Francesco Mecucci Copywriting Portfolio

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28 28 showroom per poter dimostrare allo Stato di essere titolare di un’azienda agri- cola. Quindi, nell’aprile 2013 ho frequentato il corso di formazione per mastri birrai (40 ore) presso il Centro di Eccellenza per la Ricerca sulla Birra dell’Università di Perugia. Dopo tanta teoria, è il momento della pratica. A partire da maggio 2013 mi sono dedicato alla ricerca di una strut- tura adatta per ospitare il birrificio. Dopo otto mesi, a dicembre, ho trovato il capannone adatto, desti- nato a diventare il quartier genera- le. I lavori di ristrutturazione hanno presentato notevoli problemi: non c’era alcun impianto fognario. Allo- ra, per far defluire a norma di legge migliaia di litri d’acqua, abbiamo dovuto ricorrere a un impianto di fitodepurazione, ovvero un sistema altamente complesso di pompe e tubazioni che defluiscono in 4 va- sconi interrati da 5000 litri e con circa 150 cannucce lacustri per as- sorbire l’acqua in eccesso. Mentre Terre di Faul prendeva forma, ecco una fondamentale esperienza oltreoceano. Grazie all’amicizia con Dan Weber, birraio del noto birrificio Dogfish Head nel Delaware, sono entrato in contatto con Ben Mills, titolare del birrificio Fossil Cove Brewing in Arkansas. Lì mi sono recato per un mese ad apprendere il vero lavoro del birraio. Ho svolto i compiti più disparati, dalla pulizia dei pavimenti alla gestione delle fermentazioni, fino al top: la produzione. Qual è stata la tappa successiva, al ritorno dagli Stati Uniti? In febbraio ho prodotto i primi 2300 litri, appoggiandomi al birri- ficio Acelum di Castelcucco, vicino Treviso. L’impianto viterbese, infat- ti, sarà pronto a maggio. Si tratta di un Bbc Inox da 750 litri con 3 fermentatori. Intanto il 12 aprile ci presenteremo in una serata al Beer Shock di Viterbo. Quali sono le birre per il lancio? Sono due. La Tiburzi, un’American Pale Ale di circa 6 gradi alcolici dai chiari sentori di luppolo fruttato e con un amaro presente ma non invasivo, intitolata al più famoso brigante della Maremma vissuto nell’Ottocento; e la Midnight Sun- set, una Cream Ale di circa 5 gradi, leggera, con un amaro quasi imper- cettibile ma decisamente secca e di alta bevibilità, dedicata alle nottate estive passate in riva al lago con gli amici, magari intorno al fuoco. L’amore per la birra secondo natura e a regola d’arte Forse non tutti lo sanno, ma la bir- ra è riconosciuta come prodotto agricolo. Lo ha stabilito nel 2010 un decreto legislativo del Ministe- ro dell’Economia, in base al quale il coltivatore di orzo o di luppolo può produrla artigianalmente, dimo- strando di utilizzare almeno il 51% della materia prima. Azienda Agri- cola Terre di Faul di Viterbo è pron- ta a debuttare sul mercato. “Voglio trasmettere - spiega il titolare Filip- po Miele - la stessa passione con cui produco birra, seguendo le leggi della natura. Non voglio darvi un semplice prodotto, ma farvi inna- morare, proprio come lo sono io”. Creare un birrificio artigianale non è uno scherzo: raccontaci le tappe che hanno portato alla na- scita di Terre di Faul. Il percorso è stato lungo e tortuoso, a partire dal corso da imprenditore agricolo presso la Provincia di Viter- bo, iniziato nel novembre 2012 (150 ore). Questo corso è indispensabile parliamo di TERRE DI FAUL I.P.

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showroom

per poter dimostrare allo Stato di essere titolare di un’azienda agri-cola. Quindi, nell’aprile 2013 ho frequentato il corso di formazione per mastri birrai (40 ore) presso il Centro di Eccellenza per la Ricerca sulla Birra dell’Università di Perugia.Dopo tanta teoria, è il momento della pratica.A partire da maggio 2013 mi sono dedicato alla ricerca di una strut-tura adatta per ospitare il birrificio. Dopo otto mesi, a dicembre, ho trovato il capannone adatto, desti-nato a diventare il quartier genera-le. I lavori di ristrutturazione hanno presentato notevoli problemi: non c’era alcun impianto fognario. Allo-ra, per far defluire a norma di legge migliaia di litri d’acqua, abbiamo dovuto ricorrere a un impianto di fitodepurazione, ovvero un sistema altamente complesso di pompe e tubazioni che defluiscono in 4 va-sconi interrati da 5000 litri e con circa 150 cannucce lacustri per as-sorbire l’acqua in eccesso.Mentre Terre di Faul prendeva forma, ecco una fondamentale esperienza oltreoceano.Grazie all’amicizia con Dan Weber, birraio del noto birrificio Dogfish Head nel Delaware, sono entrato

in contatto con Ben Mills, titolare del birrificio Fossil Cove Brewing in Arkansas. Lì mi sono recato per un mese ad apprendere il vero lavoro del birraio. Ho svolto i compiti più disparati, dalla pulizia dei pavimenti alla gestione delle fermentazioni, fino al top: la produzione.Qual è stata la tappa successiva, al ritorno dagli Stati Uniti?In febbraio ho prodotto i primi 2300 litri, appoggiandomi al birri-ficio Acelum di Castelcucco, vicino Treviso. L’impianto viterbese, infat-ti, sarà pronto a maggio. Si tratta di un Bbc Inox da 750 litri con 3 fermentatori. Intanto il 12 aprile ci presenteremo in una serata al Beer Shock di Viterbo.Quali sono le birre per il lancio?Sono due. La Tiburzi, un’American Pale Ale di circa 6 gradi alcolici dai chiari sentori di luppolo fruttato e con un amaro presente ma non invasivo, intitolata al più famoso brigante della Maremma vissuto nell’Ottocento; e la Midnight Sun-set, una Cream Ale di circa 5 gradi, leggera, con un amaro quasi imper-cettibile ma decisamente secca e di alta bevibilità, dedicata alle nottate estive passate in riva al lago con gli amici, magari intorno al fuoco.

L’amore per la birrasecondo naturae a regola d’arte

Forse non tutti lo sanno, ma la bir-ra è riconosciuta come prodotto agricolo. Lo ha stabilito nel 2010 un decreto legislativo del Ministe-ro dell’Economia, in base al quale il coltivatore di orzo o di luppolo può produrla artigianalmente, dimo-strando di utilizzare almeno il 51% della materia prima. Azienda Agri-cola Terre di Faul di Viterbo è pron-ta a debuttare sul mercato. “Voglio trasmettere - spiega il titolare Filip-po Miele - la stessa passione con cui produco birra, seguendo le leggi della natura. Non voglio darvi un semplice prodotto, ma farvi inna-morare, proprio come lo sono io”.Creare un birrificio artigianale non è uno scherzo: raccontaci le tappe che hanno portato alla na-scita di Terre di Faul.Il percorso è stato lungo e tortuoso, a partire dal corso da imprenditore agricolo presso la Provincia di Viter-bo, iniziato nel novembre 2012 (150 ore). Questo corso è indispensabile

parliamo di

TERRE DI FAUL

I.P.

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TERNI melting pot ■ 19meltingpotitaly.it

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MAGAZINE - NUMERO 1 PAG. 11

In Cucina

FRIDA:Tra pennelli & fornelliAncora più di frequente in questo periodo riecheggia il nome di Frida Kahlo (1907-1954), pittrice messicana nota tanto per la sua introspettiva e seducente arte, quanto per la sua fragile e indomita personalità. Proprio in questi giorni nella città di Roma, alle Scuderie del Quirinale, è in corso una grande mostra volta a presentare e approfondire la produzione artistica della pittrice nella sua evoluzione. Il visitatore potrà così ammirare il corpus di capolavori assoluti provenienti dai principali nuclei collezionistici, ricongiunto con opere appartenenti ad altre raccolte pubbliche e private in Messico, Stati Uniti, Europa.

Difficile credere che dietro tanto impegno artistico potesse nascondersi anche la creatività di una donna dedita alla cucina, alla cura amorevole del focolare domestico, e alla dedizio-ne verso il suo uomo, Diego Rivera. Frida lo conquista due volte, con la modernità dei suoi dipinti e con il sapore dei suoi piatti. Sa bene che Diego è manchevole spesso di autocon-trollo di fronte alle tentazioni, ma è anche donna consapevole e forte delle sue armi: le sue camicette di Oaxaca, le sottane che fanno intravedere linee delicate e l’odore accattivante della sua cucina messicana.

Tra gli oggetti della casa museo di calle de Londres, nel quartiere di Coyoacan, fu ritrovato un taccuino con la copertina nera, da lei chiamato il libro dell’erba santa. Su di esso erano an-notate le ricette per le offerte del giorno dei morti, poiché, secondo la tradizione, il 2 novem-bre i defunti ottengono il permesso divino di tornare sulla terra e bisogna accoglierli prepa-rando un piccolo altare con fiori gialli di tagete, pani zuccherati, incensi, immagini religiose, ma soprattutto con le loro pietanze preferite. Quest’opera, pregna della tradizione culinaria messicana, fu presentata per la prima volta al pubblico durante la grande mostra dedicata alla pittrice allestita al palazzo di Bellas Artes, in occasione dell’anniversario della sua na-scita. Tuttavia, per cause misteriose, il giorno in cui la mostra fu inaugurata il taccuino sparì. Vi proponiamo due ricette:

Un’estateBrasiliana

MONDIALI: MAGLIE, COLORI E PASSIONE

Se è vero che i mondiali di calcio accompagnano la nostra vita, allora le maglie delle grandi squadre le danno un colore indelebile. Ci sono tinte che la magia della World Cup ha impresso per sempre nella memoria e nello stile di tifosi e non solo.In principio è il celeste, anzi la Celeste, come viene tuttora chiamata la nazionale dell’Uruguay, paese ospitante e campione della prima edizione, anno 1930. Bianco: per cinesi e indiani è il colore del lutto. Dal 1950 lo diventa anche per i brasiliani: la drammatica sconfitta in finale al Maracanà contro gli uruguagi (quelli del celeste) induce loro ad abbandonare per sempre il bianco delle loro divise. Al suo posto, il giallo oro, per cinque volte simbolo del trionfo. Passiamo al rosso: la mitica maglia red saluta la (finora) unica vittoria mondiale dell’Inghilterra. 30 luglio 1966: nel suo Wembley, l’undici di Alf Ramsey scende in campo in rosso per distinguersi dai bianchi della Germania Ovest. E quel colore, grazie anche a un gol fantasma, diviene sacro per i sudditi della regina.Non dev’essere piaciuto molto, invece, il colore della maglia con cui la Spagna conquista il suo primo titolo, quattro anni fa: dopo aver giocato e vinto la finale con l’arancione Olanda in un’inedita divisa blu, prima di alzare la coppa Casillas e compagni si infilano sopra la tradizionale casacca rossa. C’è stato un blu bagnato di lacrime: quelle di Maradona, versate sulla seconda maglia dell’Argentina nella finale persa di Italia ‘90. E c’è una lunga striscia di azzurro di varie tonalità che ha segnato la passione tutta italiana per il pallone.Infine c’è anche un nero nella lunga storia cromatica dei mondiali di calcio: quello che, nel 1938, viene fatto indossare per ragioni politiche ai calciatori italiani per il quarto di finale con la Francia a Marsiglia, di fronte al tifo avverso di migliaia di esuli antifascisti.Francesco Mecucci

Ingredienti: 2 jicamas (piccolo tubero simile alla rapa), 4 arance grandi e succose, 3 cetrioli, mezzo ananas, 3 manghi, 1 xoconostle (fico d’India), 1 manciata di cipolline, 6 limoni, 4 peperoncini verdi, sale grosso.

Preparazione: Sminuzzare in modo uniforme le jicamas pela-te, le arance, i cetrioli sbucciati, l’ananas, le ci-polline, i manghi e il fico d’India. Condire tutto con il succo dei limoni, i peperoncini spezzettati e un cucchiaio di sale (si può insaporire anche solo con limone e peperoncino in polvere). Per un tocco in più aggiungete chicchi di melagra-na, così il piatto avrà i colori della bandiera messicana! L’effetto è assicurato!

di Micol Burrai

PICO DE GALLO

Ingredienti: Una tazza di riso, olio, due tazze di brodo di pollo, 1 carota, 1 tazza di piselli, 2 patate, 2 pomodori di media grandezza, 1 pezzo di cipolla, uno spicchio d’aglio, sale.

Preparazione: Versare il riso nell’acqua bollente e lasciare am-morbidire per dieci minuti, poi scolarlo e metterlo al sole per quindici minuti. Fare scaldare olio ab-bondante in una padella e soffriggere il riso con i piselli, la carota e le patate tagliate a cubetti. Nel frattempo frullare i pomodori la cipolla e l’aglio con un po’ d’acqua. Quando il riso ha preso un po’ di colore, eliminare l’olio in eccesso e versare in padella la salsina di pomodoro. Insaporire con il sale. Quando la salsina inizia a sobbollire, aggiun-gere il brodo e coprire. Lasciare cuocere fino a far evaporare il liquido.

RISO ALLA MESSICANA