formazione | informazione | cronaca Vieni ad essere il Dio ... · di “terra dei fuochi”....

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Anno 3 - n. 11 Dicembre 2018 Periodico della Diocesi di Caserta www.ilpoliedro.info formazione | informazione | cronaca La voce del Vescovo di Giovanni D’Alise C ome ogni giorno seguo il tele- giornale per tenermi aggiornato sulla situazione del nostro territorio, in modo speciale per seguire alcu- ni gruppi di persone che la vita sta proprio scartando e mortiſcando in mille modi. All’improvviso il telegiornale si inter- rompe per dare una notizia dell’ul- tima ora: attentato a Strasburgo, in Francia, e a seguire tante notizie di cronaca nera, di violenza in famiglia e ſnanche stupri di una ferocia inu- sitata. Apro gli occhi della mente e scorgo che questo mondo sta procedendo su due strade parallele che non si incontrano e non si incontreranno più: da un lato i “ricchi abbastanza” che vivono disinteressandosi degli altri, anzi essi si creano problemi con le proprie mani e ne rimangono quasi schiacciati, perdendosi, e con- sumando così la loro vita. Dall’altro lato corrono altri che, per ogni cosa che debbono avere, sono costretti a fare un lavoro incredibi- le dovendo accettare tanti compro- messi per arrivare a sera, per poter cenare con la propria famiglia, per arrivare a ſne mese. Non parlo di tutti gli altri inſniti osta- coli, sciagure e tanto altro… tanto combattimento per vivere, per so- pravvivere. Dio, il Padre, non ha potuto resistere nel vedere questa inſnita ingiustizia sociale che ha scatenato tante guer- re, tante battaglie, tante sopraffazio- ni. Dio è sempre intervenuto, quotidia- namente e anche in modo particola- re, potremmo dire con “effetti spe- ciali”. Mi sovviene quando ha deciso di intervenire al tempo della lunghissi- ma schiavitù in Egitto, trecentocin- quant’anni. Il Popolo aveva ſnanche dimenticato cosa fosse la libertà e cosa signi ſcasse avere una terra propria. Allora Dio suscitò Mosè a cui afſla missione di liberare il suo Popolo, i suoi ſgli di sempre, e gli conſdò: «Ho osservato la miseria del mio Po- polo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese ver- so un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele… dove c’è abbondanza, dove avran- no fine i tuoi stenti e le tue rinunce» (Es. 3,7-9). Ogni storia di liberazione è lunga e contempla anche la presa di co- scienza del Popolo, maturazione molto dura! Riporto un momento di contestazio- ne del Popolo a Mosè: “Forse per- ché non c’erano sepolcri in Egitto ci hai portati a morire nel deserto? Che hai fatto portandoci fuori dall’Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: lasciaci stare e serviremo gli egiziani, perché è meglio per noi servire l’Egitto che morire nel deserto?”. Mosè rispose: «Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza che il Signore oggi opera per voi, perché gli egi- ziani che oggi vedete, non li vedrete mai più! Il Signore combatterà per voi e voi starete tranquilli» (Es. 14, 11-14). “Israele vide la mano poten- te con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto, e il Popolo temette il Signore e credette in Lui e nel suo servo Mosè” (Es. 14-11). Come sempre, anche oggi, dinanzi alla Grotta e a Dio che, in Gesù, è venuto a stare in mezzo a noi, un Dio vicino, ci sono vari tipi di popola- zione, di uomini: indifferenti, dediti a comprare e a vendere, alla ricerca di piacere, violenti, terroristi, ma anche tante persone che portano avanti una vita condotta santamente nella semplicità, tanti santi “della porta accanto, come dice Papa France- sco, e tanti santi papà e mamme che portano avanti, con sacri ſci a volte immani, delle famiglie che sono dei veri capolavori. Da ciò si avverte intorno, si perce- pisce che il male dilaga e distrugge, violenta ogni cosa. In questo mondo viene ancora Gesù, il Figlio dell’Altissimo che si incar- na e, umanamente, riprende la sua esperienza umana. Un bimbo inerme, apparentemente già sconſtto. Invece ha una schiera di seguaci-vi- vi e da viviſcare! Ciò urge oggi! Un Dio che sembra scomparso, eli- minato. Qualcuno ne ha decretato la morte: Dio è morto! Siamo tutti chiamati ad uscire dal sentimentalismo del Natale per es- sere con Lui, Gesù Bambino, “uomi- ni-Gesù”, che vivono accanto all’uo- mo e intendono prendere vita da Lui e ridonarla a tutti. Signore, con la tua misericordia, aiu- taci a darti visibilità, a farti vedere, a mostrarti splendente di vita perché tu sei la vita, tu la doni. Vieni Signore Gesù! Non tardare ad essere visibile, accessibile. Vieni ad essere il Dio con noi, l’Em- manuele! Questo è il nostro compito, è il no- stro ruolo nel mondo come cristiani: essere sale della terra e luce del mondo; condire il mondo del sapore di Gesù Cristo ed illuminare, dando al mondo splendore di vita buona e compassionevole, ricca di misericor- dia. Avendo sempre le braccia aper- te, sia nella grotta, che sulla croce, braccia aperte all’accoglienza. Anche noi, come tutti gli uomini, desideriamo vedere ciò che Israele vide: “la mano potente con la quale il Signore aveva agito”. Buon Natale e Buon Anno 2019… anche con il nostro fattivo contributo! Vieni ad essere il Dio con noi, l’Emmanuele! 3LHWURGL)UDQFHVFR2ULROLNativitàFLUFDWHPSHUDVXWDYROD

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Anno 3 - n. 11Dicembre 2018

Periodico della Diocesi di Caserta

www.ilpoliedro.info

formazione | informazione | cronaca

La voce del Vescovodi Giovanni D’Alise

Come ogni giorno seguo il tele-giornale per tenermi aggiornato

sulla situazione del nostro territorio, in modo speciale per seguire alcu-ni gruppi di persone che la vita sta proprio scartando e morti cando in mille modi.All’improvviso il telegiornale si inter-rompe per dare una notizia dell’ul-tima ora: attentato a Strasburgo, in Francia, e a seguire tante notizie di cronaca nera, di violenza in famiglia e nanche stupri di una ferocia inu-sitata.Apro gli occhi della mente e scorgo che questo mondo sta procedendo su due strade parallele che non si incontrano e non si incontreranno più: da un lato i “ricchi abbastanza” che vivono disinteressandosi degli altri, anzi essi si creano problemi con le proprie mani e ne rimangono quasi schiacciati, perdendosi, e con-sumando così la loro vita.Dall’altro lato corrono altri che, per ogni cosa che debbono avere, sono costretti a fare un lavoro incredibi-le dovendo accettare tanti compro-messi per arrivare a sera, per poter cenare con la propria famiglia, per arrivare a ne mese. Non parlo di tutti gli altri in niti osta-coli, sciagure e tanto altro… tanto combattimento per vivere, per so-pravvivere.Dio, il Padre, non ha potuto resistere nel vedere questa in nita ingiustizia sociale che ha scatenato tante guer-re, tante battaglie, tante sopraffazio-ni.Dio è sempre intervenuto, quotidia-namente e anche in modo particola-re, potremmo dire con “effetti spe-ciali”.Mi sovviene quando ha deciso di intervenire al tempo della lunghissi-ma schiavitù in Egitto, trecentocin-quant’anni. Il Popolo aveva nanche dimenticato cosa fosse la libertà e cosa signi casse avere una terra propria.Allora Dio suscitò Mosè a cui af dò la missione di liberare il suo Popolo, i suoi gli di sempre, e gli con dò: «Ho osservato la miseria del mio Po-

polo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese ver-

so un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele… dove c’è abbondanza, dove avran-no fine i tuoi stenti e le tue rinunce» (Es. 3,7-9).Ogni storia di liberazione è lunga e contempla anche la presa di co-scienza del Popolo, maturazione molto dura!Riporto un momento di contestazio-ne del Popolo a Mosè: “Forse per-ché non c’erano sepolcri in Egitto ci hai portati a morire nel deserto? Che

hai fatto portandoci fuori dall’Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: lasciaci stare e serviremo gli egiziani, perché è meglio per noi servire l’Egitto che morire nel deserto?”. Mosè rispose:

«Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza che il Signore oggi opera per voi, perché gli egi-ziani che oggi vedete, non li vedrete mai più! Il Signore combatterà per voi e voi starete tranquilli» (Es. 14, 11-14). “Israele vide la mano poten-te con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto, e il Popolo temette il Signore e credette in Lui e nel suo servo Mosè” (Es. 14-11).Come sempre, anche oggi, dinanzi alla Grotta e a Dio che, in Gesù, è

venuto a stare in mezzo a noi, un Dio vicino, ci sono vari tipi di popola-zione, di uomini: indifferenti, dediti a comprare e a vendere, alla ricerca di piacere, violenti, terroristi, ma anche tante persone che portano avanti una vita condotta santamente nella semplicità, tanti santi “della porta accanto”, come dice Papa France-sco, e tanti santi papà e mamme che portano avanti, con sacri ci a volte immani, delle famiglie che sono dei veri capolavori.Da ciò si avverte intorno, si perce-pisce che il male dilaga e distrugge, violenta ogni cosa.In questo mondo viene ancora Gesù, il Figlio dell’Altissimo che si incar-na e, umanamente, riprende la sua esperienza umana.Un bimbo inerme, apparentemente già scon tto.Invece ha una schiera di seguaci-vi-vi e da vivi care!Ciò urge oggi!Un Dio che sembra scomparso, eli-minato.Qualcuno ne ha decretato la morte: Dio è morto! Siamo tutti chiamati ad uscire dal sentimentalismo del Natale per es-sere con Lui, Gesù Bambino, “uomi-ni-Gesù”, che vivono accanto all’uo-mo e intendono prendere vita da Lui e ridonarla a tutti.Signore, con la tua misericordia, aiu-taci a darti visibilità, a farti vedere, a mostrarti splendente di vita perché tu sei la vita, tu la doni.Vieni Signore Gesù! Non tardare ad essere visibile, accessibile. Vieni ad essere il Dio con noi, l’Em-manuele!Questo è il nostro compito, è il no-stro ruolo nel mondo come cristiani: essere sale della terra e luce del mondo; condire il mondo del sapore di Gesù Cristo ed illuminare, dando al mondo splendore di vita buona e compassionevole, ricca di misericor-dia.Avendo sempre le braccia aper-te, sia nella grotta, che sulla croce, braccia aperte all’accoglienza. Anche noi, come tutti gli uomini, desideriamo vedere ciò che Israele vide: “la mano potente con la quale il Signore aveva agito”.Buon Natale e Buon Anno 2019…anche con il nostro fattivo contributo!

Vieni ad essere il Diocon noi, l’Emmanuele!

Natività

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2 Dicembre 2018 Anno 3 - n. 11il poliedro Opinione

di Domenico Airoma

Cos’è il Natale se non una nascita? E cosa scandaliz-

za di più la post-modernità -cioè l’epoca che doveva realizzare l’emancipazione dell’uomo da ogni limite, sia di ordine sico che morale- se non proprio il nascere, ovvero il fatto che non ci facciamo da soli e che prove-niamo da altri?Vi sono, però, due modi per reagire ad uno scandalo, cioè dinanzi ad un inciampo: prose-guire oltre, come se nulla fosse accaduto, oppure fermarsi. E, una volta fermi, osservare ciò che ci sta intorno, ciò verso cui correvamo e, nalmente, noi stessi.Qualcosa di inusuale, non vi è dubbio; anzi di inconcepibile secondo i parametri dell’uomo moderno, impegnato a consu-mare freneticamente il presen-te; qualcosa per cui non sono necessarie tecniche raf nate, ma solo silenzio e ascolto. Se, però, quell’inciampo ci fa aprire anche un solo occhio, la luce dell’arti cio cede il passo alla luce vera e le cose -le nostre cose- iniziano ad assumere tut-to un altro aspetto.Intorno a noi, appare il mondo cosi come è, fatto di frammen-

Il Procuratore aggiunto del Tribunale di Napoli Nord e vicepresidente del Centro studi Livatino

La Natività: scandalo e speranzati in costante con itto fra loro. Oltre noi, incombe la chimera di una felicità come autoaffer-mazione, come appagamento di qualsiasi desiderio. Dentro di noi, il senso dell’impotenza e della scon tta; e, soprattutto l’acre sapore del rancore e della disperazione.La Natività è, allora, il nostro inciampo, ma anche la nostra grande occasione. Se, infatti, in quel Bambino ri-vediamo noi stessi, potremo davvero iniziare a liberarci dei pregiudizi della post-modernità, dei suoi falsi miti, delle sue vuo-te promesse.Potremo renderci conto della nostra intrinseca debolezza,

allora, rinascere a nuova vita, riscoprire il senso stesso del-la nostra vita. Non attraverso elaborazioni intellettualistiche, ma partendo dalla nostra con-dizione, dalle ferite che questo tempo di suadenti menzogne ha inferto al nostro corpo ed al nostro cuore.Tutto molto incarnato, insom-ma. Come il presepe, che è scanda-lo nello scandalo.Perché non solo celebra la na-scita, ma racconta di un Dio che decide di nascere come un uomo, per rendere visibile, percepibile all’uomo stesso, la Verità. Il presepe è, dunque, soprattutto oggi, l’atto “rivolu-

riconoscono in quel Bambino il centro, verso cui orientare la loro vita, anche sociale.Davvero felice è stata l’intuizio-ne di Sant’Alfonso nel pensare ad un presepe fatto di uomini di ogni tempo e di ogni condizione sociale, perché quella Natività altro non è che la scena della nostra vita. Il presepe, la Natività, diventa, allora, il nostro esame di co-scienza, individuale e sociale.Quanto siamo distanti rispetto a quel Bambino? Quanto siamo lontani rispetto alla Verità?E’ vero che gli Erode del nostro tempo continuano, in maniera talora sfacciata talaltra subdola, a dare la caccia a quel Bam-bino. E’ vero che i sapienti del mondo hanno messo la taglia sulla Verità, come qualcosa di pericoloso per gli uomini.Ma è altrettanto vero che l’uo-mo non può fare a meno di ri-cercare la Verità, non può desi-derare se non l’in nito, perché

della nostra non-autosuf cien-za, ma, al contempo, iniziare ad assaporare la verità su noi stessi: siamo nati non per mano di un uomo e nessuna mano di uomo può decidere di noi, neppure la nostra stessa mano. Questa, e non altra, è la nostra incommensurabile dignità.Ritornare alla nascita signi ca,

zionario” per eccellenza.Al centro, non vi è un adulto, con le sue voglie, ma un bimbo appena nato; un bambino che è stato fatto nascere e che non è stato soppresso nel grembo materno. Accanto a lui, una mamma ed un papà. Attorno a quella famiglia, è radunata una comunità, fatta di uomini che

questo è scritto nel suo cuore e tutto il resto sono solo inganne-voli surrogati, pur se presentati come diritti.Dinanzi ad un mondo che ha paura di un Bambino indifeso, che ha paura della Verità, il Presepe ci trasmette, invece, il senso della serenità che prende gli uomini quando vincono quel-la paura e decidono di ritorna-re a quel Bambino, di ritornare come quel Bambino.Qualcuno ha detto che questo non è il tempo delle recrimina-zioni, ma delle decisioni.Rosario Livatino, il giudice santo, ha osservato che deci-dere signi ca scegliere, fra più soluzioni; e che per scegliere, occorre la luce e che nessun uomo è luce a sé stesso.La Natività può davvero essere la nostra luce, sia per le nostre vite che per le nostre società. Da quello scandalo, da quell’in-ciampo, può nascere la vera speranza.

Strage degli Innocenti,

di Luigi Nunziante

Se leggiamo la classi ca generale sulla qualità

della vita 2018, stilata da “Il Sole 24 Ore”, Caserta è col-locata alla 101^ posizione. “ItaliaOggi” posiziona inve-ce la nostra città alla 104^ posizione su 110. Siamo al fondo della classi ca e, no-nostante l’effetto traino della Reggia almeno in termini di riquali cazione di immagi-ne, nulla sembra permetterci quello scatto in avanti, che ci potrebbe far dire: “Caserta ri-sorge”. Eppure la nostra pro-vincia, pur collocata al 101° posto della classi ca gene-rale, si colloca alla 18^ negli indicatori demogra ci: con un basso indice di vecchiaia (numero di anziani ogni 100 giovani) e un basso tasso di mortalità. Questo sembra un paradosso, visto il contesto di “terra dei fuochi”. Natural-mente dobbiamo essere con-creti e reali: quelle de Il Sole

24 Ore sono semplicemente statistiche. Le persone non sono numeri; la città che abi-tiamo non è un assemblag-gio di edi ci e strade. Quella che scorre attorno a noi è vita che cerca di migliorarsi, di costruire, con sacri cio, un futuro per le generazioni che crescono in questa no-stra terra. Cercando allora di interpretare tutti i numeri del-le classi che stilate, mi sov-viene alla mente che l’unica cosa necessaria oggi per la nostra città e la nostra terra è uno scatto in avanti, simi-le a quello che compivano i grandi ciclisti Coppi e Bartali: si lanciavano fuori dal muc-chio e si superavano con er-culei scatti che portavano al meritato traguardo. Caserta non è condannata a rima-nere eternamente nel girone della scon tta, può lanciarsi in avanti, può “risorgere”, se sceglie di costruire una sua identità, consapevole che il cammino è tutto in salita.

EDITORIALE

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3il poliedroDicembre 2018 Anno 3 - n. 11 Città

di Angelo Agrippa

Cosa dovremmo augurarci per il prossimo anno? Ov-

viamente di stare bene in sa-lute, poiché come ci ricordava Massimo Troisi la salute viene prima di ogni altra esigenza. Ma subito dopo occorre fare in modo che la nostra salute sia sostenuta, curata, protetta.E qui rischiamo di farci del male, di lasciare sospeso il no-stro auspicio per aria. D’altron-de, se pensiamo agli ospedali e a come sono messi dalle no-stre parti c’è da intimidire sul nascere ogni buona intenzio-ne: organici sottodimensionati; concorsi che vanno a vuoto per mancanza di medici spe-cialisti; aspiranti specialisti che ci provano in ogni modo ad accedere ai corsi, ma sono co-stretti spesso alla disillusione perché le borse di studio non vengono nanziate. La solita storia del cane che si morde la coda.In Campania è stato calco-lato che negli ultimi tre lustri sono stati cancellati all’incir-ca tredicimila unità lavorative nella sanità pubblica: vale a dire che tredicimila medici, infermieri, operatori sanitari in genere sono andati in pen-sione o hanno lasciato il ser-

Il dovere dimigliorarci

vizio senza essere sostituiti. Non solo. A Caserta ereditia-mo dal recente passato anche un altro primato. L’azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano ha conosciuto (pri-ma in Italia) l’umiliazione del commissariamento per in ltra-zioni camorristiche. Una cupo-la, secondo le accuse, gestiva e manipolava gli appalti e non certo per fare gli interessi dei cittadini e dei pazienti. Tutta-via, mai nessuno che abbia notato qualcosa di storto o utato qualche sospetto: e parliamo di un ospedale, che è come una stazione ferroviaria, frequentatissimo, sia da chi ne ha bisogno, sia da chi vi lavo-ra tutti i giorni. Dov’era la politica? Si era girata dall’altra parte o, sotto sotto, traf cava con i presunti criminali.Insomma, in queste condizioni diventa complicato sperare

che la situazione migliori. Ma la rassegnazione, a ne anno, non è consentita. Anzi. Oc-corre alimentare la speranza, che non è la fuga verso altre realtà più sviluppate; bensì la spinta ad investire su un processo di autentica rigene-

razione civile. Quel vento che improvvisamente scompiglia i capelli, ci sorprende, e in un attimo, destandoci dal torpore, ci restituisce alla luce della consapevolezza.Ecco, il torpore. Non abbiamo anestesisti, ma siamo tutti anestetizzati: non ci accorgia-mo più di ciò che ci passa ac-canto. Niente ci riguarda: non l’anziano signore bisognoso

di una piccola attenzione che vive da solo nell’appartamento accanto al nostro, gurarsi i migranti inghiottiti dal Mediter-raneo. L’importante è che la nostra strada, benché stretta e tortuosa, ci conduca da qual-che parte senza distrarci. Gli altri? Per noi sono tutti stra-nieri: ovvero estranei al nostro modo di sentire e alla nostra vita. Basta un like sui social per esprimere solidarietà ad un amico. Non costa nulla. Ma allo stesso tempo non conse-gna nulla di vero a chi riceve quel clic virtuale. Mi accorgo che assieme alla grammatica della vita affettiva, un intero vocabolario di buon senso rischia di nire nel cesti-no. Parole come dignità, cura, rispetto, educazione, dover è come se ripiegassero verso una scon tta senza appello, soccombendo al fragore di altri vocaboli con nati in oscure riserve psicologiche come “primato”, “sovranismo”, “dirit-

to” e l’infelice quanto abusata espressione “aiutiamoli a casa loro”. Eppure non ci vuole mol-to a capire che non è sempre possibile trattenere chi scappa dalla guerra o dalla fame. L’importante è rassicurare noi stessi con la viltà dello sguardo distratto. Così come continuiamo a fare tutti i giorni, evitando di vedere ciò che non va e rinunciando alle nostre

responsabilità di cittadini. Di recente, passando per via G.M. Bosco, a Caserta, ho notato che il tronco spezzato di un albero caduto qualche mese fa all’angolo dell’OVS continua ad essere sepolto sotto un ammasso di tran-senne. Non c’è un cartello che indichi l’impedimento per i pedoni. Non c’è un avviso. Tutto nisce lì: in un cumulo di macerie, metafora dramma-ticamente eloquente della re-altà. Cosi nel caso della serie in nita di furgoni rimasti inca-strati sotto il ponte di Ercole: nessuno se ne frega: una pez-za oggi, una pezza domani. E si va avanti. Senza alcuna soluzione de nitiva. Aggrappa-ti al fatto che l’opera andrebbe sistemata dalla Soprintenden-za, ma intanto è la città che ne paga le conseguenze. La città? Qui non c’è pericolo di intemperanze come nel caso dei gilet gialli francesi. La protesta si limita ad uno sfogo

passeggero su Facebook. Poi, è suf ciente organizzare un po’ di feste di piazza, allestire stand davanti alla Reggia, farsi sponsorizzare un po’ di luci di Natale e passerà anche quest’anno.Il 2019 sarà identico (ci ac-contentiamo se non potrà essere migliore) a quello che va chiudendosi: continueremo ad avere ospedali ammaccati.

Quasi sicuramente il platano spezzato in via G.M. Bosco assurgerà al rango di storico cippo, a dimostrazione che l’indifferenza ispira gli alibi più resistenti. E non rinunceremo, di certo, allo stupido di turno che tenterà l’ennesimo azzar-do di passare sotto il ponte di Ercole con il suo camion, rimanendovi incastrato. Del resto, anche quanto ac-cade ripetutamente sotto quel ponte ci ricorda quanto sia terribilmente frustrante non trovare una via d’uscita. For-se è per questo che il senso della scon tta ci raggiunge in anticipo, non come possibile esito di uno sforzo, ma come condizione soffocante di par-tenza, quasi una ipoteca che impedisce di immaginare una diversa soluzione. Perché è così che vanno le cose e nulla può cambiarne la direzione. Una sorta di cherofobia che oltre a sottrarci alla seduzione piacevole della felicità e della bellezza, ci lascia precipitare colpevolmente inermi nell’a-bisso della inconcludenza. Ma tutti noi, oltre al diritto, abbia-mo il dovere di migliorarci.

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4 Dicembre 2018 Anno 3 - n. 11il poliedro Ri essioni

di Gian Maria Piccinelli

Orano è la più importante città dell’Algeria occiden-

tale. La Basilica di Notre-Da-me si affaccia a picco sul mare sotto la grande Fortez-za della Santa Cruz e guarda a oriente, lasciando che lo sguardo abbracci non solo la costa algerina, ma l’intero Mediterraneo. È questo luo-go che è stato scelto per la beati cazione, l’8 dicembre scorso, dei 19 martiri cristiani uccisi in Algeria tra il 1994 e il 1996. Martiri per la fede in Gesù, martiri per il loro amore verso l’islam. Hanno pagato con la vita il loro es-sersi opposti alla costruzione di barriere, di muri che potes-sero separare le diversità, di-videre l’umanità. Nonostante la violenza oramai esplosa e che li minacciava apertamen-te, sono rimasti in Algeria perché senza la relazione quotidiana con la diversità dell’islam e, soprattutto, con i musulmani, il loro cristiane-simo avrebbe perso di senso. Uomini e donne che avevano scelto il servizio alle comuni-tà cristiane in terra d’islam; religiosi e religiose apparte-nenti a otto congregazioni differenti: Trappisti, Domeni-cani, Maristi, Piccole Sorelle dell’Assunzione, Suore Ago-stiniane Missionarie, Padri Bianchi, Sorelle di Nostra Si-gnora degli Apostoli, Piccole Sorelle del Sacro Cuore.Non sono frequenti le beati- cazioni “di gruppo” e ancor meno quelle di un gruppo di religiosi e religiose così ete-rogeneo. Certamente, però, è la prima volta che nell’icona di una beati cazione viene raf gurato anche un musul-mano, il giovane Mohamed Bouchikhi, amico e autista del Vescovo di Orano Pierre Claverie. Il 1 agosto 1996 sono stati uccisi insieme. Un assassinio che seguiva di pochi mesi (aprile-maggio 1996) la morte dei 7 monaci trappisti del Monastero di Tibhirine. Non dimentichiamo

Beati insieme, peramore dei musulmani

che il terrorismo islamico, a partire dal 1992, ha ucciso in Algeria oltre 200.000 perso-ne, uomini, donne, bambini, musulmani colpevoli di non voler condividere la visione violenta e fondamentalista che stava avvelenando l’i-slam non solo nel paese nordafricano, ma in molte altre parti del globo. Il gio-vane Mohamed era perfet-tamente consapevole dei rischi che correva restando accanto all’amico vescovo, ma ha deciso di stare con la persona che, a sua volta, era rimasta in Algeria per gli algerini, senza distinzioni di confessione religiosa, come testimonianza alla speranza dell’unità della famiglia di Abramo: speranza che di-viene vita concreta quando si inizia a costruirla nel quo-tidiano. Il Vescovo ed il suo amico musulmano ancora insieme, lì, sull’icona della beati cazione, segno di una

– e nella Chiesa cattolica ne abbiamo la triste esperienza lungo la storia – di possedere la verità o di parlare a nome dell’umanità, cadiamo nel to-talitarismo e nell’esclusione. Nessuno possiede la verità, ciascuno la ricerca; vi sono certamente delle verità og-gettive, ma che ci superano tutti e alle quali non è pos-sibile accedere se non con un lungo cammino e ricom-ponendo poco a poco quella tale verità, raccogliendone i pezzi nelle altre culture, negli altri tipi di umanità, in quello che gli altri hanno già fatto proprio, hanno cercato nel loro proprio cammino verso la verità. Sono creden-te, credo che vi sia un solo Dio, ma non ho la pretesa di possedere questo Dio, né attraverso Gesù che me lo ha rivelato, né attraverso i dogmi della mia fede. Non si possiede Dio. Non si possie-de la verità ed io ho bisogno

di Christian de Chergé

«È più facile scavare un pozzo se lo si fa in

due. Ho un caro amico, un vicino, che non sa né leg-gere né scrivere, ma che è sicuramente un uomo vissu-to, anche se non si vede. Ma questo accade perché spes-so non facciamo attenzione.Una quindicina di anni fa, un giorno, quando aveva vent’anni, mi chiese di inse-gnargli a pregare. Si trattava di insegnargli la preghiera musulmana. Abbiamo fatto molto cammino sulla que-stione, dentro la questione. La preghiera è un unico cammino verso Dio. Da allo-ra, naturalmente, ci troviamo a intervalli regolari su que-sta lunghezza d’onda. Per un lungo periodo, mentre ero incaricato della foreste-

IL POZZO

preghiera comune che può nascere dal cuore al di là delle forme e delle formule, segno di una contemplazione condivisa dell’Uno, del Dio di tutti e della generosità della Sua Misericordia.Sei mesi prima della sua morte, in un articolo titolato Umanità plurale, Pierre Cla-verie scriveva: “… ho acqui-sito la convinzione che non vi è umanità se non plurale e che, allorché pretendiamo

della verità degli altri”.Ben noto è il nome di Chri-stian de Chergé, priore del Monastero di Tibhirine e anch’egli ritratto nella stessa icona della beati cazione insieme ai suoi confratelli trappisti. Ben noto è il suo testamento spirituale dove la preghiera si fa dialogo, incontro, vicinanza, per-dono, ma soprattutto si fa desiderio dello sguardo di Dio sull’altro: “Ecco che [con

la mia morte] potrò, se pia-ce a Dio, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i suoi gli dell’islam come lui li vede, totalmente illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre lo stabilire la comunione e il ristabilire la somiglianza, gio-cando con le differenze”.Vi è in questa beati cazione una dimensione spirituale e politica insieme. Sì, perché la scelta di ogni cristiano di restare lì sulle linee di frat-tura che dividono l’umanità, sulle faglie sismiche che la lacerano, non è soltanto un fatto spirituale.Claverie, nel 1995, diceva: “La Chiesa compie la sua vocazione e la sua missione quando essa è presente alle rotture che croci ggono l’u-manità nella sua carne e nel-la sua unità. In Algeria, noi siamo su una di queste linee sismiche che attraversano

il mondo: Islam/Occidente, Nord/Sud, Ricchi/Poveri, ecc.”. La Chiesa potrà vive-re in terra d’islam e fungere da guida per la convivenza dell’islam in Occidente solo convertendo il senso e lo sti-le della “missione”. Superata la prospettiva coloniale della cristianizzazione dell’islam, restano essenziali il rispetto, la vicinanza, la condivisione della quotidianità, il ricercare nell’altro, nella sua vita di musulmano, i segni del lavo-ro dello Spirito del Dio Unico. Si tratta di vivere insieme l’attesa e la speranza, nell’in-contro reciproco e nell’ami-cizia (con la sua straripante dimensione politica dell’acco-glienza!), della sintesi di tutte le cose di questo mondo in Gesù, Messia per cristiani e musulmani. Il giovane Moha-med non può essere beati -cato dalla Chiesa, ma la sua presenza sull’icona di Orano, è il segno tangibile dell’opera dello Spirito che ci spinge al dialogo, in modo radicale.

ria, nei weekend lui trovava che ero troppo occupato. Lui era un mio vicino e pensava non fosse normale che non potessi dedicargli neanche un pochino del mio tempo. Allora, un giorno, ha trovato questa espressione: «Sai, è da tanto che non scaviamo il nostro pozzo!». Che bello! E questa espressione è rima-sta. Ogni tanto, ci davamo appuntamento per scavare il nostro pozzo.Una volta gli ho chiesto, un po’ ridendo: «Secondo te, in fondo al nostro pozzo, che cosa troveremo? Acqua cristiana o acqua musulma-na?». Ma lui non ha preso affatto la cosa sul ridere e mi ha risposto: «Ma insomma, da quanto tempo stiamo in-sieme e ti fai ancora questa domanda? Alla ne, in fondo al pozzo, troveremo l’acqua di Dio». Non credo esista ri-sposta migliore».(Meditazioni sul Cantico dei Cantici,

ed. italiana 2016)

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5il poliedroDicembre 2018 Anno 3 - n. 11 Lettera

A cura della Redazione

Nasce dalla “grande preoccupazione per il continuo degrado della nostra

terra” e, in particolare, dai “gravissimi incendi che ci sono stati in questi ultimi mesi proprio nei luoghi che erano stati adibiti alla raccolta, allo stoccaggio e, in qualche modo, già al trattamento dei rifiu-ti” la Giornata di digiuno e preghiera, pro-mossa il 29 novembre scorso, da mons. Giovanni D’Alise, mons. Antonio Di Don-na, mons. Angelo Spinillo e mons. Fran-cesco Marino.Riportiamo di seguito la Lettera che i quattro vescovi hanno indirizzato a tutti i fedeli:«Carissimi fratelli e sorelle, nella carità che ci unisce perché gli dell’unico Padre, noi Vescovi vi scriviamo condividendo, oggi, grande preoccupazione per il con-tinuo degrado della nostra terra. Questo

L’appello dei vescovi Di Donna, Spinillo, D’Alise e Marino

L’antica “Campania felix”:ora “terra dei fuochi”

fermare la mano di chi inquina o incen-dia ri uti. C’è il forte rischio che davanti al male, che agisce nelle tenebre, si riman-ga indifferenti, abituati, rassegnati.Come insegna ancora Papa Francesco citando il Patriarca Bartolomeo I, noi vo-gliamo annunziare “che un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio” (Laudato Sì, 8), e siamo chiamati a testimoniare che solo cambiando l’atteggiamento dell’umanità verso la natura, imparando a non consi-derarla come qualcosa da usare solo per soddisfare il proprio egoismo, al contrario, attraverso di essa siamo invitati a dialoga-re con Dio, a valorizzare la bellezza e la bontà di ogni creatura e a riconoscere la dignità della persona. Per questo il Papa ci invita ad un cammino di conversione, a “passare dal consumo al sacri cio, dall’avidità alla generosità, dallo spreco alla capacità di condividere… È un modo di amare, di passare gradualmente da ciò che io voglio a ciò di cui ha bisogno il mondo di Dio. È liberazione dalla paura, dall’avidità e dalla dipendenza” (Laudato Sì, 9).Illuminati da questo insegnamento, nello stile proprio dei cristiani, vogliamo far sen-tire a tutta la nostra società la voce po-tente dei gli di Dio che chiedono rispetto per la terra e vogliono offrire amore e fra-ternità a tutta l’umanità. Per questo non scenderemo in piazza a protestare con-

nostro scritto è stato, purtroppo, solleci-tato dai recenti, gravissimi incendi che ci sono stati in questi ultimi mesi proprio nei luoghi che erano stati adibiti alla raccolta, allo stoccaggio e, in qualche modo, già al trattamento dei ri uti. Abbiamo appreso e seguiamo con attenzione l’attività e l’im-pegno che le autorità di governo stanno rivolgendo al problema per cercare una soluzione ef cace.Come Chiesa campana abbiamo richia-mato l’attenzione dei cittadini e delle autorità sulla gravità dell’inquinamento ambientale della nostra terra e sulla dram-maticità delle sue ricadute sulla salute e sulla vita della nostra gente. Con grande dispiacere, abbiamo dovuto sopportare che la nostra terra, da sempre identi cata come l’antica, splendida “Campania Fe-lix”, sia stata, ora, indicata come “terra dei fuochi”.Non si può negare che in questi anni ci sia stato un positivo e notevole impegno di Associazioni di cittadini, di Sacerdoti e Comunità parrocchiali, di Sindaci e Con-sigli comunali, di Medici e Ricercatori, di Operatori della comunicazione, delle For-ze dell’ordine, di Vigili del fuoco, di tanti che in vario modo hanno testimoniato una viva sensibilità ed attenzione all’importan-za della vita e del bene comune e si sono mostrati responsabili promotori di una nuova cultura di partecipazione sociale.L’entità degli incendi di ri uti che sono stati registrati in questi ultimi tempi, con le

gravi conseguenze che ne ricadono sulla salute umana, unitamente al perdurare di intollerabili situazioni di degrado ambien-tale ci chiamano ancora una volta ad in-vitare la comunità cristiana a testimoniare la verità della fede, a riconoscere che la terra e la vita sono un dono che la sapien-za luminosa del Creatore ci ha offerto e ci ha af dato.Papa Francesco ha spiegato che la fede dona sapienza nuova alla vita della so-cietà umana, e ha scritto: “La fede, nel rivelarci l’amore di Dio Creatore, ci fa ri-

spettare maggiormente la natura, facen-doci riconoscere in essa una grammatica da Lui scritta e una dimora a noi af data perché sia coltivata e custodita; ci aiuta a trovare modelli di sviluppo che non si ba-sino solo sull’utilità e sul pro tto, ma che considerino il creato come dono di cui tutti siamo debitori…”(Lumen dei 55).Carissimi, di fronte a tante gravi forme di inquinamento e di maltrattamento del-la “nostra madre terra”, come diceva S. Francesco d’Assisi, avvertiamo un terri-bile senso di impotenza, di incapacità a

tro qualcuno, non alzeremo il volume di roboanti strumenti di ampli cazione, ma semplicemente vorremo dedicare, offrire una giornata di digiuno e di preghiera, di penitenza e di ascolto della Parola di Dio.Il silenzioso digiuno dei cristiani e l’inten-sità della preghiera comune vorranno es-sere un atto di conversione, di riparazione per i peccati commessi contro la bellezza e la bontà della natura che Dio ci ha do-nato, e speriamo possa coinvolgere ed essere come un’onda lunga, che parte da lontano per arrivare ad immergere ogni scoglio e ciò che trova sul suo cammino.A ciascuno dei fratelli e sorelle cui arriverà questa nostra lettera af diamo l’impegno di diffonderla mediante tutti gli strumenti possibili, af nché tanti possano parteci-pare alla giornata di digiuno e di preghie-ra per la nostra conversione ad amare e rispettare la natura e perché si abbia cura dell’ambiente e si possa veramente cono-scere ed amare Dio in ogni sua creatura.Invitiamo tutte le Comunità parrocchiali e religiose, le Associazioni, i Movimenti e tutti i cristiani a vivere nella giornata di giovedi 29 novembre 2018 una giornata di digiuno che possa culminare a sera in un momento di preghiera comunitaria. Grati per la comunione nella preghiera e nella fraternità, cordialmente invochiamo su tutti la benedizione del Signore che ama la vita.I vostri Vescovi, Antonio, Angelo, Giovan-ni e Francesco».

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6 Dicembre 2018 Anno 3 - n. 11il poliedro Territorio

di Paola Broccoli

La ricorrenza tanto attesa per i cristiani e non cristiani, il

Natale, si celebra in un clima di generale depauperamento dei valori legati alla cristianità. Assistiamo impotenti ma non rassegnati, al crescere della violenza in ogni settore della società, alla ossessiva indivi-duazione dell’altro come nemi-co, come colui che “ci toglie il pane”. Anche la tradizione po-litica legata ai valori del catto-licesimo ha smarrito la propria identità. Inoltre vi sono forze politiche che formalmente sono schierati in difesa del Presepe, ma nella realtà sono capaci di lasciare senza pasto, alunni che non sono in regola con il pagamento delle rette della scuola dell’infanzia. Insomma questo Natale, andrebbe dav-vero visto in una chiave di ri-nascita, di rinnovamento dello spirito per dare un aiuto con-creto, a coloro che nella deri-va delle politiche sociali che caratterizza la nostra epoca, vogliono poter ancora opporre una visione altra della vita, del-lo Stato, della comunità. Pen-sando al Natale di casa nostra,

Classifica Qualità della vita 2018: Caserta 101^ (Il Sole 24 Ore)

Natale è speranza

di Ornella Mincione

Tanti i sorrisi, alcuni che mascheravano le lacrime

sulle guance. Ogni anno la bellissima storia del ‘Natale insieme’, la festa natalizia dell’azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta, si ripete. Protagonisti indiscussi, i piccoli pazienti

I piccolipazienti del reparto di Pediatria

una parola prevale sulle altre nei miei pensieri: la solitudine. Un Sud sempre più tradito ed una Caserta sempre più po-vera che non è solo di natura materiale. Per la prima volta in Italia si contano cinque milioni di poveri. Dal 1975 in poi, la forbice del divario Nord Sud si è costantemente allargata al favore del Nord. I dati ci indi-cano che i giovani casertani, in silenzio e nell’incuria di tutte le istituzioni e le forze politiche, lasciano Caserta in cerca di la-voro. Solitudine ed isolamento, di una provincia che nessuno tutela e difende, di cui nessuno si interessa se non per rubarne qualche ultimo brandello. Soli-tudine nel vedere il disinteresse di chi ha ricevuto un consenso elettorale storico: nemmeno la DC, nella sua fase di massima forza, aveva mai eletto 9 par-lamentari in provincia di Ca-serta. Non conosciamo casa facciano i 9 parlamentari del M5S, non possiamo contare sulla ex Ministra Valeria Fedeli o del gliolo del Governatore della Regione del Pd e allora in tanti si chiedono: a cosa serve votare? Solitudine e frustra-zione nel vedere le istituzioni

sempre più assenti e sempre più strumento nelle mani po-chi. Solitudine nella mancanza di politiche sociali e culturali, nella cronica assenza di con-fronto e di dibattito. Ma Natale è speranza. E allora cerchiamo di partire dalle piccole cose a cominciare dalla vita materiale delle persone, con le quali con questo strumento il Poliedro e con la vita pastorale accoglie voci plurali, pensieri diversi. Essere in tanti a condivide-re questi pensieri ci fa essere meno soli. La rinascita riparte dalla difesa dell’umanità, dei diritti umani faticosamente ri-conosciuti solo dopo gli orrori della seconda guerra mondia-le. Dobbiamo andare avanti e non cedere a chi vorrebbe portarci indietro. Da qualche mese sono iniziate le attività dell’Istituto di Scienze religio-se interprovinciale di Caserta. Chiediamo al Vescovo di Ca-serta, che dell’Istituto diocesa-no è responsabile, di trovare le modalità e le forme che ritiene più adeguate, af nché anche l’Istituto possa essere spazio di confronto tra laici e cattolici, sui temi che oggi ci troviamo ad affrontare.

del reparto di Pediatria e tutti i dipendenti dell’ospedale lo scorso 15 dicembre hanno accolto i tanti partecipanti alla festa. Quest’anno però, l’even-to, giunto alla ventitreesima edizione, è stato dedicato ad Emanuele Reali, il carabiniere che perse la vita nel mese di novembre inseguendo un ladro nei pressi della ferrovia, dove è

rimasto travolto da un treno. A testimoniare la forte vicinanza dell’azienda ospedaliera, è sta-ta la presenza per tutta la mat-tina della vedova del carabinie-re Reale. Per lui, un momento di preghiera nella cappella del nosocomio, letta da un mem-bro della Emilio’s Team, la grande squadra che ogni anno organizza la festa natalizia. Dopo il momento di preghiera, è stata la volta dei piccoli pa-zienti della Pediatria, guidata da circa due settimane dal nuo-vo direttore Felice Nunziata. «Questo è un evento che serve a mantenere un rapporto vivo con la società - ha spiegato il primario di origini napoletane -. E’ giusto che la cittadinanza

conosca quanto più possibile quello che viene fatto qui». Un reparto che può vantare, infatti, di due ambulatori specialistici: quello della Endocrinologia e Diabetologia pediatrica e quello del Pronto Soccorso pediatrico. Quest’ultimo, «ha necessità di avere alcuni miglioramenti - commenta ancora Nunziata -. C’è l’esigenza, infatti, di ottimiz-zare l’organizzazione struttura-le e ne stiamo già parlando con il direttore generale Mario Fer-rante. A tempi brevi dovremmo anche avere delle risposte». A casa sua, nel reparto guidato per anni con estremo affetto e attenzione, anche il primario emerito della Pediatria, Pa-squale Femiano che per anni ha diretto il reparto, portandolo a nuova luce. Presenti, come

anticipato, il sindaco di Caserta Carlo Marino, il comandante della brigata bersaglieri Gari-baldi, il comandante del Genio Guastatori, rappresentanti del comando provinciale dei Cara-binieri insieme al capitano An-drea Cinus, dei Vigili del Fuoco e della Guardia di Finanza, rappresentanti della Questura di Caserta e del quartier gene-rale italiano Nato. Tutti pieni di regali per i bambini e molti ve-stiti da babbo Natale, che gra-zie all’automezzo dei vigili del fuoco, sono entrati da una delle nestre del reparto di Pediatria lasciando letteralmente i piccoli ricoverati a bocca aperta. Poi, la conclusione della festa con tanto di torta dedicata al Natale 2018 e all’intera azienda ospe-daliera, con brindisi di auguri.

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7il poliedroDicembre 2018 Anno 3 - n. 11

di Rosanna De Lucia

Nella Lettera di invito alle catechesi di Avvento in preparazione al Natale ormai alle porte, il Vescovo Giovanni intravede nell’approvazione del nuovo Messale Romano un’occasione favorevole per meditare sul senso della liturgia e sulla Grazia che attraverso di essa scende ogni giorno su noi è sul mondo.

1. Il dono di poter celebrare.È proprio così: poter celebrare è un dono. Dono che, troppo spesso, ci lasciamo scappare, rinunciando all’esperienza immensa ed unica che Dio desidera ardentemente lasciarci vivere. Certo, la liturgia ha il potere di farci cambiare, di realizzare ciò che nei gesti, nelle parole, nei segni e nei simboli ci fa già pregustare; può insegnarci la relazione e il modo giusto di pregare; può dare alla nostra fede il suo ‘modello’ di vivere. Certo, essa può. Ma perché allora, non di rado, tutto questo non avviene? Il motivo, come sempre, è da ricer-carsi nell’atteggiamento col quale noi uomini ci accostiamo all’intera liturgia. Stanchezza, noia, apatia, mancanza di fede, poca o cattiva conoscenza del grande mistero della Liturgia Eucaristica, non ci consentono di entrare pienamente in quel Rito preparato proprio per

Le Catechesid’Avvento di

Mons. D’Alise

Crescere, confrontarsi ecamminare verso Dio

operato e ci rendiamo disponibili per attuare ciò che in quella liturgia ci chiede di fare, al ne di prose-guire sotto la sua guida il nostro cammino in mezzo al popolo. Secondo punto, sospendere il rapporto causa effetto a cui tanto siamo legati. Sempre, nella vita, facciamo qualcosa per ottenere il contraccambio. Ma la liturgia non funziona così: non si celebra in vista di una grazia, poiché il fatto di celebrare è esso stesso una gra-zia. Terzo punto, saper “perdere tempo” per Dio. Decidendo consa-pevolmente di dare tempo a Dio di agire, la Liturgia ci fa entrare in una forma di vita “altra”, che differisce totalmente da quella di ogni giorno. Ecco perché non possiamo con-siderare “l’andare a Messa” un’a-zione paragonabile a tutte le altre nella scaletta delle cose da fare; non possiamo partecipare alla celebrazione con gli stessi atteg-giamenti che accompagnano tutte le altre azioni. È una cosa troppo diversa, troppo importante. Spesso ci capita di entrare in Chiesa già pieni di noi stessi, convinti delle nostre ragioni. Dare tempo a Dio, invece, chiede di spostarci dalla nostra logica per entrare nel punto di vista di Dio. Così, la Liturgia può operare molto: essa ci dà la forma e i contenuti per rendere concreto e reale ciò che Dio vuole per noi.

le cui parti non sono armonizzate o sono mal curate. I nuovi testi liturgici, però, non prevedono solo una mera esecuzione, bensì l’at-tuazione matura degli stessi, con attenzione alle tematiche del rito e alla varietà dell’assemblea.Ogni parte della celebrazione deve essere in linea con ciò che la precede e la segue, deve intro-durre in modo intelligente ed ar-monioso i lettori, i salmisti e il coro, deve fare attenzione alla tipologia di assemblea che partecipa all’Eu-caristia e deve dare risalto alla ricca varietà di registri esistenti

3. La formazione liturgica.Per cogliere l’essenza vera e pro-fonda della liturgia e perché essa possa trasformarci è dunque ne-cessario ed urgente una “forma-zione liturgica” sia dei Ministri che dei fedeli battezzati. È fondamen-tale, infatti, che tutti abbiano una buona conoscenza dell’intero rito, così come del suo linguaggio, dei segni e delle azioni che in essa prendono vita. C’è bisogno di una vera e propria iniziazione alla vita liturgica che introduca le persone al Mistero. Questa esigenza si fa ancora più forte se pensiamo alla società post-cristiana nella quale stiamo vivendo, un mondo in cui prende sempre più piede un «cattolicesimo convenzionale» che tiene sì inalterata l’organizza-zione, il linguaggio e i simboli del cristianesimo, ma che non ha più nulla di veramente cristiano, man-cando della profonda spiritualità ed umanità di Gesù. L’indeboli-mento della fede nel suo profondo essere, il tramonto del senso di appartenenza alla comunità fatta di persone con cui crescere, con-frontarsi e camminare verso Dio, la spiccata mentalità individua-listica per la quale tutto diventa espressione dell’io e delle proprie esigenze, trovano soluzione nella celebrazione di una liturgia che sia «di qualità e signi cativa». Una liturgia preparata e celebrata con amore, cura e attenzione, con l’obiettivo di coinvolgere l’aspet-to emotivo e quello del sentire; una liturgia che torni a mettere al centro la Parola di Dio e le Scrit-ture; che risponda all’esigenza di spiritualità profonda del mondo; che ritrovi il senso della gratuità, lontana dall’idea che la Grazia si possa ottenere con le ricchezze materiali; una liturgia che insegni gli atteggiamenti giusti di mente, corpo ed anima per entrare nell’e-norme Mistero che è la Liturgia Eucaristica; che aiuti a cogliere il senso della celebrazione come esperienza di vita comune in cui il celebrante è il Signore.

noi e viverlo in modo profondo e cosciente così che esso possa trasformare la nostra vita e quella di chi ci sta accanto. E allora come possiamo intervenire? Primo pun-to, sospendere il protagonismo e diventare protagonisti. Durante la celebrazione prendiamo coscien-za di chi siamo e di cosa siamo chiamati a diventare, riconosciamo le grazie che il Signore in noi ha

2. L’arte di celebrare.Quanto cambierebbero le nostre celebrazioni se sapessimo che il ‘modo di celebrare’ è la sostanza stessa della celebrazione? Pro-babilmente molto. Il modo di cele-brare, infatti, non è una questione accidentale, ma sostanziale. Ci capita molto spesso di vivere li-turgie non proprio coinvolgenti o, addirittura, che mancano di zelo,

nella liturgia, capaci di mirare al coinvolgimento di tutto l’essere umano. In ne, come ci ricorda la Sacrosanctum Concilium al n. 34, «i riti risplendano per nobile sem-plicità», essendo sempre chiari brevi e comunicativi.

Catechesi

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8 Dicembre 2018 Anno 3 - n. 11il poliedro Marcia della Pace

di Salvatore Leopizzi

“Durante il tempo dell’al-luvione è necessario

mettere in salvo la semente”. Così ci ripeteva il Servo di Dio don Tonino Bello, vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi, per invitarci a non ce-dere alla rassegnazione e allo scoraggiamento: di fronte al dilagare apparentemente inar-restabile della cultura di morte che alimenta i micro e i macro sistemi della violenza, della sopraffazione, dell’esclusione dobbiamo avere il coraggio, ci

In piedi,costruttoridi pace!

La testimonianza di un amicodi don Tonino Bello

di Nicola Lombardi

Tre importanti anniversari hanno caratterizzato la

preparazione alla tradizionale Marcia della Pace che anche quest’anno il Comitato “Caser-ta Città di pace” ha organiz-zato coinvolgendo parrocchie, scuole e realtà associative laiche e cattoliche.Innanzitutto il centenario della conclusione della Grande Guerra (4 Novembre 1918) che ha mietuto milioni di morti in tutta Europa. Con la Marcia, ancora una volta, abbiamo voluto dire il nostro “NO” alla guerra senza “se” e senza “ma”. Il recente rapporto di Caritas Italiana, “Il peso delle armi”, ci ricorda che sono 378 i focolai di guerra ancora accesi nel mondo. Ed è in au-mento la produzione e la ven-dita di armamenti tra il silenzio dei mass media e l’ignoranza degli italiani. Ma quest’anno è ricorso an-che l’80.mo anniversario della promulgazione delle leggi razziali (18 settembre 1938). Era la nascita del razzismo di Stato. Circa 40.000 mila ebrei in Italia furono oggetto prima di discriminazioni economiche e sociali e poi vittime di vio-lenza.E a distanza di tanti decenni riscontriamo, quotidiana-mente, ancora tante forme di razzismo nel nostro Paese nei confronti di giovani migranti soprattutto africani. Abbiamo partecipato alla Marcia della

Pace per gridare il nostro “NO” a ogni forma di discrimi-nazione, di qualsiasi genere, nei confronti di ogni persona. E, in ne, come non ricordare il 70.mo anniversario della proclamazione universale dei diritti umani da parte dell’As-semblea generale delle Nazio-ni Unite, il 10 dicembre 1948. Nella Marcia il nostro “SÌ” in-condizionato a tutti i diritti per tutti. “Tutti gli esseri umani na-scono liberi ed eguali in digni-tà e diritti” (art. 1). Diritti umani che sono in molte situazioni e in tantissime Nazioni, anche in Italia, più proclamati che attuati.Ma è stato, soprattutto, il ri-cordo di Antonio Megalizzi e di tutte le vittime dell’attentato terroristico di Strasburgo che ha contraddistinto la nostra partecipazione alla 24.ma edi-zione della Marcia della Pace. In suo nome abbiamo mar-ciato per le vie della città di Caserta. Abbiamo voluto ricor-dare l’impegno appassionato del giovane radiocronista che credeva e si impegnava per la libertà e per la verità e per una Europa unita nella diversità e in pace. La sua testimonianza di vita rimanga indelebile e sia foriera di molteplici iniziative di pace a livello europeo. La Marcia della Pace di Ca-serta è anche preparazione alla prossima 52.ma Giornata mondiale della Pace che avrà come tema “La buona politica è al servizio della pace” (Papa Francesco).

In nome di Antonio Megalizzila XXIV Marcia della Pace

Penso che sia urgente interro-garci e discernere quale sia la buona politica al servizio della pace. Ecco a noi sembra che non sia buona politica al servizio della pace quella che delega al singolo cittadino il compi-to di difendersi armandolo semmai. Si incrementa, in tal modo, la produzione di armi e la “giustizia fai da te”.Crediamo che non sia buona politica quella che toglie la protezione umanitaria a chi scappa da carestie e violenze. Riteniamo che non sia buona politica al servizio della pace l’attuale decreto sicurezza in quanto produce paura infon-date e forti tensioni sociali tra le fasce più deboli della popo-lazione.A noi sembra, invece, che sia buona politica al servizio della pace quella che favorisce l’in-tegrazione delle nostre sorelle e dei nostri fratelli migranti. È stata, di sicuro, buona politica per la pace quella del sindaco di Riace, tanto per intenderci, che pur di salvare una per-sona, un immigrato, e di inte-grarlo nella comunità cittadina corre anche il rischio di andare contro le leggi dello Stato.Di sicuro a tutti, cittadini, amministratori e governanti, spetta il compito di discernere quale sia la buona politica al servizio della pace e, in base alle proprie responsabilità, di attuarla, giorno dopo giorno. Solo così possiamo essere veri “artigiani” di pace.

palesi di discriminazione, di so-pruso nei confronti dei più de-boli, dei diversi, degli stranieri, scelte che oppongono “noi e gli altri”, oppure “prima gli italiani” e poi … nessun altro.Signi ca ancora - come ci in-vita a fare Papa Francesco - “andare contro corrente perché viviamo tempi in cui si diffon-dono sentimenti che parevano superati: sospetto, disprezzo e per no odio verso gli stranieri (qualcuno già propone di sosti-tuire il termine “xenofobia” con quello di “misoxenia”) e conti-nuare a dire che “il razzismo

diceva, pagato a volte anche a caro prezzo – come fu per lui – di resistere al male, nella certezza che “il male si può vin-cere solo con il bene” (cfr. Rm 12,21).Mettere in salvo e custodire i semi vitali e fecondi della fami-glia umana, pensata secondo il progetto di Dio e la profezia del Vangelo, vuol dire contra-stare i piani di demolizione di quei pilastri etici e giuridici che sostengono la convivenza de-mocratica e la civiltà dei diritti; denunciare la pretesa legitti-mazione di forme subdole o

è un peccato radicalmente in-compatibile con la fede cristia-na”. Non possiamo rassegnarci al rischio incombente di una re-gressione antropologica che, andando di pari passo con il dissesto irreversibile dell’eco-sistema e col sempre più allar-mante degrado ambientale, ci riporterebbe nella condizione dell’homo homini lupus, in una guerra di tutti contro tutti. In questo scenario preoccupan-te dalle tinte apocalittiche, evi-denziato anche emblematica-mente dai fuochi maleodoranti

che deturpano le nostre terre e devastano la nostra salute, noi di Pax Christi, sparsi nei diver-si Punti Pace delle regioni ita-liane, condividendo la strada di tanti altri inguaribili “sognatori”, avvertiamo la responsabilità e l’urgenza di essere, nella so-cietà e nella Chiesa, “spina nel anco” e “scrupolo” (ex rupe – sassolino) nelle coscienze. Il traguardo della “pace in ter-ra agli uomini amati da Dio” è certamente lontano e la strada è lunga e irta di ostacoli. Ma siamo convinti che “osare la pace per fede” (D. Bonhoeffer) è un obbligo di coerenza con la nostra fede nel Cristo Risorto:

saremo davvero credenti e cre-dibili se daremo vita col nostro impegno feriale e nelle nostre relazioni quotidiane ai grandi “sogni diurni” di una umanità fraterna e solidale dove si spe-rimenta la pace come “convi-vialità delle differenze”.Le nostre comunità siano per tutti nestre spalancate alla speranza e porte sempre aper-te all’accoglienza. La Chiesa intera sia sentinella di pace, di-sarmata e disarmante, che ve-gliando nella notte è capace di svegliare la coscienza dei dor-mienti perché insieme mettano in salvo tutta la città.

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9il poliedroDicembre 2018 Anno 3 - n. 11 Presbiterio

di Carmine Ventrone

Il 27 novembre scorso sono ripresi gli incontri del pre-

sbiterio diocesano. Il clero, riunitosi presso la in biblioteca diocesana, è stato accom-pagnato nella meditazione dal vescovo D’Alise, che, partendo dal Sussidio sul rinnovamento del clero a partire dalla formazione per-manente “Lievito di fraternità” della Conferenza Episcopale italiana, ha tratteggiato quali caratteristiche deve avere un presbitero per essere costrut-tore di comunità. Oggi si usa tanto questo termine “comuni-tà” ma non sempre si riesce a capirne il signi cato profondo. Essa, innanzitutto, è formata da uomini e donne che hanno aderito a Gesù Cristo e al suo Vangelo perché, come ci ri-corda il vescovo, “bisogna co-struire una comunità cristiana così come vuole Gesù Cristo e non come vogliono gli uomi-ni”. Il punto di partenza deve essere il presbiterio ed in par-ticolare bisogna evitare di ca-dere “nell’ipocrisia di chi crea una comunità parrocchiale e poi non crea la comunità pre-sbiterale, quella diocesana e quella foraniale”; tutto ciò si sviluppa attraverso un cambio

Il sacerdote: costruttoredi comunità

di mentalità spirituale e pa-storale che ogni sacerdote è chiamato a fare nella propria vita, un cambiamento di rotta che deve nascere dal deside-rio di essere costruttori e se-minatori di pace e non distrut-tori e seminatori di zizzania. L’invito alla vera conversione (metanoia) è ancora valido e coinvolge tutti, presbiteri e non, quelli che desiderano “una Chiesa lieta con volto di mamma che comprende, ac-compagna, accarezza” (papa Francesco, Firenze, 10 no-vembre 2015). Il vescovo, poi, sottolinea quali sono i due i passi che non devono mai mancare nel costruire la co-munità ecclesiale: Adesione forte a Gesù nel trasformare la propria vita e la comunione nel vivere la fraternità che è sempre frutto dello Spirito Santo. Infatti, ogni presbitero è chiamato a vivere la sua vocazione nell’amore di Dio e nell’amare il prossimo, due fuochi, discepolato e servizio ministeriale, che non si esclu-dono ma s’intrecciano e com-pletano la vita di chi ha rispo-sto alla chiamata sacerdotale. Lo stesso documento “lievito di fraternità” sottolinea come sia indispensabile questo du-plice movimento nella forma-

di C.V.

Il testo “Lievito di fraternità” nasce dalla ri essione che

i vescovi italiani hanno te-nuto, dal 2014 al 2016, sul ruolo del presbitero in Italia, un confronto che ha prodot-to, per mezzo del Consiglio Episcopale Permanente, il presente sussidio sul rinno-vamento del clero a partire dalla formazione permanen-te. Lo scopo dei vescovi è “quello di aiutare i nostri pre-sbiteri a inserirsi come evan-gelizzatori in questo tempo, attrezzati ad affrontare le s de e attenti a promuovere

Sussidio:Lievito difraternità

una pastorale di prossimità”. Dunque non un manuale di formazione ma uno stimolo a rinnovare sempre il “mistero della vocazione che trascen-de l’uomo e che nessuno, quindi, può mai dare come pienamente conseguito”, un mistero che si realizza nella fedeltà quotidiana, nel dire sì con impegno nei vari “elementi fondamentali: di-mensione comunitaria, dio-cesanità e carità pastorale, fraternità presbiterale, cura della vita interiore, sequela, responsabilità amministra-tive ed economiche, gioia evangelizzatrice, prima for-mazione”. I nostri vescovi nel “consegnare alcune pro-poste quali cate” auspicano la “creazione di percorsi che favoriscano la comunione e la ministerialità” presbiterale per una rinnovata evangeliz-zazione.

di C.V.

Domenica 9 dicembre la comunità parrocchiale “Santa Maria Assunta” in Recale ha celebrato un inno alla gioia, una festa dello Spirito per la ricorren-za del venticinquesimo anniversario dalla costituzione del gruppo carisma-tico Rinnovamento nello Spirito “Cri-sto Re”.Una presenza costante nella vita della comunità parrocchiale, un gruppo di persone che, animate dal fervore che suscita lo Spirito, sono rimaste fedeli ad un progetto di cambiamento intra-preso 25 anni fa.Un’esperienza d’incontro che è conti-nuata, nel tempo, attraverso un cena-colo di Pentecoste che elargisce con-tinuamente doni, che in questa ricor-renza fa proclamare “Ringrazio conti-nuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data

25° del comunità delRinnovamento nelloSpirito “Cristo Re”

Parrocchia S. Maria Assunta in Recale

zione permanente del clero: «Se la sequela di Gesù rima-ne vocazione di ogni discepo-lo, il presbitero la incarna ser-vendo i fratelli con l’annuncio della Parola e la celebrazione dei sacramenti, raccogliendo la molteplicità dei fedeli nella comunione dell’unica Chiesa» (p.9). Il vescovo, nel conclu-dere l’incontro presbiterale, sottolinea la necessità di una nuova forma di evangelizza-zione, “un’ampia conversione pastorale”, poiché non si può rimanere legati ai progetti pa-storali del passato, prigionieri del “siamo abituati a fare così” ma bisogna avere il coraggio di accogliere l’invito del Mae-stro che, rivolgendosi ad ogni sacerdote, dice” prendi il largo e calate le reti per la pesca” (Lc 5,4).Nella società odierna, dove la logica dello scarto, come ci ricorda papa Francesco, pre-vale sul bene comune e sul rispetto della vita, c’è neces-sita di un presbitero che non si sottrae nel servizio “dell’a-postolato, dell’ascolto, della capacità di ‘perdere tempo’ con pazienza e disponibilità, del saper donare attenzione, comprensione e ‘cuore’ alla persona dell’altro” (p.11). C’è bisogno di un prete che sia “pronto a tenere l’orecchio nel cuore di Dio e la mano sul polso del tempo”.

in Cristo Gesù, … Egli vi confermerà sino alla ne, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo: fede-le è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!” (1Cor 1, 4-9).Lo Spirito dà la capacità di riscaldare il cuore ed ogni comunità del Rinnova-mento nello Spirito, è il Roveto di Dio che dà la spinta a crescere e trova la propria dimensione nelle tre “P”: Pre-ghiera, Parola e Paraclito. Il pomerig-gio è stato arricchito dalla presenza del coordinatore regionale del RnS della Campania, Giuseppe Contaldo

e Mario Landi, coordinatore nazionale del del RnS.Durante la Concelebrazione Eucaristi-ca il vescovo D’Alise ha sottolineato come nella nostra epoca “c’è un calo di fervore e bisogna sposare il proget-to di salvezza senza staccarsi dalla Chiesa perché tutti siamo chiamati al centro del progetto di evangelizzazio-ne bisogna far nascere gli innamorati di Gesù”, e continuando ha esortato tutti a seguire l’esempio di Giovanni il Battista af nché ciascuno avverti il desiderio di portare a Dio sempre più persone.

L’incontro

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10 Dicembre 2018 Anno 3 - n. 11il poliedro Liturgia

di Elio Catarcio

Il Cristianesimo primitivo rap-presentava il suo Signore con

i simboli dell’Agnello e della Croce. Fino agli inizi del V se-colo, al centro dei mosaici del-le cupole, negli angoli e nelle strombature delle basiliche, nelle illustrazioni delle perga-mene, in ore ceria e nelle de-corazioni degli arazzi, l’Agnello o la Croce sono al centro di un cielo trapunto di stelle scintil-lanti sul fondo bleu della notte, disposte in cerchi concentrici; fra loro – tra i quattro angoli – risaltano i quattro Viventi (Ap. 4,6).Dall’VIII secolo in poi il Cristo Pantocratore, “seduto su un trono di smeraldo” (Ap 4,3; 7,9; 20,11; 21,5), rimpiazza sempre più spesso l’Agnello o la Croce no a sostituirsi de nitivamen-

“… vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più

piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40)

LA SOLENNITÀ

Cristo Re e Giudice nell’ultimo giorno:la Regalità di Cristo e la nostra regalità

“Tu sei il re dei Giudei?” (Gv 18,33) È questa la domanda che Pilato rivolge a Gesù dopo essere stato convinto dai Capi del popolo ad arrestarlo come sovvertitore dell’ordine pubblico e come pericoloso cospiratore contro l’occupa-zione romana della Giudea; le uniche accuse, queste, che richiedevano l’interven-to del Governatore per poter eseguire una condanna capi-tale da parte del Sinedrio. La sottile ironia che Pilato ma-nifesta nel dialogo con Gesù mostra chiaramente la sua scarsa convinzione di trovar-si difronte ad un potenziale nemico. Pilato continua il suo interrogatorio. Quel Galileo che gli stava davanti non lo aveva lasciato indifferente. È questa una delle principali caratteristiche di Gesù: non lasciava indifferente nessuno che aveva a che fare con lui. Perciò Pilato gli chiede anco-ra: “Dunque Tu sei re?” (Gv 18,37). La risposta di Gesù: “Il mio regno non è di que-sto mondo…” (Gv 18,36) lo sconcerta. Non era per niente

LA REGALITÀ DI CRISTO

È possibile fare oggi nella nostra vita un’esperienza del Re-gno di Dio? Quali sono i segni di una sua visibilità fra noi e di un’appartenenza ad esso? Partiamo dalla risposta che dà Gesù ai Farisei quando un giorno gli chiedono: “quando verrà il Regno di Dio?”. Gesù ribatte: “Il Regno di Dio non si mani-festa mai in modo da attirare l’attenzione. Non è qua e là; è dentro di noi, attorno a noi” (Lc 17,20-21).Ancora più esplicito è il discorso da parte di Gesù sui segni di una percezione del Regno riportata in Matteo. Nelle cinque parabole di invito alla vigilanza (Mt 24,37-25,30) l’Evangeli-sta lancia un avvertimento a tutti quelli che sono passati alla fede cristiana attraverso l’istruzione ricevuta dal suo Vangelo. Essi, “buoni e cattivi” (Mt 22,10), devono rendersi personal-mente conto della fede che è stata a loro concessa. Nella descrizione, poi, che Matteo fa del giudizio nale (Mt 25,31-46) Cristo, Re e Giudice allo stesso tempo, sarà riconoscibile solo negli Anawim (i doveri, i disprezzati, i sofferenti, i picco-li…) nelle sei opere di misericordia elencate. Saranno queste opere a costituire una testimonianza attendibile di un giudizio benevolo verso la nostra vita. Lo afferma nella parabola lo stesso Re e Giudice, che, poi, è Cristo stesso: “…vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli lo avete fatto a me” (Mt 25,41). In nessuna altra parte del NT i segni del Regno sono stati descritti come in questo testo: viene affermato con tanta chiarezza che il Regno non è un luogo, ma una persona, è lo stesso Cristo. È Lui la via che conduce alla verità, alla vita e alla comunione con il Padre.

facile comprendere a quale regno Egli alludesse. Anche per i suoi discepoli ci volle del tempo per capire di quale re-gno il Maestro parlasse.

Il Testimone che rivela la sovranità e la verità di DioA questo punto Gesù tronca il discorso sulla regalità per far conoscere a Pilato da chi e che tipo di missione gli era stata af data: “…per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla ve-rità, ascolta la mia voce” (Gv 18,37). Quella di Cristo è una regalità che consiste nel rive-lare la sovranità e la verità di Dio, da parte di “un testimo-ne che viene dall’Alto” e che, perciò, conosce la verità del Padre, una verità che riguar-da il dono fatto all’umanità di una comunione con Dio stesso. Ma perché questo avvenga è necessario che il “testimone che viene dall’Al-to” passi attraverso la Croce non attraverso il potere e il dominio sulle nazioni di que-sto mondo. Spiega l’Aposto-

lo Paolo “…nella debolezza della croce, nel suo svuo-tamento, nella condivisione delle sofferenze e dei dolori dell’umanità, è lì che si in-contra Dio” (1Cor 1,18.25). Operare nel segno della veri-tà signi ca fare coma fa Dio, signi ca porsi in ascolto di Cristo: “Se qualcuno vuol ve-nire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mc 8,34). Solo così, al seguito di Cristo, si potrà sviluppare, alimentare, potenziare e proteggere la vita in tutte le sue forme. Non solo la mia vita, ma la vita in-tera che sta attorno a me.

La nostra regalitàUn giorno mi è stato detto con il Battesimo: “tu sei re”; sei del Dominus, del Signo-re, appartieni a Lui. E, come a Lui, anche a te è stata af- data una porzione di mon-do. Come Lui devi reggerla con saggezza e con giustizia perché tu la faccia ri orire di misericordia, di tenerezza e di libertà. All’avvento del Regno di Dio, dunque, deve corrispondere il bene, lo svi-luppo dell’umano e la pro-tezione dell’ambiente in cui vivo, o il Regno non è di Dio.

CRISTO RE E GIUDICE NELL’ULTIMO GIORNO

te ad essi. In tutte le opere dell’iconogra a medioevale il Pantocratore è visto come “il Vivente nei secoli” (Ap. 1,9), troneggia sull’arcobaleno, pog-gia i piedi sul disco della terra posto in relazione ad altri tre cerchi rappresentanti l’Anno, il Giorno e la Luce Solare. Nella sua rotazione liturgica, il Pan-tocratore, fa muovere la sfera con cui viene raf gurato l’Uni-verso attorno all’Eterno Immo-bile. “A Lui che fa nuove tutte le

cose” (Ap 21,5) il Padre rimette “il libro dei destini del mondo” (Ap 3,12). Perciò ogni creatura può proclamare:“Tu sei degno o Signore nostro Dio, di riceve-re gloria, onore e potenza, per-ché Tu hai creato tutte le cose ed esse per Tua volontà tutte sussistono” (Ap 4,11). Su questo patrimonio artistico comune a tutto il Medioevo ed al Rinascimento cristiano fu fa-cile giusti care, da parte di Pio XI l’istituzione, nel 1925, della

Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo. Il Ponte ce ricordava di aver voluto la celebrazione di tale Solennità alla ne dell’Anno Liturgico quando le letture bi-

bliche dei cicli liturgici presen-tavano la “venuta del Signore, alla ne dei secoli, con aspetto regale sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria” (Mc 13,26).

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11il poliedroDicembre 2018 Anno 3 - n. 11 Caritas

di Rosaria Monaco

Come ogni anno il periodo di prepara-zione al Natale è stato vissuto nelle

varie parrocchie della Diocesi come tem-po di preghiera e di educazione alla cari-tà. Molteplici sono state le iniziative mirate non solo a raccogliere fondi da destinare alle famiglie più bisognose, ma anche a far vivere ai fedeli un’esperienza forte di fraternità, a ri ettere sulle disuguaglianze che intaccano i diritti soprattutto dei più poveri e a meditare sul rapporto tra cari-tà e giustizia, in un momento storico che necessita di un impegno sempre più rin-novato, anche e soprattutto alla luce della nostra fede. Tra le varie iniziative ci sono state segnalate:- Gruppo caritativo Vincenziano della cat-tedrale: mercatino di bene cenza, orga-nizzato nei giorni 1 e 2 dicembre, con arti-coli nuovi offerti da privati o da negozianti e venduti a prezzi puramente simbolici, al ne di raccogliere appunto fondi destinati poi alle tante famiglie in dif coltà; allegra tombolata il giorno 10, con distribuzione di dolci natalizi, organizzata per gli assistiti (le cartelle sono state distribuite gratis e ai vari vincitori sono andati doni a sorpresa e un presepe di cioccolato); ancora, distri-buzione di pacchi dono nei giorni 11 e 13 a quelle famiglie che si trovano in situazio-ni precarie e in ne, il giorno 19, auguri di Natale ai senza tetto che quest’anno han-no trovato accoglienza nei locali adiacenti alla Cattedrale;- CdA interparrocchiale di Sala- Bria-no-San Leucio: vendita di dolci e oggetti vari, organizzata il 2 dicembre;- Caritas del SS. Nome di Maria: raccolta fondi l’8 e 9 dicembre e alimenti presso i supermercati il 14 e 15 con distribuzione il 19;- Caritas e gruppo vincenziano della par-rocchia N.S. di Lourdes: vendita di ori re-alizzati in carta e piante varie, il cui ricava-to sarà destinato alle iniziative caritatevoli;

Avvento di Carità

- Caritas della parrocchia del Buon Pasto-re: adozione di una famiglia per un anno attraverso il banco alimentare, raccolta tra i fedeli di generi di prima necessità da do-nare alle famiglie bisognose e il 19 e il 28 dicembre pranzi con le famiglie indigenti - Caritas e gruppo vincenziano S, Pietro in Cattedra: celebrazione, il 19 dicembre di una s. Messa con tutte le famiglie assi-stite, seguita da un momento di fraternità; destinazione di tutte le raccolte in denaro del 22 e 23 dicembre ai bisogni delle fami-glie più bisognose;- Caritas e gruppo vincenziano S. Vitalia-no, distribuzioni extra agli assistiti con pro-dotti natalizi - Caritas e corale della parrocchia di S. Bartolomeo: Concerto di bene cenza il 23 dicembre. Il 6 gennaio, per l’Epifania, poi, in collaborazione con il gruppo Sangue e Acqua, Comunione di Cuori e Chiedilo alla Luna, preparazione di un pranzo per le fa-miglie povere e i senza ssa dimora, con distribuzione di giocattoli ai loro bambini- Caritas parrocchiali della forania di Mad-daloni: raccolta di alimenti, la prima dome-nica di dicembre da donare alle famiglie assistite;- Gruppo del pronto-soccorso diocesano e della parrocchia Buon Pastore: visita ai bambini ricoverati nel reparto pediatrico del nostro ospedale con distribuzione di caramelle e piccoli presepi, l’8 dicembre.La Caritas diocesana in ne, in collabora-zione con l’associazione l’“Angelo degli ultimi” il 1° Gennaio alle ore 17,00 offrirà una cena ai senza ssa dimora, nei locali della stazione di Caserta, concessi dal Di-rettore della stazione stessa In quasi tutte le parrocchie per il giorno della Befana saranno distribuiti doni ai bambini. Sono piccoli gesti, certo, ma che hanno alla base la solidarietà, la condivisione dei beni, l’accoglienza premurosa e la ricerca sincera del bene di tutti, virtù fondamentali del vivere insieme, come in una famiglia

di Mimmo Iannascoli

La Caritas diocesana, nel pro-grammare le attività per l’anno

Pastorale in corso, ha pensato di fare il punto sull’assetto delle Caritas parrocchiali, ripartendo dal confronto con i parroci e dalla comune con-sapevolezza dell’importanza della Carità, quale uno dei pilastri costitu-tivi della Chiesa. Per questo motivo, abbiamo avviato una serie di incontri con i presbiteri di ciascuna Forania, nell’intento di ascoltare le problema-tiche delle parrocchie ed accoglierne i contributi. Abbiamo posto partico-lare attenzione sull’opportunità di non proporre ricette precostituite, nel rispetto delle peculiarità di cia-scun territorio parrocchiale, sia pure all’interno di una strategia condivisa. Conosciamo bene, infatti, le pro-blematiche che ruotano intorno alla Carità ed, in modo particolare, quelle legate alla necessità di dare risposte alle impellenti richieste indotte dalle condizioni di indigenza di numerose famiglie. Allo stesso modo, sappia-mo bene quanto sia dif cile fare i conti con il senso di frustrazione ed impotenza che deriva dalla dif coltà nel poterle esaudire tutte. Per que-sto senza trascurare quanto è nelle nostre possibilità per farvi fronte ed unendo le forze per reperire più agevolmente le risorse, sarebbe auspicabile, nel contempo, che l’im-pegno principale fosse orientato, nel formare una nuova coscienza dei laici, af nché maturi quel senso di solidarietà e di prossimità verso i bisognosi, attraverso la realizzazione del binomio “Formazione/Prassi” (for-mare attraverso la testimonianza). Siamo convinti, infatti, che dedicare tempo ed energie alla crescita di tutta una comunità, secondo una

Programmazione Caritase corsi di formazione

logica progettuale ed una metodo-logia di lavoro condivisa, avrà effetti attrattivi nei confronti delle persone e sicuramente una ricaduta molto più estesa nel sollievo dai bisogni. Una strategia, peraltro, che rappresenta il cuore dell’azione “eminentemente pedagogica” di Caritas Italiana. Non vi è dubbio che il punto di partenza debba essere la disponibilità ad un profondo cambiamento sul piano in-dividuale, a cominciare da una mag-giore consapevolezza dei propri limiti e dei propri carismi per cooperare in armonia e comunione, con umiltà e spirito di servizio all’interno dei gruppi parrocchiali, prima ancora che nel rapporto con gli utenti dei Centri di Ascolto. Spesso, infatti, vediamo emergere esigenze di visibilità, rivali-tà, gelosie che ne minano la coesio-ne, con il conseguente abbandono di risorse umane preziose. Per questo siamo convinti che se riuscissimo ad af ancare ad un percorso spirituale, occasioni di ri essione comune su questi aspetti, potremmo contribuire a migliorare la qualità del servizio del C.d.A. e dei rapporti interpersonali. Per l’anno Pastorale in corso, la Formazione diocesana avrà inizio lu-nedì 21 gennaio, presso la struttura della Tenda di Abramo e consisterà in 11 lezioni, con cadenza settima-nale. Riguarderà tutti gli operatori Caritas, sia vecchi che nuovi, pro-prio per ripartire tutti da un comune sentire. Accanto a questo, abbiamo proposto un’ipotesi di programmazio-ne, per tradurle in percorsi di lavoro, che siano facilmente riproducibili da altre parrocchie e veri cabili in corso d’opera. Ovviamente è solo una pro-posta, ampiamente modi cabile dai presbiteri, che, a propria discrezione, possono eventualmente de nire qua-li prassi privilegiare.

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12 Dicembre 2018 Anno 3 - n. 11il poliedro Parrocchie

di Francesco Catrame

La Comunità parrocchiale, nel nostro percorso pasto-

rale, è una comunione che ha il suo fondamento nel giorno del Signore con al centro l’Eucaristia: è una comunione teologale, con Dio e tra di noi; è una comunione impegnativa, nella quale occorre dimorare anche quando ci sono dif col-tà, incomprensioni e tensioni; è una comunione vocazionale, che mira a far trovare il proprio volto a tutti e a ciascuno; è una comunione ministeriale, perché chiama a servire anche la fede altrui; solo a queste condizioni è una comunione missionaria, perché il suo an-nuncio e il suo servizio hanno l’orizzonte della missione di Gesù.Per questo il Giorno del Si-gnor e diventa dies ecclesiae se è un giorno di comunione, se aiuta a sperimentare il van-taggio di vivere una domenica vissuta insieme, interrompen-do il ritmo di un ne settimana consumistico e concitato, per realizzare esperienza di comu-nione fraterna tra famiglie.Questo è solo uno tra i molti esempi di quel convenire in unum, che fa della Domeni-ca il giorno dell’Assemblea,

Essere comunità in missioneIl Parroco di “S. Maria degli Angeli” in S. Nicola La Strada

di Gianmarco Qualtieri

Di solito quando un ragaz-zino nisce per iniziare

un percorso in Azione Cat-tolica è perché non ha molti amici, o perché è troppo pi-gro e i pomeriggi preferisce passarli sul divano con i vi-deogiochi piuttosto che usci-re di casa; in questi casi la mamma oppure, soprattutto al Sud, la nonna decide di prendere in mano la situa-zione andando in chiesa a chiedere aiuto al don di turno, quel bambino nisce quindi per iniziare a seguire il gruppo e attività dopo at-tività, anno associativo dopo anno associativo cresce e magari a quell’azione cattoli-ca ci si affeziona pure, inizia a sentirne la mancanza du-rante il tempo di estate e ini-zia a creare un legame con l’associazione e con gli ide-ali di AC che diventa sempre più profondo. Io ho iniziato così, a 12 anni, per volere di mia nonna, matriarca della famiglia, che era stanca di vedermi isolato e chiuso in casa; quella sua intuizione è stata uno dei doni più impor-tanti per me.

L’AC “Santa Maria degli Angeli” di San Nicola la Strada

L’Azione Cattolica: un percorsoper una crescita sana

L’Azione Cattolica vive di relazioni, legami intensi che nascono continuamente fra tutti i tesserati e che sono il sale della vita per i giovani che sempre di più sono ri-succhiati dal mondo virtuale, ef mero e volatile.L’AC “Santa Maria degli an-geli” di San Nicola la Stra-da è giovanissima, è nata pochissimi anni fa, ma ha le idee molto chiare. Ho deciso di tesserarmi lì nel 2015, dopo svariati anni di AC sulle spalle, e appena arrivato qualcosa mi diceva che insieme agli altri ragazzi avremmo lavorato tanto per l’associazione. Sono stati anni intensi che mi hanno visto attivo in pri-ma persona come responsa-bile ACR; in questo triennio siamo cresciuti nel territorio sannicolese, affermandoci come realtà in un territorio dif cile come quello di Ca-serta, ricco di potenziale ma tristemente povero di con-cretezza.Tanti volti sono passati nelle nostre stanze in questi anni, ognuno con una storia diver-sa, ogni persona ci ha dato qualcosa, ogni sorriso e ogni

abbraccio ricevuto ci ha dato la carica per non fermarci davanti a un “no” o davanti al “si è sempre fatto così” e insieme abbiamo sempre cercato di rincorrere il cam-biamento, di cercare la novi-tà, perché se non siamo noi giovani a fare la rivoluzione, chi può farla?Credo fortemente che per un ragazzino intraprendere un percorso del genere sia essenziale per una cresci-ta sana e per far nascere in sé una consapevolezza più chiara di ciò che si è, ma so-prattutto di ciò che si potreb-be essere.Quello che cerchiamo di tra-smettere ad ogni ACRino è la voglia di fare, cerchiamo di spiegargli che non possia-mo essere dei giovani pen-sionati, come dice il nostro caro Francesco; cerchiamo di far capire ai nostri gio-vanissimi e ai nostri giova-ni che in un Paese come il nostro, che diventa sempre più vecchio e obsoleto, è ne-cessario mettersi in gioco, anche in politica, con l’obiet-tivo di fare il bene comune; qualcosa di utopico qui dalle nostre parti!

chi vuole essere il primo di-venti il volto della carità per i poveri e i piccoli. In tal modo il servizio della carità è un tratto caratterizzante della Dome-nica cristiana e della nostra Comunità.Come Comunità, siamo con-vinti e decisi che bisogna passare dal Tempio, luogo del sacro, alla strada, cioè al mon-do, là dove vive l’uomo, con le sue certezze e i suoi dub-bi, le sue conquiste e le sue scon tte: questo è il cammino dell’agire pastorale al quale, continuamente, dobbiamo tendere. Dobbiamo abilitarci a discorrere e discutere (Lc 24,15), alla luce del Vangelo, eventi e problemi, sofferenze e attese della gente. Non pos-siamo rimanere indifferenti di-nanzi a questioni che toccano la dignità della vita, della per-sona, della famiglia, del vivere sociale. Non possiamo essere così forestieri da ignorare ciò che accade ai nostri giorni (Lc 24,18-21): violenza, prepoten-za di ogni tipo, morti cazione di risorse, smarrimento della speranza. Nella valutazione di questi fenomeni, i poveri, che spesso ne sono vittime, hanno diritto di parola. La carità ci spinge ai luoghi dove si stu-diano i problemi, si diffondono

luogo in cui proclamare la pro-fezia del Regno ed esprimervi il suo servizio. Oggi: quante paure! Si sono trasferite dalla fascia cosmica, per così dire, alla fascia antro-pologica. Non si articolano più attorno al cuore della natura: si articolano attorno al cuore

dell’uomo. Oggi, cioè, più che paura della carestia provocata dall’avarizia della terra, si ha paura della carestia prodotta dall’avarizia dell’uomo. Sento di ringraziare, il Consi-glio pastorale tutti gli Operatori delle varie Associazioni e tutta la mia Comunità, che sta co-

struendo un nuovo percorso di vita pastorale con i giovani e con le Famiglie. L’invito pres-sante è di camminare insieme, uniti, nell’intento di rinvigorire i nostri rapporti, di mettere in chiaro i passi del nostro agire e di crescere nella carità che il Signore ci ha insegnato.

giorno della festa, giorno della Comunità.Bisogna che i singoli e le fa-miglie “convengano” per non “restringere la Chiesa e non diminuire il corpo di Cristo sottraendosi all’Assemblea” (Didachè).Espressione folgorante: senza il ‘convenire in unum’, siamo un po’ più soli e impoveriti. La Chiesa, che è generata e si alimenta all’Eucaristia domeni-cale, è la Comunità a servizio di tutti. Questo è il criterio del servizio della nostra Comunità: chi vuole essere il più grande si faccia piccolo nella Comunità,

idee, si elaborano progetti atti-nenti alla vita e al futuro della gente e del territorio. L’attenzione alla strada di-venta così obiettivo centrale, perché in essa converge la Chiesa; la strada è luogo di testimonianza della carità; la strada è luogo di evangelizza-zione; sulla strada possiamo essere viandanti per accostare l’uomo, nostro fratello, per riscaldargli il cuore con la Pa-rola di Gesù Maestro.Per una Comunità cristiana viva, che ama, che vuole trasmettere l’amore di Dio, la Storia e il territorio sono la strada del suo peregrinare, il

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13il poliedroDicembre 2018 Anno 3 - n. 11 Cattedrale

di Giuseppe Di Bernardo

Anche quest’anno il Cor-po dei Vigili del Fuoco e

il Genio militare dell’esercito Italiano si è riunito nella Catte-drale di Caserta il 4 dicembre per celebrare la festa della loro venerata patrona, santa Bar-bara. Tale celebrazione, alla presenza delle più alte autorità civili e militari della Provincia, è stata presieduta dal Vesco-vo Mons. Giovanni D’Alise e concelebrata dai Cappellani don Giuseppe Di Bernardo e don Emilio Di Muccio. Il Pre-sule nella sua vibrante ome-lia ha sottolineato come dalla lettura agiogra ca, santa Bar-

di Emilio Di Muccio

«Eccellenza Reveren-dissima,

è con profondi sentimenti di stima e di gioia che le comunità dei VV.FF e del 21° Rgt. Genio di Caserta la ringraziano per aver accettato l’invito ad es-sere presente in mezzo a noi per la festa di Santa Barbara. Siamo ormai prossimi al Santo Natale, tempo privilegiato per accogliere e conoscere il Salvatore; occasione per rinnovarsi e rinascere alla vita divina entrando nell’unico mistero salvi -co, mistero di luce dove ogni nostra tenebra (pre-occupazioni, angosce, paure) viene rischiarata dalla nascita di Cristo. In questo tempo di Avven-to, tempo forte messo a nostra disposizione per una maggiore ri essione, siamo chiamati maggior-mente a manifestare, con la nostra vita, lo splendo-re della Rivelazione del Signore: “La nascita ha bisogno di testimoni per giungere ancora in tutto il mondo e per richiamare ai suoi piedi i popoli di ogni nazione”. La nostra fede ci dice che solo in Cristo l’uomo del terzo millennio può trovare quella luce per rischiarare le tenebre della storia umana. Le comunità che ha davanti, pur nel loro ruolo istitu-zionale di garanzia della sicurezza del cittadino, guardano a quel Bimbo, nato per noi, come segno di sicura speranza, il qua-le ci dice che la storia può essere diversa nonostan-te, giorno dopo giorno, assistiamo ad avvenimen-ti che sembrano mettere a dura prova l’amore tra Dio e l’uomo e la stessa digni-tà dell’uomo. La sua pre-senza, oggi Eccellenza Reverendissima, diventa sprone per avere la carica e l’energia necessarie ad assolvere la nostra missione professionale af dataci dallo Stato e per superare le dif coltà che, a volte, si trovano lungo il cammino. Eccellenza Reverendissima, grazie di vero cuore di essere con noi».

Il Corpo dei Vigili del Fuoco e il Genio militare dell’Esercito Italiano in Cattedrale

Festa di Santa Barbara

infatti, vive nel silenzio e nel-la riservatezza, nello studio continuo delle situazioni di pe-ricolo a cui, talvolta, i comuni cittadini non badano. Spesso ci si accorge della preziosità della vostra presenza solo nel-le occasioni eccezionali nelle quali, grazie al vostro lavoro, tanti uomini e donne vengono aiutati nelle situazioni di emer-genza. Anche a voi, come è accaduto alla vostra patrona, è chiesto il coraggio di esporre la vostra vita in difesa dell’uomo, a suo servizio. Santa Barbara lo ha fatto mantenendo vivo il fuoco della fede in Cristo. Ogni professione, vissuta nella fede in Cristo, è una strada per par-

sua luce… (Ap 21, 23-24) vi-vono sicuri quelli che la ama-no; è pace nelle sue mura, sicurezza nei suoi palazzi (cfr. Sal 121, 6-7). Questa sicurez-

za di cui parla il salmista è la certezza della presenza di Dio nella storia. La sicurezza ma-teriale per la quale lavorate è immagine di una sicurezza più grande che solo la fede in Dio può donare.Il mio desiderio per ciascuno di voi è che attraverso il vostro lavoro, attraverso la vostra donazione al bene della città e degli uomini, possiate fare esperienza della speranza che proviene da Dio e che sola è in grado di illuminare le nostre fatiche, i nostri successi e an-che l’impotenza che talvolta sperimentiamo di fronte alle dif coltà. Gesù, nel vangelo che abbiamo ascoltato, ci ha invitati ad essere vigilanti, con le lampade accese, pronti ad accogliere la sua venuta. È questo anche il mio augurio di Natale per voi, per le vostre fa-miglie e per tutte le persone a voi care”.

Il saluto del cappellano Di Muccio al Ve-scovo per l’oc-casione della festa di San-ta Barbara.

bara emerge come una donna riservata e dedita allo studio, ma nello stesso tempo come intrepido difensore della fede davanti alle corruzioni dell’ido-latria. “Proprio queste sue ca-ratteristiche descrivono bene anche il prezioso compito che voi siete chiamati a svolgere nelle nostre città e nella nostra Italia. Anche il vostro lavoro,

tecipare al movimento di mi-sericordia attraverso cui Dio continuamente crea il mondo nuovo, la città santa così come è descritta nella prima lettura e nel salmo di questa liturgia: La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Le nazioni cammineranno alla

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14 Dicembre 2018 Anno 3 - n. 11il poliedro Cultura

di Bruno Saviani

Passeggiare per le vie del centro è come leggere

un racconto tra le righe delle persiane, che segnano le nestre. Breve o lungo, il rac-conto narra una storia vera, complessa e avvincente, che si arricchisce di personaggi ad ogni portone. Ci sembra

Il vuoto denso della periferia

piano nobile al primo piano con ampi vani, sof tti a volta decorata e alte nestre che affacciano sui passanti con un balconcino, piccolo ma austero, con soglia di marmo e balaustra di ferro pieno e forgiata a mano. Questo è forse il volto del protagonista, nato nel 1700 circa, che ha conosciuto il re e la regina, i sovrani illuminati che hanno percorso questi luoghi ap-prezzandone le vicine e verdi colline. Il protagonista compa-re spesso nel racconto, forte ed elegante, a volte dallo stile romantico attento alla forma e alle distanze. Intorno alla vita del protagonista si articolano le molteplici piccole storie di personaggi meno noti, a vol-te sinceri che hanno imitato lo stile nobiliare per nutrire

di poter immaginare i volti, le abitudini, le aspirazioni dei protagonisti facendo caso ai materiali, ai colori e ai decori narrativi. Ad ogni incrocio giriamo pagina e ci incammi-niamo lungo ampie descrizio-ni rilassanti da percorrere a piccoli passi per assaporare ogni aggettivo che quali ca l’ambiente umano; talvolta per caso e per fortuna ci imbat-tiamo in viottoli stretti e poco illuminati, dove con maggiore attenzione guardiamo l’om-bra, dove più evidenti sono i segni del tempo narrato. Il centro della città è un libro di pietra, in cui poter entrare con tutti i sensi e liberamente prendere parte, in silenzio proprio come un abile lettore. Nel centro della nostra città troviamo il palazzo nobilia-re con il portone centrale, e le botteghe ai lati lungo la strada lastricata di basalto, il

BRUNO SAVIANInato nel 1971, laureato nel 1996 con lode alla Facoltà di Architettu-ra dell’Università di Napoli “Federico II”, esercita la professione di Architetto, libero professionista e docente di Arte.Dal 2010 al 2017 consigliere dell’Ordine degli Architetti PPC di Caserta. Ha diretto il “labora-torio permanente di Architettura del Medi-terraneo” ed ha curato la pubblicazione dei quaderni di architettu-ra, con la partecipazio-ne ed il contributo di artisti, loso , storici dell’arte.

La periferia, con la ca-renza di limiti precisi, la casuale formazione

di un mobile tessuto sociale, è vissuta come lenta perifrasi e lungo

giro di un “vuoto di memoria”.

I repentini attraver-samenti, le incessanti

ride nizioni del rap-porto tra centri e peri-ferie richiedono invece

l’impegno di risposte strategiche e inedite.

Ed è sul piano di queste risposte stra-

tegiche inedite che va collocata l’espressione “vuoto denso”, solo in apparenza ossimorica

e paradossale, che è invece l’interpreta-zione e la proposta

teorica al centro delle pagine che seguono.

il proprio prestigio, a volte meno sinceri che hanno cer-cato di vestire e mascherare le proprie debolezze con uno stile appariscente e sgram-maticato. Nel centro della nostra città troviamo anche delle apparizioni, le comparse di guranti che entrano nella scena senza una storia di provenienza, spesso senza identità, che non rispettano i tempi, che mal si relazionano agli altri personaggi, perché presuntuosi, prevenuti e poco propensi ad aperture. Questi personaggi sono più rumo-rosi, le loro aperture verso la città sbattono contro i muri, ne avvertiamo il fastidio. Essi presentano un volto rigene-rato o, più tristemente, rifatto, un trucco, tipico di una decli-nazione di contemporaneità che cerca di sbandierare la storia sorretta da una strut-tura nuova e forte, ma che

non le appartiene. L’impeto dei guranti della contem-poraneità è per fortuna oggi ridimensionato, disciplinato da norme di stile, norme di at-tuazione recitano alcuni testi, che tuttavia ne consentono l’aspetto anonimo che rende tristi diverse pagine del centro della nostra città. Passeggia-re per le vie del centro ci con-durrebbe allora concludere la lettura con un sorprendente punto interrogativo, e noi ni-remmo con il disorientarci. È proprio questo il momento in cui dover leggere tra le righe delle persiane semichiuse, perché è lì che rivive la storia di donne e uomini venute da lontano, che hanno scelto di recitare qui una parte nuova della propria vita, insieme agli altri, inserendo nel racconto nuovi termini che rievocano altri profumi, altri suoni e sor-prendenti immagini di colore.

Si avverte sui muri il riverbero del colore stonato dei panni stesi ad asciugare, nell’aria il riverbero di accenti non fami-liari ma non più così stranieri, ai lati delle vie la vetrina rige-nerata, bottega di integrazio-ne tra orgoglio e speranza. Si avverte anche l’eco della de-lusione e il segno della rasse-gnazione, sui marciapiedi tra le righe di un cartone socchiu-so e tra le righe dei ritagli di manifesti che coprono le vetri-ne chiuse della via più storica della città. Passeggiare per le vie del centro rievoca più in generale la nostra stessa dif cile condizione all’inizio del terzo millennio, perché co-nosciamo la nostra storia, ma non ne riconosciamo ancora, no in fondo, la naturale dila-tazione no a comprendere anche il presente nella stessa identità.

LESSICO

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15il poliedroDicembre 2018 Anno 3 - n. 11 Agenda

2019Agenda del Vescovo Gennaio

Periodico della Diocesi di Caserta

Reg. Trib.S. Maria C.V.n. 839, 28/09/2015

Iscritto a

1 gennaio 2019ore 11:30 - Cattedrale: Celebrazione Eucaristica

6 gennaio 2019ore 11:30 - Cattedrale: Celebrazione Eucaristica

9 gennaio 2019ore 10:00 - 13:00 Curia Vescovile: il Vescovo ri-ceve in udienza

11 gennaio 2019ore 10:00 - 13:00 Curia Vescovile: il Vescovo ri-ceve in udienzaore 20:45 - Cattedrale: il Vescovo presiede l’in-contro di preparazione al matrimonio per le cop-pie della Parrocchia San Michele Arcangelo nella Chiesa Cattedrale

12 gennaio 2019ore 18:00 - Cattedrale: Celebrazione Eucaristica

del Vescovo per Chiusura delle Quarant’ore

13 gennaio 2019ore 11:30 - Cattedrale: Celebrazione Eucaristica e Battesimi

15 gennaio 2019ore 9:30 - 11:30 Curia Vescovile: il Vescovo in-contra i Vicari

16 gennaio 2019ore 10:00 - 13:00 Curia Vescovile: il Vescovo ri-ceve in udienza

18 gennaio 2019ore 10:00 - 13:00 Curia Vescovile: il Vescovo ri-ceve in udienzaore 20:45 - Cattedrale: il Vescovo presiede l’in-contro di preparazione al matrimonio per le cop-pie della Parrocchia San Michele Arcangelo nella Chiesa Cattedrale

20 gennaio 2019ore 11:30 - Cattedrale: Celebrazione Eucaristica del Vescovo con la parte-cipazione del Comando della Polizia Municipale di Casertaore 18:00 - Parrocchia “San Sebastiano” in Ca-serta: Celebrazione Eu-caristica del Vescovo in occasione della memoria di San Sebastiano

21 gennaio 2019ore 10:00 - 13:00 Curia Vescovile: il Vescovo ri-ceve in udienzaore 18:30 - Parrocchia “San Vincenzo Martire” in Briano (CE): Celebra-zione Eucaristica del Ve-scovo

22 gennaio 2019ore 10:00 - il Vescovo in-contra i Sacerdoti giova-ni della Diocesi

ore 18:00 - Cattedrale: il Vescovo presiede la Pre-ghiera Ecumenica per l’Unità dei Cristiani

25 gennaio 2019ore 10:00 - 13:00 Curia Vescovile: il Vescovo ri-ceve in udienzaore 17:00 - Biblioteca Dio-cesana: incontro mensile dei diaconi permanenti ore 20:45 - Cattedrale: il Vescovo presiede l’in-contro di preparazione al matrimonio per le cop-pie della Parrocchia San Michele Arcangelo nella Chiesa Cattedrale

26 gennaio 2019ore 16:00 - Bibliote-ca Diocesana: il Vesco-vo partecipa al Premio “Buone notizie”

27 gennaio 2019ore 9:30 - Parrocchia “San-

ta Maria Madre della Chie-sa” in Maddaloni (CE): Ce-lebrazione Eucaristica del Vescovo per i giovaniore 11:30 - Casa di Spiri-tualità dei PP. Carmeli-tani Scalzi di Maddaloni (CE): Celebrazione Eu-caristica del Vescovo per il Gruppo Famiglie della Diocesi

29 gennaio 2019ore 10:00 - 13:00 Curia Vescovile: il Vescovo ri-ceve in udienza

30 gennaio 2019ore 9:30 - Biblioteca Dio-cesana: Incontro mensile del Clero

31 gennaio 2019ore 17:00 - Teatro Plauto di San Nicola la Strada (CE): il Vescovo parteci-pa alla Festa dell’Impe-gno dell’A.N.S.P.I.

di Anna Maria D’Angelo

Squilla il telefono. Pronto? Sai suor Anna Maria è venuta un

giovane/una giovane che desi-dera essere battezzata. Cosa devo fare? Chi se ne occupa?Ogni tanto rispondo a telefona-te di questo tipo. Non sono tanti i giovani (a volte anche adulti) che esprimono il desiderio di diventare cristiani. Ma negli ul-timi anni queste richieste sono diventate più frequenti. Cosa spinge un giovane/una giovane a questa decisione? Occasioni e motivazioni diver-se, un momento particolare della propria vita personale o familiare. Ma sempre il deside-rio forte di dare volto ad una in-tuizione, ad un bisogno profon-do, o ad una forza interiore che muove a chiedere il Battesimo.Nella nostra Diocesi in questo momento due giovani donne sono in cammino verso la cele-brazione dei Sacramenti dell’I-niziazione Cristiana. Jasmine, una giovane di 19 anni, ha appena iniziato il suo percorso nella parrocchia S. Maria degli Angeli in San Ni-cola la Strada. E a breve farà il “il suo primo passo uf ciale” con il Rito dell’ammissione al

Catecumenato degli adulti

Giovani non battezzati bussano alla porta delle nostre parrocchie

Catecumenato. Con questo rito la comunità accoglie Jasmine come “catecumena” e si im-pegna ad accompagnarla per tutta la durata del suo percorso con la preghiera, la testimo-nianza di vita cristiana e con la guida di un catechista-accom-pagnatore.

nosciuta i numerosi giovani del Catecumenato crismale, radunati per l’incontro A tuxtu con il Vescovo. Cristina ha raccontato la sua esperienza: dal giorno in cui, entrata per caso in una chiesa, ha comin-ciato a “sentire qualcosa” che la tranquillizzava e le dava for-

ha indicato la parrocchia come il “luogo” in cui poteva essere accolta per “diventare cristia-na” e soprattutto quando ha raccontato i frequenti momenti trascorsi da sola, in chiesa, in dialogo con il Signore di cui non conosceva ancora il volto. Al termine Cristina ha chiesto al Vescovo di voler ricevere i Sacramenti dell’Iniziazione Cri-stiana, se Sua Eccellenza l’a-vesse ritenuta idonea.A questo punto il Vescovo, mons. Giovanni D’Alise, che era presente per ascoltare i giovani cresimandi, si è avvi-cinato a Cristina, le ha indica-to come continuare il proprio cammino ed ha così risposto alla sua richiesta “Certamente la notte della prossima Pasqua potrai essere battezzata, cresi-mata e partecipare per la prima volta all’Eucaristia”! Ecco: Cristiani non si nasce, ma si diventa! E le comuni-tà apprendono gradualmente a generare i cristiani. Sì. Le parrocchie che hanno fatto esperienza di accompagnare catecumeni verso il battesimo hanno riscoperto il dono di es-sere cristiani e si sono sentite a loro volta ri-evangelizzate. Grazie!

Cristina, una giovane di 21 anni, è in cammino già da tre anni nella parrocchia S. Maria Madre della Chiesa in Mad-daloni. Al secondo anno in un momento forte del suo percor-so ha detto: “Non sono ancora pronta a ricevere i sacramenti. Sento il bisogno di continuare ancora il cammino iniziato. Il 2 dicembre scorso l’anno co-

za in un momento critico della sua vita familiare, no ad oggi. “Non sono battezzata!”. Così ha esordito, tra le lacrime che non è riuscita a trattenere. Un caloroso battimano dei giovani cresimandi ha accompagnato il racconto di Cristina che ha continuato ad esprimere con le lacrime la sua emozione al ricordo della persona che le

Direttore ResponsabileLuigi Nunziante

Direzione - RedazioneAmministrazioneCaserta, Piazza Duomo, 11Tel. e Fax 0823 448014 (int. 70)e-mail: [email protected]

EditriceDiocesi di Caserta

StampaDepigraf s.n.c.Caserta, Via Cifarelli, 14

Si ringrazia per la realizzazionedi questo numero:Mons. Giovanni D’AliseAngelo AgrippaDomenico AiromaPaola BroccoliElio CatarcioFrancesco CatrameAnna Maria D’AngeloRosanna De LuciaGiuseppe Di BernardoEmilio Di MuccioMimmo IannascoliSalvatore LeopizziNicola LombardiOrnella MincioneRosaria MonacoGianni PiccinelliGianmarco QualtieriBruno SavianiCarmine Ventrone

Si ringrazia per le foto:Gianfranco Carozza

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