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Anno 6 - Numero 57 - Ottobre 2013 FONDI & SICAV CONOSCERE PER INVESTIRE AL MEGLIO L’Italia vista dai mercati Un paese da restaurare Consensus emerging market Un’area che cambia velocemente It e telecom Bene negli Usa, meno i n Europa L’Italia vista dai mercati Un paese da restaurare Consensus emerging market Un’area che cambia velocemente It e telecom Bene negli Usa, meno i n Europa

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Anno 6 - Numero 57 - Ottobre 2013

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FONDI&SICAVCONOSCERE PER INVESTIRE AL MEGLIO

L’Italia vista dai mercati

Un paese da restaurareConsensus emerging market

Un’area checambia velocementeIt e telecom

Bene negli Usa,meno i n Europa

L’Italia vista dai mercati

Un paese da restaurareConsensus emerging market

Un’area checambia velocementeIt e telecom

Bene negli Usa,meno i n Europa

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Negli ultimi giorni sono ancora una volta gli StatiUniti a tenere banco. Se fino a poco tempo fa tut-ti guardavano gli Usa come la possibile locomoti-

va di una ripresa economica globale, alla luce dei recentifatti li osserviamo invece con preoccupazione. Shutdown ègià diventata una parola di uso comune e Obama è arriva-to al punto di paragonare il possibile rischio default a «unabomba atomica, un'arma troppo orribile per pensare solo dipoterla usare».

Magari quando leggerete questo editoriale questo sce-nario sarà già un ricordo, però oggi c’è già chi paventa cheal verificarsi di questa ipotesi il fallimento di LehmanBrothers e ciò che ne è seguito sarebbero stati uno scher-zo. Di sicuro il mondo sta prendendo sul serio questa pos-sibilità, se anche la Cina è arrivata al punto di richiedere

pubblicamente una soluzione rapida del problema dall’al-to degli oltre 1.300 miliardi di dollari di titoli di stato ame-ricani detenuti.

La sensazione è che ancora una volta il mondo finan-ziario sia ostaggio delle scelte politiche, che negli ultimianni (almeno dal 2008 a oggi) hanno avuto come scopo so-lo la necessità di conquistare tempo senza affrontare condecisione i reali problemi per cercare di risolverli.

Forse essere giunti a questo punto costringerà stati ebanche centrali a studiare veramente una soluzione coor-dinata e incisiva.

Fino a ieri il fallimento degli Usa nell’immaginario ditutti non poteva essere altro che il copione di un film, og-gi è purtroppo qualcosa di più.

L’auspicio è che torni a essere un film.

S tiamo tanto a parlare di Berlusconi o addirittura digiganti del pensiero come D’Alema o Alfano, per es-sere bipartisan, ci scanniamo per l’Imu o l’aumento

dell’Iva, affrontiamo sacrifici enormi che hanno già porta-to oltre la soglia di povertà altri 2 milioni di italiani e poici accorgiamo che non serve a nulla, che tutto può esserevanificato in un attimo. Basta una decisione di Bernanke edal 1° febbraio prossimo del suo successore per trovarcisommersi da una valanga di debiti. Aumentare i tassi deiTreasury Usa oltre il 3% (per ora la fine del Qe3 è stataesclusa, ma per quanto?), significherebbe vedere schizza-re gli interessi dei Btp al 5-6%, un livello assolutamenteinsostenibile. Con circa 2.100 miliardi di debito pubblico,ogni 1% in più significa a spanne un conto di 21 miliardiall’anno, anche se il calcolo nella realtà è più complesso. Equesta decisione alla fin fine viene presa da un solo uomo,sulla base di criteri suoi e nell’interesse di un altro paese.Intere aree come l’America latina e l’India avrebbero con-seguenze ben più catastrofiche dell’Italia.

Una volta si parlava di poteri forti, alludendo agli in-dustriali, alle banche, alle tante lobby che rallegrano la vi-ta degli stati. Oggi anche le lobby a volte sembrano spiaz-zate. Chi conta veramente è il potere tecnocratico, di chiè nella stanza dei bottoni e ha le conoscenze necessarieper premere i tasti giusti. Per farlo non si consulta connessuno e nessuno ha la minima idea di ciò che in quelmomento viene fatto in nome della democrazia. Paesi co-

me la Grecia, l’Italia o il Giappone hanno votato regolar-mente, qualche volta con entusiasmo, una leadership po-litica che li ha portati alla rovina, che ha preso una seriedi decisioni tecniche di finanza statale di cui nessuno ave-va la più pallida idea. Chi è andato a votare non ha maisaputo che indicare nell’urna un dato partito piuttostoche un altro significava aprire una voragine di debiti. Avolte sembravano non saperlo neppure gli stessi uominipolitici. Le decisioni di allargare al massimo i debiti eranospesso di carattere esclusivamente tecnico, al di là di ru-berie e clientelismi, che hanno dato il loro ampio contri-buto.

Un altro esempio di dimensioni minori: una gran par-te degli enti locali in Italia e all’estero ha sottoscritto con-tratti di finanziamento con importanti case di investi-mento internazionale senza nemmeno rendersi conto chestavano mettendo un cappio al collo alle amministrazio-ni e ai cittadini. Si trattava di pacchetti realizzati da unpugno di ingegneri matematici, che solo una ristrettissi-ma fascia di persone poteva comprendere.

E poi ci sono centinaia di decisioni che i cittadini do-vrebbero prendere senza avere neppure una minima basedi informazione: sul clima e l’inquinamento si sente ditutto, sull’energia atomica il dibattito è basato su solesensazioni, sulle scelte di politica monetaria a volte nep-pure i politici sembrano avere idee chiare. In pratica,quando si va a votare si sceglie la faccia più simpatica.ALESSANDRO SECCIANI

Scegliamo le facce simpatiche

GIUSEPPE RICCARDI

Speriamo che sia un film

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 3

Editoriale

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16L’Italia vista dai mercati

Se va bene vivacchiaIn un periodo e in un contesto internazionale sostanzialmente favorevo-li, con la Fed che ha rimandato il tapering, le elezioni tedesche che sonostate positive per noi e una discreta ripresa dell'Europa, il Belpaese è an-cora bloccato dalle eterne difficoltà di governo e del debito dello stato. Lafiducia di consumatori e imprenditori è sempre modesta e anche nel ca-so che non si verifichino gli scenari più catastrofici, un energico rilancio euna seria politica di riforme appaiono puri miraggi

Sommario Ottobre 2013

4 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

Secondo il responsabile degli investimenti azionari negli emerging market di Fidelity, inqueste aree il trend di crescita è nettamente calato e oggi si riesce a ottenere buoni risulta-ti soltanto con un attento stock picking. Non è più sufficiente puntare sulla forza di un pae-se. «Vantiamo uno dei maggiori team di ricerca su questi temi con cinque money managere 47 analisti»

12Faccia a faccia con il gestore - Alex Homan

In cerca di occasioni emergenti

6Italian equity peer group

Ben sotto i valori stimati

PROMOTORI&CONSULENTI

Maurizio Zancanaro, presidente di AIPBMaurizio Zancanaro, presidente di AIPB

«A protezione dei patrimoni degli italiani»

PrivatebankingUn settore ai raggi X

Sheryl Garrett «Il segreto delmio successo»

«A protezione dei patrimoni degli italiani»

PROMOTORI&CONSULENTIFONDI&SICAV Ottobre 2013

Grandi ricchezze nel mondoAncora in crescitagli over 30 milioni

36

42

46

48

50

Maurizio Zancanaro, presidente dell’Associazione Italiana Private Banking

Tradizionalmente innovativiPrivate Banking/1

Guardiamo al futuroPrivate Banking/2

Il vantaggio di lavorare in teamI grandi patrimoni

Niente crisi per i paperoni del mondoFee-only

Il segreto del mio successo

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Fondi&Sicav n. 57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 5

Questa attività è connotata dall’alternativa perenne tra pubblico e privato, tra lavoro dipen-dente e impegno da libero professionista. Di conseguenza si tratta di un gruppo che è diffici-le da decifrare, suddiviso in molteplici ordinamenti previdenziali, ognuno con le sue caratte-ristiche e peculiarità, ma è un dato comune che le esigenze di sostenibilità degli enti privatiz-zati hanno obbligato l’Enpam e l’Inps a un'importante e profonda revisione

72Osservatorio previdenza - I medici

Tante categorie in una

Le rubriche3 Editoriale 76 My life, My style8 Notizie in breve

Negli Stati Uniti e in Asia si registra un’ondata di concentrazioni ed è stato ridottoal massimo il numero di compagnie che operano nella stessa area. Negli Usa le so-cietà telefoniche sono nove,mentre in Cina il mercato è nelle mani di sole tre azien-de. Diversissima la situazione dell'Europa, dove il settore è frammentatissimo e ve-de la presenza di 300 strutture. Le possibilità di ricavare utili in questo enorme seg-mento per un investitore che sappia fare le scelte giuste sono ottime

58Fondi azionari - Il ritorno dei giganti dell’It e delle telecomunicazioni

Un mondo che cambia, ma non dappertutto

54Etf - Ftse Mib

Ci credo/Non ci credoL'indice che rappresenta in ambito borsistico una delle economie europeepiù in difficoltà divide gli investitori: c'è chi continua a essere diffidente neiconfronti di un sistema in crisi e di un paese sempre in preda a sussulti po-litici e chi, dall'altra parte, sostiene che le valutazioni sono favorevoli e ilpeggio è ormai alle spalle. Per entrambi su Borsa Italiana sono disponibilidiversi strumenti per compiere una scelta decisa

64Consensus - I paesi emergenti

Fine di un’epocaNon mancano le opportunità nelle aree in via di sviluppo e la crisi del-la prima parte dell’anno è stata superata in alcuni casi brillantemente.Ma oggi investire in quella zona del pianeta significa operare scelteben consapevoli e precise, con una grande conoscenza dell’ambiente econ una cultura specifica: non è più possibile puntare sulla sola cresci-ta generalizzata. Anche perché alti livelli di incertezza permangonopersino nelle nazioni più dinamiche e affidabili

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09/2010 05/201101/2011 09/2011 05/201201/2012 05/2013 09/2013

10

5

0

-5

-10

-15

1.000

750

500

250

001/201309/2013

VAMI Portafoglio Indice

Italian equity peer group

6 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

Ben sotto i valori stimatiPolitica di investimento

Rendimento mensile

Statistiche

Capture ratios (dal lancio)

L’economia italiana affronta un momento particolarmente delicato

che perdura ormai da più di due anni: dal 2008 il Pil ha perso circa

l’8% del valore e la disoccupazione è aumentata di circa il 4%. Il

principale indice borsistico del mercato, il Ftse Mib è calato di circa il 10%,

entrando comunque nell’ultimo biennio in un canale orizzontale. I fonda-

mentali però sono molto interessanti, soprattutto rispetto ai mercati svilup-

pati. La capitalizzazione dei 40 membri dell’indice si aggira intorno a 360 mi-

liardi di euro, ben al di sotto dei valori potenziali stimati. L’Italia parte quin-

di da un punto che potrebbe dare inizio a un trend positivo, ma condizione

necessaria è ovviamente la componente politica. Non si tratta solo di stabi-

lità, che comunque fa risparmiare

in termini di rendimenti dei titoli

statali e quindi di tasse utilizzate

per coprirli; riguarda anche le

riforme salutari dell’economia, che potrebbero renderla più competitiva ri-

spetto ad altri paesi. Il peer group di studio rappresenta un portafoglio di cir-

ca 160 milioni di euro formato dai 10 fondi maggiormente investiti nella ca-

tegoria Azionario Italia della piattaforma Allfunds Bank.

PPeerriiooddoo ddii ccaallccoolloo:: ddaall 33 aaggoossttoo 22001100 aall 2266 sseetttteemmbbrree 22001133..

TTuuttttii ii ddaattii ssoonnoo iinn eeuurroo..

Anno Portafoglio/Indice* Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Sett Ott Nov Dic2013 Italian Equity 7,49% -5,14% -1,56% 7,94% 3,73% -9,04% 8,34% 0,93% 7,6% - - -

FTSE MIB 7,16% -8,7% -3,66% 9,32% 2,66% -11,47% 8,16% 1,21% 7,14% - - -

2012 Italian Equity 8,1% 4,45% -0,14% -5,33% -7,93% 7,16% 0,04% 6,72% 1,2% 2,85% 1,14% 2,68%

FTSE MIB 4,89% 3,31% -2,27% -8,68% -11,78% 10,88% -2,69% 8,71% -0,03% 2,94% 1,73% 2,94%

2011 Italian Equity 6,3% 1,45% -2,1% 3,68% -3,28% -4,14% -6,56% -14,48% -5,04% 8,68% -5,73% -1,25%

FTSE MIB 9,31% 1,89% -3,29% 3,18% -5,84% -4,37% -8,69% -15,57% -4,67% 7,96% -4,68% -1,17%

2010 Italian Equity - - - - - - - - 5,78% 4,77% -7,8% 6,83%

FTSE MIB - - - - - - - - 3,9% 4,61% -10,93% 5,59%

ROR Volatilità Indice Sharpe ActivePremium Correlazione R2 Beta Alfa T.E. Info

RatioJensenAlfa

TreynorRatio

Italian Equity 5,52% 22,93% 0,2210,14% 0,98 0,96 0,8 9,23% 7,43% 1,24 8,76% 6,33

FTSE MIB -4,62% 28,26% -0,18

Informazioni generali

Up capture ratio 41,17%

Down capture ratio 98,78%

Up months in up markets 95,07%

Down months in down markets 91,96%

Up market out performance 26,35%

Down market out performance 83,67%

Total out performance 102,96

Draw down analysis (dal lancio)

Risultati (dal 3 agosto 2010 al 26 settembre 2013)

Drawdown Lunghezza Recovery Peak Valley-39,49% 7 23 16/02/2011 12/09/2011-17,71% 4 2 19/03/2012 24/07/2012-14,43% 1 2 27/10/2011 25/11/2011-12,4% 1 1 22/05/2013 25/06/2013-10,79% 2 1 28/01/2013 04/04/2013-9,14% 1 1 09/11/2010 30/11/2010

Indice Ftse MibLancio 3 agosto 2010Divisa Euro

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10/2010 04/201101/2011 10/201107/2011 04/201201/2012 04/2013 07/2013

110

100

90

80

70

60

01/201310/201307/2013

Portafoglio Indice

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 7

La presente scheda (“il documento”) è una presentazione preparata da Allfunds Bank S.A. (“la Banca”). Le informazioni riprodotte nel presente documento non sono e non devono essere intese come ricerca in materia di investimen-ti, né una raccomandazione o un suggerimento, implicito o esplicito, rispetto ad una strategia di investimento avente ad oggetto gli strumenti finanziari trattati o emittenti strumenti finanziari, né una sollecitazione o offerta, con-sulenza in materia di investimenti, legale fiscale o di altra natura. Il documento contiene informazioni sintetiche sulle caratteristiche e sui rischi principali di uno strumento finanziario, ha un mero contenuto informativo e riportasolo le informazioni ritenute più rilevanti per la comprensione degli strumenti finanziari e dei loro rischi. Per una descrizione approfondita dello strumento finanziario e dei suoi rischi si rimanda al KIID ed al Prospetto Informativo.Il presente documento contiene informazioni che possono differire rispetto a quelle indicate nella documentazione ufficiale in tal caso valgono queste ultime. Tutte le informazioni contenute in questo documento sono fornite inbuona fede sulla base dei dati disponibili al momento in cui è stata redatta.Questo documento si basa su informazioni e fonti considerate attendibili, ma di cui la Banca non è in grado di assicurare l’esattezza, a tal fine, quindi. la Banca non è responsabile per eventuali errori, omissioni o inesattezze. È sta-ta adottata la massima diligenza possibile al fine di selezionare le fonti di provenienza dei contenuti. La Banca non offre alcuna garanzia, espressa o implicita, né esprime alcuna dichiarazione in merito all’esattezza, adeguatezza opossibilità di accedere a detti contenuti, alla disponibilità degli stessi o al loro utilizzo. La Banca non sarà pertanto responsabile, di nessuno dei suddetti contenuti. Le informazioni sono fornite unicamente a scopo informativo.Il trattamento fiscale applicato dipenderà dalle circostanze individuali di ciascun investitore e può essere soggetto a cambiamenti in futuro. Si prega di consultare i propri consulenti fiscali, contabili e legali. Gli strumenti finanziaripresentati sono soggetti ai rischi di mercato e non c’è alcuna certezza o garanzia che gli obiettivi degli stessi siano raggiunti. Il valore degli investimenti è soggetto a variazioni anche in virtù delle oscillazioni dei tassi di cambio. Al-cuni dei principali rischi dell’investimento sono: rischi associati al territorio, rischi di non liquidità, rischi di portafoglio concentrato, rischi di rendimento del portafoglio, rischi di gestione, rischi sui derivati, rischi di prestito, rischifiscali e rischi azionari. Questi ed altri rischi sono descritti nel prospetto informativo. I potenziali investitori devono leggere attentamente il prospetto informativo per avere informazioni sui rischi, al fine di stabilire se l’investimen-to è adatto a loro. I seguenti rischi possono aumentare la volatilità del prezzo del fondo, amplificando gli effetti del mercato. Si prega di tenere conto, al momento di investire, che: (i) Gli investimenti in titoli azionari sono soggettiai rischi di mercato, alle condizioni economiche e politiche dei paesi in cui si effettuano gliinvestimenti e, potenzialmente, al rischio legato ai tassi di cambio valuta. (ii) Gli investimenti in titoli obbligazionari sono principalmente soggetti ai rischi sul tasso d’interesse, sul credito e sulla insolvenza e, potenzialmente, al ri-schio legato ai tassi di cambio valuta. (iii) Gli investimenti in absolute return e strategie alternative sono principalmente soggetti al tasso d’interesse, alla liquidità di mercato, al rischio di credito e insolvenza e,potenzialmente, al ri-schio legato ai tassi di cambio valuta. L’uso di prodotti finanziari come parte del processo di investimento può inoltre generare rischi relativi a restrizioni di liquidità e leva finanziaria. (iv) Gli investimenti nei mercati emergenti e/oin piccole società possono comportare un più elevato grado di rischio essendo potenzialmente più volatili rispetto a quelli effettuati nei mercati sviluppati o nelle grandi società.Le performance registrate in passato non sono necessariamente indicative di analoghe performance future. I rendimenti sono al lordo degli oneri fiscali. Il valore dell’investimento è soggetto a fluttuazioni.Il presente materiale informativo non è stato soggetto all’approvazione di alcuna autorità degli Stati Membri europei.

Rendimento cumulato (dal 3 agosto 2010 al 26 settembre 2013)

Asset allocation (dati al 31 luglio 2013)

Distribuzione settori (dati al 31 luglio 2013) Distribuzione geografica (dati al 31 luglio 2013)

0,11%0,05% 0,06%0%0

20

40

60

80

100Warrant Future Altri LiquiditàPrivate fixed

incomeAzionari

2,97%

98,87%

0

20

40

60

80

10092,71%

2,32%1,72%0,80%0,44%0,43%0,07% 0,07% 0,14% 1,30%

Portogallo Stati Uniti SvizzeraGermaniaItalia

Paesi BassiAltriFrancia Spagna Lussemburgo

34,33%

16,76%

11,74%

4,70%3,02%

4,56%2,13%1,88%

10,8%

0

5

10

15

20

25

30

35Altri Tecnologie dell’informazioneHealt care

Materiale

Industria Consumo ciclico FinanziarioBeni di prima necessità Servizi pubblicità

Energia

7,04%

A CURA DI ALLFUNDS BANK INVESTMENT SERVICES

Le 10 principali posizioni (dati al 31 luglio 2013)

1. Eni spa 5,22%

2. Unicredit spa 4,96%

3. Intesa Sanpaolo spa 4,96%

4. Impot Italien 4,27%

5. Autogrill spa 2,92%

6. Eni 2,48%

7. Prysmian spa 2,45%

8. Atlantia spa 2,35%

9. Generali spa (Assicurazioni) 2,18%

10. Fiat Industrial 2,02%

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News

L a crescita dell’economia svizzera sorprende ancora

al rialzo. Il Pil reale ha segnato nel secondo trime-

stre +0,5% rispetto a quello precedente, che a sua

volta aveva registrato un incremento dello 0,6%. Per que-

sto motivo gli analisti di Credit Suisse hanno corretto le

previsioni di crescita 2013 all’1,8% dall’1,5%. I consumi

privati sono stati ancora l’elemento guida e l’immigrazio-

ne ha contribuito per circa un quarto al miglioramento

dei questo dato negli ultimi anni. Secondo le stime, gra-

zie ai tassi dei mutui più contenuti dal 2008, i proprieta-

ri di casa stanno risparmiando circa 5,4 miliardi di fran-

chi svizzeri all’anno sui costi per gli interessi, ovvero l’1,6%

delle spese totali per i consumi privati. Nel 2014 la cre-

scita di questi ultimi potrebbe diminuire lievemente, a

causa di tassi di interesse leggermente più elevati, un

8 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

Svizzera

Prima della fine dell’anno c’è da affron-

tare una serie di problemi che non

hanno di sicuro un impatto secondario.

Ecco i principali:

Chi sarà il prossimo presidente della Fed? Barack Obama sta ancora sfogliando la marghe-

rita per eleggere la persona che sostituirà il 1°

febbraio Ben Bernanke alla presidenza della Fe-

deral Reserve. A godere del maggiore appoggio

è l’attuale vicepresidente Janet Yellen.

Si troverà un accordo per elevare il tetto deldebito Usa? Finora la quantità di debito pubblico che può

essere emessa dal Tesoro Usa è 16.700 miliardi

di dollari. Si tratta di un tema che scatena po-

lemiche per due ragioni: la prima è che non

sarà facile raggiungere un accordo rapido a

causa delle profonde differenze tra la view dei

democratici e quella dei repubblicani; la se-

conda è che una situazione simile provocò il

downgrade del debito Usa da parte di Stan-

dard and Poor’s.

Si ripresenterà la crisi dell’euro? La recente fase politica italiana ha ricordato

a tutti che la crisi dell’euro può non avere an-

cora detto l’ultima parola. All’orizzonte altri

scogli da superare: il terzo salvataggio della

Grecia e la possibilità che la Slovenia chieda

assistenza finanziaria.

La Bce lancerà un’altra iniezione di liquiditàa lungo termine? MarioDraghi ha fatto presente che supporterà

le esigenze di liquidità delle banche europee.

L’industria del risparmio gestito chiuderà unanno perfetto? L’industria del risparmio gestito europea si

appresta a chiudere un anno perfetto, carat-

terizzato da sottoscrizioni nette positive in

tutti i mesi dell’anno.

Sarà l’euro la divisa più forte del 2013? L’euro si è rivelato a sorpresa la divisa più so-

lida nel panorama internazionale. Si è apprez-

zato contro tutte, con rivalutazioni che oscil-

lano tra l’1,2% versus franco svizzero e il 16%

contro lo yen. Rispetto al dollaro, il progresso

è del 2,5% fino a quota 1,352.

Per l’oro sarà un anno pessimo? Il metallo giallo aveva accumulato 12 anni

consecutivi al rialzo. Il trend rialzista si è bloc-

cato nel 2013. Fino a questo momento accu-

mula una caduta del 20%, il maggiore calo

annuo sperimentato dal 1997 (-21,4%).

Rallenterà il trend rialzista del petrolio? Il barile di Brent, petrolio di riferimento per il

mercato europeo, accumula quattro anni

consecutivi di rialzi. Il Wti statunitense ne ha

messi a segno tre. Dall’inizio dell’anno, il

Brent manifesta un calo del 2,4% mentre il

Wti è rincarato del 3,6%.Otto domande cui rispondere

moderato incremento dei prezzi al consu-

mo e un lieve aumento del tasso di disoc-

cupazione.

L’aumento dell’export fino a questo

momento è stato contenuto, con un calo

dello 0,5% trimestre su trimestre (-2,1%

annualizzato). Tuttavia il miglioramento

dei sondaggi delle imprese nell’Eurozona e

negli Stati Uniti indica un outlook più po-

sitivo delle esportazioni. Per il 2014 è prevista una crescita

del Pil pari al 2,0%, grazie soprattutto al forte aumento

delle vendite all’estero. Il conto corrente potrebbe conti-

nuare a generare un surplus solido (a circa l’11-12% del Pil),

grazie in particolare alle esportazioni dei servizi e al reddi-

to proveniente dagli asset esteri.

La politica fiscale potrebbe rimanere neutra. Si preve-

de un moderato surplus, grazie all’accelerazione della cre-

scita economica e ai tassi di interesse ancora bassi rispet-

to ai livelli storici.

Futuro in rosa

Le incognite nel 2013

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News

10 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

Banche giapponesi

Arabia Saudita

Il Giappone è tornato di moda e la sua ban-

ca centrale si è a ritagliata un ruolo da

protagonista nel panorama internaziona-

le. Tokyo si è aggiudicata i giochi olimpici del

2020, battendo la concorrenza di Istanbul e

Madrid, proprio grazie alle maggiori disponi-

bilità finanziarie. Parallelamente, l’analisi dei

crediti internazionali tra paesi dimostra che le

entità bancarie nipponiche si sono rafforzate

nel ruolo di fornitrici di linee di credito tran-

sfrontaliero, raggiungendo una quota del

13% a livello planetario, quasi il doppio di

quanto avevano prima dello scoppio della cri-

si finanziaria (era all’8% nel 2007).

Questi dati, che arrivano al marzo 2013,

sono contenuti nell’ultimo report trimestrale

della Bis, divulgato qualche giorno fa, relega-

no l’industria finanziaria statunitense al se-

condo posto della graduatoria con il 12% del

totale. Le banche giapponesi, che hanno gui-

dato questa classifica per anni e che sono ar-

rivate ad accumulare una quota mondiale del

39% alla fine degli anni ottanta, sono state

fortemente penalizzate, perdendo la leader-

ship durante la crisi degli anni novanta.

La recente espansione internazionale de-

gli istituti nipponici riflette un incremento dei

crediti concessi a mercati a bassa tassazione,

alle economie emergenti e agli Stati Uniti.

Tuttavia, gli ultimi dati pubblicati dalla Bis

non tengono conto della marea di liquidità

iniettata dalla Bank of Japan, che ha deciso,

lo scorso aprile, di incrementare la base mone-

taria di un ammontare compreso tra 473.000

e 552.000 milioni di euro annui, raddoppian-

do il bilancio dell’istituzione entro il 2014. I

dati confermano che le banche del Sol Levan-

te hanno finanziato la loro espansione inter-

nazionale principalmente con la raccolta di ri-

sorse interne sul mercato domestico.

L’espansione monetaria giapponese si po-

ne in contrasto con la recente contrazione ve-

rificatasi in Cina. La Bis ha evidenziato che il

mercato interbancario cinese ha sperimenta-

to un serio deficit di liquidità a giugno. La

scarsità ha cominciato ad essere avvertita a

maggio, quando i tassi di riferimento delle

operazioni repo (di riacquisto) a un giorno e a

sette giorni si sono stabilizzati intorno al 5%

(si erano mantenuti all’interno di un range

compreso tra il 2% e il 3% nei primi mesi del-

l’anno, per poi impennarsi e superare il 10% a

metà giugno, arrivando a toccare il 25% e

30% il 20 giugno).

Leader mondiali

Gli esperti di Hsbc hanno alzato le previsioni sul sur-

plus di bilancio del regno dal trimestre precedente, rive-

dendo inoltre in positivo l’avanzo commerciale e del con-

to corrente. Le stime del Pil rimangono invariate, ma il tas-

so di crescita headline sottostima il tasso di miglioramen-

to del settore non oil che potrebbe segnare il 5% o un va-

lore superiore quest’anno e il prossimo.

Questa visione ottimistica è supportata dai dati, in

particolare i Pmi del regno, che continuano a sovraperfor-

mare quelli degli altri mercati emergenti. Il flusso dei fi-

nanziamenti di origine bancaria e del settore non banca-

rio, inoltre, è ancora robusto e l’inflazione è contenuta.

Permangono alcune questioni da risolvere, in partico-

lare la necessità di ridurre la dipendenza dell’economia

dalle entrate del petrolio e la creazione di posti di lavoro

sufficienti a soddisfare le richieste di una popolazione a

grande maggioranza giovane. Per il momento, comunque,

l’Arabia Saudita sembra potere performare positivamente,

dato che l’ampio programma di sviluppo continua ad ac-

quistare velocità.

L’outlook economico dell’Arabia Saudita rimane po-

sitivo, malgrado gli ultimi tre mesi di rischio politi-

co elevato nel Medio oriente. I timori, fondati sulla

deposizione del presidente Mohammed Morsi in Egitto e la

minaccia di un allargamento della guerra civile in Siria,

hanno alimentato le preoccupazioni internazionali sull’or-

dine politico della regione. Hanno avuto comunque un im-

patto minore sulla fiducia nel regno e sulle priorità in ma-

teria di politica monetaria.

I venti contrari possono essere superati con maggiore fa-

cilità grazie alla ricchezza di cui dispone il paese. La spesa

pubblica, l’elemento guida della crescita economica, non è

stata influenzata dalle tensioni politiche estere. Le entrate

del regno derivanti dal petrolio sono aumentate grazie alla

ripresa dei prezzi del greggio, per l’incremento delle tensioni

regionali e la crescita della produzione petrolifera.

È sempre crescita

Page 11: F&S n.57
Page 12: F&S n.57

peo di Fidelity e ha contribuito a lanciare nel 2004 la

gamma di fondi Fast, prima di assumere l’incarico attua-

le di responsabile degli investimenti azionari nei paesi

emergenti.

Potrebbe spiegare come nascono le posizioni long del vo-stro portafoglio?«Usiamo un approccio bottom up, cercando di concentrar-

ci sulle aziende con i migliori fondamentali all'interno del

mondo emergente, evitando però le aree di debolezza. No-

nostante questo approccio bottom up, abbiamo comun-

que una visione su questa asset class in generale: pensia-

mo infatti che i temi di fondo che supportano l’azionario

emergente siano ancora intatti. I consumi sono destinati a

crescere, anche perché partono da una base molto bassa.

Il profilo demografico di queste realtà rimane nettamente

positivo, così come molto più basso è l'indebitamento

complessivo. Ciò non toglie che vi siano sui mercati seg-

menti da guardare con molta cautela».

Quali e perché?«Molte economie emergenti sono diventate in un certo

senso vittime del proprio successo: hanno per esempio vi-

sto un apprezzamento notevole della propria valuta, per-

dendo competitività. In molti casi vi è stato anche un au-

mento dell'inflazione. Questi fenomeni hanno portato di

Secondo il responsabile degli investimenti azionari negli emerging market di

Fidelity, in queste aree il trend di crescita è nettamente calato e oggi si riesce a

ottenere buoni risultati soltanto con un attento stock picking. Non è più sufficiente

puntare sulla forza di un paese. «Vantiamo uno dei maggiori team di ricerca su

questi temi con cinque money manager e 47 analisti»

In cerca di occasioniemergenti

Faccia a faccia con il gestore

Alex Homan

di Boris Secciani

Alex Homan, investment director global

emerging market equities di Fidelity

Worldwide Investment, di passaggio a

Milano ha rilasciato a Fondi&Sicav un'in-

tervista sul probabile approccio che verrà

utilizzato negli anni a venire per puntare sugli emergenti.

Infatti, da una parte la casa di investimenti internaziona-

le offre un prodotto che su questi listini utilizza anche po-

sizioni corte, dall'altra appare chiara, anche nel portafo-

glio più tradizionale long only, la sfiducia nei confronti di

una strategia incentrata su esposizione beta, volta a co-

gliere il trend generale di crescita.

Alex Homan lavora a Fidelity dal 1996, inizialmente

come analista azionario dei settori telecomunicazioni,

cura della salute, biotecnologie e vendita al dettaglio.

Dopo un anno è passato al business istituzionale euro-

12 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

Page 13: F&S n.57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 13

«In

particolare

prestiamo

attenzione alla

capacità delle

aziende di fare

crescere gli utili

nel lungo

periodo»recente in molti casi a un significativo calo del tasso di cre-

scita economica. Non va scordato che spesso sui listini

azionari emergenti una buona parte della capitalizzazione

è data da aziende di stato. Nel caso di queste ultime, pri-

ma di comprare, bisogna chiedersi quanto sono tutelati gli

interessi degli azionisti di minoranza e quali sono le poli-

tiche del management. La società viene gestita con lo sco-

po di massimizzare i profitti? O invece viene utilizzata per

creare posti di lavoro od ottenere consenso elettorale?

Evitate del tutto le società a partecipazione statale?«Non necessariamente, anche se abbiamo un forte sotto-

peso sulle aziende di stato cinesi e in particolare sulle ban-

che. Siamo underweight pure su determinati gruppi indu-

striali brasiliani che subiranno conseguenze negative dal-

l'aumento dei prezzi dell'elettricità e dall'abbassamento

dei sussidi ai prodotti petroliferi».

Che cosa cercate invece nei vostri stock pick?«Ci vantiamo di avere uno dei maggiori team di ricerca sui

mercati emergenti con cinque gestori e 47 analisti, che

operano in queste aree. Questi ultimi generano idee e le

migliori vengono poi scelte dai nostri portfolio manager.

In particolare prestiamo attenzione alla capacità delle

Page 14: F&S n.57

vitabilmente destinate a cambiare. Oggi non è più possi-

bile affidarsi semplicemente a strategie ad alto beta, in

quanto mentre non mancano le aziende con prospettive

molto positive, a livello di indici c'è la possibilità di vede-

re performance modeste nei prossimi anni; per questo è

fondamentale scovare fonti di alfa».

Ci può fare alcuni esempi di occasioni value di cui aveteapprofittato?«Nel campo delle memorie dram circa due anni fa si è ve-

rificata una sovraccapacità produttiva imponente, di circa

il 50%. In questa situazione il produttore a costi più bassi,

specificatamente Samsung Electronics, era il solo player in

grado di generare utili. Questo fatto ha consentito a Sam-

sung di superare i competitor e aumentare la propria po-

sizione di supremazia sul mercato, divenendo oggi il lea-

der tecnologico in una pletora di segmenti e risultando il

produttore più efficiente in diverse tipologie merceologi-

che. Un altro esempio, più recente, concerne il mercato in-

donesiano, nel quale si è registrata una forte tensione a

causa delle prospettive non positive del carbone, da cui l’e-

conomia del paese dipende in maniera sostanziale. Il fon-

do Fast Emerging Markets è in sottopeso sull’Indonesia

proprio per la dipendenza del paese dalle risorse naturali.

Tuttavia proprio il derating del mercato indonesiano ha

portato con sé diverse opportunità. L’Indonesia è un pae-

aziende di fare crescere gli utili nel lungo periodo, espan-

dendo le propria attività, soprattutto grazie ai flussi di cas-

sa generati. In questo modo evitiamo le società che han-

no necessità di diluire gli azionisti o ricorrere al debito.

Inoltre vogliamo che il management dei gruppi in cui in-

vestiamo presti la giusta attenzione agli azionisti di mino-

ranza: per questo siamo scettici nei confronti delle azien-

de pubbliche, ma anche di quelle con a capo una famiglia.

Idealmente vogliamo anche un buon dividendo. Inoltre per

noi è fondamentale il prezzo cui entriamo in un investi-

mento: usiamo un approccio value e crediamo fortemen-

te nel valore intrinseco delle azioni che compriamo. Non

siamo un fondo buy and hold, vogliamo acquistare a un

punto dove c'è valore e non abbiamo remore a liquidare

una volta raggiunto il nostro target».

Come mai credete in maniera così convinta nello stockpicking attivo?Pensiamo che un'epoca sia finita per i mercati emergenti.

Infatti negli ultimi 10 anni lo sviluppo è stato guidato dal

ciclo delle commodity, dovuto alla modernizzazione della

Cina in termini di espansione industriale e di investimen-

ti, nonché dalle esportazioni verso i paesi sviluppati. Ora

con il processo di deleveraging in corso in occidente e il gi-

gaqnte asiatico che sta tentando di riposizionarsi verso un

modello più orientato ai consumi interni, le cose sono ine-

Faccia a faccia con il gestore

Alex Homan

14 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

-30

-10

10

30

50

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Jan-

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Mar

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Apr-

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ay-1

1Ju

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11Au

g-11

Sep-

11O

ct-1

1N

ov-1

1De

c-11

Jan-

12Fe

b-12

Mar

-12

Apr-

12M

ay-1

2Ju

n-12

Jul-

12Au

g-12

Sep-

12O

ct-1

2N

ov-1

2De

c-12

Jan-

13Fe

b-13

Mar

-13

Apr-

13M

ay-1

3Ju

n-13

Jul-

13Au

g-13

% T

NA

Long Short Gross Net

Pilot Fund

Fast Emerging Markets Fund - Esposizione azionaria

Attualeposizionamento

% Assetnetti totali

Posizioni lunghe(134) 124,4

Posizioni corte(63) -23,9

Esposizione azionarianetta 100,5

Esposizione azionarialorda (long+short) 148,3

%

Gestione attiva 107,0

Ex-ante tracking error 6,3

Page 15: F&S n.57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 15

se con una bassa penetrazione delle istituzioni creditizie e

le valutazioni di Bank Rakyat, la prima banca nazionale,

sono scese a causa del calo generalizzato che ha interessa-

to tutto il mercato indonesiano. Rakyat è un gruppo gesti-

to in maniera eccellente, che sta crescendo sempre più nel-

le zone rurali, grazie a un programma di microcredito as-

sai profittevole. Questo approccio toglie spazio agli usurai

che tradizionalmente dominavano la scena locale e ciò fa-

vorisce anche il supporto del governo all’operato di Bank

Rakyat, spingendo ulteriormente le prospettive future».

A proposito di materie prime, nonostante il macro-trendmeno favorevole, vedete buone occasioni?«Sì assolutamente, cerchiamo di concentrarci sulle risorse

con le migliori prospettive e all'interno di esse sui player

che presentano la maggiore efficienza in termini di costo

o tecnologia. Pensiamo ad esempio al rame: questo metal-

lo ha fondamentali migliori rispetto ad altri di uso indu-

striale, in quanto una grande quota dell'offerta è confina-

ta nei centri di stockaggio e di conseguenza tenuta fuori

dal mercato. In questo ambito siamo posizionati su First

Quantum Minerals, che dispone di riserve di rame ad alta

purezza e quindi a basso costo di raffinazione. Un atro

esempio è Korea Zinc, un'azienda che dispone di una tec-

nologia proprietaria in grado di estrarre i residui di metal-

li preziosi dallo zinco, che poi rivendono sul mercato, au-

mentando così i propri utili».

Come vengono costruite le vostre posizioni short?«Esse vengono sviluppate per il nostro strumento Fast

Emerging Markets Fund, che tipicamente ha un'esposizio-

ne netta in azioni tra il 90% e il 110% del fondo. Di solito

circa il 20-25% delle posizioni è ribassista, equamente di-

vise fra market neutral e short veri e propri. Queste posi-

zioni, sia in ambito market neutral sia puramente short,

vengono collocate su azioni che riteniamo abbiano il po-

tenziale anche di azzerarsi, fenomeno che si è verificato in

passato. L'approccio che seguiamo prevede, tramite il no-

stro team di analisti, di mappare le principali società di un

comparto, dando loro rating dal migliore al peggiore. Può

succedere che finiamo per investire nel leader di un certo

settore, andando corti sui player più deboli. Pensiamo al

caso di Great Wall Motors in Cina: l'azienda nell'ultimo an-

no ha visto crescere i volumi di Suv venduti, di cui è leader

nazionale, del 90%, mentre siamo meno convinti di altri

player nazionali che ad esempio sono focalizzati sulle ber-

line. Non andiamo necessariamente a vendere allo scoper-

to quelle società che operano in segmenti problematici.

Selezioniamo le opportunità con grande attenzione, inve-

stendo short su gruppi con difficoltà a generare sufficien-

te cash flow, management poco trasparente ed eccesso di

leva. Siamo inoltre attenti ai titoli dove si è gia concentra-

ta una grande quantità di vendite».

Come usate i derivati?«Utilizziamo opzioni su azioni, a volte a scopo di hedging,

più spesso in prospettiva di yield enhancement. Infatti

prendere posizione in opzioni per noi può essere un siste-

ma per aumentare la nostra presenza su un titolo in cui

crediamo, incrementando le potenzialità di rendimento.

Attualmente il nostro portafoglio di option sta fornendo

un rendimento annualizzato del 10%. Faccio un esempio

di come operiamo sulle opzioni: l'anno scorso Baidu, gi-

gante internet cinese, ha visto un forte calo delle proprie

quotazioni, passate da circa 200 dollari a 90. Gli investito-

ri infatti erano preoccupati a causa di una discesa dei mar-

gini dovuta a investimenti che l'azienda stava compiendo.

Noi abbiamo deciso di aumentare la nostra posizione, in

quanto convinti della strategia del gruppo. Abbiamo ven-

duto delle put sul titolo. Adesso stiamo considerando di

vendere anche delle call al nostro prezzo obiettivo, in ma-

niera tale che man mano che l'azione si avvicina al nostro

target price, aumentando il delta delle call riduciamo la

nostra posizione. Anche l’attento uso di derivati ha quindi

contribuito alla capacità del Fast Emerging Markets Fund

di generare rendimenti superiori all’indice e ai competitor

su tutti i principali orizzonti temporali, mantenendo un

profilo rischio/rendimento particolarmente efficiente». �

Page 16: F&S n.57

L’Italia vistadai mercati

Tra politica e problemi

economici

16 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

blema del debito pubblico, che ha sfondato ogni record,

nonostante una pressione fiscale effettiva (escludendo il

sommerso) che ha ormai raggiunto il 54% del Pil. In queste

condizioni, l'ultima cosa di cui la nazione necessita è un'ul-

teriore, ai più incomprensibile, rissa da parte di una classe

politica a torto o a ragione tra le più screditate del mondo.

Il discorso fino a questo punto può apparire banale, in

quanto si tratta dei soliti vecchi problemi del Belpaese. Ciò

che rende però di nuovo singolare il caso Italia sui mercati

è la situazione eccezionalmente favorevole che si è verifi-

cata di recente a livello globale. L'Eurozona nel suo com-

plesso è infatti uscita dalla recessione, mentre la Fed ha de-

ciso per il momento di continuare con il quantitative ea-

sing 3; anche gli emergenti, che sono nel pieno di una cri-

si, stanno mostrando segnali di stabilizzazione. A questi

elementi vanno aggiunti i risultati delle elezioni tedesche,

da cui è uscito un responso quasi ideale per il nostro paese.

Dunque l'Italia si trova oggi a rischio di sprecare, per

l'ennesima volta, un insieme di fattori positivi, che potreb-

bero non presentarsi più per molto tempo. Andiamo quin-

di ad analizzare alcuni aspetti dell'attuale congiuntura.

A lla fine per l'Italia è arrivata la tanto annun-

ciata verifica di governo. Nell'ultima setti-

mana di settembre Silvio Berlusconi ha pri-

ma ordinato ai ministri del suo partito di la-

sciare i loro incarichi nel governo Letta e ha

raccolto le firme per le dimissioni dei parlamentari, salvo poi

confermare la fiducia all'esecutivo nella votazione di mer-

coledì 2 ottobre in Senato, a causa della rivolta di parte del

partito. Nonostante il rientro della crisi, l'episodio ha scosso

l'opinione pubblica e gli investitori. Qualsiasi ideologia po-

litica si segua, infatti, è difficile negare che l'Italia abbia bi-

sogno di una maggiore stabilità istituzionale per affrontare

con successo i problemi enormi che la attanagliano. Infatti

l'andamento recente dei fondamentali economici e dei

mercati finanziari nostrani per certi versi appare preoccu-

pante.

Per quanto gli ultimissimi dati siano incoraggianti, per-

sino con una leggera ripresa della fiducia del consumatori,

il paese continua a essere invischiato in una recessione da

incubo, che ha compromesso per lunghi anni a venire gli

standard di vita nazionali. A ciò si aggiunga l'annoso pro-

In un periodo e in un contesto internazionale sostanzialmente favorevoli, con la Fed

che ha rimandato il tapering, le elezioni tedesche che sono state positive per noi e

una discreta ripresa dell'Europa, il Belpaese è ancora bloccato dalle eterne difficoltà

di governo e del debito dello stato. La fiducia di consumatori e imprenditori è

sempre modesta e anche nel caso che non si verifichino gli scenari più catastrofici,

un energico rilancio e una seria strategia di riforme appaiono puri miraggi

Se va benevivacchia

di Boris Secciani

Page 17: F&S n.57

aumento del differenziale pagato dal nostro debito, per

di più in un contesto di tassi di interesse in crescita.

LA CUCCAGNA MONETARIA NON DURERÀ

Il problema infatti si ripresenterà, in quanto pochi sem-

brano convinti che la cuccagna monetaria continuerà a

durare a lungo. Salman Ahmed, strategist del global

and emerging fixed income group di Lombard Odier In-

vestment Managers, spiega: «Per quanto riguarda il fu-

turo, la questione chiave per i mercati è l'inizio effetti-

vo del tapering. Attualmente dicembre sembra il mo-

mento più appropriato, poiché per allora le autorità

avranno altri due o tre mesi di dati. Però, a meno che i

numeri non mostrino movimenti decisi in una direzio-

ne, è probabile che gli investitori continueranno a esse-

re poco convinti di qualsiasi data specifica per l’inizio

delle operazioni, visto anche il cambiamento nei toni del

discorso di Bernanke. Per quanto ci riguarda pensiamo

che la decisione del Fomc di settembre sia stata un er-

rore. Se infatti lo scopo era stupire i mercati con una de-

cisione accomodante, sarebbe stato meglio cominciare

con un tapering molto graduale, ad esempio una ridu-

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 17

Partiamo dalla questione tapering della Banca centrale

Usa. Le ragioni per cui è stata presa la decisione di riman-

dare il ritorno graduale alla normalità e proseguire con il

Qe3 si conosceranno con qualche dettaglio in più dopo la

pubblicazione del Fomc meeting, ma ragionevolmente si

può pensare che il repentino rialzo dei tassi di interesse

prezzati nel sistema e delle aspettative future quotate sul-

la curva forward, rischiasse di portare a un pericolosissimo

avvio di un bear market nell'ambito delle Mbs americane,

del debito dei paesi emergenti e della periferia europea. Si

tratta di asset class che, pur con meccanismi di trasmissio-

ne assai diversi, risultano comunque sensibili alla duration

sul dollaro.

Una prova è arrivata proprio immediatamente prima

del 18 settembre, il giorno del Fomc meeting, in cui, a cau-

sa dell'instabilità nazionale, il rendimento del decennale

italiano, dopo un lungo periodo in cui è stato vero il con-

trario, ha superato quello dell'equivalente spagnolo. La de-

cisione di Ben Bernanke e soci ha riportato lo spread più

in basso, ma siamo ritornati a essere pesantemente pena-

lizzati con l'avvio della crisi di governo. In parole molto

semplici l'ultimo problema di cui l'Italia ha bisogno è un

«L’Italia si trova oggi a rischio di sprecare,per l’ennesima volta,un insieme di fattori

positivi che potrebbero non presentarsi più per molto tempo»

Page 18: F&S n.57

zione di 5 miliardi di dollari al mese negli acquisti. In que-

sta maniera, invece, la Fed ha comunicato un'interpreta-

zione estremamente accomodante della propria funzione

di reazione, elemento che potrebbe complicare in futuro il

processo di normalizzazione».

Anche altri sembrano ritenere che non sia possibile

aspettarsi cambiamenti clamorosi nella traiettoria mostra-

ta dal reddito fisso negli ultimi mesi. Chris Iggo, chief

investment officer per il fixed income di Axa Investment

Managers, aggiunge: «A essere onesti, la prevaricazione

della Fed non ha alterato le conclusioni cui eravamo giun-

ti nella nostra recente valutazione della strategia sul red-

dito fisso. Può essere che siamo stati un po’ aggressivi

riguardo alle aspettative sui rendimenti dei Treasury (pre-

visioni di fine anno del 3,10% rispetto al 2,73% attuale),

ma la visione di medio termine resta che i rendimenti

aumenteranno, mentre l’economia Usa continua a ripren-

dersi». Per i conti pubblici dello stato italiano questa pro-

spettiva, che vede come inevitabile a medio termine il

rialzo dei tassi dei bond emessi da Roma, non è certo tra

le migliori.

Se poi spostiamo l'attenzione sui risultati elettorali in

Germania, anche in questo caso si può giungere a un ra-

gionamento di fondo simile: attualmente lo scenario sem-

bra favorevole all'Italia, ma non si può sperare in una du-

ratura ed eccessiva cuccagna. Infatti la vittoria di Angela

Merkel, senza però la maggioranza assoluta e senza la pre-

senza degli alleati dell’Fdp, sotto la soglia dell'ammissione

al Bundestag, costringerà la cancelliera a un ritorno della

grande coalizione con i socialdemocratici. Il che significa

in soldoni una linea un po' più europeista senza però gran-

di scosse. Non solo: nel medio termine da questo equilibrio

politico potrebbero venire effetti indesiderati per l'Italia. Il

perché lo spiega il Team di global asset allocation di So-

ciété Generale: «I mass media sembrano all'unanimità

considerare i risultati delle elezioni legislative tedesche co-

me una grande vittoria per Angela Merkel. Noi non siamo

d'accordo: infatti per strada ha perso il suo alleato tradi-

zionale, l’Fdp, ed è costretta a formare una grande coali-

zione. Qualunque sia la composizione di essa, risulterà un

assetto pro-Europa: infatti sia la Merkel sia il suo ministro

delle finanze Schäuble sono veri europeisti che non han-

no la minima intenzione di arrivare a una rottura dell'U-

nione monetaria. Nell'immediato non ci aspettiamo gran-

di sommovimenti sui mercati, dal momento che il risulta-

to era atteso, però sul medio periodo le conseguenze po-

trebbero essere imponenti. Infatti siamo convinti che que-

sta maggioranza continuerà le politiche del precedente

governo, cioè permettere una crescita reale dei salari, il

che non rappresenta un elemento positivo per i Bund. Se

ciò dovesse accadere, gli asset tedeschi sarebbero sogget-

ti al rischio di una crescente inflazione e della mancanza

di riforme strutturali sul mercato domestico». Inutile dire

che in uno scenario così insospettabilmente fragile e squi-

librato per la Germania, le conseguenze per l'Italia sareb-

bero pessime.

ANCORA TEMPO PER LA VERA RIPRESA EUROPEA

D'altronde, se andiamo a vedere i dati economici, tutto ciò

che si può evincere è che l'Europa è uscita da una situazio-

ne di quasi crash e per parlare di ripresa sostenuta ci vorrà

ancora tempo. In questo ambito il nostro paese, che pure

nel terzo trimestre potrebbe mostrare finalmente una mo-

desta crescita congiunturale (le attese sono per un +0,2%)

continua ad arrancare. Ricorda infatti la direzione advisory

di Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni: «La

lettura preliminare degli indici Pmi di settembre ha mostra-

to un incremento leggermente superiore alle stime di con-

sensus, con il Pmi composite area euro che si è attestato a

52,1 da 51,5 di agosto; a settembre il Pmi ha proseguito sul

trend di miglioramento degli ultimi mesi, aggiornando i

massimi degli ultimi due anni. Il rialzo è venuto interamen-

te dalla componente servizi (Pmi da 50,7 a 52,1), mentre il

Pmi manifatturiero ha evidenziato un calo di tre decimi a

51,1. A livello di singoli paesi, Francia e Germania hanno

18 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

L’Italia vistadai mercati

Tra politica e problemi

economici

Page 19: F&S n.57

avuto un andamento in linea con quello generale, con il

Pmi manifatturiero in discesa (rispettivamente di due deci-

mi a 49,5 e di mezzo punto a 51,3) e Pmi servizi in rialzo, di

poco meno di due punti per entrambi. Settembre non ha

quindi mostrato l’attesa accelerazione dell’attività indu-

striale, dopo la stabilizzazione avvenuta nei mesi estivi; i li-

velli di Pmi sono coerenti con un Pil in progresso dello 0,2-

0,3% trimestre su trimestre. Ancora notizie negative, però,

dall’industria italiana, che a luglio ha visto gli ordini con-

trarsi di uno 0,7% mese su mese, dopo il -1,1% fatto regi-

strare dalla produzione. Pur con l’attenuante della volatilità

dei mesi estivi, non ci sono ancora segnali di ripresa dal set-

tore secondario del nostro paese».

L'Italia, lo ribadiamo un'ultima volta, non può permet-

tersi di languire, in quanto dallo scenario descritto appare

come un paese che, pur con circostanze decisamente fa-

vorevoli, riesce solamente a vivacchiare. In questo ambito

può risultare crudo, ma certo non insensato, il giudizio di

Gilles Guibout, gestore del fondo Axa Wf Framlington

Italy di Axa Investment Managers: «Guardando al futuro

l’Italia dovrà affrontare molte sfide, a prescindere da Ber-

lusconi, perché il paese ha bisogno di riforme immediate,

sia per le proprie dinamiche interne sia per l’Eurozona nel

suo insieme. L’Italia settentrionale è forte, come l’Europa

del nord, ma il sud è paragonabile alla Grecia e agli altri

paesi dell’Europa meridionale, perciò si rende necessario un

cambiamento strutturale profondo che riguardi tutta la

nazione». Ancora una volta il tempo sta scadendo.

A questo punto, in una situazione così critica, diven-

ta interessante capire come l'Italia viene vista dalle mag-

giori case di investimento: il nostro è ancora un paese

dove vale la pena investire o è meglio scappare?

Fondi&Sicav lo ha chiesto a: Sergio Bertoncini, strategi-

st di Amundi Sgr, Samuele Chiodetto, gestore azionario

Italia di Anima Sgr, Stefano Fabiani, responsabile gestio-

ni patrimoniali di Zenit Sgr, Patrice Gautry, capo econo-

mista di Union Bancaire Privée, Martin Harvey, gestore

obbligatorio di Threadneedle Investments, Philippe

Mimran, cio di La Française des Placements, Ronald

Petitjean, fund manager equities di La Française Asset

Management e Marco Scherer, gestore azionario di

Deutsche Asset and Wealth Management. �

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 19

Page 20: F&S n.57

sime decisioni delle agenzie di rating sul merito di cre-

dito del paese».

Samuele Chiodetto (Anima Sgr): «Negli ultimi mesi i mer-

cati sia azionari sia obbligazionari stanno reagendo con

minore volatilità alle vicende politiche che coinvolgono i

paesi periferici dell'Eurozona, grazie a un'ormai evidente

fase di stabilizzazione economica. Questa considerazione

vale anche per l'Italia, dove la lenta e fragile ripresa deve

essere però necessariamente accompagnata da riforme

strutturali, la cui realizzazione negli ultimi mesi è stata re-

sa più difficile a causa dell'immobilismo politico. Il rischio

è che uno stallo prolungato possa rendere vani i sacrifici

compiuti negli ultimi anni, minando credibilità, fiducia e

prospettive future del nostro paese».

Stefano Fabiani (Zenit Sgr): «L'instabilità politica è sicu-

ramente un fattore di incertezza e la causa di maggiore

volatilità. Nel breve ha impatto soprattuto sui mercati fi-

nanziari, allontanando gli investitori e rallentando (o in-

vertendo nei casi più delicati) il processo di rientro dello

spread, quando invece i pochi mesi del governo Letta han-

no dimostrato che, nei periodi di minore tensione, l'inte-

resse da parte di investitori esteri per il nostro paese è po-

Dopo un lungo tira e molla, agli inizi di otto-

bre alla fine il governo Letta è sopravvissu-

to. Al di là dei giudizi di natura politica, si

può senz'altro affermare che l'inadegua-

tezza del sistema politico nazionale, e rea-

listicamente anche dei suoi rappresentanti, è un elemento

di debolezza che il paese non si può più permettere. Come

emerge dalle risposte degli interlocutori che hanno parte-

cipato al sondaggio, nell'ultimo anno all'Italia è andata

bene, nel clima generale di forte propensione al rischio, so-

prattutto in ambito obbligazionario. Ma vivacchiare non si

può più, anche perché è un tirare avanti che poggia su un

rapporto debito/Pil superiore al 130% che impedisce qual-

siasi misura di alleggerimento della crisi. In questo conte-

sto aggiungere l'(in)azione di una classe politica che a vol-

te è ai limiti dell'autodistruttività rischia di diventare dav-

vero letale per l'Italia.

Sergio Bertoncini (Amundi Sgr): «Il rischio di instabi-

lità si sta materializzando proprio in questi giorni: l’esi-

to del voto di fiducia del 2 ottobre è stato incerto fino

all'ultimo, così come il futuro di breve periodo della

governabilità. Tra i rischi per l’Italia legati all’instabilità

politica segnaliamo la continuità delle riforme e le pros-

L’Italia vistadai mercati

C’è il rischio

di instabilità politica?

20 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

I giudizi degli operatori sulla classe al potere nel nostro paese sono quasi tutti

negativi, non molto diversamente da ciò che pensa l'uomo della strada. La necessità

di proseguire nelle riforme è l'elemento chiave. C'è però da rilevare che

ultimamente in tutta Europa l'influenza delle decisioni degli esecutivi viene

considerata meno rilevante che in passato per i destini delle nazioni

Occorre una svoltaper il governo

Page 21: F&S n.57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 21

tenzialmente elevato. Le conseguenze più gravi sono però

sul medio termine, dove l'instabilità impedisce l'avvio di un

serio processo di riforme strutturali di cui il paese ha ur-

gente bisogno».

Patrice Gautry (Union Bancaire Privée): «Sì, c’è un rischio

e il governo sembra molto fragile. Il pericolo è che l’Italia

diventi difficile da gestire. Da una prospettiva economica

l'incognita è che le riforme recentemente adottate possa-

no essere cancellate o non applicate».

Martin Harvey (Threadneedle): «Raramente la politica ita-

liana è stabile, un fatto con cui i mercati hanno imparato

a convivere. Dato il clima positivo intorno al debito pub-

blico nell'ultimo anno, si può forse affermare che una cri-

si politica sia oggi un rischio minore rispetto al 2011 e al

2012, periodo in cui i governanti europei dovevano com-

battere di continuo per riguadagnare una situazione di

stabilità. Non si può dimenticare, però, e questo è un ele-

mento ancora più importante per gli investitori, che il pas-

so delle riforme e delle misure di consolidamento fiscale è

stato lento durante questo governo.»

Philippe Mimran (La Française des Placements): «Pro-

babilmente una domanda come questa sorge a causa

della situazione di Berlusconi. Bisogna però tenere a

mente che l'instabilità politica è sempre stata un grosso

problema in Italia. Di solito queste crisi sono limitate al

Parlamento o al Quirinale. Naturalmente potrebbero

esserci sempre conseguenze serie, anche se finora non è

stato così. Però, da quando l'attuale crisi è scoppiata, per

la prima volta stiamo vedendo segnali importanti con l'a-

scesa del Movimento 5 stelle che dimostra che la gente

è stanca. Il Pil pro capite è in termini reali del 10% più

basso rispetto a 10 anni fa. La convinzione che questa

volta le cose potrebbero essere diverse rischia di deter-

minare un forte impatto sui mercati».

Marco Scherer (Deutsche Asset and Wealth Manage-

ment): «La stabilità politica e di conseguenza la possibilità

per il governo di continuare nell'opera di riforme costitui-

scono fattori importanti per consolidare ulteriormente la

fiducia degli investitori. Il nostro scenario più probabile

prevede che l’esecutivo proseguirà rafforzato nel suo lavo-

ro. Inoltre, dopo l'annuncio dell'Omt, l'Eurozona è diventa-

ta meno sensibile ai problemi specifici di un singolo paese,

come ha dimostrato il livello contenuto di volatilità a fron-

te delle notizie provenienti dall'Italia». �

«Negli ultimi mesi i mercati sia azionari,sia obbligazionari stanno reagendo con minore volatilità

alle vicende che coinvolgono i paesi periferici dell’Eurozona»

Page 22: F&S n.57

pubblici e, a riprova, la Commissione europea ha abban-

donato la procedura di infrazione per disavanzo eccessivo

nei confronti dell’Italia. I segnali di stabilizzazione sono

ormai evidenti e il miglioramento degli indici di fiducia

sembra prospettare un recupero della domanda interna.

Nei prossimi trimestri il ciclo favorevole delle esportazio-

ni aiuterà la ripresa, oltre a determinare un minore impat-

to restrittivo della politica fiscale. La stabilità di governo

potrebbe, inoltre, rafforzare la situazione finanziaria dello

stato e tradursi in un miglioramento delle condizioni di

credito delle famiglie e delle imprese».

Stefano Fabiani (Zenit Sgr): «I pericoli potrebbero veni-

re da una nuova contrazione del Pil, mentre, se i segna-

li di stabilizzazione e di lieve ripresa dovessero trovare

conferma, le azioni di consolidamento iniziate con il

governo Monti darebbero una sufficiente garanzia a

livello di tenuta sul deficit. Riguardo invece allo stock del

debito, chiaramente le perplessità sulla capacità di rien-

tro sono più elevate, soprattutto senza un cambio di mar-

cia nelle riforme (competitività delle imprese, burocra-

zia, efficienza della pubblica amministrazione, dismissio-

ni degli asset)».

Patrice Gautry (Union Bancaire Privée): «I rischi sono limi-

tati a pochi punti percentuali sopra il target ufficiale del

3% per il deficit/Pil del 2013. Se il governo dovesse mai ca-

La situazione italiana dei conti pubblici è ben no-

ta: il paese continua ad avere il secondo peggio-

re rapporto debito pubblico/Pil dell'area euro do-

po la Grecia. Si tratta di un problema per certi

versi intrattabile: infatti è da anni che il Belpaese

sta facendo sforzi encomiabili, peraltro ammessi senza fatica

dalla comunità degli investitori. Il guaio è che avere generato

uno dei migliori avanzi primari dell'Ue non appare sufficiente:

gran parte dei buoni risultati è infatti stata messa a segno gra-

zie all'inasprimento fiscale. L'incapacità di operare un ormai

improrogabile riordino dei meccanismi di spesa, rilanciando al

tempo stesso la crescita, grava come un macigno sulle prospet-

tive nazionali. In una parola ciò vuole dire che l'Italia appare

ancora al palo in termini di competitività. Questa fragilità in-

trinseca si riflette inevitabilmente sul bilancio dello stato, che

rimane alla mercé dell'andamento dei mercati obbligazionari.

Sergio Bertoncini (Amundi Sgr): «Non riteniamo che vi

siano pericoli per la tenuta dei conti pubblici al momento,

ma è evidente che lo sforamento anche solo limitato del

rapporto deficit/Pil rende necessario un controllo costante

del trend di finanza pubblica: l’appuntamento della legge

di stabilità, inoltre, è fondamentale per dare continuità al-

l’azione di governo».

Samuele Chiodetto (Anima Sgr): «I sacrifici compiuti nel-

l’ultimo periodo hanno stabilizzato la situazione dei conti

L’Italia vistadai mercati

C’è pericolo per la tenuta

dei conti pubblici?

22 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

Tutto sommatoc’è fiducia

Pur con le dovute cautele, gli operatori non si aspettano che il fallimento dello statoitaliano sia dietro l'angolo e vengono riconosciuti quasi da tutti gli enormi sforzi

compiuti per migliorare la situazione. Non a caso è stato notato che l'avanzoprimario del 2,5% sul Pil è il più alto di tutta l'Unione Europea

Page 23: F&S n.57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 23

dere, il rischio di perdere il controllo sul deficit potrebbe di-

ventare più importante».

Martin Harvey (Threadneedle): «Sul piano della sosteni-

bilità, il deficit non è mai stato il maggiore problema ita-

liano, dal momento che esso non è aumentato in manie-

ra significativa durante la crisi finanziaria, a differenza di

Spagna e Irlanda. Da questo punto di vista il rischio di

vedere disavanzi di maggiori dimensioni è limitato, però

qualsiasi ritardo nel processo di consolidamento aggiunge

pressione al rialzo sulle proiezioni del governo per quan-

to riguarda lo stock totale del debito. Quest'ultimo rima-

ne al livello più alto dell'Eurozona, Grecia a parte. Il pro-

blema di più ampio respiro sulla sostenibilità riguarda la

cronica mancanza di potenzialità di crescita. In questo

ambito è necessario portare avanti riforme strutturali, dif-

ficili però da vedere in un ambiente politico come quello

attuale. Senza crescita è difficile abbassare la traiettoria

del debito».

Ronald Petitjean (La Française Asset Management): «La

situazione italiana è piuttosto paradossale: da una parte il

rapporto debito/Pil è intorno al 130%, con rendimenti dei

titoli di stato troppo elevati, data la situazione economi-

ca del paese. Dall'altra parte si ha un avanzo primario e

un saldo delle partite correnti positivo. Senza crescita, però,

risulterà molto difficile vedere un significativo calo del

debito in rapporto alle dimensioni dell'economia in pre-

senza anche di rendimenti reali sopra il 2%. Nell'attuale

scenario l'Italia sembra condannata a un prolungato perio-

do di austerità fiscale. Quanto a lungo ciò risulterà accet-

tabile per la popolazione? Le uniche due alternative sono

il default, che per il momento rimane un'eventualità remo-

ta, e un vero aiuto da parte della Bce, sotto forma di un

Qe in grado di abbassare il costo di rifinanziamento dello

stock di debito».

Marco Scherer (Deutsche Asset and Wealth Manage-

ment): «Nel 2012 L'Italia ha mostrato il maggiore avan-

zo primario di tutta l'Eurozona, con circa il 2,5% sul Pil.

Questo rafforzamento delle finanze pubbliche deriva in

gran parte dalle misure coraggiose adottate durante il

picco della crisi sovrana. In aggiunta stiamo comincian-

do a vedere segnali di stabilizzazione del Pil, con una

diminuzione dell'intensità della contrazione. Anche la

posizione con l'estero è migliorata, visto che ormai l'Ita-

lia ha un saldo delle partite correnti positivo da tre tri-

mestri, dopo un decennio di deficit. Un minimo di allen-

tamento dell'austerity fiscale dovrebbe anch'esso forni-

re sostegno all'economia. Negli ultimi mesi pure gli indi-

catori di fiducia di aziende e famiglie sono migliorati.

Tutti questi elementi sembrano indicare che l'economia

italiana ha toccato il fondo e che il disavanzo dei conti

pubblici verrà tenuto sotto controllo». �

«Nell’attuale

scenario l’Italia

sembra

condannata a un

prolungato

periodo di

austerità

fiscale»

Page 24: F&S n.57

24 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

to di una caduta dell’import, piuttosto che di una ripre-

sa dell’export».

Samuele Chiodetto (Anima Sgr): «Il recente rapporto sui

livelli di competitività industriale nei diversi stati dell’U-

nione Europea posiziona l’Italia nel terzo gruppo (di quat-

tro) con un livello giudicato medio basso e lontano dalle

grandi economie continentali. Persistono il divario in ter-

mini di produttività del lavoro, l’inefficienza e il peso del-

la pubblica amministrazione e l’elevato costo dell’energia,

tutti fattori confermati dall’incapacità del paese di attira-

re investimenti dall’estero in misura superiore alla media

europea. Lo sviluppo del tessuto industriale italiano, for-

mato prevalentemente da piccole e medie imprese, deve

necessariamente focalizzarsi sull’innovazione, sugli inve-

stimenti in ricerca e sviluppo e sul valore del Made in Italy,

per sfruttare maggiormente i mercati internazionali».

Stefano Fabiani (Zenit Sgr): «No, non vediamo grandi

progressi, se non vischiosi aggiustamenti dettati dal mer-

cato e non da riforme politiche. Sotto questo aspetto l'I-

talia è molto indietro rispetto agli altri paesi periferici».

Patrice Gautry (Union Bancaire Privée): «La competitività

italiana è migliorata grazie alle misure adottate negli ulti-

L’aspetto della competitività complessiva del

paese, incidentalmente il più importante,

rimane il punto dolente dell'Italia, anche se

finora ha mostrato una coesione che non era

così scontata: se fino a un paio di anni fa i

nostri connazionali sembravano vivere abbondantemen-

te al di sopra dei propri mezzi, con un saldo delle parti-

te correnti fra i peggiori in Europa, oggi da questo punto

di vista la posizione con l'estero non è più un problema.

Gli italiani hanno dimostrato una capacità di adattarsi e

di fare sacrifici assolutamente encomiabile, riducendo

consumi e importazioni con un'intensità che non si era

mai vista in era moderna. Il problema è che in uno sce-

nario europeo, dove la crescita dipende essenzialmente

dalle esportazioni, l'Italia sembra ancora boccheggiare,

anche a confronto di altri paesi periferici. In questo ambi-

to le riforme da sole non bastano: le imprese nazionali

dovranno senz'altro cambiare passo. Certo è che oggi

l'ambiente non si può definire incoraggiante.

Sergio Bertoncini (Amundi Sgr): «Purtroppo, soprattut-

to rispetto ai progressi messi a segno da altri paesi peri-

ferici come l’Irlanda e la Spagna, l’Italia non mostra signi-

ficativi recuperi di competitività: il rientro del deficit della

nostra bilancia commerciale è ancora soprattutto il frut-

L’Italia vistadai mercati

Ci sono progressi in

termini di competività?

La capacità del paese di riformarsi e di cambiare il suo stile di vita è minima. Anche

l'ottimo risultato di avere portato in positivo le partite correnti è più dovuto al calo

dei consumi interni che al miglioramento dell'intero sistema. «Il rientro del deficit

della nostra bilancia commerciale è ancora soprattutto il frutto di una caduta

dell’import, piuttosto che di un recupero dell’export»

Il vero puntodolente

Page 25: F&S n.57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 25

mi due anni, ma i risultati non sono ancora visibili, a ecce-

zione di quanto riguarda la bilancia commerciale e le par-

tite correnti. Al contrario di quanto accade in Spagna e

Grecia, il trend nel costo unitario della manodopera resta

al rialzo e questo è un elemento negativo; inoltre devono

essere sviluppate ulteriori riforme del mercato del lavoro.

L’economia italiana ha una specializzazione nell’export ed

è vicina alla Spagna e alla Grecia (nei settori dei macchi-

nari) ed è anche in competizione con alcuni paesi emer-

genti (nel tessile); le riforme sono necessarie per parteci-

pare alla ripresa globale che sembra in atto».

Martin Harvey (Threadneedle): «Nonostante la disoccupa-

zione in crescita, non ci sono segnali di un calo dei salari,

a differenza di quanto avvenuto in Spagna, dove invece il

costo del lavoro si è ridotto e varie riforme sono state ap-

provate. Ciò ha portato a un incremento delle esportazio-

ni che è risultato superiore non solo a quello italiano, ma

anche a quello tedesco».

Philippe Mimran (La Française des Placements): «Anche

in questo caso si può vedere la situazione da due lati: l'I-

talia ha fatto un'opera impressionante di riforma della

propria economia. Attualmente il saldo delle partite cor-

renti è positivo per quasi l'1% del Pil, mentre a fine 2010

era in rosso per quasi il 4%. Dall'altra parte, però, l'Italia,

rispetto alla Spagna, possiede molti più asset, ma in con-

fronto a quest'ultima i risultati appaiono deludenti. L'equi-

librio nel saldo con l'estero è stato raggiunto quasi esclu-

sivamente grazie alla forte caduta dei consumi, riducendo

quindi le importazioni, mentre l'incremento delle esporta-

zioni è stato molto marginale. Ciò significa che, nonostan-

te la diminuzione dello standard di vita italiano, il paese

deve fare ancora molto per migliorare il proprio grado di

competitività».

Marco Scherer (Deutsche Asset and Wealth Manage-

ment): «In generale non pensiamo che i settori orientati

all'export abbiamo seri problemi di competitività: in que-

sto ambito le recenti performance italiane sono state buo-

ne, contribuendo al 55% del miglioramento del saldo com-

merciale degli ultimi tre anni. La diminuzione delle impor-

tazioni, invece, ha rappresentato il 45%. Continuiamo a

prevedere che in futuro verranno affrontate le questioni

della riforma del mercato del lavoro e le liberalizzazioni,

argomenti che al momento sono oggetto di discussione. I

problemi più urgenti riguardano un ambiente di business

relativamente difficoltoso, con elevate barriere all'entrata,

ostacoli a livello legislativo e un sistema giudiziario lento

e inefficiente. Se il passo delle riforme per affrontare que-

ste debolezze strutturali venisse accentuato, ciò contribui-

rebbe parecchio a innalzare il trend di crescita italiano. A

nostro avviso questi costituiranno i maggiori problemi da

affrontare da parte del governo». �

«Nonostante la disoccupazione in crescita,non ci sono segnali di un calo dei salari a differenza di

quanto avvenuto in Spagna,dove invece il costo del lavoro si è ridotto»

Page 26: F&S n.57

l'elettorato tedesco, pur essendo a favore dell'Europa, non

è incline a fare più di tante concessioni. In pratica non

dovrebbe cambiare molto, al massimo solo un po' il sen-

timent.

Sergio Bertoncini (Amundi Sgr): «La continuità politica e

la sconfitta degli euroscettici in Germania sono entrambi

fattori di stabilità per l’intera area euro e quindi anche di

supporto all’Italia».

Samuele Chiodetto (Anima Sgr): «Il risultato elettorale in

Germania conferma l'orientamento a favore di una mag-

giore integrazione politica e fiscale nell'Eurozona. A ripro-

va, la scelta di non esasperare il livello di austerity nei pae-

si più in difficoltà sembra ormai recepita nelle politiche fi-

scali comunitarie, ma ciò non deve diventare un alibi per

l'Italia per ritardare le riforme urgenti e non tenere i con-

ti in ordine».

Stefano Fabiani (Zenit Sgr): «Il risultato è stato in linea

con le attese: un'affermazione personale della Merkel, ma

con la necessità di alleanze non comodissime per riusci-

re a governare. Per l'Italia non vedo cambiamenti rispet-

to a prima».

Nell'immediato l'Italia e il resto della peri-

feria dell'Eurozona hanno ottenuto il

massimo che potevano dalle elezioni legi-

slative di settembre in Germania. Infatti

la Cdu, guidata da Angela Merkel, una

leader che si è rivelata alla fine molto più filoeuropeista

di quello che potesse sembrare a inizio crisi, ha riportato

un grosso successo personale, perdendo però al contem-

po gli alleati della Fdp, più orientati al rigore. Viene ormai

dato per scontato da tutti che si arriverà a una ripropo-

sizione della grande coalizione, già protagonista della vita

politica tedesca qualche anno fa. Il fatto che al posto dei

liberali, che sono abbastanza euroscettici, ci siano, e per

di più in una posizione di maggiore forza, i socialdemo-

cratici, che hanno una visione più favorevole al salvatag-

gio dei paesi continentali in difficoltà, è certamente un

fattore positivo per il Belpaese. Anche il fatto che il par-

tito che propugnava l'uscita dall'euro sia stato sconfitto

non è secondario in tutto lo scenario. Da questo lato, però,

non ci si può aspettare più di tanto: probabilmente, anche

se non mancano voci con visioni diverse, il focus diven-

terà un po' meno orientato all'austerity, senza però enor-

mi strappi. La Spd non è certo ciò che si dice un partito

estremista e i suoi leader sono perfettamente consci che

26 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

La consultazione in Germania è andata nel complesso molto bene per il nostro

paese e per l'intera periferia europea: i liberali, che rappresentavano la voce

euroscettica nel governo di Berlino, sono stati eliminati dal Parlamento e verranno

sostituiti dai socialdemocratici che sicuramente hanno una visione più europeista,

ma chi si aspetta grandi rivoluzioni verrà deluso

Per fortuna chec’è la Merkel

L’Italia vistadai mercati

Ci sono ricadute positive

dopo le elezioni tedesche?

Page 27: F&S n.57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 27

Patrice Gautry (Union Bancaire Privée): «L’austerity non

dovrebbe essere particolarmente rafforzata il prossimo an-

no nell’Eurozona, ma ogni stato dovrà rispettare il bilancio

e il piano di riforma presentati la scorsa primavera alla

Commissione europea. Anche se la Spd parteciperà a una

grande coalizione in Germania, gli stati dell’area della mo-

neta unica saranno obbligati a continuare le loro riforme

e a confermare i piani iniziali. La Commissione non cam-

bierà posizione, anche se prevediamo un allentamento nel-

la politica tedesca».

Martin Harvey (Threadneedle): «La vittoria della Merkel po-

trebbe portare a una maggiore visibilità di chi ha un atteg-

giamento più duro nei confronti del consolidamento fisca-

le. Sarà interessante vedere se nei prossimi mesi il nuovo go-

verno farà la voce grossa sul risanamento dei conti pubblici

in Francia, Spagna e Italia. Finora i politici tedeschi sono re-

stati relativamente muti di fronte al rigetto delle misure di

austerità che si è visto quest'anno nell'Eurozona. Senz'altro

ciò è stato dovuto al loro concentrarsi sulle questioni dome-

stiche. Però, se le proiezioni sul rapporto debito/Pil dovesse-

ro rialzarsi, la questione dei conti dello stato potrebbe tor-

nare al centro dell'interesse generale. Attualmente gli inve-

stitori in obbligazioni sovrane non stanno prestando atten-

zione a questo indicatore. La Germania, però, insieme alla

Commissione europea, farà chiaramente capire a quelle na-

zioni con problemi di deficit di non adagiarsi troppo sulle at-

tuali condizioni di mercato».

Ronald Petitjean (La Française Asset Management): «E'

ancora molto presto per emettere un giudizio sulla futura

evoluzione tedesca. Tuttavia le prime indicazioni sembrano

evidenziare che, a causa del bisogno di formare una gran-

de coalizione con la Spd, il governo continuerà a mantene-

re un atteggiamento a favore dell’Europa. A seconda del li-

vello di concessioni che la Cdu si troverà costretta a fare, si

potrebbe avere un minore livello di austerità per l'Eurozo-

na. In definitiva si tratta di un risultato positivo, con la con-

ferma di un quadro di stabilità e di impegno pro Ue».

Marco Scherer (Deutsche Asset and Wealth Manage-

ment): «Ci aspettiamo meno durezza per quanto riguarda

le questioni fiscali, senza però grandi cambiamenti della

posizione tedesca sull'austerità». �

«L’austerity

non dovrebbe

essere

particolarmente

rafforzata

nell’Eurozona,

ma ogni stato

sarà tenuto a

rispettare il

bilancio e il

piano di

riforma»

Page 28: F&S n.57

Sergio Bertoncini (Amundi Sgr): «Il permanere di una

condizione di frammentazione finanziaria all’interno del-

l’area euro, nonostante il rientro della liquidità in eccesso,

potrebbe portare la Bce a decidere nuove manovre: tra

queste non è da escludere anche una nuova forma di Ltro».

Samuele Chiodetto (Anima Sgr): «Nelle ultime settimane

la Bce ha confermato la volontà di mantenere una politi-

ca monetaria accomodante con tassi di interesse bassi che

potrebbero essere ulteriormente compressi con nuove mi-

sure di stimolo durante i prossimi mesi. Questo orienta-

mento monetario permette all'Italia di rifinanziarsi a con-

dizioni interessanti, anche se lo spread denota ancora un

elevato premio al rischio presente sul mercato. Inoltre,

consente la convergenza dei tassi di interesse corporate

verso i livelli dei competitor appartenenti ai paesi core».

Stefano Fabiani (Zenit Sgr): «Sì, la Bce dovrà avere anco-

ra un ruolo importante, ma aspetta di vedere prima i pas-

P ochi hanno dubbi sul fatto che la politica

monetaria della Bce resterà sostanzialmen-

te accomodante per un lungo periodo di

tempo. Infatti Mario Draghi ha dimostrato

più volte il suo pragmatismo nel fornire

sostegno a un sistema finanziario ed economico europeo

che nel recente passato è stato sull'orlo del disastro. Se

la situazione lo dovesse richiedere, non ci sono dubbi che

alle banche arriverebbe altra liquidità in abbondanza. Lo

sviluppo di un eventuale nuovo Ltro per aiutare davvero

il sistema bancario sud-europeo, però, dovrebbe avere

caratteristiche molto diverse dal precedente. Infatti oggi

non sembra esserci, né un'emergenza di liquidità per gli

istituti di credito, né il rischio di vedere stati come la Spa-

gna e l’Italia tagliati fuori dai mercati dei capitali. Inol-

tre un nuovo Ltro concentrerebbe ancora più il rischio

sovrano su istituzioni che certo non ne hanno un gran

bisogno. Però, se si allargasse la gamma dei collaterali

accettabili...allora la storia cambierebbe.

L’Italia vistadai mercati

Ci saranno nuove

manovre della Bce?

28 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

Tutti pensano che la politica della Banca Centrale Europea resterà a lungoaccomodante e faciliterà i paesi che debbono fare ripartire la loro economia. Incaso di problemi più forti del previsto anche il lancio di un nuovo Ltro non è daescludere, anche se oggi un intervento di questo tipo avrebbe caratteristiche

molto diverse rispetto ai precedenti: più volto a spingere la ripresa che asostenere gli stati in difficoltà

L’aiuto di Draghi che

(forse) arriverà

Page 29: F&S n.57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 29

si politici nella direzione delle riforme. In ogni caso un

nuovo Ltro, o qualche operazione con effetti simili, potreb-

be essere messa in atto nei prossimi sei/nove mesi. I paesi

periferici, Italia in primis, beneficerebbero di questa poli-

tica soprattutto in termini di minore tensione sul proprio

sistema bancario e sullo spread».

Patrice Gautry (Union Bancaire Privée): «La Bce dovreb-

be mantenere la stessa strategia: le misure (Omt, nuovo

Ltro, tassi d’interesse più bassi) sono pronte se sarà

necessario. Nel breve termine non sono attesi nuovi

interventi. Nel futuro e quando la Fed inizierà il suo

tapering, la Bce potrebbe agire attraverso tassi d’inte-

resse più bassi (probabilità scarsa) o un nuovo Ltro (pro-

babilità maggiore); queste potenziali misure dovrebbero

aiutare prima le banche e il mercato obbligazionario

sovrano italiani, ma probabilmente non il settore dome-

stico del credito».

Martin Harvey (Threadneedle): «La Bce potrebbe dare il

via a un nuovo Ltro se i tassi dovessero cominciare a muo-

versi al rialzo; ciò indubbiamente sarebbe un bene per le

banche italiane, che già hanno partecipato ai precedenti

programmi e darebbe una spinta al debito del vostro pae-

se, dal momento che gli istituti di credito nazionali negli

ultimi due anni sono stati molto attivi nel comprare que-

sto tipo di emissioni. Non ci aspettiamo però che un simi-

le intervento venga annunciato a breve».

Philippe Mimran (La Française des Placements): «In ef-

fetti di recente Mario Draghi ha sottolineato che l'Eurozo-

na potrebbe lanciare un nuovo Ltro. E' troppo presto per

capire se si è trattato solamente di parole per riaffermare

l'impegno della Bce a “fare tutto ciò che serve per salvare

l'euro” o se invece verrà compiuto qualcosa di concreto.

Per quanto ci riguarda, siamo un poco scettici circa la ne-

cessità di lanciare un altro Ltro. Le banche hanno già ac-

cesso illimitato a rifinanziamenti da parte della Bce, fin-

tanto che hanno collaterale adeguato. Quelle che non lo

posseggono non ne trarrebbero alcun vantaggio, per le al-

tre sarebbe inutile. L'unico vero effetto positivo potrebbe

essere che, con un ulteriore Ltro di durata triennale come

il precedente, gli istituti di credito potrebbero fornire una

maggiore visibilità e sarebbero incoraggiati a comprare de-

bito straniero di media scadenza. Senz'altro gli effetti sa-

rebbero positivi per l'Italia, che beneficerebbe di questi

flussi di capitali: una simile manovra sarebbe però in con-

trasto con l'obiettivo di tagliare il nefasto legame fa debi-

to sovrano e banche».

Marco Scherer (Deutsche Asset and Wealth Manage-

ment): «Abbiamo visto finora un chiaro miglioramento

nelle condizioni di finanziamento dei governi da quando

la Bce ha annunciato il suo programma Omt durante l'e-

state del 2012. Gli spread, rispetto al debito tedesco, sono

infatti molto diminuiti su tutta la curva dei rendimenti.

Gli acquisti diretti di altre attività da parte della Bce, come

i prestiti alle piccole e medie imprese, oppure un altro Ltro

di considerevoli dimensioni o minori haircut sul collate-

rale accettato in effetti aiuterebbero ad abbassare i costi

di finanziamento delle banche e le spingerebbero a dimi-

nuire i loro tassi attivi. Maggiori progressi nell'unione ban-

caria, specialmente il meccanismo di risoluzione singola e

l'uso dell'Esm nella gestione degli istituti in crisi, sareb-

bero di aiuto per spezzare il legame fra istituzioni banca-

rie e stati». �

Page 30: F&S n.57

30 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

sando un aumento consistente dei crediti in sofferenza,

soprattutto da parte delle piccole e medie industrie che in

Italia dipendono fortemente dalle banche, ma non hanno

certo la struttura per fornire serie garanzie al sistema cre-

ditizio. Da parte di quasi tutti gli operatori che hanno ri-

sposto al sondaggio di Fondi&Sicav viene posto l'accento

sulla differenza tra i maggiori istituti, che appaiono abba-

stanza efficienti e discretamente capitalizzati, e le strut-

ture medio-piccole a carattere locale, che hanno ancora

una buona quantità di strada da percorrere prima di po-

tersi considerare fuori pericolo.

Nonostante una gestione oculata, quindi, le banche italia-

ne rischiano di pagare per colpe per certi versi non loro.

D'altronde è difficile pensare a un decoupling completo fra

sistema finanziario ed economia di appartenenza.

Sergio Bertoncini (Amundi Sgr): «Se il sistema bancario

italiano nel suo complesso oggi rivela ancora un’immagi-

Iproblemi del sistema bancario italiano sono al

tempo stesso banali e terribilmente difficili da risol-

vere. Il nostro paese non ha vissuto una bolla immo-

biliare nel suo recente passato, gli istituti di credito

hanno una buona base di depositi e non dipendono

dal sistema creditizio ombra in maniera rilevante. Anche

la sua tradizionale incapacità di adeguarsi alla moderniz-

zazione dei mercati e dell'apparato finanziario globale ha

rappresentato, nel momento in cui è scoppiata la crisi, un

buon scudo protettivo. Mentre si formavano le bolle, non

sono stati stati presi rischi eccessivi.

Al tempo stesso la nostra infrastruttura creditizia appare

tutt'altro che solida: l'erogazione di prestiti è in calo da

anni, elemento che si sta rivelando decisivo nell'aggrava-

re la pesante recessione italiana. Inoltre il portafoglio at-

tivi è poco diversificato, con una quantità impressionante

di titoli di stato in pancia. Infine il continuo deterioramen-

to dei fondamentali macroeconomici del paese sta cau-

Nel complesso il giudizio sul sistema creditizio del nostro paese è abbastanza

positivo, anche perché le bolle immobiliari e finanziarie da noi hanno colpito meno

che altrove. Inoltre c'è stata una discreta ricapitalizzazione. Diverse perplessità sono

state manifestate nei confronti degli sportelli di minori dimensioni, che devono

ancora risolvere molti problemi

Bene i grandiistituti, pericoli

per i piccoli

L’Italia vistadai mercati

Come sono

le banche italiane?

Page 31: F&S n.57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 31

ne parzialmente sfocata, con una bassa profittabilità pro-

spettica, è altrettanto vero che va riconosciuto il rafforza-

mento patrimoniale avvenuto negli ultimi anni. Rimango-

no elementi di vulnerabilità, come il tema della governan-

ce e il debole recupero dell’economia e della dinamica dei

prestiti, che presumibilmente peseranno maggiormente

per gli istituti di media e piccola dimensione. Tuttavia i cri-

teri stringenti sull’asset quality imposti dal regolatore per-

mettono di attendere con moderato ottimismo il processo

verso l’unione bancaria».

Stefano Fabiani (Zenit Sgr): «Le banche di dimensione

maggiore (Unicredit e Intesa) hanno una struttura patri-

moniale solida, mentre le medio-piccole, tranne alcune ec-

cezioni, potrebbero avere ancora bisogno di un rafforza-

mento. Tutto il sistema sta comunque vivendo anni diffi-

cili, di ripensamento del modello di business e di necessa-

ria riduzione del ritorno sul capitale atteso».

Patrice Gautry (Union Bancaire Privée): «Il settore banca-

rio in Italia, Spagna e, in misura minore, Francia presenta

ancora rischi sistemici e i problemi sulle necessità di capi-

tale non sono del tutto risolti. Si dovrebbero avere più

informazioni dagli stress test della Bce».

Ronald Petitjean (La Française Asset Management): «La

recessione italiana, con il suo corollario di aumento di sof-

ferenze creditizie, e le pressioni delle autorità per ricapita-

lizzare le banche di piccole dimensioni potrebbero portare

queste ultime ad aumenti di capitale. L'Italia a livello ma-

croeconomico sta mostrando qualche piccolo segno di mi-

glioramento, in uno scenario che rimane però complessi-

vamente cupo e caratterizzato anche da fragilità politica.

Alcune istituzioni sono in difficoltà a causa di ampie quan-

tità di prestiti incagliati per qualcosa come il 116% del tan-

gible equity. Sulla base di questa metrica, il sistema ban-

cario italiano risulta il più fragile d'Europa. Di conseguen-

za il processo di revisione della qualità degli attivi che farà

la Bce potrebbe rivelarsi difficile per gli istituti del paese.

Ciò nonostante, dopo tre anni di deleveraging, i ratio pa-

trimoniali nei termini previsti da Basilea 3 sono in via di

miglioramento. Se l'economia dovesse crescere, gli istituti

di credito locali ne avrebbero grandi vantaggi».

Marco Scherer (Deutsche Asset and Wealth Manage-

ment): «Le misure della Bce di cui abbiamo parlato hanno

portato a uno stabile e sostenibile declino nei costi di

finanziamento per l'intero sistema bancario italiano.

Continuiamo in questo ambito a preferire le azioni di

gruppi finanziari con bilanci solidi, valutazioni interes-

santi e sensibilità degli utili a una diminuzione dei cre-

diti in sofferenza». �

«Restano

elementi di

vulnerabilità,

come il tema

della governance

e il debole

recupero

dell’economia e

della dinamica

dei prestiti»

Page 32: F&S n.57

32 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

volatilità, a maggior ragione dopo il periodo di incertez-

za politica del paese. I dati macro degli ultimi mesi raffor-

zano la convinzione che sia in corso una fase di stabiliz-

zazione che, se accompagnata da una riduzione della

restrizione fiscale, potrebbe riattivare la domanda inter-

na favorendo quei settori particolarmente penalizzati

negli ultimi anni dal grave contesto recessivo. Viste le

dinamiche di crescita di alcune economie emergenti,

rimaniamo cauti sul comparto dei consumi di base e sui

titoli del lusso esposti a queste aree, che, sebbene abbia-

no fondamentali solidi, presentano valutazioni adeguate.

Rimangono alcuni fattori di positività nel mercato azio-

nario, come le quotazioni attraenti rispetto al mondo

obbligazionario, il ritrovato interesse per il Vecchio con-

tinente da parte degli investitori istituzionali e il suppor-

to della politica monetaria».

Stefano Fabiani (Zenit Sgr): «Il nostro mercato quota a

multipli contenuti (circa 11,5x gli utili attesi nel 2014) ed

è stato abbandonato dagli investitori esteri negli ultimi

anni. Questo fatto ha causato una profonda sottoperfor-

mance, giustificata anche dal differenziale di crescita del-

la nostra economia con le altre. Oggi, quindi, si può trova-

re valore a Piazza Affari da due diverse prospettive: da un

lato l’upside derivante da un ritorno di interesse di capita-

L’azionario italiano è per certi versi la vitti-

ma incolpevole della situazione nazionale.

Da una parte un grosso peso sulla capita-

lizzazione complessiva del listino milanese

hanno le banche, ma, come abbiamo visto,

queste ultime sono gravate oggi da un aumento di inso-

luti dovuti alle pesanti condizioni in cui si trovano a

operare i loro clienti.

Le imprese industriali, invece, devono combattere con

le magagne risapute dell’Italia: fiscalità fuori dalla realtà

globale, sistema legale incerto, deficit infrastrutturale,

difficoltà nella crescita dimensionale e tutta un'altra serie

di problemi che minano la competitività dell'intero siste-

ma manifatturiero e dei servizi.

Eppure l'economia del Belpaese non è interamente da but-

tare via, anzi rimane il fatto che in termini tecnologici l'I-

talia appare comunque come una nazione molto più com-

petitiva rispetto agli altri paesi del sud Europa. Possiamo

vantare aziende che sono in grado di crescere e vendere sui

mercati più importanti del mondo: bisognerà capire se al-

la fine il loro valore emergerà o verranno esse stesse risuc-

chiate nei problemi generali.

Samuele Chiodetto (Anima Sgr): «Il giudizio sull’aziona-

rio italiano rimane positivo, anche se persiste un’elevata

L’Italia vistadai mercati

C’è valore a

Piazza Affari?

Nel complesso gli operatori ritengono abbastanza sottovalutata la borsa del nostro

paese e sono convinti che si possano trovare titoli sui quali puntare senza correre

troppi rischi. In diversi casi ci sono aziende, anche small e mid cap, capaci di operare

con profitto in nicchie molto remunerative e di muoversi sul piano globale.

Certamente le condizioni generali non aiutano

Non mancano lebuone azioni

Page 33: F&S n.57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 33

li stranieri su titoli domestici dimenticati e da valutazioni

interessanti, dall’altro il potenziale di rerating della com-

ponente mid/small cap, che già ha ben performato grazie

alla capacità di assorbire la crisi del mercato interno con-

quistando quote all’estero. Sono società spesso leader in

nicchie redditizie, con ottima reputazione nel mondo e

che, se ripartisse il listino domestico, avrebbero ulteriori

benefici».

Patrice Gautry (Union Bancaire Privée): «In generale, i

mercati azionari nei paesi periferici offrono valutazioni in-

teressanti, buone prospettive in termini di Eps e dovrebbe-

ro essere favoriti da flussi di capitali se le riforme conti-

nuassero e l’economia si stabilizzasse».

Philippe Mimran (La Française des Placements): «Siamo

convinti delle qualità del mercato azionario italiano, che

attualmente scambia a multipli molto bassi, e della poten-

zialità di rendimento che offre sul lungo periodo. Non pos-

siamo fare a meno di essere cauti nell'immediato, a causa

della situazione politica e macroeconomica. L'Italia è riu-

scita a vivere un'estate del 2013 senza patemi. Ciò non to-

glie che sul breve periodo vi siano rischi che potrebbero

danneggiare la performance del mercato: l'impasse politi-

ca, il cattivo andamento del Pil, l'elevato ammontare del

debito e la mancanza di riforme strutturali da parte del go-

verno. Pertanto siamo alquanto selettivi: cerchiamo di in-

vestire soprattutto su aziende meno esposte all'economia

italiana o su gruppi in via di ristrutturazione».

Marco Scherer (Deutsche Asset and Wealth Manage-

ment): «Le aziende più interessanti a Piazza Affari sono

quelle con una presenza globale, una forte stabilità degli

utili, una posizione di mercato dominante e bilanci solidi.

Si possono trovare parecchie società con caratteristiche di

questo tipo, sia in segmenti consumer, sia industriali. Que-

sti due settori, a mio avviso, continueranno a sovraperfor-

mare il mercato italiano nel suo complesso. In ogni modo

ci sono gruppi ben gestiti, che offrono eccellenti opportu-

nità di investimento in ogni settore del listino». �

«Siamo convinti delle qualità del mercato azionario italiano,che attualmente scambia a multipli

molto bassi,e della potenzialità di rendimento che offre sul lungo periodo»

Page 34: F&S n.57

34 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

li, che potrebbero finire quanto prima. Incassare il ricco

carry e lo spread offerti dalle nostre emissioni potrebbe ri-

velarsi più complicato e tortuoso del previsto.

Certo, se si arrivasse a un ulteriore downgrading dell'Ita-

lia, probabilmente questa volta i mercati avrebbero una

reazione molto più decisa che in occasione degli ultimi ab-

bassamenti del rating, che sono passati quasi inosservati.

Se a ciò si aggiungesse nel corso dei prossimi mesi una ri-

salita dei tassi dei Treasury, la situazione non sarebbe del-

le migliori e per lo stato italiano reggere il peso degli in-

teressi diventerebbe molto difficoltoso.

Sergio Bertoncini (Amundi Sgr): «Gli spread giustificati

dai fondamentali sono al di sotto dei livelli attuali e per-

tanto vediamo valore nei rendimenti dei titoli di stato ita-

liani: al contempo la condizione politica mantiene eleva-

ta l’incertezza nel breve periodo e con essa la volatilità de-

gli spread».

In questo ambito tutto sommato lo scenario appa-

re abbastanza tranquillo. Un default italiano, infat-

ti, non è considerato un rischio all'ordine del gior-

no. Nonostante l'instabilità politica e il debito pub-

blico elevatissimo, lo stato sembra avere accesso ai

mercati dei capitali: i nostri titoli hanno un appeal invi-

diabile e i rapporti bid to cover delle aste sembrano con-

fermarlo. Il lavoro fatto sull'avanzo primario si è rivelato

decisivo per tenere in piedi il mercato dei bond governa-

tivi che continua a essere uno dei più liquidi del pianeta

e soprattutto il governo italiano è uno dei pochi nel

mondo sviluppato a fornire a risparmiatori e operatori un

rendimento reale di un certo interesse.

Detto ciò, come si è potuto vedere dalla reazione degli in-

vestitori l'ultimo lunedì di settembre, la volatilità sui Btp

rimane elevata. Inoltre, come hanno spiegato diversi ope-

ratori nell'introduzione, nell'ultimo anno il nostro debito

pubblico ha beneficiato di condizioni di favore ecceziona-

Nonostante una classe politica che lascia molto perplessi e i conti pubblici non

certo in una buona situazione, quasi tutti ritengono che un problema di fallimento

del nostro paese non si ponga, almeno sul breve termine. Ma, se le condizioni di

mercato cambiassero e ci fosse un ulteriore downgrading da parte delle agenzie di

rating, tutto potrebbe velocemente peggiorare

L’Italia vistadai mercati

C’è valore sui titoli

di stato italiani?

Il default? Non è all’ordine

del giorno

Page 35: F&S n.57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 35

Samuele Chiodetto (Anima Sgr): «Per quanto riguarda i

titoli di stato italiani, restiamo dell'idea che rappresentino

per i fondi un investimento interessante sostenuto dalla

valutazione generosa in termini relativi, da un mercato ob-

bligazionario contraddistinto da liquidità abbondante in

cerca di extra rendimento e da un percorso economico in-

trapreso dall'Italia che la porti a una forte correzione de-

gli sbilanci strutturali. Rimane un asset volatile, molto

esposto nel breve termine all’evoluzione del quadro politi-

co domestico».

Stefano Fabiani (Zenit Sgr): «I rendimenti offerti oggi dai

nostri titoli governativi sono relativamente interessanti,

soprattutto in un’ottica di consolidamento del debito eu-

ropeo e di successo della strategia della Bce. Se però non

fosse questa la strada intrapresa e la crisi politica italiana

dovesse aggravarsi, i nostri rendimenti potrebbero salire

ulteriormente, rendendo difficile la sostenibilità del costo

del debito».

Patrice Gautry (Union Bancaire Privée): «Gli spread si so-

no stretti significativamente quest’anno; la nostra view è

ancora positiva nel breve termine, finché le riforme conti-

nuano e la pressione sui bond globali resta limitata. Nel lun-

go periodo, i rendimenti di Usa e Germania dovrebbero es-

sere prezzati in base alla crescita e questo fatto dovrebbe

implicare una pressione al rialzo sulle scadenze più lunghe».

Martin Harvey (Threadneedle): «Attualmente siamo cau-

ti sui titoli di stato italiani, fintanto che il panorama poli-

tico rimane così incerto».

Ronald Petitjean (La Française Asset Management): «No-

nostante i rischi che abbiamo sottolineato, riteniamo che

vi sia ancora valore nel mercato obbligazionario italiano.

Non pensiamo infatti che l'Eurozona sia pronta a permet-

tere il default di un paese di dimensioni simili: pertanto lo

spread offerto da queste emissioni rimarrà interessante per

un investitore in grado di sopportare l'eventuale volatilità

del mercato e il forte aumento di rendimento che vi sareb-

be, qualora la situazione politica diventasse ancora più dif-

ficoltosa». �

«I

rendimenti

offerti oggi dai

nostri titoli

governativi sono

relativamente

interessanti,

soprattutto in

un’ottica di

consolidamento

europeo e di

successo della

strategia della

Bce»

Page 36: F&S n.57
Page 37: F&S n.57

PROMOTORI&CONSULENTI

Maurizio Zancanaro, presidente di AIPBMaurizio Zancanaro, presidente di AIPB

«A protezione dei patrimoni degli italiani»

PrivatebankingUn settore ai raggi X

Sheryl Garrett «Il segreto delmio successo»

«A protezione dei patrimoni degli italiani»

PROMOTORI&CONSULENTIFONDI&SICAV Ottobre 2013

Grandi ricchezze nel mondoAncora in crescitagli over 30 milioni

Page 38: F&S n.57

Banker&ConsulentiMaurizio Zancanaro, presidente

dell’Associazione Italiana Private Banking

38 Ottobre 2013

a cura di Massimiliano D’Amico

E ssere tradizionalmente inno-vativi. È lungo questo filo con-duttore che Maurizio Zanca-

naro, presidente dell’Associazione

Italiana Private Banking, delinea leprospettive del settore private in Ita-lia. Un’industria in continuo movi-mento, non tanto in termini di varia-zione delle quote di mercato dei sin-goli player, rimaste peraltro sostan-zialmente stabili negli ultimi anni,quanto nel tipo di servizio offerto allaclientela di elevato standing. Unmondo, insomma, che sta cambiandopelle al punto che espressioni in vogain questi anni quali «fidelizzare ilcliente con un servizio a 360 gradi»,hanno perso il loro manieristico si-gnificato a favore di un’advisory real-mente evoluta.

Quali sono gli obiettivi che si è prefis-sato nel momento in cui è diventato ilnuovo presidente dell’AIPB?«Le attività svolte da AIPB dalla suafondazione testimoniano in modoevidente l’esistenza di un percorsoche ha visto arricchire continuamen-te di contenuti lo studio della realtàitaliana allo scopo di sapere coglierele mutevoli esigenze di un mercatomolto articolato e complesso. L’obiet-tivo prioritario che AIPB porterà

avanti è affiancare gli operatori nelleevoluzioni che stanno caratterizzan-do il settore. È molto importante, in-fatti, valorizzare la componente chetradizionalmente contraddistingue ilservizio di private banking, ma è ne-cessario farlo con una giusta enfasisull’innovazione. Dato l’innalzamen-to del livello di tutela dell’investitoree l’intensità di competizione presen-te nel mercato, per accompagnare ilservizio di private banking versonuovi obiettivi di massima protezio-ne del patrimonio del cliente e di so-stenibilità nel tempo del servizio diconsulenza, è necessaria un’evoluzio-ne dei comportamenti degli interme-diari, ma anche degli investitori».

Quale impatto ha avuto la crisi deimercati sulle strategie di sviluppo delprivate banking?«La volatilità e il livello crescente dicompetizione rappresentano due for-ze critiche che stanno influenzandoprofondamente il settore private, nontanto in termini di variazione dellequote di mercato dei singoli operatori,peraltro sostanzialmente stabili negliultimi anni, ma nel tipo di servizio diconsulenza alla gestione degli asset fi-nanziari e reali delle famiglie privateche si sta sviluppando. Mentre in pas-sato si è assistito a un trend evolutivosimile per tutti gli operatori, oggi il fo-

Negli ultimi anni, la clientela

private ha evidenziato un

maggiore bisogno di

partecipazione, di consapevolezza

e di controllo che motivano la

richiesta di un servizio più

proattivo. In vista del Forum

annuale che si terrà il 6 novembre,

il numero uno dell’associazione

che rappresenta i player italiani e

stranieri del settore sottolinea che

è in atto un trend evolutivo simile

per tutti gli operatori e oggi il

focus è fissato sulla

differenziazione. In questo senso

vanno letti i nuovi segnali di

sinergia tra questo mondo e il

corporate, l’asset management e

l’assicurativo-danni

Tradizionalmenteinnovativi

Page 39: F&S n.57

Ottobre 2013 39

cus è sulla differenziazione. Interpre-tazioni quindi diverse del servizio of-ferto ai clienti private con caratteristi-che ed esigenze differenti e portati og-gi a scegliere l’offerta che meglio sisposa con le proprie aspettative. Inquesto senso vanno letti i nuovi se-gnali di sinergia tra servizio private ecorporate, tra private e asset manage-ment, tra private e mondo assicurati-vo-danni. Le strutture dovranno af-frontare la ridefinizione del loro mo-dello di business e della loro value pro-position in un contesto normativo inpiena evoluzione tra Basilea 3, cheavrà l’obiettivo di migliorare i requisi-

ti patrimoniali degli istituti di creditocon importanti ricadute sul rapportobanca-impresa, e Mifid II, che andrà arivedere le modalità con cui erogare laconsulenza in materia d’investimential cliente finale. Ciò impatterà soprat-tutto nello sviluppo delle strategie in-tegrate tra private e corporate nellagestione del cliente imprenditore. Uncompito importante in quanto il 39%della ricchezza private deriva propriodal lavoro imprenditoriale e la nostraindustria giocherà un ruolo fonda-mentale nel sostegno all’economiareale. L’obiettivo dei player del privatebanking nel prossimo futuro sarà con-

temporaneamente strutturare la pro-pria offerta in modo tale da essere disupporto al miglioramento dei requi-siti patrimoniali del gruppo,garantireflussi di liquidità adeguati tali da po-ter essere di sostegno all’impresa e in-fine continuare il miglioramento dellaqualità del servizio “core” cioè la con-sulenza per la pianificazione finanzia-ria e patrimoniale del cliente».

Quali sono i prodotti, i servizi e lecompetenze fondamentali per riusci-re a mantenere la propria clientela ea conquistarne di nuova, consideran-do che i clienti private sono meno fe-

«Il 39% della ricchezza private deriva dal lavoro imprenditoriale e la nostra industria giocherà

un ruolo fondamentale nel sostegno all’economia reale»

Page 40: F&S n.57

Banker&ConsulentiMaurizio Zancaro, presidente

dell’Associazione Italiana Private Banking

40 Ottobre 2013

deli e più difficili da seguire rispetto aquelli retail?«I clienti private sono già oggi moltoconsapevoli dei propri fabbisognid’investimento e abituati a confron-tare e a scegliere tra alternative dif-ferenti. Lo dimostra il fatto che dasempre sono multi-bancarizzati eche suddividono il proprio patrimo-nio finanziario in parti differenti confinalità d’investimento ben chiare:una componente liquida per le esi-genze quotidiane, una da tutelareper il mantenimento dello stile divita anche dopo l’interruzione del-l’attività lavorativa e una da investi-re con una maggiore tolleranza alrischio. Se da una parte gli investito-ri private non sembrano interessatiad approfondire le proprie conoscen-ze tecniche in campo finanziario,hanno però senza dubbio maturato,a seguito delle varie crisi che si sonosuccedute in questi anni, alcuneaspettative legate a un più fortebisogno di partecipazione, di consa-pevolezza e di controllo che motiva-no la richiesta di un servizio piùproattivo, in linea con i propri biso-gni, proposto attraverso solide com-petenze e dotato di strumenti tecno-logici che sono all’avanguardia».

Nel mondo della consulenza finanzia-ria a livello di prodotti si utilizza sem-pre più spesso la formula dell’openarchitecture. Anche le strutture cheoperano nel private banking stannopuntando maggiormente sul multi-brand?«Chi ha l’ambizione di servire in mo-do compiuto con un’offerta ricca e diqualità il segmento più alto dellaclientela private non può, di frontealla crescente complessità dei merca-

ti, pensare di presidiare solo la sferadegli investimenti finanziari. Se l’am-pliamento del perimetro di servizioofferto non rappresenta oggi soloun’esigenza del sistema, ma ancheuna necessità della clientela, altret-tanto vero è che il servizio private a li-vello internazionale e in Italia stacambiando pelle tanto che espressio-ni come «fidelizzare il cliente con unservizio a 360 gradi» hanno perso illoro opaco significato a favore di evo-luzioni di modelli di business, svilup-po di nuovi schemi operativi e digamme di servizi offerti».

In Italia si fa ancora una certa confu-sione tra la figura del promotore equella del private banker. Secondo al-cuni quest’ultimo in realtà è sempli-cemente un professionista che segue iclienti un po’ più facoltosi. Qual è lasua opinione in merito? «Si assiste oggi a un cambiamento so-stanziale nelle modalità d’interazio-ne tra cliente, banker e team di esper-ti a supporto. Se oggi nel 76% dei casianalizzati l’investitore ha come puntodi riferimento principale ancora il suoadvisor di fiducia,si comincia a rileva-re che gli incontri si svolgono in ma-niera differente rispetto al passato. Aseconda del modello di business dellabanca di appartenenza, il privatebanker gode di maggiore o minoreautonomia nella personalizzazionedel portafoglio del proprio cliente e sequesta è la fase delicata in cui giocaun ruolo importante la gestione delconflitto d’interesse, il valore della re-lazione personale tra investitore ebanker conferma l’importanza relati-va che il cliente stesso assegna allaquestione. L’86% dei clienti private ri-tiene che il suo referente protegga in

ugual misura i suoi interessi e quellidell’istituto per cui lavora, dimo-strando un certo pragmatismo e di-stacco nei confronti di uno degli argo-menti che più animano il dibattitomediatico tra le diverse industrie.Questa evoluzione sta portandoquindi cambiamenti sostanziali ma,contemporaneamente, sta mostran-do che cosa rappresenta il punto fer-mo del private banking: ai cambia-menti normativi, di mercato, cultura-li e tecnologici si contrappone infattila costanza degli indicatori che mo-strano l’importanza attribuita dalcliente alla relazione personale con ilproprio advisor di riferimento, al fab-bisogno di consulenza e all’apprezza-mento per un servizio specializzato edefinito sulla base della singola storiafamiliare».

L’età media dei banker, e più in gene-rale dei professionisti della pianifica-zione finanziaria, è elevata. L’indu-stria del private banking è pronta arispondere al problema del turnovergenerazionale?«Dall’esigenza del settore private didovere essere tradizionalmenteinnovativi non possono certo rima-nere esclusi i banker. A prescinderedall’età anagrafica, l’importante èl’attenzione al set di competenze.Per questo i momenti formativi cheAIPB dedicherà ai private bankersapranno focalizzare le nuove com-petenze della rete distributiva sullabase di una precisa valorizzazionedel ruolo e del valore aggiunto nellediverse fasi del servizio per unmiglioramento della comprensionedelle scelte finanziarie da parte deiclienti e per una diminuzione deirischi per la banca». �

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Banker&ConsulentiPrivate Banking/1

42 Ottobre 2013

di Massimiliano D’Amico

Finché guardiamo il mondo delprivate banking da lontano,tutto sembra immobile, solido e

perfettamente ordinato. Appena ciavviciniamo e iniziamo ad analizzar-lo con maggiore attenzione ci rendia-mo conto che la nostra prima impres-sione non è del tutto corretta, perchésottotraccia, senza grandi proclami,questa industria sta gradualmente,ma costantemente, cambiando pellesenza stravolgere il suo approccio.Non a caso il IX Forum del PrivateBanking che si terrà il 6 novembre alMagna Pars di Milano ruoterà intor-no al claim «Tradizionalmente inno-vativi». La rivoluzione silenziosa inatto poggia principalmente su tre pi-lastri: nuove tecnologie, consulenza eformazione.

Passando ai numeri, nel primo se-mestre dell’anno le attività finanzia-rie investite nel canale private sonocresciute di poco più di un punto per-centuale (1,3%) portando gli asset un-der management totali a quota 443miliardi di euro. Nel dettaglio il pro-gresso è stato sostenuto quasi egual-mente dalla performance sui merca-ti (+0,6%) e dalla raccolta di nuovi ca-pitali (+0,7%). Se negli ultimi 12 mesi

non si è assistito a un clamoroso mu-tamento del quadro di riferimento,anche la quota detenuta dai singoliplayer e l’evoluzione dei portafoglinon hanno evidenziato un sostanzia-le cambio di rotta.

Al 30 giugno scorso, infatti, le pri-me tre strutture in termini di assetunder management (UniCredit Pri-vate Banking, Intesa Sanpaolo Priva-te Banking e Ubi Banca PrivateBanking) erano le medesime che tro-vavamo in cima alla lista alla fine del2008 e la loro incidenza sul totale delmercato è rimasta pressoché stabile,gravitando sempre intorno al 30%.

Se da un lato questi dati offronol’immagine di un settore dove certo ildinamismo non la fa da padrone (èun fattore positivo in sé poiché nonimpone alle strutture di rivoluziona-re il modello di business), dall’altroevidenziano almeno una criticità.Perché se i principali player, in fin deiconti, non subiscono nessuna battu-ta d’arresto né aumentano sensibil-mente la loro quota di mercato, ciòpuò volere dire che al di là degli slo-gan non esiste un business modelrealmente vincente o distintivo, oquanto meno non se ne percepisce lapresenza.

Anche l’asset mix dei portafogli

Nel primo semestre dell’anno le

attività finanziarie investite in

questo canale sono cresciute di

poco più di un punto percentuale

(1,3%) portando gli asset under

management totali a quota 443

miliardi di euro. Nel dettaglio il

progresso è stato sostenuto quasi

egualmente dalla performance sui

mercati (0,6%) e dalla raccolta di

nuovi capitali (0,7%). Ma non sono

questi i dati più interessanti,

poiché l’industria sta

gradualmente, ma costantemente,

cambiando pelle

Guardiamo al futuro

Page 43: F&S n.57

Ottobre 2013 43

delle strutture private negli ultimicinque anni non ha riservato grandisorprese: è infatti più o meno stabi-le la quota della liquidità (passata inun quinquennio dal 13,9% all’11,6%),dei titoli del debito bancario proprio(dal 9,2% all’8,2%), delle altre obbli-gazioni (dal 14,1% al 12,5%), dei titolidi stato (dal 16,6% al 13,6%), delleazioni (dal 13,3% al 9,6%), degli Etf(comparsi nel 2010, si ritagliano unaquota dello 0,5%) e delle gestionipatrimoniali (dal 18,6% al 18,4%),mentre guadagnano terreno i fondicomuni, in crescita dall’11,3% del2008, al 17% rilevato alla fine del giu-gno scorso. Nell’industria del privatebanking è tutto fermo, dunque?Assolutamente no. Come anticipato,le strutture stanno investendo tem-po e ingenti risorse per migliorarealcuni aspetti organizzativi e della

loro offerta. L’inversione di rotta piùsignificativa si è registrata nella tec-nologia, non tanto per rivoluzionarele piattaforme già in uso, quanto perintegrarle con nuovi contenuti, spe-cie sul fronte della consulenza, emigliorarne le performance, al fine difacilitare l’operatività quotidiana delsingolo banker, rendendo meno com-plicata la relazione con la clientela. Iltutto in uno scenario caratterizzato,in ogni caso, dall’ottimizzazione deicosti.

Perché com’è facilmente com-prensibile, la lunga recessione chesta colpendo il nostro paese e più ingenerale l’incertezza dei mercatistanno erodendo la redditività dellerealtà attive nel segmento private.Un fenomeno che, giocoforza, spin-gerà le direzioni a rivedere le propriestrategie. Lungo questa linea, la

maggior parte dei player sta gra-dualmente emigrando dai sistemi inhouse verso l’outsourcing, con l’o-biettivo di sviluppare piattaformemultifunzionali e multidevice.

Un capitolo a parte in tema di up-grade tecnologici lo merita senzadubbio la consulenza. Questo nuovomodello di servizio, infatti, ha signi-ficato per le strutture investimentisostenuti per offrire ai nuovi desk diadvisory, nati per supportare ibanker nella fase di costruzione del-l’asset allocation, soluzioni se possi-bile ancora più personalizzate. Finital’era dei portafogli modello, tratteg-giati secondo profili di rischio giàimpostati, con i nuovi strumenti l’o-biettivo è offrire una consulenza evo-luta che ha i suoi capisaldi nella rac-colta delle informazioni del cliente,nell’elaborazione delle informazioni

«Le strutture

stanno investendo

tempo e ingenti

risorse per migliorare

alcuni aspetti

organizzativi e della

loro offerta»

Page 44: F&S n.57

Banker&ConsulentiPrivate Banking

44 Ottobre 2013

ricevute per attribuire il profilo dirischio, nella definizione della strate-gia d’investimento, nelle operation enel costante monitoraggio degliasset.

Il prossimo step sarà verosimil-mente rappresentato dal passaggioda un sistema meramente negativo,fondato sul rispetto dei parametri dirischio, a uno propositivo, ma nonvincolante, che punti a valorizzare ilportafoglio mediante ri-assessment.Ma non solo. I dati raccolti dall’AIPBnel report Orientamenti di businessnel private banking, 2012, evidenzia-no che gli operatori di questa indu-stria stanno rivedendo le propriepriorità spostando il focus dalla par-

te commerciale e di marketing allasoddisfazione della clientela. Se pri-ma le direzioni concentravano l’80%degli investimenti nel front end com-merciale, la loro intenzione è tagliarein un futuro prossimo questa quotadel 32%, a tutto vantaggio, per esem-pio, delle risorse da dedicare ai siste-mi di monitoraggio, alert e di repor-ting dei portafogli della clientela. An-zi, sarà proprio il monitoraggio dellaposizione degli investitori e la lorosoddisfazione a rappresentare il capi-tolo più importante.

Last but not least, le strutture so-no costantemente impegnate a mi-gliorare la relazione con i singoli pro-fessionisti, fiaccatasi negli ultimi an-

ni a causa dei molti e gravosi compitida assolvere (Mifid in primis) che ave-vano un po’ allontanato le direzionidalla base dei banker.

Va da sé che un capitolo strategi-co per favorire i processi di crescitadelle risorse e l’integrazione con ilnuovo modello di business non piùfondato sul prodotto ma sul servizioè rappresentato dalla formazione.Vantare risorse umane qualificate èuno dei principali vantaggi per ognistruttura che voglia avere successo inun mercato dal grande potenziale,ma caratterizzato da una clientelameno fedele, multi-bancarizzata epiù difficile da seguire rispetto aquella retail. �

Èinnegabile che la consulenza in materiad’investimenti, a parte rarissimi casi,

non abbia trovato un terreno particolar-mente fertile nel nostro paese. Partito circasei anni orsono, il bilancio di questo model-lo di servizio che sembrava avere conquista-to le principali strutture dell’advisory finan-ziaria, lanciatesi con grande impegno nelbusiness, non è totalmente positivo e su que-sto fronte non mancano le brusche frenate.Forse con colpevole ritardo i player si sonoresi conto che la consulenza in materia d’in-vestimenti, che trova nella personalizzazio-ne il suo punto di forza, non è sempre soste-nibile economicamente a fronte di portafo-gli inferiori a qualche centinaia di migliaiadi euro. È indispensabile ricordare, infatti,che la macchina dell’advisory evoluta è tan-to difficile da condurre quanto costosa dasostenere nel tempo, specie se ci riferiamo al-le risorse tecnologiche da investirvi per farlafunzionare. A questo proposito si può affer-

mare che le strutture private dopo avere se-minato bene per diversi mesi, anche sul fron-te della formazione, sembrano finalmentepronte a raccogliere i frutti di questo impor-tante lavoro preparatorio. Non mancano,tuttavia, alcuni fattori da considerare. Laprima variabile, anzi la variabile per eccel-lenza, è rappresentata dalla clientela. Secon-do alcuni osservatori gli investitori italiani,generalmente poco formati e informati, nonsembrano ancora pronti a pagare un servi-zio che per anni hanno erroneamente consi-derato gratuito. Se questa valutazione non èper nulla campata per aria, visto che da di-versi sondaggi emerge che l’investitore ita-liano dedica molto più tempo, ad esempio,alla scelta dell’automobile o dell’abbiglia-mento, ma non trova lo spazio necessarioper approfondire gli argomenti che potreb-bero essere utili per gestire il proprio dena-ro, non si capisce bene perché altri strumen-ti, non certo gratuiti, come le Gpf, dove la de-

lega accordata dal cliente all’intermediarioe anch’essa ampia, riescano, invece, a incon-trare il loro favore. E dunque non si com-prende bene perché anche la consulenza, seadeguatamente spiegata, non dovrebbeprendere piede.

Consulenza

Qualche brusca frenata

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Banker&ConsulentiPrivate Banking/2

46 Ottobre 2013

di Massimiliano D’Amico ed Elisa Donati

C ome è cambiata in questi annila figura del banker e il libro “Ilmanuale del private banker”

come ha cercato di interpretare que-sto sviluppo?«Fin dall’inizio abbiamo percepito lafigura del private banker come quelladi un professionista della relazione,che ha la volontà di ampliare le pro-prie competenze e l’umiltà di capirequando è il momento di passare lapalla agli esperti dell’asset allocation.La comprensione del ruolo è migliorerispetto ai primi anni di corsi, così co-me è più ampio il bacino di compe-tenze che un professionista deve ave-re. Se durante le prime edizioni cerca-vamo di aprire un varco creando nuo-vi orizzonti e provocando, perché no,un certo stupore, ora il livello di con-sapevolezza è estremamente mag-giore. L’impostazione di fondo dun-que rimane la stessa e forse è la ragio-ne per cui abbiamo realizzato sei edi-zioni e siamo in aula dal 1994».

Il tema della consulenza negli investi-menti sembra meno sentito. Che cosasi riscontra dalle richieste dei profes-sionisti?«Riferendosi alla Mifid 1, la consulen-

za è un servizio ad alto valore aggiun-to insieme a quello di gestione di por-tafoglio e nel settore del private è giu-sto che questi due elementi viagginoinsieme. Erogare questo servizio si-gnifica avere prima investito per anniin strumenti, sia tecnologici sia for-mativi, per monitorare il portafoglio,ed è un approccio che comporta uncosto altissimo. Ciò che ci possiamoattendere è che da parte degli opera-tori adeguatamente attrezzati si veri-fichino spostamenti dal servizio inamministrato a quello di consulenza,senza dimenticare che nel momentoin cui si ha in mano un contratto fir-mato è d’obbligo fornire l’eccellenza».

Qual è la differenza tra un banker eun promotore finanziario? «La differenza è perlopiù di tipo eti-mologico, nonché giuridico-contrat-tuale. Questi due mondi hannosenz’altro un’area di sovrapposizio-ne: basti pensare a diverse reti italia-ne in cui alcuni dei promotori finan-ziari, iscritti all’albo come tali, posso-no essere paragonati a banker. E que-ste situazioni m’impediscono di ave-re una visione dicotomica, sebbenenon sia opinione unanime da partedi tutto il settore. Dopo di che, credonon vi sia una situazione migliore

La figura del banker è in continua

evoluzione. Lo racconta Paola

Musile Tanzi, professore ordinario

di economia degli Intermediari

finanziari presso l’Università di

Perugia, docente dell’area

intermediazione finanziaria e

assicurazioni della Sda Bocconi e

autrice di un libro su questa

professione

Il vantaggio dilavorare in team

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Ottobre 2013 47

dell’altra, ma una più coerente a se-conda delle caratteristiche dellarealtà in esame».

Negli ultimi mesi le reti stanno guar-dando con crescente interesse al mon-do del private banking. Qual è il suoparere su questo fenomeno?«Se non si ha una certa attitudine auna forte imprenditorialità e ad ac-cettare un elevato livello di tensione,non credo che ci sia una così ampiadisponibilità a lasciare le strutturebancarie. Personalmente, ritengo cheun po’ di contaminazione tra le variefigure professionali non possa che fa-re bene e ho sempre suggerito di va-lutare anche ciò che accade nelle al-tre realtà, per apprendere reciproca-mente, purché col dovuto rispettoper il lavoro altrui».

Quali sono i parametri che un bankervaluta prima di cambiare struttura?«Credo che il multibrand sia menoimpattante rispetto al passato, poi-ché ormai si è capito che adottarequesta filosofia non significa selezio-nare un’antologia di gioielli. Ora èchiaro che le strutture meglio posi-zionate sono quelle che hanno sapu-to scegliere i prodotti. Un aspetto alquale si presta invece particolare at-tenzione è il processo formativo: seuna struttura ti accompagna in que-sto percorso, risulta più appetibile ri-spetto ad altre che non offrono que-sto servizio. E questo è indice delcambio di argomentazioni in gioconel contesto attuale».

Sul fronte della remunerazione, sonomolti quelli che sostengono che ilbanker, avendo una retribuzione fis-sa, non rischi di cadere nel conflitto

d’interesse. Ritiene che questa sia unamotivazione sufficiente?«Il modello di business nel private èbasato sui dipendenti e mette nellacondizione di avere professionisti chenon hanno problemi di budget da ri-solvere. Il rischio delle banche specia-lizzate è di avere un sistema retribu-tivo “confortevole”, in cui né il clien-te né il private banker si trovino inuna condizione di stress. A questoproposito, sarà sempre più importan-te prestare attenzione all’economi-cità del modello di business adottato.Detto ciò, non me la sento di afferma-re che in altre realtà, dove si adottanomeccanismi di remunerazione forte-mente orientati alla componente va-riabile si debbano necessariamentevenire a creare conflitti d’interesse,perlomeno sulla fascia di clientelapiù elevata; credo che il problema siapiù forte sul segmento retail».

Fino a qualche anno fa, ogni struttu-ra aveva un entry level ben definito,mentre attualmente la situazione ap-pare notevolmente cambiata. Che co-sa ne pensa?«Mi sembra che ci sia una pacificazio-ne rispetto al passato: una volta scel-to il target di clientela si cerca dimantenerlo, con la consapevolezzache gli imprevisti sono all’ordine delgiorno. Questa logica di segmenta-zione che consiste nell’individuareuna sorta di “asticella” è senz’altroutile, tuttavia non può avere finalitàdi marketing, bensì solo organizzati-ve. Peraltro questa soglia, se da un la-to può considerarsi quasi banale, dal-l’altro è estremamente efficace, poi-ché serve per capire chi deve svolgereuna determinata mansione o ricopri-re un certo ruolo. C’è sempre stata l’i-

dea che il mondo del private bankingfosse una nicchia, mentre in realtà ècomposto da una varietà di segmen-ti differenti».

La percentuale di donne nel privatebanking è alquanto bassa. Sta riscon-trando un’inversione di trend nei suoicorsi?«Durante alcuni corsi la partizionetra uomini e donne è piuttosto equi-librata, specie se a partecipare sonole generazioni più recenti, mentre infase di reclutamento le proporzionicambiano drasticamente. Ribadiscoche, tuttavia, la componente femmi-nile in aula non manca, così come hoconosciuto molte donne che lavora-vano nel settore; resta il fatto che lapercentuale, soprattutto tra le cari-che più alte, sia ancora esigua rispet-to a quella maschile». �

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Banker&ConsulentiI grandi patrimoni

48 Ottobre 2013

di Massimiliano D’Amico e Gaia Barlassina

M algrado il quadro econo-mico resti complicato equasi ogni giorno si pre-

sentino ostacoli (mancava giusto loshutdown…) per la tanto sospirata ri-presa, o quanto meno per una ripre-sina, il numero dei super-ricchi, a li-vello globale, ha raggiunto il suomassimo storico. Il terzo report an-nuale condotto da Ubs e Wealth-X in-dica, infatti, che attualmente gli ultrahigh net worth (persone con oltre 30milioni di dollari di capitale) sono199.235 e il loro patrimonio totale haraggiunto nel 2013 quasi 28 trilioni didollari. Negli ultimi 12 mesi si è dun-que registrata una crescita di oltre il6% rispetto ai livelli toccati lo scorsoanno, con un aumento di 2 trilioni didollari in termini di capitale: una ci-fra addirittura superiore al Pil dell’In-dia. Il patrimonio complessivo degliUhnw è equivalente al 40% del Pilmondiale, anche se i super-ricchi so-no circa 1 ogni 35.000 persone, men-

tre la ricchezza media è pari a 139,4milioni di dollari, in crescita di 1,8 mi-lioni rispetto al 2012.

DOMINIO MASCHILE

La popolazione degli Uhnw a livelloglobale è dominata dagli uomini, chesi ritagliano una quota dell’88%(175.730) e vantano un patrimoniocomplessivo di 24.255 miliardi di dol-lari, l’87% della ricchezza totale ap-partenente ai super-ricchi. Dalla ri-cerca emerge inoltre che i maschipossiedono il 97% dei jet, dal valoremedio di 22 milioni di dollari, appar-tenenti agli Uhnw, mentre gli aereiprivati delle donne valgono media-mente 14,5 milioni.

Dominio maschile anche perquanto riguarda gli yacht e le pro-prietà immobiliari. Il 95% delleimbarcazioni è infatti appannaggiodegli uomini, mentre le donne sonoproprietarie di natanti ben più costo-si: 60,2 milioni contro 53,6 milioni. Lostesso fenomeno si verifica nel realestate. Se l’89% degli immobili tota-

Il report annuale condotto a livelloglobale sulle persone con più di 30milioni di dollari di capitaleevidenzia che il numero dei super-ricchi è cresciuto di oltre il 6% nelcorso del 2013. Il progressoregistrato negli ultimi 12 mesi sideve principalmente al contributodel Nord America e dell’Europa,mentre le due potenze emergenti,India e Cina, segnano unamomentanea battuta d’arresto. Gliitaliani appartenenti a questacategoria sono 2.075, con unaumento del 7% rispetto al 2012

Nessuna crisi per i paperoni del mondo

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Ottobre 2013 49

li degli Uhnw appartiene al sessomaschile, (il valore medio delle loroproprietà è di 14,5 milioni), quellofemminile vanta beni del valore di20,1 milioni. Infine, se parliamo difilantropia, sono le donne le piùgenerose: sebbene rappresentinosolo il 17% dei benefattori, il generefemminile ha elargito complessiva-mente 24,7 miliardi, contro i 24,6offerti dai super-ricchi.

La ricerca entra ancora più neldettaglio e identifica alcuni clusterbasati sul patrimonio netto detenutoda questa categoria d’investitori.

I super-ricchi che vantano un ca-pitale compreso tra i 30 e i 49 milionidi dollari sono 85.850, con un patri-monio totale di 3.505 miliardi, in au-mento del 6,9% rispetto agli scorsi 12mesi. Sono invece 60.760, con un ca-pitale totale di 4.720 miliardi di dol-

lari (in aumento del 9,9%) i paperonicon un patrimonio netto tra i 50 e i99 milioni. Man mano che si alzano lesoglie, scende, ovviamente, il numerodelle persone che vi rientrano. I milio-nari che vantano asset netti tra 100 e199 milioni di dollari sono infatti23.835, con un capitale totale di 3.780miliardi, in aumento del 13,3%, men-tre la quota di persone con beni com-presi tra i 200 e 249 milioni di dollariè di 14.185, con un patrimonio totaledi 3.205 miliardi, in aumento del5,6%. Alzando ancora l’asticella si re-stringe il campo degli appartenenti aquesto club esclusivo.

Sono 8.695, infatti, i fortunati conun patrimonio netto tra i 250 e i 499milioni, in aumento del 6%, mentrescende a quota 2.660 il numero dellepersone in possesso di un capitalenetto tra i 500 e i 749 milioni, in cre-

scita dell’8,7%. Sono appena 1.080 gli“sfortunati” che si fermano poco pri-ma della soglia del miliardo di dollarie devono accontentarsi di asset nettitra i 750 e i 999 milioni. I veri miliarda-ri (con un patrimonio oltre il billion)sono 2.170, con un capitale totale di6.516 miliardi, che corrisponde al 23%del patrimonio totale dei super-ricchi.

La crescita registrata tra il luglio2012 e 2013 si deve principalmente alcontributo del nord America e del-l’Europa: quasi 10.000 dei nuovi su-per-ricchi provengono infatti da que-ste due aree, che portano in dote 1,5trilioni di dollari. Nel dettaglio, nelnord America troviamo 70.485 super-ricchi (in crescita del 7,9%) con un pa-trimonio di 9.680 miliardi (in au-mento del 9%).

Gli Usa hanno registrato una cre-scita rispetto all’anno scorso sia in

«Nonostante una performance non del tutto soddisfacente,Wealth-X prevede che sarà l’Asia a

dominare la scena nei prossimi cinque anni»

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Banker&ConsulentiI grandi patrimoni

50 Ottobre 2013

termini di popolazione (a quota65.505, +8,7%), sia di ricchezza (9.085miliardi, +9,7%).

ITALIA QUINTA IN EUROPA

Anche l’Europa mostra segnali più checonfortanti. Il numero di super-ricchicomplessivo è cresciuto dell’8,7% e hatoccato quota 58.065. Il capitale è au-mentato del 10,4%, per un totale di7.675 miliardi.

I paesi del Vecchio continente chehanno concorso maggiormente alprogresso di questo segmento d’in-vestitori sono stati: Germania, GranBretagna e Svizzera. La tantobistrattata Italia si piazza all’onore-vole quinto posto in Europa pernumero di ultra-ricchi. I nostri con-nazionali appartenenti a questacategoria sono 2.075 (il 7% in piùrispetto al 2012) e vantano un capi-tale totale pari a 235 miliardi di dol-lari, in progresso del 6,8% rispettoallo scorso anno.

Al contrario, il rallentamento del-la crescita nei mercati emergenti haportato a un calo significativo dellapopolazione Uhnw in due economieche negli ultimi anni avevano corsoparecchio. Cina e Brasile hanno vistoassottigliarsi del 5,1% e del 13,5% laquota degli Uhnw.

Allargando il focus all’Asia, i su-per-ricchi sono 44.505 (+3,8%), con unpatrimonio di 6.590 miliardi (+5,4%).Le tre nazioni con il maggior numerodi appartenenti alla categoria ultrahigh net worth sono Giappone, Cina eIndia. In Giappone, grazie agli effettipositivi delle politiche economiche emonetarie attualmente in atto suimercati e nonostante la svalutazio-ne, i super-ricchi sono cresciutidell’11,2% (sono 14.270) e hanno accu-mulato 2.335 miliardi di patrimonio(in crescita del 12,5%). In India sono7.850, con 935 miliardi di asset (in lie-ve aumento dell’1,6% e dell’1,1% ri-spettivamente).

IL FUTURO È DELL’ASIA

Nonostante una performance nondel tutto soddisfacente, Wealth-Xprevede che sarà l’Asia a dominare lascena nei prossimi cinque anni. Se iltasso di crescita rimarrà costante, in-fatti, i super-ricchi asiatici supereran-no gli europei nel 2021, mentre il loropatrimonio complessivo sarà mag-giore già a partire dal 2017. Se gli Sta-ti Uniti mantengono oggi la primaposizione, il capitale in mano agliasiatici supererà quello statunitensedal 2024 e la popolazione dei super-ricchi sarà maggiore di quella ameri-

cana dal 2032. Passando, invece, all’A-merica latina, gli ultra high net worthsono scesi del 4,1%, portandosi a quo-ta 14.150, con un patrimonio di 2.110miliardi (-3,4% rispetto al 2012). I pri-mi tre paesi in classifica sono Brasile,Messico e Argentina. Gli Uhnw messi-cani sono aumentati del 3,9%, pas-sando a 3.365 e hanno accumulato unpatrimonio di 445 miliardi (+3,5%),mentre i paperoni argentini sono cre-sciuti del 6,7% (1.110 in totale), con uncapitale di 150 miliardi (+7,1%).

Spostando il focus sull’Africa, i ri-sultati appaiono contrastanti: il pae-se con la popolazione a più alto red-dito del continente, il Sudafrica, haregistrato un calo dell’1,3% nel nume-ro degli Uhnw (in totale sono 775, con100 miliardi di patrimonio, un datoinvariato rispetto al 2012), mentre laNigeria ha raggiunto il secondo postograzie a un progresso del 31,9% dellapopolazione dei super-ricchi, saliti aquota 600, con un capitale di 80 mi-liardi, anch’esso in crescita del 33,3%.

Al terzo posto si piazza l’Egitto,con 510 Uhnw (+4,1) e 65 miliardi dipatrimonio, invariato rispetto al 2012.

L’area che ha registrato la maggio-re crescita complessiva del livello diricchezza nel 2013 è stata comunque ilMedio oriente: tutti i paesi, eccetto laSiria, hanno toccato punte di incre-mento superiori al 15%, grazie all’au-mento dei prezzi del greggio registra-to negli ultimi mesi. In prima posizio-ne si piazza l’Arabia Saudita,con 1.360Uhnw (+17,2%) e 285 miliardi di capi-tale (+26,7%). Al secondo posto si col-locano invece gli Emirati Arabi Uniti,con 1.050 super-ricchi (+20,7%) e 190miliardi di patrimonio (+26,7%) e ilKuwait,con 845 Uhnw (+15%) e 145 mi-liardi di capitale (+26,1%). �

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Promotori&ConsulentiFee-only

52 Ottobre 2013

di Massimiliano D’Amico

M entre in Italia si discuteancora sui tempi e suimodi dell’avvio dell’Albo

dei consulenti,negli Stati uniti,al con-trario,i professionisti che operano uti-lizzando questo modello di serviziosembrano essersi conquistati la fidu-cia degli investitori. In occasione del 3°Congresso nazionale fee-only organiz-zato da Consultique, abbiamo inter-vistato Sheryl Garrett, fondatrice diThe Garrett Planning Network, unadelle società storiche nel mondo del-l’advisory a stelle e strisce.

Indicativamente a quanto ammontala quota di mercato detenuta dai con-sulenti a parcella?«Sfortunatamente non possiedo lestatistiche aggiornate sul numerodei risparmiatori statunitensi chehanno deciso di farsi assistere da unconsulente a parcella nelle scelted’investimento. Ciò di cui sono certa,invece, è che il numero degli iscritti alRia (Registered Investment Advisors)è in costante crescita e attualmentesi stima che il 20-30% dei consulentifinanziari adotti il sistema fee-only.Purtroppo nessuno sa veramente sequesti professionisti siano moneymanager o gestori privati di portafo-gli, poiché sono tutti registrati sotto il

cappello della stessa autorità di con-trollo, la Sec, oppure al suo corrispon-dente presente in ogni stato federale.Sono certa che buona parte di questiadvisor fee-only non fornisca servizidi pianificazione finanziaria. Appros-simativamente, ritengo che l’80% deibroker venga retribuito tramite unacombinazione di fee e commissioni».

Lei vanta una grande esperienza inquesto settore e la sua società è tra lepiù affermate negli Stati Uniti. Qual èil segreto del suo successo e cosa rendela sua compagnia diversa dalle altre?«Direi che le ragioni principali sonoquattro. La prima risiede nella nostramissione condivisa, negli obiettiviche ci siamo prefissati. Non vi è alcunaltro gruppo che si vanti di rendere ipropri servizi accessibili a tutte lepersone, motivo per cui noi ci distin-guiamo dalla massa. In secondaistanza, la nostra è una comunitàcomposta da professionisti che con-dividono le stessa mentalità comenessun altro nel settore. In terzoluogo, la nostra capacità di parlareapertamente con la stampa ha fattoun’enorme differenza sul frontedella popolarità e della trasparenza.E infine, devo dire la leadership. Que-sta, va da sé, non è una risposta chedarei io personalmente, ma è quan-to mi è stato più volte ripetuto

Sheryl Garrett, fondatrice di una

delle società storiche nel mondo

dell’advisory a stelle e strisce

racconta come è riuscita a

emergere in un settore complesso

come la consulenza, puntando

molto sui piccoli risparmiatori.

«Non siamo in genere i consulenti

dei ricchi e famosi, bensì della

gente normale»

Il segreto del mio successo

SHERYL GARRETT, FONDATRICE

DI THE GARRETT PLANNING

NETWORK

Page 53: F&S n.57

Ottobre 2013 53

durante quest’anno. Abbiamo ungruppo piuttosto ristretto di advisor,che aiutano con passione i loro clien-ti e che partecipano attivamente alleinterazioni nell’ambito del nostroforum privato, creando discussionimolto vivaci, ma soprattutto utili.Riconosco di essere stata estrema-mente fortunata a portare avantiquesto progetto e a condividere imiei obiettivi con grandi persone, edè grazie a loro che il pubblico acco-glie con favore il nostro lavoro. Inol-tre, siamo un team ancora abbastan-za piccolo. Da noi, prima ci si abbrac-cia e poi ci si stringe la mano e que-sta empatia si estende anche a moltidei nostri sponsor, ai relatori, nonchéai nostri amici della stampa, con cuiabbiamo la possibilità di parlareapertamente grazie alla nostra indi-pendenza. Non siamo in genere i con-sulenti dei ricchi e famosi, bensì dellagente normale».

In Italia, non tutte le strutture che of-frono consulenza finanziaria retroce-dono il 100% dei loro rebate ai clienti.È una questione problematica anchenegli Usa? Gli advisor americani, inmedia, quanti dei loro rebate non re-stituiscono ai clienti?«In alcune giurisdizioni i rebate sonovietati. Noi dobbiamo spesso nego-ziare con le società prodotto per otte-nere i migliori prezzi possibili per ilcliente finale. Generalmente i finan-cial planner americani fornisconoconsulenza finanziaria a fronte diuna fee. I professionisti che non ope-rano tramite la parcella, invece, rice-vono i proventi dalla vendita dei ser-vizi d’investimento e dei prodotti as-sicurativi e possono trattenere unapercentuale degli asset in gestione,ma in tutti e due i casi questo fattonon comporta alcun costo aggiunti-vo per il cliente. Nessuna terza parte

viene coinvolta e se ciò avvenisse nonverrebbe pagato alcun rebate».

In media, per quella che è la sua espe-rienza, quanto costa rivolgersi a unconsulente fee-only? «Una delle ragioni per cui The GarrettPlanning Network riceve così tantaattenzione dalla stampa risiede nelfatto che noi non imponiamo una ta-riffa minima sulla maggior parte deinostri servizi, cosicché tutti possanoaccedervi. A ogni modo, molti consu-lenti fee-only americani fornirebberoun piano finanziario per un ammon-tare nell’ordine di 2.500 – 5.000 dol-lari. Vari studi hanno dimostrato chel’advisor medio impiega tra le 10 e le12 ore per costruire una strategiad’investimento. Questo prezzo puòtuttavia comprendere la gestionecorrente del portafoglio, oltre all’assi-stenza per un certo periodo di tempo.Per quanto riguarda i nostri clienti, laspesa che devono affrontare si aggirainizialmente tra 1.000 e 2.000 dollari

e, in genere, pagano un terzo, oppurela metà di questa cifra se desideranofissare un appuntamento per moni-torare il portafoglio. Insomma, non èpiù di quanto un americano mediospende per acquistare un televisore,mentre i benefici sono di gran lungamaggiori».

I consulenti finanziari statunitensifanno pagare una commissione ag-giuntiva legata alla performance?«Questo è estremamente raro. Sonopochissimi i money manager che lofanno e generalmente gestisconohedge fund. Abbiamo alcune regolepiuttosto severe su come debba esse-re calcolata la performance e conquali criteri vi si possa applicare unacommissione. Stando ad alcune ri-cerche, supportate anche dalle auto-rità di regolamentazione, le commis-sioni legate alle performance potreb-bero spingere i gestori ad assumersimaggiori rischi di quanto sarebbeprudente fare per l’investitore». �

«Non vi è alcun

altro gruppo che si

vanti di rendere i

propri servizi

accessibili a tutte le

persone»

Page 54: F&S n.57

costo annuo totale è, come vedremo, in linea con quello

degli altri strumenti strutturati (0,60%). Il fondo è a capi-

talizzazione dei proventi.

Ma se vogliamo scommettere contro il Ftse Mib in ma-

niera più decisa, dobbiamo fare ricorso al Lyxor Etf Ftse

Mib Daily Double Short XBear, che è stato lanciato an-

ch’esso nel febbraio del 2008 e da allora ha raccolto capi-

tali per quasi 184 milioni di euro, ben più dell’omologo

short a leva uno, il che significa che se gli italiani vanno

contro lo fanno in modo pesante; o, se vogliamo metterla

diversamente, comporta che le finalità speculative sono

senza alcun dubbio prevalenti. Bisogna tuttavia fare pre-

sente che entrambi gli Etf short di Lyxor sono in crescita

quanto a raccolta, diversamente dal clone a leva long. Il

tracker transalpino in pratica prende come riferimento il

Ftse Mib, composto dalle 40 società più capitalizzate del

Belpaese e ne riproduce l’andamento con una leva due

short su base giornaliera. Il che, tradotto in soldoni, signi-

fica che ogni movimento positivo del Ftse Mib comporta

una variazione di segno opposto e di intensità doppia del

nostro clone (e viceversa): se il Ftse Mib guadagna il 2%, il

Lyxor Etf Ftse Mib Daily Double Short XBear perde il 4%;

se l’indice invece fa -3%, il nostro Etf arriva a +6%. Appa-

re evidente che chi sceglie di investire su un simile prodot-

L'indice che rappresenta in ambito borsistico una delle economie europee più in

difficoltà divide gli investitori: c'è chi continua a essere diffidente nei confronti di un

sistema in crisi e di un paese sempre in preda a sussulti politici e chi, dall'altra

parte, sostiene che le valutazioni sono favorevoli e il peggio è ormai alle spalle. Per

entrambi su Borsa Italiana sono disponibili diversi strumenti per compiere una

scelta decisa

Ci credo/Non ci credo

Etf

Ftse Mib

di Dario Palladini

[email protected] segmento EtfPlus sono quotati cinque stru-

menti, tre di Lyxor e due di EtfSecurities, che,

prendendo come riferimento il Ftse Mib,

scommettono al rialzo o al ribasso sul princi-

pale indice borsistico italiano, rappresentativo

dei 40 titoli più capitalizzati dell’economia del Belpaese,

amplificandone la portata con una leva due. Oltre a un Etf

short senza leva sempre sul medesimo sottostante.

ORSO A PIAZZA AFFARI

Partendo da quest’ultimo, non dotato di leva e dunque il

meno aggressivo del paniere di replicanti che andiamo a

considerare, vediamo che il Lyxor Etf Bear Ftse Mib, che

replica inversamente le performance del Ftse Mib su base

quotidiana; è negoziato a partire dal febbraio 2008 e ha

raccolto capitali per quasi 21 milioni di euro. Nell’indice di

riferimento Ftse Mib, rappresentativo di circa l’80% della

capitalizzazione totale di Borsa Italiana, troviamo le blue4

chip di Piazza Affari, come Eni, Enel, Generali, Unicredit,

Intesa SanPaolo. L’allocazione per settori vede il netto pre-

dominio del comparto finanziario/assicurativo col 36%

circa, seguito dall’energetico con il 21% e dalle utility con

il 17%. Il prodotto è a capitalizzazione dei proventi ed evi-

dentemente non presenta alcun rischio di tipo valutario. Il

54 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

Page 55: F&S n.57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 55

«La

trattazione

infraday

elimina di fatto

il delta Nav,

lasciando che

l’imposta vada a

incidere

esclusivamente

sul delta

prezzo»to ha aspettative piuttosto pessimistiche sul futuro della

borsa italiana, in quanto ritiene di trarre profitto da un suo

ribasso. L’Etf è armonizzato Ucits IV, capitalizza i proventi

e ha un Total expense ratio dello 0,60%. Il sottostante è

l’indice short Ftse Mib Super Short Strategy Gross Total

Return denominato in euro. Il prodotto ovviamente non

presenta alcun rischio legato al cambio.

PER ANDARE LUNGHI A LEVA

Per chi invece ha buone aspettative in relazione all’an-

damento del Ftse Mib, troviamo su Borsa Italiana un altro

Etf strutturato, questa volta a leva due long (sempre su

base giornaliera): si tratta del Lyxor Etf Ftse Mib Daily

Leveraged. Questo strumento, che ha un Ter annuo dello

0,60%, replica l’andamento del principale indice di Piaz-

za Affari raddoppiandone l’intensità del movimento: se

il sottostante Ftse Mib fa +1%, il clone dell’emittente

transalpino guadagna il 2%. Il replicante di Lyxor, come

quelli visti in precedenza, è stato quotato per la prima

volta nel febbraio del 2008 e nel tempo è arrivato ad

avere un Aum di poco meno di 239 milioni di euro (in

diminuzione rispetto a qualche mese fa). Il sottostante è

il Ftse Mib Leveraged Eur Price Return Index e l’Etf,

coerentemente con la natura dell’indice, distribuisce divi-

dendi una o due volte all’anno, solitamente nei mesi di

luglio e dicembre.

EtfSecurities propone due strumenti entrambi a leva

due, uno long e uno short sul Ftse Mib. L’Etfx Ftse Mib Le-

veraged (2x) Fund replica infatti l’andamento del princi-

pale indice di borsa italiano seguendone la direzione dei

movimenti e raddoppiandone l’intensità. Anche in questo

caso la leva si intende su base giornaliera. Il fondo è a re-

plica sintetica (swap based) e non distribuisce dividendi. I

contratti swap per maggiore tutela dell’investitore vengo-

no stipulati con più controparti e sono collateralizzati

giornalmente. Quotato dal giugno del 2010 e domiciliato

in Irlanda per motivi fiscali, l’Etf ha un costo annuo dello

0,60% e viene scambiato anche nelle borse di Francia, Ger-

mania, Norvegia, Regno Unito, Irlanda e Olanda.

Identico al precedente, con la sola, fondamentale dif-

ferenza che in questo caso la leva è -2x, è l’Etfx Ftse Mib

Super Short Strategy (2x) Fund, che replica inversamen-

te con leva due su base giornaliera le performance del Ft-

se Mib. Quotato dall’agosto 2010, questo clone condivide

col precedente costi, domiciliazione, metodologia di repli-

ca, gestione dei proventi e piazze di scambio.

Tutti i prodotti a leva analizzati sono a reset giornalie-

ro della medesima, ragione per cui per periodi di tempo su-

Page 56: F&S n.57

logia di strumenti va a colpire la maggiore tra le diffe-

renze (prezzo di vendita-prezzo d’acquisto e Nav del gior-

no di vendita-Nav del giorno d’acquisto), con altre riper-

cussioni a cadere, dal momento che la normativa italia-

na prevede due diversi tipi di reddito da investimento, che

sono i redditi da capitale e i redditi diversi (su questi ulti-

mi c’è poi il discorso sul recupero di eventuali minusva-

lenze). La trattazione infraday elimina di fatto il delta Nav,

lasciando che l’imposta vada a incidere esclusivamente sul

delta prezzo, evitando così tutte le altre complicazioni,

che possono fungere da disincentivo all’investimento.

Certo gli Etf a leva (long o short che sia) sono veicoli

d’investimento da maneggiare con attenzione e solo da

parte di investitori esperti. La leva finanziaria e il com-

pounding effect possono infatti alla lunga dare risultati

sostanzialmente diversi da quelli che ci si aspettava quan-

do si è partiti con l’investimento, a prescindere dall’anda-

mento dei mercati. �

periori alle 24 ore bisogna prestare la dovuta attenzione al

fenomeno conosciuto come compounding effect, che può

produrre discrepanze anche significative tra il rendimento

dell’Etf a leva, long o short che sia, e il corrispondente in-

dice di riferimento.

Le performance evidenziano risultati positivi fino a un

anno per i cloni a leva due diretta; per gli Etf short, inve-

ce, siano essi “semplici” o a leva due, i rendimenti sono

sempre col segno meno negli ultimi tre anni.

STRUMENTI SPECULATIVI

Al di là dei rendimenti offerti e dei costi, viene da chieder-

si se questi strumenti exchange traded si prestino ad inve-

stimenti speculativi mordi e fuggi, piuttosto che ad ope-

razioni di più ampio respiro temporale. A nostro parere, vi-

sta la struttura di questi veicoli d’investimento, sembra

proprio prevalere la prima ipotesi. Gli Etf infatti si adatta-

no sia a strategie d’investimento di lungo periodo (come

dimenticare tra gli altri tutti i prodotti a distribuzione dei

proventi), sia a orizzonti temporali più ridotti. Le caratte-

ristiche di negoziabilità che li contraddistinguono li ren-

dono sicuramente adatti a essere trattati con una certa

frequenza: un Etf si compra e si vende al pari di una qual-

siasi azione, potendo fissare anche i prezzi di acquisto e di

vendita; la liquidità sui mercati non manca e qualora ce ne

fosse necessità viene garantita dagli specialist. La leva poi

si pone come lo strumento adatto a chi ha forti convinzio-

ni e vuole massimizzare quello che pensa sarà a breve il

movimento dei mercati, potendo in seguito liquidare ve-

locemente ed efficacemente l’investimento fatto traendo-

ne un profitto da reinvestire alla prossima occasione.

La trattazione speculativa infraday, inoltre, ha il pre-

gio di semplificare l’intricata normativa fiscale che riguar-

da gli Etf: com’è noto, infatti, la tassazione su questa tipo-

Etf

Ftse Mib

56 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

Etc/Etn Isin Perf. % Ytd Perf. % 1Y Perf. % 3Y Ter %

Lyxor Etf Bear Ftse Mib FR0010446146 -16,17 -21,08 -21,40 0,60

Lyxor Etf Ftse Mib Daily Double Short XBear FR0010446666 -31,93 -40,14 -50,72 0,60

Lyxor Etf Ftse Mib Daily Leveraged FR0010446658 23,25 34,10 -29,89 0,60

Etfx Ftse Mib Leveraged (2x) Fund IE00B4V5WD83 24,95 35,44 -29,38 0,60

Etfx Ftse Mib Super Short Strategy (2x) Fund IE00B4TG8N52 -35,63 -44,01 -57,31 0,60

Gli strumenti per puntare su Piazza Affari Fonte: www.fondionline.it

Page 57: F&S n.57
Page 58: F&S n.57

58 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

Fondi azionari

Il ritorno dei giganti dell’It e delle telecomunicazioni

comportato la nascita di centinaia di società. Dal punto

di vista dei consumatori, sembrava essersi materializzato

una specie di Eden, caratterizzato da decine di offerte. Da

qualche anno a questa parte, però, la situazione ha regi-

strato un ulteriore cambiamento e lo scoppio della crisi

ha messo in moto una serie di fusioni e concentrazioni

che stanno scuotendo il settore delle telecomunicazioni.

La teoria in voga è che la concorrenza offra benefici,

ma è risultato vero fino a un certo punto. L’argomento

principale a supporto delle concentrazioni, chiamate eu-

femisticamente processo di consolidamento, è che lo svi-

luppo di internet nel mobile, con un traffico e tassi di cre-

scita esponenziali di anno in anno, renda necessaria l’evo-

luzione in corso d’opera. Tuttavia, a differenza dell’epoca

dei grandi monopoli, viene chiesta una concentrazione ac-

compagnata da un processo di deregolamentazione: dun-

C’è stato un tempo non molto lontano,

anche se potremmo ormai definirlo

come la preistoria delle telecomunica-

zioni, in cui ogni paese aveva una sola

società telefonica. Negli ultimi due

decenni del secolo scorso, con il mobile e internet anco-

ra in cerca di una strategia di crescita dopo la loro nasci-

ta, si diede vita a un’ondata di liberalizzazioni e privatiz-

zazioni che mise fine agli odiati monopoli. Si stabilì allo-

ra che la concorrenza era l’arma giusta per migliorare la

qualità del servizio e ridurre i prezzi. Come sempre, gli

Stati Uniti avevano compiuto qualche passo in più rispet-

to agli altri. Nel 1974, il governo Usa divise per decreto

la potentissima At&T in sette aziende regionali (chiama-

te baby Bells). Il Vecchio continente non avrebbe tarda-

to a seguirne i passi. La fine dei monopoli nazionali ha

Negli Stati Uniti e in Asia si registra un’ondata di concentrazioni ed è stato ridotto

al massimo il numero di compagnie che operano nella stessa area. Negli Usa le

società telefoniche sono nove, mentre in Cina il mercato è nelle mani di sole tre

aziende. Diversissima la situazione dell'Europa, dove il settore è frammentatissimo

e vede la presenza di 300 strutture. Le possibilità di ricavare utili in questo enorme

segmento per un investitore che sappia fare le scelte giuste sono ottime

Un mondo checambia, ma non

dappertutto

a cura di Rocki Gialanella

Page 59: F&S n.57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 59

Dagli ultimi movimenti, sembra che il mercato loca-

le vada ormai stretto alle grandi società Usa, che punta-

no a concludere acquisizioni in Europa. I team di anali-

sti, i gestori di fondi comuni e i manager del settore

sostengono che l’Europa sta restando indietro nelle tec-

nologie dell’informazione, vittima di un mercato fram-

mentato in piccoli regni nazionali, con regolamentazioni

molteplici e stringenti che non consentono di rendere red-

ditizi gli investimenti e che impediscono di mantenere il

passo verso la nuova società digitale imposta da asiatici

e nordamericani.

Una conferma di ciò arriva dai dati del business delle

compagnie europee. Nonostante la crescita esponenziale

del traffico sperimentata negli ultimi anni, il Vecchio con-

tinente è l’unica area del pianeta in cui gli utili delle so-

cietà non decollano. Molti operatori indicano la soluzione

del problema nel mercato unico digitale, ma la macchina

burocratica dell'Unione Europea e le legislazioni naziona-

li remano contro il progetto. In realtà, Bruxelles vuole un

que, pochi e grandi operatori e ridimensionamento dell’in-

tervento dei legislatori. In questo processo, gli Usa fanno

ancora una volta da battistrada. Quattro giganti (At&T, Ve-

rizon, Sprint e T-Mobile) si dividono l’enorme mercato sta-

tunitense. E il numero di società potrebbe essere addirit-

tura inferiore se il governo di Barack Obama non avesse

frenato nel 2011 l’intento di At&T di assorbire T-Mobile

Usa, filiale di Deutsche Telekom.

L’EUROPA RESTA INDIETRO

Nel Vecchio continente ci sono 300 operatori mobile,

rispetto ai nove Usa e ai tre cinesi. Verizon, che guida

la telefonia mobile in Usa, ha concluso con Vodafone

l’acquisto del 45% del capitale di Verizon Wireless per

100 miliardi di euro, rinverdendo gli eccessi della bolla

tecnologica. Si tratta della terza maggiore acquisizio-

ne della storia dopo l’acquisto della tedesca Manne-

sman di Vodafone (nel 2000) e della Time Warner da

parte di Aol (2001).

«Negli Usa il numero di società potrebbe essere addirittura inferiore se il governo di Barack

Obama non avesse frenato nel 2011 l’intento di At&T di assorbire T-Mobile Usa»

Page 60: F&S n.57

60 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

Fondi azionari

Il ritorno dei giganti dell’It e delle telecomunicazioni

mercato digitale unico e la fine del roaming, ma la presen-

za di una normativa stringente riduce i margini delle so-

cietà e le mette in difficoltà proprio nel momento in cui è

necessario investire somme ingenti per fare fronte alla do-

manda crescente.

Il contesto di riferimento starebbe pertanto debili-

tando i grandi operatori europei rispetto a quelli asia-

tici e nordamericani. La somma dei risultati (Ebitda)

ottenuti da At&T e Verizon ha generato nel 2012 pro-

fitti superiori a quelli realizzati dai cinque principali ope-

ratori europei (Telefónica, Vodafone, Orange, Deutsche

Telekom e Telecom Italia). Prova ne sia il forte trend

ribassista delle quotazioni di queste ultime, che le sta

trasformando in oggetto dei desideri delle grandi com-

pagnie nordamericane. Le società tecnologiche più

potenti degli Stati Uniti (e del mondo) posseggono liqui-

dità elevate. Alla chiusura dell’anno fiscale (settembre

2012), Apple poteva contare su una disponibilità di

91.758 milioni di euro, seguita da Microsoft con 46.428

milioni di euro al 30 giugno 2013, mentre alla stessa

data Google aveva in cassa 38.875 milioni di euro. Alla

fine del 2012, Facebook aveva una liquidità che ammon-

tava a 5.501 milioni e Amazon di 5.345.

Le società europee cercano di difendersi da questa

minaccia incrementando le dimensioni. Vodafone ha com-

prato a giugno la tedesca Kabel Deutschland per 7.700

milioni di euro. Telefonica, prima ancora di mostrare inte-

resse per Telecom Italia, aveva lanciato un’offerta di 8.550

milioni per E-Plus, una filiale di Kpn. Si tratta di timidi

movimenti, che si scontrano con i veti imposti dai legi-

slatori comunitari, finanche quando si tratta di operazio-

ni di condivisione di infrastrutture. La modalità seguita

da France Télécom e Deutsche Telekom, basata sull’unifi-

cazione in una joint venture (Everything everywhere) dei

rispettivi operatori britannici, potrebbe rappresentare una

strada percorribile. �

Fondo Società Valuta % Ytd % a1 anno

% a3 anni

% a5 anni

% Commissioneannua di gestione

db X-tr Stoxx Europe 600 Technology db X-trackers Sicav Eur 22,89 36,73 48,33 52,52 0,15

Lyxor Etf DJ Stoxx 600 Technology Lyxor International AM Eur 23,93 36,55 48,19 52,47 0,3

JP Morgan Europe Technology JP Morgan Funds Eur 29,46 35,75 54,91 96,82 1,5

Spdr Europe Information Technology Spdr Etf's Sicav Eur 21,82 34,55 n.d n.d 0,3

Global Tecnology Janus Capital Funds Eur 22 24,23 40,22 74,28 1,5

Fidelity Global Technology Fidelity Funds Sicav Eur 21,38 18,76 45 89,41 1,5

Invest Telecom Ing (L) Sicav Usd 24,43 17,64 46,88 72,12 2

Amundi Etf MSCI Telecom Service Ucits Etf Amundi Investment Solution Eur 26,3 17,35 20,87 n.d 0,25

Lyxor Etf DJ Stoxx 600 Telecommunications Lyxor International AM Eur 27,57 17,19 22,84 43,31 0,3

Equity Telecom Eurizon Easy Fund Eur 20,59 16,84 23,66 37,11 1,8

Bgf World Technology BlackRock Global Sicav Usd 18,77 16,48 35,09 79,29 1,5

Clean Technology Vontobel Fund Sicav Eur 13,81 16,34 26,32 n.d 1.65

Technology Fund Lombard Odier Funds Sicav Eur 21,71 16,34 37,96 58,49 n.d

Franklin Technology Franklin Templeton Investment Funds Sicav Usd 15,63 12,27 41,25 98,73 1,5

European Telecommunications and Technology Dexia Equities Belgium Eur 18,09 11,64 30,5 55,92 1,5

Equity World Telecom Classic Parvest Sicav Eur 17,45 11,19 35,81 60,56 1,5

Lyxor Etf MSCI World Telecom Services Multi Unit Luxembourg Sicav Eur 18,15 9,17 33,51 n.d 0,4

db X-tr Msci World Telecom Services Index db X-trackers Sicav Eur 17,27 9,14 n.d n.d 0,45

Global Telecommunications Fidelity Funds Sicav Eur 15,32 8,44 33,63 54,5 1,5

Telecommunication Index Equity State Street Global Advisor Francia Usd 15,7 7,03 28,96 49,23 1,2

I primi 20 fondi ed Etf azionari tecnologia e servizi telecomunicazioni

Page 61: F&S n.57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 61

calizzate sulle attività big data e analytics, cloud compu-

ting e sviluppo degli smartphone, presentino valutazioni

storicamente basse e nascondano molto valore. Il nostro

team crede che diverse aziende sopravviveranno ai cam-

biamenti in corso perché possono fare affidamento su ot-

timi management team. Sul versante dei possibili perden-

ti, troviamo imprese che presentano elevate valutazioni

perché coinvolte in un hype cycle legato a qualcuno dei

trend citati. Però, siamo preoccupati per la presenza in al-

cuni segmenti di valutazioni simili a quelle viste durante

la bolla speculativa di fine anni novanta. Detto ciò, stiamo

P erché potrebbe essere un buon momento per inve-stire nel segmento della tecnologia?

«Il settore è ancora un’area a crescita elevata e un motore

che traina l’economia globale. Attualmente stiamo incon-

trando alcune opportunità davvero eccezionali per investi-

re in società che stanno pilotando l’innovazione e trasfor-

mando non solo il settore tecnologico, ma anche molti al-

tri comparti dell’economia, come le compagnie industria-

li, quelle finanziarie e del comparto health care. Noi cre-

diamo che questi gruppi saranno in grado di offrire rendi-

menti molto positivi nel lungo termine».

Ci potete illustrare alcuni dei trend posti alla base dellatrasformazione?«La proliferazione degli smartphone e dei tablet low cost

sta creando una nuova ondata d’innovazione. E’ in corso

la nascita di molte società intorno alle nuove piattafor-

me di sistemi operativi lanciati da Google e Apple e di

diverse aziende hardware create nella scia di questi inno-

vativi sistemi operativi. Un grande trend avviato dalle

società It e telecom è l’utilizzo dei dati, che stanno spe-

rimentando una crescita esponenziale, sul proprio busi-

ness, sui clienti, sui competitor e sui prodotti. Crediamo

che sia in arrivo un’ondata di innovazione data-driven per

i consumatori. La proliferazione degli smartphone e dei

tablet crea un “consumatore connesso”. Le aziende produ-

cono applicazioni che consentiranno a chi vuole compra-

re di disporre di un maggiore numero di informazioni sui

prodotti che intendono acquistare».

In quale modo cercate di individuare quali saranno i vin-citori e i perdenti all’interno di questi trend?«Negli ultimi anni abbiamo notato divergenze nelle valu-

tazioni tra quelli che chiamiamo “haves” e quelli che de-

nominiamo “have nots”. Riteniamo che alcune società fo-

Brad Slingerlend, Cfa portfolio manager and equity research analyst, technology,

e Brinton Johns, equity research analyst technology, di Janus Capital

Una nuova ondatad’innovazione da

smartphone e tabletBRAD SLINGERLEND, CFA

PORTFOLIO MANAGER AND

EQUITY RESEARCH ANALYST,

TECHNOLOGY DI JANUS CAPITAL

BRINTON JOHNS, EQUITY

RESEARCH ANALYST

TECHNOLOGY, DI JANUS

CAPITAL

Page 62: F&S n.57

62 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

Fondi azionari

Il ritorno dei giganti dell’It e delle telecomunicazioni

messo a molte società di optare per buy back azionari,

di incrementare i dividendi erogati agli azionisti e di por-

tare a termine operazioni di M&A. Infine, l’aspetto inno-

vativo del settore It: rappresenta una variabile che espli-

cita i suoi effetti nel lungo termine e gioca un ruolo

importante nel processo di stock picking. Attualmente,

alcuni trend presenti nell’innovazione It offrono inte-

ressanti opportunità d’investimento: tra questi softwa-

re as a service, cloud computing, smartphone e deriva-

ti, internet advertising, Lte roll-out, consolidation in the

memory industry, internet security, software defined

networks, Internet of things».

Ci sono società che suscitano la vostra attenzione perchépossono essere ritenute più promettenti di altre?«Sì, ne citerei quattro:

È un buon momento per investire nel settore dellatecnologia e delle telecom?

«Pensiamo di sì, ma bisogna essere molto selettivi nella

scelta delle azioni. Gli argomenti principali a supporto

della nostra view sono quattro. In primo luogo, i primi

segnali di ripresa dell'economia stanno convincendo gli

investitori ad aumentare la quota del proprio portafo-

glio destinata ai settori ciclici, e l'It è sicuramente uno

di questi. A ciò bisogna aggiungere che, in media, le quo-

tazioni dei titoli tecnologici appaiono convenienti all'in-

terno del mercato globale e che presentano maggiori

prospettive di crescita e margini di mercato più elevati.

Come terzo fattore di supporto va considerato che, dopo

la bolla del 2000, le It company sono state oggetto di

una gestione disciplinata che ha prodotto bilanci sani e

grande disponibilità di liquidità, elemento che ha per-

cietà ad alta crescita, creando così una situazione in cui le

valutazioni vengono gonfiate».

Con un numero potenzialmente limitato di azioni vincen-ti e molti titoli sopravvalutati, come fate a investire nelsettore?«Crediamo che la nostra intelaiatura per investire in que-

sto comparto assuma una notevole importanza. Evitiamo

di perdere tempo nella formulazione di predizioni sul fu-

turo perché è un’attività inutile. Cerchiamo di costruire il

portafoglio dividendolo tra società “optionality” e “resi-

lient”. Con quest’ultimo termine indichiamo quelle che

hanno buone prospettive di sviluppo nel lungo termine,

ma che non registrano tassi di miglioramento dinamici.

Con il primo termine ci riferiamo ad aziende che, all’inter-

no di uno specifico scenario, hanno un potenziale di cre-

scita enorme. Non conosciamo quale sarà il futuro di que-

ste aziende, ma crediamo che, in particolari scenari, pos-

sano sprigionare un notevole potenziale di miglioramen-

to. Assumiamo posizioni ampie sulle “resilient company” e

un’esposizione ridotta sulle “optionality”». �

trovando società caratterizzate da quotazioni elevate, ac-

compagnate da tassi di crescita più sostenuti della media,

che rappresentano ancora interessanti opportunità d’inve-

stimento».

Potete fare un esempio delle società che considerate«have nots» già scontate dal mercato?«Oracle rappresenta un buon esempio. La società è stata

inclusa tra quelle che il mercato crede che siano destinate

a ridimensionarsi. Tuttavia, attualmente presenta un trend

di crescita. I due terzi circa del business di Oracle derivano

dal suo database relazionale, che costituisce una quota di

mercato dominante e in crescita nel panorama globale.

Inoltre, Oracle è presente anche nell’application business

per le imprese».

Quali sono i motivi che vi spingono a ritenere che esista-no quotazioni elevate in alcune aree del settore?«In un contesto permeato da una stagnazione della cresci-

ta del Pil mondiale, osserviamo che un numero crescente

di investitori si sta riversando su un ristretto ambito di so-

Johan Van der Biest, senior thematic equity fund manager di Dexia Asset Management

Quotazioni ancora convenientper le It stock

Page 63: F&S n.57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 63

• Micron Technology, una delle poche memory play ri-

maste. I vantaggi per questa compagnia derivano dal

rapido consolidamento dell’industria, dall’aumento dei

prezzi delle memorie e dal potenziale incremento dei

margini.

• Microsoft, anche se abbiamo qualche dubbio sul suo

potenziale di crescita nel lungo termine e siamo scet-

tici rispetto all’operazione Nokia; crediamo che la va-

lutazione conveniente, la capacità di generare elevati

flussi di cassa, il cambio del ceo e un significativo at-

tivismo degli azionisti, possano creare valore a favore

degli azionisti.

• Google, un titolo con un eccellente equilibrio tra valu-

tazione e crescita dei ricavi. Uno dei più importanti

player sull’internet advertising, pieno di nuovi prodot-

ti e attività (Google glass, smart watch, Google play,

connected car), probabilmente una delle più innovati-

ve It company nel panorama attuale.

• Ericsson, essenzialmente un’azienda destinata a espan-

dere i propri margini. Stiamo osservando i primi segna-

li di incremento delle capital expenditure tra i telco

operator (ad esempio Vodafone). Nelle vesti di leader

del mercato, Ericsson dovrebbe essere in grado di trar-

re i maggiori benefici».

Qual è la vostra opinione sulle aziende europee del set-tore?«Il settore It europeo è cambiato molto negli ultimi due an-

ni. Alcune società hanno attraversato un processo di ri-

strutturazione molto doloroso, ma adesso si trovano in

condizioni migliori (Infineon, St Micro, Alcatel, Nokia, Cap

Gemini). Altre sono riuscite a sviluppare gradualmente le

loro linee di prodotto e sono diventate leader di mercato

nei rispettivi segmenti (Asml, Sap, Arm, Gemalto). Oggi più

che mai ci sono interessanti compagnie It europee in cui

investire. Noi preferiamo Asml, Ericsson, Nokia, anche se

permangono molte incertezze sui brevetti in portafoglio e

sull’utilizzo della liquidità, Infineon, St Micro».

Qual è la vostra asset allocation?«L’asset allocation geografica è composta per l’82% da ti-

toli di aziende nordamericane, per il 10% da azioni euro-

pee per l’8% dell’area Pacifico. L’allocazione settoriale pre-

vede il 35% nel segmento Technology hardware, il 50% de-

stinato al software e services e il 15% a semiconductor e

semiconductor equipment. Le prime otto posizioni in por-

tafoglio sono occupate da Google, F5 Networks, Ericsson,

Micron Technology, Adobe, Cognizant, Omron, Murata

Manufacturing». �

JOHAN VAN DER BIEST, SENIOR

THEMATIC EQUITY FUND

MANAGER DI DEXIA ASSET

MANAGEMENT

Page 64: F&S n.57

64 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

fatti proprio l’annuncio del mancato tapering da parte del-

la Fed ha fornito forte sostegno a questa asset class, che

comunque era in via di stabilizzazione.

Ciò non toglie che per gli emergenti sia finita un’e-

poca, in cui arrivavano enormi masse di liquidità a pre-

scindere. In questo variegato mondo sembrano chiara-

mente mostrare una maggiore forza la Cina e il core indu-

striale asiatico, un’area dotata di una competitività non

paragonabile a quella di altre realtà. Il Dragone, infatti,

Imercati emergenti sembrano usciti da una delle crisi

peggiori della loro storia recente. Infatti tutta la pri-

ma parte del 2013 è stata difficoltosa, con alcune

piazze particolarmente fragili, come Brasile, Indone-

sia e India, che a un certo punto hanno fatto temere

il crack. Dietro questi problemi vi sono ragioni ormai ben

note: il rallentamento strutturale cinese, i deficit delle par-

tite correnti di alcuni paesi ancora poco competitivi a livel-

lo industriale, nonché l’estate di ribassi obbligazionari. In-

Consensus

I paesi emergenti

Non mancano le opportunità nelle aree in via di sviluppo e la crisi della prima parte

dell’anno è stata superata in alcuni casi brillantemente. Ma oggi investire in quella

zona del pianeta significa operare scelte ben consapevoli e precise, con una grande

conoscenza dell’ambiente e con una cultura specifica: non è più possibile puntare

sulla sola crescita generalizzata. Anche perché alti livelli di incertezza permangono

persino nelle nazioni più dinamiche e affidabili

Il panel dei gestori e degli analistiSSoorreenn BBeecckk--PPeetteerrsseenn, senior product specialist equities di HHssbbcc GGlloobbaall AAsssseett MMaannaaggeemmeenntt; EErrddiinnçç BBeennllii, responsabile azionario mercati emergenti e gestore del JJbb

GGlloobbaall EEmmeerrggiinngg MMaarrkkeettss SSttoocckk FFuunndd di SSwwiissss & GGlloobbaall AAsssseett MMaannaaggeemmeenntt; RReeggiinnaa BBoorrrroommeeoo, portfolio manager del LLeegggg MMaassoonn BBrraannddyywwiinnee GGlloobbaall IInnccoommee OOppttii--

mmiisseerr FFuunndd; GGiioovvaannnnii BBrraammbbiillllaa, gestore del fondo AAccoommeeAA PPaaeessii EEmmeerrggeennttii; RRoobbeerrttoo BBrraaggiioottttoo, responsabile delle gestioni patrimoniali di CCffoo SSiimm; GGiioovvaannnnii BBuuff--

ffaa, gestore del fondo AAccoommeeAA PPaaeessii EEmmeerrggeennttii; DDiiddiieerr CChhaann VVoocc CChhuunn, head of funds research di UUnniioonn BBaannccaaiirree PPrriivvééee;; SSaannddrraa CCrroowwll, membro del comitato inve-

stimenti di CCaarrmmiiggnnaacc GGeessttiioonn; GGiioovvaannnnii DDaa RRooss, responsabile dei mercati azionari emergenti di FFaammii ((ggrruuppppoo FFiiddeeuurraamm)); NNiicchhoollaass DDaavviiddssoonn, senior portfolio mana-

ger di AAlllliiaanncceeBBeerrnnsstteeiinn; EEmmiilliioo FFrraannccoo, Cfa, vice direttore generale e responsabile investimenti di UUbbii PPrraammeerriiccaa SSggrr; TThhoommaass GGeerrhhaarrddtt, head emerging markets di

EEddmmoonndd ddee RRootthhsscchhiilldd AAsssseett MMaannaaggeemmeenntt; IIwwoonnaa KKoocchhaannsskkaa, portfolio analyst di RRuusssseellll IInnvveessttmmeennttss; PPiieerrrree PPuuyybbaasssseett, portavoce della gestione di FFiinnaanncciièèrree ddee

ll’’EEcchhiiqquuiieerr; RRoobbeerrtt RRaauusscchh, responsabile direzione investment solutions di BBaannccaa EEssppeerriiaa; MMaarriiaa PPaaoollaa TToosscchhii, market strategist di JJpp MMoorrggaann AAsssseett MMaannaaggeemmeenntt;

RRaajjeesshh VVaarrmmaa, gestore di DDnnccaa FFiinnaannccee..

di David Tonello

Fine di un’epoca

Page 65: F&S n.57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 65

«Le azioni

degli emerging

sono al minimo

degli ultimi otto

anni,se

confrontate con

quelle dei

mercati

sviluppati sulla

base delle

valutazioni price

to book»sembra avere evitato per il momento il tanto temuto

hard landing e anzi ha aumentato notevolmente il dif-

ferenziale di crescita rispetto ad altri paesi.

Resta infine da vedere quanto durerà la pacchia della

politica monetaria ultra-espansiva da parte della Fed,

che si è rivelata sempre più la vera Banca centrale del

mondo. Anche in quel caso prima o poi bisognerà fare i

conti con la realtà. �

Quale tipo di valutazioni offrono oggi le azioni dei mercati emergenti?

Ai minimi del decennio

Sottovalutato

Intorno a fair value

75%

25%

I n generale, gli addetti ai lavori sono concordi nel

ritenere le valutazioni degli emergenti attraenti e ai

loro minimi di un decennio, come sintetizza Maria

Paola Toschi, market strategist di Jp Morgan Asset

Management: «Per questi mercati il multiplo che viene

considerato più attendibile è il P/Book value. Questo

indicatore al momento è vicino a 1,5, un livello ritenu-

to molto basso che potrebbe rappresentare una buona

soglia di ingresso e di accumulazione».

Più nel dettaglio, Sandra Crowl, membro del comita-

to investimenti di Carmignac Gestion, spiega: «Le azio-

ni degli emerging sono al minimo degli ultimi otto anni,

se confrontate con quelle dei mercati sviluppati sulla

base delle valutazioni price to book. Su un criterio price

earnings, l’indice mercati emergenti a 10,20 (stima 2014)

è abbastanza a buon mercato rispetto a 13,9 (stima 2014)

di quello Usa S&P. Quando si confronta l’indice Msci Bric

con un Price earnings di 8,8 (stima 2014) rispetto al Msci

Frontier Markets Index a 10,34, i paesi Bric offrono mag-

giore valore, ma è necessario assicurarsi che ci sia dav-

vero una crescita; a volte vale la pena pagare un po’ di

più se si ha una maggiore visibilità degli utili».

Su quest’ultimo punto, interessante il commento di

Nicholas Davidson, senior portfolio manager di Allian-

ceBernstein: «Generalmente una società di un paese

emergente è maggiormente redditizia e si sviluppa più

Page 66: F&S n.57

66 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

Consensus

I paesi emergenti

rapidamente, presentando un bilancio migliore sotto il

profilo della solidità, esorcizzando così il rischio di ban-

carotta. Senza dimenticare che interessanti opportunità

derivano anche dal fatto che le finanze pubbliche versi-

no in condizioni meno problematiche rispetto a quelle

delle nazioni sviluppate».

Anche Pierre Puybasset, portavoce della gestione di

Financière de l’Echiquier, è attento alle cifre: «Gli attua-

li livelli di valutazione sono molto differenziati all’inter-

no dell’universo dei mercati emergenti. Il Per 2014 può

variare dal 4,2x della Russia al 17,7x delle Filippine e il

P/B può differenziarsi dallo 0,7x della Russia al 3,1x del-

l’Indonesia. Queste discrepanze devono essere affrontate

con cautela, in quanto tale genere d’investimento richie-

de che si prendano in considerazione altri parametri, quali

il fattore politico, il rischio normativo e la componente

valuta».

Un’occhiata alla Russia e un invito alla prudenza an-

che da Thomas Gerhardt, head emerging markets di Ed-

mond de Rothschild Asset Management: «I titoli russi so-

no i più economici, ma per buone ragioni; così è stato per

gli ultimi 20 anni. Le valutazioni devono essere viste nel

contesto della sottostante crescita e della visibilità degli

utili di base, della corporate governance e dei rischi poli-

tici e normativi».

Soren Beck-Petersen, senior product specialist equi-

ties di Hsbc Global Asset Management, sottolinea la na-

tura ciclica dello sconto degli emergenti: «Questa asset

class ha un’abbondanza di titoli ciclici particolarmente a

buon mercato. Se si confronta il P/E discount dei ciclici ri-

spetto ai titoli difensivi negli ultimi 18 mesi, lo sconto si è

ampliato in modo significativo da circa il 30% al 50% e

crediamo che le azioni che seguono la crescita tornernno

a fair value rispetto a quelle difensive nel breve-medio pe-

riodo».

Infine ammonisce circa i rischi di un deterioramento

economico Roberto Bragiotto, responsabile delle gestioni

patrimoniali di Cfo Sim: «Dopo un andamento general-

mente negativo dei corsi azionari nel 2013, le valutazioni

sono oggi interessanti, sia in termini di P/E sia di Peg ratio

(inferiori ai valori medi degli ultimi anni e assolutamente

concorrenziali rispetto a quelli dei paesi sviluppati), sia an-

cora di P/Bv (ai minimi da 25 anni). Queste valutazioni in

termini assoluti positive, potrebbero però peggiorare se le

aspettative di crescita economica incorporate in queste

quotazioni dovessero essere disattese». �

M entre le cifre e le proiezioni sono tra le più

varie, si nota tra gli interpellati una grande

attenzione al settore dei beni di consumo.

Erdinç Benli, responsabile azionario mercati emergenti e

gestore del Jb Global Emerging Markets Stock Fund di

Swiss && Global Asset Management, introduce così l’ar-

gomento: «Molti analisti negli ultimi trimestri hanno ef-

fettuato revisioni negative degli utili, tanto che le attua-

li proiezioni sui conti prezzano molto pessimismo. È quin-

di probabile che alcune aziende possano sorprendere al

rialzo». Per Benli la crescita degli utili dovrebbe attestar-

si intorno al 12%, così come per Robert Rausch, respon-

sabile della direzione investment solutions di Banca

Esperia, che precisa: «Questo incremento sarà guidato di

pari passo dalle imprese che producono beni di consumo

e dalle industrie che, grazie al deprezzamento delle valu-

te avvenuto negli ultimi tempi, hanno recuperato com-

petitività. Rispetto ad alcuni anni fa il tessuto industria-

le dei paesi emergenti è cambiato notevolmente: nell’ul-

timo periodo queste nazioni hanno costruito una solida

base anche nel settore dei consumi e dei servizi e le loro

esportazioni sono ora molto diversificate».

Sugli stessi temi però, Rajesh Varma, gestore di Dn-

ca Finance, avvisa: «Ci sarà una crescita superiore alle at-

tese tra gli esportatori, ma questi titoli hanno già otte-

nuto buoni risultati negli ultimi tre mesi. La maggior par-

te della regione asiatica è orientata all’export. Le azioni

dei beni di consumo degli emergenti, tuttavia, sono

estremamente costosi e subiranno correzioni».

Regina Borromeo, portfolio manager del Legg Ma-

son Brandywine Global Income Optimiser Fund, pun-

tualizza: «Ci aspettiamo che la crescita segua una traiet-

toria espansionistica, ma non che si verifichi un boom. Lo

sviluppo negli Usa, nell’Eurozona, in Giappone e in Cina è

Crescita a singola cifra

Crescita più forte,ma ampiamente dispersa

fra settori e paesi

50%

50%

Quale tipo di crescita dei profitti vi attendete e dove vedete la maggiore visibilità?

Nessun boom all’orizzonte

Page 67: F&S n.57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 67

sincronizzato, anche se a velocità diverse, ma con lo stes-

so trend rialzista». Borromeo torna poi sul tema export

proposto dai colleghi: «Se questa dinamica si protrarrà, la

crescita e gli utili dei mercati emergenti ne trarranno in-

dubbio vantaggio, poiché gli scambi commerciali rappre-

sentano ancora un fattore determinante per queste eco-

nomie e le loro imprese. Inoltre, il recente deprezzamento

valutario che ha interessato gli emerging market dovreb-

be a sua volta riflettersi positivamente sulle esportazioni e

migliorarne la competitività».

Considerazioni simili, ma cifre ben diverse dai colleghi le

esprime Giovanni Da Ros, responsabile dei mercati azionari

emergenti di Fami (gruppo Fideuram): «Il consensus di mer-

cato circa la crescita degli utili per il 2013 è di poco superio-

re all’8% e dell’11% circa per il 2014. Riteniamo tuttavia che

nei prossimi mesi le attese per l’anno venturo potrebbero su-

bire revisioni al ribasso a causa delle politiche monetarie re-

strittive adottate da diversi paesi emergenti nel tentativo di

difendere la propria valuta». Le stime raddoppiano nelle

considerazioni di Sandra Crowl di Carmignac Gestion: «Per il

2014 prevediamo che la crescita degli Eps delle aziende dei

mercati emergenti sarà circa pari a quella delle imprese dei

paesi sviluppati, ovvero nella fascia bassa della singola cifra.

Però la crescita degli utili per quanto riguarda i titoli nel no-

stro portafoglio, appartenenti al settore consumi, dovrebbe

risultare intorno al 22% per il 2014».

Entra maggiormente nel dettaglio Thomas Gerhardt di

Rothschild Asset Management: «Alcuni mercati sono estre-

mamente ciclici per natura, come la Corea del Sud, altri

hanno un’elevata correlazione con i prezzi delle materie

prime e dell’energia: tra questi Brasile e Russia. Settori co-

me beni di consumo, cura della salute e finanziari sono in

grado di fornire una crescita degli utili superiore al 20% in

alcuni specifici paesi». Infine sulla stessa lunghezza d’onda

Pierre Puybasset di Financière de l’Echiquier: «L’aspettati-

va di crescita degli Eps nei mercati emergenti per il 2014 è

del +15%. Ma, di nuovo, la situazione è molto contrasta-

ta. Nella parte alta della crescita ci sono paesi come Cile

(+25%), Russia (+27%) o Corea (+19%), dall’altro lato Fi-

lippine (+6,1%) e Taiwan (+9%)». �

Che cosa è cambiato per i mercati emergenti dopo il Fomc meeting di settembre?

Grazie Bernanke!

Maggiore stabilità

Maggiore stabilità, ma di breve durata

50%

50%

Un momento di respiro: questo è ciò che hanno

ottenuto gli emergenti dopo il posticipo del ta-

pering, secondo gli operatori intervistati da Fon-

di&Sicav. Per cominciare, un monito di Nicholas Davidson,

di AllianceBernstein, che ricorda l’elevato beta di questa

asset class: «Una considerazione iniziale, ma fondamenta-

le, che deve affrontare chiunque voglia investire negli

emerging, specie nell’equity, è la necessità di mantenere

un approccio di lungo termine, soprattutto a fronte del-

l’elevata volatilità. Le piazze emergenti sono infatti una

sorta di banderuola che segue la direzione dei venti agi-

tati dagli eventi macroeconomici, come è accaduto ad

esempio dopo le dichiarazioni sul tapering del numero

uno della Fed Ben Bernanke».

Soren Beck-Petersen di Hsbc Global Asset Manage-

ment, puntualizza: «Prima della riunione del Fomc le

azioni degli emergenti avevano già cominciato a recupe-

rare, man mano che i dati economici suggerivano una

stabilizzazione della crescita nei principali mercati, Cina

in particolare. Crediamo che la decisione di posticipare il

tapering fornirà probabilmente un ulteriore supporto al-

le azioni dei mercati emergenti per il resto dell’anno». Co-

sì anche Robert Rausch, di Banca Esperia: «Il rally dei

mercati azionari degli emergenti è iniziato alla fine di

Page 68: F&S n.57

68 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

Consensus

I paesi emergenti

siderate più fragili: «Diversi emergenti hanno beneficiato

negli ultimi anni di un basso costo del denaro e hanno vi-

sto molti flussi in entrata. Con i tassi in aumento negli Sta-

ti Uniti, tuttavia, anche l’avversione al rischio è aumenta-

ta e gli investitori hanno iniziato a uscire dagli emerging.

Ciò ha portato all’attuale stato di debolezza del mercato

azionario e valutario. Con questo, le valutazioni dell’equity

sono scese a livelli interessanti. I paesi con elevati deficit

delle partite correnti come l’India, la Turchia e il Brasile

hanno beneficiato maggiormente del rinvio del tapering

della Fed».

Giovanni Da Ros, di Fami (gruppo Fideuram), ricorda

però che le recenti scelte della Banca centrale Usa sono

un palliativo temporaneo: «La decisione della Federal

Reserve di posticipare l’inizio del tapering ha sicuramen-

te dato fiato ad alcune valute emergenti, ma riteniamo

che in prospettiva la capacità delle economie in via di svi-

luppo di attirare i capitali esteri dipenderà principalmen-

te dai fondamentali di questi paesi. In particolare ciò sarà

conseguenza della presenza di tassi di interesse adegua-

ti al tasso di inflazione domestico e da una stabilizzazio-

ne della bilancia commerciale».

Sulla stessa lunghezza d’onda tornano anche Giovan-

ni Brambilla e Giovanni Buffa gestori di AcomeA: «Il fat-

to che la Federal Reserve abbia posticipato il tapering non

cambia sostanzialmente le cose nel medio periodo. Molta

della liquidità immessa negli ultimi anni è infatti conflui-

ta indirettamente nei mercati emergenti, contribuendo ad

aumentarne le valutazioni; questo fenomeno potrebbe su-

bire un’inversione non appena le banche centrali adotte-

ranno politiche meno espansive. La Fed è consapevole che

un brusco rientro della liquidità potrebbe causare, tra le

altre cose, un’instabilità finanziaria e sta forse dando più

tempo a questi paesi per adattarsi ai nuovi scenari inter-

nazionali».

Sui problemi strutturali degli emergenti in deficit

torna anche Didier Chan Voc Chun, head of funds resear-

ch di Union Bancaire Privée: «Il mercato cerca di com-

prendere come il tapering della Fed potrebbe colpire gli

emergenti e vede il suo ritardo come un sollievo di breve

termine. Resta comunque vero che alcuni di questi paesi

hanno i loro problemi, soprattutto quelli con alti deficit

delle partite correnti, come Indonesia, India, Sudafrica,

Turchia e Brasile. Questi restano vulnerabili, dato che con-

tinuano a lottare con le necessità di finanziamento e con

difficoltà di natura valutaria». �

agosto, ossia molto in anticipo rispetto alle dichiarazioni

rilasciate da Bernanke che hanno poi fornito ulteriore

spinta ai listini azionari; l’effetto principale è stato legato

ai tassi di interesse dei quali si è verificata una discesa do-

po l’annuncio che il tapering verrà posticipato a data da

destinarsi».

Enfasi sui tassi di interesse anche da Regina Borromeo,

del Legg Mason Brandywine Global Income Optimiser

Fund: «Nel breve periodo, la decisione del Fomc di rinvia-

re la riduzione del programma di acquisto di titoli ha of-

ferto ai mercati emergenti un certo margine di tempo per

affrontare e risolvere squilibri e debolezze. I recenti dati

sul settore manifatturiero indicano una svolta in atto nel-

le economie in via di sviluppo e il miglioramento delle con-

dizioni sui mercati di capitali con emissioni di debito pri-

marie mostra una certa stabilizzazione. Inoltre, le monete

degli emergenti dovrebbero beneficiare del supporto of-

ferto da una combinazione di stimoli monetari globali an-

cora accomodanti per tutto il 2014 e del rimbalzo della

crescita in Cina».

Erdinç Benli, di Swiss & Global Asset Management, ap-

profondisce l’argomento, concentrandosi sulle realtà con-

Page 69: F&S n.57

FONDI&SICAV/Ottobre 2013 69

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Settori ciclici Difensivi Altro

50% 50% 20%

0

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30

40

50

60

Cina e Asia del nord Russia India Altro

50% 20% 20% 50%

P er iniziare il giro di opinioni, è interessante il com-

mento di Didier Chan Voc Chun, di Union Bancai-

re Privée: «Crediamo che il meglio delle opportu-

nità si trovi nelle aziende export oriented, sia in termini di

valutazioni sia perché sfruttano i miglioramenti fonda-

mentali nell’outlook di crescita dei mercati sviluppati. Per

l’Asia, ciò si traduce in una preferenza per i paesi del nord,

dove l’attività economica sembra in generale che continui

a rafforzarsi. Ciononostante, l’assenza di una grande poli-

tica di stimolo in Cina potrebbe limitare l’attuale rimbalzo

della crescita. La Russia offre ancora le valutazioni più in-

teressanti tra gli emergenti globali. Il paese è caduto in di-

sgrazia sui mercati per diverse ragioni, ma a oggi il surplus

delle partite correnti, il pareggio di bilancio e l’inflazione

contenuta offrono spazio per una politica monetaria più

accomodante».

La Russia torna nelle scelte di Nicholas Davidson di Al-

lianceBernstein: «Ritengo che le occasioni più succose si

celino spesso nei paesi considerati più controversi e in

qualche modo meno sicuri, quali Brasile, Russia e Turchia».

Da notare la posizione diametralmente opposta di Robert

Rausch di Banca Esperia: «Le migliori opportunità si trova-

no dove si ha una crescita solida e senza rischi di caratte-

re socio-politico». In generale comunque, salvo un paio di

eccezioni, sono più o meno tutti concordi: con qualche va-

riazione, si punta sull’Asia.

Ad esempio sull’India si concentra Giovanni Da Ros, di

Fami (gruppo Fideuram): «Guardiamo con interesse al mer-

cato indiano, in quanto l’attuale fase di rallentamento po-

trebbe dare al governo quella spinta per intraprendere al-

cune riforme necessarie, ma poco popolari, che potrebbe-

ro permettere all’economia di crescere a tassi più vicini al

potenziale. Inoltre, il nuovo governatore della Banca cen-

trale indiana sta rispondendo in maniera adeguata alle

pressioni del mercato sulla rupia».

Amplia i temi Maria Paola Toschi di Jp Morgan Asset

Management: «Tra i cosiddetti Brics preferiamo la Cina,

che sta dando buoni segnali in termini di ripresa degli in-

dicatori ciclici; al di fuori di quest’area abbiamo la Corea,

ma anche il Sudafrica. Tra i settori stiamo privilegiando

tecnologia, finanza e grande distribuzione, ovvero i seg-

menti che hanno spazio di ampia diffusione nei prossimi

mesi». Cina pure per Iwona Kochanska, portfolio analyst

di Russell Investments: «Attualmente diversi grandi mer-

cati offrono buoni spunti in ottica value. Nell’ultimo an-

no, per esempio, le azioni H cinesi hanno avuto perfor-

mance pari alla borsa americana, ma tuttora scambiano

con uno sconto del 28% rispetto alla loro media storica,

mentre le quotazioni Usa cominciano a sembrare un po’ al

limite. Inoltre i recenti dati mostrano un’accelerazione del-

l’economia del Dragone. Infine le valutazioni continuano

a presentare una forte dispersione e preferiamo concen-

trarci su occasioni deep value».

Un focus per certi versi sorprendente sui difensivi ar-

riva da Giovanni Brambilla e Giovanni Buffa, del fondo

AcomeA Paesi Emergenti: «Generalmente tendiamo a pri-

vilegiare economie, settori e azioni che trattano a valuta-

zioni particolarmente attraenti e il cui potenziale di me-

dio lungo periodo sia in buona parte ancora inespresso. In

questo momento siamo esposti alla Cina, soprattutto su ti-

toli small e mid cap, alla Grecia, la cui economia sta dan-

do segnali di stabilizzazione, e all’Est Europa. In termini

Dove sono le migliori occasioni?

Russia, Cina e Asia su tutti

Page 70: F&S n.57

70 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

Consensus

I paesi emergenti

settoriali privilegiamo i difensivi come telecomunicazio-

ni e utility, mentre rimaniamo cauti sul finanziario e l’e-

nergia».

Roberto Bragiotto, di Cfo sim sottolinea l'importan-

za dei dividendi: «Uno dei fattori da cui si ritiene interes-

sante cogliere valore è il rendimento da dividendo, in

quanto nel primo semestre del 2013 le società dei paesi

emergenti hanno mediamente distribuito una cedola pa-

ri al 30-35% dei profitti; il rendimento medio si è atte-

stato al 2,8%. In particolare l’Asia potrebbe essere l’area

su cui focalizzare l’attenzione, poiché, in un contesto di

crescita globale in via di miglioramento, i paesi di que-

sta regione, tipicamente esportatori, potrebbero benefi-

ciare anche della svalutazione della propria moneta».

Non manca chi crede nell’America latina, anche se

soprattutto nel reddito fisso. Tra costoro Regina Borro-

meo, del Legg Mason Brandywine Global Income Optimi-

ser Fund: «Abbiamo esteso la duration dei titoli di stato

messicani in valuta locale, incrementato l’esposizione

sulla parte a breve della curva dei corporate investment

grade meno ciclici e aumentato il peso nelle obbligazio-

ni denominate in real brasiliani per approfittare del livel-

lo dei tassi e della debolezza di alcune valute dei merca-

ti emergenti in questi ultimi mesi».

Infine valore nelle aree più penalizzate dagli investi-

tori vede anche Emilio Franco, Cfa, vicedirettore genera-

le e responsabile investimenti di Ubi Pramerica Sgr:

«Nell’ambito delle obbligazioni in valuta locale, pensia-

mo che le migliori opportunità siano rappresentate dal

Brasile: i rendimenti reali sono estremamente elevati e la

curva dei tassi, molto ripida, sconta più rialzi di quelli che

ci attendiamo. Sulle azioni riteniamo che le offerte più

interessanti siano nell’Asia emergente, per una combina-

zione di valutazioni interessanti e il potenziale di riacce-

lerazione macro legato alla possibilità di un recupero del-

le esportazioni verso i paesi sviluppati. Ciò grazie alla mi-

gliorata competitività generata dall’indebolimento del

cambio, ai segnali positivi di consolidamento della cre-

scita in Usa e alla ripresa, seppure modesta e vulnerabi-

le, nell’Eurozona». �

L a parola chiave in questo caso è incertezza, soprat-

tutto in materia di politica economica, ma anche di

politica tout-court. Contano anche il peso dell’inco-

gnita cinese e la situazione difficoltosa di alcune nazioni,

gravate da saldi con l’estero fortemente negativi. Una pre-

cisazione iniziale arriva da Pierre Puybasset di Financière

de l’Echiquier: «Dal nostro punto di vista, la stabilità del-

l’insieme dei mercati emergenti non può essere influenza-

ta da un unico rischio. Gli investitori sono ben consapevo-

Qual è il pericolo maggiore che vedete oggi per gli emergenti?

Ancora tanta incertezza

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Settori ciclici Difensivi Altro

50% 50% 20%

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FONDI&SICAV/Ottobre 2013 71

li delle differenze all’interno di questo universo e non lo

vedono più come un settore uniforme. Detto ciò, ci sono

palesi minacce per i paesi più fragili, come cattive gestio-

ni politiche, accresciuti protezionismi, banche centrali in-

competenti e crisi creditizia generale».

Andando nel vasto campionario di rischi specifici, ec-

co ciò che paventa Rajesh Varma, di Dnca Finance: «Le

preoccupazioni circa il tapering negli Stati Uniti hanno

portato a tassi di interesse più elevati nei mercati emer-

genti. Ciò nonostante, abbiamo visto il deprezzamento

delle valute. La crescita globale potrebbe rallentare man

mano che i tassi salgono: dai mercati emergenti rischie-

rebbe così di venire uno shock alla domanda aggregata

mondiale. Inoltre il rapporto debito estero/Pil è alto ne-

gli emergenti, in particolare nella maggioranza dei paesi

dell’est Europa, che sono a rischio di default. Nel 1998, la

Fed era venuta prontamente in soccorso, ma gli emerging

rappresentavano allora solo il 20% del Pil globale».

Altrettanto dettagliato il commento di Soren Beck-

Petersen di Hsbc Global Asset Management: «Non abbia-

mo visto nuove minacce alla stabilità degli emergenti nel

2013. Continuiamo a monitorare la crisi del debito euro-

peo, i problemi del tetto della spesa degli Stati Uniti e le

preoccupazioni per un hard landing in Cina. Chiaramen-

te siamo attenti anche alla situazione geopolitica in pae-

si come l’Iran, la Siria e l’Egitto. Degno di nota è anche il

fatto che, nel corso dei prossimi 12 mesi, si svolgeranno

le elezioni in India, Indonesia e Brasile».

Su questi ultimi si concentra anche Emilio Franco, di

Ubi Pramerica Sgr: «Il potenziale di crescita economica le-

gato alle favorevoli dinamiche demografiche, l’abbon-

danza di riserve valutarie, il basso livello di esposizione

debitoria con l’estero e in moneta pregiata ci inducono a

ritenere assai improbabile un avvitamento di uno di que-

ste nazioni in una crisi finanziaria. Il rallentamento attua-

le è di tipo ciclico. Per evitare il rischio che diventi strut-

turale, i paesi più vulnerabili (India, Indonesia, Turchia,

Brasile e Sudafrica) dovranno intraprendere un percorso

di politica economica virtuoso. Questo processo è reso dif-

ficile dalla sfida che i policy maker stanno affrontando: se

la politica monetaria si concentra sulla stabilizzazione del

cambio, perde il controllo sulle prospettive di crescita,

perché deve alzare i tassi e impattare negativamente sul-

l’economia. Il debito sovrano, poi, tende a comportarsi co-

me credito. Viceversa, se la Banca centrale decidesse di

sviluppare una politica monetaria espansiva a fronte di un

deterioramento del quadro congiunturale, l’effetto sareb-

be di indebolire il cambio, importare inflazione e incenti-

vare la fuoriuscita di capitali. L’avvio di un set di politiche

economiche (rientro dal “twin deficit”) e di riforme strut-

turali credibili potrebbe sacrificare la crescita nel breve e

destabilizzare il quadro politico, specie alla luce delle ten-

sioni già in atto, per esempio in Brasile e Turchia».

Una panoramica d’insieme delle incognite la fornisce

anche Maria Paola Toschi di Jp Morgan Asset Manage-

ment: «I mercati emergenti stanno ancora soffrendo per

l’incertezza che si è determinata a fronte della diminu-

zione dei tassi di crescita dopo anni di sviluppo tumul-

tuoso. Il rallentamento in Cina, ma in generale in molti

paesi, è stato la combinazione sia di fattori ciclici, deter-

minati dall’impatto della crisi dei paesi sviluppati, sia di

fattori strutturali. Molte economie emergenti sono in

parte già emerse e hanno già raggiunto un livello di svi-

luppo intermedio. Ci aspettiamo che il trend possa anco-

ra frenare gradualmente. Fino a quando gli investitori

non avranno più chiari i nuovi scenari di crescita è possi-

bile vedere ancora una fase di incertezza e di disaffezio-

ne degli investitori». �

Page 72: F&S n.57

72 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

a cura di Epheso Ia

Iniziamo con questo articolo la disamina di

una categoria tanto importante per la vita di

tutti noi quanto ricca di spunti e di neces-

sità di approfondimento dal punto di vista pre-

videnziale. Lo faremo evidenziando tutti gli

aspetti salienti e tutte le peculiarità di una pro-

fessione che giura con Ippocrate solidarietà al

mondo intero, ma ha una situazione propria di

tutela sociale e previdenziale alquanto compli-

cata e a volte decisamente insufficiente. Una

categoria lavorativa che è difficile da decifrare

velocemente, suddivisa in molteplici ordinamen-

ti previdenziali, ognuno con le sue caratteristi-

che e peculiarità. Questo articolo introduttivo,

necessario a fornire un quadro di insieme e una

prima analisi di alto livello degli inquadramenti

previdenziali della categoria, verrà seguito da

una serie di approfondimenti su ogni specifica

sottocategoria di medici.

La professione medica, nell’evoluzione di ogni

singola carriera, è connotata dall’alternativa pe-

renne tra pubblico e privato, tra lavoro dipenden-

te e attività da libero professionista, in molti, mol-

tissimi casi. Un considerevole numero di medici ha

nel proprio curriculum sia l’attività libero-profes-

sionale, avendo prestato la sua opera in qualità di

puro professionista (pensiamo ai medici specialisti

cui ci rivolgiamo per una visita privata), sia l’atti-

vità all’interno di ospedali, Asl, enti pubblici che ri-

conduce nell’alveo di gestione del pubblico impie-

go, anche in ottica previdenziale. Attività che non

sempre venivano svolte entrambe all’interno dello

stesso ente, anzi. Frequente era il caso del medico

che svolgeva il suo lavoro in ospedale e che poi si

recava, negli orari in cui non doveva presenziare

presso l’ente pubblico, nel proprio studio profes-

sionale a prestare attività privata in qualità di li-

bero professionista.

La legge 229/1999 e successive modificazioni,

nota come riforma Bindi, ha decretato che da quel

Questa attività è connotata dall’alternativa perenne trapubblico e privato, tra lavoro dipendente e impegno da liberoprofessionista. Di conseguenza si tratta di un gruppo che èdifficile da decifrare, suddiviso in molteplici ordinamentiprevidenziali, ognuno con le sue caratteristiche e peculiarità,ma è un dato comune che le esigenze di sostenibilità deglienti privatizzati hanno obbligato l’Enpam e l’Inps aun'importante e profonda revisione

I medici

Tante categoriein una

Osservatorio previdenza

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FONDI&SICAV/Ottobre 2013 73

momento in avanti i medici ospedalieri sono obbli-

gati a scegliere tra due possibilità: un contratto di

lavoro in esclusiva con il servizio sanitario pubbli-

co (cosiddetta intramoenia), oppure la possibilità di

esercitare anche la libera professione esterna (ex-

tramoenia). Nel primo caso il loro stipendio è più

elevato. Hanno, almeno in teoria, maggiori possibi-

lità di carriera all'interno della struttura pubblica,

ma le eventuali parcelle della libera professione so-

no controllate dall'ospedale che trattiene una par-

te delle entrate. Con l'extramoenia lo stipendio è

più basso, i medici possono lavorare all'esterno

senza vincoli e da liberi professionisti, con parcelle

interamente controllate da loro. La maggior parte

dei medici, messi di fronte alla scelta, ha optato per

l'intramoenia (nel 90% dei casi).

Pur riguardando questa situazione una gran

parte dei medici ospedalieri, occorre rilevare che

esiste un'altrettanto larga fascia di medici che non

si trovano nella situazione pocanzi descritta, ma di

fatto sono in regime stabile di attività interamen-

te dipendente o professionistica. Un numero co-

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Osservatorio previdenza

74 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

spicuo di sanitari lavora come dipendente o asso-

ciato presso cliniche convenzionate al servizio

pubblico, strutture sanitarie che hanno anche non

pochi servizi aggiuntivi alla convenzione del Ssn. In

questi casi l’ente previdenziale deve conteggiare

separatamente (con ordinamenti diversi) i periodi

di convenzione e quelli di libera professione. Poi ci

sono i medici che prestano esclusivamente la pro-

pria attività in qualità di libero professionista,

avendo un proprio studio professionale o lavoran-

do presso enti e/o cliniche interamente private. Per

ultimo, ma non meno importante numericamente,

è la categoria dei medici mutualisti, che frequen-

temente svolgono la propria attività in abbina-

mento ad altre forme già citate.

Le diverse tipologie di attività hanno specifi-

cità marcate e modalità differenziate nella confor-

mazione della prestazione medica: l’impegno di-

pendente presso un ospedale si misura sulla base

delle ore di presenza; il lavoro nello studio profes-

sionale è determinato dal numero di pazienti e dal-

l’onorario della visita, mentre nella struttura con-

venzionata è determinato dal preziario del Ssn e

dal numero dei casi esaminati. Da ciò, storicamen-

te, è scaturita la necessità di ordinamenti previ-

denziali differenti, sorti separatamente nell’ambi-

to del pubblico impiego e nella forma di fondo

previdenziale della libera professione autonoma,

agganciata all’ordine professionale.

Ma vediamo di introdurre l’aspetto di gestione

e tutela previdenziale dei medici descrivendo la si-

tuazione con lo schema riassuntivo sottostante. �

La giungla della previdenza dei medici

FONDOGENERALEQUOTA A

Obbligatoria pertutti i medici

iscritti all’Albo

FONDOGENERALEQUOTA B

Libera professionein studi propri o

privati(incluso intra oextra moenia)

FONDOAMBULATORIALI

FONDOMUTUALISTI

FONDOSPECIALISTI

INPDAPENPAM

Lavoro dipendentepresso Asl e ospedali

pubblici

Attività autonoma instrutture convenzionate

al Ssn

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alto solo 70 centimetri. C’è di meglio al Wat Pho, il

tempio del Buddha reclinato, 46 metri di Buddha rico-

perto d’oro e piedi di madreperla nel momento del nir-

vana, non della siesta. Ma anche l’opportunità di farsi

fare indimenticabili massaggi religiosi a 60 euro. Una

cosa seria, sia chiaro, nulla di pecoreccio. Ma ci sono

anche mille templi nascosti, con i monaci che si aggi-

rano in silenzio, atmosfere raccolte e incensi: il mio è

il Wat Chanasongkhram, a Banglamphu, tra il fiume e

la famosa Khao San Road, delizioso quartiere dove pas-

seggiare, piccole viuzze tranquille con bancarelle, bot-

teghe e ristorantini, lontano dalla frenesia e dal traf-

fico della città.

Non può mancare la visita a Chinatown: la trafficatis-

sima Yaowarat road con le grandi insegne luminose e il la-

Basterebbe il suo nome a descrivere Bangkok: 169

caratteri, il nome più lungo del mondo:

“Krungthepmahanakhon Amonrattanakosin Mah-

intharayutthaya Mahadilokphop Noppharatratchathani-

burirom Udomratchaniwetmahasathan Amonphimanaw-

atansathit Sakkathattiyawitsanukamprasit. Dice già tut-

to: “Città degli angeli, la grande città, la città della gioia

eterna, la città impenetrabile del dio Indra, la magnifica ca-

pitale del mondo dotata di gemme preziose, la città felice,

che abbonda nel colossale palazzo reale, il quale è simile al-

la casa divina dove regnano gli dei reincarnati, una città

benedetta da Indra e costruita per Vishnukam”. Per i thai-

landesi è semplicemente Krung Thep, la città degli angeli.

La capitale della Thailandia è piena di fascino, una perfet-

ta introduzione al Sud-est asiatico, un eccitante mix di mo-

dernità e tradizioni. Costruita sulle sponde del fiume Chao

Phraya, ma anche lungo i suoi numerosissimi canali,

Bangkok è immensa, di quasi 10 milioni di abitanti, notte e

giorno in continuo movimento su barche, tuk tuk o auto

scarburate.

A Bangkok si visitano i templi buddhisti. Quelli più

spettacolari, ma anche affollati di turisti, sono il Wat

Phra Kaeo, nel complesso del Grand Palace, giardini,

mosaici, ori, portici affrescati, sacre reliquie e il famo-

so Buddha di Smeraldo, che in realtà è di giada ed è

Testo e fotografie di

Gaetano Pappuini

Bangkok, la città degli angeli

My life, My Style

Viaggi

76 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

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FONDI&SICAV/Ottobre 2013 77

birinto di vicoli stretti e bui, affollati di gen-

te e negozi di ogni sorta e cucine all’aperto

dove cuoce di tutto, odori forti e strani, sor-

risi e inchini. I mercati sono ovunque, a

Bangkok, dal folkloristico mercato galleg-

giante di Taling Chan a quello notturno di

Patpong, dal mercato dei fiori di Pak Khlong

a tutti quelli improvvisati a ogni fermata del

Chao Phraya Express Boat. Ma il vero shop-

ping lo si fa nei favolosi centri commerciali

di Siam Square, lussuosi, enormi; dentro il

Siam Paragon c’è addirittura il magnifico gi-

gantesco acquario Siam Ocean World.

E poi c’è la sera. E la notte. Che può es-

sere serena e divertente, nei ristoranti all’a-

perto sulle terrazze lungo il fiume o in uno

dei Rooftop Restaurants & Skybars, oppure

trasgressiva nei locali notturni di Patpong,

dove tutto è concesso.

Guide insostituibili piene di consigli

pratici (mezzi di trasporto, hotel, locali,

orari di apertura e chiusura dei templi, cose

da fare con i bambini) sono i siti di

http://travelourplanet.com/destinations/far

-east/bangkok-guida-alla-visita-della-

citta. Dove per esempio si impara come e

dove noleggiare una longtail boat per farsi

portare a spasso tra i canali di Thonburi,

nella vecchia Bangkok di palafitte e tem-

pietti semi-abbandonati, dove nuotano

bambini e varani giganti; o ad andare da

Siam Square a Banglamphu, invece che con

un’ora di taxi, con pochi minuti e 10 bath

di folle corsa in barca sul Klong Saen Saep,

tra schizzi di acqua e mefitiche esalazioni

di nafta.

Tornerò a Bangkok. �

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78 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

momento del conto, elevato ma comunque adeguato al

contesto e al blasone del locale.

Una cucina quella di Elia Rizzo che trova l’apice in

quegli gnocchi, di una sofficità imbarazzante, cotti al va-

pore e con pochissima farina, conditi con una lieve salsa

alle trippette di baccalà e olive. Semplicità sì, ma senso

delle proporzioni, delle consistenze e del gusto hanno tra-

sformato un piatto apparentemente banale e quasi diffi-

cile nella rincorsa all’equilibrio in una preparazione d’alta

scuola, golosa, delicata e raffinata. L’equilibrio, sì, stupisce.

A dispetto di chi del Desco e di Elia Rizzo non parla, o ne

parla come di un luogo in decadenza.

Il nostro pasto è forse stato lievemente sotto la valu-

tazione che gli assegniamo, ma riteniamo che la capacità

espressa faccia comprendere chiaramente come questo lo-

cale e il suo chef non possano essere collocati in una ca-

tegoria differente da questa. Anche in una sera di fine

estate, che forse non è neppure il periodo migliore per

A lle volte i pregiudizi sono un freno alle piacevoli

scoperte. Perché di Elia Rizzo e del Desco si sen-

te ormai parlare ben poco. Fuori dai riflettori,

fuori dalle scene e dai palcoscenici mediatici. Forse sempli-

cemente là dove dovrebbe stare, cioè in cucina e in sala, ad

allietare i propri clienti, che sono molti a giudicare da quel-

lo che abbiamo trovato nella nostra visita di una sera di fi-

ne estate e che affollano la sua incantevole sala nello stu-

pendo palazzo quattrocentesco situato nel centro di Vero-

na. C’è l’Arena che aspetta questi facoltosi clienti, in preva-

lenza russi, e noi, con sorpresa, rimaniamo quasi gli unici

clienti dalle 21 in poi.

Ci siamo approcciati senza aspettative a una cucina

che ci ha piacevolmente sorpreso: tecnica quanto basta,

molto lineare, golosa e raffinata. Un ristorante classico con

la R maiuscola in cui ogni preparazione non ha fallito, tut-

te erano millimetricamente perfette nelle cotture, nella fi-

nezza delle salse, nella definizione dei sapori. Forse solo un

po’ smorzati e arrotondati sul dolce, ma con mano elegan-

te ed equilibrata. Come probabilmente desidera la cliente-

la di oggi, che sicuramente si alza soddisfatta dopo una ce-

na a questi tavoli. Forse l’unico pensiero che vi assalirà è al

a cura di Alberto Cauzzi

www.passionegourmet.com

È sempre un buon Desco

My life, My Style

Ristoranti

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FONDI&SICAV/Ottobre 2013 79

questo ristorante e per l’espressione della sua cucina. Il

servizio infine, attento e premuroso, è gestito direttamen-

te dallo chef e dai suoi più stretti collaboratori in manie-

ra armoniosa, delicata e precisa.

Una cantina interessante, in cui se saprete scrutare con

attenzione potrete scorgere qualche chicca d’epoca a prez-

zi decisamente buoni, completerà la vostra lieta serata in

questo luogo piacevole, raffinato, elegante, concreto. �

LA SCHEDA

RRiissttoorraannttee IIll ddeessccoo

Via Dietro San Sebastiano, 5/7, Verona

Telefono +39.045.595358

Chiuso domenica e lunedì.

Luglio, agosto e dicembre aperto lunedì sera.

Menù degustazione da 95, 100 e 145 euro.

Alla carta da 120 euro.

[email protected]

www.ristoranteildesco.it

PPrreeggii:: una deliziosa ed elegante cucina classica.

DDiiffeettttii:: il parcheggio, non vicino, vi permetterà di ammirare la bellissima Ve-

rona. Il conto, non economico.

Per maggiori informazioni visitate il sito www.passionegourmet.com

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80 FONDI&SICAV/Ottobre 2013

ettari di vigneti. L’esposizione ottimale delle vigne verso

sud fornisce un microclima normalmente meno umido e

piovoso rispetto alle altre zone di Franciacorta, consen-

tendo maturazioni delle uve più complete e concentra-

zioni più spinte. Si caratterizza per una produzione bio e

attenta ai processi di fermentazione.

VINI

L’azienda produce bollicine: ovvio!

In modo vero, presenta la gamma dei

“Franciacorta” con le belle esecuzioni

dosaggio zero, brut, rosé e satén, nelle

versioni…diciamo così…cuvée e millesi-

mate. Identica fragranza e cura delle uve,

delle fermentazioni, delle prese di spuma.

Variano ovviamente i dosaggi e gli

uvaggi che prevedono l’utilizzo (in forme

e percentuali differenti in relazione alle

esecuzioni) della triade pinot bianco,

chardonnay e pinot nero.

Ovunque, in tutti i prodotti, vi è intensità aromatica,

con differenti gradi di persistenza. Un Franciacorta un po’

differente, quindi un arricchimento per il panorama viti-

vinicolo del distretto. �

FRATUS FRANCIACORTA

AZIENDA AGRICOLA RICCAFANA,COLOGNE (BS)

La roccaforte della spumantistica italiana. In Franciacorta

hanno saputo creare un distretto specializzato sulle bolli-

cine, grazie anche a terreni morenici e calcarei, con un cli-

ma che risente molto delle correnti calde della Pianura Pa-

dana, delle correnti fredde che vengono giù dalle Alpi e

della termoregolazione di laghi prealpini. Condizione idea-

le per lo sviluppo di vini fini, eleganti e puliti.

Franciacorta è un bacino fondamentale per la produ-

zione di spumanti di qualità in Italia. I vini della zona han-

no sempre grande personalità, spuma raffinata e una più

marcata vinosità rispet-

to ai cugini francesi

della Champagne.

Particolarità unica

è il metodo “Satén” o

delle basse pressioni,

con presa di spuma (ri-

fermentazione) effet-

tuata in condizioni di

minore pressione: il ri-

sultato è la produzione di vini più morbidi e soffici, meno

aggressivi (per questo si usa di prevalenza l’uva chardon-

nay per questa finitura…).

PRODUTTORE

La Riccafana è una pic-

cola azienda a caratte-

re familiare, situata

sulle pendici sud del

Monte Orfano in Fran-

ciacorta. Una cantina

tradizionale e moderna,

circondata dai suoi 18

Grandi bollicinein Franciacorta

My life, My Style

Vino

Luca Giovanelli

Il Cavatappi, Club in Milano

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Fondi&&Sicav - Ottobre 2013numero 57 – Anno 6

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Anno 6 - Numero 57 - Ottobre 2013

FONDI&SICAVCONOSCERE PER INVESTIRE AL MEGLIO

L’Italia vista dai mercati

Un paese da restaurareConsensus emerging market

Un’area checambia velocementeIt e telecom

Bene negli Usa,meno i n Europa

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