Formazione Ambiente - N.3

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Fare, formare, partecipare n. 3 • settembre-novembre 1994 Supplemento a “Legambiente Notizie” n. 6 anno V del 15/9/94. Dir. resp. Michele Anzaldi. Aut. Trib. Roma n. 136 dell’11/3/87. Sped. Abb. Post. 50% Roma Interventi di: Chinni, Cogliati Dezza, Degli Espinosa, Gasperi, Licciardello, Passi

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Interventi di:

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Cogliati Dezza,

Degli Espinosa,

Gasperi,

Licciardello,

Passi

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Sommarioanno I numero 3 — settembre ~ novembre 1994

Per rendere la nostrasocietà ambientalmen-te e socialmentesostenibile abbiamosempre creduto neces-sario il coinvolgimentoattivo dei cittadini.

Con franchezza dobbia-mo però constatareche la maggioranzadegli italiani sembrapiù interessata agarantirsi l’espansionedella propria capacitàdi consumo che apreoccuparsi dell’am-biente.È un atteggiamentodiffuso che trova reci-procità politica con lescelte micidiali delgoverno Berlusconi intema ambientale. Sipensi al via libera datoall’abusivismo con ilcondono edilizio, o allalibertà di inquinaredepenalizzando lalegge Merli.

Sarebbe però fataleassumere un atteggia-mento di contrapposi-zione nei confronti deitanti che sembranoanteporre i propri inte-ressi particolari all’am-biente, alla solidarietà,all’equità.Non esiste, infatti, chi

è, tout court, soloinquinato e chi soloinquinatore: valori eatteggiamenti contra-stanti coesistono innoi.

Il problema è che ilcontesto socialeattuale favorisce erinforza gli atteggia-menti consumisti,egoisti, razzisti... In altre parole il conte-sto, come bene spiegapiù avanti DegliEspinosa, ha un pesoassai rilevante nel for-mare i valori, i compor-tamenti, le finalitàindividuali. Il contesto sociale vaconsiderato, nella suacomplessità, un siste-ma formativo globale.Di questo sistemafanno parte la scuola,la famiglia, i massmedia, la quotidianitàsul proprio territorio...

Se vogliamo formare,negli alunni come neicittadini, valori e com-portamenti a favoredell’ambiente e dallasolidarietà, dobbiamoporci il problema siadei singoli individui,sia della modificazionedel sistema formativo

EditorialeUniversiparalleli

Parole chiaveCittadini attivi oltre ilpatto consumistadi Paolo DegliEspinosa e LucioPassi/5

La centralità delterritoriodi Paolo DegliEspinosa/9

NodiForm-azione, tras-formazione…verso Ecopolisdi Vittorio CogliatiDezza e Gian MariaGasperi/11

Formazione degliinsegnanti: svolta omaquilagedi Gian MariaGasperi/12

Dieci domande pertras-formaredi Vittorio CogliatiDezza e Gian MariaGasperi/14

Scuola FuoriFermare la guerra,formare alla pace

di Marco Fratoddi/18Stiamo lavorando pervoi... Le classi perl’ambiente presentano:Lavori in corso/20

Scuola dentroChi si rivede, Mammae Papàdi SilvanaLicciardello/23

L’area dellapartecipazionedi Eleonora Chinni/25

Cos’è l’area diprogetto/26

RubricheMedia e MessaggiDifferenza sessualeKaput?di SilvanaLicciardello/28

TD. TecnologieDidattiche/32

Gli occhi di Daniadi Gian MariaGasperi/34

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globale.È a questa altezza,oggi, che bisogna porsiil problema della forma-zione, ma anche dellatrasformazione sociale:non solo scuola, nonsolo territorio, non solomass media, ma ilsistema di relazioni chericonnette questi edaltri nodi.

Ma se il sistema forma-tivo coincide con quellosociale, formare signifi-ca trasformare, e tra-sformare significa for-mare. L’azione concretaassume valenza forma-tiva, ed educare devediventare sempre piùmodificare. Quando il“dire è fare”, dicevaJ.L. Austin, un grandefilosofo del linguaggio...

Questo è il problema

che FormazioneAmbiente comincia adesplorare, forse solo aporre od ad intravvede-re. Formazione di unacittadinanza attiva afavore della societàsostenibile, formazionenella scuola, azioni perl’ambiente, sistema for-mativo integrato... Sitratta di indagare i rap-porti tra questi ed altriprocessi ricordandoperò che i tipi logicidell’azione educativa edell’azione sociale, perquanto fortementeinterrelati, mantengonoreciproche autonomie.

Ne discuteremo perparecchi numeri.

Formazione Ambienteperiodico trimestrale

del Settore ScuolaLegambienteAnno 1 n. 3

Settembre-Novembre 1994

Supplemento a Legambiente Notizie

n. 6 anno VPeriodico quindicinale del 15 settembre 1994

Via Salaria 280, 00199 RomaDirettore responsabile

Michele AnzaldiAuto. Trib. Roma n.136 dell’11/3/87

Sped. Abb. post. 50% Roma

Segreteria di redazione Settore scuola Legambiente

Via Salaria 280, 00199 Romatel. 06 8841552 fax 8552976

Abbonamento a quattronumeri lire 40.000

Una copia lire 13.000

Direttore Lucio PassiRedazione

Grazia Calcherutti, Marzia Campioni, Eleonora Chinni,

Vittorio Cogliati Dezza, Marco Fratoddi,

Gian Maria Gasperi, Silvana Licciardello,

Maria Maranò, Rosalba Matera,

Mariella Morbidelli, Gianfranco Orunesu, Emanuele Scoppola,

Roberto Sirtori, Marco Veirana, Tito Vezio Viola,

Antonella VisentinHa collaborato

a questo numeroPaolo Degli Espinosa

Il disegno di copertina è diStefano Zago

Le illustrazioni all’internosono tratte dalla storia

“Ragazzi è l’ora della ricrea-zione” di Stefano Zago (i testitra virgolette sono tratti dalvolume “Il medium è il mas-

saggio” di Marshall McLuhan,Feltrinelli 1968)

Progetto e realizzazione graficaMassimo Cassandro

StampaEditori del Grifo,Montepulciano

Sono automaticamente abbo-nati a Formazione Ambiente,

tutti gli inscritti aLegambiente con formula

socio-insegnante.Oltre a 4 numeri della rivistariceveranno molto altro mate-riale per l’educazione ambien-tale. Per iscriversi vedi coupon

a pagina 31.

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Coscienza del limite e societàsostenibile

Il pensiero e il movimentoambientalisti si fondano sullaconsapevolezza della nostraappartenenza alla natura e deilimiti di quest’ultima. Sullacoscienza, cioè, dei limiti bio-chimico-fisici del ecosistemaTerra. Tale consapevolezza habasi filosofiche ed antropologi-che, ma deriva anche da unapresa d’atto realista della situa-zione che abbiamo innanzi anoi. Il problema di fondo, infatti,è che negli ultimi decenniabbiamo intaccato i grandi ciclibiologici dell’ecosistema, a par-tire da quello fondamentale delcarbonio. Oggi è sempre piùchiaro che la regolarità di que-sti cicli, la vita di ogni singoloorganismo, sono parte di pro-cessi ampi che coinvolgono lavita di tutta la Terra: l’attivitàbiologica è dunque una pro-prietà planetaria. Ci preoccupia-mo non tanto per la possibilitàdi distruzione della Terra, daconsiderarsi remota, ma per lealte probabilità che vengadistrutto il nostro rapporto conl’ecosistema.

In contrasto con il ristrettopunto di vista secondo cuipotremmo separare i destini didonne e uomini da quello delpianeta va dunque riconosciutoche la crisi ecologica planetariaè conseguenza del modellosociale ed economico dominan-

te su scala mondiale. Si trattadel modello industrialista, checonsiderando la natura e le suerisorse come uno sconfinatomagazzino privo di valore (resnullius) ne ha sistematicamen-te promosso il saccheggio. Unatteggiamento verso l’ambienteche ha accomunato tutte leforme economiche nella societàmoderna: dalle economie dimercato, a quelle cosiddette invia di sviluppo, alle ex econo-mie pianificate. Far fronte allacrisi ambientale significa pen-sare ad un modello di sviluppoecologicamente, e anchesocialmente, sostenibile. Sitratta di riconvertirsi ad uno svi-luppo che rispetti e valorizzi levocazioni territoriali ed ambien-tali. Questo significa subordina-re le necessità economiche aquelle ecologiche e sociali. Lescelte economiche hanno biso-gno di valutazioni preventivebasate sul principio di respon-sabilità verso la biosfera, versola capacità di sopportazione dei

singoli e delle comunità, versole generazioni future. Possiamocosì interpretare l’attuale ten-denza post industriale, parzial-mente smaterializzante, in chia-ve di un nuovo rapporto con lanatura.

Le nuove identitàMa non è possibile trasfor-

mare la società in sensoambientalmente sostenibilesenza il coinvolgimento attivodella cittadinanza. Senza, cioèuna forte integrazione tra valoriambientali e sociali. Per farquesto dobbiamo guardare allasocietà senza autoindulgenze.Vedremo che negli ultimi decen-ni, con il passaggio dallasocietà del lavoro alla societàdei consumi,1 è avvenuta un’im-pressionante modificazioneantropologica. Sono mutate l’i-dentità, la percezione di sé edegli individui: dopo oltre unsecolo, durante il quale si sonofondate sull’identificazione tra

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PAROLE CHIAVE

La maggioranzadei cittadinisembraprivilegiarel’individualismoegoista econsumistaall’ambiente.Perché, e comesviluppareatteggiamentidiversi?

Cittadini attivioltre il pattoconsumista

di Paolo DegliEspinosa e Lucio Passi

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vita-lavoro, oggi si basano sulbinomio vita-consumo. Oggiinfatti, l’identità della granparte degli individui si fondasull’identificazione di se stessicon l’espansione continua dellapropria capacità di consumo:metafora del successo, delpotere, della realizzazione delproprio progetto esistenziale.Un successo che va ottenutoeliminando i vincoli, i lacci elaccioli che lo impediscono: diqui la popolarità delle propostepolitiche di distruzione dellostato sociale, percepito (certo,anche con buone ragioni, a

causa degli sprechi, dell’ineffi-cienza e delle tangenti) comeimpedimento alla realizzazioneeconomica individuale. Di quil’entusiasmo per l’abolizione dialtri fastidiosi vincoli, comequelli della solidarietà sociale,o quelli derivanti dall’ambientee dai suoi equilibri, per non par-lare di quelli etici. Si è venutamaterializzando una società chea furia di cancellare vincoli fini-sce per produrre i vari PietroMaso, pronti a cancellare nelsangue, per garantirsi il propriolivello di consumi, anche il vin-colo familiare...2 Questo come

limite estremo, ma più diffusa-mente la società produce il raz-zismo e l’intolleranza di chicostruisce la propria identitàsulla demarcazione delle diffe-renze, facendo giocare a quelleetniche un ruolo di primo piano.Siamo ben lontani dunque, dauna società capace di averecoscienza del limite.

Il patto consumistaCosa induce la maggioranza

dei cittadini ad accettare l’iden-tificazione vita-consumo? Ciò èdovuto all’autoreferenzialità delprocesso economico che richie-

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de ai soggetti non solo unapiena fungibilità in quanto pro-duttori, ma oggi, ancor più inquanto consumatori. Il proces-so allargato di produzione creale merci, ma prima ancora creal’identità ed i bisogni del consu-matore.

Siamo in presenza del massi-mo dispiegarsi del patto socialeconsumista, derivato dal pro-getto fordista di permetterel’accesso dei soggetti al merca-to, fornendo loro i mezzi per par-teciparvi, in cambio della lororinuncia sul controllo della pro-prie condizioni qualitative di

vita: gusti, bisogni, tempi, qua-lità ambientale e delle relazioni,attenzione al prodotto.L’individuo, con i suoi bisogni diidentità, viene ristretto a consu-matore tipizzato.

Per spiegare il consenso alpatto consumista va preso nelladovuta considerazione il risarci-mento materiale, ma soprattut-to simbolico, che il sistemadelle merci fornisce alle perso-ne e l’enorme distorsione che èriuscito ad introdurre nella loroattività relazionale.

Se la distorsione ha origini

sociali, è dentro il flusso socia-le, che vanno rintracciati i modiper innescare un processodiverso. I margini esistono, per-ché, oltre al risarcimento dellemerci, esiste anche la percezio-ne che lo scambio consumistaproduca un impoverimento dellapropria soggettività, del propriomondo vitale. Certo è una per-cezione debole, minoritaria, chea sua volta si esprime a simbo-li: la cementificazione dellecoste come inaridimento delproprio mondo relazionale...

Per innescare processi socia-li diversi si deve partire dal rico-noscimento della profonda poli-valenza che attualmente risiedein tutti noi. Valori e comporta-menti contrastanti e a volteopposti convivono in ognuno dinoi, emergendo a seconda delcontesto relazionale in cui ci sitrova.

Il consumo, per quanto corre-lato a simboli identitari, non rie-sce a rispondere ad importantiesigenze individuali e collettive.Esistono bisogni di salute, diambiente, di relazioni non mer-cificate, di città vivibili, di servi-zi accessibili e funzionanti, dirapporto equilibrato col lavoro,che non sono comperabili, e, selo sono, non saranno mai allaportata della grande maggioran-za della popolazione. Moltipotranno risarcirsi con consumiprestigiosi che compensino lamancanza di risposte a questibisogni, altri, meno affluentinon potranno fare nemmenoquesto.

Qualità sociale e territorialeDando una risposta a questi

bisogni, basata sulla generaliz-zazione e la rielaborazione dellaqualità sociale, si può batterel’identificazione vita-consumo.Assumendo questi bisogni e suquesti costruendo un progettopolitico, chi opera per lasocietà equa e sostenibilepotrebbe ritrovare la bussola diun progetto politico.

Da sempre la nostra specieha saputo costruire un secondo

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ambiente (rapporti sociali, tec-nologie, contesti di vita,ambiente artificiale...) e questacapacità ci ha condotto all’at-tuale crisi ecologica. «Tuttaviaquesta possibilità di produrrecontesti in cui vivono i singoliindividui va presa in considera-zione anche come possibilitàpositiva, cioè come progettoche tiene conto dell’adattabi-lità, ai fini di un sistema di rela-zioni, interne ed esterne allaspecie, adatte alla coevoluzio-ne.»3 In altre parole dobbiamosaper proporre un secondoambiente qualitativamentemigliore di quello attuale checontenga e valorizzi la relazionesociale e inter-personale, l’iden-tità, la convivialità.

Allora si tratta di costruire ecomunicare progetti coraggiosiche garantiscano un ambientesalubre, e quindi più salute pertutti, una città vivibile a misuradi bambini, anziani e handicap-pati, la riqualificazione dei servi-zi...

È necessario aggredire ilnodo della produzione, dell’oc-cupazione, del modello di svi-luppo, assumendo e praticandofino in fondo la riconversioneecologica dell’economia, produ-cendo quindi nuova occupazio-ne, ma riqualificando nel con-tempo quella esistente...

Bisogna prendere per lecorna la questione della riduzio-ne dell’orario per garantire ildiritto al lavoro a tutti...4

E ancora è necessario ripen-sare il problema della decisiona-lità politica, della democrazia,della partecipazione, a partiredai Comuni, per esempio...

Forse in questa manierapotremo contrapporre alle iden-tità razzista-consumista semprepiù diffuse una identità creativabasata sulla modificazione del-l’esistente.

Rendere visibili le possibilitàalternative

Incappiamo perciò in un gros-so nodo a livello sociale. Infattila grande maggioranza dei citta-dini, nonostante provi malesse-

re all’interno del sistema di pro-duzione e consumo, all’internodell’attuale secondo ambiente,percepisce solo come rinunciaa parti di benessere un possibi-le cambiamento del modello disviluppo in senso ambientalista.Non potendo gli ambientalistiprodurre molti atti concreti(non avendo il controllo dell’e-conomia, della politica, dellasocietà), il cittadino non riescea credere che la qualità cheessi propongono possa compen-sare la perdita di quantità. I cit-tadini vanno perciò coinvolti inpercorsi di partecipazione che,a partire da bisogni e contraddi-zioni esistenti, esprimano livellidi progettualità per il cambia-mento del secondo ambiente,grazie ai quali comincino avedere in positivo la trasforma-zione possibile. Trasformazioniche però devono proteggere lecondizioni esistenziali consegui-te fin qui. Sotto questo aspettola città è il luogo privilegiato dirielaborazione del secondoambiente. Bisogna allora inter-venire sui temi della qualitàurbana, concretizzando l’idea diun cittadino che ritrova un pro-tagonismo sociale nella cittàpraticando un progetto (ancheminimo) di rifondazione dellastessa.

Se la città è il luogo privile-

giato dove agire per concretiz-zare un secondo ambientediverso, e quindi nuove moda-lità di relazione, modi diversi divivere, ci imbattiamo subito inuna nuova serie di domande.Quali sono i luoghi e le modalitàda dove possono iniziare questiprocessi?

La scuola ne è certamenteuno, ma la scuola da sola nonpuò riformare la società. Dove ecome attivare la cittadinanza?Che rapporto tra processi socia-li e processi formativi? Qualerelazione tra progetti di educa-zione ambientale nelle scuole esoggetti che nel territorio ope-rano per la riqualificazione urba-na? Nelle prossime sezioni dellarivista avviamo un ragionamen-to intorno a queste domande.

Note

1. La realizzazione di questomodello, infatti, è basta sutecnologie e investimenti,mentre l’apporto del lavoro,che pur continua ad essereindispensabile, ha perso lacentralità precedente.

2. Sul piano stretto dell’analisidei processi storici, va con-stata la diminuzione dellacapacità del modello affluen-te di produrre integrazione eallargamento della sua basesociale. La disoccupazionestrutturale legata all’innova-zione tecnologica, rende, perbuona parte delle nuovegenerazioni, difficile assume-re il modello affluente comeuna prospettiva raggiungibi-le.

3. Paolo Degli Espinosa, Lasocietà ecologica, 1990Franco Angeli

4) Bisogna tener conto sia deiprocessi quantitativi, ilmonte delle ore necessarieche tende a diminuire, sia dipossibilità qualitative, deri-vate dal venire meno delladivisione netta tra tempo dilavoro e di non lavoro.

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n La questione ecologica ciriporta, sia pure in modo nuovo,al tema dell’individuo sociale edelle ragioni attuali di un atteg-giamento cooperativo, in fortecontrasto con la tendenzaall’autoisolamento tipica dell’in-dividuo consumista.

Il paradigma culturale-econo-mico-esistenziale oggi dominan-te suppone infatti che ciascunessere umano possa considerar-si autosufficiente una volta cheabbia assicurati i canali di ali-mentazione dei consumi, com-presi quelli relativi all’informa-zione di massa.

Questa impostazione suppo-ne, tra l’altro, che si possaavere un grado sufficiente diidentità individuale attraversola personalizzazione dei consu-mi, in accordo con le propostedella pubblicità.

Ciò che avviene in realtà èun indebolimento sia dellasocialità che della identità indi-viduale e ciò che si richiede,all’opposto, è un progettosociale che superi la vecchiacontrapposizione tra identitàindividuale e socialità.

Ai fini di un progetto delgenere, oltre ai processi globalirelativi ai rapporti tra specieumana ed ecosistema, oltre aiprocessi produttivi ed alle tec-nologie, oltre al rapporto traemissioni e rifiuti nocivi di variotipo da un lato e capacità di

sopportazione naturale ai varilivelli dall’altro, occorre porreattenzione a due processi diimportanza determinante, quel-lo relativo alla soggettivazionedegli esseri umani e quelloriguardante la produzione deicontesti entro i quali gli esseriumani vivono.

Il processo di soggettivazio-ne riguarda principalmente l’au-to-produzione di se stessi, informe più o meno adattative oinnovative, in un determinatocontesto. In qualsiasi contesto,infatti, ciascun individuo ha lapossibilità di differenziarsi, diporre in modo specifico la pro-pria personalità e lo stile divita. La consapevolezza di que-sta capacità di modellare sestessi si manifesta quando si èabbastanza grandi da accorger-si che nel mondo sono presentidiversi valori e diverse possibi-lità di atteggiamento, per cuioccorre fare delle scelte relati-ve prima di tutto a se stessi, alproprio rapporto con gli altri,alle proprie attività e prospetti-ve.

Ovviamente, la produzione disé non avviene mai in uno spa-zio vuoto o bianco, ma semprein un mondo pieno di influenze,indicazioni, spiegazioni più omeno razionali, valori ed etichepiù o meno dominanti, per cuil’individuo, desiderando produr-re un ego che piaccia a se stes-

so e agli altri, farà riferimentonelle sue scelte ad alcuni siste-mi di pensiero, valori e criteriestetici, piuttosto che ad altri.

È evidente l’importanza dellescuole, in questo campo, ai finidella necessità di un educazio-ne che fornisca criteri di sceltatra diverse possibilità e che inparticolare indichi la possibilitàdi conseguire una forte identità,sviluppando nello stesso tempoun rapporto con gli altri nédominatore né appiattito e nem-meno solamente rispettoso, mapiuttosto dialogico e di conse-guenza capace di scambi reci-procamente fruttuosi.

L’individuo sociale di cui ciinteressiamo, dunque, non sisegnala in modo particolare peril suo altruismo ed il suo atteg-giamento disinteressato, mapiuttosto perché si mostracapace di rapporti reciproca-mente arricchenti con gli altriesseri umani, sfatando il mitodel gioco a somma zero, che èuna delle basi dell’individuali-smo consumista ed isolato.

Occorre poi riflettere, sullaproduzione dei contesti in cuigli esseri umani vivono.

Va osservato infatti che ilrapporto tra soggetti e contestipuò essere concettualizzatosolo in termini di retroazione, difeed back. È la società umana,cioè i soggetti reali con le loro

La centralitàdel territorio

di Paolo Degli Espinosa *

Una sceltaprogettuale chevalorizza unnuovo individuosociale

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regole associative, produttive edi vita, nonché con i loro criteriestetici, che produce i contestiin cui vivono, cioè il secondoambiente. In questo è necessa-riamente immersa l’attività diogni individuo, ma nello stessotempo i contesti si offrono inmodi ben determinati alle scel-te individuali, favorendo com-portamenti e prospettive di uncerto tipo, piuttosto che di unaltro.

A tale proposito, la territoria-lità, cioè la prossimità spaziale,è solo una delle relazioni daprendere in considerazione, per-ché l’individuo alle soglie del2000 è immerso in un contestodel tutto nuovo rispetto alleepoche precedenti, in quantocostituito di reti informativediverse e complesse, che vannodalla trasmissione familiare, aquella che proviene dalla scuolae dalle altre agenzie formative,a ciò che si apprende dallacarta stampata in genere, finoalle relazioni telefoniche, televi-sive e telecomunicative, cioèinformatiche in senso ampio.

L’importanza del territorio, inquesta situazione, non puòessere affermata come unarealtà o necessità di per sé evi-dente, ma appare piuttostocome una scelta, una indicazio-ne progettuale, una propostacollegata al nuovo individuosociale, in base alla quale, nel-

l’epoca dei segnali immaterialie delle informazioni in temporeale e senza frontiere, si daimportanza agli aspetti di fisi-cità, naturalità, artificialitàmaterializzata, corporeità, pros-simità corporea.

Si tratta dunque di una scel-ta consapevole di ritorno a ciòche è limitato, come è la vici-nanza delle persone intere suun territorio, rispetto all’ipotesidi illimitatezza e quasi onnipo-tenza insita nel mito tecnologi-co ed in particolare telecomuni-cativo.

Solo sul territorio, infatti, gliindividui si incontrano a tutti ilivelli, con la possibilità di svi-luppare scambi di tipo psico-intellettuale-corporeo.

Il rilancio del territorio edella città basata sulla qualitàterritoriale acquista quindi unsignificato coerente con ciòche per ogni individuo rappre-senta la valorizzazione della cor-poreità ed il superamento diogni dualismo gerarchico di tiposecentesco o precedente traanima e corpo, con l’approfondi-mento invece di una coscienzadi sé in quanto unità vitale, concarattere individuale e irripetibi-le e con aspetti di emotività,mentalità e corporeità.

Nell’insieme, ai fini di unnuovo tipo di sviluppo, oltre alladisponibilità delle necessarie

conoscenze industriali, tecnolo-giche, biologiche... occorrequindi:• riconoscere l’importanza dellacultura nei processi individualidi adattamento e soggettivazio-ne, assumendo in particolare ilpunto di vista della antropolo-gia culturale che definisce lacultura come «prodotto simboli-co dell’interazione umana, pre-messa alla cooperazione essen-ziale alla produzione e riprodu-zione della vita, oltre che rispo-sta al bisogno di collocarcinella realtà»1;• riconoscere e definire i duelivelli principali di intervento,cioè quello culturale, etico,comunicativo ed informativo,relativo in genere ai processi diapprendimento, produzione diidee e dialogo, e quello econo-mico-sociale-territoriale, relati-vo alla produzione dei contestidi vita;• occorre anche, contempora-neamente, creare dei laboratoridi osservazione partecipantenei quali l’esigenza di unaantropologia culturale attiva dialuogo a vere e proprie esperien-ze teorico-pragmatiche, in cuigli attori, consapevoli del tenta-tivo di creare relazioni innovati-ve, contribuiscano alla definizio-ne del progetto.

A questo fine, ad esempio,acquista importanza il rapporto

tra territorio escuola, per certiaspetti rovescia-to rispetto alruolo della scuo-la come studiodel territorio, epuò essere svi-luppata l’idea delgruppo di tutelaambientale delterritorio, indica-tiva anche dipossibili prospet-tive politiche,orientate allademocrazia terri-

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PrologoDa più parti si sostiene che

lo sviluppo sociale ed economi-co di una società è strettamen-te legato alla capacità di valo-rizzare ed utilizzare la risorsaformazione. Ultimamente le riu-nioni del G/7 hanno dato la loroautorevole conferma. Tuttavia,in Italia, al di là delle dichiara-zioni di intenti, le politiche dellaformazione non sono state nèincisive, per volume di investi-menti, nè innovative, per obiet-tivi e metodi. Tale fragilità si è

fatta ancora più visibile allaluce di alcune trasformazioniche stanno avvenendo in Italiae che chiamano in causa la for-mazione.

Nel mondo del lavoro si stan-no imponendo rapidi e frequenticambiamenti di mestiere, men-tre si amplia lo spazio pernuove professioni. La questionedei lavori socialmente utili èmatura per uscire dalla logicaassistenzialistica e per richiede-re specifici percorsi di formazio-ne-lavoro anche nelle scuolesuperiori.

Sul piano sociale l’allunga-mento della vita, in assenza diun coinvolgimento non-assisten-ziale degli anziani nel tessutopartecipativo della società, con-danna questa fascia d’età (perla maggior parte dei casi inpiena efficienza lavorativa)all’emarginazione. Intanto laCarta dell’Unesco del 1989registra l’esigenza e la neces-sità di riconoscere ai bambinispazi di autonomia e bisogni diformazione che la scuola nonpuò esaudire in se stessa.

Il tutto sta avvenendo men-tre la crisi delle sedi storiche dipartecipazione dei cittadini(partiti, sindacati, …) pone intermini nuovi il problema dellaformazione: negli ultimi anni aicittadini sono venuti a mancaregli strumenti per capire ciò chesuccede e ciò che si può fare.

Per completare il quadrobisogna sottolineare che ilsistema formativo istituzionaleha avviato processi di riforma,che sembrano andare nella dire-zione di una maggiore flessibi-lità. Ma, in controtendenza, nonmancano segnali preoccupanti,di radice «oscurantista», a favo-re della funzione «istruttiva»della scuola contro quella «for-mativa».

I processi in atto sono moltoarticolati e certamente richie-dono seri approfondimenti. Neabbiamo però accennato qui (acosto di apparire superficiali)perchè ci sembra che le pochenote tracciate siano sufficientia rilevare alcune novità delpanorama di cui deve tenerconto un ragionamento sullaformazione.

Una prima conclusione chese ne può ricavare è che i luo-ghi della formazione oggi piùche mai non sono riducibili soloalla scuola, anche se la scuola

È sempre piùrilevante definirele relazioni traprocessi formativie percorsi dicambiamentonella scuola e intutta la società

di Vittorio Cogliati Dezza e Gian Maria Gasperi

Form-azione,tras-formazione…verso Ecopolis

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mantiene il suo ruolo centrale.Nel circuito più ampio che siviene configurando nel rapportotra cittadini, istituzioni formati-ve e territorio, nasce l’esigenzadi avviare processi di formazio-ne permanente alla cittadinanzaattiva e di capire quali siano iluoghi ad essa dedicati. La cor-nice culturale in cui ci muovia-mo è quella che vede il territo-rio come luogo privilegiato incui si possono innestare pro-cessi partecipativi.

Siamo consapevoli che quel-lo che si sta avviando è un diffi-cile discorso di formazione per-manente, tanto più difficile per-chè la nostra società non èattrezzata per farlo. D’altraparte è anche vero che, pur sein modo sfilacciato, negli ultimitempi si sono avvertiti numerosisegnali che parlano di una forteripresa della ricerca nella for-mazione, di esperienze innovati-ve, di metodologie che vannobel al di là del tradizionaleaggiornamento cattedratico.

Ed anche se è una ricercasparpagliata, spontanea, locali-stica, non mancano spinte peraffermare l’esigenza del con-fronto tra ambiti di ricercadiversi, tra settori storicamenteisolati (come, ad esempio, laFormazione Professionale e laScuola), tra culture della forma-zione e matrici disciplinari sepa-rate.

La nostra presunzione è quel-

la di dare vocealla riflessionee alla ricercache su questoterreno si èormai sviluppa-ta, provando aproporre ilnostro parzialepunto di vista,l’orizzonte sucui si innestala nostra rifles-sione, peravanzare qual-che domandache ci sembrainteressante.

Fine diun’illusione

La formazio-ne ambientaleè vissuta perlunghi annisotto l’illusio-ne che essereinformati deidanni ambien-tali e conosce-re i meccani-smi ecologicidella naturafosse sufficien-te per modifi-care la culturae gli atteggia-menti dellagente.Certamente,sotto la pres-

Formazione degli insegnanti:svolta o maquillage?

di Gian Maria Gasperi

Le circolari n. 136 e 137 del ‘90, emanate dalMinistro della Pubblica Istruzione sull’aggiorna-mento nella scuola italiana, hanno introdotto ele-menti di significativa novità nel sistema scolastico,una progettualità circolare corredata da processirazionali, organici ed articolati.

Tali provvedimenti si presentano contestualmentead un’ansia di ricerca che sembra pervadere gruppi

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sione dell’infor-mazione, lasensibilitàdella popolazio-ne nei confron-ti dell’ambien-te è cresciuta,ma senza chesi possanoregistraresignificativemodifiche diatteggiamentocollettivo. Lacultura diffusaè ancora quellache vede ilguasto ambien-tale come un’i-nevitabilemalattia per laquale occorresemplicementetrovare lamedicina giu-sta.

Il processodi cambiamen-to si è dimo-strato piùlungo e com-plesso. Di fron-te ad unaciviltà «abitua-ta a guardareforeste e vede-re legname, aguardare roccee vedere bloc-chi da costru-zione, paesag-

gi e vedere poderi, persone evedere lavoro», il nodo che laformazione ambientale staaffrontando riguarda se e comesia possibile costruire nuovamentalità. Una mentalità chesappia concepire se stessicome parte di un complessosistema di relazioni, in un«mondo tutto attaccato», tro-vando le forme giuste per parte-cipare alla riqualificazione del-l’ambiente.

Tra formazione edepistemologia

Per chi aderisce alla dimen-sione culturale della comples-sità, la formazione diviene unprocesso di ricerca con forticonseguenze sul piano cultura-le, organizzativo ed operativo. Anoi sembra che non sia possibi-le fare ricerca sulle «forme dellaformazione» senza misurarsicon i modelli culturali di riferi-mento, senza rimuovere il pesodi un contesto istituzionale rigi-do e trasmissivo.

Si pongono, in sostanza,alcuni nodi su problemi aperti.

Quali aggiustamenti compor-ta la scelta teorica della com-plessità rispetto alle strategiedi formazione? Quale coerenzatra azione e teoria del formato-re? Quali proposte formative inrelazione agli assetti politici,economici ed istituzionali?

Un’attività di ricerca nonfacile, soprattutto se si parte

ed organizzazioni che in vari modi conducono inter-venti di formazione ed aggiornamento.

Non è questa la sede di un approfondimento dellecorpose differenze tra formazione ed aggiornamento.Alcuni recenti riflessioni portano, però, a focalizzarequalche vizio di origine, semantico e normativo, emolte disattenzioni di gestione. Rischiando di appa-rire eccessivamente schematici, si vuole, in sostanza,rimarcare come spesso i due termini, anche in sediautorevoli ed istituzionali, vengono scambiati inmodo disinvolto.

In presenza di interventi riformatori nella scuoladi varia natura ed entità, la formazione intervienecome presupposto indispensabile di reale agibilità

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dalla concezione (Maturana,Varela, Morin, ecc) del sogget-to in formazione (bambino,adulto, docente, formatore)come «...organismo...unità-struttura... autopoietica,olocinetica... con sistema ner-voso ipercomplesso... in accop-piamento strutturale... di espe-rienza-linguaggio con l’ambien-te... che fa esercizi di naufra-gio... sta camminando senzasentieri... e produce conoscen-za-scienza senza fondamen-to...».

Una proposta formativa coe-volve con la società. La nostraproposta formativa, consolida-tasi in contesti di educazioneambientale, esplicita chiara-mente una educazione ai valori.

Ogni proposta formativaeduca a valori. Il problema nonè dato da «chi li sceglie?», madall’esserne consapevoli, dalsapere che non esiste una pro-posta formativa neutra. Nonsolo. Una proposta formativanon si definisce unicamentedentro le categorie del raziona-le, ma anche dell’emotivo, dellesensazioni e delle percezioni.Emerge, quindi, un ultimo inter-rogativo: quanto il progetto delmodello formativo proposto puòrisultare compatibile con ilmantenimento di dinamichecoevolutive che coinvolgono ilformando ed il formatore?Dimensione, questa, che finoad oggi è spesso rimasta soffo-

dell’innovazione e garanzia di successo.Le riforme che stanno caratterizzando la scuola

primaria, le novità della secondaria superiore, maanche l’esperienza della scuola media, sono intima-mente legate alle capacità degli operatori di reinter-pretarne gli orizzonti con un approccio inedito,fatto di conoscenze, stili didattici e metodologici,nuova organizzazione del lavoro.

Non si tratta solo di nuovi programmi, quindi,per quanto possano essere nuovi ed affascinanti,riciclati o insoddisfacenti.

Legambiente ha condotto negli ultimi anni nume-rose e significative esperienze di formazione degliinsegnanti. Tra tutte, quelle legate all’attività diricerca e sperimentazione nazionale su Educazione

Ambientale ed Area di Progetto (promossa dallaDirezione Tecnica del Ministero della PubblicaIstruzione) o all’attività (in collaborazione conl’I.S.FO.L. e su incarico della Direzionedell’Istruzione Professionale) per l’introduzione neicurricoli di progetti didattici ispirati dai principi edalle tecniche della Valutazione di ImpattoAmbientale.

Non sono meno rilevanti le decine di attivitàlocali di formazione, autonome o su committenza,legate a programmi nazionali (Progetto Giovani‘93, Progetto Ragazzi 2000, ecc.) o a specificherichieste delle istituzioni scolastiche periferiche.

Una prima valutazione ci porta a ritenere cheemergono in modo decisivo nuove categorie didatti-

1. Quali effetti comporta lascelta epistemologica dellacomplessità rispetto alle strate-gie di formazione ed alla possi-bilità stessa di una teoria dellaformazione?

2. Se è vero che l’idea stessa diEcopolis non vive senza un’ideadi educazione ad Ecopolis, inche termini questo orizzontepuò condizionare una teoriadella formazione? E se educarealla città possibile vuol direeducare ad un modo di viverela città, di essere cittadini atti-vi che partecipano alla vitacollettiva, quali sono i soggettida coinvolgere? i bambini, gliamministratori, i tecnici urba-nisti, i nonni, le associazioni divolontariato...? Cosa intendia-mo oggi per partecipare?

3. Quali sono oggi i luoghi incui si forma una cultura dellacittadinanza attiva? Come pos-siamo potenziare attività emetodi d’intervento per stimo-lare nei cittadini piccoli e gran-di, l’espressione autonoma di

proposte, la gestione di iniziati-ve, l’assunzione di responsabi-lità? Ha senso partire da pic-coli problemi del proprio terri-torio, impegnandosi per unacittà possibile?

4. Si può fare educazioneambientale in un ambiente chenon cambia?

5. Come può costruirsi oggi unprogetto di riqualificazioneurbana che veda la scuola tra iprotagonisti da ascoltare e dafar agire? come cambia lascuola stessa mentre agisce inquesta direzione?

6. Cosa oggi riempie di signifi-cato la parola d’ordine scuolapubblica? cosa distingue il ser-vizio pubblico che essa dovreb-be svolgere? Quali possonoessere i percorsi concreti perrilanciare il ruolo della scuolapubblica, per modificarla infunzione dei bisogni dei cittadi-ni e del territorio?

7. Ha senso affermare che i

Dieci domande per tras-formare

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cata dall’ansia e dall’urgenza di«costruire significati», di dareun senso «razionale» a ciò chesi sta facendo.

Si riaffaccia la dimensione disistema formativo integrato, alquale varie agenzie possonoaderire e partecipare realizzan-do un’organizzazione giustifica-ta dal fine, che sottende allean-ze, solidarietà, cooperazione e,di qui, il confine culturale edepistemologico. Un’ulteriorepista di ricerca per un approfon-dimento che sappia tenereinsieme la rete di relazioni cor-relata ad un’idea di formazione.Un’attività di ricerca che devesapersi aprire ai fermenti pre-senti, non solo tra addetti ailavori e non solo in settoriimmediatamente adiacenti.

In questa prospettiva si poneil problema di come, nel proces-so formativo, si possa chiudereil cerchio tra conoscenze ecomportamenti e quale ruologiochino i valori, come ad esem-pio quelli della solidarietà, dellaresponsabilità e del senso dellimite.

La formazione dei cittadiniLa costruzione di una diversa

mentalità ha ovviamente tempilenti, molto lenti. E molte sonole domande che si pongonointorno a quali siano i soggetti,i luoghi e le modalità in cui laformazione di una nuova menta-lità può avviarsi. Quello che

possiamo dire è che un proces-so così complesso non puòessere relegato entro le murascolastiche. L’ipotesi a cui pen-siamo è che non solo la scuoladeve aprirsi al territorio, madeve costruire un sistema coe-rente con gli altri luoghi di for-mazione nel territorio, contri-buendo a creare occasionidiversificate di formazione allacittadinanza attiva, attraversometodologie formative parteci-pative, ricostruendo un filo uni-tario tra le diverse fasce di età,dai bambini fino agli anziani.Questo sistema non si costrui-sce se la scuola usa il territoriocome repertorio di informazionie conoscenze, da giocare soloin un sistema di apprendimentoautoreferenziale, che non saavviare processi di cambiamen-to intorno a sé.

Se è evidente che per noi laformazione non investe solo ilristretto ambito scolastico oprofessionale, si pone il proble-ma della rilevanza della relazio-ne, anche in un’ottica formati-va, tra processi formativi e pro-cessi di cambiamento dell’am-biente circostante. In altreparole si pone il problema diquale sia il rapporto tra proget-to territoriale e progetto educa-tivo.

Progetti che siautocostruiscono

Come in ambito educativo e

che, pedagogiche ed epistemologiche, a cui occorrefare sempre più riferimento, se davvero si vuoleaffermare, come centrale, la relazione educativa e,quindi, l’alunno come soggetto globale di apprendi-mento e portatore di nuove identità e diversità.

Non è solo questione di modelli formativi: è indiscussione il ruolo stesso della scuola, i modelli cul-turali di riferimento, il senso di una competenzaprofessionale.

Sconcertano, pertanto, esperienze di aggiorna-mento che senza valutazioni né dei bisogni, nè degliesiti, in un quadro di distorsioni enormi della buro-crazia, tempi lunghi ed esiguità dei finanziamenti,stanno creando resistenze e sfiducia anche tra i piùconvinti sostenitori della necessità d’interventi di

formazione.Manca una formazione iniziale anche per le

nuove leve: prevista nella legge 341/90 di modificadegli ordinamenti universitari (lauree brevi per laprimaria e scuole abilitanti post- laurea per lasecondaria), appare di futuribile attuazione, anchese la recente costituzione in tante Università deiC.I.R.D. (Centri Interdipartimentali di RicercaDidattica) richiama l’attenzione per ciò che si confi-gura come un polo per la genesi di processi di for-mazione iniziale.

Resta la cosiddetta formazione in servizio cheperciò assume diverse funzioni, non tutte chiare edappropriate.

La gestione vede il Ministero e le singole

genitori oggi possono far diven-tare la scuola un luogo diautoformazione?

8. Il luogo di lavoro sempre piùsomiglia ad un luogo di de-for-mazione dei valori e della com-prensione globale del reale. Èeffettivamente così ? La rifles-sione avviata sulla riduzionedell’orario di lavoro ed unnuovo rapporto tra tempo dellavoro e tempo libero può colle-garsi all’esigenza di ridefinire iluoghi ed i tempi della forma-zione di nuovi saperi e nuovicomportamenti?

9. Qual è il denominatorecomune della formazione deigiovani nella scuola, la forma-zione dei docenti, la formazionealla cittadinanza attiva? Qualigli elementi metodologici di dif-ferenziazione?

10. In quale quadro di politicadella formazione alla cittadi-nanza attiva si inserisce lascuola, che ruolo può giocare?

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formativo è caduta l’illusioneche la conoscenza è sufficientea modificare i comportamenti,così in ambito territoriale èentrata in crisi la cieca fiducianella pianificazione, predispostaa tavolino da qualche intelligen-za esterna, che escluda la par-tecipazione ed il coinvolgimen-to consapevole dei cittadini(qui la cosiddetta urbanisticapartecipata). In auge oggi nonè più la categoria della pianifi-cazione, ma quella della proget-tazione flessibile, della possibi-lità di contrattare, di intervenirein corso d’opera. Sia in ambitoformativo che di progettazioneterritoriale prende forza l’idea difare i conti con la condizionedel doppio vincolo: da un latol’impossibilità del progettocomplessivo e globale, cheesaurisca in sè la trasformazio-ne ( dei soggetti in formazioneo del territorio), dall’altro lanecessità comunque di un pro-getto globale per individuare lastrada lungo la quale cercare lasoluzione dei problemi, sianoessi ambientali o formativi.

Prende quindi forza l’ideache un processo formativo nonpuò che realizzarsi attraversoprogetti parziali, flessibili, ingrado di affrontare l’imprevedi-bilità, progetti che si autoco-struiscono attraverso la coope-razione dei diversi soggetti inessi coinvolti. E ciò è vero siadentro che fuori la scuola,

senza che ciò delegittimi lanecessità di elaborare una teo-ria della formazione. Una teoriache ha il suo nucleo nell’ideache il progetto educativo è unprogetto parziale, per cui, purse ipotizza il risultato, può soloconoscere le condizioni di par-tenza ed i vincoli di cui si dovràtener conto durante il viaggioeducativo.

Non è forse secondario chepur nelle loro differenze il pro-getto territoriale e quello edu-cativo si occupino del rapportotra conoscenze e modifica deicomportamenti, ed hanno biso-gno di un approccio sistemicoal problema. Come è altrettantovalida un’altra analogia: se ledomande sugli studenti (sull’an-damento, sui risultati, etc.)sono sempre domande suidocenti e sulla scuola, dobbia-mo cominciare a pensare che ledomande sulla città sono sem-pre domande sui suoi cittadini.Analogie forti che rinviano allanecessità, sia per gli educatorie formatori, sia per chi si occu-pa di territorio, di rifarsi allacultura della complessità, dellaparzialità del progetto, dell’im-prevedibilità del processo di tra-sformazione.

La risorsa scuolaSe è vero che la formazione

alla cittadinanza attiva per unacittà possibile non sopportasteccati e muri scolastici, è

Direzioni Generali con proprie idee di formazione,mentre le scuole vivono una situazione di isolamen-to, confusione ed improvvisazione.

In mezzo i provveditorati con i loro piani provin-ciali di aggiornamento senza riscontro qualitativo egli I.R.R.S.A.E. che, tranne rari casi, risultanoassenti rispetto ai compiti per loro previsti dalD.P.R. 419/74.

Ed il contesto di riferimento si è arricchito, nelfrattempo, degli interventi legislativi in materia diautonomia didattica ed amministrativa (ex comma5 art. 8 D.L. n. 35/93) e delle prospettive di riaggre-gazione degli I.R.R.S.A.E., dei Provveditorati deicapoluoghi di regione con assorbimento delleSovrintendenze e dell’Ufficio degli Ispettori.

C’è materia di approfondi-mento per almeno 2/3 con-tratti di lavoro...

Strategie generali emetodologie innovative,ruolo dei formatori, periodisabbatici e incentivi econo-mici: parafrasando il celebrefilm di Troisi si potrebbe rico-minciare da tre...

In questo apodittico sce-nario s’inserisce la doman-da: svolta o maquillageper la formazione degliinsegnanti?

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anche vero che il problemadella formazione non si risolvecon una affermazione così gene-rica. Occorre cioè approfondireil ragionamento sulle metodolo-gie formative ed elaborare inmodo più approfondito qualepossa essere una teoria dellaformazione. Fin qui noi abbiamosolo indicato qualche spuntoche vorremmo sottoporre allariflessione e alla discussioneallargata. Tenendo presenteche in questo quadro la scuolapuò e deve dare il suo contribu-to perché è il territorio dedicatoalla formazione dei cittadini,dove sperimentare, valutare,educare dovrebbe essere all’or-dine del giorno. La scuola cioèdeve essere la grande risorsaformativa, la grande riserva dirisorse rinnovabili, che può sug-gerire al territorio e agli altricittadini percorsi e metodologieinnovative ed efficaci. Tutto ciòse si rispetta la sua specificità,la sua metodologia, la suaesperienza, cioè nei tempi lentie nella complessità del proces-so educativo, che fanno rigetta-re lontano qualunque atteggia-mento da cinghia di trasmissio-ne. Una relazione quellaalunni-docenti, molto diversa daquella bambini-adulti che sicrea in famiglia, e che non puòessere sostituita da nessuno.

La scuola deve quindi mante-nere la sua specificità, la suametodologia, la sua esperienzadi processi complessi, la suanecessità di tener conto di piùsoggetti in campo, a tuttidando diritto di parola, il suobisogno di competenze speciali-stiche e di visione d’insieme, lasua capacità di avviare ricerchevere. Una specificità spessonegata dalla scuola reale. Mauna specificità che esalta laforza e l’autonomia dei processieducativi.

È in forza di questa specifi-cità che la scuola può interlo-quire in spirito cooperativo coni processi di riqualificazioneurbana.

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n Quando Tano D’Amico è arri-vato a Sarajevo, due anni fa, laguerra nella ex-Yugoslavia eragià scoppiata da tempo.L’Europa però si era già fattasorda all’esplosione delle grana-te. Aveva già relegato nei som-mari della cronaca la tragedia diun conflitto troppo vicino allasua coscienza. Così il serviziofotografico pubblicato in unsabato di luglio sull’ultima pagi-na del Manifesto poteva sembra-re quasi l’ennesimo reportagedalla guerra. Poteva sembrarel’ultimo tentativo messo in attodal mondo dei media per negarel’esistenza di un conflitto nelfianco destro del continente.Dichiarando per l’ennesima voltail proprio sdegno difronte allestragi, agli stupri, alle imbosca-te. In realtà le fotografie scatta-

te a Sarajevo da Tano D’Amicoparlavano un altro linguaggio.Rappresentavano il tentativo ditrasformare le donne, gli amori, iragazzi, i giovani militari, i bam-bini (e non solo le armi) dellacapitale bosniaca nei testimonidi uno scenario ancora scono-sciuto. In barba alla pioggia deibollettini di guerra provenientida Sarajevo come dalle altrecittà simbolo del conflitto nellaex-Yugoslavia. Rappresentavanoil tentativo di rovesciare la reto-rica della cronaca dal fronte:mostrando i sorrisi di due inna-morati, una bionda missSarajevo in posa accanto ai sac-chetti di sabbia, la danza scate-nata dei bambini che imbraccia-no i fucili giocando sopra un car-rarmato. E riscoprendo come cit-tadini quei personaggi accolti

solo come vittime nella sceneg-giatura di un dramma dai ruoligià scritti e assegnati da tempo.Oggi quelle foto tornano adessere pubblicate. Vengonosnocciolate come perle sullepagine di «LegambienteRagazzi», il giornale dei SociGiovani e delle Classi perl’Ambiente. Non solo però comeimmagini d’alto valore poetico eculturale. Piuttosto come mate-riale di lavoro per i bambini, per iragazzi che partecipano allacreazione del giornale. Gli scattiin bianco e nero di TanoD’Amico accompagnano infattila pubblicazione di «Novine Mira,il Giornale della Pace». Quasi uninserto contenuto all’interno di«Legambiente Ragazzi». Unapagina appena (per ora), unapiccola piazza virtuale frequenta-bile dai bambini italiani e daquelli di lingua croata. Sulla cuisuperficie le foto di D’Amicocostituiscono un punto di riferi-

Fermare laguerra, formarealla pace

LegambienteRagazzi viaggiafino a Sarajevo. Ediventa «NovineMira, il Giornaledella Pace».Un’iniziativa incollaborazionecon il ConsorzioItaliano diSolidarietà

di Marco Fratoddi

Il Consorzio Italiano di Solidarietà coordina oltre 180 associazio-ni, enti locali, comitati cittadini e gruppi locali impegnati già da treanni nelle iniziative di pace e di solidarietà nella ex-Jugoslavia.Promuove a favore dei bambini di Sarajevo queste iniziative: — Raccolta di materiale scolastico per le scuole elementari e mediedi Sarajevo. Il materiale scolastico non viene considerato una prio-rità dagli aiuti internazionali. Correggiamo insieme questo errore,investiamo in un futuro di pace. — Campagna di adozioni a distanza dei bambini di Sarajevo. Sonogià oltre cento i bambini orfani di guerra adottati in questo mododal Consorzio Italiano di Solidarietà nella capitale bosniaca. Altritrecento orfani aspettano una mano.

Per le modalità di partecipazione telefonare allo 06/4465455.Per contributi finanziari: c.c.p. 47553003 intestato a Solidarietà

Internazionale - Roma (specificando la causale Sarajevo).

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mento importante, un elementoda cui cominciare. A lavorareinsieme. Un primo messaggiogiunto dagli abitanti delle cittàin guerra sotto gli occhi deibambini italiani. In attesa dirisposta. Grazie alla collabora-zione del Consorzio Italiano diSolidarietà, «Novine Mira, ilGiornale della Pace» verrà distri-buito (con traduzione) e discus-so in alcune scuole delle città diVis, Posuc, Sarajevo. Ed acco-glierà nei prossimi numeri i mes-saggi, i disegni, le idee che tor-neranno dall’altra sponda delmare: con le quali costruire unanuova pagina. Non pretendiamodi credere che questa sia unamaniera per fermare la guerra.

Ma immaginiamo che l’espe-rienza di «Novine Mira» possacostituire un tentativo per for-mare alla pace: sollecitando lagestione di processi comuni, lacostruzione di strumenti condivi-si. La relazione con figure lonta-ne in un contesto di lavoro cheprevede la simulazione maanche la concretezza e la verifi-cabilità. Lungo un percorso cheintreccia i valori etici e moralicompresi nel gemellaggio, nellacorrispondenza, nell’azione soli-dale.

Quel giornale fatto dai bambini...

È nato da soli due anni ma di strada ne ha già fattaparecchia. Legambiente Ragazzi è il bimestrale che mette inrete i Soci Giovani e le Classi per l’Ambiente. Viene costruitocon le loro immagini, con i loro pensieri, con i loro articoli.Con le loro idee. Ogni Classe per l’Ambiente riceve infattiun Manuale di Redazione ed alcuni menabò per impaginare testi ed immagini. Viene così invitata a col-laborare con Legambiente Ragazzi utilizzando in maniera partecipata le pagine del giornale, raccon-tando anche le proprie esperienze intorno alla campagna Lavori in Corso. Nell’ultimo numeroLegambiente Ragazzi, oltre a «Novine Mira - Il Giornale della Pace», ospita i risultati del sondaggio«Fiuta l’aria da casa a scuola» cui hanno partecipato oltre cinquemila bambini e ragazzi delle scuole ditutt’Italia. Con un commento sulla «città possibile» di Dario Manuetti. Dalla metà di ottobre (pagina*28399#, sezione Notiziario) le ultime notizie di Legambiente Ragazzi verranno inoltre trasmesse anchein Videotel. Dando vita così ad una vera e propria agenzia informativa per i più giovani.

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n C’è uno strano cartello dastamattina in mezzo ai giardini.È tutto giallo, con un cignoverde sul lato più alto. Poi unagrande scritta nel centro:Stiamo lavorando per voi. Chi loha piantato? Certamente nonuna ditta di lavori pubblici. Nèl’ufficio tecnico del Comune.Sono stati i ragazzi di unaClasse per l’Ambiente. Ragazziin gamba chehanno deciso difare davvero qual-cosa per renderemigliore la propriacittà. Fosse anchesolo uno scampolodel giardino pubbli-co. Ma dovevogliono arrivare?... Già, dove voglio-no arrivare?

Legambiente dasempre ha sceltola città come terre-no prioritario diintervento per le

lotte ambientaliste. Da alcunianni abbiamo individuato nell’i-dea di Ecopolis il nostro cavallodi battaglia. Ma Ecopolis non èsolo una città meglio organizza-ta, con trasporti efficienti e cherisparmia energia. Ecopolis èanche la città dei cittadini, chesa affrontare e superare il disa-gio e la solitudine, che sa rico-struire senso di appartenenza.Ecopolis ha bisogno di un’ideadi educazione alla città sosteni-bile ed ad essere cittadini atti-vi.

L’ipotesi da cui nasce Lavoriin corso è che i piccoli proble-mi, le piccole incongruenze pre-senti nel proprio quotidiano enel proprio territorio permetto-no l’affiorare della consapevo-lezza che la città si può viverein altro modo. Forse dalla

necessità di dare risposte ad unbisogno vissuto nasce la dispo-nibilità a rivedere idee consoli-date, dai piccoli problemi puòpartire un percorso di ricercasul proprio territorio.

La città contemporanea èforse la prima responsabile diquel fenomeno fin troppodiscusso che va sotto il nomedi disagio giovanile. Perciò anoi sembra che il disagio, e nonsolo quello giovanile, sia unottimo terreno di prova percapire cosa deve cambiarenella città e nell’educazione perla città ecologica. Spesso die-tro ad un disagio c’è un conflit-to reale, vissuto in modo indivi-duale e implosivo, vissutoinconsapevolmente. Dalla con-

sapevolezzadella conflit-tualità puònascere il biso-gno o la neces-sità di cambia-re atteggia-menti e com-portamenti,individuali ocollettivi. Lascuola può gio-care un ruoloimportante,perché puòrendersi utilenella ricostru-zione del

Una nuovacampagna diLegambiente, performare,partecipare,operareconcretamente,rivolta alle scuolema anche a tutti icittadini

Stiamolavorando per voi…

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senso di identità, di apparte-nenza, di cittadinanza.

La scuola invece molto spes-so contribuisce a creare disa-gio, così il disagio giovanile simuove sospeso tra frustrazionescolastica e spersonalizzazioneurbana. Sia la scuola che lacittà sono percepite comecascata violenta di relazioni,non come rete.

C’è parallelismo tra passivitàdei giovani a scuola ed emargi-nazione/passività in città. Quiil bisogno di riqualificazioneurbana. Da qui il bisogno diriconquistare le proprie radici,di costruirsi una nuova identitàterritoriale, un altro senso diappartenenza, un diverso coin-volgimento affettivo, dentro efuori scuola.

Il primo terreno di prova perricostruire quel senso di appar-tenenza, secondo noi, passaattraverso la partecipazionepersonale a fare delle cose visi-bili, riconosciute dagli altri cit-tadini, che sono utili perchémigliorano, anche in piccoliaspetti, la vita nella nostracittà?

Se così fosse vorrebbe direche la scuola da sola non puòsuperare il disagio giovanile. Lascuola però può aprire vertenzesulla città, ed essere in alcunicasi il primo spazio bianco dariscrivere o riempire.

Così forse la res publica puòrecuperare il suo significato eti-mologico di cosa propria per-ché di tutti, e perdere il deliran-te significato che ha oggiacquisito di res nullius.

Insomma in città che nonsono né per gli adulti, né per ibambini, né per gli altri esseriviventi, la riqualificazione urba-na passa per la riqualificazionedei suoi cittadini, del senso diappartenenza, e del senso stori-co del vivere in città.

Da questa ipotesi nasceLavori in corso, che ovviamentenon pretende di risolvere nessu-no di questi problemi, ma di ini-ziare ad occuparsene si...

Ecco come aderire

Le Classi per l’Ambiente presentanoLAVORI IN CORSO

Lavori in corso è la campagna che Legambiente realizza durantel’anno scolastico ‘94 - ‘95, rivolta alla scuola ed ai cittadini.

Propone e richiede atti concreti e visibili di riqualificazione dellecittà da parte delle Classi per l’Ambiente, che possono divenireimportanti occasioni di formazione alla cittadinanza attiva.

Propone alla scuola un modo per rinnovarsi attraverso la colla-borazione fra questa e la città, tra cittadini, anziani, bambini,genitori, giovani, insegnanti, imprenditori, urbanisti, amministrato-ri, giornalisti, comitati ed associazioni...

Crea occasioni, soprattutto per i giovani delle Superiori, di lavorisocialmente utili in cui mettere a disposizione competenze professio-nali, strumenti di lavoro, voglia di partecipare.

La dinamicaLe classi che aderiscono alla campagna ricevono materiali didatticie strumenti finalizzati alla realizzazione del proprio progetto. Peraderire a Lavori in Corso basta spedire a Legambiente la fotocopiadel modulo pubblicato in ultima pagina, allegando la ricevuta diversamento di L. 100.000 sul c/c postale n. 57431009 intestato aLegambiente, via Salaria 280, 00199 Roma.

Il lavoro che si propone loro è quello di individuare un’area, dadifendere o da risanare, e di elaborare un proposta utile alla suariqualificazione o conservazione. Quanto più possibile completa:con i rilievi dell’area, la descrizione dell’oggetto prescelto, la piani-ficazione e le ipotesi di fruizione. Senza dimenticare il consensodella cittadinanza e la partecipazione di esperti.

Inoltre, per realizzare i progetti le Classi per l’Ambiente collabo-reranno con i Circoli di Legambiente per reperire i fondi necessariattraverso l’azionariato popolare, o il contributo di Enti Pubblici oimprese private.

Le tappeIl 25 Settembre, in occasione della giornata internazionale Puliamo ilMondo, molte classi hanno già tagliato il nastro di partenza. Ma l’ini-zio ufficiale è segnato il 12 novembre a Roma da un ConvegnoNazionale per tutti i soggetti interessati: il mondo della scuola e dellaformazione, i tecnici del territorio, gli amministratori, il volontariato, imass media... Seguiranno le attività delle Classi per l’Ambiente chestudieranno il proprio quartiere, individueranno l’area da pulire, o ilmonumento da salvare, o il giardino da conservare...

Con l’aiuto del mondo dell’informazione e con le iniziative deiCircoli di Legambiente si attiverà l’azionariato popolare per per-mettere a tanti progetti di divenire realtà. Esiste già un fondonazionale da cui Legambiente attingerà quote per realizzare. intutto o in parte, alcuni progetti proposti dalle Classi perl’Ambiente. Il giornale Legambiente Ragazzi sarà il diario di bordodi questo viaggio, mentre il Settore Scuola di Legambiente metteràa disposizione degli insegnanti attività di aggiornamento a sostegnodella campagna.

A Maggio 1995 la conclusione del primo anno di lavoro, con lasperanza di inaugurare per la seconda giornata internazionalePuliamo il Mondo tante e tante realizzazioni di Lavori in corso.

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CONVEGNO NAZIONALE

Interverranno:Luigi BAZZOLINicola CACACEGiuseppe CAMPOS VENUTILucina CARAVAGGIVittorio COGLIATI DEZZALuciano CORRADINIPeppe DELL’ACQUALoredana DE PETRISMario DI CARLO

Alessio DI GIULIOMaria DI NAROGian Maria FARAAldo FUMAGALLIElena GAGLIASSOGian Maria GASPERIFabrizio GIOVENALELuigi GUERRAAnnelore HOMBERGFrancesca LAZZARATO

Antonio LUBRANOLuigi MANCONIDario MANUETTIMichela MAYERRita MAZZONECesare MORENOCarlo PAGLIARINILucio PASSIGiorgio PIZZIOLOErmete REALACCI

Francesco RUTELLIPaolo SERRERIFederico SPOSATOFrancesco TONUCCIBoris ZOBEL

È prevista la partecipa-zione del Ministro dellaPubblica Istruzione On.Francesco D’ONOFRIO

Negli ultimi tempi l’attenzione per la scuola è cre-sciuta. Tutti parlano della necessità di cambiare.Ma quale cambiamento? La proposta diLegambiente, che fa tesoro della fortunata espe-rienza “Adottiamo la città”, parte dalla necessità disuperare la tradizionale separatezza tra scuola eterritorio.

Noi riteniamo che per essere reale questo cam-biamento non può essere autoreferenziale. Lascuola ha bisogno di misurarsi con il presente, conl’ambiente di vita quotidiano, se vuole divenire unsoggetto attivo nella costruzione del futuro.

Il rapporto con il territorio è un fattore potentedi cambiamento, che permette di affrontare anche

le più scottanti questioni oggi sul tappeto, dallenuove professioni per uno sviluppo sostenibile allacultura delle complessità, dall’innovazione educa-tiva per rispondere al dramma degli abbandoni edel disagio giovanile alla frustrazione professionaledegli insegnanti, dall’estraneità dei cittadini difronte ai processi formativi all’autonomia scolasti-ca e alla dialettica tra pubblico e privato. A pattoche non ci si limiti a ridurre l’ambiente ad oggettodi studio, moderno laboratorio all’aperto.

Una volta si diceva: «la scuola è importante per-chè toglie i ragazzi dalla strada». Oggi possiamodire che la scuola deve imparare a tornare nellestrade, tra i problemi della città.

12 NOVEMBRE 1994 - ORE 9.00CAMPIDOGLIO, SALA DELLA PROTOMOTECA, ROMA

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La partecipazione gabbataCon l’introduzione degli orga-

ni collegiali nel 1974, secondoalcuni nella scuola avremmovissuto il modello partecipativo.Ciò avrebbe dovuto significareuna più diffusa dislocazione deipoteri nella scuola e l’assegna-zione di ruoli socialmente per-cepibili anche agli utenti, stu-denti e genitori.

Tuttavia, dopo venti anni diesperienza, si deve constatareche la partecipazione si è attua-ta più nella forma che nellasostanza: nella realtà all’internodelle unità scolastiche, e nonsolo, i flussi di informazione, leprocedure operative, i rapportigerarchici e tutta la strutturaorganizzativa sono rimastiimmutati. I termini partecipazio-

ne e gestione sociale nellascuola sono stati interpretatinella forma più riduttiva, più nelsenso di rappresentatività e didemocrazia delegata che comeoccasione di collaborazionereale, di moltiplicazione dei luo-ghi di decisione, di espressionedi pezzi della società che inci-dono nei processi di formazione.

Prendiamo come esempio ilruolo assegnato ai genitori daidecreti delegati. Un ruolo cru-ciale in quanto ne facevano irappresentanti oltre che dellafamiglia, anche di altre comu-nità storiche primarie: per que-sto l’organo collegiale politico-amministrativo di gestione del-l’unità scolastica, il Consigliod’istituto, è presieduto da ungenitore. Di fatto però tale

ruolo non riesce ad essere pie-namente svolto e la sua funzio-ne è puramente simbolica: algenitore-presidente non è statodato alcun potere, nè una strut-tura logistica di cui disporre,quindi nessuna possibilità con-creta di azione.

La scuola continua ad opera-re prescindendo dai genitori equesti, sentendosi sostanzial-mente estranei alla sua organiz-zazione, rispondono con unapresenza sempre più scarsa edisattenta via via che i figli pas-sano dalle elementari alle supe-riori. Tendono a delegare agliinsegnanti la formazione deiragazzi e, negli episodici incon-tri con i docenti, non riesconoad andare oltre un dialogo di

Chi si rivede,mamma epapà!

La partecipazionenella scuola, cheruolo per igenitori?

di Silvana Licciardello

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tipo individualistico che spessosi riduce ad essere caratterizza-to, a seconda dei casi, da sot-tomissione o contrapposizione,da invadenza o totale assenza.Anche se eletti rappresentantinegli organi collegiali, i genitoristentano a riconoscersi comesoggetto collettivo che puòrealmente incidere nella gestio-ne della scuola e nei processi diformazione.

I genitori nella scuolaE come potrebbe essere

diversamente se per loro nonsono mai stati previsti realispazi di decisionalità o di inter-vento? Nessuno è disposto adimpegnarsi volontariamente perassumere compiti per la defini-zione dei quali non si è chiamatia partecipare e per la realizza-zione dei quali non si hannopossibilità operative concrete.

Il vuoto di genitori nella vitadella scuola è pertanto il risul-tato della divaricazione tra ilruolo di diritto riconosciuto daidecreti delegati e il ruolo difatto, privato di significatività.

Come è possibile ridare signi-ficato questo ruolo?

I genitori, in larga parte, per-cepiscono la scuola come luogodi crescita e di formazione deipropri figli e non come fabbricadi titoli di studio.

Probabilmente molti di lorosarebbero disposti a ritenerlaun luogo di formazione ancheper se stessi e sarebbero prontia sacrificare parte del lorotempo per promuovere iniziativeche li vedano operativi insiemea docenti e studenti. Allora,proporre di dare un effettivopossibilità di gestione ai genito-ri significa valorizzare un ruoloformativo esistente nel socialeattivando processi di socializza-zione tra operatori interni edesterni. È un modo per migliora-re la qualità del servizio attra-verso la partecipazione contrat-tuale dell’utenza, studenti egenitori-.

Oggi che nella scuola si

teme il pericolo della privatizza-zione (ingerenze del mondo eco-nomico) o della aziendalizzazio-ne (scuola come azienda chesegue le logiche del mercato)la socializzazione fondata sullapartecipazione dei diversi sog-getti destinatari del servizio,rappresenta un modo per garan-tire che obiettivi di natura diver-sa, economici ad esempio, nonvengano anteposti a quelli for-mativi.

La partecipazione nella scuo-la dovrebbe coinvolgere nonsolo studenti e genitori maanche le altre espressioni signi-ficative di quegli ambiti delsociale che sono interessati airisultati della formazione. Si

supererebbe così l’isolamentoin cui tendono ad operare lescuole, si darebbe spazio e vita-lità alle diverse potenzialità pre-senti nel territorio e i singoliistituti scolastici si vedrebberocollocati all’interno di un ecosi-stema culturale, con la funzionedi garantire la qualità dell’edu-cazione necessaria alla società.Insomma, o si è in grado di ope-rare una riqualificazione dellapartecipazione sociale nellascuola e quindi nella società, osi possono prefigurare radicalitrasformazioni e stravolgimentinei concetti di educazione, diformazione e forse anche didemocrazia.

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n Provo un imbarazzo crescen-te nel proporre innovazione eimpegno agli operatori dellascuola in un momento politicocome quello attuale, in cui que-sta istituzione sembra semprepiù sull’orlo del baratro. Eppuresento chiaramente che unarisposta all’attuale attacco allascuola pubblica non può fondar-si sulla semplice difesa dell’esi-stente. Qualità, efficienza, effi-cacia, professionalità e innova-zione acquistano oggi un signifi-cato immediatamente politicoper articolare risposte concretee visibili ad un’opinione pubbli-ca che, non sempre a torto,nutre per gli insegnanti, consi-derati comunque una casta pri-vilegiata, ostilità e intolleranza.Se vogliamo restituire valorenon solo alla scuola, ma alnostro essere e agire quotidia-no di docenti è questo ilmomento di giocare tutte quellequalità e competenze che,nonostante tutte le carenze,

collocano già oggi alcune realiz-zazioni della scuola pubblicaitaliana tra gli esempi più stu-diati e apprezzati nel mondo(basti ricordare il successointernazionale della scuolamaterna di Reggio Emilia, adot-tata come modello nell’educa-zione dell’infanzia dalle piùavanzate scuole americane edeuropee).

Allora ha senso sbirciarenelle ultime circolari, dareun’occhiata alle novità che pos-sonono contribuire a rendere lascuola un pezzo di società, afarla diventare lievito per la for-mazione di una cittadinanzaattiva a favore di una societàsostenibile.

Al termine dello scorso annoscolastico sono passate adordinamento varie sperimenta-zioni, tra cui il progetto 92degli istituti professionali, i pro-getti AMBRA ed ERGON negliITIS, gettando non poco scom-piglio negli istituti (revisionedegli orari cattedra, del numerodei docenti di diverse discipli-ne, dell’organizzazione internadel lavoro).

Noi insegnanti interessatiall’innovazione abbiamo peròscoperto nella normativa l’intro-duzione di un importante stru-mento per la realizzazione, ilriconoscimento e la presenta-zione all’esterno di numeroseattività progettuali e innovativeche spesso all’insaputa di tutti,

numerosi docenti praticano dasempre come momento alto delproprio operare scolastico.

Si tratta dell’area diprogetto, uno strumento diinnovazione didattica assoluta-mente da conoscere e impararea gestire, che dal prossimoanno sarà attivato anche intutti i Bienni Tecnici. A questoscopo riportiamo (vedi scheda)i passaggi più significativi dellanormativa.

Non è un caso che questotesto ufficiale non sia scritto inburocratese ma adotti un lin-guaggio comprensibile agli inse-gnanti che lavorano per progettie si occupano di educazionealla complessità. Esso riporta inbuona parte un documento chenasce dal lavoro di un gruppo didocenti di circa 25 istituti tec-nici distribuiti sul territorionazionale impegnati dal dicem-bre del ‘90 in un’interessante equalificata attività di formazio-ne in servizio sull’area di pro-

L’area dellapartecipazione

Uno strumento

per formare, nella

scuola, una

cittadinanza

attiva a favore

della società

sostenibile

di Eleonora Chinni

Page 25: Formazione Ambiente - N.3

getto per l’educazione ambien-tale. Questo percorso che si èconcluso nel maggio ‘94, harappresentato una significativacollaborazione tra il settorescuola di Legambiente e ilMinistero pubblica istruzione.Affidato dalla Direzione genera-le dell’istruzione tecnicaall’IRRSAE Emilia Romagna chelo ha gestito con puntualità ecompetenza nelle varie fasi, ilcorso è stato curato sul pianometodologico e scientifico dalSettore scuola Legambiente. Siè trattato di un’esperienza pur-troppo un po’ eccezionale nelpanorama dell’aggiornamentoistituzionale, che al contrario siavvia verso esperienze comel’aggiornamento a distanza(sic)... La documentazione diquesto lavoro, pubblicata acura dell’IRRSAE EmiliaRomagna, costituisce certa-mente un utile riferimento,soprattutto perché è il prodottodi una stretta relazione tra for-mazione professionale e lavoroscolastico. È scritto dai docentiche hanno firmato i vari proget-ti, non è materiale teorico cala-to da altri contesti, magarifatto da chi in una classe veranon ha mai messo piede.

In che modo l’area di proget-to può dare alla scuola la possi-bilità di costruire senso di par-tecipazione e cittadinanza atti-va?

Essendo finalizzata alla rea-lizzazione di un percorso didatti-co aperto, articolato e collega-to all’extrascuola, l’area di pro-getto si concretizza in percorsieducativi che devono esserevisibili sul territorio, assunto divolta in volta come stimolomotivante, campo di indagine,luogo della percezione e dellamemoria, rete di relazioni, pro-blema da affrontare e su cuiconfrontarsi con gli altri per tro-vare soluzioni condivise.

Tutti questi elementi introdu-cono nella scuola una grandesfida: uscire dall’isolamentoche spesso è anche arretratez-za sul piano scientifico, eattrezzarsi per intervenire, esse-

re presente nei problemi del ter-ritorio. E questo non significaperdere la specificità educativa,ma piuttosto fornire agli studen-ti gli strumenti cognitivi e meto-dologici per essere fin da subitocittadini attivi e consapevoliinvece che massa telecomanda-ta.

La realizzazione di un’area diprogetto offre innumerevolioccasioni di riflessione e speri-mentazione su aspetti fonda-mentali della didattica. Si trattadi un’attività che chiede all’in-segnante (significativo che sitratti di insegnanti di scuola

superiore) di uscire dal proprioisolamento individuale, di lavo-rare in équipe, non in astratto,ma su un progetto, con degliobiettivi definiti dal gruppo.Apre su un piano tutto nuovo ilproblema della valutazione deglistudenti: non solo di contenutiacquisiti, ma di qualità dinami-che, di capacità a comprenderee intervenire in un contesto nonfittizio, e in quanto tale impre-vedibile, mutevole, complesso.Proprio per questo il concettostesso di valutazione si ampliaa tutto il percorso progettuale,che diventa anche costruzionedel contesto di apprendimento

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Cos’è l’area di progetto

«L’area di progetto è dunque un modello di articolazione culturalericavato dal monte ore annuo delle lezioni, che non altera nè ilquadro orario nè la composizione delle cattedre e delle classi. ... sipropone di:• favorire l’apprendimento di strategie mirate a comprendere

come si formano ed evolvono le conoscenze;• far cogliere all’alunno le relazioni esistenti tra l’ astratto e il

concreto;• sollecitare l’alunno ad affrontare nuovi problemi con spirito di

autonomia e creatività;• promuovere nell’alunno atteggiamenti che favoriscano la socia-

lizzazione, il confronto delle idee, la tolleranza verso la criticaesterna e l’insuccesso, la revisione critica del proprio giudizio ela modifica della propria condotta di fronte a prove ed argo-menti convincenti;

• favorire il confronto tra la realtà scolastica e le realtà di lavoro,con particolare riferimento a quelle presenti sul territorio.

I problemi dell’area di progetto dovranno tener conto di diversiaspetti: conoscitivo, applicativo, tecnologico, informatico, economi-co, organizzativo e di documentazione. ... L’area di progetto deveessere realizzata durante l’intero corso di studio. L’attività ini-zierà, nell’ambito della programmazione didattica, con una riunio-ne del Consiglio di classe dedicata alla definizione preliminare diprogetti sulla base delle proposte espresse dai vari docenti e degliinteressi manifestati dagli allievi. Ogni progetto deve essere sotto-posto ad analisi di fattibilità per mettere in luce la natura e l’am-piezza delle competenze e delle risorse materiali necessarie alla suarealizzazione. ... La realizzazione dell’area di progetto si sviluppanormalmente attraverso alcune fasi che si possono così distinguere:• l’analisi della situazione o del problema che il progetto intende

affrontare;• la formulazione dell’ipotesi di lavoro;• l’attuazione del progetto;• la verifica e la documentazione dei risultati.

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e di volta in volta di occasionieducative mirate. Verificare lavalidità di tale percorso signifi-ca valutarne l’efficacia, e quindidocumentare ogni fase anchedel lavoro degli insegnanti, selo scopo è modificare i segmen-ti che non hanno funzionato eutilizzare al meglio gli aspettipositivi. L’area di progetto perla sua struttura è un contenito-re adatto a lavorare nella logicadella complessità, della ricercadelle relazioni, del problem sol-ving. Può essere utilizzata perrealizzare progetti sulle temati-che più diverse, problematizza-te in modo motivante per inse-

gnanti e studenti. Educazionealla salute al futuro, alla lega-lità, alla pace, all’intercultura-lità sono certamente attivitàadatte per l’area di progetto.

Noi abbiamo verificato cheprogetti su tematiche ambien-tali offrono occasioni di appren-dimento più dirette, permetten-do di partire dal vissuto dei par-tecipanti per connetterlo aduna prospettiva globale piùampia.

In ogni caso è importanteche l’area di progetto prevedaun effettivo lavoro sul campodegli studenti, e un coinvolgi-mento concreto del territorio e

dei vari soggetti sociali.In questa direzione il proget-

to stesso acquista qualità seprevede la collaborazione,magari fin dalla progettazione,dei genitori, che spesso hannodel territorio una conoscenzamaggiore degli insegnanti cherisiedono altrove. Anche gli entilocali e le associazioni possonocontribuire a pieno titolo se l’in-dagine ha per oggetto un pro-blema del territorio, e questopotrebbe avviare rapporti piùfrequenti tra scuola e istituzio-ni, e anche più sentiti di quantoaccade oggi con iniziative pro-poste dall’esterno, estranee

alle problemati-che della scuo-la, decise altro-ve, non motivan-ti.

Nelle finalitàdell’area di pro-getto si leggeesplicitamente ilcollegamentotra scuola emondo del lavo-ro. La scelta ditematicheappropriate, col-legate alla pro-fessionalità for-nita dalla scuo-la, offre nuoveoccasioni percreare questocollegamento.Anche le azien-de possono con-tribuire, consponsorizzazioni,collaborazioni

concrete, fornitura di strumen-tazioni. In ogni caso debbonoesser coinvolte nella fase dellapubblicazione dei risultati, dellapresentazione dei prodotti fina-li, e magari anche della valuta-zione e verifica del progetto.Una scuola propositiva che anti-cipa e gestisce l’autonomiaanche sul piano dei contenutiforse non diventerà succubedelle leggi di mercato e potràmantenere, anzi rendere più effi-cace il proprio ruolo educativonella società.

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Si possono ipotizzare progetti ai quali lavorano intere classi,eventualmente con divisione in sottoprogetti, oppure si possonodividere le classi in più gruppi, ciascuno con un proprio progetto.Non si esclude che le classi di scuole diverse collaborino alla realiz-zazione di uno stesso progetto. ...

Il Preside, su designazione del Consiglio o dei Consigli di classe,nomina, di volta in volta, un coordinatore di area di progetto.

La valutazione degli studenti relativamente all’attività dell’areadi progetto contribuisce alla formulazione dei giudizi periodici efinali di ciascuna disciplina e complessivi, secondo modalità decisedai Consigli di classe. Di tali giudizi si dovrà tenere conto in sededi esami di maturità...»

(Dai nuovi programmi degli ITIS)

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La stimolante intervi-sta a Maria TeresaPalleschi, apparsa suFormazione Ambiente,apre lo spazio per unariflessione ed un confron-to di idee su formazionee identità di genere.

E poiché, quando siparla di identità non sipuò fare a meno di riper-correre storie personali ebackground culturali,uso le parole di P. Valerye «mi scuso di espormidavanti a voi, ma ritengopiù utile raccontare ciòche si è provato, piutto-sto che simulare unaconoscenza indipendenteda una persona edun’osservazione senzaosservatore».

Ripercorrerò pertantoil mio cammino indivi-duale, incompleto eincompiuto, convinta chemolte delle mie difficoltà,molte contraddizioni edubbi appartengonoanche ad altre donne einsegnanti della miagenerazione.

Durante il periododell’adolescenza hodovuto cercare lo spazioper la mia indipendenzaed autonomia, contro

modelli culturali e ste-reotipi sessisti, entrandoin competizione con imaschi e battendomicontro le discriminazio-ni. L’idea era quella dilottare per una ugua-glianza che garantisse lestesse opportunità, nellescelte e nelle azioni,offerte ai maschi dallasocietà e dalla cultura.

Col passare degli anniil mio problema si calavasempre di più in unimpegno civile e cultura-le di emancipazione,impegno assunto comedonna, quindi, e comeinsegnante. Ho vissuto lafrustrazione di chi si ren-deva conto che la scuola,non assumeva mai uncompito di formazione edi orientamento alleragioni del mutamentodei ruoli sessuali, conbuona pace delle innu-merevoli indicazioni diazioni positive e l’istitu-zione a vari livelli diComitati per le pariopportunità. Ho comun-que continuato ad agire,anche in classe, per eli-minare quelle forme,implicite ed esplicite, didiscriminazione delledonne e di disuguaglian-za.

In questo mio percor-so, simile, credo, a quellodi tante altre, partitadalla necessità di affer-mare l’uguaglianza didiritti con l’altro sesso, siè rafforzata sempre piùin me la volontà di nonessere omologata aimaschi e quindi ho senti-to il bisogno di trovaresolidarietà di gruppo,tra donne, e senso diappartenenza.

Mi sono imbattutacosì nelle femministedella differenza.

Ho sempre guardatocon sospetto le ricerchebiologiche sulla differen-za, anche se condotte dadonne, che, spesso, forni-scono argomenti geneti-ci, ormonali o neurologi-ci alle più terribili tesisessiste, ma altrettantodifficile è stato per mecondividere le posizioniestreme di chi credenella naturale superio-rità e completezza delledonne. Non mi convince-vano certe espressionidella pedagogia delladifferenza, proiettateesclusivamente sul sog-getto femminile: unastrana percezione didisagio nelle discussionicon le altre mi faceva

sentire fuori. Non capivoesattamente cosa fosse:la paura che certe formedi rivendicazione cifacessero tornare indie-tro? O il dare ormai perassodato che la politicadelle pari opportunitàfosse servita a rompere lebarriere culturali cheimpedivano alle donne dipartecipare alla vitasociale ed economica delpaese? O altro? Sta difatto che ho sentito viavia affievolire il mio

m e d i a e m e s s a g g i

Differenza sessualekaput?

L’intervista a

Maria Teresa

Palleschi sulle

donne

insegnanti,

pubblicata sullo

scorso numero

di Formazione

Ambiente,

suscita il

dibattito

di SilvanaLicciardello

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impegno femminista. Emi chiedo se lo stessonon sia accaduto adaltre donne.

In seguito, è stato ilfatto di occuparmi dieducazione ambientale el’approccio con l’episte-mologia ecosistemica afarmi capire il disagio diallora, in particolareimportante è stato l’in-contro con Bateson, colsuo principio sistemicocon cui per spiegare ecomprendere un eventosi deve prendere in con-

siderazione il circuito direlazioni, il sistema.

Per la prima voltacomprendevo che è lalogica cartesiana, quelladella linearità casuale,che ci fa costruire unarealtà separata, che ci faordinare il mondo incoppie di opposti:buono-cattivo, corpo-anima, bianco-nero,mente-natura, uomo-donna.

Adesso era chiaro.Quello che mi deludevadi più nelle compagne

era la logica di mutuaesclusione con cui veni-vano presentati i modellimaschili e femminili,l’automatica sistemazio-ne dualista e separatistadi tutti i maschi da unaparte e di tutte le donnedall’altra, la generaliz-zazione e le linee di prin-cipio.

Sapere oggi che «ilsoggetto non è solo plu-rale o debole, quantoanzitutto incompiuto» eche «l’incompiutezzaantropologica di genere

costringe a ripensare lanostra specie come bises-suata: maschile-femmi-nile» (S. Manghi) mi haaiutato a comprendere epercepire la diversitàmaschile-femminile inuna prospettiva nuova,non dualistica, abban-donando la logica dell’e-sclusione e della sempli-ficazione per la logicadell’inclusione e dellacomplessità.

Non è forse stata latendenza del nostrotempo verso troppo velo-

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ci semplificazioni, deci-samente contrarie peral-tro alla diversificazioneecologica, che ha depau-perato della sua com-plessità la personalitàumana? Non è forse lagabbia concettuale del-l’opposizione dei puntidi vista, della separazio-ne e del dominio conl’eccesso di tecnologia edi produzione, che hadeterminato la separa-tezza dei destini dell’u-manità dal resto del-l’ambiente, e il dominiodell’uomo sulla femmini-lità e sulla natura?Siamo in molti a ricono-scere nel degradoambientale il riferimentometaforico di una condi-zione umana che impe-disce all’individuo dipercepire, di esprimere edi esaltare, come aspettisignificativi delle relazio-ni con gli altri, compo-nenti importanti dellapropria personalità.Laddove il pensiero fem-minile e quello maschilenon sanno essere com-plementari separano efanno prevalere, oral’uno ora l’altro: senti-

menti o ragione, intuitoo razionalità, individuoo collettivo, scienza osapienza, biologia o cul-tura, dimenticando chel’essere umano è contem-poraneamente intera-mente biologico e intera-mente culturale.

Questo non vuol direliquidare la differenzasessuale nè appiattirsi inuna neutra uguaglianza,improbabile quantopericolosa, ma, al con-trario, difendere le diffe-renze, le specificità , lesoggettività e valorizzar-le nella creazione di dia-logo dove c’è dicotomia,di compresenza dove c’èseparazione.

In questo senso e inquest’ottica sistemica,l’educazione ambientale,che educa alla diversità,dovrebbe favorire lo svi-lupparsi di un nuovoatteggiamento mentale,di una ecologia dellamente che sa essere inequilibrio con se stessa,con gli altri e con l’am-biente.

Se facciamo educa-zione alla diversità, bio-logica, sessuale, etnica,

culturale, è per cercaredi colmare il solco chedivide noi dagli altri, percontribuire a costruirenuovi valori e nuoveresponsabilità, per «tro-vare parole nuove einventare nuovi metodi»(V.Woolf), per aumentarele possibilità di scambioe di condivisione delleemozioni e la comunica-zione tra mondi diversi.È, infine, per facilitareatteggiamenti non com-petitivi ma cooperativi,quelli cioè capaci, insituazioni conflittuali trapunti di vista opposti, ditrovare soluzioni media-te e complesse, rimanen-do fuori dagli opposti edesprimendo autonomia,«autonomia che non vaconfusa con il concettohegeliano di sintesi cheunifica e risolve la tesi el’antitesi» (P. Watzlawi-ch).

Una formazione che sirivolga ad un genere conmodalità e linguaggi diappartenenza, rischia diseparare per differenzia-re e di restare prigionie-ra di quella visione dua-lista e riduttiva che il

pensiero ecologico esistemico tende a supe-rare.

È necessario stareattenti affinché non sicorra il rischio di «pro-durre poi realtà che sonol’esatto opposto dell’i-deale perseguito: così lamedicina comincia acontribuire alla malat-tia, l’addestramento allacomunicazione trasfor-ma le persone in sordo-muti mentali; mezzi ditrasporto sempre piùrapidi e altri dispositividi risparmio del tempo cilasciano sempre menotempo libero....» (P.Watzlawich).

Insomma non voglia-mo correre il rischio cheda una crescente femmi-nilizzazione della societàvengano fuori tantePivetti e mi auguro checiascuno, uomo o donna,sappia sempre equilibra-re in sè e per la società ilfemminile e il maschile,per evitare che prevalgaquella parte che sprigio-na forza e arroganza emanifesta solo volontà dipotere e di sopraffazio-ne.

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Molto più di una lezione su Napoleoneo sulle equazioni di secondo grado.Molto più di un compito in classe o diun’interrogazione alla lavagna.Possono immaginare una scuolanuova: in cui la lezione in classe siarricchisce di percorsi nel bosco, acasa, lungo le strade della città. E pro-vare a realizzarla. È l’obiettivo di tuttele iniziative del Settore ScuolaLegambiente: riqualificare l’insegna-mento, scoprire dietro la figura deldocente nuove potenzialità professio-nali. Come? Ad esempio lavorando già daoggi alla costruzione di esperienzenuove che promuovano il lavoro inéquipe, l’indagine nel territorio, la spe-

rimentazione educativa. E aprendooccasioni di ricerca intorno alle cam-pagne ed alle proposte che ogni annorinnoviamo al mondo della scuolaDa oggi inoltre è possibile diventareSocio Insegnante di Legambiente. ISoci ricevono la tessera, ilVademecum del Settore Scuola e quel-lo dell’Associazione, l’adesivo di socio,il catalogo del Cendea. Ogni meseLegambiente Notizie, ogni treFormazione Ambiente. È la manieramigliore per contribuire al processo diinnovazione educativa portato avantida Legambiente: con le proprie idee, lapropria voglia di fare. Molto: per unascuola aperta e qualificata nellacostruzione del mondo di domani.

Gli insegnantipossono fare molto

Rispedire allegando la fotocopia della ricevuta di versamento di L. 50.000 sul c/c postale n. 57431009 intestato a“Legambiente, via Salaria 280, 00199, Roma”

:

Posso fare molto. E benePer questo aderisco a Legambiente e divento socio insegnante

Mi chiamo................................................................................................................................................

abito in via/piazza................................................................................................................................

Cap.......................................Città..................................................................................Prov. ................

Insegno in una scuola □ elementare □ media □ superiore

Materia d’insegnamento.....................................................................................................................

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TD è una nuova rivi-sta quadrimestrale ditecnologie didattiche,curata dall’Istituto per leTecnologie Didattiche diGenova, un Istituto delConsiglio Nazionaledelle Ricerche che daoltre venti anni svolgericerche in tale settore.Perché una nuova rivi-sta? Perché in Italia nonne esiste nemmeno unain questo campo. Infatti,pur essendo interessate acomputer, multimedia,televisione, cinema,pedagogia, psicologia,psicopedagogia le tecno-logie didattiche non siidentificano con nessunodi questi settori. Comepure sono cosa diversadalle tecnologie del-l’informazione oppuredalla didattica tout-court. Così il NationalCouncil for EducationalTechnology (GranBretagna) definisce letecnologie didattiche:«Lo sviluppo, l’applica-zione e la valutazione disistemi, tecniche e stru-menti per migliorarel’apprendimento nell’uo-mo».

La rivista vuole dun-

que contribuire allacomprensione e allo svi-luppo di questo settore,che sta diventando stra-tegico per il nostropaese. Negli ultimidecenni infatti, nellesocietà industrializzate,sono emersi nuovi pro-blemi riguardanti lascuola, l’Università, laformazione professiona-le, l’educazione conti-nua.

In particolare oggi inItalia la scuola appareinadeguata rispetto alcompito di promuovereun’educazione e un’i-struzione qualificate e dimassa.

Le strutture e le orga-nizzazioni della forma-zione professionale spes-so non riescono a fornireal mondo del lavoro per-sonale qualificato.

L’ Università riesce alaureare solo una per-centuale minima di colo-ro che la iniziano.Inoltre il rapporto trastrutture universitarie enumero di iscritti è taleche presto il sistema col-lasserebbe se tutti gliiscritti decidessero di fre-quentare regolarmente icorsi. I suoi problemistrutturali e organizzati-

vi sono resi ancora piùacuti dalla crescita espo-nenziale delle conoscen-ze che impone uncostante aggiornamentodei curricula, dei docen-ti, dei modelli, dei meto-di e anche delle strutturedidattiche.

A ciò si aggiunge ilfatto che oggi le tecnolo-gie dell’informazionestanno trasformando inmodo profondo il modoin cui gli uomini comuni-cano tra loro. Come èpossibile trarre vantag-gio da queste tecnologieper favorire i processi diapprendimento, impe-dendo che si trasforminoin un nuovo fattore didiscriminazione cheaumenta le distanze tra isapienti e gli ignoranti,tra i dotati e i ritardati,tra i forti e i deboli?

Le TecnologieDidattiche offronopotenti strumenti peraffrontare e risolvere taliproblemi e ciò giustificail crescente interesse perquesto settore sia daparte dei ministeri pre-posti alla scuola eall’Università sia daparte dellaConfindustria e delmondo aziendale.

È da questo quadroproblematico che le tec-nologie didattiche assu-mono una rilevanzanuova rispetto alle origi-ni e una nuova connota-zione strategica per lesocietà che si pongono ilproblema del funziona-mento del sistema edu-cativo.

TD vuole dunque con-tribuire allo sviluppo delsettore delle tecnologiedidattiche in Italia. Perperseguire questo scoposi propone di creare unospazio di discussione, didisseminare i risultatidelle ricerche più inte-ressanti, sia a livellonazionale che interna-zionale, di presentare edisseminare le idee, imetodi e gli strumentidelle tecnologie didatti-che. Ogni numero contie-ne un’ampia sezionemonotematica cheapprofondisce di volta involta aspetti cruciali diquesto settore. Dei trenumeri già pubblicati, ilprimo è dedicato al con-cetto di tecnologie didat-tiche, il secondo riguar-da il tema telematicanella didattica, il terzo leTD nell’educazione lin-guistica.

TDTecnologie Didattiche

La prima rivista

italiana di

tecnologie

didattiche

m e d i a e m e s s a g g i

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TD si rivolge generi-camente a tutti i sogget-ti interessati in qualchemodo al rinnovamentodei sistemi di insegna-mento e apprendimento(ai ricercatori, ai pro-duttori di sistemi didat-tici, ai decisori, aidocenti e ai formatori,ai genitori impegnatinegli organismi digoverno della scuola,agli studenti dei diparti-menti di scienze dell’e-ducazione e degli istitutimagistrali).

TD non si limita apresentare il punto divista dell’IstitutoTecnologie Didattiche,CNR, ma ricerca i con-tributi più significatividi ricercatori sia italianiche stranieri. Verrannoanche tradotti e ripub-blicati articoli apparsisulla stampa specializ-zata internazionale eritenuti di particolarerilevanza per le temati-che trattate.

TD, Edizioni Menabò,lire 25.000Per abbonarsi: versarelire 25.000 sul contocorrente postale n˚240663, intestato aTD, Edizioni Menabò,via F.P. Cespa 10266026, Ortona (CH).Per acquistarla: catenadelle librerieFeltrinelli.

OPERAZIONEMAL’ARIA

Lenzuola bianche alle finestre per ribellarsi all’avvelenamentoquotidiano da gas di scarico. Lenzuola bianche alle finestre permisurare lo smog che respiriamo ogni giorno. È l’invito cheLegambiente rivolge agli abitanti di decine di città italiane con«Mal’Aria», la campagna di informazione e denuncia sull’inquina-mento atmosferico urbano. L’operazione scatterà il 15 novembrein contemporanea in tutta Italia e si concluderà il 21 gennaio: inquella data le lenzuola - ormai annerite ed affumicate dai gas discarico - verranno consegnate ai sindaci insieme ad un pacchettodi proposte per migliorare la mobilità e abbattere le concentra-zioni di inquinanti e salvaguardare così la salute dei cittadini.Proprio i cittadini giocano ruolo fondamentale in «Mal’Aria»:saranno loro, appendendo a finestre e balconi le lenzuola bian-che di Legambiente, a dar vita a questa protesta civile del popoloinquinato contro il pesante disagio in cui vivono moltissime per-sone, pedinate dallo smog e dai rumori prodotti dal traffico auto-mobilistico anche all’interno delle proprie abitazioni. Le finestrediventeranno insomma una sorta di osservatorio familiare sul-l’inquinamento atmosferico anche perché grazie ad un metodostudiato in laboratorio in base all’annerimento della stoffa saràpossibile valutare la quantità di polveri che si sarà accumulatatra le maglie del tessuto dopo l’esposizione agli agenti inquinanti.Importantissimo è anche il contributo delle scuole a questa ini-ziativa: già lo scorso anno a «Mal’Aria» hanno partecipatomigliaia di alunni e studenti di elementari e medie che hannopreso spunto dalla campagna per realizzare ricerche e lavorisulla mobilità, sul traffico e sull’inquinamento nel proprio quar-tiere.Partner della campagna sarà Maurizio Costanzo, che nel corsodel suo show darà settimanalmente informazioni e notizie sul-l’andamento della «mal’aria» nelle nostre città illustrando di voltain volta vicende e situazioni particolari legate all’inquinamento.Partecipare a «Mal’Aria» è semplice: basta contattare telefonica-mente il coordinamento nazionale di Legambiente (06-8841552)e comunicare la propria adesione entro il 15 novembre.

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Italo Magno, Gli occhidi Dania, EditriceFerraro, Napoli - 1994

Innanzitutto il titolo,che appare tenero e sua-dente: in realtà la lettu-ra del libro fa pensaredurante la notte e nelleimmaginazioni diurnecon un certo assillo.

Il romanzo di Magnoè un romanzo-saggio-poesia, che possiamoconsiderare davveroambientalista.

Ma detto questo forsenon abbiamo dettonulla. Nel romanzo,infatti, costruito con sot-tile satira ed ambientatoin un futuro prossimo indecadimento, nel qualeincombe l’immagine unasorta di grande fratelloorwelliano, c’è di più e

non solo ambiente.L’autore parte da alcunecondizioni, proprie del-l’uomo, che hanno sor-retto la società per tuttoil nostro millennio: laricerca della felicità, adesempio.

In questo sistema delgodimento individualisti-co fa irruzione unanuova progenie nonumana, i moliunusi, chedaranno la scalata alpotere e soggiogherannol’umanità, che non saràpiù padrona del mondo.

Le vicende trattatenell’operasi svolgonoper granparte intelevisione,in un flash-back da cuiemerge ilcinismo dicoloro chereggono lesorti dellaTerra.

Sul fina-le, solo sulfinale, sichiariràquale sia lanuova pro-genie e chisia ilMoliuno,

capo unico della nuovaprogenie predestinataalla conquista delmondo.

La conquista delpotere da parte deimoliunusi non è dram-matica, con spargimentidi sangue. Da tempo, delresto, negli spettacolitelevisivi, i moliunusiesercitavano la loroinfluenza sugli uomini evenivano presentati consembianze antropomorfe,in procinto di sconfiggeregli umani.

QuandoDania, laprotagoni-sta dell’o-pera, fini-sce di tra-smettere isuoi filma-ti, quasiavesseproiettatosulloschermo ilsuo stessoessere, èridotta apoco, sidirebbepelle edossa, nellasua vesteaffloscia-

ta. Al protagonistamaschile non resta chestringerle le dita schele-triche, mentre si riflettesmarrito nei penetrantiocchi di lei, che sonoforse gli occhi del mondoche guardano il decade-re di tutto.

Con consapevolezzadi Magno, quella che sidice trama, l’io narrantee l’ineffabile Dania, sonol’esile filo conduttore diuna fantastica cavalcatatra le angosce ed i pro-blemi del nostro tempo,che l’Autore ha tradottonelle sue invenzioni.Invenzioni, ed è questo ilpregio del libro, cui èimpossibile trovare unadefinizione: comiche maamare, parossistiche madivertenti, struggenti masconvolgenti.

Vorrei trovare unsinonimo nobile, lettera-riamente ben qualifican-te, di sberleffo, per signi-ficare questo romanzo,molto composito e dallemolte virtù. Che tuttaviaresta, ben inteso, unlibro serio, tragicamenteserio, scaturito da tuttala forza razionale edetica di un intellettualedel nostro tempo.

m e d i a e m e s s a g g i

Gli occhi di Dania

Una fantastica

cavalcata

ambientalista

tra le angosce

ed i problemi

del nostro

tempo

di Gian MariaGasperi

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L’IDEACIPIACE.Vogliamopartecipareanche noi a“Lavori inCorso”

Gli insegnanti chevogliono parteciparealla campagna “Lavori inCorso” possonoutilizzare questomodulo e inviarlo alcircolo Legambiente piùvicino o direttamente a“Legambiente, SettoreScuola, via Salaria 280,00199 Roma” insiemealla ricevuta diversamento di L. 100.000 sul c/cpostale n. 57431009intestato a“Legambiente, viaSalaria 280, 00199Roma”.

SIAMO LA CLASSE

DELLA SCUOLA

M ELEMENTARE M MEDIA M SUPERIOREINDIRIZZO

CITTÀ CAP PROV.

TELEFONO

ELENCO DEGLI ALUNNI (SCRIVERE IN STAMPATELLO)

NOME COGNOME INDIRIZZO CAP COMUNE PROVINCIA

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INSEGNANTE REFERENTE

MATERIA D’INSEGNAMENTO