Funzioni reali di 2 variabili reali -...
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Funzioni reali di 2 variabili realiSono funzioni del tipo:
f : dom f R2
P = (x, y)
R
f (P ) = f (x, y)
Ad ogni punto P = (x, y) di un sottoinsieme dom f
di R2 associano un numero reale f (P ) = f (x, y).
• Se f (x, y) è un’espressione in x, y, salvo diversa indicazione si conviene che:
dom f = {(x, y) R2 : f (x, y) esiste in R} .
• Si chiama immagine di f il sottoinsieme di R dei valori assunti da f , cioè l’insieme
im f := {f (x, y) R : (x, y) dom f} .
Grafico di una f : dom f R2
R
È il sottoinsieme diR3 definito daGf = {(x, y, f (x, y)) R3 : (x, y) dom f}
= luogo dei punti (x, y, z) di equazione z = f (x, y).
Proiezione ortogonale di Gf sul piano xy
= dom f.
Proiezione ortogonale di Gf sull’asse z
= im f.
Esempio. Il grafico di f (x, y) = ax+ by
è il piano z = ax+ by (non verticale,
ortogonale a N = (a, b, 1)).
Insiemi di livello di una f : dom f R2
R
Sono i sottoinsiemi di dom f definiti da Lf,c = {(x, y) dom f : f (x, y) = c} , c R
= l’insieme dei punti su cui f è costante e vale c.
Esempio. Gli insiemi Lf,c di f (x, y) = ax+ by
(a, b non entrambi nulli) sono Lf,c : f (x, y) = c,
cioè le rette ax+ by = c del piano xy.
Ovviamente Lf,c = se e solo se c im f .
Lf,c è la proiezione sul piano xy
dell’intersezione tra il grafico z = f (x, y)
ed il piano z = c.
Gli insiemi di livello danno una rappresentazione bidimensionale dell’andamento di f ,
alternativa a quella tridimensionale data dal grafico.
Insiemi di livello della funzione
f (x, y) = x2 1x2+y2
e suo grafico
Rappresentadole per valori equidistanziati di c, si visualizzano anche informazioni sulla
velocità di variazione dei valori di f .
Continuità
Definizione. Sia f : dom f R2
R. Si dice che:
• f è continua in un punto P0 dom f se: > 0, > 0 tale che
P dom f B (P0) = |f (P ) f (P0)| < ;
cioè f (P ) I (f (P0))
• f è continua (o continua ovunque) se è continua in tutti i punti di dom f ;
• f è continua su un insieme A dom f se la restrizione f|A è continua.
––––––––––
L’insieme delle funzioni reali continue su A si indica con C (A) o C0 (A) .
Per stabilire la continuità di una funzione di più variabili, sono di solito su cienti i
risultati seguenti.
• Ogni funzione continua di una variabile è anche continua come funzione di più variabili.
Esempio. (y) = log y continua su dom = (0,+ ) =
f (x, y) = log y continua su dom f = {(x, y) : y > 0} = R× (0,+ ) .
• Combinazioni lineari, prodotti, rapporti e composizioni di funzioni continue risultano
funzioni continue.
Esempio. f (x, y) = y ex è continua su dom f = {(x, y) : y ex}, perché
f (x, y) = (g (x, y)) con (t) = t e g (x, y) = y ex sono continue
(dove g è continua su dom g = R2 perché c.l. di funzioni continue).
Segue che le funzioni polinomiali (cioè i polinomi in x, y) sono continue su tutto R2 e
le funzioni razionali (cioè i rapporti di polinomi in x, y) sono continue in tutti i punti
in cui sono definite (cioè i punti di R2 in cui il denominatore non si annulla).
––––––––––
Sia f : dom f R2
R. Valgono i seguenti teoremi:
Teorema (della permanenza del segno). Se f è continua in P0 ed f (P0) = 0, allora
esiste un intorno Br (P0) in cui f ha lo stesso segno di f (P0).
Teorema (dei valori intermedi). Se f è continua e dom f è connesso, allora im f è
un intervallo.
Teorema (di Weierstrass). Se f è continua e dom f è compatto, allora f ammette
massimo e minimo assoluti (cioè li ammette im f):
A,B dom f tali che f (A) = maxP dom f
f (P ) e f (B) = minP dom f
f (P ) .
In particolare, f è limitata (cioè lo è im f):
a, b R tali che P dom f : a f (P ) b.
Limiti
Definizione.Siano f : dom f R2
R e P0=(x0, y0) un punto di accumulazione per dom f .
Si dice che f (P ) tende al limite (finito o infinito) per P che tende a P0 e si scrive
limP P0
f (P ) = o lim(x,y) (x0,y0)
f (x, y) =
se2 per ogni intorno I ( ) esiste > 0 tale che P dom f B (P0) f (P ) I ( ) .
Limiti e continuità. f : dom f R2
R è continua in P0 dom f se e solo se:
P0 è un punto isolato di dom f oppureP0 è punto di accumulazione per dom f
limP P0
f (P ) = f (P0) .
Per un approfondimento sul calcolo di limiti in 2 variabili, si veda il file apposito.
2Ricordiamo che I ( ) = ( , + ) se R, mentre I (+ ) = (a,+ ) e I ( ) = ( , b).Inoltre poniamo B (P0) := B (P0) \ {P0}.
Derivate parziali e gradiente
Definizione. Siano f : dom f R2
R e P0 = (x0, y0) un punto interno a dom f .
Si dice che f è derivabile parzialmente nel punto P0 rispetto alla variabile x se
la funzione f (x, y0) della sola variabile x è derivabile in x = x0, cioè esiste la derivata
d
dxf (x, y0)
x=x0
= limh 0
f (x0 + h, y0) f (x0, y0)
h.
In tal caso, tale derivata è indicata con
f
x(x0, y0) o fx (x0, y0) o Dxf (x0, y0)
ed è detta derivata parziale di f
rispetto ad x nel punto P0.f (x, y0) è definita almeno
in (x0 r, x0 + r)
Analogamente per la derivata parziale rispetto ad y:
f
y(x0, y0) :=
d
dyf (x0, y)
y=y0
= limh 0
f (x0, y0 + h) f (x0, y0)
h.
–––––––––––—
Definizione. Siano f : dom f R2
R e P0 un punto interno a dom f .
Se f è derivabile in P0 rispetto ad entrambe le sue variabili, si chiama gradiente di f
in P0 il vettore
f (P0) :=f
x(P0) ,
f
y(P0) R
2.
Esempio. Sia f (x, y) = x y2 + xy.
dom f = {(x, y) : xy 0}, ma le derivate parziali di f hanno senso solo nei punti di
(dom f) = {(x, y) : xy > 0} (unione dei quadranti I e III, assi esclusi).
Prendiamo P0 = (1, 3) (dom f) e calcoliamo f (1, 3) = f
x(1, 3) , f
y(1, 3) . Si ha
f
x(1, 3) =
d
dxf (x, 3)
x=1
=d
dxx 9 + 3x
x=1
= 1 +3
2 3x x=1
= 1 +3
2,
f
y(1, 3) =
d
dyf (1, y)
y=3
=d
dy1 + y2 + y
y=3
= 2y +1
2 yy=3
= 6 +1
2 3
e quindi f (1, 3) = 1 +3
2, 6 +
1
2 3.
Se f è derivabile rispetto a tutte le sue variabili in tutti i punti di un aperto dom f ,
allora le derivate parziali di f sono a loro volta funzioni di due variabili, definite su :
f
x: P
f
x(P ) R,
f
y: P
f
y(P ) R.
Se tali funzioni sono continue su , diciamo che f è di classe C1 su e scriviamo
f C1 ( ) .
Esempio. Riprendiamo f (x, y) = x y2+ xy e prendiamo un generico (x, y) (dom f) .
Guardando la funzione x x y2+ xy della sola variabile x (y va vista come costante),
si haf
x(x, y) =
d
dxx y2 + xy = 1 0+
d
dx( xy)
se xy > 0
= 1 +y
2 xy
e dunque f
x= 1 + y
2 xyè una funzione reale definita sull’aperto = (dom f) .
Analogamente, immaginando x come costante, si ottiene
f
y(x, y) =
d
dyx y2 + xy = 2y +
x
2 xyper ogni (x, y)
e quindi f (x, y) = 1 +y
2 xy, 2y +
x
2 xyper ogni (x, y) .
Le funzioni f
xe f
ysono continue su e perciò risulta f C1 ( ).
Significato geometrico delle derivate parziali
Siano f : dom f R2
R e (x0, y0) interno a dom f .
La funzione y f (x0, y) è
la restrizione di f ai punti della retta x = x0(del piano xy).
Il suo grafico z = f (x0, y) si visualizza in R3
intersecando z = f (x, y) con il piano x = x0(verticale e contenente la retta).
La derivataf
y(x0, y0) =
d
dyf (x0, y)
y=y0
è il coe ciente angolare
della retta del piano verticale x = x0tangente al grafico z = f (x0, y)
nel punto (x0, y0, f (x0, y0)).
In figura:f
y(x0, y0) = tan .
Dunquef
x(x0, y0) e
f
y(x0, y0) sono
una misura numerica (con segno) della
velocità con cui variano i valori f (x, y)
muovendo il punto (x, y) nell’intorno di (x0, y0)
parallelamente e concordemente agli assi.
E muovendolo secondo altre direzioni?
Derivate direzionali
Sia f : dom f R2
R e siano P0 un punto interno a dom f ed u R2 un versore
(potremmo scrivere u = (cos , sin )).
• Consideriamo parametricamente la retta (del piano xy) passante per P0 e parallela ad u:
P (t) = P0 + tu.
• Consideriamo la funzione del parametro t ottenuta calcolando f sui punti della retta:
(t) = f (P (t)) = f (P0 + tu) .
(t) è definita almeno
in un intorno di t = 0
e si ha (0) = f (P0)
Se esiste, la derivata
(0) =d
dtf (P0 + tu)
t=0
= limt 0
f (P0 + tu) f (P0)
t
è indicata conf
u(P0) ed è detta derivata direzionale
di f secondo il versore u nel punto P0.
Significato geometrico della derivata direzionale
La funzione (t) = f (P0 + tu) è
la restrizione di f ai punti della retta
r : P (t) = P0 + tu (del piano xy).
Il suo grafico z = (t) si visualizza in R3
intersecando z = f (x, y) con il piano
verticale contenente la retta r.
La derivataf
u(x0, y0) = (0)
è il coe ciente angolare
della retta del piano verticale contenente r
tangente al grafico z = (t) (= f (P0 + tu))
nel punto (x0, y0, f (x0, y0)).
Dunquef
u(P0) è unamisura numerica (con segno)3 della velocità con cui variano i valori
f (P ) muovendo P vicino a P0 lungo la retta P0 + tu e concordemente con u.
Si noti chef
i(P0) =
f
x(P0) e
f
j(P0) =
f
y(P0) .
3muovendo P nel verso di u, i valori f (P ) crescono se fu(P0) > 0 e decrescono se
fu(P0) < 0
Di erenziabilità
Definizione. Siano f : dom f R2
R e P0 un punto interno a dom f .
Si dice che f è di erenziabile in P0 se:
(i) esiste f (P0) (cioè esistono entrambe le derivate parziali di f in P0);
(ii) si ha
limP P0
f (P ) f (P0) f (P0) · (P P0)
P P0= 0,
cioè (estendendo la ben nota definizione di o piccolo)
f (P ) = f (P0) + f (P0) · (P P0) + o ( P P0 )P P0.
Più esplicitamente, la formula f (P ) = f (P0) + f (P0) · (P P0) + o ( P P0 )P P0
diventa
f (x, y) = f (x0, y0) +f
x(x0, y0) (x x0) +
f
y(x0, y0) (y y0) +
+o (x x0)2 + (y y0)
2
(x,y) (x0,y0)
ed è detta formula di Taylor di ordine 1 di f in P0 (MacLaurin se P0 = (0, 0)).
Il polinomio (nelle variabili x, y)
T1 (x, y) := f (x0, y0) +f
x(x0, y0) (x x0) +
f
y(x0, y0) (y y0)
è detto polinomio di Taylor di ordine 1 di f in P0 (MacLaurin se P0 = (0, 0)).
Se f è di erenziabile in P0, il grafico z = T1 (x, y) del polinomio T1, cioè il piano
z = f (x0, y0) +f
x(x0, y0) (x x0) +
f
y(x0, y0) (y y0) ,
è detto piano tangente al grafico di f nel punto (x0, y0, f (x0, y0)).
Tra tutti i piani per (x0, y0, f (x0, y0)),
è quello che “meglio approssima” il
grafico di f nelle vicinanze di tale punto
(nel senso che è l’unico piano tale che,
per P P0, lo scarto tra le quote su
grafico e piano tende a 0 più velocemente
della distanza d (P,P0) = P P0 ).
Stabilire se una funzione è di erenziabile tramite la definizione non è agevole e di solito
si ricorre al seguente:
Teorema (condizione su ciente di di erenziabilità). Sia f : dom f R2
R.
Se f è di classe C1 in un aperto dom f , allora f è di erenziabile in tutti i punti di .
––––––––
La nozione di di erenziabilità svolge in più variabili molti dei ruoli che la derivabilità
svolge in una variabile. Ad esempio:
Teorema. Se f : dom f R2
R è di erenziabile in P0, allora f è continua in P0.
Nota: la sola derivabilità parziale non assicura la continuità ( funzioni, anche semplici, che
hanno derivate parziali in un punto, ma non sono continue in quel punto).
Il seguente risultato segue facilmente dalle formule di derivazione di funzioni composte,
che vedremo tra poco.
Teorema (di erenziabilità e derivate direzionali). Se f : dom f R2
R è
di erenziabile in P0, allora:
(i) f è derivabile in P0 secondo tutte le direzioni;
(ii) per ogni versore u R2, risulta
f
u(P0) = f (P0) · u .
Note:
• la derivabilità in ogni direzione non implica la di erenziabilità ( funzioni con tutte le derivate
direzionali in un punto, che non sono di erenziabili, e nemmeno continue, in quel punto);
• continuità e derivabilità direzionale non implicano la di erenziabilità ( funzioni continue che
hanno tutte le derivate direzionali in un punto, ma non sono di erenziabili in quel punto).
Significato geometrico del gradiente: massima crescita
Problema. Allontanando P da P0, secondo quale direzione e verso devo muovermi per
avere massima velocità di crescita dei valori f (P )?
Cerco un versore v tale che
f
v(P0) = max
u =1
f
u(P0).
Se esiste, v è detto direzione
di massima crescita nel punto P0.
Supponiamo f : dom f R2
R di erenziabile in P0 e sia u R2 un generico versore.
Si ha
f
u(P0) = f (P0) · u = f (P0) u cos
= f (P0) cos ,
dove è l’angolo tra u e f (P0).
Allora, poiché 1 cos 1,f
u(P0) è massima
quando cos = 1, cioè = 0, cioè
quando u è parallelo e concorde con f (P0).
Dunque v =f (P0)
f (P0)è la direzione di massima crescita in P0.
Derivazione di funzioni composte
Vediamo due regole di derivazione (casi particolari della più generale regola della catena,
che sarà vista più avanti).
1 Sia t f (x (t) , y (t)) la composta di f : dom f R2
R con x, y : I R R.
Se x, y sono derivabili in t0 ed f è di erenziabile in P0 = (x (t0) , y (t0)), allora
d
dtf (x (t) , y (t))
t0
= f (P0) · (x (t0) , y (t0)) =f
x(P0)x (t0) +
f
y(P0) y (t0) .
2 Sia (x, y) g (f (x, y)) la composta di g : I R R con f : dom f R2
R.
Se f è di erenziabile in P0 e g è derivabile in f (P0), allora
xg (f (x, y))
P0
= g (f (P0))f
x(P0) ,
yg (f (x, y))
P0
= g (f (P0))f
y(P0) .
Sono regole di valenza teorica (nella pratica si deriva l’espressione della composta), dalle
quali segue, ad esempio, la formula su gradiente e derivate direzionali.
Dimostrazione del teorema su di erenziabilità e derivate direzionali.
Sia f : dom f R2
R e siano P0 = (x0, y0) (dom f) ed u = (a, b) un versore.
Consideriamo la retta (x (t) , y (t)) = (x0 + at, y0 + bt) passante per P0 e parallela ad u.
Se f è di erenziabile in P0, allora la regola derivazione composta 1 implica
d
dtf (x (t) , y (t))
t=0
=f
u(P0)
= f (x (0) , y (0))
= f(x0,y0)
· (x (0) , y (0))
=(a,b)
= f (P0) · u.
Derivate successive e formula di Taylor di ordine 2
Se f : dom f R2
R ammette gradiente in tutti i punti di un aperto dom f ,
allora le derivate parziali delle funzioni f
xe f
yin un punto P0 , se esistono, sono
indicate con
2f
x2(P0) : =
x
f
x(P0) ,
2f
y x(P0) :=
y
f
x(P0) ,
2f
x y(P0) : =
x
f
y(P0) ,
2f
y2(P0) :=
y
f
y(P0)
e vengono dette derivate parziali seconde (pure la prima e l’ultima, miste le altre)
di f in P0. Si usano anche i simboli fxx, fxy, fyx, fyy, rispettivamente.
Le derivate seconde sono 4 ed è molto utile disporle in una matrice 2×2 (vedremo perché):
Hf (P0) :=
2f
x2(P0)
2f
y x(P0)
2f
x y(P0)
2f
y2(P0)
.Hf (P0) si chiama
matrice hessiana di f in P0.
Se le seconde esistono in tutti i punti di , esse sono nuovamente funzioni definite su
e, se derivabili ulteriormente, forniscono le 23 = 8 derivate parziali terze di f .
E così via, fino a definire le eventuali 2k derivate parziali di ordine k di f .
Nei casi più comuni, le miste non sono così tante come sembra. Vale infatti il seguente:
Teorema (di Schwarz, sull’indipendenza delle miste dall’ordine di derivazione).
Sia R2 un aperto e sia f C1 ( ) tale che
2f
x yesiste ed è continua su . Allora
P :2f
y x(P ) =
2f
x y(P ) (analogamente se esiste ed è continua
2f
y x).
Nei casi più comuni, il teorema può essere applicato ripetutamente e allora si riduce anche
il numero delle miste di ordine superiore al secondo.
Inoltre, la matrice hessiana Hf risulta essere una matrice simmetrica.
Definizione (classi Ck). Sia f : dom f R2
R e sia dom f un aperto.
• Diciamo che f è di classe Ck su se tutte le 2k derivate parziali di ordine k di f
esistono e sono continue su .
• Diciamo che f è di classe C su se f è di classe Ck su per ogni k 1.
––––––––––
L’insieme delle funzioni di classe Ck su un aperto si indica con Ck ( ) (1 k ).
Ogni Ck ( ) è sottospazio vettoriale dello spazio vettoriale delle funzioni da in R e
valgono le inclusioni
C0 ( ) C1 ( ) C2 ( ) ... C ( )
(basta applicare ripetutamente l’implicazione f C1 ( ) f C0 ( )).
Teorema. Sia f : dom f R2
R di classe C2 in un intorno di un punto P0 = (x0, y0).
Allora vale la seguente formula
f (x, y) = f (P0) +f
x(P0) (x x0) +
f
y(P0) (y y0) +
+1
2
2f
x2(P0) (x x0)
2 + 22f
x y(P0) (x x0) (y y0) +
2f
y2(P0) (y y0)
2 +
+ o (x x0)2 + (y y0)
2
(x,y) (x0,y0),
detta formula di Taylor di ordine 2 di f in P0 (MacLaurin se P0 = (0, 0)).
Ottimizzazione di funzioni reali di 2 variabili
È il problema della ricerca di eventuali punti di massimo o minimo di una funzione
f : dom f R2
R.
Definizione. Diciamo che P0 è un punto di massimo (minimo) relativo per f se
esiste Br (P0) tale che
P Br (P0) dom f
risulta f (P ) f (P0)
(rispettivamente f (P ) f (P0)).
Si parla di punto di massimo o minimo stretto
se le disuguaglianze sono strette per P = P0.punto di massimo relativo stretto
(non assoluto)
Non c’è una tecnica che sia definitiva in generale. Però, in ipotesi di buona regolarità di f ,
il problema della ricerca di eventuali punti di massimo o minimo interni a dom f è risolto
“quasi completamente” dai teoremi di Fermat e della matrice hessiana.
Definizione. P0 è un punto critico o stazionario
per f se4 f (P0) = 0.
Teorema (di Fermat). Se
i) P0 è un punto di max o min per f
ii) f (P0) esiste ( P0 interno a dom f),
allora P0 è punto critico per f (cioè f (P0) = 0).
Conseguenza: se dom f è aperto ed f è derivabile
parzialmente ovunque, allora ogni punto
di massimo o minimo è punto critico.
Se f è di erenziabile in P0, allora
P0 è punto critico se e solo se
il piano tangente in P0
è orizzontale
4Alcuni autori richiedono anche che f sia di erenziabile in P0, cioè che esista il piano tangente in P0.
Attenzione! Un punto critico può non essere né di massimo né di minimo.
Ad esempio, f (x, y) = x3 + y3
ha un punto critico in P0 = (0, 0),
ma in ogni intorno Br (P0) ci sono
sia un punto P1 in cui f (P1) < f (P0)
che un punto P2 in cui f (P2) > f (P0)
(ad esempio perché f (x, 0) = x3
è positiva per x > 0 e negativa per x < 0).
Teorema (della matrice hessiana). Supponiamo che P0 (dom f) sia punto critico per f
e che f sia di classe C2 in un intorno di P0. Risulta che:
• se detHf (P0) < 0, allora P0 non è punto di massimo né di minimo per f
ed è detto punto di sella;
• se detHf (P0) > 0 e trHf (P0) > 0, allora P0 è punto di minimo stretto per f ;
• se detHf (P0) > 0 e trHf (P0) < 0, allora P0 è punto di massimo stretto per f .
Attenzione! Se detHf (P0) = 0, il teorema non permette di concludere nulla (nel senso
che P0 potrebbe essere punto di max, di min o di nessuno dei due tipi). Per studiare P0si deve allora ragionare caso per caso, ricorrendo alle definizioni di punto di max e min.
Il caso detHf (P0) > 0 e trHf (P0) = 0, invece, non si può presentare.
Il teorema precedente comprende anche la seguente definizione5:
un punto P0 è detto punto di sella per f
se f è di classe C2 in un intorno di P0,
f (P0) = 0 e detHf (P0) < 0.
La definizione è motivata dal fatto che,
nell’intorno di un punto di sella,
il grafico di f ha un andamento simile
a quello dell’esempio in figura. grafico e piano tangente di f (x, y) = y2 x2
nell’intorno dell’orgine (punto sella per f)
5Alcuni autori danno definizioni più generali di punto di sella, ad esempio come punto critico P0che sia di max relativo stretto lungo una retta passante per P0 e di min relativo stretto lungo un’altra,oppure, ancora più in generale, come punto critico che non sia né di max né di min.
Attenzione: è importante distinguere il problema della ricerca di punti di max o min
interni a dom f (detti liberi), da quello, assai più complicato, della ricerca di punti di
max o min appartenenti all’eventuale frontiera di dom f (detti vincolati).
dom f = R2 dom f = [ 1, 1]× [ 1, 1]