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Metodologie per il calcolo dei ponti termici
Focus sul metodo numerico secondo UNI EN ISO 10211
Alice Gorrino, Ing., Assegnista di ricerca presso il Politecnico di Torino
IL FENOMENO FISICO E LE PROBLEMATICHE CONNESSE ALLA PRESENZA DI
PONTI TERMICI
La UNI EN ISO 10211:2008 definisce ponte termico quella “parte dell’involucro edilizio dove
la resistenza termica, altrove uniforme, cambia in modo significativo per effetto di
compenetrazione totale o parziale di materiali con conduttività termica diversa nell'involucro
edilizio e/o variazione dello spessore della costruzione e/o differenze tra l'area della
superficie disperdente sul lato interno e quella del lato esterno”.
L’effetto del ponte termico è una distorsione del campo termico rispetto a zone in cui il flusso
termico può considerarsi di tipo monodimensionale. Le ipotesi di flusso monodimensionale
sussistono con buona approssimazione ipotizzando pareti piane con altezza e lunghezza di
dimensioni molto maggiori rispetto al loro spessore costituite da n strati di materiale
termicamente omogeneo in serie, che separa due ambienti a temperatura diversa, uniforme e
costante nel tempo. Qualora non sussistano tali condizioni, il flusso termico non si considera
monodimensionale ma bi/tri dimensionale a seconda che il ponte termico sia rispettivamente
lineare o puntuale.
In Figura 1 si può valutare la distorsione del flusso termico (Figura 1 a) e delle isoterme (linee
che uniscono punti che si trovano alla stessa temperatura, Figura 1 b) in corrispondenza della
parte di involucro caratterizzato da diversa resistenza termica (il pilastro in questo caso).
Figura 1 – Distorsione del campo termico indotto dal ponte termico pilastro – parete: flusso termico (a) e isoterme (b). Fonte immagine: Therm 7.3, LBNL.
La distorsione del campo termico provoca una disomogenea distribuzione della temperatura
che, in corrispondenza dell’elemento più disperdente, sul lato interno della parete risulta più
bassa a causa dell’incremento delle dispersioni di calore.
L’incremento di dispersioni termiche in corrispondenza del nodo può essere individuato
attraverso analisi termografiche, sia sul lato interno, dove si individua una temperatura più
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bassa in corrispondenza del ponte termico, che sul lato esterno, dove, al contrario, la
temperatura superficiale in corrispondenza del nodo è più alta, essendo più vicina alla
temperatura dell’ambiente interno (Figura 2).
Figura 2 – Immagini termografiche con individuazione di parti di involucro maggiormente disperdenti in corrispondenza dei ponti termici
L’aumento di dispersioni termiche in prossimità dei ponti termici può avere conseguenze di
diversa natura. In primo luogo può verificarsi condensa superficiale interna (sulla superficie
interna della parete) se questa scende al di sotto di un valore limite (temperatura di rugiada).
L’abbassamento della temperatura superficiale può portare a condizioni di discomfort
termico e la presenza di condensa può inoltre provocare danni all’involucro stesso.
Dal punto di vista energetico, i ponti termici posso incidere in maniera elevata sul fabbisogno
dell’edificio, in maniera tanto più significativa quanto più elevata è la prestazione
dell’involucro. È stato infatti calcolato che la percentuale di incidenza dei ponti termici sul
fabbisogno di energia termica in periodo invernale può raggiungere il 40% per edifici con
cappotto esterno e una trasmittanza termica media di involucro compresa tra 0,10 e 0,20
W/(m2K). Considerando stessi edifici con una trasmittanza media compresa tra 0,40 e 0,50
W/(m2K), la percentuale di incidenza si riduce al 16% circa1.
Per questi motivi, è molto importante un’attenta progettazione dei nodi strutturali
dell’involucro, progettazione che si avvale di strumenti di calcolo dettagliato per quantificare
in maniera rigorosa le dispersioni termiche e per tenere sotto controllo già in fase di
progettazione i fenomeni critici sopra descritti.
QUALI E QUANTI PONTI TERMICI ANALIZZARE?
L’involucro degli edifici è di per sé costituito da molteplici tipologie di ponte termico ed è solo
in virtù di una semplificazione che possiamo considerarlo composto da pareti piane, ponti
termici lineari e ponti termici puntuali.
Di per sé, anche una parete che noi consideriamo piana può essere caratterizzata dalla
presenza di ponti termici quali i giunti tra laterizi. In questi casi però, la norma UNI EN ISO
1 Capozzoli A.; Gorrino A.; Corrado V.; Cotrufo N.; Sora R. The influence of thermal bridges on the building energy performance: a Sensitivity Analysis. Atti del VII Mediterranean Congress of Climatization (Climamed), Istanbul, Ottobre 2013.
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14683 permette di includere l’effetto dei ponti termici nel calcolo di una resistenza termica,
come riportato nella UNI 10355 secondo la metodologia prevista dalla UNI EN ISO 6946.
Vi sono altri casi in cui l’effetto del ponte termico non viene calcolato attraverso la
trasmittanza termica lineare. La UNI EN ISO 10211 definisce “con scarsa influenza termica”
alcuni ponti termici lineari o puntuali inseriti all’interno di uno strato di materiale
termicamente omogeneo. Se si rientra in questi casi, l’effetto del ponte termico può essere
calcolato all’interno della conducibilità termica equivalente dello strato “quasi omogeneo”,
ovvero lo strato che presenta ponti termici.
Per quanto concerne il numero e la tipologia di ponti termici da analizzare, si precisa che non
vi sono vincoli di alcun genere. Ciononostante, nel caso di valutazione di progetto (design
rating), si hanno tutte le informazioni geometriche e fisico tecniche dell’involucro tali da
effettuare un’analisi dettagliata delle dispersioni attraverso i ponti termici che si sono
individuati.
Si precisa che anche eventuali ponti termici con segno negativo vanno inclusi all’interno del
calcolo, in quanto tali valori permettono di correggere la sovrastima del calcolo delle
dispersioni attraverso le pareti piane.
Inoltre, nel calcolo delle dispersioni per trasmissione, si trascurano i ponti termici puntuali, in
quanto questi, non avendo uno sviluppo lineare, incidono meno sul fabbisogno. Inoltre non
sono presenti al momento banche dati di ponti termici puntuali e gli strumenti per il calcolo
numerico permettono di lavorare perlopiù nelle due dimensioni. In generale però la norma
UNI EN ISO 14683 afferma che “se sono presenti ponti termici puntuali significativi, allora la
trasmittanza termica puntuale dovrebbe essere calcolata in conformità alla UNI EN ISO
10211”.
COME SI CALCOLANO LE DISPERSIONI DI CALORE ATTRAVERSO I PONTI
TERMICI?
Secondo la UNI EN ISO 14683, i metodi per il calcolo della trasmittanza termica lineare sono:
calcoli numerici, atlanti di ponti termici, calcoli manuali e valori standard. Ad ogni metodo è
associata una accuratezza prevista. Il metodo numerico è il metodo più dettagliato e
l’accuratezza individuata è pari a ± 5%; agli atlanti di ponti termici è associata un’accuratezza
pari a ±20% così come ai calcoli manuali; ai valori standard (Appendice A della UNI EN ISO
14683) è associata un’accuratezza da 0% a 50%.
L’accuratezza del valore di è però funzione, oltreché della metodologia, anche del livello di
dettaglio del dato di ingresso (geometria del nodo, proprietà termofisiche dei materiali che lo
compongono ecc.). Ne consegue che se si utilizza un metodo di calcolo dettagliato ma dati di
ingresso incompleti, l’output sarà affetto da una grande incertezza.
Il metodo da utilizzare è pertanto funzione principalmente dell’accuratezza e completezza dei
dati di ingresso a disposizione. Per questo motivo la UNI/TS 11300-1 distingue i metodi di
calcolo da utilizzarsi a seconda del tipo di analisi.
Per il calcolo di fabbisogno di energia, secondo la UNI/TS 11300-1, ed in particolare per il
calcolo di progetto (design rating), si devono utilizzare il calcolo numerico in accordo con la
UNI EN ISO 10211 o gli atlanti di ponti termici, sempre che questi riportino nodi e condizioni
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al contorno simili al caso in esame. Per il calcolo di fabbisogno di un edificio esistente, per il
quale si suppone di non essere in possesso di dati di ingresso dettagliati, è ammesso, in
aggiunta, l’uso di calcoli manuali. I valori standard come da Appendice A della UNI EN ISO
14683 possono essere applicati esclusivamente per calcoli di carico termico di progetto
secondo UNI 12831.
Con l’uscita della UNI/TS 11300-1 del 2014 si dà maggiore importanza ad un calcolo accurato
dei ponti termici, escludendo ad esempio il calcolo forfettario presente nella passata versione
della norma e introducendo l’obbligatorietà di un metodo numerico o di un atlante in casi di
valutazione di progetto.
Il metodo numerico è il metodo più accurato per calcolare sia le dispersioni di calore
attraverso i ponti termici sia le temperature superficiali per la verifica di assenza di condensa
superficiale.
L’utilizzo di un metodo numerico è però complesso da gestire se non si conoscono le
procedure che ne sono alla base e le condizioni al contorno da utilizzare. Inoltre, se non si ha
dimestichezza con l’ordine di grandezza del risultato, si rischia di compiere errori grossolani
che pregiudicano i calcoli. D’altra parte è verosimile che i professionisti utilizzino sempre più
tale metodologia, che non comporta un dispendio di tempo elevato una volta raggiunta la
padronanza dello strumento di calcolo.
Nel capitolo seguente si descrive la metodologia generale da seguire per utilizzare il metodo
numerico in accordo con la UNI EN ISO 10211.
METODO NUMERICO SECONDO UNI EN ISO 10211
La procedura descritta all’interno della UNI EN ISO 10211 ha come obiettivo il calcolo
dettagliato dei flussi termici e delle temperature superficiali dei ponti termici, la definizione
dei limiti geometrici del modello e dei dati di ingresso da utilizzare.
All’interno del presente capitolo verrà analizzata principalmente la procedura per il calcolo
del flusso termico per l’ottenimento della trasmittanza termica lineare attraverso l’utilizzo del
software Therm 7.32.
Prima di descrivere la metodologia di calcolo, occorre stabilire cos’è un ponte termico, o
meglio, qual è la parte di involucro che può essere interessata da distorsioni del campo
termico. Infatti, la distorsione del campo termico non interessa solo il giunto tra elementi di
involucro, ma anche parte delle pareti laterali, come si può vedere in Figura 3. Per questo
motivo, la norma definisce i limiti geometrici del ponte termico sul quale effettuare il calcolo
numerico. Il calcolo viene svolto su una parte dell’involucro che comprende il giunto (nel caso
in figura un pilastro ad angolo) e una distanza dal giunto pari a dmin. Tale distanza è pari al
massimo tra 1 m e tre volte lo spessore della parete laterale. La distanza minima garantisce di
considerare all’interno del modello di ponte termico i flussi termici distorti, nelle adiacenze
del nodo, e quelli monodimensionali attraverso le pareti laterali in prossimità dei piani di
taglio (come indicato in figura).
2 https://windows.lbl.gov/software/therm/therm.html
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Figura 3 – Esempio di ponte termico con indicazione dei suoi limiti geometrici e delle distorsioni del campo termico. Fonte immagine: Therm 7.3, LBNL.
I piani di taglio che delimitano i limiti geometrici del ponte termico possono anche essere
posti ad una distanza diversa da dmin qualora i ponti termici siano vicini (con piani di
simmetria posti a distanza minore di dmin) o in caso di ponti termici a contatto con il terreno.
In quest’ultimo caso la procedura di calcolo deve essere integrata con la metodologia descritta
all’interno della UNI EN ISO 13370.
Al modello geometrico così definito vengono associate le condizioni al contorno e le proprietà
termofisiche. Le temperature al contorno e le resistenze termiche superficiali (o i coefficienti
liminari) vengono definite diversamente in funzione del calcolo che si intende effettuare. Per
il calcolo del flusso termico, le resistenze termiche superficiali sono calcolate secondo la UNI
EN ISO 6946; per il calcolo della condensa superficiale, secondo la UNI EN ISO 13788. È
importante utilizzare le corrette resistenze superficiali perché tali condizioni al contorno
possono influenzare anche in maniera significativa sia il valore di trasmittanza termica lineare
che il fattore di temperatura (parametro utilizzato per la verifica di condensa superficiale).
Le proprietà termofisiche dei materiali devono essere calcolate in accordo con la UNI EN ISO
10456.
In Figura 4 viene riportato il ponte termico in esame con le condizioni al contorno e le
proprietà dei materiali per il calcolo del flusso termico. Si ricorda che hi e he sono i coefficienti
di scambio termico liminare per flusso termico orizzontale e rispettivamente per superficie
interna ed esterna. I valori sono definiti dalla UNI EN ISO 6946.
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Figura 4 – Esempio di ponte termico con indicazione delle proprietà termofisiche dei materiali e delle condizioni al contorno
Su questo modello di ponte termico viene effettuato il calcolo di flusso termico attraverso
l’utilizzo di strumenti di calcolo numerico che possono avvalersi di procedure agli elementi
finiti, differenze finite o volumi finiti. In questo caso il calcolo è stato effettuato con l’utilizzo
del software Therm che opera agli elementi finiti.
Il calcolo numerico consiste nella risoluzione di un sistema di equazioni su n punti detti nodi,
ovvero punti caratteristici di ciascuna cella in cui è suddiviso il modello geometrico. In Figura
5 è rappresentata la suddivisione in celle (meshatura) dell’elemento in esame.
Come si può notare, la densità delle celle è maggiore (e quindi è più elevato il numero di punti
su cui viene effettuato il calcolo) in prossimità del giunto, ovvero dove il flusso termico è
maggiore e distorto. Su ogni nodo vengono risolte le equazioni di scambio termico per
conduzione attraverso calcolo diretto o iterativo e vengono quindi calcolate le temperature
dei nodi e quindi il flusso termico scambiato.
La suddivisione in celle è un passaggio molto delicato che può modificare il risultato dei
calcoli. È pertanto necessario far attenzione a questo aspetto quando si utilizza un software.
Il risultato di un calcolo numerico è infatti sempre affetto da un errore residuo, dovuto sia al
metodo stesso che alla suddivisione in celle. Tale errore deve quindi essere tenuto sotto
controllo e limitato secondo quanto previsto dalla UNI EN ISO 10211.
Figura 5 – Esempio di ponte termico con indicazione della meshatura effettuata per il calcolo numerico agli elementi finiti. Fonte immagine: Therm 7.3, LBNL.
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La UNI EN ISO 10211 definisce il coefficiente di accoppiamento termico lineare, L2D, il flusso
termico scambiato dall’intero elemento, riferito alla differenza di temperatura tra gli ambienti
limitrofi e per lunghezza unitaria di ponte termico. La sua unità di misura è W/(m K).
Solitamente il software per il calcolo del flusso termico non fornisce direttamente il
coefficiente di accoppiamento termico L2D quale output. A seconda dello strumento di calcolo
che si utilizza, infatti, l’output può essere espresso in diverse unità di misura: in W, ovvero il
flusso totale scambiato dal nodo analizzato; in W/m ovvero il flusso totale per metro lineare
di lunghezza di ponte termico; W/(m K) ovvero il flusso totale per metro lineare e per
differenza unitaria di temperatura tra i gli ambienti delimitanti il ponte termico. È importante
prestare attenzione all’unità di misura e al significato dell’output, per poi elaborarlo
correttamente al fine di ottenere un corretto valore di L2D e quindi di trasmittanza termica
lineare .
Se si utilizza Therm, uno degli output è una trasmittanza termica equivalente del nodo U-
factor [W/(m2K)]. Moltiplicando tale valore per la lunghezza del tratto su cui è stato effettuato
il calcolo (Lenght in Figura 6) si ottiene il coefficiente di accoppiamento termico L2D, come si
può vedere in Figura 6.
Figura 6 – Calcolo del coefficiente di accoppiamento termico L2D a partire dai risultati di Therm. Fonte immagine: Therm 7.3, LBNL.
A partire dal valore del coefficiente di accoppiamento termico bidimensionale L2D, il calcolo
della trasmittanza termica lineare è il seguente:
j
jjD lUL2 (1)
dove L2D è il coefficiente di accoppiamento termico bidimensionale [W/(m K)]; U è la
trasmittanza termica di tutti gli elementi laterali del ponte termico, calcolata secondo la UNI
EN ISO 6946; l è la lunghezza del ponte termico, che può essere riferita a dimensioni interne,
esterne, interne complessive secondo quanto specificato dalla UNI EN ISO 13789.
Se nell’equazione (1) si utilizzano le dimensioni interne dell’elemento (li), il risultato sarà una
trasmittanza lineare interna (i), se si utilizzano le dimensioni interne complessive (loi)
(compresi gli spessori di eventuali muri interni), il risultato sarà una trasmittanza lineare
interna complessiva (oi); se si utilizzano le dimensioni esterne (le), il risultato sarà una
trasmittanza lineare esterna (e) (Figura 7).
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Figura 7 – Calcolo della trasmittanza termica lineare per i tre sistemi di dimensioni. Fonte immagine: Therm
7.3, LBNL.