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Massimo Gardina L’Authority dei trasporti: limiti, posizione e compiti. ABSTRACT L’Autorità di regolazione del settore dei trasporti nasce oltre 10 anni dopo l’istituzione delle Authority dell’energia e gas e delle telecomunicazioni. Oggi le competenze in materia sono demandate al Ministero dei Trasporti e al CIPE, che hanno svolto un ruolo decisivo in questi anni di avvio della liberalizzazione. In prospettiva, mano a mano che la concorrenza andrà sviluppandosi, i compiti di regolazione del settore - dalle condizioni di accesso alla rete alla sicurezza dei servizi, dalla politica di prezzo dell’eventuale impresa in posizione dominante alle modalità di svolgimento delle gare e di definizione dei contratti di servizio per il trasporto regionale e locale – diventeranno sempre più complessi e richiederanno una struttura dedicata. E’ ora di porsi dunque il problema, come del resto sottolineato dal Piano Generale Trasporti, della costituzione di una vera e propria Autorità indipendente di regolazione del settore che sappia svolgere il ruolo di garante del funzionamento del mercato. 1. QUADRO ISTITUZIONALE Ormai in tutti i paesi economicamente avanzati e in quasi tutti i settori di pubblica utilità si stanno diffondendo i modelli di regolazione dell’industria basati sui principi delle Authorities. Compito di questi organismi è quello di riuscire a garantire gli obiettivi di piena allocazione dei fattori produttivi e di efficienza, tramite gli strumenti della regolazione. Viene logico, quando si parla di Authorities, porsi il problema di comprendere, innanzitutto, a cosa servono e poi come orientarne l’organizzazione tecnica al fine di soddisfare gli obiettivi in precedenza riportati. La regolazione viene utilizzata come strumento di tutela della concorrenza che, in Italia, viene svolto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). Sicuramente tutela della concorrenza e regolazione sono due concetti diversi ma tra loro

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Massimo Gardina L’Authority dei trasporti: limiti, posizione e compiti. ABSTRACT L’Autorità di regolazione del settore dei trasporti nasce oltre 10 anni dopo l’istituzione delle Authority dell’energia e gas e delle telecomunicazioni. Oggi le competenze in materia sono demandate al Ministero dei Trasporti e al CIPE, che hanno svolto un ruolo decisivo in questi anni di avvio della liberalizzazione. In prospettiva, mano a mano che la concorrenza andrà sviluppandosi, i compiti di regolazione del settore - dalle condizioni di accesso alla rete alla sicurezza dei servizi, dalla politica di prezzo dell’eventuale impresa in posizione dominante alle modalità di svolgimento delle gare e di definizione dei contratti di servizio per il trasporto regionale e locale – diventeranno sempre più complessi e richiederanno una struttura dedicata. E’ ora di porsi dunque il problema, come del resto sottolineato dal Piano Generale Trasporti, della costituzione di una vera e propria Autorità indipendente di regolazione del settore che sappia svolgere il ruolo di garante del funzionamento del mercato.

1. QUADRO ISTITUZIONALE Ormai in tutti i paesi economicamente avanzati e in quasi tutti i settori di pubblica utilità si stanno diffondendo i modelli di regolazione dell’industria basati sui principi delle Authorities. Compito di questi organismi è quello di riuscire a garantire gli obiettivi di piena allocazione dei fattori produttivi e di efficienza, tramite gli strumenti della regolazione. Viene logico, quando si parla di Authorities, porsi il problema di comprendere, innanzitutto, a cosa servono e poi come orientarne l’organizzazione tecnica al fine di soddisfare gli obiettivi in precedenza riportati. La regolazione viene utilizzata come strumento di tutela della concorrenza che, in Italia, viene svolto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). Sicuramente tutela della concorrenza e regolazione sono due concetti diversi ma tra loro

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collegati. Si può tranquillamente affermare che la regolazione risulta funzionale alla tutela della concorrenza. Grazie all’intervento regolatore in questi settori si possono ancora fissare dei vincoli sui prezzi che favoriscono sia il consumatore finale che quello intermedio. I motivi che richiamano alla regolazione nei vari settori: telecomunicazioni, gas, poste, acqua, rifiuti etc… sono tipici del singolo settore. 1Tra essi esistono peculiarità comuni e profonde diversità in termini di struttura del mercato, obiettivi prefissati, e tipologia di servizio. Volendo elencare le motivazioni della regolazione in qualsiasi settore, le cause che portano a questo particolare tipo di intervento sono sostanzialmente tre, in particolare:

1. la presenza dei c.d. market failures che legittimano l’intervento dello Stato2 (Musso, 2001) con particolare riferimento alla ricerca dell’obiettivo di efficienza, soprattutto per la condivisione delle infrastrutture a rete, sotto forma di monopolio naturale di difficile contendibilità3 (Motta, 2005)

2. la soddisfazione dei bisogni del consumatore mediante la resa del servizio usufruibile a tutti a prezzi non eccessivamente

1 Riportando solamente alcuni esempi la regolazione nel settore bancario tutela il risparmio del singolo cittadino oltre che la stabilità monetaria non più solamente italiana bensì di tutta l’Unione europea. In altri settori, come ad esempio il trasporto pubblico locale, la regolazione si pone l’obiettivo di offrire alla collettività un servizio necessario, fruibile da tutti a prezzi accessibili per tutta la collettività. In pratica la regolazione in questi settori risponde ad altre finalità, non basate solamente su logiche di natura economica. 2 Come osserva Musso, nelle economie di mercato e capitaliste si sono affermati, in alcuni comparti fra i quali quello dei trasporti (e, all’interno di questo, nell’organizzazione dei mercati portuali), livelli di intervento pubblico anche non molto dissimili da quelli che nelle economie pianificate si sono affermati per motivi ideologici, riposando sull’opposto assunto che l’utilità collettiva sia massimizzata non già dal mercato concorrenziale ma dalla proprietà pubblica degli strumenti di produzione. 3 Il potere di monopolio può rivelarsi una situazione momentanea, dal momento che l’esistenza di profitti attirerà l’entrata di nuove imprese, erodendo il potere di mercato del monopolista. Un mercato viene definito contendibile quando non si rilevano per il new entrant qualsiasi tipo di barriere all’entrata ed all’uscita dal mercato medesimo.

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onerosi. Costruire un vero servizio universale anche dal punto di vista tariffario.

3. incentivare qualsiasi servizio su logiche non prettamente economiche ma basando le valutazioni inerenti l’erogazione sulla soddisfazione dei bisogni collettivi anche nei casi dei servizi che non sono remunerativi per il gestore.

Il problema di trade off tra regolazione economica e regolazione sociale (La Spina et al, 2000) appare di rilevante importanza. L’efficienza economica, la gestione dell’infrastruttura in monopolio naturale, sono i risultati ai quali bisogna puntare per la soddisfazione dei bisogni della collettività. La teoria economica appare svincolata degli obiettivi socialmente ricercati; ma nella realtà le due attività procedono di pari passo sovrapponendosi.

1.1 La regolazione in Italia

In Italia le attività di regolazione dei servizi di pubblica utilità hanno cominciato a svolgere un ruolo strategico per il sistema Paese quando si è instaurato un vero passaggio dalla privatizzazione formale delle singole realtà a quella sostanziale che ancora tuttora continua. Si parte dai primi processi di liberalizzazioni per poi modularne l’intensità a seconda dei casi e delle realtà (settoriali e/o territoriali) esistenti. Esistono delle connessioni con il governo e la programmazione dei servizi, la loro interrelazione e il coinvolgimento dei soggetti ai vari stadi. In altri termini pur essendo la regolazione una funzione distinta da quella di governo non sempre è affidata ad una autorità indipendente ma, in molti casi, essa fa capo allo stesso soggetto che precede a scelte allocative e di politica pubblica proprie della programmazione. Il concetto di regolazione è prima di tutto collegato a quello di distribuzione, a vari livelli, delle competenze. Quindi si parla in questi casi di stratificazione delle attività di regolazione su base nazionale, regionale e locale. Appare fondamentale ricollegare alla riforma del titolo V della Costituzione italiana questo processo di stratificazione e vincolarlo agli obiettivi riportati nella nuova stesura. Esiste una netta demarcazione tra i soggetti che svolgono l’attività di

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regolazione: è necessario distinguere chiaramente tra le Autorità che possiedono una chiara e specifica attribuzione dei poteri in materia e tutti gli altri soggetti che possiedono al loro interno sia la funzione regolatoria che quella di governo. Pare scontato che nel primo gruppo, dove opportunamente istituite, rientrano tutte le Authorities di regolazione che operano nei vari settori. In tutti gli altri settori, invece, le competenze regolatorie sono svolte dal CIPE (Comitato Interministeriale Programmazione Economica), che si serve di un organo tecnico di supporto NARS per le politiche di regolazione di questi mercati. Scendendo a livello regionale e locale esistono molte esperienze di soggetti che, sotto forma di Autorità o Agenzie, svolgono per conto dei soggetti istituzionali il ruolo di supporto tecnico e di monitoraggio delle attività all’interno di un singolo settore.4 Inoltre nel secondo gruppo vengono considerati direttamente tutti gli organi ministeriali regionali e locali. In questo caso particolare, le funzioni di regolazione e di governo si sovrappongono portando anche all’erogazione del servizio finale da parte di un soggetto pubblico. Ritornando al processo di riforma delle pratiche regolatorie in Italia, si può affermare che questo muta continuamente e non si è ancora assolutamente assestato. Le cause, di origine territoriale e settoriale, riguardano in particolare:

• la necessità, imposta anche dall’Unione europea di separare nettamente le funzioni di regolazione da quelle di erogazione del servizio. Ormai in quasi tutti i settori questa trasformazione si è conclusa o si sta concludendo. L’unico soggetto esistente è stato scomposto in due o più realtà che svolgono compiti diversi5;

4 Uno dei primi casi, particolarmente felici, di istituzione di Agenzie di supporto è quello della Regione Campania che da ormai dal 2003 ha istituito LOGICA. Questa agenzia opera a stretto contatto con la Regione per la pianificazione, programmazione e sviluppo dei trasporti e la logistica; dialoga con gli operatori, contribuisce allo sviluppo dei Piani territoriali e funge da interfaccia tra il pubblico e il privato. Altri esempi nello stesso settore ed in altri stanno nascendo in tutta Italia. 5 Nel settore ferroviario con la direttiva 91/440 si è voluto svolgere un processo di unbundling societario. Ferrovie dello Stato è stata divisa in due società: RFI e

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• l’assegnazione della funzione gestionale a soggetti che godono di una piena autonomia e responsabilità, che vengono regolati tramite specifiche linee guida riportate nei singoli contratti di servizio o di programma;

• la trasformazione dei soggetti gestori da enti pubblici economici in società di capitale sottoposte al diritto comune;

• la modifica degli assetti di mercato; l’abbandono delle posizioni di monopolio legale esistente e di graduale apertura alla concorrenza:

1. concorrenza nel mercato quando non sussistono vincoli di universalità del servizio e non esistono monopoli naturali di difficile contendibilità;

2. concorrenza per il mercato all’avverarsi dei presupposti del punto precedente: servizio universale e monopolio naturale (solitamente infrastruttura a rete);

• il processo di dismissione di aziende o di rami di aziende a soggetti di tipo privatistico. La cessione graduale di quote di maggioranza o di minoranza delle aziende.

I presupposti appena elencati descrivono il contesto dentro il quale la regolazione va ad operare per cercare di stimolare e di velocizzare il processo di transizione che tuttora è in atto. Attualmente gli obiettivi che la regolazione deve perseguire sono:

• promuovere le forme di mercato concorrenziali nel mercato quando è possibile, per il mercato in tutti gli altri casi, vista la numericamente importante presenza di monopoli legali;

• bloccare la crescita e la creazione di nuovi soggetti pubblici o privati che ricoprono posizioni di monopolio all’interno del mercato;

Trenitalia che a loro volta hanno costituito altre società collegate o controllate. Nel settore portuale, invece, i vari Enti, Consorzi, Provveditorati per i porti sono stati trasformati con la legge 84/94 in Autorità Portuali lasciando spazio alla nuova figura del terminalista, che non è altro che un soggetto privato che svolge un’attività economica all’interno dell’ambito portuale, il momento dell’erogazione del servizio.

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• creare le giuste condizioni affinché i soggetti presenti nelle varie industrie si aprano alla concorrenza, incentivandone l’efficienza;

• privatizzare (parzialmente o totalmente) i soggetti che si aprono alla concorrenza al fine di recuperare le condizioni di economicità all’interno del mercato.

Da questi punti saldi, su cui si innestano tutte le considerazioni che si svolgeranno nella prosecuzione del lavoro, si verificheranno le possibilità di ulteriori affinamenti possibili delle pratiche regolatorie tenendo presente la stratificazione istituzionale esistente di cui si è già discusso. Il compito sarà quello di affrontare i processi di transizione nelle diverse realtà settoriali e le valutazioni di carattere economico che potranno venir svolte. Dalla fine dello scorso secolo la regolazione ha avuto una notevole evoluzione dovuta all’allargamento delle attività che non si limitano più al semplice monitoraggio di prezzi e tariffe e al contenimento della spesa pubblica ma all’inserimento di un’ottica di sistema che verifichi la bontà degli assetti di mercato e la piena contendibilità.

1.2 Le Authorities in Europa Si intuisce chiaramente che la necessità di rafforzare le strutture, ripensare al posizionamento sul singolo mercato, e l’identificazione delle priorità sono gli obblighi che derivano dalla continua trasformazione del mondo. L’occasione per ripensare a tutti questi principi in funzione del processo di uniformazione deriva dal continuo allargamento dell’Europa verso tutti i Paesi dell’Est che costituivano l’ex blocco sovietico. L’allargamento geografico deve proseguire in parallelo al processo di integrazione economica e politica. La necessità di definire le priorità economiche e sociali della nuova Europa non permette di non considerare tutte le possibilità di governo al fine di rendere il processo decisionale comunitario maggiormente efficace ed adeguato all’attuale Europa a 27. Tornando agli aspetti squisitamente tecnici attualmente l’obiettivo primario che cerca di conseguire l’Unione europea è quello di

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ottenere una politica della concorrenza uniforme su cui basare tutte le azioni economiche. Il pericolo, però, è quello di sottovalutare i rischi delle diverse applicazioni di una devolution che, in alcuni casi, può rivelarsi controproducente per gli obiettivi di uniformità presentati, per la diversa interpretazione delle regole fondamentali e l’eccessiva frammentazione delle politiche comuni. Ed è proprio dalle ultime che bisogna partire per svolgere alcuni ragionamenti. L’allargamento dell’Europa impone un sempre maggiore decentramento delle scelte ma soprattutto deve poter garantire il mantenimento e il perseguimento delle politiche comuni. L’Unione europea ha sempre cercato di promuovere il modello di regolazione basato sulla figura delle Authorities. L’idea della separazione tra i poteri politici e quelli regolatori è sempre stata perseguita dall’istituzione comunitaria. L’interesse a fornire il servizio ad uno standard qualitativo elevato e il contenimento tariffario sono gli obiettivi primari che si cercano di perseguire. L’Unione europea vede nelle Authorities il moderno mezzo per poter garantire il soddisfacimento di questi bisogni. Ovviamente questo deve avvenire tramite l’utilizzo di poteri ben definiti e di regolamentazioni indipendenti6 altrimenti i ruoli e le prospettive vengono disattese. In molti settori esistono obblighi di fonte comunitaria di istituzione di Autorità che abbiano come primo requisito la totale indipendenza dalle imprese soggette a regolazione. Spesso i dettami dell’Unione europea impongono alle singole Autorità una serie di obblighi di cooperazione e di trasparenza dell’informazione. Di fatto si instaura una relazione verticale tra i vari soggetti creando una sorta di regolazione cooperativa che rafforza il ruolo delle singole Authorities. Un ulteriore novità arriva dalla nuova Costituzione europea che prevede il controllo e le attività di monitoraggio inerenti la privacy siano a carico delle Autorità indipendenti. Queste nuove norme7 permettono ad organismi nazionali (AGCM) di operare a stretto contatto degli organismi comunitari al fine di far rispettare le leggi

6 Vedi Commissione delle Comunità europee, Libro bianco sui servizi di interesse generale, (2004). 7 Non bisogna dimenticare il Regolamento CE n. 1/2003 del 16 dicembre 2002 sulla modernizzazione.

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che tutelano la libera concorrenza (Pace, 2005). L’Autorità Garante della Libera Concorrenza e del Mercato si trova così a doversi relazionare con vari soggetti e varie istituzioni. Anche se il compito per cui è stata istituita non è quello di regolare il singolo settore bensì di tutelare la concorrenza spesso, a causa degli obblighi imposti dall’Unione europea, si trova a dover sovrapporre le due attività, non demarcando attentamente i due principi diversi ma tra loro collegati. Esistono dei veri networks europei a cui le Autorità aderiscono dove, a livello informativo ed informale, si scambiano esperienze al fine di attuare l’omogeneizzazione europea tanto auspicata. In ultima istanza i rapporti che si instaurano con le Commissioni europee e le altre Autorità nazionali rafforzano la credibilità e l’indipendenza della struttura. L’utilizzo di questi networks porta di fatto al controllo reciproco delle attività, esiste una forma di monitoraggio tra soggetti di pari ruolo che permette la crescita del sistema nel suo complesso. Inoltre con questo sistema si risolve (almeno parzialmente) il problema di dover render conto a qualcuno delle proprie attività ferma restando l’indipendenza del soggetto. Il nuovo dinamismo economico dell’Europa, dovuto soprattutto all’inserimento della Moneta Unica, obbliga le istituzioni ad una profonda revisione dei singoli mercati. La razionalizzazione dei fattori produttivi unita all’innovazione, ai vari stimoli imprenditoriali e a una nuova ricerca scientifica maggiormente orientata all’applicazione sono i perni su cui calibrare le nuove attività. La politica della concorrenza gioca un ruolo assolutamente non secondario sul panorama europeo. Essa costituisce la leva più incisiva per rendere più flessibili ed efficienti i mercati (Cardani, 2000). La strategia di Lisbona da un nuovo impulso al processo di liberalizzazione e apertura dei mercati, oltre a promuovere la concorrenza e a ridurre il livello generale degli aiuti di Stato spostando l’interesse dalla singola impresa all’intero mercato industriale. Il lavoro che attualmente si sta cercando di compiere è quello di eliminazione della maggior parte delle asimmetrie informative esistenti. Tra queste appare fondamentale la diminuzione di tutte quelle appartenenti alla sfera burocratica. La burocrazia limita l’apertura e la liberalizzazione del mercato. Oltre a questo problema principale esiste quello, già ricordato, della trasparenza e della

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concessione degli aiuti di Stato. La volontà della Commissione europea è quella di evitare l’assegnazione di aiuti illeciti che falserebbero il gioco della concorrenza drogando il funzionamento del mercato. La novità sta nella applicazione del diritto comunitario da parte di Autorità nazionali. Questo condiziona enormemente la politica della concorrenza che, non per questo, deve ridiventare nazionale ma deve mantenere i presupposti di matrice europea. Mediante l’istituzione di adeguati meccanismi di informazione e di cooperazione si può attuare una collaborazione effettiva tra le due realtà in modo da poter lavorare congiuntamente allo scopo unico di tutela del mercato.

2. L’AUTORITA’ DI REGOLAZIONE DEI TRASPORTI Per quanto concerne l’istituzione dell’Authorities dei trasporti già nel passato sono stati fatti dei tentativi che andavano verso questa direzione. Inizialmente il legislatore italiano, con la legge 481/1995 prevedeva l’istituzione, oltre che dell’AEEG e dell’AGCOM, anche dell’Autorità dei trasporti (Boitani, 2000). La proposta di istituzione venne respinta dalla Commissione Attività Produttive a causa delle pressioni svolte dai comuni e dalle regioni che premevano sui parlamentari per evitare la costituzione di un’Autorità indipendente nazionale per i trasporti e di una per i servizi idrici. L’anno successivo venne predisposto un disegno di legge8 che richiamava esplicitamente la legge 481/95 recependo le parti inerenti la natura delle Autorità indipendenti di regolazione, le loro funzioni, i vincoli dentro cui operare ecc… Venne aggiunto un passaggio fondamentale che recitava testualmente “…l’Autorità esercita le proprie funzioni nel rispetto delle competenze costituzionalmente garantite alle autonomie territoriali.” Appunto per soddisfare le richieste degli enti locali. Venivano previste determinate competenze in merito al trasporto pubblico locale e regionale salvo l’istituzione da parte delle regioni di apposite strutture dedicate alla regolazione locali delle predette attività. Si promuoveva di fatto l’istituzione di tante Authorities regionali dedicate alla gestione di questi tipi di servizio. 8 Il disegno di legge fu predisposto dal prof. Marco D’Alberti.

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Come riportava la legge 481/95 si individuava nel price cap lo strumento consono alla determinazione dei piani tariffari e si specificava che “…l’Autorità fa riferimento al metodo del price cap esteso anche ai trasferimenti dello Stato e degli enti pubblici a qualsiasi titolo erogati ai vettori e ai soggetti eroganti il servizio”. In sostanza si instauravano i criteri di sussidio per il trasporto pubblico locale e per il trasporto ferroviario. Il ruolo che veniva affidato all’Autorità dei trasporti era quello di monitoraggio di tutte le attività in concessione relative sia all’infrastruttura che al servizio di trasporto. Compito fondamentale che di fatto giustificava l’istituzione dell’Autorità. La caduta del Governo di allora, ma soprattutto l’improvvisa perdita di potere che si profilava con l’istituzione dell’organismo a scapito dei Ministeri competenti ha portato all’insabbiamento del disegno di legge. 2.1 Struttura del mercato Si è ormai affermata nella grande maggioranza dei paesi e dei sistemi politici l’idea che il mercato di concorrenza produce i migliori effetti complessivi per la collettività e che, conseguentemente, la politica economica deve, per quanto possibile, perseguire fra i suoi obiettivi un’organizzazione concorrenziale dei mercati (Musso, 2001). Partendo dal presupposto appena esplicitato si possono analizzare i possibili trade off tra concorrenza perfetta ed efficienza. Bisogna subito preservare l’analisi dal pericoloso dogma di matrice politica secondo cui il libero mercato autonomamente produce un mercato concorrenziale e quindi il minor intervento pubblico corrisponde alla massimizzazione dei benefici collettivi. L’esistenza dei c.d. market failures che non permettono, di fatto, il raggiungimento dell’efficienza obbligano i singoli Stati a ripiegare su posizioni di second best che non sono altro che l’utilizzo dell’intervento pubblico per l’ottenimento di un mercato concorrenziale. Sulla base di queste considerazioni si sono affermate nelle singole economie di mercato, in cui entrano a pieno titolo quelle derivanti dal settore dei trasporti, vari gradi e varie intensità di intervento pubblico che hanno garantito negli anni il raggiungimento di un equilibrio di mercato, pur esistendo alcune difficoltà. All’esistenza

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dei market failures si sono aggiunti anche i c.d. governement failures che non sono altro che tutti i malfunzionamenti che le posizioni di second best possiedono e che non permettono di ottenere l’assetto concorrenziale. Il problema rilevante nei casi di fallimento delle politiche governative è dovuto, nella buona parte dei casi, all’esistenza di beni di proprietà pubblica di difficile allocazione e alla presenza di imprese della stessa natura. In questi due problemi stanno le grosse differenze con le economie di mercato in termini di risultati acquisiti. Sulla base di queste considerazioni si pone il problema di individuare il corretto assetto istituzionale ed i più “convenienti” equilibri del mercato al fine primo di riuscire a minimizzare il più possibile i vari governement failures. Questi sono stati instaurati tramite vari processi di liberalizzazione, deregolamentazione e liberalizzazione che hanno di fatto instaurato un nuovo rapporto pubblico-privato. Ricapitolando le cause che non permettono al mercato di riuscire a conseguire un equilibrio di concorrenza perfetta sono da ricondursi ai seguenti fallimenti (Musso, 2001):

• la presenza di esternalità (sia positive che negative); • la presenza di beni pubblici; • l’esistenza delle asimmetrie informative; • economie di scala (generate dall’incidenza dei costi fissi della

componente infrastrutturale); • l’esistenza di barriere all’uscita, costituite da costi

irrecuperabili9 legati all’accesso al mercato; • forte differimento temporale della redditività degli

investimenti infrastrutturali, a causa della vita effettiva dell’infrastruttura.

L’incidenza dei fallimenti del mercato nel settore dei trasporti costituisce una delle problematiche, di difficile risoluzione, con cui ci si è scontrati negli ultimi trent’anni. A causa degli elementi presentati il settore trasportistico si trova in una posizione ben lontana

9 I c.d. sunk costs che in questo caso sono da riferirsi per la quasi totalità alla componente infrastrutturale.

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dall’efficienza portando di fatto alla ricerca di una posizione di second best tramite l’utilizzo dell’intervento pubblico (Vickers et al, 1988). In merito alla necessità dell’intervento pubblico nel settore dei trasporti si devono aggiungere altre motivazioni che completano il quadro esistente. Sicuramente una motivazione dell’intervento pubblico risiede nella necessità di garantire la soddisfazione della domanda di mobilità sia per i passeggeri che per le merci. Se la soddisfazione della domanda dei passeggeri è stata quasi sempre ottenuta non si può dire altrettanto per la domanda di mobilità delle merci. Il concetto a cui si è spesso fatto riferimento in questo caso è quello della redditività della mobilità delle merci; questo, molte volte, a scapito di altri presupposti non meno importanti quali la tutela dell’ambiente e l’efficienza. Appare comunque innegabile che la mobilità delle merci è stata negli ultimi anni sovvenzionata direttamente o indirettamente tramite l’utilizzo di fondi pubblici. Un’altra considerazione doverosa riguarda l’ampia necessità di investimenti infrastrutturali di cui il settore dei trasporti necessita vista la non secondaria importanza delle infrastrutture. La redditività dilazionata nel tempo dell’investimento e ripartita tra un ampio numero di attori ha giustificato il sostegno della domanda aggregata tramite politiche di deficit spending ti stampo keynesiano10. In ultima istanza, dopo aver analizzato tutti i problemi di rilevanza teorica, bisogna ammettere che il settore dei trasporti si presta ad una facile ingerenza da parte del potere politico che, giustificando tramite la concessione di sussidi ed interventi simil-regolatori, ha sfruttato negli anni al fine primo di soddisfare la domanda di “cariche” da parte dei sostenitori del politico di turno. Nel settore dei trasporti gli indirizzi che l’intervento pubblico ha perseguito sono sostanzialmente i seguenti:

• il finanziamento pubblico degli investimenti infrastrutturali;

10 Nelle economie pianificate il comparto dei trasporti non ha fatto eccezione rispetto alla generale nazionalizzazione degli strumenti di produzione e concentrazione del numero di produttori.

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• la proprietà pubblica delle aziende erogatrici del servizio di trasporto;

• la conseguente preservazione di settori di mercato a favore dell’azienda pubblica;

• la fissazione di vincoli e di autorizzazioni allo svolgimento delle operazioni da parte di imprese private (in termini di prezzi e ambiti geografici e tecnici.

Sulla base di questi presupposti si è ottenuto negli anni l’istituzione di mercati di forma oligopolistica tramite il contingentamento delle autorizzazioni e delle concessioni. Oltre a ciò si è instaurato un processo di pubblicizzazione delle fasi di produzione e di erogazione del trasporto rendendo di fatto competitive soltanto le imprese nazionali. L’idea era quella di sostituire al soggetto privato un soggetto pubblico che sia in grado di soddisfare gli obiettivi di benessere sociale e che non abbia come ragione principale la massimizzazione del profitto portando ad evitare tutte le inefficienze che si riscontrano in situazioni di monopolio naturale, alla presenza di barriere all’entrata o all’uscita del mercato, in presenza di esternalità di qualsiasi segno. La forma di mercato del monopolio naturale è stata utilizzata per la maggior parte delle infrastrutture puntuali esistenti sul territorio italiano11. Nel caso si abbia a che fare con un monopolista risulta preferibile che questi sia un soggetto giuridico di natura pubblica rispetto ad un privato. Questo per il motivo che l’obiettivo della massimizzazione del profitto, che favorisce l’azienda monopolista ma penalizza i fruitori del servizio, venga sostituito dalla ricerca di un efficiente erogazione del servizio che preveda una copertura dei costi al pareggio o almeno in una quota rilevante. Oltretutto con 11 Una situazione di monopolio naturale comporta una notevole rilevanza dei costi fissi che dà luogo ad una funzione dei costi medi di fatto sempre decrescente (o per lo meno decrescente fino a quantità prodotte molto elevate, in rapporto alla domanda). Così che una tariffazione ai costi marginali, propria di un mercato concorrenziale, ha l’effetto di generare perdite strutturali che espellono progressivamente dal mercato gli operatori, almeno finché l’unico sopravvissuto, trovandosi in una situazione di monopolio, non è in grado di ripristinare una situazione di profitto.

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questo sistema si potrebbe valutare il grado di esternalità da accoppiare alla massimizzazione del benessere sociale che non è un obiettivo di un attore privato (Danielis, 1996). 2.2 Il ddl Letta sull’Authority dei Trasporti Nei paragrafi precedenti si riprendono fedelmente gli auspici in merito all’istituzione dell’Autorità di regolazione dei trasporti. Già nel PGTL del 2001 si ribadisce la necessità di dotarsi di un ente con elevate competenze tecniche che sia autonomo ed indipendente dai poteri politici e dai gruppi di pressione al fine di garantire una attività di regolazione continua. Esce nel 2007 il disegno di Legge (denominato ddl. Letta) sulla Regolazione e Vigilanza sui mercati e Autorità indipendenti. Il ddl. giustamente presuppone che l’attività di regolazione debba venir accompagnata al processo di liberalizzazione dei mercati rendendo minime le rendite monopolistiche e corporative e migliorando la qualità e il prezzo dei servizi per il consumatore finale. Viene subito messa in risalto l’incompletezza della regolazione per quanto concerne i servizi a rete mancando soprattutto nel settore dei trasporti, nel settore idrico e postale. La disparità di trattamento fra i settori simili crea un disagio ai cittadini che non sono adeguatamente tutelati mancando gli strumenti effettivi di disciplina e di vigilanza pubblica. Vengono inoltre rilevate sovrapposizioni di competenze, con particolare riferimento agli aspetti finanziari, in quanto le singole competenze appaiono eccessivamente frammentate tra il numero elevato di enti coinvolti. Infine, sono stati ritrasferiti alle strutture ministeriali competenze che possono interferire con il lavoro delle Autorità di settore. Questo costituisce un pericolo di ingerenza da parte dei poteri politici che potrebbe compromettere l’operato degli enti tecnici soprattutto in merito ad eventuali sanzioni. L’obiettivo che si pone il disegno di legge è quello di rafforzare e completare il sistema di regolazione, tenendo separate le competenze spettanti alle Regioni e agli Enti locali, pianificando le linee guida generali di sviluppo del paese dal punto di vista infrastrutturale, sociale e di tutela dell’ambiente.

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Allo scopo di completare la regolazione dei settori si prevede l’assunzione di competenze da parte del AGCOM per il settore postale e da parte dell’AEEG per quanto concerne i servizi idrici. Saranno le due Autorità già esistenti ad occuparsi della regolazione dei predetti settori. Per i trasporti invece viene istituita una nuova struttura con competenze di regolazione economica che ha come compito la determinazione di prezzi, tariffe, standard qualitativi e condizioni di accesso alle infrastrutture. Questa opererà su tutte le modalità: autostradale, ferroviaria, marittima-portuale ed aerea. Tutti i poteri di indirizzo e di programmazione restano prerogativa dei Ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti che fungono da garanti. Entrando nello specifico le funzioni assegnate alla nascente Autorità sono riportate agli artt. 5 e 6 del disegno di legge, nel rispetto del principio di sussidiarietà e delle competenze delle Regioni e degli Enti locali di cui al Titolo V della seconda parte della Costituzione. I compiti che l’Autorità per i servizi e l’uso delle infrastrutture di trasporto si pone l’obiettivo di promuovere e garantire (art. 5) sono:

• lo sviluppo di condizioni concorrenziali nei vari comparti; • condizioni eque e non discriminatorie di accesso alle

infrastrutture da parte dei soggetti che esercitano servizi di trasporto;

• adeguati livelli di efficienza e di qualità dei servizi; • livelli tariffari equi, trasparenti e orientati ai costi di una

gestione efficiente per i servizi soggetti a regolazione, diretti ad armonizzare gli interessi economico-finanziari degli operatori, tramite il riconoscimento di un’equa remunerazione del capitale investito, con gli obiettivi generali di politica economica, ambientale e sociale nel settore dei trasporti;

• le condizioni di accesso alle infrastrutture autostradali, aeroportuali, portuali e ferroviarie, inclusi le relative pertinenze e i servizi accessori e complementari;

• i servizi di trasporto, limitatamente agli ambiti in cui ancora non sussistono condizioni di effettiva concorrenza, modale o intermodale, al fine di garantire la salvaguardia degli interessi degli utenti e dei consumatori.

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Gli artt. 5 e 6 del ddl. Letta sono il perno su cui l’Autorità di regolazione si andrà a basare per l’istituzione delle condizioni concorrenziali nei vari comparti. La volontà di mantenere condizioni eque e non discriminatorie e di garantire efficienza e qualità di servizio sono i cardini ideologici che appaiono irrinunciabili. Ma come si può arrivare al raggiungimento o al mantenimento di questi obiettivi. Che tipo di regolazione bisogna utilizzare per il conseguimento dello scopo? Una delle condizioni che deve venir ricercata è quella della flessibilità (Sebastiani, 2007). Questa deve venir ricercata nella promozione delle attività soggette a regolazione, sulla base degli strumenti a disposizione del Regolatore tenendo conto del grado di intrusione che questo può (deve) avere sul mercato. Si è già ricordato che, ove possibile, il compito del Regolatore è quello di promuovere la concorrenza nel mercato (Laffont, 1999, 2000). Quindi, in tutti i casi in cui questa possa venir instaurata, il ruolo della regolazione risulta estremamente ridotto. Questa non è stata attuata in passato per il semplice motivo che i servizi, ma anche le infrastrutture di trasporto, sono sempre state viste come delle realtà di natura prettamente sociale, distanti dagli obblighi delle altre realtà di mercato. Attualmente questa visione appare indebolita grazie alla spinta, di fonte comunitaria, di apertura dei mercati. La difficoltà sarà quella di distinguere i servizi che possono essere lasciati al mercato e quelli di interesse economico generale in chiave di sostenibilità sociale e orientamento al profitto congiunti. L’Autorità dei Trasporti, avvalendosi anche dell’Antitrust, dovrà delimitare il campo d’azione del singolo soggetto evitando tutte le sovrapposizioni. Questo dovrà avvenire sempre tenendo presente la necessità di flessibilità, soprattutto in tema di costo della regolazione dove questi risultino esagerati o superflui e di necessità di apertura di nuovi mercati.12 Vengono individuati gli appositi strumenti che permettono agli apparati regolatori di adattarsi a seconda della situazione di mercato. La regolazione si deve adattare alle politiche industriali che il Governo promuove. Gli investimenti nel settore, le forme di

12 Sicuramente nel settore dei trasporti i rischi da questo punto di vista sono minori rispetto ad altri mercati soggetti a regolazione dove magari l’ingresso delle nuove tecnologie risulta molto più rapido.

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finanziamento, lo sviluppo di determinate realtà territoriali, la creazione delle regole per il raggiungimento dell’obiettivo vengono stabilite a tutti i livelli istituzionali. Esiste un trade off tra la regolazione e le attività di Governo che risulta inscindibile. Sarà la regolazione ad adattarsi alle scelte di policy attuate dagli organi competenti. Quindi la regolazione non è altro che lo strumento di applicazione delle politiche industriali scelte ad un settore ben specifico, in questo caso quello dei trasporti. Deve risultare chiaro a tutti gli attori coinvolti (Autorità di settore, Antitrust, Parlamento, Governo, organi ministeriali, Regioni, Enti locali) il ruolo recitato all’interno del mercato. Il principio di completo affidamento della singola competenza ad un solo soggetto deve venir rispettato al fine di non creare inutili commistioni formando inutili asimmetrie informative e competenze non essenziali. Ritornando alla disponibilità di strumenti a favore del Regolatore questi dovranno essere scelti sulla base di una corretta analisi dell’industria che individui:

• gli attori che ricoprono ed abusano della posizione dominante (Petretto, 2000);

• il grado di concorrenzialità esistente sul mercato e quello potenzialmente raggiungibile con gli strumenti regolatori;

• I costi della regolazione (diretti ed indiretti) rapportati ai benefici ottenuti (Di Giacomo et al, 2000), tenendo sempre presente l’ipotetica opzione zero: assenza di regolazione;

• la determinazione di obiettivi di breve, medio e lungo periodo pianificando la graduale trasformazione dei mercati in funzione delle scelte di politica industriale ricercate dagli organi governativi.

Per attuare i compiti previsti e quindi instaurare tutti i principi di concorrenza nel o per il mercato, per rendere effettive condizioni eque e non discriminatorie di accesso alle infrastrutture e ai servizi sarà compito dell’Autorità quello di armonizzare gli interessi economico-finanziari del singolo attore con gli obiettivi strategici generali di sviluppo economico, ambientale e sociale. Vengono

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riportati all’interno del ddl. i criteri per l’accesso all’infrastruttura validi per tutte le modalità di trasporto. Dal punto di vista tecnico il problema che si pone è quello di assegnare l’uso dell’infrastruttura o del servizio con uno strumento giuridico moderno che riesca a sfruttare le potenzialità economiche del bene. Lo strumento della concessione amministrativa ha ormai raggiunto un’ampia fascia di utilizzo in vari settori ed è utilizzata per regolare varie industrie oltre a quella trasportistica. In linea di principio, la concessione amministrativa comporta usualmente il conferimento da parte di un Ente pubblico (concedente) ad un unico soggetto privato (concessionario) la facoltà di esercitare un’attività di tipo imprenditoriale in determinati settori (Roppo, 1997).

3. CONCLUSIONI

Per comprendere il funzionamento economico dei singoli settori non si può prescindere dal considerare il ruolo economico dello Stato (Stiglitz, 1989). L’analisi del rapporto ottimale fra attività pubblica e privata appare come il punto strategico da cui partire al fine di spiegare l’evoluzione degli ultimi anni e per poter formulare alcune ipotesi di mix ottimale delle due tipologie di attività. All’interno del contesto appena rappresentato si collocano le Autorità indipendenti che sono lo strumento che l’Unione europea predilige per regolare determinati settori considerati strategici. Indipendenti. Da chi? Dai poteri politici (legislativi o governativi) ma anche dalle imprese regolate (Demsetz, 1968) tenendo presente i problemi di deficit di legittimazione democratica. Le Authorities appaiono come la concentrazione di funzioni normative, amministrative e quasi-giurisdizionali in deroga al principio della netta demarcazione dei poteri. Il ruolo che le Authorities svolgono è quello di fornire garanzie di partecipazione e di contradditorio alle imprese ed a tutti i soggetti interessati. I rapporti che le Autorità di regolazione intrattengono con i singoli organi: Parlamento, Governo, Unione europea, Regioni ed Enti locali entrano direttamente nella cultura e nella vita quotidiana di qualsiasi settore economico.

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Verso la fine degli anni Novanta si sono registrate le numerose attività per la regolazione dei settori economici di pubblica utilità, da allora non sono stati istituiti nuovi organismi che svolgano queste funzioni. I motivi che potrebbero giustificare questa scelta potrebbero essere molteplici. Dall’alternanza dei governi avutasi negli ultimi dieci anni alla ricerca di nuove forme di regolazione che permettano di eliminare strutture estremamente costose per il bilancio dello Stato. Esistono però dei vincoli che non permettono di ritornare indietro sulle scelte svolte nel passato. Innanzitutto l’adesione all’Unione europea rende praticamente impossibile la rinuncia a questo modello di regolazione a favore del reinserimento dei vecchi modelli basati su logiche dirigistiche ed interventiste. La Costituzione europea prevede un’economia di mercato aperta e di libera concorrenza (art. 4, comma 1) inoltre i servizi di tipo economico generali sono previsti dal Trattato come strategici per il perseguimento degli obiettivi di coesione sociale e territoriale (art. 16) assoggettandoli di fatto alla concorrenza. Questi presupposti fanno ben comprendere come ormai sia impossibile ri-assegnare i compiti di regolazione economica a soggetti di natura ministeriale o para-ministeriale. Questi risultano ormai totalmente inadatti a svolgere compiti di regolazione all’interno di un mercato. Il compito fondamentale delle Authorities è quello di fornire, tramite l’attività di regolazione, i presupposti per l’istituzione e la tutela della concorrenza all’interno del mercato, soprattutto nei settori dove si rileva la presenza di monopoli naturali di difficile contendibilità, dove esistono esternalità e dove la teoria dell’interesse pubblico e dell’interesse privato non hanno trovato ancora una corretta applicazione. Per quanto concerne lo specifico del settore dei trasporti, in precedenza si è parlato di mercato unico europeo; questo risulta essere l’unica soluzione percorribile a causa della globalizzazione dei mercati che ha portato all’inadeguatezza delle logiche nazionali sia nel settore merci che in quello passeggeri. La regolazione, a livello nazionale, rappresenta un elemento strategico che va a posizionarsi all’interno del quadro comunitario di riferimento. Ogni singolo paese dell’Unione europea deve regolare i trasporti in un ottica di crescita competitiva dell’intera rete. Esistono ancora delle resistenze, a livello politico, ma gradatamente si sta andando verso questa direzione: la

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creazione di un mercato moderno dove la concorrenza viene regolamentata. Si sono fatte, si stanno facendo e si faranno nuove privatizzazioni e liberalizzazioni all’interno del settore volte a trasformarlo in un ottica di efficienza coniugata al vincolo di bilancio. Le scelte fatte in questi anni obbligano a concentrare la regolazione verso determinati fattori che ora si esamineranno. Innanzitutto il reperimento e, di conseguenza, la scelta di acquirenti che desiderino acquistare i servizi sul mercato, che possiedano le caratteristiche tecniche ed economiche che garantiscano una continuità di erogazione del servizio e che questi soggetti non possano instaurare comportamenti collusivi con altre realtà di settore portando alla non contendibilità del settore. Oltre alla cessione dei servizi esistenti bisogna garantire l’entrata di altri soggetti che possiedano anche loro i requisiti tecnici ed economici e che possano instaurare un’opportuna concorrenza rischiando, in alcuni casi limite, anche la chiusura di qualche esercizio in perdita. Il metodo con il quale vengono avviate le privatizzazioni appare cruciale. Certamente lo Stato dovrà massimizzare i proventi derivanti dalla cessione dell’attività. Solitamente l’impresa acquirente richiede di essere protetta al fine che gli venga garantita una posizione di quasi-monopolio. Questo non è possibile perché garantirebbe un privilegio immeritato ad un soggetto privato a scapito dei new entrants che non ne possono beneficiare. La cessione da parte dello Stato di determinati assets strategici dell’azienda potrebbe inoltre comportare rischi di contendibilità. Un altro problema da considerare è quello delle asimmetrie informative esistenti. La mancanza di informazione a scapito dei new entrants di sicuro non invoglia le aziende a rischiare in un mercato costituito in prevalenza da soggetti pubblici. Questo porta al consolidamento da parte dell’incumbent sul suo mercato. Nel caso di una situazione di concorrenza per il mercato bisogna individuare il metodo migliore per l’assegnazione del servizio. Come ormai tutti concordano la strada della gara risulta essere quella che preferibilmente si deve seguire. La gara, però, dev’essere una gara vera dove vince il migliore e quindi deve basarsi su una reale competizione tra i soggetti che si propongono per l’erogazione del servizio o per la gestione dell’infrastruttura. Questa deve venir

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costruita con metodi e meccanismi adatti al settore (Mazzarino, 2005) nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalle competenti Autorità di settore o, in mancanza di esse, dagli enti locali. La gara è aggiudicata sulla base del migliore livello di qualità e sicurezza e delle condizioni economiche e di prestazione del servizio, dei piani di investimento per lo sviluppo e il potenziamento delle reti e degli impianti, per il loro rinnovo e manutenzione, nonché dei contenuti di innovazione tecnologica e gestionale. Tali elementi fanno parte integrante del contratto di servizio.13 Si tratta come sembra di una gara secondo il criterio della offerta economicamente più vantaggiosa, con una forte attenzione posta ai temi della qualità, degli aspetti ambientali e della sicurezza, di equità etc. Il legislatore sembra preoccupato si evitare il diffondersi di gare basate sul principio del massimo ribasso, con possibili ripercussioni negative sugli standard e al qualità del servizio. Il ruolo della nuova Autorità di regolazione dei trasporti sembra essere funzionale alla risoluzione delle problematiche appena presentate. Essa potrebbe garantire una maggiore trasparenza e certezza di regole comuni, sia in sede di formulazione che in sede di applicazione. Oltre a ciò si creerebbe un soggetto volto all’attività di monitoraggio delle attività dei regolati arrivando anche all’aspetto sanzionatorio in caso di necessità. Il modus operandi insito nel DNA delle Authorithies garantirebbe anche interventi tempestivi grazie alla flessibilità di cui in precedenza si è accennato. Il soggetto potrebbe analizzare, decidere e in caso anche sanzionare in tempi maggiormente ristretti rispetto a quelli delle altre istituzioni. Qualsiasi Autorità di regolazione è dotata di figure professionali preparate su questi temi specifici garantendo le competenze in materia tanto auspicate. Queste serviranno per assumere in completa autonomia le decisioni necessarie al funzionamento del mercato ed alla sua evoluzione nel tempo. L’indipendenza dai ceti politici permetterà di evitare le mediazioni tra i vari gruppi di pressione e di concentrare le attività sulle necessità del mercato. L’Autorità dovrà, come analogamente accade negli altri settori, relazionarsi con tutti i soggetti che tutti i poteri legislativi per trovare una coerenza nel 13 Art. 113 comma 7 del Testo Unico degli Enti locali.

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processo di formazione delle regole e con tutti gli organi esecutivi quando si dovranno identificare gli ambiti in cui operare. Per quanto concerne il potere legislativo esiste già un ampio numero di leggi su cui basare la propria attività. Come in molti altri settori esistono delle sovrapposizioni e delle mal formulazioni che obbligano l’Autorità a porsi come soggetto propositore per lo snellimento del quadro giuridico di riferimento e per una omogenea interpretazione delle leggi a favore dei consumatori. In merito agli equilibri e alle funzioni di politica industriale che un’Autorità deve svolgere il tutto deve venir considerato in una prospettiva di incentivazione degli investimenti infrastrutturali, di programmazione tramite appositi piani della localizzazione delle realtà industriali e di analisi di mercato volta a determinare le modifiche che rapidamente avvengono. Questo per riuscire tempestivamente a modificare l’attività regolatoria in funzione delle necessità del settore; il rispetto delle tempistiche con cui il mercato si evolve sarà probabilmente l’obiettivo principale a cui aspirare per rendere completo l’impianto che si sta introducendo con questa riforma. La reattività che il nuovo organismo deve possedere sarà il vero indicatore che permetterà di capire quale sarà il grado di “intromissione” che l’Autorità dovrà avere in ogni sotto mercato. BIBLIOGRAFIA Boitani A. (2000), Un’Autorità di regolazione dei trasporti, in l’Industria, n. 4, pp. 821-832. Cardani A. M. (2000), Unione europea e Autorità nazionali, in l’Industria, n. 4, pp. 661-673. Demsetz H. (1968), “Why regulate utilities?”, Journal of Law and Economics, 11, 55-65. Danielis R. (1996), I trasporti e l’ambiente – Aspetti di economia e politica dei trasporti, Torino, G. Giappichelli Editore.

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