pena di morte in
Libia 4
La storia di Amnesty
International 5
L'angolo dei Gruppi 7
Interviste 9
Buone Notizie 10
Il "punto di vista" 11
I gruppi del Lazio 12
Recensioni 14
La Posta 15
Editoriale
E’ con grande orgoglio che vi
presentiamo questo numero
zero della “Gazzetta di
Amnesty Lazio”, un giornale
principalmente online che
speriamo possa dimostrarsi
utile ed interessante allo
stesso tempo.
L’idea di questo mensile è
nata circa un anno fa per
rispondere a varie esigenze
degli attivisti di Amnesty
International come ad
esempio quella di diffondere
gli eventi e le idee del
movimento al di fuori dei
soliti circuiti e quella di
interagire e collaborare con
gli altri gruppi del territorio.
La Gazzetta sarà uno
strumento di tutti, un posto
virtuale dove discutere,
migliorarsi e proporre nuove
idee per la crescita del
movimento.
All’interno delle nostre (e
vostre) pagine troveranno
spazio tutte le strutture
nazionali di Amnesty, dalla
sezione ai gruppi, perché
Amnesty è una ed è
necessario che si lavori
sempre insieme, senza
perdere mai di vista i
cambiamenti e le decisioni
dell’associazione; la Gazzetta
vuole essere l’intermediario
che farà girare le idee, i
pensieri e le critiche tra le
varie strutture fornendo
risposte agli attivisti,
orientamenti d’idee alla
sezione ed alla circoscrizione,
informazioni alle persone che
si avvicinano per la prima
volta ad Amnesty
International.
Per il numero zero abbiamo
voluto realizzare uno
speciale sul tema della pena
capitale per celebrare la
giornata internazionale
contro la pena di morte dello
scorso 10 ottobre. Le nostre
rubriche seguiranno quindi
questo “filo rosso” per
ribadire ancora una volta
quanto barbaro ed inutile sia
l’omicidio di Stato.
Come spesso capita all’inizio
di ogni nuova avventura, si
parte con molto entusiasmo e
poca esperienza, ed è per
questo che chiediamo a voi
tutti di essere critici nei
confronti del prodotto e di
indicarci la strada che
secondo voi sarà la migliore
da intraprendere per
realizzare uno strumento che
nei mesi e negli anni
diventerà sempre più
importante ed efficiente.
A breve saranno operativi gli
altri strumenti della
Gazzetta quali social
network e gli archivi online
con schede utili ai gruppi
(artisti, esperti, location “AI
approved”).
Vi ricordiamo infine che la
Gazzetta sarà distribuita
tramite mailing list (in
costante crescita) e
consigliamo ad ogni gruppo
di stamparne qualche copia
da distribuire durante i
propri eventi.
Buona lettura.
La Redazione
Simone Mercacci
1 Dicembre 2012Numero 0
Pagina 2Numero 0
Esistono stati simbolo, dove
un comportamento sbagliato
sembra più sbagliato che in
altri posti. Gli Stati Uniti
sono uno di questi. La patria
della democrazia, del sogno
americano, della speranza
che un pessimo presente
possa trasformarsi in un
prospero futuro, ma anche la
patria di una delle più
discusse e combattute
pratiche: “la pena di morte”.
Il presidente Barack Obama
in una delle sue memorie ha
scritto, la “pena di morte fa
ben poco per reprimere il
crimine” ma è accettabile per
“casi così odiosi, così oltre il
normale, che la comunità è
giustificata nell’esprimere la
massima misura di oltraggio
disponendo la pena
capitale”.
Secondo i dati della Gallup
(uno degli più autorevoli
istituti di sondaggi), seppure
con una diminuzione del 3%
rispetto ai dati del 2008, ben
il 61% degli americani era
favorevole alla pena di morte
nel 2011.
È necessario chiedersi se la
pena di morte sia davvero un
pilastro intoccabile della
società democratica USA.
Per capire il presente bisogna
analizzare il passato. La
pena di morte esiste negli
Stati Uniti dalla loro
fondazione. Gli inglesi hanno
esportato questa pratica fin
dagli albori della
colonizzazione americana,
ma ci sono stati episodi che
hanno cambiato
radicalmente l’opinione
pubblica sul tema.
Durante la seconda metà
degli anni settanta, la
negazione del lavoro ad
alcune minoranze,
soprattutto di colore, ebbe
l’effetto di spingere alcune
persone a dedicarsi ad
attività criminali. L’aumento
dei crimini, e del
conseguente senso
d’insicurezza, portò al
degrado alcuni quartieri con
la successiva svalutazione
delle abitazioni.
L’insicurezza crescente e la
perdita economica spinsero
molti americani a pensare
alla pena di morte come ad
uno strumento efficace,
veloce ed economico per
risolvere i problemi. Il
conseguente populismo,
incarnato da politici
interessati ad una facile
carriera politica, vanificò le
fino allora efficaci azioni
messe in atto dalle
associazioni in difesa dei
diritti umani contro la pena
di morte.
Fino a quel momento molte
sentenze e diversi episodi
avevano spinto molti stati
verso una moratoria della
pena di morte. C’è un
episodio che va raccontato.
La classe media americana
ha sempre considerato i
condannati a morte come
persone che vivono lontani
dai loro quartieri, dalle loro
famiglia o cerchia di amici.
Caryl Chessman, un
condannato a morte, riuscì
ad entrare nelle loro case e in
un certo senso nei loro affetti.
Caryl Chessman,
soprannominato il “Bandito
della Luce Rossa”, nel 1948
fu arrestato insieme ad un
suo amico David Knowles,
per stupro e rapina a danni
di coppiette appartate in
parcheggi o in altri posti
isolati, avvicinate esponendo
un lampeggiante rosso come
quello della polizia.
Le accuse di colpevolezza
furono basate sul
ritrovamento di un
lampeggiante rosso e di
alcuni vestiti femminili
nell’auto di Chessman, e sul
riconoscimento da parte di
una delle vittime avvenute in
circostanze paradossali. La
donna fu fatta affacciare da
una finestra in piena notte e
le fu chiesto di riconoscere,
quasi al buio, Chessman
come il suo rapinatore. La
donna confermò e Chessman
La pena di morte negli USA si può fermareStefano Gizzarone
Caryl Chessman
Pagina 3 Il Gazzettino di Amnesty Lazio
fu arrestato e condannato
alla camera a gas. In
precedenza la donna aveva
dato una descrizione che non
coincideva con la fisionomia
di Chessman.
Ciononostante, Chessman
firmò una confessione, che
poi ritrattò affermando che
gli era stata estorta con la
violenza dalla polizia.
Quando due giornalisti
investigativi cominciarono
ad occuparsi del caso,
scoprirono una foto di
Chessman poco dopo
l’arresto, palesemente
tumefatto, ma questa non fu
presa in considerazione
durante il procedimento.
Fino a questo punto la storia
è simile a tante altre ma
Chessman riuscì a
trasformarla in qualcosa che
l’americano medio e le
autorità non si aspettavano.
Chessman capì che per
salvarsi, oltre ai mezzi
giudiziari, aveva bisogno di
far conoscere la sua storia e
la sua vita al dì là dei
crimini di cui era accusato.
Con la complicità dei
secondini e del suo avvocato,
nella prigione di San
Quentino, riuscì a scrivere e
portare alla ribalta il libro
“Cella 2455 Braccio della
morte”. Il libro trasformò un
criminale in un autore di
best seller.
Il nome di Chessman non
era più legato solo al crimine
ma si era trasformato in una
persona reale. Troppo per le
autorità della California che
cercarono in ogni modo di
fermare l’uscita degli altri
libri: “Violenza è la mia
legge”, “La legge mi vuole
morto” e “Il volto della
giustizia”. A questo punto
Chessman si trasformò
ancora una volta. Iniziò a
studiare diritto civile e
costituzionale e sfidò il
sistema portando il suo caso
davanti alla Corte Suprema,
chiedendo il diritto di
pubblicare i suoi libri.
Questo amplificò ancora di
più la sua popolarità. Un
condannato a morte che
sfida il sistema. Vinse la
causa. La vittoria, il successo
dei suoi libri e quattro rinvii
dell’esecuzione iniziarono a
far vacillare la pratica, fino
allora mai messa in
discussione della pena di
morte negli USA. L’opinione
pubblica ora vedeva in
Chessman lo scrittore che gli
aveva aperto le porte del
braccio della morte. Non era
più solo un criminale da
uccidere.
La pena di morte era
entrata nelle case di molti
americani e le associazioni
per i diritti umani iniziarono
a far pressione sulle autorità
chiedendo di commutare la
sentenza. Purtroppo questo
non bastò e il 2 maggio 1960,
Chessman entrò nella
camera a gas. In quegli anni
si registrò un calo notevole
del numero di persone a
favore della pena di morte.
Il cambio di direzione
dell’opinione pubblica portò
alla sentenza Furman vs
Georgia del 29 giugno del
1972. La Corte dichiarò
incostituzionale il modo
“arbitrario e capriccioso” con
cui la pena di morte era a
quel tempo amministrata
dagli stati, chiedendo alle
autorità competenti di
adoperarsi per adottare nei
propri statuti una legge che
disciplinava in modo chiaro
le procedure di condanna a
morte. Questo comportò la
moratoria in molti stati. Era
il momento giusto per
l’abolizione della pena di
morte in tutti gli Stati Uniti.
Purtroppo l’aumento dei
crimini durante gli anni
settanta e il populismo di
molti politici portarono ad
una veloce regolamentazione
della pena di morte che tornò
ad essere una pratica diffusa
negli Stati Uniti.
Amnesty International ha
seguito l’esempio di queste
storie combattendo per
l’abolizione della pena di
Attivista di Amnesty Int.
Pagina 4Numero 0
La Pena di Morte in Libia
La “Gran Giamahiria Araba
Libica Popolare Socialista”,
conosciuta come “Libia” è
uno Stato del Nord Africa,
situato tra la Tunisia e
l’Egitto.
La situazione dei Diritti
Umani non è mai stata delle
migliori negli anni passati in
Libia, un Paese cui sotto il
dominio di ben 42 anni del
Colonnello Mu’ammar al
Gaddafi è stato privato della
libertà di parola, di
associanismo e riunione e
qualsiasi altro dissenso è
sempre stato represso.
Nel resto del mondo, in
questi ultimi anni sono stati
fatti passi importanti verso
la strada dell’abolizione. Dal
2002, 21 paesi hanno abolito
la pena di morte per tutti i
reati.
La tendenza mondiale
continua ad andare verso la
completa abolizione.
L’ultima decade ha visto un
grande incremento dei Paesi
che hanno ufficialmente
abolito la pena di morte,
hanno eliminato l’uso della
pena di morte nella pratica o
hanno ristretto la sua
applicazione (dati aggiornati
a marzo 2012):
141 paesi sono abolizionisti
per legge o nella pratica, di
questi:
97 paesi hanno abolito la
pena di morte per tutti i
reati.
8 paesi l’hanno abolita per i
crimini ordinari.
36 paesi sono abolizionisti
nella pratica.
La Libia, come altri Stati del
Nord Africa, continua ad
essere una Paese
“mantenitore” della Pena di
Morte: negli ultimi anni sono
state effettuate diverse
esecuzioni.
Ad esempio, nel 2008 si ha
notizia della messa a morte
di almeno 8 cittadini
stranieri e nel 2010 di ben 18
persone di origine libica.
Molto probabilmente il
numero è maggiore: in un
quotidiano del maggio 2011 è
riportato che nel braccio
della morte vi erano
rinchiuse oltre 200 persone.
Le Nazioni Unite hanno
proseguito a incoraggiare i
paesi mantenitori, compresa
la Libia, ad abolire l’uso
della pena di morte,
istituendo una moratoria
sulle esecuzioni o
limitandone il campo di
applicazione.
Amnesty International chiede
al nuovo governo libico,
subentrato a quello di al
Gaddafi di eliminare del
tutto la Pena di Morte, in
quanto nel 2012 è rimasta in
vigore per diversi reati.
Penso sarà difficile che la
nuova Libia riesca a fare un
passo avanti in questa
direzione:nondimentichiamo
che le milizie d’opposizione
che hanno “liberato” la Libia
dalla dittatura gheddafiana,
il 20 ottobre 2011 hanno
messo a morte lo stesso al
Ghaddafi, invece di istituire
un processo equo…..
Viviana Isernia
morte seguendo due strade.
Verso l’opinione pubblica,
raccontando le vite e le
storie degli uomini
prigionieri nel braccio della
morte e facendo pressione
sui governi, affinché
adottino leggi che
commutino la pena di
morte in forme di custodia.
La storia ci insegna che in
momenti di crisi, le
condizioni di disagio
vissute da molte persone
possono trasformarsi in atti
di vendetta.
Ma ci insegna anche che
quando scindiamo il
crimine dall’uomo
riusciamo ad essere più
giusti e capire che la
pratica della pena di morte
ci allontana dalla giustizia
e ci avvicina sempre di più
al baratro dell’inciviltà.
Amnesty International,
insieme ad altre
associazioni, lotta da anni
affinché uno Stato simbolo
come gli Stati Uniti diventi
il simbolo dell’abolizione
della pena di morte.
Pagina 5 Il Gazzettino di Amnesty Lazio
La storia di Amnesty International
Siamo in Portogallo, è il
1960. Il Paese è in piena
dittatura di Antonio de
Oliveira Salazar, cui la
Costituzione portoghese da
pieni poteri e totale controllo
dello Stato: sopprime
sindacati e libertà di
stampa, e ostacola, stronca
qualsiasi forma di
dissidenza grazie alla
polizia segreta che
controlla. La sua è una
politica isolazionista ma
soprattutto colonialista:
il Portogallo rifiuta
infatti di concedere
l'indipendenza alle sue
colonie e, a causa di ciò,
nascono, in quelle
africane, movimenti
nazionalisti che chiedono
l'indipendenza e che si
muovono attraverso la
lotta armata. Tra l'opinione
pubblica portoghese
comincia ad esistere dello
smarrimento: nascono forti
gruppi di supporto alle lotte
d'indipendenza delle colonie.
Nel centro di Lisbona, in un
ristorante, due giovani
studenti festeggiano: sono
convinti assertori della
libertà contro il colonialismo
di Salazar, ed è proprio alla
libertà di tutti i popoli e di
ogni singolo essere umano
che brindano, non essendo
consapevoli che non troppo
lontano da loro è appostato
un uomo che li ascolta ed
osserva, e tantomeno che egli
sia un agente della polizia
segreta di Salazar. Pochi
minuti dopo, infatti, irrompe
nel locale un gruppo di
agenti armati che arresta i
due studenti. Questi vengono
processati e condannati a
sette anni di reclusione.
Il giorno dopo un avvocato
inglese, Peter Benenson,
sfogliando il "Daily
Telegraph", legge l'articolo
che racconta dell'arresto dei
due studenti portoghesi. Ne
rimane sconvolto. Benenson
da sempre si interessa alle
problematiche sociali, fin da
quando va a scuola, fin da
quando ha 16 anni, quando
scrive una petizione per i
bambini spagnoli rimasti
orfani in seguito alla strage
della guerra civile spagnola
del 19361939; in
quell'occasione coinvolge la
scuola stessa e crea un
comitato di raccolta fondi.
Lui stesso adotta un
bambino iberico a distanza.
Durante la Seconda Guerra
Mondiale, Benenson si
oppone all'ideologia nazista:
lo sconvolgono gli orrori cui
gli ebrei sono sottoposti; il
suo è il rifiuto di un essere
umano che non ammette la
sofferenza e la
prevaricazione di un altro
essere umano. Si unisce
dunque ad un'associazione
che aiuta gli ebrei ad
emigrare in Inghilterra e in
Svizzera. Si arruola nella
British Army e lavora
all'interno del Ministero
dell'Informazione, dove
scopre come è facile
manipolare le
informazioni, cosa da cui
rimane sconvolto; grazie a
ciò decide di studiare
giurisprudenza: divenire
avvocato gli sembra
l'unica maniera concreta
per combattere ingiustizie
e soprusi. Entra nel
Partito Laburista e, una
volta laureato, entra a far
parte degli avvocati
laburisti. Agisce per la
difesa dei diritti civili nei
tribunali di Spagna,
Ungheria e SudAfrica e con
alcuni colleghi fonda
"Justice", un'associazione
per la difesa della legge nel
mondo. Ma Benenson
vorrebbe fare di più: sente
l'esigenza di coinvolgere ogni
essere umano, non solo gli
avvocati. E' all'incirca a
questo punto della sua vita
che legge l'articolo sul "Daily
Telegraph" in quel fatidico
19 Novembre 1960; ed è la
goccia che fa traboccare il
vaso. Tutto il mondo deve
conoscere la storia di quei
ragazzi portoghesi ed
indignarsi allo stesso modo.
Benenson deve solo trovare
qualcuno che possa metterlo
Arianna Eberspacher
Peter Benenson
Pagina 6Numero 0
in contatto con il mondo e
che condivida i suoi ideali,
per poter attuare in un
futuro non troppo lontano
una campagna mondiale
contro tutti i tipi di
persecuzione religiosa e
politica; gli serve un giornale
influente, che possa parlare
con chi abbia potere
decisionale, ma che
comunichi anche con il
popolo, con la gente: il
giornale è il "The Observer" e
l'uomo adatto ne è il
direttore, David Astor;
poichè anche lui, come
Benenson, ha in sè quegli
ideali di giustizia e di
rispetto dei diritti umani in
qualsiasi parte del pianeta, e
li trasmette ad un giornale,
il "The Observer", che
pubblica le opinioni di tutte
le fazioni politiche senza
schierarsi apertamente, e che
punta l'attenzione sulle
cause civili più importanti
del suo tempo. Dunque
Benenson decide di
raccontare ad Astor di ciò
che ha letto e della sua
profonda indignazione a
riguardo; Astor condivide il
suo pensiero e decide di
assecondare la richiesta che
Benenson gli avanza di fare
un appello a tutti i lettori
dell'Observer affinchè si
indignino a loro volta e
scrivino delle lettere di
protesta. L'appello che
Benenson scrisse, "The
forgotten prisoners"
("Prigionieri dimenticati"),
viene pubblicato sul "The
Observer" il 28 maggio 1961.
Tutto il mondo legge questo
appello e nei giorni
successivi la redazione del
giornale viene sommersa da
lettere di solidarietà per i
due portoghesi. Al fine di
coordinare la richiesta di
amnistia per i due ragazzi
portoghesi viene fondata da
Benenson Amnesty
International. A simbolo
dell'associazione vi è una
candela accesa avvolta dal
filo spinato. Dice Benenson:
<<Quando ho acceso la
prima candela di Amnesty
avevo in mente un vecchio
proverbio cinese: "Meglio
accendere una candela che
maledire l'oscurità". Questo
è anche oggi il motto per noi
di Amnesty.>>. La missione
di Amnesty International è
quella di svolgere azioni e
ricerche per prevenire e far
cessare gravi abusi dei
diritti, affinchè il mondo
divenga un luogo in cui
siano riconosciuti i diritti
sanciti dalla Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani
del 1948. Amnesty è una
realtà concreta che agisce per
la difesa dei prigionieri di
coscienza, tutti coloro che
vengono perseguitati a causa
delle loro idee, religione, o
colore della pelle. Peter
Benenson e David Astor
hanno creduto e sperato nel
potere della gente di
provocare cambiamenti,
dando alle persone stesse, e
ad ognuno di noi,
l'opportunità di fare la
differenza nella difesa dei
diritti umani in tutto il
mondo. <<La candela di
Amnesty non brucia per noi,
ma per tutte quelle persone
che non siamo riusciti a
salvare dalla prigione, che
sono state uccise, torturate,
rapite, scomparse;>> dice
Benenson <<per loro brucia e
non si consumerà mai.>>.
Pagina 7 Il Gazzettino di Amnesty Lazio
Storia del gruppo Italia 002
Il gruppo Italia 2 è uno dei
gruppi storici della Sezione
italiana di Amnesty
International. Nato
nell’ottobre 1974, è stato tra i
primi 5 gruppi che hanno
partecipato all’Assemblea del
1975 che ha fondato la
Sezione italiana.
Rievocando quel lontano
passato della nostra storia,
vien fatto di constatare
quanto diverso fosse il
contesto nazionale e
internazionale in cui si
operava, e quanto diverso
fosse anche il lavoro di AI.
La Sezione italiana era agli
esordi e le sue strutture
molto modeste: la sede era
un monolocale più i servizi,
in Via della Penna 51, dove
entravamo a malapena nelle
riunioni. Il nostro
movimento era sconosciuto
in Italia, e… non avevamo
l’informatica come prezioso
strumento di lavoro! Quelle
petizioni scritte a
macchina…a volte in più
copie e ogni errore era una
tragedia!
Da quei tempi pionieristici, il
gruppo ha seguito via via lo
sviluppo del mandato,
sviluppo resosi
indispensabile per il mutare
delle situazioni, fino
all’attuale “visione” di un
mondo in cui i diritti umani
siano riconosciuti per tutti.
Il gruppo è strutturato in
modo che ogni settore:
campagne, pena di morte,
donne, EDU ecc. sia
coordinato da una persona.
Ed è particolarmente
impegnato nell’EDU, anche
perché molti soci insegnano o
sono stati insegnanti. Cerca
di fare il suo meglio anche
per la raccolta fondi.
Il gruppo è affiatato e cerca
di essere attivo e presente
pur nei suoi limiti. Si
riunisce ogni lunedì alle
16,30 nei locali della
Libreria Claudiana, a
Piazza Cavour 32.
L’orario pomeridiano
determina in un certo senso
la caratteristica del gruppo,
formato principalmente – ma
non solo – da persone
pensionate, molte delle quali
non verrebbero in orario
serale.
L'angolo dei GruppiLilia Girardet Sommani
"Il Gruppo 277 di Formia
(LT) lavora da circa 8 anni,
con una decina di attivisti e
attiviste, nella zona
sudpontina (da Terracina a
Minturno), nell'alto
casertano (Sessa Aurunca e
Cellole) e nella città di
Cassino. Il gruppo si
riunisce a Formia presso i
locali della Chiesa di
S.Erasmo, almeno una volta
al mese. Gestisce un gruppo
facebook e un proprio sito
internet.
Il gruppo organizza attività
di educazione ai diritti
umani negli istituti
scolastici, cineforum, cene
solidali, stand informativi e
presentazioni di libri presso
"La Libreria di Margherita",
via Rubino 42 Formia.
In particolar modo, il
gruppo 277 di Formia si
occupa delle seguenti
tematiche: Donne, Minori,
Pena di Morte e LGBTI.
Il territorio di cui ci
occupiamo è piuttosto vasto e
siamo sempre alla ricerca di
nuovi attivisti/e. Se vuoi
entrare anche tu in Amnesty
International, ecco i nostri
contatti:
http://www.facebook.com/#
!/groups/129083105037/ "
Il “Gruppo 221 – Roma
Centro” è composto al
momento da 24 attivisti, la
cui età media si attesta sui
quarant’anni, con una
“distribuzione” dai trenta ai
settanta.
La preparazione di base è
molto alta e l’esperienza
amnestiana è consistente,
comprendendo diversi casi
che superano i dieci anni di
attivismo, anche se negli
ultimi tempi si è registrato
un consistente afflusso di
“new entry”.
Il Gruppo annovera referenti
specializzati per le
“Campagne”, la “Questione
femminile”, l’EDU,
l’Attivismo”, le “Azioni
urgenti”, la “Discriminazione
in Europa”, il
“Coordinamento Africa
orientale e centrale”, nella
Pagina 8Numero 0
cui RAN è iscritto, e prevede
uno specifico “Addetto
stampa”.
L’attività del Gruppo
presenta un significativa
esposizione verso l’EDU, nel
corso di ogni ciclo annuale
registra una “raccolta firme”
costantemente buona e da
diversi anni riesce a
organizzare un evento
musicale di rilievo nel segno
della campagna contro la
violenza sulle donne, un
concerto di musica barocca
che registra costantemente il
“tutto esaurito”.
Nel recente passato Il
Gruppo 221, oltre
all’ordinaria attività in
termini di EDU,
organizzazione di “tavolini”
ed eventi, nonché di
partecipazione alle maggiori
iniziative sezionali e
circoscrizionali, si è distinto
per aver partecipato
attivamente alla definizione
delle mozioni finalizzate
all’introduzione di una
“policy” nei confronti della
“criminalità organizzata”,
iniziativa culminata con
l’approvazione da parte
dell’Assemblea Generale di
Chianciano nel 2008,
seguita nel 2009 da quella
dell’ICM.
Negli anni successivi il
Gruppo ha poi proposto in
via autonoma una
ridefinizione della “policy”
sull’acqua, intesa quale
“bene comune”, mettendo a
punto una mozione
straordinaria, presentata
all’A.G. di Torino, e una
ordinaria discussa all’A.G.
di Paestum, che, per quanto
rigettate letteralmente per un
“soffio”, hanno però riscosso
un esteso consenso, giunto a
sfiorare la metà
dell’assemblea; un
argomento peraltro sul quale
s’intende tornare.
La raccolta fondi e quindi il
bilancio del Gruppo sono
stabilmente buoni.
Il Gruppo si riunisce tutti i
giovedì, alle 20, nella sede
circoscrizionale di via
Cattaneo 22/b, che però, con
una certa frequenza, viene
alternata con le abitazioni di
alcuni soci, a testimonianza
della notevole coesione della
compagine, in cui i rapporti
reciproci sono andati
crescendo nel tempo fino a
sfociare nell’amicizia vera e
propria.
Per contatti, ci si può
rivolgere al responsabile del
Gruppo, Massimo
Grandicelli (cell.
335.6162751), o alla
responsabile dell’Attivismo
Lidia Ferrari (cell.
335.5953640).
Pagina 9 Il Gazzettino di Amnesty Lazio
Ornella Turrini – Staff,
Ufficio attivismo
Quando ha sentito parlare
per la prima volta di
Amnesty Ornella era una
ragazzina, ascoltava un
programma alla radio e
pensava “Mi piacerebbe
incontrare queste persone e
stringere loro la mano”.
Qualche anno dopo,
nel1988, si è iscritta per la
prima volta ed ha iniziato a
fare attivismo nel Gruppo
60, che poi si è sciolto, e nel
Coordinamento Sud Asia.
Dal 1991 è entrata a far
parte dello staff e si occupa
dei rapporti con i gruppi.
Insomma Ornella è cresciuta
insieme ad Amnesty, da
ragazzina è diventata una
signora con qualche filo
bianco nella gran massa
di capelli neri, ma ha
mantenuto sempre lo
stesso entusiasmo e lo
stesso impegno da
volontaria.
Hai lavorato in tutte le
sedi di Amnesty e
conosciuto nel corso degli
anni tantissime persone
che vi sono passate. Ce n’è
una che ti ha lasciato un
Elisa Dragonetti – Attivista
nel Gruppo 015
Elisa ha 27 anni, occhi
sognanti, sorriso luminoso e
uno charme innato che
deriva probabilmente dal
suo 50% di geni francesi.
Il suo primo incontro con
Amnesty International
risale a più di dieci anni
fa, quando ascoltò gli
attivisti del Gruppo 015
presentare l’associazione
agli studenti del suo liceo.
Qualche anno dopo, nel
2007, quando ero già
all’università ho deciso di
iscrivermi e ho cominciato
a fare attivismo nello stesso
gruppo Il mio primo incarico
è stato quello di occuparmi
della campagna Cina, per le
Olimpiadi 2008. Mi è
piaciuto molto, perché mi ha
dato lo spunto per
approfondire la conoscenza
di un paese tanto lontano e
diverso. Poi mi sono
occupata di pena di morte e
ho fatto parte del gruppo
EDU, per un anno sono stata
anche viceresponsabile del
gruppo. Nel 2009 mi sono
laureata in Giurisprudenza,
faccio pratica notarile e tra
non molto dovrò affrontare il
concorso, di conseguenza il
tempo da dedicare ad
Amnesty purtroppo si è
ridotto.
Ricordi qualche iniziativa
che ti ha coinvolto o divertito
di più delle altre?
Molto piacevole è stata la
giornata dell’attivismo 2009
con il giro di Roma in
bicicletta.
Sei mai riuscita a
coinvolgere parenti o amici
nelle tue attività in
Amnesty?
Certo, anche ultimamente.
Il mio ragazzo suona in un
gruppo, gli Aguirre, e con
loro stiamo organizzando
una serata di raccolta
fondi. Poi c’è una mia
amica attrice che è sempre
disponibile a darci spazi
quando ha degli spettacoli.
In conclusione pensi che
riuscirai a conservare un
po’ di tempo per Amnesty
anche quando sarai
un’affermata notaia?
Ce la metterò tutta perché
per me è importante sentirmi
parte di un movimento che
mi da la possibilità di capire
e anche incidere su realtà
che altrimenti rimarrebbero
lontane.
IntervistePatrizia Sacco
Ornella Turrini
Elisa Dragonetti
Pagina 10Numero 0
Buone Notizie
Ecco le ultime da tutto il
mondo in tema di diritti
umani:
Polonia Il 31 ottobre 2012
la Corte europea dei diritti
umani ha condannato la
Polonia per aver violato i
diritti di una 14enne cui era
stato negato un aborto
legale. Dopo essere stata
stuprata, la minorenne ha
subito pressioni e
intimidazioni da parte dei
medici e della polizia
affinché non tentasse di
abortire. La sua
riservatezza è stata violata
pubblicando su Internet il
suo nome e altri dettagli
della sua storia. Respinta da
due ospedali nonostante la
legislazione in vigore le
consentisse di abortire, ha
dovuto farlo in un ospedale a
500 chilometri dalla sua
residenza.
Slovacchia Il 30 ottobre
2012 il tribunale regionale
di Presov ha definitivamente
stabilito che la scuola
elementare di Sarisské
Michal'any ha violato la
legge istituendo classi
separate per i bambini e le
bambine rom.
Turchia Il 12 ottobre 2012 è
stato scarcerato l'obiettore di
coscienza Inar Suver. Era
stato arrestato a Istanbul il
12 settembre durante un
controllo di documenti e
inviato in carcere a scontare
una precedente condanna a
cinque mesi per essere evaso
da un ospedale militare, nel
quale era recluso per aver
rifiutato di svolgere gli
obblighi di leva. Amnesty
International aveva lanciato
un'azione urgente per
sollecitare il suo rilascio.
Argentina Il 15 ottobre 2012
un tribunale di Comodoro
Rivadavia ha condannato
all'ergastolo tre ex ufficiali
della Marina per il massacro
di Trelew, avvenuto il 22
agosto 1972, quando furono
fucilati 19 militanti di
gruppi armati.
Indonesia Il 17 settembre
2012, a seguito di un'azione
urgente di Amnesty
International, Filep Karma è
stato autorizzato a lasciare il
carcere di Abepura, nella
provincia di Papua, per
sottoporsi a una serie di
accertamenti medici, che
hanno scongiurato la
presenza di un tumore al
colon ma hanno rilevato
un'infiammazione allo
stomaco, per la quale è stato
sottoposto a terapie per una
settimana. Il 26 settembre è
rientrato in carcere, dove sta
scontando una condanna a
15 anni di carcere per aver
sventolato la bandiera
dell'indipendenza di Papua.
Amnesty International
continua a sollecitare il suo
rilascio.
Repubblica democratica del
Congo L'11 ottobre 2012 è
stato rilasciato Eugene
Diomi Ndongala, presidente
ricordo indelebile?
Senz’altro Palden Gyatso, il
monaco tibetano che i cinesi
hanno imprigionato e
torturato per più di
trent’anni. Lo conobbi negli
anni ’90 nella vecchia sede
di Viale Mazzini e l’ho
rivisto nel 2007 quando ha
partecipato all’Assemblea
Generale di Vasto.
C'è una frase che ti
rappresenta o che riassume
il tuo modo di pensare?
Il saluto rituale degli
indiani Lakota, che dice
"Tutto è correlato, siamo
tutti parenti ". Tu sei la voce
amica che risponde alle
telefonate di chi chiama
l’Help desk attivismo. C’è un
consiglio che puoi dare per
migliorare i rapporti tra
attivisti e staff?
Senz’altro quello di non
sentirsi in contrapposizione
gli uni con gli altri, siamo
tutti parte dello stesso
movimento e averlo ben
presente è fondamentale
perché tutto funzioni nel
migliore dei modi.
Patrizia Sacco
Pagina 11 Il Gazzettino di Amnesty Lazio
della Democrazia cristiana
congolese. Arrestato il 27
giugno dai servizi di
sicurezza, era stato tenuto
per 100 giorni in isolamento
senza accusa né processo.
Il "punto di vista" di Max
Vi dirò che aspettavo questo
momento quasi da subito
dopo aver deciso di divenire
attivista. Correva la fine del
2004, quando mi associai al
G221 e devo ammettere che
ci misi un po’ a capire
“L’ordine delle cose”,
all’interno di Amnesty.
Subito dopo però non tardai
ad accorgermi di quella che
a me appariva come una
sorta di “stonatura”,
nell’esecuzione di
un’orchestra peraltro del
tutto affiatata. Le violazioni
dei diritti umani rivestivano
allora il pianeta come una
seconda pelle e le cose non
sono affatto cambiate nel
tempo; semmai sono
comparse forme nuove di
“evasione” dai principi della
carta, nemmeno si trattasse
di “virus” che sopravvivono
mutando continuamente.
Però d’Italia non si parlava
mai, ecco la nota stonata. Le
molte esperienze vissute mi
descrivevano un paese in cui
quattro regioni sono
letteralmente ostaggio delle
mafie, con le altre tutte più o
meno infiltrate. Inoltre le
stagioni politiche vissute
dalla fine del “secolo breve”
in avanti hanno registrato
l’insorgere di una serie di
mostruosità e soprusi
giuridici, culminati poi con
leggi che definire “razziali” è
cortese eufemismo, tali da fa
impallidire quelle vituperate
del 1938, mentre si
diffondeva la sensazione che
l’operato almeno di una
parte delle Forze dell’Ordine
stesse subendo
un’involuzione ai limiti
dell’eversione. E mentre, su
questo scenario, il concetto
stesso di “Lavoro” andava
lentamente degradandosi, la
violenza sulle donne
cresceva, portando l’Italia
ad avvicinarsi sempre a più
ai paesi il cui livello di
civiltà e socialità appare
tuttora dubbio. Perché,
allora, solo Egitto, Sudan,
Iran, l’eterna Colombia?
Su questo tema, negli anni
scorsi ho avuto veri e propri
scontri, dialettici
ovviamente. Ho partecipato
a definire le “tesi di Gioiosa”
sulla criminalità
organizzata e ho visto
cambiare qualcosa; ma solo
marginalmente, nei fatti.
Così quando domenica 11
scorso, in Consiglio
Circoscrizionale ci è stato
mostrato che il Piano di
Lavoro 2013 comporta una
sezione “ad hoc” per il “caso
Italia”, ho avuto un
soprassalto: “Eppur si
muove”, mi sono detto. Ci
sarà tanto da fare: mentre
scrivo siamo al 102esimo
omicidio nei confronti di
una donna, ad opera sempre
di congiunti, spasimanti,
pazzoidi e quant’altro:
dobbiamo interrompere
questa spirale perversa o
presto saremo in compagnia
dei paesi più malfamati
della Terra; qualcuno di
essi, su aspetti per niente
banali come la “trasparenza”
degli atti pubblici, ci ha già
superato; e, di certo, nel più
ristretto novero dei paesi usi
ad ammantarsi
dell’appellativo “civile”
siamo ormai il fanalino di
coda. Salutiamo pertanto
con entusiasmo questa vera e
propria “presa di coscienza”
della nostra associazione.
Solo uno scrupolo, però:
pochi giorni fa sono stati
lanciati i “16 giorni di
attivismo contro la violenza
sulle donne” e nel
programma, se ho letto bene,
il nome dell’Italia non si fa
mai. È vero, mi si dirà (anzi
mi è stato detto), ma il
“Piano” riguarda il 2013. Lo
so, ma il 102esimo
“femminicidio” è di adesso:
giova, aspettare sempre?
Max Weber descrisse bene
l’etica della Responsabilità,
nell’atto pubblico, ma ebbe
anche l’acutezza di osservare
che essa, perché risulti
efficiente, deve andar di pari
passo con l’etica della
Convinzione. Non temiamo
quindi di apparire troppo
convinti: è importante.
Massimo Grandicelli
Pagina 12Numero 0
Ufficio regionale:
Telefono e fax: 06 64501011
Indirizzo: via Cattaneo 22/b
00185 Roma
Indirizzo web:
www.amnesty.it/lazio
Email: [email protected]
ROMA
Gruppo 001
Zona: Roma Est (Prenestina,
Casilina, Tuscolana, Appia
Nuova)
Telefono: 3294270127
Fax: 06 97252438
Indirizzo: Bottega del Mondo
Kinkelbà
via Macerata, 54 (zona
Pigneto)
00176 Roma (RM)
Indirizzo web:
http://www.amnestyroma1.i
t
Scrivi un'email al Gruppo
001
Quando si riunisce: tutti i
martedì h. 20.30
Gruppo 002
Zona: Prati, Delle Vittorie,
Balduina
Indirizzo: Libreria
Claudiana
piazza Cavour, 32
00193 Roma (RM)
Quando si riunisce: tutti i
lunedì alle 16.30 (in estate
17.00)
Scrivi un'email al Gruppo
002
Gruppo 015
Zona: Trieste, Salario,
Parioli
Telefono: 366 3666108
Indirizzo: presso la
Parrocchia del Sacro Cuore
via Poggio Moiano, 12
(presso Piazza Vescovio)
00199 Roma (RM)
Scrivi un'email al Gruppo
015
Quando si riunisce: tutti i
mercoledì dalle 19.00 alle
21.00
Gruppo 056
Zona: Aurelio, Bravetta,
Boccea, Montespaccato,
Casalotti, Primavalle, Monte
Mario
Telefono: 338 4795737
Indirizzo: presso la casa di
una socia in zona
Torrevecchia
Scrivi un'email al Gruppo
056
Quando si riunisce: di solito
tutte le settimane, il martedì
h. 21.00
Gruppo 105
Zona: Portuense,
Monteverde, Trastevere,
Testaccio
Telefono: 329 6265981
Indirizzo: Coordinamento
del Volontariato della XVI
Circoscrizione
via del Casaletto, 400
Roma (RM)
Scrivi un'email al Gruppo
105
Quando si riunisce: cadenza
bisettimanale, martedì h.
21.00
Gruppo 159
Zona: S. Basilio,
Valmelaina, Montesacro,
Africano, Tiburtina
Telefono: 335 7510539
Indirizzo: Associazione La
Maggiolina via
Bencivenga, 1 (altezza
Batteria Nomentana)
Roma
Indirizzo web:
www.amnestygr159.altervist
a.org
Scrivi un'email al Gruppo
159
Quando si riunisce: ogni
mercoledì h. 19.30
Gruppo 221
Zona: centro storico
Telefono: 335 5953640
Indirizzo: Via Carlo
Cattaneo, 22/B
00185 Roma (RM)
Indirizzo web:
http://www.amnesty221.alte
rvista.org
Scrivi un'email al Gruppo
221
Quando si riunisce: tutti i
giovedì h. 20.00 (telefonare
per conferma)
Gruppo 251
Zona: Roma sud (Ardeatina,
Colombo, Ostiense)
Telefono: 349 1677272
Indirizzo: presso la Scuola
Elementare 75simo Circolo,
viale dell'Elettronica, 3
(Eur)
Indirizzo facebook: Amnesty
InternationalITA251
Scrivi un'email al Gruppo
251
Quando si riunisce: tutti i
martedì h.20.30
Gruppo Giovani 085
Gruppo universitario Roma
Scrivi un'email al Gruppo
Giovani 085
CASTELLI ROMANI
Gruppo 140
Telefono: 335 5742242
Scrivi un'email al Gruppo
140
I gruppi nel Lazio
Pagina 13Numero 0
Quando si riunisce: incontri
settimanali o quindicinali
nei giorni di lunedì, martedì
o mercoledì,
alle h. 21.00, in casa di
alcuni attivisti del gruppo, a
rotazione a Marino,
Grottaferrata e Frascati.
CIVITAVECCHIA (RM)
Gruppo 240
Telefono: 328 3378273
Indirizzo: presso la propria
sede
piazza Luigi Piccinato, 10
00053 Civitavecchia (RM)
Scrivi un'email al Gruppo
240
Quando si riunisce: tutti i
martedì h. 21.00
FORMIA FONDI GAETA
SPERLONGA ITRI
Gruppo 277
Telefono: 3495457563
Indirizzo: sale della Chiesa
di S.Erasmo Formia
Indirizzo web:
www.amnestyformia.net
Scrivi un'email al Gruppo
277
Pagina Facebook: Gruppo
Amnesty 277 Formia (LT)
Quando si riunisce:
pomeriggio 2° sabato del
mese
FIANO ROMANO
MONTEROTONDO
MORLUPO
Gruppo 245
Telefono: 347 8467219
Indirizzo:Circolo Ricreativo
Culturale Ponte Storto
Piazza delle Terrazze, 6/a
località Ponte Storto a
Castelnuovo di Porto (RM)
Scrivi un'email al Gruppo
245
Quando si riunisce: primo
martedì di ogni mese
h.18.00
LITORALE ROMANO
(OSTIA, POMEZIA,
FIUMICINO)
Gruppo 267
Telefono: 329 7870922
Indirizzo: Centro sociale
Affabulazione
piazza M.V. Agrippa, 7/H
00141 Ostia Lido (RM)
Scrivi un'email al Gruppo
267
Quando si riunisce:
quindicinale, il mercoledì
h. 21.00
Pagina 14 Il Gazzettino di Amnesty Lazio
Recensioni"Occhio per occhio. La pena
di morte in 4 storie" di
Sandro Veronesi Libro
"quattro storie di delitto e
castigo", ma anche "quattro
riflessioni sul diritto alla
vita", come recita la quarta
di copertina, caratterizzano
"Occhio per occhio", nuova
edizione del libro uscito nel
1992 da Mondadori, che
l'autore Sandro Veronesi
chiama un reportage
narrativo sulla pena di
morte. L'autore realizza
un'opera che coniuga gli
strumenti della cronaca,
dall'intervista alle
testimonianze, con quelli
della letteratura, facendo e
derivare pagine di grande
spessore narrativo, in cui
Veronesi non rinuncia a
caratterizzare i protagonisti,
penetrando nelle ragioni
delle loro azioni e nelle
relative conseguenze
psicologiche. Il libro di
rivela un documento
importante perché
testimonia, con il rigore di
una inchiesta giornalistica,
di quattro storie esemplari.
Sudan, Taiwan, Unione
Sovietica e California i paesi
protagonisti di queste storie,
che pur descrivendo realtà
geografiche eterogenee, si
confondono nel
denominatore comune di
una giustizia inadeguata,
che trova il suo compimento
nella pena di morte.
L'amore che non muore
Patrice Leconte di Maria
Carla Indice Film
Nel 1849, nell’isola francese
di SaintPierre, un uomo
viene condannato a morte
per omicidio. Nell’attesa che
la ghigliottina e il boia
arrivino sull’isola, il
condannato, Neel, viene
preso in custodia dal
capitano della guarnigione e
da sua moglie, Madame La.
Nei lunghi mesi d’attesa,
Neel riesce a farsi conoscere,
apprezzare e addirittura
amare dalla gente dell’isola,
contraria che la condanna
venga eseguita.
Il tema della pena di morte è
trattato con estrema
delicatezza, diventando, in
alcuni punti, semplice sfondo
di una trama che rivela
sfaccettature sempre più
profonde e inaspettate.
La speranza del perdono e di
una giustizia che non si
macchi le mani sono la forza
che fa stringere l’intero
villaggio intorno a Neel, che,
prima ancora di essere un
assassino, è un uomo, e sono
gli aspetti del suo carattere
ad essere portati alla luce: la
sua umiltà, la voglia di
conoscere, il desiderio di
integrarsi e rendersi utile …
L’amore del titolo non è il
classico amore romantico,
ma un amore quasi al limite,
“strano” per certi versi,
proprio perché immenso,
lacerante, che non si ferma
nemmeno di fronte alla
morte, che non subisce
nessuna condanna e che
sopravvive … sempre.
"Tanto, tanto bene",
commedia in due atti di
Mauro Eberspacher, va in
scena al Teatro Elettra dal
23 al 2 Dicembre.
Si tratta di una commedia
sentimentale a geometria
variabile, di solida moralità
non consentita, in cui amore,
odio, pianto e riso
s'impastano con un lieve
senso di nostalgia. Il tutto
miscelato con una manciata
di sorprese.
Due parole sulla
trama...insomma...beh, è
giusto dirla, tanto poi la si
scopre comunque.
Allora: c'è un bel giovane
che... sì, insomma... Ed un
uomo che dentro casa... Poi
due ragazze, prima una, poi
l'altra... E ogni tanto due
signore... Ma alla fine non ti
compare...? Ecco, appunto.
Chiaro, no?
A chi presenta il tesserino
Amnesty verrà applicata la
riduzione sul biglietto
d'ingresso.
Pagina 15Numero 0
La PostaCari lettori e care lettrici,
come aprire la rubrica
dedicata alla Posta dei
lettori se non con una lettera
destinata a voi, per
presentarci e cercare di
spiegarvi ciò che intendiamo
fare nei prossimi numeri?
Ciò che vogliamo fare in
questa pagina, che sarà
quella dedicata alla Posta
inviata da voi, è creare una
vera e propria interazione
non solo tra noi Redazione e
voi lettori, ma anche tra voi e
la Circoscrizione Lazio.
A noi potrete (e dovrete!)
dare suggerimenti e pareri
per migliorare quella che è
La Gazzetta di Amnesty
International Lazio, visto
che questo che state leggendo
è il numero di partenza, e
ancora molta strada c’è da
fare. In fondo nessuno di noi
è professionista del settore, e
grazie al vostro aiuto
potremo sicuramente
perfezionare quello che per
ora è ancora un esperimento.
Fateci quindi sapere cosa vi
piace, cosa non vi piace, cosa
vorreste leggere o a cosa
secondo voi dovremmo dare
più visibilità: ogni feedback
(critica o complimento) è
prezioso per rendere questo
giornale più interessante e
fruibile! Inoltre sarebbe
interessante vedere come
vengono accolti da voi i
nostri articoli, ai quali
potrete “rispondere” anche
indirizzandovi direttamente
all’autore dell’articolo che ha
suscitato in voi un
particolare interesse. Questo
numero ad esempio è quasi
interamente dedicato al tema
della pena di morte: voi che
ne pensate? Siete a
conoscenza di qualche caso
che è stato tralasciato? O al
contrario avete letto qualche
notizia che non conoscevate
che vi ha colpito
particolarmente! Ci
piacerebbe saperlo!
Inoltre, oltre che a noi,
potrete indirizzare le vostre
mail/lettere anche alla
Circoscrizione Lazio, per
dare a loro i vostri consigli,
opinioni o anche per
esprimere disappunto.
Spesso infatti quando si
hanno lamentele o
apprezzamenti nei confronti
del lavoro di pertinenza
della Circoscrizione, non si
sa bene a chi rivolgersi o a
chi scrivere, ed è proprio per
questo che noi cercheremo di
essere un ponte tra voi e loro.
In questa sezione
pubblicheremo tutto ciò che
voi ci invierete, in modo da
poter dare spazio a tutte le
vostre voci e di creare una
“piazza” in cui la
comunicazione è aperta a
tutte le opinioni. Cercando di
svolgere la funzione di un
vero e proprio tramite tra voi
e la Circoscrizione,
chiederemo naturalmente
una risposta o un commento
da parte della Circoscrizione
ai vostri punti di vista,
replica che si potrà trovare, a
seconda della tempistica,
nello stesso numero o in
quello successivo, in modo da
avere un botta e risposta
immediato.
Allora, adesso tocca a voi:
mandate mail o lettere
indirizzate alla
Circoscrizione o a noi in cui
fate sentire la vostre voce. Un
giornale è un mezzo di
comunicazione molto più
efficiente di quanto non si
possa immaginare e potrebbe
diventare la culla di
interessanti dibattiti e
questioni, aspettiamo solo un
vostro spunto!
Al prossimo mese,
La redazione
Per scriverci e contattare la
Circoscrizione scrivete a
redazionegazzettalazio@amn
esty.it
DOVE
Al Teatro Elettra a Roma, in
Via Capo d'Africa 32, molto
vicino al Colosseo.
QUANDO
Da Venerdì 23 Novembre a
Domenica 2 Dicembre. In
scena Venerdì e Sabato alle
ore 21 e la Domenica alle 18
QUANTO
Biglietto intero 10 euro,
ridotto 7 euro
Pagina 16 Il Gazzettino di Amnesty Lazio
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