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Diversamente abili: Quelle scuole 'speciali' che attraggono circa mille alunni condisabilità
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Milano - Si chiamano "scuole speciali" e sono tali per glialunni che le frequentano, ossia ragazzi con disabilità,di solito grave o molto grave. Ogni alunno, qualunquesia la sua condizione, ha il diritto di iscriversi nellascuola pubblica, ma poi dalla teoria alla pratica nonsempre tutto funziona bene, soprattutto in tempi ditagli pubblici che riducono i servizi alle persona condisabilità. E così rimangono le scuole speciali: in Lombardia ce nesono 24, di cui 5 dell'infanzia, 17 primarie e 2 secondarie di primogrado. 19 sono scuole statali, 3 private paritarie e 2 private. Circa unmigliaio gli studenti.
Si tratta di strutture ben tenute, con spazi adeguati, in alcuni casimolto recenti o recentemente ristrutturate - racconta Giovanni Merlo, direttore della Lega per i diritti dellepersone con disabilità, che alle scuole speciali lombarde ha dedicato un saggio dal titolo "L'attrazionespeciale" (Maggioli editore). "Sono luoghi dove si respira un'aria di serenità e di forte attenzione albenessere dei bambini -scrive nel suo saggio-. Nel loro funzionamento e nella loro impostazione, nonhanno nulla in comune con le istituzioni chiuse dei primi del '900 e sono solo delle lontane parenti dellevecchie scuole speciali. Tendono ad assomigliare, ed in parte anche a rappresentarsi, più come servizieducativi e riabilitativi".
Non sono diffuse in tutta la Lombardia. Non ve ne sono province di Brescia, Cremona, Lodi e Sondriomentre sono presenti più realtà nei territori di Como, Lecco, Mantova, Monza e Brianza, Milano, Pavia eVarese. Rappresentano lo 0,35% del totale dell'offerta formativa regionale. "È un fenomeno la cuidiffusione non appare rispondere a criteri di pianificazione - spiega nel suo saggio Giovanni Merlo - quantopiuttosto a fenomeni di tipo storico". Le scuole speciali si organizzano per classi, in genere con un numeroesiguo di alunni, dai 3 ai 13. Nelle classi vengono spesso inseriti raganni con età e bisogni molto diversi fraloro. All'interno delle scuole speciali operano insegnanti, educatori professionali e, nella gran parte deicasi, professionisti sanitari per le attività e prestazioni di carattere riabilitativo e terapeutico. Il rapportomedio insegnanti-alunni è di 1:3, come anche il rapporto educatori-alunni.
Nel suo lavoro di ricerca, Giovanni Merlo ha intervistato 16 genitori, per capire le ragioni che li hanno spintia iscrivere i figlio in una scuola speciale. E, al di la delle singole storie, c'è un filo comune che lega questigenitori: ritengono che sia stata "la scelta migliore" per i propri figli, e non "il male minore". Inoltre, hannoinfluito su questa scelta "l'inerzia dei servizi specialistici", "la fatica della scuola a mettersi in discussione".Insomma servizi pubblici e scuola ordinaria sono percepiti come inadeguati. "Il crescente successo esuggestione dei percorsi di educazione separata sta mettendo a rischio alcuni diritti umani fondamentalidei bambini e ragazzi con disabilità - sottolinea Giovanni Merlo -. Certifica una graduale regressione dellacapacità della nostra comunità e del nostro sistema sociale di garantire a tutte le persone con disabilità laloro piena inclusione e partecipazione nella società". In altre parole, le scuole speciali fanno un lavoroegregio, ma sono anche il segno che sull'integrazione degli alunni disabili c'è ancora tanta strada da fare.(dp)
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In Lombardia ci sono 24 scuole dedicate a ragazzi con disabilità grave. C'è la lista d'attesa per accedervi: per igenitori la scelta migliore per i propri figli, ma anche il segno che la scuola ordinaria non sa ancora accogliere.L'analisi in un saggio di Giovanni Merlo, direttore della Ledha
MILANO - Si chiamano "scuole speciali" e sono tali per gli alunni che le frequentano, ossiaragazzi con disabilità, di solito grave o molto grave. Ogni alunno, qualunque sia la suacondizione, ha il diritto di iscriversi nella scuola pubblica, ma poi dalla teoria alla praticanon sempre tutto funziona bene, soprattutto in tempi di tagli pubblici che riducono iservizi alle persona con disabilità. E così rimangono le scuole speciali: in Lombardia ce nesono 24, di cui 5 dell'infanzia, 17 primarie e 2 secondarie di primo grado. 19 sono scuolestatali, 3 private paritarie e 2 private. Circa un migliaio gli studenti.
Si tratta di strutture ben tenute, con spazi adeguati, in alcuni casi molto recenti orecentemente ristrutturate -racconta Giovanni Merlo, direttore della Lega per i diritti delle
persone con disabilità, che alle scuole speciali lombarde ha dedicato un saggio dal titolo "L'attrazione speciale"(Maggioli editore). "Sono luoghi dove si respira un'aria di serenità e di forte attenzione al benessere dei bambini -scrive nel suo saggio-. Nel loro funzionamento e nella loro impostazione, non hanno nulla in comune con le istituzionichiuse dei primi del '900 e sono solo delle lontane parenti delle vecchie scuole speciali. Tendono ad assomigliare, edin parte anche a rappresentarsi, più come servizi educativi e riabilitativi".
Non sono diffuse in tutta la Lombardia. Non ve ne sono province di Brescia, Cremona, Lodi e Sondrio mentre sonopresenti più realtà nei territori di Como, Lecco, Mantova, Monza e Brianza, Milano, Pavia e Varese. Rappresentano lo0,35% del totale dell'offerta formativa regionale. "È un fenomeno la cui diffusione non appare rispondere a criteri dipianificazione -spiega nel suo saggio Giovanni Merlo- quanto piuttosto a fenomeni di tipo storico". Le scuole specialisi organizzano per classi, in genere con un numero esiguo di alunni, dai 3 ai 13. Nelle classi vengono spesso inseritiraganni con età e bisogni molto diversi fra loro. All'interno delle scuole speciali operano insegnanti, educatoriprofessionali e, nella gran parte dei casi, professionisti sanitari per le attività e prestazioni di carattere riabilitativo eterapeutico. Il rapporto medio insegnanti-alunni è di 1:3, come anche il rapporto educatori-alunni.
Nel suo lavoro di ricerca, Giovanni Merlo ha intervistato 16 genitori, per capire le ragioni che li hanno spinti a iscriverei figlio in una scuola speciale. E, al di la delle singole storie, c'è un filo comune che lega questi genitori: ritengono chesia stata "la scelta migliore" per i propri figli, e non "il male minore". Inoltre, hanno influito su questa scelta "l'inerziadei servizi specialistici", "la fatica della scuola a mettersi in discussione". Insomma servizi pubblici e scuola ordinariasono percepiti come inadeguati. "Il crescente successo e suggestione dei percorsi di educazione separata stamettendo a rischio alcuni diritti umani fondamentali dei bambini e ragazzi con disabilità -sottolinea Giovanni Merlo-.Certifica una graduale regressione della capacità della nostra comunità e del nostro sistema sociale di garantire atutte le persone con disabilità la loro piena inclusione e partecipazione nella società". In altre parole, le scuolespeciali fanno un lavoro egregio, ma sono anche il segno che sull'integrazione degli alunni disabili c'è ancora tantastrada da fare. (dp)
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Quelle scuole “speciali” che a raggono circa millealunni con disabilitàda Redattore sociale
Quelle scuole “speciali” che attraggono circa mille alunni con disabilità
In Lombardia ci sono 24 scuole dedicate a ragazzi con disabilità grave. C’è la lista d’attesa per accedervi: per igenitori la scelta migliore per i propri figli, ma anche il segno che la scuola ordinaria non sa ancora accogliere.L’analisi in un saggio di Giovanni Merlo, direttore della Ledha
MILANO – Si chiamano “scuole speciali” e sono tali per gli alunni che le frequentano, ossia ragazzi con disabilità,di solito grave o molto grave. Ogni alunno, qualunque sia la sua condizione, ha il diritto di iscriversi nella scuolapubblica, ma poi dalla teoria alla pratica non sempre tutto funziona bene, soprattutto in tempi di tagli pubbliciche riducono i servizi alle persona con disabilità. E così rimangono le scuole speciali: in Lombardia ce ne sono24, di cui 5 dell’infanzia, 17 primarie e 2 secondarie di primo grado. 19 sono scuole statali, 3 private paritariee 2 private. Circa un migliaio gli studenti.
Si tratta di strutture ben tenute, con spazi adeguati, in alcuni casi molto recenti o recentemente ristrutturate -racconta Giovanni Merlo, direttore della Lega per i diritti delle persone con disabilità, che alle scuole specialilombarde ha dedicato un saggio dal titolo “L’attrazione speciale” (Maggioli editore). “Sono luoghi dove si respiraun’aria di serenità e di forte attenzione al benessere dei bambini -scrive nel suo saggio-. Nel lorofunzionamento e nella loro impostazione, non hanno nulla in comune con le istituzioni chiuse dei primi del ’900e sono solo delle lontane parenti delle vecchie scuole speciali. Tendono ad assomigliare, ed in parte anche arappresentarsi, più come servizi educativi e riabilitativi”.Non sono diffuse in tutta la Lombardia. Non ve ne sono province di Brescia, Cremona, Lodi e Sondrio mentresono presenti più realtà nei territori di Como, Lecco, Mantova, Monza e Brianza, Milano, Pavia e Varese.Rappresentano lo 0,35% del totale dell’offerta formativa regionale. “È un fenomeno la cui diffusione non apparerispondere a criteri di pianificazione -spiega nel suo saggio Giovanni Merlo- quanto piuttosto a fenomeni ditipo storico”. Le scuole speciali si organizzano per classi, in genere con un numero esiguo di alunni, dai 3 ai 13.Nelle classi vengono spesso inseriti raganni con età e bisogni molto diversi fra loro. All’interno delle scuolespeciali operano insegnanti, educatori professionali e, nella gran parte dei casi, professionisti sanitari per leattività e prestazioni di carattere riabilitativo e terapeutico. Il rapporto medio insegnanti-alunni è di 1:3, comeanche il rapporto educatori-alunni.
Nel suo lavoro di ricerca, Giovanni Merlo ha intervistato 16 genitori, per capire le ragioni che li hanno spinti aiscrivere i figlio in una scuola speciale. E, al di la delle singole storie, c’è un filo comune che lega questigenitori: ritengono che sia stata “la scelta migliore” per i propri figli, e non “il male minore”. Inoltre, hannoinfluito su questa scelta “l’inerzia dei servizi specialistici”, “la fatica della scuola a mettersi in discussione”.Insomma servizi pubblici e scuola ordinaria sono percepiti come inadeguati. “Il crescente successo esuggestione dei percorsi di educazione separata sta mettendo a rischio alcuni diritti umani fondamentali deibambini e ragazzi con disabilità -sottolinea Giovanni Merlo-. Certifica una graduale regressione della capacitàdella nostra comunità e del nostro sistema sociale di garantire a tutte le persone con disabilità la loro pienainclusione e partecipazione nella società”. In altre parole, le scuole speciali fanno un lavoro egregio, ma sonoanche il segno che sull’integrazione degli alunni disabili c’è ancora tanta strada da fare. (dp)
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Quelle scuole "speciali" che attraggonocirca mille alunni con disabilitàIn Lombardia ci sono 24 scuole dedicate a ragazzi con disabilità grave. C'èla lista d'attesa per accedervi: per i genitori la scelta migliore per i proprifigli, ma anche il segno che la scuola ordinaria non sa ancora accogliere.L'analisi in un saggio di Giovanni Merlo, direttore della Ledha
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MILANO - Si chiamano "scuole speciali" e sono tali per gli alunni che le frequentano,
ossia ragazzi con disabilità, di solito grave o molto grave. Ogni alunno, qualunque sia la
sua condizione, ha il diritto di iscriversi nella scuola pubblica, ma poi dalla teoria alla
pratica non sempre tutto funziona bene, soprattutto in tempi di tagli pubblici che riducono
i servizi alle persona con disabilità. E così rimangono le scuole speciali: in Lombardia ce
ne sono 24, di cui 5 dell’infanzia, 17 primarie e 2 secondarie di primo grado. 19 sono
scuole statali, 3 private paritarie e 2 private. Circa un migliaio gli studenti.
Si tratta di strutture ben tenute, con spazi
adeguati, in alcuni casi molto recenti o
recentemente ristrutturate -racconta Giovanni
Merlo, direttore della Lega per i diritti delle
persone con disabilità, che alle scuole speciali
lombarde ha dedicato un saggio dal titolo
"L'attrazione speciale" (Maggioli editore). "Sono
luoghi dove si respira un’aria di serenità e di forte
attenzione al benessere dei bambini -scrive nel
suo saggio-. Nel loro funzionamento e nella loro
impostazione, non hanno nulla in comune con le
istituzioni chiuse dei primi del ’900 e sono solo
delle lontane parenti delle vecchie scuole speciali.
Tendono ad assomigliare, ed in parte anche a
rappresentarsi, più come servizi educativi e
riabilitativi".
Non sono diffuse in tutta la Lombardia. Non ve ne
sono province di Brescia, Cremona, Lodi e
Sondrio mentre sono presenti più realtà nei
territori di Como, Lecco, Mantova, Monza e
Brianza, Milano, Pavia e Varese. Rappresentano
lo 0,35% del totale dell’offerta formativa
regionale. "È un fenomeno la cui diffusione non appare rispondere a criteri di
pianificazione -spiega nel suo saggio Giovanni Merlo- quanto piuttosto a fenomeni di tipo
storico". Le scuole speciali si organizzano per classi, in genere con un numero esiguo di
alunni, dai 3 ai 13. Nelle classi vengono spesso inseriti raganni con età e bisogni molto
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1:3, come anche il rapporto educatori-alunni.
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Le scuole speciali in teoria dovrebbero essere scomparse fin dal 1977, quando l'Italia ha optatoper l'inclusione. Esse stanno vivendo una stagione di grandi consensi, per quanto nessunometta in discussione il valore del modello della "scuola di tutti". Un saggio di Giovanni Merloprova a spiegare perché
Giovanni Merlo, direttore di Ledha, ha appena pubblicato "L'attrazione speciale" (MaggioliEditore), un saggio sulle scuole speciali in Lombardia e sulle ragioni che spingono i genitori asceglierle. Un titolo che vuole sottolineare la seduzione della proposta delle scuole speciali,una realtà niente affatto residuale come si tende a pensare: benché nessuno mettaesplicitamente in discussione il modello della scuola per tutti, scelto dall’Italia fin dal 1977,sono sempre di più le famiglie che scelgono un’educazione separata per i loro figli. GiovanniMerlo non giudica la scelta individuale delle famiglie, ma cerca di capire quali sono le ragioni,nel contesto sociale, culturale, politico e di presa in carico, che orientano verso questa scelta erendono possibile una nuova stagione di successo per le scuole speciali quasi 40 anni dopo lalegge che sostanzialmente le svuotava.
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Perché esistono ancora le scuole speciali?
La risposta alla domanda a monte è già una sorpresa: “Esistono ancora le scuole speciali?”. Sì.E non si tratta nemmeno di un fenomeno residuale come si potrebbe pensare. Solo inLombardia sono attivi 16 plessi, all'interno dei quali sono presenti 24 scuole speciali di cuicinque dell'infanzia, 17 primarie e due secondarie di primo grado. In totale, sono frequentate daquasi 900 tra bambini e ragazzi. Nella maggior parte dei casi, si tratta di scuole annesse a centridi riabilitazione, con la sola eccezione di un istituto di Seregno, in provincia di Monza e Brianza.Questi bambini rappresentano lo 0,006% del totale della popolazione studentesca, ma se lirapportiamo più correttamente al numero degli alunni con una certificazione di disabilità,scopriamo che essi sono il 3,8% del totale degli alunni con certificazione in Lombardia. Non èquindi così poco.
Il libro nasce dalla sua tesi di laurea: cosa l’ha sorpresa in questo lavoro?
La ricerca non entra nel merito di come funzionano le scuole speciali, se funzionano bene omale e nemmeno vuole giudicare se la scelta della scuola speciale sia sia un bene o un male.Certo il mio punto di partenza è la mia adesione convinta al tema dell’inclusione, al diritto auna vita insieme agli altri. Io mi sono semplicemente chiesto come è possibile che dal 1977 adoggi le scuole speciali esistano ancora. Ho scoperto un mondo diverso da quello cheimmaginavo. Pensavo, come molti, che queste scuole esistono perché ci sono ragazzini chehanno sperimentato un fallimento nel loro percorso nella scuola di tutti, invece per lagrandissima parte delle famiglie la scelta della scuola speciale è “la scelta migliore” per i proprifigli, non “il male minore” né il risultato di un fallimento della scuola, tant’è che la maggior parteentra nelle scuole speciali nel passaggio dalla scuola materna alla scuola elementare.
Cosa allora orienta una famiglia verso una scuola speciale?
Il denominatore comune che fa dire alle famiglie che per i loro figli la scuola di tutti non va beneè “perché sono gravi”. Ma quand’è che un bambino con disabilità diventa troppo grave per lascuola normale? La legge non lo dice. Infatti nelle scuole speciali troviamo bambini con lastessa gravità di bambini che incontriamo nella scuola di tutti. Da un lato quindi l’offerta crea lapossibilità: se non ci fossero scuole speciali il problema non si porrebbe. Ma anche questacondizione non è sufficiente, perché se la scuola di tutti realizzasse davvero l’inclusione pertutti, forse le scuole speciali si svuoterebbero da sole. Invece hanno liste d’attesa.
Tanti genitori dicono che i loro figli apprendono meglio, di più. Insomma, non è un ripiego,né un di meno, ma un di più.
Non c’è alcuna evidenza che imparino di più, ovviamente se confrontiamo una buona scuolaspeciale e una buona scuola ordinaria; non c’è un sapere scientifico su questo, magari nasceràun dibattito in futuro. Quel che è certo è che nella scuola speciale c’è più protezione. Tutti igenitori intervistati hanno detto “per noi non è un ripiego ma la scelta giusta”, anzi mi hannodetto di lottare perché ce ne siano di più, anche per gli altri. Quello che emerge è cheincredibilmente questi bambini sono considerati così gravi da non poter andare a scuola congli altri, ma tutte queste famiglie non vengono prese in carico: tutte hanno soltanto una presa incarico sanitaria stretta, solo sul bambino e solo sulla menomazione. Non c’è una presa incarico della famiglia, non incontrano associazioni, servizi sociali, nessuno che accolga lefatiche delle famiglie. Le scuole speciali lombarde, tranne due casi, non sono scuole specialitout cort ma scuole annesse ai Centri di riabilitazione: è rassicurante, tuo figlio lì avrà tutti itrattamenti e anche la scuola. Noi parliamo di diritto all’inclusione ma al momento buono seuno ha bisogno di tanti sostegni un po’ diversificati viene subito etichettato come “troppo
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Scuola Disabilità Famiglia minori Sanità Regione Lombardia
grave” e si immagina che abbia bisogno di un trattamento speciale. La condizione necessariaper l’invio in queste scuole è che tutti sono d’accordo: famiglia, specialisti, la scuola dovedovresti andare e la scuola speciale… significa quindi che tutti hanno in mente che esiste unlivello di gravità che impedisce di andare nella scuola di tutti. È questo il problema, perché tuttobasato sul non detto, sulla discrezionalità.
La scelta per la scuola speciale quindi a suo parere è una scelta “sbagliata”?
Non mi permetto di giudicare le scelte dei genitori. Magari per tuo figlio non è la sceltasbagliata, però io credo che sia una scelta politica e sociale sbagliata. Bisogna investire nellescuole tout court, non nelle scuole speciali. Una cosa che mi ha molto colpito è il fatto che la“scomparsa” di questi bambini dalle scuole non preoccupi nessuno. Nessuno poi li va acercare. Quando con l'editore abbiamo scelto il titolo, alla fine abbiamo optato per “l’attrazionespeciale” per sottolineare l’aspetto seducente di una proposta rassicurante, ma l’alternativa era“il banco vuoto”. In Lombardia abbiamo quasi 900 banchi vuoti che nessuno nota. Io nonchiedo la chiusura delle scuole speciali, non è il momento storico e comunque credo che sianopiù un sintomo che il problema. Però vorrei che quando un bambino va in una scuola specialealmeno dieci persone dai servizi, dalla scuola, dalle associazioni si sedessero attorno a untavolo per chiedersi “dov’è che abbiamo fallito?”. Dov’è stato il problema? Perché non è veroche il problema è che Mario è grave. Il problema è che il contesto attorno a Mario è statogravemente escludente. Allora può darsi che il bene di Mario, oggi, sia la scuola speciale, ma sema il mondo educativo della scuola, dei servizi, delle associazioni fosse in grado ogni volta dimodificare il proprio modo di lavorare per permettere a Mario di stare nella scuola di tutti, ilprossimo Mario potrebbe non dover scegliere la scuola speciale.
È colpa della scuola di tutti, che non è abbastanza inclusiva nonostante le parole?
Troppo facile dire che è colpa della scuola. Anche se è vero che la scuola è l’unico posto dovenessuno può permettersi di escludere nessuno e per questo è un laboratorio socialeinteressantissimo. Eppure anche qui vediamo la fatica collettiva di confrontarsi con il concettodi normalità. Noi abbiamo bisogno di normalità, ne abbiamo bisogno per non doverci inventareogni giorno la nostra vita, non ha senso dire che la normalità non esiste. Però la normalità è unconcetto che cambia in continuazione, è come l’uomo di Vitruvio, è un modello ma nessuno ècosì o forse qualcuno lo è per un breve periodo della sua vita. Invece persino nella scuola -pensiamo al moltiplicarsi delle etichette sugli alunni - c’è un’idea di normalità mai discussa maassunta come tale, fissa, e anche questo genera esclusione, perché è evidente a tutti che il“bambino normale” è solo una consistente minoranza.
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