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Flora e fauna nel comune di Cinto Caomaggiore Comune di Cinto Caomaggiore Maria Grazia Marzinotto - Livio Marcorin

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Flora e faunanel comune di Cinto Caomaggiore

Comune di Cinto Caomaggiore

Maria Grazia Marzinotto - Livio Marcorin

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Flora e faunanel comune di Cinto Caomaggiore

Maria Grazia MarzinottoLivio Marcorin

COMUNE DI CINTO CAOMAGGIORE

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© Comune di Cinto Caomaggiore - 2002

In copertina: “Ninfea”, foto di Bruno Danelon “Picchio rosso maggiore”, foto di L. Marcorin.

Il presente volumeè stato realizzato dal

Comune di Cinto Caomaggiorecon il contributo della:

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Presentazione ..................................................................... pag. 9

Premessa ............................................................................ pag. 13

LA FLORAdi Maria Grazia Marzinotto .............................................. pag. 15

ASPETTI FISICI DEL TERRITORIO .............................. pag. 15

CENNI SULL’ORIGINE E SULL’EVOLUZIONEDELLA VEGETAZIONE NELLA PIANURA PADANA .. pag. 17

BIOTOPI DI SIGNIFICATIVA VALENZANATURALISTICA PRESENTI NELTERRITORIO COMUNALE ........................................... pag. 19

Ambienti d’acqua dolce

1. Fossati agrari e canali di bonifi ca ............................ pag. 20 2. Cave di ghiaia abbandonate ..................................... pag. 27 - Cave vecchie e cave Acco ..................................... pag. 33 - Cave Secco (ex Furlanis) ....................................... pag. 36 3. Fiumi di risorgiva: Caomaggiore e Reghena ........... pag. 37

ELENCO DELLE SPECIE DEGLI AMBIENTID’ACQUA DOLCE ........................................................... pag. 40

Distese erbose

1. Cenni su origine ed evoluzione dei prati ................ pag. 46 2. Tipologie di prato .................................................... pag. 47 3. Caratteristiche generali della fl ora delle praterie permanenti .............................................................. pag. 48 4. Superfi ci erbose residue ........................................... pag. 59 5. Funzioni delle praterie ............................................. pag. 60

Indice

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ELENCO DELLE SPECIE PRATIVE .............................. pag. 61

Bosco Zacchi .................................................................... pag. 66

ELENCO DELLE SPECIE PRESENTI NELBOSCO ZACCHI .............................................................. pag. 80

Bibliografi a ........................................................................ pag. 82

LA FAUNAdi Livio Marcorin .............................................................. pag. 85

I campi coltivati ................................................................ pag. 85Le siepi .............................................................................. pag. 86I fossi ................................................................................. pag. 86Il bosco Zacchi .................................................................. pag. 88Il Lison .............................................................................. pag. 89Il Palù ................................................................................ pag. 89Il Caomaggiore ................................................................. pag. 90Le cave vecchie ................................................................. pag. 93 1. Uccelli ...................................................................... pag. 94 2. Rettili ....................................................................... pag. 95 3. Mammiferi ............................................................... pag. 95 4. Pesci ......................................................................... pag. 96Le cave Acco ..................................................................... pag. 96Cave ex Furlanis, ora laghi di Cinto .............................. pag. 97Cave Irti, ora Lago delle Premarine .............................. pag. 98Un piccolo esempio di ricostruzione ambientale ........... pag. 98I giardini delle case .......................................................... pag. 100

IMPIANTI DI CATTURA ................................................. pag. 101

CURIOSITÀ ...................................................................... pag. 107

PERSONAGGI .................................................................. pag. 114

CONCLUSIONI E PROPOSTE ........................................ pag. 115

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Appendice n. 1 .................................................................. pag. 115

Appendice n. 2 .................................................................. pag. 118

1. Campi coltivati ...................................................... pag. 118 2. Siepi ...................................................................... pag. 119 3. Fossi ...................................................................... pag. 119 4. Bosco Zacchi ......................................................... pag. 120 5. Lisòn ..................................................................... pag. 120 6. Palù ....................................................................... pag. 121 7. Fiume Caomaggiore .............................................. pag. 122 8. Cave vecchie .......................................................... pag. 123 9. Cave Acco .............................................................. pag. 125 10. Cave ex Furlanis .................................................... pag. 126 11. Giardini .................................................................. pag. 126 12. Esempio di ricostruzione ambientale .................... pag. 127

Appendice n. 3, Elenco delle specie animali nominate .... pag. 129

1. Insetti .................................................................... pag. 129 2. Molluschi e crostacei ............................................. pag. 129 3. Anfi bi e rettili ........................................................ pag. 130 4. Pesci ....................................................................... pag. 130 5. Mammiferi ............................................................. pag. 131 6. Uccelli .................................................................... pag. 132

Bibliografi a ........................................................................ pag. 136

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Presentazione

Il rapporto dell’uomo con la natura è stato sovente confl ittuale es-sendo legato alle necessità economiche ed alimentari della nostra sopravvivenza. La stessa agricoltura, che risulta da noi già attiva in epoca romana, attuando un graduale disboscamento delle fore-ste che ricoprivano anticamente il territorio e introducendo alcune nuove colture, ha modifi cato notevolmente l’ambiente di un tempo.Ma le trasformazioni dell’ambiente possono essere prodotte anche da fenomeni naturali. L’ingegnere Diego Mortillaro in un suo ac-curato studio di cinquant’anni fa metteva in evidenza come il nostro territorio sia stato profondamente segnato dalle vicende storiche e preistoriche del Tagliamento. Le sue rovinose piene dilagavano spesso nella nostra pianura incanalandosi lungo le depressioni e scavando nuovi letti che venivano successivamente colmati con grosse masse di detriti ghiaiosi, dalle stesse acque trasportati. Tale fenomeno millenario, secondo lo stesso Mortillaro, ha dato vita ad un complesso groviglio di rogge e di fi umi che attingono le proprie acque nel vasto e intricato letto sotterraneo del Tagliamento.Il territorio delimitato dai fi umi Reghena e Caomaggiore avendo subito le conseguenze di questo fenomeno è particolarmente ricco di depositi ghiaiosi. Nel secolo scorso pressanti esigenze edilizie e stradali hanno ri-chiesto l’escavazione di cave di ghiaia, favorendo la formazione di alcuni laghi di notevoli dimensioni.Ovviamente ciò ha comportato un’altra notevole modifi cazione ambientale ma ha anche permesso di salvaguardare l’ambiente da insediamenti deturpanti. La cura, la disponibilità e l’interesse mostrato dai proprietari dei laghi ha favorito la costituzione di un’oasi di protezione della fauna selvatica e, in collaborazione con l’Amministrazione comunale, si sta oggi progettando di attuare alcuni percorsi che valorizzino un peculiare turismo naturalistico all’interno del costituendo Parco fl uviale del Reghena e del Lemene.

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Nella parte sud del nostro paese la composizione argillosa dei ter-reni combinata con favorevoli condizioni climatiche ha permesso alla Repubblica di Venezia di curare e coltivare per diversi secoli alcuni boschi di quercia, legno allora molto pregiato in quanto usato nell’Arsenale per costruire la carenatura delle navi. Dei sei boschi “di San Marco”(Bosco “la Sponghera”, Bosco “la Bandida”, Bosco “la Ronchiada”, Bosco “Zillio Rotta”, Bosco “il Banduzzo” e Bosco “la Persiana”), periodicamente controllati e catasticati dagli inquisitori della stessa Repubblica, rimane at-tualmente solo un piccolo lembo del bosco “la Sponghera” (un tempo chiamato anche “Bosco grande di San Biagio”) ora deno-minato Bosco Zacchi.È nostra intenzione studiare e promuovere alcuni mirati interventi di ricomposizione ambientale e paesaggistica che favoriscano un parziale ripopolamento boschivo in sintonia con la storia del no-stro paese.In questo contesto assume particolare importanza la realizzazione di un’opera che illustri le risorse naturali di Cinto Caomaggiore.Maria Grazia Marzinotto e Livio Marcorin, profondi conoscitori del territorio e appassionati studiosi della natura, in questo libro hanno fatto un capillare censimento delle specie naturalistiche pre-senti, permettendoci di avere un quadro preciso ed attuale della fl ora e della fauna cintese.L’Amministrazione comunale ringrazia gli autori per il pregevole lavoro svolto e si impegna a promuovere e favorire manifestazioni che possono contribuire ad accrescere la conoscenza del nostro territorio, sapendo che la salvaguardia e la promozione ambien-tale può apportare utili e lungimiranti risorse economiche all’in-tero paese.

Il Sindaco Luigi Bagnariol

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Quattro gennaio 2002.E`una giornata fredda e serena. Nelle campagne attorno a Cinto Caomaggiore ogni rumore di attività umana giunge ovattato; presto però ci si distrae: ecco infatti uno scricciolo, uno smeraldino mar-tin-pescatore. Sono da pochi minuti nei pressi del Bosco Zacchi, ma l’impressione è che attorno ad esso pulsi una notevole attività faunistica. Vola via un picchio verde e scappa, sorpreso ed ormai scoperto, un piro-piro.Dentro al bosco i resti del banchetto di un rapace.Non è neanche un ettaro di superfi cie, questo bosco. Ma è ricco di vita. Da salvaguardare. Da difendere a denti stretti. Complessi e perfetti meccanismi legano tra loro vita animale e vita vegetale; altrettanto delicato è però questo rapporto. E`una bella catena oliata di bicicletta: se si rompe una maglia salta la catena, le ruote non girano più. Come è successo fi nora, da secoli a questa parte.Il progresso ha richiesto il sacrifi cio del più debole, di chi non si può opporre. Forse il processo ancora non si è esaurito, altri ettari di bosco planiziale forse sono destinati a scomparire. Anche se sono tutti in qualche modo protetti. Ma sono fragili, minuti, in lotta perenne contro l’inquinamento, l’abbassamento della falda freatica, il clima strano di questi ultimi periodi.Ben vengano allora pubblicazioni come questa, che ci dicono quanta vita esiste, anche in questi piccoli fazzoletti naturali, anche se non ce ne accorgiamo, immersi come siamo nelle nostre fac-cende quotidiane.Proteggiamoli, questi fazzoletti, divulghiamo il rispetto dell’am-biente: e cosa meglio di un libro che raccoglie passioni, anni di osservazioni, ricordi, episodi di chi con l’ambiente è in confi -denza?Ma è anche il momento di non limitarsi solo a nostalgici amarcord, o di limitarsi a descrivere solo quello che rimane. E` ora di utiliz-zare queste basi per ricostituire, ampliare, collegare tra loro questi fazzoletti.

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Siamo custodi di inestimabili tesori che rischiamo di perdere, se non ci si scuote. E’ forse impossibile?Io credo, fermamente credo, che sia possibile.

Fabio GorianCORPO FORESTALE DELLO STATO

Centro Nazionale per lo Studio e la Conservazionedella Biodiversitá Forestale di Peri-VR

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Premessa

La presente pubblicazione, strutturata nelle sezioni fl ora e fauna, costituisce una sintesi del lavoro di ricerca portato avanti negli anni in modo parallelo, ma indipendente, rispettivamente da Maria Grazia Marzinotto e Livio Marcorin; questo può spiegare l’etero-geneità nell’impostazione delle due parti.Con essa si vuole fornire un primo quadro, che non ha la pretesa di essere esaustivo, della situazione attualmente presente nel ter-ritorio comunale di Cinto Caomaggiore, suscettibile, pertanto, di integrazioni e aggiornamenti. L’auspicio è che, attraverso il miglioramento della conoscenza su quanto ci circonda, si incentivino o si potenzino nel cittadino non solo l’attenzione e il rispetto, ma anche comportamenti di salva-guardia.

Gli Autori

Cinto Caomaggiore, Marzo 2002

L’utilizzo di dati, disegni e schemi ricavati da questa pubblicazione è libero purchè vengano citati gli autori e la fonte

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LA FLORA

di Maria Grazia Marzinotto

ASPETTI FISICI DEL TERRITORIO

In ogni ambiente naturale suolo, clima, fl ora e fauna sono elementi interdipendenti: permeabilità e composizione del terreno, temperatura, luminosità, pressione atmosferica e piovosità, determinano, infatti, le condizioni per l’insediamento di specifi che comunità vegetali e animali i cui processi vitali infl uiscono, a loro volta, sulla qualità del suolo e del clima.Pare dunque opportuna una breve introduzione sull’aspetto fi sico del ter-ritorio in cui è situato il comune di Cinto Caomaggiore, in modo tale da motivare la presenza di certe specie vegetali piuttosto di altre.La pianura Padana e, nel nostro caso specifi co veneto-friulana, si è for-mata in epoche successive all’orogenesi alpina, per l’accumulo di mate-riali rocciosi di diversa granulometria1 derivati dalla graduale demolizione delle Alpi stesse per opera del vento, dell’acqua, del ghiaccio, erosi e tra-sportati a valle da ghiacciai, torrenti e fi umi e da questi ridotti in ciottoli, ghiaia, sabbia e limo.I fenomeni di erosione e di deposito sono tuttora in atto anche se nel corso della nostra vita, troppo breve rispetto ai tempi geologici, riusciamo a coglierne solo in parte gli effetti.I materiali incoerenti più grossolani lasciati da torrenti, fi umi e ghiacciai a partire dalla base dell’arco alpino e prealpino, costituiscono una larga fascia ghiaiosa a modesta pendenza - 10‰ - chiamato alta pianura, ca-ratterizzata da elevata permeabilità; quest’ultimo fattore determina la spa-rizione apparente dei corsi d’acqua che, all’uscita delle Alpi e Prealpi nell’alta pianura vengono come “inghiottiti”.Le acque penetrano nel suolo fi no ad incontrare gli antichi strati rocciosi, scorrono verso il mare in modo lento2 infi ltrandosi tra ghiaie e sabbie fi nché, diminuita la pendenza al 2-3 ‰ e incontrando strati impermeabi-

1 Dimensione dei sedimenti ghiaiosi e sabbiosi.2 Circa un metro all’ora.

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li3 della bassa pianura, affi orano in polle od “olle” e in numerosissimi rigagnoli nella cosiddetta “linea delle risorgive”.Questa decorre con andamento pressoché parallelo all’intero arco alpino da Ovest ad Est, da Cuneo a Monfalcone. Nella parte di pianura compresa tra il Veneto Orientale e il Friuli, la linea delle risorgive passa da Pol-cenigo a Fontanafredda fi no a Cordenons, Zoppola, Casarsa della Deli-zia, San Vito al Tagliamento, Codroipo, Palmanova, dando origine a veri e propri fi umi come lo Stella, il Livenza, il Lemene, il Noncello, il Sile, il Fiume, o a corsi d’acqua minori come il Loncon e il Reghena.Le acque del nostro Caomaggiore sono della medesima origine perché derivate dalla confl uenza, presso Marignana, di due ruscelli di risorgiva: la roggia Ristacchio e la roggia Selvata. La prima nasce in località Sols nel comune di Casarsa; la seconda nasce in località Pissarelle4 nel co-mune di San Vito al Tagliamento. Il territorio di Cinto è quindi situato a valle rispetto alla linea delle risorgive, ossia nella bassa pianura alluvionale inzuppata dall’effl usso di acque sotterranee. Questo spiega perché la vocazione del nostro territorio sia quella della palude, dell’acquitrino, del prato umido, del bosco igro-fi lo5 a salici e ontani, del bosco mesofi lo6 a querce e carpini, piante, que-ste ultime, che prediligono una falda acquifera superfi ciale. Nel Palù di Settimo – il toponimo è rimasto a testimoniare la presenza di una palude – sopravvivono alcuni tra i più interessanti prati umidi della nostra zona. Il relitto boschivo denominato “Bosco Zacchi” in via Bandida a San Biagio, benché estremamente ridotto e sofferente a causa dei forzati dre-naggi, costituisce un’importante e preziosa testimonianza dell’antica fo-resta planiziale7 che ammantava la bassa pianura alluvionale nell’età del ferro.Le cave senili di Cinto contengono acque meteoriche8, ma soprattutto acque di risorgiva che garantiscono un rifornimento idrico pressoché costante nel corso dell’anno.

3 Limoso-argillosi4 Il toponimo è quanto mai illuminante sulla natura del fenomeno.5 Specie vegetale amante dei suoli umidi6 Specie vegetali che prediligono medie temperature.7 Di pianura.8 Provenienti da precipitazioni atmosferiche.

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Sono questi i luoghi che possono ancora suscitare un certo interesse per quanto attiene alla vegetazione, quelli nei quali è sopravissuta o si è riaf-fermata la componente autoctona9 di tipo igrofi lo. Essi, per quanto circoscritti e antropizzati10, e perciò modifi cati rispetto al modello originale, costituiscono un piccolo patrimonio da salvaguardare in un contesto ambientale generale ormai seriamente compromesso e reso banale da uno sfruttamento miope del territorio.

CENNI SULL’ORIGINE E SULL’EVOLUZIONE DELLA VEGETA-ZIONE NELLA PIANURA PADANA

La nostra catena alpina si formò durante l’Era terziaria (Cenozoica) che ebbe inizio 65.000.000 di anni fa. La superfi cie attualmente occupata dalla pianura Padana, era allora un grande golfo delimitato a Nord dalle Alpi e a Sud dall’Appennino settentrionale.Completata la formazione delle Alpi (orogenesi alpina), iniziò da parte dei grandi torrenti l’opera di smantellamento delle montagne e il pro-gressivo deposito dei materiali, trasportati dalle acque e dalla forza di gravità, nel golfo padano. Gradualmente questo andò a colmarsi offrendo superfi ci sempre più estese alla colonizzazione delle piante. L’inizio del-l’attuale Era geologica, la Neozoica, risalente a circa 1.800.000 anni fa, è contraddistinto da un forte abbassamento della temperatura con l’avan-zata dei ghiacciai e il ritiro progressivo verso Sud delle piante termofi le11

insediatesi precedentemente. La vegetazione che si afferma in seguito è costituita prevalentemente da pini, betulle, ontani e cedri.Le fasi glaciali che si susseguono sono quattro, seguite da altrettante fasi interglaciali: - le prime sono caratterizzate da: espansione dei ghiacciai, abbassa-

mento del livello del mare, aumento della superfi cie delle terre emerse,

9 Specie vegetale originaria dell’ambiente in cui si trova.10 Trasformati dall’uomo.11 Amanti di temperature miti.

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erosione delle valli da parte di enormi masse di ghiaccio, trasporto verso valle di morene;

- le seconde sono caratterizzate da: ritiro delle fronti glaciali, aumento del livello mare, diminuzione delle superfi ci emerse, considerevole azione di erosione e di deposito di materiali rocciosi per opera dei tor-renti fl uvio-glaciali.

Al termine dell’ultima glaciazione, che risale a circa 10.000 anni fa, è pressoché completata la formazione della pianura padana. Dallo studio dei reperti pollinici fossili questa risulta ricoperta da una foresta quasi pura di pino silvestre, conifera attualmente distribuita nell’Europa centro settentrionale e, in Italia, nella fascia alpina e nelle valli interne.Nella fase postglaciale vi furono diverse variazioni climatiche relativa-mente alla temperatura e all’umidità che determinarono il progressivo ritiro del pino silvestre verso le Alpi e l’affermarsi in pianura, a partire dal 5.000 a.C. circa, di specie più mesofi le quali la quercia e il carpino, alberi che contraddistinguono tuttora le foreste centroeuropee.

Evoluzione della vegetazione nella pianura padana in relazione ai mu-tamenti climatici.

Periodo Età d’inizio Eventi Vegetazione climatici pianura padana

Pleistocene

Olocene

Preboreale

1.800.000 anni fa

120.000 anni fa

10.000 anni fa

8.200 a.C

Inizio glaciazioni

Ultimaglaciazione(Wurmiano)

Postglaciazione

Aumento della temperatura

Pini 40%, betulle, ontani cedri, cephalotaxus.

Pino silvestre 97%, betulla.

Pino silvestre 80%, betulla 20%.

Ritiro graduale del pino silvestre e della betulla dalla pianura e inizio dell’insediamentodi specie più termofi le.

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Atlantico

Subatlantico

Attuale

5.500-2.500 a.C.

800 a.C.- 100 a.C.

dopo 100 a.C.

Clima caldoumido

Clima attuale

Quercia, faggio, abete rosso.

Querceto-carpineto

Sfruttamento dei boschi,deforestazione,colture, diffusione di associazioni antropiche.

BIOTOPI DI SIGNIFICATIVA VALENZA NATURALISTICA PRESENTI NEL TERRITORIO COMUNALE

• Ambienti d’acqua dolce:

- Fossati agrari e canali di bonifi ca - Cave di ghiaia abbandonate - Fiumi di risorgiva: Caomaggiore e Reghena

• Distese erbose

• Bosco Zacchi

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Ambienti d’acqua dolce

1. Fossati agrari e canali di bonifi ca

Ci ha pensato l’uomo a disciplinare le acque che liberamente solcavano la bassa pianura alluvionale dal momento in cui ha incominciato la sua avventura come agricoltore, avventura che lo ha portato, man mano che aumentavano i suoi bisogni alimentari, a sottrarre progressivamente terra alla foresta e alla palude originarie, fi no a farle scomparire.Lo scopo del presente lavoro non è quello di ripercorrere la storia antica dei fossi, ma quello di richiamare l’attenzione sulla ricchezza fl oro-fau-nistica in essi presente, spesso trascurata o sconosciuta, che rischia di scomparire defi nitivamente con l’avanzare delle moderne tecnologie di canalizzazione delle acque di sgrondo mediante tubazioni sotterranee.È sorprendente scoprire che proprio luoghi creati e mantenuti artifi cial-mente dall’uomo, quali fossi e canali di bonifi ca, sono oggi importanti riserve di specie divenute talora rare per il fatto che sono stati distrutti o irreversibilmente modifi cati i luoghi naturali che le ospitavano.Diventa perciò indispensabile conoscere questo patrimonio di biodiver-sità che trova rifugio nei fossi al fi ne di una programmazione oculata e consapevole degli interventi sul territorio, sia da parte degli Enti pubblici che da parte dei privati.I fossati si presentano come incisioni nel suolo ad andamento rettilineo e a sezione trapezoidale: la base minore costituisce il fondale melmoso, i lati obliqui corrispondono alle sponde più o meno impaludate, la base maggiore si apre sul piano di campagna formando le rive generalmente asciutte.Il livello delle acque nei fossati è variabile nel corso delle stagioni in re-lazione alla piovosità; le acque stagnanti o a lento defl usso spesso sono torbide.Quello del fossato è un ambiente caratterizzato da instabilità e provviso-rietà, poiché il fango è molle e il regime idraulico può cambiare anche rapidamente.Radicate in questo substrato poco consistente, le piante devono essere capaci di resistere ai movimenti dell’acqua e di adattarsi alle sue, spesso improvvise, variazioni di livello.

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La distribuzione della vegetazione erbacea non è casuale, ma è determi-nata da particolari esigenze ecologiche. Ogni specie, infatti, nel corso del-l’evoluzione, ha acquisito specifi ci adattamenti in base all’ambiente nel quale si è stabilita.Le piante che vivono permanentemente in acqua con le gemme sommerse sono chiamate IDROFITE, più specifi catamente rizofi te se si ancorano al fondo, pleustofi te se hanno radici libere. Le idrofi te, o piante acquatiche, presentano le seguenti caratteristiche comuni:- radici e fusti presentano una riduzione della parte legnosa venendo

meno la funzione meccanica di sostegno;- i fusti sono ricchi di tessuti lacunosi aeriferi che hanno il duplice

compito di portare l’aria alle parti sommerse e assicurare il galleggia-mento;

- a seconda delle specie, l’impollinazione può essere entomofi la, se avviene per opera degli insetti, come nella ninfea e nel nannufero; ane-mofi la se avviene per opera del vento, come nei potamogeti; idrofi la

Sezione del fossato e relativa distribuzione della vegetazione

a: piante acquatiche (idrofi te) p: piante palustri (elofi te) r: piante della riva

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se avviene per opera dell’acqua, come nel ceratofi llo e nella val-lisneria;

- producono semi generalmente adatti al galleggiamento; - si riproducono più frequentemente per via vegetativa per mezzo di bul-

billi, frammenti di fusto o di rizoma12.Alle rizofi te appartengono: la ninfea (Nymphaea alba), il nannufero (Nuphar lutea), il miriofi llo (Myriophyllum spicatum), il potamogeto (Potamogeton lucens, P. natans, P. crispus), il ranuncolo d’acqua (Ra-nunculus trycophyllum), la vallisneria (Vallisneria spiralis), la peste d’ac-qua (Elodea canadensis), la gamberaia maggiore (Callitriche palustris).Esse presentano ulteriori particolari adattamenti quali:- radici poco sviluppate con scarsi peli radicali;- tenaci e profondi rizomi per ancorarsi al fondale ed evitare così di

essere strappate dalla corrente. Il rizoma della ninfea ad esempio, può raggiungere la lunghezza di un metro, mentre quello del nannufero, che vive in acque un po’ più veloci e talora più profonde, può raggiun-gere la lunghezza di tre metri;

- fusti fl essibili ed elastici che ben si adattano ai movimenti delle acque, talvolta improvvisi, sia in senso orizzontale che verticale;

- foglie a diversa morfologia: quelle sommerse a lamina fi liforme o fi ne-mente suddivisa per evitare lacerazioni; quelle galleggianti, invece, con larghi lembi arrotondati di consistenza coriacea. La pagina superiore delle foglie galleggianti è protetta da uno spesso strato ceroso imper-meabilizzante ed è provvista di stomi13.

Tra le pleustofi te autoctone che fl uttuano liberamente nell’acqua tro-viamo:- la comunissima lenticchia d’acqua (Lemna minor), piccola pianta prov-

vista di una sola lunga radice libera che parte dalla base di laminette verdi di forma ovale;

- il morso di rana (Hydrocharis morsus ranae), pianta ormai rara nella Padania a causa dei ripetuti interventi di bonifi ca; alta 20-40 cm, ha fusti fl essuosi dai cui nodi partono rosette di foglie natanti rotondeg-

12 Il rizoma è una trasformazione particolare del fusto in organo con funzione di riserva dal quale si staccano verso il basso le radici normali.

13 Microscopiche aperture che consentono gli scambi gassosi tra i tessuti interni della foglia e l’ambiente aereo; anche le foglie delle piante terrestri possiedono questi “organi” che si aprono però nella pagina inferiore.

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gianti e verso il basso piccole radici pendule. I fi ori unisessuali hanno 3 petali bianchi;

- il ceratofi llo (Ceratophyllum demersum) è specie di modeste dimen-sioni frequente nelle acque stagnanti; priva di radici, vive completa-mente sommersa nell’acqua. Il fusto cilindrico molto ramifi cato è adattato a svolgere sia le funzioni di assorbimento che di assimila-zione essendo le foglie ridotte a lacinie fi liformi.

Le piante acquatiche svolgono un ruolo importante nell’economia del fossato: non solo ossigenano e purifi cano l’acqua, ma sono anche alla base della catena alimentare e offrono rifugio a una miriade di organi-smi. A volte però, quando abbondano i nutrienti, tali vegetali possono riprodursi in modo abnorme. Tale fenomeno, oltre a limitare la penetra-zione della luce, provoca anche torbidità e fenomeni fermentativi. Spesso i fossati agrari che raccolgono acque provenienti da terreni concimati con nitrati e fosfati hanno superfi cie tappezzata da popolazioni di lenticchia d’acqua.Le piante dei fossi e delle paludi che hanno radici ancorate al fondo mel-moso con parte basale dei fusti immersa nell’acqua e il resto della pianta emergente nel mezzo aereo vengono chiamate ELOFITE o piante palustri. Vi appartengono: la cannuccia di palude (Phragmites australis), la maz-zasorda (Typha latifolia), il giglio giallo (Iris pseudacorus), varie specie

Hydrocharis morsus-ranae Potamogeton lucens

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di carici e di giunchi, la menta acquatica (Menta acquatica), il giunco fi orito (Butomus umbellatus), la piantaggine d’acqua (Alisma plantago-aquatica), il coltellaccio (Sparganium erectum) e numerose altre specie.

Gli adattamenti generalmente riscontrabili nelle elofi te sono: - rizomi ramifi cati ed estesi con numerose radici avventizie14 che le

ancorano nel fango impedendone il trascinamento nel momento della piena;

- riproduzione vegetativa attraverso i rizomi con formazione di vaste e fi tte colonie;

- fusti lunghi che consentono di mantenere le infi orescenze fuori dal-l’acqua in caso di piena; inoltre, in genere, i fusti sono internamente cavi o spugnosi cosicché oppongono miglior resistenza al vento;

- foglie lineari o lanceolate rivestite da una robusta cuticola14.

14 Radici che si formano su organi diversi dalla radice, cioè sui fusti o sulle foglie.15 Sottilissimo strato che avvolge l’epidermide del fusto, delle foglie e dei frutti delle

piante.

Butomus umbellatus Alisma plantago-aquatica

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Le elofi te sono piante edifi catrici in quanto i loro fusti e rizomi, imbri-gliando fango e detriti vegetali, determinano di anno in anno l’innal-zamento e il consolidamento del fondo; questa evoluzione del suolo consente l’insediamento di specie terrestri dapprima erbacee, quindi arbustive ed arboree.Tra le numerose specie erbacee che popolano la riva si individuano spe-cie igrofi le quali: la valeriana (Valeriana offi cinalis), la consolida mag-giore (Symphytum offi cinale), la mazza d’oro (Lysimachia vulgaris), la salcerella (Lythrum salicaria), la regina dei prati (Filipendula ulmaria), l’angelica (Angelica sylvestris). Queste piante che prediligono i luoghi umidi e tollerano periodiche inondazioni sono, in genere, perenni; spesso sono provviste di lunghe radici o robusti rizomi che trattengono il suolo impedendone l’erosione; hanno fusti eretti e alti che supportano infi ore-scenze spesso vistose.

Filipendula ulmaria Lysimachia vulgaris

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Accanto alle specie igrofi le compaiono specie provenienti da luoghi più disparati quali ad esempio praterie d’argine, bordi della strada, coltivi e incolti, siepi e boschi.Le rive dei fossi, dunque, sono “crocevia” nei quali si possono incontrare specie con esigenze ecologiche anche molto diverse; esse costituiscono, pertanto, un ambiente di rifugio fl oro-faunistico particolarmente ricco e vario.Sebbene nel nostro territorio i fossati agrari siano ancora numerosi, la zona che maggiormente è stata ed è tuttora sottoposta ad interventi di bonifi ca e nella quale permangono fossati e canali di signifi cativavalenza naturalistica, è quella situata ai confi ni con i comuni di Gruaro, in località Sega, e di Summaga. A questa si accede da via Reghena, pa-rallelamente alla quale corre un largo fossato che ospita numerose spe-cie divenute ormai rare. Proseguendo per Via Ca’ Tiepolo si giunge in corrispondenza di una strada sterrata che si conclude nei pressi di un’ idrovora.Il complesso reticolo di canali creato dall’uomo per il drenaggio delle acque in questa zona depressa veicola le acque stesse in un bacino di rac-colta. Da questo l’idrovora del Consorzio di Bonifi ca, azionata automati-camente da appositi rilevatori di livello, le pompa verso il fi ume Reghena che scorre nelle vicinanze. Argini, sponde e fondali vengono periodica-mente ripuliti con adeguati mezzi meccanici dagli addetti del Consorzio.In questi larghi e talora profondi fossati è possibile osservare dalla pri-mavera all’autunno un susseguirsi di fi oriture straordinarie: dalla ninfea al morso di rana, dal giglio giallo al giunco fi orito, dal coltellaccio al col-chico, solo per citarne alcune. Fino a qualche anno fa, prima dell’ultimo intervento di spurgo del fondo, si potevano rinvenire anche la rara erba scopina (Hottonia palustris) e la rarissima castagna d’acqua (Trapa natans) entrambe scomparse dal ter-ritorio comunale.Se venisse meno l’intervento dell’uomo, in breve tempo tutta la zona ri-tornerebbe alla sua vocazione originaria di palude.L’itinerario alla scoperta dei corsi d’acqua potrebbe proseguire nel Palù di Settimo con la visita alla Rojuzza. Questo canale drena le acque di sgrondo della zona un tempo paludosa e le versa nel Caomaggiore.Anche se drastici interventi di ampliamento dell’alveo effettuati alla fi ne degli anni ‘80 hanno di fatto impoverito la vegetazione riparia, si è tut-

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tavia in parte ricostituita una discreta compagine di specie tipiche dei luoghi umidi.Anche in via Umberto Grandis16 ci sono dei fossati che riservano piace-voli sorprese per gli amanti della natura, soprattutto nella zona di confi ne con il comune di Sesto al Reghena nei pressi delle cave.Se è vero che esiste un contingente comune di piante erbacee in tutti i fossati, è altrettanto possibile constatare che ognuno di essi ha la sua identità: è suffi ciente che cambi un solo parametro ambientale – regime idraulico, temperatura dell’acqua, nutrienti disciolti, profondità dell’al-veo, tipo di suolo, situazione ambientale delle zone prospicienti, tipi di coltivazioni, fauna ospite – perché ne risulti modifi cata anche la compo-sizione fl oristica. Le idrofi te, ad esempio, possono insediarsi solo nei canali dove l’acqua è sempre presente, anche se il suo livello può variare.Il morso di rana tappezza e orna in giugno-luglio con i suoi bianchi e delicati fi ori solo uno dei tanti fossati collocati nei pressi dell’idrovora, mentre la ninfea vegeta bene in fossati poco distanti ma non nello stesso; il giunco fi orito è presente in territorio cintese unicamente nei fossati che costeggiano via Reghena e via Ca’ Tiepolo. Non esiste un fossato uguale ad un altro. Ne consegue che la ricchezza in termini di biodiversità è data dall’insieme delle specie presenti in cia-scuno di essi il quale merita, pertanto, considerazione e tutela.

2. Cave di ghiaia abbandonate

Le cave senili sono un esempio di come la natura, in tempi relativamente brevi, riesca a riaffermarsi appropriandosi degli spazi modifi cati e poi abbandonati dall’uomo. Nella zona tra il Caomaggiore e il vecchio corso del Reghena ove at-tualmente sono situate le Cave Acco, nel periodo compreso tra le due guerre mondiali (1920-1940), furono scavate manualmente le prime cave di Cinto di dimensioni e profondità modeste (Cave Vecchie).Successivamente la zona in cui sono situate fu acquisita dall’impresa Acco per l’estrazione di ghiaia con mezzi meccanici.

16 Ex via Bando.

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Quando nella seconda metà degli anni ‘60 fu realizzato il tratto auto-stradale Trieste-Venezia si resero necessari grandi quantitativi di ghiaia. La ditta Furlanis che ottenne l’appalto per la fornitura di inerti, acquisì i terreni situati a Est rispetto alle cave Acco, sulla destra della strada che da Cinto porta a Sesto al Reghena. Grossi escavatori meccanici determi-narono in breve tempo una radicale trasformazione dell’ambiente: prati stabili e coltivi furono sostituiti da un grande lago artifi ciale con in mezzo spogli isolotti (Cave ex Furlanis).Completati gli scavi, iniziò la colonizzazione di acque, fondali e sponde da parte di piante erbacee pioniere, le quali crearono le condizioni ido-nee per l’insediamento di specie erbacee più esigenti e, successivamente, di arbusti e alberi. Fino a pochi anni fa le Cave Acco sono state utilizzate come discarica di laterizi; il loro riempimento sarebbe probabilmente continuato se non ne fosse stata decretata la valenza ambientale dalla Regione Veneto in seguito ad una segnalazione del naturalista Michele Zanetti che vi aveva rinvenuto una rara felce di palude (Thelypteris palustris).Nel giro di circa quarant’anni, durante i quali vi è stata comunque una continua anche se settoriale azione antropica, si è costituito un interes-sante ambiente annoverato tra le zone umide del Veneto da tutelare per gli aspetti naturalistici, ecologici, paesaggistici, ricreativi e didattici.Il ricoprimento vegetale di tipo arbustivo-arboreo che caratterizza gli ambienti di acqua dolce della bassa pianura veneto-friulana, quali le sponde dei ruscelli e dei fi umi di risorgiva e le paludi, è costituito dal bosco igrofi lo. Questo si caratterizza per la presenza di piante che hanno sviluppato particolari adattamenti alla permanenza in suoli impregnati di acqua; esse sono a rapida crescita grazie al notevole apporto idrico e si riproducono facilmente per mezzo di talee di rami spezzati e trasportati dall’acqua formando vaste popolazioni. Le cave di Cinto, per la loro collocazione tra i corsi dei fi umi Caomag-giore e Reghena e per giunta in terreno a falda acquifera superfi ciale, hanno costituito ambiente ideale alla diffusione spontanea delle specie igrofi le ed hanno assunto nel tempo un aspetto di seminaturalità.Tra le specie arboree prevalgono salici (Salix, alba, Salix cinerea, Salix purpurea, Salix caprea) e ontani (Alnus glutinosa), ai quali si associano pioppi (Populus nigra, Populus alba, Populus canadensis), olmi (Ulmusminor), farnie (Quercus pedunculata) e frassini (Fraxinus oxycarpa); tra

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le specie esotiche naturalizzate sono presenti la robinia (“cassia”) (Robi-nia pseudoacacia) e il platano (Platanus hybrida).

Lo strato arbustivo è composto da sanguinelle (Cornus sanguinea), pal-loni di maggio (Viburnum opulus), biancospini (Crataegus monogyna e oxyacantha), prugnoli (Prunus spinosa), rovi (Rubus caesius e Rubus ulmifolius), rose canine (Rosa canina), frangole (Frangula alnus), spin-cervini (Rhamnus catharticus), e specie lianose come le clematidi (Cle-matis vitalba e Clematis viticella), il luppolo (Humulus luppulus) e la vite nera o tamaro (Tamus communis).La vegetazione erbacea palustre è costituita dalla diffusissima cannuccia di palude (Phragmites australis), dall’elegante zigolo comune (Cyperuslongus), dal coltellaccio (Sparganium erectum), dalla piantaggine d’ac-qua (Alisma plantago-aquatica), dalla lisca o mazzasorda (Typha latifolia associata alla più rara Typha angustifolia), dalla felce di palude (Thelyp-teris palustris), da giunchi e numerose specie di carici.

Salix alba Alnus glutinosa

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Prunus spinosa Viburnum opulus

Cyperus longus Sparganium erectum

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La vegetazione acquatica è qui rappresentata da idrofi te sia radicanti che galleggianti. Tra le prime spicca la ninfea bianca (Nimphaea alba), specie protetta che conferisce nobiltà agli stagni, accanto all’erba tinca (Pota-mogeton natans), al ceratofi llo (Ceratophyllum demersum), alla ranoc-china (Najas minor) e alla vallisneria (Vallisneria spiralis). Queste ultime due specie, a distribuzione subtropicale, prediligono acque calme con temperatura media pressoché costante. Probabilmente queste piante sono state introdotte in modo accidentale assieme alle specie ittiche ed hanno trovato nelle acque sorgive un luogo ideale per stabilirsi e vegetare. Tra le specie galleggianti è presente nei piccoli stagni la comune lentic-chia d’acqua (Lemna minor) associata ad una lenticchia nordamericana(Lemna minuta). Questa interessante specie esotica di dimensioni infe-riori rispetto alla prima, è stata fi nora segnalata solo in alcuni corsi d’ac-qua di Sacile. Il morso di rana (Hydrocharis morsus-ranae) nelle cave è poco frequente.

Ceratophyllum demersum Najas minor

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Sezione di cava senile con distribuzione della vegetazione.

a: zona della siepe igrofi la (saliceto-ontaneto)b: zona dei grandi carici (magnocariceto)c: zona della cannuccia di palude (fragmiteto)d: zona delle tife (tifeto)e: zona delle idrofi te

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Le “Cave Vecchie” e le “Cave Acco”

• Sono situate a Nord-Est rispetto all’abitato di Cinto Cao-maggiore sulla sinistra della strada che da Cinto conduce a Sesto al Reghena subito dopo il ponte sul Caomag-giore.• Sono comprese tra i corsi dei fi umi Caomaggiore e Reghena;Sono alimentate da acque di risorgiva e, in parte, da acque di raccolta.

15 ettari di superfi cie complessiva .

Artifi ciale in quanto cave di materiali ghiaiosi.

Circa 40 anni i tre bacini lacustri denominati laghi A, B, C; 60-80 anni gli stagni più piccoli.

Comprendono tre bacini lacustri (cave degli anni ‘60) e alcuni piccoli stagni (prime cave scavate manualmente tra il 1920 e il 1940).• Dei tre bacini lacustri, il lago A è quello maggiormente sottoposto all’azione antropica. Questa si produce con tagli sistematici delle piante riparie e palustri e con un intenso calpestío delle sponde da parte dei pescatori. Recentemente sono state poste barriere per impedire l’ac-cesso alla metà superiore del lago sulle cui rive è stato interrotto il taglio. Questo fatto ha in breve tempo deter-minato lo sviluppo delle associazioni vegetali palustri (cariceto, fragmiteto, tifeto).• Attorno al lago B, più esteso, si è costituita una cintura di siepe igrofi la resa sottile e discontinua dai periodici interventi di sfalcio e diradamento settoriale per il mante-nimento delle postazioni di pesca; ciononostante in molti tratti è possibile individuare la tipica successione della vegetazione che si diversifi ca in base alla fascia occupata (fasce della sponda emersa e impaludata, zona acqua-tica). Tutto il perimetro del lago è percorribile grazie ad

Posizionegeografi ca

Alimentazione

Estensione

Origine

Età

Descrizione

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un comodo e largo sentiero. Tra le specie erbacee, molte delle quali avventizie (introdotte accidentalmente), af-fi orano grossolani laterizi scaricati fi no a qualche anno fa soprattutto nella parte antistante lo specchio d’acqua rivolta verso la strada Cinto-Sesto.• Il terzo lago (C), il meno esteso, ha la sponda verso il Caomaggiore pressoché inaccessibile. Sulla sua super-fi cie, da giugno a settembre, accanto alle grandi foglie cuoriformi si schiudono i candidi, enormi fi ori della ninfea bianca. Questo specchio d’acqua è circondato da una fi tta siepe igrofi la, costituita prevalentemente da salici bianchi e cenerini.• I piccoli stagni situati nelle vicinanze del lago C ri-vestono un interesse particolare perché documentano l’evoluzione naturale degli ambienti di cava senile. La loro visita è resa diffi coltosa dalla fi tta barriera arborea, ma soprattutto arbustiva, dominata dai rovi. In questi stagni è in atto un processo di impaludamento determi-nato dalle piante palustri edifi catrici (cannucce, tife, giun-chi e carici) che intrappolano ad ogni piena fango e detriti vegetali. In tal modo la profondità dell’acqua diminuisce favorendo lo sviluppo delle elofi te a svantaggio delle idro-fi te. In questo stadio evolutivo si afferma il fragmiteto (associazione dominata dalla cannuccia di palude).Nota: è in uno di questi stagni che il naturalista Michele Zanetti ha rinvenuto la Thelypteris palustris.

Zona umida vincolata per effetto della legge 431/1985

• importante biotopo di rifugio di fl ora e fauna selvatica, in particolar modo avifauna;• ecologico;• miglioramento del paesaggio;• ricreativo;• didattico.

Privata. Le Cave Acco sono gestite attualmente dalla società di pesca sportiva “Le grù” di Portogruaro.

Tutela

Aspettisignifi cativiper lasalvaguardia

Proprietà

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Accesso Sono completamente recintate; vi si può accedere dal can-cello N° 4 nelle giornate di apertura alla pesca (domenica e mercoledì).

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Le “ Cave Secco” (ex Furlanis)

• Sono situate a Est-Sud-Est rispetto all’abitato di Cinto Caomaggiore, sulla destra della strada che da Cinto con-duce a Sesto al Reghena subito dopo il ponte sul Caomag-giore.• Sono comprese tra i corsi dei fi umi Caomaggiore e Reghena;

Sono alimentate da acque di risorgiva e, in parte, da acque di raccolta.

50 ettari circa di superfi cie complessiva

Artifi ciale in quanto cave di materiali ghiaiosi e terrosi estratti per la costruzione dei terrapieni e degli svincoli del tratto autostradale Trieste-Venezia.

Quasi 40 anni

L’osservazione del sito dalla strada è impedita dalla fi tta e alta siepe a ridosso della recinzione. Questa, di impianto artifi ciale, è costituita prevalentemente da carpini bianchi, pioppi ibridi, aceri ricci tra i quali si sono infi ltrate specie autoctone arbustive, in particolare sanguinelle.Negli anni scorsi vi sono stati diversi interventi di trasfor-mazione della compagine fl oristica da parte del proprieta-rio con tagli di numerosi esemplari di specie arbustive ed arboree autoctone e impianto di pioppi ibridi. Nelle acque antistanti il fabbricato sono state introdotte ninfee esoti-che.Sugli isolotti, che ospitano permanentemente avifauna notevole, si è sviluppato il bosco igrofi lo a salici, ontani e pioppi.

Zona umida vincolata per effetto della legge 431/1985

Posizionegeografi ca

Alimentazione

Estensione

Origine

Età

Descrizione

Tutela

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• importante biotopo di rifugio di fl ora e fauna selvatica, in particolar modo avifauna;• ecologico;• miglioramento del paesaggio;• ricreativo;• didattico.

Privata

Attualmente non è consentito l’accesso se non accom-pagnati dal proprietario. Per superare il problema si sta predisponendo una convenzione tra Amministrazione Comunale e proprietà.

Aspettisignifi cativiper lasalvaguardia

Proprietà

Accesso

3. Fiumi di risorgiva: Caomaggiore e Reghena

Il Caomaggiore si forma in località Marignana dalla confl uenza delle rogge Selvata e Ristacchio. Nel Palù di Settimo entra in territorio co-munale attraversandolo con andamento da Nord a Sud. Poco prima della località Sega si immette nel vecchio corso del Reghena. Questo fi ume, dopo aver attraversato il centro di Sesto al Reghena, si dirige a Sud-Est entrando in comune di Cinto; poco prima della località Sega raccoglie le acque del Caomaggiore e, successivamente, diviene tributario del Lemene.Entrambi, essendo corsi di risorgiva, presentano le seguenti caratteristi-che:- alveo con andamento sinuoso;- regime idraulico pressoché costante nel corso dell’anno; - fondale generalmente sabbioso o limoso e, in alcuni tratti, ghiaioso; - temperatura dell’acqua pressoché costante, con valori compresi tra i

10°C e i 15°C ;- velocità dell’acqua medio-alta;- notevole ossigenazione delle acque;- buona trasparenza; - abbondante vegetazione acquatica; - sponde con ricca vegetazione palustre e siepe igrofi la (nei tratti dove

l’intervento dell’uomo è limitato o assente).

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Vegetazione acquaticaDove la corrente è maggiore prevalgono specie che vivono completa-

mente immerse nell’acqua quali: - la brasca delle lagune (Potamogeton pectinatus) ancorata al fondo per

mezzo di lunghi rizomi. Possiede fusti sottili (diametro 2 mm) molto ramifi cati, tenaci e fl essibili. Le foglie lunghe dai 2 ai 10 cm hanno lamina stretta (1,5 mm al massimo);

- la peste d’acqua (Elodea canadensis), pianta perenne con fusti lun-ghi fi no a 1 m densamente ramifi cati, radicati al fondo o liberi nell’ac-qua. Essi sono ricoperti da foglioline lanceolate disposte in verticilli17.Grazie agli strappi inferti dalla corrente ai suoi fusti, si propaga vege-tativamente con rapidità.

Nelle anse dove c’è debole corrente18 stazionano:- la vallisneria (Vallisneria spiralis), rara rizofi ta dioica19 sommersa dalle

foglie fl accide e nastriformi, larghe circa 1 cm. e lunghe parecchi dm. I minuscoli fi ori femminili di questa pianta sono sorretti da lunghi peduncoli spiralati che li portano sino alla superfi cie dell’acqua. Qui vengono raggiunti e fecondati, con il concorso dell’acqua e del vento, dai fi ori maschili.

- il nannufero (Nuphar lutea) è una bella ninfacea con grandi foglie gal-leggianti a base cuoriforme; i suoi appariscenti fi ori giallo oro sono in bella mostra da giugno a settembre;

- la lingua d’acqua (Potamogeton natans), pianta nella quale è possibile osservare il fenomeno dell’eterofi llia, cioè della comparsa di foglie di forma diversa: quelle sommerse (spesso già morte alla fi oritura) sono nastriformi, quelle natanti (lunghe fi no a 10 cm) sono ovali-lanceolate. I fi ori ermafroditi20 sono riuniti in una spiga cilindrica densa portata da un lungo peduncolo che la proietta fuori dall’acqua al momento della fi oritura.

17 Verticillo: insieme di organi (fi ori, foglie ecc) inseriti tutti allo stesso livello attorno ad un asse.

18 La riproduzione vegetativa avviene tramite parti di fusto, radici o foglie, senza il con-corso degli organi sessuali.

19 Pianta con fi ori esclusivamente maschili o femminili.20 Provvisti sia di organi sessuali maschili sia femminili.

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Vallisneria spiralis Nuphar lutea

Potamogeton natans Elodea canadensis

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FAMIGLIA GENERE-SPECIE NOME COMUNEHydrocharitaceae

Lemnaceae

Potamogetonaceae

Najadaceae

Nymphaceae

Ceratophyllaceae

Ranunculaceae

Haloragaceae

Callitrichaceae

Hydrocharis morsus-ranae (N)

Vallisneria spiralis (N)

Elodea canadensis (E)

Lemna minor

Lemna minuta (E)

Potamogeton lucens

Potamogeton natans

Potamogeton crispus

Potamogeton pectinatus

Najas minor (N)

Nymphea alba (N)

Nuphar lutea (N)

Ceratophyllum demersum

Ranunculus tricophyllum

Myriophyllum spicatum

Callitriche palustris

Morso di rana

Vallisneria

Peste d’acqua

Lenticchia d’acqua

Lenticchia d’acqua

Erba tinca

Lingua d’acqua

Brasca increspata

Brasca delle lagune

Ranocchina minore

Ninfea

Nannufero

Ceratofi llo

Ranuncolo d’acqua

Millefoglio d’acqua

Gamberaja comune

SPECIE DEGLI AMBIENTI D’ACQUA DOLCE CENSITE NEL TER-RITORIO COMUNALE

PIANTE DELLA ZONA ACQUATICA (DROFITE)

FAMIGLIA GENERE-SPECIE NOME COMUNEThelypteridaceae

Cruciferae

Lithraceae

Thelypteris palustris (N)

Rorippa amphibia (N)

Nasturtium offi cinalis

Lithrum salicaria

Felce palustre

Crescione di Chiana

Crescione

Salcerella

PIANTE DELLA ZONA ACQUATICA (DROFITE)

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Onagraceae

Umbelliferae

Boraginaceae

Scrophulariaceae

Labiatae

Rubiaceae

Alismataceae

Butomaceae

Amaryllidaceae

Iridaceae

Juncaceae

Graminaceae

Sparganiaceae

Typhaceae

Cyperaceae

Epilobium hirsutum

Berula erecta

Myosotis palustris

Veronica anagallis aquatica

Mentha aquatica

Galium palustre

Alisma plantago-aquatica

Butomus umbellatus (N)

Leucojum aestivum (N)

Iris pseudacorus

Juncus conglomeratus

Juncus effusus

Phragmites australis

Typhoides arundinacea

Sparganium erectum

Typha latifolia

Typha angustifolia (N)

Cyperus longus

Eleocharis palustris (N)

Viola di palude

Sedanina

Non-ti-scordar-di-me

Veronica acquatica

Menta d’acqua

Caglio delle paludi

Mestola

Giunco fi orito

Campanelle maggiori

Giglio giallo

Giunco contratto

Giunco comune

Canna di palude

Scagliola palustre

Coltellaccio maggiore

Lisca maggiore

Lisca a foglie strette

Zigolo comune

Giunchina

FAMIGLIA GENERE-SPECIE NOME COMUNEEquisetaceae

Cannabaceae

Urticaceae

Aristolochiaceae

Polygonaceae

Equisetum telmateja

Equisetum arvense

Humulus luppulus

Urtica dioica

Parietaria offi cinalis

Aristolochia clematitis

Aristolochia rotunda

Polygonum lapathifolium

Rumex acetosa

Rumex obtusifolius

Equiseto massimo

Coda di cavallo

Luppolo

Ortica

Parietaria

Strallogi

Aristolochia rotonda

Poligono

Acetosa

Romice comune

SPECIE ERBACEE RIPARIE

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Cariophyllaceae

Ranunculaceae

GuttiferaeCruciferae

Rosaceae

Leguminosae

EuphorbiaceaeViolaceae CucurbitaceaeUmbelliferae

Primulaceae

AsclepiadaceaeRubiaceae

Convolvulaceae

Stellaria mediaCerastium sylvaticum

Silene albaThalictrum lucidumRanunculus repensRanunculus acrisRanunculus fi cariaAnemone ranunculoides (N)Anemone nemorosa (N)Clematis viticellaHypericum perforatumAlliaria petiolataCardamine hirsutaGeum urbanumPotentilla reptansFilipendula ulmaria (N)Agrimonia eupatoriaSanguisorba offi cinalis(N)Ononis spinosaMelilotus albaLotus corniculatusEuphorbia platyphyllosViola hirta Bryonia dioicaAngelica sylvestrisHeracleum sphondyliumPastinaca sativaDaucus carotaPrimula vulgaris (N)Lysimachia vulgarisLysimachia nummulariaVincetoxicum hirundinariaGalium aparineGalium verumGalium mollugoCalystegia sepiumConvolvolus arvensis

Centocchio comunePeverina a fogliegrandiSilene biancaPigamoRanuncolo striscianteRanuncolo comuneFavagelloAnemone giallaAnemone biancaClematide paonazza Erba di San GiovanniAlliaria comuneBilleri primaticcioAmbrettaCinquefoglie comuneOleariaAgrimoniaSalvastrella maggioreStancabueMeliloto biancoGinestrino comuneEuforbia rognosaViola irta Vite biancaAngelicaPanace comunePastinacaCarota selvaticaPrimula comuneMazza d’oroErba soldinaVincetossico comuneAttaccamanoCaglio zolfi noCaglio tiroleseVilucchioneVilucchio comune

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Boraginaceae

VerbenaceaeLabiatae

SolanaceaeScrophulariaceae

PlantaginaceaeValerianaceaeCompositae

Liliaceae

DioscoreaceaeGraminaceae

Graminaceae

Symphytum offi cinaleSymphytum tuberosum Verbena offi cinalisLamium maculatumLamium orvalaMentha longifoliaLycopus europaeusSolanum dulcamaraGratiola offi cinalis (N)Verbascum blattariaScrophularia nodosaVeronica chamaedrysPlantago lanceolataValeriana offi cinalisSolidago canadensis (E)Bidens tripartitaEupatorium cannabinumAster novi-belgii (E)Erigeron annuus (E)Inula salicina (N)Helianthus tuberosus (E)Leucanthemum vulgareTussilago farfaraSerratula tinctoria Centaurea nigrescensColchicum autumnale (N)Polygonatum multifl orum (N)Asparagus tenuifoliusTamus communis Dactylis glomerataPoa annuaPoa trivialisPoa pratensisFestuca pratensisFestuca arundinaceaLolium perenneBromus erectus

ConsolidaConsolida tuberosaVerbenaFalsa ortica macchiataFalsa ortica maggioreMenta selvaticaErba sega comuneDulcamaraGraziellaVerbasco polline ScrofulariaVeronica comunePiantaggineValeriana comuneVerga d’oro canadeseForbicina comuneCanapa acquaticaAstro americanoCespica annuaEnula aspraTopinamburMargheritaTossilaggineCerretta comuneFiordaliso nerastroColchicoSigillo di SalomoneAsparago selvaticoTamaro Erba mazzolinaFienarola annualeFienarola comuneFienarola dei pratiFestuca dei pratiFestuca falasconaLoglio comuneForasacco eretto

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Cyperaceae

Bromus sterilisHordeum murinumAgropyron repensHolcus lanatusAgrostis stolonifera Molinia coeruleaPhleum pratenseCynodon dactylonDigitaria sanguinalisSetaria glauca Setaria viridisCarex otrubaeCarex elataCarex distans

Carex fl acca

Forasacco rossoOrzo selvaticoGramigna comuneBambagionaMigliarino maggioreGramigna lisciaCodolinaDente di caneSanguinella comunePabbio rossastroPabbio comuneCarice volpinaCarice spondicolaCarice a spighedistanziateCarice glauca

FAMIGLIA GENERE-SPECIE NOME COMUNESalicaceae

Betulaceae

Corylaceae

Fagaceae

Ulmaceae

Moraceae

Cannabaceae

Ranunculaceae

Salix alba

Salix cinerea

Salix purpurea

Salix caprea

Populus alba

Populus nigra

Populus canadensis(E)

Alnus glutinosa

Carpinus betulus

Quercus pedunculata

Ulmus minor

Morus alba (E)

Humulus luppulus

Clematis vitalba

Salice bianco

Salice cinereo

Salice rosso

Salicone

Pioppo bianco

Pioppo nero

Pioppo canadese

Ontano nero

Carpino bianco

Farnia

Olmo campestre

Gelso

Luppolo

Vitalba

SPECIE ARBOREE ED ARBUSTIVE DELLA SIEPE IGROFILA

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Platanaceae

Rosaceae

Leguminosae

Aceraceae

Celastraceae

Rhamnaceae

Cornaceae

Araliaceae

Oleaceae

Caprifoliaceae

Dioscoreaceae

Liliaceae

Clematis viticella

Platanus hybrida (E)

Rubus ulmifolius

Rubus caesius

Rubus fruticosus

Crataegus monogyna

Crataegus oxyacantha

Rosa canina

Rosa arvensis

Prunus spinosa

Prunus avium

Robinia pseudacacia (E)

Gleditsia triacanthos (E)

Acer campestre

Euonymus europaeus

Rhamnus catharticus

Frangula alnus

Cornus mas

Cornus sanguinea

Hedera helix

Fraxinus oxycarpa

Ligustrum vulgare

Viburnum opulus

Sambucus nigra

Tamus communis

Ruscus aculeatus

Clematide paonazza

Platano comune

Rovo comune

Rovo bluastro

Rovo

Biancospino comune

Biancospino selvatico

Rosa canina

Rosa cavallina

Prugnolo

Ciliegio

Robinia

Spino di Giuda

Acero

Berretto da prete

Spinocervino

Frangola

Corniolo

Sanguinella

Edera

Frassino meridionale

Ligustro

Pallon di maggio

Sambuco

Vite nera o tamaro

Pungitopo

E: specie esotica (proveniente da continenti extraeuropei)N: specie notevole

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Distese erbose

1. Cenni su origine ed evoluzione dei prati

Prima che l’uomo del Neolitico, divenuto agricoltore-raccoglitore, si insediasse stabilmente nella pianura Padana, questa era completamente ricoperta dalla foresta di latifoglie o, nelle depressioni del suolo, da pa-ludi. I primi disboscamenti furono attuati per ricavare radure per il pa-scolo del bestiame e per coltivare cereali.Erosa la foresta, all’uomo, affamato di terra per soddisfare i propri biso-gni alimentari, non restava che prosciugare le zone paludose rendendole “buone” all’agricoltura. Le praterie sono quindi la conseguenza da una parte del disboscamento sistematico delle foreste e dall’altra della bonifi ca delle paludi; esse si mantengono solo se l’uomo le sottopone costantemente a drenaggi (o a irrigazioni a seconda delle caratteristiche fi siche del suolo) e a tagli re-golari.Una superfi cie erbosa non controllata si trasforma molto rapidamente: infatti, come succede nella bassa pianura, se il suolo è troppo umido, le specie principali vengono inizialmente sopraffatte dalle piante acido-fi le, quali i carici e i giunchi. Successivamente si insediano specie arbu-stive e arboree con formazione di una boscaglia rada che si evolve in bosco. Viene in tal modo a ripristinarsi la situazione vegetazionale antece-dente l’antropizzazione (astraendo dalla composizione fl oristica infl uen-zata dalle introduzioni di specie colturali ed esotiche da parte dell’uomo nel corso di centinaia di anni).Una situazione simile si sta verifi cando al “Turondin”. Il luogo, così de-nominato per la sua forma circolare, è situato 2 km a Sud-Est dell’abitato di Cinto in un’ansa del Reghena. Fino a dieci anni fa, qui c’era un pic-colo prato umido ricco di specie notevoli appartenenti a diverse famiglie. Anche un solo taglio annuale ne consentiva la conservazione; il prato, abbandonato negli ultimi anni a sé stesso, è diventato regno incontrastato dei grandi carici (magnocariceto).

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2. Tipologie di prato

L’utilizzazione delle erbe spontanee per alimentare il bestiame è remota quanto la pastorizia mentre la coltura di piante prative foraggere risale ad epoche recenti: solo l’erba medica si coltivava nell’antichità.Dal punto di vista agricolturale i prati sono colture annuali o poliennali, il foraggio delle quali viene falciato e quindi utilizzato dal bestiame come erba o fi eno o insilato.Le caratteristiche chimico-fi siche del suolo (percentuali di sabbia, cal-care, argilla, humus, pH, permeabilità, umidità, temperatura, ecc..) e gli interventi dell’uomo ne determinano la composizione fl oristica.In base alla disponibilità idrica i prati possono essere distinti in:- prati umidi o pingui, tipici della bassa pianura alluvionale veneto-friu-

lana a falda acquifera superfi ciale e suolo argilloso o limoso a bassa permeabilità;

- prati aridi o magri ( magredi) tipici dell’alta pianura a suolo ghiaioso con alta permeabilità.

A seconda della durata si distinguono in:- prati temporanei, se la loro vita va da pochi mesi a uno o alcuni anni;- prati permanenti o stabili, se la loro durata supera i dieci anni.A seconda della composizione fl oristica si possono distinguere in:- monofi ti, se formati da una sola specie (prati a trifoglio, medicai,..)- polifi ti, se formati da molte specie. I prati polifi ti forniscono un foraggio di maggior qualità rispetto ai mo-nofi ti in quanto dalla consociazione delle diverse specie si ottiene un pro-dotto più armonico e più completo e, quindi più adatto per alimentare il bestiame.Dal punto di vista ecologico un prato, sottoposto a regolare falciatura, è un ecosistema la cui valenza aumenta se, oltre ad essere polifi ta è anche permanente poiché, con il trascorrere degli anni, si può riscontrare un incremento del numero di specie vegetali che vi si stabiliscono. Queste, a loro volta, determinano condizioni favorevoli all’insediamento tempo-raneo o costante di un numero sempre maggiore di popolazioni e di co-munità animali che possono trovare cibo, rifugio, o luogo idoneo alla riproduzione.Se, inoltre, come accade nell’agricoltura di tipo tradizionale, i prati sono contornati da siepi – loro biotopi complementari – l’ecosistema acquista

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un valore ecologico ancora superiore poiché si arricchisce ulteriormente di fauna ospite.

3. Caratteristiche generali della fl ora delle praterie permanenti.

La composizione della fl ora prativa è molto variabile dipendentemente dal clima, dal terreno e dalle cure colturali. In generale, è costituita da piante perenni e annuali che con i loro cespi formano la cotica del prato. Le GRAMINACEE e le LEGUMINOSE sono le famiglie botaniche più rappre-sentate. Durante la vita del prato il loro rapporto va modifi candosi: all’ini-zio prevalgono le Leguminose che si sviluppano maggiormente grazie alla presenza nelle loro radici di batteri azotofi ssatori. Successivamente, quando le condizioni del suolo sono migliorate per opera delle Legumi-nose, prevalgono le Graminacee. Le Graminacee presentano le seguenti caratteristiche:- fusto (culmo) erbaceo diviso in corti nodi e lunghi internodi; - foglie provviste di guaina avvolgente il fusto per tutta o quasi la lun-

ghezza dell’internodo conferendogli robustezza e che, a livello del nodo, si stacca assumendo forma lineare;

- fi ori riuniti in infi orescenze a spiga composta o a pannocchia; i singoli fi ori, privi di petali, sono protetti da foglioline membranose (glumee glumette). Gli stami21 hanno fi lamenti molto lunghi e fl essibili che

Fauna ospite del prato nelle diverse stagioni

La falciatura infl uisce sulle comunità animali del prato

21 Elementi dell’apparato riproduttore maschile del fi ore che producono il polline.

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fanno oscillare le lunghe antere al minimo soffi o di vento diffondendo in tal modo il polline (impollinazione anemofi la); la cattura di questo è facilitata dagli stimmi22 piumosi;

- frutto secco indeiscente23 (cariosside) alla cui parete interna aderisce il seme (un chicco di frumento non è un seme bensì un frutto).

Le Graminacee annuali si rinnovano con la disseminazione naturale. Le poliennali e le perenni si propagano tramite germogli che, rinnovan-dosi continuamente, fanno assumere alla pianta un aspetto cespitoso o rizomatoso; sono inoltre a rapido sviluppo, tendono a salire a fi ore o a formare solo un cespo di foglie nel primo anno, sono precoci nella ri-presa vegetativa primaverile, hanno attitudine al ricaccio dopo il taglio o il pascolo. Le Graminacee dei prati sono in gran parte perenni e com-prendono buone specie foraggere tra cui: - il loglio comune (Lolium perenne), ottima foraggera di sviluppo ra-

pido, alta 2-4 dm, ha culmi lisci e lucidi, foglie lucide verde scuro, spiga lineare di 6-15 cm eretta o un po’ incurvata. Densamente ce-spugliosa, forma fi tti tappeti erbosi. Predilige terreni freschi;

- l’erba mazzolina (Dactylis glomerata), perenne spontanea alta oltre un metro, molto diffusa, resistente alla siccità, fornitrice di abbondante e buon foraggio;

- la fi enarola (Poa pratensis), stolonifera facilmente ambientabile, alta 8-9 dm;

- la poa comune (Poa trivialis) tipica dei prati umidi, alta fi no a un metro, ha foglie e guaine scabri, pannocchia grande e aperta;

- la bambagiona (Holcus lanatus) è una pianta il cui fusto può arrivare al metro di altezza. Possiede foglie e guaine lievemente pubescenti24.L’ infi orescenza è a pannocchia;

- la festuca dei prati (Festuca pratensis) è una pianta cespitosa senza stoloni alta da 4 a 12 dm. Ha fusti eretti, robusti e lisci. Presenta pan-nocchia ampia. E’ frequente nei prati falciati e concimati;

- la festuca falascona (Festuca arundinacea), alta da 6 a 12 dm, ha brevi stoloni orizzontali. Predilige i prati umidi e le sponde erbose.

22 Estremità sporgente del pistillo, cioè dell’apparato riproduttore femminile che produce gli ovuli racchiusi in un ovario.

23 Che non si apre a maturazione raggiunta.24 Rivestite di peli.

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Lolium perenne Dactylis glomerata

Poa trivialis Holcus lanatus

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Le Leguminose prative posseggono le seguenti caratteristiche comuni: - hanno un’importanza altissima per la nutrizione degli erbivori do-

mestici paragonabile a quella delle Graminacee; - la loro presenza determina l’aumento del valore nutritivo del suolo

su cui crescono arricchendolo in sostanze azotate. Ciò avviene per-ché nelle loro radici, entro particolari tubercoli, vivono speciali bat-teri (Azotobacter) che sono in grado di assorbire l’azoto atmosferico trasformandolo in sostanze azotate che vengono utilizzate dalle piante che li ospitano; in cambio le Leguminose forniscono ai batteri linfa elaborata. Questo reciproco scambio di favori viene defi nito simbiosi.Con la morte delle leguminose e la decomposizione delle loro radici, le sostanze azotate si diffondono nel terreno a vantaggio di altre piante. Tale fenomeno viene sfruttato nella pratica della rotazione agraria;

- i fi ori delle specie prative (che appartengono tutte alla sottofamiglia delle Papilionacee) hanno simmetria bilaterale con corolla formata da 5 petali disuguali. Il petalo superiore, più grande e vistoso, viene chia-mato vessillo, i 2 laterali liberi costituiscono le ali, i 2 inferiori saldati formano la carena;

- la riproduzione è sessuata con fecondazione entomofi la;- il frutto secco deiscente25 viene chiamato legume o bacello.Tra le Leguminose più comuni dei prati troviamo:- la ginestrina (Lotus corniculatus), pianta perenne con rizoma svilup-

pato in più direzioni e fusti prostrati ascendenti all’apice, nettamente quadrangolari, lunghi circa 30 cm. Le foglie, imparipennate, sono costituite da 5 foglioline lanceolate. I fi ori gialli sono riuniti in om-brelle globose. I bacelli sono sottili e cilindrici. Fiorisce da maggio fi no a ottobre. Di sviluppo rapido, ricaccia con facilità dopo la fal-ciatura, produce ottimo foraggio gradito dal bestiame, si adatta a tutti i tipi di suolo;

- l’erba medica (Medicago sativa), ha una radice lunghissima, profon-damente fi ssata nel terreno. Il fusto eretto o ascendente, piuttosto ramoso, è alto mezzo metro. Le foglie sono composte da 3 foglioline obovate26 dentate e appuntite superiormente. I fi ori violetti sono riuniti in grappoli, il frutto è un legume avvolto a elica con un foro centrale. È la più antica delle piante da foraggio coltivate. Di essa Plinio riferisce

25 Frutto che si apre quando è maturo.26 Di profi lo simile a un uovo con la parte più larga superiormente.

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che sia stata introdotta in Europa dall’Asia durante le guerre persiane e anche Virgilio la cita come pianta coltivata in Italia durante la sua epoca;

- il trifoglio comune (Trifolium pratense) è una pianta perenne con fusto ramoso ascendente alto circa 3 dm. Le foglie sono composte da 3 foglioline obovate intere, spesso macchiate di biancastro o di scuro nel mezzo. I fi ori rossi, molto visitati dalle api, sono riuniti in capolini rotondi. Il bacello, piccolo e arrotondato, contiene 1 o 2 semi ed è rac-chiuso nella corolla appassita;

- il trifoglio bianco o ladino (Trifolium repens) è specie dal rizoma ramifi cato, con radici forti e fascicolate; ha fusti sempre prostrati o striscianti che mettono radici su tutto il loro percorso. Le foglie, lun-gamente picciolate sono composte da foglioline ovate un po’ scavate in punta e con margine fi nemente seghettato. Sulla faccia superiore della lamina è presente una macchia chiara triangolata. I minuscoli fi ori bianchi, verdastri o rosa, sono riuniti in 40-80 elementi all’apice di peduncoli eretti più alti delle foglie. Fiorisce per tutta l’estate.

Lotus corniculatus Medicago sativa

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Trifolium pratense Trifolium repens

Accanto a queste due importanti famiglie troviamo: Rosacee, Composite, Labiatae, Poligonacee, Cariofi llacee, Ranuncolacee, Ombrellifere, Scro-fulariacee, Crucifere, Plantaginacee e Liliacee, rappresentate da specie meno importanti dal punto di vista produttivo ma certamente non meno signifi cative sotto l’aspetto ecologico.Tra queste ve ne sono di molto comuni e ubiquitarie quali: il dente di leone o soffi one (Taraxacum offi cinale), la pratolina (Bellis perennis),l’achillea (Achillea millefolium), il fi ordaliso nerastro (Centaurea nigre-scens), l’ellera terrestre (Glechoma hederacea), la piantaggine (Plantagomajor, Plantago media e Plantago lanceolata), l’acetosa (Rumex ace-tosa), il ranuncolo comune (Ranunculus acris), la carota selvatica (Dau-cus carota), la malva (Malva neglecta), il sedano dei prati (Heracleumsphondylium), la salvia dei prati (Salvia pratensis), la prunella comune (Prunella vulgaris), l’erba di San Lorenzo (Ajuga reptans), l’ambretta comune (Knautia arvensis), la cinquefoglia comune (Potentilla reptans).

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Tra le specie meno frequenti o a distribuzione localizzata si annoverano:- l’aristolochia (Aristolochia rotunda e Aristolochia clematitis), i cui

fi ori ermafroditi con corolla a forma di lungo tubo costituiscono un signifi cativo esempio delle strategie elaborate dalle piante per favorire la fecondazione incrociata. Durante la maturazione del pistillo, che avviene qualche giorno prima di quella degli stami, la parete interna del tubo corollino è rivestita di peli diretti verso il fondo del fi ore; questi consentono a piccoli insetti, attirati da sostanze zuccherine, di scendere, ma non di risalire. Quando le antere giungono a maturazione e si aprono mettendo allo scoperto il polline, i peli interni avvizzi-scono e gli insetti possono uscire passando obbligatoriamente accanto al polline che vi si appiccica. Tornati in libertà, la maggior parte di essi si introdurrà in altri fi ori di aristolochia che, se si trovano nello stadio di maturazione dei pistilli, saranno fecondati dai granuli di pol-line portati dagli insetti;

Aristolochia clematitis Achillea millefolium

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Plantago media Centaurea nigrescens

Veronica chamaedrys Ranunculus acris

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- la campanula selvatica (Campanula trachelium) pianta alta fi no a 1 m. ha fi ori eretti di colore azzurro-violaceo, lunghi circa 3-4 cm rivolti in tutte le direzioni. Il fusto angoloso e le grandi foglie ovate dal margine dentato, sono rivestiti di setole;

- il pigamo (Thalictrum aquilegifolium) è un’elegante ranuncolacea alta fi no a 1 m. con fusti ramifi cati all’altezza dell’infi orescenza. Ha foglie composte bi-tripennate formate da foglioline ovali profondamente dentate. I fi ori portano numerosi stami violacei, talora bianchi, dai lunghi fi lamenti. Fiorisce da maggio a luglio nei prati umidi e sotto le siepi igrofi le lungo il Reghena e il Caomaggiore. È specie tossica.

In alcuni prati situati in territorio comunale sono state rinvenute anche alcune specie rare perenni presenti in zone estremamente circoscritte con particolari caratteristiche edafi che27, dove l’intervento dell’uomo è limi-tato al solo sfalcio. Esse sono:- l’aglio angoloso (Allium angulosum) alto 20-50 cm, ha foglie lineari

e fi ori rosei riuniti in ombrella che si schiudono in agosto. È presente esclusivamente nelle depressioni umide di un unico prato nelle vici-nanze delle cave Premarine;

- il bucaneve (Galanthus nivalis) specie bulbosa alta 5-25 cm, esibi-sce i delicati fi ori bianchi solo su porzioni ridotte di praterie d’argine del Reghena o del Caomaggiore dalla fi ne di febbraio sino ai primi di aprile;

- la campanella maggiore (Leucojum aestivum) è anch’essa provvista di un bulbo dal quale esce un fusto angoloso, alto 30-50 cm. Questo ter-mina in un’ombrella di fi ori penduli formati da 6 tepali bianchi mac-chiati di verde all’apice. Fiorisce a maggio nella fascia palustre di fossi e ruscelli di risorgiva;

- il campanellino (Leucojum vernum) ha caratteristiche simili alla spe-cie precedente. Alto 10-30 cm, ha fi ori solitari formati da 6 tepali28

bianchi macchiati di verde all’apice. Fiorisce a febbraio-marzo sulle praterie d’argine del vecchio corso del Reghena;

- il giglio martagone (Lilium martagon) il cui ritrovamento in due di-versi siti del territorio comunale è da considerarsi eccezionale; infatti è una specie che vive comunemente nei prati montani e nelle fag-

27 Relative al suolo.28 Elementi dell’involucro fi orale.

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gete. Più raramente, si può trovare in pianura nei boschi freschi di la-tifoglie. È una bulbosa alta fi no a 1 m, provvista di foglie lanceolate, le mediane verticillate. I fi ori grandi e purpurei picchiettati di bruno, sono formati da tepali rivoltati all’insù;

- il fi or di cuculo (Lychnis fl os-cuculi), ha fusto slanciato alto 30-80 cm. I fi ori hanno 5 petali rosei suddivisi in 4 lacinie29 lineari. Fiorisce in primavera-estate nei prati umidi del Palù. Finchè veniva praticata la falciatura era presente anche al Turondin;

- la graziella (Gratiola offi cinalis) possiede rizoma orizzontale e fusti eretti alti 20-40 cm. I fi ori solitari, bianchi o rosei, hanno corolla bi-labiata; compaiono tra giugno ed agosto all’ascella delle foglie ses-sili30 opposte e lanceolate;

- la pervinca (Vinca minor) ha fusti striscianti recanti foglie lanceolate e sempreverdi. I fi ori azzurro-violetti compaiono da febbraio ad aprile su praterie d’argine;

- la primula (Primula vulgaris) ha foglie obovate e fi ori gialli che par-tono numerosi dalla base della pianta. Fiorisce da febbraio ad aprile. Fino a pochi anni fa era frequente.

- la sanguisorba (Sanguisorba offi cinalis) appartiene alla stessa fami-glia delle rose; ha fusti alti anche più di un metro recanti piccoli fi ori rossastri riuniti in capolini oblunghi;

- il sigillo di Salomone (Polygonatum multifl orum) è una pianta rizo-matosa con fusto cilindrico alto fi no a 80 cm. Dall’ascella delle foglie lanceolate si dipartono i fi ori tubulosi peduncolati riuniti in gruppi di 3-5.

29 Stretto lembo di lamina fogliare o di petalo compreso tra due insenature strette e pro-fonde.

30 Prive di picciolo.

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Allium angulosum Polygonatum multifl orum

Lilium martagon Leucojum vernum

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Gratiola offi cinalis Sanguisorba offi cinalis

4. Superfi ci erbose residue

Esistono ancora le praterie nella nostra pianura? La risposta è ovviamente negativa se con il termine praterie si intendono vaste distese erbose ininterrotte; positiva se invece si considera l’insieme di tutte le superfi ci erbose di qualsiasi entità, quali:- prati stabili,- praterie d’argine,- sponde erbose di fossi, canali e fi umi, - fasce marginali delle strade,- cotiche erbose di parchi e giardini.Entro i confi ni comunali si possono conteggiare pochi prati stabili il cui numero, peraltro, si va riducendo di anno in anno. Si tratta di piccoli appezzamenti di forma talora irregolare, o situati in posizioni marginali, appartenenti a piccoli proprietari. Alcuni di questi sono situati alla fi ne di via Persiana, ma i più interessanti si trovano nel Palù di Settimo.

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Fino a pochi anni fa questo luogo poteva essere considerato una riserva naturalistica in quanto comprendeva numerosi prati polifi ti permanenti di tipo umido, delimitati da ricche siepi sotto le quali trovavano rifugio diverse piante nemorali31. Verso la fi ne degli anni ‘80 furono attuati degli interventi di ampliamento dell’alveo della Rojuzza allo scopo di aumen-tare il drenaggio delle acque che ristagnavano nella zona durante i peri-odi di pioggia: quale conseguenza immediata si ebbe la scomparsa di specie notevoli come la calta palustre (Caltha palustris) e l’anemone giallo (Anemone ranunculoides). Inoltre furono tagliati salici pluride-cennali che con la loro chioma ombreggiavano le acque tenendo a freno lo sviluppo delle specie palustri e acquatiche invadenti. Successivamente furono dissodati e messi a coltura intensiva quasi tutti i prati. Solo alcuni sopravvivono grazie alle cure e alla sensibilità dei proprietari che ne hanno riconosciuto l’importanza ai fi ni della conservazione di specie altrove sparite.

5. Funzioni delle praterie

Quale signifi cato può assumere ai nostri giorni la proposta di salvaguar-dare i prati?Per trovare forse una risposta può essere utile una semplice analisi delle loro principali funzioni:- economica (produzione di foraggio di alta qualità);- protezione del suolo dall’erosione per opera di acqua e vento;- riserva genetica di specie vegetali e animali (biotopo di rifugio);- valorizzazione e differenziazione estetica del paesaggio al mutare dei

mesi e delle stagioni; - didattica (studio di forme biologiche, di specie vegetali e animali, di

catene alimentari, ecc);- ricreativa.

31 Che vivono solitamente nei boschi.

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FAMIGLIA GENERE-SPECIE NOME COMUNEUrticaceae

Aristolochiaceae

Polygonaceae

ChenopodiaceaePortulacaceaeCaryophyllaceae

Ranunculaceae

GuttiferaeCruciferae

Papaveraceae

ResedaceaeRosaceae

Urtica dioicaParietaria offi cinalisAristolochia clematitis Aristolochia rotundaPolygonum persicaria Polygonum aviculareRumex acetosaRumex crispus Rumex obtusifoliusChenopodium album Portulaca oleraceaArenaria serpyllifolia Stellaria media Lychnis fl os-cuculiSilene vulgaris Silene alba Anemone nemorosa (N)Anemone ranunculoides (N)Ranunculus acrisRanunculus repensRanunculus bulbosus Ranunculus fi caria Thalictrum aquilegifoliumHypericum perforatumAlliaria petiolataCardamine hirsutaPapaver rhoeasFumaria offi cinalisReseda lutea Agrimonia eupatoria Sanguisorba offi cinalis (N)Geum urbanumPotentilla erectaPotentilla reptansFragaria vesca

OrticaParietaria comuneAristolochia clematiteAristolochia rotondaPoligono persicaria Poligono centinodiaRomice acetosa Romice crespoRomice comune Farinello comune Porcellana comuneArenariaCentocchio comuneFior di cuculoBubboliniSilene bianca Anemone dei boschiAnemone gialloRanuncolo comune Ranuncolo strisciante Ranuncolo bulbosoRanuncolo favagelloPigamoErba di S. Giovanni Alliaria comuneBilleri primaticcioPapavero comuneFumaria comuneReseda comuneAgrimoniaSanguisorba maggioreCariofi llata comuneTormentilla Cinquefoglia comuneFragola comune

SPECIE PRATIVE CENSITE

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Leguminosae

Oxalidaceae

Geraniaceae

Euphorbiaceae

PolygalaceaeMalvaceaeViolaceae

CucurbitaceaeLythraceae OnagraceaeUmbelliferae

Genista tinctoriaVicia sativaVicia craccaLathyrus vernusOnonis spinosaMelilotus albaMedicago lopulina Medicago sativa Trifolium repensTrifolium pratenseLotus corniculatusOxalis corniculataOxalis fontanaGeranium molleGeranium dissectumMercurialis annua Mercurialis perennisEuphorbia verrucosaEuphorbia helioscopia Euphorbia cyparrissias Polygala vulgarisMalva neglecta Viola odorataViola albaViola hirtaViola reichenbachiana Bryonia dioicaLythrum salicariaOenothera biennisPimpinella majorAegopodium podagrariaAngelica sylvestrisPeucedanum venetumPeucedanum oroselinumPeucedanum cervariaPastinaca sativaHeracleum sphondyliumDaucus carota

GinestrellaVeccia dolceVeccia montaninaCicerchia primaticciaStancabueMeliloto bianco Erba medica lopulinaErba medicaTrifoglio ladinoTrifoglio rossoGinestrino comuneAcetosella dei campi Acetosella minoreGeranio volgareGeranio sbrandellatoMercorella comuneMercorella bastardaEuforbia verrucosaErba calenzuolaErba cipressina Poligala comuneMalva domesticaViola mammolaViola biancaViola irtaViola silvestreVite biancaSalcerellaEnagra comune Tragoselino maggioreGirardina silvestreAngelica selvaticaImperatoria venetaApio montanoImperatoria cervariaPastinaca comunePanace comuneCarota selvatica

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Primulaceae

ApocynaceaeAsclepiadaceaeRubiaceae

Convolvulaceae

Boraginaceae

Verbenaceae Labiatae

Solanaceae

Scrophulariaceae

Orobanchaceae

Primula vulgarisLysimachia nummulariaAnagallis arvensisVinca minorVincetoxicum hirundinariaSherardia arvensis Galium verumGalium mollugoGalium aparineCalystegia sepiumConvolvolus arvensisSymphytum offi cinale Symphytum tuberosumMyosotis palustrisVerbena offi cinalisAjuga reptansGaleopsis tetrahitLamium orvalaLamium maculatumStachys offi cinalisGlechoma hederaceaPrunella vulgarisThymus pulegioidesLycopus europaeusMentha longifoliaSalvia pratensisHyosciamus nigerSolanum nigrumSolanum dulcamaraGratiola offi cinalis (N)Verbascum blattaria Scrophularia nodosaVeronica arvensisVeronica persicaVeronica chamaedrysVeronica beccabunga Rhinanthus minorOrobanche

Primula comuneQuattrinellaMordigallinaPervinca minoreVincetossico comuneToccamanoCaglio zolfi noCaglio biancoAttaccamanoVilucchioneVilucchio comuneConsolida maggioreConsolida tuberosaNontiscordardiméVerbena comuneBugola ginevrinaCanapetta comuneFalsa ortica maggioreFalsa ortica macchiataBetonica comuneEllera terrestre Prunella comuneTimo goniotrico Erba sega comuneMenta selvaticaSalvia dei pratiGiusquiamo neroMorella comuneDulcamaraGraziellaVerbasco pollineScrofularia nodosaVeronica dei campiVeronica comuneVeronica maggiore Veronica beccabungaCresta di gallo minore Succiamele

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Plantaginaceae

Valerianaceae Dipsacaceae

CampanulaceaeCompositae

Plantago majorPlantago mediaPlantago lanceolataPlantago altissimaValeriana offi cinalis Succisella infl exa Knautia arvensis Campanula tracheliumEupatorium cannabinumSolidago virgaureaAster novi-belgii (E)Erigeron annuusBellis perennisInula salicina (N)Buphthalmum salicifoliumBidens tripartitaHalianthus tuberosus (E)Xanthium italicumAchillea millefoliumLeucanthemum vulgareArtemisia vulgarisTussilago farfaraSenecio vulgarisArctium minusCirsium arvenseCirsium oleraceusSerratula tinctoriaCentaurea nigrescensCichorium intybusLapsana communisTragopogon pratensisHypochoeris radicata Leontodon hispidusCrepis taraxacifoliaTaraxacum offi cinale Sonchus arvensisSonchus oleraceusSonchus asper

Piantaggine maggiorePiantaggine pelosaPiantaggine lanciuola Piantaggine palustreValeriana comuneVedovina rizomatosaAmbretta comuneCampanula selvaticaCanapa acquaticaVerga d’oro comuneAstro americanoCespica annuaPratolinaEnula aspra Asteroide salicinaForbicina comuneTopinamburNappola italianaMillefoglioMargheritaAssenzio selvaticoFarfaroSenecione comuneBardana minoreStoppioneCardo giallastroSerrettaFiordaliso nerastroRadicchioLassanaBarba di beccoCostolina giuncolinaDente di leone comuneRadichiellaDente di leone Grespino dei campiGrespino comuneGrespino spinoso

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Liliaceae

Amaryllidaceae

IridaceaeJuncaceae

Graminaceae

Araceae

Cyperaceae

Orchidaceae

Colchicum autumnale (N)Lilium marthagon (N)Ornithogalum umbellatumAllium vineale Allium angulosum (N)Polygonatum multifl orum(N)Asparagus tenuifoliusLeucojum aestivum (N)Leucojum vernum (N)Galanthus nivalis (N)Iris pseudacorus Juncus effususJuncus infl exusDactylis glomerataPoa annuaPoa trivialisPoa sylvicola Poa pratensisFestuca pratensisFestuca arundinaceaLolium perenneBromus erectusBromus sterilisHordeum murinumAgropyron repensAvena fatuaHolcus lanatusAgrostis stolonifera Deschampsia caespitosaMolinia coeruleaMolinia arundinaceaPhleum pratense Cynodon dactylonDigitaria sanguinalisSetaria glauca Setaria viridisArum italicum Arum maculatumCarex otrubaeCarex fl accaCarex distansAnacamptis pyramidalis (N)

Colchico autunnaleGiglio martagoneLatte di gallinaAglio delle vigneAglio angolosoSigillo di SalomoneAsparago selvaticoCampanelle maggioriCampanellinoBucaneveGiglio gialloGiunco comuneGiunco tenaceErba mazzolinaFienarola annualeFienarola comuneFienarola moniliformeFienarola dei pratiFestuca dei pratiFestuca falasconaLoglio comuneForasacco erettoForasacco rossoOrzo selvaticoGramigna comuneAvena selvaticaBambagionaCappellini comuniMigliarino maggioreGramigna lisciaGramigna altissimaCodolinaDente di caneSanguinella comunePabbio rossastroPabbio comuneGigaro chiaroGigaro scuroCarice volpinaCarice glaucaCarice a spighe distanz.Orchide

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E’ situato in provincia di Venezia, tra i comuni di Cinto Caomaggiore e Pramaggiore, a Sud-Ovest di Cinto. Vi si accede da via Bandida, in località San Biagio, tramite una carrareccia lunga circa un chilo-metro.

A forma di rettangolo irregolare, il bosco occupa una superfi cie di circa un ettaro. La lunghezza sul lato Nord è di 120 m, sul lato Sud di 130 m. La larghezza è di 58 m sul lato Est e di 61 m sul lato Ovest. Il bosco è delimitato sul lato Sud da un fossato e sui lati Nord e Ovest da canali di bonifi ca abbastanza profondi che hanno causato un notevole abbassamento della falda acquifera.

Il relitto boschivo deriva dall’antica foresta mista di caducifoglie a prevalenza di querce e carpini origina-tasi dopo l’ultima glaciazione (tra il 5500 a.C. e il 2500 a.C. circa) e che si estendeva su tutta la pianura Padana.La prima massiccia deforestazione avvenne con la centuriazione romana.Il bosco era ancora di considerevole estensione fi no al XVIII° secolo come si può evincere da una mappa dell’epoca.Sotto il dominio della Repubblica di Venezia, che rigidamente regolamentava il prelievo delle querce per i suoi arsenali, il bosco – che confi nava a Est con quello denominato “la Bandida” – assunse il nome di “la Sponghera”. Gli ultimi drastici tagli risalgono a 30-40 anni fa.

Relitto di querceto-carpineto mesofi lo governato ad alto fusto, semplifi cato nella struttura arborea ed erbacea, ma soprattutto in quella arbustiva. Infatti gli

Posizionegeografi ca

Estensionee forma

Origini evicende storiche

Caratteristichedella vegetazione

Bosco Zacchi

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arbusti, presenti nella fascia perimetrante il bosco, sono quasi assenti all’interno.- Specie arboree: farnia, carpino bianco, acero cam-

pestre, olmo, ciliegio, pioppo nero e, solo lungo il fossato, corniolo e ontano nero. Specie alpine introdotte: abete rosso e larice;

- specie arbustive: nocciolo, biancospino, sangui-nella, ligustro, rosa canina, evonimo, rovo, sali-cone;

- specie erbacee: bucaneve, anemone dei boschi, anemone ranuncoloide, aglio orsino, polmonaria, pervinca, gigaro, geranio nodoso, asparago selva-tico, consolida, ofi oglosso, sigillo di Salomone, euforbia delle faggete, crocettona.

Tra le piante arboree c’è alta mortalità e rinnovo pres-soché nullo, documentato dall’assenza di plantule. L’esiguità della superfi cie boscata, la mancanza di una fascia di protezione nonché di una fascia libera per la diffusione delle specie autoctone, il continuo drenaggio, l’invasione dell’edera e l’uso di sostanze chimiche nel terreno circostante, costituiscono fattori negativi per il futuro del bosco avviato all’estinzione se non si interverrà con urgenza.

- Relitto dei boschi planiziali che un tempo ricopri-vano la pianura padana;

- riserva genetica alla quale attingere per la ricosti-tuzione degli stessi;

- ambiente di rifugio per la fauna selvatica; - funzione estetica (miglioramento del paesaggio);- funzione didattica;- funzione ricreativa.

Privata

Situazione attuale e prospettive

Motivazioni perla tutela

Proprietà

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Visita al boscoSe si osserva il paesaggio da via Bandida, quel che resta dell’antico bosco appare come una piccola macchia dai contorni irregolari, più rarefatta nella parte superiore, che interrompe la monotonia della piatta campagna che la stringe tutto intorno. Man mano che ci si avvicina al bosco, si può osservarne con maggior defi nizione la struttura a strati – erbaceo, arbustivo, arboreo – che si dif-ferenziano per composizione, forma e colore in base al periodo dell’anno in cui si effettua la visita.

La stratifi cazione della vegetazione nel bosco

a: strato erbaceob: strato arbustivoc: strato arboreo

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L’alternarsi delle stagioni permette di cogliere i diversi aspetti del bosco e le trasformazioni delle sue componenti. Se entriamo nel bosco in inverno, ci accorgeremo di camminare su un sof-fi ce substrato – denominato lettiera – costituito da foglie secche, rametti, resti di animali, frutti e quant’altro di organico si è depositato sul ter-reno. Questa componente è molto importante nell’economia generale del bosco in quanto costituisce una barriera protettiva per le piante perenni con gemme sotterranee (geofi te) e per gli animali del suolo permettendo loro di svernare; inoltre è una preziosa riserva di sostanze organiche e di sali minerali che saranno restituiti alle piante grazie all’incessante lavoro di riciclaggio attuato dagli organismi decompositori32 che popolano il suolo stesso. L’ humus prodotto, essendo di colore scuro, attira la luce del sole consentendo il riscaldamento del terreno.Tra febbraio e marzo, quando aumentano le ore di luce e conseguente-mente la quantità di radiazioni solari, l’incremento di calore risveglia nelle piante erbacee le gemme protette entro bulbi e rizomi, inducendole a germogliare fi nché oltrepassano lo strato humoso ed emergono tra le foglie secche. In breve tempo, nell’area occidentale del bosco, i candidi fi ori campa-nulati del bucaneve (Galanthus nivalis) offrono ai primi insetti pronubi il loro polline affi nché si possa compiere il rito nuziale che consentirà alla specie di propagarsi. A fecondazione avvenuta, gli ovuli si trasformano in semi ornati di una protuberanza carnosa di cui sono golose le formiche; queste diventano in tal modo inconsapevoli disseminatici della pianta.Nelle vicinanze fi orisce con discrezione il pungitopo (Ruscus aculeatus),specie fruticosa33 di modeste dimensioni, termofi la, dai cui rami princi-pali si dipartono i cladodi, rami secondari che prendono un aspetto tale da sembrare foglie di forma ovale, aguzze e pungenti; le vere foglie sono in realtà delle piccole squame poste alla loro base. Nel mezzo della fac-cia superiore dei cladodi sono situati dei gruppetti di piccoli fi ori verdo-gnoli. Il frutto, una grande bacca rossa, matura in inverno. Nella fascia più esterna del bosco, anche lo strato arbustivo mette in mostra i suoi primi delicati gioielli fi orali. Il canale a Ovest è imprezio-sito dalla presenza del corniolo (Cornus mas) – divenuto ormai raro in

32 Organismi (batteri, vermi, anellidi, funghi, ecc) che si nutrono di sostanze organiche morte trasformandole in sali minerali.

33 Arbustiva.

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territorio comunale – che, prima della comparsa delle foglie, si veste di gialle infi orescenze corimbose34 che forniscono, insieme ai fi ori del salice giallo, il primo nutrimento alle api. I suoi rossi frutti, le corniole, che matureranno a luglio, erano impiegati in passato per la preparazione di marmellate, mentre il suo duro legno trovava impiego nella fabbrica-zione di manici di utensili e di attrezzi agricoli. Ad aprile si sviluppano le foglie opposte, di forma ovale e acuminate all’apice.Accanto al corniolo c’è l’ontano (Alnus glutinosa) pianta igrofi la dal caratteristico portamento piramidale. Ha una corteccia ruvida di colore marrone e rami disposti orizzontalmente pendenti alle estremità; quelli giovani hanno sezione triangolare. Sulla pianta, durante l’inverno, ac-canto alle caratteristiche gemme peduncolate di colore violaceo, per-mangono le infruttescenze legnose bruno-scure a forma di piccole pigne (pseudostrobili) ricche di acheni35, di cui vanno ghiotte le cince, rivestiti da una membrana aerifera che permette loro di galleggiare sull’acqua. Gli amenti36 maschili e quelli femminili, ancora immaturi, sono portati dalla stessa pianta: fi oriranno da marzo ad aprile, tra le alterne foglie subro-tonde con apice più o meno smarginato. Il versante settentrionale del bosco, addossato alla carrareccia, è delimi-tato da una fi la di noccioli (Corylus avellana) dai lunghi e dorati amenti maschili che al minimo soffi o di vento ondeggiano emettendo nuvole di granuli pollinici; all’apice degli stessi rami che li supportano vi sono le piccole infi orescenze femminili a forma di pigna, dalle quali emergono lunghi stimmi rossi e appiccicaticci, adatti a trattenere il polline che vi si deposita. I noccioli producono grandi quantità di polline e fi oriscono pre-cocemente, prima cioè che compaiano le foglie; la presenza di quest’ul-time ostacolerebbe, di fatto, la fecondazione considerando che il mezzo di trasporto del polline da una pianta all’altra è il poco affi dabile vento.Non c’è stagione migliore dell’inverno per l’osservazione su alberi ed arbusti di forme, colori e disposizione sui rami delle gemme e delle ci-

34 Il corimbo è un’infi orescenza formata da fi ori peduncolati inseriti su un asse dal quale si dipartono a diverse altezze: i più bassi hanno peduncoli molto più lunghi dei superiori, cosicché tutti i fi ori raggiungono lo stesso livello.

35 Frutto semplice indeiscente con il pericarpo contiguo al seme.36 Infi orescenza unisessuale formata da fi ori senza peduncolo (sessili) disposti singolar-

mente su un asse a diverse altezze.

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catrici fogliari; in assenza delle foglie e dei fi ori questi elementi, accanto alle caratteristiche della corteccia, consentono di identifi care la specie.Nel sottobosco, all’inizio della primavera esplodono le fi oriture della maggior parte delle specie erbacee perenni. Tra queste spicca il favagello (Ranunculus fi caria) per i gialli fi ori con elevato numero di petali (da 6 a 12). Questa pianta ha portamento prostrato e si propaga facilmente per via vegetativa mediante piccoli tubercoli radicali. Alla stessa famiglia delle Ranuncolacee appartengono anche l’anemone gialla (Anemone ranunculoides) e l’anemone dei boschi (Anemone ne-morosa) dai fi ori bianchi stellati. Hanno entrambi rizoma strisciante, portamento eretto, altezza tra i 10 e i 15 cm, foglie tripartite e sono vele-nosi. Il primo forma qualche macchia circoscritta nelle bassure umide, mentre il secondo tappezza una vasta area del bosco alla base degli alberi da marzo sino a tutto aprile, ma sparisce appena gli alberi emettono le foglie.Nello stesso periodo fi orisce la polmonaria (Pulmonaria offi cinalis),pianta rizomatosa perenne, alta circa 30 cm., ricoperta da peli ruvidi in tutte le sue parti. Ha foglie ovato-acuminate che presentano delle mac-chie biancastre. Interessante è quello che accade ai suoi fi ori ermafroditi37

riuniti in infi orescenze a grappolo contratto. La maturazione sessuale dei fi ori avviene in tempi diversi: la loro corolla è rosa intenso prima del-l’impollinazione e, dopo che questa si è compiuta, vira verso l’azzurro-violaceo, cosicché nella stessa pianta coesistono fi ori con colorazioni diverse. Questo fenomeno determina un selettivo richiamo nei confronti degli insetti pronubi38.Da aprile a maggio fi orisce anche la sempreverde e strisciante pervinca (Vinca minor); le foglie ovali, persistenti e coriacee, sono opposte sul fusto. Produce fi ori solitari, lungamente peduncolati, di colore celeste-violetto; la corolla, imbutiforme alla base, è divisa in 5 lobi obliqui tron-cati in cima.Contemporaneamente un’ampia zona del bosco si riveste dei candidi fi ori, riuniti in ombrelle, dell’aglio orsino (Allium ursinum), bulbosa le cui morbide e ampie foglie allungate emanano un forte odore di aglio.

37 Fiori in cui sono presenti contemporaneamente organi maschili e femminili.38 Impollinatori.

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Allium ursinum Galanthus nivalis

Geranium nodosum Pulmonaria offi cinalis

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Altrove fi orisce una specie altrettanto appariscente: la falsa ortica mag-giore (Lamium orvala). Lungo il fusto della pianta, sono disposte nu-merose serie di grandi fi ori labiati rossi e maculati uscenti a gruppi dall’ascella delle foglie. Il labbro inferiore della corolla funge da comoda “pista di atterraggio” per bombi e altri insetti pronubi. Questi, andando alla ricerca delle sostanze zuccherine contenute nei nettarii situati in fondo al tubo corollino, provocano l’adesione sul loro dorso peloso del polline rilasciato dagli stami collocati a bilanciere sotto il labbro su-periore del fi ore accanto allo stimma bifi do. Ripetendo l’operazione su altri fi ori l’insetto determinerà la fecondazione incrociata.L’elegante sigillo di Salomone (Poligonatum multifl orum) esibisce bian-chi fi ori solitari o in grappoli, uscenti dall’ascella delle foglie alterne por-tate da un fusto alto circa 40-60 cm. In piena fi oritura i fi ori, simili a campanelle allungate e strette, sono poco aperti e solo i calabroni rie-scono a impollinarli cercando di succhiarne il nettare. Il fusto emerge da un rizoma sotterraneo che porta cicatrici a forma di sigillo tondeggiante derivanti dalla caduta dei fusti degli anni precedenti.Tra le delicate e morbide tessiture fogliari (fi llocladi) dell’asparago sel-vatico (Asparagus tenuifolius) si confondono piccoli fi ori bianchi rigati di verde che, fecondati, daranno origine a rosse bacche globose.Che dire poi del gigaro (Arum maculatum) l’elegante calla selvatica che per i propri fi ni riproduttivi si trasforma in una trappola per insetti?Questa pianta perenne, munita di un rizoma tuberoso dal quale si svilup-pano a primavera foglie lungamente picciolate, saettiformi, spesso mac-chiate di nero, da aprile a maggio produce una infi orescenza dall’aspetto singolare, avvolta da una spata verdognola o bianchiccia. L’infi orescenza, all’apice, termina in una specie di clava violetta e, in-feriormente, porta numerosi fi ori nudi unisessuali: quelli più in basso sono femminili con un solo pistillo, quelli situati superiormente sono maschili con una sola antera sessile. L’insieme emana un cattivo odore per l’uomo, ma non per gli insetti che, anzi, ne vengono attratti; una volta entrati nel cono formato dalla spata, non riescono più ad uscire fi nché, spostandosi su e giù lungo l’infi orescenza, non hanno compiuto l’impollinazione e raccolto nuovo polline che trasporteranno in altri fi ori. Dai pistilli fecondati si svilupperanno durante l’estate altrettante bacche rosse, grosse come un pisello. Il gigaro è una pianta molto velenosa.

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Arum maculatum Vinca minor

Cornus mas Euonymus europaeus

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Sul fi nire della primavera cominciano a schiudersi i grandi fi ori lilla-vio-letti del geranio nodoso (Geraneum nodosum); accanto fi oriscono altre specie meno appariscenti come l’euforbia delle faggete (Euphorbia ami-gdaloides), la crocettona (Cruciata glabra), il tamaro o vite nera (Tamus communis), che fanno la loro comparsa nel sottobosco mentre ai margini fi orisce la fragolina di bosco (Fragaria vesca).All’interno del bosco lo strato arbustivo è costituito da pochi e radi indi-vidui di: biancospino (Crataegus monogyna e C. oxyacantha), melo sel-vatico (Malus sylvestris), ligustro (Ligustrum vulgare) e berretto da prete (Euonymus europaeus). Questi arbusti fi oriscono con diffi coltà a causa della fi tta copertura arborea che impedisce la penetrazione della luce. Nella più soleggiata fascia marginale, alquanto eterogenea nella compo-sizione, vicino a salici e noccioli gia fruttifi canti, si schiudono i fi ori di sanguinelle (Cornus sanguinea), frangole (Frangula alnus), prugnoli (Prunus spinosa), rovi (Rubus caesius e Rubus ulmifolius) e rose canine (Rosa canina).A partire da aprile nello strato arboreo avvengono grandi modifi cazioni a livello della chioma per lo sviluppo, in genere contemporaneo, delle foglie e dei fi ori. Per quanto riguarda la composizione, il nostro piccolo bosco, nonostante innumerevoli interventi di ceduazione, drastiche riduzioni e introduzioni non opportune (abete rosso e larice), presenta, sebbene semplifi cata, la tipica associazione delle foreste mesofi le delle pianure del centro Europa a querce e carpini ai quali si accompagnano aceri campestri e olmi. La quercia tipica di queste foreste è la farnia (Quercus pedunculata), al-bero tra i più grandi e maestosi delle specie autoctone; può raggiungere un’altezza di 25-30 metri, un diametro di 2-3 metri e un’età di parecchi secoli. Gli esemplari più interessanti del bosco Zacchi (numerosi sono quelli morti) hanno circa 100 anni e, a 1,30 m dal suolo, raggiungono il diametro di 70 centimetri. Il tronco, rivestito da una corteccia profonda-mente screpolata, col trascorrere del tempo assume alla base portamento colonnare; esso sostiene una vasta chioma con grossi rami. Le foglie, brevemente picciolate, sono situato-lobate e glabre, ossia prive di peli, da ambedue le facce. Contemporaneamente ad esse si sviluppano le in-fi orescenze unisessuali: quelle maschili sono amenti di colore giallo ver-dognolo, quelle femminili, sorrette da un corto peduncolo, constano di 3-4 pistilli che dopo la fecondazione danno origine alle ghiande.

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Quercus peduncolata Carpinus betulus

Ulmus minor Acer campestre

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Il carpino bianco (Carpinus betulus) è un grande albero (fi no a 25 m) dal portamento cupolare; ha tronco diritto, solcato e sinuoso rivestito da corteccia grigia, sottile e liscia. Ha foglie simmetriche alla base, ovato-bislunghe, doppiamente seghettate e appuntite che compaiono contempo-raneamente ai fi ori unisessuali: i maschili sono riuniti in amenti cilindrici lunghi 3-4 cm, mentre, quelli femminili, in spighe rade e lineari di color verde. Le brattee39 involucrali di queste dopo la fecondazione si svilup-pano notevolmente ricoprendo il piccolo frutto (achenio) assumendo la forma di una foglia trilobata. Gli esemplari del nostro bosco, raggruppati nella zona Sud-occidentale, presentano tronchi di discrete dimensioni40

ben ramifi cati.L’acero campestre (Acer campestre), specie abbastanza frequente nel bosco Zacchi ove raggiunge però dimensioni modeste, in ambienti natu-rali può raggiungere l’altezza di 15-20 metri. Ha portamento regolar-mente espanso. Il tronco diritto o sinuoso, è rivestito da una corteccia sottile di colore grigio-rosa fi nemente screpolata longitudinalmente; i rami dell’anno hanno scorza grigio-verde, liscia e talora presentano degli ispessimenti sugherosi di forma alata. Le foglie opposte picciolate, hanno lamina palmata e margine suddiviso in 3-5 lobi. I fi ori bisessuali, che compaiono insieme alle foglie, sono riuniti in infi orescenze erette corim-bose. I frutti, detti samare, constano di due ali membranose divergenti; a maturazione vengono facilmente trasportati dal vento che provvede così alla disseminazione. L’olmo campestre (Ulmus minor) presente nel bosco Zacchi in pochi esemplari, è un albero che può raggiungere anche i 30 m d’altezza e, se non attaccato da parassiti, parecchi secoli di vita. Presenta tronco diritto, pollonifero, molto ramifi cato, con corteccia grigio-bruna, rugosa e scanalata longitudinalmente; taluni esemplari hanno rami con sporgenze sugherose. La chioma è densa e allungata, allargata in alto. Le foglie alterne e brevemente picciolate, sono obovate, con apice acuminato, mar-gine dentato, asimmetriche alla base. I fi ori bisessuali, riuniti in ombrelle ascellari, hanno perianzio41 ridotto e 4-6 stami sporgenti con antere di colore rosso porpora. I frutti, che si sviluppano prima delle foglie, sono

39 Foglie di grandezza e spesso anche di forma diversa dalle altre foglie della pianta dalla cui ascella spuntano i fi ori.

40 Fino a 50 cm di diametro.41 L’insieme del calice e della corolla.

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samare di 1-2 cm. con seme spostato verso l’apice circondato da una ampia ala membranosa. Giunta l’estate e completato lo sviluppo delle chiome, la luce fi ltra con diffi coltà nel sottobosco e le fi oriture si riducono mentre i frutti primave-rili maturano nei vari livelli del bosco. In autunno si riaccendono i colori delle foglie che virano dalle varie to-nalità del verde a quelle del giallo, dell’arancio e del marrone. La vite nera, la rosa canina e il gigaro, mettono in mostra i loro frutti rossi men-tre il ligustro, la sanguinella e il prugnolo li esibiscono neri. La diminu-zione della temperatura e della durata delle ore di luce inducono nelle latifoglie il riassorbimento delle sostanze utili tra cui la clorofi lla42; di conseguenza rimangono scoperti altri pigmenti fogliari di color arancio e giallo (antociani e xantofi lle). Completato il processo, i vasi che porta-vano la linfa alle foglie si chiudono determinandone lo stacco dal ramo; in tal modo la pianta si libera anche delle sostanze di rifi uto accumulate nei mesi precedenti. Man mano che si depositano le foglie e i frutti delle piante erbacee e legnose la lettiera si ispessisce. Essa custodirà i tesori del bosco per un altro inverno ancora.

42 Pigmento di colore verde in grado di catturare l’energia del sole consentendo la fotosin-tesi clorofi lliana.

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FAMIGLIA GENERE-SPECIE NOME COMUNEPinaceae

OphioglossaceaeSalicaceae

Corylaceae

FagaceaeUlmaceaeCannabaceaeUrticaceae

Aristolochiaceae

Caryophyllaceae

Ranunculaceae

CruciferaeRosaceae

Leguminosae

Picea abies (A)Larix decidua (A)Ophioglossum vulgatum (N)Salix capreaAlnus glutinosa Populus nigra Carpinus betulusCorylus avellanaQuercus pedunculataUlmus minor Humulus lupulusUrtica dioicaParietaria offi cinalis Aristolochia clematitis Aristolochia rotunda Stellaria media Silene vulgaris Anemone nemorosa (N)Anemone ranunculoides (N)Clematis vitalbaClematis viticellaRanunculus fi caria Alliaria petiolata Rubus ulmifoliusRubus caesiusRosa caninaGeum urbanumFragaria vesca Crataegus monogynaCrataegus oxyacantha Prunus spinosa Prunus avium Malus sylvestrisLathyrus vernus

PeccioLariceLingua serpentinaSaliconeOntano neroPioppo neroCarpino biancoNoccioloFarniaOlmo campestre Luppolo comuneOrticaErba muraiola AristolochiaErba astrologa CentocchioSilene rigonfi aAnemone dei boschiAnemone giallaVitalba Viticella FavagelloAlliaria comuneRovo comuneRovo bluastroRosa caninaGarofanaiaFragola dei boschiBiancospino comuneBiancospino selvaticoPrugnoloCiliegio selvaticoMelo selvaticoCicerchia primaticcia

SPECIE PRESENTI NEL BOSCO ZACCHI

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GeraniaceaeEuphorbiaceae

AceraceaeRhamnaceae

CelastraceaeViolaceae

Cornaceae

AraliaceaeUmbelliferae

Primulaceae

Oleaceae

ApocynaceaeAsclepiadaceaeRubiaceae

Boraginaceae

Labiatae

Scrophulariaceae

Valerianaceae Caprifoliaceae

Geranium nodosum Mercurialis annua Mercurialis perennisEuphorbia amigdaloides (N)Acer campestreRhamnus catharticus Frangula alnus Euonymus europaeus Viola alba Viola reichenbachiana Cornus sanguineaCornus mas (N)Hedera helixAngelica sylvestrisHeracleum sphondylium Primula vulgaris (N)Lysimachia nummulariaFraxinus oxycarpaLigustrum vulgareVinca minor (N)Vincetoxicum hirundinariaGallium verumGallium mollugoGalium laevigatumGallium aparineCruciata glabraPulmonaria offi cinalis (N)Symphytum offi cinaleLamium orvalaLamium maculatumGlechoma hederaceaPrunella vulgarisScrophularia nodosaVeronica persicaValeriana offi cinalisLonicera xylosteum

Geraneo nodosoMercorella comuneMercorella bastarda Euforbia delle faggete Acero oppioSpin cervinoFrangolaBerretto da preteViola biancaViola silvestreSanguinellaCornioloEderaAngelicaPanace comunePrimula comuneErba quattrinellaFrassino meridionaleLigustroPervinca minoreVincetossico Caglio zolfi noCaglio biancoCaglio levigato AttaccamanoCrocettona glabra PolmonariaConsolida maggioreFalsa ortica maggioreFalsa ortica macchiataEllera terrestrePrunella comuneScrofularia nodosaVeronica della PersiaValeriana Gisilostio

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Compositae

Liliaceae

AmaryllidaceaeDioscoreaceaeGraminaceae

Araceae

Bellis perennisTussilago farfara Centaurea nigrescensOrnithogalum pyrenaicumAllium ursinum (N)Asparagus tenuifoliusRuscus aculeatus (N)Polygonatum multifl orum (N)Galanthus nivalis (N)Tamus communis Melica nutansPoa sylvicolaArum maculatum

PratolinaFarfaroFiordaliso nerastroCipollaccio gialloAglio orsinoAsparago selvaticoPungitopoSigillo di SalomoneBucaneveTamaro Melica delle faggeteFienarola dei boschiGigaro

N: specie notevoleA: specie alpina introdotta dall’uomo

N.B.: Per la nomenclatura delle specie vegetali si è fatto riferimento al testo: “Flora d’Italia” di Sandro Pignatti, Edagricole, Bologna 1982

Bibliografi a

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Dalla Fior G., La nostra fl ora, Casa Editrice Monauni, Trento, 1974

Della Beffa M.T., Fiori di campo, Istituto Geografi co De Agostini, No-vara, 1999

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LA FAUNA

di Livio Marcorin

Il territorio comunale di Cinto Caomaggiore è attraversato, con direzione approssimativa sud - nord, dalla statale 251 della Val Cellina che separa, in modo quasi netto, i diversi ambienti naturali del paese: a ovest, con l’unica eccezione del bosco Zacchi, i terreni utilizzati per l’agricoltura, a est il Palù, le cave, il fi ume Caomaggiore e pochissimi terreni agricoli. I campi coltivati, a causa della loro uniformità e degli interventi continui dell’uomo, presentano pochi ambienti adatti alla vita animale. I fossi di scolo vengono sempre puliti meccanicamente e, perché ciò sia possi-bile, le rive vengono tenute sgombre da alberi e cespugli; di conseguenza manca quella vegetazione che può dare rifugio a micromammiferi e a pic-coli uccelli insettivori. Le siepi, che una volta segnavano il confi ne tra le proprietà, sono state quasi totalmente eliminate per evitare che le piante portassero via nutrimento alle colture. I fossi, nei quali le piogge river-sano una buona percentuale dei pesticidi e dei concimi chimici utilizzati nei campi, sono diventati dei rigagnoli con poca acqua maleodorante e priva di vita. Aspettarsi, a questo punto, di trovare nei terreni sfruttati dal-l’agricoltura molte specie animali è una semplice illusione; tuttavia qual-cosa c’è ancora.Vediamo in dettaglio i singoli ambienti e la fauna che di volta in volta vi possiamo trovare.

I campi coltivati.

I campi coltivati non costituiscono l’habitat di alcun animale superiore; servono solo come fonte di nutrimento e per questo sono frequentati so-prattutto dagli uccelli, che hanno maggiori possibilità di movimento. A seconda del tipo di coltura, vi si possono avvistare diverse specie: gazze, ghiandaie e cornacchie frequentano i campi di mais, danneggiandone le pannocchie, mentre passeri, storni ed altri uccelli granivori saccheggiano le coltivazioni di frumento e orzo. Nei campi di soia e di barbabietole è invece raro osservare qualche specie animale. Al contrario, vigneti e

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pioppeti, che sono colture poliennali, danno rifugio a diverse specie orni-tologiche: se sulle viti nidifi cano merli, cardellini e verdoni, ancora più interessanti sono i pioppeti, che ospitano diverse specie tipiche dei boschi planiziali. Sui pioppi nidifi cano gazze e ghiandaie, ma spesso poi i nidi abbandonati da questi uccelli vengono riutilizzati da cornacchie, gheppi e a volte anche da qualche gufo comune; il tronco del pioppo, tenero e facile da scavare, attira sia il picchio verde che il più raro picchio rosso maggiore (da tempo non si hanno segnalazioni di avvistamenti del pic-chio rosso minore), mentre il rigogolo, relativamente comune, nidifi ca tra i rami più alti.Durante l’aratura, stormi di gabbiani comuni seguono i trattori alla ricerca di lombrichi di cui nutrirsi.Nel paesaggio agrario, gli unici posti importanti per la fauna sono le rare siepi di confi ne e i fossi.

Le siepi.

Le siepi di confi ne danno rifugio a diverse specie di uccelli, soprattutto insettivori: vi possono nidifi care la capinera, il merlo, l’usignolo e, se ci sono salici cavi, anche la cinciallegra e il torcicollo. Le siepi sono uti-lizzate anche come luogo di riposo notturno, di difesa dalla calura estiva e, se vi sono piante che producono semi e bacche, anche come luogo di pastura, specialmente nei mesi invernali. Le siepi danno riparo anche ad altre specie animali: rettili e mammiferi. Tra i rettili, oltre alle comuni lucertole, c’è il ramarro (ormai piuttosto raro), l’orbettino e il colubro liscio. Ancora una ventina di anni fa poteva succedere di incontrare il biacco (carbonass) e il colubro di Esculapio, ma da tempo non ci sono notizie di simili avvistamenti. I mammiferi sono più numerosi, ma, per le loro abitudini notturne, è più diffi cile incontrarli: ci sono il riccio, il topo selvatico, la crocidura, il toporagno comune, la donnola e, rarissimi, il moscardino e la faina.

I fossi.

Esistono diversi tipi di fosso: quelli che raccolgono solo l’acqua pio-vana, e che per lunghi periodi sono asciutti; quelli che hanno acqua quasi

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Ditisco Gerride

Cetonia dorata Notonetta

Cervo volante Hydrous piceus

Scorpione d’acqua

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sempre e restano in secca solo nei periodi di grande siccità; quelli che hanno acqua corrente perché sono alimentati da pozzi artesiani.I fossi che restano quasi sempre asciutti sono generalmente privi di vita animale, se non quando alimentati dalle prime piogge primaverili, atti-rano varie specie di anfi bi per la deposizione delle uova, con il rischio molto alto che i girini poi muoiano per mancanza d’acqua. I fossi che in-vece sono alimentati perennemente o comunque per lunghi periodi, pul-lulano di vita. Molti insetti depongono le loro uova in acqua, ad esempio le zanzare, i chironomidi, le libellule e tanti altri, e questo attira altri in-setti che si nutrono di larve: inconfondibili il ditisco e l’Hydrous piceus,il più grande coleottero europeo; la Nepa cinerea, chiamata anche scor-pione d’acqua (quello che sembra un pungiglione, in realtà, è il sifone respiratorio; la puntura, dolorosa, viene dalle chele); la notonetta, che nuota sul dorso assomigliando così ad una barchetta spinta da due remi; i gerridi, che “pattinano” sulla superfi cie dell’acqua.Alcune specie di anfi bi si avvicinano ai fossi solo per riprodursi: il rospo comune, il rospo smeraldino, la raganella e il tritone; altri vi abitano sta-bilmente: l’ululone, la rana agile, la rana verde minore e la rana dei fossi. E’ possibile, ma uno studio approfondito lo deve confermare, la presenza e la riproduzione del pelobate fosco, un piccolo rospo che ha l’abitudine di scavarsi la tana in profondità nel terreno. Tutti questi anfi bi, unitamente ai loro girini e alle gambusie (piccoli pesci lunghi al massimo cinque cen-timetri importati all’inizio del secolo dal nord America per combattere la malaria, nutrendosi questi quasi esclusivamente di larve di zanzara), attirano due predatori: la natrice, o biscia dal collare (la bissa ranèra) e la testuggine palustre, un tempo assai più comune, ma comunque ancora presente in alcuni fossi.

Il bosco Zacchi.

Il bosco Zacchi è troppo piccolo e, soprattutto, troppo isolato rispetto agli altri ambienti alberati. E’ quasi circondato da un profondo fossato che impedisce gli spostamenti dei mammiferi. Sicuramente nel bosco nidifi -cano il picchio rosso maggiore, il merlo, l’usignolo, il rigogolo e la capi-nera. Tra i rettili sono presenti la biscia tessellata, che viene scambiata

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per vipera, e forse la rana di Lataste. Tra i mammiferi ci potrebbe essere il topo selvatico dal dorso striato e il toporagno comune. Interessante è la presenza certa del cervo volante, un grosso coleottero che si nutre della linfa delle querce.

Il Lisòn.

Il tratto di Lison che scorre nel territorio cintese è più simile ad un fosso che ad un fi ume, la fauna quindi sarà quella tipica dei fossi: tartarughe, rane di vario tipo, biscia dal collare, qualche gallinella d’acqua nidifi cante e aironi, che si nutrono dei pochi pesci presenti. Degna di nota è la pre-senza di mitili del genere unio, rinvenibili anche nel Caomaggiore.

Il Palù.

Il Palù, così chiamato perché spesso veniva allagato dal Caomaggiore, negli ultimi tre decenni ha perso la sua fi sionomia caratterizzata da prati stabili separati da siepi. Ormai è quasi tutto coltivato e quindi non pre-senta grande diversità di fauna rispetto agli altri terreni agricoli; gli ultimi prati stabili sono abitati dalla talpa cieca, da qualche colonia di topo sel-vatico, dall’arvicola campestre, dal toporagno comune e dal toporagno nano, che in inverno, quando gli anfi bi sono rintanati nel fango e i pesci si muovono poco, a loro volta attirano aironi cenerini, garzette e aironi bianchi, oltre a qualche uccello rapace, sia diurno che notturno. Di topi e toporagni si nutrono la civetta, il gufo, il barbagianni, il gheppio e la poiana; gli insetti dei prati attirano la tottavilla, l’allodola, la cappellaccia, il prispolone, la pispola, lo strillozzo e la cutrettola. In inverno arrivano gli stormi di pavoncelle e, rarissima, la beccaccia. Gli uccelli che si ripa-rano tra le piante delle siepi diventano preda dello sparviero, del lodolaio e dello smeriglio. Il colombaccio è presente anche come nidifi cante. Nel periodo del passo, lungo i fossi, è possibile avvistare il combattente, il beccaccino, la pittima reale e la schiribilla.Altri uccelli che possono essere osservati nel Palù sono la quaglia e, oc-casionalmente, l’averla maggiore.

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Il Palù, quando una trentina di anni fa veniva in parte allagato per la cac-cia primaverile, invogliava alla sosta diversi tipi di quelli che allora ve-nivano chiamati “piccoli trampolieri”: totano moro, combattente, pittima reale, pettegola, piro piro piccolo, piro piro boschereccio e chiurlo.

Il Caomaggiore.

Lungo il corso del fi ume è abbastanza comune la gallinella d’acqua, che nidifi ca tra i canneti, insieme all’usignolo di fi ume e alla cannaiola; più rari sono, invece, la ballerina gialla e il martin pescatore. Quest’ultimo scava la lunga galleria che costituisce il suo nido nei punti più alti e sco-scesi dell’argine (nell’alto corso del Caomaggiore, nella primavera del 1999, un nido è stato scavato nella terra dell’argine sollevata dalle radici di un pioppo abbattuto dal vento). Un cigno reale, che ha costruito il suo nido vicino all’argine del Reghena in prossimità del mulino della Sega, spesso risale il Caomaggiore e lo si può vedere dal ponte di via Grandis. La fauna acquatica comprende il gambero di fi ume, un importante indi-catore biologico sulla “salute” del fi ume, e due bivalvi, anodonta cignea e unio pictoris; questi, come tutti i mitili, sono animali fi ltratori e, insieme alle chiocciole del genere viviparus, le quali sono anche detritivore (ossia si nutrono di materiali marcescenti depositati sul fondo), contribuiscono a tenere pulita l’acqua da sostanze inquinanti. Va da sé che le due specie di mitili non sono commestibili.L’ultima lontra del Caomaggiore è stata uccisa nel 1970 in località “In bocca alle acque”, alla confl uenza tra Reghena e Caomaggiore, ma la sua nicchia ecologica è stata prontamente occupata dal visone americano: esemplari fuggiti dagli allevamenti situati più a monte, verso S. Vito al Tagliamento, già dalla metà degli anni settanta risultavano presenti lungo il fi ume (qualcuno è anche annegato nelle reti dei pescatori, ad esempio nel gennaio 1985). Il rinvenimento sugli argini dei gusci aperti dei bivalvi mi fa pensare che i visoni siano tuttora ben presenti e che si nutrano anche dei molluschi; unio e anodonta passano la loro esistenza infi lati nella

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Anodonta

Unio

Viviparo

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melma del fondo e non riesco ad immaginare, oltre al visone, un altro ani-male, mammifero od uccello, che possa catturare le scivolose conchiglie e portarle sulla riva per mangiarle.Nel 1993, vicino ad Azzano Decimo, una femmina di tasso è stata inve-stita da un’automobile all’altezza del ponte sul fi ume Sile. Al curatore del Museo di Storia Naturale di Pordenone non risultava la presenza del tasso in tale zona, che però si può spiegare tenendo conto di due fatti: primo, quando all’inizio degli anni settanta è stato abbattuto il bosco di Torrate di proprietà del conte di Sbrojavacca, sono state trovate tane di tasso e forse il bosco rimasto, di proprietà Caldart, ne ospita ancora; secondo, nell’ambiente piatto della campagna gli unici corridoi naturali utilizzabili dagli animali per i loro movimenti sono gli argini dei fi umi, con il loro bosco ripario. A questo punto possiamo ipotizzare che anche le rive del Caomaggiore vengano adoperate da questo mammifero per gli sposta-menti notturni.Alcune volpi sono state uccise non molti anni fa a Marignana e si può supporre che, anche se non in modo stabile, la volpe frequenti la parte più a nord-est del territorio comunale. In prossimità del mulino della Sega è presente sicuramente almeno un esemplare di faina. Nel 1998, sempre vicino al mulino, è stata ripetuta-mente osservata una coppia di scoiattolo, un mammifero che negli ultimi anni si sta espandendo nei parchi e nei boschi di pianura.I pesci che popolano le acque del Caomaggiore devono essere distinti in due categorie: i pesci autoctoni e quelli usati per i ripopolamenti, effet-tuati senza alcuna base scientifi ca, per la cosiddetta pesca “sportiva”.I dati sui pesci del fi ume e sui pesci delle cave sono il risultato, in parte, di osservazioni personali, e, per la maggioranza, di catture e di osserva-zioni del compianto amico Giuseppe Stefanuto, profondo conoscitore del Caomaggiore.Pesci autoctoni: trota fario, lampreda padana, di cui alcuni esemplari sono stati catturati verso la metà degli anni sessanta; la sua lunghezza massima è di 15 centimetri. Tra i ciprinidi sono presenti il triotto, chiamato sièntul, il cavedano comune (squàl), il vairone (codarossa), la tinca, la savetta, il barbo comune, con esemplari del peso di 3,5 chilogrammi e lunghi oltre 50 centimetri, l’alborella, presente con la sottospecie Alburnus alburnus alborella, la carpa, detta raìna, presente anche con le varietà di alleva-mento “carpa a specchi” e “carpa cuoio”, chiamata anche carpa nuda

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perché è senza squame. L’anguilla (bisàt), un tempo molto comune, ora è in diminuzione; la femmina può raggiungere il peso di 6 chilogrammi, ma nel Caomaggiore sembra che il massimo sia 2 chilogrammi. Vi è poi il luccio (luss), anche questo un tempo molto comune e ora in diminuzione; gli esemplari catturati di recente hanno lunghezze molto inferiori rispetto a quelli pescati anni fa (la femmina potrebbe arrivare a 150 centimetri). Il Caomaggiore, quando scorreva vicino al mulino di Cinto, formava una “morta” con poca acqua dove vivevano due rappresentanti della famiglia dei Gobidi: il panzarolo e il ghiozzo padano, chiamato in dialetto locale “marsonèt”, e un rappresentante dei Cottidi, lo scazzone, detto “marsòn”. Un pesce quasi scomparso dal Caomaggiore è lo spinarello, più abbon-dante invece, ma poco visibile, il cobite comune.Tra le specie immesse artifi cialmente ricordiamo: la trota iridea, intro-dotta per la pesca “sportiva”, la cui voracità sembra aver arrecato grande danno a diverse specie ittiche autoctone; il persico trota, immesso nel lago Acco e da qui diffusosi con le piene nel Caomaggiore, insieme al persico sole (gobèta). La gambusia, che anni fa popolava lo stesso habitat del marsòn, è scomparsa in seguito alla deviazione del fi ume, restando comunque ben presente nei fossi che sono in comunicazione con il fi ume stesso; poiché si nutre prevalentemente di larve, è molto utile anche nella lotta alla zanzara tigre. Il pesce gatto (barbòn o testòn), inizialmente pre-sente solo nelle cave, ora è abbastanza comune anche nei punti più pro-fondi e tranquilli del Caomaggiore.Sono presenti anche il carassio comune e la scardola.Un recente studio di E. Marconato, G. Maio e S. Salviati, pubblicato con il titolo “La fauna ittica della provincia di Venezia”, ha accertato che il ghiozzo padano, il panzarolo, lo scazzone, lo spinarello, la lampreda pa-dana e il cobite comune vivono ancora nelle acque del Caomaggiore.

Le cave vecchie.

Venivano chiamate così per essere distinte dalle cave nuove o cave grandi, che sono quelle sfruttate dall’impresa Acco, e sono situate sul lato sinistro della strada Cinto-Sesto al Reghena, appena oltrepassato il fi ume Cao-maggiore. Risalgono agli inizi del secolo e sono costituite da una serie di laghetti di varia forma, separati da bassi argini su cui un tempo si sno-

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davano i sentieri. Poiché l’estrazione della ghiaia avveniva manualmente, anziché con mezzi meccanici, la profondità media di questi specchi d’ac-qua è di un paio di metri. All’inizio degli anni settanta le cave, di pro-prietà Nonis e Arreghini, furono acquistate dall’impresa Acco. Il primo gesto del nuovo proprietario è stato poi l’abbattimento di tutti gli alberi presenti, compresa una farnia che probabilmente allora era la più grande nel territorio di Cinto.La mancanza della copertura arborea ha fatto sì che prendesse il soprav-vento la vegetazione infestante, soprattutto rovi, causando nel corso di pochi anni l’impraticabilità e quindi la cancellazione dei sentieri che per-correvano l’intero ambito. Adesso, a distanza di circa trent’anni, gli alberi sono ricresciuti ricostituendo il bosco igrofi lo, ma l’area è solo parzial-mente accessibile. La fauna delle cave vecchie è molto abbondante e varia, per cui la suddivideremo per classi.

Uccelli.

Ci sono specie che sono presenti tutto l’anno, specie presenti solo per svernare, altre che si fermano solo per nidifi care e allevare i piccoli, e altre ancora presenti solo nei periodi di passo autunnale o primaverile. In un ambiente come questo, dove lo sguardo non può spaziare, la pre-senza degli uccelli viene svelata soprattutto dal loro canto o dal loro grido d’allarme, a meno che non ci si apposti ben mimetizzati e si attenda che gli uccelli, non più spaventati dalla nostra presenza, escano allo scoperto. In qualsiasi stagione sarà facile vedere i merli, sentire il richiamo carat-teristico della gallinella d’acqua e del martin pescatore o il canto del-l’usignolo di fi ume, ma per i rapaci notturni ci dovremo accontentare di osservare il luogo in cui la civetta, il barbagianni o il gufo comune hanno spiumato una preda. Nei mesi invernali, appostandoci vicino agli ontani (ornèri) potremo osservare numerosi uccelli che si nutrono dei loro semi, quali fringuelli, cinciallegre, cinciarelle, codibugnoli, lucherini, peppole e ciuffolotti; appostandoci invece vicino ai canneti o tra i cespugli di sanguinella (sànguina o sàndina) si potranno osservare il migliarino di palude e la passera scopaiola. Altri uccelli svernanti sono il pettirosso, lo scricciolo, il regolo e qualche germano reale (gli anatidi, con le folaghe, preferiscono passare l’inverno nelle più profonde cave ex Furlanis). Nel periodo delle migrazioni, primavera ed autunno, non è rara la presenza della balia nera e del fi orrancino.

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Tra i nidifi canti, oltre ai già citati gallinella, martin pescatore e usignolo di fi ume, bisogna ricordare il pendolino, la cannaiola, l’usignolo, la capi-nera, il beccamoschino, il tarabusino, il cuculo, il picchio rosso maggiore, il picchio verde, il rigogolo e, probabilmente, anche il voltolino, il porci-glione e la schiribilla.L’ambiente delle cave vecchie è anche luogo di caccia di uccelli che nidi-fi cano altrove, che in questo ambiente trovano facili ed abbondanti prede: è il caso dei rapaci notturni, gufo comune, barbagianni e civetta, mentre l’assiolo, nidifi cante fi no agli anni settanta nel parco della villa Bornan-cini, da tempo non dà segnali della sua presenza. Rondini, balestrucci e rondoni (questi ultimi nidifi canti sul campanile) catturano in volo le loro prede, mentre aironi cenerini, garzette, nitticore e il raro airone rosso cacciano invece stando appostati immobili tra i canneti; da alcuni anni, durante l’inverno, è presente anche un gruppo di aironi bianchi. Da sempre presente, ma molto elusivo e quindi di diffi cile osservazione, è il tarabuso, inconfondibile nella sua postura con il collo teso e il becco proteso verso l’alto per mimetizzarsi nel canneto.

Rettili.

L’intrico della vegetazione crea non pochi problemi al censimento delle specie e spesso un fruscìo è l’unico indizio della presenza di un rettile; certa è solo la presenza della natrice, della biscia tessellata e del biacco, qui con la mutazione melanica (Coluber viridifl avus carbonarius), men-tre è da verifi care se ci sia ancora il colubro di Esculapio. Tra i testudinati è comune la testuggine palustre europea.Gli anfi bi sono rappresentati da diverse specie: il rospo smeraldino, la raganella, la rana verde minore e la rana agile; ipotizzabile è la presenza dell’ululone dal ventre giallo e del tritone.

Mammiferi.

Le specie di mammiferi presenti alle cave vecchie sono numerose, ma di abitudini prevalentemente notturne. È abbastanza diffi cile osservarli di-rettamente e a volte ci si deve accontentare di tracce. Strettamente not-turni sono la donnola e, tra gli insettivori, il riccio, il toporagno comune, il toporagno nano e la crocidura minore, mentre non è diffi cile, soprattutto al mattino presto e all’imbrunire, vedere qualche roditore impegnato nella ricerca del cibo, come il topo selvatico, il topo selvatico dal dorso striato

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(con la caratteristica linea scura in corrispondenza della spina dorsale), e l’arvicola terrestre (che si può osservare talora mentre, “seduta” sulle zampe posteriori, mangia frammenti vegetali che tiene con le zampe ante-riori). Non è da escludere la presenza di qualche visone, così come è da verifi care la presenza del toporagno acquatico. Di notte numerose specie di pipistrelli sorvolano gli specchi d’acqua.

Pesci.

I pesci che popolano le cave vecchie sono quelli tipici dei laghetti con acqua stagnante seppure abbastanza ossigenata dalle polle di risorgiva e dalla vegetazione sommersa. Le specie autoctone sono il triotto, il cave-dano comune, il vairone (ora pressoché introvabile), la scardola, la tinca (anche di notevoli dimensioni), l’alborella, la carpa (anche questa rag-giunge dimensioni di tutto rispetto grazie anche a ripetuti ripopolamenti, ai fi ni della pesca, nelle vicine cave Acco), l’anguilla e il luccio. Forse è ancora presente lo spinarello.Tra le specie introdotte è da segnalare il pesce gatto, presente da moltis-simi anni, mentre dagli anni sessanta e provenienti dalle cave Acco ci sono la carpa a specchi, il persico trota e il persico sole. Diffi cile da quan-tifi care è il danno causato alle specie autoctone da questi due ultimi pesci, voracissimi di uova e di avannotti.

Le cave Acco.

Queste cave, note come cave nuove o cave grandi, risalgono agli inizi degli anni sessanta. Da sempre adibite alla pesca sportiva, sono state og-getto di immissioni continue di specie ittiche non autoctone, quali il per-sico trota, il persico sole, la trota iridea, la carpa a specchi e la carpa erbivora o Amur. Per la loro scarsa vegetazione e per il continuo disturbo causato dai pescatori, ospitano poche specie animali. Tra i rettili è sicura la presenza della testuggine palustre europea e della biscia tessellata, mentre l’unico mammifero visibile è il topo selvatico dal dorso striato. Più numerosi sono gli uccelli: aironi cenerini, garzette e aironi bianchi frequentano i canneti lungo le rive e il pendolino costruisce il suo nido appeso ai rami dei rari alberi che crescono lungo il bordo della cava. So-prattutto in inverno, quando la superfi cie è ghiacciata, uno stormo di gab-biani comuni staziona al centro del lago.

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Cave Furlanis, ora Laghi di Cinto.

Il materiale estratto da queste cave è servito alla realizzazione di un tratto dell’autostrada Trieste - Venezia. Lo scavo, iniziato nel 1968, ha compor-tato l’eliminazione di numerosi prati stabili (dove erano presenti sia il biacco che il colubro di Esculapio) e del Tratòr, il fi umiciattolo pieno di trote che fungeva da emissario delle cave vecchie, sfociando nel Caomag-giore a “Inboccalleacque”.In via Grandis, ad un centinaio di metri dal ponte sul Caomaggiore e in direzione di Sesto al Reghena, all’altezza dell’abitazione costruita al posto della vecchia casa degli Arreghini, è tuttora visibile un brevissimo tratto di questo piccolo corso d’acqua che ora si butta direttamente nelle cave Furlanis. In fase di scavo, sono state volutamente lasciate delle isole che avreb-bero dovuto ospitare animali esotici; c’era infatti il progetto, per fortuna rimasto solo sulla carta, per la realizzazione di un parco zoo con elefanti, leoni, scimmie ragno ecc.Due sono le caratteristiche che rendono uniche queste cave: sono luogo importante di svernamento per gli uccelli acquatici e ospitano una gar-zaia.Da subito questo vasto e profondo bacino ha ospitato, nel periodo inver-nale e all’epoca dei passi, migliaia di uccelli svernanti: folaghe, germani reali, moriglioni, morette, morette tabaccate, alzavole, codoni, oche lom-bardelle, marzaiole, canapiglie, mestoloni, ma anche lo svasso piccolo, lo svasso maggiore e il tuffetto.Negli inverni più freddi hanno stazionato oche selvatiche, oche grana-iole e anche alcuni cigni minori. Da anni è presente come svernante una numerosa colonia (circa 500 esemplari) di cormorani che causano non pochi danni ai laghi di pesca sportiva. Nel periodo invernale ci sono circa un centinaio tra aironi bianchi, garzette e aironi cenerini.Gli aironi nidifi cano in colonie chiamate garzaie; nelle cave ex Furlanis la garzaia è situata sugli alberi delle isole vicino al lato prospiciente la strada Cinto - Sesto.Dal 1997 vi nidifi cano l’airone cenerino, la garzetta, la sgarza ciuffetto e la nitticora.Nella primavera del 2000 sono stati censiti non meno di 50 nidi.Oltre alla presenza di tutti gli uccelli che sono stati nominati per le cave vecchie, degno di nota è l’avvistamento da me effettuato nel lontano 1975

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di una cicogna bianca, che qui ha stazionato per alcuni giorni. Un altro avvistamento di cicogna c’era stato nel 1968: un esemplare si era posato su uno dei cedri del parco di villa Bornancini, vicino al mulino; solo ferita da un cacciatore locale prontamente chiamato per uccidere l’animale per poterlo imbalsamare, la cicogna era riuscita ad allontanarsi (pare sia poi stata defi nitivamente abbattuta in quel di Summaga). Nell’estate del 1999 ho potuto constatare la presenza di tre esemplari di marangone minore.

Cave Irti, ora Lago delle Premarine.

Situate per la maggior parte in comune di Cinto e per il restante in co-mune di Sesto, le cave delle Premarine hanno fornito materiale per la re-alizzazione del tratto autostradale Portogruaro - Pordenone, insieme alle cave di Giai e a quelle di Cesena di Azzano Decimo.La zona si chiamava “risère” e costituiva, nell’ambito comunale, il più importante habitat per la testuggine palustre europea. Utilizzate per la pesca sportiva, risultano essere, per la colonia di cormorani, il più sfrut-tato luogo di pastura. Ci sono , infi ne, diverse specie di uccelli che non vivono in un ambiente specifi co, ma che possiamo trovare in luoghi diversi. La tortora dal col-lare orientale, il verzellino, lo zigolo giallo, l’averla piccola, il succiaca-pre, ma anche, nel periodo delle migrazioni, l’organetto, il fanello, il beccafi co, la balia nera, lo spioncello, il frosone, il crociere e la tordela.

Un piccolo esempio di ricostruzione ambientale.

Ho la disponibilità, vicino a casa mia, di circa cinquemila metri quadrati di terreno. Essendo l’appezzamento troppo piccolo per farlo coltivare e trovandosi in quella zona che le carte topografi che indicano come Bo-schetta, ho pensato di ricostituire una piccola area alberata.Sono state utilizzate solo essenze autoctone, in parte provenienti dallo Stabilimento per la produzione di sementi forestali di Peri (Verona), e in parte ottenute da semi prelevati da piante della zona.L’area è divisa in due parti: una comprende un piccolo stagno, circondato da piante di ontano nero, e una siepe lunga una trentina di metri, formata

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da piante di acero campestre, robinia, biancospino, pruno selvatico, cor-niolo, ciavardello, melo selvatico, spin cervino e crespino. L’altra parte è di bosco misto: farnia, frassino ossifi llo, frassino maggiore, orniello, melo selvatico, magaleppo, azzeruolo, carpino bianco, pado, pero cor-vino, sorbo domestico, ciavardello, olmo campestre, evonimo, viburno, lantana, frangola, corniolo, rosa canina, rosa arvensis, rosa gallica e bian-cospino distilo. Lo stagno ha da subito richiamato diversi uccelli: il primo ad arrivare è stato il martin pescatore, attirato dalle gambusie. La nitticora è stato il primo tra gli aironi, poi è arrivato l’airone rosso, ma le sue visite sono state sporadiche. La garzetta, ma soprattutto l’airone cenerino sono pre-senze costanti durante l’estate: hanno catturato tutto il pesce disponibile. L’airone bianco è stato avvistato solo un paio di volte. Nel 1997, nel pe-riodo del passo primaverile, ha stazionato per alcune settimane una cop-pia di piro piro piccolo. La presenza della rana dei fossi e della rana e-sculenta ha richiamato la biscia dal collare. Gli ontani cresciuti attorno allo stagno in inverno pullulano di cincialle-gre, codibugnoli, cinciarelle, fringuelli, lucherini, cardellini e verdoni. Tra gennaio e febbraio del 1999 hanno stazionato per diverse settimane una trentina di tordi sasselli e di cesene, attirati dalle bacche del viburno. Nella primavera del 1993 un’upupa si è fermata per quasi una settimana. In estate alcune piante di gelso offrono cibo ai rigogoli che nidifi cano poco distante.Le nidifi cazioni sono ancora poche, ma il fatto è giustifi cabile con le ancora ridotte dimensioni degli alberi: un carpino è stato scelto da una coppia di ghiandaie, una coppia di cardellini ha nidifi cato su un azzeruolo e una coppia di cinciallegre ha utilizzato una cassetta nido. Dal 1992 uno sparviero frequenta l’area durante l’inverno e nel gennaio 2000 ne era presente addirittura una coppia. Le numerose arvicole campestri ven-gono predate da una coppia di gufo comune che ha scelto di nidifi care su un cedro posto nella proprietà confi nante (nel 1995 sono nati cinque piccoli, nel 1999 solo due). Nel 2001, su una trave del tetto della casa, ha nidifi cato una coppia di pigliamosche: una covata in giugno e un’altra in luglio.Altri uccelli spesso presenti sono il pettirosso, lo scricciolo, il regolo, il luì piccolo, il luì verde, il codirosso spazzacamino, il saltimpalo, la bal-lerina bianca, la passera mattugia, il migliarino di palude, il picchio rosso

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maggiore e la gazza. Le cavallette nascoste tra l’erba costituiscono il cibo di una coppia di picchio verde che nidifi ca poco distante.Tra i mammiferi, il riccio si riproduce regolarmente; le cacce della gatta di casa hanno dimostrato la presenza del toporagno nano e del topora-gno acquatico di Miller (insediato lungo il fosso di confi ne) e della talpa cieca.Il cassone di compostaggio, con la miriade di insetti che trasformano i rifi uti vegetali in compost, è il luogo ideale per il colubro liscio, che qui si riproduce con regolarità, e per l’orbettino. Una vasca di pochi metri quadrati che ospita pesci rossi (anche questi si riproducono) è stata scelta nell’estate del 1999 da una coppia di pelobate fosco per la deposizione delle uova (solo tre dei nuovi nati sono sopravvissuti). La segnalazione comunque ha bisogno di ulteriori riscontri per poter dare per certa la pre-senza del pelobate. Nel 1996 sono nate cinque testuggini palustri da un numero imprecisato di uova deposte da una femmina arrivata dal fosso.Nel marzo del 2000 è stata notata la presenza dell’ululone e, per la prima volta, sono venuti a riprodursi i tritoni.Nell’estate del 2001 è stata ritrovata anche la rana di Lataste.

I giardini delle case.

Sempre più spesso, chi può circonda la propria casa con un bel giardino. Anche se può essere criticabile l’abitudine di piantare alberi e arbusti pro-venienti da zone climaticamente diverse, è pur sempre importante il fatto di creare nuovi ambienti adatti alla fauna. Il riccio è un animale molto comune nei giardini e svolge un compito utile liberando l’orto dalle luma-che. Diverse specie di uccelli scelgono di nidifi care vicino alle case: ver-doni, cardellini, pigliamosche, cinciallegre, capinere, merli, ma ci sono anche uccelli che vengono invogliati a costruire il nido dalla presenza di alberi propri delle loro zone di nidifi cazione; è il caso del codibugnolo e del verzellino.Ci sono poi, attirati dalle attività umane, degli ospiti poco graditi: se c’è un granaio sicuramente ci sarà il topolino delle case, se poi annesso alla casa c’è un allevamento di animali, pollame, suini o bovini, vi si potranno installare colonie di ratti, sia il ratto norvegese sia il ratto nero, la cui pre-senza ci sarà segnalata dai fori di accesso alle gallerie che uniscono le loro tane.

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IMPIANTI DI CATTURA

Nel territorio comunale di Cinto c’erano quattro importanti luoghi di cattura per gli animali: la peschiera del mulino di Cinto, due peschiere presso il mulino della Sega e la “bressana” per la cattura degli uccelli, situata alle risère, dove ora ci sono le cave delle Premarine.Fino a qualche decennio fa ogni mulino aveva la propria peschiera, una piattaforma di sottili tavole lunghe qualche metro e poste alla distanza di pochi centimetri l’una dall’altra dove, sfruttando il dislivello che ser-viva a far girare la “rosta”, veniva fatta passare l’acqua del fi ume. Tutto il pesce che scendeva la corrente e che era di misura superiore ai varchi tra le tavole veniva catturato. Era un sistema di pesca che consentiva al mugnaio di incrementare i suoi magri guadagni, ma era altamente distrut-tivo. Una lettera del 30 novembre 1959 documenta che è stata accolta la rinuncia alla derivazione del Caomaggiore presentata dalla proprie-taria del mulino di Cinto, la signora Bornancini Rina. Un’ispezione da parte del Magistrato alle acque, effettuata in luglio, aveva accertato la presenza di ben otto falle sotterranee sull’argine sinistro e la manuten-zione sarebbe stata a carico del proprietario del mulino. Visti i costi, la Bornancini rinunciò all’utilizzo della forza idrica e procedette all’elet-trifi cazione dell’impianto; un sopralluogo del 22 novembre 1961 infatti accerterà il funzionamento elettrico e l’eliminazione delle paratie di con-trollo del regime idrico. Da questo momento la peschiera del mulino di Cinto cesserà di essere funzionante. Le due peschiere del mulino della Sega, invece, rimarranno ancora in attività fi no al 1963.Dopo lo smantellamento della peschiera il modo più redditizio di pescare era quello con i “bartuèi”, in italiano bertovelli. Sono reti costituite da un’imboccatura di circa un metro e da un cilindro, sempre di maglia di rete, chiuso, ad intervalli regolari, da due o tre imbuti di rete: il pesce entra e non riesce più a trovare la via d’uscita.Variante importante del bartuèl era il tratòr: un grande bertovello (il ci-lindro aveva il diametro doppio o anche triplo rispetto a questo) che au-mentava la sua capacità di intercettare il pesce grazie a due ali di rete lunghe diversi metri.

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Con i bartuèi si pescava dalla primavera all’autunno; con l’ausilio di una barca, venivano posizionati nei punti ritenuti più pescosi e con l’imboc-catura rivolta a valle, in modo da catturare il pesce che risaliva la cor-rente.Il tratòr veniva utilizzato solo un paio di volte in occasione delle piogge autunnali, quando la piena del fi ume, la “montàna”, rendeva l’acqua tor-bida e invogliava i bisàti a scendere verso il mare. Poiché l’acqua trasci-nava anche foglie secche e ramaglie, bisognava vegliare tutta la notte e andare a controllare molto spesso le reti per tenerle pulite e per togliere il pesce intrappolato. Ricordo notti in cui, quando ancora era consentito, in poche ore sono stati pescati settanta - ottanta chili di anguille. La bressana delle Risère era di proprietà del dottor Antonio (Ninetto) Arreghini. Era stata piantata nel 1940 o 1941 con carpini prelevati nel bosco di Braidacurti, il cui proprietario, il signor Marchioro, era anche un appassionato uccellatore e conduttore di un’altra bressana che è ancora visibile (anche se ormai gli alberi sono cresciuti) in località Braidacurti. Per chi arriva da Marignana, si trova in fondo ad una stradina di campo posta sulla destra, subito prima della villa che ora è di proprietà Loca-telli.La bressana di Cinto è rimasta in funzione fi no al 1967 circa. La bressana era costituita da un rettangolo circondato da un corridoio for-mato da una doppia siepe di carpino bianco opportunamente potato. Nello spazio centrale trovavano posto le gabbiette con i richiami. Gli uccelli di passo venivano attirati sia dal canto dei loro compagni prigionieri, sia dalle bacche di bassi cespugli appositamente coltivati al centro della bres-sana.Al momento buono, tirando una corda a cui erano attaccati alcuni barat-toli pieni di sassi, si produceva un forte rumore che spaventava gli uccelli presenti facendoli scappare in volo radente verso la siepe; qui fi nivano nelle reti che, tese tra i carpini, circondavano quello che aveva le sem-bianze di un tranquillo giardinetto. Si racconta di due - tremila uccelli catturati in un solo giorno.

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Fig. 1: la Bressana delle “Risère”.

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Agli uccelli da richiamo veniva fatta la “muda”: fi nita la primavera, dopo aver strappato loro le penne della coda a simulare la normale muta sta-gionale, venivano rinchiusi in un luogo buio dove venivano tenuti fi no al momento in cui sarebbero serviti. Riportati alla luce, gli uccelli credevano fosse di nuovo primavera e riprendevano a cantare.Per i non addetti ai lavori, gli uccelli cantano solo in primavera, nel pe-riodo degli amori; durante il resto dell’anno emettono solo il grido di al-larme o brevi versi di richiamo.

I pipistrelli.

Tutto il territorio comunale è interessato dalla presenza di varie specie di pipistrelli. Questi sono di abitudini crepuscolari o notturne e dunque sono attivi in ore di scarsa, o nulla, luminosità. Essendo diffi cile l’osser-vazione e rare le catture, si è evitato, per il momento, di elencare le specie presenti, rinviando tutto ad un prossimo lavoro.

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Fig. 2: la peschiera del mulino di Cinto

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Fig. 3: le peschiere del mulino della Sega

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CURIOSITA’

La civetta che canta vicino ad una casa porta sventura.Era una credenza assai diffusa: se una civetta cantava vicino ad una casa, qualcuno di quella casa sarebbe morto entro breve. Sembra incredibile, eppure molte persone si facevano impressionare dal normale canto di un uccello notturno. C’era anche chi uccideva la civetta, convinto in questo modo di sconfi ggere la cattiva sorte.Stessa fi ne faceva il barbagianni che, una volta ucciso, veniva inchiodato alla porta della stalla per allontanare la sfortuna.

Il canto della cinciallegra.Il canto della cinciallegra può richiamare alla mente la parola “sarpì” ri-petuta più volte di seguito. Poiché la cinciallegra incomincia a cantare verso la fi ne di febbraio o all’inizio di marzo, chi ha la vigna prende que-sto canto come un invito ad affrettarsi a fi nire di “sarpir” le viti. Per que-sto il nome dialettale di questo uccellino è sarpignola.

Il riccio mangia le galline.Il riccio è un animale insettivoro, che però non disdegna le uova fresche; ecco perché a volte gironzola attorno ai pollai. Le stragi di galline, di cui viene accusato, sono causate invece da una donnola o da una faina, mu-stelidi che notoriamente si eccitano con il sangue delle loro vittime e si accaniscono fi no a quando non è rimasto vivo neanche un abitante del pollaio.

Il morso velenoso del toporagno acquatico.Il toporagno acquatico di Miller si nutre anche di pesci e di rane che cattura sott’acqua. La sua saliva contiene una sostanza velenosa paralizzante che rende possibile la cattura di prede anche più grandi del predatore stesso.

La pitacòca.Spesso le piante tenute nei vasi improvvisamente appassiscono e muo-iono. Cosa è successo? Vuotando il vaso ci accorgeremo che la pianta non ha più radici e contemporaneamente noteremo la presenza di grossi “vermi” bianchicci con due grosse mandibole. Sono le larve della ceto-nia dorata, la pitacòca, un coleottero bello da vedersi, con i suoi rifl essi verdi e dorati, ma molto dannoso per le piante, delle cui radici si nutre.

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Il cervo volante.Da piccolo ne ho trovato uno nel mio giardino, e nella primavera del 2000 ne ho trovato un altro morto nel bosco Zacchi. Si tratta del più grosso coleottero europeo e prende il nome dalla forma delle enormi mandibole del maschio. Depone le uova nei tronchi marcescenti delle querce e si nutre della linfa di questi stessi alberi. La diminuzione delle querce, soprattutto dei vecchi esemplari, ha determinato la riduzione del suo habitat e conseguentemente la scomparsa della specie.

Biscia = vipera.Qualsiasi biscia o serpentello viene scambiato per una vipera. Spesso, l’ultima volta nell’estate del 1998, mi si porta qualche biscia morta che l’esperto di turno aveva assicurato trattarsi di vipera. Di solito si tratta di biscia tessellata, come l’ultima volta, o di colubro liscio. Gli “esperti” si basano, per il riconoscimento, sul colore, ma è un errore, poiché non c’è una colorazione unica. Si va dalla mutazione isabellina fi no all’estremo opposto, la mutazione melanica, passando per tutte le gradazioni del mar-rone e con disegni diversi, che però possono anche non esserci. Poiché nessuno in genere guarda negli occhi un rettile per vedere la forma delle pupille, per il riconoscimento rimane valida la regola di osservare la coda: se è corta e grossa si tratta di vipera, se è lunga e sottile si tratta di biscia o di colubro. Un’osservazione attenta permette di notare che, nella vipera, le placche frontale e parietali sono più grandi di quelle circostanti.La religione cristiana ha sempre dato un’immagine negativa del serpente: il serpente che porge la mela ad Eva e provoca la dannazione eterna del-l’uomo, la Madonna che schiaccia la testa al serpente che rappresenta il Male. Diverso atteggiamento hanno altre culture, si pensi ad esempio al cobra che, secondo la leggenda, avrebbe aperto il suo cappuccio per ri-parare dal sole il Buddha dormiente.Probabilmente a causa delle nostre superstizioni, da noi i serpenti sono perseguitati, ma anche loro hanno una grande importanza nell’equilibrio naturale.Mi chiedo una cosa: nel nostro territorio potenzialmente potrebbero vi-vere due specie di vipere, la berus e la aspis, delle quali solo la prima può costituire un pericolo per l’uomo. Se da noi vivessero specie vera-mente pericolose, tipo cobra o mamba, cosa farebbero quelli che vedono “madrassi” ad ogni piè sospinto?

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Un’ultima annotazione: in tanti anni di vagabondaggi per i campi di Cinto e di osservazioni mi è capitato una sola volta, circa trent’anni fa, di osser-vare una vipera, vicino al vecchio muro che circondava il cimitero.Qualcuno è anche convinto che la vipera possa “saltare”, arrivando anche ad un metro di altezza, ma è impossibile che un animale senza zampe e lungo al massimo novanta centimetri possa fare simili prodigi. E’ vero invece che il biacco, il carbonàss, lungo oltre due metri e molto aggres-sivo e mordace, anche se non velenoso, se viene disturbato invece di scap-pare erge la parte anteriore del corpo per diverse decine di centimetri, dando l’impressione di saltare.

Proprietà particolari, e strane, attribuite ad alcuni animali.Molti ritenevano che la salamandra potesse attraversare senza danni il fuoco, forse a causa del colore fuligginoso, come se avesse appena fatto una passeggiata tra le braci, o forse perché la sua pelle è sempre umida. Non è vero; se va troppo vicino al fuoco, anche la salamandra si scotta.Molti anni fa un’anziana contadina era convintissima di quanto raccon-tava: “come che el bissbòr m’ha becà el stival, subito m’ha vegnùo fora sangue dal naso”. Un evento naturale, il sangue dal naso, aveva bisogno di qualcosa di impossibile e fantastico per spiegarlo: un ramarro che le morde lo stivale.

L’averla piccola.A molti sarà capitato, camminando lungo una stradina di campo fi an-cheggiata da cespugli spinosi, di vedere grossi insetti, piccoli topi o to-poragni infi lzati sulle spine di pruno selvatico o di biancospino. Come hanno fatto a fi nire lì? E’ stata l’averla piccola (ormai l’averla cenerina e l’averla maggiore sono rarissime e solo di passo). La famiglia delle averle, che per questo sono contraddistinte dal nome latino lanius (che vuol dire macellaio), hanno l’abitudine di infi lzare sugli spini le prede che non vengono mangiate subito.

La gazza fa un primo nido di prova.All’inizio della primavera le gazze incominciano a fare il nido; viene co-struito l’ammasso di rami e la cavità che conterrà le uova, ma non viene completato con la cupola che serve a proteggere i nidiacei dai rapaci. Ho sentito raccontare dai vecchi che questo è un nido di “prova”, quasi avesse

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bisogno di vedere se si ricorda ancora come si fa il nido. E’ vero che la gazza nidifi cherà altrove, ma dove?Nel nido che non aveva terminato l’anno precedente, e che viene comple-tato con la cupola al momento di occuparlo. Perché la gazza si comporta in questo modo?E’ diffi cile dare una risposta, ma potrebbe essere una strategia per nascon-dere ai propri nemici l’avvenuta nidifi cazione. Un nido costruito ex novo, tenendo conto che in quel momento gli alberi stanno appena aprendo le gemme, dà molto nell’occhio; un nido che c’è dall’anno precedente passa praticamente inosservato.A volte il vecchio nido è già stato scelto da un gheppio o da un gufo co-mune e si scatena una battaglia tra legittimo proprietario ed occupante; generalmente ha la meglio la gazza, grazie al robusto becco.Come fa la gazza a non rovinarsi la bella e lunga coda quando sta co-vando?La cupola che sovrasta il nido ha due fori d’accesso, uno per entrare e uno, opposto a questo, per uscire. Quando la gazza cova, la coda viene lasciata sporgere dal nido così, quando deve volare via, non ha bisogno di girarsi su se stessa per uscire.

Il dormitorio dei gufi .I gufi comuni, all’arrivo dell’inverno, si riuniscono in gruppi più o meno numerosi. Il luogo, sempre lo stesso, in cui trascorrono il giorno si chiama dormitorio. Può essere un singolo albero, come succedeva anni fa in loca-lità Braidacurti, dove oltre cento gufi dormivano su un’unica pianta di sequoia, oppure su più alberi, come a Cinto, dove i gufi si riuniscono sui pini che fi ancheggiano la centrale via Roma. Da alcuni anni vi sono costantemente presenti per tutto l’inverno una ventina di esemplari di gufo comune.

La tortora dal collare orientale e il falco pellegrino.La tortora dal collare orientale si è diffusa in Italia provenendo dai Bal-cani. Nel Veneto è arrivata nel 1944 ed ha completato la colonizzazione dell’Italia entro gli anni sessanta. Si è adattata talmente bene al nuovo ambiente che il suo ciclo riproduttivo ora va da marzo a novembre.Adesso è diffusa ovunque, e molto numerosa, ma vediamo cosa c’è scritto a proposito nel Libro degli uccelli italiani del 1966: “Sarebbe auspicabile

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che questa specie orientale si stabilisse in tutta Italia in notevole numero, quale si trova già nei paesi balcanici e ancor più nell’Asia. I riservisti dovrebbero introdurla nelle loro proprietà chè essendo specie non migra-trice, ne potrebbero ottenere facilmente un ottimo ripopolamento.” E’ bastato lasciar fare alla natura.E’ preda del gufo comune, ma anche del falco pellegrino, che si nutre di colombi selvatici e simili; di questo, vista la quantità di tortore pre-senti, si può ipotizzare un ritorno in forma stabile. Nel 1997 un falco pel-legrino è stato raccolto nel Palù, moribondo per probabile avvelenamento. Era settembre e in quei giorni il bruco americano era al suo apogeo. Ve-nivano fatti trattamenti con antiparassitari potentissimi e probabilmente gli insetti avvelenati (il veleno non ha colpito solo il bruco americano) hanno a loro volta intossicato i loro predatori, innescando una catena di morte.In pochi giorni mi sono stati portati una beccaccia, un cuculo e un falco pellegrino, tutti con gli stessi sintomi di avvelenamento.

La potenza dello sparviero.Per avere un’idea della velocità con cui vola uno sparviero, ecco un epi-sodio accaduto il 26 febbraio 2000.Una femmina di sparviero, il cui corpo è di poco più grande di quello di un merlo, è fi nita contro una vetrata della casa del signor Oscar Liut di Settimo.Pur avendo lo spessore di 5 millimetri, il vetro è andato in frantumi e lo sparviero è fi nito all’interno dell’abitazione, intontito, ma vivo. Proba-bilmente il rapace si è accorto all’ultimo momento del vetro ed ha ten-tato, inutilmente, di evitarlo, fi nendovi contro non con la testa, ma con il torace. Il rapace è stato poi affi dato dal signor Liut al centro di recupero di Andreis.

Chelidra serpentina.Mattina del 7 giugno 1998: una tartaruga azzannatrice di quattro chili nel mio giardino! Cosa ci faceva? Forse era stata attirata dal gracidio delle rane nello stagno, ma il problema era un altro: da dove veniva? Si-curamente era uno dei tanti animali acquistati da piccoli e poi abbando-nati appena le loro dimensioni diventano più ingombranti. Dalle linee di accrescimento risultava che negli ultimi tre anni era cresciuta molto di

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più rispetto ai cinque - sei anni precedenti. Poiché un rettile cresce in re-lazione a quanto mangia, si può tentare un’ipotesi: per alcuni anni la tar-taruga è stata tenuta in un terrario dove veniva nutrita con moderazione, poi per tre anni si è trovata libera in un luogo con abbondanza di prede, ad esempio un fosso con molte rane.Quanti altri animali più o meno esotici e più o meno pericolosi si trovano in libertà nei nostri fossi o nelle cave, abbandonati da gente incosciente?

Vacanze scolastiche per la festività dei morti.Anni fa non si andava a scuola nei primi quattro giorni di novembre, si commemoravano i defunti. Quei giorni però coincidevano con il passo dei lugherini e bisognava a tutti i costi provare a catturarli. Il primo giorno serviva per i preparativi: tagliare le “stadette” con cui imitare un albe-rello, preparare le “vis’ciade”, (di sàndina erano buone, ma quelle di olmo erano più elastiche e si rompevano meno facilmente), comprare il vischio e trovare il posto adatto, possibilmente vicino a qualche ornèr.Immancabilmente in quei giorni tanto attesi pioveva, il vischio si ba-gnava e così anche se un lugherino si posava sul nostro marchingegno riusciva a volare via indenne. Non siamo mai riusciti a prendere un solo uccellino, però il divertimento dei preparativi era tale che questo non importava, anzi, serviva a darci la carica per un altro anno di attesa.

Il cucugnào.Molti anni fa la caccia durava da settembre a marzo. Essendo molte le giornate di caccia, succedeva spesso che qualche cacciatore se ne tornasse a mani vuote, anzi, a carniere vuoto. Poiché questo era considerato un fatto disdicevole, era stato inventato il cucugnào, un uccello immagi-nario. In questo modo, all’immancabile domanda: “cos che t’ha ciapà”, il cacciatore poteva tranquillamente rispondere: “ah, poca roba, solo dò cucugnài”. L’onore era salvo.

Il madràss.Sebbene madràss derivi da marasso, il nome comune della Vipera berus, la parola indica qualsiasi tipo di biscia o serpente che possa sembrare una vipera. Anni fa, mentre stavo raccogliendo bruscandoli nelle Mel-mose, sono stato avvicinato dal proprietario di un campo che mi ha av-vertito: “ste attenti che l’è fora i madrassi; ghe n’ho appena copà un drìo

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al canal”. Sono andato a vedere, purtroppo si trattava di una biscia tessel-lata.

Le bisce inseguitrici.Un signore mi ha raccontato che da piccolo andava a disturbare le bisce ranère impegnate nel corteggiamento; insieme ad altri bambini le pun-zecchiava usando un lungo bastone e poi scappava a rotta di collo perché, diceva lui con grande convinzione, le bisce, quando vengono infastidite, si aggrovigliano in grossi gomitoli e rotolano velocemente all’insegui-mento dei seccatori. Se invece di scappare si fossero girati ad osservare il comportamento dei rettili, si sarebbero accorti che le serpi non insegui-vano nessuno.

L’incendio degli sterpi.E’ abitudine assai diffusa ripulire le rive dei fossi o i luoghi incolti usando il fuoco.Qualche esperto sostiene che è un modo per nutrire il terreno con non so quali sostanze chimiche presenti nelle ceneri. Ho parlato con chi usa si-stematicamente il fuoco per la ripulitura. Mi è stato risposto che non ci sono assolutamente motivazioni fi losofi co - colturali, si tratta semplice-mente di una pulizia veloce, effi cace e soprattutto a costo zero. Il lato negativo di tale sistema è che in questo modo vengono distrutti ambienti importanti soprattutto per la vita dei micromammiferi insettivori, che sono molto utili all’equilibrio ambientale.

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PERSONAGGI

Piero Palù, Tini Ambrosio, Riccardo, Erminio S’ciopeta.Per molti, soprattutto i più giovani, nomi mai sentiti e privi di signifi cato, ma per i Cintesi di mezza età sono i nomi di personaggi che hanno vissuto in stretta simbiosi con l’ambiente.Piero Palù, con la sua abitazione piena di gabbiette con pacagnòsi, tor-dine, ciachi, savàtui, frisòni e subiòti, uccelli che catturava con il vischio e che poi rivendeva.Stranamente, se l’acquirente era una persona inesperta, gli uccelli dove-vano essere acquistati due volte: il primo moriva sempre entro un paio di giorni. Piero diceva che non si era stati abbastanza attenti, era sbagliato il mangime o l’acqua non andava bene, ma con lo stesso trattamento, il secondo uccello comprato sopravviveva.Dove era il trucco? Nel passaggio dalla gabbia in cui si trovava a quella dell’acquirente: Piero prendeva in mano il pacagnoso o il subiòto, fi ngeva di guardargli le piume sulla pancia per vedere se era a posto e intanto dava una sapiente “strucadina” al povero animale, causandogli probabil-mente qualche lesione interna, non tanto grave da farlo morire subito, ma abbastanza da non farlo durare più di un paio di giorni.Tini Ambrosio, l’unica persona capace di resistere immobile per ore, ac-coccolato tra i canneti delle cave vecchie, intento ad osservare, indiffe-rente tra nuvole di zanzare affamate, il sughero della canna da pesca; unico segno di vita la brace della sigaretta.Riccardo, raccoglitore di funghi, cacciatore e pescatore, con la canna da pesca a doppio uso, da un lato la lenza e dall’altro la fi ocina, per i pesci più grandi e per le rane.S’ciopèta, con la sua barca legata con una catena ad un salice lungo il Caomaggiore, vicino alla pianca per andare sul “prà tondo”. S’ciopèta con i suoi bartuèi, covòi e tratòri sistemati nei posti, segreti, più pescosi del fi ume. S’ciopèta, con le bestemmie dette non per cattiveria o perché avesse qualcosa contro Dio, ma usate come punteggiatura nei suoi di-scorsi, un modo per rendere più evidenti virgole e punti.Persone che rispettavano l’ambiente perché da esso dipendeva la loro so-pravvivenza.

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CONCLUSIONI E PROPOSTE

Come si è potuto notare, il territorio di Cinto Caomaggiore ospita ancora moltissime specie sia botaniche sia faunistiche. La fl ora comprende 268 specie erbacee e 43 tra arbustive e arboree, le piante rare sono ben 32. Per quanto riguarda la fauna è stata accertata la presenza di almeno 82 specie di farfalle, 21 tra anfi bi e rettili, 27 specie di pesci, almeno 19 di-versi mammiferi e, tra stazionarie, di passo e occasionali, non meno di 124 specie di uccelli. Tra tutti gli ambienti presi in considerazione, sicura-mente il più importante, sotto tutti gli aspetti, è quello delle cave vecchie; a questo punto viene naturale la proposta di recuperare tale importante zona umida. Ripulire tutta l’area dalle piante infestanti è un grosso lavoro che potrebbe essere affrontato un po’ alla volta, ma intanto potrebbe essere ripristinato l’antico sentiero che attraversava tutte le cave vecchie, magari sopraelevandolo sull’esempio di quanto fatto ai prati Burovich a Sesto al Reghena. Il sentiero incominciava subito dopo il ponte sul Cao-maggiore e, dopo aver attraversato le cave vecchie, sboccava dietro le cave Acco; ripristinandolo, lo si potrebbe far attraversare il Caomaggiore con una passerella in legno. A questo punto il sentiero, costeggiando il Palù, sboccherebbe a Settimo, costituendo un possibile percorso ciclope-donale ad anello: piazza di Cinto, via Grandis, Cave vecchie, Palù, Set-timo ed arrivo nuovamente a Cinto.

Appendice n. 1

Nelle estati 1992 e 1993 ho fatto uno studio per quantifi care le specie di farfalle presenti nel prato della mia casa; il risultato è stato la classifi ca-zione, certamente incompleta, di 82 specie di farfalle, divise in 16 fami-glie.

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Papilionidi

Pieridi

Ninfalidi

Satiridi

Licenidi

EsperidiArctidi

LimantridiNoctuidi

Papilio machaonIphiclides podaliriusAporia crataegiPieris brassicae Pieris rapaeLeptidea sinapis Colias crocea Gonepteryx rhamniApatura ilia Inachis ioVanessa atalantaVanessa carduiAglais urticaeMelitaea phoebeMelitaea diaminaPyronia tithonusCoenonympha pamphilusLasiommata megeraLycaena phlaeasEveres argiadesPolyommatus icarusPyrgus malvaeEilema caniolaSpilosoma lubricipedaSpilosoma luteumLymantria disparScotia segetum Noctua pronubaAmathes c-nigrumHeliophobus reticulataMythimna unipunctaCucullia umbraticaBlepharita solieriAgrochola lychnidisTrachea atriplicisPhlogophora meticulosaAthetis gluteosaChloridea peltigera

MacaonePodalirio

CavolaiaCavolaia minore

Vanessa Vulcano Vanessa del cardo

Bombice dispari

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Sfi ngidi

Lasiocampidi

Tiatiridi Geometridi

Pyrrha umbraEmmelia trabealisAcontia luctuosaAutografa gammaPlusia festucaeMacdunnoughia confusaCatocala elocataEctypa glyphicaAedia leucomelasHypaena proboscidalisGrammodes bifasciataDysgonia algiraThalpophila maturaTelesilla amethystinaSpaerotis augurXestia c-nigrumZanclognatha tenuialisAcronicta rumicisMimas tiliae Acherontia atroposDeilephila elpenorMacroglossum stellatarumHerse convolvuliLasiocampa quercusGastropadra quercifoliaHabrosine phritaidesColostygia pectinatariaXanthorhoe ferrugataEpirroe alternataIdaea aversataCalothysanis amataSemiothisa alternariaSemiothisa clathrataEpione repandariaErannis defoliariaEmaturga atomariaHemistola chrysoprasariaCoenotephria berberata

Sfi nge del tiglioSfi nge testa di morto

Sfi nge del galio

Bombice della querciaBombice foglia di quercia

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PteroforidiZigenidiEpialidi

Menophra abruptariaAnaitis efformataPterophorus pentadactylusZygaena fi lipendulaeHepialus lupulinusTriodia sylvina

Appendice n. 2

Tabelle riassuntive delle specie, divise per ambienti.

Si tenga presente che i mammiferi, i rettili e gli anfi bi, avendo poca mo-bilità, sono animali presenti tutto l’anno, e quindi anche si riproducono in zona; per quanto riguarda i pesci, tutti si riproducono, con l’eccezione dell’anguilla, che va a deporre le uova nel mar dei Sargassi, e della carpa erbivora.

Campi coltivati.

Gabbiano comuneGufo comunePicchio verdePicchio rosso maggiorePicchio rosso minoreMerloRigogoloGhiandaiaGazzaCornacchia grigiaStornoPassera mattugiaVerdone CardellinoGheppio

Larus ridibundusAsio otusPicus viridisDendrocopos majorDendrocopos minorTurdus merula Oriolus oriolusGarrulus glandariusPica picaCorvus corone cornixSturnus vulgarisPasser montanusCarduelis chlorisCarduelis carduelis Falco tinnunculus

Segnalazioni anni ’60

Poco comune

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Siepi.

Lucertola campestreLucertola muraiolaRamarroOrbettinoBiaccoColubro di EsculapioColubro liscioRiccioToporagno comuneCrocidura minoreMoscardinoTopo selvaticoDonnolaFainaTorcicollo UsignoloMerloCapineraCinciallegra

Podarcis siculaPodarcis muralisLacerta viridisAnguis fragilisColuber viridifl avusElaphe longissimaCoronella austriacaErinaceus europaeusSorex araneusCrocidura suaveolensMuscardinus avellanariusApodemus sylvaticusMustela nivalisMartes foinaJynx torquillaLuscinia megarynchosTurdus merulaSylvia atricapillaParus major

Raro

Segnalazioni anni ‘70Segnalazioni anni ‘70Abbastanza comune

Segnalazioni anni ‘90

Molto raraPoco comuneNidifi cante Nidifi cante Nidifi cante Nidifi cante

Fossi.

DitiscoGerrideScorpione d’acquaNotonetta----Tritone punteggiatoUlulone dal ventre gialloPelobate fosco

Rospo comuneRospo smeraldinoRaganellaRana dei fossi

Dytiscus marginalisGerris lacustrisNepa cinereaNotonecta glaucaHydrous piceusTriturus vulgarisBombina variegataPelobates fuscus

Bufo bufoBufo viridisHyla arboreaRana lessonae

Poco comunePoco comuneNon in tutti i fossiLa presenza è da confermareIn diminuzioneSolo per deporre le uovaSolo per deporre le uova

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120

Rana verde minoreRana agileTestuggine palustreBiscia dal collareGambusiaUnioNitticoraGarzettaAirone biancoAirone cenerinoAirone rossoGallinella d’acqua

Rana esculentaRana dalmatinaEmys orbicularisNatrix natrixGambusia holbrookiUnio pictorisNycticorax nycticoraxEgretta garzettaEgretta albaArdea cinereaArdea purpureaGallinula chloropus

In forte diminuzione

Non comune

In aumento

Non comuneNidifi cante

Bosco Zacchi.

Cervo volanteRana di Lataste

Biscia tessellataToporagno comune

Topo selvatico dal dorso striatoPicchio rosso maggioreUsignoloMerloCapineraRigogolo

Lucanus cervusRana latastei

Natrix tessellataSorex araneus

Apodemus agrarius

Dendrocopos majorLuscinia megarynchosTurdus merulaSylvia atricapillaOriolus oriolus

RaroLa presenza è da confermareRaraLa presenza è da confermareLa presenza è da confermareNidifi cante Nidifi cante Nidifi cante Nidifi cante Probabile nidifi cante

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121

Palù.

Talpa ciecaToporagno comuneToporagno nanoArvicola campestreTopo selvaticoGarzettaAirone biancoAirone cenerinoPoianaLodolaioGheppioSmeriglioSparvieroQuagliaSchiribillaPavoncellaBeccacciaCombattenteBeccaccinoPittima realeChiurloTotano moro PettegolaPiro piro boschereccioPiro piro piccoloColombaccioBarbagianniCivettaGufo comuneCappellacciaTottavilla AllodolaPrispolonePispolaCutrettolaAverla maggiore Strillozzo

Talpa caecaSorex araneusSorex minutusMicrotus arvalisApodemus sylvaticusEgretta garzettaEgretta albaArdea cinereaButeo buteoFalco subbuteoFalco tinnunculusFalco columbariusAccipiter nisusCoturnix coturnixPorzana parvaVanellus vanellusScolopax rusticolaPhilomachus pugnaxGallinago gallinago Limosa limosa Numenius arquataTringa erythropusTringa totanusTringa glareolaActitis hypoleucosColumba palumbusTyto albaAthene noctuaAsio otusGalerida cristataLullula arboreaAlauda arvensisAnthus trivialisAnthus pratensisMotacilla fl avaLanius excubitorMiliaria calandra

In aumento

Raro

RaroRaro

Rara

Rara

Raro

Nidifi cante

Rarissima

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122

Fiume Caomaggiore.

AnodontaUnioViviparo Gambero di fi umeAnguillaTrota farioTrota irideaTriotto CavedanoTinca ScardolaAlborellaSavettaBarbo comuneCarassio comuneCarpaCobite comunePesce gattoLuccioGambusiaSpinarelloPersico trotaPersico soleGhiozzo padanoPanzaroloScazzoneLampreda padanaVolpe FainaTasso LontraVisone americanoScoiattoloCigno reale Gallinella d’acquaMartin pescatore

Anodonta cigneaUnio pictorisViviparus fasciatusAustropotamobius pallipesAnguilla anguilla Salmo trutta truttaOncorhynchus mykissRutilus erythrophthalmusLeuciscus cephalusTinca tincaScardinius erythrophthalmusAlburnus alburnus alborellaChondrostoma soettaBarbus plebejusCarassius carassiusCyprinus carpioCobitis taeniaIctalurus melasEsox luciusGambusia holbrookiGasterosteus aculeatusMicropterus salmoidesLepomis gibbosusPadogobius martensiiKnipowitschia punctatissimusCottus gobioLethenteron zanandreaiVulpes vulpesMartes foinaMeles melesLutra lutraMustela visonSciurus vulgarisCygnus olorGallinula chloropusAlcedo atthis

AbbondanteAbbondanteRara

Abbondante

AbbondanteRara

Abbondante

Abbondante

RaroRaroRaroAbbondanteAbbondanteRaroRaraDa confermare

Da confermareEstintaFuggito dagli allevamentiUna segnalazione

Nidifi cante Nidifi cante

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123

Ballerina giallaUsignolo di fi umeCannaiola

Motacilla cinereaCettia cettiAcrocephalus scirpaceus

Nidifi cante Nidifi cante

Cave vecchie.

Tritone punteggiatoTritone crestato Ululone dal ventre gialloRospo smeraldinoRaganellaRana verde minoreRana agileTestuggine palustreBiaccoColubro di Esculapio

Biscia dal collareBiscia tessellataTriotto CavedanoVairone ScardolaTinca AlborellaCarpaCarpa a specchiAnguillaLuccioSpinarelloPersico trotaPersico solePesce gattoRiccioToporagno comuneToporagno nanoToporagno acquatico di Miller

Triturus vulgarisTriturus cristatusBombina variegataBufo viridisHyla arboreaRana esculentaRana dalmatinaEmys orbicularisColuber viridifl avusElaphe longissima

Natrix natrixNatrix tessellataRutilus aulaLeuciscus cephalus cabedaLeuciscus souffi a muticellusScardinius erythrophthalmusTinca tincaAlburnus alburnus alborellaCyprinus carpioCyprinus carpioAnguilla anguillaEsox luciusGasterosteus aculeatusMicropterus salmoidesLepomis gibbosusIctalurus melasErinaceus europaeusSorex araneusSorex minutusNeomys anomalus

Da confermareDa confermare

RaroSegnalazioni deglianni ‘70

Da confermareSpecie introdottaSpecie introdottaSpecie introdotta

Da confermare

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124

Crocidura minoreArvicola terrestreTopo selvaticoTopo selvatico dal dorso striatoDonnolaVisone americanoTarabusino Tarabuso NitticoraGarzettaAirone bianco Airone cenerino Airone rossoGermano realePorciglioneVoltolino SchiribillaGallinella d’acquaCuculo

BarbagianniAssiolo

CivettaGufo comune Martin pescatorePicchio verdePicchio rosso maggioreRondineRondoneBalestruccioScriccioloPassera scopaiolaPettirossoUsignoloMerloUsignolo di fi ume

Crocidura suaveolensArvicola terrestrisApodemus sylvaticusApodemus agrarius

Mustela nivalisMustela visonIxobrychus minutusBotaurus stellarisNycticorax nycticoraxEgretta garzettaEgretta albaArdea cinereaArdea purpureaAnas platyrhynchosRallus aquaticusPorzana porzanaPorzana parvaGallinula chloropusCuculus canorus

Tyto albaOtus scops

Athene noctuaAsio otusAlcedo atthisPicus viridisDendrocopos majorHirundo rusticaApus apusDelichon urbicaTroglodytes troglodytesPrunella modularisErithacus rubecolaLuscinia megarynchosTurdus merulaCettia cetti

RaraDa verifi careNidifi cante Probabile nidifi cante

Probabile nidifi cante

RaroRaroRaraNidifi cante Parassita della cannaiola

Segnalazioni deglianni ‘70

Solo per cibarsiSolo per cibarsiSolo per cibarsi

Nidifi cante Nidifi cante Nidifi cante

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125

BeccamoschinoCannaiolaCapineraLuì piccoloRegoloFiorrancinoBalia neraCodibugnoloCinciarellaCinciallegraPendolinoRigogoloFringuelloPeppolaLucherinoCiuffolotto Migliarino di palude

Cisticola juncidisAcrocephalus scirpaceusSylvia atricapillaPhilloscopus collybitaRegulus regulusRegulus ignicapillusFicedula hypoleucaAegithalos caudatusParus caeruleusParus majorRemiz pendulinusOriolus oriolusFringilla coelebsFringilla montifringillaCarduelis spinusPyrrhula pyrrhulaEmberiza schoeniclus

Nidifi cante Nidifi cante

Poco comune

Nidifi cante

Cave Acco.

Testuggine palustreBiscia tessellataCarpa erbivoraTrota irideaPersico trotaPersico soleCarpa a specchiPesce gattoTopo selvatico dal dorso striatoGarzettaAirone biancoAirone cenerinoGabbiano comunePendolino

Emys orbicularisNatrix tessellataCtenopharyngodon idellaOncorhynchus mykissMicropterus salmoidesLepomis gibbosusCyprinus carpioIctalurus melasApodemus agrarius

Egretta garzettaEgretta albaArdea cinereaLarus ridibundusRemiz pendulinus

IntrodottaIntrodottaIntrodottoIntrodottoIntrodotta

Nidifi cante

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126

Cave Furlanis, ora Laghi di Cinto.

Tuffetto Svasso maggioreSvasso piccoloCormoranoMarangone minoreNitticoraSgarza ciuffettoGarzettaAirone biancoAirone cenerinoCicognaCigno minoreOca lombardella Oca granaiolaOca selvaticaAlzavolaGermano reale CodoneMarzaiolaMestoloneMoriglioneMorettaMoretta tabaccataFolaga

Pendolino

Tachybaptus rufi collisPodiceps cristatusPodiceps nigricollisPhalacrocorax carboPhalacrocorax pygmeusNycticorax nycticoraxArdeola ralloidesEgretta garzettaEgretta albaArdea cinereaCiconia ciconiaCygnus columbianusAnser albifronsAnser fabalisAnser anserAnas creccaAnas platyrhynchosAnas acutaAnas querquedulaAnas clypeataAythya ferinaAythya fuligulaAythya nyrocaFulica atra

Remiz pendulinus

Nidifi cante Nidifi cante Nidifi cante

Nidifi cante RarissimaRarissimo

Nidifi cante

Sono note alcune nidifi cazioniNidifi cante

L’elenco deve considerarsi incompleto a causa dell’impossibilità di com-piere una ricerca approfondita, che avrebbe richiesto lunghi periodi di lavoro all’interno della proprietà.

Giardini.

Rospo comuneRospo smeraldinoRaganellaRatto delle chiaviche

Bufo bufoBufo viridisHyla arboreaRattus norvegicus

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127

Ratto nero Topolino delle caseRiccioMerloCapineraPigliamoscheCodibugnoloCinciallegraVerzellino Verdone Cardellino

Rattus rattusMus musculusErinaceus europaeusTurdus merulaSylvia atricapillaMuscicapa striataAegithalos caudatusParus majorSerinus serinusCarduelis chlorisCarduelis carduelis

Nidifi cante Nidifi cante Nidifi cante Nidifi cante Nidifi cante

Nidifi cante Nidifi cante

Esempio di ricostruzione ambientale.

Tritone punteggiatoUlulone dal ventre gialloPelobate foscoRana dei fossiRana verde minoreRaganella

Testuggine palustreOrbettinoColubro liscio Biscia dal collareGambusiaRiccioTalpa cieca

Toporagno nano

Toporagno acquatico di MillerArvicola campestreNitticoraGarzettaAirone bianco

Triturus vulgarisBombina variegataPelobates fuscusRana lessonaeRana esculentaHyla arborea

Emys orbicularisAnguis fragilisCoronella austriacaNatrix natrixGambusia holbrookiErinaceus europaeusTalpa caeca

Sorex minutus

Neomys anomalus

Microtus arvalisNycticorax nycticoraxEgretta garzettaEgretta alba

Si riproduce

Da confermareSi riproduceSi riproduceRiproduzioneprobabileNate 5Si riproduceSi riproduceSi riproduceNel fosso confi nanteSi riproduceRiproduzioneprobabileRiproduzioneprobabileRiproduzioneprobabileSi riproduceVisitatore occasionaleVisitatore frequenteSolo due avvistamenti

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128

Airone rosso

Airone cenerino

Sparviero

Piro piro piccolo

Gufo comune

Martin pescatore

Upupa

Picchio verde

Picchio rosso

maggiore

Ballerina bianca

Pettirosso

Codirosso

spazzacamino

Saltimpalo

Merlo

Tordo sassello

Cesena

Luì verde

Luì piccolo

Regolo

Pigliamosche

Codibugnolo

Cinciarella

Cinciallegra

Rigogolo

Ardea purpurea

Ardea cinerea

Accipiter nisus

Actitis hypoleucos

Asio otus

Alcedo atthis

Upupa epops

Picus viridis

Dendrocopos major

Motacilla alba

Erithacus rubecola

Phoenicurus ochruros

Saxicola torquata

Turdus merula

Turdus iliacus

Turdus pilaris

Philloscopus sibilatrix

Philloscopus collybita

Regulus regulus

Muscicapa striata

Aegithalos caudatus

Parus caeruleus

Parus major

Oriolus oriolus

Visitatore occasionale

Visitatore frequente

Svernante, possibile

nidifi cazione nel 2001

in ambito comunale

Avvistamenti sporadici

Nidifi ca nel giardino

vicino

Visitatore frequente

Solo una breve

permanenza

Presenza costante

Presenza costante

Visitatore occasionale

Svernante

Svernante

Visitatore occasionale

Presenza costante

Rare e brevi

permanenze

Avvistamenti sporadici

Visitatore occasionale

Svernante

Svernante

Nidifi cante

Nidifi ca nel giardino

vicino

Svernante

Nidifi cante

Viene a cibarsi dei

fi chi

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129

Ghiandaia

Gazza

Passera mattugia

Fringuello

Verdone

Cardellino

Lucherino

Migliarino di palude

Garrulus glandarius

Pica pica

Passer montanus

Fringilla coelebs

Carduelis chloris

Carduelis carduelis

Carduelis spinus

Emberiza schoeniclus

Nidifi cante

Nidifi cante

Presenza costante

Svernante

Nidifi ca nel giardino

vicino

Nidifi ca nel giardino

vicino

Svernante

Svernante

Appendice n. 3

Elenco delle specie animali nominate.

Insetti.

Ditisco

Gerride

Scorpione d’acqua

Notonetta

-------

Cervo volante

Cetonia dorata

Dytiscus marginalis

Gerris lacustris

Nepa cinerea

Notonecta glauca

Hydrous piceus

Lucanus cervus

Cetonia aurata Pitacòca

Molluschi e crostacei.

Anodonta

Unio

Viviparo

Gambero di fi ume

Anodonta cignea

Unio pictoris

Viviparus fasciatus

Austropotamobius pallipes

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130

Anfi bi e rettili.

Tritone punteggiato

Tritone crestato

Ululone dal ventre giallo

Pelobate fosco

Rospo comune

Rospo smeraldino

Raganella

Rana dei fossi

Rana verde minore

Rana agile

Rana di Lataste

Ramarro

Lucertola campestre

Lucertola muraiola

Orbettino

Biacco

Colubro di Esculapio

Colubro liscio

Biscia dal collare

Biscia tessellata

Testuggine palustre

Triturus vulgaris

Triturus cristatus

Bombina variegata

Pelobates fuscus

Bufo bufo

Bufo viridis

Hyla arborea

Rana lessonae

Rana esculenta

Rana dalmatina

Rana latastei

Lacerta viridis

Podarcis sicula

Podarcis muralis

Anguis fragilis

Coluber viridifl avus

carbonarius

Elaphe longissima

Coronella austriaca

Natrix natrix

Natrix tessellata

Emys orbicularis

Rospàt

Rospàt

Rana pacùta

Bissbòr

Birìgola

Birìgola

Orbèt, Orbiòla

Carbonàss

Madràss

Bissa ranèra

Magnacòpa

Pesci.

Anguilla

Trota fario

Trota iridea

Triotto

Cavedano

Vairone

Tinca

Scardola

Anguilla anguilla

Salmo trutta trutta

Oncorhynchus mykiss

Rutilus erythrophthalmus

Leuciscus cephalus cabeda

Leuciscus souffi a muticellus

Tinca tinca

Scardinius erythrophthalmus

Bisàt

Sièntul

Squàl

Codarossa

Tència

Marinassa

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131

Alborella

Savetta

Barbo comune

Carassio comune

Carpa

Carpa erbivora

Carpa a specchi

Carpa cuoio

Cobite comune

Pesce gatto

Luccio

Gambusia

Spinarello

Persico trota

Persico sole

Ghiozzo padano

Panzarolo

Scazzone

Lampreda padana

Alburnus alburnus alborella

Chondrostoma soetta

Barbus plebejus

Carassius carassius

Cyprinus carpio

Ctenopharyngodon idella

Cyprinus carpio

Cyprinus carpio

Cobitis taenia

Ictalurus melas

Esox lucius

Gambusia holbrooki

Gasterosteus aculeatus

Micropterus salmoides

Lepomis gibbosus

Padogobius martensi

Knipowitschia punctatissimus

Cottus gobio

Lethenteron zanandreai

Sgàrdola

Barbo bianco

Scaràsso

Raìna

Amur

Carpa

Carpa nuda

Barbòn, Testòn

Lùss

Pansèta

Spingariola

Trota persica

Gobèta

Marsonèt

Marsòn

Mammiferi.

Riccio

Talpa cieca

Toporagno comune

Toporagno nano

Toporagno acquatico

di Miller

Crocidura minore

Moscardino

Arvicola campestre

Arvicola terrestre

Ratto delle chiaviche

Ratto nero

Topo selvatico

Topo selvatico dal

dorso striato

Erinaceus europaeus

Talpa caeca

Sorex araneus

Sorex minutus

Neomys anomalus

Crocidura suaveolens

Muscardinus avellanarius

Microtus arvalis

Arvicola terrestris

Rattus norvegicus

Rattus rattus

Apodemus sylvaticus

Apodemus agrarius

Riss da bar

Rùmula, Farc

Musiòn

Pantegana

Pantegana

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132

Topolino delle case

Volpe

Donnola

Faina

Tasso

Lontra

Visone americano

Scoiattolo

Mus musculus

Vulpes vulpes

Mustela nivalis

Martes foina

Meles meles

Lutra lutra

Mustela vison

Sciurus vulgaris

Sorzìt

Bilìta

Fuìn

Ludra

Uccelli.

Tuffetto Svasso maggioreSvasso piccoloCormoranoMarangone minoreTarabusino Tarabuso NitticoraSgarza ciuffettoGarzettaAirone biancoAirone cenerinoAirone rossoCicognaCigno realeCigno minoreOca lombardellaOca granaiolaOca selvaticaCanapigliaAlzavolaGermano realeCodoneMarzaiolaMestoloneMoriglione

Tachybaptus rufi collisPodiceps cristatusPodiceps nigricollisPhalacrocorax carboPhalacrocorax pygmeusIxobrychus minutusBotaurus stellarisNycticorax nycticoraxArdeola ralloidesEgretta garzettaEgretta albaArdea cinereaArdea purpureaCiconia ciconiaCygnus olorCygnus columbianusAnser albifronsAnser fabalisAnser anserAnas streperaAnas crecca Anas platyrhynchosAnas acutaAnas querquedulaAnas clypeataAythya ferina

Sfrìsul

Trentacoste

PignòlSarsègnaMasorìnAsiàCrècolaPalòtMagàss

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133

MorettaMoretta tabaccataPoianaLodolaioGheppioSmeriglioSparvieroQuagliaPorciglioneVoltolino SchiribillaGallinella d’acquaFolagaPavoncellaBeccacciaCombattenteBeccaccinoPittima realeChiurloTotano moroPettegolaPiro piro boschereccioPiro piro piccoloGabbiano comuneColombaccioTortora dal collare orientaleCuculoBarbagianniAssioloCivettaGufo comuneSucciacapreMartin pescatore UpupaTorcicollo Picchio verdePicchio rosso maggiorePicchio rosso minoreCappellaccia

Aythya fuligula Aythya nyrocaButeo buteoFalco subbuteoFalco tinnunculusFalco columbariusAccipiter nisusCoturnix coturnixRallus aquaticusPorzana porzanaPorzana parvaGallinula chloropusFulica atraVanellus vanellusScolopax rusticola Philomachus pugnaxGallinago gallinagoLimosa limosaNumenius arquata Tringa erythropusTringa totanus Tringa glareolaActitis hypoleucosLarus ridibundusColumba palumbusStreptopelia decaocto

Cuculus canorusTyto albaOtus scopsAthene noctua Asio otusCaprimulgus europaeusAlcedo atthis Upupa epops Jynx torquilla Picus viridis Dendrocopos majorDendrocopos minorGalerida cristata

Penacìn

QuàiaSforsànaSgiarìgolaQuaìnaSfòiFòlegaPalonsìnaGalinàssa

Becanòt

ArcàdaTòtanoTòtanoTòtano

ColombàsTortorèla

CucùDuanàtChiùSuìta

PescamartìnGalletto di montagna FurmighèraPicPic

Capelùga

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134

Tottavilla AllodolaRondineRondoneBalestruccioPrispolonePispolaSpioncelloCutrettolaBallerina gialla Ballerina biancaScriccioloPassera scopaiolaPettirossoUsignoloCodirosso spazzacaminoSaltimpaloMerloTordo sasselloCesenaTordela Usignolo di fi umeBeccamoschinoCannaiolaBeccafi co CapineraLuì verde Luì piccoloRegoloFiorrancinoPigliamoscheBalia neraCodibugnoloCinciarellaCinciallegraPendolinoRigogoloAverla piccolaAverla maggioreGhiandaia

Lullula arboreaAlauda arvensis Hirundo rusticaApus apus Delichon urbicaAnthus trivialisAnthus pratensisAnthus spinolettaMotacilla fl ava Motacilla cinereaMotacilla alba Troglodytes troglodytesPrunella modularisErithacus rubecolaLuscinia megarynchosPhoenicurus ochrurosSaxicola torquataTurdus merulaTurdus iliacusTurdus pilarisTurdus viscivorus Cettia cettiCisticola juncidisAcrocephalus scirpaceus Sylvia borinSylvia atricapillaPhilloscopus sibilatrixPhilloscopus collybitaRegulus regulusRegulus ignicapillusMuscicapa striataFicedula hypoleucaAegithalos caudatusParus caeruleusParus majorRemiz pendulinusOriolus oriolusLanius collurioLanius excubitor Garrulus glandarius

BirulìÒdolaSisìla

Tordìna FistaFistònBoarìnaScassacòdolaScassacòdolaSclinsMorettaPitaròssRosignòl

Favrùt

Tordo sisilìnCiàcMerlo biso

Becafìgo

Luìt

Stelìn

Codòn

Sarpignòla

Merlo zalGerlaGerla stellaGaia

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135

GazzaCornacchia grigiaStornoPassera d’ItaliaPassera mattugiaFringuelloPeppola

Verzellino Verdone CardellinoLucherinoFanelloOrganetto CrociereCiuffolotto FrosoneZigolo gialloMigliarino di paludeStrillozzo

Pica picaCorvus corone cornixSturnus vulgarisPasser italiaePasser montanusFringilla coelebsFringilla montifringilla

Serinus serinusCarduelis chlorisCarduelis carduelisCarduelis spinusCarduelis cannabinaCarduelis fl ammeaLoxia curvirostraPyrrhula pyrrhula Coccothraustes coccothraustesEmberiza citrinellaEmberiza schoeniclusMiliaria calandra

ChecaCroàtStornèlPasseroPàssera campagnolaSavàtulMontàn,Pacagnòso

Verdòn GardelìnLugarìnFaganèlMondo novoBec in croseSubiòtoFrisònRòssolaSiàtPetàss

Per quanto riguarda i nomi scientifi ci, si è fatto riferimento alle seguenti opere:- per gli insetti, Guida degli insetti d’Europa di Chinery;- per i pesci, La fauna ittica della provincia di Venezia di Marconato,

Maio e Salviati;- per rettili e anfi bi, Guida dei rettili e degli anfi bi d’Europa di Arnold

e Burton;- per gli uccelli, Guida degli uccelli d’Europa di Peterson;- per i mammiferi, Guida dei mammiferi d’Europa di Corbet e

Ovenden.

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136

Bibliografi a

Atlante degli uccelli nidifi canti in Italia, a cura di Enrico Meschini e Sergio Frugis; Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, supplemento alle Ricerche di Biologia della Selvaggina, novembre 1993.

Atlante degli Uccelli nidifi canti in Provincia di Venezia, a cura di M. Bon, G. Cherubini, M. Semenzato, E. Stival; Provincia di Venezia, giugno 2000.

Atlante degli uccelli svernanti in provincia di Venezia, a cura di Emanuele Stival; Centro Ornitologico Veneto Orientale, Montebelluna (TV) 1996.

La fauna ittica della provincia di Venezia, a cura di E. Marconato, G. Maio, S. Salviati; provincia di Venezia, 2000.

Impariamo a conoscere le farfalle, a cura di I. Novak e F. Severa; Istituto geografi co De Agostini 1983.

Guida degli insetti d’Europa, a cura di M. Chinery; Franco Muzzio Edi-tore 1987.

Guida dei rettili e degli anfi bi d’Europa, a cura di E. N. Arnold e J. A. Burton; Franco Muzzio Editore 1985.

Guida dei pesci d’acqua dolce d’Europa, a cura di W. Ladiges e D. Vogt; Franco Muzzio Editore 1986.

Guida degli uccelli d’Europa, a cura di R. Peterson, G. Mountfort e P. A. D. Hollom; Franco Muzzio Editore 1983.

Guida dei mammiferi d’Europa, a cura di G. Corbet e D. Ovenden; Franco Muzzio Editore 1985.

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Ringraziamenti.

Un particolare ringraziamento va ai signori Tiziano Battiston e Adriano Daneluzzi, indispensabili per la conoscenza dei nomi dialettali degli ani-mali; al signor Antonio Lenardon, per la sua conoscenza di quanto con-cerne il mulino della Sega; al signor Antonio “Toni” Fracassin, per le notizie sull’impianto della bressana; al signor Bruno Infanti, di Sesto al Reghena, per l’aiuto nella classifi cazione delle farfalle; a Gianfranco Bertani per la consulenza nella determinazione fl oristica; alla prof.ssa Daniela Muzzin per gli utili suggerimenti; al Prof. Loris Stella per il si-gnifi cativo apporto nella revisione dei testi e per l’assistenza tecnica.Un ringraziamento particolare va inoltre al dott. Fabio Gorian per l’at-tenta rilettura dell’intero lavoro.

Livio Marcorin ha collaborato alla realizzazione dei seguenti libri: At-lante degli uccelli nidifi canti in provincia di Pordenone, Atlante degli uccelli nidifi canti in Italia, Atlante degli uccelli svernanti in provincia di Venezia, Atlante degli uccelli nidifi canti in provincia di Venezia.Maria Grazia Marzinotto laureata in Scienze Biologiche, docente di matematica e scienze presso la scuola media di Cinto Caomaggiore.

Gli schemi della sezione “Flora” sono di Maria Grazia Marzinotto.I disegni della sezione “Fauna” sono di Francesco Marcorin.I disegni originali dei mulini di Cinto, della Sega e della bressana, sono attualmente conservati nell’archivio Marcorin.

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