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    La visione dionisiaca del mondo

    Friedrich Nietzsche

    in: La filosofia nell'epoca tragica dei greci e scritti 1870-1873a cura di Giorgio Colli e Mazzino Montinari,

    Adelphi, Milano 1991

    I

    I Greci, che esprimono e al tempo stesso nascondono la dottrina segreta della lorovisione del mondo nei loro di, hanno stabilito come duplice fonte della loro arte duedivinit Apollo e.Dioniso. Questi nomi rappresentano nel dominio dell'arte deicontrari stilistici, che incedono l'uno accanto all'altro quasi sempre in lotta tra loro, eappaiono fusi una volta soltanto, quando culmina la volont ellenica, nell'operad'arte della tragedia attica. In due stati, difatti, l'uomo raggiunge il sentimento

    estatico dell'esistenza, nel sogno e nell'ebbrezza. La bella illusione del mondo delsogno dove ogni uomo artista pieno, madre di ogni arte figurativa e altres comevedremo, di una met importante della poesia. Noi godiamo in una comprensioneimmediata della figura, tutte le forme ci parlano; non vi nulla di indifferente e dinon necessario. Nella vita suprema di questa realt di sogno traluce ancora tuttaviail nostro sentimento della sua illusoriet solo quando cessa questo sentimento, sipresentano gli effetti patologici, in cui il sogno non ristora pi e cessa la forzanaturale risanatrice di quello stato.

    Entro tale limite non sono tuttavia soltanto le immagini piacevoli e benigne a essereda noi ricercate con quella perspicacia universale in noi stessi: anche ci che serio,triste, torbido, oscuro viene contemplato con la stessa gioia, senonch anche qui ilvelo dell'illusione si muove svolazzando e non pu nascondere totalmente le formefondamentali della realt. cos mentre il sogno il giuoco del singolo uomo con ilreale, l'arte dello scultore (in senso ampio) il giuoco con il sogno.

    La statua come blocco di marmo qualcosa di assai reale, ma la realt della statua inquanto figura di sogno la persona vivente del dio. Sintanto che la statua rimane difronte agli occhi dell'artista come immagine fantastica, egli giuoca ancora con il

    reale: se traduce questa immagine nel marmo egli giuoca con il sogno. Orbene, inquale senso Apollo poteva essere considerato come il dio dell'arte? Solo in quanto il dio delle rappresentazioni di sogno. Egli in tutto e per tutto il risplendente

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    nella sua radice pi profonda il dio del sole e della luce, che si manifesta nelfulgore.

    La bellezza il suo elemento: a lui si accompagna la giovent eterna. Ma anche la

    bella illusione del mondo del sogno il suo dominio: la verit superiore, laperfezione, di questi stati in antitesi alla realt diurna lacunosamente comprensibile,lo innalzano a dio vaticinante, ma altrettanto sicuramente a dio artistico. Il dio dellabella illusione dev'essere al tempo stesso il dio della conoscenza vera. Quel tenueconfine, peraltro, che l'immagine di sogno non pu oltrepassare, se non vuol agirepatologicamente l dove la parvenza non soltanto illude ma inganna, non pumancare nell'essenza di Apollo: quella delimitazione piena di misura, quella libertdai moti pi selvaggi, quella saggezza e quiete del dio plastico. Il suo occhiodev'essere solarmente calmo: su di esso, anche quando si adira e guarda dimalumore, sta la consacrazione della bella parvenza.

    L'arte dionisiaca per contro si fonda sul giuoco con l'ebbrezza, con il rapimento.Sono soprattutto due forze, che portano l'ingenuo uomo naturale all'oblio di snell'ebbrezza, ossia l'impulso primaverile e la bevanda narcotico. I loro effetti sonosimboleggiati nella figura di Dioniso. In entrambi gli stati viene spezzato ilprincipium individuationis, l'elemento soggettivo svanisce completamente di frontealla violenza prorompente dell'elemento generalmente umano, anzi universalmentenaturale. Le feste di Dioniso non solo stringono il legame tra uomo e uomo, mariconciliano anche uomo e natura. Spontaneamente la terra offre i suoi doni e glianimali pi feroci si avvicinano pacificamente: il carro di Dioniso, incoronato di fiori, tirato da pantere e da tigri. Tutte le divisioni di casta, stabilite tra gli uomini dallanecessit e dall'arbitrio, scompaiono: lo schiavo uomo libero, il nobile e l'uomo dibasse origini si riuniscono nei medesimi cori bacchici. Il vangelo dell' armoniauniversale si aggira da un luogo a un altro in schiere sempre pi numerose:cantando e danzando, l'uomo si manifesta come membro di una comunit superiore epi ideale; ha disimparato a camminare e a parlare. C' di pi egli si sente preda di unincantesimo ed realmente diventato qualcosa di differente. Come gli animaliparlano e la terra d latte e miele, cos anche risuona da lui qualcosa disoprannaturale. Egli sente se stesso come dio, e quello che altrimenti viveva solo

    nella sua immaginazione, ora egli lo sente in se stesso. Che cosa sono ora per lui iritratti e le statue? L'uomo non pi artista: diventato opera d'arte, si aggira ora inestasi e in alto, cos come in sogno vide aggirarsi gli di. Si rivela qui il potereartistico della natura, non pi quello di un solo uomo: un'argilla pi nobile, unmarmo pi prezioso vengono qui plasmati e sgrossati, ossia l'uomo. Quest'uomoformato dall'artista Dioniso sta rispetto alla natura nello stesso rapporto in cui lastatua sta rispetto all'artista apollineo.

    Se dunque l'ebbrezza il giuoco della natura con l'uomo, la creazione dell'artistadionisiaco allora il giuoco con l'ebbrezza. Questo stato, se non lo si sperimentatopersonalmente, lo si pu intendere solo simbolicamente: qualcosa di simile aquando si sogna e al tempo stesso si avverte che il sogno appunto un sogno. Il

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    seguace di Dioniso deve cos trovarsi nell'ebbrezza e al tempo stesso stare fuori di scome un osservatore in agguato. La maestria artistica dionisiaca non si rivela inun'alternanza di assennatezza e di ebbrezza, bens nella loro consistenza.

    Questa consistenza caratterizza il punto culminante della grecit: in origine soltantoApollo il dio ellenico dell'arte, e fu la sua potenza ad ammansire Dioniso che venivaall'assalto dall'Asia, al punto che fra essi pot sorgere la pi bella lega fraterna. Quisi pu comprendere con la massima facilit l'incredibile idealismo della naturaellenica: un culto naturale, che presso gli Asiatici significava lo scatenamento pirozzo degli istinti inferiori, una vita animalesca pansessuale, che per un determinatotempo spezzava tutti i vincoli sociali, divent presso di loro una festa di redenzionedel mondo, un giorno di trasfigurazione. Tutti gli impulsi sublimi del loro essere simanifestarono in questa idealizzazione dell'orgia.

    Mai tuttavia la grecit aveva corso un pericolo pi grande che all'approssimarsitempestoso del nuovo dio. D'altro canto, mai la sapienza di Apollo delfico si mostrin una luce pi bella. Dapprima Apollo, ricalcitrante, avvolse il possente avversariocon la pi sottile delle reti, cosicch quest'ultimo quasi non si accorse di andare ingiro come prigioniero a met. Quando la classe sacerdotale di Delfi ebbe indovinatoil profondo influsso del nuovo culto sui processi rigenerativi della societ e lo ebbefavorito in conformit ai suoi fini politico-religiosi, quando l'artista apollineo ebbeimparato con avveduta moderazione dall'arte rivoluzionaria dei culti bacchici,quando infine il dominio annuale nell'ordinamento delfico del culto fu spartito traApollo e Dioniso, allora entrambi gli di uscirono, si pu dire, come vincitori dallaloro gara: una conciliazione sul campo di battaglia. Se si vuol vedere con pienachiarezza, con quale violenza l'elemento apollineo sottomise l'aspettoirrazionalmente soprannaturale di Dioniso, si pensi al fto che nel periodo anticodella musica; il gnos dithyrambikn era al tempo stesso l'esykhastikn. Quanto pipossentemente poi crebbe lo spirito artistico apollineo, tanto pi liberamente sisvilupp il dio fratello Dioniso: nello stesso tempo in cui lo spirito apollineo giunse auna visione piena, per cos dire immobile della bellezza, nell'epoca di Fidia, Dionisointerpret nella tragedia gli enigmi e i terrori del mondo, ed espresse nella musicatragica il pi intimo pensiero della natura, la trama della volont entro e al di

    sopra di tutte le apparenze.

    Se la musica anche arte apollinea, allora a rigore soltanto il ritmo a sviluppare lasua forza figurativa, per la rappresentazione di stati apollinei: la musica di Apollo architettura in suoni, precisamente in suoni appena accennati, quali appartengonoalla cetra. Viene cautamente tenuto lontano proprio l'elemento che costituisce ilcarattere della musica dionisiaca, anzi della musica in generale, ossia la forzasconvolgente del suono e il mondo assolutamente incomparabile dell'armonia. Perquest'ultima il Greco aveva la pi fine sensibilit come dobbiamo desumere dallarigorosa caratterizzazione delle tonalit anche se il bisogno di un'armonia realizzata,realmente risonante, era presso di loro assai minore che nel mondo moderno. Nellasuccessione armonica, -e gi nella sua semplificazione la cosiddetta melodia- la

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    volont si manifesta in modo del tutto immediato, senza essere entrataprecedentemente in una apparenza. Ogni individuo pu servire come simbolo, percos dire come caso singolo per una regola generale. Viceversa poi l'artista dionisiacorender immediatamente comprensibile l'essenza di ci che appare: egli domina anzi

    sul caos della volont che non ha ancora acquistato una figura, e da ci in ognimomento creativo pu produrre un mondo nuovo, ma altres quello antico, notocome apparenza.

    In quest'ultimo senso egli un musicista tragico.

    Nell'ebbrezza dionisiaca, nell'infuriare tumultuoso di tutte le tonalit dell'anima acausa dell'eccitazione narcotico oppure nello scatenamento degli impulsi primaverili,la natura si manifesta nella sua forza suprema: essa lega di nuovo assieme i singoliesseri e fa che si sentano unificati; a questo modo il principium individuationis

    appare come un permanente stato di debolezza della volont. Quanto pi la volont intristita, tanto pi tutto si frantuma nella singolarit, quanto pi egoisticamentel'individuo si sviluppa, tanto pi debole l'organismo cui esso serve. In quegli statisi manifesta come un carattere sentimentale della natura, un sospiro della creaturaper quello che ha perduto. Dal sommo della gioia risuona il grido del terrore, lostruggente lamento per una perdita irreparabile. La natura rigogliosa celebra i suoiSaturnali e al tempo stesso i suoi riti funebri. Gli affetti dei suoi sacerdoti sonomescolati nel modo pi mirabile, i dolori suscitano piacere, il giubilo strappa al pettoaccenti strazianti. Il dio, o lysios, ha liberato ogni cosa da se stessa, ha trasformatotutto. Il canto e la mimica di masse cos eccitate, in cui la natura si presentava comevoce e come movimento, era qualcosa di assolutamente nuovo e inaudito per ilmondo greco-omerico; c'era qualcosa di orientale che anzitutto esso, con la suaenorme forza ritmica e figurativa, doveva dominare, e del resto domin nello stessotempo in cui domin lo stile dei templi egiziani. Fu il popolo apollineo a incatenarecon la bellezza quell'istinto strapotente: esso ha sottoposto al giogo gli elementi pipericolosi della natura, le sue bestie pi feroci. Si ammira al massimo la potenzaidealistica della grecit quando si confronta la sua spiritualizzazione delle feste diDioniso con quello che sorto presso altri popoli dalla stessa origine. Feste similisono antichissime e rintracciabili ovunque: le pi famose si ritrovano a Babilonia,

    sotto il nome di Sacee. Qui, in feste che duravano cinque giorni, ogni vincolo statalee sociale veniva spezzato; il nucleo di esse peraltro stava nella sfrenatezza sessuale,nell'annientamento di ogni legame familiare attraverso una illimitata dissolutezza.L'antitesi a ci offerta dal quadro delle feste greche di Dioniso, che Euripide traccianelle Baccanti; da questo quadro spira la stessa leggiadria, la stessa ebbrezzamusicale di trasfigurazione, che Scopa e Prassitele hanno tradotto in scultura. Unmessaggero racconta di essere salito con le greggi, nella calura meridiana, sulle cimedei monti: il momento giusto e il luogo giusto, per vedere ci che mai si vede; oraPan dorme, ora il cielo lo sfondo immoto di un fulgore, ora il giorno fiorisce. Su unprato montano il messaggero scorge tre cori di donne, distese qua e l sul terreno epiene di contegno; molte donne sono appoggiate a tronchi di abete. Tuttesonnecchiano. All'improvviso la madre di Penteo comincia a esultare, il sonno

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    scacciato, tutte saltano su un modello di nobili costumi - le giovani fanciulle e ledonne sciolgono i capelli sulle spalle; la pelle di capriolo viene riordinata se nelsonno i nastri e i fiocchi si sono sciolti. Ci si cinge con serpenti, che familiarmentelambiscono le gote; alcune donne prendono in braccio lupacchiotti e giovani caprioli,

    e li allattano. Tutte si adornano con corone d'edera e fiori di convolvolo; un colpo ditirso sulle rocce e l'acqua sgorga fuori; un colpo con il bastone sul terreno e sale unozampillo di vino. Dolce miele gocciola dai rami quando qualcuno tocca il terrenosolo con la punta delle dita, salta fuori latte bianco come neve. tutto un mondoincantato, la natura celebra la sua festa di riconciliazione con l'uomo. Il mito dice cheApollo ha di nuovo ricomposto Dioniso sbranato. Tale l'immagine di Dionisorigenerato da Apollo, salvato dalla sua lacerazione asiatica.

    II

    Nella perfezione in cui gi ci si presentano in Omero, gli di greci non possono certointendersi come prodotti della necessit e del bisogno: tali esseri sicuramente nonsono stati inventati da un animo scosso dall'angoscia. Non per ritrarsi dalla vita,che una geniale fantasia ha proiettato nel vuoto le loro immagini. Attraverso questeparla una religione della vita, non gi una religione del dovere o dell'ascetismo odella spiritualit Tutte queste figure esprimono il trionfo dell'esistenza, unrigoglioso sentimento di vita accompagna il loro culto. Esse non pretendono: in loro divinizzare ci che sussiste, sia esso buono o cattivo. Confrontata alla seriet allasantit e al rigore di altre religioni, la religione greca corre il pericolo di esseresottovalutata come un divertimento fantastico - nel caso in cui non ci si rappresentiun tratto di profondissima sapienza, spesso disconosciuto, mediante cui quella realtepicurea degli di d'improvviso appare come una creazione dell'incomparabile popolodi artisti, e quasi come la sua suprema creazione. la filosofia del popolo, quellasvelata ai mortali dall'incatenato dio silvano: La cosa migliore di non esistere, e lamigliore dopo questa di morire presto. questa stessa filosofia che costituisce losfondo di quel mondo di di. Il Greco conosceva i terrori e le atrocit dell'esistenza,ma li vel per potere vivere: una croce nascosta tra le rose, secondo il simbolo diGoethe. Quel fulgente mondo olimpico ha affermato il suo dominio soltanto perch

    l'oscuro governo dellamora, che determina per Achille la morte precoce e per Edipole nozze orrende, doveva venir nascosto attraverso le risplendenti figure di Zeus, diApollo, di Hermes eccetera. Se qualcuno avesse tolto di mezzo l'illusione artistica diquel mondo intermedio, si sarebbe dovuto seguire la sapienza del dio silvano, delseguace dionisiaco. Fu tale stato di necessit onde il genio artistico di questo popoloha creato tali di, Perci una teodicea non fu mai un problema ellenico: ci si guarddall'addossare agli di l'esistenza del mondo, e quindi la responsabilit per la suaconfigurazione. Anche gli di sono sottomessi all'annke: questo unriconoscimento della pi rara sapienza. Vedere la propria esistenza - quale sipresenta - in uno specchio trasfigurante, e difendersi con questo specchio dallaMedusa, ecco la strategia geniale della volont ellenica, in generale per potervivere. Come avrebbe infatti potuto sopportare altrimenti l'esistenza quel popolo

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    infinitamente sensibile, cos splendidamente recettivo al dolore, se tale esistenza nongli si fosse rivelata, avvolta da una gloria superiore, nei suoi di? Lo stesso impulsoche trae alla vita l'arte, in quanto integrazione e compimento che inducono acontinuare la vita, fece sorgere altres il mondo olimpico, un mondo della bellezza,

    della quiete, del godimento. Sotto l'influsso di una tale religione, la vita viene intesanel mondo omerico come qualcosa in s desiderabile: la vita cio nel chiaro splendoresolare di tali di. Il dolore degli uomini omerici si riferisce alla dipartita da questaesistenza, soprattutto a una precoce dipartita: quando in genere si leva un lamento,questo risuona per Achille dalla breve vita, per i rapidi mutamenti della stirpeumana, per la scomparsa dell'epoca eroica. Non indegno dei pi grandi eroi ildesiderare ardentemente una lunga vita, sia pure come salariati. Mai la volont si espressa pi apertamente che nella grecit il cui lamento ancora un canto di lodeper la volont Perci l'uomo moderno si strugge per quell'epoca in cui egli crede diavvertire la piena consonanza tra natura e uomo; perci la grecit la parola

    risolutiva per tutti coloro che vanno cercando fulgidi modelli per la loro coscienteaffermazione della volont, perci infine sorto dalle mani di sensuali scrittori ilconcetto di serenit greca, cosicch in modo irriverente una vita dissoluta difannulloni osa giustificarsi, anzi innalzarsi, con la parola greco.

    In tutte queste rappresentazioni che da quanto pi nobile si sviano in quanto pivolgare, la grecit intesa in modo troppo rozzo e semplice, e in un certo senso stata raffigurata secondo l'immagine di nazioni non ambigue, per cos dire unilaterali(per esempio i Romani). Tuttavia il bisogno di illusione artistica dovrebbe esseresupposto altres nella visione del mondo di un popolo che suole trasformare in orotutto ci che tocca. In questa visione del mondo noi troviamo del resto realmente,come gi si accennato, un'enorme illusione, la stessa illusione di cui la natura siserve cos regolarmente per raggiungere i suoi scopi. Il vero scopo viene coperto daun'immagine illusoria: tendiamo le mani verso questa, e la natura raggiunge quelloattraverso il nostro errore. Nei Greci la volont volle intuire se stessa trasfigurata inopera d'arte: per glorificarsi, le sue creature dovettero sentire se stesse come degnedi glorificazione, dovettero rivedere se stesse in una sfera superiore, sollevate percos dire in una sfera ideale, senza che questo mondo perfetto dell'intuizione agissecome imperativo o come rimprovero. Questa la sfera della bellezza, dove essi

    contemplano le loro immagini in uno specchio, gli di olimpici. Con quest'arma lavolont ellenica lott contro il talento, correlativo a quello artistico, del dolore edella sapienza del dolore. Da questa lotta e come monumento della vittoria di questavolont nata la tragedia.

    L'ebbrezza del dolore e il bel sogno hanno i loro differenti mondi divini: la primapenetra con l'onnipotenza del suo essere nei pensieri pi intimi della natura,riconosce il terribile impulso all'esistenza e al tempo stesso la morte continua ditutto ci che entra nell'esistenza; gli di che essa crea sono buoni e cattivi,rassomigliano al caso, incutono terrore con una sistematicit che si manifestaall'improvviso, sono spietati e privi di gusto per il bello. Essi sono parenti dellaverit e si avvicinano al concetto: raramente e difficilmente assumono una figura. Il

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    contemplarli pietrifica: come si potrebbe vivere con loro? Ma non lo si deve: questa la loro dottrina.

    Da questo mondo divino, se non lo si poteva velare totalmente come un segreto

    degno di punizione, si doveva distogliere lo sguardo mediante la splendentecreazione di sogno - posta al suo fianco - del mondo olimpico: tanto pi in alto percisi infiammano i colori di quest'ultimo e tanto pi sensuali diventano le sue figure,quanto pi fortemente si fa valere la verit o il simbolo di essa. Mai per la lotta traverit e bellezza fu pi grande che durante l'invasione del culto di Dioniso: in esso lanatura si svelava e parlava con terrificante chiarezza del suo segreto, ossia con ilsuono, di fronte al quale la seducente illusione quasi perdette il suo potere. Questasorgente sgorgava in Asia, ma in Grecia dovette diventare fiume, poich qui per laprima volta trov ci che in Asia non le era stato offerto, la pi eccitabile sensibilite recettivit al dolore, accoppiate alla pi sottile perspicacia e riflessione. Come pot

    Apollo salvare la grecit? Il nuovo venuto fu accolto nel mondo della bella illusione,nel mondo degli di olimpici: a lui furono sacrificati molti onori spettanti alle piragguardevoli divinit per esempio a Zeus e ad Apollo. Non si sono mai fatti tanticomplimenti con un forestiero; per di pi era anche un forestiero terribile (hostis inogni senso), abbastanza possente da demolire la casa che l'ospitava. In tutte le formedella vita cominci una grande rivoluzione: ovunque penetr Dioniso, anchenell'arte.

    La contemplazione, la bellezza e l'illusione circoscrivono la sfera dell'arte apollinea:si tratta del mondo trasfigurato dell'occhio, che crea artisticamente nel sogno, con lepalpebre abbassate. Anche la poesia epica vuol condurci a questo stato di sogno: nondobbiamo veder nulla con gli occhi aperti e dobbiamo pascerci delle immaginiinteriori, alla cui produzione cerca di stimolarci il rapsodo con i suoi concetti.L'effetto delle arti figurative viene qui raggiunto attraverso una strada pi lunga:mentre lo scultore ci conduce, con il suo marmo sgrossato, verso il dio vivente, dalui contemplato in sogno, in modo tale che la figura - la quale propriamente sipresenta come tlos - diventa chiara tanto per lo scultore quanto per lo spettatore, eil primo conduce il secondo a seguirlo nella contemplazione attraverso la figuramediatrice della statua, il poeta epico invece, che pure vede la stessa figura vivente e

    vuole anch'egli presentarla all'intuizione di altri, non pone tra s e gli uomini alcunastatua, ma piuttosto racconta in che modo quella figura dimostra la propria vita conmovimenti, suoni, parole e azioni, e ci costringe a ricondurre una grande quantit dieffetti alla loro causa, obbligandoci a una composizione artistica. Egli ha raggiunto ilsuo scopo, quando vediamo chiaramente di fronte a noi la figura, o il gruppo, ol'immagine, ossia quando ci comunica quello stato di sogno in cui egli stesso haanzitutto prodotto quelle rappresentazioni. La spinta a creare plasticamente,impressa dalla poesia epica, dimostra come la lirica sia assolutamente diversadall'epica, poich la prima non tende mai a formare immagini. L'elemento comunetra le due soltanto qualcosa di materiale, la parola, e ancor pi generalmente ilconcetto. Quando parliamo di poesia, non intendiamo una categoria che siacoordinata con l'arte figurativa e con la musica, ma intendiamo piuttosto un

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    conglomerato di due mezzi artistici in s totalmente diversi, l'uno dei quali indicauna strada verso l'arte figurativa, e l'altro una strada verso la musica: entrambi sonoper soltanto vie che conducono alla creazione artistica, e non gi arti. In questosenso, naturalmente, anche la pittura e la scultura sono soltanto mezzi artistici: la

    vera arte il poter creare immagini, non importa poi che si tratti di una creazioneprimitiva oppure indotta. Su questa qualit che universalmente umana, si fondal'importanza dell'arte per la cultura. L'artista - come colui che con strumenti artisticicostringe all'arte - non pu essere al tempo stesso l'organo assorbente dellacomunicazione artistica.

    Il culto figurativo della civilt apollinea, sia che questa si manifestasse in un tempio,in una statua oppure nell'epos omerico, trov uno scopo sublime nell'esigenza eticadella misura, che corre parallela all'esigenza estetica della bellezza. La misurastabilita come esigenza possibile solo nel caso in cui la misura, il limite siano

    considerati conoscibili. Per mantenere i propri limiti, li si deve conoscere: di quil'esortazione apollinea gnthi seautn.Ma il solo specchio in cui il Greco apollineopoteva vedere, cio riconoscere se stesso, era il mondo degli di olimpici: quiperaltro egli riconosceva la sua essenza pi peculiare, avvolta dalla bella illusione delsogno. La misura, sotto il cui giogo si moveva il nuovo mondo di di (di fronte almondo abbattuto dei Titani), era quella della bellezza: il limite che il Greco dovevamantenere era quello della bella illusione. Il fine pi intimo di una cultura rivoltaall'illusione e alla misura pu certo essere soltanto quello di velare la verit.L'instancabile indagatore al servizio della verit cos come il tracotante Titano,viene richiamato con l'ammonizione del medn gan. Con Prometeo viene mostratoalla grecit un esempio di come un eccessivo avanzamento della conoscenza umanaagisca in modo ugualmente rovinoso per chi promuove tale avanzamento e per chine usufruisce. Chi con la sua sapienza vuol sostenersi di fronte al dio, deve, comedice Esiodo, mtron khein sophes.

    In un mondo cos costruito e artificiosamente difeso penetr allora il suono estaticodella festa di Dioniso, dove tutto l'eccesso della natura in gioia, dolore e conoscenzasi manifest in uno stesso tempo. Tutto quello che sino allora valeva come limite ecome determinazione di misura si dimostr a quel punto una artificiosa illusione: l'

    eccesso si svel come verit. Per la prima volta il canto popolare demonicamenteaffascinante mugghi in tutta l'ebriet di un sentimento strapotente: che cosasignificava in contrario il salmodiante artista di Apollo, con gli accordi timidamenteaccennati della sua kithra? Ci che prima si era trapiantato entro una casta, nellecorporazioni poetico-musicali, e al tempo stesso era stato isolato da ognipartecipazione profana, ci che doveva mantenersi, con la violenza del genioapollineo, al livello di una semplice architettonica, ossia l'elemento musicale, sispogli ora di ogni costrizione: la ritmica, che prima si era mossa soltanto nella pisemplice scansione, sciolse le sue membra nella danza baccantica: rison la vocestrumentale, non pi spettralmente attenuata come prima, ma mille volte potenziatadalla massa e accompagnata dalle basse risonanze degli strumenti a fiato. E la cosapi misteriosa si realizz: venne allora al mondo l'armonia, che nel suo movimento fa

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    immediatamente comprendere la volont della natura. In compagnia di Dioniso sifecero ormai udire cose che nel mondo apollineo stavano artificiosamente nascoste:tutto il fulgore degli di olimpici impallid dinnanzi alla sapienza di Sileno. Un'arteche nella sua ebbrezza estatica diceva la verit, scacci le Muse delle arti

    dell'illusione; nell'oblio di s degli stati dionisiaci per l'individuo con i suoi limiti e lesue misure: eminente un crepuscolo degli di.

    Qual era la mira della volont, che pure in definitiva unitaria, nel concedere unaccesso, contro la propria creazione apollinea, agli elementi dionisiaci? Ciriguardava una nuova e superiore mekhan dell'esistenza, ossia la nascita delpensiero tragico.

    III

    L'estasi dello stato dionisiaco, con il suo annientamento delle barriere e dei limitiabituali dell'esistenza, contiene nel suo perdurare un elemento letargico, in cui siimmerge tutto ci che stato vissuto nel passato., Attraverso questo abissodell'oblio si dividono cos l'uno dall'altro il mondo della realt quotidiana e quellodella realt dionisiaca. Ma non appena quella realt quotidiana rientra di nuovo nellacoscienza, viene sentita come tale con disgusto: il frutto di quelle esperienze unostato d'animo ascetico, negatore della volont. Ci che dionisiaco vienecontrapposto nel pensiero come un ordine superiore del mondo a un ordine volgaree dappoco: il Greco voleva una fuga assoluta da questo mondo della colpa e deldestino. Difficilmente si dava pace con un mondo dopo la morte: la sua bramaandava pi in alto, al di l degli di; egli negava l'esistenza assieme al suo variopinto,luccicante rispecchiamento negli di. Nella consapevolezza del risvegliodall'ebbrezza, egli vede ovunque l'atrocit o l'assurdit dell'esistenza umana. Ci glid la nausea. Ora egli comprende la sapienza del dio silvano.

    Qui viene raggiunto il confine pi pericoloso che la volont ellenica potessepermettersi con il suo principio fondamentale apollineo-ottimistico. Qui tale volontag subito con la sua naturale forza risanatrice, per far ripiegare nuovamente quello

    stato d'animo negatore: i suoi strumenti furono l'opera d'arte tragica e l'idea tragica.Non poteva assolutamente avere l'intenzione di mitigare, o addirittura di reprimerelo stato dionisiaco: una sottomissione diretta era impossibile, e quand'anche fossestata possibile, era troppo pericolosa poich quell'elemento, trattenuto nella suaeffusione, si sarebbe aperto altrove una strada e sarebbe penetrato in tutte le arterievitali.

    Si trattava anzitutto di trasformare quei pensieri di disgusto per l'atrocit el'assurdit dell'esistenza in rappresentazioni con cui si potesse vivere: queste sono ilsublime in quanto soggiogamento artistico dell'atroce, e il ridicolo in quantoscaricarsi artistico dal disgusto per l'assurdo. Questi due elementi intrecciati assiemevengono riuniti in un'opera d'arte che imita l'ebbrezza, che giuoca con l'ebbrezza.

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    Il sublime e il ridicolo costituiscono un passo al di l del mondo della bella illusione,poich in entrambi i concetti viene sentita una contraddizione. D'altro canto essi noncoincidono affatto con la verit sono un velame della verit il quale bens pi

    trasparente della bellezza, ma risulta pur sempre un velame. In questi concetti noitroviamo dunque un mondo intermedio tra bellezza e verit dove possibile riunireDioniso e Apollo. Questo mondo si rivela in un giocare con l'ebbrezza, non ginell'essere completamente assorbiti essa. Nell'attore noi riconosciamo l'uomodionisiaco, il poeta, il cantore, il danzatore istintivo, in quanto per uomo dionisiacorappresentato. L'attore cerca di raggiungere questo modello nella commozione dellasublimit o anche in uno scoppio di risa: egli va oltre la bellezza e tuttavia non cercala verit. Rimane sospeso a eguale distanza dalle due. Egli non tende alla bellaparvenza, bens all'illusione, non tende alla verit bens alla verosimiglianza.(Simbolo, segno della verit. Dapprima l'attore non era naturalmente un isolato:

    doveva piuttosto venir presentata la massa dionisiaca, cio il popolo. Di qui il coroditirambico. Giocando con l'ebbrezza, l'attore stesso, come anche il coro circostantedegli spettatori, doveva per cos dire scaricarsi dell'ebbrezza. Dal punto di vista delmondo apollineo, la grecit era qualcosa che si doveva risanare ed espiare: Apollo, ilvero dio della salute e dell'espiazione, salv il Greco dall'estasi chiaroveggente e daldisgusto per l'esistenza, mediante l'opera d'arte del pensiero tragico e comico.

    Il nuovo mondo dell'arte, quello del sublime e del ridicolo, quello dellaverosimiglianza, si fondava su un'intuizione degli di e del mondo differente dallaconcezione anteriore della bella parvenza. La conoscenza degli orrori e dell'assurditdell'esistenza, di un ordine turbato e di una sistematicit irrazionale, e in generale laconoscenza del pi mostruoso dolore in tutta quanta la natura aveva svelato lefigure - nascoste cos ingegnosamente - della Moira e delle Erinni, di Medusa e diGorgona: gli di olimpici correvano il massimo pericolo. Con l'opera d'arte tragica ecomica essi furono salvati, venendo immersi a loro volta nel mare del sublime e delridicolo: essi cessarono di essere soltanto belli e assorbirono per cos dire in sestessi quell'antico ordinamento di di e la sua sublimit. Si separarono ormai in duegruppi (soltanto pochi rimasero sospesi in una posizione intermedia), da un latocome divinit sublimi e d'altro lato come divinit ridicole. Soprattutto Dioniso

    ricevette quella duplice natura.

    Due tipi di uomini, cio Eschilo e Sofocle, mostrano nel modo migliore come oggi sipotrebbe rivivere il periodo tragico della grecit. Al primo, come pensatore, ilsublime si presenta soprattutto nella forma di una grandiosa giustizia. Per lui, uomoe dio stanno in una strettissima comunione soggettiva: la divinit la giustizia, lamoralit e la felicit sono per lui intrecciate assieme in modo unitario. L'individuo,uomo o Titano, viene pesato su questa bilancia. Gli di sono ricostruiti in base aquesta norma di giustizia. Cos per esempio la credenza popolare in un demone cheacceca e seduce alla colpa - un residuo di quel primordiale mondo divino,detronizzato dagli di olimpici - viene corretta, poich questo demone vienetrasformato in uno strumento nella mano di Zeus e della sua giusta punizione. Il

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    pensiero altrettanto primordiale - e del pari estraneo agli di olimpici - dellamaledizione di una stirpe viene spogliato di tutta la sua crudezza, poich per Eschilol'individuo non spinto al delitto da una necessit e chiunque pu liberarsene.

    Mentre Eschilo trova il sublime nella superiorit della giustizia olimpica, Sofocle loscopre invece - in modo sorprendente - nell'imperscrutabilit della giustiziaolimpica. Su tutti i punti egli ricostituisce la prospettiva popolare. Il non meritare undestino orrendo sembrava a lui qualcosa di sublime e gli enigmi veramente insolubilidell'esistenza umana ispirarono la sua Musa tragica. La sofferenza trova in lui la suatrasfigurazione e viene concepita come qualcosa di santificante. Il distacco tral'umano e il divino incommensurabile; quindi conveniente la pi profondasottomissione e rassegnazione. La vera virt la sophrosyne, propriamente unavirt negativa. L'umanit eroica la pi nobile umanit: priva di quella virt il suodestino dimostra quell'abisso invalicabile. Non esiste la colpa, ma soltanto una

    mancanza di conoscenza sul valore dell'uomo e sui suoi limiti.

    Questo punto di vista in ogni caso pi profondo e pi interiore di quello eschileo, siavvicina notevolmente alla verit dionisiaca e la esprime senza molti simboli:ciononostante, ritroviamo qui il principio etico di Apollo intrecciato con la visionedionisiaca del mondo. In Eschilo, il disgusto si risolve nel brivido sublime di frontealla sapienza dell'ordine cosmico, che difficilmente riconoscibile solo per ladebolezza dell'uomo. In Sofocle, questo brivido ancora pi violento, poich quellasapienza del tutto insondabile. questo lo schietto stato d'animo della devozionepriva di lotta, mentre la devozione eschilea ha continuamente il compito digiustificare la giustizia divina e si trova perci sempre di fronte a nuovi problemi. Ilconfine dell'uomo, che Apollo comanda di cercare, per Sofocle riconoscibile, ma pi stretto e pi limitato di quello inteso nell'epoca predionisiaca di Apollo. Chel'uomo manchi della conoscenza di s il problema di Sofocle; che l'uomo manchidella conoscenza sugli di, il problema di Eschilo.

    Devozione, mirabile maschera dell'istinto vitale! Abbandonarsi a un mondo perfettodi sogno, che fornir la suprema saggezza morale! Fuggire di fronte alla verit perpoterla adorare da lontano, nascosta nelle nubi! Conciliazione con la realt poich

    essa enigmatica; avversione per chi decifra gli enigmi, perch noi non siamo di;gioioso inginocchiarsi nella polvere, beata quiete nell'infelicit, suprema alienazionedi s compiuta dall'uomo nella sua suprema espressione. Esaltazione etrasfigurazione dei mezzi di terrore e della terribilit dell'esistenza, intendendo tuttoci come strumento per salvarci dall'esistenza; vita piena di gioia nel disprezzo dellavita; trionfo della volont nella sua negazione.

    Su questo piano conoscitivo esistono soltanto due vie, quella del santo e quelladell'artista tragico: ci che li accomuna il fatto che, nonostante la pi chiaraconoscenza della nullit dell'esistenza, essi possono tuttavia continuare a vivere,senza sentire una frattura nella loro intuizione del mondo. Il disgusto di continuarea vivere viene sentito come un mezzo per giungere alla creazione, tanto nel santo

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    quanto nell'artista. Il terribile o l'assurdo esaltante, poich terribile o assurdosolo apparentemente. La forza dionisiaca dell'incantesimo si conferma valida ancheal culmine estremo di questa visione del mondo: tutto ci che reale si risolve inillusione, e dietro di esso si manifesta la natura unitaria della volont avvolta

    completamente dalla gloria della sapienza e della verit da uno splendore accecante.L'illusione e la follia giungono al loro apice.

    Ora non sembrer pi incomprensibile che quella medesima volont, la quale inquanto apollinea dava un ordinamento al mondo greco, accogliesse in s l'altra suaforma di manifestazione, la volont dionisiaca. La lotta fra le due forme in cui apparela volont aveva uno scopo straordinario, quello cio di creare una possibilit pialta di esistenza, e di giungere poi in questa a una glorificazione ancora superiore(attraverso l'arte). La forma di tale glorificazione non era pi l'arte dell'illusione,bens l'arte tragica: in quest'ultima peraltro viene completamente assorbita quell'arte

    dell'illusione. Apollo e Dioniso si sono riuniti. Allo stesso modo che nella vitaapollinea entrato l'elemento dionisiaco, e allo stesso modo che l'illusione si consolidata qui come limite, cos pure l'arte tragica dionisiaca non pi verit.Quel canto e quella danza non sono pi l'ebbrezza istintiva della natura: la massacorale eccitata dionisiacamente non pi la massa popolare colta inconsciamentedall'impulso primaverile. La verit viene. ora simboleggiata, si serve dell'illusione,pu e deve quindi usare le arti dell'illusione. Gi qui si rivela tuttavia una grandedifferenza rispetto all'arte precedente: ora i mezzi artistici dell'illusione sonochiamati in aiuto tutti assieme, e la statua cammina, gli apparati scenici dipinti sispostano, e con lo stesso sfondo scenico viene presentato di fronte agli occhi ora ilpalazzo e ora il tempio. Osserviamo cos al tempo stesso una certa indifferenza versol'illusione, che deve qui deporre le sue eterne pretese, le sue esigenze sovrane.L'illusione non viene pi goduta come illusione, bens come simbolo, come segnodella verit. Di qui la fusione - in s urtante - dei mezzi artistici. Il segno pievidente di questo disprezzo dell'illusione la maschera.

    Lo spettatore si trova quindi di fronte all'esigenza dionisiaca, che tutto quanto gli sipresenti come incantato, che egli veda sempre qualcosa di pi del simbolo e che tuttoil mondo visibile della scena e dell'orchestra sia il regno del miracolo. Ma dov' la

    forza che pu disporre il suo animo a credere nei miracoli, e per cui egli pu vedereogni cosa come dovuta a un incantesimo? Che cos' che pu vincere la forzadell'illusione, depotenziandola come simbolo?

    IV

    Ci che noi chiamiamo sentimento risulta, secondo l'insegnamento di una filosofiache si muova sulle tracce di Schopenhauer, un complesso di rappresentazioniinconsce e di stati della volont. Le tendenze della volont si manifestano peraltrocome piacere o dolore e in ci rivelano unicamente una differenza quantitativa. Nonvi sono diverse specie di piacere, bens gradi differenti e un numero sterminato di

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    rappresentazioni concomitanti. Con piacere, noi dobbiamo intendere ilsoddisfacimento di una volont unica, e con dolore il suo non soddisfacimento. Inqual modo, orbene, si comunica il sentimento? Parzialmente - ma assai parzialmente- esso pu trasferirsi in pensieri, cio in rappresentazioni coscienti.

    Ci vale naturalmente solo per la parte delle rappresentazioni concomitanti. Anchesu questo terreno del sentimento, d'altronde, rimane sempre un resto irriducibile. unicamente del resto riducibile, che si occupa il linguaggio, e quindi il concetto: inbase a ci viene determinato il limite della poesia nella capacit di esprimere ilsentimento.

    Le altre due specie di comunicazione sono completamente istintive, prive dicoscienza, e tuttavia operanti conformemente a un fine. Si tratta del linguaggio deigesti e di quello dei suoni. Il linguaggio dei gesti consiste in simboli universalmente

    comprensibili, e viene prodotto da movimenti riflessi. Questi simboli sono visibili:l'occhio che li vede trasmette senz'altro lo stato che ha prodotto il gesto e che daquesto simboleggiato. Chi vede, sente in s per lo pi - per simpatia - un'azione deinervi sulle medesime parti del volto o sulle medesime membra, il cui movimento eglipercepisce. Simbolo vuol significare qui un riflesso parziale e del tutto imperfetto, unsegno allusivo, sulla cui comprensione ci si deve accordare: in questo caso tuttavia lacomprensione universale istintiva, cio non dominata da una chiara coscienza.

    Che cosa simboleggia dunque il gesto, rispetto a quell'entit duplice che ilsentimento? Evidentemente la rappresentazione concomitante, poich soltantoquesta pu essere accennata, in modo incompleto e parziale, dal gesto visibile:un'immagine pu essere simboleggiata solo attraverso un'immagine.

    La pittura e la scultura presentano l'uomo mentre gestisce: esse cio imitano ilsimbolo e hanno raggiunto il loro effetto quando noi comprendiamo il simbolo. Lagioia di chi contempla consiste nella comprensione del simbolo, nonostante la suaapparenza.

    L'attore invece presenta il simbolo realmente, non soltanto per l'illusione: l'effetto

    esercitato su di noi peraltro non si fonda sulla comprensione di tale simbolo.Piuttosto, noi ci immergiamo nel sentimento simboleggiato, senza arrestarci allagioia dell'illusione, alla bella parvenza.

    Cos nel dramma la decorazione non suscita affatto la gioia dell'illusione: noi laintendiamo invece come simbolo e comprendiamo il reale che ne accennato.Fantocci di cera e piante vere, accanto ad altre semplicemente dipinte, sono quiperfettamente ammissibili, per dimostrare che in questo caso noi ci rappresentiamoconcretamente la realt, non una illusione artificiosa. Il compito consiste qui nellaverosimiglianza, non pi nella bellezza. Ma che cos' la bellezza? - la rosa bellasignifica soltanto: la rosa ha una buona parvenza, ha qualcosa di piacevolmenteluminoso. Con ci non si dice nulla sulla sua essenza. Essa piace, in quanto parvenza

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    comprendere l'importanza del linguaggio dei gesti e dei suoni per l'opera d'artedionisiaca. Nell'originario ditirambo primaverile del popolo l'uomo non vuoleesprimersi come individuo, bens come appartenente alla sua specie. Che egli cessi diessere un uomo individuale, viene espresso attraverso il simbolismo dell'occhio, il

    linguaggio dei gesti: egli infatti parla e gestisce - in verit con un linguaggio di gestipotenziato, ossia con i movimenti della danza - come satiro, come essere naturale inmezzo a esseri naturali. Attraverso il suono egli esprime peraltro i pi intimipensieri della natura: si rende qui immediatamente comprensibile non soltanto ilgenio della specie, come avviene con il gesto, bens il genio dell'esistenza come tale,la volont. Con il gesto egli rimane dunque entro i limiti della specie, ossia entro ilmondo dell'apparenza mentre col suono egli dissolve per cos dire il mondodell'apparenza nella propria unit primordiale, e il mondo di Maja scompare difronte al suo incantesimo.

    Ma quand' che l'uomo naturale giunge al simbolismo del suono? Quand' che illinguaggio dei gesti non pi sufficiente? Quand' che il suono diventa musica?Soprattutto nei supremi stati di piacere e di dolore della volont, quando la volonttripudia oppure mortalmente atterrita, in breve nell'ebbrezza del sentimento: nelgrido. In confronto allo sguardo, quanto pi potente e pi immediato il grido!Anche le commozioni meno violente della volont hanno tuttavia il loro simbolismosonoro. In generale, a ogni gesto corrisponde un suono, ma soltanto l'ebbrezza delsentimento riesce a potenziarlo in un puro accordo sonoro. La fusione pi intima epi frequente di un certo simbolismo del gestire con il suono viene chiamatalinguaggio. Quando si parla, con il suono e la sua cadenza, la forza e il ritmo dellasua risonanza, viene simboleggiata l'essenza della cosa, e con il movimento dellabocca viene simboleggiata la rappresentazione concomitante, l'immagine,l'apparenza dell'essenza. I simboli possono e debbono essere di molte specie: essituttavia si accrescono istintivamente, con una grande e saggia regolarit. Unsimbolo contrassegnato un concetto, e poich quando si conserva qualcosa nellamemoria il suono svanisce completamente, nel concetto si conserva allora solamenteil simbolo della rappresentazione concomitante. Ci che si pu designare edistinguere, lo si concepisce.

    Nel potenziarsi del sentimento, l'essenza della parola si rivela pi chiaramente e pisensibilmente attraverso il simbolo del suono: perci la parola risuona alloramaggiormente. Il recitativo per cos dire un ritorno alla natura: il simbolo, che siottunde con l'uso, ritrova in tal caso la sua forza originaria. Con la successione delleparole, cio con una catena di simboli, deve venir rappresentato simbolicamentequalcosa di nuovo e di pi grande: in questa elevazione a potenza, diventanonuovamente necessarie la ritmica, la dinamica e l'armonia. Questa cerchia pi ampiadomina ora quella pi ristretta della parola singola: si rende necessaria una sceltadelle parole, una nuova disposizione di esse, e comincia la poesia. Il recitativo di unafrase non consiste in una successione ordinata dei suoni delle parole: una parola hainfatti unicamente un suono del tutto relativo, poich la sua essenza, il suo contenutorappresentato dal simbolo, differente a seconda della sua posizione. In altri termini,

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    in base all'unit superiore della frase e dell'essenza da essa simboleggiata, il simboloindividuale della parola viene determinato continuamente in modo nuovo. Unacatena di concetti costituisce un pensiero: quest'ultimo dunque l'unit superioredelle rappresentazioni concomitanti. L'essenza della cosa non pu essere raggiunta

    dal pensiero: che peraltro esso agisca su di noi come motivo, come stimolo dellavolont si pu spiegare per il fatto che il pensiero gi divenuto al tempo stesso unsimbolo contrassegnato che accenna a un'apparenza della volont ossia a un moto e auna manifestazione della volont. Il pensiero, tuttavia, se pronunciato - cioattraverso il simbolismo del suono - agisce in modo incomparabilmente pi forte epi diretto. Se cantato, esso raggiunge il culmine del suo effetto, quando il meloscostituisce il simbolo comprensibile della sua volont: se tale non il caso, lasuccessione dei suoni agisce su di noi, e la successione delle parole, ossia il pensiero,ci rimane lontano e indifferente.

    Ora, secondo che la parola debba agire prevalentemente come simbolo dellarappresentazione concomitante, oppure come simbolo del moto originario dellavolont, secondo cio che debbano venir simboleggiate immagini oppure sentimenti,si distingueranno due vie della poesia, quella epica e quella lirica. La prima portaall'arte figurativa e la seconda alla musica: il diletto per l'apparenza domina la poesiaepica, mentre nella lirica si rivela la volont. La prima si libera dalla musica, e laseconda rimane sua alleata.

    Nel ditirambo dionisiaco, peraltro, l'esaltato seguace di Dioniso viene stimolato apotenziare massimamente tutte le sue facolt simboliche: qualcosa di mai sentito -l'annientamento dell'individuazione, l'unificazione nel genio della specie, anzi dellanatura - tende a manifestarsi. Ora l'essenza della natura vuole esprimersi: necessario un nuovo mondo di simboli, e le rappresentazioni concomitanti sitrasformano in simboli attraverso le immagini di un potenziato essere umano. Talirappresentazioni si manifestano con la massima energia fisica attraverso l'interosimbolismo del corpo, attraverso i movimenti della danza. Anche il mondo dellavolont desidera peraltro un'inaudita espressione simbolica, e le potenzedell'armonia, della dinamica, della ritmica si accrescono d'un trattotumultuosamente. Altres la poesia, che si trovava distribuita in due mondi,

    raggiunge ora una nuova sfera, ottenendo al tempo stesso la sensibilitdell'immagine, come nell'epos, e l'ebbrezza e sentimento nel suono, come nella lirica.Per cogliere l'intero scatenarsi di tutte queste forze simboliche, bisogna raggiungerequella stessa esaltazione dell'essere, la quale le ha create: il seguace ditirambico diDioniso viene compreso soltanto dal suo simile. Perci tutto questo nuovo mondoartistico si agita nella sua affascinante e sconosciuta magnificenza, sostenendoterribili lotte, entro la grecit apollinea.