Franco Barbagallo: reportage di natura allo stato puro · Oggi per vendere ancora bene dei libri...

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Franco Barbagallo: reportage di natura allo stato puro

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Professione

Fotografia, video, libri, riviste, Franco Barbagallo è una miniera di esperienza nel reportage geografico: un’intervista vivace e stimolante sul suo lavoro e la sua tecnica, insieme ad aneddoti di vita umana e professionale.

Quello di Franco Barbagallo non è un nome noto al grande pubblico, perchè non opera nella “pubblicità d’autore” e non se ne parla mai nei notiziari e nel gossip. Eppure, solo per fare alcuni esempi, la sua firma compare da vent’anni in importanti pubblica-zioni come Tuttoturismo, Airone e Panorama Travel. Inoltre collabora a vario titolo a documentari televisi-vi per Rai e Mediaset. Se da un lato crede nella specializzazione di settore, dall’altro Franco mostra grande dut-tilità passando con naturalezza dalla fotografia al video, oltre a scrivere i testi che accompagnano molti suoi reportage.

Polinesia, isola di Tikehau. Resort Tikehau. Questa immagine vuole comunicare in uno scatto la carat-teristica principe di questo lussuoso resort: basta scendere dalle scalette dei bungalow per trovarsi tra incredi-bili pesci, da osservare e fotografare. Immagine pubblicata su Mondo del Golf e Marco Polo.Nikon D50, 10,5mm fisheye, Custodia sub Nimar. Flash sub Nimar.

Fotografia, video, libri, riviste, Franco Barbagallo è una miniera di esperienza

Franco Barbagallo: reportage di natura allo stato puro

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Ha realizzato anche diverse guide turi-stiche per De Agostini e Touring Club dedicate alla sua terra natale, la Sicilia, e due importanti libri fotografici su Berlino e la Francia per le Edizioni White Star. Avrà presto un blog di fotografia professionale di viaggio, con pubblicazione anche sui siti de La Stampa, Il Giornale e altri. Lo intervisto dopo aver scelto una serie di foto sul tema dell’acqua, utile per dare spunti ai lettori e interessante in prospettiva, dato che il problema della scarsità delle risorse idriche è sempre più d’attualità. Da quanto tempo fotografi a livello professionale? Sono cambiate le esi-genze dei clienti?Ho iniziato nel 1983 con Tuttoturismo lavorandoci fino alla chiusura (ahimè!); ho collaborato dal 1985 al 2004 con Airone e poi per due anni ho lavorato in esclusiva per Panorama Travel. Da allora ho realizzato circa 800 reportage su incarico in tutto il mondo. All’inizio ero partito come fotografo naturalista puro e di attività outodoor

(odiavo quasi fotografare la gente e le città), poi ho imparato tutte le altre componenti del reportage geografi-co: la gente, il mare, sotto il mare, per aria, l’archeologia, l’architettura. Quando fotografavo per Airone le mie riprese erano rivolte essenzialmente agli aspetti naturalistici, mentre adesso che lavoro anche nel settore turismo per Dove e i Diari di Viaggio di Marco Polo, mi è richiesta una copertura a trecentossanta gradi. Per questo effet-tuo anche riprese fotografiche di shop-ping, alberghi, ristoranti e food.

Riesci a gestire i tuoi contatti e i lavo-ri dalla Sicilia? Fino all’anno scorso riuscivo a gestire tutto dalla Sicilia, anche se sapevo che trasferendomi a vivere a Milano avrei avuto molte più opportunità. Adesso, con questa crisi, per avere lavoro a sufficienza ho bisogno di stare più vici-no alle redazioni e quindi passo buona parte del mio tempo a Milano. Posso recriminare che se mi fossi spostato a Milano dieci o dodici anni fa avrei po-tuto entrare in certi giri che adesso non

ci sono neanche più, o dove oggi è più difficile entrare; ma allora per vivere mi bastava il lavoro che avevo e non ho mai badato a mettermi in mostra.

Hai famiglia? Come vivono questo tuo continuo girovagare?Nel mio lavoro ho fotografato soprat-tutto fuori dall’isola, per cui ero già abituato a stare lontano da casa. Con la mia compagna abbiamo trovato un modus vivendi. Quando le mie due fi-glie erano piccole si guadagnava molto bene e potevo permettermi di alternare una settimana fuori per un servizio e una a casa, o quindici giorni all’estero e quindici in famiglia. Oggi invece si è pagati molto peggio e quindi devo stare fuori molto di più per guadagnare meno di prima; per fortuna le figlie sono grandi e non ci sono problemi.

Come ti proponi ai clienti?Oggi lavoro principalmente per Dove, Diari di Viaggio di Marco Polo, Mondo del Golf, Cavallo Magazine e Plen Air. Per presentarmi a una rivista ho sempre parlato coi fatti, facendo vedere i miei

Papua Nuova Guinea, East Britan Island. Una delle giovani guide che mi hanno accompagnato fino alla sorgente. Fra le tante foto che gli ho scattato ho scelto questa perchè è spontanea ed esprime la felicità del ragazzo mentre mi mostra il Buco Blu. Io sono rimasto di sasso di fronte a tanta bellezza (ma sempre pronto a scattare).

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Papua Nuova Guinea, isole Luisiadi. Una famiglia a pesca da una settimana nell’arcipelago: si macella una tartaruga per la cena, i più giovani si divertono. Pubblicata su Panorama Travel.Nikon D700, zoom 14-24mm, focale 14mm.

lavori pubblicati a centinaia e il mio curriculum. In realtà non ho mai badato a “vendermi” e a farmi conoscere fuori dal mondo degli addetti ai lavori: ho la-vorato essenzialmente “per me” e non ho curato attività promozionali come fare mostre, partecipare a concorsi fotografici (se non qualche volta agli inizi della carriera con ottimi risultati), realizzare proiezioni o progetti che mi mettessero in luce. Anche gli editori di libri fotografici mi hanno lasciato ai margini per questa mia mancanza di visibilità “fuori”. Per fortuna Edizioni White Star ha visto il mio libro Terre d’Aci (edito da me stes-so perchè con gli editori siciliani non riuscivo a fare i libri come li volevo) e mi ha chiamato per i libri su Berlino e la Francia. Oggi per vendere ancora bene dei libri fotografici è necessario che siano lavo-ri davvero d’alta qualità. Vorrei anche proporre le mie fotografie come stampe d’arte, ma per fare questo devi essere conosciuto.

Raccontaci un po’ di questi due li-bri: come hai svolto questo lavoro?Berlino e la Francia sono stati due bei progetti, con budget di spesa per i viag-gi da alcune decine di migliaia di euro e sviluppati nell’arco di parecchi mesi; ho dimostrato di saper portare a termi-ne con responsabilità lavori con budget di spesa importanti. Le immagini di Berlino dall’elicottero sono state scat-tate da Marcello Bertinetti, mentre io mi sono occupato delle foto da terra. A queste immagini attuali sono state aggiunte nel libro un’ottantina di foto-grafie storiche, per mostrare i cambia-menti avvenuti nel tempo. Per questo lavoro sono andato a Berlino due volte nell’arco di un anno, in primavera e in autunno-inverno, per quindici o diciot-to giorni ogni volta. Il giornalista tede-sco incaricato di scrivere il testo mi ha indicato i temi principali e i soggetti che non dovevano assolutamente man-care. Sulla scorta di questi riferimenti e della filosofia del libro discussa con i titolari, Valeria Manferto e Marcello

Bertinetti, ho fatto una serie di scelte riguardo alle riprese da eseguire; infat-ti, nonostante l’importanza del budget a disposizione, non avevo certo modo di stare a Berlino per otto mesi come avrebbero fatto quelli del National Geographic. Ad esempio, nel caso del Museo Archeologico di Berlino, sapen-do che per il libro occorrevano due-tre fotografie ho previsto di presentarne cinque-sei: ma cosa scegliere in un mu-seo che ha migliaia di pezzi e offre tanti spunti interessanti? Ecco quindi, prima ancora di scattare una sola fotografia, l’importanza del lavoro di ricerca su libri e guide, dei colloqui con giorna-listi ed operatori del turismo, ecc.. Si deve capire che un bel libro fotografico (come anche un servizio per una rivista ben fatta, merce rara oggi), non è una raccolta di belle fotografie singole, ma una comunicazione per immagini. La fase successiva è stata quella del-l’organizzazione per non avere tempi morti dall’alba al tramonto, e nello stesso tempo per trovarmi nel posto

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Canada British Columbia. Giovani grizzly combattono e giocano fra un salmone e l’altro. Ho una predilezione per i grizzly e li ho fotografati più volte in Canada e nell’estremo oriente russo. Non dimenticherò mai questa giornata per la fortuna che ho avuto di fotografare anche una madre con tre piccoli. Pubblicata su Panorama Travel.Nikon D100, 300mm f/2,8.

giusto al momento giusto. Per fare questo ci volevano anche i permessi da parte di enti e privati: sai quanti cam-panelli ho suonato e quanti tedeschi ho importunato per salire sui tetti, affac-ciarmi dalle finestre o cose simili?Moltiplica tutto questo per dieci e avrai un’idea dell’impegno richiesto dal libro sulla Francia, dove tra l’altro dovevo fare anche delle foto aeree. Ho percorso settantamila chilometri nel-l’arco di due anni per coprire le varie regioni nelle diverse stagioni. I capitoli da affrontare erano “le montagne”, “le coste”, “i paesi”, “la gente” ecc. e tutto questo per l’intera Francia, per cui il lavoro di documentazione e di scelta dei soggetti da fotografare è stato ma-stodontico. E fotografando soprattutto in esterni, un fattore chiave erano an-che le condizioni del tempo. Ho lavorato a questo progetto per otto mesi nell’arco di due anni, con spese dell’ordine di trentacinquemila euro tra vitto, alloggio, aerei e spostamenti. Fare un libro così è come produrre un film, un lavoro di equipe in cui tutti

sono come gli anelli di una catena: il fotografo, il giornalista, il direttore editoriale, il photo editor, il grafico. In White Star gli anelli della catena sono di alto livello e il risultato si vede sfo-gliando le pagine dei loro libri.

Come si diventa un buon fotografo “geografico”?Per diventare un fotografo completo (e riuscire a lavorare oggi) serve un 25% di talento, un 25% di tecnica e attrezzature, ma il 50% rimanente è “il mestiere”, ovvero una miriade di cose che non hanno proprio a che fare con la fotografia e che nessuna scuola insegna, cose che si apprendono nella pratica, spesso sulla propria pelle a suon di errori. Fondamentale è sapersi organizzare, e credo che questo sia un mio punto di forza perché riesco a produrre una grande quantità di lavoro di buon livello in un tempo limitato; questo non lo dico io, mi viene riconosciuto dai giornalisti e dai direttori coi quali collaboro.

La maggiore soddisfazione è stata ricevere da Airone l’incarico, in una situazione di emergenza, per uno “Speciale mare e coste della Calabria” da 200 pagine in collaborazione con la Regione. I tempi erano strettissimi e non c’era tempo di fare una vera e propria scaletta, per cui il direttore Nicoletta Salvatore mi disse: “Franco, siamo nei guai, non c’è tempo! Fai tu una scelta, vedi cosa riesci a trovare in due settimane e poi manderò il gior-nalista a raccogliere informazioni per scrivere sui soggetti che hai fotogra-fato”. Bene, in quattordici giorni sono riuscito a realizzare dodici storie, belle ed azzeccate. Spesi ben cinquecento-mila lire solo di telefonate per cercare contatti e trovare permessi, e percorsi qualcosa come duemilasettecento chi-lometri in macchina anche perchè se c’era maltempo sulla costiera ovest andavo a fotografare sulla costiera est, e viceversa. Penso di essere dimagrito di quattro chili, ma il risultato ha supe-rato le migliori aspettative del giornale e da allora sono stato tenuto sul palmo

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Canada British Columbia, Johnstone Strait. Immagine di un’orca scattata durante un viaggio in sea kajak per vedere le orche da vicino... eccome! Non è una immagine casuale, volevo avere l’orca con il kajak sullo sfondo: quando ho visto le orche avvicinarsi ho calcolato la rotta della più grossa e ho spostato il mio kajak nella zona dove pensavo potesse emergere per respirare. Ci ho azzeccato in pieno, con un poco di fortuna!Foto pubblicata su Panorama Travel.Nikon D70, zoom 80-200mm.

di mano da Nicoletta. Oggi che i tempi sono sempre più ristretti e i budget sempre più ridot-ti, sapersi organizzare è essenziale. Tornando al libro sulla Francia, mi spostavo su un mezzo ideale per un fo-tografo, un furgoncino Renault Kangoo 4x4 attrezzato anche per dormire per non perdere tempo nella ricerca di un albergo, o se volevo essere sul posto all’alba. Il furgone era pieno di attrezzature e luci e avevo con me anche una scala, utile per alzare il punto di ripresa: sembra banale, ma permette di scattare foto diverse da quelle dei turisti che frequentano gli stessi posti. Bisogna anche saper far fronte agli imprevisti, che in questo lavoro sono legati soprattutto alle condizioni del tempo; è fondamentale riuscire a trova-re subito l’alternativa valida e proprio su questo aspetto della professione sto preparando dei workshop.

Quali sono i “segreti” per documen-tare bene le attività in esterni?Naturalmente occorre una buona pre-parazione fotografica di base e affia-tamento con la propria attrezzatura. Dando per scontato tutto questo, una cosa che fa la differenza è praticare di-rettamente ciò che vai a documentare; in questo modo puoi coglierne meglio lo spirito, e renderle “vive”. A cavallo sono un professionista e mi porto dietro quello che mi serve; conosco bene an-che altre attività, ho imparato a gestire una muta di cani da slitta, a condurre un elefante, un cammello, il sea kayak, la canoa canadese e così via. Insomma sono sempre autonomo. Un aspetto che ho affinato alla scuola di Airone è il modo di inserire le persone nell’immagine: il soggetto deve entrare nella scena con le giuste proporzioni, senza togliere il ruolo di protagonista alla natura. Le persone devono essere piccole, ma non troppo, mentre se sono

troppo grandi non appaiono “piccoli uomini nella maestosità della natura” come il lettore si aspetta di vederli.

Come se la cavano gli italiani nelle situazioni difficili? Ci salva sempre la nostra arte di arrangiarsi? A mio parere la bravura dei fotografi italiani di reportage geografico è molto sottostimata. Una volta mi trovavo sui monti Nebrodi per un servizio su una festa locale molto antica, e ad un certo punto arriva un fotografo del National Geographic con un “locationist” che gli aveva organizzato e spiegato tutto. Gli faceva anche da autista. L’americano mi racconta che era in Sicilia già da tre mesi e ne aveva ancora quattro a disposizione per completare il lavoro. Sul National è uscito un servizio di una trentina di fotografie (una della festa). In sette mesi io avrei fatto un libro sul-la Sicilia, non un semplice servizio con una trentina di location “super studia-

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Argentina, Patagonia. Escursione sotto il ghiacciaio Viesma. Questa foto trasmette il senso di mistero che ti avvolge quando entri sotto un ghiacciaio. Pubblicata su Tuttoturismo.Nikon D100, zoom 17-35mm, pellicola Fuji Velvia.

te” prima a tavolino! Noi italiani dobbiamo riuscire a portare a casa un buon servizio disponendo di giorni, budget e organizzazione a livel-li ridicoli. Se un fotografo del National Geographic (ma anche di altre riviste come Geo) dovesse lavorare con ciò che abbiamo a disposizione noi … tor-nerebbe a casa senza il lavoro! Se a chi è abituato a mangiare pane e cipolla dai le tagliatelle ai funghi porcini, asciuga anche il piatto con un pezzo di pane.

Affrontando luoghi e culture diverse, come ti rapporti con la gente?Il fotografo viene accolto in modo molto diverso a seconda dei luoghi e quindi deve essere capace di adattarsi alla cultura locale. C’è chi ti accoglie con un sorriso e si fa fotografare volen-tieri, ma c’è anche chi non vuole essere fotografato affatto. E’ importante avere un grande rispetto per le persone e non bisogna essere invadenti; devi studiare il modo corretto per avvicinarti al sog-getto nelle diverse situazioni: se sei al mercato, non puoi fotografare dei ban-chi vuoti o con le persone che si girano

dall’altra parte o ti inveiscono contro. Due volte ho dovuto fotografare delle spiagge di nudisti (Formentera e un la-ghetto di Berlino); ovviamente mi sono messo nudo anch’io e andavo in giro con la macchina al collo! Una volta mi portavo la Polaroid e regalavo qualche foto; adesso col digitale la mostro sul display e molti mi chiedono di riceverla per email. Quando rientro in studio gliela mando veramente. Se mi capita di vedere una coppia carina, magari in luna di miele, mi presento e chiedo di farmi da mo-delli in cambio di una foto professiona-le. Quasi sempre sono ben contenti di offrirmi collaborazione.

Hai riscontrato cambiamenti tor-nando negli stessi posti dopo diverso tempo?I cambiamenti più grandi si vedono nei paesi sottosviluppati che si aprono al turismo. Sono stato in Vietnam per Tuttoturismo alla prima apertura delle frontiere e ci sono ritornato a distanza di dieci anni: ho trovato enormi cam-biamenti, con grandi alberghi e fast

food che crescono come funghi, mentre la gente che prima andava in bicicletta ora va in motorino. Oggi la plastica è arrivata anche nel fiu-me Irrawaddy in Birmania; quando ci sono andato la prima volta non ce n’era traccia. Anche gli indumenti cambiano: prima vestivano in modo tradizionale, mentre adesso l’abbigliamento è molto vario; temo che fra qualche anno i ve-stiti tradizionali spariranno.E poi ci sono i cambiamenti climatici. In Canada ho realizzato ben 175 servi-zi, per dire che è un paese che conosco bene: amo infatti approfondire la cono-scenza dei luoghi e quindi vi ritorno più volte. Il ministero del turismo canadese ha investito su di me circa ottocentomi-la dollari (e io gli ho procurato un ritor-no di otto milioni in pagine pubblicate sulle riviste italiane) e quindi nel corso degli anni ho potuto viaggiare in lungo e in largo per il Canada. Ho fotografato più volte anche la migrazione degli orsi dalla terra ferma ai ghiacci: all’inizio avveniva alla metà di ottobre, per cui al massimo alla terza settimana di ottobre il ghiaccio si era formato e tutti gli orsi

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Trovando le giuste condizioni ambientali e ragionando su punto di ripresa, focale, inquadratura ed esposizione, si possono ottenere immagini potenti ed evocative. Dal libro Terre d’Aci, edito da Edizioni Photosintesi.Nikon D100, zoom 17-35mm, pellicola Fuji Velvia.

erano nella baia di Churchill, adesso la formazione dei ghiacci non avviene prima della metà di novembre e quindi anche la migrazione si è spostata di un mese, con gli orsi che devono restare un mese in più senza mangiare. Anche la mia Sicilia è cambiata: il clima è di-ventato subtropicale, con una stagione delle piogge e una stagione senza, ma molto umida.

Ti è mai capitato di trovarti in situa-zioni da brivido? Tante, al punto da ispirarmi perfino un romanzo! L’ho pubblicato con lo pseu-donimo di Bruno Gallo e si intitola “Il proiettile di cristallo”; è una specie di giallo quasi-storico semiserio che ha come protagonista un fotografo che si trova alle isole Eolie per un servizio. Ho quasi l’intenzione di scriverne un altro dal titolo “Vita, quasi morte e... miracoli di un fotografo di natura e viaggi”, in cui raccontare le storie divertenti e da paura che mi sono capitate. Quando racconto agli amici

aneddoti della mia vita, invariabilmen-te mi dicono: “ma perché non ci scrivi un libro?”Ti posso raccontare di quella volta che mi trovavo per Airone in Kamchatka, nella riserva naturale Kronosky, con Fulco Pratesi e un guardia-parco col fucile; l’interprete era tornata al campo per un problema ad un piede. Seguivamo un grizzly che brucava delle bacche, rimanendo alla distanza di circa cinquanta metri; io stavo più vicino al grizzly sia per fotografar-lo meglio che per abituarlo alla mia presenza, mentre Pratesi e il guardia-parco stavano più indietro, anche per non allarmarlo con una presenza nu-merosa. Ad un certo punto il grizzly si addentra fra i cespugli, sparendo dalla mia vista ed io decido di girare intorno alla collinetta per aspettarlo all’uscita dagli arbusti; ma l’orso si muove più velocemente di quanto pensassi e così mi ritrovo le sue fauci spalancate a non più di cinque metri. Ci fissiamo per un secondo, ed io abbasso subito lo sguar-

do per non assumere un pericoloso atteggiamento di sfida, rimanendo im-mobile; molto lentamente inizio a fare qualche passo indietro, cercando con lo sguardo Pratesi e il guardia-parco col fucile, ma senza vederli. Temendo che fossero rientrati al campo sento davvero un brivido alla schiena, ma continuo a indietreggiare piano piano, fino a portarmi a distanza di sicurezza. Finalmente trovo Pratesi e il guardia-parco seduti per terra dietro una gobba del terreno, nascosti da un cespuglio.Un’altra situazione critica mi è capitata a Cavagrande, in Sicilia, dove c’è una città rupestre risalente a cinquemila anni fa, su più livelli e con corridoi scavati nella roccia; si accede arram-picandosi all’interno di pozzi dove in origine c’erano delle scale e si procede in tunnel con pareti in parte crollate, sentieri con a destra la roccia e a sinistra il vuoto. Percorrevo uno di questi sentieri sullo strapiombo, largo appena settanta-ottanta centimetri, ma non avevo considerato il problema di

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tornare indietro; avrei dovuto infatti camminare con lo strapiombo davan-ti, per via della curva del sentiero, e lo strapiombo mi dava le vertigini. In quel caso ho dovuto veramente fare affidamento su tutto il mio autocon-trollo, sforzandomi di non guardare il precipizio e procedendo passettino dopo passettino, leggermente curvo in avanti perché la volta era stata scavata per uomini molto più bassi di me.

E di casi buffi da raccontare ne hai?Una marea! Questo riguarda ancora i grizzly, animali che adoro. Durante un lungo viaggio a cavallo nello Yukon, un grizzly si avvicina al nostro piccolo campo attirato dal profumo dei nostri “macaroni and cheese”, ma io e la gui-da lo scacciamo senza problemi sbat-tendo pentole e pignatte e lanciando urla dantesche (ma con il fucile pronto all’uso).

Andiamo a dormire ma mi sveglio per necessità fisiologiche; chiedo alla guida come avrei dovuto regolarmi con il grizzly, se fosse rimasto in zona, ma per tutta risposta mi passa il suo fucile e si gira dall’altra parte. Non ho fatto brutti incontri, ma immagina quanto fossi divertente, accucciato in equilibrio instabile con in mano un pe-sante Winchester 73 a canna ottagonale lunga!

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Australia. Western Australia. Cascate King George. Questa immagine vuole spiegare in un solo scatto la natura del Kimberley, questa immensa area dell’Australia totalmente selvaggia e disabitata percorsa per centinaia di km, alcuni mesi l’anno, da fiumi lunghissimi che formano cascate grandiose e spettacolari.Immagine pubblicata come foto d’apertura su Week End & Viaggi per un servizio sul Western Australia. “Ho sviluppato tutte le fotografie con Nikon Capture NX2, senza bisogno di Photoshop: NX2 basta e avanza.”Nikon D2x, zoom 18-200mm VR. Focale 18mm f/11 - 1/250s

Passiamo alla tecnica: com’è compo-sto il tuo corredo fotografico?Con tutte le restrizioni che ci sono oggi sugli aerei cerco di ridurre al minimo l’attrezzatura da portare, tenendo ovviamente conto di quello che devo fotografare. Se ci sono degli animali mi porto dietro il 300mm f/2,8 col duplicatore, altrimenti questo è il primo pezzo che lascio a casa. Se vado a documentare

una città mi porto sicuramente il de-centrabile, altrimenti no. Il mio corredo attuale è composto da due corpi macchina, una Nikon D700 (eventualmente con il battery pack) e una D2X. Ho caricato sulla D700 il fir-mware che rende le immagini cromati-camente simili a quelle della D2X. Sulla D700 tengo sempre il Nikon 12-24mm, mentre sulla D2X uso un 18-200 VR stabilizzato; tenendo conto dei

diversi formati dei due sensori, copro dal 12mm (effettivo sulla D700) al 300mm (equivalente sulla D2X) e con questa attrezzatura faccio il 90% delle fotografie. Poi porto sempre con me un 105mm macro stabilizzato, sempre Nikon, e tre flash SB900 insieme a gelatine di vari colori. Nelle riprese d’archeologia mi piace mescolare la luce ambiente del tra-monto con quella di falò, candele, lumini e flash con la tecnica dell’open flash; la D700 è straordinaria in luce ambiente. Uso questa tecnica anche in riprese di interni come musei, cantine, alberghi.

Hai mai avuto problemi o malfun-zionamenti con le attrezzature?Non ricordo malfunzionamenti; sicu-ramente non ho mai avuto problemi da quando fotografo in digitale. Uso Nikon e sono sempre rimasto fe-dele a questa marca anche quando era rimasta nettamente indietro a Canon; uno dei motivi della mia fedeltà a Nikon è l’impostazione dei coman-di, che trovo più logica e intuitiva rispetto a certe stranezze che noto in Canon. All’inizio, a causa della mia inespe-rienza del digitale, mi sono cancellato una scheda di memoria, e un’altra volta ho perso delle immagini nel loro trasferimento al disco portatile: non mi ero accorto che era finita la batte-

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ria! Ma me la sono sempre cavata. Anche con le macchine meccaniche non ho mai perduto un servizio per colpa di malfunzionamenti. Ricordo che una volta, dopo non so quanti milioni di scatti, “mi è morto” il processore della F3, ma è successo quando ero a casa e fotografavo mia figlia Erika! Oggi la fidata F3 è in pensione su uno scaffale della mia libreria. C’è da dire che ho sempre fatto una buona manutenzione con un controllo accurato ogni anno, e se dovevo foto-grafare gli orsi polari in Canada facevo prima condizionare la macchina alla LTR col lubrificante adatto alle basse temperature.

Parliamo adesso di multimedialità e delle tue esperienze col videoOggi un fotografo geografico deve anche sapere scrivere degli articoli (e farlo bene, per come serve alle diverse riviste) e fare dei documentari comple-ti, o almeno delle buone riprese. Nella mia carriera ho sempre cercato di proporre un lavoro multimediale,

USA. Oregon, Astoria. Albergo Elliott. Il trompe-l’oleil sulla terrazza ricalca il paesaggio sul fiume Columbia. Ho inquadrato facendo in modo che paesag-gio e dipinto fossero uno la continuazione dell’altro. La persona restituisce le dimensioni della scena e spiega la funzione panoramica della terrazza. Immagine pubblicata su Panorama Travel, nell’articolo di Ivano Sartori.Nikon D2x, zoom 18-200mm VR. Focale 24mm.

Rapa Nui (isola di Pasqua). Moai Nga Ahu lungo la spiagga Nakatema: è stato eretto dove la leggenda vuole siano sbar-cati i primi navigatori melanesiani che hanno scoperto l’isola. Ho scelto lo sfondo dell’acqua per associare la presenza dell’uomo sull’isola all’oceano attraversato per raggiungerla. Anche l’effetto cromatico è notevole. Immagine pubblicata su Mondo del Golf, In Viaggio, Cavallo Magazine. Nikon D2x, zoom 18-200mm VR. Focale 200mm f/11 - 1/250s

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con tutti i limiti che ci sono in Italia per lavorare nell’ambito dei documen-tari TV: in questo settore non entri se non hai fior di raccomandazioni! Se dipendesse da me, oggi come oggi farei solo dei documentari. Il mio primo lavoro di questo tipo, fatto insieme ad Alessandro Cecchi Paone, si intitolava “Etna, mille e una vita” e in quel caso non ero l’operatore, ma l’autore, insieme a Fabrizio Truini. A quanto mi risulta si tratta dell’unico documentario girato interamente da una troupe Rai, dato che i documentari che vanno in onda sulle sue reti sono perlopiù comprati e quelli prodotti sono dati in appalto ad esterni (e ce ne vuole per prendersi un appalto se sei fuori dal giro). Questo documentario, girato dalla troupe Rai di Catania, ha vinto premi ad un festival della montagna (mi sem-bra negli anni 88-89) e ad uno di film naturalistici. A quei tempi ero anche un bravo ca-meraman e lavoravo sia con la Arriflex che col video; dopo il successo del primo lavoro mi ero illuso di poter

continuare su questa strada insieme a Cecchi Paone, ma ci siamo scontrati con la situazione della Rai, dove per lavorare servono appoggi e compro-messi, per cui alla fine abbiamo deciso di lasciar stare: io ho continuato a fare il fotografo e Alessandro ha proseguito nella sua carriera. Saltuariamente ho però fatto altri do-cumentari per Geo&Geo, Rai Tre e Cavallo Channel, portandomi appresso un operatore attrezzato con apparec-chiature moderne e un po’ meno arrug-ginito di me. In questi anni ho fatto più l’autore che l’operatore. Con Cecchi Paone sono sempre rima-sto in contatto, ed ora l’ho ritrovato anche professionalmente; stiamo col-laborando per Marco Polo. Grazie alla nuova Nikon D3X si stan-no aprendo nuovi orizzonti anche nel video ed ho intenzione di provarla per vedere se è possibile portare a casa, oltre che le foto, anche degli ottimi filmati. Vista la possibilità di collegare due radiomicrofoni (uno per il giornalista e uno per l’intervistato), questa reflex

si presta per fare documentari ad un certo livello.

Dopo oltre venticinque anni in giro per il mondo, non ti attirerebbe cam-biare settore?Ero, sono e sarò sempre un fotografo di reportage geografico. Al contrario di tanti altri, non mi sono mai fatto am-maliare dal denaro che circola in certi settori della fotografia ed ho sempre scelto l’essere rispetto all’avere: non mi interessa proprio fare lavori com-merciali nella moda, nella pubblicità, nel glamour, nel gossip. Capisco che ci siano fotografi che, dopo anni di lavoro ripetitivo, comin-cino ad annoiarsi, ma se il tuo soggetto è il mondo hai tutto il mondo da foto-grafare! Non è una battuta, perché nel mio lavoro ogni giorno i soggetti e le problematiche sono sempre diversi, senza contare gli imprevisti. Non credo che ci sia un altro settore della fotogra-fia così vario, interessante e capace di farti crescere come persona.

Intervista di Dario Bonazza

con tutti i limiti che ci sono in Italia continuare su questa strada insieme a si presta per fare documentari ad un

Cile. Deserto dell’Atacama. Una colonia di fenicotteri in un lago di montagna, quasi al confine con l’Argentina. Le foto di animali che preferisco sono quelle ambientate, dove posso mostrare l’ambiente naturale dove vivono gli animali. Pubblicata su Mondo del Golf, In Viaggio.Nikon D2X, zoom 18-200 VR, focale 200mm.