Galdós e il 98. Una lettura de «El caballero encantado» · Cuento real... inverosímil pu ......

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ASSUNTA POLIZZI Università di Palermo Galdós e il '98 Una lettura de El caballero encantado Pubblicato nel dicembre del 1909, e dopo cinque mesi di lavoro svolto tra Santander e Madrid, El caballero encantado. Cuento real... inverosímil può essere ritenuto l'ultimo romanzo che Galdós scrive prima di rivolgere definiti- vamente i suoi interessi creativi al teatro. Infatti, il lavoro successivo, La razón de la sinrazón, del 1915, che già nel sottotitolo recita Fábula teatral absoluta- mente inverosímil, rivela immediatamente una forma ibrida, a metà via tra il genere narrativo e quello drammatico x . Ben noto è l'imbarazzo che ha sempre manifestato la critica nei confronti di questo testo di così difficile assimilazione al resto della produzione galdosia- na, o meglio a quella produzione di più chiara aspirazione realista. Le parole di J. Entrambasaguas, che pur nel 1958 include il romanzo tra Las mejores nove- las contemporáneas, sintetizzano un atteggiamento diffuso: «El caballero encan- tado. Asunto real... inverosímil resultó y resulta algo desconcertante para la crí- tica, por la transformación definitiva que representa...» 2 . Di conseguenza, in passato, il romanzo, proprio a causa di un'eccezionale apertura alla dimensio- ne fantastica che, inoltre, ricalca il modello del Quijote, spesse volte è stato semplicisticamente considerato una prova poco riuscita di un Galdós che or- mai si riteneva avesse perduto la propria facoltà affabulatrice insieme alla capa- cità di osservazione e di adesione al reale 3 . D'altro canto, un certo settore della 1 La prima edizione de El caballero encantado fu pubblicata a Madrid dalla casa editrice Perlado, Páez y Cía (Sucesores de Hernando), ma, in realtà, il romanzo già dal 9 novembre del 1909 veniva pubblicato a puntate sulla rivista madrileña «El Liberal» fino al 6 marzo del 1910 in cui apparve l'ultima puntata numero 55. 2 J. Entrambasaguas, Las mejores novelas contemporáneas, Barcelona, Planeta, 1958,1, p. 820. 3 Rodríguez-Puértolas riporta nella sua introduzione a El caballero encantado una significa- tiva antologia di commenti critici che si muovono in questa direzione: «Gamero y de Laiglesia

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ASSUNTA POLIZZIUniversità di Palermo

Galdós e il '98Una lettura de El caballero encantado

Pubblicato nel dicembre del 1909, e dopo cinque mesi di lavoro svoltotra Santander e Madrid, El caballero encantado. Cuento real... inverosímil puòessere ritenuto l'ultimo romanzo che Galdós scrive prima di rivolgere definiti-vamente i suoi interessi creativi al teatro. Infatti, il lavoro successivo, La razónde la sinrazón, del 1915, che già nel sottotitolo recita Fábula teatral absoluta-mente inverosímil, rivela immediatamente una forma ibrida, a metà via tra ilgenere narrativo e quello drammaticox.

Ben noto è l'imbarazzo che ha sempre manifestato la critica nei confrontidi questo testo di così difficile assimilazione al resto della produzione galdosia-na, o meglio a quella produzione di più chiara aspirazione realista. Le parole diJ. Entrambasaguas, che pur nel 1958 include il romanzo tra Las mejores nove-las contemporáneas, sintetizzano un atteggiamento diffuso: «El caballero encan-tado. Asunto real... inverosímil resultó y resulta algo desconcertante para la crí-tica, por la transformación definitiva que representa...»2. Di conseguenza, inpassato, il romanzo, proprio a causa di un'eccezionale apertura alla dimensio-ne fantastica che, inoltre, ricalca il modello del Quijote, spesse volte è statosemplicisticamente considerato una prova poco riuscita di un Galdós che or-mai si riteneva avesse perduto la propria facoltà affabulatrice insieme alla capa-cità di osservazione e di adesione al reale3. D'altro canto, un certo settore della

1 La prima edizione de El caballero encantado fu pubblicata a Madrid dalla casa editricePerlado, Páez y Cía (Sucesores de Hernando), ma, in realtà, il romanzo già dal 9 novembre del1909 veniva pubblicato a puntate sulla rivista madrileña «El Liberal» fino al 6 marzo del 1910in cui apparve l'ultima puntata numero 55.

2 J. Entrambasaguas, Las mejores novelas contemporáneas, Barcelona, Planeta, 1958,1, p.820.

3 Rodríguez-Puértolas riporta nella sua introduzione a El caballero encantado una significa-tiva antologia di commenti critici che si muovono in questa direzione: «Gamero y de Laiglesia

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critica, maggiormente interessato a tracciare la traiettoria della componentestorico-politica dell'opera di Galdós, ha mostrato una particolare attenzionenei riguardi proprio de El caballero encantado, impegnandosi a decifrare lastruttura mitico-allegorica di un testo che sostanzialmente rappresenta, nelleparole di Mora García, «un proceso de culminación de una larga meditaciónsobre la crisis finisecular»4. La coscienza di tale crisi, aveva detto lo stesso criti-co in una precedente occasione, «fue percibida por Galdós como global, prin-cipalmente porque sintió que el sujeto histórico en quien había confiado, lasclases medias, no había cumplido su función y ahora estaba a punto de versedesbordado por unos movimientos obreros que podían subvertir el orden libe-ral en que siempre había confiado»5. Ecco, dunque, che in questa chiave dilettura il viaggio fantastico del Conde de Tarsis, il caballero encantado, vittimadi un sorprendente sortilegio metamorfico che lo costringe ad attraversare in-sieme al cuore geografico e storico di Spagna, Castilla la Vieja, anche gli umiliuniversi agricolo e minerario, diventa un'allegoria politico-sociale della situa-

(1934): "curioso capricho"; Valbuena Prat (1953): "caos desigual e inelegante"; "bordea el plenofracaso literario"; Eoff(1954): "claras señales de declive en la capacidad creadora"; "blandura pro-pia de la vejez"; Hinterhauser (1963): "una dosis de senilidad prematura"; Schraibman (1966):"estilo de la vejez"; "último sueño romántico de Galdós"», p. 28 (J. Rodríguez-Puértolas, Intro-ducción a El caballero encantado, Madrid, Cátedra, 1982, pp. 13-72).

4 J.L. Mora García, Galdós novelista. A propósito de «El caballero encantado», in Actas delIV Congreso Internacional de Estudios Galdosianos, Las Palmas, Ed. del Cabildo Insular de GranCanaria, 1993, p. 739. Inoltre, cfr. P. Bly, «El caballero encantado»: Galdós' Ironie Review of"Regeneracionistas", in A.H. Clarke, E.J. Rodgers, Galdós'House ofFiction, Birmingham, TheDolphin Book Co., 1991, pp. 85-97; G. Correa, El sentido de lo hispánico en «El caballero en-cantado» de Pérez Galdós y la generación del 98, in «Thesaurus», XVIII (1963), pp. 231-241, in-cluso pure in Realidad, ficción y simbolo en las novelas de Pérez Galdós, Madrid, Gredos, 1977,pp. 231-241; E. Hac, «Hesperia»: concepto de espiritualidad hispánica (intento de análisis de lanovela «El caballero encantado»), in Actas del Primer Congreso Internacional de Estudios Galdo-sianos, Las Palmas, Ed. del Cabildo Insular de Gran Canaria, 1977, pp. 330-35; F.B. GarcíaSánchez, S. Gilman, «El caballero encantado»: Revolution and Dream, in «Anales Galdosianos»,XXI (1986), pp. 45-52; J. López-Morillas, Galdós y la historia: los últimos años (diálogo conStephen Gilman), in «Anales Galdosianos», XXI (1986), pp. 53-61; J. Rodríguez-Puértolas,Galdós y «El caballero encantado», in «Anales Galdosianos», VII (1972), pp. 117-132, ripropos-to pure come introduzione all'edizione da egli stesso curata de El caballero encantado; } . Ville-gas, Interpretación mítica de «El caballero encantado» de Galdós, in «Papeles de Son Armadans»,244 (Julio 1974), pp. 11-24; F. Ynduráin, Sobre «El caballero encantado», in Actas del PrimerCongreso cit., pp. 336-351.

5 J.L. Mora García, El fin de siglo visto por Galdós, in «Ulula», 5-6 (1989), p. 27.

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zione spagnola negli ultimi decenni del secolo scorso. All'esposizione di unasoggettiva visione della storia da parte dello scrittore, nel romanzo si accompa-gna l'esposizione di una proposta risolutiva della crisi. Difatti, El caballero en-cantado risponde, da un punto di vista ideologico, ad un programma di rinno-vamento politico e morale ben chiaro nella mente dello scrittore. I punti es-senziali di tale programma corrispondono essenzialmente ad un superamentodel "pessimismo intellettuale" e dell'"abulia" che lasciava in parte trasparire laletteratura noventayochista. Nell'articolo del novembre del 1903, Soñemos,alma, soñemos, Galdós prende le dovute distanze proprio da questo atteggia-mento intellettuale che, riguardo alle immediate vicende storiche del paese, la«catástrofe del 98», aveva trasmesso l'idea di una ineluttabile degenerazionedella "razza" spagnola.

El pesimismo, - sostiene lo scrittore - que la España caduca nos predica paraprepararnos a un deshonroso morir, ha generalizado una idea falsa. La catástrofedel 98 sugiere a muchos la idea de un inmenso bajón de la raza y de su energia.No hay tal bajón ni cosa que lo valga. Mirando un poco hacia lo pasado, vere-mos que, con catástrofe o sin ella, los últimos cincuenta años del siglo anteriormarcan un progreso de incalculable significación; progreso puramente espiri-tual, escondido en la vaguedad de las costumbres6.

Per Galdós, quindi, si rende necessaria la fiducia nelle condizioni per unrinnovamento e condivide con los del 98 la convinzione che tale rinnovamentodebba partire dai valori morali prima ancora che dalle questioni tecniche. In-dubbiamente, si rivela fondamentale l'influenza institucionalista che si concre-tizza nella necessità di trattare la questione dell'educazione nei termini di unostrumento essenziale per la riforma del paese. «Como el agua a los campos, -scrive Galdós nell'articolo appena citato - es necesaria la educación a nuestrossecos y endurecidos entendimientos (...). Procuremos instruirnos y civilizar-nos, persiguiendo las tinieblas que el que menos el que más lleva dentro de sucaletre» 7. E la trasformazione del personaggio di Cintia nel nostro romanzo,da spensierata benestante colombiana in viaggio per l'Europa ad impegnatamaestra nel poverissimo villaggio di Calatañazor, è un esempio assai eloquente

6 B. Pérez Galdós, Soñemos, alma, soñemos, articolo del novembre del 1903, pubblicatosul primo numero della rivista «Alma Española», raccolto in Obras completas, III, a cura di F.C.Sainz de Robles, Madrid, Aguilar, 19904 , p. 1258.

7 Ibid., p. 1260.

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di come, ancora una volta, l'interesse pedagogico di Galdós si faccia tema nar-rativo.

L'ambiente in cui si muove il protagonista de El caballero encantado pos-siede i contorni sfumati di un mondo fantastico in cui si mescolano, in manie-ra indefinita, i paesaggi cervantini visitati da don Chisciotte e i salotti dellaMadrid di fine Ottocento. Carlos de Tarsis y Suárez de Almondar, «marquésde Mudarra, conde de Zorita de los Canes», «el héroe (por fuerza) de esta fá-bula verdadera y mentirosa» (75)8, è un giovane aristocratico che trascorre unavita oziosa tra viaggi ed incarichi politici svolti come un mero passatempo.«Mirando a lo del alma, aparecían en don Carlos las virtudes caballerescas y,además, la gracia, el ingenio, el don de simpatía» (76), tutte doti che lo rende-ranno, in un certo senso, idoneo per essere prescelto come caballero encantado.La metamorfosi a cui viene magicamente sottoposto si produce quando, ama-reggiato da una serie di rovesci di fortuna, Carlos de Tarsis viene anche rifiuta-to dalla bella e ricca Cintia, di cui si era pazzamente innamorato. Durante unavisita in casa dell'amico Augusto Becerro, appassionato studioso di genealogiae conoscitore di arti magiche, il giovane sperimenta il prodigio non solo di ve-dere riflessa in uno specchio l'immagine di Cintia, ma anche di poter conver-sare con lei. In seguito a ciò, inizia ad aver luogo il vero e proprio encantamien-to. Al risveglio da un lungo sonno, durante il quale crede di viaggiare per Ma-drid, el caballero si ritrova nella casa di Becerro mentre anch'essa inizia a subireun processo di trasformazione, quindi, uno stuolo di fanciulle guidate da unadama maestosa, che in seguito sarà identificata con il personaggio fantastico-allegorico della Madre 9, lo coinvolgono nelle loro danze primitive e, condot-tolo in processione su una altura, lo scaraventano giù per un pendio. Figura al-legorica di chiara decifrazione, la Madre rappresenta la Spagna, la Madre Pa-tria appunto. Nel racconto sarà la guida spirituale e concreta del caballero en-cantado lungo il percorso iniziatico che egli deve compiere. Lei lo istruirà,infatti, sulle modalità con cui applica una sorta di dantesca legge del "contrap-passo" a carattere pedagogico su tutti gli spagnoli e gli mostrerà, quindi, gliaspetti e gli ambienti più umili del paese, come nel caso della visita al «misero

8 Riportiamo tra parentesi il numero di pagina della citazione secondo l'edizione de Elcaballero encantado curata da J. Rodriguez-Puértolas, op. cit.

9 J. Schraibman sottolinea che questa figura allegorica ricorda «la Mariclío de los últi-mos Episodios» (Galdósy «destilo de la vejez» in Homenaje a Rodríguez-Moñino, Madrid, 1966,II, pp. 165-175, p. 172).

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y olvidado lugar de Boñices» (239). Alia Madre si deve la responsabilità dellametamorfosi che coinvolge il Conde de Tarsis, anche se la spettacolarità del-l'intera operazione magica, che «se hizo en formas extraordinarias y con unpoquito de bomballa teatral» (143), va attribuita alla competenza dell'eruditoAugusto Becerro in materia di arti magiche. Precisamente, cosí la Madre rac-conta a Tarsis, già encantado, i divertenti dettagli dell'avvenimento:

Yo dije al gran Becerro: «Pepito, no me saques en mojiganga.» Pero él no me ha-cía caso; estaba loco: a todo trance quería glorificarme y glorificar a su amigoTarsis, y ya viste la brillante, la estrepitosa farándula que armó. Como empresa-rio de pompas teatrales, a los vagos espíritus de sus hermanas dio hechura demozarronas celtíberas, de pierna desnuda y andadura selvática, y a mí me hizodesfilar entre claridades como bengalas... Notarías que iba yo sofocando la risa.Era que me hacía mucha gracia ver a Pepito convertido en león..., león apócrifo,ya lo comprenderías por su facha. (145)

Nel capitolo seguente, infatti, ritroviamo l'eroe in un ambiente agreste,«hecho a nueva vida» (116), con già indosso i panni di un contadino il cuinome è Gii e senza memoria alcuna della sua precedente personalità. Riacqui-stata gradatamente la memoria del suo passato, il caballero, però, no riacquista,per il momento, il suo precedente stato sociale. L'incantesimo, infatti, prevedeche Tarsis conosca a fondo la più povera realtà del suo paese, per cui affrontaoltre alla vita pastorale anche l'esperienza del lavoro minerario per poi ritro-varsi a scavare tra le rovine di Numanzia. Durante la sua seconda «etapa villa-nesca», Gii incontra Pascuala in cui riconosce la sua Cintia, anch'essa vittimadi una metamorfosi che l'ha trasformata in una maestra di assai modeste con-dizioni economiche. Al termine di tutta una serie di avventure che spessosconfinano nell'inverosimile, come l'episodio del ritorno in vita di Gii dopoessere stato colpito dagli spari delle guardie che lo stavano scortando in prigio-ne, el caballero segue la Madre che si immerge nelle acque del Tajo in prossi-mità di Alcalá de Henares. Si ritrova, così, trasformato in pesce, in un ambien-te assai vicino nell'aspetto ad un acquario, con l'obbligo di rispettare la regolaassoluta del silenzio per riacquistare la libertà e recuperare definitivamente ilsuo stato originario. Tarsis ritorna, quindi, a Madrid dove può riabbracciare lasua Pascuala, ormai nuovamente Cintia e madre di un bimbo. Insieme a leiprogetta di costruire «veinte mil escuelas aquí y allí, y en toda la redondez delos estados de la Madre» e di educare il figlio Héspero «para maestro de mae-stros» (344).

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Galdós scrive qui una favola in cui, grazie all'assunzione di un modellonarrativo che predilige il fantastico, un personaggio può entrare in contattocon l'intera dimensione storica del proprio paese. Il caballero può penetrare,cioè, il senso de lo hispánico ripercorrendo, come in un pellegrinaggio diacro-nico e sincronico insieme, le vicende storielle attraverso i secoli e le diverserealtà sociali della Spagna finisecolare. Il presente trova risposta nel passato,per cui l'incantesimo rallenta magicamente il tempo della storia e lo riconducead un ritmo che permette all'uomo di comprendere e redimersi.

Il commento autorale racchiuso nel sottotitolo, Cuento real... inverosímil,è di evidente natura metanarrativa e presenta fusi insieme i due poli concet-tuali entro cui oscilla il discorso realista. A partire da questa forma di prolessinarrativa, che, invertendo l'ordine consequenziale di produzione e ricezionedel testo, suggerisce le coordinate di lettura metadiscorsiva con cui si dovrà af-frontarlo, El caballero encantado sottopone il lettore a un notevole impegnoesegetico. Quest'ultimo dovrà, infatti, di volta in volta ancorare la dimensionefantastica in cui sono raccontate le «locas aventuras hispánicas» del Conde deTarsis a una solida interpretazione che non contraddica essenzialmente il sen-so del reale. Ovvero, di volta in volta, il lettore dovrà riformulare il comunesenso del reale sulla base di un discorso ironico e, per certi versi, visionario,come pure sulla base di una forma narrativa che si presenta in maniera ludicaperché palesemente ricalca il modello tradizionale dei libros de caballería e, vi-stosamente, il Quijote10. Si tratta, in effetti, di una evidente relazione iperte-stuale tra El caballero encantado è un ipotesto, il romanzo cervantino. Tale re-cupero produce una parodia di secondo grado, una "metaparodia" potrei dire,veicolata da un discorso di tipo ironico. Galdós cerca di ripetere, così, lo stessoesperimento narrativo operato da Cervantes rispetto ai libros de caballería, ov-vero, cerca di riempire con un nuovo possibile senso un simulacro letterario.In definitiva, El caballero encantado, si presenta immerso in una dimensioneossimorica che investe tutti i piani, da quello della costruzione del personaggio

10 Lo stesso Galdós, durante la stesura del romanzo, scriveva, in una lettera indirizzata aTeodora Gandarias, la giovane maestra di cui fu innamorato in età matura, di avere fatto unaselezione di testi castigliani tra i volumi della sua biblioteca al fine di escogitare per il suo ro-manzo «una forma fantástica, extravagante, algo por el estilo de los libros de caballerías, quedesterró Cervantes, y que a mí en guasa, se me ha ocurrido rematar» (citato in B. Madariaga dela Campa, Pérez Galdós. Biografía santanderina, Santander, Institución Cultural de Cantabria,1979, p. 354).

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e dell'articolarsi del discorso narrativo a quello della trasmissione del testo let-terario come architettura di finzione a sostegno di un'attenta riflessione stori-ca.

La dualità, il doppio, lo specchio che riflette un'immagine mentale («Eraun espejo maravilloso, donde uno se miraba y no se veía, al contrario de lo quesucede en todos los espejos. Yo me miré y te vi a ti Cintia» 165), e, infine, lanecessità di percorrere un cammino di auto-conoscenza attraverso la memoriaindividuale e quella storica sono tutti concetti fondamentali nel romanzo e ri-vestono questo testo di una speciale modernità, tracciando dei visibili legamicon le inquetudini intellettuali a cavallo tra i due secoli e, concretamente, contutta la gamma dei simboli e dei temi adoperati dagli scrittori della chiamataGeneración del 98.

Il protagonista, Tarsis-Gil, incarna senz'altro la più rilevante sintesi dientità contrarie. Si tratta di una schizofrenia anche a carattere narrativo, poi-ché permette al testo di virare verso le dimensioni del fantastico e, quindi, delmeraviglioso. In maniera speculare rispetto al lettore, infatti, anche Tarsis-Gildeve compiere un cambio di ottica per interpretare coerentemente gli avveni-menti irreali che si svolgono attorno a lui. Lo sottolinea il narratore quando,durante l'operazione metamorfica, avverte che «... Tarsis abandonó el conce-pto de lo real para volverse al de lo maravilloso...» (114) n . La metamorfosi,che altera il suo stato sociale, agisce come un percorso terapeutico di psicoana-

11 Basandoci su un criterio di credibilità da parte del lettore, secondo quanto Todorovsuggerisce allo scopo di definire il genere fantastico in letteratura e differenziarlo poi nelle cate-gorie del "meraviglioso" e dello "strano", in queste parole troviamo espressa precisamente l'«e-sitazione» di cui parla lo studioso, «provata da un essere, il quale conosce soltanto le leggi natu-rali, di fronte un avvenimento apparentemente soprannaturale». Esitazione risolta dal perso-naggio e dal lettore insieme ammettendo nuove leggi di natura per spiegare il fenomeno e op-tando, quindi, per il meraviglioso. «In un mondo, - spiega Todorov - che è sicuramente ilnostro, quello che conosciamo, senza diavoli, né silfidi, né vampiri si verifica un avvenimentoche, appunto, non si può spiegare con le leggi del mondo che ci è familiare. Colui che percepi-sce l'avvenimento deve optare per una delle due soluzioni possibili: o si tratta di un'illusionedei sensi, di un prodotto dell'immaginazione, e in tal caso le leggi del mondo rimangono quel-le che sono, oppure l'avvenimento è realmente accaduto, è parte integrante della realtà, ma al-lora questa realtà è governata da leggi a noi ignote. O il diavolo è un'illusione, un essere im-maginario, oppure esiste realmente come tutti gli altri esseri viventi, salvo che lo si incontri dirado». (T. Todorov, Introduzione alla letteratura fantastica [1970], trad. it., Milano, Garzanti,1981, p. 28).

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lisi, attraverso il quale gli è possibile ricomporre armonicamente le propriecomponenti intcriori più dissonanti e, soprattutto, attivare, come spiega ilnarratore, «la subconciencia o conciencia elemental [que] estaba en él comoescondida y agazapada en lo recóndito del ser, hasta que el curso de la vida ladescubriera y alentara de nuevo» (117). L'intera struttura de El caballero en-cantado si basa tematicamente su una solida traiettoria che il protagonista at-traversa completamente. In questo senso il testo ricalca le strategie strutturalidel Bildungsroman. A partire da uno stato di "colpa", al giovane Conde di Tar-sis viene inflitto il "castigo" della perdita della propria personalità e la sua"espiazione" consisterà nella conoscenza forzata delle realtà in ogni suo aspet-to. Compiuto questo itinerario iniziatico, il personaggio deve affrontare unperiodo catartico durante il quale l'astinenza dalla parola lo costringerà ad unaattitudine essenzialmente spirituale. Quindi, la "rinascita", che lo restituiràuomo arricchito dalla conoscenza acquisita dalla sua esperienza12. Il personag-gio acquista spessore proprio dal momento in cui, sottoposto ad incantesimo,recupera, insieme alla memoria del suo precedente stato, essenzialmente lacompletezza del proprio essere:

Sucedió, pues, que por grados llegó Gil a la conciencia de su anterior vida de ca-ballero, y la plenitud del desdoblamiento fue determinada de súbito por un in-cidente, por una palabra (...). Esta palabra, este Balsamo, fue el golpe o manota-zo que acabó de descorrer el velo. Gil vio su interior inundado de luz, y se dijo:«ya estoy en mí, en el mí de ayer. Soy don Carlos de Tarsis» (126) B.

La memoria, infatti, che coincide con l'essenza della vita spirituale, è l'u-nica dimensione in cui i differenti "io", che il concetto tradizionale del tempocome struttura "spazializzata" crea, possono unificarsi. L'avventura reale e vi-sionaria del caballero Tarsis si svolge, quindi, in uno stato di totale coscienza econoscenza di sé e prepara il personaggio ad una rinascita finale che coinciderà

12 Cfr. G. Correa, El sentido cit., p. 25-28.13 E noto l'interesse di Galdós per i personaggi visionari e per la psicoanalisi che si rivela

sin dai suoi primi testi come La sombra (1871). Nel recupero della memoria di Gii si rendeevidente l'applicazione delle teorie bergsoniane circa la necessità di compiere un percorso sen-sitivo al fine di riappropiarsi del proprio passato. Un gesto, un suono, un sapore, infatti, pos-sono restituirci il ricordo dei tasselli mancanti della nostra esperienza, come pure Proust hacreduto, stabilendo, per certi versi, uno speciale genere narrativo tutto imperniato sul raccontodel recupero della memoria.

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con la completa assimilazione da parte di Tarsis, l'uomo astratto, delle cono-scenze acquisite attraverso l'esperienza del suo alter ego, Gii, ovvero l'uomoconcreto.

Anche il tempo ne El caballero encantado corrisponde più esattamente adun concetto tutto interiore di "durata". Le coordinate temporali del testo sonorese complesse dall'intersecarsi di differenti dimensioni cronologiche. L'inizioe la fine della narrazione, malgrado manchino di riferimenti espliciti, si collo-cano in un tempo storico assai vicino, se non sovrapponibile, al tempo dell'e-nunciazione e al tempo della scrittura da parte di Galdós. Si tratta dell'abitualescelta della contemporaneità rintracciabile nella maggior parte della sua ope-ra 14. In questa traiettoria cronologica reale si apre un varco in cui il viaggio in-cantato di Tarsis coincide con una vera e propria sospensione temporale(«Miró el buen señor su reloj y lo encontró parado», 112), all'interno dellaquale si verificano casi in cui il passato ed il presente coesistono grazie alla pre-senza mitico-allegorica del personaggio della Madre («Era yo una chiquilla sinjuicio y jugaba con las niñas de Pilato, poco antes de que fuera trasladado alGobierno de Judea», 147), oppure casi in cui lo stesso calcolo tradizionale deltempo viene sostituito da altri sistemi cronologici15. Le ragioni estetiche diquesta alterazione del corso reale del tempo riguardano, è ovvio, l'immissionedella dimensione fantastica nella narrazione. Ma a tali ragioni se ne sommanoaltre meno ovvie e di diversa natura. Secondo una lettura psicoanalitica del-l'incantesimo, questa sospensione temporale non solo rende possibile al perso-naggio l'accesso ad una dimensione interiore, ma coincide pure con l'impon-derabile durare della coscienza in cui può essere sanata la scissione psichica diun essere duplice come Tarsis. La scienza tradizionale, infatti, concepisce iltempo secondo una rappresentazione "spazializzata", como una linea infinita

14 Nel caso de El caballero encantado mi sembra che si faccia continua allusione al perio-do della Restaurazione e, probabilmente, al regno di Alfonso XIII (1902-1917) se teniamoconto di ciò che la Madre dice a proposito della morte in battaglia del condottiero arabo Al-manzor avvenuta a Medinaceli nel 1002: «Y pasados años novecientos desde aquella fecha...,calcula tú, hijo mío, lo que ha llovido desde 1002 acá... » (236).

15 «... en la pecera sin ruido las leyes del tiempo se regían por cómputos y divisiones dis-tintas de las del mundo. Lo que en éste se llama un día, en la pecera era un mes lunario. Demodo - anadió el informante - que si tú, pongo por caso, te duermes esta noche a las ocho enpunto y despiertas a la misma hora de mañana, puedes decir que has dormido veintisiete días,siete horas, cuarenta y tres minutos y once segundos» (333).

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di punti, una successione di momenti che indicano, più che il suo "fluire", lesue "soste". Queste "soste" rendono possibile, appunto, la frantumazione del-l'individualità in una serie di "io" differenti nel passato e nel presente, ed ildanno psichico che ne può conseguire è la perdita della dimensione completadell'essere. Nel Saggio sui dati immediati della coscienza (1889) H. Bergson di-mostrava già quanto fosse inadeguata la rappresentazione tradizionale del tem-po e ricorreva alle teorie agostiniane del "durare della coscienza" per ricom-porre, nel concetto di "durata", gli effetti di quel danno. Nella dimensione in-teriore della memoria il filosofo indicava, quindi, l'unico cammino possibileverso la ricostruzione dell'individuo, giacché il nostro passato ci segue nel suocomplesso. Il tempo dell:encantamiento, dunque, coincide con il tempo dellamemoria in cui è possibile rintracciare le relazioni tra gli avvenimenti e deci-frarne il senso. La storia, così, per Galdós non perde la sua validità pedagogicae la sua parola severa ricorda agli uomini la traiettoria da percorrere. Il sognodi Gii, che, dopo un volo fantastico per le terre di Spagna, si addormenta conla testa reclinata sul grembo della Madre, ricorda un antico concetto di ciclici-tà del tempo in cui passato, presente e futuro sono legati da un vincolo di per-petuo ritorno e la storia può, quindi, ripetersi disegnando l'avvenire:

TARSIS. — (...) ¡Qué dulce sueño! He dormido en tu regazo como un niño, y hesoñado que vivimos en un mundo patriarcal, habitado por seres inocentes queno viven más que para compartir con amorosa equidad los frutos de la tierra...LA MADRE. {Graciosa.) — Hijo, te has anticipado a la Historia dando un brin-co de cien años o más, para caer en un porvenir que yo misma no sé cómo ha deser... (153)

Terminato l'incantesimo, non terminano però i suoi effetti e il nuovouomo, Tarsis-Gil, che risulta dalla fusione di due diverse identità, risolve ar-monicamente il conflitto chisciottesco tra l'immaginazione e la realtà che ilsuo viaggio visionario aveva reso tangibile perché narrabile attraverso immagi-ni "reali e inverosimili", come il sottotitolo sosteneva. L'eroe galdosiano cheabita questo romanzo accetta e sintetizza l'essenziale dualità dell'essere che, in-vece, caratterizza drammaticamente i personaggi dei testi degli scrittori del'98. Penso emblematicamente ali hombre-voluntad e ali1hombre-reflexión checompongono il personaggio di Antonio Azorin creato proprio dallo scrittoreche teorizzò e trasmise l'idea di una generación del 98 e che, poi, scelse per sé

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questo pseudonimo16. Ecco, dunque, il senso del viaggio iniziatico di Tarsisattraverso la storia del proprio paese e attraverso la memoria. Ed ecco perché letraiettorie cronologiche e spaziali della narrazione necessariamente si interse-cano e, quasi magicamente, producono alla fine un "prodigio" a livello di mes-saggio semantico del testo: un individuo rigenerato in quanto ha acquisito co-scienza di sé ed ha ricomposto la scissione della propria personalità; un proto-tipo di spagnolo che risolva il perenne conflitto delle due componenti storica-mente antagoniste della España bicéfala, e che riesca a tradurle in una vigorosafacoltà edificante.

Dal punto di vista della scrittura, attraverso la peculiarità de El caballero en-cantado Galdós ha mostrato l'assimilazione della proposta di rinnovamento daparte del Decadentismo europeo e del Modernismo spagnolo nell'ambito dellaparola letteraria17. Malgrado le generazioni che seguirono lo scrittore canario siaccanissero a sminuire il suo esempio di scrittura, perché lo ritenevano eccessiva-mente vincolato ad un periodo storico e ad un movimento letterario, con que-st'ultimo romanzo Galdós mostra ancora una volta un'indiscutibile capacità diinnovazione e, in un certo senso, l'altra faccia del '98. Infatti, attraverso la "meta-parodia", come l'ho chiamata, e attraverso l'uso sistematico delle strategie narrati-ve che il discorso ironico attiva nella narrazione, El caballero encantado offre lapropria proposta per il superamento delle norme culturali al fine di stabilire nuo-vi codici letterari. Lo suggerisce L. Hutcheon quando sostiene che «...thè key tothè novel's origins and development might well He in parody, in thè unmaskingof deed literary conventions and thè establishing of thè new literary codes (...).Even Madame Bovary can be, and has been, read as an attack on this very con-cept of "realism", as an allegory of thè power of language and literature» 18.

16 «En mí hay dos hombres -dice il personaggio azoriniano-. Hay el "hombre-voluntad", casi muerto, casi deshecho... Hay, aparte de éste, el segundo hombre, el "hombre-reflexión", nacido, alentado en copiosas lecturas, en largas soledades, en minuciosas autoanáli-sis. El que domina en mí, por desgracia, es el "hombre-reflexión"...» (José Martínez Ruiz, Azo-rín, La voluntad, Madrid, Castalia, 1968, p. 267).

17 E di J. Schraibman l'osservazione che, nel caso de El caballero encantado, «Galdós,que tan adepto era a digerir y sintetizar las principales innovaciones que veía a su alrededor,empieza a sentir el influjo de las ideas estéticas de los modernistas y a ser consciente de los pro-blemas de expresión que ellos suscitan» {Galdósy el «estilo de la vejez» cit., p. 167).

18 L. Huctheon, Process and Produci. The Implications ofMetafictionfor thè Theory oftheNovel as a Mimetic Genre, en Narcissistic Narrative. The Metafictional Paradox, London &New York, Routledge, 1984, p. 38.

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E infine, proprio nell'ambito della riflessione sul principio mimetico deltesto realista, il "prodigio" compiuto da Galdós è quello di aver scritto un«cuento real... inverosímil», un testo, cioè, in cui il conflitto endemico del di-scorso realista può risolversi se il lettore si dispone ad accettare l'ambiguità ra-dicale di riconoscere nel romanzo la finzione senza però smettere di assumerlocome realtà.