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La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. FONDAZIONE IFEL Rassegna Stampa del 16 novembre 2015

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Rassegna Stampa del 16 novembre 2015

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INDICE

IFEL - ANCI

16/11/2015 Il Sole 24 Ore

Incognita pluriennale sul «pareggio»7

16/11/2015 ItaliaOggi Sette

Ministero-Ifel, tesi a confronto8

16/11/2015 La Gazzetta Del Mezzogiorno - Nazionale

Comune con meno di 5mila abitanti servizi ora affidati all'Unione9

16/11/2015 Edilizia e Territorio

I tentativi di rendere difficile l'accesso al Tar10

16/11/2015 Prima Pagina Reggio

I Comuni e la lotta all'evasione Strumenti e volontà di utilizzarli11

FINANZA LOCALE

16/11/2015 Corriere Economia

Affitti Formula 95% per la cedolare secca14

16/11/2015 Il Sole 24 Ore

Il taglio di spesa finanzia gli investimenti16

16/11/2015 La Repubblica - Affari Finanza

La nuova visura catastale svela i metri quadri della casa un aiuto allecompravendite

17

16/11/2015 ItaliaOggi Sette

Coop edilizie esentate dall'Imu18

ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE

16/11/2015 Corriere Economia

Svolte Per le fatture digitali ora la sfida diventa privata21

16/11/2015 Corriere Economia

Tasse L'acconto va sempre al massimo23

16/11/2015 Corriere Economia

Adesso il Pos diventa sempre più intelligente25

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16/11/2015 Il Sole 24 Ore

Appalti, l'analisi dei rischi dal bando alla verifica finale26

16/11/2015 Il Sole 24 Ore

Avanzi sbloccati se si paga nel 201627

16/11/2015 Il Sole 24 Ore

Area «sotto perizia»: è lecita la cessione a prezzo inferiore28

16/11/2015 Il Sole 24 Ore

Il redditometro 2.0 si applica anche ai periodi ante-200929

16/11/2015 Il Sole 24 Ore

Per l'omesso RW l'integrativa è insufficiente30

16/11/2015 Il Sole 24 Ore

No all'abuso di diritto nella ristrutturazione con fusione inversa31

16/11/2015 Il Sole 24 Ore

Cartelle, uno «studio» non basta32

16/11/2015 Il Sole 24 Ore

Rischio limitato al maggior danno34

16/11/2015 Il Sole 24 Ore

Così il liquidatore evita l'addebito35

16/11/2015 Il Sole 24 Ore

Semplificazione e catasto ultimi tasselli per la vera svolta37

16/11/2015 Il Sole 24 Ore

Lo strumento penale può rivelarsi inefficace38

16/11/2015 Il Sole 24 Ore

Sempre più stretta la rete dei patti informativi tra gli Stati39

16/11/2015 Il Sole 24 Ore

Compensi, ravvedimento limitato40

16/11/2015 Il Sole 24 Ore

Il contribuente parte dalla penalità piena42

16/11/2015 Il Sole 24 Ore

Nella manovra più fondi per la sicurezza43

16/11/2015 La Repubblica - Nazionale

Assunzioni al Sud, sgravi per tre anni45

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16/11/2015 La Repubblica - Affari Finanza

Casa, il mercato è ripartito crescono acquisti e prestiti solo i prezzi restano al palo47

16/11/2015 La Repubblica - Affari Finanza

Banche, la stretta su Europa e Cina49

16/11/2015 La Stampa - Nazionale

In Italia stipendi troppo bassi Tre strategie per rimediare52

16/11/2015 La Stampa - Nazionale

Come incassare fino a 7 mila euro quando si cambia il conto in banca54

16/11/2015 La Stampa - Nazionale

Più soldi subito per la sicurezza Il governo punta a 300 milioni56

16/11/2015 Il Messaggero - Nazionale

Manovra, più fondi per la sicurezza57

16/11/2015 ItaliaOggi Sette

Pagamenti, pmi più puntuali59

16/11/2015 ItaliaOggi Sette

Dogane, il fisco presta le regole61

16/11/2015 ItaliaOggi Sette

Dirigenti decaduti sotto esame63

16/11/2015 ItaliaOggi Sette

Banche svizzere verso la linea dura contro gli evasori66

16/11/2015 ItaliaOggi Sette

Sanzioni ridotte con la fiduciaria67

16/11/2015 ItaliaOggi Sette

La voluntary disclosure arriva allo sprint finale in chiaroscuro70

16/11/2015 ItaliaOggi Sette

Voluntary, ultima chiamata73

16/11/2015 Libero - Nazionale

Chi evade se ne frega del limite alla liquidità74

16/11/2015 Il Fatto Quotidiano

Piano anticorruzione e acquisto farmaci76

GOVERNO LOCALE E AREE METROPOLITANE

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16/11/2015 Il Sole 24 Ore

Sud, decontribuzione prorogata a 3 anni78

16/11/2015 Il Messaggero - Roma

Allarme salari accessori tempi stretti per l'accordo

ROMA

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IFEL - ANCI

5 articoli

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Manovra. Essenziale riformare subito la legge 243 per dare regole chiare ai preventivi su tre anni Incognita pluriennale sul «pareggio» Alessandro Beltrami pLa Commissione Bilancio del Senato sta proseguendo a ritmi serrati la discussione del disegno di legge

stabilità 2016 per approdare in Aula nei prossimi giorni. Tra gli emendamenti in discussione non c'è, ad

oggi, quello che toglie la limitazione al solo esercizio 2016 dell'inclusione, nel saldo finale di competenza,

del fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa. L'inclusione del fondo pluriennale vincolato tra gli

aggregati utili ai fini della determinazione di un saldo finale di competenza non negativo è funzionale a

rendere neutra, nella programmazione degli investimenti, la distanza temporale tra l'acquisizione delle

risorse necessariee la realizzazione dell'opera pubblica. Lo strumento in esame, infatti, è stato introdotto

dall'armonizzazione dei sistemi contabili ex decreto legislativo 118/2011 per conciliare due principi generali

fondamentali di tutta la riforma: dare certezza della copertura finanziaria degli investimenti prima della loro

effettiva realizzazione da un lato, con l'esigenza, altrettanto fondamentale, di registrare la spesa al

momento del suo perfezionamento giuridico, imputandola in relazione all'esigibilità. Considerare il fondo

pluriennale vincolato solo per il primo anno di vigenza del saldo finale di competenza rappresenta un forte

limite alla programmazione degli investimenti, disattendendo in parte uno dei principali obiettivi del definitivo

superamento del Patto di stabilità interno. Il limite al solo esercizio 2016 nell'introduzione del fondo

pluriennale all'interno del saldo, poi, crea non poche difficoltà nella costruzione del bilancio finanziario

triennale coerente con il comma5 dell'articolo 35 del disegno di legge. Il comma5 impone, come per il

passato, di allegare al bilancio di previsione un prospetto conte­ nente le previsioni di competenza triennali

rilevanti in sede di rendiconto ai fini della verifica del rispetto del saldo finale di competenza. L'obbligatorietà

della coerenza triennale del bilancio con il nuovo vincolo di finanza pubblica, peraltro del tutto coerente sia

con il disegno di legge sia con i nuovi principi contabili, rischia di limitare la portata fortemente innovativa

connessa al superamento del Patto di stabilità interno. Eliminare dal saldo finale di competenza il fondo

pluriennale dal primo gennaio 2017 costringe gli enti territoriali a calibrare i tempi di realizzazione degli

investimenti in relazione agli spazi che il saldo stesso "strutturalmente" registra negli anni successivi al

2016. Spazi dati dalla sommatoria del fondo crediti di dubbia esigibilità stanziato nei relativi esercizie dei

fondi spese e rischi destinati a confluire nel risultato di amministrazione, oltre ovviamente al rimborso delle

quote capitale di mutui iscritte annualmente in bilancio in relazione ai piani di ammortamento. Inoltre, rischia

di limitare il ricorso a nuovo debito e all'applicazione dell'avanzo di amministrazione negli esercizi

successivi al 2016. Il limite al 2016 dipende al momento dai limiti della "proroga implicita" alla legge

243/2012, che poggia su un parere espresso dalla stessa commissione Bilancio su una possibile

applicazione dal 2017. Diventa quindi fondamentale completare la riforma del pareggio di bilancio all'inizio

del 2016, anche alla luce del termine del 31 marzo fissato per i preventivi. Con una riforma piena, in linea

con i meccanismi scritti nella legge di stabilità, si potrebbe stabilire subito l'orizzonte triennale per i bilanci

locali. Lo stesso Governo, come peraltro ribadito dal sottosegretario al ministero dell'Economia Pierpaolo

Baretta durante l'assemblea nazionale di Anci a Torino, ha in agenda il tema per l'inizio del 2016: i tempi

sono stretti, ma il passaggio è fondamentale.

16/11/2015Pag. 36

diffusione:150811tiratura:209613

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 16/11/2015 7

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pagina a cura di SERGIO TROVATO Ministero-Ifel, tesi a confronto La tesi ministeriale espressa con la risoluzione n. 9 sull'esenzione Imu per le cooperative edilizie si pone in

contrasto con quanto sostenuto dall'Ifel. Con una nota del 28 maggio 2015, infatti, l'Ifel ha affermato che

non spetta l'esenzione Imu per gli immobili delle cooperative edilizie, perché a differenza delle altre imprese

edilizie i beni da loro costruiti non sono destinati alla vendita e vengono assegnati ai soci. La Fondazione

Anci ha chiarito i dubbi sollevati da diverse amministrazioni comunali che avevano ricevuto delle istanze di

rimborso dalle cooperative edilizie, le quali ritengono di aver pagato l'imposta municipale negli anni scorsi,

pur non essendo dovuta. L'Ifel, invece, posto in rilievo che le cooperative edilizie non rientrano tra i soggetti

che hanno diritto a fruire dell'esenzione, in quanto la norma di legge impone che il fabbricato «sia stato

costruito da impresa costruttrice e sia tuttora di proprietà della stessa». Inoltre, l'immobile non deve risultare

locato e deve essere destinato alla vendita. Questi requisiti non sussistono per le cooperative edilizie, che

«per natura e fi nalità raggiungono il loro scopo sociale con la realizzazione degli immobili da assegnare ai

soci e acquisiscono le provviste fi nanziarie necessarie alla propria attività direttamente dai soci». Gli

immobili in questione non sono destinati alla vendita, ma al soddisfacimento delle esigenze abitative dei

soci. Peraltro, precisa la nota, rimane il dubbio «sulla natura della cooperativa edilizia e in particolare se la

stessa possa considerarsi impresa costruttrice».

16/11/2015Pag. 11 N.272 - 16 novembre 2015

diffusione:88589tiratura:133263

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 16/11/2015 8

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MONTEMESOLA DELEGATI A «MONTEDORO» DAL CONSIGLIO Comune con meno di 5mila abitanti servizi ora affidati all'Unione Urbanistica, opere pubbliche, ufficio tecnico e scuola PAOLO LERARIO l MONTEMESOLA. Il Consiglio comunale di Montemesola, nel corso di un'ine dita

riunione convocata per le 21 di qualche sera fa, ha deliberato un aspetto fondamentale per l'erogazione dei

servizi alla comunità. Pur con l' assenza delle opposizioni, non presentatesi per un probabile difetto di

convocazione, il Consiglio di Montemesola ha fatto propria all'unanimità la proposta della giunta, guidata da

Vito Punzi (Udc), di trasferire completamente all'Unione dei Comuni "M o n t e d o ro " i servizi comunali

fondamentali. Punzi ha spiegato che questo trasferimento è atto dovuto poiché, come riportato nel testo

della delibera, si sarebbe dovuto ottemperare al decreto legge del 2010 che impone ai centri con

popolazione inferiore ai 5mila abitanti di trasferire questi servizi alle Unioni, laddove ci sono (e nel caso

specifico c'è "M o n t e d o ro "). Per Punzi, inoltre, la necessità di accelerare il trasferimento sarebbe stata

consigliata anche da un'altra disposizione legislativa emanata nel 2015. Anche se l'Anci nazionale e

pugliese stanno trattando con il Governo centrale per diluire nel tempo questa norma, l'amministrazione di

Montemesola, già priva del responsabile dell'Ufficio tecnico, ha comunque deciso di rispettare i tempi. Così

all'Unione "M o n t e d o ro " toc cherà adesso gestire per Montemesola i servizi di Urbanistica e

Valutazione ambientale, di progettazione delle opere pubbliche assieme alla loro esecuzione, quello tecnico

comunale con tutte le incombenze correlate, nonchè quelli di trasporto e mensa per le scuole. Resta il nodo

del trasferimento del personale all'Unio ne "M o n t e d o ro " che sarà dipanato con l'adesione degli altri

comuni che si trovano nella stessa situazione: Monteparano, Roccaforzata e Faggiano.

16/11/2015Pag. 29

diffusione:24843tiratura:35894

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 16/11/2015 9

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RICORSI I tentativi di rendere difficile l'accesso al Tar Ogni volta che aggiudico un appalto, ho la certezza che il secondo classificato farà ricorso». Si è provato in

tanti modi a mettere una pezza alla piaga evidenziata da Piero Fassino, sindaco di Torino e presidente

Anci, al lancio del corso di formazione sugli appalti della Scuola nazionale di amministrazione. L'ultima

modifica al cosiddetto «rito appalti» è arrivata con il decreto legge 90/2014. Nel mirino gli effetti delle

sospensive, la cui efficacia è subordinata alla presentazione di una cauzione da parte del ricorrente. Ma

non solo. Con il decreto Pa sono state anche inasprite le sanzioni per «lite temeraria» che nel caso degli

appalti possono arrivare fino all'1% del valore del contratto. Va letto come il tentativo di innalzare una diga

alla marea di ricorsi anche l'aumento dei costi del contributo unificato (da 2mila a 6mila euro al Tar rispetto

ai 650 degli altri settori). Il caro-ricorsi ha generato anche una pronuncia della Corte Ue (arrivata la scorso 7

ottobre) che ha sostanzialmente promosso la misura.

16/11/2015Pag. 5 N.44 - 16 novembre 2015 tiratura:25000

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 16/11/2015 10

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NOI E IL FISCO Intervista a Renato Forenza I Comuni e la lotta all'evasione Strumenti e volontà di utilizzarli di RENATO FORENZA IComuni hanno la volontà di combattere l'evasione fiscale? I Comuni hanno potere

e strumenti per combattere l'evasione fiscale c'è la volontà di utilizzarli? Da qualche anno esiste una

collaborazione tra Agenzia delle Entrate e Comuni che partecipano alla lotta all'evasione, quali risultati ha

dato? Le norme che stabilivano la partecipazione dei Comuni agli accertamenti fiscali c'erano fin dal 1973

contenute nel DPR 600/1973. L'art 44 modificato con la legge n.146 del 1980 da un titolo molto significativo

"Provvedimenti urgenti per la riduzione dell'evasio ne" stabiliva che "i Comuni partecipano all'accertamento

dei reddit i... Il Comune avvalendosi del Consiglio Tributario può segnalare all'Ufficio finanziario qualsiasi

integrazione degli elementi contenuti nelle dichiarazioni... può proporre l'aumento degli imponibili indicando

dati, fatti ed elementi r i l eva n t i . . . " . Il successivo articolo 45 prevedeva presso ogni Ufficio Finanziario

apposite commissioni formate per metà da designati dal Consiglio comunale col compito di determinare

l'imponibile da accertare nei casi di divergenza tra Ufficio e Comune sulle proposte di rettifica non

condivise. Analoga disposizione era contenuta nell'art. 22 DPR 643/1972 per l'IN VIM. Può sembrare

assurdo ma le suddette norme non sono mai state applicate né osservate proprio dalle istituzioni che erano

obbligate. Sono cadute in desuetudine perché in nessun Comune sono stati istituiti i Consigli Tributari né le

Commissioni miste con gli Uffici Finanziari locali; le norme c'erano e non sono state osservate, i mezzi e gli

strumenti anche ma non sono stati utilizzati. Penso che con la nuova normativa siano state abrogate

tacitamente. Per quali motivi non sono stati attuati i suddetti provvedimenti legislativi? Come spiega la loro

inosservanza? Probabilmente, mancava a tutti i livelli la volontà reale di combattere l'evasione fiscale,

nonostante questo obbiettivo figurava sempre tra le priorità in qualsiasi programma elettorale e di governo.

Per anni in questo campo non si è fatto nulla, il fenomeno è dilagato concorrendo, assieme a spese

improduttive e sprechi, ad aumentare il debito pubblico. Con ricorrenza periodica sono stati adottati

provvedimenti di condono che hanno premiato gli evasori e incentivato la disobbedienza fiscale. Con la

finanza derivata (lo Stato che ripiana i debiti delle Amministrazioni locali ) i Comuni non avevano alcun

interesse a collaborare con gli Uffici Finanziari. Negli ultimi 20 anni ha iniziato a farsi strada il Federalismo

ed è il tema tornato attuale. Con l'introduzione del federalismo la situazione è miglior ata? Direi di no; le

principali condizioni richieste dal federalismo, che al decentramento delle spese decentra le entrate

valorizzando quelle locali, sono state attuate in maniera approssimativa, sporadica ed incompleta. In

assenza di un disegno chiaro e strutturale , il federalismo ha prodotto effetti negativi e le continue

polemiche nei rapporti tra Enti territoriali e Governo centrale ne sono la prova evidente. Per realizzarne i

benefici debbono essere riformati i rapporti tra Stato e Regioni che con la loro autonomia non hanno dato

prova di efficienza e buona amministrazione causando gran parte del debito pubblico. Stesso discorso

anche per la fiscalità locale dei Comuni che va rivista con un piano organico e strutturale che ne regoli la

potestà impositiva. Con il federalismo fiscale come attuato finora non si sono ottenuti risultati soddisfacenti

anzi... non ha comportato una riduzione della pressione fiscale che è aumentata. Per potenziare la lotta

all'evasione e per reperire risorse ai Comuni è stato previsto il loro coinvolgimento . Dopo questa

esperienza negativa degli anni precedenti, il governo, nel 2005, ha riproposto la partecipazione dei Comuni

ma questa volta regolata in maniera diversa e con delle novità. Quali sono le novità introdotte nel 2005? La

partecipazione all'attività di accertamento fiscale (imposta per legge ma per 30 anni rimasta inattuata!) è

stata potenziata ed incentivata attribuendo ai Comuni una percentuale sulle maggiori somme dei tributi

statali incassate per la loro collaborazione con l'Ag enzia delle Entrate. L' incentivo che al l'inizio era del

30% è stato aumentato per il 2011 al 50% e per gli anni 2012,2013 e 2014 addirittura al 100%. Con la

possibilità di tali vantaggiose entrate sicuramente i Comuni hanno interesse e si impegnano nel partecipare

alla lotta all'evasione? In quale misura i Comuni ,con la loro collaborazione, hanno concorso al recupero del

16/11/2015Pag. 13

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 16/11/2015 11

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l'eva s i o n e ? La risposta non è semplice, in proposito ho molte perplessità ; mi riservo di rimandarla al

prossimo servizio dopo aver analizzato i numerosi dati pubblicati dal Ministero dell'Economia e Finanze, dal

Ministero dell'Interno, dall'Agenzia delle Entrate e dall'ANCI (Associazione nazionale dei Comuni) di difficile

elaborazione perché non omogenei e con indicatori e chiavi di lettura diverse. Mi limito ad una semplice

considerazione: il lungo tempo trascorso tra l'approvazione della legge nel 2005 e la stipula delle prime

convenzioni dei Comuni con l'Agenzia delle Entrate avvenuta dopo il 2008. Ad oggi, dopo 10 anni,

nonostante l'incentivo al 100% e le necessità di cassa, sono pochissimi i Comuni che hanno aderito al patto

di collaborazione con l'Agenzia delle Entrate. Basta questo indicatore per dimostrare il basso entusiasmo e

la scarsa volontà dei Comuni a contrastare l'evasione; i risultati ottenuti fino ad oggi non sono lusinghieri sia

nella quantità che nella qualità; nel prossimo servizio proverò la fondatezza di questa mia affermazione con

numeri e dati certi inoppugnabili. "Il Comune, avvalendosi del Consiglio Tributario, può segnalare all'Ufficio

finanziario qualsiasi integrazione degli elementi contenuti nelle dichiarazioni, può proporre l'aumento degli

imponibili indicando dati, fatti ed elementi rilevanti Renato Forenza, già dirigente dell'Agenzia delle Entrate

16/11/2015Pag. 13

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 16/11/2015 12

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FINANZA LOCALE

4 articoli

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Dedicato ai proprietari immobiliari Affitti Formula 95% per la cedolare secca Nessun anticipo è dovuto sui fabbricati affittati per la prima volta nel 2015 con la tassa piatta STEFANO POGGI LONGOSTREVI Anche i proprietari immobiliari devono mettere mano al portafoglio. Entro il 30 novembre, infatti, chi ha

optato per la cedolare secca sugli affitti di immobili abitativi e relative pertinenze deve versare il secondo o

unico acconto.

Per il 2015 l'aliquota dell'acconto della cedolare è confermata nella misura del 95% e si calcola sull'imposta

dovuta per l'anno precedente (rigo RB 11 colonna 3 dell'Unico 2015), ossia con la regola ordinaria del

«metodo storico». L'acconto è obbligatorio se qui è stato indicato un importo pari o superiore a 52 euro.

Chi ha già pagato la prima rata di acconto pari al 38% entro il 16 giugno (o 6 luglio se beneficiava della

proroga per chi ha gli studi di settore), anche rateizzandola, adesso deve versare il restante 57%. Il metodo

più semplice è in questo caso quello di determinare l'acconto complessivo del 95%, calcolato sulla cedolare

dovuta per il 2014, e poi sottrarre quanto già anticipato come prima rata. Se la prima tranche è stata

versata entro il 16 luglio (o entro il 20 agosto se si fruiva della proroga per gli studi di settore), non va

considerata la maggiorazione dello 0,40% applicata per il pagamento differito. Il codice tributo per il

pagamento del secondo o unico acconto della cedolare nel modello F24 è: 1841, anno 2014, da esporre

nella sezione Erario.

Se l'importo su cui calcolare l'acconto è inferiore a 52 euro, non è dovuto acconto e l'imposta si pagherà

tutta con il saldo a giugno 2016.

Nuovi contratti

Se un appartamento viene affittato per la prima volta nel 2015 con opzione per la cedolare in sede di

registrazione del contratto, non è dovuto l'anticipo. Se però nel 2014 era in essere il contratto di affitto con il

precedente inquilino e si era optato per la cedolare, l'acconto del 95% va calcolato sul dato storico della

tassa piatta applicata nel 2014 sul precedente contratto.

Nessun acconto della cedolare anche per i contratti di locazione abitativi già in essere nel 2014, per i quali

l'anno scorso era stata però applicata l'Irpef ordinaria e solo nel corso del 2015 si è esercitata l'opzione per

la cedolare.

Il locatore che opta per la cedolare deve averne dato preventiva comunicazione al conduttore con

raccomandata postale. La comunicazione deve contenere la rinuncia alla facoltà di chiedere, per tutta la

durata dell'opzione, gli aumenti del canone previsti dal contratto, inclusi gli aumenti Istat.

Riduzioni

E' possibile anche avvalersi del metodo previsionale per l'acconto, qualora la cedolare per l'anno in corso

sia inferiore a quella dell'anno precedente. In questo caso l'acconto versato deve essere almeno pari al

95% dell'imposta dovuta per il corrente anno.

L'utilizzo del metodo previsionale interessa soprattutto chi aveva nel 2014 un appartamento affittato con

cedolare secca e il contratto è cessato nel 2015 e l'appartamento è ora sfitto. In questo caso, per non

versare all'Erario un'imposta eccedente rispetto al dovuto, si può calcolare il 95% della cedolare

effettivamente dovuta per i mesi di affitto del 2015, sottrarre quanto pagato come prima rata e versare

quindi la differenza.

Ravvedimento

Per chi non ha versato la prima rata, pur essendo tenuto a farlo avendo una cedolare pari o superiore a 272

euro (e quindi un acconto totale almeno pari a 257,52 euro), è possibile avvalersi del ravvedimento operoso

versando adesso quanto dovuto come prima tranche (codice tributo 1840), oltre agli interessi dello 0,5%

annuo (codice 1992) e alla sanzione ridotta del 3,75% (codice 8913).

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(Associazione italiana

dottori commercialisti)

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per cento 10 L'aliquota della cedolare secca sui canoni concordati per cento 21 L'aliquota della cedolare

secca sui contratti ordinari

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Finanza locale. In arrivo il decreto con il terzo correttivo all'armonizzazione ­ Sostegno anche dalla quotapositiva consolidata del saldo Il taglio di spesa finanzia gli investimenti La riduzione di uscite correnti potrà alimentare gli impegni successivi in conto capitale LACERTIFICAZIONE Per attestare la copertura con entrate dei titoli 4,5 e 6 bisognerà indicare gli estremi delprovvedimento con gli accertamenti Patrizia Ruffini Cinzia Simeone pCon l'emanazione del decreto relativo al terzo aggiornamento del Dlgs 118/2011 gli enti locali potranno

dare copertura finanziaria agli investimenti imputati agli esercizi successivia quello in corso utilizzando

nuove leve: la quota consolidata del saldo positivo di parte corrente, nuove o maggiori aliquote fiscali (ora

però bloccate dalla manovra)e riduzioni permanenti di spese correnti. Con le novità approvate dalla

commissione Arconet il 21 ottobree rese note nei giorni scorsi, saranno favorite le spese per investimenti a

partire dal 1° gennaio 2016. Gli enti locali potranno finanziare gli investimenti oltre che tramite il "blocco"

classico delle entrate in conto capitale (Titolo 4), da riduzioni di attività finanziarie eccedenti rispetto alle

spese per incremento di attività finanziarie (Titolo 5) e da prestiti (Titolo 6), anche tramite le entrate correnti

(Titoli 1,2 e 3) non destinate spese correnti e rimborso dei prestiti. Queste entrate potranno essere

impiegate con modalità differenti a seconda che siano destinate alla copertura di investimenti imputati

all'esercizio in corso o agli esercizi successivi. Per gli investimenti imputati all'esercizio in corso, la

copertura è costituita dall'intero importo del saldo positivo di parte corrente nel bilancio di previsione. Per gli

investimenti imputati agli esercizi successivi, invece, gli enti avranno tre nuove possibilità di finanziamento.

La prima è costituita da una quota consolidata (non l'intero importo) del saldo positivo di parte corrente

previsto per ciascun esercizio nel rispetto di alcune condizioni. Con riferimento agli esercizi compresi nel

bilancio di previsione, la quota "consolidata" del margine corrente è pari al minore valore tra la media dei

saldi di parte corrente di competenza registrati negli ultimi tre esercizi rendicontati, se sempre positivi (al

netto dell'avanzo di amministrazione utilizzato e dell'accertamento di entrate non ricorrenti) e la media dei

saldi di parte corrente di cassa sempre degli ultimi tre esercizi, se sempre positivi, (al netto del fondo di

cassae degli incassi di entrate non ricorrenti). Nel caso di investimenti imputati agli esercizi non considerati

nel bilancio di previsione (comunque non oltre il 5°) la coperturaè limitata al 60% della media degli incassi

in c/ competenza degli oneri di urbanizzazione e dalle monetizzazioni di standard urbanistici (al netto

dell'Fcde) realizzati negli ultimi cinque esercizi rendicontati, garantendo la destinazione degli investimenti

prevista dalla legge. Non possono utilizzare il margine corrente gli enti in disavanzo di amministrazione

negli ultimi due esercizi rendicontati (o in disavanzo presunto nell'esercizio precedente se l'ultimo esercizio

non è stato rendicontato) a meno che non si tratti di disavanzo da riaccertamento straordinarioe disavanzo

tecnico. Occorre anche che il più vecchio degli ultimi due esercizi sia stato rendicontato. Ci sono poi due

ulteriori leve: una quota costituita dal 50% del margine corrente derivante dall'applicazione di nuove o

maggiori aliquote fiscali e dalla maggiorazione di oneri concessori e sanzioni, formalmente deliberate (al

netto dell'Fcde)e una quota derivante da riduzioni permanenti di spese correnti, già realizzate, risultanti da

un titolo giuridico perfezionato. Con il decreto ministeriale in corso di emanazione sono riscritte le regole

contabili per gli investimenti, così per esempio è specificato che per rendere l'attestazione di copertura

finanziaria per gli investimenti finanziati dalle entrate dei Titoli 4, 5 o 6 occorre indicare gli estremi del

provvedimento di accertamento delle entrate che costituiscono la copertura e la loro classificazione in

bilancio. La nota integrativa risulta rafforzata nella parte dedicata agli investimenti, per esempio dovranno

riportare gli interventi programmati per spese di investimento, indicando il dettaglio degli articoli/capitoli. Il

terzo decreto di aggiornamento del Dlgs 118/2011 realizza inoltre le condizioni richieste da tutte le

Autonomie speciali per l'adozione della riforma contabile. Dal 1° gennaio 2016 il processo di

armonizzazione sarà esteso a tutto il territorio nazionale.

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FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 16/11/2015 16

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La nuova visura catastale svela i metri quadri della casa un aiuto allecompravendite DAL 9 NOVEMBRE IL SERVIZIO È ANCHE ONLINE. SUL WEB SI PUÒ OTTENERE LACERTIFICAZIONE DELLA SUPERFICIE E RICHIEDERE LE CORREZIONE DI ERRORI. MISURA PER 57MILIONI DI IMMOBILI. UTILE PER CONTEGGIARE LA TARI Stefania Aoi Arriva il catasto al metro quadro. D'ora in poi nelle visure catastali sarà indicata la superficie

dell'appartamento o del negozio. Un dato prima assente e che sarà applicato a 57 milioni di immobili. La

misura sarà utile per conteggiare la tassa sui rifiuti (Tari) piuttosto che per mostrare, in caso di

compravendita, un dato certificato. È questa la grande novità annunciata la settimana scorsa dall'Agenzia

delle Entrate. I metri quadri saranno indicati, spiegano gli uomini del fisco, nelle visure degli immobili "di

categoria A, B e C". Quindi per quelli a uso abitativo e commerciale: non solo case, uffici, ma anche box

auto, cantine, laboratori, magazzini, scuole e ospedali. Non solo si potrà richiedere al Comune o agli uffici

dell'Agenzia, ma il documento con le misure dell'alloggio è già ottenibile (dal 9 novembre) persino online,

accedendo alla sezione servizi online sul sito dell'Agenzia. Scegliendo poi di entrare nella sezione Servizi

ipotecari e catastali e consultare i dati relativi al proprio immobile. In caso di errori nelle banche catastali, si

può persino chiederne la correzione via web. Cliccando su Correzione dati catastali "Contact center" si

trovano le istruzioni nel dettaglio. Il nuovo provvedimento semplifica la vita ai proprietari di case e locali

commerciali, mandando in alcuni casi in pensione i calcoli basati sui vani. Non sarà invece utile a

determinare la rendita catastale (che porta poi al calcolo di tasse come Imu e Tasi), qui si terrà ancora

conto del numero dei vani sia per le case che per gli uffici. Per avere cambiamenti in questo senso sarà

invece necessario attendere una vera e propria riforma del catasto, annunciata ma ancora ferma. Solo

quando questa sarà compiuta si potranno avere calcoli meno iniqui. Oggi, per esempio, a parità di metri

quadri, chi vive in un alloggio con cinque vani si troverà a pagare meno Tasi rispetto a chi vive in un

alloggio con sette vani, per via del valore catastale più alto in quest'ultimo caso. Le compravendite saranno

invece più semplici. Non si dovrà più perdere tempo per verificare l'effettiva grandezza di un immobile

messo in vendita con una metratura commerciale, che in genere si dimostra non realistica quando si va a

verificare di persona. Chi dovrà vendere d'ora in poi avrà un dato certificato da mostrare all'acquirente. Sia

per proprietari che per inquilini, la superficie indicata nella visura consentirà poi di verificare la correttezza

della tassa sui rifiuti applicata dal Comune, ed accertare che non vi siano errori. La Tari per le case, non

tiene conto di balconi, terrazzi e altre aree scoperte. Nel caso l'ente locale abbia conteggiato la tassa in

base a un dato non corretto si potrà richiedere la rettifica, comunicando lo sbaglio sia in municipio che

all'Agenzia delle entrate. In caso di assenza della planimetria, si potrà presentare una dichiarazione di

aggiornamento catastale, avvalendosi di un tecnico abilitato, per l'inserimento negli atti della piantina

catastale. Gli immobili senza planimetria sono quelli accatastati nei primissimi anni del nuovo catasto,

quando non era obbligatorio fornire questo documento. Un problema che lo scorso agosto riguardava oltre

3 milioni di unità immobiliari su 61 milioni.

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Le precisazioni in due risoluzioni del Mef: cooperative assimilate a imprese costruttrici Coop edilizie esentate dall'Imu I residenti all'estero decidono quale immobile scontare SERGIO TROVATO Sono esenti dall'Imu gli immobili delle cooperative edilizie anche se non assegnati ai soci, perché sono da

qualifi care imprese costruttrici. Quindi, fruiscono dell'agevolazione Imu come i beni merci delle imprese

edilizie. Spetta ai residenti all'estero, che possiedono più di un immobile in Italia, indicare quale unità

immobiliare possa fruire dell'esenzione Imu. È quanto ha affermato il dipartimento delle fi nanze del

Ministero dell'economia con le risoluzioni 9 e 10 del 5 novembre scorso. Cooperative edilizie. Dunque, per il

dipartimento delle fi nanze, spetta l'esenzione Imu per gli immobili delle cooperative edilizie perché sono da

qualificare imprese costruttrici e, così come avviene per le altre imprese edilizie, i beni da loro costruiti sono

destinati alla vendita. Al riguardo, viene richiamata la circolare 182/1996 emanata dall'Agenzia delle

entrate, secondo cui «... nella categoria delle imprese costruttrici rientrano a pieno titolo le cooperative

edilizie che costruiscono, anche avvalendosi di imprese appaltatrici, alloggi da assegnare ai propri soci». Le

assegnazioni, per l'Agenzia, sono da qualifi care giuridicamente «cessioni di beni e scontano lo stesso

regime delle cessioni di abitazioni da parte di imprese costruttrici». Allo stesso modo, tra l'altro, si è

espressa la Corte di cassazione con la sentenza 12675/2014. Va ricordato che l'articolo 2 del dl 102/2013,

oltre al concedere il benefi cio dell'esclusione dal pagamento della seconda rata a saldo dell'Imu dovuta per

il 2013, ha stabilito che i beni merce delle imprese non pagano l'Imu dal 2014. L'agevolazione è

condizionata dal fatto che gli immobili non siano locati. Se dati in affi tto anche per un breve periodo

perdono lo status imposto dalla norma di legge e sono sottoposti all'imposta municipale. Dunque, mentre

prima dell'intervento normativo per gli immobili costruiti dalle imprese e destinati alla vendita il legislatore

demandava ai comuni il potere di concedere l'aliquota agevolata, il dl 102 ha previsto un benefi cio fiscale

differenziato per il 2013 e il 2014. Per il 2013, al fi ne di dare una mano al settore dell'edilizia che è in forte

crisi, è stata abolita la seconda rata dell'imposta, mentre dal 2014 gli immobili delle imprese costruttrici non

sono più tenuti al pagamento «sine die», vale a dire fi no a quando non vengono venduti. Inoltre l'articolo 2,

comma 5-bis, dello stesso decreto impone alle imprese di presentare una dichiarazione nella quale devono

attestare il possesso dei requisiti e devono elencare dettagliatamente gli immobili che hanno diritto a fruire

del beneficio fi scale, indicando i relativi identifi cativi catastali. Esenzione residenti all'estero. Con la

risoluzione 10 il dipartimento delle fi nanze ha chiarito che i residenti all'estero, che possiedono più di un

immobile in Italia, hanno la facoltà di scegliere quale unità immobiliare può beneficiare dell'esenzione Imu.

Nello specifi co sostiene che «in assenza di specifiche disposizioni in ordine all'individuazione dell'immobile

da considerare ai fi ni dell'equip a r a z i o n e all'abitazione principale, la stessa possa essere effettuata

direttamente dal c o n t r i b u e n te». Naturalmente, anche i r e s i d e n t i all'estero possono fruire del t r a

t t a m e n to agevolato per le pertinenze appartenenti a categorie catastali diverse, fi no a un massimo di

tre. Compete al contribuente individuare le pertinenze alle quali applicare il regime agevolato. Le altre unità

immobiliari, invece, devono essere tassate come abitazioni diverse da quella principale «con l'applicazione

dell'aliquota deliberata dal comune per tali tipologie di fabbricati». Dal 2105 i residenti all'estero pensionati,

iscritti all'Aire, sono esonerati dal pagamento dell'Imu per un immobile posseduto in Italia purché non locato

o dato in comodato. Peraltro, sullo stesso immobile esonerato dall'Imu, pagano la Tasi e la Tari dovute con

la riduzione di due terzi. In seguito alle modifi che introdotte alla disciplina dell'imposta municipale con il dl

«casa» (47/2014) i residenti all'estero, iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire), possono

fruire dell'esenzione. Il benefi cio, però, è limitato solo a coloro che risultino pensionati nei rispettivi paesi di

residenza. Per esempio, se un contribuente risiede all'estero e percepisce una pensione erogata dallo stato

italiano non ha diritto all'esenzione. E i comuni non possono più assimilare all'abitazione principale

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l'immobile posseduto dai cittadini italiani residenti all'estero iscritti all'Aire. È stata eliminata la facoltà di

assimilazione dall'articolo 9-bis del dl 47/2014, il quale ha apportato delle modifiche all'articolo 13, comma

2, del dl Monti (201/2011), che attribuiva agli enti locali il relativo potere. La norma prevedeva che il

trattamento agevolato potesse essere concesso per le unità immobiliari possedute, a titolo di proprietà o

usufrutto, da anziani o disabili che spostano la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero

permanente, nonché per quelle possedute, a titolo di proprietà o usufrutto, in Italia dai cittadini italiani non

residenti nel territorio dello stato, a condizione che non risultassero locate. Dal 2105, infi ne, i residenti

all'estero fruiscono di un'ulteriore agevolazione: sono tenuti a pagare Tasi e Tari in misura ridotta. Sulla

stessa unità immobiliare esonerata dal pagamento dell'Imu, come disposto dall'articolo 9-bis, comma 2, del

dl 47/2014, Tasi e Tari sono applicate, per ciascun anno, in misura ridotta di due terzi.

In sintesi Riferimenti normativi: articolo 13 dl 201/2011; articolo 2 dl 102/2013; articolo 9 dl 47/2014

Riferimenti prassi: circolare 182/1996; risoluzioni 9 e 10/2015 Cooperative edilizie: imprese costruttrici

Assegnazione dei beni ai soci: cessione dei beni Immobili non assegnati ai soci: esenti dall'Imu Esenzione

Imu abitazione principale dei residenti all'estero: spetta agli interessati indicare l'unità immobiliare oggetto

dell'agevolazione Estensione benefi cio fi scale: n. 3 pertinenze Requisiti: iscrizione all'Anagrafe degli

italiani residenti all'estero (Aire) Limite esenzione: soggetti pensionati nei rispettivi paesi di residenza

Condizione: immobile non locato o dato in comodato Altre agevolazioni: riduzione 2/3 Tari e Tasi

16/11/2015Pag. 11 N.272 - 16 novembre 2015

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ECONOMIA PUBBLICA ETERRITORIALE

34 articoli

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Pubblica amministrazione I dati dopo l'obbligo in vigore da fine marzo. Si studiano incentivi per il «businessto business» che abbandona la carta Svolte Per le fatture digitali ora la sfida diventa privata In otto mesi inviati 17 milioni di documenti, errori scesi sotto il 5% Prossimo passo: estendere la proceduraai pagamenti tra imprese Dallo spesometro ai rimborsi Iva: meno burocrazia con l'e-payment FAUSTA CHIESA Quasi 17 milioni. È il numero di fatture elettroniche emesse nei confronti della Pubblica amministrazione da

quando - nel marzo scorso - il cartaceo è stato mandato in pensione per legge. Crescono ogni mese: siamo

passati dalle 577 mila in marzo ai 2,73 milioni in ottobre, dice il sito «Fatturapa.gov» del governo.

«Le imprese stanno imparando a utilizzare questo strumento e infatti diminuiscono gli errori di invio al

sistema - commenta Liliana Fratini Passi, direttore generale del Consorzio Cbi, intermediario fra le imprese

e Sogei, la società del Tesoro che gestisce il sistema di interscambio -. Le aziende acquistano esperienza e

gli enti della pubblica amministrazione si stanno rendendo sempre più raggiungibili».

Il salto culturale

Ma c'è un altro dato che mostra il salto culturale e tecnologico che le imprese italiane fornitrici hanno fatto

in questi mesi: sempre meno documenti sono scartati perché inadeguati, per esempio per mancanza di

informazioni. A marzo la percentuale di scarto era del 15%, a ottobre soltanto del 5,4% e il calo è costante.

A oggi, il 94% di file è andato a buon fine: l'amministrazione li ha presi in carico e indirizzati all'ente

destinatario. Di questi 17 milioni di fatture elettroniche, il 3% è stato «canalizzato» tramite Cbi ( corporate

banking interbancario).

«La nostra infrastruttura ha un milione di imprese clienti per gli incassi e i pagamenti tramite conto corrente

- dice Fratini Passi -. Alcune hanno scelto come intermediario una banca anche per la trasmissione delle

fatture elettroniche. Questo permette di avere altri servizi, per esempio la richiesta di anticipo fattura». La

rete Cbi consente ai 570 istituti finanziari consorziati di dialogare direttamente con Sogei nelle due direzioni:

l'invio di fatture elettroniche delle aziende creditrici e la loro ricezione per conto degli enti debitori.

I vantaggi

Il primo impianto normativo in tema di fattura elettronica era contenuto nella Finanziaria del 2008. Nel 2013

fu sancito l'utilizzo della fattura elettronica per tutte le strutture della Pubblica amministrazione, sia centrali

che locali. Il passaggio pratico è stato l'obbligo per gli enti centrali (che sono circa 9 mila), dal 31 marzo del

2014, mentre dallo scorso 31 marzo l'obbligo è stato esteso agli enti locali.

Più fatture digitalizzate, più soldi risparmiati. È stato stimato, ricorda Cbi, che il risparmio derivante da ogni

fattura emessa e ricevuta in formato digitale è di circa 17 euro: 14 per il minor impiego di manodopera e tre

per la riduzione dei materiali e dello spazio. In totale, il passaggio al formato elettronico ha un beneficio

potenziale per la Pubblica amministrazione di circa un miliardo l'anno grazie alla riduzione dei costi legati

alle attività svolte, alla migliore accuratezza del processo, alla riduzione degli archivi e all'abbattimento dei

tempi. Le ricadute positive riguardano anche i fornitori, con benefici per quasi 600 milioni.

Nuovo traguardo

Se con la Pubblica amministrazione si può dire «missione compiuta», ora c'è un altro obiettivo: i privati. «Il

prossimo passo è spingere all'adozione della fattura elettronica tra privati, è fondamentale per far

progredire il Paese e infatti il legislatore sta guardando al business to business », dice Fratini Passi.

Il 18 agosto è stato emanato un decreto legislativo sulla «Trasmissione telematica delle operazioni Iva e di

controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici», in pratica proprio la fatturazione

elettronica tra privati. Non ci saranno obblighi, ma semplificazioni e incentivi per chi, su base volontaria,

abbandona la carta. Tra questi, Fratini Passi indica l'eliminazione dell'obbligo di trasmettere lo

«spesometro» e di effettuare le comunicazioni «black-list», ma anche tempi più rapidi per il rimborso Iva.

16/11/2015Pag. 51 N.38 - 16 novembre 2015

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 16/11/2015 21

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Dal primo luglio 2016, l'Agenzia delle Entrate metterà a disposizione dei contribuenti, gratis, un servizio per

la generazione, la trasmissione e la conservazione delle fatture elettroniche. Da gennaio 2017, il ministero

dell'Economia metterà a disposizione dei soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto il Sistema di

interscambio.

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IL BILANCIO DELLA RIVOLUZIONE Le fatture elettroniche alla Pubblica Amministrazione PA Marzo Apr.

Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Percentuale di scarto Numero di file veicolati 577.861 1.903.660 2.464.689

2.582.170 2.625.369 1.791.111 2.334.592 2.703.588 Totale 16.983.040 5,4 6,29 % % 5,54 % 7,54 % 8,48

9,59 % % 12,65 15,06 % % F.

Foto: Intermediari Liliana Fratini Passi di Cbi

16/11/2015Pag. 51 N.38 - 16 novembre 2015

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 16/11/2015 22

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Appuntamenti/1 Entro il 30 novembre il versamento della seconda o unica rata delle imposte sui redditi Tasse L'acconto va sempre al massimo Confermata l'aliquota del 100% per l'Irpef, mini sconto per le società di capitali Dall'1 al 14 dicembre unamini sanzione dello 0,2% al giorno Nessun problema per chi ha fatto il 730: ci pensa il sostituto d'imposta GIORGIO RAZZA* La macchina degli acconti va sempre a velocità massima, anche se si vedono i primi segnali di ripresa, lo

spread balla intorno a 100 e la situazione dei conti pubblici sembra essere meno preoccupante.

É stata confermata, infatti, anche per il 2015 l'aliquota del 100% per l'anticipo Irpef (se ancora si può

chiamarlo così). Solo le società di capitali possono beneficiare di un piccolo sconto visto che l'aliquota, per

Ires e Irap, scende dal 101,5% dell'anno scorso al 100%.

Oltre all'Irpef vanno versati anche l'acconto Irap (per chi ha un'attività in proprio), quello Ivie (l'imposta che

colpisce gli immobili situati all'estero), quello dell'Ivafe (investimenti finanziari oltre frontiera) e quello della

cedolare secca sugli affitti. Commercianti, artigiani e gli iscritti alla gestione separata devono versare anche

l'acconto dei contributi Inps. Le società di capitali pagheranno l'anticipo Ires e Irap.

Chi ha fatto il modello 730 non deve versare nulla, ci pensa il sostituto d' imposta. Nessun anticipo è

dovuto, invece, per l'addizionale regionale.

Gli obbligati

L'acconto Irpef è dovuto se, al rigo RN34 (differenza) dell'ultimo modello Unico, compare un importo pari o

superiore a 52 euro. Se questo avviene, possono presentarsi due situazioni:

l'importo del rigo RN34 va da 52 a 257 euro. In questo caso, l'operazione acconto è semplice: basta

calcolare il 100% dell'importo qui indicato ed effettuare il versamento in unica soluzione entro il 30

novembre usando il modello F24 (codice tributo 4034);

l'importo del rigo RN34 è superiore a 258 euro. Le cose sono più complicate perché a questo livello

scattava l'obbligo di corrispondere il doppio acconto. La prima rata, però, andava versata entro il 16 giugno

(o 6 luglio per chi è soggetto agli studi di settore). Per non commettere errori, e controllare i vecchi

conteggi, basta calcolare il 100% del rigo RN34 e sottrarre quanto versato come prima rata. La differenza

corrisponde alla somma da versare entro fine mese. Chi ha differito i pagamenti estivi al 16 luglio (o al 20

agosto se soggetto agli studi di settore) ha aggiunto alla prima rata la maggiorazione dello 0,40% (che

nell'F24 andava cumulata insieme all'imposta). Nei calcoli bisognerà tenerne conto.

Stesse modalità di calcolo per i contribuenti minimi (imposta sostitutiva del 5%) con riferimento però al rigo

LM14.

Per l'Ivie e l'Ivafe, infine, il calcolo deve essere effettuato sul valore indicato alla colonna 1 dei righi RW6 e

RW7. Le regole sono le stesse: la quota dell'acconto è del 100%.

Se da Unico risultano crediti ancora non utilizzati né chiesti a rimborso, vanno detratti prima di versare.

Ricordiamo che nel modello Unico 2015 gli acconti dovuti in base al metodo storico andavano in ogni caso

calcolati e indicati in dichiarazione. Nello specifico la prima rata la troviamo riportata al rigo RN62.

Se pensate che quest'anno pagherete minori imposte rispetto all'ultima dichiarazione, potete calcolare

l'acconto con il metodo previsionale in base all'imposta che sarà dovuta a consuntivo in Unico 2016, stando

attenti a non versare troppo poco per non incorrere in sanzioni (vedi articolo a fianco).

Gli esonerati

Ecco chi può sfuggire all'obbligo dell'acconto:

chi ha indicato nel rigo RN34 di Unico un importo non superiore a 51 euro;

i dipendenti e pensionati che hanno fatto il 730 (alla trattenuta dell'eventuale anticipo ci pensa il datore di

lavoro);

16/11/2015Pag. 45 N.38 - 16 novembre 2015

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chi non ha presentato la dichiarazione dei redditi per l'anno precedente perché non obbligato (come chi ha

solo reddito di lavoro o pensione);

chi possiede il solo reddito di lavoro o pensione e l'abitazione principale e relative pertinenze e altri

fabbricati non locati;

chi ha conseguito solo redditi esenti da Irpef o assoggettati a ritenuta d'imposta (come gli interessi sui

depositi bancari e postali oppure sui Bot, Cct o altri titoli pubblici);

i contribuenti che conseguono nel 2015 redditi da dichiarare, ma che a giugno non hanno presentato la

dichiarazione perché esonerati (come chi ha iniziato un'attività nel corso dell'anno);

gli eredi dei contribuenti deceduti nel corso del 2014. L'esonero si riferisce ai soli redditi del defunto.

Non versa l'acconto di novembre anche chi ha preferito corrisponderlo in unica soluzione a giugno/luglio o

agosto.

Per i dipendenti che in primavera avevano fatto il 730, ma poi hanno cambiato lavoro nel corso del 2015,

l'eventuale acconto irpef va, invece, versato personalmente, salvo che non abbiano richiesto al nuovo

datore di lavoro di trattenerlo.

Pagamento

Nel modello F24 l'acconto va indicato al centesimo di euro. Chi ha la partita Iva deve utilizzare per il

pagamento solo l'F24 telematico o l'home banking, oppure Entratel o Fisconline. Le normali persone fisiche

possono ancora usare l'F24 cartaceo in banca o posta. Attenzione però! Tutti i contribuenti indistintamente

dovranno saldare il conto con modalità telematiche (home banking, Entratel o Fisconline) se l'importo da

pagare è superiore a 1.000 euro, oppure in caso di F24 con compensazioni e saldo diverso da zero (anche

se inferiore a 1.000 euro). Inoltre, non è possibile utilizzare nemmeno il canale home banking, ma

esclusivamente Entratel o Fisconline, nel caso di F24 con compensazione a saldo zero.

I contribuenti «ritardatari» che non hanno versato la prima rata dell'anticipo, possono correre ora ai ripari

corrispondendo l'intera somma, più la mini sanzione del 3,75% sulla prima rata e gli interessi legali al tasso

dello 0,5% annuo, calcolati con maturazione giornaliera a partire dalla data non rispettata.

*Associazione italiana

dottori commercialisti

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* Se primo acconto versato con maggiorazione 0,40% cumulata al tributo (entro 16 luglio o 20 agosto),

l'importo va considerato al netto della maggiorazione Irpef Acconto cedolare secca novembre Fino a 51

euro Compreso tra 52 e 257 euro Da 258 euro in su Nessun obbligo di acconto Acconto 100% in unica

soluzione entro il 30 novembre Acconto totale 100% in due rate. Importo seconda rata (30 novembre) pari

al totale acconto dovuto, al netto del primo acconto versato a giugno/luglio* Calcolo dell'acconto Irpef

Importo rigo RN34, di Unico 2015 Fino a 51 euro Compreso tra 52 e 257 euro Da 258 euro in su Nessun

obbligo di acconto Acconto 95% in unica soluzione entro il 30 novembre Acconto totale 95% in due rate.

Importo seconda rata (30 novembre) pari al totale acconto dovuto, al netto del primo acconto versato a

giugno/luglio* Calcolo dell'acconto Importo rigo RB 11 colonna 3 di Unico 2015 Acconto Irpef (2a o unica

rata) Acconto Ires (2a o unica rata) Acconto Irap (2a o unica rata) Acconto imposta sostitutiva minimi (2a o

unica rata) Acconto cedolare secca (2a o unica rata) Acconto IVIE (2a o unica rata) Acconto IVAFE (2a o

unica rata) 4034 2002 3813 1794 1841 4045 4048 Codice Tributo da versare tributo I codici da indicare nel

modello F24 Pagamenti a regola d'arte RPirola

16/11/2015Pag. 45 N.38 - 16 novembre 2015

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Prodotti Adesso il Pos diventa sempre più intelligente P. PU. Nel mondo digitale, la tecnologia corre veloce e le novità si susseguono a raffica. Senza perdere il passo

anche Ingenico Italia (consociata di Ingenico group), specializzata nei sistemi dei pagamenti elettronici,

nello spegnere le prime quindici candeline, lancia una nuova serie di terminali di pagamento multifunzione i

«Pin Pad Lane 5000», che si aggiungono all'offerta già molto ricca di hardware, software e servizi pre e

post vendita, anticipando le tendenze di mercato.

«Le nuove tecnologie hanno trasformato la vita quotidiana di tutti - spiega Luciano Cavazzana, presidente e

amministratore delegato di Ingenico Italia -. E i nuovi comportamenti dei consumatori hanno continuato a

ispirare soluzioni sempre più innovative, disponibili ovunque, ventiquattro ore su ventiquattro. Così il Pos da

semplice terminale di pagamento, si trasforma in un erogatore di diversi servizi, come la gestione dei buoni

pasto o la prenotazione del taxi».

La nuova linea di «Pin Pad Lane 5000» che fa parte della famiglia di terminali Telium Tetra, sarà lanciata la

prossima settimana in Francia e a breve distanza arriverà anche in Italia, portando un'altra piccola

evoluzione nel mondo dei Pos.

«La nuova gamma - aggiunge Cavazzana - incorpora un sistema operativo che gestisce le app Html5

standard, sviluppate su qualsiasi piattaforma Android, Microsoft e iOS, consentendo, oltre al pagamento

con firma digitale e la lettura veloce delle carte in modalità contactless e Nfc anche l'erogazione di servizi a

valore aggiunto da qualsiasi punto sia effettuata la transazione».

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16/11/2015Pag. 29 N.38 - 16 novembre 2015

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Anticorruzione. L'aggiornamento del piano nazionale Anac Appalti, l'analisi dei rischi dal bando alla verifica finale LE CONTROMISURE Tra le indicazioni c'è l'utilizzo dell'audit per il controllo delle singole fasi interne allaprocedura Alberto Barbiero pGli appalti sono uno degli ambiti più a rischio per i fenomeni corruttivi e per queste ragioni le misure di

prevenzione devono essere strutturate in modo puntuale, sulla base di un'accurata valutazione. La

determinazione Anac 12/2015 sull'aggiornamento del piano nazionale anticorruzione contiene un'ampia

analisi dell'area di rischio dei contratti pubblici, focalizzando l'attenzione su tutte le fasi del percorso di

acquisizione di lavori, servizi e forniture, e individuando per ciascuna rischi potenzialie possibili misure

preventive. Il presupposto per l'impostazione di misure efficaci è la completa mappatura dei processi,

associata però a un'autoanalisi organizzativa, che deve "fotografare" la situazione, permettendo di

individuare criticità e punti di forza. I processi devono essere presi in esame per ciascuna delle macro­fasi

che compongono la sequenza per la realizzazione di un appalto, rilevando i possibili eventi rischiosi e le

anomalie significative, e componendo un sistema di indicatori di rischio e definendo misure specifiche.

L'Anac sollecita le amministrazioni ad analizzare le problematiche della programmazione, che, soprattutto

per i beni e i servizi, è trascurata dalle stazioni appaltanti e, per i lavori, se non ben impostata lascia spazio

all'intervento "spontaneo" del privato con strumenti spesso impropri. In questa fase, tra gli eventi rischiosi

l'Autorità rileva la possibilità che siano inserite nel programma triennale opere volte a premiare interessi

particolari, destinate ad essere realizzate da determinati operatori economici. Anche la progettazione ha

molteplici rischi, tra i quali la nomina di un responsabile unico del procedimento in situazione di contiguità

con l'esecutore uscenteo la fuga di notizie rispetto alla predisposizione della gara, tale da anticipare solo ad

alcuni operatori la volontà di bandire la garao il contenuto dei documenti regolatori della procedura. Nella

fase di selezione del contraente l'Anac configura come elementi rischiosi le possibili manipolazioni della

gara al fine di pilotarne l'aggiudicazione,come l'applicazione distorta dei criteri di valutazione per favorire un

certo operatore o la nomina di componenti delle commissioni giudicatrici in conflitto di interesse. Le

anomalie significative sono molte e possono sostanziarsi nell'assenza di pubblicità della procedura o nella

mancanza di criteri motivazionali sufficienti a rendere trasparente l'iter seguito per la valutazione delle

offerte. In questa fase l'Anac individua più volte tra le misure utilizzabili il ricorso all'audit interno su singole

sub­fasi. Anche la verifica dell'aggiudicazione e la stipula del contratto presentano rischi importanti, primo

tra tutti l'alterazione o l'omissione dei controlli sui requisiti. Rispetto alla fase dell'esecuzione del contratto,

invece, l'Anac rafforza una posizione più volte espressa, che individua come situazione di forte rischio la

carenza di controlli sull'effettivo stato di avanzamento dell'appalto. A questa si associa la nota criticità

dell'utilizzo improprio delle varianti, il cui numero nell'ambito dell'appalto potrebbe essere rapportato a un

indicatore specifico. L'Anac evidenzia infine la necessità di analizzare i potenziali rischi anche per la fase

relativa alla rendicontazione dei contratti, ad esempio per evitare che alcuni pagamenti sfuggano alla

tracciabilità dei flussi finanziari.

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Vincoli variabili. Le conseguenze pratiche Avanzi sbloccati se si paga nel 2016 L'OSTACOLO Il fondo cassa presunto deve essere positivo e quest'obbligo limita le possibilità per gli enti indeficit strutturale Marco Castellani pIn base alle regole del pareggio di bilancio previste dall'articolo 35 del disegno di legge di stabilità 2016, gli

enti locali stanno valutando in maniera massiccia l'opportunità, con l'ultima variazione da assumere entro il

30 novembre, di sbloccare gli avanzi destinati ad investimenti mediante costituzione del fondo pluriennale

vincolato 2015 in base alle regole del punto 5.4. del principio contabile 4/2. Si tratta di un'occasione unica,

concessa in virtù del passaggio dalle regole del Patto di stabilità a quelle del nuovo pareggio di bilancio ex

legge 243/2012 come declinate dalla manovra. L'operazione va tuttavia ponderata alla luce delle reali

possibilità degli enti di sostenere gli investimenti. 1) Per la costituzione del fondo pluriennale per l'esercizio

2015, l'ente dovrà accelerare l'avvio delle procedure di affidamento attivate in base all'articolo 53, comma

2, del Dlgs 163/2006. In alternativa viene data la possibilità di costituire il fondo per l'intero quadro

economico degli investimenti sulla base di obbligazioni giuridicamente perfezionate, imputate secondo

esigibi­ lità, ancorché relative solo ad alcune spese del quadro economico progettuale, escluse le sfere di

progettazione. In sostanza il solo impegno delle sole spese di progettazione non consente la costituzione

del fondo per l'intero quadro economico delle opere. 2)Una volta costituito il fondo, gli enti dovranno

realizzare gli investimenti entro l'esercizio 2016 ai fini della loro imputazione contabile. Infatti, al momento, il

comma4 dell'articolo 35 prevede la possibilità di aggiungere alle entrate finali il fondo pluriennale solo per il

2016. Ne consegue che qualora l'investimento finanziato con l'applicazione dell'avanzo nell'ambito della

variazione al 30 novembre non si realizzi entro il 2016 ma venga slittato agli esercizi successivi,

l'operazione tornerà a essere penalizzante in quanto, ai fini del nuovo pareggio di bilancio, non si terrà

conto dell'entrata ma solo della spesa. Da questo punto di vista, se l'intenzione del legislatoreè quella di

sbloccare gli investimenti, si ritiene opportuno considerare il fondo pluriennale valido ai fini del pareggio per

lo meno anche per l'esercizio 2017, visto che tipicamente gli stati avanzamento lavori riguardano più eserci­

zi. Se la norma rimarrà tale, gli enti dovranno concentrarsi su quelli investimenti realizzabili in poco tempo

come l'asfaltatura delle strade. 3)In ultimo, l'imputazione contabile degli investimenti nel 2016 implica che

gli stessi siano considerati esigibili (liquidati o liquidabili) e quindi, in larga misura, pagati nel 2016. Questo

aspetto è forse il più critico e sin qui meno evidenziato. Infatti se da un latoè vero che tali pagamenti

possono essere effettuati fuori dalle grinfie del Patto di stabilitàe del nuovo pareggio di bilancio (per il 2016

deve essere raggiunto solo in termini di competenzae non di cassa, contrariamente a quanto previsto dalla

legge 243/2012), dall'altro va tenuto presente che il bilancio di previsione 2016­2018, per l'esercizio 2016

deve contenere le previsioni di cassa aventi efficacia autorizzatoria. Queste previsioni, in base al principio

4/1, devono garantire un fondo di cassa finale pre­ sunto non negativo. Quest'ultimo aspetto rende di fatto

difficilmente praticabile la possibilità, nel modo sin qui illustrato, di applicare gli eventuali avanzi destinati a

investimenti per tutti gli enti che presentano una situazione di deficit strutturale di cassa. Pertanto, in vista

del probabile esercizio provvisorio, la raccomandazione di Arconet, di aggiornare entro il termine del 30

novembre il bilancio pluriennale 2015­2017 anche con riferimento all'esercizio 2016, si può rilevare

insufficiente se non accompagnata da una proiezione sull'andamento di cassa complessivo. Si consiglia

infine di dare atto, in quella sede, di un'analoga proiezione per gli esercizi 2016/2017 circa il rispetto del

nuovo pareggio di bilancio anche se la manovra 2016 non è ancora stata approvata. In mancanza di questo

gli enti rischierebbero di perdere la bussola del complessivo equilibrio finanziario mettendoa serio rischio la

costruzione dei bilanci di previsione 2016­2018.

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Imposte indirette. Nessuna plusvalenza sulla vendita a un valore inferiore a quello asseverato Area «sotto perizia»: è lecita la cessione a prezzo inferiore LE SOLUZIONI Quando non si può eseguire una nuova stima, va citato nell'atto il divario tra la valutazionee il minor corrispettivo Giorgio Gavelli pLa cessione dell'area edificabile a un prezzo inferiore a quello periziato (ed affrancato) in base all'articolo

7 della legge 448/2001 (e successivi provvedimenti ripropositivi) non fa venir meno l'effetto del versamento

dell'imposta sostitutiva. Di conseguenza, nessuna plusvalenza può essere legittimamente accertata

dall'ufficio. Non si placa il contenzioso sulle vendite "sotto perizia" dei terreni, nonostante i passi avanti a

livello interpretativo delle Entrate. Nel caso di specie è stata la Ctr Sardegna 134/01/2015 (presidente

Lener, relatore Pirari) ad affermare il principio, in linea con altre recenti pronunce (tra le altre, Ctr Puglia

1111/7/2014 e Ctr Lombardia 1902/8/2014). Sempre più spesso, infatti, gli uffici intervengono sulle cessioni

avvenutea un valore inferiore a quello oggetto di perizia asseverata, imputando ai venditori una plusvalenza

determinata sul costo originario (non rivalutato) dell'area, come se l'affrancamento non fosse mai

intervenuto. La crisi di mercato,e il conseguente calo dei valori delle aree, ha acuito il problema. Con la

risoluzione 111/E/2010 e con la circolare 47/E/2011, l'Agenzia prevede l'asseverazione tramite una nuova

perizia di stima, che riporta il valore ag­ giornato (e inferiore). Grazie all'articolo 7, comma 2, del Dl 70/2011,

in questo caso non va riversata l'imposta, anche se non si possono ottenere rimborsi. Tuttavia, questa

soluzione può essere adottata solo quando il legislatore riapre l'opportunità dell'affrancamento di valore

(come progetta di fare il Ddl di Stabilità 2016), poiché non esiste una norma "a regime". Negli altri periodi

non resta che affidarsi all'alternativa descritta dalla circolare 1/E/2013 (paragrafo 4.1). In pratica, si tratta di

dare ufficialità, nell'atto di vendita, alla discrepanza esistente tra il maggior valore di perizia (che costituisce

valore minimo ai fini delle imposte indirette) e il minor corrispettivo (su cui è calcolata l'eventuale

plusvalenza), richiamando il primo ma trasferendo di fatto il bene sulla base del secondo. L'acquirente

assolve i tributi indiretti sul valore asseverato, mentre il venditore non deve assoggettare ad imposizione

alcuna plusvalenza, essendo il corrispettivo minore dell'importo su cui è stata pagata l'imposta sostitutiva

del4 per cento. Il maggior onere subito dall'acquirente, presumibilmente, inciderà negativamente sul prezzo

pattuito. Con la risoluzione 53/E/2015 l'Agenzia, inoltre, ha riconosciuto la regolarità "sostanziale" di altre

due ipotesi piuttosto frequenti: 1 se tra il valore indicato in atto e quello periziato vi è uno scostamento poco

significativo; 1 quando, pur in presenza di una sensibile differenza tra valore di perizia e corrispettivo

dichiarato, il contribuente ha fatto menzione nell'atto dell'intervenuto affrancamento, indipendentemente dal

versamento delle maggiori imposte indirette ad opera dell'acquirente (il quale, però, resta esposto a un

probabile accertamento di valore).

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Accertamento sintetico. Le nuove regole si applicano al passato se migliorative rispetto ai vecchi coefficienti Il redditometro 2.0 si applica anche ai periodi ante-2009 Rosanna Acierno pLaddove più favorevole, il nuovo redditometro trova applicazione anche alle annualità antecedenti al 2009,

trattandosi di accertamento standardizzato. È questa la principale conclusione cuiè giunta la Ctr Lombardia

con la sentenza 2957/36/2015 depositata lo scorso 2 luglio (presidente Borgonovo, relatore Chiametti). La

pronuncia trae origine da un avviso di accertamento per l'anno 2008 nei confronti di un commerciante, sulla

base dei coefficienti redditometrici di cui al Dm 1992. Con atto di appello, il contribuente impugnava la

sentenza della Ctp che aveva respinto il ricorso, chiedendone la riforma per non aver considerato che, per

l'anno di imposta 2009,a parità di beni posseduti, l'ufficio aveva accertato in capo allo stesso contri­ buente

un maggior reddito di 46mila euro; mentre per il 2008, in base al vecchio redditometro, aveva accertato un

maggior reddito di 165mila euro. Il nuovo redditometro, infatti, risulta più favorevole rispetto

all'accertamento basato sui vecchi coefficienti: l'accertamento sintetico sul reddito delle persone fisiche ha

subito rilevanti modifiche dall'anno di imposta 2009 per opera del Dl 78/2010, che ha modificato l'articolo 38

del Dpr 600/73. Fino all'anno di imposta 2008, infatti, in base al previgente testo normativo, l'ufficio ha

accertato il maggior reddito dei contribuenti persone fisiche mediante l'utilizzo congiunto dei coefficienti

redditometrici di cui al Dm 1992, applicati agli indici di capacità contributiva (ad esempio, l'immobile,

l'autovettura e così via) e sommando al risultato le spese sostenute nel corso dell'anno, presenti in

Anagrafe tributaria. Dal 2009 in poi, invece, in base alle nuove disposizioni e grazie alle maggiori

informazioni di cui dispone, l'ufficio determina sinteticamente il reddito complessivo delle persone fisiche

sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d'imposta e sulla base del

contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva. Quest'ultimo viene individuato mediante

l'analisi di campioni significativi di contribuenti differenziati, anche in funzione del nucleo familiare e

dell'area territoriale di appartenenza, con decreto del ministero dell'Economia e delle finanze del 24

dicembre 2012. Nel riformare parzialmente la sentenza di primo grado, il collegio lombardo ha accolto la

richiesta subordinata del contribuente di applicare anche per l'anno di imposta 2008 le nuove regole di

determinazione sintetica del maggior reddito. Inoltre, è stato precisato che nonostante il Dl 78/2010 abbia

espressamente previsto la decorrenza delle nuove regole di determinazione del reddito sinteticoa partire

dall'anno di imposta 2009, la legittimità di questa disposizione rimane dubbia perché lesiva del principio di

diritto di difesa, sancito dall'articolo 24 della Costituzione. Inoltre, poiché l'accertamento redditometrico è a

tutti gli effetti un accertamento di tipo standardizzato, è necessario che la versione più evoluta prevalga su

quelle precedenti. Di conseguenza, laddoveè più favorevole per il contribuente, i metodi di rettifica più

aggiornata dovranno trovare applicazione anche per le annualità precedenti alla sua entrata in vigore.

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Persone fisiche. La mancata compilazione costituisce violazione sostanziale e non è rimediabile con la soladichiarazione tardiva Per l'omesso RW l'integrativa è insufficiente Ferruccio Bogetti Gianni Rota pLa presentazione della dichiarazione integrativa non permette di sanare l'omessa compilazione del quadro

RW. Anche in caso di contestazione tardiva, l'ufficio può far valere il raddoppio dei termini per

l'accertamento se l'omissione riguarda dati relativi a investimenti in Paesia fiscalità privilegiata. Inoltre, la

mancata compilazione del quadro RWè violazione sostanziale, in quanto i dati consentono

all'amministrazione di conoscere le disponibilità estere, anche se non generano materia imponibile. La

dichiarazione integrativa, infine, non consente di eliminare la sanzione irrogata per la mancata

presentazione nei termini della dichiarazione corretta. Così la Ctr Lombardia 3778/67/15 (presidentee

relatore Palestra). A un cittadino di origini tedesche residente in Italia l'amministrazione notifica nel 2011 un

questionario con il quale gli richiede chiarimenti per l'anno d'imposta 2005 circa la partecipazione di quote

in una società svizzera, acquistate per6 milioni di franchi svizzeri, ma non indicata nell'Unico 2006. Poco

dopo il contribuente integra la dichiarazione, esponendo i dati del quadro RW originariamente omesso. Per

l'amministrazione, però, non basta e gli contesta la mancata compilazione di RW. Il contribuente ricorre in

Ctp affidandosi a tre motivi. Intanto eccepisce la decadenza del termine per la notifica, in quanto l'atto di

contestazione avrebbe dovuto essere notificato entro la fine dell'anno 2010, cioè entro il quarto anno

successivo alla data di presentazione dell'Unico 2006. Inoltre insiste per la validità della dichia­ razione

integrativa, grazie alla quale nessuna sanzione è dovuta. In subordine, sottolinea che la mancata

presentazione nei termini della dichiarazione corretta è violazione formale, sanzionabile con la sanzione

minima. L'amministrazione non ci sta. Innanzitutto respinge la tesi del contribuente, sostenendo al contrario

la legittimità del raddoppio dei terminia seguito della rilevanza penale della mancata comunicazione per gli

investimenti detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata. Inoltre, secondo l'ufficio la dichiarazione integrativa non

consente di evitare la sanzione per l'omessa compilazione del quadro RW in quanto il contribuente avrebbe

dovuto, prima però della contestazione, effettuare il ravvedimento operoso. Infine non è neppure applicabile

la sanzione ridotta, essendo una violazione sostanziale. La Ctp dà ragione al contribuente, ma il collegio di

secondo grado ribalta l'esito per i seguenti motivi: e il raddoppio dei termini per l'accertamento riveste

carattere processuale in quanto, in caso contrario, il contribuente potreb­ be essere sottoposto ad

accertamento solo entro la data di commissione dell'irregolarità; r la mancata compilazione del quadro RW

costituisce violazione sostanziale, e non formale, in quantoi dati in esso contenuti, pur non generando

alcuna materia imponibile, costituiscono un «segnale di attenzione» circa le disponibilità estere per le quali

l'amministrazione non riuscirebbe diversamente, neppure incidentalmente,a disporre; t la dichiarazione

integrativa vale ai fini della ridefinizione della materia imponibile, ma non elimina la sanzione per la

mancata presentazione nei termini della dichiarazione corretta.

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Società. Per un «merger leveraged buy out» No all'abuso di diritto nella ristrutturazione con fusione inversa Giacomo Albano pNon c'è abuso del diritto nel porre in essere una fusione inversa a completamento di un'operazione di

merger leveraged buy out (Mlbo), qualora l'operazione nel suo complesso sia giustificata da valide ragioni

economiche. Il principio di inerenza non si applica agli interessi passivi, la cui deducibilità è soggetta

unicamente alle limitazioni previste dall'articolo 96 del Tuir. Sonoi due principi che emergono dalla sentenza

della Ctp Vicenza 693/03/2015, depositata l'11 settembre 2015 (presidente Tomaselli e relatore Forte), che

affronta la questione della deducibilità degli interessi passivi maturati nell'ambito di operazioni di Mlbo. Si

tratta di operazioni di fusione attuate facendo ricorso alla leva finanziaria, cioè mediante ricorso

all'indebitamento per finanziare l'acquisizione di una società target. In sintesi, uno schema di Mlbo passa

tipicamente per le seguenti fasi: 1 l'individuazione di una società target; 1 la costituzione di una società

veicolo che si indebita; 1 l'acquisizione della società target da parte del veicolo; 1 la fusione (diretta o più

comunemente inversa) con cui la società veicolo incorpora (o viene incorporata in) quella target,

trasferendo su quest'ultima gli oneri dell'indebitamento. I flussi di cassa generati dalla società target, quindi,

vengono utilizzati per far fronte all'indebitamento della società veicolo. Questo tipo di operazioni sono state

spesso oggetto di contestazione da parte delle Entrate in base alla disciplina antielusiva o più in generale al

principio dell'abuso del diritto, conte­ stando il difetto di inerenza degli interessi passivi. Solo recentemente

l'Agenzia ha riconosciuto la valenza civilistica e fiscale dell'operazione vista nella sua interezza, con una

risposta ad un interpello antielusivo del 26 marzo 2013 (909­416/2012). Nel caso di specie l'ufficio delle

Entrate di Vicenza ha chiesto di disconoscere la deducibilità degli interessi in capo alla incorporante,

ritenendo che il difetto di inerenza degli interessi passivi fosse "conseguente" all'abuso del diritto. La Ctp,

però, ha ritenuto insussistente l'abuso, ritenendo che l'operazione rispondesse ad esigenze di

ristrutturazione e fosse supportata da valide ragioni economiche. Ciò sarebbe dimostrato dalla continua

crescita dei ricavi negli esercizi successivi alla fusione. Inoltre,i giudici vicentini hanno dichiarato che gli

interessi passivi non sono soggetti al sindacato di inerenza (in base all'articolo 109, comma 5, del Tuir il

requisito di inerenza si applica solo a «le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi

passivi») e pertanto sono deducibili. Questi ultimi soggiacciono unicamente ai limiti previsti dall'articolo 96

del Tuir. In via preliminare il contribuente aveva formulato anche un'eccezione pregiudiziale per mancanza

del contraddittorio "rafforzato" previsto dall'articolo 37 bis del Dpr 600/73 (vigente all'epoca dei fatti), ma i

giudici hanno rigettato l'eccezione, ritenendo che la norma antielusiva non prevede(va) forme tassative per

la richiesta di chiarimenti. Pertanto la consegna del Pvc può costituire atto idoneo a tal fine.

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Accertamento. Uso esteso per l'orientamento della Cassazione che vieta l'applicazione standardizzata deglistudi di settore Cartelle, uno «studio» non basta Anche l'utilizzo di versioni successive non giustifica il rilievo basato sui soli standard NON ATTENDIBILEL'ufficio deve sempre produrre ulteriori elementi e non può limitarsi a sostituire il set di parametri con unosuccessivo Sara Mecca pÈ illegittimo l'accertamento basato esclusivamente sugli studi di settore anche se l'ufficio, in seguito al

contraddittorio, riduce i maggiori ricavi accertati sulla base di un nuovo studio, ritenuto più idoneo alla realtà

aziendale. Infatti, ciò che occorre dimostrare è che la pretesa sia fondata su ulteriori elementi, rispetto al

mero risultato degli standard. È questo l'interessante principio affermato dalla Ctr Emilia Romagna con la

sentenza 1307/10/15 del 16 giugno scorso (presidente Salvadori, relatore Pronti). La vicenda trae origine

da un avviso di accertamento con cui l'agenzia delle Entrate, sulla base degli studi di settore, rideterminava

induttivamente i ricavi di una società, esercente attività di sviluppo di sistemi informatici integrati di gestione

fab­ brica, adattati volta per volta ai singoli clienti. Contro l'atto impositivo, la contribuente proponeva ricorso

innanzi la competente Ctp, sostenendo che lo studio applicato dall'ufficio (TGDDU, relativo a software

house e riparazione di macchine da ufficio) era poco adeguato alla specifica realtà aziendale. Sebbene la

stessa agenzia avesse, in sede di contraddittorio, sostituito lo studio di settore con il più evoluto UG66U,

con conseguente riduzione dell'entità dei maggiori ricavi aziendali, non aveva co­ munque dimostrato di aver

tenuto conto di ulteriori elementi. La Ctp accoglieva il ricorso, ritenendo che l'ufficio non aveva dimostrato

che quel determinato studio di settore potesse rappresentare con sufficiente attendibilità un'azienda

altamente specializzata nella materia informatica, oggi in continua evoluzione. Nonostante il primo studio

fosse stato sostituito con uno ritenuto più attendibile, comunque le rilevazioni non apparivano convincenti

per dimostrare la legittimità dell'accertamento e non erano stati forniti dall'ufficio ulteriori elementi che

potessero giustificare la rideterminazione del reddito. L'amministrazione proponeva, dunque, appello che

tuttavia è stato respinto dalla Ctr. In particolare, i giudici della Ctr richiamano un principio ormai pacifico

stabilito dalla Cassa­ zione (si veda la sentenza n. 26635/2009) secondo il quale l'accertamento

standardizzato mediante applicazione dei parametri costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui

gravità, precisione e concordanza non è determinata meramente da uno scostamento tra il reddito

dichiarato dal contribuente e quello risultante dall'applicazione degli standards, ma nasce soltanto all'esito

del contraddittorio, che l'ufficio ha l'obbligo di attivare. Dal suo canto il contribuente deve, proprio in sede di

contraddittorio, provare, anche per mezzo di presunzioni semplici, la sussistenza di elementi e condizioni

(quali la specifica realtà aziendale) che giustifichino l'esclusione dell'impresa dall'applicazione degli

standard. Nel caso di specie, lo studio applicato non era molto perti­ nente e non era stato "calato" nella

specifica realtà aziendale. Vero è che lo studio di settore iniziale era stato sostituito con uno più evoluto.

Tuttavia, l'ufficio si era limitato ad accantonare le risultanze dello studio di settore iniziale per attestarsi su

quelle del nuovo studio, senza però corroborare le risultanze derivanti dall'applicazione dei parametri con

altre prove. L'accertamento, dunque, fondato sulla mera applicazione dello studio di settore, è da

considerarsi illegittimo. Da qui il rigetto dell'appello, con condanna dell'amministrazione al pagamento delle

spese processual i . Le sentenze ci tate in pagina IN ESCLUSIVA PER GLI ABBONATI

www.quot idianof isco. i lsole24ore.com

LA PAROLA CHIAVEStudi di settore Gli studi di settore, elaborati attraverso la raccolta sistematica di dati contabili ed

extracontabili su determinate attività economiche nei settori del commercio, servizi, manifatture e

professioni, sono uno strumento per la ricostruzione induttiva di ricavi e compensi. I risultati derivanti dalla

loro applicazione hanno valore di presunzione semplice: cioè rappresentano solo un indice di possibili

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anomalie nel comportamento fiscale del contribuente.

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Negligenza. La responsabilità non si estende al passivo Rischio limitato al maggior danno pSul presupposto che il comportamento del liquidatore sia negligente, i creditori sociali non soddisfatti

possono «far valerei loro crediti nei confronti del liquidatore, ex articolo 2495 comma 2 del Codice civile».

Alla luce di questa previsione quale è il rischio patrimoniale che incombe sul liquidatore il cui

comportamento sia caratterizzato da "colpa"? Il dato della norma lascerebbe intendere che il patrimonio

personale del liquidatore sia aggredibile per l'intero importo del credito non riscosso dal creditore, ma

certamente una conclusione simile, pur ineccepibile sul piano letterale, sembra addossare al liquidatore

una responsabilità anche per un dissesto patrimoniale che evidentemente si è formato prima

dell'assunzione dell'incarico liquidatorio. Ammanchi colposi Proviamo a ragionare sul seguente esempio:

una società nel bilancio iniziale di liquidazione presenta un debito verso fornitore per 100 e attività valutate

al valore di realizzo per 30. Ipotizziamo che il liquidatore non abbia eseguito alcuna istanza di fallimento in

proprioe che poi si sia reso colpevole di comportamenti contabili non corretti per cui sia azionabile il

risarcimento previsto dall'articolo 2495. La liquidazione viene chiusa con un passivo superiorea quello

iniziale in quanto incrementato dalla spese di liquidazione, con un dato finale di 120. Ora il fornitore non

soddisfatto potrà rivolgersi al liquidatore per l'intero valore da lui non incassato, pari a 90, o l'unico addebito

del liquidatore consiste nella differenza tra ciò che lo stesso fornitore avrebbe incassato se non fosse stata

gestita una liquidazione senza alcuna possibilità concreta di chiusura in bonis, cioè 30, e ciò che ha

realmente incassato, cioè 10, quindi addebito di 20? Una sentenza del Tribunale di Milano (la 10652 del 23

settembre 2015) focalizza l'attenzione sul maggior danno derivante dall'attività di liquidazione e non

sull'intero passivo non estinto e formatosi certamente prima dell'assunzione dell'incarico da parte del

liquidatore. In questo la sentenza, il giudice afferma: «Tantomeno la "differenza tra attivo e passivo

fallimentare" può essere, di regola, criterio per determinare il danno prodotto da un'attività di liquidazione

negligente; il liquidatore potendo, semmai, eventualmente rispondere del minore danno differenziale che si

sarebbe generato dal momento in cui egli ha assunto la carica fino alla presentazione della domanda di

fallimento (al netto dell'incremento di perdita che si sarebbe comunque verificato se la società avesse

subito proposto istanza di fallimento)». La best practice Il concetto che sembra emergere dalla sentenzaè

che il liquidatore " colposo" non risponde in modo illimitato delle passività non estinte, ma solo del

differenziale che si sarebbe avuto, cioè un maggior patrimonio netto, se non si fosse condotto una

liquidazione" temeraria". Detto ciò quali sono le attenzioni che il liquidatore può porre in essere per evitare

addebiti derivanti da colpa? A parere di chi scrive l'applicazione dei principi della par condicio creditorum e

del rispetto dell'ordine dei privilegi , ancorché non richiesti esplicitamente da Codice civile, sono

comportamenti che certamente rendono più arduo dimostrare negligenze o colpe del liquidatore.

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Crisi d'impresa. Il punto sull'attività in relazione alle pendenze tributarie non saldate nelle ipotesi discioglimento della società Così il liquidatore evita l'addebito Il fisco non può rivalersi entro cinque anni sul professionista che ha agito correttamente Giovanni Maccagnani Paolo Meneghetti pQualeè l'esatto perimetro della responsabilità del liquidatore di società di capitali?E qualè l'esatta portata

del maggior periodo quinquennale concesso all'amministrazione finanziaria per eseguire accertamenti sulla

società estinta a seguito di cancellazione dal registro delle imprese? A dieci mesi dalle nuove disposizioni

in materia di liquidazione societaria introdotte dal Dlgs 175/2014 sono molte le domande che si pongono gli

operatori tributari, specialmente in tema di rapporto tra liquidazione e possibile fallimento della società in

presenza di debiti tributari non estinti. Vanno esaminate le due situazioni che si manifestano per le società

in liquidazione che presentino debiti tributari non estinti: 1 i debiti risultano dal bilancio finale di liquidazione

e sono conosciuti dal contribuente al momento dell'estinzione della società; 1 i debiti sorgono dopo

l'estinzione a seguito di accertamenti notificati dopo la cancellazione in forza dell' extratime quinquennale

concesso alle Entrate dall'articolo 28 del Dlgs 175/2014. In entrambi i casi, almeno in linea teorica,

l'Agenzia, per il tramite di Equitalia potrebbe proporre l'istanza di fallimento (articolo 87 del Dpr 602/1973),

dopo aver tentato invano di riscuotere il credito con le normali procedure. La posizione del liquidatore con

riferimento alle passività tributarie non estinte è codificata dall'articolo 36 del Dpr 602/1973, il quale

stabilisce che solo in caso di comportamento colposo egli potrà essere aggredito patrimonialmente

dall'Agenzia. Posto che ciò non sia accaduto, una possibile colpa del liquidatore è astratta­ mente rinvenibile

nel fatto che, pur in presenza di passività conosciute, egli non abbia prodotto l'istanza di autofallimento (si

veda il passaggio nel documento Oic 5, paragrafo 4.2). Secondo altra dottrina la colpa del liquidatore si

manifesterebbe invece solo nel caso in cui si provasse che tramite la procedura concorsualei creditori

avrebbero ottenuto maggiore soddisfazione. Tornando alle due situazioni possibili, per i debiti tributari già

constatati (il primo caso sopra citato), magari sorti nel corso dell'attività di liquidazione, sembra di poter dire

cheè immune da colpa il liquidatore che abbia iscritto tali debiti nel bilancio finale di liquidazione,e non

abbia corrisposto somme ad altri creditori dotati di minor grado di privilegio. Nel se­ condo caso, quando il

debito tributario è la conseguenza di un accertamento notificato dopo la cancellazione della società dal

registro imprese, la posizione del liquidatoreè ancor meno suscettibile di profili colposi, visto che al

momento della cancellazione non esistevano passività tributarie da saldare. In questi due scenari potrebbe

sorgere il problema della istanza di fallimento "fiscale" che certamente, se fosse sempre possibile,

costituirebbe un ulteriore elemento di preoccupazione per la società e per il liquidatore (il creditore può

essere dichiarato fallito durante lo svolgimento dell'attività imprenditoriale). In via eccezionale, l'articolo 10

della legge fallimentare consente che la dichiarazione di fallimento possa essere pronunciata entro un anno

dalla cancellazione dal registro delle imprese. Questa disposizione va coordinata con l'articolo 28, comma

4, del Dlgs 175/2014 secondo il quale, ai soli fini della validità e dell'efficacia degli atti di accertamento,

riscossione e liquidazione dei tributi, la cancellazione della società a seguito di liquidazione volontaria ha

effetto trascorsi cinque anni. Questa norma, essendo disposizione di carattere eccezionale e quindi non

suscettibile di interpretazione estensiva, va intesa nel senso che l'ufficio delle Entrate avrà il diritto di

notificare accertamenti ed eseguire procedure di riscossione coattiva pur se la società è estinta a seguito di

cancellazione dal registro delle imprese; ma, secondo la prospettazione che si ritiene preferibile, che non

sia consentita la dichiarazione di fallimento oltre il termine annuale previsto dall'articolo 10 della legge

fallimentare, anche se fosse richiesta dall'Agenzia.

Quando può scattare la responsabilità La responsabilità del liquidatore: prevista; in dubbio; esclusa

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NIENTE PAR CONDICIO Anche se nessuna norma del Codice civile esplicitamente richiede il rispetto della

par condicio creditorum, la giurisprudenza maggioritaria e più recente ritiene che tale rispetto sia essenziale

per condurre una liquidazione senza che possano emergere profili di colpa per il liquidatore

MANCATO RISPETTO DEI PRIVILEGI Le norme in materia di liquidazione non richiedono il rispetto

puntuale dell'ordine dei privilegi, ma il liquidatore che saldi il debito verso fornitori non privilegiati (fornitori

merce) preferendoli a creditori privilegiati (professionisti) certamente adotta un comportamento censurabile

per profili di colpa, quindi esponendosi alle azioni dei creditori insoddisfatti

ISTANZA DI FALLIMENTO Mentre secondo il documento Oic5 in presenza di passività superiori alle

attività il liquidatore deve presentare istanza di autofallimento, secondo il parere di altra dottrina tale istanza

nonè obbligatoria, specie nel caso in cui la liquidazione concorsuale non migliorerebbe le aspettative dei

creditori rispettoa quella volontaria

APPLICAZIONE GLOBALE La dottrina in prevalenza ritiene che nella liquidazione volontaria non esista un

principio di prededuzione dei costi della procedura, preferiti rispetto a tutti gli altri costi. Quindi è corretto il

comportamento del professionista liquidatore che applica a tutti, compreso se stesso i principio della par

condicio e del rispetto dei privilegi

LA PAROLA CHIAVECancellazione della società Una volta ultimata l'attività di liquidazione e approvato dai soci il bilancio finale

di liquidazione, il liquidatore richiede la cancellazione della società al registro delle imprese. Con la

cancellazione la società è estinta per ogni aspetto giuridico quindi non potrà essere citata in causa da alcun

creditore, né ottenere soddisfazione per crediti non riscossi. Solo all'Agenzia sono concessi cinque anni in

più per accertare e riscuotere crediti tributari notificando atti alla società seppur essa sia cessata.

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Il quadro normativo. Passi avanti con i decreti delegati e la proroga dei termini Semplificazione e catasto ultimi tasselli per la vera svolta Antonio Catricalà La legge sulla voluntary disclosure rappresenta un passo importante nella lotta all'evasione fiscale di cui

tanto si discute in questi giorni. Grazie a un contesto internazionale che sta progressivamente restringendo

le maglie intorno a chi detiene capitali non dichiarati, si sono create le premesse perché l'amministrazione

fiscale individui chi bara con lo Stato. Siamo di fronte a una nuova pacificazione nazionale: a chi depone le

armi e salda il conto con la collettività degli onesti verranno risparmiate conseguenze penali. Pagherà il

dovuto ma da quel momento in poi baserà i rapporti con lo Stato italiano sulla collaborazione e sulla lealtà.

È un bene che i termini per la presentazione della dichiarazione su capitali e patrimoni sconosciuti al fisco

siano stati prorogati: si è dato ascolto agli operatori del settore e soprattutto le nuove date sono suc­ cessive

all'entrata in vigore dei decreti delegati di attuazione della riforma. Nonostante manchi un tassello

fondamentale qual è la riforma del catasto, i decreti rappresentano oggi l'insieme conosciuto cui

decideranno di aderire i singoli contribuenti che sceglieranno di rifondare il loro rapporto con

l'amministrazione fiscale. La trasparenza, la certezza e la fiducia reciproca tra fisco e cittadini sono

considerate elementi strutturali dei quali l'Italia ha bisogno: i decreti delegati vanno nella direzione giusta,

anche se non sono mancate critiche alla tecnica redazionale. Perché la nuova era di collaborazione tra

sistema tributario e contribuenti veda realmente la luce, è però necessaria una semplificazione drastica del

sistema fiscale, finalmente avviata con l'attuazione della delega. Qualsiasi riforma rischierebbe però di

rimanere priva di efficacia se non ci fosse una struttura amministrativa in grado di abbandonare

definitivamente i formalismi per privilegiare un approccio sostanzialistico, che scovi e punisca i disonesti,

senza accanirsi su coloro che fanno il loro dovere. Mi riferisco, a esempio, alle richieste di documentazione,

nei casi dei controlli a campione delle dichiarazioni dei redditi, relative a dati già in possesso della pubblica

amministrazione. O, ancora, alla mancanza di recapiti diretti del responsabile del procedimento. Sembrano

inezie ma in realtà indicano la persistenza di una mentalità, che vede nel contribuente un suddito anziché

un cittadino nonostante i richiami dei vertici dell'amministrazione alla centralità del rapporto con il

contribuente. Se il solco culturale sembra dunque tracciato e i decreti delegati ne hanno rafforzato gli argini,

saranno poi le strutture dell'amministrazione finanziaria a fare la differenza.

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Diritto e impresa. L'applicazione di norme tassative a una realtà aziendale fluida Lo strumento penale può rivelarsi inefficace Michele Vietti In una raccolta di scritti dedicati alla voluntary disclosure non deve sorprendere una riflessione di carattere

più generale. Tra i temi che meritano questo allargamento prospettico vi è quello del rapporto tra diritto

penale e attività economica. Uno studio integrato del diritto penale d'impresa dovrebbe svolgere quattro

funzioni: 1 individuare un sistema di prevenzione del rischio penale capace di ridurre la commissione dei

reati d'impresa; 1 definire criteri di imputazione del rischio penale che lo collochino con chiarezza in capo a

soggetti dotati di effettivi poteri di gestione e di controllo; 1 prevedere una forma di responsabilità diretta

degli enti per i reati commessi nel loro interesse dai propri agenti; 1 attribuire all'adozione di un'efficace ed

efficiente organizzazione della prevenzione del rischio penale valore scriminante della responsabilità

dell'ente. Il passaggio successivo è verificare come reagiscono i diversi modelli normativi rispetto ad alcuni

principi fondamentali del nostro modello penale. Il principio del carattere personale della responsabilità

(articolo 27 della Costituzione) è destinato a subire adattamenti nel diritto penale di impresa, che deve

misurarsi con il problema di dare consistenza a precetti la cui osservanza va assicurata proprio in un

ambiente multisoggettivo. Il principio di tassatività della norma penale ha una relazione complessa con

l'opposta caratteristica del mondo dell'impresa, segnato dalla fluidità e dalla mutevolezza. La norma penale,

invece, per sua natura, deve essere rigida: il risultato è che condotte elusive devono comunque essere

messe nel conto. E allargare in modo indeterminato le fattis­ pecie significa esporle a rischio di censura di

incostituzionalità per difetto di tassatività. Rispetto all'irretroattività, il governo di fenomeni fortemente

dinamici come l'economia può richiedere misure di correzione radicale del corso delle condotte individuali.

Lo strumento penale, per sua natura, non può intervenire su questo tipo di esigenze. Si pensi

all'introduzione della prima disciplina valutaria nelle crisi attraversate dall'Italia nel secolo scorso realizzata

passando dal divieto di detenere capitali all'estero (che avrebbe reso illecita una condotta prima lecita) alla

previsione della punizione dell'omissione del forzoso rientro, sanzionando così non la condotta commissiva

anteriore, ma quella omissiva, successiva. Anche questo è un elemento che deve far riflettere sulla

possibilità che l'uso dello strumento penale possa davvero rivelarsi efficace (e legittimo).

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Accordi di scambio. Permetteranno di scoprire i comportamenti illegittimi Sempre più stretta la rete dei patti informativi tra gli Stati Pubblichiamo qui di seguito alcuni stralci tratti dai volumi sulla voluntary disclosure. Vieri Ceriani Afronte dell'esistenza di "porti franchi" protetti dal segreto bancario e grazie al processo di globalizzazione

dei mercati e della crescente informatizzazione dei processi, i fenomeni di evasione/elusione fiscale hanno

assunto una sempre maggiore connotazione internazionale. Da tempo, dunque, gli Stati hanno avvertito

l'esigenza di implementare una politica di scambio, più ampio e automatizzato possibile, di informazioni

fiscalmente rilevanti. I percorsi intrapresi dall'Italia sono molteplici e articolati su diversi livelli. Il nostro

Paese, facendo seguito agli impegni originariamente assunti nel G20 del 2009, ha sottoscritto, con diversi

Stati, l'accordo per l'implementazione del nuovo standard unico globale per lo scambio automatico di

informazioni (Common Reporting Standard o Crs). Tale standard sarà operativo per i Paesi firmatari dal

2017, fatta eccezione per alcuni Stati, per i quali la decorrenza è fissata a partire dal 2018. Si segnala, poi,

l'impegno, assunto a gennaio scorso, per l'applicazione della normativa Fatca promossa dagli Usa, con un

primo scambio informativo previsto già da settembre. Da ultimo, recentemente, sono stati sottoscritti gli

accordi bilaterali con Svizzera, Lichtenstein e Principato di Monaco. In questo modo, il Fisco potrà chiedere,

alle proprie controparti svizzere, monegasche e del Lichtenstein, tutti gli atti, i fatti, gli eventi e le

circostanze relativi al periodo che decorre dalla data di sottoscrizione degli accordi medesimi. Ciò implica

che ogni movimentazione, anche diretta a spostare capitali verso altri paradisi fiscali, intervenuta dopo le

date sopra indicate, non potrà salvare il contribuente dal rischio di accertamento, esponendolo, vieppiù, al

nuovo reato di auto­riciclaggio. Ancora più nello specifico, gli stessi accordi impongono agli intermediari

finanziari, presso i quali siano collocate le consistenze, di richiedere ai propri clienti italiani,

alternativamente, la prova della loro adesione alla voluntary disclosure ovvero una risposta positiva circa la

regolarità delle attività detenute rispetto alla legislazione italiana. Insomma, la rete di accordi internazionali

tende a stringersi come un "cappio al collo" dei contribuenti non disposti a collaborare con le Autorità fiscali.

In questa prospettiva, la procedura di disclosure è l'ultima chance di sanare spontaneamente, sul piano

fiscale, comportamenti illegittimi e infedeltà dichiarative che, in un futuro non tanto lontano potrebbero

essere comunque scoperte dal Fisco.

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Reddito d'impresa. Per la Cassazione è possibile rimediare alla deduzione effettuata senza una preventivadelibera dell'assemblea Compensi, ravvedimento limitato Per le somme pagate agli amministratori solo l'ufficio può ridurre di 1/3 la sanzione Gianfranco Ferranti pI compensi agli amministratori sono deducibili ai fini fiscali dalla società nel periodo d'imposta in cui

vengono stabiliti con una delibera specifica dell'assemblea dei soci. Se però l'imputazione in bilancio e la

deduzione sono effettuati in un periodo precedente a quello della delibera è comunque possibile sanare la

violazione del principio di competenza con il ravvedimento operoso, ma facendo riferimento alla sanzione

minima in misura "piena" (si veda l'articolo a fianco). La Corte di cassazione ha ribadito, nella sentenza

21953/2015, l'indeducibilità dei compensi corrisposti agli amministratori se la loro spettanza non è

validamente sancita ai fini civilistici. È un principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità e che

trae origine dalla sentenza delle Sezioni unite 21933/2008, secondo la quale, in assenza di una specifica

previsione statutaria e di una "preventiva" delibera dell'assemblea dei soci, l'attribuzione delle somme dà

luogo a un debito dell'amministratore nei confronti della società. Nella sentenza 21953 la Suprema corte ha

ribadito che la violazione dell'articolo 2389 del Codice civile inficia in modo insanabile la validità della

delibera assembleare di approvazione del bilancio nella parte in cui approva la determinazione dei

compensi degli amministratori, dato che la loro entità viene «ad essere (auto)determinata dagli stessi

amministratori». Nella motivazione della sentenza sono state, però, formulate alcune interessanti

precisazioni, molto rilevanti per i contribuenti. È stato precisato che: e la mera violazione dell'articolo 2389

del Codice civile non può dare luogo « ex se ad un fenomeno di abuso del diritto in materia tributaria». È

stato, quindi, correttamente riconosciuto che non si verificano arbitraggi fiscali sia perché se viene

disconosciuta la deducibilità del compenso corrisposto all'amministratore quest'ultimo non può essere

assog­ gettato, nella stessa misura, a imposizione, sia perché le aliquote applicabili ai redditi degli

amministratori sono, di regola, superiori a quelle relative ai redditi delle società; r la indeducibilità dei

compensi «non può che rinvenirsi nella mancanza dei requisiti di certezzae determinabilità della spesa».

Nelle sentenze 17673/2013 e 5349/2014 era stata già affermata la indeducibilità «in difetto dei requisiti di

certezza e di inerenza» e sancito che la delibera assembleare conferisce «certezza alla spesa dedotta»; t

«ove alla chiusura dell'esercizio di competenza non sia ancora possibile quantificare l'importo dovutoa

fronte della prestazione ricevuta, la deduzione dal reddito potrà essere differita al successivo esercizio in

cui l'ammontare del costo venga ad essere esattamente definito», perché la indeterminabilità delle

componenti negative del reddito d'impresa non può dipendere da mere scelte rimesse alle parti ma è

giustificata «solo quando tale quantificazione risulti impedita da circostanze obiettive». Non appare,

pertanto, possibile "sanare" a posteriori l'assenza della "preventiva" delibera assembleare e i compensi

iscritti in bilancio sono deducibili soltanto nel periodo d'imposta nel quale la delibera è adottata. L'articolo

95, comma 5, del Tuir fa riferimento, ai fini della deducibilità, all'esercizio in cui gli stessi sono corrisposti

ma la Cassazione ha ritenuto applicabili anche in questa ipotesi i criteri della certezza e obiettiva

determinabilità, pur essendo gli stessi riferiti, nell'articolo 109, comma 1, al principio di competenza. I

compensi non possono essere, infatti, dedotti se non è sorto con certezza l'obbligo del loro sostenimento e

se questi, anche se già percepiti, devono essere restituiti alla società. In caso di violazione del principio di

imputazione temporaleè però possibile avvalersi delle riduzioni delle sanzioni introdotte dal Dlgs 158/2015,

che ha modificato l'articolo1 del Dlgs 471/1997.

I casiSOMME NON DELIBERATE I compensi agli amministratori sono stati erogatie dedotti dal reddito della

società ma non sono stabiliti con una delibera assembleare preventiva, né risultano determinati nello

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statuto La Cassazione ha affermato, con giurisprudenza costante, chei compensi non sono deducibili se

nonè stata preventivamente adottata una delibera specifica, perché non risultano obiettivamente

determinabili. Le Sezioni unite hanno affermato, nella sentenza 21933/2008, che in questo caso le somme

percepite dall'amministratore costituiscono un debito dello stesso nei confronti della società. La società

può, in alternativa: 8 ricorrere al ravvedimento operoso (applicando le riduzioni all'intera sanzione minima)

per recuperare la deduzione operata in un anno precedentea quello della delibera,e poi adottare la delibera

nell'anno in corsoe dedurre il costo; 8 attendere l'accertamento nell'ambito del quale saranno applicate le

riduzioni introdotte dal Dlgs 158/2015

SOMME ISCRITTE PRIMA DELLA DELIBERA I compensi agli amministratori sono stati iscritti nel bilancio

di un periodo d'imposta precedente a quello di adozione della specifica delibera assembleare La

Cassazione ha affermato, nella sentenza 21953/2015, che se alla chiusura dell'esercizio non è ancora

possibile quantificare il compenso, la deduzione dello stesso è differita al successivo periodo in cui

l'ammontare viene «esattamente definito», perché l'importo non può essere determinato in via unilaterale

dal creditore

DELIBERA DI COMPENSI INFERIORI Nella deliberaè decisa l'attribuzione di compensi agli amministratori

di importo inferiore a quello iscritto in bilancio La società può dedurre in sede di determinazione del reddito

un importo non superiorea quello che risulta dalla delibera assembleare. La "differenza" sarà deducibile

dopo l'adozione di una delibera «di rettifica»

IMPORTI SUPERIORI A QUELLI DI MERCATO La specifica delibera assembleareè stata regolarmente

adottata prima della deduzione dei compensi ma il loro importo risulta superiorea quello di mercato

L'agenzia delle Entrate ha affermato, nella risoluzione 113/E del 2012, cheè possibile disconoscere la

deducibilità dei compensi nei casi in cui gli stessi appaiano «insoliti»e «sproporzionati»o «strumentali

all'ottenimento di indebiti vantaggi». Anche la Cassazione, dopo iniziali contrasti interpretativi, ha sancito la

possibilità di esercitare questo potere

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Il calcolo. Solo l'ufficio applica lo sconto del Dlgs 158 Il contribuente parte dalla penalità piena pLa sanzione per l'infedeltà della dichiarazione provocata dall'errata imputazione temporale dei compensi

attribuiti agli amministratori è ridotta di 1/3 edè paria 250 euro se non viè alcun danno per l'Erario. Questa

nuova disciplina è stata introdotta dall'articolo 15, comma 1, lettera a), del Dlgs 158/2015, la cui entrata in

vigore è prevista, nel disegno di legge di stabilità per il 2016,a partire da tale anno, ferma restando

l'applicabilità anche per il passato in forza del principio del favor rei. La sanzione amministrativa per

l'infedele dichiarazione, compresa tra il 90 e il 180%, è ridotta di 1/3 quando: e la maggiore imposta o il

minor credito accertati sono complessivamente inferiori al 3% dell'imposta o del credito dichiarati e

comunque a 30.000 euro; r l'infedeltà è conseguenza di un errore sull'imputazione temporale di elementi

positivi o negativi di reddito, purché il componente positivo abbia già concorso alla determinazione del

reddito nell'annualità in cui interviene l'attività di accertamento o in una precedente. Se non vi è alcun

danno per l'Erario la sanzione è pari a 250 euro. Il contribuente ha, peraltro, la possibilità di definire le

sanzioni irrogate con il pagamento, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, di 1/3 della

sanzione. Le due riduzioni sono alternativee non si applicano in caso di condotte fraudolente. Nella

relazione di accompagnamento allo schema di decretoè stato chiarito che è necessario che il componente

negativo «non sia stato dedotto più volte». L'affermazione della Cassazione in base alla quale in assen­ za

della previsione statutaria e di una specifica delibera non ricorrono i requisiti stabiliti per l'imputazione a

periodo dei compensi agli amministratori consente quindi alla società di fruire della seconda ipotesi di

riduzione della sanzione. Occorre, però, comprendere se questo "sconto" possa essere applicato soltanto

dagli uffici delle Entrate in sede di accertamento o anche dal contribuente in sede di calcolo delle somme

dovute ai fini del ravvedimento operoso. A favore della prima ipotesi depone la precisazione, contenuta

nella detta relazione, secondo la quale la riduzione di 1/3 prevista nel nuovo comma 4 dell'articolo 1 del

Dlgs 471/1997 è «applicabile in sede di accertamento». Nel secondo periodo di tale comma è d'altronde

affermato che si applica la "medesima riduzione" prevista in caso di mancato superamento dei detti limiti ­ il

quale va verificato con riguardo all'imposta o al minor credito «accertati» ed è menzionata l'annualità in cui

interviene «l'attività di accertamento». Le riduzioni appaiono, quindi, previste al fine di attenuare l'entità

delle sanzioni irrogate dagli uffici. Se il contribuente sceglie di fare ricorso al ravvedimento operoso, le

riduzioni previste da tale istituto dovrebbero essere, invece, applicate all'intero importo della sanzione

minima stabilita. Comunque, ravvedersi resta di regola più conveniente che attendere l'accertamento. Le

sentenze citate in pagina ESCLUSIVA PER GLI ABBONATI www.quotidianofisco.ilsole24ore.com

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L'attacco alla Francia LE CONTROMISURE IN ITALIA ROMA Nella manovra più fondi per la sicurezza Legge di stabilità e spending review Attualmente per il 2016 sono previsti risparmi da 219 milioni per laDifesa e 37 per gli Interni, ma si va verso una revisione Il governo lavora a un emendamento da presentarealla Camera dopo il primo sì del Senato SALVINIATTACCA Il premier si appella all'unità e allaresponsabilità ma il leader della Lega rilancia: blocchiamo le frontiere ed espelliamoli a migliaia Emilia Patta Marco Rogari PIl governo è al lavoro per destinare più risorse alla sicurezza. Dopo l'accenno fatto sabato sera dallo

stesso Matteo Renzi nella riunione a Palazzo Chigi con i capigruppo di maggioranza e opposizione, la

confermaè venuta ieri durante una riunione al ministero dell'Economia per mettere a punto gli emendamenti

alla Legge di stabilità. Riunione che siè poi spostata in Senato, dove la manovra finanziaria è al vaglio della

commissione Bilancio presieduta da Giorgio Tonini. Ieri sera si è deciso, per rispettare i tempi dell'esamea

Palazzo Madama, che i finanziamenti aggiuntivi arriveranno con un emendamento nel secondo passaggio

alla Camera, quindi tra qualche settimana. Maggiori risorse per la sicurezza, d'altra parte, sono state

richieste sia da Forza Italia sia dal Movimento5 stelle, che con un atteggiamento costruttivo sembrano aver

accolto l'appello del premier ­ ribadito ancora ieri ad Antalya ­ all'«unità delle forze politiche di fronte al

terrorismo». «È bene che le polemiche politiche interne tra i partiti si abbassino di un tono ha ribadito Renzi

­. Occorre determinazione e saggezza per affrontare la situazione con buonsenso e senza isteria». Perché

alle orecchie del premier devono essere suonate un po' isteriche le parole del leader della Lega Matteo

Salvini, l'unico ­ fin qui ­ fuori dal coro. «Questo governo, con Angelino Alfano, espone l'Italia a pericoli», ha

detto Salvini tornando ad attaccare il ministro degli Interni già definito nei giorni scorsi «un cretino». E

ancora: «Dopo i tempi delle preghiere, del raccoglimento, della vicinanza, nonè possibile affrontare questa

situazione con cortei e bandierine. Si tratta di espellere decine di migliaia di persone, di bloccare partenze e

sbarchi, di intervenire militarmente contro i tagliagole dell'Isis e di bloccare i confini». Gli attentati di Parigi si

ap­ prestano ad ogni modo ad avere ricadute a largo raggio su molte delle azioni politiche ed economiche

dei Paesi europei. Comprese naturalmente quelle relative alla revisione della spesa, che dovrà

necessariamente preservare i settori della sicurezza e della difesa. Un processo che in Italia era, seppure

solo parzialmente, già scattato con l 'ult ima legge di stabil i tà. L'ult ima spending targata

Renzi­Padoan­Gutgeld ha chiesto alle Forze armate un contributo "soft" di 219 milioni per il 2016,

prevalentemente sotto forma di ulteriori risparmi dal piano di dismissioni di caserme e immobili. Lo scorso

anno invece il taglio originario era stato quantificato in circa mezzo miliardo, per poi essere alleggerito al

termine del cammino parlamentare per consentire di dare maggiore spinta al programma aerospaziale.

Anche il ministero dell'Interno è stato risucchiato dall'ultima spending ma, almeno apparentemente, non in

maniera eccessiva. La legge di stabilità per il 2016 al vaglio del Parlamento nella sua versione originaria

prevedeva una riduzione di spesa di poco più di 37 milioni nel 2016, agendo per 27,2 milioni direttamente

sulla dotazione organica del Viminale, e di circa 54 milioni nel 2017 e 73 milioni nel 2018. Allo stesso tempo

la manovra per il prossimo anno prevede la copertura (83 milioni) per la proroga a tutto il 2016 dell'utilizzo

delle 4.800 unità riconducibili alle Forze armate per attività di "supporto" contro la criminalità organizzata e

ambientale. C'è poi il capitolo dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego contro il quale si sono scagliate a

più riprese le organizzazioni sindacali. Per il 2016 la "stabilità" mette a disposizione di tutto il comparto del

pubblico impiego 300 milioni, 74 milioni dei quali destinati a settori delle Forze armate e delle Forze di

polizia. Ma certo, ora che sarà necessario recuperare nuove risorse per un un lungo periodo, si pone il

problema di rimodellare una parte della spending review alla quale dovranno lavorare il commissario Yoram

Gutgeld e tutto il Governo per il 2017, anche con l'obiettivo di disinnescare le clausole di salvaguardia

fiscali che al momento sono state completamente sterilizzate soltanto per il 2016.

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Il capitolo sicurezza nella legge di stabilità

3003727,283219735474171719 2016 2017 2018 2019 Rinnovi contrattuali per Forze armate e di polizia Il taglio sulle Forze armate Alla

dotazione organica del Viminale Sulle dotazioni finanziarie del ministero Dati in milioni di euro

STANZIAMENTI Proroga al 2016 dell'utilizzo di 4.800 unità riconducibili alle Forze armate per il contrasto

alla criminalità organizzata ambientale Rinnovi contrattuali per il pubblico impiego Tagli al ministero Dati in

milioni di euro I VECCHI TAGLI A DIFESA E INTERNO Difesa: Forze armate Interno: ministero

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LA STABILITÀ Assunzioni al Sud, sgravi per tre anni Summit in Senato tra il ministro Boschi e i relatori della manovra per ridurre gli emendamenti Le modifichesu pensioni, Regioni, giochi e Province rimandate al dibattito a Montecitorio In bilico l'esenzione sulle casedate in comodato a genitori o figli nello stesso Comune VALENTINA CONTE ROMA. Sud, contante, casa. È attorno a questi capitoli della legge di Stabilità che si è concentrato il lungo

vertice di ieri notte in commissione Bilancio del Senato. Un faccia a faccia tra governo (presente anche il

ministro Boschi, oltre al viceministro Morandi e al sottosegretario Baretta) e relatori della manovra. Con

l'obiettivo di tirar fuori gli emendamenti di sintesi, tra i circa trecento cosiddetti "accantonati", da votare tra

oggi e domani in commissione, per consegnare poi il testo all'aula mercoledì, dove sarà licenziato con

buone probabilità entro la settimana e poi passato alla Camera.

Le sfide più insidiose - pensioni, Regioni, Province, giochi e soprattutto l'ormai certo ampliamento di risorse

per la sicurezza e l'intelligence, dopo gli attentati di Parigi - toccheranno a Montecitorio.

Ieri si è invece concordato un rafforzamento delle misure per il Mezzogiorno (ma la norma sarà definita

solo quest'oggi), con la decontribuzione per i neoassunti allungata a tre anni (mentre nel resto d'Italia è

ferma a due dal 2016), ma comunque ridotta al 40%, dunque con un tetto a 3.250 euro contro gli 8.060

euro del 2015. «Un pannicello caldo, assolutamente insufficiente», lo definisce Francesco Boccia,

presidente pd della commissione Bilancio della Camera. «Il Sud non ha bisogno di oboli, ma di certezza di

spesa dei suoi soldi fino al 2020», aggiunge con un riferimento ai fondi europei. Sempre per le regioni

meridionali, sarebbe in arrivo un credito d'imposta pluriennale ad hoc, con percentuale però bassa, una

misura più simbolica che di spinta. Scende poi a mille euro il tetto per il contante che viaggia attraverso i

money transfer, che dunque si sgancia dalla soglia generale per gli acquisti aumentata a tremila euro e

difesa in modo molto deciso dal governo, nonostante le obiezioni di parte del Pd e dell'opposizione. Mentre

il fronte casa resta il più combattuto. Le ipotesi sul campo restano quelle di agevolare anche le abitazioni

date in comodato gratuito ai figli, ma solo se ubicate nello stesso Comune (per evitare i furbi della seconda

casa al mare, esentata da Imu perché abitata fintamente dalla prole). Più difficile lo sconto per separati e

divorziati. Sul tavolo anche agevolazioni per i proprietari che affittano a canone concordato e la spinosa

questione delle mini-Tasi extra per gli 844 Comuni che hanno presentato la delibera in zona Cesarini. Un

elenco troppo lungo che sicuramente andrà sfoltito.

Anche perché il tesoretto a disposizione del Senato - così come per la Camera - si ferma a 150 milioni

appena. Ritocchini, appunto.

Speranze assottigliate dunque per i tagli ai Caf che i sindacati vorrebbero alleggerire. Così per un congedo

ai neopapà più lungo, la proroga dei voucher per la babysitter, la bonifica dall'amianto dei tetti scolastici. Un

maxi-emendamento del governo e la questione di fiducia non sono al momento esclusi. Potrebbero essere

rimandati alla Camera se le due relatrici della Stabilità, Magda Zanoni del Pd e Federica Chiavaroli di Ncd,

riuscissero a portare a casa l'accordo sugli emendamenti.

IL CASO TESORO CONTRO FT Wolfgang Münchau sul Financial Times scrive che il deficit dell'Italia

salirebbe al 3,4-4,4% in caso di crescita zero e crisi bancaria. Replica il portavoce di Padoan: "Scenario

improbabile" 1MERIDIONE Per rafforzare il Masterplan per il Sud, arrivano altre due misure: l'estensione a

tre anziché due anni del bonus per i neoassunti e un credito di imposta pluriennale I PUNTI 2MONEY

TRANSFER Il tetto per il trasferimento dei contanti attraverso i money transfer viene riportato a mille euro.

Ma quello generale per gli acquisti resta a 3 mila euro, così come vuole il governo CASA Si discute ancora

sul pacchetto casa. La Tasi viene abolita su tutte le prime, tranne ville e castelli.

Ma si punta a scontare anche quelle date in comodato gratuito ai figli, nel Comune

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Foto: Maria Elena Boschi, ministro per i Rapporti con il Parlamento

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immobili e mutui focus Casa, il mercato è ripartito crescono acquisti e prestiti solo i prezzirestano al palo FINITO L'EFFETTO SURROGHE I FINANZIAMENTI IN RISALITA SONO SEMPRE PIÙ LEGATI ANUOVE COMPRAVENDITE. E ADESSO SI ATTENDONO INVESTITORI E RICADUTE DAL TAGLIODELLE IMPOSTE SULLA PRIMA ABITAZIONE Luigi dell'Olio L'unico indicatore a non aver ancora ripreso il sentiero della crescita è quello relativo ai prezzi. Per il resto,

dal numero di compravendite a quello dei mutui, i segnali che arrivano dal mercato immobiliare sono tutti

positivi. Una notizia che porta benefici a tutta l'economia italiana se si considera che il mattone nel suo

insieme (compreso quindi anche l'indotto) è la voce più importante del Pil italiano, con un'incidenza che si

aggira intorno al 18% del totale. Bankitalia segnala che le transazioni relative alle abitazioni sono cresciute

nel secondo trimestre al ritmo del 4,1% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Se si considera che

già il 2014 si era chiuso in rialzo (+1,8%) c'è da credere che non si tratti solo di un rimbalzo. Anche se i

sette anni consecutivi con il segno meno (dal 2007 al 2013) lasciano numerose ferite aperte: non è tanto il

gap da recuperare rispetto al massimo storico (circa il 40%), quanto l'esistenza lungo tutta la Penisola di un

importante stock di invenduto che frena la ripresa del settore. Anche se lo scenario è in evoluzione e

l'atteggiamento delle banche sul fronte dei finanziamenti fa ben sperare. Secondo rilevazioni dell'Abi, nei

primi otto mesi dell'anno le nuove erogazioni di mutui per l'acquisto di immobili hanno registrato un balzo

dell'86,1% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Gli istituti di credito, penalizzati dai tassi bassi che

limitano i rendimenti su altri filoni degli investimenti, stanno evidentemente riscoprendo questo business,

confortati anche dall'atteggiamento delle famiglie italiane, disposte a fare rinunce in altri campi pur di

onorare il pagamento delle rate legate all'acquisto della casa. Sulle erogazioni di mutui un ruolo importante

lo giocano le surroghe, che impattano per il 29% delle erogazioni tra gennaio e agosto, ma con un peso che

tende a calare negli ultimi mesi. In sostanza, chi ha contratto il finanziamento quattro o cinque anni fa nella

maggior parte dei casi ha già rinegoziato, per cui la crescita dei finanziamenti è sempre più legata ai nuovi

acquisti. Favoriti, per altro, proprio dai tassi bassi ai quali si è già accennato, che hanno portato addirittura

in terreno negativo l'Euribor (l'indicatore di riferimento per il variabile). Di pari passo gli spread (vale a dire il

tasso aggiuntivo praticato dalla banca rispetto all'indice di riferimento), che durante il picco della crisi erano

arrivati a sfiorare il 4%, si sono più che dimezzati. Anche se, rispetto al pre-crisi, cresce la selezione: i tassi

sono particolarmente contenuti a fronte di scadenze fino a 20-25 anni e per un loan to value (rapporto tra

finanziamento concesso e valore dell'immobile) del 50-60%, ma salgono sensibilmente per chi si indebita

per un periodo più lungo e fino all'80% dell'importo. Come detto, resta il neo dei prezzi, che negli ultimi sei

anni sono risultati sempre in frenata tanto da portare lo sconto rispetto al 2008 intorno al 15-20%, anche se

su questo fronte è difficile fare medie: nelle periferie delle grandi città, nei piccoli centri e per le metrature

più piccole la contrazione è arrivata al 30% e anche oltre, mentre il segmento lusso ha sostanzialmente

tenuto. Anche questo indicatore, che solitamente è l'ultimo a svoltare, appare comunque in miglioramento.

Nel secondo trimestre del 2015 il costo medio delle abitazioni è sceso di un modesto 0,1% rispetto al

periodo aprile-giugno del 2014 e per il secondo semestre Bankitalia si attende un ritorno al segno più,

destinato a trovare conferma nel 2016. Il prossimo anno dovrebbe infatti essere quello della definitiva

ripresa dell'economia italiana (+1,6% il progresso atteso del Pil), con benefici sulla disponibilità e il clima di

fiducia delle famiglie. Due indicatori decisivi per mettere in cantiere un investimento importante come

l'acquisto di un immobile. Resta da capire quale impatto potrà avere l'abolizione delle imposte sulla prima

casa inserita nella Legge di Stabilità 2016 in via di approvazione. Così come un'ulteriore spinta al settore

potrà derivare dal segmento degli acquisti destinati all'investimento. Con il comparto obbligazionario che

vede restringersi le opportunità di rendimento nell'era dei tassi zero e le azioni tornate su multipli elevati

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dopo anni di crescita ininterrotta, molti italiani potrebbe riscoprire l'investimento nel mattone. Un recente

sondaggio di Acri e Ipsos se lo scorso anno il 24% delle famiglie indicata come ideale l'investimento

nell'immobiliare, oggi il dato è salito al 29%, con il Centro e il Sud Italia che arrivano al picco del 32-34%.

Anche se il record del 70% toccato sette anni fa resta lontano. Anche in questo caso, quindi, viene

confermata la doppia prospettiva, di ripresa rispetto al passato recente e di ampia distanza da colmare

rispetto al pre-crisi. Anche se occorre essere consapevoli del fatto che difficilmente si potrà tornare ai

massimi storici, se non nel lungo periodo. Una delle ferite ancor aperte della grande crisi è la

consapevolezza che anche il mattone non è immune da rischi di correzioni (la convinzione "il prezzo delle

case non può che crescere" è stata smentita dai fatti), per cui va considerato bilanciando come sempre

potenzialità e rischi. FONTE EUROSTAT , INDAGINE EU SILC , S DI MEO

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Banche, la stretta su Europa e Cina Andrea Greco Un'altra vite si sta stringendo sull'armatura con cui da anni i regolatori cercano di imbullonare il mostro

finanziario e farlo rientrare nella lampada. Il nome dato alla vite è Tlac, un nuovo cuscinetto di capitale e

crediti da approntare nel medio termine (tre-sei anni, fino a 12 per le banche cinesi) per riportare in capo ai

loro stakeholder, e non più alla fiscalità generale, i costi delle crisi bancarie che negli anni passati hanno

drenato una parte considerevole del prodotto lordo mondiale (vedi tabelle). Si tratta, per le 30 maggiori

istituzioni finanziarie, di accumulare entro il 2019 munizioni pari a una quantità minima tra il 16% degli attivi

ponderati per il rischio (che salirà al 18% dal 2022) e un 6,75% delle attività totali. Detto che il secondo

indicatore è un non evento, perché quasi tutti i grandi gruppi sono già capienti, il costo della nuova misura

può spingersi fino a 1.100 miliardi di euro in future emissioni, per circa metà circoscritte alle banche cinesi,

le più acerbe nel percorso di ammodernamento finanziario che in un decennio ha raddoppiato le richieste

patrimoniali per gli istituti. Incrociando le stime dei regolatori e degli operatori, si capisce che otre 500

miliardi di titoli bancari anti-crac dovrebbero essere emessi in Cina, quasi 300 miliardi in Europa - se si

comprende un centinaio delle banche britanniche coinvolte e una cinquantina delle svizzere -, meno di 100

negli Stati Uniti. segue a pagina 4 con un articolo di Adriano Bonafede segue dalla prima Ma le eccezioni

nazionali, come quelle già adottate in Germania e in Italia (dove l'unica banca ufficialmente sistemica è

Unicredit) minimizzeranno l'impatto. Nella pratica - e lo comprova la soffice reazione del mercato ai numeri

- volumi e oneri saranno molto inferiori, perché mai come con la finanza ogni legge trova il suo legittimo

inganno: e alcuni "comprensivi" recepimenti locali della regola, già adottati in Germania e in Italia,

minimizzeranno l'impatto, anche se è difficile capire di quanto perché la materia è complessa e cangiante.

Potranno aiutare la Bce e la Bank of England, finora silenti ma attese a chiarire alcuni passaggi tecnici.

Rendere "ordinato" il fallimento di una grande banca è come prevedere cosa ci sarà dopo la sua morte, e

una grande sfida agli dei della globalità. Basterebbe riandare al settembre 2008, dopo la fine di Lehman:

ma anziché scatoloni, panico borsistico, chiusura dell'interbancario, default a catena e spread in apertura,

immaginarsi invece un meccanismo composto di procedure, automatismi, tutto un «prego dopo di lei» dei

creditori in fila. Probabilmente è un'utopia. Ma è un'utopia necessaria, della quale i regolatori internazionali

hanno pensato di avere bisogno per scrivere il loro mai più all'evento che ha originato la peggiore crisi

mondiale dal 1929. Un po' come l'Europa nata a tavolino dopo le follie politiche nazifasciste. Proprio come

la costruzione dell'Europa, anche quella del Vigilante globale chiamato a proteggerci dalla Grande finanza

procede tentoni, nel tira e molla che dietro le quinte consuma i funzionari di mezzo mondo, cervelli intenti a

imbrigliare l'ipercomplessità finanziaria ma che rispondono ai politici nazionali, spesso ispirati dalle lobby

locali. Ogni singolo dossier segnala la tensione che emana dal processo di controllo e di condivisione dei

rischi finanziari, senza cui, si è capito da Lehman in poi, non ha senso parlare di stabilità finanziaria nei

singoli paesi. E il Vecchio continente è il teatro in cui il conflitto più rimorde: dal bail in al fondo unico di

garanzia sui depositi, dal limite al possesso di titoli sovrani studiato dalla vigilanza bancaria unica alla bad

bank italiana, fino al mercato dei capitali unico (la Cmu), che com'è stato detto giovedì presentando il

"Rapporto 2015 sulla stabilità finanziaria", redatto da Banca d'Italia e dal centro Baffi Carefin dell'università

Bocconi, è l'unico approdo possibile della fattiva condivisione dei rischi finanziari. Anche l'accordo per

ampliare il patrimonio delle 30 istituzioni sistemiche, per quanto abbia scala mondiale, ricade nella

casistica. «Nessuna banca sarà troppo grande per fallire: questo concetto appartiene al passato», ha detto

Elke Konig, capo del Comitato unico di risoluzione (Srb) che da gennaio gestirà le crisi bancarie in Europa.

Affermazione un tanto apodittica, dato che la bozza prodotta dal Financial stability board (altra creatura

generata nel 2009 nel solco del mai più ) e approvata dal G20 turco è frutto di due anni di compromessi,

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veti e negozi ai due lati dell'Atlantico. Con i regolatori statunitensi e canadesi nella parte dei falchi (ruolo

che si comprende meglio guardando la distribuzione geografica degli oneri futuri). Il balletto degli interessi

non può stupire. Né giunge nuovo, per chi ricorda che l'accordo di Basilea nacque, 25 anni fa, per la

volontà occidentale di rallentare l'avanzata dei conglomerati finanziari giapponesi, allora dominanti e da

allora entrati nel cono d'ombra della deflazione. Oggi dietro la lavagna degli anglosassoni sembrano gli

istituti cinesi e quelli dell'Europa continentale. I primi perché operano in un mercato meno formato, e anche

perciò incapace di assorbire le emissioni cui saranno chiamate: ma si intuisce che in qualche modo il

governo di Pechino pagherà volentieri questo pedaggio d'ingresso nel gotha finanziario. Per i secondi, i

problemi maggiori riguarderebbero i colossi francesi, benché anche Santander, Deutsche Bank e Unicredit

siano tra chi dovrebbe emettere nuovi strumenti di capitale "Tlac compatibile" a doppia cifra (in miliardi di

euro). Ma anche in questo caso, alla misura seguono contromisure: i governi di Berlino e di Roma hanno

recepito la direttiva Brrd - quella sul bail in, vigente da gennaio e che dell'impianto sistemico condivide

l'impronta e gli obiettivi - in modo da attenuare, se non azzerare, l'impatto sui loro campioni nazionali. Gli

addetti ai lavori scommettono che il solco sarà seguito presto da Francia e Spagna, che entro fine anno

devono inscrivere nei loro codici la direttiva Ue che spalma su azionisti, obbligazionisti e depositanti sopra i

100mila euro il costo iniziale dei salvataggi bancari. Poiché tra i fini della risoluzione bancaria c'è la

salvaguardia in continuità delle funzioni operative di un istituto in crisi (non dimentichiamo che Lehman

Brothers chiuse bottega in un fine settimana), i regolatori dell'Fsb di Basilea non hanno contemplato nel

Tlac quelle passività - tra cui il debito senior - che hanno la stessa gerarchia di rimborso dei derivati e della

carta commerciale, ovvero i due strumenti operativi con cui il rischio creditizio viene trasferito sul mercato

interbancario. Ma i parlamenti tedesco e italiano (dietro suggerimento delle lobby e delle vigilanze locali) si

sono concessi una deroga, nel recepire la direttiva Brrd subordinando il debito di primo rango - quali

appunto i bond senior - ai depositi e ad altre passività, così da poterli comprendere nel Tlac. Le banche

italiane di simili obbligazioni sono ricche: un fardello da oltre mezzo miliardo di euro, che da gennaio

diventerà aggredibile in caso di dissesto. Il ragionamento vale anche per Unicredit, che per fonti di mercato

avrebbe un deficit di Tlac oscillante tra 5 e 10 miliardi, secondo i titoli compresi: ma lo colmerà agevolmente

grazie al modo in cui l'Italia ha recepito la Brrd. «Se passa il decreto sul bail in com'è congegnato (e così è

stato, nel consiglio dei ministri di venerdì , ndr ) il piano Unicredit al 2018 rispetta già i parametri Tlac, quindi

l'impatto per noi sarà zero». Un aggravio di costo, ma lieve, ci potrebbe essere comunque: si dice, dietro le

quinte, che il gruppo italio-tedesco potrebbe ampliare la sua dotazione di bond Tier 2 aumentandone la

quota sugli attivi ponderati per il rischio, così da proteggere un po' la sua platea di bond senior. Solo che i

Tier 2 Unicredit costano cari: circa 350 punti base più dei corrispondenti titoli governativi. Tutta manna per

gli investitori qualificati, che assistono con passione all'ampliamento delle forbici di rischio-rendimento del

debito bancario mondiale. Un meccanismo un po' strabico, per molta parte indotto dai regolatori. «Da

qualche anno la qualità e la quantità del capitale delle banche continuano ad aumentare - dice Sebastiano

Pirro, partner di Algebris, fondo che tra i primi ha investito nei titoli ibridi di capitale - e i loro bond diventano

sempre più sicuri: ma il loro rendimento non riflette queste tendenze, perché non appena si comprime ci

sono le nuove emissioni a spingerlo». Anche se i compratori di titoli ibridi, "Coco" e Tier 2 sono ormai per il

90% i fondi comuni e le gestioni, la dinamica tra domanda e offerta rimane favorevole ai compratori. Negli

ultimi cinque anni solo di strumenti convertibili in equity le banche hanno emesso 100 miliardi di euro, e

altrettanti ne emetteranno entro il 2019, per essere in regola con Basilea 3 (ovviamente gli ibridi At1

rientrano a maggior ragione nel Tlac). Gli operatori ritengono che a tutta questa carta andrà sommata

presto la nuova carta necessaria a sostituire progressivamente il debito senior con debito Tlac. E che al di

là dei cavilli normativi, potrebbe eccedere i 200 miliardi, per un maggior costo pretasse in cedole di quasi 5

miliardi. S. DI MEO, FONTE EBA, HSBC, JP MORGAN CHASE, BARCLAYS, BNP PARIBAS,

CITIGROUP, DEUTSCHE BANK, BANK OF AMERICA, CREDIT SUISSE, GOLDMAN SACHS,

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MITSUBISHI UFJ FG, MORGAN STANLEY, AGRICULTURAL BANK OF CHINA, BANK OF NEW YORK

MELLON, CHINA CONSTRUCTION BANK, GROUUPE BPCE, GROUPE CREDIT AGRICOLE, IND. &

COMM. BANK OF CHINA LMT, ING BANK, MIZUHO FG, NORDEA, ROYAL BANK OF SCOTLAND,

SANTANDER, SOCIETE GENERALE, STANDARD CHARTERED, STATE STREET, SUMITOMO MITSUI

FG, UBS, UNICREDIT GROUP, WELLS FARGO

I PROTAGONISTIA sinistra, Ignazio Visco (1), governatore Banca d'Italia; Jean-Claude Juncker (2), presidente Commissione

Ue e il presidente del Financial Stability Board, Mark Carney (3)

Foto: Nei grafici qui a sinistra e a destra, quanto è costato l'intervento pubblico a favore delle banche nei

vari paesi d'Europa e negli Stati Uniti d'America

Foto: Qui sopra, il presidente della Bce, Mario Draghi

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In Italia stipendi troppo bassi Tre strategie per rimediare Più contratti aziendali, più voci variabili in busta e un taglio al cuneo fiscale [W. P.] Un lavoratore dipendente in Italia percepisce una Ral (retribuzione annua lorda) media di 28.653 euro:

siamo al nono posto tra i paesi della zona euro. Tuttavia il cuneo fiscale fa scivolare gli stipendi dei

lavoratori dipendenti: al netto della tassazione siamo agli ultimi posti della classifica. Secondo dati elaborati

da JobPricing nel suo Salary outlook, nel 2014 quasi il 95% dei dipendenti privati sono operai o impiegati.

Solo l'1,3% ha la qualifica di dirigente e il 4,2% di quadro. Le loro retribuzioni medie sono state di 105.390

euro per i dirigenti, 53.245 per i quadri, 30.689 per gli impiegati e 23.753 per gli operai. Un dirigente

guadagna quattro volte un operaio, tre volte un impiegato e il doppio di un quadro; un amministratore

delegato guadagna in media 11 volte più di un operaio. In generale, il 75% dei lavoratori dipendenti

percepisce una Ral tra18mila e 31mila e solo il 5,7% guadagna una cifra superiore a 40mila euro, che

diventa lo 0,7% se si guadagna più di 100mila euro. Pacchetto Se questi sono i numeri, come si possono

aumentare gli stipendi ma anche la produttività? Il binomio è obbligatorio. Da un lato andrà ripreso un

intervento strutturale sul cuneo fiscale, liberando le retribuzioni nette dai troppi carichi, per offrire una

boccata di ossigeno a lavoratori e aziende. Dall'altro va monitorato il percorso di detassazione di salari e

premi di produttività previsto dalla legge di Stabilità. Ma oltre al piano del governo si attende un intervento

diretto della contrattazione aziendale. Se da un lato il contratto nazionale di lavoro manterrà la sua funzione

di linee guida e di minimi tabellari validi per tutti, dall'altro i contratti aziendali troveranno un maggiore

impulso nelle imprese che stanno risalendo la china della ripresa. Lo rileva un altro studio JobPricing,

Compensation practice, su un campione di 150 aziende, che stanno cercando la via più virtuosa alla

produttività, ma restano spesso ancorate a vecchie pratiche. Lo dimostra il pacchetto retributivo oggi usato.

Solo il 3% delle imprese dichiara di avere una politica incentrata solo sulla retribuzione fissa, si può tuttavia

notare che è ancora molto diffusa l'erogazione di bonus ad personam; più del 40% delle aziende, infatti,

utilizza ancora il sistema della gratifica discrezionale. In ogni caso, tra le varie forme di retribuzione

variabile, la più diffusa riguarda il sistema formalizzato collegato ad obiettivi individuali, sistema che tende,

se ben gestito, a garantire una maggior motivazione dei lavoratori grazie alla correlazione tra premio e

performance individuale. Meno diffusi sono incentivi individuali legati a obiettivi aziendali e premi collettivi

da contrattazione di secondo livello, come il premio di risultato o il premio di partecipazione, presenti in oltre

il 50% delle aziende intervistate. Ma quali saranno gli sviluppi futuri delle retribuzioni secondo le imprese? Il

principale driver su cui impostare le pratiche di compensation nel prossimo futuro è l'obiettivo di

differenziare/premiare i best performer, indicato dal 48% delle aziende. Nel complesso quattro aziende su

cinque interverranno con la leva della retribuzione variabile individuale e in due casi su tre nei piani di

sviluppo carriera e formazione. Quasi la metà delle aziende dichiara che interverrà sulla retribuzione fissa,

mentre solo il 42% agirà sulla flessibilità degli orari per migliorare il work life balance. 3% 22% 41% 37%

70% 52% 48% 15% 45% Fonte: JOBPRICING 42% 33% 28% 79% 68% 58% 47% - LA STAMPA Premio

variabile individuale Training / sviluppo di carriera Incentivi a lungo termine (LTI) SOLAMENTE LO

STIPENDIO FISSO Premi collettivi con contratto aziendale (es. premi odi risultato/partecipazione)

Bonus/gratifica a discrezione della direzione aziendale o delle proprietà Benefit / Welfare - Servizi ai

dipendenti Retribuzione fissa (livelli e superminimi) Premio di gruppo contrattualizzato (es. premio di

risultato) Flessibilità orari - Work Life Balance Incentivi a lungo termine (cash LTI, stock option, azioni,

quote societarie, ecc.) Premio variabile di gruppo non contrattualizzato Altri programmi di riconoscimento

non monetario (es. dipendente dell'anno, ecc.) Sistema di incentivazione formalizzato gestito direttamente

dall'azienda e collegato ad obiettivi indiviaduali Sistema di incentivazione formalizzato gestito direttamente

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dall'azienda e collegato ad obiettivi aziendali Sistema di incentivazione formalizzato gestito direttamente

dall'azienda e collegato ad obiettivi di team/gruppo LE POLITICHE RETRIBUTIVE DELLE IMPRESE OGGI

E LE LEVE SU CUI PUNTARE NEL 2016

Foto: Troppe imposte L'Italia è nona in Europa nella classifica degli stipendi lordi ma è ultima in quella delle

retribuzioni nette. Colpa delle tasse

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Come incassare fino a 7 mila euro quando si cambia il conto in banca Dai buoni acquisto ai viaggi alle polizze sanitarie, tutte le offerte ai nuovi clienti SANDRA RICCIO Fino a 7mila euro per chi è disposto a tradire la vecchia banca per una nuova oppure a versare liquidità

fresca sul proprio conto. Per i correntisti infedeli e per quelli con disponibilità, il periodo è d'oro. O almeno

così sembra. In questa fase di crisi molte banche sono disposte ad attrarre nuovi clienti con l'esca di ricchi

bonus e di interessi più alti sui risparmi depositati. E' una guerra che è in atto soprattutto tra le giovani

banche online che adottano la promozione del bonus di benvenuto anche come strategia di marketing, utile

a farsi conoscere di più tra il grande pubblico. In questa battaglia tra istituti, a beneficiarne potrebbe essere

proprio il consumatore. A patto che legga bene tutte le condizioni. Molte volte si tratta, infatti, di promozioni

a tempo che scadono in pochi mesi. Gli interessi sono quindi sì più alti ma l'extra dura poco. Inoltre per

avere il premio (quasi sempre sotto forma di buono di acquisto) occorre essere disposti a off r i re q u a l co

s a i n c a m b i o : quasi sempre l'accredito sul nuovo conto di uno stipendio, di una pensione o di diverse

migliaia di euro di risparmi. Di sicuro la nuova norma che permette di cambiare banca in appena 12 giorni

ha facilitato il percorso da una banca all'altra e nel 2015 moltissimi correntisti hanno scelto di aprire un

nuovo conto grazie ai bonus di benvenuto. Quali sono le offerte per chi ancora non l'ha fatto? La lista è

lunga soprattutto tra gli istituti online. Iw Bank (gruppo Ubi) promette fino a 7 mila euro in voucher per lo

shopping a chi porta nuova liquidità in banca (almeno 25mila euro). Non basta però un semplice bonifico,

occorre anche investire i capitali freschi in prodotti di risparmio gestito e aspettare che maturi il diritto al

premio (i bonus si accumulano giornalmente). Webank (gruppo Bpm), offre un buono acquisto da 120 euro

da spendere ai distributori TotalErg o in alternativa per lo shopping su eBay o da Unieuro. Per incassare la

promozione occorre però effettuare l'accredito dello stipendio o della pensione oppure la domiciliazione

delle utenze o attivare una linea vincolata (12 mesi) per una somma di almeno mille euro. Sempre con

l'accredito della pensione o dello stipendio (o 3mila euro di risparmi), si ottengono 150 euro in buoni da

spendere su Amazon con il conto corrente Hello Bank (Bnl-Bnp Paribas). Widiba (Mps) invece prova a

invogliare i nuovi clienti con tassi al 2,5% ma solo per vincoli a 12 mesi (in promozione per i nuovi clienti ci

sono anche biglietti aerei per un valore di 300 euro). Sulla voglia di viaggiare punta anche Cariparma con il

suo Conto Adesso. A chi diventa cliente online entro fine anno e accredita lo stipendio o la pensione

oppure deposita almeno 3.000 euro offre un buono Lastminute.com del valore 100 euro per i voli aerei.

Fineco (Unicredit) propone invece 50 euro di bonus direttamente sul proprio conto corrente (oppure 100

euro in commissioni trading) a chi porta un amico che però deve accreditare stipendio o pensione o in

alternativa versare 20mila euro. Unipol Banca, la banca online di Unipol, in aggiunta al conto offre un piano

sanitario gratuito che permette il rimborso di alcuni ticket per le visite mediche (sempre in presenza di

accredito dello stipendio, di un deposito titoli o di un conto deposito della banca). Quando conviene

cambiare? Il passaggio a una nuova banca non va fatto soltanto perché invogliati da un bonus. Occorre

farsi bene i conti in tasca prima del trasloco, valutando bene gli interessi offerti, l'ammontare del canone

chiesto dalla nuova banca e soprattutto il costo delle varie voci legate al nuovo conto come, per esempio,

quella per l'invio di un bonifico dallo sportello fisico dell'istituto o per la carta di credito. Ogni singola banca

decide come giostrare tali costi: alcune li azzerano, altre azzerano solo quelli fissi, altre solo quelli online,

altre ancora non li azzerano proprio.

Le proposte degli istituti Banca Widiba (Mps) Fineco (Unicredit) THE NEW BANK Iw Bank (Gruppo Ubi)

Webank (Gruppo Bpm) Unipol Banca (Unipol) Piano sanitario gratuito - LA STAMPA Cariparma (Credit

Agricole) Fino a 7 mila euro in buoni acquisto 120 euro in buoni acquisto Tasso d'interesse al 2,5% 100

euro in bonus viaggi 50 euro sul conto Per vincoli a 12 mesi Per i nuovi clienti Promozione Condizioni

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Occorre versare 25mila euro in nuova liquidità e investirla in risparmio gestito Accredito dello stipendio o

apertura di una linea vincolata per mille euro Accredito dello stipendio o deposito di 3mila euro Per chi

accredita lo stipendio, apre il conto deposito o un dossier titoli con saldo attivo

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Più soldi subito per la sicurezza Il governo punta a 300 milioni Stanziamenti aggiuntivi dislocati tra intelligence e Difesa FRANCESCO GRIGNETTI ROMA D o p o Pa r i g i , t u t t o c a m b i a . Un'azione del genere, che il ministro Angelino Alfano definisce

«tecnica stragista che colpisce obiettivi imprevedibili», mette i governi di fronte a un salto di qualità del

terrorismo. E allora occorre prevedere allo stesso tempo un apparato di intelligence e di polizia più robusto.

Servono soldi, insomma, per nuove assunzioni e per gli straordinari del personale in servizio. Già ieri il

governo si sarebbe messo al lavoro per destinare più risorse alla sicurezza. Si vocifera anche di pressioni

per un maggiore impegno militare contro i terroristi dell'Isis in Iraq, ma il governo fino all'altro ieri intendeva

procedere con somma calma: è stato deciso di inviare più carabinieri istruttori a Baghdad (passeranno da

35 a 100 dopo il 1 gennaio) e la decisione è stata notificata al governo iracheno e al comando della

Coalizione anti-Isis. Potrebbero aumentare anche gli istruttori dell'esercito in Kurdistan: stanno lì da mesi e

sono stati loro a preparare i peshmerga che in questi giorni stanno combattendo e vincendo sul terreno

nell'Iraq settentrionale. Non dovrebbe però succedere nulla di più, almeno per il momento. La famosa

richiesta di associarci nei bombardamenti in Iraq resta «allo studio». L'attenzione prevalente del governo va

al "fronte interno". Una trattativa per aumentare i fondi della sicurezza era in corso da qualche giorno. Si

discuteva tra palazzo Chigi, Interno, Difesa ed Tesoro della necessità di uno stanziamento aggiuntivo di 2-

300 milioni per andare incontro al rinnovo contrattuale del comparto e sopire il malumore degli operatori. I

finanziamenti aggiuntivi sarebbero arrivati alla voce "armonizzazione delle carriere". Ma da ieri quelle

discussioni si sarebbero accelerate. I finanziamenti aggiuntivi dovrebbero arrivare come emendamento alla

legge di Stabilità, nel passaggio alla Camera, tra qualche settimana. E s e c u t i vo e m agg i o ra n z a

stavano dunque cercando di aumentare la dote per l'intero comparto. Rispetto all'anno scorso, ci sono 71

milioni di euro di aumento. In vista del Giubileo, inoltre, si era riconosciuto come necessario dare un

sostegno aggiuntivo all'intelligence e forze dell'ordine con altri stanziamenti. Ma da ieri è un coro bipartisan

sulla necessità di maggiori risorse. Il governo a questo punto punterebbe a un rinforzo sostanzioso e per

questo si dovrebbe prendere un po' più di tempo, puntando a reperire risorse adeguate e coperture solide

per il passaggio della manovra alla Camera. Quali siano le esigenze, l'ha spiegato la ministra della Difesa,

Roberta Pinotti: «Gli attentati di Parigi sono un atto di guerra. Non c'è dubbio che c'è stato un salto di

qualità». Rimarcato che l'attacco era «organizzato con tecnica militare», la ministra ha concluso:

«Dobbiamo affrontarlo con modalità nuove. Il che presuppone il fatto che tutte le nostre forze di polizia e

armate a b b i a n o c a p ac i t à o p e rat i ve molto più rapide». Occorrerà un apparato all'altezza,

insomma. «E' ovvio che se la sicurezza continuerà ad essere uno dei problemi principali, dovremmo per

forza ragionare su un aumento delle risorse». LAPRESSE

Gli attentati di Parigi sono un atto di guerra. Non c'è dubbio che c'è stato un salto di qualità Roberta

Pinotti ministro della Difesa

Foto: Militari Carabinieri italiani sono già impegnati in Iraq e Kurdistan come addestratori

Foto: AP

Foto: A Baghdad Il governo italiano ha deciso di inviare più carabinieri istruttori a Baghdad: passeranno da

35 a 100 dopo il 1° gennaio

Foto: Scenario Dopo Parigi, tutto cambia. Una serie di attentati stragisti che mette i governi di fronte a un

salto di qualità del terrorismo

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Manovra, più fondi per la sicurezza Si fa sentire la protesta delle forze di polizia: «Abbiamo sempre meno uomini per intercettare quello che simuove sul territorio» Il governo e la maggioranza pronti a inserire emendamenti per aumentare le dotazionifinanziarie: obiettivo più assunzioni Luca Cifoni Sara Menafra ` IL PROVVEDIMENTO R O M A La richiesta arriva più o meno tutti gli anni in questo periodo. Stavolta

però è accompagnata dalla potente carica emotiva della notte di terrore a Parigi: così governo e

maggioranza si affrettano a far sapere fin d'ora che nell'ambito della legge di Stabilità saranno rese

disponibili maggiori risorse finanziarie per le esigenze della sicurezza. Ma anche su questo nodo, come su

quelli relativi a pensioni, enti locali e giochi, la soluzione arriverà solo alla Camera, con la seconda lettura

del provvedimento. GLI SGRAVI PER IL SUD Ieri, al Senato, la commissione Bilancio non si è riunita. Ma è

stata una giornata di incontri e contatti in vista delle votazioni che riprenderanno oggi. Tra i temi che

dovranno essere risolti a Palazzo Madama, ci sono comunque capitoli rilevanti come gli incentivi per il

lavoro nelle Regioni meridionali e i ritocchi alla tassazione degli immobili. Sul primo punto la soluzione che

si delinea è il prolungamento di un ulteriore anno della decontribuzione, che nel resto del paese è destinata

a terminare nel 2018 pur se in misura parziale (40 per cento). Sarebbe invece più costoso nell'immediato

incrementare e beneficio del Sud la percentuale, pur senza ripristinare la totale cancellazione dei contributi

per i neoassunti che viene applicata quest'anno. Quanto alla casa, sono due le possibili correzioni

all'impianto del provvedimento. Da una parte, dovrebbe essere introdotta a livello nazionale un'aliquota Imu

ridotta per le abitazione date in affitto a canone concordato, in base agli accordi tra le associazioni dei

proprietari e quelle degli inquilini; attualmente questo sconto è lasciato alla libera iniziativa dei Comuni.

Dall'altra potrebbe essere previsto l'azzeramento del tributo per le case date in comodato ai figli, ma solo

nel caso in cui queste si trovino nello stesso Comune di residenza dei genitori: questo anche per evitare

fenomeno di elusione. IL BLOCCO DEL TURN OVER Per quanto riguarda invece la sicurezza, è ancora

presto per dire quali saranno gli interventi. Il ministero dell'Economia potrebbe mettere in campo qualche

decina di milioni, attingendo alla dote che normalmente viene tenuta di riserva per le modifiche

parlamentari. Soldi che, come già avvenuto in passato, permetterebbero di incrementare le assunzioni in

deroga agli attuali vincoli al turn over (per la generalità del personale pubblico la percentuale di sostituzione

del personale che va in pensione è stata fissata al 25 per cento). Ma dai corpi di polizia ci sono anche

pressanti richieste per il rafforzamento degli strumenti e delle attrezzature in dotazione. C'è poi il tema più

generale dei rinnovi contrattuali, che riguarda tutti i dipendenti pubblici ma anche nello specifico militari e

personale di polizia: le risorse complessive stanziate dal governo sono ritenute dagli interessati del tutto

insufficienti e potrebbero addirittura produrre incrementi retributivi inferiori all'indennità di vacanza

contrattuale. LA PROTESTA DEI POLIZIOTTI La protesta delle forse dell'ordine in questi giorni si sta

facendo sentire anche perché le assunzioni non sono state sbloccate neppure in vista del Giubileo. Il

problema della mancanza di fondi per la sicurezza riguarda in particolare la polizia, dice Daniele Tissone

del Silp Cgil. Stando ai dati raccolti dal sindacato, in particolare a Roma il numero di agenti è diminuito

specie in rapporto ai residenti in costante crescita. E la proporzione non accenna a cambiare neppure in

vista del Giubileo, che pure avrebbe bisogno di una presenza più radicata. «La presenza della polizia di

stato si è ridotta di un terzo rispetto alla previsione organica del 2005, non basta dire che il governo

manderà l'esercito - dice Tissone - come la strage di Parigi ha dimostrato, il problema non è presidiare

militarmente i luoghi simbolici della città ma cercare di capire quel che si muove nel territorio». Il paragone

col Giubileo del 2000 fa riflettere: allora gli agenti nei commissariati di Roma erano 3850, oggi ce ne sono

500 in meno. E come se non bastasse, la popolazione è aumentata. Accade così che dal 2005 ad oggi i

residenti siano aumentati del 13% ovvero di circa 300mila unità, mentre gli agenti sono scesi del 26%. In

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media, escludendo quelli impiegati nei ministeri, a Roma c'è un poliziotto ogni mille abitanti, con proporzioni

particolarmente basse proprio in zone periferiche dove è più alto il rischio che il disagio sociale armi la

mano di un folle. Al Casilino, c'è un poliziotto ogni 2561 residenti, ad Ostia uno ogni 2000, a Tor Sapienza

uno ogni 1.300. La proporzione è particolarmente bassa se la si guarda con gli occhi del resto della

Regione: nel 2004 gli operatori di polizia avevano un rapporto con la popolazione di 1/248, poi sceso a

1/266 nel 2012.

Uomini

CORPI DI POLIZIA FORZE ARMATE

Il p ersonale di sicurezza e militare

324.071316.717194.608185.325 2010 Donne 2013 2010 2013 301.573 22.498 292.311 24.406 184.897 9.711 9.711 9.711 175.818

9.507 9.507 9.507 Fonte: Ragioneria generale dello Stato

16/11/2015Pag. 17

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I dati sui tempi di adempimento sono illustrati nel Rapporto Cerved diffuso in settimana Pagamenti, pmi più puntuali Piccole imprese con performance migliori delle grandi LUIGI DELL'OLIO Non si può dire che la situazione sia tornata alla normalità, né che l'Italia abbia colmato il gap storico con gli

altri grandi paesi europei. Di certo c'è che il problema dei ritardi nei pagamenti comincia a essere meno

gravoso che in passato. Dal rapporto Pmi realizzato da Cerved, presentato martedì scorso, emerge (fonte:

database Payline) che nel corso del 2014 e della prima parte del 2015, le piccole e medie imprese hanno

pagato con maggiore puntualità i propri fornitori, evidenziando una tendenza diversa rispetto alle grandi

imprese, che godono di due settimane di maggiori dilazioni, in parte ottenute al momento di negoziare i

termini, per il resto sforando le scadenze pattuite. Calano i mancati pagamenti. Il report segnala che alla fi

ne del primo semestre le 100 mila pmi monitorate dovevano saldare 1,9 milioni tra fatture in scadenza nel

trimestre e arretrati dei mesi precedenti, per un valore di quasi 5,2 miliardi di euro. Di queste fatture, non

sono state pagati 996 milioni di euro, alle quali corrisponde una quota di mancati pagamenti pari al 19,2%,

in leggero calo rispetto allo stesso periodo del 2014. Il dato, che prosegue una tendenza positiva avviata lo

scorso anno, rappresenta il valore più contenuto dall'inizio del 2012. Le medie imprese, che

tradizionalmente sono più «virtuose» delle piccole per quanto riguarda lo stock di fatture scadute,

registrano invece un maggior numero di pagamenti non saldati se si considerano le sole fatture di nuova

emissione (pari al 31,4% alle fi ne di giugno, contro il 27,1% delle piccole). Le differenze sono ancora più

marcate se si confronta il complesso delle pmi con le grandi imprese, per cui la quota di mancati pagamenti

sulle nuove emissioni ha toccato il 45,9% nel secondo trimestre del 2015. Al crescere della dimensione e

del potere negoziale dell'impresa, è quindi più frequente la prassi di non saldare le fatture in scadenza

come leva di gestione della liquidità. I dati settoriali indicano che il calo dei mancati pagamenti è un

fenomeno diffuso a tutta l'economia. Costruzioni in recupero. Nelle costruzioni la quota di scaduto sullo

stock di fatture si è ridotta in modo consistente nel corso del 2014, anche se le pmi del settore mantengono

un gap negativo rispetto alle altre, con una quota dello scaduto del 28,2% contro il 19%. Del resto, l'edilizia

è stato uno dei comparti più colpiti dalla lunga stagione della recessione e ancora oggi non può dirsi sulla

strada della ripresa. Nel 2014 e nei primi sei mesi del 2015 si è ridotta la quota di mancati pagamenti sullo

stock di fatture nel terziario, proseguendo la tendenza positiva iniziata nella seconda metà del 2013. A

giugno di quest'anno lo scaduto ha raggiunto quota 19,4%, il minimo da tre anni e mezzo. Il comparto

energy & utility è il più virtuoso con appena il 9,2% di mancati pagamenti, ma segnali positivi arrivano

anche dal manifatturiero, che a metà di quest'anno si è fermato al 15,2%. Ritardi a due facce. Il Cerved

segnala che si vanno riducendo i termini accordati alle Pmi per i pagamenti: a metà di quest'anno si è

arrivati a una media di 60,1 giorni, con un calo di 0,6 giorni in un anno, di 3,6 nel confronto a tre anni.

Anche se poi i valori cambiano in base al settore merceologico, con le costruzioni penalizzate più di altri

dalla stretta. I ritardi accumulati dalle pmi rispetto ai giorni concordati in fattura sono uno dei più importanti

segnali anticipatori di un'impresa in diffi coltà fi nanziaria, che non è in grado di onorare con puntualità gli

impegni presi con i propri fornitori. D'altra parte, in molti casi le aziende ritardano il pagamento di alcune

fatture come prassi per ottenere dei vantaggi in termini di gestione della liquidità, specialmente quando

questo non compromette i rapporti commerciali con le controparti. Le rilevazioni di Cerved segnalano il calo

in atto nei ritardi medi accumulati dalle Pmi (nel secondo trimestre del 2015 si è arrivati a 13,5 giorni (dai

15,1 di un anno prima), mentre i ritardi superiori ai due mesi si attestano al 5,8% (erano il 6,4% nel secondo

trimestre 2014). Intanto cresce, superando il 50%, la quota di aziende di ridotte dimensioni che in media

accumula ritardi inferiori a 30 giorni. Mentre per le grandi imprese il calo dei ritardi medi si è interrotto nel

corso del 2014 e solo nel secondo trimestre del 2015 si è osservato un lieve miglioramento (-0,5 giorni di

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ritardo).

Giorni medi concordati Pmi

Mancati pagamenti pmi sul totale

Termini concordati in fattura

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Disciplina uniformata nella circ. 16/E in vista dell'entrata in vigore del nuovo Codice Ue Dogane, il fisco presta le regole Reinterpretati i criteri dei prezzi di trasferimento La prova dell'accettabilità potrà, tra le altre, consistere nelladimostrazione che detto valore è molto vicino al valore di transazione applicato in occasione di vendita, tracompratori e venditori, che non sono tra loro legati, di merci identiche o similari. Tale criterio ècorrispondente, in sostanza, al metodo del confronto interno, di cui al modello Ocse, in materia di transferpricing GIOVAMBATTISTA PALUMBO Convergenza tra normativa fiscale sul valore normale e normativa doganale sul valore di transazione.

L'Agenzia delle dogane ricerca, nella disciplina in tema di transfer pricing, la soluzione per la

determinazione del valore in dogana. Per la determinazione del valore di transazione ai fi ni doganali

l'Agenzia delle dogane ha, infatti, ritenuto possibile consentire l'utilizzo degli oneri documentali sui prezzi di

trasferimento predisposti ai fi ni fi scali, «interpretando», con la circolare 16 del 6 novembre 2015, i metodi

di determinazione dei prezzi di trasferimento, già utilizzati ai fi ni delle imposte dirette, al fi ne di renderli

compatibili ai fi ni doganali. Gli operatori multinazionali sono ora tenuti a presentare alle Dogane un'istanza

di ruling, con cui evidenziare che la propria politica di transfer pricing è «accettabile» anche ai fi ni doganali.

Il punto di contatto tra le due discipline è del resto rappresentato dal fatto che nelle cessioni internazionali

tra parti correlate sia la fi scalità diretta sia quella doganale, richiedono che il valore delle merci non sia in

uenzato dai legami tra le parti interessate. Le nuove linee interpretative e operative, indicate nella citata

circolare, costituiscono inoltre un documento di base in vista dell'applicazione, prevista dal 1° maggio 2016,

delle disposizioni indicate dal Reg. Ue 952/2013 (nuovo Codice doganale dell'Unione), che, all'art. 73,

stabilisce che le autorità doganali possono autorizzare, su richiesta, la determinazione degli importi che

devono essere inclusi nel valore in dogana conformemente al valore di transazione. Per il buon

funzionamento dei mercati sono del resto necessarie delle regole a tutela della libera concorrenza e in tale

prospettiva, il valore doganale assume una rilevante importanza. L'adozione, infatti, di norme comuni sul

valore in dogana è innanzitutto necessaria per liberalizzare il commercio tra i vari Stati, laddove con il

termine «valore in dogana» si intende in primis il valore attribuito alle merci all'atto dell'importazione, al fine

di applicare le aliquote dei dazi ad valorem. La falsa dichiarazione del valore in dogana ha rilevanza inoltre

non solo nel caso in cui il valore dichiarato sia inferiore a quello reale, ma anche qualora sia espresso un

valore superiore (indice magari di reati quali il riciclaggio e l'esportazione illecita di capitali). La regola

generale per la determinazione del valore in dogana è rappresentata dal valore di transazione, rispetto al

quale il prezzo rappresenta solo uno dei componenti. Al prezzo effettivamente pagato o da pagare per le

merci importate andranno, infatti, a g g i u n t e , nella misura in cui sono a carico del compratore, ma non

sono state incluse nel prezzo, varie voci, tra cui, per esempio, le commissioni, le spese di mediazione e il

costo dell'imballaggio. Il criterio del prezzo effett i v a m e n t e pagato o da pagare non potrà, tra le altre,

comunque essere usato come metro di determinazione del valore in dogana quando il compratore e il

venditore siano legati tra di loro. Tale previsione presenta dunque profi li di connessione con la

corrispondente disciplina in materia di transfer pricing. Per stabilire comunque se il valore di transazione sia

accettabile (o «normale»), il fatto che il compratore e il venditore siano tra loro «legati», non costituisce di

per sé condizione dirimente. La circostanza che dovrà essere appurata riguarda allora, in particolare, il fatto

se tale legame abbia o meno effettivamente in uito sul prezzo. Se quindi l'Amministrazione ritiene (sulla

base di elementi concreti) che tale legame abbia effettivamente in uito sul prezzo, essa dovrà comunicare

le proprie considerazioni (opportunamente motivate) al dichiarante, che avrà comunque modo di fornire la

prova contraria. L'impegno del legislatore in materia di valore in dogana è quindi teso all'applicazione e alla

tutela non solo degli interessi erariali, ma anche di un principio fondamentale dell'Ordinamento comunitario

(e nazionale), quale quello della libera concorrenza. In quest'ottica vanno lette le disposizioni che pongono

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l'attenzione sul profi lo di rischio dell'esistenza di legami tra compratore e venditore (laddove, in un contesto

commerciale quale quello odierno, si tratterà in particolare di legami di tipo societario e di operazioni

infragruppo di rilevanza internazionale). In quest'ottica è chiaro dunque che un efficace contrasto

all'evasione doganale deve passare da più ampi poteri di accertamento e verifi ca e da un maggior

coordinamento tra le norme dei vari settori del nostro ordinamento tributario. Se del resto, nel caso

dell'imposizione diretta, il danno per l'Erario consisterà nella deviazione dei redditi in un Paese estero

(magari a tassazione agevolata), nel caso delle obbligazioni doganali il danno consisterà nei minimi dazi

commisurati al (non corrispondente al vero) minor valore dichiarato in dogana. Inoltre il danno, in tali casi,

sarà duplice: fi scale ed economico, dato che, non solo si pagheranno minori dazi, ma si potranno

perseguire anche illecite politiche di dumping, al fi ne di «invadere» il mercato con prodotti a prezzi

concorrenziali (concorrenziali anche grazie al pagamento di minori dazi rispetto a quelli dovuti).

Quando si ricorre al prezzo Il criterio del prezzo effettivamente pagato o da pagare non potrà essere

usato come metro di determinazione del valore in dogana tutte le volte che: esistono restrizioni per la

cessione o per • l'utilizzazione delle merci da parte del compratore; la vendita o il prezzo sia subordinato a

condi• zioni o prestazioni il cui valore non può essere comparativamente determinato; una parte del

prodotto di qualsiasi rivendita, • cessione o utilizzazione successiva delle merci da parte del compratore

ritorni direttamente o indirettamente al venditore; il compratore e il venditore siano legati tra • di loro

I documenti da usare L'individuazione di alcuni documenti utili per la determinazione del valore in dogana

è facilitata dal modulo D.V.1, che elenca una serie di documenti che possono essere utilizzati

nell'accertamento del valore in dogana, quali per esempio: il contratto di vendita; • contratti e altri documenti

relativi ai diritti di • riproduzione delle merci importate; l'eventuale contratto per corrispettivi e diritti • di

licenza; un eventuale contratto di agenzia, per • stabilire un'aggiunta per commissioni o mediazione; i

documenti di trasporto e assicurazione •

I criteri Tra i criteri per rilevare l'accettabilità del valore vi sono in particolare: il valore di transazione di

merci • identiche, vendute per l'esportazione a destinazione della Comunità ed esportate nello stesso

momento (o pressappoco nello stesso momento) delle merci da valutare; il valore di transazione di merci •

similari, vendute per l'esportazione a destinazione della Comunità ed esportate nello stesso momento (o

pressappoco nello stesso momento) delle merci da valutare; il valore fondato sul prezzo uni• tario

corrispondente alle vendite nella Comunità delle merci importate nel quantitativo complessivo maggiore,

effettuate a persone non legate ai venditori; il valore calcolato eguale alla • somma: del costo o del valore

delle materie e delle operazioni di fabbricazione o altre, utilizzate per produrre le merci importate; di un

ammontare rappresentante gli utili e le spese generali, uguale a quello che comportano generalmente le

vendite di merci della stessa qualità o della stessa specie delle merci da valutare fatte da produttori del

paese di esportazione per l'esportazione a destinazione della Comunità; del costo o del valore delle spese

di trasporto e assicurazione delle merci importate e delle spese di carico e movimentazione connesse al

trasporto delle merci nel territorio doganale della Comunità

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Le pronunce della Cassazione sugli atti costituiscono un'arma a doppio taglio per il Fisco Dirigenti decaduti sotto esame Fari del ricorrente su qualifi ca e validità della delega RIENTRO DEI CAPITALI e DARIA PASTORIZIA Si sono rivelate un'arma a doppio taglio per l'Agenzia delle entrate le tre sentenze della Corte di cassazione

depositate lo scorso 9 novembre sugli atti sottoscritti dai dirigenti incaricati e decaduti. Passi pure che, in

virtù delle pronunce nn. 22800/15 e 22810/15 della Suprema corte, la sorte degli atti impositivi formati

anteriormente alla pronuncia n. 37/2015 della Consulta non possa essere automaticamente compromessa

dalla carenza della qualifi ca dirigenziale del funzionario sottoscrittore. D'altro canto, però, a quegli stessi

atti nessuna chance di sopravvivenza resta quando risultino firmati da soggetti diversi dal capo dell'uffi cio o

da altro impiegato della carriera direttiva da lui validamente delegato. A sancirlo sono gli stessi giudici di

Palazzo Cavour nelle medesime sentenze che hanno dato ragione al Fisco: pur superando la necessità

della qualifi ca dirigenziale, la Corte ha infatti circoscritto le professionalità che per legge sono capaci di

manifestare la volontà dell'Amministrazione fi nanziaria e sono perciò idonee ad emettere atti suscettibili di

avere rilevanza esterna producendo effetti nella sfera giuridica del destinatario. L'art. 42, 1 e 3° commi, del

dpr n. 600 del 1973, infatti, prevede da un lato che gli avvisi di accertamenti in rettifi ca e d'uffi cio debbano

essere sottoscritti dal capo dell'uffi cio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato e dall'altro

che l'accertamento è nullo se l'avviso non reca la fi rma di uno di tali soggetti. Le qualità professionali di chi

emana l'atto costituiscono quindi un'essenziale garanzia per il contribuente e ciò in quanto, lo ricorda la

Suprema corte, gli avvisi di accertamento sono la più complessa espressione del potere impositivo e

incidono con particolare profondità nella realtà economica e sociale, discostandosi da e contestando le

affermazioni del contribuente. L'indagine del ricorrente che impugni un atto dell'Agenzia delle entrate deve

dunque partire proprio dalla verifi ca della qualifi ca del soggetto fi rmatario e/o del suo delegante,

indipendentemente dal ruolo dirigenziale che questi eventuale ricopre. L'idoneità della sua professionalità

sarà oggetto di prova a carico dell'Amministrazione fi nanziaria, sia in base al principio di leale

collaborazione che grava sulle parti processuali (e segnatamente sulla parte pubblica) sia in virtù del

principio della «vicinanza della prova» in quanto si discute di circostanze facilmente documentabili per

l'Agenzia. Pertanto, a seguito della contestazione, anche generica, formulata dal contribuente nel proprio

ricorso introduttivo, in occasione della prima difesa utile il Fisco avrà l'onere di dimostrare che il soggetto

sottoscrittore sia capo dell'uffi cio o altro funzionario della terza area di cui al contratto del comparto

agenzie fi scali fi ssato per il quadriennio 2002-2005, in conformità a quanto richiesto dall'art. 42, comma 1,

del dpr n. 600/73. L'atto impugnato sarà dunque nullo tutte le volte in cui risulti fi rmato da un soggetto non

appartenente (almeno) alla terza area o se la delega non provenga da un capo avente tale qualifi ca. La

sentenza n. 22803/2015 della Corte di cassazione, però, suggerisce di scendere ancora più in profondità.

Verifi cati i requisiti soggettivi del funzionario, il giudice dovrà stabilire se la volontà dell'ente sia stata

validamente manifestata dal soggetto fi rmatario. Per farlo, occorrerà appurare il corretto esercizio del

potere sostitutivo da parte del sottoscrittore ovvero la presenza della delega del titolare dell'uffi cio. Anche

sotto questo profi lo il contribuente dovrà contestare che l'incaricato alla sottoscrizione dell'atto non era

munito di una valida delega di fi rma o di funzioni. La delega, infatti, pur potendo essere conferita con atto

proprio o con ordine di servizio, ai fi ni della sua validità dovrà necessariamente contenere (I) la

motivazione per la quale è stata conferita (es., carenza del personale, assenza, vacanza, malattia ecc.), (II)

il termine di validità, (III) il nominativo del soggetto delegato. In ragione del contenuto necessario di tale

documento, la Suprema corte ha dichiarato l'illegittimità delle c.d. deleghe «in bianco» o «impersonali»,

anche «ratione offi cii», nelle quali viene indicata la sola qualifica professionale del funzionario intestatario

della delega e non anche le generalità di chi effettivamente riveste tale qualifi ca. La ratio di tale principio

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risiede anzitutto nell'art. 4-bis del dl 15 giugno 2015 n. 78, convertito in legge 125/2015, che, disciplinando

l'istituto della delega, ha sancito che essa debba essere nominativa, non potendo essere fatta «per

relationem» con riferimento ad un soggetto incerto. La disposizione in esame offre quindi al contribuente

una garanzia in più specialmente di fronte al (non infrequente) fenomeno del turnover di capi uffi cio o capi

team dell'Agenzia che al momento della sottoscrizione degli atti impositivi potrebbero essere diversi da

quelli a cui era stata genericamente conferita la delega. D'altronde, non può neppure trascurarsi che a tali

conclusioni erano già approdati i Collegi di merito. Con la recente sentenza n. 3700/1/15 del 31 agosto

2015 la Commissione tributaria regionale della Lombardia aveva infatti concluso che le deleghe ai

«funzionari della terza area» per il compimento di atti a competenza dirigenziale devono necessariamente

considerarsi «ad personam» non già «ratione offi cii». Tale soluzione si staglia sul solco della precedente

pronuncia n. 946/11/2015 della Commissione tributaria provinciale di Bari che il 20 marzo 2015 aveva

censurato la validità di un ordine di servizio che esprimeva solo genericamente l'attribuzione complessiva

delle funzioni da parte del direttore ai capi dei vari team. In conclusione, in difetto di prova da parte

dell'Amministrazione fi nanziaria o in presenza di una delega «in bianco» o impersonale, l'atto fi rmato dal

funzionario deve certamente intendersi nullo ancorché chi lo abbia sottoscritto sia in possesso della qualifi

ca professionale prevista dalla legge. Il 3° comma dell'art. 42 del dpr n. 600/73, infatti, postula l'esistenza

del vizio invalidante ogni volta che l'atto fi scale provenga da chi non ha titolo per agire in nome e per conto

dell'Amministrazione. Ne consegue che sono insanabilmente nulli gli atti fi rmati da un funzionario che non

appartenga alla carriera direttiva o che, pur avendo tale qualifi ca, non sia stato posto a capo dell'uffi cio o

non sia stato da questo validamente delegato.

I principi espressi dalla Corte di CassazioneSentenza n.

Pro Fisco

Pro contribuente

22800/2015

L'espressione "impiegato della carriera direttiva", contenuta nell'art. 42 del d.p.r. 600/73, non equivale a

"dirigente" ma corrisponde oggi al "funzionario di terza area".

In caso di contestazione anche generica, è onere dell'Agenzia, che ha immediato e facile accesso ai propri

dati, provare la legittimazione del funzionario dimostrandone i requisiti soggettivi richiesti per legge.

22810/2015

Incombe sull'Amministrazione l'onere di provare il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del

sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell'uffi cio.

Gli avvisi di accertamenti in rettifi ca e d'uffi cio sono validi se fi rmati dal capo dell'uffi cio o da altro

impiegato della carriera direttiva da lui delegato, anche se privi di qualifi ca dirigenziale.

22803/2015

Ai fi ni della validità della delega non è decisiva la modalità della sua attribuzione che può essere conferita

o con atto proprio o con ordine di servizio.

È nulla la delega "in bianco" o impersonale posto che essa deve indicare, unitamente alle ragioni del

conferimento, il termine della sua validità e il nominativo del soggetto delegato.

Vademecum processualeConseguenzeContestazioni del contribuenteIn difetto di valida prova contraria, l'atto impugnato è nullo ai sensi dell' art. 42, co. 3, d.p.r. 600/73.Onere probatorio dell'Agenzia

Chi ha fi rmato o ha delegato la fi rma dell'atto non riveste la qualifi ca di capo dell'ufficio o di altro

impiegato della carriera direttiva.

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Produzione di una certifi cazione attestante il possesso dei requisiti soggettivi di professionalità indicati

dall'art. 42, co. 1, d.p.r. n. 600/73.

L'incaricato alla fi rma dell'atto non era munito di valida delega perchè priva di una delle seguenti

indicazioni: a. motivazione della delega; b. durata della delega; c. nome del delegato.

Produzione di atto proprio o ordine di servizio mediante il quale è stata conferita una delega di fi rma o di

funzioni recante il contenuto necessario chiarito dalla Cassazione con la sent. n. 22803/15 e dalla l.

125/2015.

Le massime della cassazione sul sito www.italiaoggi.it/ docio7

16/11/2015Pag. 5 N.272 - 16 novembre 2015

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L'ANALISI Banche svizzere verso la linea dura contro gli evasori Paolo Bernasconi È finito il segreto bancario svizzero? La risposta presuppone la capacità di navigare fra le norme svizzere

sulla cooperazione internazionale fra autorità fiscali. Cosa disagevole poiché le norme topiche sono recenti,

la giurisprudenza è in formazione e il quadro normativo internazionale è fluido, specie a livello dei requisiti

minimi dell'Ocse. Dopo l'estesa giurisprudenza riguardo alle domande Usa, si attendono ora le sentenze

sulle prime rogatorie di gruppo, presentate dal fisco olandese. In realtà la domanda decisiva, oggi, è

un'altra: quali limiti applicherà la banca svizzera nei confronti dei depositi non fiscalizzati? Anzitutto, verrà

approfondita e formalizzata la verifica riguardo alla conformità fiscale, perfezionando l'analisi delle risposte

fornite (o non ancora fornite o omesse), da parte del cliente sottoposto alla sovranità fiscale italiana.

Riguardo ai patrimoni che ancora nel 2016 non fossero conformi fiscalmente per la banca sarà facile

applicare la prassi restrittiva attuale: blocco totale. La banca è sottoposta all'obbligo previsto dal diritto

prudenziale, e imposto severamente da parte della autorità di vigilanza svizzera (Finma), di evitare di

esporsi a qualsiasi rischio legale e reputazionale. Pertanto, la banca giustifica il rifiuto a eseguire le

istruzioni patrimoniali del cliente, allegando che questo obbligo di diritto amministrativo costituisce motivo di

impossibilità all'adempimento dei suoi obblighi contrattuali, previsti dal mandato che disciplina il rapporto

con il suo cliente. Parecchi fra questi ultimi hanno combattuto questa tesi, ottenendo spesso sentenze del

giudice civile che ha condannato la banca a eseguire l'istruzione del cliente: prelievo in contanti, bonifico a

favore di un conto bancario offshore, pagamento di fatture di ditte svizzere e simili. Le due recenti

sentenze, favorevoli ai clienti, da parte del Tribunale federale svizzero, massima autorità giudiziaria, non

costituiranno precedente poiché giudicano caso per caso. Pertanto è prospettabile che la banca svizzera

continuerà ad applicare la sua prassi restrittiva. Il cliente evasore rischia la ghigliottina, già vigente, delle

rogatorie di gruppo, ammissibili per l'Italia, soltanto per fatti successivi al 23 febbraio 2015, nonché la

ghigliottina dello scambio automatico, ipotizzabile a partire dal 2018 per le relazioni esistenti dal 2017. E la

ghigliottina applicata anni or sono da qualche banca nei confronti dei clienti Usa, di cui chiuse il conto,

inviando al domicilio di quest'ultimo un assegno di valore corrispondente al saldo attivo? I miei colleghi dei

dipartimenti legali delle banche esternano prudenza. Appare, infatti, criticabile la chiusura del conto imposta

dalla banca, invece che ordinata dallo stesso titolare del conto. Ben più censurabile una simile iniziativa nei

confronti del contribuente evasore italiano che, qualora procedesse all'incasso di simile assegno,

innescherebbe, in virtù delle segnalazioni obbligatorie, proprio quel meccanismo che lo deferisce al

pubblico ministero. Non si esclude, quindi, da parte dell'evasore irriducibile, la via del giudice civile al quale

chiedere di ordinare alla banca, in via provvisionale, di astenersi dalla chiusura del conto e, comunque,

dalla liquidazione del relativo saldo attivo. Riemergerà, pertanto, il conflitto fra norme di diritto

amministrativo e norme di diritto civile, che continua ad accrescere la sempre deprecabile incertezza

giuridica. Incertezza da ricondurre alla mancanza di base legale specifica, sia attuale sia a breve scadenza.

Studio legale Bernasconi Martinelli Alippi & Partners, Lugano

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RIENTRO DEI CAPITALI Sanzioni ridotte con la fiduciaria Paolo Bernasconi Qualora i beni oggetto di voluntary disclosure siano immobili o partecipazioni, non sono utilizzabili tutte le

modalità di emersione che la legge 186/2014 prevede, ovvero regolarizzazion e, trasferimento in altro

Stato, rimpatrio fi sico e rimpatrio giuridico. In considerazione della tipologia e della natura dei beni di cui

trattasi, il contribuente non potrà, infatti, optare né per il rimpatrio fi sico in Italia, né per il trasferimento in

altro Stato. Le uniche soluzioni percorribili risulteranno, pertanto, essere: - la regolarizzazione; - il rimpatrio

giuridico. La regolarizzazione consiste nel mantenimento del bene nel paese in cui si trova e

nell'attribuzione al contribuente del compito di provvedere a tutti i relativi adempimenti fi scali connessi alla

detenzione di un bene all'estero; il rimpatrio giuridico, pur constando anch'esso nel mantenimento del bene

all'estero, grazie al conferimento di uno specifico incarico ad una fi duciaria italiana, consente di esonerare

il contribuente dai sopra citati obblighi fi scali in quanto assolti direttamente dalla fi duciaria. Con le circolari

27/E e 30/E, l'Agenzia delle entrate ha chiarito che, al fine dell'applicazione degli sconti sulle sanzioni

applicabili per la mancata compilazione del quadro RW, il solo conferimento di incarico alla fiduciaria

italiana, consente di ottenere il dimezzamento delle sanzioni e, nel caso di beni (in specie immobili) situati

in Paesi a fiscalità privilegiata (es. Svizzera e Montecarlo), la non applicazione del raddoppio dei termini di

accertamento fiscale. L'utilizzo della fi duciaria, in tali casi, come ben evidenzia la tabella in pagina,

consente quindi di vedere abbattuto in termini anche molto signifi cativi, il costo fi scale di adesione alla

procedura di voluntary disclosure. Il godimento di tali condizioni di maggior favore trova, ancora una volta,

come già avviene anche per le attività fi nanziarie, ragion d'essere nell'intervento della fi duciaria quale

sostituto d'imposta, nei termini e con le modalità defi nite in apposito incarico di amministrazione anche

senza intestazione. La semplice regolarizzazione, non potendo essere accompagnata dal rilascio di un

waiver nel caso di immobili, opere d'arte o partecipazioni, non godrà delle stesse riduzioni sulle sanzioni

previste invece per chi farà il rimpatrio giuridico utilizzando il mandato fi duciario.

I vari casiPaese/Importo Svizzera2.000.000,00PeriodoPer AnnoTotaleRiduzione a 1/3 per acquiescenzaDal 2004 al 20075%0,83%16.666,6766.666,67Dal 2009 al 20133%0,75%15.000,0075.000,00 141.666,67Svizzera2.000.000,00

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PeriodoPer AnnoTotaleRiduzione a 1/3 per acquiescenzaDal 2009 al 20133%0,50%10.000,0050.000,00USA2.000.000,00PeriodoPer AnnoTotaleRiduzione a 1/3 per acquiescenzaDal 2009 al 20133%0,50%10.000,0050.000,00USA2.000.000,00PeriodoPer AnnoTotaleRiduzione a 1/3 per acquiescenzaDal 2009 al 20133%0,50%10.000,0050.000,00Francia2.000.000,00PeriodoPer AnnoTotaleRiduzione a 1/3 per acquiescenzaDal 2009 al 20133%0,50%10.000,0050.000,00Anni da regolarizzare: 2004-2013

Sanzione

Riduzione d e l 2 5% sanzioni

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2,50%

2,25%

Anni da regolarizzare: 2009-2013

Sanzione

Riduzione d e l 5 o% sanzioni

1,50%

Anni da regolarizzare: 2009-2013

Sanzione

Riduzione d e l 5 0 % sanzioni

1,50%

Anni da regolarizzare: 2009-2013

Sanzione

Riduzione d e l 5 o% sanzioni

1,50%

Anni da regolarizzare: 2009-2013

Sanzione

Riduzione d e l 5 o% sanzioni

1,50%

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Le risposte ad alcuni dei dubbi sulla procedura al convegno di ItaliaOggi La voluntary disclosure arriva allo sprint finale in chiaroscuro VALERIO STROPPA La voluntary disclosure si prepara allo sprint finale. Ma mentre si avvicina il traguardo, fissato al prossimo

30 novembre per l'invio delle istanze (con possibilità di integrazione documentale fino al 30 dicembre

2015), sono ancora molti i dubbi operativi con i quali i professionisti devono fare i conti. Dalla gestione del

contante depositato o prelevato sui o dai conti esteri alla tassazione dei valori contenuti nelle cassette di

sicurezza, dalla regolarizzazione degli immobili situati in paesi black list con accordo alla posizione di chi ha

ricevuto i «questionari Bermuda». Tematiche, queste, che sono state affrontate il 13 novembre scorso in un

convegno organizzato a Milano da ItaliaOggi in collaborazione con Grant Thornton, Ubi Banca e Unione

Fiduciaria. Un'occasione importante, giunta peraltro proprio nel giorno in cui la camera ha votato la fi ducia

al governo per la conversione defi nitiva in legge del dl n. 153/2015, e dalla quale sono emerse alcune

risposte da parte della Direzione regionale Lombardia, guidata da Giovanna Alessio, dell'Agenzia delle

entrate. Soci e società: incroci pericolosi. La situazione unanimemente ritenuta più complessa dai

professionisti è quella in cui le violazioni fi scali fanno intrecciare la voluntary internazionale con quella

domestica. Le casistiche più comuni riguardano le ipotesi di sottofatturazione (in uscita) o di

sovrafatturazione (in entrata) da parte della società, con i proventi illeciti di tali operazioni occultati dai

soci/amministratori dell'azienda in un paese straniero. Si tratta dell'ipotesi di regolarizzazione più costosa in

assoluto, con un onere complessivo che può arrivare a erodere quasi per intero il capitale (si veda

l'esempio riportato nella tabella in pagina). Secondo la pratica professionale gli apporti effettuati dai

contribuenti persone fi siche sul conto estero non dichiarato, pari ai maggiori ricavi non contabilizzati

dall'impresa, dovrebbero qualifi carsi come dividendi: la base imponibile dovrà così essere determinata

sottraendo ai corrispettivi in nero le imposte evase (Ires e Irap) dovute dalla società. Anche se, secondo

quanto segnalano alcuni consulenti, talvolta gli uffi ci riprendono a tassazione in capo al socio l'intera

somma nascosta al fi sco. La gestione del cash. Un'altra fattispecie segnalata nel convegno del 13

novembre riguarda la tassazione degli apporti di contante effettuati sui conti esteri in annualità ancora

accertabili. Le circolari dell'Agenzia delle entrate consentono anche all'utilizzo di «prove indirette» per

vincere la presunzione di redditività. Per questo motivo, l'imprenditore individuale che ha accantonato

provviste illecite frutto di ricavi in nero potrà invocare il criterio di competenza economica, che «salverebbe»

i versamenti registrati nell'annualità più remota tra quelle ancora aperte (i fondi depositati nel 2010, infatti,

potrebbero essere riferiti a vendite realizzate nel 2009, fi scalmente prescritto). O ancora il libero

professionista potrebbe documentare che gli importi depositati in una certa annualità non avrebbero potuto

essere messi insieme in un solo anno d'imposta, alla luce dell'attività svolta, ma sono necessariamente il

frutto di più anni (di cui alcuni prescritti). Tesi che possono essere argomentate però solo a seguito di

un'attenta analisi sulle abitudini del contribuente ed esibendo validi indizi e documenti di supporto. Resta

poi problematica la regolarizzazione del denaro depositato in una cassetta di sicurezza detenuta all'estero

o in Italia, nonché la valorizzazione di gioielli e preziosi. Senza dimenticare che almeno fi no al continua a

pag. 3 segue da pag. 2 periodo d'imposta 2013 l'oro deve considerarsi un'attività fi nanziaria a tutti gli

effetti: pertanto il suo rendimento può rientrare nel meccanismo di calcolo forfettario, ma allo stesso tempo

sconta l'Ivafe. Prelievi ai raggi X. Chi richiede la collaborazione volontaria deve fornire all'Agenzia la giustifi

cazione dei prelievi «anomali» effettuati dai conti esteri. Bisogna provare, cioè, il rientro in Italia delle

somme o l'utilizzo fatto del denaro. La problematica assume particolare rilevanza per i soggetti imprenditori,

per i quali si applica la presunzione di redditività fi ssata dall'articolo 32 del dpr n. 600/1973 (giudicata

invece incostituzionale dalla Consulta con riferimento ai professionisti). Come chiarito dalla circolare n. 27/E

del 2015 delle Entrate, il contribuente deve indicare nella relazione accompagnatoria «se il denaro contante

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è stato utilizzato per costituire in tutto o in parte una nuova attività patrimoniale o fi nanziaria in Italia, se è

stato utilizzato per l'acquisizione di beni e servizi o se ne è perso il possesso in quanto destinato ad altre

persone a titolo di liberalità o donazione». Nella pratica, tuttavia, i professionisti segnalano grandi diffi coltà

a giustifi care gli utilizzi delle somme destinate al consumo personale. In primo luogo perché il contribuente

che agisce nella sfera privata non sempre conserva scontrini e ricevute (non essendovi tenuto). Inoltre in

molti casi i fondi prelevati dall'estero sono stati spesi per acquistare beni e servizi in nero (il lavoro di una

badante, la ristrutturazione di un immobile da parte di impresa edile ecc.). Uno scenario che da un lato

porta con sé un aspetto delatorio, dovendo il contribuente indicare all'uffi cio il nominativo di chi ha ricevuto

il pagamento, spesso senza alcuna prova e con il rischio perfi no di ricevere nei casi Quadro RW fai-da-te.

Un'altra tematica connessa alla voluntary internazionale riguarda l'adempimento agli obblighi del

monitoraggio fi scale per le annualità 2014 e 2015 e l'impossibilità di avvalersi retroattivamente

dell'intestazione fi duciapiù gravi una denuncia per calunnia da parte del terzo. Dall'altro lato, la presenza di

prelievi signifi cativi non giustifi cabili potrebbe anche stimolare l'avvio di indagini da parte delle Procure,

volte ad accertare la commissione, tramite il contante prelevato, di eventuali reati non coperti dalla

disclosure (corruzione, concussione per induzione ecc.). ria. Chi sceglie di regolarizzare i propri capitali

tramite rimpatrio giuridico si libera per il futuro anche dagli obblighi fi scali, tra i quali la compilazione del

quadro RW di Unico e il calcolo delle relative imposte. Ma ciò soltanto a partire dal giorno in cui

l'intermediario prende formalmente in carico l'amministrazione o la gestione delle attività finanziarie

detenute all'estero dal contribuente. Per gli anni 2014 (non coperto dalla voluntary) e 2015 (per il periodo

intercorrente tra il 1° gennaio e il giorno di attivazione del rapporto fiduciario) deve sempre provvedere il

contribuente.

Rapporti tra voluntary internazionale e voluntary domesticaI costi...

Ipotesi: sottofatturazione di operazioni per 1 milione di euro nell'anno 2013, verso clienti italiani, da parte di

una Srl di Milano a socio unico (il quale ha depositato il corrispettivo incassato in nero in un conto svizzero)

CAUSALE

CALCOLO

IMPORTO

Maggiore Ires società

(27,5% * 1.000.000)

275.000 €

Maggiore Irap società

(3,9% * 1.000.000)

39.000 €

Utile netto società

(1.000.000 - 275.000 - 39.000)

686.000 €

Dividendo imputabile al socio

= utile netto società

686.000 €

49,72% x (43% + 1,73% + 0,70%) * 686.000

154.952 €

Maggiore Irpef e addizionali socio

39.250 €

Sanzioni sui redditi prodotti in Italia per la società

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100% di (275.000 + 39.000), ridotte di un quarto e abbattute a 1/6 per effetto di adesione

19.639 €

Sanzioni sui redditi prodotti in Italia per il socio

100% di 154.952, ridotte di un quarto e abbattute a 1/6 per effetto di adesione

Maggiore Iva

21% di 1.000.000 €

210.000 €

Sanzioni per infedele dich. Iva

210.000 * 75% * 1/6

26.250 €

Sanzioni per omesso vers. Iva

30% di 210.000

63.000 €

Costo totale VD nazionale

827.091 €*

... e le possibili criticità Contestazione di alcuni uffi ci della valorizzazione del dividendo quale utile netto

della società (taluni • riprendono a tassazione l'intero importo occultato anche in capo al socio, nell'esempio

in esame 1.000.000 di euro). L'incremento dei ricavi della società può comportare la modifi ca del reddito

operativo lordo (Rol) e • quindi della deducibilità degli interessi passivi. Le operazioni occultate possono

avere avuto impatti sulla contabilizzazione del magazzino della • società. La maggiore Iva può portare a

indebite compensazioni di crediti Iva, che potrebbero diventare ine• sistenti. L'omessa fatturazione verso

clienti italiani implica il coinvolgimento di questi soggetti. • In caso di fatturazione verso clienti esteri, invece,

si aprono ulteriori temi transfrontalieri (esempio: • dazi doganali pagati in difetto). Possono sussistere altre

problematiche extracontabili in caso di presenza di soci/amministratori • della società italiana ignari delle

operazioni (oltre a sindaci e revisori). In caso di dissesto della società potrebbero aprirsi problemi sul fronte

dei reati fallimentari (non • tutelati dalla voluntary disclosure). * Tale somma non considera gli interessi e

l'eventuale contributo di solidarietà dovuto dal socio. A ciò si deve aggiungere il costo della VD

internazionale per il socio, dato dalle imposte sui rendimenti esteri, dalle relative sanzioni, dalle sanzioni per

le violazioni al monitoraggio fi scale e dagli interessi

Foto: Giovanna Alessio

Foto: Da sinistra G. Alessio, A. Solidoro, M. Longoni, P. Bernasconi, A. M. Gaffuri, G. Labombarda, G. P.

Chieppa, R. Parisotto, M. Longoni, F. Vedana, G. Donatiello

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Voluntary, ultima chiamata Le banche svizzere temono l'accusa di riciclaggio e bloccano i conti correnti diventando alleati del fisco:scenari da incubo per chi sceglie di non emergere MARINO LONGONI La voluntary disclosure sta transitando sotto lo striscione dell'ultimo chilometro. Entro il 30 novembre i

giochi saranno fatti. Si può già dire che l'operazione è un successo annunciato. L'Ordine dei dottori

commercialisti di Milano ha stimato che dall'operazione l'erario ricaverà non meno di 4 miliardi di euro. Ma

l'aspetto più importante è che la voluntary farà emergere una trentina di miliardi che, una volta dichiarati al

fi sco, entreranno nel circuito legale. Diventeranno compliance, come si dice ora. Ma cosa succede per i

capitali che decideranno invece di non riemergere? Si tratta di patrimoni ancora più consistenti, se è vero

che la massa dei fondi degli italiani all'estero, non dichiarati è stimabile tra i 200 e i 300 miliardi. Qualcuno

ha già provveduto a risistemarsi in uno dei (pochi) paradisi fi scali ancora disponibili. Ma la maggior parte

dei capitali giace, congelata, nelle banche svizzere. Nonostante la proverbiale precisione, affi dabilità,

rigore, dei banchiere elvetici, si può ben dire che anche loro stanno attraversando un momento di

confusione istituzionale. Non hanno tutti i torti: per secoli sono stati tutelati dal segreto bancario che, in

Svizzera, era una vera e propria religione di Stato. In pochi anni è stato spazzato via. Oggi le

amministrazioni finanziarie come quella italiana possiedono una serie di strumentazioni giuridiche

addirittura debordanti per penetrare un segreto ormai inesistente: possono infatti utilizzare la convenzione

contro le doppie imp o s i z i o n i , oppure ricorrere al Tax information exchange agriment (Tiea), o alle, un

po' datate, convenzioni multilaterali sull'assistenza amministrativa, oppure, tra breve, allo scambio

automatico di informazioni (Crs) che ha di fatto clonato i sistemi un po' rudi ma effi caci del Facta. C'è solo

l'imbarazzo della scelta. Se a ciò si aggiunge che nel diritto penale svizzero sta entrando in vigore la

punibilità per riciclaggio dell'evasione fi scale aggravata, si comprende il motivo del cambiamento di

casacca delle banche svizzere che, da tutori di fatto del contribuente-evasore, sono diventate

improvvisamente i garanti della correttezza e trasparenza fi scale: i rischi penali e reputazionali sono

diventati troppo alti. Ma cosa ne sarà dei conti non regolarizzati dal 1° dicembre? Nessuno lo sa. Ma si

possono fare due ipotesi. Le banche svizzere chiudono il conto e spediscono un assegno di importo

corrispondente all'attivo al domicilio del titolare, come hanno già fatto in applicazione delle regole del Facta

con i clienti americani. Naturalmente poi faranno la segnalazione antiriciclaggio alle autorità competenti: il

cliente rischia sanzioni più alte del capitale stesso e un processo penale. Oppure rimane tutto congelato. Di

fatto così il cliente, nella migliore delle ipotesi, perde la disponibilità del proprio patrimonio, sempre che la

banca non faccia la segnalazione antiriciclaggio. Il correntista può solo rivolgersi all'autorità giudiziaria

svizzera sperando che questa gli dia ragione. Ma la strada è impervia. Di fatto, stanno suonando sono le

trombe del giudizio, meglio non farsi trovare dalla parte sbagliata.

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L'eterna ricerca della cifra per combattere il «nero» Chi evade se ne frega del limite alla liquidità L'abbassamento a 1.000 euro ha diminuito l'uso dei contanti solo del 3%. L'economista Lippi: «Il tetto è unamisura inutile» DAVIDE MARIA DE LUCA «Il tetto al contante è una misura inutile», ha scritto, pochi giorni fa Francesco Lippi, un economista

dell'università di Sassari, riferendosi alle polemiche sulla norma con la quale il governo Renzi vuole alzare il

limite all'utilizzo del contante da 1000 a 3000 euro. Per dimostrare la sua tesi, Lippi ha pubblicato sul sito

laVoce.info un'analisi in cui esamina i cambiamenti nell'uso del contante da parte delle famiglie italiane tra il

2008 e il 2012, quando la soglia è scesa da 12500 a 1000 euro.Se le accuse contro l'innalzamento della

soglia fossero vere, sostiene Lippi, allora in questo lasso di tempo dovremmo vedere una sensibile

diminuzione nell'uso del contante. Ma questa grossa diminuzione non si vede: nel 2008 gli italiani usavano i

contanti per il 43,2 per cento delle loro spese, secondo i dati della Banca d'Italia. Nel 2012 la percentuale

era scesa al 40,09. In altre parole, l'uso del contante è diminuito del 3 per cento in quattro anni, mentre

nello stesso periodo la soglia è stata ridotta di più del 90 per cento. Ipotizziamo per assurdo che questa

diminuzione sia stata tutta frutto di pagamenti prima fatti in nero e dopo il 2008 fatti con strumenti elettronici

e alla luce del sole. In questo caso il guadagno per lo Stato sarebbe stato di circa 6 miliardi di euro, non

moltissimo a fronte dei circa 100 miliardi di evasione fiscale annua. IL TREND Lippi ammette che la sua è

un'indagine approssimativa e che, ad esempio, non esamina se l'abbassamento del limite abbia o meno

accelerato un trend già in corso nella diminuzione all'uso del contante. Il risultato dell'analisi però, scrive

Lippi, sembra comunque chiaro. Che la soglia all'utilizzo del contante non sia la pallottola d'argento per

sconfiggere l'evasione lo dimostrano anche i casi di Germania ed Austria, citati più volte in queste

settimane. Si tratta di due Paesi dove si evadono poche tasse nonostante l'uso del contante sia

praticamente senza limiti e più diffuso che in Italia. La soglia di mille euro in vigore in Italia è lontana anche

dalle pratiche utilizzate anche nel resto d'Europa. Soltanto Portogallo e Francia hanno un limite pari al

nostro, mentre l'unico altro paese d'Europa che ci si avvicina è la Grecia,con una soglia di1.500 euro. La

controversia sull'uso del contante vaavantida anni a volte con toni non proprio ragionevoli. Nel 2012, ad

esempio, Lippi si era scontrato sulle pagine del Corriere della Sera con la giornalista Milena Gabanelli, che

all'epoca proponeva una tassa sull'uso del contante in grado, secondo lei, di produrre un gettito di 100

miliardi in 12 mesi. Lippi le rispose che era una misura che avrebbe avuto effetti molto dubbi sulla lotta

all'evasione e che avrebbe anche messo in difficoltà i milioni di italiani che oltre al contante non possiedono

altri mezzi per effettuare pagamenti. DECINE DI MILIARDI Dal 2012 la qualità del dibattito ha fatto molti

passi avanti e nessuno nelle ultime settimane ha sostenuto che con la lotta al contante si possano

recuperare decine di miliardi di euro in pochi mesi. Anzi, i più informatitra i critici non hanno nemmeno

accennato alla correlazione tra innalzamento della soglia e aumento dell'evasione. Ad esempio, Raffaele

Cantone, il presidente dell'Autorità Nazionale anticorruzione, che poche settimane fa ha occupato i titoli di

tutti i giornali definendo «sbagliatissima» la decisione del governo, ha detto che la vecchia norma aveva

«un valore soprattutto simbolico», e che «la lotta all'evasione ha bisogno di stabilità normativa, di scelte

chiare e continue e non di sali e scendi». A proposito della soglia aveva detto: «Non credo che l'aumento di

per sé porterà un aumento di evasione fiscale». Persino Stefano Fassina, ex deputato del Pd ed ex

economista del FMI, ha detto che la decisione del governo è soprattutto «un messaggio politico»,senza

spingersi a dire che aumenterà in maniera sensibile l'evasione fiscale. È curioso che proprio gli autori della

norma che alza la soglia siano tra quelli che fino a poco tempo fa sostenevano che mettendo limiti all'uso

del contante si potesse combattere l'evasione. Nel corso di un'interrogazione parlamentare nel novembre

del 2014, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, diceva che l'obiettivo del governo era: «Un

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 16/11/2015 74

Page 75: FONDAZIONE IFEL - Piscino.it16/11/2015 Corriere Economia Adesso il Pos diventa sempre più intelligente 25 16/11/2015 Il Sole 24 Ore Appalti, l'analisi dei rischi dal bando alla verifica

progressivo abbassamento della soglia», il che avrebbe contribuito a «far emergere l'economia sommersa

e aumentare la tracciabilità delle movimentazioni per contrastare il riciclaggio di capitali di provenienza

illecita, l'elusione e l'evasione fiscale». Durante le primarie del 2012, Renzi aveva tra i suoi punti

programmatici abbassare la soglia fino a 500 euro. Nel 2013, ha notato Mario Seminerio, analista

finanziario e uno dei principali blogger economici italiani, Renzi aveva già moderato il suo programma,

ipotizzando di abbassare la soglia soltanto in presenza di una complessiva riforma del sistema fiscale.

All'epoca Renzi introdusse anche un altro tema che in questi giorni ha ripetuto molto, quello secondo cui

l'evasione fiscale si potrebbe combattere più efficacemente utilizzando l'incrocio delle banche dati

pubbliche. 50 MILIONI IN MENO Su questo fronte, però, la legge di Stabilità contiene meno di nulla.

Massimo Russo ha notato su La Stampa che, all'articolo 29, il governo ha stabilito un taglio del 50 per

cento sulla spesa per investimenti in nuove tecnologie per tutta la pubblica amministrazione. Per l'Agenzia

delle Entrate significherà vedere ridotta una delle voci di bilancio più importanti per modernizzare la lotta

all'evasione. Nel 2015 l'Agenzia ha investito in tutto 125 milioni di euro di cui 100 in informatizzazione e

nuove tecnologie. I tagli costeranno all'agenzia probabilmente intorno 50 milioni di euro. Secondo Russo,

inizialmente la riduzione della spesa prevista in questo settore era del 10 per cento, in linea con i tagli degli

anni precedenti, ma all'ultimo momento sarebbe arrivata proprio dalla presidenza del Consiglio la decisione

di portarli fino al 50 per cento. In altre parole, il peggio che si può dire dell'innalzamento della soglia all'uso

del contante è che rappresenta un messaggio «simbolico» favorevole al nero e all'evasione. È un

messaggio che potrebbe essere contrastato introducendo norme che aiutino lo scambio di informazioni tra

banche dati pubbliche - una decisione che avrebbe probabilmente effetti pratici oltre che simbolici. Ma su

questo fronte, il governo fino ad ora non sembra aver fatto molto. «Fact checking» è un'espressione inglese

che indica la pratica attraverso la quale viene verificata l'autenticità di un fatto o la realtà di un fenomeno. In

questa edizione del lunedì di «Libero» analizziamo il tema relativo alla cosiddetta «soglia del contante».

Foto: Raffaele Cantone

Foto: Francesco Lippi

16/11/2015Pag. 19

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SANITÀ KO Piano anticorruzione e acquisto farmaci » CHIARA DAINA Il nuovo piano anticorruzione per la prima volta riserva un capitolo alla sanità. Una delle aree a rischio

malaffare, si legge nel documento dell ' Anac, sono i dispositivi medici. Su 400mila tipologie diverse (e più

di un milione di prodotti differenti), solo una piccola parte viene acquistata con gare centralizzate dalle

regioni o tramite Consip (la centrale acquisti del Tesoro). Nel complesso qualità e prezzo possono variare

da regione a regione e pure tra due nosocomi a pochi chilometri di distanza per quanto riguarda i beni extra

convenzione. Un balletto che non accade per i farmaci, ormai quasi tutti gestiti dalle centrali d ' acquisto. La

legge di Stabilità 2016 punta a rafforzare la centralizzazione degli appalti e introduce il payback per i

dispositivi, cioè il rimborso a carico dell ' impresa produttrice dello sforamento del tetto di spesa della

regione, fermo al 4,4% contro il 5,2% in media del fabbisogno. Luigi Boggio, presidente di Assobiomedica, l

' associazione delle suddette imprese, denuncia gare al ribasso, che riducono la qualità dei servizi e

tolgono risorse all ' innovazione. Ma è sensato pensare che la cura della vita sulla terra non segua logiche

di mercato stringenti.

16/11/2015Pag. 22

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GOVERNO LOCALE E AREEMETROPOLITANE

2 articoli

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Legge di stabilità. Fra le misure allo studio per lo sviluppo del Mezzogiorno resta anche un minicreditod'imposta per i nuovi investimenti ROMA Sud, decontribuzione prorogata a 3 anni In arrivo da governo e relatrice gli emendamenti per la stretta finale al Senato TABELLA DI MARCIAL'obiettivo della maggioranza è trasmettere venerdì il testo alla Camera, chiamata a sciogliere i nodi supensioni, sanità, Regioni e province Marco Mobili pDecontribuzione triennale al 40% per le imprese che assumonoa tempo indeterminato al Sud e un

mini­credito d'imposta per nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Mezzogiorno. Sono le due possibili

soluzioni prese dopo gli incontri tecnici di ieri per arrivare alla stretta finale sulla legge di stabilità al Senato.

L'obiettivo resta quello di licenziare il Ddl venerdì prossimo così da poterlo trasmettere all'esame della

Camera che sarà chiamata scioglierei nodi più intricati su pensioni, sanità, Regioni, province e giochi. Il

Governo e le due relatrici Federica Chiavaroli (Ap) e Magda Zanoni (Pd) hanno lavorato ieri all'ulteriore

scrematura dei 300 emendamenti accantonati dalla commissione Bilancioe che, come ha spiegato la

stessa Zanoni, sono stati oggetto di un'ulteriore sintesi su cui siè deciso di intervenirea Palazzo Madama:

dalle politiche di sviluppo per il Mezzogiorno alla casa, dal money transfer ai congedi obbligatori per i papà,

dalle bonifiche all'amianto dei tetti degli edifici pubblici, al voucher per le baby sitter, ai sostegni per autoe

camper per chi ha disabilità, alla riduzione del taglio da 100 milioni peri Caf. Questi emendamenti di

"sintesi" saranno presentati oggi dalle relatrici e sottoposti al voto della commissione nelle prossime 48 ore

così da poter poi consegnare all'Aula di Palazzo Madama il testo del Ddl stabilità entro mercoledì.Testo su

cui il Governo, con tutta probabilità, chiederà la fiducia. Due, dunque, le strade per rilanciare le politiche di

sviluppo per il Mezzogiorno. Una è la decontribuzione peri nuovi assuntia tempo indeterminato che al Sud

diventa triennale pur mantenendo la stessa percentuale del 40% come prevede oggi il Dddl di stabilità.

Dopo gli incontri di ieri sera tra Governo e relatrici si punterebbea una durata più lunga dello sconto sulle

nuove assunzioni in luogo di un au­ mento della percentuale di decontribuzione, anche fino al 100%, come

chiesto anche dalle forze di maggioranza. L'altra viaè un credito d'imposta triennale, non elevato (non più

del 10%) per nuovi investimenti effettuati nelle aree svantaggiate del Mezzogiornoe in particolare Calabria,

Sicilia, Campania, Basilicata, Puglia e Molise con l'aggiunta di Abruzzo e Sardegna. Per superare le

possibili obiezioni comunitarie il credito d'imposta per gli investimenti è riconosciuto nel rispetto della

disciplina degli aiutia finalità regionale il che consentirebbe di poter evitare la notificaa Bruxelles della nuova

misura. Non solo. Gli investimenti ammessi al bonus fiscale, comunque cumulabile con i

super­ammortamenti al 140% per le imprese che acquistano nuovi macchinari, dovranno essere effettuati

nell'ambito di un programma di investimento iniziale così come indicato dai regolamenti comunitari: ossia

un investimento in attivi materialie immateriali relativo alla creazione di un nuovo stabilimento,

all'ampliamento della capacità di uno stabilimento esistente, alla diversificazione della produzione di uno

stabilimento per ottenere prodotti mai fabbricati precedentemente o a un cambiamento fondamentale del

processo produttivo complessivo di uno stabilimento esistente. L'altro capitolo su cui si è concentrato il

lavoro di sintesi di ieri tra Governo e relatrici riguarda la casa e in particolare le possibili nuove esenzioni

dal pagamento del tributo chieste da maggioranza e opposizione. Al primo posto lo sconto Tasi e Imu per

gli Iacp, seguitia ruota da quelli per l'Imu sulle seconde case concesse in comodato d'usoa figlie parenti in

linea retta. In quest'ultimo caso si punterebbea ridurre l'ambito di applicazione delle agevolazioni ai titolari

di immobili situati nello stesso comune. C'è poi in terza ipotesi anche una possibile riduzione del prelievo

per le case concesse in affitto a canone concordato. Sulla casa il Governo dovrà anche decidere, magari

nella stesura del maxiemendamento, se tagliare o meno la modifica approvata in commissione Bilancio

sulla sanatoria delle delibere comunali che fissano le aliquote fiscali approvate in ritardo (rispetto al 30

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GOVERNO LOCALE E AREE METROPOLITANE - Rassegna Stampa 16/11/2015 78

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luglio scorso) ma entro il 30 settembre 2015. Il rischio per i contribuenti è quello che si potrebbero vedere

richiedere un mini conguaglio nel 2016. Un aggravio fiscale stimato in circa 300 milioni che, secondo alcune

ipotesi formulate nei giorni scorsi, potrebbe alla fine essere saldato direttamente dal Governo per

scongiurare l'effetto minu­Tasi peri cittadini. Tra le novità già approvate va ricordato il riconoscimento delle

funzionie degli emolumenti ai 700 funzionari dell'agenzia delle Entrate che nel marzo scorso, dopo una

sentenza del Tar, sono stati retrocessi dalla terza alla seconda fascia finendo in poche ore a svolgere

mansioni da impiegati. C'è poi il raddoppio del limite di spesa a 16mila euro per il bonus mobili alle giovani

coppie. Sul fronte tagli di spesa il ministero della Salute entro il 31 dicembre di ogni anno dovrà presentare

una relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della definizione e dell'aggiornamento dei livelli

essenziali di assistenza (Lea). Mentre il previsto Dpcm che istituisce il Fondo per la Terra dei fuochi, con

una dote di 150 milioni per il 2016 e altrettanti per il 2017, dovrà essere varato dal entro 90 giorni

dall'entrata in vigore della legge di stabilità.

Le principali ipotesi di modificaDECONTRIBUZIONE Una decontribuzione triennale per i neoassunti nel Mezzogiorno. Lo sconto

riconosciuto dalla stabilità al 40% per le nuove assunzioni per il 2016 e il 2017, pur restando nella stessa

percentuale rispetto al 100% inizialmente ipotizzato, avrà durata triennale se l'assunzione avviene nelle

imprese del Mezzogiorno

BONUS INVESTIMENTI Per rilanciare il Mezzogiorno sarebbe in arrivo un mini­credito d'imposta peri nuovi

investimenti effettuate nelle aree svantaggiate del Sude nel rispetto della disciplina degli aiutia finalità

regionale. Il bonus triennale sarà riconosciuto per gli investimenti iniziali come ad esempio quelli per

ampliare uno stabilimentoo diversificare la produzione per realizzare beni mai fatti

MONEY TRANSFER Per non ridurre i livelli di attenzione soprattutto nel contrasto alla corruzione il

Governo e le forse di maggioranza hanno già raggiunto un accorda per ripristinare il tetto dei 1.000 euro

all'utilizzo del contante nelle operazioni effettuate dai cosiddetti money transfer. Restano ancora riserve sul

ripristino dell'obbligo del bonifico per saldare gli affitti

TASI­IMU SULLA CASA I nuovi sconti sulla casa restano ancora al disponibilità delle risorse . Gli

emendamenti all'esame di relatrici e Governo punterebbero comunque a restringere il campo di

applicazioni dei eventuali nuove agevolazioni, come ad esempio quella sulle seconde case in uso ai figli

che verrebbe riconosciuta solo se i due immobili si trovano nello stesso comune

BONUS MOBILI Raddoppia il tetto del bonus mobili riconosciuto alle giovani coppie (almeno uno deve

essere sotto i 35 anni). Il Ddl di stabilità fissa va il tetto di spesa complessiva cui calcolare il 50% del bonus

Irpef per le giovani coppie che arredano casa, a un massimo di 8.000 euro. La Commissione Bilancio ha

elevato a 16mila euro il tetto della spesa ammessa al beneficio fiscale.

AGENZIA ENTRATE Tra gli emendamenti già approvati dalla Commissione Bilancio in materia fiscale: il

ripristino del trattamento economico e delle relative funzioni per i 700 funzionari delle Entrate, vincitori del

concorso del 2001, retrocessi dalla terza alla seconda fascia; l'irrilevanza dei super­ammortamenti ai fini

degli studi di settore

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ROMA LA TRATTATIVA Allarme salari accessori tempi stretti per l'accordo Oggi vertice decisivo tra il sub commissario Rolli e i sindacati confederali S. Can. L'obiettivo non cambia, ma è il tempo a disposizione che è sempre meno: occorre organizzare i servizi dei

24mila dipendenti comunali durante il Giubileo, a partire da quelli dei vigili urbani. E così oggi la trattativa

sul salario accessorio entra nel vivo. Alle 14 il sub commissario del Campidoglio con delega al personale,

Iolanda Rolli, ha convocato i sindacati per cercare di sbloccare un tavolo a dir poco complicato (lo

chiamano «la tela di Penelope»). Sul contratto integrativo per un anno e mezzo c'è stato un braccio di ferro

tra l'amministrazione Marino e i dipendenti a suon di scioperi e agitazioni. L'ex sindaco, per rispettare le

indicazioni del Mef, aveva posto fine alla distribuzione a pioggia dei benefici economici del passato,

legandoli alla reale produttività. Alla fine però i sindacati avevano rifiutato l'accordo con un referendum e il

Comune aveva applicato il provvedimento in forma unilaterale (togliendo dalle buste paga di amministrativi,

vigili e maestre circa 200 euro al mese). Attualmente anche il fondo per il salario accessorio è in sospeso:

si tratta 157 milioni di euro all'anno al vaglio dell'Aran (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle

Pubbliche Amministrazioni). Natale Di Cola (Cgil) suona l'allarme: «Mancano pochissimi giorni all'inizio del

Giubileo e vanno riorganizzati tutti i servizi, e non si tratta solo degli straordinari». L'atteggiamento dei

sindacati nei confronti del commissario Francesco Paolo Tronca è speranzoso: «C'è voglia di dialogo».

L'incontro di oggi dovrà anche mettere in fila tutti i dossier sui quali c'è più di una tensione. I dipendenti di

Ama sono in agitazione, quelli di Atac idem. Soprattutto perché l'azienda di trasporti continua a essere

acefala: senza direttore generale e con un consiglio d'amministrazione, a partire dall'ad Danilo Broggi,

dimissionario. La priorità però è rappresentata dai comunali. Soprattutto in vista dell'Anno Santo

straordinario. I vigili per l'appuntamento saranno chiamati a un super lavoro: dal decoro al traffico. Le parti

sono ancora lontane. I messaggi arrivati ieri con il deserto di caschi bianchi in giro - non lascia ben sperare.

16/11/2015Pag. 36 Ed. Roma

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