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I FONDAMENTI CONCETTUALI DELLA LOGISTICA ECONOMICA www.lvproject.com Dott. Lotti Nevio
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I FONDAMENTI CONCETTUALI DELLA LOGISTICA ECONOMICA
CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLA COMPENSAZIONE
La logistica economica è quella branca dell’economia applicata che studia l’equilibrio
dei flussi nelle rispettive reti e nello spazio-territorio, a livello locale e globale e la loro
compatibilità con l’ambiente esterno (eco-compatibilità)1. In essa e possibile includere un
obiettivo di efficienza, intesa nell’ottica del profitto come minimizzazione dei costi, ed un
obiettivo d’efficacia, intesa, invece, nell’ottica del benessere sociale come tutto quell’insieme
di attività che permettono: di offrire al consumatore un livello di servizio conforme alle sue
aspettative, di incentivare lo sviluppo del territorio e di ridurre le esternalità.
Le componenti o leve essenziali della logistica economica (LE) sono le cosiddette “3
T”, trasporti, terziarizzazione e territorio da considerare congiuntamente nelle analisi relative
alle cosiddette “5 P”: Progetto, Processo, Piano, Programma e Prodotto-servizio
“logisticizzati”, dove il trasporto è la componente centrale da analizzare ai fini dello sviluppo
economico-sociale e geografico-territoriale2:
1) TERRITORIO (T1);
2) TERZIARIZZAZIONE (T2);
3) TRASPORTI (T3).
LE = T1 + T2 + T3
1 Forte E.: “Logistica economica ed equilibri spazio- territoriali ”, in Seminario su: “I fondamenti concettuali della Logistica Economica”, Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Milano, 29 Maggio 2003 (versione on-line consultabile all’indirizzo: http://www.logisticaeconomica.unina.it); 2 Forte E.: “Riflessioni sui fondamenti della logistica economica”, articolo pubblicato sulla rivista “Italia Mondo – LOGISTICA & INTERMODALITA’”, (versione on-line consultabile all’indirizzo:http://www.logisticaeconomica. unina.it);
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Il territorio è l’elemento discriminante, che ci rende chiara la differenza tra la logistica
economica e la logistica aziendale. La logistica aziendale è un processo interno all’impresa che
mira alla pianificazione ed al controllo efficace ed efficiente del flusso e dello stoccaggio delle
materie prime (ottica privatistica) e che possiamo definire come: “quel complesso di attività
gestionali strettamente integrate, relative al flusso di materiali (cosiddetto flusso logistico)
all’interno del sistema”3. La logistica economica, invece, è per definizione una materia legata
allo spazio geografico, vale a dire, al territorio dove i trasporti avvengono (ottica pubblicistica).
Per quanto riguarda la terziarizzazione, invece, essa deve essere letta in un’ottica
spaziale e significa affidare a terzi attività del processo produttivo o complementari alla
produzione, a differenza di quanto accadeva in passato, quando all'interno dell'impresa si
svolgeva tutto il processo produttivo, mentre oggi si fa solo l'assemblaggio, poiché gran parte
del lavoro viene terziarizzato4.
Infine, il trasporto viene effettuato dall'impresa di servizi logistici, la quale è, appunto,
quell’impresa di trasporto che per conto di altre imprese svolge servizi che non sono più interni
(oggi il 35% della produzione industriale è logisticizzato).
Un'importante relazione, che è il presupposto della logistica economica, è la seguente5:
Tt = f ( Nm, Na)
Vale a dire che, in un'ottica di logistica economica, le autorità devono costruire le infrastrutture
terrestri in funzione delle navigazioni marittime ed aeree (le navigazioni sono le variabili
indipendenti, ossia, il perno che condiziona i trasporti di tutto il mondo).
Per parlare di logistica economica è necessario che ci sia un movimento fisico che
attraversa una superficie nell’unità di tempo. Il cosiddetto flusso ci da la rappresentazione di
questo movimento, inteso sia come trasferimento fisico di persone e merci (materie prime,
semilavorati e prodotti), sia come flusso informativo ad esso connesso. Questo flusso è
bidirezionale, in quanto possiamo distinguere un flusso di andata, quando il mezzo inizia il suo
percorso e arriva a destinazione, ed un flusso di ritorno, quando torna indietro ed, inoltre,
assume consistenza diversa a seconda delle fasi di punta, che sono quelle fasi che ruotano
attorno alle ore della massima concentrazione della domanda.
3 Bianchi C. (1985): “La logistica in economia aziendale” (pag. 16). Casa editrice Giuffrè – Milano; 4 Iannone F.: “Trasporti e terziarizzazione logistica: evoluzione verso una logica di sistema” (versione on-line consultabile all’indirizzo: http://www.logisticaeconomica.unina.it); 5 Forte E.: “Metodologie ed obiettivi della logistica economica”, versione on-line consultabile all’indirizzo: http://www . logisticaeconomica.unina.it – home page;
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Il flusso totale (ΦT) è dato dalla somma del flusso dei pendolari e del flusso random:6
ΦT = ΦP + ΦR
Il flusso dei pendolari (ΦP) è un flusso ripetitivo, sistematico e continuativo, che si genera
nelle ore di punta e che, quindi, è legato alla pendolarità (pendolum). Il pendolare fa
principalmente 4 spostamenti al giorno, legati alle esigenze di lavoro, che diventano due se
mangia sul posto di lavoro.
Il flusso random (ΦR), invece, è un flusso imprevedibile, non sistematico, non continuativo e
non legato alla pendolarità (random), quindi, che non si effettua nelle ore di punta. Un esempio
può essere quello del medico che si reca a fare una visita.
Dal punto di vista dinamico, il flusso è il movimento di veicoli, di mezzi e di standards
in una certa direzione, che si materializzano in una rotta, su un percorso o su una direttrice di
traffico, mentre, dal punto di vista statico, la concentrazione del flusso in un determinato punto
costituisce il cosiddetto stock.7
Nella logistica economica il flusso (movimento) dovrebbe essere continuo, omogeneo,
regolato ed una volta concentratosi in un determinato punto (stock), dovrà essere a sua volta
smistato in altrettanti punti di destinazione. Dall’analisi pratica si riscontra, invece, che il
flusso e caratterizzato da discontinuità, disomogeneità, asimmetria, dispersione ed, inoltre,
accade spesso che i tempi di smistamento-smaltimento risultino incongruenti rispetto alle
concentrazioni degli stock (bottle-necks, cioè strozzature). Un esempio è l’inutile perdita di
tempo che si ha quando i container o i semirimorchi sono bloccati in una piattaforma logistica
o in un distripark. Il ruolo del logistico è quello di ottimizzare il flusso, che non significa
velocizzare il trasporto, ma:
• velocizzare l’accessibilità al nodo e tutte le attività all’interno dei nodi;
• eliminare la dispersione e l’asimmetria riducendo gli sprechi di risorse ed energie
generate da vuoti marginali di capacità, dovute al fatto che i veicoli non viaggiano a
piena capacità e che i flussi di ritorno presentano delle capacità inutilizzate;8
• ottimizzare le capacità infrastrutturali e le potenzialità d’uso adeguandole
reciprocamente alle dimensioni del flusso.9
6 Forte E. (1994): “Trasporti Politica Economica”, Cedam - Padova; 7 Forte E.: “Riflessioni sui fondamenti della logistica economica”, articolo pubblicato sulla rivista “Italia Mondo – LOGISTICA & INTERMODALITA’”, (versione on-line consultabile all’indirizzo: http://www.logistica economica.unina.it); 8 Vedi paragrafo 1.2.2 I viaggi a vuoto;
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La compatibilità ambientale è l’altra faccia dell’equilibrio dei flussi, ossia, quella che
chiamiamo la sostenibilità e che rappresenta il vincolo fondamentale della logistica economica.
Una logistica è sostenibile se è attenta, oltre che alla necessità dello sviluppo economico, anche
alle problematiche della sicurezza e dell’ambiente, vale a dire che vi deve essere compatibilità
tra obiettivi di profitto ed impatto ambientale (eco-compatibilità). Si potrebbe parlare di un
“ triangolo della sostenibilità”10 (fig. 1) i cui vertici sono:
• Efficienza economica;
• Sviluppo socio-territoriale;
• Riduzione delle esternalità negative.
Fig. 1 – Logistica sostenibile11
Questi strumenti permettono di ottenere l’equilibrio tra i flussi all’interno di un’area:
regionale, provinciale, e così via.
In sostanza, la logistica può essere intesa come un fattore determinante
nell’organizzazione del territorio, per quanto riguarda la localizzazione delle attività
economiche, così come in passato lo è stato il costo di trasporto. Tale discorso è supportato
9 Forte E.: “Logistica economica ed equilibri spazio- territoriali ”, in Seminario su: “I fondamenti concettuali della Logistica Economica”, Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Milano, 29 Maggio 2003 (versione on-line consultabile all’indirizzo: http://www.logisticaeconomica.unina.it); 10 Iannone F., in: “Aspetti pubblici e privati di un modello di logistica sostenibile”, Università degli Studi di Palermo, 13-14 Novembre 2003; 11 Iannone F., in: “Aspetti pubblici e privati di un modello di logistica sostenibile”, Università degli Studi di Palermo, 13-14 Novembre 2003;
EFFICIENZA ECONOMICA
LOGISTICA ECONOMICA
RIDUZIONE DELLE
ESTERNALITA’
SVILUPPO SOCIO
TERRITORIALE
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dalle forme di trasporto combinato ed intermodale che hanno permesso la rivoluzione del
trasporto ed hanno portato, poi, alla globalizzazione, permettendo di effettuare traffici su scala
internazionale.
Il trasporto combinato nasce dalla combinazione di due mezzi di trasporto appartenenti
a due modi di trasporto diversi. In tale combinazione uno farà la parte del mezzo di trasporto
trainante, mentre, l’altro quella del trainato (auto trasportata sul treno). Al servizio del modo
combinato non c’è nessuna infrastruttura, essendo le infrastrutture ad esso legate ancora le
vecchie infrastrutture.
Il trasporto intermodale, a differenza del trasporto combinato, che ha contribuito solo
marginalmente allo sviluppo dei trasporti, è stata la grande rivoluzione di tutti i mezzi di
trasporto. Il trasporto intermodale è stato reso possibile grazie all’uso del container, con il
quale l’unità di carico salta da un modo ad un altro di trasporto senza il contemporaneo
movimento di due mezzi di trasporto (unitizzazione), introducendo enormi vantaggi in termini
di variazioni nei tempi di ciclo e nei costi terminali, nonché nella scelta di itinerari alternativi,
consolidando nuovi scenari logistici. Per questo nuovo tipo di trasporto, però, occorrono
infrastrutture dedicate, infatti, parliamo di trasporto dedicato, perché per servire questi
container occorrono porti specializzati, navi specializzate e così via. L’infrastruttura dedicata
più diffusa è la piattaforma logistica che rappresenta, rispetto al tradizionale magazzino
(concepito come lo stock), un’alternativa al flusso. In tale infrastruttura si offrono servizi di
logistica avanzata, quindi, permette di svolgere operazioni che si effettuano a monte e a valle di
un processo produttivo, pertanto, è in grado di generare alto valore aggiunto alle merci. La
piattaforma logistica deve essere situata in un luogo che è facilmente accessibile, per cui,
l’accessibilità è il suo requisito fondamentale. L’ interporto è il classico esempio di piattaforma
logistica nella quale vi è una grande accessibilità. Esso deve essere dotato di strutture
complesse dove è possibile lo scambio di merci tra diversi vettori di trasporto, di servizi per le
merci e per le persone, di uno scalo ferroviario, di una sede doganale, di magazzini e di
strutture di collegamento con la rete stradale ma anche con porti ed aeroporti di una
determinata area geografica. Gli interporti, in sintesi, hanno la funzione di favorire forme di
cooperazione e di integrazione tra i diversi operatori presenti in un unico complesso logistico
(freight village) e in Italia sono definiti dalla legge n. 241 del 1990 e dal Piano Generale dei
Trasporti del 1996. La containerizzazione, che rappresenta il trasporto intermodale, è stata una
rivoluzione proprio perché permette di superare i problemi delle operazioni terminali e, col
superamento di tali problemi, sono diventati meno incisivi i costi di trasporto che, assieme alla
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liberazione dei mercati, ha portato alla così detta banalizzazione del costo di trasporto, uno
degli elementi alla base del processo di globalizzazione.
L’altro elemento fondamentale, assieme all’intermodalità, che ha permesso
l’evoluzione del sistema dei trasporti ed il grande salto della globalizzazione, è stato il
passaggio dal tradizionale sistema a rete basato sulla logica point to point, che prevedeva dei
centri di raccolta e di distribuzione delle merci indipendenti tra loro, ad una logica hub &
spoke (mozzo e raggio), che prevede, invece, la concentrazione dei traffici su pochi nodi
principali (hub), per poi, da questi nodi principali, raggiungere le varie destinazioni (spoke). In
sostanza, i meccanismi di libero mercato hanno spinto verso la sostituzioni di modelli a rotte
circolari con modelli di tipo pendolum, poggianti sulla centralità dei nodi hub e sulla
perifericità ed efficienza degli spoke. Con questo sistema a prima vista inefficiente, la logica
viene capovolta, perché prima vado verso il centro e poi verso il punto di destinazione. Questa
evoluzione nei circuiti internazionali, largamente diffusa nel traffico marittimo, ma che adesso
si sta diffondendo anche nella distribuzione terrestre, si è affermata addirittura contro le
tradizionali rotte di traffico ed ha permesso l’inserimento di scali medio-piccoli alla
partecipazione dei grandi traffici, con navi piccole e medie che offrono servizi feeder di breve
e medio raggio verso porti regionali (spoke), conferendo ai grandi hub port (in Italia: Gioia
Tauro, Taranto e Cagliari) un ruolo centrale di smistamento convergente e divergente dei
carichi delle navi madri che svolgono il trasporto su rotte interoceaniche.
Il problema consiste nel fatto che il raggiungimento di questo equilibrio dei flussi,
assieme al rispetto della compatibilità ambientale, sono difficili da raggiungere, anzi, la
maggior parte delle volte vengono disattesi. Tutto questo accade perché non viene applicata la
nostra relazione: Tt = f(Nm, Na).
E' possibile ottenere l'equilibrio dei flussi attraverso politiche di smistamento dei flussi,
di gestione dei traffici, di regolazione dei flussi, ma potremmo anche aggiungere, attraverso
una serie di leggi fondamentali, tra cui le più importanti sono:
• Invarianza;
• Trasversalità;
• Autoregolazione;
• Compensazione.
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Per legge d’INVARIANZA s’intende l'invarianza dei capitali nello spazio. Essa deriva
dalla matematica finanziaria, ossia, dalla legge di eguaglianza dei capitali nel tempo.
La matematica finanziaria, dovendo risolvere il confronto tra grandezze finanziarie
riferite ad epoche diverse, attraverso operazioni finanziarie elementari, qualunque ne sia il tipo,
determina una relazione di “equivalenza o invarianza tra due somme relative ad istanti diversi.
Infatti, se un determinato investimento permette di trasformare, diciamo in un anno, il capitale
C nel montante M, allora, da un certo punto di vista, avere C subito è la stessa cosa che avere
M tra un anno. Allo stesso modo, se un credito di K lire esigibile tra un anno può essere
scambiato con P lire subito, il possesso di quel credito può essere giudicato equivalente a
quello di questa somma liquida.12
Parlare di invarianza degli input nello spazio significa, invece, che, partendo ad
esempio dalla legge di capitalizzazione, il tasso d’interesse che ci permette di effettuare la
scelta tra diversi progetti di localizzazione sarà l, inteso però come tasso logistico, ossia, come
la percentuale del valore delle attività logistiche e di trasporto sul valore finale dei prodotti.
Una volta individuato questo tasso, la convenienza relativa al posizionamento in un’area
geografica potrà essere valutata in funzione della differenza tra questo tasso e quello relativo
ad altri progetti alternativi. Va chiarito, però, che la verifica o meno del modello di logistica
economica relativo all’invarianza non inficia la validità della teoria di invarianza della
matematica finanziaria, in quanto, un risultato positivo o negativo all’atto della verifica
empirica del modello spaziale ci dice esclusivamente che le aree da noi prese in considerazione
rispondono o meno alla caratteristica del modello teorico, il quale serve a verificare l’esistenza
o meno di un differenziale di costo tra soluzioni ubicazionali dei fattori diverse, attraverso un
incremento di attività logistiche che non variando il valore assoluto dei beni, in questo caso gli
input, ne aumentano tuttavia il margine e la competitività localizzativi. Lo stesso tipo di
ragionamento di invarianza del valore può essere fatto dal lato degli output.
Quindi, questa legge ci dice che vi è eguaglianza dei capitali nello spazio rispetto ad un
tasso di costo trasporto-distanza ed un tasso di incidenza del costo del servizio logistico, per
cui, la legge d’invarianza cambia la posizione del fattore trasporto. Adesso il fattore trasporto
entra nel progetto di produzione industriale in quanto il trasporto non è neutrale nei confronti
della tecnologia, ma è strategicamente rilevante, vale a dire che quando si progetta l’attività
produttiva lo si fa tenendo conto di quali dovranno essere i trasporti più idonei per il suo
svolgimento. In sostanza, il fattore trasporto, in un approccio di logistica economica ha una
12 Cacciafesta F. (2001): “Lezioni di matematica finanziaria classica e moderna”, Giappichelli - Torino;
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funzione strategica rispetto alla formazione del valore, ossia, della formazione della ricchezza.
Infatti, il processo di globalizzazione conduce i moderni sistemi economici dei paesi
industrializzati a delocalizzare la produzione e quindi a rilocalizzare i fattori della produzione
(stabilimenti, manodopera, materie prime, semilavorati, ecc.) in base al minor costo
d’acquisizione. I cicli di lavorazione produttiva si frazionano grazie al supporto logistico e
pervengono così a prodotti logisticizzati che presentano una maggiore competitività. La
distanza non è più rilevante come un tempo in termini di costo di trasporto, mentre acquista
importanza la funzione tempo internalizzata nel costo dei servizi logistici, la cui incidenza sul
prezzo finale dei prodotti sta crescendo notevolmente.13
TRASVERSALITÀ significa, invece, studio della fattibilità economico-sociale ed
organizzativa di itinerari alternativi ed integrati rispetto agli itinerari convenzionali che in
genere sostituiscono al tutto-strada una sequenza multimodale/intermodale di trasporto.14 Più
semplicemente, significa che attraverso una perfetta coordinazione dei vari mezzi di trasporto è
possibile disegnare una nuova rotta trasversale utilizzante trasporti misti (mare – strada –
ferro). Diversi studi hanno dimostrato che questo tipo di percorso, rispetto all’itinerario
tradizionale del tutto-strada, permette di ridurre gli oneri del trasporto soprattutto in termini di
minore distanza e, quindi, minore tempo, ma permette di ridurre anche le esternalità negative
ambientali e sociali (minore inquinamento, minore incidentalità, minore usura delle strade,
ecc…). Ottenendo così il raggiungimento di quello che è uno degli obiettivi fondamentali della
politica dei trasporti, e cioè la mobilità sostenibile.
Occorre riequilibrare il sistema dei trasporti, fortemente sbilanciato a favore della
modalità stradale, mediante lo sviluppo dei traffici sulla media e lunga distanza con modalità di
trasporto più sostenibili rispetto a quella stradale. Questo obiettivo di alleggerimento del
traffico su strada può essere raggiunto attraverso il rilancio del trasporto combinato strada-
mare, e quindi cabotaggio marittimo, oltre che dallo sviluppo del combinato strada-rotaia.15
13 Forte E.: Seminario su “I fondamenti concettuali della Logistica Economica”, Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Milano, 29 Maggio 2003 (versione on-line consultabile all’indirizzo: http://www.logisticaeconomica.unina.it); 14 Forte E.: “Riflessioni sui fondamenti della logistica economica”, articolo pubblicato sulla rivista “Italia Mondo – LOGISTICA & INTERMODALITA’”, (versione on-line consultabile all’indirizzo: http://www.logisticaeconomica.unina.it); 15 Forte E.: Seminario su “I fondamenti concettuali della Logistica Economica”, Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Milano, 29 Maggio 2003 (versione on-line consultabile all’indirizzo: http://www.logisticaeconomica.unina.it);
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Fig. 2 - Traffico interno merci per modalità di trasporto16
vie d'acqua16,1%
impianti fissi15,3%
navigazione aerea0,4%su strada
68,2%
vie d'acqua impianti fissi
navigazione aerea su strada
Oggi, al classico itinerario da punto a punto si affiancano itinerari diversi come lo Short
Sea Shipping (SSS), cioè la navigazione a corto raggio e cabotaggio tra porti nazionali. Lo
Short Sea Shipping può essere definito come: “il movimento di merci e passeggeri via mare tra
porti situati nell’Europa geografica o tra questi porti e porti situati in paesi non europei con
una linea costiera sui mari chiusi alle frontiere dell’Europa”17.
Negli ultimi anni si è verificato un notevole cambiamento dello Short Sea Shipping, il
cui elemento di forza è il c.d. transhipment, e che ha permesso il pieno ingresso di tale
modalità nella catena del trasporto intermodale porta a porta e nella catena logistica, come
elemento innovativo e competitivo dell’intero sistema Italia. Attualmente, la tecnica di
trasporto del transhipment contribuisce anche all’inserimento dei porti medio-piccoli nel
circuito dei traffici internazionali, in quanto non viene più usata soltanto come trasbordo da
grandi navi madre a piccole navi feeder con lo scopo di ampliare l’area di distribuzione del
16 Fonte: Conto Nazionale dei Trasporti 2002 17 Definizione dell’Unione Europea (UE);
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carico, ma, spesso, tra nave madre e nave madre con l’effetto di allargare il numero dei
collegamenti intercontinentali.18
AUTOREGOLAZIONE significa trovare dei processi automatici capaci di portar il
sistema all’efficienza, come potrebbe essere, ad esempio, un sistema di tariffazione in base
all’ora di percorrenza sulle autostrade, capace di regolarizzare il flusso di autoveicoli, in modo
da evitare la congestione nelle ore di punta. Nell’elaborazione di tali leggi di autoregolazione,
gli economisti dei trasporti guardano soprattutto ai costi marginali sociali.19
Questi costi non sono pagati dagli utenti dei mezzi di trasporto, ma sono a carico della
collettività ed hanno un effetto frenante sulla crescita del PIL, sia in termini di perdita della
capacità produttiva della risorsa lavoro, sia in termini di efficienza complessiva del sistema
paese.
Dal quarto rapporto su “I costi ambientali e sociali della mobilità in Italia” realizzato
dall’associazione “Amici della Terra” con la collaborazione delle Ferrovie dello Stato, si ricava
una rappresentazione quantitativa dei costi esterni generati dai trasporti relativa alle cinque
esternalità negative tradizionalmente considerate dalla letteratura internazionale: gas ad effetto
serra, inquinamento atmosferico, rumore, incidenti stradali e congestione del traffico.
Emerge con chiarezza che è necessario intervenire per bilanciare l’utilizzo delle diverse
modalità di trasporto, troppo sbilanciate a favore della modalità stradale, in modo da
ottimizzare l’utilizzo dei sistemi di trasporto sia in termini di miglioramento dei tempi di
percorrenza sia in termini di sviluppo sostenibile per l’intera collettività.20
18 Forte E.: “Trasporti internazionali, sistemi hub & spoke e trasversalità: opportunità e limiti per il sistema-paese Italia” (versione on-line consultabile all’indirizzo: http://www.logisticaeconomica. unina.it); 19 Forte E.: Seminario su “I fondamenti concettuali della Logistica Economica”, Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Milano, 29 Maggio 2003 (versione on-line consultabile all’indirizzo: http://www.logisticaeconomica.unina.it); 20 Associazione “Gli amici della terra”, Quarto rapporto: “I costi ambientali e sociali della mobilità in Italia”, in collaborazione con le Ferrovie dello Stato (2002);
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Fig. 3 Costi esterni totali dei trasporti (1999) 21
Incidenti Congestione
Gas serra Inquinamento atmosferico
Rumore
Rumore14,09%
Incidenti27,78%
Congestione11,14%
Gas Serra9,31%
InquinamentoAtmosferico37,68%
Negli ultimi venti anni il trasporto passeggeri in Europa è aumentato del 55%,
orientandosi prevalentemente sul trasporto stradale e, in minor misura, sul trasporto aereo.
Nella stesa misura è aumentato il trasporto merci, ed anche in questo caso è il trasporto stradale
a rappresentare la voce di incremento più consistente. Il traffico ferroviario, al più, mantiene le
proprie modeste quote percentuali (e dunque diminuisce in valore assoluto), quando non le
riduce ulteriormente.
Possiamo misurare l’”intensità di mobilità” o “intensità di trasporto”, come la quantità
di spostamenti di persone (pass-km) e di merci (tonn-km) in un determinato ambito geografico
e in un determinato periodo di tempo in rapporto ad una certa quantità di PIL.
21 Fonte: Associazione “Gli amici della terra”, Quarto rapporto: “I costi ambientali e sociali della mobilità in Italia”, in collaborazione con le Ferrovie dello Stato (2002);
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12
Intensità di trasporto merci = PIL
Kmtonn−
Intensità di trasporto passeggeri = PIL
Kmpass−
Tale indicatore è un indicatore di eco-efficienza che ci permette di misurare la relazione
esistente tra servizi di trasporto e prodotto interno lordo. Questa correlazione è stata per molti
anni identica, vale a dire che ad una crescita del PIL dell’1% corrispondeva una crescita della
domanda di trasporto pari anch’essa all’1%.22 Attualmente, invece, i dati disponibili
evidenziano che negli ultimi decenni la crescita del trasporto è stata tendenzialmente superiore,
quanto a tassi medi annuali, alla crescita dell’economia nel suo complesso, vale a dire che ad
una crescita del PIL corrisponde una più che proporzionale crescita della domanda di trasporto.
22 Iannone F.: “Aspetti pubblici e privati di un modello di logistica sostenibile”. Università degli Studi di Palermo, 13-14 Novembre 2003;
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fig 5 – ANDAMENTO DEL PIL E DEL TRASPORTO MERCI E P ASSEGGERI IN ITALIA NEGLI ANNI 1990-2002 (numeri indici su base1990=100)23
23 Fonte : Istat (prodotto interno lordo) ; Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (tonnellate-km e passeggeri –km).
100
110
120
130
140
150
tkm 100 106,2 109,4 105,9 110,8 108,2 111,8 116,6 118,7 111,9 112,9 110,5 113,3
pkm 100 102.03. 109,2 108,7 110,9 113,2 115,6 117,7 120,9 121,7 136,3 137,7 140,5
PIL 100 101,4 102,2 101,3 103,5 106,5 107,7 109,9 111,9 113,7 116,8 119 119,4
1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002
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Altro fondamento della logistica economica è la COMPENSAZIONE dei processi di
trasporto, produzione e distribuzione che possono dar luogo a nuovi mercati di servizi e/o
prodotti da compensare. Il presupposto della compensazione è che ciascun processo nasce
dalla fusione di più input gestiti ed organizzati differentemente dal management di impresa che
possono essere fonte di spreco di materiale, energia, servizi, spazio e tempo, definiti come
vuoti marginali valore (Vmgv). 24 La compensazione mira ad eliminare tali sprechi attraverso
processi di ottimizzazione produttiva quali lo sfruttamento di segmenti di prodotti e
sottoutilizzazioni varie, quali ad esempio residui di lavorazioni industriali, ritorni a vuoto o
anche aree industriali dismesse. Non vanno nemmeno sottovalutate le possibilità offerte dalla
compensazione di fasi di processo, ossia, sfruttare le tecnologie viaggianti che permettono di
abbinare un ciclo produttivo ad una fase di trasporto, ad esempio nel settore dei generi
alimentari, nel pescato, nella trasformazione dei prodotti agricoli, ma anche più semplicemente
nell’attività di spostamento dei singoli viaggiatori (ad esempio l’uso di internet o di strumenti
di comunicazione multimediale durante la fase del viaggio). Il fine è quello di compensare i
costi di trasporto con i costi di una qualsiasi attività produttiva, logisticizzando quindi lo spreco
di risorse ed ottenendo risparmi aggiuntivi. Infine un ruolo fondamentale è esercitato dalla
logistica di ritorno o inversa.25
Per quanto riguarda i viaggi a vuoto, è possibile ridurre l’intensità di trasporto anche
incidendo sul fattore medio di carico dei veicoli, in quanto è diffusa e generalizzata la presenza
di veicoli che non viaggiano a piena capacità e di flussi di ritorno che spesso avvengono a
vuoto. Ad esempio, nei servizi di linea, con i quali si assicura un collegamento da un punto A
ad un punto B (anche prevedendo una o più fermate intermedie), spesso non è possibile
garantire un carico utile per il ritorno. Nel trasporto marittimo, addirittura, quando le navi non
hanno un carico sufficiente a garantire la stabilità, è necessario aggiungere della zavorra che
permette di abbassare il baricentro della nave e regolarne l’assetto. Infatti, per questo motivo, si
parla di “ballast miles”, che letteralmente significa “zavorra-miglia”, per indicare la capacità di
carico della nave che è rimasta inutilizzata.26 In tali ipotesi è fondamentale il ruolo del logistico
24 Forte E.: “Riflessioni sui fondamenti della logistica economica”, articolo pubblicato sulla rivista “Italia Mondo – LOGISTICA & INTERMODALITA’”, (versione on-line consultabile all’indirizzo: http://www.logistica economica.unina.it); 25 Forte E.: Seminario su “I fondamenti concettuali della Logistica Economica”, Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Milano, 29 Maggio 2003 (versione on-line consultabile all’indirizzo: http://www.logisticaeconomica.unina.it); 26 Forte E.: Seminario su “I fondamenti concettuali della Logistica Economica”, Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Milano, 29 Maggio 2003 (versione on-line consultabile all’indirizzo: http://www.logisticaeconomica.unina.it);
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nell’ottimizzare il tasso di riempimento dei veicoli, soprattutto quelli stradali, in modo da
ridurre il numero dei veicoli-km necessari per spostare una data quantità di merce.27
Le soluzioni utilizzate per ottimizzare il tasso di carico dei veicoli sono state varie. In
particolare, si è fatto ricorso ad accordi di collaborazione tra operatori e all’utilizzo delle nuove
tecnologie, come i cosiddetti “e-transportation marketplace” (i mercati elettronici del trasporto
merci), oppure, si è provveduto all’accorpamento di carichi diversi o all’accorpamento
passeggeri/merci. In alcuni casi i veicoli vengono utilizzati per il trasporto di un tipo di carico
in una direzione, ad esempio passeggeri, ed un altro tipo di carico nella direzione inversa, ad
esempio merci. Inoltre, si è fatto ricorso anche al prolungamento del percorso per compiere
missioni umanitarie. Ad esempio, durante il viaggio di ritorno di un determinato veicolo, su
una determinata rotta, con un pendolum si potrebbe, prolungare l’itinerario, per consegnare
cibo, medicinali ed altri beni necessari in paesi dilaniati dalla guerra e dalla fame, tenendo
conto che il costo dell’allungamento di itinerario potrebbe essere coperto dagli incentivi delle
organizzazioni umanitarie. In realtà già c’è un accordo che prevede il conferimento di incentivi
a T.N.T. da parte di qualche agenzia dell’O.N.U. per portare supporti logistici ai paesi
sviluppati.28
Un ruolo innovativo e strategico è esercitato dalla reverse logistics (corrispondente
all’italiano “logistica inversa”), che possiamo definire come: “il processo di trasferimento delle
merci dai rispettivi siti di destinazione finale, loro tipici, ad altro luogo, allo scopo di catturare
il valore altrimenti non disponibile, ovvero per lo smaltimento vero e proprio dei prodotti.”29.
Dalla definizione si evince che i compiti della logistica inversa vanno al di la del solo recupero
a scopo di riciclo o smaltimento. Essa riguarda anche i resi (per errore e/o eccesso di scorta, per
lesioni o danneggiamento delle merci, per ritiro di articoli dalla distribuzione ecc.), o il ritorno
delle merci ad una fase precedente del processo di produzione (per rilavorazione, ripristino
delle condizioni ottimali, lucidatura o altro). Tuttavia, gli ambiti di questa branca della gestione
aziendale, che attraversano una fase di continua crescita, sono quelli legati al recupero a scopo
di riciclo o smaltimento dei beni dismessi o inutilizzati.30
Il vantaggio è quello di ridurre, dal punto di vista ambientale, l’impatto dei flussi
logistici di ritorno, che derivano dall’ultimo anello della catena: il cliente finale. E’ però ovvio
27 McKinnon (1996); 28 Forte E.: Seminario su “I fondamenti concettuali della Logistica Economica”, Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Milano, 29 Maggio 2003 (versione on-line consultabile all’indirizzo: http://www.logisticaeconomica.unina.it); 29 Definizione del Reverse Logistics Executive Council (RLEC): www.rlec.org 30 Koudate A., Samaritani G. (2004) (a cura di): “Eco-eco management. Sinergia tra ecologia ed economia nell’impresa” pag. 248-249), Franco Angeli – Milano;
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che, differentemente da quella che si potrebbe definire logistica diretta, la logistica di ritorno o
inversa non può essere gestita autonomamente dalle singole imprese: risulta infatti
indispensabile il ruolo di coordinamento e di collaborazione dell’ente pubblico ai diversi
livelli (regione, provincia, etc.), soprattutto per quanto riguarda le attività di raccolta
differenziata, nonché lo smaltimento dei rifiuti pericolosi.
Il principio che guida la reverse logistics è quello di “chi inquina paga”. Questo fa si
che le imprese manifatturiere devono adottare le misure per rendere possibile anche il ciclo
inverso rispetto a quello di consegna e di distribuzione dei prodotti.31
31 Barbero C. e Ferlaino F.: “Logistica Territoriale Integrata” Quaderni d’Europa, n. 2/2004, IRES - Istituto di ricerche economico sociali del Piemonte (versione on-line consultabile all’indirizzo: http.//www.ires.piemonte.it);
Imballaggi e prodotti dismessi
Trattamento rifiuti
Componenti riciclabili
Componenti riutilizzabili
Punti di raccolta e preselezione
Centri demolizione e smistamento
Fig. 4 - FLUSSI DELLA LOGISTICA INVERSA
Fonte: Quaderni d’Europa, IRES Piemonte
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Il Council of Logistics Management, per quello che concerne la reverse logistics ed il
riutilizzo dei materiali, ha introdotto tre concetti circa le modalità di gestione dei flussi di
materiali:32
• Il product recovery, applicabile quando i prodotti sono direttamente reimpiegabili
mediante l’utilizzo diretto del prodotto, dopo averlo semplicemente controllato e pulito;
• Il parts recovery, applicabile quando i prodotti sono reimpiegabili dal mercato, dopo
una forma limitata di “ricostruzione” (es. macchinari), mediante il disassemblaggio ed
il riutilizzo di singole parti del prodotto, per la riparazione o la creazione di nuovi
prodotti;
• Il material recovery è applicabile, invece, quando i prodotti non sono più utilizzabili,
nella loro forma attuale, dal cliente. In questo caso i materiali vengono riciclati, ma
senza mantenere la funzionalità originaria delle parti riutilizzate.
Non bisogna dimenticare, però, che il problema del recupero prodotti e la conseguente
creazione nell’organizzazione d’impresa di sistemi per il ritiro e l’opportuno trattamento di
prodotti di ritorno dal mercato o dalla catena distributiva, al di la delle motivazioni di carattere
ambientale e sempre più un interesse per le imprese e le ragioni principali sono:
• ragioni di marketing, nel caso si presenti la necessità di ritirare i prodotti che non
incontrano le aspettative del cliente o nel caso siano difettosi ed il loro ritiro dal
mercato sia imposto;
• ragioni economiche, nel caso le imprese, recuperando i materiali usati, possono
risparmiare sull’acquisto dei materiali vergini o recuperare il valore aggiunto nella
fabbricazione di alcuni componenti;
• Protezione degli assets, nel caso l’azienda voglia impedire che componenti critiche
possano finire in mercati secondari o a competitori.
Interessante è il parallelismo tra i processi della distribuzione fisica tradizionale
(finalizzata a raggiungere il consumatore finale) e la circolazione sanguigna evidenziata, tra i
primi, da Terue Ohashi, studiosa di molte tematiche socio-economiche del Giappone
32 Bargero C. e Ferlaino F. (2004): “Logistica territoriale integrata. Il ruolo del Piemonte” (pag. 22), Quaderni d’Europa n°2/2004, IRES (Istituto di ricerche economico sociali del Piemonte); (versione on-line consultabile all’indirizzo web: http://www.ires.piemonte.it);
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contemporaneo.33 Il flusso ematico arterioso che ha lo scopo di trasportare l’ossigeno a tutti gli
organi del corpo umano viene equiparato a quello della consegna capillare ai clienti dei
prodotti integri, appena usciti dalla fabbrica. A questo flusso si contrappone l’attività del flusso
venoso che ha lo scopo, invece, di raccogliere il sangue e destinarlo ai polmoni dove verrà
riossigenato. Il flusso venoso, pertanto, può essere equiparato alla logistica di ritorno con la
quale recuperiamo i prodotti non più utilizzabili, quelli difettosi o che per qualsiasi motivo
sono bisognosi di ritornare alla base, il materiale di imballaggio, gli impianti e macchinari
dismessi, le sostanze nocive o in ogni caso pericolose e così via.34
LA LOGISTICA ECONOMICA APPLICATA AL SETTORE DEI RIF IUTI SOLIDI URBANI
Col termine logistica, nel contesto dell’igiene urbana, si vuole intendere tutto il
complesso mondo dei processi che interessano i rifiuti. Si tratta di un settore di grande
interesse, ma nell’ampia bibliografia sulla materia è possibile notare la quasi totale assenza
della parola logistica nei vari documenti e nei piani ed una totale carenza di normative e
definizioni.35
Il fattore trasporto è funzionalmente ed intimamente legato al modello prescelto di
gestione dei rifiuti ed avvicinarsi a queste tematiche con un approccio analitico di logistica
economica vuol dire innescare un processo d’innovazione capace di dare una risposta a
questioni di vitale importanza per l’umanità:36
• Come trasportare grandi volumi di rifiuti?
• Come evitare che nel trasporto e nella movimentazione si inducano impatti nocivi
sull’ambiente?
• Dove trasportare i rifiuti?
• Come assicurare che trasporto e smaltimento avvengano sempre nei termini di legge?
• Come ridurre le quantità di rifiuti prodotti?
33 Koudate A., Samaritani G. (2004) (a cura di): “Eco-eco management. Sinergia tra ecologia ed economia nell’impresa” (pag. 247-249), Franco Angeli – Milano; 34 Manisera R.: “La logistica venosa e l’impegno delle aziende per l’ambiente” (pag.24-26), articolo pubblicato su “il Giornale della Logistica” – Novembre 2003; 35 Forte E. in Atti del seminario: “Logistica economica dell’igiene urbana: problemi e prospettive per la Regione Campania”, (pag. 3-4) tenuto il 13 gennaio 2003 presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” – Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali – Cattedra di Economia dei Trasporti (versione on-line consultabile all’indirizzo web: http://www.logisticaeconomica.unina.it); 36 Koudate A.: “Eco-management, ambiente e…tanta logistica!”, articolo pubblicato su Il giornale della logistica (pag. 22-24) – Anno 2004 (versione on-line consultabile all’indirizzo web: http://www,jmac. it/news/ALTRE-News/Ecomanagement);
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Nella storia della popolazione mondiale possiamo distinguere una fase in cui l’uomo da
semplice utilizzatore di utensili è divenuto capace di costruire utensili. In questa fase i materiali
impiegati per realizzare gli utensili erano selce, rame, ferro…, che quando si rompevano, dopo
avere consentito all’uomo di arare e cacciare, venivano fusi, lasciando poche tracce di rifiuti
nell’ambiente. Si trattava di una forma di auto-sostenibilità e di riciclo ante litteram che
consentiva la conservazione del pianeta.37 In una seconda fase, invece, l’uomo si è dedicato
alla coltivazione e all’agricoltura fino a creare un mondo dominato dalla scienza e
dall’industria che ha consentito un rapido incremento della popolazione ma che ha anche dato
luogo a produzioni e consumi di massa i quali, ad un certo punto, hanno rotto l’equilibrio sul
pianeta. Il risultato è che la terra non è più in grado di ripristinare le condizioni iniziali di vita,
di rigenerare le risorse naturali e di assorbire le enormi quantità di rifiuti non rigenerabili e/o
non biodegradabili.38
Alla società ed in particolare al settore dell’industria, si richiede di dare avvio ad un
circolo virtuoso secondo un modello cosiddetto “zero emission”39. Secondo questo modello i
rifiuti o gli scarti di una lavorazione devono potere essere utilizzati come materia prima in un
diverso processo produttivo, all’interno di una stessa azienda, a livello di filiera o tra aziende
appartenenti a settori industriali differenti. L’obiettivo ultimo del modello zero emission è
costruire una società di tipo sostenibile in cui realizzare un modello di riciclo completo che
ricalchi la società di tipo agricolo. Ad oggi questo modello ha trovato numerose applicazioni,
soprattutto nel riutilizzo dei materiali ferrosi e non, nel recupero del vetro, dei materiali edili e
di alcuni tipi di imballaggio, come pure della carta e della cellulosa.40 La zero emission aspira a
realizzare un nuovo modello di società e di economia a sviluppo circolare utilizzando come
strumento il riciclo/riutilizzo dei rifiuti. Il riutilizzo contribuisce sensibilmente a ridurre
l’utilizzo di risorse in quanto si tratta del reimpiego di prodotti e/o componenti, senza
manipolazioni che ne modifichino la struttura chimico fisica. Tutte le attività di manutenzione
e riparazione dei prodotti, che servono ad allungare il loro ciclo di vita, sono elementi molto
rilevanti ai fini della riduzione dei rifiuti. In particolare, risulta utilissimo il riutilizzo di assiemi
e componenti dei prodotti stessi, senza passare attraverso il riciclo. Il riciclo , invece, è un
37 Slicher Van Bath B.H. (1972): “Storia agraria dell’Europa Occidentale” (pag. 7-37), Piccola Biblioteca Einaudi – Torino; 38 Koudate A., Samaritani G. (2004) (a cura di): “Eco-eco management. Sinergia tra ecologia ed economia nell’impresa” (pag. 21-26), Franco Angeli – Milano; 39 Manisera R. (a cura di): “Stabilimenti ad impatto zero”, intervista a Shimizu Takayuki pubblicata su sistemi & impresa n° 4 (pag. 23-27) – maggio 2004; (versione on-line consultabile all’indirizzo web: http://www,jmac.it/news/articoli/stabilimenti-ad-impatto.pdf); 40 Koudate A., Samaritani G. (2004) (a cura di): “Eco-eco management. Sinergia tra ecologia ed economia nell’impresa” (pag. 110-133), Franco Angeli – Milano;
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reimpiego dei materiali previa loro rilavorazione. Sia il riciclo che il riuso costituiscono una
prospettiva di risparmio delle risorse, in quanto, permettono di costruire i prodotti riducendo
(reduce) i quantitativi di materiali. Queste attività, designate nel loro insieme, sono
comunemente definite come “LE 3R: Reuse, Recycle e Reduce” 41 e sono i capisaldi delle
attività per minimizzare gli impatti ambientali. Un sistema logistico efficace permetterebbe di
implementare più compiutamente questo modello di recupero e riciclo dei materiali, per ora
alquanto carente e solo all’inizio.
I principi di emissioni zero, di riutilizzo e riciclo si possono realizzare a diversi livelli:42
• A livello di azienda produttrice, soprattutto per i prodotti di cui detiene una quota
prevalente di mercato;
• A livello di settore industriale, sia per prodotti che per materiali;
• A livello territoriale.
Al riutilizzo e al riciclo di prodotti e materiali e strettamente collegata la cosiddetta
“ reverse logistics” corrispondente all’italiano logistica inversa,43 ma anche la riduzione dei
materiali trasportati. L’organizzazione di un’efficiente logistica inversa, che sarà sempre più a
carico delle aziende, o di consorzi di aziende, piuttosto che della pubblica amministrazione,
eviterà la creazione di discariche abusive o di abbandono dei rifiuti nell’ambiente, all’origine
di gravi danni e problemi ambientali. La riduzione degli ingombri e del peso dei materiali da
trasportare, invece, aumenta la maneggevolezza, la facilità di movimentazione e, allo stesso
tempo, permette di contrarre i costi di trasporto e di stoccaggio.44
Da alcuni anni in Italia si applica un sistema di raccolta e recupero dei materiali di
rifiuto industriale ed urbano che prevede la collaborazione di enti locali (per la raccolta) e
consorzi privati (per lo smaltimento e/o riciclo).
I materiali di confezionamento ed imballaggio, secondo la legge comunitaria e
nazionale,45 sono distinti in tre tipologie, ciascuna da destinarsi a specifico canale di
smaltimento:
41 Manisera R.: La “ logistica venosa” e l’impegno delle aziende per l’ambiente”, articolo pubblicato su il giornale della logistica (pag. 24-29) -Novembre 2003 (versione consultabile on-line all’indirizzo web: http://www.jmac.it/news/articoli/La-logistica-venosa.pdf); 42 Koudate A.: “Eco-management, ambiente e…tanta logistica!”, articolo pubblicato su Il giornale della logistica (pag. 23) – Anno 2004 (versione on-line consultabile all’indirizzo web: http://www,jmac.it/news/ALTRE-News/Ecomanagement); 43 vedi capitolo I paragrafo 1.2.3 la reverse logistics; 44 Koudate A., Samaritani G. (2004) (a cura di): “Eco-eco management. Sinergia tra ecologia ed economia nell’impresa” (pag. 247-250), Franco Angeli – Milano; 45 - Decisione della Commissione del 16 gennaio 2001 (2001/118/CE, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale della Comunità Europea), e in particolare all’elenco della sezione 15 – Decreto legislativo 22/97 (Decreto Ronchi);
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• imballaggi primari (imballi che fanno parte integrante dell’unità di vendita per l’utente
finale);
• imballaggi secondari (imballi che raggruppano le unità di prodotto per un certo numero
ai fini della vendita);
• imballaggi terziari (imballi da trasporto, container esclusi).
Secondo il decreto Ronchi, la gestione dei rifiuti primari è affidata al CONAI
(Consorzio Nazionale Imballaggi), mentre la gestione dei rifiuti secondari e terziari spetta ai
consorzi specializzati per materiale:
• COREPLA per la plastica;
• COMIECO per la carta ed i materiali di origine cellulosica;
• COREVE per il vetro;
• COOU per gli oli usati;
• RILEGNO per il legno;
• CIAL per l’alluminio;
• POLIECO per il polietilene;
• Altri.
Ai consorzi di filiera aderiscono sia i produttori che gli importatori, e vi si associano
tutte le imprese la cui attività contribuisce a determinare il ciclo di vita dei rispettivi materiali.
Compito del CONAI è coordinare ed indirizzare detti consorzi, curando che ci sia un
collegamento tra questi e la pubblica amministrazione. Mediante opportune convenzioni con i
Comuni e le società che gestiscono i servizi di raccolta differenziata, ogni consorzio di filiera
deve poi organizzare, coordinare, nonché promuovere e favorire (aumentare):
• Il ritiro dei rifiuti di imballaggi conferiti al servizio pubblico;
• La raccolta dei rifiuti di imballaggi delle imprese industriali e commerciali;
• Il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti di imballaggio;
• La promozione della ricerca e della innovazione tecnologica finalizzata al recupero e
riciclo degli imballaggi usati conferiti dai cittadini.
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Lo scopo non è solo quello di ridurre i volumi di materiale da smaltire nelle discariche,
ormai insufficienti ed inadeguate ai reali bisogni della società contemporanea, ma anche di
ridare valore ai materiali trattati, associando così funzione ecologica e funzione economica.46
Di fondamentale importanza è anche la riorganizzazione dei trasporti adottando nuove
soluzioni nel campo delle reti di trasporto e dell’intermodalità. Il sovraffollamento delle arterie
stradali, i problemi di traffico e gli incidenti sempre più frequenti costituiscono un problema
non solo sotto il profilo logistico (ritardi nelle consegne) e della sicurezza, ma anche dal punto
di vista dell’impatto ambientale. Per risolvere questi problemi occorre rivedere non solo i
percorsi, ma gli stessi mezzi di trasporto utilizzati. Il ricorso a canali e mezzi logistici diversi
(intermodalità) dovrebbe portare la dipendenza pressoché esclusiva dal trasporto su gomma ad
essere sostituita da altre modalità di trasporto (via aerea, canali navigabili, ferrovia). Optare per
l’una o l’altra modalità di trasporto consente infatti di studiare soluzioni combinate che non
solo snelliscono i flussi di traffico, ma che hanno al contempo l’effetto di ridurre gli impatti
ambientali. Con un’azione di coordinamento, anche a livello europeo,47 si sono cominciate a
prendere in considerazione le attività relative alla bonifica delle vie navigabili interne (canali,
fiumi e laghi), alle stazioni interportuali di scambio e traduzione merci, agli scali marittimi,
aerei e ferroviari, a nuovi tratti autostradali. In Italia, ad esempio, sono stati avviati i lavori di
ripristino di numerosi tratti del fiume Po e di alcuni dei suoi affluenti, con adeguamento
logistico dei porti, delle strutture di attracco e dei relativi servizi.
I benefici economici di tali soluzioni migliorative vengono apprezzati a livello contabile
ed illustrati nei report ambientali redatti dalle organizzazioni. 48 Essendo gli impatti ambientali
della logistica, infine, direttamente connessi ai costi logistici, conviene gestirli congiuntamente,
secondo i principi di eco-eco-management. Tuttavia i costi sono anche connessi al tipo di
servizio reso al cliente, ai tempi di consegna e alla dimensione dei lotti. Il ripensamento
all’ efficienza dei carichi certamente non è una novità, ma certo offre un ulteriore importante
contributo ai fini del miglioramento delle misure intraprese dalle aziende per ottenere una
maggiore eco-efficienza in ambito logistico. Questo è importante ancora di più nella logistica
46 Koudate A.: “Eco-management, ambiente e…tanta logistica!”, articolo pubblicato su Il giornale della logistica (pag. 24) – Anno 2004 (versione on-line consultabile all’indirizzo web: http://www,jmac.it/news/ALTRE-News/Ecomanagement); 47 Libro Bianco, presentato dalla commissione il 12 settembre 2001: “La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte”, (versione consultabile on-line all’indirizzo web: http://europa.eu.int/comm/energy_transport/it/lb_it.html. 48 Koudate A.: “Eco-management, ambiente e…tanta logistica!”, articolo pubblicato su Il giornale della logistica (pag. 24) – Anno 2004 (versione on-line consultabile all’indirizzo web: http://www,jmac.it/news/ALTRE-News/Ecomanagement);
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inversa, dove la rapidità delle consegne ed i piccoli lotti non rappresentano una discriminante
per il successo dell’organizzazione e/o dell’attività d’impresa.49
La situazione dei rifiuti in Italia presenta notevoli squilibri. Vi sono regioni dove vi è
una maggiore sensibilità alle forme innovative di raccolta differenziata, come il Veneto, la
Lombardia, in particolare, e l’Emilia, ed altre regioni ancora lontane da quelle soluzioni
operative, come la regione Campania, sebbene si sia affidata quasi completamente agli
interventi consulenziali di esperti operanti nel territorio dell’Emilia Romagna. In realtà,
Campania ed Emilia sono due contesti socio-culturali ed economico-territoriali
considerevolmente distanti. Quello che è un dato importante è che, per fortuna, il modello
“discarica” è in netta flessione nel nostro paese. Questo vuol dire che nel momento in cui
decrescono i volumi in discarica cresce la raccolta differenziata e, naturalmente, la prospettiva
dovrebbe essere sempre più quella di dare maggiore spazio a tutti i meccanismi possibili per
aumentare la raccolta differenziata. Naturalmente, per questo scopo, la piattaforma ecologica
(l’isola ecologica o la piattaforma logistica) diventa, anche territorialmente, un nodo strategico
che evidenzia la possibilità di superare il vecchio concetto di nodo, appunto, qualunque esso
sia, e che consente di entrare in un’ottica di logistica economica, dove gli attori sono diversi da
quelli consueti che ci troviamo di fronte.50
Le piattaforme ecologiche comunali sono dei presidi, delimitati e protetti, realizzati
nell’ambito del territorio di un Comune con lo scopo di favorire, decentrandolo, il lavoro di
raccolta dei rifiuti e migliorare, quindi, grazie alla migliore funzionalità delle operazioni, anche
il rapporto tra rifiuti e raccolta rifiuti avviati al riciclo.51 Le piattaforme ecologiche sono un
tassello importantissimo per incrementare la raccolta differenziata in quanto costituiscono un
servizio aggiuntivo che permette ai cittadini di “liberarsi” in modo intelligente ed ecologico
anche di grossi quantitativi di materiali.
In queste aree i singoli cittadini possono portare i propri rifiuti raccolti in maniera
differenziata. Di solito, sono rifiuti di origine domestica ed ingombranti come mobili,
elettrodomestici, scatoloni, oppure, sfalci, potature di piante, inerti derivanti da ristrutturazioni
edilizie, ma anche rifiuti pericolosi (ad esempio batterie, olio motore, olio vegetale di frittura,
latte di vernice) che non possono essere raccolti col normale servizio di porta a porta. In questo
49 Koudate A.: “Eco-management, ambiente e…tanta logistica!”, articolo pubblicato su Il giornale della logistica (pag. 24) – Anno 2004; 50 Forte E. in Atti del seminario: “Logistica economica dell’igiene urbana: problemi e prospettive per la Regione Campania” (pag. 15), tenuto il 13 gennaio 2003. Università degli Studi di Napoli “Federico II” – Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali – Cattedra di Economia dei Trasporti (versione on-line consultabile all’indirizzo web: http://www. logisticaeconomica.unina.it); 51 Consorzio Nord Milano per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani: materiale informativo;
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24
modo si evita il riempimento a dismisura delle apposite campane e/o dei contenitori ubicati sul
territorio comunale evitando altresì il crearsi di difficoltà nella normale fase di raccolta a
domicilio.
Le piattaforme ecologiche permettono, quindi, di raccogliere in modo differenziato un
numero sempre maggiore di materiali per conferirli presso impianti altamente specializzati.
Questo aiuta a tenere sotto controllo il problema dell’incenerimento dei rifiuti. Senza contare
che, così facendo, si rende possibile anche lo smaltimento corretto dei prodotti pericolosi,
evitando che queste sostanze vengano disperse nell’ambiente e causino danni ecologici.52
Infine, nella gestione delle isole ecologiche vengono inseriti anche soggetti svantaggiati, come
ultima fase del loro reinserimento nel mondo del lavoro. In sostanza, il compito è quello di
garantire la corretta divisione dei materiali di rifiuto, che scarta la società del comprensorio
limitrofo.53
Le caratteristiche comuni delle piattaforme ecologiche sono:54
• Essere contornate per tutta la loro estensione da una recinzione di almeno 2 metri di
altezza, a sua volta circondata di barriere a verde;
• Avere il fondo delle superfici destinate alla movimentazione e al trattamento dei rifiuti
adeguatamente impermeabilizzato allo scopo di evitare infiltrazioni nel terreno;
• Essere dotate di un sistema di raccolta e smaltimento delle acque piovane, di quelle di
percolazione e di lavaggio ove presenti;
• Avere adeguati sistemi di illuminazione, sicurezza, antincendio,
• Avere un accesso custodito e regolamentato.
La quantità di piattaforme disponibili al pubblico per la raccolta differenziata è una
misura dell’efficienza logistica a scala locale. Infatti, l’incidenza con cui si ricorre allo scarico
abusivo come “tipologia” di smaltimento dei rifiuti è evidentemente correlata alla disponibilità
di spazi di conferimento (generalmente piattaforme) facilmente accessibili e gestiti in maniera
efficace. E’ per questo motivo che sono diventate negli ultimi tempi strumento essenziale nel
successo delle raccolte differenziate in diverse realtà nazionali.
Infatti, Caratteristica comune a diverse realtà provinciali è il fatto che esistano punti di
scarico abusivo abituali, collocati in aree dalla tipologia ben identificabile (slarghi ai margini
delle strade, rogge, aree in prossimità di cimiteri e di edifici abbandonati, massicciate
ferroviarie) normalmente note ai gestori dei servizi di igiene urbana che, dove possibile,
52 www.comune.brugherio.mi.it/tuttobrugherio/cittaeambiente/rifiuti/piattaforma/body.html; 53 www.ilbettolino.it/altri.htm; 54 Consorzio NordMilano;
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intervengono con bonifiche periodiche. Molti comuni, attrezzando e localizzando piattaforme
ecologiche per lo scarico di rifiuti in aree dove già esisteva l’abitudine allo scarico, hanno di
fatto creato una valida alternativa allo scarico abusivo, consentendo di incanalare correttamente
i flussi di smaltimento di materiali non idonei ad essere depositati nei contenitori stradali
(rifiuti ingombranti, voluminosi, rifiuti urbani pericolosi, batterie, olii esausti, ecc.)55
Con il completamento del passaggio dall’attuale tassa alla tariffa rifiuti commisurata
all’effettiva produzione da parte delle utenze (art. 49, D.Lgs. 22/97), la disponibilità di
piattaforme così attrezzate potrebbe in futuro consentire, tramite sistemi idonei di verifica
elettronica della pesatura del rifiuto conferito, l’applicazione di sistemi incentivanti che
premino i cittadini che partecipano alle raccolte differenziate.
Con la pubblicazione del D.Lgs. 22/97 “Decreto Ronchi” che ha recepito le direttive
U.E. sui rifiuti, sui rifiuti pericolosi, sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, si è aperta una
nuova fase nella gestione dei rifiuti in Italia. La recente legge punta a definire un sistema a
livello nazionale, che minimizzi il ricorso all’uso delle discariche e che sia sempre più orientato
alla riduzione della produzione dei rifiuti e alla valorizzazione degli stessi come risorsa
materiale (tramite le raccolte differenziate, il recupero ed il riciclaggio) o come risorsa
energetica (tramite la combustione).
La produzione di rifiuti dipende da complessi fattori (abitudini, stili di vita, livello di
reddito, ecc.). Altri elementi condizionanti i valori di produzione complessiva sono: 56
• la densità di attività produttive sul territorio;
• lo sviluppo delle attività di raccolta differenziata e l’introduzione di sistemi di tariffazione
incentivanti il contenimento della produzione di rifiuti;
• la quantità e qualità di iniziative di riduzione alla fonte dei rifiuti (ad esempio quelle
avviate dai Consorzi di filiera aderenti al COnsorzio NAzionale Imballaggi).
La raccolta differenziata definita come “la raccolta idonea a raggruppare i rifiuti
urbani in frazioni merceologiche omogenee, compresa la frazione organica umida, destinate al
riutilizzo, al riciclaggio ed al recupero di materia prima”57 è requisito essenziale di politiche
ambientali che tendano alla massima valorizzazione del rifiuto come materia riutilizzabile.
55 Direzione Centrale Assetti del Territorio – Direzione Centrale Ambiente (a cura di): “Relazione sullo stato dell’ambiente” (pag. 112-128), Collana quaderni del piano territoriale n° 15 anno 2000 (consultabile on-line all’indirizzo web http/temi.provincia.it); 56 Direzione Centrale Assetti del Territorio – Direzione Centrale Ambiente (a cura di): “Relazione sullo stato dell’ambiente” (pag. 112-128), Collana quaderni del piano territoriale n° 15 anno 2000 (consultabile on-line sul sito http/temi.provincia.it); 57 Art. 6, D.Lgs. 22/97;
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Fig. 5 - Esempio di Piattaforma Ecologica58
58 www.comune.varedo.mi.it/images/piattaforma_plan.jpg;
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Per quanto riguarda LA PROVINCIA DI MILANO , le problematiche legate a questo
settore sono state negli ultimi anni particolarmente sentite tanto dalla popolazione di Milano
quanto dall’intera provincia. Questo atteggiamento ha favorito lo sviluppo, da parte delle
istituzioni competenti, della ricerca di nuove modalità gestionali anche in anticipo rispetto alla
normativa.
la cronica insufficienza di impianti di smaltimento finale (inceneritori, discariche), in
grado di soddisfare il fabbisogno crescente dei comuni della Provincia, e le conseguenti
emergenze da essa derivanti hanno reso indispensabile percorrere la strada della raccolta
differenziata per arginare gli enormi flussi di rifiuti provenienti principalmente dal capoluogo.
Quella che in un primo momento era soprattutto un’esigenza si è via via trasformata in reale
opportunità, anche in chiave economica, considerati gli elevati costi di smaltimento dovuti ad
una domanda sempre superiore all’offerta impiantistica.
L’ art. 24 del D.Lgs. 22/97 fissa gli obiettivi di raccolta differenziata a livello di Ambito
Territoriale Ottimale (ATO) (coincidente, come previsto dall’art. 23 del D.Lgs 22/97, con la
Provincia):
• 15% entro il marzo 1999;
• 25% entro il marzo 2001;
• 35% entro il marzo 2003.
La provincia di Milano ha raggiunto e superato con largo anticipo gli obiettivi fissati
grazie alla elevata partecipazione alle raccolte differenziate da parte dei cittadini: nel 1998 i
quantitativi raccolti a scala provinciale erano pari a 630.021.702 kg, corrispondenti al 36,28%
dei rifiuti totali prodotti (Tab. 1).59 Questi risultati suggeriscono un ragionevole ottimismo per
il futuro, anche se molto resta comunque da fare.
Il comune di Milano non si occupa direttamente della raccolta dei rifiuti e della pulizia
delle strade. Tali adempimenti sono delegati all'Amsa (Azienda Milanese Servizi Ambientali)
organizzata in forma di SpA che opera in autonomia programmando gli interventi di raccolta
rifiuti e di pulizia della città.
L’Amsa si occupa di:
1. Raccolta di rifiuti solidi urbani
2. Spazzamento strade e marciapiedi
59 Fonte dei dati della tabella 1 pag. 119: “Osservatorio dei Rifiuti” della provincia di Milano (disponibili on-line all’indirizzo web http://temi.provincia.milano.it/ambiente/rifiuti/osservatorio. shtml);
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3. Cancellazione scritte murali
4. Spurgo pozzetti stradali
5. Servizi ai campi nomadi
6. Eliminazione discariche abusive
7. Servizio antineve
8. interventi antigelo
9. Raccolta foglie
10. Raccolta indumenti usati
11. Raccolta rifiuti ingombranti e pericolosi
12. Raccolta farmaci scaduti
L’obiettivo che si è inteso raggiungere è stato quello di smaltire e recuperare i rifiuti
urbani senza creare problemi all’ambiente e favorendo l’industria del recupero e del
riciclaggio. A tal fine, l'Amsa ha lanciato nel dicembre del 1995 “il Modello Milano” per le
raccolte differenziate, una sorta di patto tra l'Amsa e i milanesi con il quale superare la raccolta
stradale, con le tradizionali “campane”, per orientarsi verso una raccolta porta a porta. Si tratta
del primo piano globale di raccolta differenziata che ha permesso, in breve tempo, di ridurre
la quantità da avviare agli impianti, di privilegiare la raccolta di qualità, per una migliore
valorizzazione dei materiali selezionati e di fornire un elevato standard di servizi ai cittadini.
Essenziale è stata la collaborazione con:
• il comune di Milano, che impone il rispetto delle norme contenute nel Regolamento
Comunale per lo smaltimento dei rifiuti e nelle Ordinanze del Sindaco;
• il Provveditorato agli Studi, che si è impegnato in una campagna di sensibilizzazione
attuata nelle scuole di ogni ordine e grado, a partire dagli studenti più piccoli. Infatti, la
scuola è il luogo dove si formano i cittadini di domani, dove si insegna ai ragazzi a
pensare con la propria testa e si forniscono gli strumenti per comprendere la realtà che
ci circonda;
• gli stessi cittadini.
L’Amsa provvede a pubblicare annualmente la “carta dei servizi” con la quale, da un lato,
si fa appello allo spirito di collaborazione e al senso civico, chiedendo ai cittadini di rispettare le
norme in materia di rifiuti (come, ad esempio, osservare le norme per raccogliere bene i rifiuti e
per mantenere pulita la città), ma, dall’altro lato, con tale documento l’Amsa mette nero su bianco
tutti i servizi che fornisce alla città e la descrizione della modalità con cui l’azienda ne garantisce
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la qualità. Ai milanesi sarà così più facile controllare che i servizi erogati dall’Amsa corrispondano
a quelli descritti nella carta e segnalare il mancato rispetto di quanto dichiarato nella carta servizi
stessa.
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Totale rifiuti T/anno_1995
Totale Raccolta
Differenziata T/anno_1995
Percentuale di raccolta
differenziata 1995
Totale rifiuti T/anno_1996
Totale Raccolta
Differenziata T/anno_1996
Percentuale di raccolta
differenziata 1996
1597786,13 216757,33 13,57 1701247,02 419088,73 24,63
Totale rifiuti T/anno_1997
Totale Raccolta Differenziata T/anno_1997
Percentuale di raccolta differenziata
1997
Totale rifiuti T/anno_1998
Totale Raccolta Differenziata T/anno_1998
Percentuale di raccolta differenziata
1998
1691722,63 548884,19 32,45 1736458,80 630021,72 36,28
Totale rifiuti T/anno_1999
Totale Raccolta Differenziata T/anno_1999
Percentuale di raccolta
differenziata 1999
Totale rifiuti T/anno_2000
Totale Raccolta Differenziata T/anno_2000
Percentuale di raccolta differenziata
2000
1796117,44 677425,80 37,72 1854080,21 718977,65 38,78
Totale rifiuti T/anno_2001
Totale Raccolta Differenziata T/anno_2001
Percentuale di raccolta
differenziata 2001
Totale rifiuti T/anno_2002
Totale Raccolta Differenziata T/anno_2002
Percentuale di raccolta differenziata
2002
1931300,86 743311,68 38,49 1925767,54 754467,12 39,18
Totale rifiuti T/anno_2003
Totale Raccolta Differenziata T/anno_2003
Percentuale di raccolta differenziata
2003
1891669,332 766391,812 40,51
Tab. 1 - Dati relativi alla raccolta differenziata nella provincia di Milano 1995-2003
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Per capire qual è la situazione della REGIONE CAMPANIA dobbiamo, invece,
necessariamente tornare indietro al 1994, vale a dire all’anno in cui venne dichiarata
l'emergenza rifiuti in Campania. Fino ad allora i rifiuti venivano smaltiti solo ed
esclusivamente nelle oltre cento discariche attive che, però, erano sull'orlo della chiusura per
esaurimento delle volumetrie disponibili. Di fatto non si sapeva più come e dove smaltire gli
oltre 2 milioni di tonnellate annue di rifiuti urbani che i campani producevano allora. Erano gli
anni in cui a farla da padrona nello smaltimento in discarica dei rifiuti era la camorra
dell'ambiente (ribattezzata ecomafia da Legambiente), che stroncava sul nascere qualsiasi
tentativo di gestire in maniera alternativa e più sostenibile i rifiuti. Nelle loro discariche
venivano smaltiti i rifiuti urbani conferiti dai cittadini nei cassonetti stradali, ma anche in
maniera del tutto illecita, e i rifiuti più pericolosi di origine industriale provenienti spesso dal
Nord Italia, che l’”ecomafia” aveva incominciato a trafficare già dai primi anni ‘80. La
dichiarazione di emergenza sembrava allora un modo efficace per risolvere in tempi brevi una
situazione a dir poco drammatica, ma così non fu.60
In questi dieci anni si sono succeduti diversi Commissari di Governo, a cui la legge
attribuiva poteri straordinari proprio per risolvere più velocemente i problemi. Si è passati dai
Prefetti ai Presidenti di Regione, prima di centro-destra e poi di centro-sinistra, per ritornare di
nuovo oggi alla figura del Prefetto. I risultati, però sono stati pochissimi ed insufficienti,
nonostante negli anni successivi al 1994 siano stati presentati diversi Piani Regionali per
risolvere l’emergenza.
La fig. 6 mostra la produzione di rifiuti in Campania nell’anno 2000, attestatasi intorno
a 2,6 milioni di tonnellate.
L’esame dei dati relativi al quadriennio 1997-2000 (fig. 7), invece, mostra chiaramente
che l’obiettivo, posto dal legislatore e ripreso nelle ordinanze, del 15% di raccolta differenziata
per il marzo 1999 è molto distante da quelle che sono state le percentuali di raccolta
differenziata effettivamente raggiunte e non saranno raggiunti nemmeno i successivi obiettivi
del 25% entro il marzo 2001 e del 35% entro il marzo 2003.
60 Ciafani S., Buonuomo M. (2004): “Il caso Campania”, articolo pubblicato su “La rivista del manifesto” n° 54 dell’ottobre 2004 (versione disponibile on-line all’indirizzo web: www.larivistadelmanifesto.it/archivio/54/ 54A20041007.html;
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Fig. 6 - Produzione rifiuti in Campania anni (1997-2000)61
Fig. 7 - Percentuale di raccolta differenziata nella regione Campania (1997-2000)62
61 Fonte: Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio (2002): “Rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti ” ,(pag.195) - versione on-line consultabile all’indirizzo web: http://www.minambiente.it 62 Fonte: Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio (2002): “Rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti ” ,(pag.195) - versione on-line consultabile all’indirizzo web: http://www.minambiente.it
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Il perdurare della situazione nella regione Campania impone un ripensamento delle
politiche finora adottate. Questo significa mutare sostanzialmente l’atteggiamento rispetto al
rifiuto, non più visto come qualcosa di cui disfarsi (smaltimento in discarica), ma come una
risorsa da gestire in relazione alla possibilità di estrarre da esso materiali riutilizzabili ed
energia (rifiuto come risorsa). La regola da seguire è quella delle 4R: Riduzione all’origine
della produzione di rifiuti; Riutilizzo del prodotto più volte, in modo da diminuire il bisogno di
nuovo; Riciclo del materiale che non serve più al suo scopo per sottoporlo a processi di
lavorazione al fine produrre nuovi materiali; Recupero dei rifiuti non riutilizzabili e non
riciclabili, da utilizzare per produrre energia elettrica o per produrre come materia seconda
oggetti completamente diversi da quelli di partenza.. Questo significa che il tema dell’igiene
urbana deve essere affrontato secondo una logica di sistema, ma in Campania ciò non è
avvenuto perché i tre settori: raccolta differenziata, costruzione degli impianti di CDR e
costruzione degli impianti di termovalorizzazione che, in base al Decreto Ronchi, dovevano
essere complementari, di fatto, nel commissariato straordinario sono stati divisi.
Infine, va sottolineato che anche nella regione Campania vi sono stati casi di eccellenza
nella raccolta differenziata. Infatti, Legambiente ogni anno pubblica, con il patrocinio del
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, una classifica dei comuni che si sono
distinti nella raccolta differenziata. Nel 2004, secondo questa classifica, sono undici i comuni
che hanno ottenuto risultati in linea con le migliori realtà nazionali. Tra questi, il comune di
Bellizzi in provincia di Salerno ha potuto vantare una percentuale di raccolta differenziata pari
al 68,95%, senza utilizzare cassonetti stradali, ma un efficiente sistema di raccolta porta a
porta.
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Tab. 2 – classifica in base alla percentuale di raccolta differenziata dei comuni della regione Campania (anno 2004).63
comune Provincia Abitanti % RD
Bellizzi SA 13.000 68,95%
Cicciano NA 12.346 56,29%
Motecorvino Rovella SA 11.713 53,54%
Sala Consilina SA 13.002 51,72%
Palma Campana NA 14.485 49,32%
Mercato San Severino SA 20.232 47,70%
Castel San Giorgio SA 12.635 43,73%Baronissi SA 15.114 39,56%
Siano SA 10.037 39,18%Angri SA 29.398 37,31%
63 Legambiente: “Comuni ricicloni 2004”, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e del territorio (disponibile on-line all’indirizzo web: http://www.ecosportello.org/download/ DossierCR2004.pdf
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pubblicato su il giornale della logistica (pag. 24-29) -Novembre 2003 (versione
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- Casi studio
www.comune.napoli.it (Comune di Napoli)
- News
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www.euromerci.it
- News
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- Libro Bianco “La politica europea dei trasporti fino al 2010: il tempo delle scelte”
www.federtrasporto.it ((Federazione delle imprese di trasporto aderenti a Confindustria)
- News
www.inforifiuti.campania.it (Osservatorio rifiuti regione Campania)
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www.ires.piemonte.it (Istituto di Ricerche Economico Sociali del Piemonte)
- Quaderni D’Europa
www.isfort.it (Istituto di formazione e ricerca nel settore dei trasporti)
- News
www.istat.it (Istituto Nazionale di Statistica)
- Dati statistici
www.jmac.it (JMA Consultans Europe Milano Spa)
- News
www.estiee.org/te/ (Istituto per lo studio dei Trasporti nella integrazione Economica Europea)
- Trasporti europei
- News
www.inforifiuti.campania.it (Portale del Commissariato di Governo di Napoli)
- Il Piano rifiuti della Regione Campania
- Sistema integrato per la gestione dei rifiuti
www.legambiente.campania.it/parliamone/rifiuti/casonapoli.htm (Legambiente Campania)
- News
www.logisticaeconomica.unina.it (Sito di Economia dei Trasporti della Università di Napoli a
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- Working papers
- Atti di Seminari
- Glossario
- News
www.logisticamanagement.it
- News
www.logisticamente.it (Sito italiano di consulenza ed informazione logistica. Collegato al sito
del “Giornale della logistica”: http://www.koster.it/logistica/)
- News
www.minambiente.it (Ministero dell’Ambiente)
- Rapporto rifiuti 2002
- Rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti
- Raccolta differenziata – aspetti progettuali e gestionali
www.notes.provincia.napoli.it/provnapoli/webna2.nsf/ambienteopr
- Osservatorio dei rifiuti della provincia di Napoli
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- News
www.regione.campania.it (Regione Campania)
- Disciplina regionale
- News
www.regione.lombardia.it (Regione Lombardia)
- Disciplina regionale
- News
www.ricerchetrasporti.it (Portale sulle ricerche nel settore dei trasporti)
- News
www.rifiutinforma.it (Achab Group)
- News
www.rlec.org (Sito del Reverse Logistics Executive Council)
- Reverse Logistics
www.tesoro.it (Ministero del Tesoro)
- Quaderno strutturale dell’economia italiana
www.trasportiambiente.it
- Collegamenti a fonti selezionate
- Commenti
- Documenti sul tema: “trasporti e ambiente”
www.trasportinavigazione.it (Ministero dei Trasporti e della Navigazione)
- Piano generale dei trasporti e della logistica
- Documenti di pianificazione e programmazione
- Normative e leggi
www.wwfnapolinord.it/rifiuti/Sud_fanalino.htm (WWF Napoli)
- Lo smaltimento dei rifiuti in Campania
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