Garcilaso senza stemmi - Instituto Cervantes

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GARCILASO SENZA STEMMI II titolo di questa relazione potrebbe far pensare che, contagiato dal riflus- so oggi di moda, io abbia rinnegato la fede lachmanniana per aderire al prin- cipio bédieriano del « bon manuscrit ». Con buona pace della scuola filologica spagnola, poco propensa a lasciarsi coinvolgere dal fantasma inquietante del- l'esercizio ecdotico. Ma cosi non è. La estematitis, come scherzosamente la definisce Martin de Riquer, non è una malattia brutta e contagiosa contro la quale ci si deve vaccinare. Anzi, non è neppure una malattia se si pensa che sono proprio i principi della critica testuale (quella di ascendenza lachmanniana) a stabilire dei precisi limiti per la costituzione di uno stemma: l'assenza di errori signifi- cativi, ad esempio, è un dato di fatto incontrovertibile di fronte al quale l'edi- tore onesto non può che dichiarare il fallimento della sua impresa. La estematitis può diventare, invece, una pericolosa malattia quando non si prendano debite precauzioni. Infatti, da una errata valutazione del con- cetto di errore (concetto-base del metodo lachmanniano) si originano talvolta ipotesi non fondate che confluiscono in edizioni poco convincenti. Nel caso concreto delle opere di Garcilaso, tuttavia, questo inconveniente non si sarebbe mai verificato se Rivers, nell'« editio minor » del 1972 ' (e ristampe successive), non avesse abbandonato la sua prudenza abituale (quella adottata in occasione dell'« editio maior » del 1964 2 ) per accogliere gran parte dei suggerimenti offerti da Alberto Blecua in un saggio del 1970 intito- lato En el texto de Garcilaso. Prologando questo saggio, Rivers non aveva nascosto la sua simpatia per il giovane Blecua: « Todos los estudiosos de Garcilaso tenemos que agradecerle esta obra, cuya madurez y buen juicio serían difíciles de encontrar en una persona de dos veces sus años », e si era aperta- mente impegnato a non trascurare in future edizioni le conclusioni di A. Blecua: « Y yo, desde luego, no volveré a editar y comentar este texto sin tener siempre muy en cuenta los valiosos comentarios de Alberto Blecua, colabo- rador principalísimo en nuestro diálogo garcilasiano » 3 . 1 GARCILASO DE LAVEGA, Poesías castellanas completas. Edición de..., Madrid 1972 2 . 2 GARCILASO DE LA VEGA, Obras completas. Edición de..., Madrid 1964. 3 Cfr. A. BLECUA, En el texto de Garcilaso, Madrid 1970, p. XI.

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GARCILASO SENZA STEMMI

II titolo di questa relazione potrebbe far pensare che, contagiato dal riflus-so oggi di moda, io abbia rinnegato la fede lachmanniana per aderire al prin-cipio bédieriano del « bon manuscrit ». Con buona pace della scuola filologicaspagnola, poco propensa a lasciarsi coinvolgere dal fantasma inquietante del-l'esercizio ecdotico.

Ma cosi non è. La estematitis, come scherzosamente la definisce Martinde Riquer, non è una malattia brutta e contagiosa contro la quale ci si devevaccinare. Anzi, non è neppure una malattia se si pensa che sono proprio iprincipi della critica testuale (quella di ascendenza lachmanniana) a stabiliredei precisi limiti per la costituzione di uno stemma: l'assenza di errori signifi-cativi, ad esempio, è un dato di fatto incontrovertibile di fronte al quale l'edi-tore onesto non può che dichiarare il fallimento della sua impresa.

La estematitis può diventare, invece, una pericolosa malattia quando nonsi prendano debite precauzioni. Infatti, da una errata valutazione del con-cetto di errore (concetto-base del metodo lachmanniano) si originano talvoltaipotesi non fondate che confluiscono in edizioni poco convincenti.

Nel caso concreto delle opere di Garcilaso, tuttavia, questo inconvenientenon si sarebbe mai verificato se Rivers, nell'« editio minor » del 1972 ' (eristampe successive), non avesse abbandonato la sua prudenza abituale (quellaadottata in occasione dell'« editio maior » del 19642) per accogliere granparte dei suggerimenti offerti da Alberto Blecua in un saggio del 1970 intito-lato En el texto de Garcilaso. Prologando questo saggio, Rivers non avevanascosto la sua simpatia per il giovane Blecua: « Todos los estudiosos deGarcilaso tenemos que agradecerle esta obra, cuya madurez y buen juicio seríandifíciles de encontrar en una persona de dos veces sus años », e si era aperta-mente impegnato a non trascurare in future edizioni le conclusioni di A. Blecua:« Y yo, desde luego, no volveré a editar y comentar este texto sin tenersiempre muy en cuenta los valiosos comentarios de Alberto Blecua, colabo-rador principalísimo en nuestro diálogo garcilasiano »3 .

1 GARCILASO DE LA VEGA, Poesías castellanas completas. Edición de..., Madrid 19722.2 GARCILASO DE LA VEGA, Obras completas. Edición de..., Madrid 1964.3 Cfr. A. BLECUA, En el texto de Garcilaso, Madrid 1970, p. XI.

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Cosí, nella seconda edición popular di Garcilaso, quella del 1972 appunto,Rivers introduce nel testo numerose modificazioni rispetto al testo delle sueprecedenti edizioni, in omaggio alla revisione critica di A. Blecua e in palesecontrasto con le tesi da lui stesso sostenute nel 1964 e cosi formulate nellaNota preliminar all'« editio maior »: « ...no tenemos fuente más fidedignaque la primera edición, basada en manuscritos que tuvo Boscán directa o indi-rectamente de su amigo Garcilaso; los manuscritos de donde decían tomara veces variantes el Brócense, Tamayo de Vargas, y Azara son siempre deun valor mucho más hipotético y discutible. Rüffler ha demostrado la infe-rioridad de las variantes introducidas por estos editores antiguos y de losmanuscritos que manejaban » 4.

Trattandosi di edizione a carattere divulgativo, quella del 1972 non pre-senta un apparato delle varianti sicché il grosso pubblico si trova costrettoad accettare come autenticamente garcilasiana, senza alcuna possibilità diverifica immediata, una redazione che è invece, come vedremo, fortementecontaminata. Ma di ciò tratteremo diffusamente più avanti. Per ora, a titolodi doverosa documentazione, ripercorriamo insieme le tappe, spesso tortuose,della tradizione delle opere di Garcilaso.

Com'è noto, le opere di Garcilaso furono pubblicate per la prima voltanel 1543, unitamente alle poesie di Boscán. Dell'edizione si era interessatolo stesso Boscán al quale gli eredi di Garcilaso avevano trasmesso gli autografio copia degli autografi del poeta toledano morto in Provenza nel 1536. Scrive,infatti, la vedova Boscán nel prologo all'edizione barcellonese del 1543: « enel quarto [libro] quería [Boscán] poner las obras de Garcilasso de la Vega,de las quales se encargó Boscán por el amistad grande que entrambos muchotiempo tuvieron, y porque después de la muerte de Garcilasso le entregarona él sus obras para que las dexasse como devían de estar »5 . Le vicende diquesta edizione sono anch'esse note: sappiamo, ad esempio, che si diedeinizio alle stampe nell'aprile del 1542, come da contratto; sappiamo, inoltre,che nel settembre dello stesso anno Boscán dovette accompagnare il ducad'Alba a Perpignan e che, in questa città, egli si ammalò e mori dopo pochigiorni. Venuta a mancare la supervisione editoriale di Boscán, la vedova,doña Ana Girón de Rebolledo, si assunse l'impegno di proseguire e di portarea termine l'iniziativa del marito: « después [dopo la morte di Boscán] áparescido passar addante lo que él dexava enpecado, digo la impresión, queen la enmienda de sus obras y de las de Garcilasso no es cosa que nadie le

4 Ed. cit., p. XII.5 Cfr. Las obras de Boscán y algunas de Garcilasso de la Vega repartidas en quatro libros,

Barcelona 1543 (cito da: E.L. RIVERS, ed. cit., p. XI).

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avía de osar emprender, y si algún yerro o falta se hallare en estos libros,duélase el que los leyere de la muerte de Boscán, pues que si él viviera hastadexallos enmendados, bien se sabe que tenía yntención de mudar muchascosas, y es de creer que no dexara ninguna o pocas que offendieran a losbuenos juycios »6 .

I quattro libri delle Obras de Boscán y algunas de Garcilasso de la Vegauscirono nel marzo del 1543, con evidenti tracce di trascuratezza e di fret-tolosità soprattutto nel quarto, quello contenente le opere di Gardlaso, comerisulta dal recupero in extremis e dalla conseguente collocazione fuori postodi un sonetto « que se olvidó de poner a la fin con sus obras », e come traspareda quelValgunas del titolo che allude, probabilmente, ad una selezione o atagli inferti nel corpus garcilasiano, forse per ragioni tipografiche.

Della trascuratezza della princeps si resero ovviamente conto gli editorisuccessivi i quali, al fine di propagandare la bontà del loro prodotto, non tra-scurarono di sottolineare nei frontespizi la superiorità qualitativa e quantita-tiva delle loro edizioni rispetto alle precedenti. Venezia 1553, ad esempio,dopo il titolo uiEciale {Las obras de Boscán y algunas de Garcilasso de la Vega)annota: « Además que ay muchas añadidas, van aquí mejor corregidas, máscomplidas y en mejor orden que hasta agora han sido impressas »'; Estella 1555,a sua volta, aggiunge: « Van en este libro muchas obras añadidas y en mejororden que hasta agora han sido puestas. Agora de nuevo por los mejores ymás antiguos originales corregidas y emendadas »; Anversa 1556, per contosuo, annota: « Emendadas agora nuevamente y restituidas a su integridad ».E la musica non cambia nelle edizioni del « Gardlaso divorciado », ovverodelle opere di Garcilaso separate da quelle di Boscán: in Salamanca 1569leggiamo: « Las obras del excelente poeta Garcilasso de la Vega. Agora nueva-mente corregidas de muchos errores que en todas las impresiones pasadas avía »;e in Madrid 1570: « En esta postrera impressión corregidas de muchos erroresque en todas las passadas avía ».

Ma al di là di queste dichiarazioni in gran parte topiche, sta di fatto chele edizioni posteriori alla princeps fino al 1570 non contengono novità dirilievo e, almeno per ciò che concerne Garcilaso, non aggiungono né modifi-cano nulla, salvo la collocazione del sonetto dimenticato che, in alcuni casi,viene trasferito al fondo insieme alle opere di Garcilaso, in altri all'inizio dellibro terzo delle poesie di Boscán, e ancora in posizione finale nelle primeedizioni del Garcilaso « divorciado ».

Per riscontrare qualcosa di veramente nuovo rispetto alle precedenti edi-zioni occorre attendere fino al 1574, anno di pubblicazione della prima edi-

6 Ibidem.

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zione con commento delle opere di Garcilaso a cura del professore salman-tino di Retorica, Francisco Sánchez de las Brozas. II Brócense, infatti, aggiungealtri sei sonetti ai ventinove della princeps e rimpolpa con cinque coplasinedite l'occasionale incursione di Garcilaso nell'ambito della poesia tradi-zionale spagnola (nella princeps si aveva un'unica testimonianza della suaattività in questo settore ed era costituita da una strofetta satirica rivolta adon Luis de la Cueva).

Da quale fonte il Brócense avesse ricavato gli inediti garcilasiani non èdato di sapere con assoluta certezza: comunemente si ritiene che i sonetti ele coplas aggiunte fossero contenute nel manoscritto « muy antiguo delseñor Tomás de Vega, criado de su Magestad », al quale il Brócense fa rife-rimento nel prologo al Lettore della sua edizione del 1574. Ma nello stessoprologo si legge che per mezzo di questo manoscritto « allende de emendarlos lugares de que se haze mención en las anotaciones se restituyeron y cum-plieron algunos versos que faltavan en los impressos »7 . Si noti bene: algunosversos, termine polisemico, ma in questo caso riferito proprio a « versi » enon a obras, o a sonetos, o a coplas come, invece, il Brócense avrebbe pun-tualmente segnalato se davvero il manoscritto di Tomás de Vega fosse statoil portatore delle « obras añadidas ». E, in effetti, con l'ausilio di questomanoscritto, Francisco Sánchez, oltre ad emendare il testo in numerosi luoghi,completò e restituì alcuni versi incompleti o mancanti (o, comunque, presuntitali) nelle precedenti edizioni; è il caso dei vv. 9-10 della Canción II cosíglossati dal Brócense: « Esta letra se restituyó del de mano: en los demásfaltaba un verso, y el otro estaba falto »8; ed è ancora il caso del v. 263 del-YEgloga I: « Este verso estaba falto, suplióse del de mano » 9. Ma non risulta,stando almeno alle dichiarazioni solitamente precise del Brócense, che dallostesso manoscritto derivassero i sonetti e le coplas inedite.

Un alone di mistero, dunque, avvolge la fonte delle aggiunte. Quest'alonesi fa ancor più fitto allorché, nel 1577, il Brócense pubblica la seconda edi-zione del suo Garcilaso con commento e rispolvera altri tre sonetti inediti.Nulla, infatti, trapela da questa nuova edizione salvo un vago accenno, nelsottotitolo, a un manoscritto antichissimo: « De nuevo corregidas y emendadaspor un original de mano muy antiguo: y añadidas algunas obras suyas quenunca se han impresso ».

7 Cito da: H. KENISTON, Garcilaso de la Vega. Works. A Criticai Text with Bibliography,New York 1925, p. 343.

8 Cito da: A. GALLEGO MORELL, Garcilaso de la Vega y sus comentaristas, Madrid 19722,p. 272.

» Ibidem, p. 284.

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Formulazioni generiche, termini imprecisi che Fernando de Herrera, nellesue Anotaciones del 1580, volutamente suggella lasciando intendere che iSonetos aggiunti dal Brócense nel 1574 e nel 1577 circolavano già da lungotempo, ma non tutti accompagnati da un marchio di autenticità. Scrive Her-rera: « Estos sonetos siguientes sin otros dos o tres que no me persuado quesean de Garcilasso [dei nove aggiunti dal Brócense, Herrera ne pubblica 5da B74 e 1 da B77], por opinión común, y por afirmación de don AntonioPuertocarrero su yerno, y por la semejanza del estilo, ha muchos años que loscuento entre los suyos, y paréceme que ninguno dé los hombres que sabeny conocen la igualdad y la diferencia de las formas de decir y el número ynaturaleza de los versos, confesará que son de otro que de Garcilasso » 10.Ovviamente, le dichiarazioni di Herrera devono essere valutate alla luce dellapolemica contro l'innominato Francisco Sánchez de las Brozas, e, in partico-lare, quell'« ha muchos años que los cuento entre los suyos » mira a unoscopo ben preciso, quello cioè di strappare al Brócense il privilegio dellascoperta. Tuttavia, con Herrera si insinua per la prima volta il sospetto chenon tutti i sonetti aggiunti appartenessero a Garcilaso; sospetto che proba-bilmente aveva sfiorato anche il Brócense nel 1574 costringendolo a non pub-blicare per intero il materiale nuovo da lui posseduto. Soltanto in un secondotempo, sospinto dalla necessità di rinnovare la sua precedente edizione, avreb-be sciolto le riserve e pubblicato anche il resto.

Sta di fatto che Herrera non accoglie nella sua edizione uno dei sei sonettinuovi pubblicati dal Brócense nel 1574 e ben due dei tre aggiunti nel 1577.La prudenza, forse polemica, di Herrera è poi condivisa in parte da Tamayode Vargas nella sua edizione del 1622, che relega in nota, perché di incertaattribuzione, uno dei nove sonetti aggiunti, e ancora da Azara, nel 1765,che depenna, sulle tracce di Herrera, sempre uno di questi.

Inoltre, a partire da Tamayo de Vargas si fanno sempre più insistenti irichiami a manoscritti di varia provenienza utilizzati con finalità emendatorierispetto alle lezioni ritenute scorrette delle edizioni a stampa. Tamayo affer-ma di maneggiare saltuariamente due codici: « un cartapacio antiguo, quefue de don Diego de Mendoza », e un « libro de mano que don AntonioPortocarrero tenía de su suegro Garcilasso »; Luis Brizeño, nel prologo allasua edizione del 1626, dichiara di aver collazionato « muchos y varios exem-plares » e lamenta la scomparsa di un prezioso manoscritto esemplato dalfiglio di Garcilaso (fray Domingo de Guzmán) ma incautamente affidato daglieredi a uno stampatore insolvente e accaparratore; Azara 1765, infine, accen-

10 Cito da: A. GALLEGO MORELL, op. cit., p. 387.

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na ad un manoscritto « de cosa de 150 años de antigüedad ». Tutto ciò staad indicare una discreta circolazione di testimoni a penna accanto ai libri astampa delle opere di Garcilaso, testimoni sui quali conviene fare alcuneosservazioni:

a) in tutti i casi, si tratta di manoscritti che sono andati perduti (ma laprinceps è, ovviamente, copia di una testimonianza manoscritta);

b) il manoscritto consegnato dalla famiglia di Garcilaso a Boscán e con-fluito nella princeps conteneva, probabilmente, un numero di composizionisuperiore a quelle effettivamente stampate dal tipografo barcellonese;

e) le giunte del Brócense confermano implicitamente quanto detto nelpunto b);

d) a differenza del Brócense, gli esemplari a sostegno delle edizioni Ta-mayo de Vargas, Brizeño, Azara non accrescono, neppure abusivamente, ilpatrimonio garcilasiano.

In aggiunta a queste osservazioni si può rilevare che i manoscritti scom-parsi tramandavano soltanto opere di Garcilaso e non di altri autori; cosi,almeno, l'esemplare della princeps, il « libro de mano » di don Antonio Puer-tocarrero e la copia trascritta da fray Domingo de Guzmán.

Diverso è, invece, il caso dei manoscritti a noi pervenuti: qui alcuni com-ponimenti di Garcilaso — da un minimo di uno a un massimo di diciannove -appaiono frammisti a poesie di altri autori. Niente più di un campionario,per lo più ridottissimo, della produzione del toledano.

Tuttavia, uno di questi manoscritti sembra reclamare a buon diritto unospazio in sede di recensio, e non tanto per la dovizia di componimenti garci-lasiani in esso contenuti, quanto piuttosto per alcune nuove attribuzioni: sitratta di un manoscritto esemplato nel XVI exeunte, ora allogato nella Bi-blioteca Nacional di Madrid (ms. n. 17.969), noto come « Lastanosa-Gayan-gos » dal nome dei suoi due vecchi proprietari. Sotto il titolo generico diCangiones y sonetos de Boscán por el arte toscano questo manoscritto con-tiene, tra l'altro, le seguenti opere di Garcilaso: 11 sonetti, due dei qualinuovi rispetto ai 38 pubblicati dal Brócense; 5 coplas, due delle quali nuoverispetto alle sei del Brócense; la Canción I; l'Egloga I e i vv. 1-312 del-VEgloga III.

Sull'autenticità delle due coplas aggiunte dal « Lastanosa-Gayangos » èimpossibile giudicare dato l'alto grado di convenzionalità che caratterizzaquesto tipo di poesia tradizionale, nel cui ambito è assai difficile riconoscereVusus scribendi di questo o di quell'autore. Quanto ai due sonetti, invece,essi sono ben lontani dalla perfezione formale degli analoghi componimentiautenticamente garcilasiani e si qualificano piuttosto come modesti esperi-

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menti attuati da un versificatore inesperto (tra l'altro, uno dei due è tradu-zione quasi letterale di un sonetto di Sannazaro).

La tradizione manoscritta delle opere di Garcilaso prospetta dunque unpanorama poco allettante: da un lato, manoscritti forse definitivamente scom-parsi; dall'altro, manoscritti conservati ma troppo frammentari oppure troppoinnovatori perché li si possa tenere in qualche considerazione ai fini dellarestituito textus.

Vediamo ora come si comportano i tre principali editori moderni del tole-dano di fronte a un simile stato di cose, cominciando da Navarro Tomás edalla sua celebre edizione del 1911.

Navarro Tomás, com'è noto, non si pone problemi di carattere testuale,ma dichiara esplicitamente di seguire, per la sua edizione, il testo di Her-rera: « El presente volumen de Clásicos Castellanos reproduce el texto deHerrera, modernizando la ortografía en todo aquello que, dada la fecha dedicho texto, no es de creer que represente diferencias de pronunciación » ".Herrera 1580 assume qui le caratteristiche di textus receptus, forse in osse-quio alla riconosciuta competenza del sivigliano in fatto di poesia. Tuttavia,per quel che riguarda i Sonetos, Navarro Tomás ne pubblica 38, ricuperandocioè i tre sonetti depennati da Herrera, sia pure con prudenziali riserve debi-tamente registrate in nota: « aunque su autenticidad no es segura, se hahecho corriente imprimirlos con las obras de Garcilaso » n. Inoltre, a diffe-renza di Herrera, Navarro Tomás pubblica per intero le coplas, compresele due tramandate dal « Lastanosa-Gayangos ».

Date le premesse, l'edizione di Navarro Tomás non è ovviamente un'edi-zione critica, ma rappresenta con fedeltà un preciso momento storico dellatradizione, quello corrispondente alla herrerizzazione del materiale garcila-siano, come sapientemente annota Macrì in un articolo che esamineremo piùavanti.

Ben diversi sono i principi ai quali si ispira Hayward Keniston nella suaedizione del 1925. Egli procede preliminarmente all'esame della tradizionea stampa e della tradizione manoscritta delle opere di Garcilaso e conduce— o, almeno, dichiara di aver condotto - un'analisi comparativa della varialecito della tradizione a stampa, dalla quale risulta che le varie edizioni (dallaprinceps del 1543 all'edizione di Adolfo de Castro del 1854) si raggruppanointorno a otto capostipiti conservati. Questi otto capostipiti, se da un latodeclassano a « descriptae » tutte le altre edizioni stampate nel periodo con-

11 Cfr. GARCILASO, Obras. Edición y notas de T. NAVARRO TOMÁS, Madrid 1963 [I a ed.1911], p. Li l i .

12 Ibidem, p. 240, n.

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siderato, dall'altro, stabiliscono fra di loro precisi collegamenti, cioè costi-tuiscono una famiglia, per cosi dire, di primo grado avente come capostipitela princeps; ne consegue che quest'ultima, in quanto capostipite conservato,impone il ruolo di « códices descripti » a tutti i suoi derivati.

Sulla base di queste premesse, l'edizione di Keniston non può che fon-darsi sulla princeps (« That edition is thè basis of thè present text »)13 e, perciò che riguarda le opere aggiunte, sui naturali sostituti della princeps, ovveroBrócense 1574, 1577 e Lastanosa-Gayangos, visto che Keniston ritiene auten-tiche le due coplas tramandate da questo manoscritto (non prendiamo in con-siderazione, perché non pertinenti ai fini del nostro discorso, le tre odi latinee le tre lettere che concorrono, per altre vie, al completamento del quadrodella produzione garcilasiana).

Della princeps, tuttavia, Keniston non accoglie l'aspetto grafico, conside-randolo « poco fedele all'ortografia castigliana dell'epoca », e lo sostituiscecon quello proposto dall'edizione di Anversa del 1544. Quanto alle testi-monianze manoscritte - quelle che ci sono pervenute - Keniston le considerasprovviste di autorità ad eccezione del Lastanosa-Gayangos dal quale appuntoricava altre due coplas, in aggiunta alle sei pubblicate dal Brócense. Ma,nonostante il riconoscimento puntuale della scarsa attendibilità delle testi-monianze manoscritte, Keniston, per ragioni di completezza, registra in appa-rato M, oltre alla varia lectio delle edizioni a stampa, le varianti di otto ma-noscritti, vale a dire della quasi totalità dei codici a noi pervenuti (allo statoattuale delle nostre conoscenze, il loro numero non supera la decina).

Alla preziosa edizione di Hayward Keniston rese un doveroso, seppurpolemico, omaggio A. Riiffler in un articolo del 1928 intitolato Zur GarcilasoFrage 15, sottolineando enfaticamente in chiusura che la Spagna è debitrice alfilologo statunitense della prima edizione scientifica delle opere di Garcilaso.Riiffler concorda pienamente con Keniston sul fatto che la princeps sia l'unicatestimonianza attendibile ai fini della restitutio textus, ma da Keniston dis-sente per ciò che attiene all'aspetto grafico del testo. Secondo Riiffler, unconfronto possibile con gli autografi conservati di Garcilaso dimostra cheanche sotto questo profilo la princeps è preferibile alle altre edizioni perchépiù vicina alle grafie degli autografi di quanto non lo sia Anversa 1544.

In un altro ordine di considerazioni, Riiffler condivide con Keniston latesi che le due edizioni del Brócense (1574 e 1577) siano i naturali sostituti

1 3 Cfr. H. KENISTON, ed. cit., p. xij.M Ibidem, pp. 221-259.15 In « Archiv für das Studium der neueren Sprachen und Literaturen », CLIII (1928),

pp. 219-30.

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della princeps per quel che riguarda le « obras añadidas » e che, pertanto,l'editore critico debba avvalersi di quest'unica testimonianza e non di altre- nella fattispecie, manoscritte - ai fini della restitutio textus dei nove sonettiaggiunti. Secondo Riiffler, nessun manoscritto presenta lezioni migliori diquelle offerte dalla princeps (e dal Brócense quando fa le sue veci), neppurei mss. andati perduti e dei quali si conservano tracce nelle annotazioni delBrócense, di Tamayo de Vargas e di Azara. Egli afferma: « Die Untersuchungder handschriftlichen Überlieferungen von Garcilaso-Texten, seien sie nunerhalten oder nicht, fiihrt also immer wieder zu der Tatsache zuriick, dassdie Urausgabe von 1543 allein als ein getreues Abbild der Dichterhandschriftgelten kann »16.

Quest'opinione di Riiffler appare poi suggellata da Rivers nel 1964, cometraspare dalla nota preliminare alla sua edizione delle Obras completas diGarcilaso: « En fin, todo lo que sabemos de la tradición impresa y de lamanuscrita nos conduce a la misma conclusión: que sólo la edición príncipede 1543 puede considerarse como reflejo exacto de manuscritos autógrafos » 17.Muovendo da questi principi, l'edizione Rivers non può, né intende disco-starsi dalla precedente edizione Keniston se non per la questione relativaall'aspetto grafico del testo giacché Rivers, in pieno accordo con Riiffler,ritiene che anche sotto questo profilo la princeps sia più autorevole dellealtre edizioni e, in particolare, di Anversa 1544. È sufficiente, a suo avviso,eliminare la sottile patina catalana che qua e là inquina la grafia della prin-ceps per scoprire in essa « rasgos ortográficos del mismo Garcilaso » 18, il chesignifica implicitamente ammettere, sulle tracce di Riiffler, che il tipografobarcellonese aveva sott'occhio gli autografi di Garcilaso.

Rivers costruisce dunque la sua edizione sulle seguenti basi (da lui definite« fuentes primarias del texto crítico »): princeps, per i sonetti da 1 a 29, per lecinque canciones, per le due Elegías, per l'Epistola a Boscán, per le treÉglogas e per una copla; Brócense 1574, per i sonetti da 30 a 35 e per lecoplas da 2 a 6; Brócense 1577, per i sonetti 36-38; Lastanosa-Gayangos peraltri due sonetti, quasi sicuramente apocrifi, e per altre due coplas sulla cuiautenticità, come già si è detto, è impossibile giudicare (si appoggia poi adaltre fonti primarie, talune autografe, per le odi latine, per il testamento eper le lettere).

A tutto ciò fa seguito un apparato delle varianti, ma limitato a un con-

16 Art. cit., p. 225.17 Ed. cit., p. XII.« Ed. cit., p. X.

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fronto tra le lezioni delle fonti primarie e quelle delle fonti secondarie (Riversconsidera fonti secondarie B 74, B 77, Mg, H, T, A rispetto alla princeps,ma ovviamente le prime tre assumono via via il ruolo di fonti primarie nelcaso delle « obras añadidas »). Anche Rivers, come in precedenza Kenistone Rüífler, giudica irrilevante l'apporto delle testimonianze manoscritte con-servate, pur non trascurando il « Lastanosa-Gayangos » ( = Mg) al qualeconcede un certo spazio in sede di recensio per via delle sue lezioni, spessosingulares, e delle nuove attribuzioni. E a proposito di nuove attribuzioni,Rivers mantiene un atteggiamento più benevolo di Keniston nei riguardi del« Lastanosa-Gayangos » concedendogli un piccolo margine di attendibilità nelcaso dei due sonetti nuovi da lui tramandati.

Nel 1964, dunque, alla luce della nuova edizione di Rivers, la questionerelativa alla restitutio téxtus delle opere di Garcilaso sembrava definitiva-mente attestata sulla linea Keniston-Riiffler-Rivers:

a) superiorità assoluta della tradizione a stampa sulla tradizione mano-scritta;

b) preminenza della princeps (e, per le « obras añadidas » del Brócense)su tutte le altre edizioni, declassate a descriptae;

e) attribuzione alla princeps del ruolo di copia fedele di manoscrittiautografi.

Come dire che il filologo, impegnato nella restitutio textus, doveva sem-plicemente mettersi nei panni del correttore di bozze per restituire il testodell'originale; doveva cioè compiere quell'operazione che i curatori dellaprinceps, per ragioni di tempo o per negligenza, non avevano compiuto, senon sommariamente, sulla parte relativa alle opere di Garcilaso. Una situa-zione a dir poco idilliaca che viene però messa in crisi, poco dopo, da OresteMacri in un breve ma densissimo articolo del 1968 intitolato Recensión textualde la obra de Garcilaso M.

Macri affronta in progressione e nell'ordine la questione della tradizionea stampa e quella della tradizione manoscritta delle opere di Garcilaso, neiloro rapporti interni e nei rapporti fra l'una e l'altra tradizione. Per ciò checoncerne le edizioni a stampa, Macri non si discosta dalla linea Keniston-Riif-fler-Rivers; riconosce, cioè, nella princeps il capostipite di tutta la tradizionee nell'esemplare della princeps il riflesso degli autografi di Garcilaso: « el

19 In «Homenaje. Estudios de filología e historia literaria lusohispanas e iberoamericanas,publicados para celebrar el tercer lustro del Instituto de estudios hispánicos, portugueses eiberoamericanos de la Universidad estatal de Utrecht », Van Goor Zonen La Haya, 1966,pp. 305-330.

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único texto fidedigno, representante del original de la redacción final de laobra poetica garcilasiana, es la princeps (O), esto es, la edición de la copiadel manuscrito original, que se mandó a la imprenta por la viuda de Boscán » ^(si noti che Macrí, a differenza di Rüffler, parla prudentemente di « copia delmanuscrito original », ovvero di un intermediario tra gli autografi e la prin-ceps). Ma proprio questo accenno ad una « redacción final » apre a Macríuno spiraglio per una diversa valutazione della tradizione manoscritta, intesanon più come un sottoprodotto della tradizione a stampa ma come un pos-sibile riflesso di redazioni d'autore anteriori alla redazione finale: « toda latradición manuscrita o desciende de la editorial o contiene textos primitivos;respecto a la editorial aparece más conservadora la representada por Mp yacaso Me, más innovadora la que hemos recogido bajo el subarquetipo a,representado por los mss. Mb, Ms, Mg, Mn, M(B), Mr, Mv; fuera de lasediciones, y francamente primitivo, aparece Ma; desde luego, también losmss. deberán tenerse en cuenta sincrónicamente para enmendar en el camposupuesto de la redacción final »21.

Sulla linea di Macrí, esasperandone per altro le posizioni, si colloca A.Blecua con il saggio del 1970 che citavo all'inizio {En el texto de Garcilaso).Blecua, infatti, più che a rivalutare le testimonianze manoscritte tende asopravvalutarle riscontrando nella loro varia lecito non solo tracce di diverseredazioni d'autore, ma lezioni dell'originale di fronte alle quali le lezioni dellaprinceps, quando discordanti, si qualificherebbero come errori. Palese la suaintenzione di distruggere la solida impalcatura creata da Keniston, Rüffler,Rivers privandola del suo punto d'appoggio (la princeps), come risulta daqueste osservazioni conclusive: « Creo que era necesario llevar a cabo estarevisión crítica de la obra de Garcilaso, porque de ella se desprenden algunasconclusiones que no concuerdan con las tradicionales, como la de Rüffler:"que sólo la edición príncipe de 1543, puede considerarse como reflejo exactode manuscritos autógrafos". Esta opinión, además de gratuita, es inexacta » 72.Dopo di che aggiunge: « el soneto XIV, como ha quedado bien claro, estáplagado de errores que no pueden ser achacados todos ellos al impresor bar-celonés, sino que son debidos a una trasmisión manuscrita no autógrafa quellegó a Boscán » B. Formulazioni nette e categoriche che ci impongono, per

20 Ari. cit., p. 328.21 Ibidem, p. 329. Le sigle usate da Macrí si riferiscono: Mp a Paris, Bibliothèque Na-

tional, Esp. 307; Me a Evora, Biblioteca Pública, CXIV (2-2); Mb a Madrid, Biblioteca dePalacio, II-B-10; Ms a Paris, Bibliothèque Nationale, Esp. 371; Mg a Madrid, Biblioteca Nacional,17969; Mn a Madrid, Biblioteca Nacional, 3888; M(B) al ms. del Brócense; Mr a Paris, Bibliothè-que Nationale, Esp. 373; Mv a Venezia, Biblioteca Marciana, Ital. IX, 137; 6-7-4-8.

22 Op. cit., p. 177.* Ibidem.

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ragioni di prudenza, una verifica sul terreno, e proprio su quel terreno cheA. Blecua ha scelto come campione a sostegno delle sue tesi, cioè il So-neto XIV.

Questo sonetto ci è stato trasmesso, oltre che dalla princeps (siglata O) edalle edizioni successive, da due manoscritti conservati, vale a dire dal Lasta-nosa-Gayangos (siglato Mg) e dal ms. II-B-10 della Biblioteca de Palacio diMadrid (siglato Mb), e inoltre dal ms. del Brócense (siglato M(B)) del qualenon abbiamo altra attestazione se non quella che ci fornisce lo stesso Brócensenelle sue note.

Trascriviamo qui il sonetto secondo il testo della princeps (ed. Rivers1964, p. 16) e indichiamo in apparato la varia lectio di Mg, Mb e M(B).

SONETO XIV

Como la tierna madre -quel dolientehijo le 'sta con lágrimas pidiendoalguna cosa de la qual comiendosabe que ha de doblarse el mal que siente,

5 y aquel piadoso amor no le consienteque considere el daño que, haziendolo que le piden, haze— va corriendoy aplaca el mal y dobla el accidente;

assi a mi enfermo y loco pensamiento,10 que en su daño os pide, yo querría

quitalle a este mal mantenimiento;

mas pídemele y llora cada díatanto que quanto quiere le consiento,olvidando su muerte y aun la mía.

2. con lagrimas le sta MgMb. 3. cosa de la qual sabe que c. Mg. 4. se le ha dedoblar el m. q. s. Mg; doblar Mb. 6. considerar el d. y va corriendo Mg. 7. para su malsu desseo cumpliendo Mg; pide MbM(B). 8. y] om. MgMb; mal] llanto MgMb. 9. enfermoy loco] mi enfermo Mg. 10. os pide] os me pide MgMbM(B). 11. a] om. MgMbM(B);mal] mortal MgMbM(B). 12. pídemelo M(B).

Dopo aver elencato le varianti dei mss. rispetto alle lezioni della prin-ceps (O), A. Blecua osserva che i testimoni più lontani fra di loro sono Mged O, mentre gli altri due si collocano in posizione intermedia: più vicinoad O il ms. del Brócense che in due soli casi si accorda con Mg (v. 10: os mepide; v. 11: om. a, mortai); più vicino a Mg il ms. de Palacio (Mb) che siaccorda con Mg in quattro casi (v. 2, con lagrimas le sta; v. 8, llanto; v. 10e v. 11). Su queste basi traccia due schemi lineari orizzontali: un primo

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schema nel quale Mg occupa la prima posizione, Mb la seconda, M(B) laterza e O la quarta; un secondo schema nel quale le posizioni sono rovesciate.Si chiede, poi, quale dei due schemi possa godere di maggior credito e rispon-de, contro ogni previsione, che la preferenza deve essere accordata allo schemacapitanato da Mg. Mg, insomma, rappresenterebbe il punto di partenza, manon di una trasmissione meccanica del testo (cosa, per altro, assai difficilmentedimostrabile), bensì di una serie di redazioni successive d'autore documentatevia via dagli altri testimoni. La priorità redazionale di Mg sarebbe dimostrata,da un lato dal ritmo degli endecasillabi delle due quartine (in Mg ancoravacillante, vicino al ritmo di arte mayor, come nei sonetti garcilasiani di primamaniera), dall'altro, dalla costruzione sintattica, più « primitiva », secondoBlecua, nel v. 2 (inversione rispetto ad O) e nei vv. 3 e 4 (lectiones singu-lares di Mg).

Dopo di che, confondendo varianti redazionali con errori dovuti al copista,A. Blecua afferma che se Mg rappresenta una redazione primitiva non faràspecie riscontrare degli errori nell'ultimo anello della catena, cioè in O. Cosi,a proposito del v. 10, la corruttela di O (ipometria) viene attribuita allostesso Garcilaso, il quale, ritornando sul testo del suo sonetto, avrebbe depen-nato involontariamente il me del sintagma OÍ me pide (lezione primitivaattestata concordemente da M(B), Mg, Mb) con il risultato di trasformareun endecasillabo perfetto in un decasillabo. Blecua non pensa che la lezioneos me pide dei mss. può essere il frutto di una emendano ope ingenti, ma silimita ad affermare che questa lezione dei mss. è « difficilior » rispetto allalezione os pide di O. Garcilaso, insomma, ritornando sul suo testo avrebbeeliminato una « difficilior » e per di più a prezzo di un errore.

Un caso analogo si sarebbe verificato, secondo Blecua, nel v. 11, dove,per altro, gli errori sarebbero due, uno del tipografo barcellonese, l'altro diGarcilaso. Al tipografo barcellonese dovrebbe essere imputata l'aggiunta dellapreposizione a, qui aberrante; a Garcilaso, la trasformazione di mortai (lezionedei mss.) in mal. E a questo punto lo stesso Blecua si chiede la ragione diun cosi strano comportamento dell'autore: « Pero ¿por qué Garcilaso iba,de nuevo, a convertir un endecasílabo perfecto en un decasílabo? » M. Doman-da alla quale, ovviamente, non è facile rispondere, tant'è che Blecua lasciaappunto l'interrogativo in sospeso. Ciò, tuttavia, non gli impedisce di pro-seguire nella sua ricerca in O di interventi d'autore peggiorativi rispetto auna presunta redazione primitiva e li trova anche là dove il testo della prin-ceps è esente da errori. Nel v. 8, ad esempio (« y aplaca el mal y dobla el

24 Ibidem, p. 60.

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accidente »), dove la lezione mal in concorrenza con la lezione llanto di MbMggenera, a suo avviso, incongruenze semantiche: « Difícilmente se le aplacael mal al doliente niño cuando su madre le da aquello que le perjudica »25,e contraddice il concetto espresso nel v. 4 (« sabe que ha de doblarse el malque siente»). Ma Blecua non osserva che l'ambito semantico del sostantivomal è assai ampio e che quindi può essere usato in luoghi diversi con signifi-cati diversi (e, a maggior ragione, in un testo poetico) come, ad esempio,in questi versi di Juan de Coloma — citati dallo stesso Blecua M - nei qualinon è difficile riconoscere il modello garcilasiano:

[El amor] Sólo en mi mal consienteun alivio tamaño:que pueda sostenerme en mi tormentocon un débil engañoque dobla el accidente,si alivia alguna vez el mal que siente.

Ciononostante, egli ritiene che la lezione mal di O, nel v. 8, sia il fruttodi un errore del copista o di un intervento peggiorativo dell'autore (non èben chiaro) e propone, sulla base di questo e dei reperti precedenti, un primostemma cosi configurato27:

a 3 S

Mg Mb E

M(B) O

dove <x 3 e S stanno ad indicare tre successive redazioni d'autore: la prima(a) confluita in Mg; la seconda (3) attestata da Mb; la terza (5 [ma perché 8e non y?]) riprodotta da un archetipo (E) la cui esistenza sarebbe garantitada un errore comune a M(B) e ad O (nel v. 2, la lezione « le 'sta con lágri-mas »). Ma se E è responsabile di questa inversione, aggiunge Blecua, alloraviene a cadere l'ipotesi di una terza redazione « porque no parece logicopensar que Garcilaso volvió sobre el soneto y solamente se limitó a invertir

25 Ibidem, p. 61.26 Ibidem, p p . 61-2, n . 8.27 Ibidem, p. 63.

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el orden sintáctico en el v. 2 »2S. A. Blecua, pertanto, modifica il suo primostemma nel seguente modo29:

a

M(B) OMg

e conclude dicendo: « Para la edición crítica utilizaríamos el texto de Mb,corregido en el v. 4 [doblarse invece di doblar], y la ortografía de O. Habríaque publicar también íntegro el texto de Mg, que representa la primeraredacción »30.

Le ipotesi di A. Blecua sono, secondo me, alquanto aleatorie. Il testodella princeps e la varia lectio delle altre testimonianze, mi sembrano pro-porre soluzioni diverse.

Quanto alla princeps, in essa sono facilmente riconoscibili due errori,rispettivamente nel v. 10 e nel v. 11: il primo (v. 10) è messo in evidenzadall'ipometria (non è ammissibile, infatti, uno iato risolutore dell'anomaliametrica tra que ed eri, oppure tra daño e os); il secondo (v. 11), da irrego-larità sintattiche e/o semantiche (da un lato, sintatticamente non regge, sianell'epoca di Garcilaso sia in epoche anteriori, l'uso eventuale del sintagmaquitarle a nel senso di « liberarlo da »; dall'altro, una possibile lettura dia este mal come specificazione del precedente pronome atono le [cioè: « qui-talle, a este mal, mantenimiento »] non è ammessa dal contesto in quanto le,qui in funzione pleonastica, si riferisce a un termine espresso nel v. 9, ovveroal « mi enfermo y loco pensamiento »). In quest'ultimo caso, la lezione comu-ne a Mg Mb M(B) - « quitalle este mortal mantenimiento » — sembra rimet-tere a posto le cose, ma che si tratti di emendazione congetturale piuttostoche di lezione dell'originale lo sta a dimostrare Salamanca 1569 (la prima edi-zione del Garcilaso divorciado) che in questo stesso luogo legge: « quitalleaqueste mal mantenimiento ». Com'è evidente, la lezione di Salamanca 1569,anch'essa congetturale per via della dimostrata dipendenza di questa edizionedalla princeps, corregge nella direzione più semplice ma, nello stesso tempo,più naturale, l'errore di O restituendo una sola lettera, la q, che per un banale

28 Ibidem, p. 63.29 Ibidem, p. 63.30 Ibidem, p. 63.

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errore di trascrizione o per un refuso era scomparsa dal primitivo aqeste. Ciòa conferma di una regola non codificata che conviene applicare nel restaurodei testi: « La verità si nasconde molto più spesso sotto l'errore che nonsotto una ingannevole apparenza di congruenza metrica, stilistica e seman-tica »31.

Tra le congetture antiche, quindi, la più pericolosa è indubbiamente quelladel ms. del Brócense e degli altri due mss., pericolosa nel senso che la sua« ingannevole apparenza di congruenza metrica, stilistica e semantica » puòindurre in errore l'editore moderno attratto dalla apparente bontà di unalezione che è, invece, il frutto di un'artificiosa emendatio ope ingenti, contutte le perniciose conseguenze che da questo fatto derivano in sede di recen-sio. Se le cose stanno in questi termini, e non credo vi sia ragione di dubi-tarne, la congettura dei mss. si qualifica come un vero e proprio errore signifi-cativo che, da un lato, stabilisce la connessione di M(B) Mg Mb, dall'altro— in quanto congettura - presuppone un guasto o una difficilior nel dato dipartenza. Nel nostro caso, l'errore di O {a este invece di aqeste), pur nonessendo significativo, reclama tuttavia per sé il diritto di primogenitura nel-l'ambito degli errori, autorizzando contemporaneamente l'esercizio dell'emen-dazione congetturale da parte dei suoi apografi. Di questi ultimi, soltantoSalamanca 1569 si rende conto della banalità dell'errore e ricostruisce facil-mente la lezione dell'originale, gli altri, e nella fattispecie le testimonianzemanoscritte, correggono in modo apparentemente valido ma, in realtà, cosiartificioso che la loro emendatio ope ingenti preclude ogni possibilità di ritornoal punto di partenza.

Osservazioni dello stesso tipo possono essere fatte anche a proposito delv. 10. Qui la corruttela di O, già l'abbiamo detto, è denunciata dall'anomaliametrica. M(B), Mb, Mg, concordemente risolvono l'ipometria aggiungendoun me tra os e pide, lezione che Blecua considera difficilior in quanto « cual-quier copista escribiría os pide si en el texto base existía os me pide; quesuceda lo contrario es imposible » s2. Quest'affermazione relega automatica-mente O nei piani bassi dello stemma perché depositario di un errore chenon è invece nei mss. (Blecua non contempla la possibilità di una emenda-zione congetturale da parte delle testimonianze manoscritte sul testo di O odi un affine di O).

Eppure, la lezione dei mss. non è cosi pacifica come ritiene Blecua: « Porotra parte, el contexto exige la presencia del pronombre me en función decomplemento indirecto, siendo os el objeto de la acción. De otro modo se

31 Cfr. D .S . A V A L L E , Principi di critica testuale, Padova 19782 , p . 113.32 Op. cit., p. 59.

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perdería la comparación que origina el soneto: así como el hijo pide golosinasa su madre, así mi enfermo pensamiento ( = hijo) me ( = madre) pide a vos( = su daño) » 33.

A ben guardare, il paragone sul quale poggia il sonetto non viene pernulla intaccato dall'assenza del pronome me ( = madre) nel caso specifico delsintagma OÍ (me) pide. Nelle terzine, infatti, gli spazi operativi prima occupatidal figlio e dalla madre appaiono abbondantemente coperti dallo sdoppiamentodel soggetto in una parte malata e irrazionale (mi enfermo y loco pensamiento,v. 9) e in una parte sana e razionale (yo querría quitalle aqueste mal mante-nimiento, vv. 10-11), indipendentemente dall'apparizione o meno del me nellarichiesta formulata, a suo danno, dal pensamiento. Di fatto, e lo ripetiamo,la lezione della princeps (que èn su daño os pide, yo querría) è sospetta nonper ragioni semantiche ma per ragioni metriche (ipometria). Se vogliamo quin-di muoverci nell'ambito dell'emendazione congetturale, dimenticando per unattimo la lezione dei mss. e facendo ricorso all'ipotesi più economica, nullaci vieta di pensare che sotto l'errore della princeps si nasconda in realtà unarcaismo (vos invece di OÍ) e non un cumulo di pronomi (OÍ me). Ciò presup-pone, ovviamente, una sequenza del tipo: vos pide (probabile lezione del-l'originale) —> OÍ pide (prima variante, documentata dalla princeps e gene-ratrice di ipometria) —» OÍ me pide (seconda variante, generata da un tenta-tivo di ovviare all'anomalia metrica introdotta dalla prima variante). Da questasequenza discende, tra l'altro, la motivazione del passaggio da OÍ pide a OÍme pide che Blecua, in questo caso attento soltanto alla trasmissione mecca-nica del testo, riteneva impossibile. Vale, pertanto, il discorso fatto in pre-cedenza a proposito della varia lectio del v. 11 che prevedeva, come puntodi partenza, una corruttela nel testo di O genera trice nei suoi apografi diingannevoli emendazioni congetturali.

A questo punto è forse superfluo avvertire che le altre varianti attestatedai mss. in corrispondenza di luoghi di O non inquinati da errori, lungi dalporsi come varianti redazionali (secondo la tesi di Blecua), si qualificano invececome innovazioni ( = errori) dovute all'iniziativa autonoma degli amanuensi.Non ci resta quindi che stabilire lo schema di derivazione relativo ai mss.- la cui appartenenza ad una stessa famiglia risulta confermata, in primaistanza, dagli errori comuni ( = errate emendazioni congetturali) nei vv. 10e 11 - per avere un quadro completo dei rapporti fra i testimoni del So-neto XIV.

Per questo tipo di analisi ci sembra opportuno prendere le mosse dallostemma già disegnato da Macri nel suo articolo del 1968, con l'aggiunta di

« Ibidem, p. 59.

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un'avvertenza preliminare relativa a M(B). Il manoscritto del Brócense, inquanto attestazione di seconda mano, non appartiene alla tradizione direttadel testo come Mg e Mb, ma alla tradizione indiretta. Tuttavia, per non appe-santire troppo l'analisi in un settore di scarsa rilevanza ecdotica, ci atterremoall'ipotesi, appena insinuata da Macri ma decisamente sostenuta da A. Blecua,secondo la quale l'edizione del Brócense segue sempre fedelmente il suo« original de mano muy antiguo ». Vale quindi l'equivalenza: M(B) = B (ed.del Brócense) e, pertanto, si recuperano mediante B i dati in absentia di M(B).

Questo lo schema di MacriM:

a

M(B)

Mg

e queste le sue basi: la presenza dell'archetipo <x è garantita da un erroresignificativo comune ai tre mss. {este mortal, invece di aqueste mal). A loro vol-ta, Mb e Mg hanno in comune due errori (al v. 4, doblar invece di doblarse;al v. 8, llanto invece di mal) che stabiliscono la connessione di Mb Mg con-tro M(B). Compaiono, inoltre, errori separativi e lectiones singulares di Mgcontro Mb (ai vv. 3, 4, 6, 7 e 9). Questi errori separativi dimostrano l'indi-pendenza di Mg da Mb, mentre gli errori congiuntivi dei vv. 4 e 8 attestanola discendenza di entrambi dal subarchetipo P.

Gli elementi a sostegno sembrano confermare lo stemma codicum pro-posto, ma è possibile rilevare nell'elaborazione dei dati un eccesso di pru-denza che si riflette fatalmente sul tracciato stemmatico. Per coglierlo occorrericordare le regole di dipendenza di un testimone da un altro e di due testi-moni da un esemplare comune cosi come sono state formulate da Paul Maas:

1) (dipendenza di due testimoni da un esemplare comune) « Se due testi-moni A e B mostrano in comune, di fronte a tutti gli altri testimoni, errori

Art. cit., p. 319.

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particolari, ma oltre a questi ciascuno dei due mostra almeno anche un pro-prio errore particolare, in tal caso ambedue devono derivare da un esemplarecomune <x, da cui i rimanenti testimoni non derivano » x;

2) (dipendenza di un testimonio da un altro) « Se un testimonio A mostratutti gli errori di un altro B, conservato, e inoltre almeno un suo proprioerrore, in tal caso A deve derivare da B » 3Ò.

Nel nostro caso è vero che Mb e Mg mostrano in comune errori parti-colari contro M(B) (al v. 4, doblar; al v. 8, llanto), ma è anche vero che nonvi sono errori particolari di Mb contro Mg (sono presenti, invece, errori par-ticolari di Mg contro Mb). Vale quindi la regola della dipendenza di untestimonio dall'altro e, nella fattispecie, della dipendenza di Mg da Mb, inquanto il primo presenta errori particolari contro il secondo ma non viceversa.Di conseguenza, il subarchetipo 3, presunto elemento scatenante di una « forzadicotomica » (per dirla con Bédier), scompare e il tutto si riduce a un semplicecaso di derivazione di un codice (Mg) da un altro codice (Mb) che ci è per-venuto (ovviamente, Mg in quanto descriptus da Mb, va eliminato in sededi consuntivo dopo la recensio).

Lo stesso discorso va fatto per Mb nei confronti di M(B), perché se è veroche esiste un errore comune ai due {mortai del v. 11), è altrettanto vero cheMb presenta errori particolari contro M(B) (v. 4, doblar; v. 8, llanto), manon viceversa. Pertanto anche l'archetipo a scompare, sostituito da M(B),con il conseguente declassamento di Mb a « descriptus ».

L'identificazione di M(B) con il capostipite di questa famiglia di mss.rende, ovviamente, superflua ogni operazione volta alla costituzione di unostemma, a meno che non si voglia evidenziare, per ragioni puramente storiche(di storia della tradizione manoscritta), la linea di derivazione che collega M(B)a Mg attraverso Mb, ma ciò non serve ai fini della restitutio o della emendatioope codicum.

Per completare il quadro dei rapporti fra i testimoni del Soneto XIV èperò ancora necessario confrontare la varia lectio di M(B), rimasto solo dopol'eliminazione dei códices eliminandi, con quella di O. E a questo punto citroviamo costretti a rimettere in gioco quegli stessi elementi di valutazioneche già abbiamo utilizzato per dimostrare la dipendenza dei mss. dalla prin-ceps. Se, infatti, si considerano le anomalie metrico-sintattiche di O comepossibili nuclei di irradiazione di ingannevoli emendazioni congetturali (quelleattestate negli stessi luoghi da M(B) e dagli altri mss.) allora le varianti OÍ mepide (v. 10) e este mortal (v. 11) di M(B) si qualificano come errori di secondo

35 Cfr. P . M A A S , Critica del testo, Firenze 19662 , p . 6.36 Ibidem, p. 5.

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grado generati dalle corruttele di O, e la dipendenza di M(B) da O risultaautomaticamente confermata. Stando cosi le cose, tutto il peso del primo por-tatore di varianti ricade su O, capostipite di tutti i testimoni che ci hannotrasmesso il Soneto XIV e quindi archetipo.

Come si vede, il supplemento di analisi condotto sullo stesso campionescelto da A. Blecua per dimostrare l'esistenza di varianti redazionali docu-mentate dalla tradizione manoscritta, ci ha portati lontano dalle sue conclu-sioni. E perciò riteniamo che non sia prudente accogliere, senza grosse riserve,le sue proposte di revisione critica del testo di Garcilaso e, tanto meno, inuna edizione a carattere divulgativo, come quella di Rivers del 72 , dove l'assen-za di un apparato delle varianti impedisce riscontri immediati e verifichepuntuali. Nel caso concreto del Soneto XIV, ad esempio, Rivers presenta comeautenticamente garcilasiano un testo che, pur essendo basato sulla princeps,è attraversato da linee di contaminazione: al v. 8, llanto che è lezione deisoli Mg Mb, e ai vv. 10 e 11 le due congetture {os me pide, e este mortal)che risalgono, come si è visto, al capostipite della famiglia dei mss., cioèa M(B).

Parallelamente, la nostra revisione della revisione di Blecua ci ha portatiin prossimità delle tesi di Riiffler (condivise, in un primo tempo, anche daRivers), ma con una differenza fondamentale che contrasta, almeno in parte,con le previsioni forse un po' troppo ottimistiche del filologo tedesco. Abbia-mo si riconosciuto la preminenza della princeps sul resto della tradizione, main essa abbiamo riscontrato i tratti caratteristici di un primo portatore divarianti (cioè, dell'archetipo) e non quelli di una copia fedele di mss. auto-grafi. Sotto questo aspetto concordiamo con Macri che ipotizza un interme-diario tra i mss. autografi e la princeps.

C'è quindi, per l'editore critico di Garcilaso, uno spazio maggiore diquello concesso a un sia pur intelligente correttore di bozze. Gli errori dellaprinceps, infatti, in quanto errori d'archetipo, autorizzano le operazioni con-nesse con la correzione congetturale, sulla base dei due principi opposti del-Vusus scribendi e della lecito difficilior e senza cedere alla tentazione dellelezioni apparentemente buone, ma spesso fuorvianti, proposte dalle altre testi-monianze. In quest'ottica, l'edizione critica delle opere di Garcilaso è ancoratutta da fare37.

ALDO RUFFINATTO

37 S'intende che i risultati da me raggiunti in questa sede necessitano di ulteriori verifichee reclamano, per uscire dalla provvisorietà, qualcosa di più di un oggetto-campione. Ma questonon è che il primo passo di un lungo percorso che, nelle intenzioni mie e dei miei collaboratoriSandro Orlando e Manuela Testa, dovrebbe confluire in una nuova edizione critica delle operedi Garcilaso.