G. Pisano, Note sul collezionismo di antichità fenicie e puniche

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NOTE SUL COLLEZIONISMO DELLE ANTICHITÀ FENICIE E PUNICHE GIOVANNA PISANO Nell’ambito di un progetto pluriennale di ricerche, avviato tra le Università di Tor Vergata e di Siviglia, in gran parte inserito nel programma di Azioni-Integrate Italia-Spagna e ora confluito nella Cooperazione Internazionale, sui temi del collezionismo di antichità classiche e sul loro ruolo nella formazione dei principali Musei d’Europa, il campo d’indagine è stato esteso in maniera innovativa, per merito di Beatrice Palma, anche ad altri aspetti del collezionismo ottocentesco, tra i quali quello rivolto in generale alle antichità orientali 1 e quindi anche alle antichità fenicie e puniche. A fianco dell’interesse per il classicismo l’aspetto più “misterioso” e originale dell’antiquaria rinascimentale è indirizzato all’Egitto, che tanta suggestione aveva esercitato sul mondo classico 2 . E in tal senso si traduce il gusto “esotico”, rivolto per lo più agli aegyptiaca, degli studioli di collezionisti rinascimentali 3 . 1 Da ultimo con bibliografia precedente cfr. PALMA VENETUCCI 2010, passim 2 CALVESI 1988, passim. 3 A titolo esemplificativo PALMA VENETUCCI 2009, pp. 149-170.

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NOTE SUL COLLEZIONISMO DELLE ANTICHITÀ FENICIE E PUNICHE

GIOVANNA PISANO

Nell’ambito di un progetto pluriennale di ricerche, avviato tra le Università di Tor Vergata e di Siviglia, in gran parte inserito nel programma di Azioni-Integrate Italia-Spagna e ora confluito nella Cooperazione Internazionale, sui temi del collezionismo di antichità classiche e sul loro ruolo nella formazione dei principali Musei d’Europa, il campo d’indagine è stato esteso in maniera innovativa, per merito di Beatrice Palma, anche ad altri aspetti del collezionismo ottocentesco, tra i quali quello rivolto in generale alle antichità orientali1 e quindi anche alle antichità fenicie e puniche. A fianco dell’interesse per il classicismo l’aspetto più “misterioso” e originale dell’antiquaria rinascimentale è indirizzato all’Egitto, che tanta suggestione aveva esercitato sul mondo classico2. E in tal senso si traduce il gusto “esotico”, rivolto per lo più agli aegyptiaca, degli studioli di collezionisti rinascimentali3.

1 Da ultimo con bibliografia precedente cfr. PALMA VENETUCCI 2010, passim 2 CALVESI 1988, passim. 3 A titolo esemplificativo PALMA VENETUCCI 2009, pp. 149-170.

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Nel panorama del collezionismo seicentesco la raccolta di orientalia, da un mondo “altro”, diverso, quello delle civiltà preclassiche, delle esperienze di viaggio di Pietro della Valle (1586-1652), pioniere dell’archeologia orientale4, riceve uno stimolo nuovo allo studio delle testimonianze “altre” da parte della cultura europea. Alle soglie del romanticismo la “egittomania” del Settecento, che trova il suo primo interprete in Piranesi, viene confermata dall’interesse di collezionisti e antiquari che privilegia le antichità egiziane rispetto a quelle genericamente orientali5. Dal brevissimo excursus che precede si evince, quindi, fin da epoca antica la predilezione dei collezionisti di orientalia, tra i quali ovviamente non sono comprese le numerose sculture di età classica che provengono dalle regioni dell’Asia minore, dall’Egitto e al riguardo a titolo esemplificativo si cita fra tutte la raccolta di Stefano Borgia, la cui sezione più ricca era quella egizia con 628 oggetti6; i “gabinetti di curiosità” ben esemplificano l’aspetto “esotico” di questo collezionismo orientato prevalentemente verso oggetti di ridotte dimensioni in bronzo, terracotta o in materiali preziosi. Ma tale preferenza è legata anche al fatto che è solo alla metà dell’Ottocento, epoca alla quale risalgono le più importanti scoperte in questo ramo di studi all’inizio chiamato assiriologia7, che si formarono a seguito di acquisizioni, donazioni e lasciti, collezioni di materiale “mesopotamico”, costituite per lo più da frammenti di rilievi assiri e qualche iscrizione conservati in alcuni musei italiani e della Città del Vaticano8. E la medesima situazione si verifica nel campo degli studi fenici e punici: l’interesse per i Fenici sorge inizialmente nella seconda metà dell’Ottocento e solo successivamente riceve un reale

4 INVERNIZZI 2001, passim. 5 PALMA, PICOZZI 2010, pp. 73-78, con bibliografia di riferimento. 6 PALMA, PICOZZI 2010, p. 78. 7 FURLANI 1929, pp. 1-15. 8 BERGAMINI 2010, pp.168-169; LIPPOLIS 2010, pp.170-172.

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impulso che porta alla riscoperta della loro civiltà e delle nuove manifestazioni nelle aree interessate dalla diaspora9. La pubblicazione di cataloghi relativi alle principali categorie artigianali conservate nei musei archeologici, specie della Sardegna, finalizzata alla costituzione di corpora di riferimento, ha evidenziato anche in questo ambito lo sviluppo di un collezionismo ottocentesco, al quale si deve riconoscere la salvezza e la conservazione di buona parte degli oggetti in particolar modo di “jocalia”10. In tal senso fondamentale l’opera di Giovanni Spano, cui va il merito di aver iniziato, attraverso scavi ed esplorazioni sistematicamente notificati nel “Bullettino Archeologico Sardo” da lui fondato nel 185411, lo studio scientifico delle antichità sarde, raccolte poi in una collezione donata nel 1859 al Museo di Cagliari12. E proprio nei musei della Sardegna esistono importanti testimonianze della cultura fenicio-punica derivanti dal confluire in essi di un buon numero di collezioni private. Alla città di Sassari Giovanni Spano inizialmente aveva offerto la sua ricchissima collezione “per il museo da istituirsi”, tuttavia per le difficoltà incontrate le casse del materiale ad essa destinate vi rientrarono solo dopo la sua morte avvenuta nel 1878, anno nel quale fu anche istituito per decreto regio il “Regio Museo Antiquario”. Grazie alla instancabile opera dello studioso l’interesse dell’ambiente colto per l’istituendo museo era almeno in parte rimasto vivo, così che numerose persone avevano offerto la disponibilità delle collezioni archeologiche in loro possesso. Tra questi in primis Giovanni Antonio Sanna che per disposizione testamentaria lasciava la sua ricca collezione13 al Museo, intitolato a suo nome per volontà degli eredi. La cospicua raccolta archeologica del mecenate ne comprendeva anche altre che aveva acquistate, tra le quali quella

9 MOSCATI 1974, pp. 11-20. 10 QUATTROCCHI, PISANO 1974, p. 13. 11 FLORIS 2007 s.v. Spano Giovanni. 12 SPANO G. 1860, passim. 13 ANTONA, CANALIS 1986, pp. 11-18.

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del cavaliere Paolo Raimondo Chessa, direttore della banca Nazionale di Cagliari. Quest’ultima costituita per lo più da materiali di provenienza tharrense (“scarabei, gioielli d’argento, amuleti, cypraee, collane, oggetti d’avorio, oggetti di smalto e vetro, vasetti di smalto, urne cinerarie, terre egiziane e terre figurate, stoviglie fine di carattere misto, altri ori”)14. E la medesima provenienza rivelano la gran parte degli oggetti delle collezioni private confluite anche successivamente nei due principali musei di Cagliari e Sassari. Le notizie che circolavano fin dal Quattrocento sulla ricchezza dei reperti archeologici restituiti dalle necropoli di Tharros sono state all’origine delle continue depredazioni effettuate sul sito e alla conseguente dispersione della maggior parte dei reperti. Anche il re Carlo Alberto, nel corso del suo viaggio in Sardegna nel 1841, vi aveva fatto eseguire uno scavo affidandone la direzione al signor Cara. Nel 1852, secondo quanto riportato da Spano, furono violate con lavoro sistematico svolto nel corso di tre settimane più di cento tombe e i numerosi oggetti ritrovati divisi come bottino fra i circa cinquecento uomini che avevano partecipato alla affannosa devastazione fino a che non intervenne un ordine del Governo. E ancora al Cara si deve lo scavo di trentasei tombe, i cui corredi furono acquistati dal British Museum nel 1856, ove ora sono conservati15. Sicché pure a fronte di tanto scempio bisogna riconoscere che se gran parte di questo prezioso patrimonio, che rischiava di essere sottratto alla conservazione e allo studio, è stato riacquistato al mondo degli studi, si deve a coloro che, interessati per motivi diversi al reperimento del materiale archeologico, lo hanno raccolto in collezioni, in qualche caso con un catalogo di tipo inventariale16. Se la produzione di Tharros privilegia alcune categorie artigianali a preferenza di altre: gioielli, scarabei, vetri, amuleti,

14 CRESPI 1868, pp. 5-107. 15 QUATTROCCHI, PISANO 1974, pp.13-14; BARNETT, MENDLESON 1987, passim. 16 Cfr. note 12, 14.

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avori e bronzi, il cui denominatore comune è la materia di pregio e la tecnica raffinata che essa richiede, insieme alle piccole dimensioni e alla funzionalità ornamentale, la documentazione fornita dai collezionisti, come sopra esposto, lo conferma. Esemplificativo è il caso della cospicua collezione di Alfonso Garovaglio costituita da reperti appartenenti a culture ed epoche diverse, inizialmente conservata in un piccolo Museo privato nella sua villa di Laveno sul lago di Como e poi passata alla sua morte nel 1906 al Civico Museo Giovio di Como. Nella raccolta una cinquantina di oggetti sono riferibili all’area fenicio-punica, la cui provenienza, indicata talvolta dalla documentazione che rimane sulla loro origine ovvero dalle connotazioni intrinseche riscontrabili è, seppure con alcune riserve, omogenea: prevalente è, infatti, il materiale archeologico attribuibile al centro di Tharros17. Il carattere selettivo della collezione si evince dai reperti che privilegiano la documentazione di piccoli oggetti classificabili tra i beni di lusso, la glittica ad esempio, destinati all’esportazione; si tratta di prodotti di alto livello, come quelli provenienti da un centro che in Sardegna si afferma e si sviluppa grazie alla produzione delle stele: Sulcis18. E al centro di Sulcis sono da attribuire per materiale, tipologia e iconografia le stele conservate a Torino; attribuzione già avanzata da La Marmora che nel 1854 menzionava il grandissimo numero di stele rinvenute a Sulcis e ne citava quattro, conservate a Torino, nell’atrio della Regia Università. Qui, nel 1723, era stato istituito da Vittorio Amedeo II il primo Museo di Antichità della città, nel quale confluirono le raccolte archeologiche che facevano parte delle collezioni private della famiglia Savoia. Il lapidario, sistemato nel cortile porticato, ebbe ulteriore incremento nel tempo dovuto, come indica A. Fabretti nella sua Storia del

17 QUATTROCCHI, PISANO 1983. 18 QUATTROCCHI, PISANO 1977 a.

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Museo di Antichità della Regia Università del 1872, anche “ai molti oggetti che si andavano scavando nell’isola di Sardegna”19. Il medesimo carattere selettivo della collezione Garovaglio, orientato verso esemplari di migliore fattura ovvero di maggiore e specifico interesse documentario nell’ambito della produzione artigianale che già all’epoca appariva come precipua dei diversi centri fenicio-punici dell’isola, si coglie nella collezione privata Biggio, una delle più importanti tra quelle private di materiale archeologico che esistono nell’isola di Sant’Antioco20, creata con il fine di servire agli studiosi.

Infine, per completare queste brevi note, non si può non menzionare la Collezione Whitaker, una delle più importanti, per la conoscenza della civiltà fenicio-punica, che comprende circa settemila pezzi, conservati in gran parte nel Museo di Mozia, ma anche esposti nel Museo Archeologico Regionale Baglio Anselmi di Marsala e nella Villa Malfatano a Palermo. La raccolta che Giuseppe Whitaker andò costituendo, a partire dal 1905, fu il frutto di costante opera di riacquisizione e recupero di reperti che altrimenti sarebbero andati dispersi nel mercato clandestino e di un’appassionata ricerca archeologica sull’isola confluita in un volume pubblicato a Londra nel 1921, che ancora oggi costituisce il punto di partenza per gli studi su Mozia e la civiltà fenicio-punica nel Mediterraneo.

19 PISANO 1991. 20 ACQUARO, MOSCATI, UBERTI 1977.

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Bibliografia ACQUARO, MOSCATI, UBERTI 1977 = ACQUARO E., MOSCATI S.-

UBERTI M.L., La Collezione Bigio. Antichità puniche a Sant’Antioco, Roma 1977.

ANTONA, CANALIS 1986 = ANTONA A., CANALIS V., Passato e

presente: storia del museo, in Il museo Sanna di Sassari, Sassari 1986. BARNETT, MENDLESON 1987 = BARNETT R.D., MENDLESON

C., Tharros. A Catalogue of Material in the British Museum and other Tombs at Tharros, Sardinia, London.

BERGAMINI 2010 = BERGAMINI G., I rilievi assiri in PALMA

VENETUCCI, a cura di, Roma 2010, pp. 168-169.

CALVESI 1988 = CALVESI M., Il mito dell’Egitto nel Rinascimento-

Pinturicchio, Piero di Cosimo, Giorgione, Francesco Colonna (allegato al n. 24 “Art e Dossier”), maggio 1988.

CRESPI 1868 = CRESPI V., Catalogo della Raccoltà di Antichità Sarde del

Signor Raimondo Chessa, Cagliari 1868.

FLORIS 2007 = FLORIS F., a cura di, La Grande Enciclopedia della Sardegna, vol. 9, Sibolessi-Tula, Sassari 2007.

FURLANI 1929 = FURLANI G., La civiltà Babilonese e Assira, Roma

1929.

INVERNIZZI 2001 = INVERNIZZI A., Pietro della Valle esploratore di

antichità orientali in PIETRO DELLA VALLE, In viaggio per l’Oriente. Le mummie, Babilonia, Persepoli, Alessandria 2001, pp. 7-98.

LIPPOLIS 2010 = LIPPOLIS C., I rilievi assiri nelle collezioni museali

italiane, in PALMA VENETUCCI 2010, pp. 170-172.

MOSCATI 1974 = MOSCATI S., Problematica della civiltà fenicia, Roma 1974.

PALMA VENETUCCI 2009 = PALMA VENETUCCI B., Bes tra gli

aegyptiaca degli studioli rinascimentali, in Incontro di studio in ricordo di Sabatino Moscati (Roma, 7-8 novembre 2007), Roma 2009, pp. 149-170.

PALMA VENETUCCI 2010 = PALMA VENETUCCI B., a cura di, Il

fascino dell’Oriente nelle collezioni e nei Musei d’Italia. Frascati, Scuderie Aldobrandini (12 dicembre 2010 – 27 febbraio 2011), Roma 2010.

PALMA, PICOZZI 2010 = PALMA VENETUCCI B., PICOZZI M.G., Il fascino dell’esotico dal Collezionismo agli studi antiquari. 2. Le antichità orientali nel Settecento tra collezionismo e studi antiquari, in PALMA

VENETUCCI 2010, pp. 73-78.

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PISANO 1991 = PISANO G. 1991, Antichità puniche nei Musei di Torino, in Atti del II Congresso di Studi Fenici e Punici, Roma, 9-14 novembre 1987, II, Roma 1991, pp. 1143-1150.

QUATTROCCHI, PISANO 1974 = QUATTROCCHI, PISANO G., I gioielli fenici di Tharros nel Museo Nazionale di Cagliari, Roma 1974.

QUATTROCCHI, PISANO 1977a = QUATTROCCHI, PISANO G.,

Una stele inedita da Sulcis in “Rivista di Studi Fenici”, V, 1977, pp. 181-184.

QUATTROCCHI, PISANO 1977b = QUATTROCCHI, PISANO G., Un cippo da Tharros in “ Rivista di Studi Fenici”, V, 1977, pp. 67-70.

QUATTROCCHI, PISANO 1978 = QUATTROCCHI, PISANO G., Dieci scarabei da Tharros, in “Rivista di Studi Fenici”, VI,1, 1978 pp. 37-56.

QUATTROCCHI, PISANO 1983 = QUATTROCCHI, PISANO G.,

Antichità puniche al Museo di Como, in Atti del I Congresso Internazionale di Studi fenici e punici, Roma, 5-10 novembre 1979, II, Roma 1983, pp. 471-474.

SPANO 1860 = SPANO G., Catalogo della raccolta archeologica sarda del

Canonico Giovanni Spano, da lui donata al Museo d’antichità di Cagliari, I-II, Cagliari 1860.

WHITAKER 1921 = WHITAKER J., Motya. A Phoenician Colony in Sicily, London 1921.

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Didascalie Fig. 1. Scarabeo in corniola. Collezione Garovaglio. Museo Giovio,

Como. Fig. 2. Scarabeo in diaspro. Collezione Garovaglio. Museo Giovio,

Como. Fig. 3. Scarabeo in diaspro. Collezione Garovaglio. Museo Giovio,

Como. Fig. 4. Alabastron, modellato su nucleo. Collezione Garovaglio. Museo

Giovio, Como.

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