figure di casa

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Negli ultimi decenni emerge anche nell’ architettura di ricerca, e spicca con una certa evidenza la figura elementare della casa. In numerose esperienze, anche molto diverse tra loro, raccolte in questo volume, come ad esempio l’unità residenziale disegnata dallo studio MVRDV per l’isola di Hagen ad Ypenburg, oppure la slit house in Nanjing dell’atelier AZL, la casa Walter in Malans di Bearth e Deplazes, la Rudin house di Herzog & de Meuron. Il libro propone testi e figure e offre uno sguardo originale sul tema contemporaneo dell’abitare.

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in copertina: Ettore Spalletti, Salle des Departs, Garches, 1996 - riduzione grafica di Patrizia Leonelli

FIGURE DI CASAa cura di Rosa Branciaroli e Ilvi Capanna

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1041241349. Due progetti

Ivan Di Naccio, Marco Di Felice

Ritorno a casa introduzione di Pepe Barbieri

1. Piccole e semplici Ilvi Capanna

2. Forme e identità Rosa Branciaroli

3. Inseparabili Massimiliano Scuderi

4. La casa unifamiliare dalla città giardino alla città diffusa

Carlo Pozzi

5. Conurbazioni e casa isolata Paola Branciaroli

6. Un piano per Fontanelle Carlo Pozzi

7. Compressione e dispersione Ilvi Capanna

8. Pertinenze Paola Branciaroli

Ettore Spalletti, Salle des Departs, Garches, 1996

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Pepe Barbieri5

Pepe Barbieri

E’ un percorso circolare quello evocato dalle due piccole case accostate di Ettore Spalletti nella copertina di questo libro. Fanno parte del suo intervento per la Salle des départs dell’o-

spedale di Garches del 1996. Sono case, ma nello stesso tempo tombe. Come quella imponente di Ciro in Persia, innalzata su un alto piedistallo. Immerse nell’azzurro liquido e mutevole del luogo della “dipartita”, dei saluti finali. La dimora ultima: dove si attende, ci si ferma. Ma costruita in modo elementare come la prima forma del riparo: l’evocazione delle mani riunite a tetto sopra la testa. A protezione.

Così la prima casa – la prima incertamente disegnata nell’infanzia – si lega all’ultima. C’è da chiedersi quanto sia consapevole il riferimento oggi praticato – testimoniato anche in questo libro – al significato più profondo di questi archetipi. Prevalgono, forse, gli aspetti più connessi ad un immaginario ludico in cui quella figura semplice si pone come un àncora per la memoria. Per trovare l’appiglio di una forma nota e rico-noscibile in un deposito confuso di immagini senza qualità.

Perché oggi la stabilità evocata dagli stessi termini – dimora; abitare – è messa in crisi da un modo profondamente diverso di apprendere e utilizzare gli spazi. Scriveva, a questo proposito, Gausa sul numero 20 di PPC, dell’emergere di una nuova coscienza del tipo di vita domestica, “…errante ed esteriorizzata che progressivamente si diffonde nella metro-poli: la simultaneizzazione dello spazio privato con uno spazio di servizi dispiegato a livello urbano, in una città convertita in una grande “casa dispersa” per un utente nomade”. L’attuazione di quella profezia (Argan 1984) che vedeva la città non più come uno spazio delimitato e neppure come uno spazio in espansione, ma come un esteso e continuo sistema di servizi dalla potenzialità praticamente illimitata.

Tuttavia dobbiamo riconoscere che l’aspetto “alto” ed “eroico” di questa diversa dimensione dell’abitare corrisponde solo in parte alle modalità con cui una pioggia di case si è riversata sui nostri territori mu-tandone il paesaggio e il funzionamento. Sono piuttosto realtà furiosa-mente introverse, pressoché indifferenti al rapporto con i contesti. “Sono orgoglioso dei miei bagni e non voglio sapere dove scaricano. Il numero dei vani è il mio dominio. Ostruisco e sono ostruito, vivo tra due sanatorie e il disastro esterno non mi interessa”. F. Colombo. Nell’insieme è, quindi, una trasformazione che si compie senza nulla chiedere all’architettura, soprattutto senza preoccupazione per il “significato pubblico” di ogni singolo episodio costruito. La più pericolosa contrapposizione di questo momento è tra una concezione tutta individuale di diritto alla realizzazio-ne di un spazio abitativo e una diversa idea, incentrata sull’esigenza di

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di anche inedite configurazioni urbano-territoriali, secondo modalità per cui la metafora “agricola” sostituisce, nella costruzione della città, quella “industriale”: la campagna urbana; l’Agronica di Branzi; l’Urbaparco di Toraldo di Francia. La qualità di questi nuovi paesaggi delle “sem-plici case”, non potrà essere affidata soltanto ai modi di modellazione dell’edificato – pratica come si vede poco richiesta e adottata – quanto nella capacità di dare forma e ruolo, in una interpretazione creativa dei contesti, ad una gerarchia diversa di materiali e segni: lo stesso suolo; le strade; i confini; i servizi comuni; gli spazi pubblici; i nuovi dispositivi per la produzione di energia.

In fin dei conti ancora William Morris: una architettura che rappre-senta l’insieme delle modifiche e delle alterazioni operate sulla superficie terrestre, in vista delle necessità umane, eccettuato il puro deserto.

La tomba di Ciro a Pasargadae

divisa, pubblica, riconoscibile nell’impegno a disegnare, in ogni caso, un nuovo paesaggio. Giustamente i saggi contenuti in questo volume si interrogano con finezza intorno a questo nodo cruciale. Un interrogativo non inedito perché già nella ricerca del Moderno si pone il problema di come coniugare la libertà individuale dei modi tradizionali di produzione dell’alloggio con le regole e le opportunità della industrializzazione, della realizzazione in serie, ma sempre come notava Behne, all’interno del compito civile della responsabilità pubblica della forma che si genera. Da qui le molte sperimentazioni sull’ampliablità o sulla modificazione, anche con l’uso strategico della pianta libera. M.Wagner, ad esempio, nel 1931 e 1932 si occupa della casa ampliabile con l’esposizione “Sonne Lufte und Haus fur Alle” a Berlino.

Ricerche molto legate al funzionamento e alla riconsiderazione dei modi d’uso della casa. Dove, tuttavia, il concetto di “uso buono” della casa si dilata, da quello legato alla funzionalità “interna” dell’alloggio, un utile privato, appunto a quello di utile pubblico, nel quale la funzione dell’alloggio, e quindi la sua forma, per il teorema razionalista, si de-termina in rapporto al nuovo spazio sociale ed economico così come questo viene interpretato o auspicato. Questa è la premessa della ricer-ca del Movimento Modermo sul tema dell’abitazione. Della funzionalità della macchina, non viene recepita soltanto l’esattezza del suo funziona-mento, ma soprattutto l’esattezza della sua produzione. La produzione esatta della casa-macchina non è lontana dalla “precisa per mestiere” produzione dello strumento casa del contadino sul suo fondo. Ritor-na così quella riflessione di Renna, qui ricordata, sulla continuità, in Abruzzo ad esempio, dell’esperienza della costruzione dell’abitazione, tra le tipologie di città e quelle di campagna. Anche nelle esperienze del Moderno in molti casi è possibile verificare che si tratta di ricerche sull’utilizzazione diversa, in funzione di una differente idea di città, di tipi abitativi ereditati: la casa a schiera, le case a blocchi accostati, la casa a corte, la casa a ballatoio. In molti casi riaffermati nel loro statuto originario, oscurato e perso nella città compatta dell’ottocento.

Le riflessioni e le sperimentazioni presentate in questo libro appaio-no iscritte in questo orizzonte tematico: come evitare di produrre, attra-verso l’ammassarsi di case isolate o di banali lottizzazioni, un territorio abitato monodimensionale e monofunzionale, privo di quella qualità prima che una piena condizione urbana esprime con la sua complessità di usi e di forme. Una ricerca che può legarsi ad un nuovo modo di inten-dere il rapporto tra progetto e contesto: non un adattamento, ma la sua costruzione. Si tratta di mobilitare lo stesso contesto nella produzione

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Ilvi Capanna

1Piccole

e semplici

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Ilvi Capanna1110Piccole e simplici

Negli ultimi decenni emerge anche nell’architettura di ricerca, e spicca con una certa evidenza la figura elementare della casa: numerose esperienze, anche molto diverse tra loro,

come ad esempio l’unità residenziale disegnata dallo studio MVRDV per l’isola di Hagen ad Ypenburg, oppure la slit house in Nanjing dell’atelier AZL, la casa Walter in Malans di Bearth e Deplazes, la Rudin house di Herzog & de Meuron.

Qui “…l’elemento di ispirazione è la casa, la casa tradizionale, la casa per antonomasia, l’archetipo e quindi origine ed essenza della casa stessa. Il progetto evoca, nella sua impostazione rigorosa, un’immagine primordiale e sintetica come viene indicata, a esempio, nei disegni e nei ricordi dell’infanzia…”1; esperienze affascinanti che hanno il merito della misura: hanno rimisurato il tema della casa all’interno dell’architettura e della vita, allontanandosi per certi versi da quello sperimentalismo formale, ormai secolare, attraverso il quale le sue semplici forme, frutto di un processo di affinamento millenario teso ad accogliere la vita in uno spazio sicuro ma sempre più libero, “sono state sovraccaricate da nuovi assurdi significati, plastici o pittorici, funzionali o emozionali, ecc., fino a diventare quello che essa è ancora oggi, cioè un pretesto, quel campo in cui l’architettura moderna fa mostra della sua versatilità e misura in piccolo le sue ambizioni”2.

Questa è una casa, possiamo finalmente tornare a dire di fronte ad esse; e tuttavia il rispecchiamento, il fascino e il sollievo non annullano un dubbio, una domanda: che ne è stato delle dicibili case di Loos, della ricerca di Mies, che ne è stato della casa di Wittgenstein, di tutte quelle questioni interne all’avanzamento del pensiero moderno e che almeno in parte ancora aperte, arrivano fino a noi? Certamente il rapporto appare più facile con l’esperienza di un Tessenow, ma anche qui permane la sensazione di una grande distanza.

Questo problema inquadra questa riflessione almeno al fine di chia-rirne alcuni termini, e credo sia utile al proposito ripercorrere alcuni tratti delle ultime vicende del dibattito e delle esperienze relative al tema della casa unifamiliare a blocco isolato, tentando di individuare quelle tematiche che, già centrali nel Moderno, arrivano fino a noi: por-tando con sé questioni ancora aperte in questo tema? o questioni che queste esperienze hanno ormai chiuso? e in quale misura? Un tema in cui convergono due modi diversi di vedere lo stesso oggetto. La casa isolata nella sua espressione più chiara; quella che possiamo osservare, o ricordare, negli insediamenti rurali o isolata nella natura; quella che possiamo considerare come alternativa alla città, anzi ormai una alter-nativa interna nel costituire gran parte della diffusione urbana

Cabane Vauban, baie du Mont-Saint-Michel

MVRDV, Hageneiland - Ypenburg (NL), 2001

Foto di Paola Branciaroli