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Fondazione Nazionale Gigi Ghirotti Quello che importa, sia durante la vita, sia di fronte alla morte, è non sentirsi abbandonati e soli Gigi Ghirotti

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Fondazione Nazionale Gigi Ghirotti

Quello che importa,sia durante la vita,sia di fronte alla morte,è non sentirsi abbandonatie soli

Gigi Ghirotti

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La storia della Fondazione Gigi Ghirotti è le-

gata alla testimonianza appassionata e ani-

mata da alto senso civico di un noto

giornalista italiano, la cui ultima inchiesta fu da inviato

speciale nel “tunnel” della malattia che lo aveva colpito

e di quella, in senso figurato e sociale, che affligge in

particolare proprio i luoghi deputati alla cura e al sol-

lievo di chi è ammalato e sofferente.

Quando il 17 luglio del 1974 la vita di Gigi Ghirotti

si spense, ci fu chi volle evitare di disperdere la sua te-

stimonianza, attuando iniziative concrete per la pro-

mozione di cure più umane e rispettose della dignità

della persona malata e ricoverata in strutture sanitarie.

Si costituisce così, nel 1975, il Comitato Gigi Ghirotti

su iniziativa della moglie Mariangela e di un gruppo

di amici e colleghi. Nel 1984 il Comitato riceve il ri-

conoscimento giuridico come Ente dal DPR n. 1008

e nel giugno del 2002 diventa Fondazione Nazionale.

A distanza di tanti anni quella “testimonianza” non è

solo rimasta attuale, ma ha germogliato attraverso una

serie di iniziative che contribuiscono con azioni infor-

mative, formative e di volontariato, a rendere sempre

più sensibile quella parte di calda umanità che apre

spiragli di luce e di speranza.

La Fondazione Nazionale Gigi Ghirotti, sin dalla sua co-

stituzione, si è battuta, con innumerevoli iniziative di sen-

sibilizzazione e attività concrete di supporto a malati e

familiari, per promuovere il cambiamento culturale verso

cure dal volto più umano e un sollievo alla portata di tutti.

Questa la sfida che la Fondazione e le Associazioni che

in Italia si richiamano a questo nome hanno voluto

raccogliere, realizzando modelli di assistenza ispirati

alla salvaguardia della dignità della persona malata, al-

l’affrancamento dalla sofferenza inutile, attraverso una

cura umana fatta di attenzione, tenerezza, premura e

vicinanza al malato.

La Fondazione Nazionale

Gigi Ghirotti

Chi era Gigi GhirottiColpito dal linfoma di Hodgkin nel 1972, Gigi Ghirotti, giornalista del quotidiano “La Stampa” eautore di programmi televisivi, decise di raccontare la sua malattia in una serie di articoli e di inchiesteper la TV poi raccolti nel libro Il lungo viaggio nel tunnel della malattia. E lo fece con rigore profes-sionale e come testimonianza di un impegno civile destinato a chi vuole ascoltare con il cuore la sof-ferenza e il dolore.Nato a Vicenza nel 1920 fu inviato anche de “L’Europeo” e uno dei più acuti osservatori della realtàitaliana del suo tempo. Da giornalista attento e impegnato volle far conoscere al grande pubblico i disagi vissuti dai malati negli ospedali pubbliciperché «un giornalista non può essere testimone del sentito dire, o colui che vive le passioni degli altri». Un’esperienzaprofessionale, oltre che umana e civile, che gli è valsa la medaglia d’oro conferitagli dall’Ordine dei Giornalisti e la com-mozione e l’affetto dell’opinione pubblica.

«La Fondazione, che non ha scopo di lucro, per onorare la memoria di Gigi Ghirotti intende cooperare alla maturazione di una nuova co-scienza civile circa le condizioni dell’ammalato nelle strutture sanitarie del nostro Paese, e si propone di realizzare servizi per la prevenzione,la terapia, lo studio e le ricerche sulle malattie in campo emato-oncologico e strutture operative per l’assistenza sociale e sanitaria dei malatiaffetti da sindromi altamente invalidanti o in fase terminale e dei loro familiari».

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La Fondazione ha ricevuto nel corso dei de-

cenni numerose onorificenze da varie istitu-

zioni ed enti, per le tante iniziative di alto

valore socio-sanitario, educativo e culturale.

Prima fra tutte quella che nel 1984, ha inserito, per

mano del Presidente della Repubblica, l’allora Comi-

tato Nazionale Gigi Ghirotti tra gli enti con persona-

lità giuridica.

Poco dopo vent’anni, il 7 aprile 2005, è di nuovo il

Presidente della Repubblica ad assegnarle una meda-

glia d’oro al “Merito della Sanità Pubblica”.

Ad onorare ulteriormente la Fondazione e il suo operato

è il riconoscimento conferitole il 9 maggio 2006 dal

Forum della Pubblica Amministrazione: il “Premio spe-

ciale per la Sanità”, assegnato in collaborazione con il

Ministero delle Pari Opportunità, per la “meritoria at-

tività a favore della persona malata e sofferente”.

A sottolineare, invece, la genuinità dell’ispirazione di

Gigi Ghirotti e ad esprimere un plauso alle iniziative

lodevolmente portate avanti dalla Fondazione a lui in-

titolata, arriva nel 2011 il premio internazionale “Cin-

que stelle al giornalismo”.

Nel 2013 la Fondazione è stata insignita dal Comune

di Roma del “Premio Simpatia” (noto anche come

“Oscar Capitolino”) con la seguente motivazione: «per

l’impegno che la Fondazione Gigi Ghirotti dedica alle

persone sofferenti, considerando il malato prima di

tutto un cittadino, una persona degna - prima ancora

che delle cure - dell’affetto a tutti i livelli, favorendo il

miglioramento della salute del malato e la possibilità,

anche per i suoi familiari, di vivere la malattia nel mi-

gliore dei modi».

Nel 2014 la Fondazione ha inoltre ricevuto il premio

Buon Samaritano dal Centro Diocesano per la Pa-

storale della Salute, per la cura dei malati terminali

e il Premio Cartagine, dall’Accademia Premio In-

ternazionale Cartagine, per “l’impegno sociale e vo-

lontariato”.

I riconoscimentidelle Istituzioni

• Medaglia d’oro al “Meritodella Sanità Pubblica”

COMITATO ESECUTIVO• Emilio Carelli, Presidente della Fondazione• Numa Cellini, Presidente esecutivo• Giuseppe Guerrera, Segretario• Mario Curatolo, Tesoriere• Nicasia Teresi, Direttore Generale• Nicola Cerbino, Giorgio Dori, Leopoldo Mannucci,Marco Spizzichino, Consiglieri

ORGANIGRAMMA DELLA FONDAZIONE

COMITATO D’ONORE

• Umberto Veronesi• Bruno Vespa• Franco Mandelli• Alberto Sinigaglia• Piero Angela• Carlo Sampietro

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La Fondazione opera da sempre orientata da

valori distillati dalla testimonianza e vicenda

umana di Gigi Ghirotti. Chiunque voglia

ripercorrere, tramite gli scritti e le inchieste televi-

sive, l’esperienza del “suo” viaggio attraverso il do-

lore, può ritrovare oltre al suo rigore professionale,

il senso profondo di principi e criteri etici che, sin

dall’origine della Fondazione, motivano e orientano

le sue attività protese ad alleviare la sofferenza e a

prestare una corretta assistenza a pazienti e familiari.

La Carta dei Valori della Fondazione Ghirotti si apre

con l’ascolto, cioè dalla capacità di “farsi” altro da sé

“per cogliere il dramma della sofferenza psicologica e

fisica”. L’ascolto diventa così un dono che si incontra

con il bisogno di parlare e di sentire accanto a sé il calore

di un’umanità che partecipa e riesce a generare sollievo.

È questo il senso della cooperazione che in modo al-

truistico e gratuito introduce nella società e, in par-

ticolare negli ambienti di cura, i sentimenti più caldi

della partecipazione.

Gigi Ghirotti aveva intuito e descritto in modo

esemplare i limiti e i pericoli derivanti da un’assi-

stenza medica e ospedaliera affidata soltanto a chi

considera la scienza come unico fattore di aiuto al-

l’universo del dolore. E con la stessa lucidità aveva

denunciato le enormi inefficienze di un sistema sa-

nitario che creava sprechi, ignorando quei versanti

dove la medicina ha bisogno di valori e di qualità

morali. A distanza di anni la sua lezione è ancora at-

tuale anche se sarebbe ingiusto negare che il sistema

della sanità è migliorato sotto molti aspetti.

Allo stesso modo è aumentata la fiducia nei con-

fronti delle iniziative che portano sollievo e toccano

il cuore di chi soffre.

I Valori dellaFondazione

ascoltocooperazione

informazioneprendersi cura

rispetto

senso civico

serviziosolidarietà

sollievo

testimonianzavicinanza

fiducia

efficienzaformazione

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Il Centro di ascolto Un’importante iniziativa ispirata dalla

consapevolezza dell’importanza della

cura e attenzione rivolta alla dimensione

psico-sociale è stata l’attivazione, nel 1999, di un

Centro di ascolto. Attraverso il sostegno psicosociale,

le informazioni e l’orientamento offerti gratuitamente

e attraverso il numero verde 800.30.15.10, il Centro

di ascolto è un efficace alleato a fianco dei malati di

cancro e dei loro cari. Il calore umano e l’ascolto ac-

curato degli psicologi è un valido contributo, confer-

mato e consolidato dall’esperienza, per il sollievo di chi

contatta il Centro.

Il Centro è ormai da anni un punto di riferimento

e un valido alleato anche per le istituzioni sanitarie.

Su questa linea si colloca la presenza di psicologi

del Centro “Ghirotti” anche nei reparti di Radio-

terapia e Urologia del Policlinico “Umberto I” di

Roma e, ancora oggi, nell’ambulatorio di Terapia

del dolore dell’Istituto Regina Elena di Roma e nel

reparto di Radioterapia del Policlinico Universita-

rio “Agostino Gemelli”.

Nell’ottica della collaborazione in rete, l’attività di

sostegno del Centro di ascolto opera in sinergia con

altre realtà italiane di sostegno alla persona malata e

ai loro familiari, una esperienza importante a tale ri-

guardo è ad esempio la collaborazione con il servizio

di Psiconcologia dell’Istituto Europeo di Oncologia

di Milano.

L’impegno a sostenere psicologicamente anche i fa-

miliari che affrontano la perdita della persona cara

malata di cancro, fermo restando il sostegno telefo-

nico, ha condotto all’attivazione di un gruppo de-

nominato “La Tenda” con incontri svolti presso la

sede della Fondazione.

Il Centro di ascolto diventa un nodo importante della

rete oncologica, delle cure palliative e della terapia del

dolore, in quanto non solo punto di riferimento cli-

nico per pazienti e familiari, ma anche osservatorio au-

torevole dei bisogni e fonte di dati di prima mano in

connessione col settore ricerca della Fondazione e nella

collaborazione con le istituzioni sanitarie per monito-

rare e dar voce a chi ha bisogno di sollievo.

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La Giornata del Sollievo fu istituita con di-

rettiva emanata nel 2001 dalla Presidenza

del Consiglio dei Ministri allo scopo di

“promuovere e testimoniare, attraverso idonea infor-

mazione e tramite iniziative di sensibilizzazione e so-

lidarietà, la cultura del sollievo dalla sofferenza fisica

e morale in favore di tutti coloro che stanno ulti-

mando il loro percorso vitale, non potendo più gio-

varsi di cure destinate alla guarigione”.

Nel corso degli anni, andando incontro ai bisogni

reali dei cittadini, la mission della Giornata si è estesa

alla diffusione della cultura del sollievo dalla soffe-

renza in tutte le condizioni di malattia ed esistenziali,

pur mantenendo un posto di rilievo la fase terminale

della vita. La Fondazione Nazionale Gigi Ghirotti è

uno dei tre enti promotori della Giornata, insieme

al Ministero della Salute e alla Conferenza delle Re-

gioni e delle Province Autonome. In questa Gior-

nata, attraverso molteplici iniziative e manifesta-

zioni, i volontari di associazioni che operano in

ambito socio-sanitario, gli operatori sanitari, le fa-

miglie, gli studenti e i docenti, sono sollecitati a ri-

conoscere i bisogni della persona malata e starle

vicino con cura e tenerezza, specie quando è anziana,

sofferente e in fase avanzata di malattia.

Tante Associazioni e Centri regionali “Ghirotti” (e

non solo), diffusi in tutta Italia, animano la Giornata

Nazionale del Sollievo con iniziative e manifesta-

zioni. La Fondazione, per tradizione, partecipa e or-

ganizza presso il Policlinico “Agostino Gemelli” di

Roma, insieme all’Università Cattolica del Sacro

Cuore e a volontari di altre associazioni, una delle

iniziative di sensibilizzazione più di rilievo tra le oltre

200 celebrate sul territorio nazionale.

La Giornata del Sollievo

Nell’ambito delle iniziative che celebrano

la Giornata del Sollievo, nel 2006 è stato

istituito il premio “Gerbera d’oro”. Si

tratta di un riconoscimento che viene attribuito dalla

Fondazione e dalla Conferenza delle Regioni e delle

Province autonome a quella struttura sanitaria che,

muovendo dalla considerazione della centralità della

persona malata, si sia distinta nell’affrancamento dal

dolore inutile, alleviando la sofferenza non solo con

le terapie più avanzate, ma anche con il sostegno psi-

cologico e attraverso un processo di umanizzazione

delle cure.

Il premio Gerbera d’oro

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Sin dai primi anni della costituzione del Comi-

tato Gigi Girotti, poi Fondazione, i suoi valori

hanno ispirato anche l’operato di altre Asso-

ciazioni e Fondazioni dislocate sul territorio nazionale.

In particolare l’Associazione Ghirotti di Genova è da

anni molto attiva nell’assistenza domiciliare ed hospice

a malati in fase terminale. Altre organizzazioni che por-

tano il nome di “Gigi Ghirotti” o che si ispirano ai va-

lori ghirottiani sono attualmente presenti a Vicenza,

Oristano, Torino, La Spezia, Catanzaro, Chieti, Mi-

lano, Bitonto, Melfi, Macerata.

La collaborazione con le risorse territoriali, in una

logica di rete e con le istituzioni pubbliche, è uno

dei valori della Fondazione. È da questo valore che

trae entusiasmo e concretezza la partecipazione di

membri della Fondazione a progetti, tavoli di la-

voro, commissioni e comitati istituzionali ministe-

riali e regionali.

La rete Gigi Ghirotti

in Italia

Il progetto denominato “Rete del Sollievo”,

trae origine da un accordo sottoscritto tra la

Fondazione Nazionale Gigi Ghirotti e l’Uni-

versità Cattolica del Sacro Cuore nel maggio 2011,

con lo scopo principale di diffondere la cultura e

la pratica delle cure palliative integrate, alla luce

della legge 38 del 15 marzo 2010. Il progetto è fi-

nalizzato a sollevare dal dolore “totale” i pazienti

neoplastici con metastasi ossee e limitata aspetta-

tiva di vita, attraverso l’uso antalgico delle radia-

zioni, operato all’interno di un network coordinato

tra i vari erogatori di servizi assistenziali e di Cure

palliative presso ospedale, domicilio, hospice. Tale

modello è attualmente riconosciuto dalla comu-

nità scientifica internazionale. Nella maggior parte

dei pazienti, grazie alla radioterapia e alle cure di

supporto, può essere raggiunta una riduzione

considerevole del dolore, con conseguente miglio-

ramento della qualità di vita ed una significativa

limitazione dell’assunzione di farmaci per il con-

trollo della sintomatologia dolorosa.

Consolidatosi su scala nazionale, il progetto, ope-

rativo dal gennaio 2012, registra ad oggi l’ade-

sione di 74 centri ospedalieri. 3000 pazienti

hanno avuto accesso ad un uso antalgico delle ra-

diazioni nel network coordinato tra i vari erogatori

di servizi assistenziali (domiciliari, di hospice e

ospedalieri).

Il Progetto “Rete del Sollievo”

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Per sensibilizzare la coscienza collettiva dei

più giovani e stimolarli verso la tematica

del sollievo, è nato il concorso denominato

“Un ospedale con più sollievo”, bandito dal 2007

e promosso da: Fondazione Nazionale Gigi

Ghirotti, UCIIM (Unione Cattolica Italiana di

Insegnanti, Dirigenti, Educatori e Formatori),

Fondazione Alessandra Bisceglia. Il concorso be-

neficia anche del patrocinio e della collaborazione

del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e

della Ricerca e dell’Università Cattolica del Sacro

Cuore.

L’iniziativa è rivolta agli alunni delle scuole dell’in-

fanzia, a quelli delle scuole di livello primario, di

livello secondario di primo e secondo grado, agli

studenti universitari ed a bambini e ragazzi che vi-

vendo una situazione di ospedalizzazione, frequen-

tano le scuole di ogni ordine e grado presso le

strutture ospedaliere.

Il concorso ha come obiettivo quello di educare

alla cultura del sollievo attraverso l’espressione

creativa, coinvolgendo non solo giovani alunni e

studenti, ma anche, indirettamente, le loro fami-

glie ed insegnanti. Un esercizio creativo, come rap-

presentare il sollievo attraverso un disegno, un

racconto, un videoclip, un plastico o altra produ-

zione artistica, può efficacemente contribuire ad

educare alla cultura del sollievo.

Il concorso “Un ospedale con

più sollievo”

“Città del Sollievo” In questi anni, centinaia di enti locali si sono di-

stinti nell’organizzazione di iniziative di sensi-

bilizzazione e di solidarietà in adempimento

alla direttiva istitutiva della Giornata del Sollievo. La

Fondazione, con il patrocinio dell’ANCI (Associa-

zione Nazionale Comuni Italiani) riconosce, alle

città che ne fanno richiesta, l’attestato simbolico di

“Città del Sollievo”, a testimonianza del loro impe-

gno partecipativo, informativo e formativo nella

promozione della “cultura del sollievo” attraverso le

associazioni locali di volontariato, le istituzioni sa-

nitarie territoriali e scolastiche. Prime città insignite

sono state: Ripatransone (Ascoli Piceno); Larino

(Campobasso); Bucchianico (Chieti); Certaldo (Fi-

renze); Rieti; Venosa (Potenza); Rionero in Vulture

(Potenza); San Giovanni Rotondo (Foggia); Assisi

(Perugia); Aviano (Pordenone) e altre se ne aggiun-

geranno in futuro.

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FormazioneLa Fondazione ha maturato negli anni una consapevolezza: oltre all’im-pegno per il superamento del disagio e della sofferenza imputabili a curein ospedale, poco attente ai bisogni globali della persona e alla sua di-gnità, occorre essere interpreti e promotori di un’autentica “cultura delsollievo”, fonte di istanze propositive per azioni che vadano ben oltre lepur doverose denunce o gli interventi di rimozione di ciò che è fontedi disagio e sofferenza.L’azione di promozione della “Cultura del sollievo” si dirama per la Fon-dazione lungo due direttrici: la prima è quella delle iniziative di sensi-bilizzazione e informazione condotte a livello locale o nazionale (primatra tutte la Giornata del Sollievo). La seconda direttrice è quella dellaformazione, una formazione non solo relativa al sapere o al saper fare,ma anche al sapere essere: saper-essere-sollievo, con la propria presenza, vicinanza ed empatia, per la persona che ne habisogno. Oltre a formare direttamente professionisti della salute (medici, psicologi, farmacisti, infermieri, ecc.) o a so-stenere iniziative di formazione di altri enti o del mondo del no profit, la Fondazione ha da sempre investito energie erisorse per la formazione dei volontari. Essi non sono professionisti che aiutano la persona sofferente a raggiungere ilsollievo attraverso tecniche, terapie, farmaci, la risposta principale dei volontari in ambito sanitario, consiste nella loropresenza calda, viva, attenta.Affinché il volontario possa farsi portatore di sollievo, non basta essere “volenteroso”, comprensivo, o solidale, tutto ciòè sì importante, ma gli va data forma, direzione, organizzazione, in una parola il volontario deve essere formato e diquesto la Fondazione Ghirotti è ben consapevole da sempre.È quindi intenzione della Fondazione avviare il Programma 2016-2017 che comprende corsi, seminari e incontri diinformazione e soprattutto formazione, affinché ci siano sempre più professionisti e volontari capaci di portare sollievo,essere loro stessi sollievo per chi soffre ed essere diffusori della “cultura del sollievo”.

VolontariI volontari sono attori sociali considerati con particolare attenzione e “cura”da parte della Fondazione Ghirotti, consapevole del fatto che essi sono unaespressione della società civile che si mobilita per aiutare, secondo i principidella gratuità e del bene comune, unità sofferenti, fragili e vulnerate di sestessa, altrimenti destinate all’abbandono e alla morte sociale ancor primadella morte fisica. I volontari, con la sola presenza empatica e premurosaverso i bisogni di chi soffre, sono catalizzatori di sollievo, si fanno essi stessisollievo.La stessa Fondazione nasce da uno spirito volontaristico e solidaristico voltoa proseguire il cammino tracciato da Gigi Ghirotti in una struttura orga-

nizzata, “formata” e destinata a durare nel tempo. Il volontariato è a pieno titolo nel DNA stesso della Fondazione e con-tribuisce a mantenere acceso il fuoco che la anima sin dalla sua costituzione.Da molti anni la Fondazione si avvale dei volontari aderenti all’associazione “Progetto Città della Vita” che donano illoro tempo e la loro presenza impegnandosi in attività di sostegno relazionale presso il domicilio di persone gravementemalate, aiutando l’intera unità sofferente composta dal paziente e dai suoi familiari e sono anche presenti all’interno diun hospice di Roma.

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Prefazione di Umberto Veronesial libro di Gigi Ghirotti “Il lungo viaggio nel tunnel della malattia”1, ed. Angeli, Milano, 2002.

Ho tra le mani il testo “Gigi Ghirotti nel tunnel della malattia” e mi accorgo che è sufficiente leggere solo alcuni tratti di questa esperienza di vita at-traversata dall’esperienza del dolore che lascia un’impronta profonda nel fisico e nello spirito, per rimanere colpiti dal sentimento acceso che anima

queste parole, che sembrano scaturire dalla volontà di aprire un sorriso di speranza sul buio e sul silenzio di chi vive la malattia in prima persona, daldesiderio di dire a se stessi e a chi ci cammina accanto che anche nella sofferenza la vita resta un profondo valore che va difeso e rispettato, fino infondo, anche nelle fasi più delicate dell’esistenza.Con questa profonda e saggia convinzione comincia e si snoda un viaggio di realtà vissute, di sentimenti, di parole mediate e cresciute nella propriacoscienza, che si fa ricco e diventa esperienza vibrante, perché accoglie in sé tutte le sfumature della vicenda umana. Un viaggio fatto di dialoghi a tuper tu con la vita, semplice dura e forte, di ogni uomo che ha rimesso in gioco se stesso e accettato la sfida della malattia; fatto di colloqui aperti sullasensibilità, sulla ricchezza interiore che diventa punto di forza nel momento della malattia quando tutto sembra venire a mancare, sulle fragilità dell’ioche si riscopre bisognoso di aiuto.Sono parole che raccontano di scelte difficili, di lotte intraprese e vinte, di sconfitte, di cammini perseguito con ostinazione per raggiungere quellamaturità intellettuale ed emozionale che ci permette di affrontare una prova importante; sono battute e risposte in cui ogni piccolo particolare, comeattraverso un microscopio che le ingrandisce e ne riscopre il valore, passa sotto il nostro sguardo attento e sagace che, catapultato in una realtà sempreaccantonata, percepisce ora la bellezza delle cose e dei gesti semplici, la “nostalgia” di una giornata normale frastagliata dalle preoccupazioni quotidiane,la vitalità e la ricchezza delle relazioni interpersonali, delle esperienze di ogni giorno vissute con responsabilità e consapevolezza, della solidarietà del-l’uomo.Questi sentimenti, queste storie di vita sembrano forse più pregnanti, più vere perché nate dalla penna e dalla voce di Gigi Ghirotti, uomo dall’integritàmorale ed onestà intellettuale, che ha vissuto la malattia accanto ad ogni uomo che ha visto la vita offesa dalla malattia e dal dolore. A ciascuno hasempre saputo riservare un sorriso, una espressione di fiducia e di coraggio negli occhi, una mano tesa pronta alla condivisione, una voce che rincuora,un gesto che rinfranca. Con questa immagine serena voglio ricordare Gigi Ghirotti che ha sempre tenuto fede ai suoi ideali, lottando affinché la vita sofferente non fosse mailasciata sola ed il suo male una ragione per metterla al bando; impegnandosi perché intorno al malato si creassero condizioni, ambienti, motivazioniche lo alleviassero nel suo difficile percorso; sensibilizzando ciascuno all’importanza di un avanzamento culturale e psicologico, sempre più umano ediscreto, con la persona ammalata, mettendo al primo posto la sua dignità e i suoi diritti.

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»

1 Brani tratti da “Il lungo viaggio nel tunnel della malattia”, il volume che raccoglie gli articoli scritti da Gigi Ghirotti tra il 1973 e il 1974 sulla propria vicenda di malato tra i malati e la trascrizione delledue inchieste televisive da lui condotte in giro per ospedali pubblici italiani.

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Una partita difficileDue anni fa, dopo un’operazione, mi fu detto che avevo il morbo di Hodgkin e che si trattava di un pessimo padrone di casa, capace di giocare terribili scherzi

a chi non gli sapesse dare energiche risposte. Prima di allora non avevo sentito il nome del signor Hodgkin, ma poi ho saputo e sperimentato talune sueabitudini. Per esempio, il suo apparire senza dolore e certi suoi lunghi letarghi che ti illudono e ti fanno credere d’essere guarito.Molte volte il signor Hodgkin mi concede una tregua e allora posso svolgere il mio lavoro di giornalista, sebbene non più con la sveltezza di un tempo. E così hopotuto raccontare in una serie di articoli per il mio giornale e in una trasmissione andata in onda l’anno scorso ciò che capita a un ammalato che fa scalo neipubblici ospedali. L’ho fatto perché mi pare che un giornalista non possa essere il testimone di un sentito dire, o colui che vive delle passioni degli altri.Se gli capita di correre un’avventura tra vita e morte in prima persona e poi non la racconta, direi che quel giornalista è uno che non ha capito nulla, né del propriomestiere, né dei propri doveri di cittadino.Era necessario che lo facessi perché proprio intorno alla malattia la società ha eretto i più feroci e misteriosi fortilizi della riservatezza. Sembra quasi che la malattiasia una colpa, una vergogna da tener nascosta. Risultato di questo atteggiamento è che abbiamo fatto degli ospedali un luogo di segregazione della nostracomunità, e degli ammalati dei paria, privati dei diritti di cui da sani godrebbero senza discussione.Quando cominciai questo ultimo ciclo di cure il professor Biagini, con molta pazienza e chiarezza, mi illustrò il meccanismo dei miei guai, le terapie che sarebberostate usate, le possibilità di riuscita e quelle di insuccesso. E adesso, mi fece infine, “lei la prenda, se può, come un incontro sportivo; è una partita importante, sideve giocarla bene, ma non posso garantirle in partenza che lei vincerà. Ce la metteremo tutta, ma anche lei deve aiutarci”.Io mi sono attenuto all’immagine dell’incontro sportivo. Mi trovo impegnato in una partita difficile, su terreno fangoso con un avversario - questo oscuro signorHodgkin - che è furbo e anche sleale. Ma non solo. C’è mia moglie, Mariangela, che mi aiuta, mi dà fiducia, mi dà il braccio se vacillo. E se il signor Hodgkins’avvicina troppo, è lei che si mette a gridare per prima e mi fa avvertito.Poi ho una tribuna che è tutta dalla mia: familiari, amici, colleghi, lettori del mio giornale; telespettatori che dopo la trasmissione dell’anno scorso mi hannorintracciato e scritto i loro auguri. Posso io dare a tutte queste persone, così simpatiche e affettuose, il dispiacere di abbandonare il campo, di lasciar la partitavinta al signor Hodgkin?E poi, finché dura l’incontro, ogni possibilità è sospesa: non ho vinto io, ma nemmeno lui, siamo pari. È vero, il signor Hodgkin deve tirare il suo terribile calcio dirigore. È pauroso pensarci, ma in fin dei conti anche i più famosi campioni talvolta sbagliano il rigore. E in ogni caso è giusto che quel pallone mi trovi sullaporta, quando arriverà. Ecco tutto. [...]

«

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Da un anno mi insegue un odore di etere, di alcool, di antibiotici, di lisoformio e questo cocktail olfattivo mi pizzica le narici, mi inzuppa le ossa, mi si è attaccatoalla pelle. Sono passato nel corso di questi dodici mesi attraverso quattro ospedali, quattro interventi chirurgici; una galleria quanto mai varia e imprevedibile

di medici, di infermieri, di compagni di viaggio; un’esperienza umana e civile vissuta coralmente con persone che un anno fa non conoscevo, con cui non avreimai immaginato di dovermi trovare a dividere cibo, stanze, ansietà e speranze.E questa cavalcata non è ancora del tutto finita. Ma il primo dovere di un giornalista non è quello di informare il pubblico? Questo vuol essere dunque il resocontodi un inviato, suo malgrado, dentro il tunnel della malattia e della ospedalizzazione. Ospedalizzazione in luoghi di cura di pertinenza pubblica, medicina di stato,niente cliniche private. I momenti decisivi della propria vita vanno vissuti come e dove li vive la maggior parte dei propri connazionali.Non ne sono pentito affatto, ho spartito le lunghe ore di queste stagioni con Elio, geometra di Benevento; Vincenzo, un ragazzino romano di borgata; Equilio, untranviere di Palestrina; Rocco, ferroviere a Pescara; Francesco, un commesso di farmacia a Reggio Calabria; Cinzia, una giovane operaia di Tivoli e tanti altri sconosciutiin palandrane e pianelle, il viso colore tra il grigio e il giallognolo che mi pongono quesiti sui globuli rossi e bianchi del sangue, sulle sorti di talune squadre di calcioe tanti altri argomenti appartenenti alla tematica dei poveri diavoli. Mi accorgo che questa esperienza ha riaperto il capitolo che ritenevo chiuso e consegnato ai ricordi della gioventù, dell’amicizia. Non è poca cosa. Ho lasensazione di vivere in una città segregata entro cui la società tiene in deposito gli ammalati, e insieme nasconde alcune delle piaghe più brucianti. Non c’è crisiche non si venga a scaricare tra le mura dell’ospedale, la crisi dell’istituzione, dei valori, dei miti, dei fini e degli strumenti. [...]

Il tunnel della malattia

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