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Fondamenti di Astrofisica Lezione 11 AA 2010/2011 Alessandro Marconi Dipartimento di Fisica e Astronomia

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  • Fondamenti di Astrofisica

    Lezione 11

    AA 2010/2011

    Alessandro Marconi

    Dipartimento di Fisica e Astronomia

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    Il Mezzo InterstellareGran parte della materia barionica dell’universo (p+, e-, n) non si trova nelle stelle ma è distribuita tra le stelle.Il mezzo interstellare (InterStellar Medium, ISM) è composto da gas in forma molecolare, atomica e ionizzata con un ampio intervallo di condizioni fisiche.Un altro componente importate è la polvere ovvero particelle solide le cui dimensioni variano dalle macromolecole a dei veri e propri “sassi”.Il mezzo interstellare è visibile nelle immagini sotto forma di nebulose.Storicamente le nebulose sono state suddivise in 3 tipi:

    Nebulose a Emissionein cui una o più stelle calde (O e B) ionizzano ed eccitano il gas circostante che pertanto emette righe di emissione; queste sono talvolta note col nome di Regioni HII (HII rappresenta lo spettro di ricombinazione di H++e-, mentre HI è lo spettro di emissione dell’H neutro).Nebulose a Riflessioneprodotte dalla diffusione (scattering) della luce stellare da parte della polvereNebulose oscurenubi dense di gas e polvere, opache alla luce delle stelle sullo sfondo.

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  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    Regioni HII e nubi HISono nebulose a emissione anche i resti di supernovae e le nebulose planetarie, anche se sono originate da un fenomeno diverso rispetto alle regioni HII. Nelle regioni HII:

    Il gas è prevalentemente ionizzato (L’idrogeno è quasi totalmente ionizzato ovvero ~100% dell’idrogeno è sotto forma di H+ );si trova a temperature tipiche THII~104 K (temperatura degli elettroni, ovvero quella legata alla loro energia cinetica media), densità dell’ordine di NHII ~1-10 particelle cm-3 (molto minori delle densità tipiche dell’atmosfera terrestre e svariati ordini di grandezza al disotto delle densità ottenibili con i migliori vuoti) e dimensioni tipiche ~1 pc.

    Esistono anche nubi di idrogeno neutro (nubi HI), rivelate dall’emissione della riga HI a 21 cm (radio).

    Le nubi HI sono composte da idrogeno neutro, hanno THI ~ 100 K, densità NHI ~ 102 particelle cm-3 e dimensioni tipiche ~10-100 pc.

    Le nubi HI sono immerse in un mezzo meno denso e più caldo con cui sono in equilibrio di pressione (inter-cloud medium, IC)

    TIC~5000-10000 K, NIC~1-2 particelle cm-3, parzialmente ionizzato (solo ~20% di H+)

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  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    Regioni HII e nubi HILa pressione è data da P = N k T (gas perfetto) da cui

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    NICNHI

    =THITIC

    1 cm−3

    102 cm−3=

    102 K

    104 Kovvero

    Il mezzo IC ha condizioni simili a quelle delle regioni HII (almeno la sua parte meno densa) ma è parzialmente ionizzato.

    Il mezzo IC è ionizzato dalla radiazione di fondo delle stelle giovani nella regione.

    Nube H I

    Mezzo confinante(IC - Inter Cloud)

    Temperatura THI ~ 100 KPrincipalmente H neutroDimensioni ~ 10-100 pcDensità nHI ~ 102 atomi/cm3

    Temperatura TIC ~ 5–10 000 K~20% ionizzato (H II)Densità nIC ~ 1-2 atomi/cm3

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    La nebulosa Trifide

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    La nebulosa Trifide nel Sagittario è la combinazione di una nebulosa a emissione circondata da una nebulosa a riflessione.

    Nebulosa a riflessione (luce stellare diffusa da grani di polvere).

    Bande di polvere che oscurano la luce dalla regione H II.

    Regione H II: gas ionizzato da stelle calde che emette Hα (ed altre righe).

  • La Costellazione di Orione

  • La Costellazione di Orione

  • Il Complesso di Orione

  • La Nebulosa di Orione

  • Il Complesso di Orione

  • La Nebulosa Testa di Cavallo

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 12

    E’ la combinazione di nebulose a emissione, riflessione e oscure.

    Regione HII, che emette Hα, eccitata dalla stella σ-Orionis (al di fuori della figura).

    Nebulosa Testa di Cavallo, un “braccio” di una più grande nube di polvere che si delinea sulla regione HII.

    NGC 2023, una nebulosa a riflessione prodotta dalla stella immersa nella nube di polvere.

    Il Complesso di Orione

  • Nubi di Magellano

  • La Grande Nube di Magellano

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    La nebulosa Tarantola

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    La nebulosa Tarantola nella Grande Nube di Magellano (galassia satellite della Via Lattea) è l’unica nebulosa extragalattica che si può vedere ad occhio nudo (emisfero Sud).

    E’ eccitata dall’ammasso di stelle calde e massicce 30 Doradus.

  • Mappa emissione HI nella galassia

    Piano della Galassia

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    La polvere interstellareLa polvere, componente fondamentale dell’ISM, è composta da grani solidi che contengono principalmente Fe, Si, C, H2O e CO2 (ghiaccio).

    Le dimensioni tipiche dei grani sono ~50 Å - 1 μm In realtà i grani di polvere sono più simili alle particelle di fumo che alla polvere vera e propria.

    La formazione e la composizione della polvere sono ancora poco noti.

    La polvere è prodotta nelle atmosfere delle stelle evolute (AGB; N~1010 cm-3 e T~1500 K) per condensazione (accrescimento dalla fase gassosa) e coagulazione (tra grani).

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  • HST

    Globuli oscuri

  • La Nebulosa dell’Aquila

  • HST

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    L’Estinzione InterstellareCome si è visto dalle immagini, la presenza della polvere è rivelata dall’attenuazione (dovuta all’assorbimento o alla riflessione della radiazione) che viene causata sulle stelle di sfondo.

    L’attenuazione della luce delle stelle da parte della polvere è detta estinzione interstellare.

    L’estinzione interstellare ha una dipendenza ben definita da λ che dipende dalla composizione e dalle dimensioni dei grani.

    In particolare l’estinzione diminuisce al crescere di λ per cui si parla di “arrossamento” degli spettri dovuto all’estinzione dal polvere.

    Dall’analisi degli spettri osservati di sorgenti note si misura l’estinzione da parte della polvere.

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    Spettro intrinseco

    Spettro assorbitoFλ(oss)

    Fλ(em)

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    L’arrossamento interstellare

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    Mentre la luce da una sorgente distante viaggia

    nello spazio interstellare ...

    ... la luce blu (λ corte) è diffusa o assorbita dai grani

    di polvere ...

    ... mentre la luce rossa passa attraverso.

    Osservatore

    Grani di polvere

    Sorgente distante

    Come la polvere provoca l’arrossamento interstellare. Visto di fronte: nebulosa oscura

    Visto di lato: nebulosa a riflessione

    L’estinzione dipende da λ e “arrossa” la luce stellare.La luce blu è prevalentemente diffusa e assorbita (la luce diffusa/riflessa è polarizzata).Quella rossa passa ed è soggetta a minore estinzione.

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    La nube oscura Barnard 68

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    Alle lunghezza d’onda più lunghe (infrarosse) la polvere è quasi trasparente.

    Rosso = IVerde = VBlu = B

    Rosso = KVerde = IBlu = B

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    Immagini a “colori reali”

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    •Le osservazioni astronomiche sono immagini in un determinato filtro come V (5500 Å), B (4450 Å), I (8100 Å), K (22000 Å).

    • Immagini a colori reali. Una immagine a colori si può sempre considerare come data dalla composizione di tre immagini di colore Rosso, Verde e Blu (RGB, Red-Green-Blue), ciascuna caratterizzata dell’intensità della luce nel colore corrispondente.

    •Quindi, se ho 3 immagini in 3 filtri diversi, p.e., B, I e K posso associare ciascuno di questi filtri al “color” Blu, Verde e Rosso ed ottenere un’immagine a colori reali”.

    Rosso = K Verde = I Blu = B

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    Le Nubi MolecolariLa presenza di polvere mista a gas HI neutro fa da schermo ai fotoni UV ionizzanti tanto che nelle regioni più interne delle nubi HI possono sopravvivere le molecole che altrimenti verrebbero facilmente distrutte.Nelle nubi molecolari l’idrogeno è prevalentemente sotto forma di H2;studiando l’emissione sub-mm e radio si scoprono molecole come CO, OH, H2O ma anche molecole complesse come CH3CH2OH (alcool etilico) CH3OH (metanolo).Le nubi molecolari giganti hanno tipicamente dimensioni r~10-100 pc, densità N~102-104 cm-3, temperature T~10-100 K e masse M~102 - 105 M⊙.Nelle nubi molecolari esistono condensazioni (core) che tipicamente hannoN~5 × 106 particelle cm-3, T~10 K e M~1 M⊙.E’ in queste condensazioni che si formano le stelle.

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    Nube HI ricca di polvere

    Nucleo freddo e

    denso della nube molecolare

    I fotoni UV provenienti dalle stelle vicine sono diffusi e assorbiti dalla polvere nelle zone più esterne della nube.

  • Giant Molecular Clouds (GMC) in Orione

    Mappa dell’emissione a 2.6 mm della molecola di CO che mostra le nubi molecolari associate alla nebulosa di Orione, luogo dove è in corso di formazione stellare.

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    La Formazione StellareNon entreremo nel dettaglio del processo di formazione stellare perché è un processo estremamente complesso ed ancora poco compreso.Vediamo soltanto qual’è la condizione perché una nube di gas autogravitante arrivi al collasso gravitazionale.Consideriamo una nube sferica di densità ρ e temperatura T, composta da particelle di massa media m; il gas è ideale e non relativistico.La massa della nube è M, il suo raggio r per cui l’energia gravitazionale è

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    se la nube viene compressa di dr (ovvero dr

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    La condizione per il collassoContemporaneamente l’energia termica cresce di

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    la nube sarà instabile per collasso gravitazionale se la variazione di energia gravitazionale è maggiore dell’aumento di energia termica (e del conseguente supporto di pressione), ovvero

    dEgrav > dEth

    GM2

    r2dr >

    3M

    mkT

    dr

    r

    dEth = −PdV = −NkT 4πr2dr

    =M

    m 4/3πr3kT 4πr2dr =

    3M

    mkT

    dr

    r

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    La condizione per il collassoovvero la condizione per il collasso è

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    M >3kT

    Gmr = MJ

    il collasso avviene se M è maggiore di una massa limite detta Massa di Jeans.Equivalentemente si può dire che il collasso si avrà se la massa M ha dimensioni inferiori al suo raggio di Jeans

    r <Gm

    3kTM = rJ

    ancora in modo analogo si può ricavare che la densità deve essere maggiore della densità di Jeans

    ρ >M

    4/3πr3J=

    3

    4πM2

    �3kT

    Gm

    �3= ρJ

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    La condizione per il collassoConsideriamo una tipica nube molecolare

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    M ∼1000M⊙T ∼20K

    il gas è tutto molecolare per cui m ≈ 2mp

    ρJ =3

    4πM2

    �3kT

    Gm

    �3= 3× 10−24 g cm−3

    �M

    1000M⊙

    �−2 � T20K

    �3

    ovvero nJ =ρJm

    = 1 cm−3�

    M

    1000M⊙

    �−2 � T20K

    �3

    la tipica densità (media!) delle nubi molecolari giganti è

    n ∼ 102 − 104 cm−3 � nJ

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    La condizione per il collassoPertanto è facile portare al collasso gravitazionale una nube molecolare gigante.Il fatto stesso che esistano indica che esiste qualcos’altro, oltre alla pressione, che le supporta (es. turbolenza, campi magnetici).Le condensazioni interne alla nube (i cores molecolari) hanno

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    ovvero solo marginalmente stabili ed un disturbo esterno può dar inizio al collasso provocando una variazione di T o n della nube.La nube nel suo insieme ha n>>nJ; se inizia il collasso globale aumenta la sua densità interna;piccole parti della nube possono raggiungere e superare la loro densità di Jeans e cominciare a collassare indipendentemente;in questo modo la nube si frammenta e si formano varie stelle a partire da una massa complessiva di gas pari a M~1000 M⊙.

    T ∼ 10Kn ∼ 105 cm−3M ∼ 1M⊙

    nJ � 1.25× 105 cm−3 � n

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    La condizione per il collassoPer poter formare una stella di 1 M⊙, una condensazione di 1 M⊙ deve essere “compressa” entro

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    rJ =Gm

    3kTM ∼ 5× 1016 cm

    �M

    1M⊙

    ��T

    10K

    �−1

    questo può avvenire anche grazie ad agenti esterni dovuti alla presenza di altre stelle giovani, come ad esempio l’esplosione di supernovae. Si parla quindi di formazione stellare indotta.Per le parti più dense delle nubi HI si ha

    T ∼ 100Kn ∼ 5× 102 cm−3M ∼ 10M⊙m ∼ mp [solo HI]

    nJ � 2× 106 cm−3 � n

    ovvero queste nubi sono estremamente stabili rispetto al collasso gravitazionale. Da qui si capisce il problema che si aveva quando non si sapeva dell’esistenza delle nubi molecolari.

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    Regione di formazione stellare

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    Stadio finale: una supergigante vecchia che espelle gli strati esterni della sua atmosfera.

    Protostelle ancora nella nube in cui sono nate, con possibili dischi proto-planetari.

    Globuli di Bok, nubi dense e ricche di polvere, probabilmente in fase di collasso gravitazionale.

    Ammassi di stelle calde giovani; la radiazione ionizzante ed i veloci venti stellari hanno aperto una cavità nel gas che le circonda.

    Giganteschi filamenti di gas più denso resistono alla foto-evaporazione indotta dalla radiazione UV delle stelle.

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    Le ProtostelleI nuclei densi delle nubi molecolari collassano e si riscaldano fino a ~1000 K, diventando protostelle (non possono ancora innescare la fusione dell’H).

    Sono alimentate dall’energia gravitazionale rilasciata durante il collasso.

    Dato che la protostella è circondata dal gas della nube in cui si è formata, continua ad accrescere e pertanto si ha anche luminosità da accrescimento (anch’essa dovuta al rilascio di energia gravitazionale) proveniente dal disco che si forma attorno alla stella.

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    Lacc =1

    2

    GMṀ

    r�

    All’inizio le protostelle sono nascoste dalla nube di gas e polvere che le circonda e sono visibili soltanto nell’IR.

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    Le ProtostelleLa formazione di dischi protoplanetari è a conseguenza del momento angolare del gas della nube che continua ad accrescere sulla stella.Per poter accrescere è necessario rimuovere parte del momento angolare e pertanto parte del gas viene espulsa ad alta velocità.nelle fasi finali del collasso pre-sequenza principale, ed all’inizio dell’accensione delle reazioni nucleari, la stella attraversa una fase detta di tipo T-Tauri, in cui è caratterizzata da forti venti e dalla formazione di getti collimati bipolari (la presenza di getti collimati è legata al campo magnetico).

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    Getto collimato magneticamente - nubi di gas caldo espulse lungo l’asse di rotazione del disco.

    Stella di pre-sequenza (T-Tauri) nascosta dietro al disco di polvere.

    Oggetti di Herbig-Haro

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    I dischi protoplanetari

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    Stella nascosta dal disco di gas e polvere.

    Gas e polvere in accrescimento illuminati dalla stella nascosta.

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    I getti dalle stelle giovani

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  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    La fase di pre-sequenza princiapleLe protostelle seguono delle tracce sul diagramma HR che dipendono dalla loro massa;

    in genere tendono ad aumentare la loro temperatura superficiale fino a raggiungere la sequenza principale nel momento in cui si innescano le razioni di fusione nucleare.

    La durata della fase di pre-sequenza, alimentata dal collasso gravitazionale, è pari proprio al tempo di Kelvin-Helmholtz ovvero

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    τKH =∆Egrav

    L�=

    1

    2

    GM2�L�R�

    = 1.6× 107 yr�

    M

    M⊙

    �2 � LL⊙

    �−1 � RR⊙

    �−1

    Sequenza principaleFusione dell’Idrogeno

    Temperatura superficiale (K)

    Lum

    ino

    sità

    (L☉

    )

    Tracce evolutive di protostelle

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    La massa minima delle stelleNon tutte le condensazioni portano alla formazione di protostelle che raggiungono la sequenza principale, ovvero che innescano la fusione dell’H.Per raggiungere la sequenza principale, la temperatura centrale di una protostella deve superare Tacc ~ 107 K.Nel nucleo di una protostella gli elettroni possono degenerare prima di T = Tacc, in tal caso il collasso si arresta e la fusione di H non si accende.Ricordando il teorema del viriale

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    poiché il nucleo è di H ionizzato m̄(H) =me +mp

    2� 1

    2mp

    Eth ∼1

    2

    GM2

    REth =

    3

    2NkT =

    3

    2

    M

    m̄kT � 3 M

    mpkT

    ovvero T ∼ 16

    GMmpk R

    = 2.7× 108 K�

    M

    M⊙

    ��R

    104 km

    �−1

    RWD ∼ 3700 km�Z/A

    6/12

    �5/3 � MM⊙

    �−1/3Ricordiamo che per una struttura di elettroni degeneri si ha

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    La massa minima delle stelleIn caso di solo H

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    Combinando questa espressione con T dal teorema del viriale si trova

    T ∼ 2.3× 108 K�

    M

    M⊙

    �4/3

    La massa minima che deve avere una stella è quindi quella per cui la temperatura della struttura di elettroni degeneri è pari alla temperatura di accensione delle reazioni nucleari Tacc ~ 107 K, ovvero Mmin ≈ 0.1 M⊙. Calcoli più accurati danno

    Mmin ≈ 0.07M⊙oggetti con massa inferiore sono detti Brown Dwarfs e sono vere e proprie stelle mancate che irraggiano solo energia gravitazionale.Sono caratterizzati da temperature superficiali Te~1000-2000 K.Recentemente sono stati trovati in gran numero grazie alla loro emissione IR (vedi Te); anche Giove e Saturno si possono considerare Brown Dwarfs!

    RWD ∼ 11700 km�Z/A

    1/1

    �5/3 � MM⊙

    �−1/3

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    La formazione dei pianetiNei dischi protoplanetari i grani di polvere si accrescono per condensazione (cattura di atomi o molecole) o coagulazione (legame con altri grani);in questo modo si formano i planetesimi con dimensioni ~ 1 km.I planetesimi continuano ad accrescere e si fondono formando i pianeti.La formazione di pianeti rocciosi o gassosi dipende dalla temperatura e della distanza dalla stella.

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    I pianeti possono crescere solo per accrescimento di grani metallici e silicati. Inizialmente i pianeti crescono

    rapidamente per la cattura di grani con mantelli di ghiaccio. Quando la massa è >15 volte quella della Terra, catturano gas (H e He) dalla nube protostellare.

    ProtostellaPianeti gassosi

    (gioviani)

    Solo i composti metallici condensano nei grani.

    Anche i silicati condensano.

    Ghiacci di H2O, NH3, CH4 ecc.

    Temperatura desc

    resce

    Pianeti rocciosi (terrestri)

  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    Ammassi stellariQuando la stella raggiunge la sequenza principale è diventata così luminosa da aver dissolto la nube di gas circostante;

    restano soltanto i pianeti in orbita attorno ad essa.

    In seguito alla frammentazione delle nubi giganti le stelle si formano in ammassi.

    Esistono due tipi di ammassi:

    ammassi apertistelle giovani, non legate gravitazionalmente

    ammassi globularistelle vecchie, legate gravitazionalmente

    Si ricorda che le stelle in un ammasso sono coeve ovvero hanno tutte la stessa età.

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  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    Ammassi apertiSono costituiti da ~50-1000 stelle quasi sempre giovani (per la presenza di stelle massicce con età ~106 yr);

    in gran parte non sono legati gravitazionalmente, ovvero si disperderanno in un tempo scala che è pari al tempo medio di attraversamento dell’ammasso da parte di una stella

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    con D diametro dell’ammasso e v★ velocità media delle stelle.

    t =D

    v�∼ 106 yr

    �D

    10 pc

    �� v�10 km s−1

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    Ammassi globulariSono costituiti da ~104-106 stelle distribuite in sferoidi di alcuni pc di raggio; sono sistemi legati gravitazionalmente.

    Sono composti principalmente da stelle rosse di sequenza principale con massa M < M⊙, oltre a resti stellari (nane bianche, stelle di neutroni, buchi neri).

    Le età stimate (~10 Gyr) e le basse metallicità fanno supporre che siano i primi oggetti formatesi durante il processo che ha portato alla formazione della nostra galassia.

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  • A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011)

    Il ciclo del mezzo interstellare

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    Le stelle si formano nei

    nuclei densi delle nubi molecolari.

    Le stelle giovani e calde

    ionizzano il gas formando le regioni HII.

    Gli ammassi di stelle

    giovani illuminano i resti delle nubi da cui si sono originate dando luogo alle nebulose a

    riflessione.

    Le stelle massicce muoiono come supernovae

    producendo gas coronale e arricchendo il mezzo

    IS con elementi pesanti.

    Le onde d’urto prodotte dalle supernovae

    comprimono il mezzo IS formando nubi

    dense e dando il via a nuova formazione

    stellare.

    Stelle, gas e polvere sono legate nel ciclo di nascita e morte delle stelle.