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1 Gli scopi del Forum sono: suscitare un interesse culturale sui principi fondanti della bioetica e aprire il dibattito sui dilemmi etici dell’epoca moderna P P r r i i n n c c i i p p i i e e D D i i l l e e m m m m i i d d i i B B i i o o e e t t i i c c a a INDICE: Vocazione all’amore nella famiglia in una società che rinnega il diritto naturale, di Paolo Rossi * Solo nell’uomo si coniuga la vocazione all’amore, le disgiunzioni tra sfere personali dell’amore, cosa intendiamo per “vocazione. * Attualità del diritto naturale, Il positivismo giuridico, Il diritto naturale. * Il fondamento sociale del matrimonio, Eros e Agape, il patto di amore coniugale nel matrimonio non è una invenzione culturale. * La distruzione della famiglia naturale, i gay deformano l’istituto giuridico del matrimonio. * Le ideologie che falsificano la vocazione all’amore Comitato di redazione Dott. Cleto Antonini, (C.A.), Aiuto anestesista del Dipartimento di Rianimazione Ospedale Maggiore di Novara; Don Pier Davide Guenzi, (P.D.G.), docente di teologia morale presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, Sezione parallela di Torino; e di Introduzione alla teologia presso l’Università Cattolica del S. Cuore di Milano e vice-presidente del Comitato Etico dell’Azienda Ospedaliera “Maggiore della Carità” di Novara. Don Michele Valsesia, parroco dell'Ospedale di Novara, docente di Bioetica alla Facoltà Teologica dell'Italia Sett. sez. di Torino Prof. Paolo Rossi, (P.R.) Primario cardiologo di Novara Master di Bioetica Università Cattolica di Roma FORUM di BIOETICA NEWSLETTER n. 101 - -febbraio – 2013 - -

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Gli scopi del Forum sono: suscitare un interesse culturale sui principi fondanti della bioetica e aprire il dibattito sui dilemmi etici dell’epoca

moderna

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Vocazione all’amore nella famiglia in una società che rinnega il diritto naturale, di Paolo Rossi * Solo nell’uomo si coniuga la vocazione all’amore, le disgiunzioni tra sfere personali dell’amore, cosa intendiamo per “vocazione. * Attualità del diritto naturale, Il positivismo giuridico, Il diritto naturale. * Il fondamento sociale del matrimonio, Eros e Agape, il patto di amore coniugale nel matrimonio non è una invenzione culturale. * La distruzione della famiglia naturale, i gay deformano l’istituto giuridico del matrimonio. * Le ideologie che falsificano la vocazione all’amore

Comitato di redazione

Dott. Cleto Antonini, (C.A.), Aiuto anestesista del Dipartimento di Rianimazione Ospedale Maggiore di Novara;

Don Pier Davide Guenzi, (P.D.G.), docente di teologia morale presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, Sezione parallela di Torino; e di Introduzione alla teologia presso l’Università Cattolica del S. Cuore di

Milano e vice-presidente del Comitato Etico dell’Azienda Ospedaliera “Maggiore della Carità” di Novara.

Don Michele Valsesia, parroco dell'Ospedale di Novara, docente di Bioetica alla Facoltà Teologica dell'Italia Sett. sez. di Torino

Prof. Paolo Rossi, (P.R.) Primario cardiologo di Novara Master di Bioetica Università Cattolica di Roma

FORUM di BIOETICA NEWSLETTER n. 101

---febbraio – 2013 ---

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Vocazione all’amore nella famiglia in una società che rinnega il diritto naturale

di Paolo Rossi

La vocazione all'amore prende forme differenti a seconda degli stati di vita ed è profondamente influenzata dalle ideologie che strutturano e dominano il nostro contesto sociale. La riuscita di una vita dipende dalla pienezza dell’amore che la persona sperimenta e dalla capacità di amare che sviluppa. Le forme che la sessualità ha assunto nel vissuto sociale contemporaneo sfidano il pensiero cattolico ben oltre il livello del giudizio etico. 1

L’attenzione privilegiata e costante che la Chiesa cattolica ha riservato alle tematiche relative alla sessualità viene riduttivamente interpretata come il sintomo di un’ossessione puritana e di una disistima del corpo: al contrario, essa manifesta la consapevolezza dell’importanza decisiva che questa dimensione dell’esperienza rappresenta nella vita delle persone e nel contesto del bene comune della società. Di più: tale sollecitudine testimonia una visione unitaria della persona umana e del significato del corpo (Gaudium et spes, n. 14), che Giovanni Paolo II, nelle sue

Con la loro rivendicazione di piena legittimazione pubblica, esse mettono in discussione radicalmente non solo le norme di comportamento di una tradizione plurisecolare, ma anche la stessa concezione antropologica cristiana. Implicano infatti una visione alternativa del corpo e dei rapporti tra uomini e donne, nella quale la differenza non è più un elemento qualificante per determinare le modalità della vocazione all’amore, anelito profondo su cui si gioca la riuscita della vita umana.

1 Livio Melina e Sergio Belardinelli: "Amare nella differenza. Le forme della sessualità e il pensiero cattolico: studio interdisciplinare". Raccoglie gli studi interdisciplinari di esperti qualificati a livello internazionale che pur nella diversità delle prospettive condividono l’attenzione per la luce che l’antropologia cristiana offre all’interpretazione dell’umano e quindi a una visione completa della persona.

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memorabili catechesi del mercoledì, definì “sacramento della persona” 2

Solo nell’uomo si coniuga la vocazione all’amore

segno visibile della sua realtà invisibile.

Tra i viventi conosciuti, l’essere umano è il solo che possiede una natura razionale e caratteristiche individuali uniche e irripetibili. È il solo che con il linguaggio manifesta capacità di relazionarsi con i suoi simili e quindi di esprimere la propria vocazione all’amore. Egli avverte questa chiamata come propria della sua natura umana, cioè come costitutiva al suo modo di essere persona e risponde ad essa in forme diverse nell’arco della sua vita.

Scoprire la propria vocazione all'amore

Il punto di partenza di ogni riflessione sull'amore, “è il mistero stesso di Dio, poiché il cuore della rivelazione cristiana è questo”. “Cristo, nella sua Passione, nel Suo dono totale, ci ha rivelato il volto di Dio che è Amore”. Poiché Dio è amore e l'uomo è fatto a sua immagine, l'identità profonda della persona, “la sua vocazione” è proprio l'amore: “l'uomo è fatto per amare; la sua vita è pienamente realizzata solo se è vissuta nell'amore”. Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza (Gen 1,26s): chiamandolo all'esistenza per amore, l'ha chiamato nello stesso tempo all'amore. Dio è amore (1Gv 4,8) e vive in se stesso un mistero di comunione personale d'amore. Creandola a sua immagine e continuamente conservandola nell'essere, Dio iscrive nell'umanità dell'uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell'amore e della comunione. L'amore è, pertanto, la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano. In quanto spirito incarnato, cioè anima che si esprime nel corpo e corpo informato da uno spirito immortale, l'uomo è chiamato all'amore in questa sua totalità unificata. L'amore abbraccia anche il corpo umano e il corpo è reso partecipe dell'amore spirituale. Si conoscono due modi specifici di realizzare la vocazione della persona umana all'amore: il Matrimonio e la Verginità. Sia l'uno che l'altra nella forma loro propria, sono una concretizzazione della verità più profonda dell'uomo, del suo «essere ad immagine di Dio».

Le disgiunzioni tra sfere personali dell’amore

In ogni individuo umano lo sviluppo della persona è caratterizzato normalmente dalla formazione, in successione più o meno armonica, della sfera sessuale, di quella dell’amore e di quella dell’erotismo. Prima della rivoluzione giovanile del ’68, nella maggior parte delle famiglie vigeva un sistema così detto patriarcale in cui il sesso, l’amore e l’erotismo non erano disgiunti tra di loro ed erano orientati alla procreazione e alla crescita dei figli. Quest’ultima, l’educazione dei figli, in genere seguiva un metodo autoritario con i suoi difetti ma anche i molti pregi ora perduti con le gravi conseguenze che hanno causato tra l’altro la dissoluzione del tessuto familiare e sociale che constatiamo dolorosamente ogni giorno nella nostra società. Nel mondo post-moderno, sesso come congiunzione, erotismo come desiderio, amore come sentimento, non sono più legati e dipendenti l’uno dall’altro. Si sono separati e l’erotismo ha raggiunto una sua autonomia, pretendendo di vivere da solo, liberandosi dal legame con l’essenzialità della funzione riproduttiva del sesso, ma anche con quella meno obbligatoria, ma culturalmente fortissima, dell’amore. È stata una rivoluzione non positiva. L’erotismo, oramai autonomo, è diventato la nuova norma

2 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creò, Catechesi sull’amore umano, Città Nuova – Libreria Editrice Vaticana, Roma 1985, Cat. XIX, p. 90.

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culturale del nostro tempo, “il desiderio che non desidera soddisfazione” e che vive con se stesso e per se stesso, cercando continuamente nuovi sogni, fantasie, aspirazioni senza una finalità o un limite 3

Cosa intendiamo per “vocazione”

.

Il termine vocazione riproduce il latino vocatio, da vocare, chiamare e designa in senso specifico la chiamata che viene rivolta da Dio alla creatura umana. La vocazione è una particolare sensibilità verso un tipo di vita, un'attività spesso intesa di carattere prettamente religioso o solidale, ma che esiste anche all'interno di pensieri filosofici e morali. La persona ha un trasporto innato nel vivere un certo tipo di vita. Di solito si parla di vocazione religiosa, nel contesto del Cattolicesimo si parla di vocazione sacerdotale, o di tipo monastico, che significa la voglia e la necessità interiore di seguire una chiamata. Anche in senso cristiano la vocazione non è esclusivamente quella sacerdotale o religiosa, ma tutti sono chiamati a riconoscere i propri talenti e a metterli in pratica, in un'ottica di fede, per il bene proprio e del prossimo. Nella sequela di Gesù, i sacerdoti danno la vita, affinché i fedeli possano vivere dell'amore di Cristo. Chiamate da Dio a donarsi interamente a Lui, con cuore indiviso, le persone consacrate nel celibato sono anche un segno eloquente dell'amore di Dio per il mondo e della vocazione ad amare Dio sopra ogni cosa. Alle vocazioni più antiche si sono aggiunte di recente quelle di consacrato in varie nuove forme, fra le quali per esempio: numerario, aggregato e soprannumerario della Prelatura Opus Dei. Numerari e aggregati vivono nel celibato apostolico, mentre i soprannumerari normalmente sono sposati o comunque possono farlo. Queste ultime sono vocazioni laicali, che comportano lo sforzo di raggiungere la santità nella vita ordinaria, come per esempio i Memores Domini legati invece a Comunione e Liberazione, o tutti coloro che sono consacrati laici in qualche congregazione religiosa (ad esempio i salesiani). In ordine più laico la vocazione è comunque una tendenza innata nell'individuo che lo porta più facilmente a fare alcune cose piuttosto che altre, sente un trasporto interiore. Ci sono medici, architetti che già in tenera età manifestano questo trasporto verso una specifica attività ed è anche questo che viene chiamato appunto vocazione. In filosofia si intende quella chiamata (o "vocazione") a sentirsi partecipi di un progetto universale, ognuno nel proprio ambito specifico. Mentre un uso che ritengo improprio del termine è quello che designa per un territorio la vocazione naturale, cioè riferita alla sua realtà nel contesto ambientale dove è inserito, per esempio: una località sul mare può essere definita con vocazione turistica, una zona dove ci sono miniere ha una vocazione più industriale. E negli ultimi tempi si sente parlare di vocazione anche per le aziende, con cui si vuole intendere solo il tipo di attività ed il modo con cui la si vuole espletare. Nel Nuovo Testamento il termine vocazione, κλῆσις (klēsis), si trova esclusivamente nelle lettere di Paolo e designa specificatamente la vocazione cristiana. È la vocazione:

a partecipare alla gloria dei redenti nel giudizio finale, della quale prega che siano reputati degni: "Ed è anche a quel fine che preghiamo continuamente per voi, affinché il nostro Dio vi ritenga degni della vocazione e compia con potenza ogni vostro buon desiderio e l'opera della vostra fede" (2 Tessalonicesi 1:11);

3 Zygmunt Bauman. “Gli usi postmoderni del sesso” Il Mulino, 24/01/2013

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alla salvezza, unica speranza "Vi è un corpo solo e un solo Spirito, come pure siete stati chiamati a una sola speranza, quella della vostra vocazione" (Efesini 4:4);

quella alla quale è promesso il premio della vita eterna: "...corro verso la mèta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù" (Filippes 3:14);

la "vocazione celeste" di cui sono partecipi i credenti in Cristo: "Perciò, fratelli santi, che siete partecipi della celeste vocazione, considerate Gesù, l'apostolo e il sommo sacerdote della fede che professiamo" (Ebrei 3:1);

quella che è stata senza considerare lo status sociale: "Infatti, fratelli, guardate la vostra vocazione; non ci sono tra di voi molti sapienti secondo la carne, né molti potenti, né molti nobili..." (1Corinzi 1:26 ss.).

Coloro che hanno ricevuto questa vocazione devono comportarsi in modo degno di essa (Efesini 4:1), in modo tale da "renderla sicura" (2 Pietro 1:10), pur sapendo che la vocazione cristiana, come quella rivolta all'antico popolo di Dio, è irrevocabile: "perché i carismi e la vocazione di Dio sono irrevocabili" (Romani 11:29). I cristiani sono "chiamati da Gesù Cristo" (Romani 1:16), secondo il proponimento di Dio (Romani 8:28); sono "chiamati santi" (1:7), sia nel senso che sono consacrati a Dio dalla loro chiamata, sia in quello che sono chiamati a santificazione, "alla chiesa di Dio che è in Corinto, ai santificati in Cristo Gesù, chiamati santi" (1 Corinzi 1:2). Al concetto di chiamati si associa quello di "eletti e fedeli" (Apocalisse 17:14; 2 Pietro 1:10). Il concetto di vocazione, infatti, è affine a quello di elezione; mentre dal verbo stesso "chiamare", καλέω (kaleō), deriva ἐκκλησία (ekklēsia), " chiesa", l'assemblea convocata, l'assemblea dei chiamati e degli eletti.

Attualità del diritto naturale Molti di coloro che difendono – legittimamente – la libertà e il pluralismo culturale e sociale sostengono che la società non ha bisogno di valori condivisi. Anzi, affermare l’importanza di tali valori, attribuire ad essi un fondamento di “verità”, sarebbe in contraddizione con l’idea stessa di pluralismo, intesa quale convivenza di idee e valori diversi. La considerazione – piuttosto ovvia – che in una società possono convivere idee diverse non risolve però un nodo essenziale: se esista – debba esistere – un nocciolo di valori fondamentali condivisi che garantisca la convivenza e la crescita sociale. Le radici culturali del rifiuto dei valori possono essere rinvenute essenzialmente nel liberalismo assoluto e nel relativismo. In tutte le attività umane (insegnare, lavorare, legiferare, amministrare, giudicare) è necessario continuamente scegliere tra diversi interessi quelli meritevoli di tutela, in base ad un criterio di selezione. Tale criterio non richiede semplicemente una competenza "tecnica", ma è anche un criterio "valutativo": non esistono soluzioni “tecniche” o “neutrali”. Si sceglie, dunque, in base a principi, o valori. Valori che possono a loro volta entrare in conflitto, e richiedere una scelta in base ad una gerarchia, un ordine d'importanza. Sostenere che si possa fare a meno di discutere dei valori comuni (o che i valori siano tutti uguali) è un grande imbroglio, serve a imporre alcuni principi (funzionali a interessi forti) spacciandoli come inevitabili, tecnici, neutrali, e sottraendoli al libero confronto culturale e democratico.

Il positivismo giuridico

Per individuare i valori da porre alla base delle norme giuridiche, il metodo che si è affermato è quello democratico, basato sul principio di maggioranza. Questo metodo è ritenuto più che sufficiente, per valutare le leggi, dalla dottrina del positivismo

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giuridico. Essa si fonda, per l’appunto, sul diritto "positivo", cioè quello legittimamente posto dall’autorità statale: la legge sarebbe valida e giusta semplicemente perché emanata nel rispetto delle procedure formali. In democrazia, secondo le regole volute dalla maggioranza. Il contenuto, i valori espressi, sarebbero irrilevanti; così come il consenso verso la norma, il senso di appartenenza civile: conta solo l'obbedienza. A ben vedere, dunque, nell'ottica positivista una legge formalmente corretta è sempre "valida e giusta", quand'anche emanata in un regime non democratico. Ma la storia si è incaricata di smentire tragicamente la convinzione che il rispetto delle forme o della maggioranza sia sufficiente ad assicurare il rispetto dell'uomo.

Il diritto naturale

La ricerca di un fondamento ai valori e alle leggi conduce inevitabilmente a guardare sia alla legge naturale (intesa come insieme di principi e valori oggettivi) sia – soprattutto - al diritto naturale (inteso come insieme di norme giuridiche vincolanti che regolano la vita sociale, nonché come sistema per la produzione delle norme stesse). Il diritto naturale è indipendente - e preesistente - rispetto alle leggi di ciascuno Stato, perché conforme alla natura umana e comune a tutta l'umanità. E' un diritto che, ovviamente, non si sostituisce al consenso democratico però legittima la democrazia e le dà anche un'anima per evitarne le degenerazioni. La necessità di riconoscere una verità dei rapporti sociali e giuridici, e di ancorarla in particolare al diritto naturale, emerge in maniera più evidente nel momento in cui si tratta di trovare una legittimazione per i diritti umani fondamentali 4

Poiché il diritto naturale spesso ricorda alle maggioranze popolari ed ai politici in carica che il loro potere è limitato, la teoria del diritto naturale è controversa e spesso malaccetta. Si cerca di eliminarla ma ogni 25 anni circa rientra dalla porta di servizio quando alcune crisi mostrano il fallimento del positivismo utilitaristico.

, affinché siano sottratti all’arbitrio o alla prevaricazione, anche quando questi siano rivestiti delle forme della legalità o siano espressione della volontà di una maggioranza.

Alcuni clamorosi revivals del diritto naturale si sono avuti nel secolo appena trascorso: 1) in reazione agli orrori nazisti; 2) in reazione alla segregazione razziale negli Stati Uniti; 3) in reazione ai crimini dei regimi comunisti; 4) in reazione ai crimini etnici nell'ex Jugoslavia e in Rwanda. Nonostante questi drammatici - e recenti - esempi storici, il tentativo di disancorare i diritti umani dal diritto naturale è sempre latente. La legge naturale non esprime solo i diritti fondamentali e inalienabili della persona, sempre validi e immediatamente "azionabili", dei quali ci è più evidente l'importanza. La legge naturale esprime anche i valori che consentono la civile convivenza, che fondano il sentimento di giustizia e che devono tradursi nelle leggi concrete. Il diritto naturale è anche quel ius condendum (il diritto “che deve essere costruito”) cui deve tendere il ius conditum (il diritto vigente); un cammino difficile, rifiutato dal positivismo giuridico.

4 Tra i diritti fondamentali dell'essere umano si possono ricordare, tra gli altri, il diritto alla vita dal concepimento al suo termine naturale, il diritto alla libertà individuale, il diritto all'autodeterminazione, il diritto a un giusto processo, il diritto ad un'esistenza dignitosa, il diritto alla libertà religiosa con il conseguente diritto a cambiare la propria religione, oltre che, di recente tipizzazione normativa, il diritto alla protezione dei propri dati personali (privacy).

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Come si definisce la legge naturale? E come incide nella sfera pubblica?

I critici del diritto naturale hanno evidenziato: 1) la difficoltà a trarne un catalogo di diritti o di principi puntuale; 2) hanno sottolineato come non sia stata sempre univoca la definizione delle leggi di natura; 3) hanno denunciato il rischio che ogni determinazione precisa risulti rigida, bloccando il progresso storico; 4) hanno segnalato il pericolo di un insanabile contrasto tra diritto naturale e diritto positivo. La difficoltà a definire la verità sull’uomo, e quindi anche la legge naturale, sta negli ineliminabili limiti razionali e morali degli uomini. Ciò nonostante, il riconoscimento che esiste una natura umana essenziale, che questa fonda la dignità dell’uomo e che è conoscibile da tutti, è il frutto di una ragione aperta e realista. È semplice da comprendere quando parliamo della natura fisica; ma è anche una prerogativa della persona umana, della sua sfera morale, intellettuale, spirituale e relazionale, sebbene la natura umana abbia un carattere duale (anima-corpo, finito-infinito) che la rende più complessa e mutevole. La natura dell’uomo - ovvero il suo statuto ontologico - è data da quelle caratteristiche fisiche, morali, razionali, spirituali che lo contraddistinguono al di là di razze, lingue, religioni, idee politiche, differenziandolo da ogni altro essere vivente e fondandone l’eminente dignità di persona (e i suoi diritti). Negano l'esistenza di una natura umana le teorie del "determinismo sociologico" (di derivazione marxista), per cui l'uomo è esclusivamente il prodotto degli influssi che subisce e dei rapporti (sociali, economici, culturali) che instaura. Così come le teorie "autopoietiche", per cui l'uomo sarebbe creazione di se stesso; e persino l'identità sessuale (maschio, femmina) dovrebbe essere sostituita da un'identità di genere ("gender") autodeterminata. Si teorizza che l'uomo sia un coacervo di istinti e passioni, e che sia possibile soddisfarle integralmente. Negando la natura umana, sviliscono la dignità dell'uomo, la quale diverrebbe condizionata e demandata ad una valutazione esterna, capace di stabilire se l'individuo abbia raggiunto lo stato che lo costituisce pienamente come persona. Altre teorie non negano in toto la natura umana, ma ne danno una visione parziale, ne sminuiscono la complessità: e in definitiva la amputano. Sono le teorie "riduzionistiche", che cioè riducono l'uomo ad una sola dimensione (economica, politica, sessuale, materiale, razionale), e lo rispettano solo nelle manifestazioni di quella dimensione. Uno dei lasciti più duraturi del "Sessantotto" è la concezione per cui l'uomo sarebbe un coacervo di passioni e istinti; e la perdita di contatto con la realtà fa immaginare, ovviamente, che sia possibile soddisfarle integralmente. La crisi del diritto naturale coincide con la crisi dell'idea di natura umana, e reca con sé gli inevitabili soprusi che ne conseguono.

Il fondamento sociale del matrimonio Eros e Agape

All’amore tra uomo e donna, che non nasce dal pensare e dal volere ma in certo qual modo è una compulsione istintiva che s’impone all’essere umano, l’antica Grecia ha dato il nome di eros. Due parole fondamentali: eros come termine per significare l’amore «mondano» e agape come espressione per l’amore fondato sulla fede e da essa plasmato. Il primo indica un amore possessivo, proprio dell'essere umano, egoistico che può esaltare il corpo in modo ingannevole, oppure essere aperto e donativo.

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L’eros egoistico è degradato a puro «sesso», diventa merce, una semplice «cosa» che si può comprare e vendere, anzi, l’uomo stesso diventa merce. Se, invece, l’eros inizialmente è soprattutto bramoso, ascendente per la grande promessa di felicità, nell’avvicinarsi poi all’altro si porrà sempre meno domande su di sé, cercherà sempre di più la felicità dell’altro, si preoccuperà sempre di più di lui, si donerà e desidererà «esserci per» l’altro. Così il momento dell’agape si inserisce in esso; altrimenti l’eros decade e perde anche la sua stessa natura. D’altra parte, l’uomo non può neanche vivere esclusivamente nell’amore oblativo, discendente. Non può sempre soltanto donare, deve anche ricevere. Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono.

La sessualità, mediante la quale l'uomo e la donna si donano l'uno all'altra, non è affatto qualcosa di puramente biologico, ma riguarda l'intimo nucleo della persona umana come tale. Essa si realizza in modo veramente umano, solo se è parte integrale dell'amore con cui l'uomo e la donna si impegnano totalmente l'uno verso l'altra fino alla morte. La donazione fisica totale sarebbe menzogna se non fosse segno e frutto della donazione personale totale, nella quale tutta la persona, anche nella sua dimensione temporale, è presente: se la persona si riservasse qualcosa o la possibilità di decidere altrimenti per il futuro, già per questo essa non si donerebbe totalmente.

Questa totalità, richiesta dall'amore coniugale, corrisponde anche alle esigenze di una fecondità responsabile, la quale, volta come è a generare un essere umano, supera per sua natura l'ordine puramente biologico, ed investe un insieme di valori personali, per la cui armoniosa crescita è necessario il perdurante e concorde contributo di entrambi i genitori. I figli sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono moltissimo al bene degli stessi genitori.

Il patto di amore coniugale nel matrimonio

Il «luogo» unico, che rende possibile la donazione di sé secondo l'intera sua verità, è il Matrimonio, ossia il patto di amore coniugale o scelta cosciente e libera, con la quale l'uomo e la donna accolgono l'intima comunità di vita e d'amore, voluta da Dio stesso, che solo in questa luce manifesta il suo vero significato. L'istituzione matrimoniale non è una indebita ingerenza della società o dell'autorità, ne l'imposizione estrinseca di una forma, ma esigenza interiore del patto d'amore coniugale che pubblicamente si afferma come unico ed esclusivo perché sia vissuto con la piena fedeltà. Questa fedeltà, lungi dal mortificare la libertà della persona, la pone al sicuro da ogni soggettivismo e relativismo, la fa partecipe della Sapienza creatrice. Il Matrimonio è il fondamento della più ampia comunità della famiglia, poiché l'istituto stesso del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione ed educazione della prole, in cui trovano il loro coronamento. Nella sua realtà più profonda, l'amore è essenzialmente dono e l'amore coniugale, mentre conduce gli sposi alla reciproca «conoscenza» che li fa «una carne sola» (Gen 2,24), non si esaurisce all'interno della coppia, poiché li rende capaci della massima donazione possibile, per la quale diventano cooperatori con Dio per il dono della vita ad una nuova persona umana. Così i coniugi, mentre si donano tra loro, donano al di là di se stessi la realtà del figlio, riflesso vivente del loro amore, segno permanente della unità coniugale e sintesi viva ed indissociabile del loro essere padre e madre. Divenendo genitori, gli sposi ricevono da Dio il dono di una nuova responsabilità. Il loro amore

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parentale è chiamato a divenire per i figli il segno visibile dello stesso amore di Dio, «dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome» (Ef 3,15). 5

Il matrimonio tra uomo e donna non è una invenzione culturale

In realtà non esiste nessun fenomeno sociale durevole che si sorregga sulla base di semplici condizionamenti culturali. Anche quando prendiamo per vero qualunque principio per il solo fatto che è sottoscritto da tutti, una volta posti dinanzi a scelte che lo chiamano in causa, non tardiamo a cercarne gli elementi che ne attestano la veridicità prima di accordargli definitivamente il nostro credito, secondo un principio costitutivo della logica del soggetto. Se così è, il fatto che la Chiesa difenda un modello di famiglia che essa stessa ha prodotto, non toglie nulla al fatto che, per secoli, questo modello sia stato trovato ragionevole ed efficace e tutti lo abbiano sottoscritto. Ci sono ancora oggi delle ragioni per ritenere che il modello coniugale fondato su un uomo e una donna sia quello più adeguato per definire lo scenario dentro il quale una vita possa non solo essere generata, ma anche accolta. Rinviare queste ragioni al solo condizionamento esercitato da un potere ecclesiale (peraltro minoritario da oltre due secoli), o da quello culturale, porta a considerare il soggetto come una specie di sonnambulo sociale, privo di qualsiasi capacità di analisi e di riflessione. Di fatto, ogni cultura affronta il mondo reale producendo delle chiavi interpretative a partire dalle quali è possibile abitarlo ed edificarvi un processo di civilizzazione. Ogni soggetto, per quanto acquisisca i contenuti di quest’ultimo attraverso il processo di socializzazione, non manca di sottoscrivere consapevolmente norme e principi ogni volta che si trova dinanzi a scelte concrete. Il consenso che la Chiesa riscuote sull’argomento del rifiuto alle adozioni da parte di coppie gay , proprio perché si situa in una società completamente svincolata dal sacro, sarebbe incomprensibile se i suoi argomenti non fossero riconosciuti come validi. Il fatto che le risorse tecnologiche consentano di by passare la presenza di un padre e di una madre non dice ancora nulla circa le conseguenze psicologiche su una futura coorte di bambini adottati in coppie senza padre o con una madre biologica che abbia affittato il proprio utero. Più in generale – ed è questa la lezione data, ad esempio, dallo stesso pensiero ecologista – la presenza di una modifica sostanziale dei percorsi psicologici connessi ad un’innovazione tecnologica non significa affatto che tale modifica sia priva di conseguenze o esente da effetti inattesi sull’equilibrio dei singoli. Di qui l’importanza di un principio di precauzione che dovrebbe costituire un corredo indispensabile di quel principio di responsabilità tante volte reclamato sul piano delle trasformazioni dell’ecosistema, ma lasciato da parte ogni volta che il sistema in equilibrio non è più quello della natura ma diventa quello dell’essere umano.6

La distruzione della famiglia naturale

Gli attacchi alla famiglia monogamica eterosessuale fondata sul matrimonio

È vero che mai come ora l'istituzione naturale del matrimonio e della famiglia è stata vittima di attacchi tanto violenti. Da correnti radicali, sono sorti nuovi modelli di famiglia. Abbiamo visto manifestarsi l'apologia della famiglia monoparentale, ricostituita, omosessuale, lesbica, ecc. Coppie formate da omosessuali rivendicano gli

5 Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 11 e 14, 1981 - Libreria Editrice Vaticana 6 www.ilsussidiario.net/2013/1/23/

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stessi diritti riservati al marito e alla moglie; reclamano perfino il diritto di adozione. Donne che vivono un'unione lesbica rivendicano diritti analoghi, esigendo leggi che diano loro accesso alla fecondazione eterologa o all'impianto embrionale. Inoltre si sostiene che la facilità offerta dalla legge di formare queste coppie insolite, deve andare di pari passo con la facilità di divorziare o ripudiare. Certe correnti di bioetica, poi, non sono estranee alla crisi della famiglia. Negli esempi che abbiamo fatto, è la legge che è chiamata a legalizzare forme d'unione che destabilizzano il matrimonio e la famiglia. Nel caso, invece, di certe correnti di bioetica, è la morale ad essere mobilitata per cercare di giustificare pratiche biomediche che separano, nell'unione coniugale, il fine unitivo da quello procreativo, la sessualità dall'amore. Le coppie sono esposte, così, ad essere alienate dall'intima verità dei loro rapporti sessuali. La trasmissione della vita diventa una questione di tecnica e di tecnici. A volte, questi ultimi sognano perfino di fabbricare la vita, vita di ineccepibile qualità. L'avvenire sarebbe quello di una procreazione senza amore umano. Terzo fronte sul quale la famiglia vacilla è quello delle politiche di controllo delle nascite. Dietro l'influenza delle ideologie maltusiane, neomaltusiane 7

I gay deformano l’istituto giuridico del matrimonio

ed eugeniche, il comportamento sessuale delle coppie è sempre più vittima di pressioni, cioè di forme di coercizione, emanate da autorità pubbliche, nazionali o internazionali, e riprese da ONG senza scrupoli. Non mancano dati che attestano la percentuale allarmante di donne sterilizzate, soprattutto nei paesi poveri. Disponiamo altresì di rapporti relativi ad un'alta percentuale di donne che sono ricorse alla contraccezione e all'aborto. A questi fattori se ne aggiungono altri: il matrimonio è sempre più tardivo; la nascita del primo figlio avviene sempre più avanti negli anni; il divorzio è sempre più frequente e facile; una percentuale crescente di giovani tende a vivere in unioni consensuali libere.

La questione del matrimonio gay è, nella sua essenzialità, molto semplice. Chi si batte perché i partner di una coppia gay ottengano la qualifica legale di «coniugi» o quella di «genitori» non riesce ad esibire convincenti ragioni sociali, ma solo ragioni di ordine simbolico (più o meno tutte riconducibili alla logica dell'affettività). Ma il diritto non esiste per dare soddisfazioni simboliche ai cittadini. Garantiamo legalmente un titolo professionale (ad esempio quello di medico o di ingegnere) per il rilievo sociale posseduto da questi professionisti. Non garantiamo legalmente, invece, il titolo di pittore o quello di romanziere, perché un brutto quadro o un pessimo romanzo non possono produrre i disastri che potrebbero produrre una diagnosi medica sbagliata o un'errata valutazione dell'idoneità statica di un edificio.

7 Il controllo demografico dei neomalthusiani non prevede solo la contraccezione, la sterilizzazione e l’aborto. Ben presto i Neomalthusiani (ai quali la Beata Madre Teresa di Calcutta diceva: “Ma se ci tenete tanto a diminuire la popolazione, perché non date l’esempio e non vi impiccate?) passarono all’assalto metodico della famiglia, difesa dal nostro grande Papa Benedetto XVI e dai suoi predecessori. Il loro attacco non conosce limiti morali né confini nazionali, dovendo essi governare il mondo con il controllo demografico e soggiogarlo con la “Dittatura del Relativismo” ed essi combattono la famiglia essenzialmente per due motivi: 1. Perché nella famiglia si fanno figli; 2. Perché i genitori, accusati di essere dittatori e soppressori della migliore natura dei bambini e colpevoli di educarli e di formare in essi la coscienza, sono in realtà un baluardo ed un ostacolo al loro folle progetto di dominio del mondo attuabile solo con il relativismo etico, perché chi ha dei valori e dei punti di riferimento è meno suscettibile di essere condizionato e manovrato rispetto a chi è confuso e non sa in che cosa credere. Il ruolo delle ONG (Organizzazioni Non Governative) nella promozione delle politiche neomalthusiane, e in particolare di Amnesty International è bene documentato.

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Come istituto giuridico il matrimonio non ha finalità meritevoli di tutela di carattere simbolico, ma un'unica essenziale finalità sociale, quella di garantire l'ordine delle generazioni, istituzionalizzando tra l'uomo e la donna quelle relazioni pubbliche di particolare intensità e responsabilità che consentono la nascita della famiglia, come struttura di socializzazione primaria. In quanto costitutivamente sterile (perciò caro ai neomaltusiani), il rapporto omosessuale (come peraltro qualsiasi altra forma di rapporto affettivo o amicale) non ha alcun bisogno di un riconoscimento legale, o almeno non ha bisogno di un riconoscimento diverso da quello che l'ordinamento giuridico potrebbe, se volesse, offrire, ma solo sul piano patrimoniale, ad altre forme di convivenza «non sessuate», che venissero ritenute meritevoli di attenzione sociale (come quelle tra fratelli conviventi o tra anziani genitori e un figlio). Si obietterà: perché negare ai gay la realizzazione dei loro «desideri» coniugali? La loro, è stato detto efficacemente, è una «battaglia per la felicità». Soggettivamente, può senza dubbio esserlo; ma oggettivamente bisogna riconoscere che si tratta di una battaglia molto ingenua, perché, comunque essa vada a concludersi, non è dal diritto e dai suoi eventuali (e impropri) riconoscimenti simbolici che deriva la felicità. La nostra felicità scaturisce solo dalla coerenza tra il bene, nella sua oggettività, e il nostro personale stile di vita. Questa forma di felicità, l'unica davvero autentica, non è veicolata dal diritto e non è preclusa a nessuno, sia che possa sia che non possa sposarsi (come capita anche a tanti eterosessuali). Nel dibattito in merito al matrimonio gay, 8

Le ideologie che falsificano la vocazione all’amore.

la vera posta in gioco non è il pur legittimo desiderio di felicità degli omosessuali che vogliono sposarsi, ma la deformazione oggettiva del matrimonio come istituto giuridico che è conseguenza inevitabile del riconoscimento del matrimonio tra omosessuali. La filosofa Sylviane Agacinski una delle più importanti voci del femminismo francese ha sostenuto sul Monde (22/06/07) che non vale invocare il fatto che tutto è cultura, “per affermare che il diritto civile, e matrimonio e filiazione in particolare, sono pure costruzioni, estranee alla sessuazione e alla generazione”. La rivendicazione del matrimonio omosessuale, così come dell’omoparentalità, poggia su una finzione, ovvero sull’idea che esistano soggetti di diritto chiamati “eterosessuali” ai quali parificare altri soggetti di diritto chiamati “omosessuali”, il che non ha senso dal punto di vista giuridico, perché, non è l’inclinazione sessuale a fondare matrimonio e genitorialità ma il sesso. “Se l’ordine umano, sociale e simbolico dà agli individui una doppia filiazione, maschile e femminile, non è in nome dei sentimenti che possono legare i genitori tra loro, dei desideri che li animano o del piacere che si danno, ma in ragione della condizione sessuata dell’esistenza umana e dell’eterogeneità di ogni generazione, della quale la cultura fino a oggi ha voluto conservare il modello”.

Altri modi di vivere la sessualità

Come valutare allora la rivendicazione di poter vivere la vocazione all’amore, assecondando l’attrazione per lo stesso sesso e prescindendo dalla differenza sessuale iscritta nel corpo? Per rispondere a queste domande, occorre riconsiderare la “questione” relativa alle forme della sessualità, a causa dell’emergere di alcune caratteristiche che hanno modificato i termini del dibattito. Non si tratta tanto di esprimere una valutazione

8 D'Agostino Francesco. I GAY E LA BATTAGLIA PER LA FELICITA. Corriere della Sera, 14 gennaio 2013.

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morale sugli atti omosessuali, oppure di definire i termini di un riconoscimento o di una tolleranza sociale dinanzi al fenomeno dell’omosessualità; pare utile, piuttosto, occuparsi del risultato di una rivoluzione ideologica che presenta questo fenomeno come una nuova realtà nell’ambito sociale. L’omosessualità, infatti, non appare più come un problema, ma come un paradigma di comportamento sessuale alla stregua degli altri, con effetti quali la messa in discussione del ruolo della sessualità e della concezione stessa dell’uomo. Per poter articolare una risposta adeguata, in cui sia considerata la dimensione personale, occorre riconsiderare la sfida culturale nell’ambito della quale si presenta la questione dell’omosessualità, al cui fondo si colloca la rivoluzione sessuale degli anni venti del secolo scorso. Rivoluzione apparsa in stretto legame con il femminismo radicale che, in parte, ha disarmato e resa debole la società dinanzi alla pressione di determinati messaggi ideologici. Una simile impostazione permette di comprendere che, per affrontare il confronto, non basta rispondere alla teoria del gender (una delle tante espressioni di tale rivoluzione). La "libera scelta" dell’identità sessuale è stata oggetto di una campagna aggressiva tra femminismo e marxismo 9

Occorre piuttosto prenderne in considerazione tutte le chiavi interpretative, benché, di per se stessa, la teoria del gender abbia influenzato le politiche e le legislazioni degli Stati occidentali. Per cui si rende necessario:

. Ma il femminismo è pesantemente ideologico perché si presenta come un orizzonte indiscutibile, ci rifila un sacco di imposizioni surrettizie, e soprattutto ha fatto sparire ogni alternativa.

a. Distinguere fra l’omosessualità, o meglio, l’omoerotismo e l’ideologia omosessuale propugnata dai movimenti gay (gruppi di pressione sociale che muovono ingenti profitti economici, con i quali molte persone omosessuali non si identificano affatto). b. Riconoscere che l’omosessualità è un insieme di realtà molto diverse tra loro, piuttosto che come un fatto unitario a se stante. Parlare operando le opportune distinzioni consente, infatti, di chiarire i termini e di non vedersi coinvolti in una serie di contraddizioni che inevitabilmente portano a mettere sullo stesso piano l’omosessualità con la sessualità in quanto tale. Meglio dunque rifiutare l’equiparazione tra omosessualità e cosiddetta “etero-sessualità” e scongiurare l’insorgenza di presunte soluzioni universali a specifici problemi individuali. c. Trasmettere il concetto per cui l’autentica preoccupazione per l’omosessualità da parte della Chiesa non si risolve nella condanna delle relazioni omosessuali, ma esprime piuttosto la volontà di fornire una risposta a coloro che la vivono, grazie alla reale conoscenza del fenomeno.

Diverse forme di omosessualità

Vi sono diverse forme di omosessualità: 1. Omosessualità che hanno un carattere occasionale o sporadico; 2. Omosessualità in cui prevale l’aspetto immaginario e fantasmatico; 3. Talune forme di disagio, spesso nei giovani e nei giovanissimi, si

9 Di ciò dobbiamo preoccuparci perché quella parola inglese, «gender», usata in luogo di «sesso» (dove «genere» indica proprio una categoria socialmente costruita, in opposizione a «sesso» che si riferisce alla distinzione biologica tra maschio e femmina) è ossessivamente ripetuta nei documenti delle conferenze dell’ONU del Cairo e di Pechino, e poi dell'Unione europea, sempre più si andrà insinuando nelle legislazioni nazionali, e giù nelle delibere degli enti locali e delle scuole, fino a plasmare la forma mentis delle persone. Grazie al peso acquistato all'interno delle strutture direttive dell'Onu di una cultura femminista radicale, il tentativo è quello di ridisegnare la società superando i limiti imposti dalla natura, considerata qualcosa di antiquato. Il nuovo mondo non dovrà più tollerare maschi e femmine, madri e padri, né definire l'eterosessualità «normale». Tutto dovrà essere «precario, contrattabile e dipendente unicamente dalla volontà della maggioranza "democratica" del momento».

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riassumono nel timore di "essere omosessuali". Non indifferente, in definitiva, è la valutazione dell’età evolutiva con l’avvicendarsi, per il soggetto, di tappe e identificazioni strutturanti che si consolidano mediante esiti particolari. 4. Omosessualità abbondantemente praticate e agite comportano forti implicazioni morali. Gli attivisti omosessuali sostengono che attualmente il 10% della popolazione del mondo occidentale sarebbe omosessuale; però questa affermazione non è soltanto falsa ma anche ingannevole. Questo inganno è continuamente implementato in mille modi in quasi tutti i serial televisivi nei quali l’omosessuale o è esaltato o quanto meno considerato un fatto normale o è criticato chi non lo accetta come tale. A ciò si aggiungono le leggi contro la discriminazione sessuale, le quali riguardano la protezione specifica dei gay. Mentre i gay possono insultare (sostenuti da molte persone non gay) impunemente il Papa come accadde nell’osceno gay pride di Roma, in particolare quello del 17 giugno 2007, in risposta al Family day, chi esprime il proprio dissenso sul comportamento omosessuale incorre in possibili sanzioni legali. Infatti, lo scopo dei gay è proprio quello di far credere di essere così numerose da costringere gli organi politici e legislativi dei vari Stati a prendere atto del fenomeno e ad emanare leggi che consentano i matrimoni tra omosessuali, l’adozione di bambini da parte degli stessi, e l’abolizione delle normative “discriminatorie” nei confronti delle coppie formate da individui dello stesso sesso. Gli omosessuali che professano una religione (cattolica, protestante, ecc.) sostengono che la loro condizione non è un peccato, ma solo un altro modo di essere dell’individuo. Invece nella Bibbia possiamo leggere quello che Dio pensa dell’omosessualità e di chi la pratica:

• “Allo stesso modo Sodoma e Gomorra e le città vicine, che si abbandonarono, come loro, alla fornicazione e ai vizi contro natura, sono date come esempio, portando la pena di un fuoco eterno” (Giuda 7);

• “Non avrai con un uomo relazioni carnali come si hanno con una donna: è cosa abominevole” (Levitico 18:22);

• “Perciò Dio li ha abbandonati a passioni infami: infatti le loro donne hanno cambiato l’uso naturale in quello che è contro natura; similmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono infiammati nella loro libidine gli uni per gli altri commettendo uomini con uomini atti infami, ricevendo in loro stessi la meritata ricompensa del proprio traviamento” (Romani 1:26-27).

Ma nel medesimo contesto, il Signore vieta anche l’adulterio, l’incesto, ed ogni altra forma di fornicazione (dal vocabolo greco ‘porneìa’, che indica ogni relazione carnale illecita). L’omosessualità, infatti, non è un peccato più grave dell’adulterio, o di qualsiasi altro peccato. E’ un peccato e, in quanto tale, produce la morte spirituale proprio come ogni altro tipo di peccato:

• “Poi la concupiscenza, quando ha concepito, partorisce il peccato; e il peccato, quando è compiuto, produce la morte” (Giacomo 1:15).

L’omosessualità non è un altro modo di essere; essa è solo un altro modo di perire! L’apostolo Paolo ci fa molto chiaramente sapere qual è il destino comune che attende ogni tipo di peccatori, omosessuali compresi:

• “Non sapete che gl'ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non v'illudete; né fornicatori, né idolatri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriachi, né oltraggiatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E

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tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e mediante lo Spirito del nostro Dio” (1Corinzi 6:9-11).

La grande speranza che viene dalla croce di Cristo è che esiste una legge di perdono per tutti coloro che si ravvedono ritraendosi dalle loro vie malvagie e accettano di venire lavati dal sangue di Cristo, per diventare creature nuove nel Signore. Prof. Paolo Rossi, primario cardiologo Novara [email protected]

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