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7 SCIENZE E RICERCHE • N. 24 • 1° MARZO 2016 | SCIENZE FILOLOGICO-LETTERARIE Invito alla lettura della “Storia della Astronomia dalla sua origine sino all’anno 1811” di Giacomo Leopardi FILOMENA MONTELLA Docente di Lettere affinerà in seguito. La formazione di Leopardi era classica ed era alimenta- ta, soprattutto, dai testi presenti nella biblioteca del “pater- no ostello”, ricca di oltre 16000 volumi, collocati in diverse stanze. Nella stanza centrale il giovanissimo Giacomo, pri- ma dei quindici anni, compose la sua monumentale Storia dell’Astronomia. Scriveva ad un «tavolino presso la finestra, con le spalle rivolte a levante», così racconta Monaldo del suo «dilettissimo figlio» in una lettera inviata ad un amico romano per sollecitargli la ricerca di un ennesimo libro di astronomia. Diamo un po’ di cifre che possono chiarirci la grandiosità della Storia dell’Astronomia: 300 libri citati in 1700 note nei primi quattro capitoli; oltre 300 pagine di testo; oltre 2000 nomi di astronomi, filosofi, poeti, tutti in una ottocentesca «L a più sublime, la più nobile tra le Fisiche scienze ella è senza dub- bio l’Astronomia». È con questo inno alla scienza del cielo che si apre l’ardito pro- getto che un giovane quindicenne di Recanati di nome Gia- como Leopardi ha realizzato con il titolo Storia della Astronomia dalla sua origine sino all’anno 1811, un’opera che propone un excursus storico-culturale della storia dell’astronomia, partendo dalle “strava- ganze” dei primi filosofi per giungere alla più sobria scienza dei suoi tempi, edificata dall’”immortale” Newton e seguaci. L’opera del giovane Giacomo, tuttavia, non è soltanto una sterile storia che parte dall’antichità fino al 1811, ma un affresco vivo e piacevole degli sviluppi delle inda- gini sul cielo, e affronta anche temi quali la pluralità dei mondi, l’eventuale vita ex- traterrestre, l’infinità dell’universo. L’idea di Leopardi, quindi, era quella di realizzare una biblioteca, e, allo stesso tempo, non solo una biblioteca, ma anche una storia, in altre parole, una narrazione concatenata dei progressi compiuti dall’a- stronomia, in un modo colto e letterario. E c’è riuscito pienamente. Per sei mesi del 1813, Leopardi si è dedicato alla stesura di un lavoro che è veramente ammirevole ancora ai nostri giorni. Si tratta di un’opera davvero stupefacente, se si pensa all’incredibile estensione della bibliografia citata da Leopar- di. A fine opera, infatti, è riportato un elenco di testi consul- tati (circa 224 nomi). E non bisogna dimenticarsi che nello stesso periodo il giovane studiava greco, latino ed ebraico (l’opera in questione è ricca di citazioni non tradotte) e in- cominciava a tracciare le linee di quella sua poetica, che si Giacomo Leopardi

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SCIENZE E RICERCHE • N. 24 • 1° MARZO 2016 | SCIENZE FILOLOGICO-LETTERARIE

Invito alla lettura della “Storia della Astronomia dalla sua origine sino all’anno 1811” di Giacomo Leopardi FILOMENA MONTELLADocente di Lettere

affinerà in seguito.La formazione di Leopardi era classica ed era alimenta-

ta, soprattutto, dai testi presenti nella biblioteca del “pater-no ostello”, ricca di oltre 16000 volumi, collocati in diverse stanze. Nella stan za centrale il giovanissimo Giacomo, pri-ma dei quindici anni, compose la sua monumentale Storia

dell’Astro nomia. Scriveva ad un «tavolino presso la finestra, con le spalle rivolte a levante», così racconta Monaldo del suo «dilettissimo figlio» in una lettera inviata ad un ami co romano per sollecitargli la ricerca di un ennesimo libro di astronomia.

Diamo un po’ di cifre che possono chiarirci la grandiosità della Storia dell’Astronomia: 300 libri citati in 1700 note nei primi quattro capitoli; oltre 300 pagine di testo; oltre 2000 nomi di astronomi, filosofi, poeti, tutti in una ottocentesca

«La più sublime, la più nobile tra le Fisiche scienze ella è senza dub-bio l’Astronomia».

È con questo inno alla scienza del cielo che si apre l’ardito pro-

getto che un giovane quindicenne di Recanati di nome Gia-como Leopardi ha realizzato con il titolo Storia della Astronomia dalla sua origine sino all’anno 1811, un’opera che propone un excursus storico-culturale della storia dell’astronomia, partendo dalle “strava-ganze” dei primi filosofi per giungere alla più sobria scienza dei suoi tempi, edificata dall’”immortale” Newton e seguaci.

L’opera del giovane Giacomo, tuttavia, non è soltanto una sterile storia che parte dall’antichità fino al 1811, ma un affresco vivo e piacevole degli sviluppi delle inda-gini sul cielo, e affronta anche temi quali la pluralità dei mondi, l’eventuale vita ex-traterrestre, l’infinità dell’universo.

L’idea di Leopardi, quindi, era quella di realizzare una biblioteca, e, allo stesso tempo, non solo una biblioteca, ma anche una storia, in altre parole, una narrazione concatenata dei progressi compiuti dall’a-stronomia, in un modo colto e letterario. E c’è riuscito pienamente.

Per sei mesi del 1813, Leopardi si è dedicato alla stesura di un lavoro che è veramente ammirevole ancora ai nostri giorni. Si tratta di un’opera davvero stupefacente, se si pensa all’incredibile estensione della bibliografia citata da Leopar-di. A fine opera, infatti, è riportato un elenco di testi consul-tati (circa 224 nomi). E non bisogna dimenticarsi che nello stesso periodo il giovane studiava greco, latino ed ebraico (l’opera in questione è ricca di citazioni non tradotte) e in-cominciava a tracciare le linee di quella sua poetica, che si

Giacomo Leopardi

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nell’invettiva contro l’«astrologia giudiciaria», che vuole le-gare agli astri il destino degli uomini: «Il creder possibile la cognizion del futuro serve a pascere la curiosità dell’uomo, e il riputar di conoscerlo in effetto lusinga la sua ambizione. Questa infermità di mente fu ed è tuttora incurabile, e gli astrologi divennero ben presto l’oggetto dell’ammirazione del volgo». E, tuttavia, l’opera è ricca di excursus poetici molto delicati e che dimostrano la vena artistica e sentimen-tale del poeta Leopardi. I passaggi sono tenui e armoniosi, le descrizioni sottili e romantiche.

Dallo scritto si evince la necessità della conoscenza: «Il mondo è pieno di errori e prima cura dell’uomo deve essere quella di conoscere il vero»; «La natura generalmente na-sconde delle verità, ma non insegna degli errori; […]. La cattiva educazione fa ciò che non fa la natura. Essa riempie l’idee vane le deboli menti puerili: la culla del bambino è circondata da pregiudizi d’ogni sorta, e il fanciullo è allevato con questi perversi compagni».

Nel corso del tempo Leopardi si convincerà che non è solo la «cattiva educazione» a produrre tali effetti, ma la migliore istruzione e civiltà: «tutte le scoperte fondate sulla nuda os-servazione delle cose, non fanno quasi altro che convincerci de’ nostri errori e delle false opinioni da noi prese e formate e create col nostro proprio raziocinio o naturale o coltiva-to e (come si dice) istituto». Per questo Leopardi è sempre più tentato di definire «sapientissima» proprio l’ingenuità e l’ignoranza, e di proporre una «ultrafilosofia» capace di ri-portarci in qualche modo (un modo che sappia, però, tener conto della cultura, dalla quale comunque non si torna in-dietro) allo stato di dimenticanza e di ingenuità proprio degli animali e dei selvaggi. «E questo dovrebb’essere il frutto dei lumi straordinari di questo secolo».

La natura non insegna né verità né errori. La vita dell’uo-mo invece ne è piena. Ma a che serve sradicarli, a che serve il progresso della ragione, della conoscenza, della filosofia, dei lumi, se poi tutto questo nuoce alla vita? I vecchi errori vengono sistematicamente sostituiti da nuovi errori. Da acu-to osservatore delle cose scientifiche, egli ci fa capire che una teoria può “vacillare”, ma che questo non significa che abbiano meno valore. Il problema piuttosto è che, in certi momenti, non vi sono grandi uomini capaci di inventare nuove favole più credibili e meglio fondate sulle precedenti. Leopardi denuncia la pigrizia nell’accettare acriticamente un sistema (Newton).

Un elemento caratteristico è l’idea della continuità degli studi: dalla morte di uno segue la nascita di un altro. Ad esempio Leopardi scrive: «Nel 1656 morì in età di 96 anni Tommaso Finck Danese […]. La natura non distrugge, che per creare, e non crea, che per distruggere. Togliendo la vita a Finck, la diede ad Halley, uno dei più insigni illustratori della scienza degli astri». Di Finck è difficile che qualcuno oggi si ricordi. Di Halley invece tutti sanno almeno che il suo nome appartiene – e sempre apparterà – a una cometa. C’è una involontaria ironia in questo creare della natura qualcosa

italianizzazione; numerosissime citazioni in greco e latino.Non è una lettura facile né scorrevole per la ricchezza di

informazioni che letteralmente bombardano ed investono il lettore, ma, tuttavia, questi è facilmente coinvolto nella sco-perta e nella ricerca, nonché nei voli romantici, ricolmi di poesia.

La scansione dei capitoli obbedisce ad esigenze di carat-tere cronologico: i primi quattro capitoli, che costituiscono la prima stesura del 1811, sono dedicati rispettivamente all’astronomia dalle origini a Talete, da Talete a Tolomeo, da Tolomeo a Copernico, da Copernico sino all’apparizione della cometa dell’anno 1811. Seguono alcune considerazio-ni sui Progressi fatti dall’astronomia, che costituiscono il quinto capitolo, nato dall’esigenza di mettere in ordine tutte le informazioni raccolte nei primi quattro capitoli, una serie di aggiunte, una raccolta di testi consultati (bibliografia) e infine una Dissertazione sopra l’origine e i primi progressi dell’astronomia del 18141.

Il carattere principale – come si intuisce da questa struttu-ra – resta quello di un immenso, e il più possibile esaustivo, repertorio bio-bibliografico, in cui il quindicenne e già “en-ciclopedissimo” Leopardi ha modo di sfoggiare con entusia-smo tutta la sua estrema erudizione. Così, molto spesso, nel testo i collegamenti sono dettati, più che dai contenuti, dalla cronologia, o dall’esigenza di ordinare per gruppi gli oltre 2000 riferimenti bibliografici.

Per questo la Storia dell’astronomia, che lo stesso Leopar-di non volle dare alle stampe perché non ne era pienamente soddisfatto, e che fu pubblicata postuma nel 1880 da Halle, è stata spesso sottovalutata dalla critica, ritenendola un’opera di esercizio erudito. Tuttavia, se si elimina il contesto erudi-tissimo che sembra soffocare l’opera, ci si accorge che sono in nuce i pensieri che si svilupperanno in età matura (come ad esempio l’idea della natura benigna). L’esempio di Finck e Halley, espediente effimero per passare da un autore all’al-tro, dimostra già l’idea centralissima del pensiero leopardia-no della natura in itinere.

E ci si trova spesso a chiedersi come possa un’opera tanto ricca e documentata essere stata scritta da un quindicenne, pur eccezionalmente dotato. A volte lo sfoggio di erudizione si fa un po’ pesante, specie nella parte di astronomia antica, e si fatica a procedere tra riferimenti bibliografici e citazioni in latino, greco e aramaico. La prosa diventa godibile, come

1 Questo è il piano dell’opera:* INTRODUZIONE* CAPITOLO I: Storia della astronomia dalla sua origine sino alla nascita di Talete* CAPITOLO II: Storia della astronomia dalla nascita di Talete sino a quella di Ptolomeo* CAPITOLO III: Storia della astronomia dalla nascita di Ptolomeo sino a quella di Copernico* CAPITOLO IV: Storia della astronomia dalla nascita di Copernico sino alla cometa dell’anno 1811* CAPITOLO V: PROGRESSI FATTI DALLA ASTRONOMIA* GIUNTE ALLA STORIA DELLA ASTRONOMIA* BIBLIOGRAFIA

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libri e coltivi giu-ste curiosità at-torno ai cammini di scoperta che ruotano attorno a l l ’as t ronomia, troverà attraente questa coraggiosa iniziativa edito-riale: dai tempi di Leopardi ai giorni nostri, la crescita delle conoscenze umane ha fatto passi giganteschi. E, come annota la Hack in chiusura, forse «noi ci sia-mo perché questo universo, casual-mente, ha i valori adatti alla nostra comparsa».

Entriamo ora in medias res. Si desidera illustrare alcuni punti fon-damentali dell’in-troduzione e del capitolo V. Suc-

cessivamente, saranno analizzati alcuni punti dei capitoli I-IV.

Fine dell’opera è: «L’Astronomia dunque sì stimata da tut-ti i sapienti, sì favorita da tutti i principi saggi ed illuminati, sì utile ad ogni genere di persone, condotta dalle umane ri-cerche allo stato in cui al presente si ritrova merita alcerto che lo studioso filosofo si applichi ad indagarne l’origine, a ricercarne i progressi, e a conoscerne l’epoche principali. Non credei far cosa discara alla letteraria repubblica nel tes-ser la Storia delle più ardite imprese dell’umano intelletto. I più celebri astronomi sì antichi, che moderni, e le più inte-ressanti vicende dell’astronomia verranno in questa con la possibile esattezza noverate e descritte».

Nell’introduzione, l’astronomia è presentata subito come una scienza (complesso organico delle conoscenze che si posseggono intorno a un determinato ordine di fenomeni).

Una scienza utile, risorta dopo che per molto tempo era stata soggetta alle tenebre dell’errore ed alle follie degli an-tichi filosofi.

L’astronomia è nata con l’uomo: le prime osservazioni furono fatte per curiosità. Per curiosità l’uomo iniziò a con-templare «quei corpi che, senza urtarsi e senza distruggersi, annunziavano la potenza del Creatore e la magnificenza della natura».

di qualitativamente migliore di ciò che aveva distrutto; un segno della natura del suo “operare verso il bene”, ele-mento che verrà poi rifiutato da Leopar-di in età matura.

Il libro, inoltre, ci ricorda quale rapporto comples-so, ma profondo, esista tra scienza e arte. Arte e scienza sono due modalità, diverse ma poten-ti, di interpretare il mondo. E ciascuna può aiutare l’altra, sia pure in ma-niera non lineare. Grazie alla Storia dell’Astronomia si può trarre una pic-cola morale: arte e scienza si rimanda-no l’un l’altra idee e concetti, che poi ciascuno interpreta secondo le proprie modalità e che contribuiscono a creare «visioni del mondo». Questa reciproca contaminazione ren-de unica, anche se articolata, la cultura umana.

L’opera del giovane Leopardi ha ispirato la stessa Marghe-rita Hack per comporre la sua Storia dell’astronomia. Dalle origini al duemila e oltre. Ovviamente, si tratta di una scelta editoriale quanto mai originale: proseguire, fino ai primi ri-sultati del ventunesimo secolo, la Storia dell’astronomia che Leopardi fa concludere con l’inizio dell’Ottocento. Un’ope-razione riuscita? Sembrerebbe di sì. La prima parte del libro, che giunge sino agli inizi dell’Ottocento, appartiene a Giaco-mo Leopardi. La seconda parte, scritta da Margherita Hack, comincia dove Leopardi finisce e si proietta sino a illustrare le prospettive aperte sul XXI secolo dalle straordinarie con-quiste più recenti. Lo scienziato moderno “prende per mano” il geniale studioso giovinetto dallo studio di Recanati e, con lui, accompagna noi tutti lungo l’affascinante itinerario, non ancora concluso, sulle strade del firmamento, con un lin-guaggio che unisce precisione e chiarezza.

La scoperta del cielo accomuna i due autori. Una storia, due autori. Giacomo Leopardi, Margherita Hack, solo in ap-parenza fra loro estranei e lontani. Li unisce in realtà la pas-sione per l’astronomia.

Si è convinti che anche il cittadino colto, purché ami i

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sieri. Noi abbiamo veduto il successivo sviluppo dell’Astro-nomia in tutte le sue parti prese insieme. Vediamolo ora nelle sue parti considerate separatamente l’una dall’altra. Abbia-mo sin qui veduta la scienza degli astri acquistar sempre maggior perfezione nelle mani di quegli uomini grandi che si sono applicati ad illustrarla, ad apprenderla e ad accrescer-la. Ma questi uomini grandi hanno impiegato diversi mezzi a tale effetto. Sminuzziamo ora il loro lavoro. Vediamo a parte a parte i progressi della scienza degli astri. Così verrà vie meglio a conoscersi lo sviluppo delle nostre cognizioni, ed il carattere dello spirito umano».

Il capitolo è poi diviso in cinque paragrafi:1. Origine dell’Astronomia 2. Prime osservazioni astronomiche 3. Sole 4. Luna 5. Stelle

Ancora una volta si afferma che l’astronomia è nata coll’uomo e che per curiosità l’uomo iniziò a contemplare «quei corpi che, senza urtarsi e senza distruggersi, annunzia-vano la potenza del Creatore e la magnificenza della natura».

Il paragrafo sul Sole si apre con un excursus storico sulle interpretazioni e gli studi fatti su questa stella (Anassago-ra, Aristotele, Galilei). Sono prese in considerazione anche le macchie solari, considerate dall’astronomo M. de la Hire «come le eminenze di una materia solida, e iregolare, che nuota sulla materia fluida del Sole, e talvolta vi s’immerge». Nella parte finale è presentato un elogio poetico al Sole, rap-presentato come il regolatore della natura: «il suo incarico è di diffonder per ogni dove insieme con la luce il calore e la vita. Egli si affetta per adempiere a questo incarico: scaglia i suoi fuochi penetranti, ravviva tutto ciò a cui giunge il suo calore, scorre da un lato all’altro del cielo, e termina la sua carriera come un instancabile atleta. Tutto si anima, tutto ac-quista un nuovo vigore, al diffondersi de’ suoi benefici raggi, egli apporta alla natura refrigerio e sollievo, e colle penetran-ti sue fiamme giunge perfino in quei luoghi ove giunger non possono i suoi raggi».

«Ma già il Sole è giunto al termine del diurno suo corso... Il palagio della natura non rimane però privo di luce. Benché la notte bon sia destinata che al silenzio ed al sonno, può nondimeno l’uomo aver mestieri di prolungare il suo trava-glio, o di continuare i suoi viaggi. La natura sempre atten-ta a provvedere a tutti i suoi bisogni, oltre le varie fiaccole che nel cielo ha disposte, e che abbastanza rischiarano il suo cammino, gli ha altresì somministrato un luminare superiore in chiarezza a tutte le stelle, un magnifico specchio, da cui gli vien resa nella notte una parte della luce solare che avea perduta».

Così, anche per la Luna Leopardi segue lo stesso schema: dopo un’analisi degli studi sulla Luna (da Talete, ad Eraclito, da Newton a Galilei, fino agli astronomi contemporanei), si passa alla poesia, affermando che essa è il magnifico spec-chio che restituisce di notte la luce solare.

«La notte sembra incaricata di far sì che il Re della natu-

Lo studio degli astri dimostra la grandezza dell’Essere Su-premo, il Creatore: esso non ha la pretesa di identificarsi con un dio religioso, ma è un essere supremo che ha dato origine al tutto.

Dopo la curiosità, subentrò la necessità: l’astronomia è uti-le per la navigazione e quindi per il commercio e per l’agri-coltura. Di qui la conclusione che esiste una relazione a chia-mo fra Terra-uomini e ammiratori-cielo, sicché l’astronomia è una scienza utile e dilettosa.

Nell’introduzione Leopardi rileva che l’astronomia ha avuto molti ammiratori illustri (Lucrezio, Orazio, Virgilio). Lo stesso Davide «prendeva dalle stelle argomento di elevar-si a Dio». E da sempre gli astronomi hanno occupato anche ruoli di prestigio. I sapienti hanno sempre dato importanza all’astronomia. Si consideri Anassagora, VI a.C. che, alla domanda quale fosse la sua patria, rispose elevando gli occhi al cielo che era il Cielo stesso. O si veda Ovidio, che nelle Metamorfosi, un’opera in versi, afferma che gli occhi sono stati dati per l’astronomia.

E che dire poi degli eventi astronomici non capiti per igno-ranza in corrispondenza di episodi storici importanti: Nicia e l’eclissi di Luna; Luigi il Buono, figlio di Carlo Magno e la cometa dell’837; lo scisma della chiesa in Inghilterra e la cometa; Newton e la cometa del 1680; Leopardi che assiste allo spavento del volgo per l’eclissi di Sole dell’11 febbraio 1804.

E inoltre: «Di quali stravaganze non è capace lo spirito umano allorquando non è regolato da cognizioni astronomi-che». Al contrario capire gli eventi astronomici è utile: ne è un esempio il comportamento di Pericle, che, mentre si ve-rificava un’eclissi di Sole, assicura l’equipaggio della flot-ta ateniese, spaventato, «con una comparazione familiare»: «Vedendo Pericle, che quivi trovavasi, il suo piloto incerto e smarrito, gli pose sul volto il suo mantello, e gli domandò poi, se vedeva. Al che avendo risposto il piloto, che glielo impediva il suo mantello, Pericle mostrogli, che per simile causa il corpo della Luna, interposto fra essi ed il Sole, impe-diva loro di vedere quest’ultimo».

Le cognizioni astronomiche hanno necessità pratiche: si consideri che il calendario, utile per le vicende umane, è re-alizzato in base a conoscenze astronomiche. È necessario, pertanto, dare onori agli astronomi e per questo il fine dell’o-pera è: «L’Astronomia dunque sì stimata da tutti i sapienti, sì favorita da tutti i principi saggi ed illuminati, sì utile ad ogni genere di persone, condotte dalle umane ricerche allo stato in cui al presente si ritrova merita alcerto che lo studioso filoso-fo si applichi ad indagare l’origine, a ricercarne i progressi, e a conoscerne l’epoche principali. Non credei far cosa discara alla letteraria repubblica nel tesser la Storia delle più ardite imprese dell’umano intelletto. I più celebri astronomi sì anti-chi, che moderni, e le più interessanti vicende dell’Astrono-mia verranno in questa con la possibile esattezza noverate e descritte».

Il capitolo quinto si apre con questa affermazione:«La principal cura dell’uomo esser dee quella di riordinar

le sue idee, e di dare un’adequata distribuzione ai suoi pen-

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Bilancia: «vale a contrassegnare l’equinozio»;Scorpione: «il veleno dello Scorpione dinota le malattie

autunnali»;Sagittario: «caccia delle fiere selvaggie, che gli antichi so-

lean fare all’approssimarsi del verno»Capricorno: «ed il costume della Capra di andar per le

montagne, inerpicandosi, in cerca del pascolo, mostra l’ascendere che fa il Sole per lo Zodiaco, dopo oltrepassato un tal segno»;

Acquario: «dinota le invernali pioggie»;Pesci: «dinota l’abbondanti pesche, che soglion farsi al

declinar della fredda stagione»;

Non sembra che gli inventori siano stati gli Egiziani per-ché la loro agricoltura era diversa per la presenza del Nilo e sulla loro regione non erano frequenti le piogge (Acquario); tuttavia, nei loro geroglifici sono presenti dei segni zodiacali.

L’invenzione fu realizzata per descrivere il corso del Sole. Fra i vari sistemi proposti sull’invenzione dello Zodiaco, curioso è quello che affida l’invenzione dei dodici segni a Giacobbe (essi rappresenterebbero i suoi undici figli maschi, fra cui i gemelli, Simeone e Levi, e della figlia Dina, la Ver-gine); i segni rispetterebbero i loro caratteri.

A questo punto Leopardi passa in rassegna gli effetti de-plorabili delle osservazioni del cielo.

L’astrologia, in primo luogo, è considerata un «parto infe-lice dell’umana ambizione e follia». E dopo aver fornito un elenco di astrologi, afferma che l’unico merito dell’astrolo-gia è che «ne’ secoli barbari, quando le scienze non avevano attrattiva, il desiderio di saper l’avvenire ha occupato il cuore dell’uomo, ed ha sostenuta in qualche modo l’astronomia. Ciò serve a provare, che non v’è quasi alcun male, dal quale non tragga origine qualche bene».

L’astrolatria, invece, è il culto religioso riservato agli astri, soprattutto al Sole e alla Luna.

Continua poi con la descrizione dell’astronomia presso i Babilonesi, gli Egiziani (sistema geocentrico), gli Indiani, i Cinesi (Dragone), i Persiani, gli Arabi, i Druidi, gli Etiopi, i popoli dell’America (Peruviani e la descrizione favolosa del tempio del Sole, i Messicani e la notte buia cercata dal re).

Continua con Adamo, Urano e Atlante.

Nel secondo capitolo, il giovane Leopardi prende in esa-me l’astronomia greca. Il capitolo si apre con un excursus sull’eclissi, la prima predetta da Talete. Questi sono i filoso-fi-astronomi dei quali si riportano delle notizie:

TALETE (Mileto, nato nel 640 a.C.), che fu in grado di prevedere l’eclissi solare del 585 a.C.;

ANASSIMANDRO (Mileto, floruit nel 547 a.C.);ANASSIMENE (Mileto, floruit metà del VI secolo), co-

struttore di uno gnomone ;ANASSAGORA (Clazomene, nato nel 500 a.C.) e le pie-

tre nel cielo;SENOFANE (Colofone, floruit nel 540 a.C.) e l’excursus

sulla pluralità dei mondi;FERECIDE (Siro, floruit metà VI secolo);

ra (il Sole) tranquillamente riposi, e che si rispetti in ogni dove il suo sonno. Non era però conveniente che a coloro che vegliano, un lume si dasse capace di disturbare la quiete di coloro che riposano. Fu quindi disposto che la Luna non risplendesse che di una luce soave e poco brillante, capace di recar soccorso all’uomo che veglia, e incapace di recar mo-lestia all’uomo che riposa. Tutto è provvidamente distribuito dalla natura. La confusione, e il disordine non possono aver luogo nelle opere di quella sapienza che detta leggi a tutto il creato».

Ma «la Luna non è la sola che adorna e rende bello lo spettacolo della notte», perché ci sono le stelle, “innumera-bili faci” che accrescono la bellezza delle terrestri regioni. «L’uomo divien come statico nel contemplare l’ordine am-mirabile in cui schierate sono e disposte quelle sfolgoranti lumiere che brillan sospese alla ricca volta che cuopre la sua abitazione... Il Creatore ha così provveduto perché l’uomo godesse della vista di quella moltitudine di globi senza che questi arrecassero alcun pregiudizio alla freschezza della notte e alla tranquillità del sonno».

Segue un excursus storico sull’osservazioni delle stelle, con numerose citazioni in latino.

Passiamo ora ai capitoli I-IV.Nel primo capitolo si afferma di nuovo che l’astronomia

è una delle più antiche scienze, necessaria e utile all’uomo. È presentato anche il giudizio del grande Cassini, il quale affermò che l’astronomia «fu inventata al principio del mon-do»; «non fu sola la curiosità che trasportò gli uomini ad applicarsi all’osservazioni astronomiche; si può dire che vi furon costretti dalla necessità. Poiché se non si osservano le stagioni, che si distinguono dal moto del Sole, è impossibile di riuscire nell’agricoltura».

Proprio perché si tratta di una scienza antica, è difficile determinare «presso qual popolo ebbe ella la prima sua ori-gine». Molti credono che l’invenzione sia attribuibile ai Cal-dei, che conoscevano il periodo luni-solare di 6000 anni e il ciclo di Sarö di 223 mesi Lunari, che riconduce il Sole e la Luna quasi al medesimo punto del cielo.

Quando parla di Egiziani e astronomia, Leopardi considera l’utilità di tale conoscenza per questo popolo per la presenza del Nilo.

Segue un excursus sullo Zodiaco e su quale popolo lo ab-bia inventato.

Leopardi descrive i dodici segni:Ariete: «mostra la robustezza degli agnelli, i quali al co-

minciar di primavera sono ormai pronti a seguire al pascolo il montone ne’ prati»;

Toro: «ingrossa la mandra uniti ai capretti»;Gemelli: «capretti»; Cancro: «il quale cammina allo indietro e obliquamente …

esprime il moto retrogrado ed obliquo, che fa il Sole dopo oltrepassato questo segno»;

Leone: «la ferocia del leone simboleggia l’ardore e la for-za de’ raggi del Sole»;

Vergine: «esprime la mietitura»;

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BIONE (Abdera, V secolo a.C.) discepolo di Democrito;AUTOLICO (Eolide, V secolo a.C.) discepolo di Demo-

crito;PITEA (Marsiglia, floruit 330 a.C.);Excursus sulla costruzione del primo quadrante solare ad

opera di Papirio Cursore nel 306 a.C;EUCLIDE (floruit 300 a.C.);ERATOSTENE (Cirene, 290-195 a.C.) e il suo esperimen-

to per la misurazione della circonferenza della Terra;ARATO (Soli, III secolo a.C.);CONONE (Samo, III secolo a.C.);ARISTARCO (Samo floruit nel 264 a.C.)APOLLONIO (Perge in Panfilia, III secolo a.C.);ARCHIMEDE (Siracusa, nato nel 287 a.C.);IPPARCO (Nicea, in Bitinia, nato nel 190 a.C.) e il suo

catalogo delle stelle;GAIO SULPICIO GALLO (Roma, II a.C.), con un giudi-

zio di Leopardi sull’astronomia nel Lazio;GEMINO (Rodi, floruit 137 a.C.);ASTRONOMI CINESIPOSIDONIO (Apamea, in Siria, 135-51 a.C.);GAIO GIULIO CESARE (morto nel 44 a.C.);MANILIO (floruit I secolo d.C.);

PITAGORA (Samo o Toscana, nato nel 570 a.C.) e il va-lore della matematica;

CLEOSTRATO (Tenedo, floruit 536 a.C.);ARPALO (floruit nel 480 a.C.);SOCRATE (Atene, 470-400 a.C.), il quale “fe’ scendere

la filosofia dal cielo in Terra, e nelle città la introdusse, ed abitar la fece tra le mura delle domestiche magioni, e la sta-bilì regolatrice della vita e dei costumi degli uomini”;

FAINO (Elide, V secolo a.C.);METONE (Elide, V secolo a.C.), discepolo di Faino;LEUCIPPO (Abdera, floruit 428 a.C.), discepolo di Zeno-

ne e maestro di Democrito;FILOLAO (Crotone, floruit 392 a.C.);PLATONE (Atene, 427-347);FILIPPO MEDMEO (discepolo di Platone, IV secolo

a.C.);EUDOSSO (Cnido, floruit 390 a.C.);ARISTOTELE, detto l’immortale (Stagira, in Macedonia,

nato nel 384);DICEARCO (Messina, IV secolo a.C.) discepolo di Ari-

stotele;DEMOCRITO (Abdera, costa della Tracia, nato nel 460

a.C.);

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SCIENZE E RICERCHE • N. 24 • 1° MARZO 2016 | SCIENZE FILOLOGICO-LETTERARIE

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DOLFO CAPUANO, RAIMONDO MONACO, ABRAMO CHUA, MICHELE PSELLO, SIMEONE SET (secolo XI);

ALEARDO (fine XI inizio XII secolo);ABEN-EZRA e GENEBRARDO (XII secolo);AVERROE (XII secolo);FEDERICO II (1230-1250) ;ALFONSO IX (re di Leone e di Pastiglia, chiamato il Sa-

vio e l’Astronomo);MELITENIOTA (fine XIII secolo);SACROBOSCO (vissuto al tempo di Alfonso IX);COCHEOU-KING (floruit nel 1278, astronomo cinese);RUGGERO BACONE (morto circa 16 anni dopo questa

epoca);ENRICO di Bruxelles (inizio XIV secolo);FLAVIO GIOIA AMALFITANO (nel 1302 inventò la

bussola);TEODORO METOCHITE (morto nel 1332);GREGORA, GIACOMO DONDO, ISACCO ARGIRO e

altri (XIV secolo);GIOVANNI LEGNANO (morto nel 1383);GIOVANNI AVONIO INGLESE e altri (XIV secolo);PAOLO TOSCANELLO (nato nel 1397);G. GMUNDEN, G. GUALTERIO e altri (XV secolo);ULUG BEG (re della Battriana nel 1430);GIOVANNI MÜLLER (nato in Franconia nel 1436);WALTHER (inizio XVI secolo);G. CAPUANO, G. VALLA e altri (XVI secolo);LEONARDO (nato a Vinci nel 1443);MANFREDI (astronomo di Bologna, floruit nel 1450);CARDINALE NICCOLÒ di Cusa (contemporaneo del

precedente);COPERNICO (Thorn 1473 - Frauenburg, odierna From-

bork 1543)La conclusione del capitolo recita: «Di tutto ciò, che dopo

il nascimento di quest’uomo immortale accadde di spettante nell’Astronomia, ci serbiamo a parlare nel seguente capito-lo».

Il quarto capitolo si apre con queste paroel: «Benché gli uomini fatti avessero de’ grandi progressi nella scienza de-gli Astri, non avevano ancora sufficiente cognizione del vero sistema del mondo. Il famoso Copernico fu quello, che pose in chiaro la ipotesi di Pitagora, di Aristarco di Samo e del Cardinale di Cusa, e rese finalmente manifesta la verità».

Gli astronomi, dei quali Leopardi riporta notizie biografi-che e imprese, sono:

COPERNICO (nato nel 1473 o nel 1474 – morto nel 1543); il sistema copernicano: «il Sole occupa il centro del nostro sistema planetario. Intorno ad esso si aggirano Mer-curio, Venere, la Terra, Marte, Giove e Saturno, ed il tutto è terminato dal cielo delle stelle fisse. I pianeti vanno da oc-cidente in oriente, e la Luna gira intorno alla Terra, la quale cotidianamente si rivolge intorno al suo asse»;

PIASIO Cremonese (nato nel 1410 e morto nel 1492);FEDERICO COMMANDINO (nato nel 1509);ERASMO REINHOLD ed altri, vissuti al tempo di Co-

Excursus sui poeti che hanno scritto di astronomia;RE MAGI e apparizione di un astro meraviglioso;TEODOSIO TRIPOLITA (floruit 30 d.C.);Apparizione di una cometa crinita (79 d.C.);PLUTARCO (Cheronea, in Beozia, 47-127 d.C.);AGRIPPA (Roma, floruit 93 d.C.);MENELAO (Roma, floruit 98 d.C.).

Le parole conclusive del capitolo sono: «Tale progressi fece lo spirito umano nell’Astronomia in tutto il tempo, che passò dalla nascita di Talete sino a quella di Ptolomeo. Ciò che accadde, da quest’epoca sino al nascimento di Coperni-co, intorno alla scienza degli astri, formerà il soggetto del seguente capitolo»

L’incipit del terzo capitolo recita: «La scienza astronomi-ca. Illustra precipuamente da Talete, da Anassimandro, da Pitagora, da Metone, da Eratostene e da Ipparco, non era ancora che un composto di dottrine disordinate e confuse. L’immortale Claudio Ptolomeo pose in ordine coteste dottri-ne, e dette una forma regolare alla scienza degli astri».

Gli autori, che hanno scritto di astronomia, analizzati da Leopardi, sono:

TOLOMEO (I secolo d.C.);S. IPPOLITO, vescovo di Porto (inizio III secolo);EUSEBIO (? 260 ca. - Cesarea di Palestina 340);GIULIO MATERNO FIRMICO (floruit nel 355);IERARCA EGIZIO, DIDIMO ALESSANDRINO, PAP-

PO, DIODORO TARSETE, TEONE DI ALESSANDIA (astronomi del IV secolo);

TEONE SMIRNEO (Smirne, IV d.C.);IPAZIA (Alessandria d’Egitto ? - 415 d.C.), figlia di Te-

one;SINESIO (discepolo di Ipazia, vescovo di Ptolemaide);Prime osservazioni della luce zodiacale;CLEOMEDE (floruit nel 427);EUDOCIA, SIMPLICIO, PROTERIO, PROCLO DIA-

DOCO (floruerunt nel V secolo);CASSIODORO (fondatore del monastero di Vivarium

presso Squillace, VI secolo);GIOVANNI FILOPONE, ANDREA CRETESE (florue-

runt nel VII secolo);GIOVANNI DAMASCENO, B. FLACCO ALBIBO o

ALCUOINO (floruerunt nell’VIII secolo);Incendio Biblioteca di Alessandria (metà VII secolo);CALIFFO ABU ABBAS ALMAMONN (inizia il suo im-

pero nell’813);MOHAMMED BEN GELLER (floruit nell’870);Astronomi durante la dinastia degli ABASSIDI;ALFRAGANO ALFERGANI (X secolo);Riflessione sul ruolo che ebbero i “barbari” nello studio

dell’astronomia;GERBERTO, poi papa SILVESTRO II nel 999;Ottico ALHAZEN (XI secolo);COSTANTINO CARTAGINESE, G. GARLANDIO, S.

GUGLIELMO ABATE, HIRSANGE, ERMANNO, PAN-

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SCIENZE FILOLOGICO-LETTERARIE | SCIENZE E RICERCHE • N. 24 • 1° MARZO 2016

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N. MULERIO e M. di PEIRESC (morti nel 1630);C. WREN (nato nel 1632);R. HOOKE (nato nel 1635);BLAEU (morto nel 1638);L. TOZZI ed EIMMART (nati nel 1638);G. KIRCH (floruit nel 1681);F. de la HIRE (nato nel 1640);

MARIA CUNITZ (vis-suta al tempo del prece-dente);

G. CRABTREE (mor-to nel 1641);

I. NEWTON (nato nel 1642 e morto nel 1727); con lui nasce l’astrono-mia fisica;

A. MONFORTE ed O. BOEMERO (nati nel 1644);

G. GOTTIFREDO e G. FLAMSTEED (nati nel 1646);

F. VILLEMOT e N. di MALEZIEU (nati nel

1650); D. PETAU e FLORIMONDO di BEAUNE (morti nel

1652);GIACOMO BERNOULLI (nato nel 1654);GIOVANNI BERNOULLI (più giovane del precedente);TOMMASO FINCK (morto nel 1656);HALLEY (nato nel 1656);G. M. di CHAZELLES (vissuto al tempo di Halley);A. TACQUET (morto nel 1660);F. BIANCHINI (nato nel 1662);A. LAVAL (vissuto al tempo di Bianchini);G. F. MARALDI (nato nel 1665);B. F. Conte di Pagan (morto nel 1665);AUZOUT (vissuto al tempo di Maraldi);G. KEILL (nato nel 1671);RICHER (floruit nel 1672);S. LUBIENIETSKI (morto avvelenato nel 1675);L. OMODEO (morto nel 1680);PICARD (morto nel 1682);BORDONI e altri vissuti al tempo di Picard;N. G. DE L’ISLE (nato nel 1688);L. DE L’ISLE (morto nel 1741);F. VERBIEST (morto nel 1688);E. BERNARDI (morto nel 1696);WEGELIO (morto nel 1699);D. GREGORY (morto nel 1708);D. GUGLIELMINI (morto nel 1710);N. L. de la Caille (nato nel 1713);la Regina Anna in Inghilterra promulga un atto del Par-

lamento nel 1714, col quale prometteva 20.000 lire sterline a chi avesse scoperto le longitudini in mare di circa mezzo grado;

pernico;GUGLIELMO II, Langravio di Assia-Cassel ;TICONE BRAHE (nato nel 1546 – morto nel 1630) (culto

dell’astrologia);WENDELIN e altri, vissuti al tempo di Ticone;GIOVANNI SCHONER (morto nel 1547 a 62 anni), ma-

tematico;ORONZIO FINÈ

(morto nel 1555);LUCA GUARICO

(morto nel 1559);FILIPPO LAUSBERG

(nato nel 1561);CRISTIANO SEVE-

RINI (nato nel 1562);GALILEO GALILEI

(nato nel 1564 e morto nel 1642): moto, pendo-lo, telescopio, nuove sco-perte, il metodo matema-tico-sperimentale;

GIOVANNI KEPLE-RO (nato nel 1571); la vita di Keplero fornisce al Leopardi l’occasione di ribadire l’atavico confitto fra gio-vani e dotti, i quali non riconoscono ai primi la saggezza, a causa della loro tenera età ed inesperienza; la morte prematu-ra dell’astronomo sottrasse un genio al bene umano: «Egli fu un uomo grande, un uomo meraviglioso; e il titolo brillante di Padre dell’astronomia è appena sufficiente a rimunerarlo de’ benefizi inestimabili, che egli ha fatti a questa scienza»;

CIPRIANO LEOWIEZ (morto nel 1574);M. AUROLICO (morto nel 1575);CORNELIO GEMMA (morto nel 1579);Excursus sulla riforma del Calendario;GIOVAN BAATTISTA MORIN (nato nel 1583);IGRAZIO DANTI (morto nel 1586);GIUSEPPE MOLETTI (morto nel 1588);PIETRO GASSENDI (nato nel 1592);RENATO DESCARTES (Cartesio, nato nel 1596);B. CAVALIERI e G. B. RICCIOLI (nati nel 1598);ENRICO RANTZAW (morto nel 1599 a 73 anni);A. PICCOLOMINI (morto nel 1600);G. BAYER (floruit nel 1603);I. BOUILLAUD (nato nel 1605);G. HEVELIO (nato nel 1611);SNELLIO (abile matematico, vissuto al tempo di Heve-

lio);G. MAGINI (morto nel 1617);L. BOOK (nato pochi anni dopo la morte di Magini);P. MEGERLIN (nato nel 1623);G. B. du HAMEL (nato nel 1624);G. CASSINI (nato nel 1625) “uomo immortale”, colpito,

come Galilei, dalla cecità (entrambi sono paragonati al veg-gente Tiresia);

C. HUGHENS (nato nel 1629);

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A fine capitolo, Leopardi scrive: «Qui pongo la fine del-la Storia dell’Astronomia. Plinio lamentossi un tempo della negligenza degli antichi nello scrivere la storia de’ progressi dello spirito umano nella scienza degli astri. Ella è, dic’egli, una vera depravazione dello spirito, che si ami riempir le car-te di narrazioni di guerre, di stragi e di delitti, e non si voglia poi tramandare alla posterità nelle storie i benefici di coloro, che han posta ogni cura nell’illustrare una scienza così utile. Mosso da questo sì giusto rimprovero, intrapresi di scrivere la Storia dell’Astronomia, della quale son giunto a compi-mento. Se di codesto mio lavoro non curasi la presente età, possano almeno sapermene grado le ombre sacre di coloro, che contribuirono all’avanzamento della scienza degli astri».

Con le stesse parole del giovane Leopardi, desidero anch’io completare questo breve contributo sulla sua opera giovanile, invitando tutti i lettori a non fermarsi a questo la-voro, ma a leggere personalmente la Storia dell’astronomia, per gustare personalmente la meraviglia che vi traspare.

BIBLIOGRAFIA

A. BATTISTINI, Letteratura e scienza, a cura di Andrea Battistini, Zanichelli Editore, Bologna 1977.

S. BERGIA, G. DRAGONI, G. GOTTARDI, Dizionario biografico degli scienziati e dei tecnici, Bologna 2000.

G. LEOPARDI, Storia della Astronomia dalla sua origine sino all’anno MDCCCXIII (con uno scritto di A. Massarenti e un’appendice di L. Zampieri),

G. LEOPARDI - M. HACK, Storia dell’Astronomia dalle origini al 2000 e oltre, Edizioni dell’Altana, 2002.

A. NEGRI, Leopardi e la scienza moderna. Sott’altra luce che l’usata errando, Milano 1998.

F. VETRANO, Giacomo Leopardi e la scienza, in «Gior-nale di Fisica», Vol. XXXIX, N.1, Gennaio – Marzo 1998, pp. 39-44.

G. WITTY e altri (vissuti al tempo di N. L. de la Caille);G. POLENI (floruit nel 1723);BRADLEY e MOLINEUX (floruerunt nel 1727);G. L. ROST (morto nel 1727);G. E. d’Allonville (morto nel 1732);E. MANFREDI (morto nel 1739);Padre O. BORGONDIO (morto nel 1741);R. G. BOSCOVICH (nato nel 1711);Padre S. SOUCIET (morto nel 1744);M. WARGENTIN (floruit nel 1746);G. F. SIMONELLI (floruit nel 1747);MELCHIORRE della BRIGA (morto nel 1749);G. P. GUGLIENZI (morto nel 1750);G. F. WEIDLER (floruit nel 1755);T. SIMPSON (morto nel 1760);nel 1761 avvenne il passaggio di Venere sul disco solare;

nel 3 maggio dello stesso anno M. MONTAGNE scoprì un satellite intorno allo stesso pianeta;

M. de la LANDE e M. MAUDUIT (floruerunt nel 1764);A. CLAIRAUT (morto nel 1765);nel 1769 avvenne il passaggio di Venere sul disco solare e

apparve una cometa, osservata da P. Pingré;D. MELANDER e altri (seconda metà del 700);Excursus su aurore boreali;1781 G. HERSCHEL scopre un nuovo pianeta (Urano);PALCANI (floruit nel 1791);1801 Padre Piazzi teatino scopre un nuovo pianeta (Ce-

rere);1802 OLBERS scopre un nuovo pianeta (Pallade);1804 HARDING scopre un nuovo pianeta;Al 1811, dopo la scoperta di nuovi corpi, questo era l’or-

dine del sistema solare: «il Sole occupa il centro di questo sistema. Girano intorno ad esso Mercurio, Venere e la Terra. Seguono Marte, Pallade, Cerere, Giunone, Giove, Saturno ed Urano. Vien terminato il tutto dal cielo delle stelle fisse»;

Nel 1811 apparve una cometa, creando molta paura fra il volgo.