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IL FOGLIO Pagina 111 Foglio 1 1 3 I L BALLO D EL L I NGOT T O Fus i one de ll a provvidenza con Renath Un grande manager scomparso, uno arrestato e il magnifico opportunismo di Elkann portano Fiat a essere globale. Per l'industria italiana è la chance di avere una prospettiva dopo un anno molto grave L a fusione proposta da Fiat Chrysler Auto- mobiles a Renault è il prodotto, in parte ri- levante, di una serie di coincidenze . La prima è la prematura morte di Sergio Marchionne, che DI SANDRO TRENTO* aveva cercato una alleanza americana per Fca, con General motors, prim'ancora che europea, ma senza successo. La seconda è l'arresto in Giappone di Carlos Ghosn, altro manager co- smopolita che avrebbe voluto una fusione tra Renault e Nissan/Mitsubishi. Una unione vera e propria - e non più un incrocio azionario-tra la casa francese e quella giapponese era però indigesta a Nissan che poteva uscirne penaliz- zata, il che ha acuito l'insofferenza per una par- tnership che già le andava stretta. In seguito al- l'arresto di Ghosn, dietro l'accusa di uso impro- prio delle risorse aziendali, e con l'aiuto non secondario dato da Nissan all'autorità giudi- ziaria, quell'operazione è morta. La terza è l'a- scesa di John Elkann nel triumvirato che go- verna Fca, insieme all'ad Mike Manley e al po- tente Cfo Richard Palmer. Elkann può realizza- re la sua prima grande operazione nel settore auto da presidente di Fca e capo di Exor, per creare il terzo produttore mondiale dopo Toyo- ta e Volkswagen. La proposta di fusione inviata la settimana scorsa da Fca al gruppo Renault darebbe vita a un gruppo leader mondiale Original equip- ment manufacturer (Oem) con 8,7 milioni di veicoli venduti e una forte presenza di mer- cato nelle regioni e nei segmenti chiave so- prattutto se l'alleanza coinvolgesse anche Nissan. Il progetto comporterebbe una pari presenza azionaria degli azionisti di Fca e di quelli di Groupe Renault, una struttura di go- vernance paritetica e una maggioranza di consiglieri indipendenti. Se andasse in porto l'operazione cambierebbe profondamente l'industria europea dell'auto, con la nascita di un gigante con una profonda radice euro- pea ma forte anche in America e in Asia. Re- nault nel 2018 ha venduto 1,4 milioni di veico- li in Cina. Volkswagen è leader in Europa e radicato in Cina, ma non altrettanto presente in America. La società risultante diventereb- be un leader mondiale nel settore automobi- listico con un robusto posizionamento nelle nuove tecnologie inclusi i veicoli elettrici e quelli a guida autonoma. La Fca stima le si- nergie in oltre 5 miliardi in aggiunta alle si- nergie già esistenti nell'alleanza Renault- Nissan-Mitsubishi, benché la presenza dei giapponesi sia un'incognita al momento. Il presidente di Renault, Jean-Dominique Se- nard, è andato a Tokyo per rassicurare Nis- san e Mitsubishi. Altrettanto Elkann ha teso la mano ai giapponesi per includerli nell'al- leanza con un intervento scritto al quotidia- no Nikkei. Il documento prevede che questa fusione non comporterebbe chiusure di sta- bilimenti né in Francia né in Italia, come ha confermato lo stesso Elkann. La filiera italiana dell'Auto da tempo lan- ciava appelli sempre più accorati alla politi- ca che cadevano nel vuoto. L'ultimo era parti- to di recente da Verona, dall'Automotive Dealer Day, che aveva riunito le principali associazioni del settore Anfia (industrie ita- liane), Unrae (costruttori esteri) e Federauto (concessionari) che danno lavoro a oltre un milione di italiani. Paolo Scudieri, presiden- te dell'Anfia e titolare del gruppo Adler, ha spiegato che "lo scenario è chiaro, la sola in- dustria italiana dell'auto vale quasi il 6 per cento del pil. Dunque è strategica per la no- stra economia ma siamo sotto pressione per via del taglio della produzione di C02 entro il 2030. L'elettrificazione del settore è un obbli- go. Ed è strategico che il governo vari inter- venti mirati per la riconversione dell'intero settore". Poche settimane fa l'intera filiera dell'auto italiana si è riunita a Torino per il centenario della fondazione dell'Amma, l'Associazione delle imprese della meccani- ca e della meccatronica. Il presidente Gior- gio Marsiaj è stato chiaro: "Non servono rega- li ma dobbiamo rimettere l'industria al cen- tro dell'attenzione pubblica. Non bastano gli investimenti nelle aziende, occorrono azioni coordinate per essere competitivi". La Fca mostra di essersi mossa-da sola -e di saperlo fare. Il rumore della campagna elettorale per le europee ha coperto il silen- zio della politica. Non c'è dubbio che fra gli industriali e gli operatori del settore la sen- sazione di abbandono sia profonda. Il fatto è che l'Auto sia stata nel triennio 2015-2017 il "settore trainante" della piccola ripresa ita- liana tornando a sfornare, dopo otto anni, ol- tre un milione di veicoli e soprattutto espor- tandone oltre 150 mila verso gli Stati Uniti. Poi nel corso del 2018 il settore ha rallentato per innestare la retromarcia tutt'ora in atto a partire dall'ultimo trimestre dell'anno scor- so. L'Istat nel rapporto sulla produzione in- dustriale di marzo misura in un secco meno 10 per cento la diminuzione del fatturato nel segmento "mezzi di trasporto" guidato pro- prio dall'Auto. La ritirata è stata scandita dal ritorno massiccio della cassintegrazione ne- gli stabilimenti italiani di Fca che era stata quasi azzerata e che ora, invece, è tornata specialmente nelle fabbriche premium della Maserati di Torino e dell'Alfa Romeo di Cas- sino. Fenomeno al quale si è associata la re- centissima vendita della Magneti Marelli e della sua rete di una quindicina di stabili- menti ai giapponesi della Calsonic Kansei (che d'ora in avanti si chiamerà Marelli). Co- sa sta succedendo all'Auto italiana? Quanto è importante investirvi per la nostra econo- mia? E che chance ha il "made in Italy" di fronte alla rivoluzione tecnologica che, fra elettrificazione e guida assistita/autonoma, sta per cambiare il concetto stesso dell'ogget- to automobile? Domande cui prova a rispon- dere un dettagliato Quaderno d'analisi della Fondazione Ergo che analizza le tendenze globali del settore e il ruolo che può avere nel prossimo decennio l'auto italiana. Il Quaderno mette in evidenze tre elemen- ti poco noti. Primo: a dispetto delle apparen- ze (e della fase durissima degli anni più pros- simi) l'orizzonte dell'industria mondiale del- l'auto è positivo. Gli esperti prevedono un au- mento della produzione mondiale nel 2030 di circa il 20125 per cento rispetto ai livelli 2018. Questo significa che fra una decina d'anni si produrranno 125/130milioni di veicoli a livel- lo globale. Questo aumento sarà guidato dal- la Cina, già oggi primo mercato mondiale. Ma anche l'industria europea avrà grandi chan- ce: le macchine autonome ed elettriche sa- ranno più facili da guidare e provocheranno un gigantesco rinnovamento del parco auto. Dunque la produzione aumenterà anche nel Vecchio continente e questo trend dovrebbe aiutare a saturare la produzione dei 110 sta- bilimenti automobilistici europei che oggi segnalano un eccesso di capacità produttiva che rende poco profittevole produrre auto in Europa. Il tema delle difficoltà dell'auto ma- de in Ue travalica il cortile Fca. Nel Vecchio continente tutti i costruttori, a eccezione del- la francese Psa che pure sta smantellando un impianto in Austria, sono in affanno. Secondo: la transizione dal diesel all'elet- trico e l'introduzione di nuove regole di omo- logazione (ricordate lo scandalo Volkswagen in America?) sta facendo soffrire la Germa- nia. Nel2O18la potente e pienamente globa- lizzata industria tedesca ha prodotto circa 500 mila vetture in meno sul 2017 con un calo del 9 per cento. Ma per la prima volta da de- cenni sta soffrendo anche il premium tede- sco con Bmw e Mercedes che hanno subito un calo degli utili fra il 17 e il 30 per cento anche a causa dei venti contrari della geopolitica poiché i cinesi, in funzione anti-Trump, han- no tagliato l'import dei loro costosissimi Suv prodotti nelle fabbriche degli Stati Uniti. Terzo: l'Italia vanta un settore della com- ponentistica molto forte con le sue 2.190 aziende. Su questo fronte l'export è superio- re di 5 miliardi di euro rispetto all'import. Accade l'opposto sul comparto vetture dove il deficit è di circa 11 miliardi. Fca comunque continua ad assicurare fra il2 e il 3 per cento del pil italiano e dunque la nostra economia Ritaglio stampa ad uso esclusivo dei destinatario, non riproducibile.

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IL BALLO DEL LINGOTTOFusione della provvidenza con Renath

Un grande manager scomparso, uno arrestato e il magnifico opportunismo di Elkann portano Fiat aessere globale. Per l'industria italiana è la chance di avere una prospettiva dopo un anno molto grave

La fusione proposta da Fiat Chrysler Auto-mobiles a Renault è il prodotto, in parte ri-

levante, di una serie di coincidenze . La prima èla prematura morte di Sergio Marchionne, che

DI SANDRO TRENTO*

aveva cercato una alleanza americana per Fca,con General motors, prim'ancora che europea,ma senza successo. La seconda è l'arresto inGiappone di Carlos Ghosn, altro manager co-smopolita che avrebbe voluto una fusione traRenault e Nissan/Mitsubishi. Una unione verae propria - e non più un incrocio azionario-trala casa francese e quella giapponese era peròindigesta a Nissan che poteva uscirne penaliz-zata, il che ha acuito l'insofferenza per una par-tnership che già le andava stretta. In seguito al-l'arresto di Ghosn, dietro l'accusa di uso impro-prio delle risorse aziendali, e con l'aiuto nonsecondario dato da Nissan all'autorità giudi-ziaria, quell'operazione è morta. La terza è l'a-scesa di John Elkann nel triumvirato che go-verna Fca, insieme all'ad Mike Manley e al po-tente Cfo Richard Palmer. Elkann può realizza-re la sua prima grande operazione nel settoreauto da presidente di Fca e capo di Exor, percreare il terzo produttore mondiale dopo Toyo-ta e Volkswagen.

La proposta di fusione inviata la settimanascorsa da Fca al gruppo Renault darebbe vitaa un gruppo leader mondiale Original equip-ment manufacturer (Oem) con 8,7 milioni diveicoli venduti e una forte presenza di mer-cato nelle regioni e nei segmenti chiave so-prattutto se l'alleanza coinvolgesse ancheNissan. Il progetto comporterebbe una paripresenza azionaria degli azionisti di Fca e diquelli di Groupe Renault, una struttura di go-vernance paritetica e una maggioranza diconsiglieri indipendenti. Se andasse in portol'operazione cambierebbe profondamentel'industria europea dell'auto, con la nascitadi un gigante con una profonda radice euro-pea ma forte anche in America e in Asia. Re-nault nel 2018 ha venduto 1,4 milioni di veico-li in Cina. Volkswagen è leader in Europa eradicato in Cina, ma non altrettanto presentein America. La società risultante diventereb-be un leader mondiale nel settore automobi-listico con un robusto posizionamento nellenuove tecnologie inclusi i veicoli elettrici equelli a guida autonoma. La Fca stima le si-nergie in oltre 5 miliardi in aggiunta alle si-nergie già esistenti nell'alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi, benché la presenza deigiapponesi sia un'incognita al momento. Ilpresidente di Renault, Jean-Dominique Se-nard, è andato a Tokyo per rassicurare Nis-

san e Mitsubishi. Altrettanto Elkann ha tesola mano ai giapponesi per includerli nell'al-leanza con un intervento scritto al quotidia-no Nikkei. Il documento prevede che questafusione non comporterebbe chiusure di sta-bilimenti né in Francia né in Italia, come haconfermato lo stesso Elkann.

La filiera italiana dell'Auto da tempo lan-ciava appelli sempre più accorati alla politi-ca che cadevano nel vuoto. L'ultimo era parti-to di recente da Verona, dall'AutomotiveDealer Day, che aveva riunito le principaliassociazioni del settore Anfia (industrie ita-liane), Unrae (costruttori esteri) e Federauto(concessionari) che danno lavoro a oltre unmilione di italiani. Paolo Scudieri, presiden-te dell'Anfia e titolare del gruppo Adler, haspiegato che "lo scenario è chiaro, la sola in-dustria italiana dell'auto vale quasi il 6 percento del pil. Dunque è strategica per la no-stra economia ma siamo sotto pressione pervia del taglio della produzione di C02 entro il2030. L'elettrificazione del settore è un obbli-go. Ed è strategico che il governo vari inter-venti mirati per la riconversione dell'interosettore". Poche settimane fa l'intera filieradell'auto italiana si è riunita a Torino per ilcentenario della fondazione dell'Amma,l'Associazione delle imprese della meccani-ca e della meccatronica. Il presidente Gior-gio Marsiaj è stato chiaro: "Non servono rega-li ma dobbiamo rimettere l'industria al cen-tro dell'attenzione pubblica. Non bastano gliinvestimenti nelle aziende, occorrono azionicoordinate per essere competitivi".

La Fca mostra di essersi mossa-da sola -edi saperlo fare. Il rumore della campagnaelettorale per le europee ha coperto il silen-zio della politica. Non c'è dubbio che fra gliindustriali e gli operatori del settore la sen-sazione di abbandono sia profonda. Il fatto èche l'Auto sia stata nel triennio 2015-2017 il"settore trainante" della piccola ripresa ita-liana tornando a sfornare, dopo otto anni, ol-tre un milione di veicoli e soprattutto espor-tandone oltre 150 mila verso gli Stati Uniti.Poi nel corso del 2018 il settore ha rallentatoper innestare la retromarcia tutt'ora in atto apartire dall'ultimo trimestre dell'anno scor-so. L'Istat nel rapporto sulla produzione in-dustriale di marzo misura in un secco meno10 per cento la diminuzione del fatturato nelsegmento "mezzi di trasporto" guidato pro-prio dall'Auto. La ritirata è stata scandita dalritorno massiccio della cassintegrazione ne-gli stabilimenti italiani di Fca che era stataquasi azzerata e che ora, invece, è tornataspecialmente nelle fabbriche premium dellaMaserati di Torino e dell'Alfa Romeo di Cas-sino. Fenomeno al quale si è associata la re-centissima vendita della Magneti Marelli edella sua rete di una quindicina di stabili-

menti ai giapponesi della Calsonic Kansei(che d'ora in avanti si chiamerà Marelli). Co-sa sta succedendo all'Auto italiana? Quanto èimportante investirvi per la nostra econo-mia? E che chance ha il "made in Italy" difronte alla rivoluzione tecnologica che, fraelettrificazione e guida assistita/autonoma,sta per cambiare il concetto stesso dell'ogget-to automobile? Domande cui prova a rispon-dere un dettagliato Quaderno d'analisi dellaFondazione Ergo che analizza le tendenzeglobali del settore e il ruolo che può avere nelprossimo decennio l'auto italiana.

Il Quaderno mette in evidenze tre elemen-ti poco noti. Primo: a dispetto delle apparen-ze (e della fase durissima degli anni più pros-simi) l'orizzonte dell'industria mondiale del-l'auto è positivo. Gli esperti prevedono un au-mento della produzione mondiale nel 2030 dicirca il 20125 per cento rispetto ai livelli 2018.Questo significa che fra una decina d'anni siprodurranno 125/130milioni di veicoli a livel-lo globale. Questo aumento sarà guidato dal-la Cina, già oggi primo mercato mondiale. Maanche l'industria europea avrà grandi chan-ce: le macchine autonome ed elettriche sa-ranno più facili da guidare e provocherannoun gigantesco rinnovamento del parco auto.Dunque la produzione aumenterà anche nelVecchio continente e questo trend dovrebbeaiutare a saturare la produzione dei 110 sta-bilimenti automobilistici europei che oggisegnalano un eccesso di capacità produttivache rende poco profittevole produrre auto inEuropa. Il tema delle difficoltà dell'auto ma-de in Ue travalica il cortile Fca. Nel Vecchiocontinente tutti i costruttori, a eccezione del-la francese Psa che pure sta smantellando unimpianto in Austria, sono in affanno.

Secondo: la transizione dal diesel all'elet-trico e l'introduzione di nuove regole di omo-logazione (ricordate lo scandalo Volkswagenin America?) sta facendo soffrire la Germa-nia. Nel2O18la potente e pienamente globa-lizzata industria tedesca ha prodotto circa500 mila vetture in meno sul 2017 con un calodel 9 per cento. Ma per la prima volta da de-cenni sta soffrendo anche il premium tede-sco con Bmw e Mercedes che hanno subito uncalo degli utili fra il 17 e il 30 per cento anchea causa dei venti contrari della geopoliticapoiché i cinesi, in funzione anti-Trump, han-no tagliato l'import dei loro costosissimi Suvprodotti nelle fabbriche degli Stati Uniti.

Terzo: l'Italia vanta un settore della com-ponentistica molto forte con le sue 2.190aziende. Su questo fronte l'export è superio-re di 5 miliardi di euro rispetto all'import.Accade l'opposto sul comparto vetture doveil deficit è di circa 11 miliardi. Fca comunquecontinua ad assicurare fra il2 e il 3 per centodel pil italiano e dunque la nostra economia

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IL FOGLIOnon può farne a meno. La produzione italianadi Auto è in affanno sul versante del pre-mium ma va bene su quella del semipremium(in particolare le Jeep e le 500X sfornate aMelfi) e sul segmento dei furgoni con altre 500assunzioni appena varate in Abruzzo per laproduzione del Ducato. In questo contesto, eanche qui a dispetto delle apparenze, l'op-portunità più importante per l'industria ita-liana sembra essere quella della valorizza-zione dei suoi marchi d'alta gamma (Maseratie Alfa Romeo) poiché l'evoluzione tecnologi-ca dell'Auto e in particolare il motore elettri-co - come Sergio Marchionne avvertiva findal2010- è destinata a sminuire il valore deimarchi generalisti fino, in futuro, a renderliquasi indistinguibili ma ad esaltare le carat-teristiche delle auto di qualità superiore.

E' evidente che Fca si sta preparando adaffrontare l'urto di tutte queste spinte. IlQuaderno della Fondazione Ergo sottolinea ipunti di forza e di debolezza dell'azienda ita-lo-americana. Sul piano finanziario mostrauna solidità senza precedenti con 5 miliardidi utili e un cash flow finalmente positivo. Etuttavia i buoni risultati finanziari sono statiottenuti riducendo nel 2018 il capex, ovverogli investimenti, da 8 a 6,5 miliardi di euro.Ma il profilo di Fca è decisamente moltosquilibrato geograficamente con 1'85 per cen-to degli utili 2018 realizzati in America, per-centuale che è addirittura salita al 92 nel pri-mo trimestre di quest'anno. La forza di Fcasta nei marchi yankee, Jeep e Ram, cresciutimoltissimo grazie al marketing marchionnia-no. Jeep è passata da 350 mila pezzi del 2009 a1,7 milioni nel 2018 anche radicandosi connuove fabbriche in Italia, Brasile, Cina e In-dia. Marchionne è stato meno fortunato suimarchi europei. E' riuscito a far uscire Mase-rati dal bozzolo artigianale di 6 mila vettureannue del 2003 alle 50 mila del 2017 ma poi ilmarchio, senza nuovi prodotti, sta subendouna sorta di crisi d'identità. Anche Alfa Ro-meo vanta due super-prodotti come Giulia eStelvio ma ha difficoltà a sfondare in Ameri-ca dove l'anno scorso ha venduto solo 25 milapezzi. Molto meno del previsto.

Serve però un salto in Europa e la fusione

con Renault potrebbe in effetti portare, comegià detto, a un rafforzamento del possibilegruppo Fca-Renault: maggiore presenza inEuropa e in Asia, che si sommerebbe ai buonirisultati nelle Americhe.

Fca ha molto migliorato il suo profilo pro-duttivo. Le fabbriche italiane sono state tutteristrutturate, dal 2008 al 2017 il valore aggiun-to per dipendente è salito del 32,9 per centocontro un aumento del 25 per cento del costodel lavoro e il peso del valore aggiunto di Fcasul valore aggiunto della manifattura italia-na è passato dall'1,3 per cento del 2012 al 2,6del 2017 (dati Mediobanca). La società ha pre-sentato negli ultimi mesi due piani di investi-mento triennali, uno di 5 miliardi per gli sta-bilimenti italiani e uno di 4 miliardi circa perquelli americani con la grossa novità dell'i-naugurazione di una nuova fabbrica a De-troit, la prima da 22 anni a questa parte. Granparte di questi quattrini sono destinati a mo-delli ibridi o full electric che dal 2020 inizie-ranno ad essere prodotti a Melfi (Jeep Rene-gade e Compass e Fiat 500X per tutto il mon-do), Mirafiori (500 elettrica), Modena (Mase-rati Coupé Alfieri anche in versione fullelectric). In America arriveranno nuove ver-sioni di lusso e a 7 posti di due maxi-Jeep an-che ibride.

La strada scelta da Fca per affrontare l'e-voluzione dell'auto è diversa da quella di Gine Ford. Queste due società stanno lavorandoa propri sistemi tecnologici di mobilità chetrasformeranno gran parte delle auto in com-puter su quattro ruote. Uno sforzo immaneche sta prosciugando enormi risorse vistoche quasi tutti i costruttori ormai spendonoin ricerca e sviluppo cifre superiori al 5 percento del proprio fatturato. Capitali che diffi-cilmente ritorneranno visto che sull'ibrido esull'elettrico finora quasi tutte le case stannoregistrando forti perdite. Marchionne, cheaveva a disposizioni meno capitali delle altredue big americane, ha preferito imboccare lavia degli accordi. Di qui l'intesa con Googleche sta già sperimentando a Phoenix i robot-taxi con minivan Chrysler Pacifica apposita-mente attrezzati per la guida autonoma. Maanche l'alleanza tecnologica con Bmw con

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l'obiettivo di dare vita ad un telaio pensatospecificatamente per le auto elettriche (chehanno pesi e dinamiche diverse dalle vetturecon motore endotermico) che - come annun-ciato all'assemblea Amma dal presidenteFca Elkann, dovrebbe debuttare con le pros-sime Maserati.

La proposta di fusione con Renault con-sentirebbe una forte condivisione dei costi disviluppo dei nuovi veicoli elettrici sui quali ilgruppo francese è stato un pioniere sul pianotecnologico ma con pessimi ritorni finanzia-ri. Ci sono vari punti delicati nell'operazioneFca-Renault.

Chi comanda? Siamo in presenza di tregruppi i transizione, Fca non ha più Mar-chionne, Renault ha un gruppo dirigente chepotrebbe cambiare e anche Nissan è in unafase delicata. Non è chiaro se Nissan aderiràalla nuova alleanza. Nissan, come già detto,s'è opposta alla fusione con Renault e non di-mentichiamo che Ghosn è al momento inda-gato proprio in Giappone. Il gruppo giappo-nese che negli ultimi anni ha generato utili,registra di recente un serio peggioramentodei risultati in nord America. Vi è poi il nododella presenza dello stato francese nel capi-tale di Renault pari oggi al 15,3 per cento,quota che scenderebbe nel futuro gruppoFca-Renault. Sarà cruciale capire se la fusio-ne è immaginata come puro scambio di azionio se prevede un conferimento di capitali fre-schi e in questo caso lo stato francese cosa fa-rebbe? In Italia c'è già chi propone che anchelo stato italiano sia rappresentato nel nuovogruppo.

E' evidente che il presidente EmmanuelMacron svolgerà un ruolo attivo, come ha giàfatto incontrando Elkann prima dell'annun-cio. I pessimi rapporti tra governo giallover-de italiano e il presidente francese non ren-dono semplice l'operazione. Sarebbe neces-sario che l'Italia definisse una propria strate-gia-paese coordinata e concertata che oltre afavorire la parità tra il partner italiano equello francese, monitori che la fusione valo-rizzi e rafforzi la filiera italiana dell'Auto e inparticolare lo sviluppo del segmento pre-mium.

*Università di Trento

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IL FOGLIO Pagina 111

Foglio 313

Valore in Borsa1 9mld € ...............mld.....

€....1 7mid €

OTALE 36l ro d'affari 20181 1 U .........................57 4 RENAULTTOTALE. 167 4 mld E '

Harris 3,8%Tiger GlobalManag. 5.3%

Exor 29%

Jeep 199 ........P ...............1 3mila TOTALE: 382miLa mila

mld€ • inld€Di endenti ' L~ v

Mercato 61.9%

Veicoli venduti all'anno

11;.4 4,S milioni(nel 2018)

Nord America

28

Centro e sud America

5Africa. medio orientee India

Fonte : FCA. Renault

IL BALLO DEL LI\ GOTTOFusione della pro, videnra con Benauli

Principali azionisti Mercato 64,5%

Stabilimenti21

23Eurasia 5

3

(.1

RENAULT

Stato francese 15%

Nissan 15%

Daimler 3,1 %

Di d ti 2 4%pen en ,

1 8 Asia PacificoEuropa

Veicoli venduti all'anno

3,9 milioni JF.J(nel 2018)

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